Diventar padre è (decisamente) molto più semplice che esserlo

di Rivaleth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio... ***
Capitolo 2: *** In due sotto un tetto ***
Capitolo 3: *** Convivenza forzata ***
Capitolo 4: *** Primi incontri ***
Capitolo 5: *** Uno spiraglio nel mare di tenebra ***
Capitolo 6: *** nella Tana del lupo ***
Capitolo 7: *** Capricci ***
Capitolo 8: *** Un giorno diverso ***
Capitolo 9: *** Sapersi scusare ***
Capitolo 10: *** Di balli e di gelosie ***
Capitolo 11: *** Preoccupazioni ***
Capitolo 12: *** Quando un bambino è felice ***
Capitolo 13: *** Per il suo perdono ***
Capitolo 14: *** Pace smarrita ***
Capitolo 15: *** Essere padre ***
Capitolo 16: *** Sfumature di grigio ***



Capitolo 1
*** L'inizio... ***


Ciao a tutti! come sempre vi auguro buona lettura, e vi aspetto a fine capitolo :)

 
L'inizio... 

La mattina del giorno in cui la vita di Draco Malfoy cambiò per sempre si preannunciò tutt’altro che funesta. Non accadde assolutamente nulla da far sospettare al giovane che di lì a sera gli sarebbe capitata una tragedia. Anzi, una vera e propria catastrofe.
Tanto per cominciare, Malfoy era troppo sicuro di sé per lasciare che una sciocchezzuola chiamata “Destino” gli rovinasse la vita. Perché parliamoci chiaro, la vita di Draco Malfoy era davvero degna d’essere vissuta. In primis, era ricco. Ma non semplicemente ricco, no, lui era schifosamente ricco. E grazie alla sua ricchezza poteva vantare uno stuolo di ville sparse qua e là per l’Inghilterra e la Scozia come tante pecorelle in mezzo a una rigogliosa prateria. Oltre a ciò vantava anche una collezione di auto di lusso d’ultimo modello, le uniche cose che apprezzava del mondo babbano. A dire la verità tutto era partito da un suo capriccio personale, visto che Draco Malfoy era sempre informato sulla moda del momento. Draco Malfoy faceva, anzi, Draco Malfoy era tendenza, e dato che in quel periodo, due o tre anni prima, c’era stato un boom di auto babbane tra la classe dirigente magica inglese, lui naturalmente si era assicurato di essere ben fornito, dalla Porsche gialla alla Maserati grigio metallizzata alla intramontabile Ferrari fiammeggiante, passando per un’altra decina di auto più o meno costose. Adesso tutte quelle auto erano conservate gelosamente nei tanti garage delle tante ville, e non passava anno senza che lui aggiungesse qualche altro prezioso pezzo alla sua collezione di motori a potente propulsione. L’unica volta in cui Malfoy aveva quasi ammirato i babbani era stato proprio nel momento in cui si era messo al volante della Ferrari nera vinta a un’asta. La sua prima auto, il suo più grande amore.
Ma senza dilungarsi troppo oltre, Malfoy era ricco sfondato. Aveva un sarto personale, un esercito di elfi domestici sparsi nelle sue tante ville, impegnati ventiquattro ore su ventiquattro a pulire pavimenti, lucidare e riordinare, anche là dove lui non sarebbe mai andato, tipo la casetta isolata che aveva acquistato sulle isole Falkland, territorio d’oltremare del Regno Unito situato in prossimità dell’Argentina, dove per inciso era stato solo al momento dell’acquisto. Non la vendeva perché considerava il tutto troppo lungo e faticoso.
Ad ogni modo, una simile ricchezza non derivava soltanto dal fatto che i suoi genitori gli avessero lasciato una cospicua dote, visto che quella sarebbe subentrata a rimpinguare le sue casse solo al momento della loro morte, non ancora avvenuta e ben lungi dall’arrivare, grazie a Dio. No, tutti quei bei soldoni arrivavano freschi freschi dal lavoro svolto da Draco Malfoy. Dirigente dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Non male, eh? Ciò gli assicurava un ufficio grande quanto un’aula della vecchia Hogwarts, situato al quinto piano del Ministero della Magia, con una gigantesca vetrata che affacciava proprio sulla via principale di Diagon Alley. Da lui dipendevano il Corpo delle Convenzioni dei Commerci Magici Internazionali, l'Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia, e i seggi britannici della Confederazione Internazionale dei Maghi. Tale posizione di prestigio e potere era stata raggiunta alla invidiabile età di trent’anni, dopoUN CURRICULUM degno dei migliori diplomatici. Tutto ciò per ribadire con maggior enfasi che aveva ancora tutta la vita davanti a sé, se solo non fosse avvenuta la disgrazia. Ma per quello c’era ancora tempo.
Lo stile di vita di Malfoy si fondava su tre semplicissime regole: soldi, potere e donne.
Donne. Tante donne. Tante donne, una più bella e scema dell’altra. Ma lui non si lamentava affatto, anzi. Lui le amava tutte, le coccolava e le riveriva come regine, e in cambio loro si limitavano a miagolare, a gorgogliare, o, talvolta, a starnazzare. In tali circostanze lui probabilmente le stava scaricando. Le donne erano il suo passatempo preferito, come un giocattolo per un bambino, come l’ambrosia per gli dei. Non poteva rinunciarvi. Adorava circondarsi di splendide creature, ognuna con una caratteristica particolare, che la rendesse unica nel suo genere –gli occhi più verdi di Londra, le labbra più sensuali di Londra, i capelli più setosi di Londra, il carattere più gentile di Londra, la voce più dolce di Londra…-, insomma, gli piaceva primeggiare, avere sempre il meglio. D’altronde, tutte loro ci guadagnavano e basta a diventare sue amanti. Da quando, circa sei anni prima, aveva divorziato da Astoria per incompatibilità coniugale, perdendo peraltro ogni contatto con lei e la sua famiglia, si era dedicato totalmente e pienamente a una vita personale all’insegna della sregolatezza sessuale. E lui poteva tranquillamente dirsi l’uomo più felice del mondo. Insomma, aveva o no quello che ogni uomo dotato di buon senso possa desiderare?!
Anche quell’infausto giorno, Draco Malfoy aprì i suoi ammalianti occhi grigi tra cuscini di velluto e coperte di pura seta orientale, svegliato da una libidinosa carezza, iniziata sul suo torace e terminata proprio all’altezza dell’inguine. Quando si dice che il buon giorno si vede dal mattino...
-Buongiorno tesoro.- sussurrò una suadente voce femminile.
Nel buio della sua mente, Draco cercò di ricordare chi fosse la fortunata di quella notte, e alla fine pervenne alla conclusione secondo cui si trattava di Josephine Rosier, sposata a Edmund Rosier, con cui aveva una relazione da circa...due mesi, giorno più, giorno meno. Non era una delle migliori, ma non se ne poteva neanche lamentare.
Aprì gli occhi lentamente, mettendo a fuoco un viso a forma di cuore, imporporato sulle guance e dall’aria tenera. I capelli di lei erano lisci nonostante la sera prima le sue mani li avessero sconvolti e tirati in più di un’occasione. Quella donna sembrava appena uscita dal parrucchiere, nonostante una notte di sesso selvaggio.
-Che ore sono?- sbadigliò Malfoy, stiracchiandosi pigramente.
-E’ tardi...purtroppo.- rispose lei dandogli un bacio su una spalla.
-In tal caso è meglio che ti rivesta.- consigliò lui, osservandola ancora assonnato. Lei annuì stancamente, poi scese a baciargli la clavicola, prima che i loro occhi si incrociassero.
Il sedere più bello di Londra, ecco chi era Josephine.
Draco le dispensò un sorriso malizioso, dandole un bacio sulle labbra, mentre l’avvicinava a sé poggiandole una mano sulla natica sinistra...
-Sei un mascalzone.- trillò lei estatica, prima di scavalcarlo senza alcun pudore, uscendo da sotto le coperte completamente nuda, dandogli il tempo di bearsi di quel corpo per qualche altro momento, prima di sparire nel bagno insieme ai suoi vestiti.
Draco finì di svegliarsi con la dovuta calma, per poi allungare una mano verso il campanello posto proprio sopra al comodino. Bastò che lo suonasse una volta, perché l’elfo domestico si presentasse ai piedi del letto.
-Padron Malfoy ha chiamato?- domandò la bestiola con riverenza.
-Cappuccino con doppia spolverata di cacao e brioche.- ordinò immediatamente. –E procurami anche il giornale. Bada che il cappuccino sia ben caldo, chiaro?
La creatura si prostrò in un profondo inchino, prima di scomparire. Draco guardò soddisfatto il punto vuoto dove l’elfo era appena sparito, poi si alzò, dirigendosi in bagno per farsi una doccia.
-Quando tornerai a cercarmi?- domandò Josephine quando lo vide entrare, scoccando un’occhiata bramosa al suo fisico completamente nudo.
-Prima o poi...- rispose mantenendosi sul vago. –Tra quanto sarai pronta?
-Adesso.- sbuffò lei alterata. –Hai sempre tanta fretta di mandarmi via, Draco.- aggiunse con tono risentito e lievemente afflitto.
Draco alzò gli occhi al cielo, facendo in modo che lei non riuscisse a vederlo, per poi abbracciarla e dirle quello che voleva sentirsi dire.
-Ti cercherò presto, garantito.
Lei alzò un sopracciglio, scettica, ma poi annuì, rassicurata dalla garanzia. Peccato che la garanzia non fosse una promessa, e che quindi lui se ne sarebbe platealmente infischiato. L’importante era tranquillizzarla, no? E lui l’aveva fatto, così se ne sarebbe stata buona per i prossimi giorni, in attesa che lui tornasse da lei. E prima o poi lui sarebbe tornato.
-Ciao tesoro.- mormorò Josephine baciandolo con dolcezza. Draco si lasciò baciare, domandandosi se per caso l’elfo avesse già portato il cappuccino.
-Buona giornata.- le augurò a bacio terminato. Poi si infilò sotto la doccia, mentre lei usciva chiudendo piano la porta del bagno.
Finalmente soli.
 
Dopo una deliziosa colazione consumata in tranquillità leggendo un giornale in cui il suo nome compariva in qua e là, circa una volta ogni due pagine voltate, la giornata tipo di Draco Malfoy consisteva in una serie di noiose ma fruttuose conferenze sulla gestione dei rapporti diplomatici internazionali con i ministeri della magia degli altri paesi europei. Una serie di vertici era prevista in occasione dei mondiali di Quidditch che avrebbero avuto luogo quell’estate. Compito di Malfoy era assicurarsi che le nazionalità delle squadre partecipanti non finissero con l’ammazzarsi prima o durante il mondiale. A dargli una mano in quel difficile compito c’era niente meno che Ron Weasley in persona, incredibilmente (e a dir poco assurdamente) capo dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. Ecco, andava detto che Il Pulcioso era l’unica macchia che stonava con la perfezione della sua esistenza, ma Malfoy era disposto a tollerarlo, seppure con immensa fatica, proprio perché si trattava di resistere per pochi mesi, trascorsi i quali lo avrebbe rispedito al settimo livello del Ministero con un bel calcio nel deretano e l’augurio di non dover mai più incrociare le loro strade per il resto della vita.
Anche quella mattina Draco dovette sorbirsi le menate del Rosso più lentigginoso che la storia potesse ricordare, il quale non perse occasione per ricordargli che dovevano lavorare fianco a fianco, gomito a gomito, per altri cinque o sei mesi, e che quindi avrebbe fatto meglio ad abituarsi alla sua presenza all’interno del suo ufficio, altrimenti...
-Altrimenti?- domandò Malfoy con voce ironica.
Davanti a lui Ron Weasley, The King, come era stato affettuosamente battezzato a Hogwarts anni addietro, divenne tutto rosso, nell’evidente sforzo di ingoiare quello che sarebbe stato un insulto coi fiocchi.
-Malfoy!- sbottò con l’ormai usuale tono stizzito. –Accidenti a te e a quando hai deciso di fare questo lavoro!
-Pensa un po’ Weasley.- lo apostrofò aspramente. –Stavo pensando esattamente la stessa cosa.
-Oh, vai al diavolo, eh?! E portati dietro la tua boria e il tuo tono saccente, pomposo...- e giù con altri epiteti molto simpatici, mentre Draco si chiedeva se per zittirlo dovesse ricorrere a un Silencio o molto più a un utile Imperio. Alla fine, guardando il viso a metà tra il livido e lo scarlatto di Weasley, ormai palesemente vicino a una congestione facciale, optò per la prima soluzione.
-Silencio.- disse quindi, agitando pigramente la bacchetta che si stava rigirando tra le mani sin da quando Lo Straccione era entrato nel suo ufficio. Weasley continuò la sua serie di improperi, solo che stavolta apriva e chiudeva la bocca senza emettere alcun suono, somigliando terribilmente a un pesce pagliaccio: effetto raccapricciante.
Tuttavia, il suo collega riuscì comunque a esprimere i suoi pensieri attraverso l’uso delle mani, e ciò che mimò col dito medio fu più efficace di tutti gli insulti vomitati fino ad allora. Se ne uscì dal suo ufficio imbufalito, sbattendo la porta con rabbia.
Draco rimase a ridere tra sé, certo che dopo un’ora o due Weasley sarebbe tornato pieno di buoni propositi, si sarebbe scusato malvolentieri e gli avrebbe chiesto di provare almeno a collaborare e a rispettarsi almeno sul piano professionale, lui lo avrebbe preso un po’ in giro e allora avrebbero di nuovo cominciato a litigare per avere ragione sull’altro. Era una situazione di stallo che andava avanti da almeno quattro giorni, cioè da quando avevano cominciato a lavorare insieme. Solo che, mentre Weasley si stancava a furia di litigare con lui, Draco trovava che torchiare Il Pulcioso fosse divertente, per non dire rilassante.
Quando, un’ora e mezza più tardi, la testa rossa di Ronald Weasley ricomparve sul ciglio della porta, Draco Malfoy fu quasi tentato di domandargli perché continuasse a starsene lì imbambolato.
-Posso entrare?- domandò Lenticchia con voce dimessa.
-Vorrei poterti dire “col cavolo”, ma in questo momento e per i prossimi sei mesi non posso che dirti “prego, entra pure”.
Il suo collega entrò, cercando di mantenere la calma, andando a sedersi di fronte a lui.
-Scusa Lenticchia, finisco un attimo di scrivere questa lettera e sono tutto tuo.
-Detta così suona come una minaccia.
-Tu non sai quante donne sognano di sentirmi dire certe parole.
-Ed è bene che continui a non saperlo, altrimenti potrei vomitare.
Draco sollevò gli occhi dalla lettera che stava scrivendo, posandoli sul suo ancestrale nemico sin dai tempi della scuola.
-Hai acquisito un certo, tagliente senso dell’umorismo, Lenticchia. Mi commuove vedere quanto sei cambiato.
-Mi rammarica vedere quanto invece tu non sia cambiato affatto.
 -Questione di punti di vista, immagino. La mia vita adesso è perfetta.- gongolò Malfoy, felice come una pasqua. Naturalmente, quelle erano state le ultime parole famose.
 
La sua presenza sul lavoro non era richiesta oltre le diciannove, ora in cui solitamente smontava, a parte frequenti occasioni in cui era costretto a trattenersi fino a tarda notte per studiare progetti e vagliare trattative. Quella sera Malfoy augurò buona serata alla sua segretaria alle diciannove in punto, per poi recarsi all’atrium, dove si trovavano i camini della Metropolvere. Bastò esclamare chiaramente un King Charles Street 9 per ritrovarsi davanti alla sua villetta in centro città.
Quella sera l’avrebbe trascorsa in compagnia di Miss Dewitt, le gambe più slanciate di Londra, a cui aveva spedito la lettera proprio poche ore prima, mentre era impegnato in quell’amabile conversazione insieme a Ron Weasley.
Entrato in casa, trovò ad attenderlo l’elfo domestico, il quale subito si prostrò in un profondo inchino.
-Bentornato a casa padron Malfoy.
-Sì, sì, certo, vai a riempire la vasca d’acqua calda.
L’elfo non aspettò oltre e si smaterializzò. Draco si diresse nella sua stanza, dove si spogliò in fretta, pregustando già il momento in cui si sarebbe immerso nella schiuma della vasca da bagno.
Si era appena tolto i boxer quando qualcuno suonò al campanello. Nulla di strano, Miss Dewitt era appena arrivata. Sorrise, pensando che avrebbero fatto il bagno assieme.
Soltanto che, invece della ragazza, sulla porta della stanza apparve l’elfo, con una strana espressione impressa sul volto aquilino.
-Beh, che vuoi?
-Il padrone ha visite.- disse l’esserino con voce strana.
-Visite? Certo che ho visite, stupido elfo, fai salire Miss Dewitt, avanti.
-Non...non si tratta di Miss Dewitt, padrone.
L’elfo sembrava ...imbarazzato?!
-Di chi si tratta allora?- domandò Malfoy, superandolo e scendendo al piano inferiore. Ad aspettarlo in salotto vi erano due persone, una donna, dall’aria piuttosto curata, e un marmocchio grande meno dell’elfo. Il piccoletto era inginocchiato sul suo tappeto indiano, e ne stava tastando la superficie con apparente interesse. La donna non si accorse del suo arrivo, intenta com’era a tenere d’occhio il bimbo.
-Prego?- fece Malfoy perplesso.
Entrambi sollevarono di scatto la testa. Il bimbo lo guardò con tanto d’occhi, restando immobile, forse convinto di passare inosservato. La donna invece fece un sorriso di circostanza, raggiungendolo e presentandosi.
-Io sono Mrs Smith, istitutrice dell’orfanotrofio David Lloyd George...
-Avete sbagliato indirizzo.- disse Malfoy abbozzando un sorriso.
La donna lo guardò stupita.
-Questo non è il numero 9 di King Charles Street?
-Sì, esatto, è questo.
-Allora non ho sbagliato indirizzo.- disse con un sorriso smagliante. Poi si voltò verso il virgulto, ancora intento a occhieggiare verso Draco.
-Billy, perché non vai a giocare in giardino?
-Mi scusi.- esordì Draco con voce neutra. –Ma gradirei che non si prendesse simili libertà in casa mia.
-Oh, io lo faccio per lei, signor Malfoy, mi creda. Vai Billy, vai a giocare, ma non ti allontanare, mi raccomando.
Il bimbetto non si mosse da dove si trovava, tanto che Draco si chiese se per caso non fosse sordo.
-Vai Billy.- ripeté la donna.
Il bimbo allora si sollevò in piedi senza alcuna fatica, guardandosi intorno con aria spersa.
-Posso andare signore?- domandò a Draco con una vocina sottile.
Draco aggrottò le sopracciglia, incontrando lo sguardo compiaciuto della donna, evidentemente soddisfatta per l’educazione del Pidocchio.
-Sì, va pure.- si limitò a rispondere, seguendo poi con lo sguardo il trotterellare del bimbetto attraverso la stanza, dritto verso il giardino interno della villetta.
-Dunque.- disse la donna una volta rimasti soli. –Le conviene sedersi.
-Mi scusi, non capisco cosa sta succedendo qui dentro. Lei chi è?
-Gliel’ho detto, sono un’istitutrice.
-Sì, ma che ci fa in casa mia?!
-Dia retta a me, si sieda.
-Mi scusi, eh, ma come vede sono in accappatoio, sto aspettando visite e...
-E’ importante, signor Malfoy.- ribadì lei con tono secco. -Si sieda, la prego.
Per qualche ragione Draco sentì che doveva fare come gli era stato detto, e quindi si accomodò su una poltrona, invitando la donna a fare altrettanto.
-Sono qui per l’affidamento del bambino.- disse lei chiaro e tondo.
Draco rimase a fissarla per diversi istanti, prima di scoppiare a riderle in faccia.
-Sta scherzando?!- sbottò poi, cominciando a sentirsi preso in giro.
-Nient’affatto, sono serissima.- ribatté lei con faccia tosta. –Quel bambino è il figlio della sua ex moglie, Astoria Greengrass.
-Cosa?- esclamò Draco sorpreso. –Astoria ha un figlio?!
-Aveva.- disse la donna con voce più fioca. –E’ morta.
Draco sgranò leggermente gli occhi.
-Quando?- domandò sentendosi la gola secca.
-Una settimana fa, dopo un lungo periodo di malattia...Vaiolo di Drago.- fece una brevissima pausa. –E’ stata sepolta ieri nella cripta di famiglia, nel cimitero di Nottingham, dove è nata.
-Perché nessuno mi ha avvertito?- sbottò Draco, più incredulo che arrabbiato. –Io avrei potuto farla curare.
-E’ stata lei a chiedere di non avvertirla.- disse la donna. –Vede, io l’ho assistita durante l’ultimo periodo, e Astoria ha avuto modo di confidarsi con me. Signor Malfoy, non ha voluto vederla perché era ancora innamorata di lei.
-Di me?!- domandò Draco sempre più sconvolto. –Senta, io non so con chi si è confidata, ma le assicuro che non era la mia ex moglie, perché altrimenti mi avrebbe infamato nel peggiore dei modi, e...
-Mi ha detto che lei desiderava la separazione.- insisté la donna con tono burbero. –Astoria non l’avrebbe mai voluta.
-Ma se è stata lei a chiedere il divorzio!
-Perché sapeva che divorziare era ciò che lei voleva, signor Malfoy. E non ha avuto cuore di ignorarlo.
-Questo è ridicolo!
-Me l’aveva detto, ma non pensavo che fosse vero.
-Che cosa?
-Che lei è un egoista, signor Malfoy. Un egoista fatto e finito.
-Come si permette?!- saettò Malfoy, punto nell’orgoglio.
-Mi ascolti bene: Astoria è morta, ma nel suo testamento ha affidato a lei il bambino.
-Che cosa?! Astoria era impazzita, quel testamento deve essere annullato!
-Astoria stava benissimo, invece, e quel testamento è valido.
-Ma io non posso né voglio accollarmi un peso del genere!
-Signor Malfoy, quel peso è suo figlio, vostro figlio.
Fu come se qualcuno gli avesse messo una pentola in testa e poi l’avesse colpita con forza. Si sentì improvvisamente molto stordito.
-Cosa ha detto, mi scusi?- domandò, certo di non aver colto a pieno le ultime parole.
-Billy è figlio suo e di Astoria, signor Malfoy. Non volevo dirglielo in questa maniera, ma non mi ha dato altra scelta.
-N-no, mi scusi, ma non è possibile...quanti anni ha il bambino?
-Sei anni. E’ nato il 19 settembre del 2002. Astoria lo ha chiamato William, come suo padre, ma tutti lo chiamano Billy. Non si è accorto di quanto vi somigliate?
-No.- rispose Draco. –E non voglio neanche farlo. Quel bambino non può restare, l’idea è semplicemente ridicola!
-Lei è l’unico parente che gli è rimasto. I suoi nonni materni sono morti, sua zia vive all’estero...la prego, so che Astoria ci teneva molto...
-Senta, volevo bene ad Astoria, davvero...ma questo non posso farlo...
-E’ un bambino buonissimo, e davvero intelligente. Sono sicura che andrete d’accordo...
-No, è assurdo! Neanche sapevo di avere un figlio, chi mi dice che sia realmente mio?!
-Se non crede a me, creda almeno ad Astoria. E se non crede neanche a lei...ricorra al test del DNA.
-Anche ammesso che sia mio, io faccio un lavoro che mi costringe a viaggiare spesso all’estero!
-Assuma una governante, dopotutto ha abbastanza soldi per permettersela.
-No, no, siamo del tutto fuori strada. Quel microbo se ne torna all’orfanotrofio, non voglio neanche sentirne parlare! Se lo prenderà qualche altra famiglia!
-E’ troppo grande per altre famiglie. Le coppie vogliono adottare dei neonati, e Billy ha già sei anni. Lei è suo padre, per Merlino, possibile che sia così indifferente al futuro di quel piccino?!
-Senta, stamani mi sono svegliato come un uomo di trent’anni, libero di vivere la sua vita e senza alcuna palla al piede...
-Billy non è una palla al piede, è un bambino con dei sentimenti che ha appena perso sua madre, l’unica che si sia mai preoccupata per lui, e adesso non sa che il suo futuro, la sua vita, dipende dalla decisione di suo padre. Se lei lo prendesse con sé, un giorno la ringrazierà, e le sarà riconoscente per tutta la vita.
-No, assolutamente no.- replicò Draco con veemenza.
La donna sospirò, evidentemente rassegnata.
-Molto bene.- disse asciutta, superandolo e affacciandosi in giardino.
-Billy, vieni dentro, avanti, dobbiamo andare.
Il bambino arrivò dopo pochi istanti, prendendo la mano che l’istitutrice gli tendeva, e seguendola in silenzio fino all’atrio, dove si trovava Draco, ancora in accappatoio, per giunta.
Mentre la donna si chinava per allacciargli il giubbotto formato mignonne, il bimbo sollevò lo sguardo su Draco, che si sorprese a osservare la versione di sé stesso in miniatura. Il viso pulito e magro, i capelli di un biondo slavato che sfumava quasi nel bianco, gli occhi di quel grigio inconfondibile...
-Arrivederci signor Malfoy.- disse la donna, sospingendo il bimbo verso l’uscita.
Draco rimase a osservare quel fagotto che sgambettava accanto all’istitutrice per una manciata di secondi, prima di esclamare con tono burbero:
-Aspetti!
La donna si fermò, voltandosi indietro, e anche il bimbo si voltò a guardarlo, con un’espressione piena d’aspettativa. Draco rimase a fissarli senza osare aggiungere un’altra parola, lasciando che fosse l’istitutrice a prendere l’iniziativa.
-Vieni Billy.- disse la donna, guidando nuovamente il marmocchio verso Draco. –Torna in casa e vai ad aspettarci in salotto.
Il bimbo annuì, ma non chiese più il permesso a Draco, passandogli accanto e sparendo in salotto.
-Ha cambiato idea?- domandò allora la signora, guardandolo con l’accenno di un sorriso dipinto sul volto.
Malfoy non le rispose nemmeno, si limitò a lanciarle uno sguardo che avrebbe potuto gelare l’inferno.
-Domani dovrà passare a firmare i documenti di adozione all’orfanotrofio, così potrà ritirare tutti gli effetti personali del piccolo. Per adesso le ho portato il pigiama e un paio di vestiti di ricambio per domani.
Stava infatti rimestando all’interno della sua borsetta a tracolla, dalla quale tirò fuori una specie di beauty case in formato ridotto.
-E’ tutto qua dentro.- disse porgendolo a Draco.
Il padrone di casa, nonché neo papà, osservò il beauty case terrificato.
-Ci sono anche...pannolini?- domandò raccapricciato.
-No, il bambino è già grandicello, non ne ha più bisogno.- assicurò lei, senza abbandonare il sorriso di poco prima.
Draco afferrò l’oggetto, tenendolo tra due dita, come se si trattasse di qualcosa di altamente sporco e infetto.
-Se dovesse avere problemi non dovrà far altro che chiedere di Mrs Smith.- disse la donna cordiale.
-Mmh, me ne ricorderò.- borbottò burbero Malfoy.
-Ah, un’ultima cosa...c’è un particolare di cui dovrebbe essere informato...
-Cosa?!- esclamò Malfoy, più angosciato che irritato. –Per caso il marmocchio ha un gemello?!
-No, nient’affatto.- disse Mrs Smith con tono pratico.
-E’ un magonò.

**NOTE FINALI**
Con questo incipit parte la mia nuova storia, a cui avevo già accennato alla fine di never let me go. E’ una Draco/Hermione, come chi mi segue già sa, e non ha decisamente gli stessi toni della precedente FF. E’ una commedia, e per questo la narrazione è più incalzante e leggera, probabilmente meno ampollosa e introspettiva rispetto a quella di NLMG. Spero che possa ugualmente piacere a chi di voi ha già letto le mie passate storie e a chi invece si appresta a seguirmi solamente adesso. La trama è abbastanza semplice e lineare, la storia però non è ancora conclusa, quindi non posso fare previsioni sui giorni dell’aggiornamento. Posterò i capitoli non appena potrò, ma mai oltre dopo una settimana.
Spero davvero che questa storia, anche se meno impegnata della scorsa, possa appassionarvi.
A presto!

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Capitolo 2
*** In due sotto un tetto ***


In due sotto un tetto
 
Malfoy era seduto a gambe incrociate sulla poltrona del salotto, e osservava in silenzio il bimbo di sei anni che gli stava seduto di fronte, appoggiato sul tappeto, intento a scrutare il fuoco che scoppiettava all’interno del caminetto. Draco ne esaminava la figurina piccola e infagottata nel maglioncino di lana azzurra con cui era stato vestito. Lo guardava e si chiedeva come diavolo fosse possibile che fosse un Magonò. Non appena Mrs Smith glielo aveva detto, Draco era sbiancato all’istante, per poi sbatterle la porta in faccia, furibondo per avergli tenuto nascosto un dettaglio così importante, così altamente pericoloso per la sua reputazione di Purosangue. Un figlio Magonò...feccia. Era grave quasi come se si fosse trattato di un Mezzosangue. Un simile aborto di razza significava la fine del suo prestigio a livello personale e sociale. Era un vero e proprio affronto alla casata dei Malfoy. Niente poteri magici, prima di tutto. Niente ammissione a Hogwarts, in secondo luogo.
Draco assottigliò lo sguardo, piantandolo addosso al bambino quasi con cattiveria. Quella pulce lo aveva rovinato. Sarebbe stata messa in dubbio la purezza di sangue di tutta la sua famiglia per colpa di quel microbo, nonché la sua capacità di mettere al mondo un erede sano, sempre ammesso che quello fosse realmente suo figlio. Perché, era bene parlare chiaro, essere Magonò era un evidente sintomo di una qualche malattia nel codice genetico. Forse la famiglia di Astoria si era in qualche modo imparentata con Mezzosangue, o peggio, babbani, alterando così il patrimonio genetico e anche la purezza del sangue.
Una cosa era certa: quel marmocchio non sarebbe rimasto con lui. Un Magonò non aveva nulla a che spartire con un Malfoy, per lui equivaleva a un qualsiasi Mezzosangue o babbano. Se ne sarebbe sbarazzato l’indomani, si ripromise tra sé.
-Ragazzino.- esordì con voce vibrante di collera.
Il bambino trasalì visibilmente, rizzandosi in piedi e voltandosi verso di lui. Era alto al massimo un metro e trenta, non di più. Ed era uguale a lui, in tutto e per tutto. Non c’era nulla in lui che ricordasse Astoria. Il fatto che gli somigliasse così tanto non faceva altro che aumentare la rabbia di Draco.
-E’ giunto il momento di andare a letto.
Il Marmocchio annuì titubante.
-Oggi pomeriggio mi è sembrato di capire che sei dotato del dono della parola, quindi fammi il favore di rispondermi quando ti parlo, capito?
-Sì, signor Malfoy.
Draco sollevò un sopracciglio, sempre più scettico. Non aveva neanche il portamento elegante di un Malfoy, né il cipiglio fiero e arrogante, né tantomeno il tono freddo e pacato. La sua voce, quando aveva mormorato quel flebile “Sì, signor Malfoy” aveva tremato come un foglia.
-L’elfo domestico ti mostrerà la tua camera.- disse Draco, indicando l’elfo che era appena comparso sul ciglio della porta. Il bimbo lo guardò, sgranando gli occhi e impallidendo.
-Signore.- mormorò quasi spaventato. –Gli elfi mi fanno paura.
Gli occhi di Draco si ridussero a due gelide fessure.
-Cosa vuoi che me ne importi, piccolo Magonò? Sono certo che tua madre era altrettanto abituata ad avere elfi domestici in casa.
-No, signore, a me facevano paura, e lei...- si interruppe, perché all’improvviso i suoi occhi si riempirono di lacrime.
-Contieni il pianto finché non sarai in camera tua, non voglio scenate.- disse freddamente Malfoy. –Mi domando come abbia potuto Astoria crescere un figlio così privo di fibra morale. Avanti, segui l’elfo senza fare tante storie, non ti farà niente di male.
Il bimbo obbedì senza più protestare, e riuscì miracolosamente a contenere il pianto mentre l’elfo lo guidava al piano superiore, verso una delle camere da letto degli ospiti. Quanto a Malfoy, si ritirò nel suo studio, a riflettere sul da farsi. Tanto per cominciare avrebbe dovuto annullare ogni appuntamento previsto per il giorno seguente, seppur a malincuore. Doveva sbarazzarsi della palla al piede, ma sapeva che l’operazione avrebbe comunque richiesto parecchio tempo. Inoltre, doveva inviare una lettera di scuse a Miss Dewitt, per spiegarle il motivo della missiva che le aveva inviato tempestivamente quello stesso pomeriggio, scrivendole che era stato trattenuto da un imprevisto e avrebbero dovuto rimandare il loro appuntamento. Lei era al momento uno dei minori problemi, ma Draco non voleva passare per un maleducato, né tantomeno voleva sembrare manchevole. A peggiorare il suo umore, oltre alla mancata serata in compagnia della ragazza, c’era anche il fatto che non era riuscito a farsi neanche un bagno, visto che non appena era rimasto solo col marmocchio era subito corso a vestirsi di tutto punto.
Quella notte dormì poco e male, alternando fasi di dormiveglia a momenti in cui non riusciva proprio a prendere sonno. In quei brevi attimi di sonno, per giunta, fece anche diversi incubi, uno dei quali era stato particolarmente terribile: il suo nome veniva cancellato dall’albero genealogico di famiglia, e tutto il suo patrimonio finiva dilapidato per mantenere lo scricciolo che una vecchia truffatrice si divertiva a spacciare per suo figlio.
L’alba del giorno dopo vide il giovane Malfoy con un aspetto tutt’altro che riposato. Sul viso incombeva una nuvola temporalesca e la pelle era più pallida del solito. Chi ne pagò le conseguenze fu l’elfo domestico, che dovette subire lo sfogo causato dal cattivo umore del padrone.
-Stupida creatura, fila a preparare la colazione se non vuoi che la tua testa finisca appesa sul caminetto come trofeo!
L’animaletto, giunto a domandare cosa avrebbe dovuto preparare per l’ospite del signor Malfoy, fece tesoro del suo consiglio, volatilizzandosi all’istante.
Il mattino ha l’oro in bocca, pensò Draco vestendosi in tutta fretta, perciò la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata riaccompagnare il Microbo nel posto dove era giusto che rimanesse: l’orfanotrofio.
In quel momento era proprio davanti alla porta della stanza degli ospiti. Il bimbetto non aveva osato uscire fino ad allora, forse per paura di imbattersi nell’elfo. Draco aprì la porta, sorprendendosi di trovare il bambino già vestito e seduto sopra al letto perfettamente rifatto.
 -Vai a lavarti i denti.- ordinò Draco con tono imperioso.
Il bimbo si torse le mani, come se stesse cercando di trovare il coraggio necessario per chiedergli qualcosa, poi parlò con voce appena udibile.
-Avrei fame, signore. Posso mangiare?
Draco sbuffò silenziosamente. Per quanto non gli piacesse che un Magonò si sedesse alla sua tavola, non poteva neppure lasciare che morisse di fame, anche solo per il fatto che se fosse morto quando era ancora sotto la sua responsabilità, il colpevole sarebbe stato lui.
-Sbrigati.- gli intimò.
Il Pidocchio non accennava a muoversi però. Si limitava a guardarlo in attesa, valutandolo con i suoi limpidi occhi grigi.
-Beh, che stai facendo lì impalato?- sbottò Malfoy, decisamente spazientito.
-Non so dov’è la cucina, signore.- rispose il piccolo a bassa voce, abbassando immediatamente lo sguardo, puntandolo sulle scarpe firmate di Draco.
Il padrone di casa sbuffò inviperito, voltò le spalle e fece strada al Marmocchio, precedendolo all’interno della cucina, dove l’elfo aveva apparecchiato per due. Giunto davanti al tavolo, Malfoy s’arrestò, guardando sgomento il posto che avrebbe occupato il bambino. Non poteva permettere che un Magonò sedesse a tavola con lui, davanti a lui per giunta! Accidenti a quello stupido elfo!
-Prendi la tua brioche e vai a mangiare in camera tua.- ordinò prepotentemente.
-Potrei avere un bicchiere di latte?- mormorò sempre più timidamente il Pidocchio.
Draco aprì bocca per sputargli addosso un secco “NO!”, ma si costrinse a mordersi la lingua, e fu come ingoiare un bolo amaro. Annuì meccanicamente, restando a osservare lo scricciolo mentre si versava un po’ di latte, neanche metà bicchiere, lanciando di tanto in tanto occhiate ansiose nella sua direzione, come se si aspettasse un attacco improvviso. Poi prese la brioche e si ritirò in tutta fretta, capendo di non essere gradito in quella stanza. Draco sentì chiudere la porta al piano superiore, e solo allora si concesse un sospiro.
Gli servirono tre tazze di caffè nero come la sua anima per riuscire a ingranare dopo la nottata insonne, e il risultato fu quello della sovreccitazione, che lo rese ancora più intrattabile, sia con l’elfo che col Pidocchio.
-Tu.- disse all’elfo quando si trovarono tutti e tre davanti all’ingresso. -Apparecchia per uno stasera.
La bestiola annuì, prostrandosi in un profondo inchino.
-Arrivederci signor Malfoy.- proferì cordialmente.
-Sì, sì, tanti saluti.- commentò sarcasticamente Draco, intento a indossare la giacca lasciata appesa all’attaccapanni accanto al portone. Quando si voltò per chiamare il Pidocchio, rimase sconvolto nel vedere che l’elfo non aveva salutato lui, ma “suo figlio”.
Il bimbo sembrava più perplesso che spaventato. Draco lo vide sventolare una manina e rispondere al saluto con una vocina sottile, prima che si voltasse e lo raggiungesse a piccoli passi.
-Il tuo giubbotto.- disse Draco, livido in faccia, lanciandogli la giacca minuscola con cui era arrivato il giorno prima. –Stupido elfo.- ringhiò tra sé.
Spinse malamente il Pidocchio fuori di casa, superandolo poi a grandi passi lungo il breve vialetto che si affacciava sulla strada, in quella tranquilla zona residenziale di Londra. Era una bellissima via alberata e ombreggiata che si immetteva da un lato su una delle principali arterie stradali della città, dall’altro invece portava dritti a St. Jame’s Park, dove Draco era solito fare lunghe passeggiate serali durante la bella stagione. La sua Ferrari nera era parcheggiata proprio davanti casa, un incantesimo invisibile a proteggerla da eventuali aggressioni da parte di escrementi di volatili o scoiattoli, di rugiada degli alberi e altri simili inconvenienti. Di teppisti non se ne parlava neanche, visto che in quel di Londra era tutto troppo esclusivo e inarrivabile per poter subire simili furti.
A Draco bastò premere il pulsante delle chiavi perché l’apertura delle portiere scattasse con un simpatico suono simile a un bip. Il bimbo guardò l’auto senza lasciar trapelare alcuna emozione sul suo volto. Non sembrava particolarmente colpito da quella aperta ostentazione di ricchezza da parte del suo momentaneo tutore. Un altro punto a suo sfavore, appuntò mentalmente Malfoy.
-Sali dietro.- ordinò gelido, pensando già ai soldi che avrebbe dovuto sborsare per far disinfettare i sedili posteriori.
Il bimbo salì con qualche difficoltà nel chiudere le portiera, troppo dura per le sue esili braccia. Draco ovviamente era già seduto davanti al volante, e non esisteva che uscisse dall’auto per andare a chiudere la portiera a un Magonò. Così rimase a sbuffare e imprecare tra sé finché il Marmocchio non riuscì nella sua impresa titanica.
-Allacciati la cintura.- disse allora, non tanto perché gli stesse a cuore la salute del moccioso, no, sarebbe anche potuto morire per quel che gli importava, ma non voleva che si facesse male prima di averlo scaricato all’orfanotrofio. Guardando dallo specchietto retrovisore comunque, notò che il Pidocchio obbedì immediatamente. Una volta, parlando con alcuni colleghi già padri di famiglia, aveva avuto modo di capire che generalmente i bambini detestavano dover allacciare la cintura in auto, facendo impazzire sia i padri che le madri. Beh, notò con compiacimento, lui non aveva di quei problemi: il Pidocchio aveva talmente tanta paura da non osare quasi respirare in sua presenza.
Partì lentamente, immettendosi nel traffico mattutino senza alcuna fretta, vista la giornata libera che si era preso. Quella mattina aveva inviato un gufo alla sua segretaria, scrivendole che non lo aspettasse fino al giorno seguente perché era stato trattenuto da impegni familiari dell’ultima ora. Uno come lui poteva permettersi anche di dare buche dell’ultimo minuto, nessuno avrebbe osato dirgli nulla. Proprio in quel momento la memoria d’ufficio di cui era dotata l’auto annunciò attraverso la robotica e fredda voce femminile: Un. Messaggio. da. Ronald. Weasley.
Seguì una breve pausa in cui regnò circa un secondo di beato silenzio, poi la voce drammaticamente furiosa del collega sommerse l’abitacolo.
-Malfoy, dove diavolo sei?!- ululò inferocito. –Sono qui da quaranta minuti ad aspettarti come uno scemo e adesso vengo a sapere dalla tua segretaria che oggi non vieni al lavoro!
Malfoy chiuse gli occhi e sospirò profondamente. Nessuno avrebbe osato dirgli nulla, certo, tranne ovviamente Ronald Weasley.
-Lenticchia, calmati.- esordì ostentando una beata indifferenza alle parole del collega. –Ho avuto un contrattempo, recupereremo domani.
-Col cavolo che recupereremo domani!- mugghiò Weasley dall’altra parte dell’apparecchio acustico. -Io e te dobbiamo recuperare oggi i cinque giorni di lavoro già finito nel cesso, Malfoy, quindi, ovunque tu sia, inverti la marcia e porta qui in ufficio le tue chiappe da Purosangue.
Un tic nervoso colpì l’occhio destro di Malfoy, quando vide dallo specchietto che la situazione sul retro dell’abitacolo stava assumendo una strana piega. Il Pidocchio aveva fatto per un attimo una strana faccia, come se si sforzasse di reprimere una risatina.
-Weasley.- disse cupamente. –Sono certo che potrai occuparti di molte altre pratiche stamani. E fammi un favore se dovessi aver bisogno di me, come naturalmente accadrà: non cercarmi.
Detto ciò chiuse la conversazione con l’Inetto. Dietro il Pidocchio non stava più sorridendo.
Con immensa difficoltà provocata dalla mancata frequentazione da parte di Malfoy della periferia di Londra, i due riuscirono a ritrovare l’orfanotrofio dopo circa un’ora passata in auto a cercare di svicolare dall’imbottigliamento del traffico. Draco si era visto costretto a usare l’auto per via della sgradevole compagnia con cui si stava accompagnando da un’ora a quella parte. Non sapeva se i Magonò fossero capaci di usare indirettamente la magia, ma non voleva correre rischi, anche perché era quasi sicuro che il Pidocchio prima di allora non avesse visto molti incantesimi, a giudicare dal modo in cui aveva occhieggiato alla memoria d’ufficio quando si erano trovati in auto. Era chiaro che ne capiva assai poco di magia, e che non soffrisse molto a non poterla usare.
Draco fermò la Ferrari davanti allo spiazzo dell’orfanotrofio, un antico edificio d’età vittoriana, situato all’estrema periferia della città, in una zona che avrebbe definito “carina”. Era immerso nel verde, un po’ isolato rispetto ad altre case, ma imponente e in uno stato di ottima conservazione.
Il Pidocchio scese senza aspettare che Draco gli accordasse il permesso, chiudendo la portiera con eccessiva forza.
-Non sbatterla così forte!- abbaiò Malfoy, facendo il giro dell’auto e dirigendosi spedito lungo le aiuole su cui giocavano alcuni bambini, guardati a vista da diverse istitutrici, molte delle quali erano rimaste stupite dall’arrivo di Draco a bordo della Ferrari. Alcune sgranarono gli occhi quando lo riconobbero, bisbigliando tra loro e salutando il Microbo, che rispondeva ai saluti ansioso di non essere lasciato indietro. Draco se lo sentiva fastidiosamente vicino alle gambe, tanto che più di una volta si girò a guardarlo male, così che il piccoletto indietreggiasse di qualche passo.
-Buongiorno.- disse sbrigativo quando raggiunsero la sala d’accoglienza, dove, seduta dietro a una scrivania, intenta a compilare moduli, c’era una donnona di colore dall’aria di poterlo mettere KO in uno scontro corpo a corpo, la quale gli rispose con uno svogliato “’Giorno”, senza lasciar minimamente intendere di averlo riconosciuto.
-Sono qui per restituire il bambino.- annunciò Malfoy formalmente.
A quel punto la donna sollevò lo sguardo, curiosa di guardare in faccia l’imbecille che parlava di un bambino come se si stesse riferendo a un qualsiasi oggetto.
-La merce non è di tuo gradimento?- domandò sarcasticamente, prima di esclamare un sorpreso “Billy!” quando notò il bambino che faceva capolino dietro le gambe di Malfoy.
-Buongiorno Mrs Cupple.- disse il bambino con un accenno di sorriso.
-Mi chiamo Draco Malfoy.- disse Draco sempre più irritato. –Sto cercando Mrs. Smith.
-Sì, so chi sei.- ribatté la donna senza neanche dargli del lei. –Sei il tizio con tanti soldi e poca voglia di occuparsi di un bambino di sei anni.
-Come si permette?!- si inalberò Malfoy all’istante. –Non la trascino in tribunale solo perché non ho voglia di mischiarmi con zotici come lei, e anzi...
-Buongiorno signor Malfoy.– lo salutò la tersa voce di Mrs. Smith, comparsa da dietro una porta sorridente e affabile. –Ciao Billy. Helga, ci pensi tu al piccolo?
La donnona annuì, strizzando l’occhio al Pidocchio.
-Vieni tesoro, andiamo a vedere se nella dispensa c’è rimasto qualcosa da mangiare, sei via da un giorno e mi sembri già dimagrito.
Draco evitò di commentare quella che sembrava essere una frecciatina, entrando nell’ufficio di Mrs. Smith, la quale lo invitò ad accomodarsi su una delle due sedie davanti alla sua scrivania.
-E’ passato a firmare i moduli di adozione? Sono già stati sottoscritti dall’avvocato di Astoria e da lei stessa, è sufficiente che lei...
-No.- la freddò lui all’istante. –Lascio qui il bambino e me ne torno alla mia vita.
-Oh.- disse solo la donna. –Molla così presto?
Malfoy abbozzò un sorriso gelido, lanciando un’occhiata alla serie di fotografie incorniciate che erano appese sulla parete alle spalle dell’istitutrice. La donna lo osservò curiosa, seguendo il suo sguardo e soffermandosi a guardare le foto anche lei. Sul suo volto non c’era più traccia di sorriso.
-Sono i ragazzi che non siamo riusciti ad aiutare.- spiegò tristemente. –Mi ricordano il motivo per cui non smetterò mai di battermi per bambini come Billy. E’ un bambino che ha diritto a una vita migliore di quella che può offrirgli questo orfanotrofio.
-Non me lo accollerò.- disse Draco, distogliendo lo sguardo dalle fotografie. –Non voglio un figlio Magonò.
Mrs. Smith sospirò stancamente, abbandonandosi contro lo schienale della sedia su cui sedeva. Si stropicciò gli occhi un paio di volte col pollice e l’indice della mano destra, per poi inforcare gli occhiali da lettura che portava al collo, legati a una catenina.
-Dunque, signor Malfoy, la signorina Greengrass le ha lasciato nel testamento una cospicua somma di denaro per le spese del piccolo.
Draco le lanciò un’occhiataccia.
-Non starà cercando di comprarmi?- chiese sulla difensiva.
-Se questo servirà a garantire un tetto e l’appoggio di un famigliare a Billy, sì, sto cercando di comprarla. Anche se dovrà convenire con me che sarebbe piuttosto viscido decidere cosa fare solo dopo aver sentito a quanto ammonta l’entità del lascito.
-Mi spieghi perché non dovrebbe trovarsi bene qui.- ribatté allora Draco.
-Questo, come avrà notato, è un orfanotrofio per soli Maghi o Magonò, non abbiamo né ospiti né personale babbano. Al piccolo verrà assicurata un’istruzione adeguata fino agli undici anni. A quel punto dovremo mandarlo in collegio, e la maggior parte delle volte non si rivela una bella esperienza per i ragazzi.
-Lei capisce che un figlio Magonò per un mago del mio livello è quanto di più vergognoso possa esserci. Non posso rischiare la mia carriera, il mio prestigio, la mia vita.
-Può farlo, se pensa anche alla vita di suo figlio.- ribatté la donna, sollevando il capo in un moto d’orgoglio. -Nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato su di lei dopo il tracollo finanziario e sociale  della sua famiglia, eppure adesso è uno degli uomini più potenti della Gran Bretagna. Billy ha esattamente le sue stesse potenzialità, ma partirebbe con un discreto vantaggio se lei lo prendesse con sé e lo seguisse durante questi anni. Se non vuole farlo come padre io non posso contestarla, ma lo faccia, la prego, lo faccia. Sono certa che tra qualche anno riguarderà dietro di sé, farà il bilancio del suo passato e si renderà conto di non aver mai rimpianto la scelta che le sto chiedendo di fare. Billy può renderla orgoglioso anche se non è un mago.
Tacque, aspettando una risposta che sembrava non volesse arrivare più. Draco in effetti stava pensando. Stava pensando a quanto quella donna gli ricordasse Albus Silente, morto anni prima proprio sotto i suoi occhi. Chissà se il suo spirito non avesse compiuto qualche trasmigrazione finendo nel corpo di quella premurosa e altruista istitutrice. Il pensiero lo fece inconsapevolmente sorridere.
-Molto bene. – disse la donna allungando un foglio sul tavolo. –Qui è riportata la somma del denaro lasciata per le spese, oltre che all’eredità effettiva destinata al bambino...
-Non importa.- disse Draco asciutto. –Non mi interessa.
Mrs. Smith lo guardò supplichevole da dietro gli occhialetti squadrati.
Draco sospirò pesantemente.
-Mi dia il modulo dell’adozione.
 
Dopo aver sbrigato le faccende burocratiche, Mrs. Smith incaricò (con gentilezza) alcuni elfi domestici di sistemare gli effetti personali di Billy Malfoy nel bagagliaio della Ferrari, operazione che richiese diverso tempo, prima di risolvere il problema delle “troppe valigie in un portabagagli troppo piccolo” con un incantesimo estensivo irriconoscibile. Draco assistette alla scena impotente, guardando gli elfi che a turno caricavano una valigia sopra l’altra nella sua amata auto. Era la fine, lo sapeva. Si era già pentito. E di pari passo era cresciuta l’insofferenza verso quel sacco di pulci che gli aveva già rovinato la vita, senza fare praticamente niente, a parte esistere. Il suddetto sacco di pulci in quel momento era in piedi al suo fianco, di nuovo taciturno. Aveva salutato Mrs. Cupple e Mrs. Smith come se fossero amici di vecchia data, e con loro non era sembrato affatto silenzioso come lo era con lui. Ma d’altronde non gliene poteva fregare di meno di come fosse o non fosse il Pidocchio, bastava che facesse del suo meglio per rendersi invisibile. Salirono nuovamente in macchina, e di nuovo ci fu il teatrino fatto alla partenza sotto casa, con Draco seduto al volante e Billy che tirava con forza la portiera per riuscire a chiuderla. Lasciando l’orfanotrofio, Draco avrebbe potuto giurare di vedere una lacrima scorrere sul viso del bambino, prima che si appoggiasse contro il finestrino e si  assopisse.
Raggiunsero la destinazione poco tempo dopo. Non appena Draco spense il motore, il bimbo si svegliò.
-Scendiamo.- disse il mago.
Il bimbo obbedì, scendendo dall’auto e rabbrividendo quando una raffica di vento lo accolse fuori dall’abitacolo confortevole e caldo dell’auto. Draco lo vide cercare di incastrare il collo tra le spalle, visto che il giacchetto non lo copriva a dovere alle base della gola. Per un attimo fu tentato di fingere semplicemente di non aver visto, ma poi pensò che ormai quello era diventato a tutti gli effetti, e per sua volontà, il suo nuovo compagno di vita e, volente o nolente, avrebbe dovuto cercare quantomeno di impedire che s’ammalasse. Così gli prestò la propria sciarpa, visto che lui era già provvisto di giacca a collo alto e mantello invernale.
Il bimbo se l’arrotolò intorno al collo come un turbante, coprendosi anche la testa e le orecchie, affondandoci il viso con palese contentezza.
-Dimmi cosa vedi.- gli disse Malfoy indicando l’ambiente intorno a loro.
Si trovavano in un parcheggio piuttosto grande, in prossimità del vecchio magazzino abbandonato di Purge e Dowse. O almeno, questo era ciò che avrebbe visto un babbano. Per un mago, quello non era altro che il parcheggio dell’ospedale per ferite e malattie magiche San Mungo.
Il bimbo si guardò un po’ intorno, notando il vivace viavai di persone che affluivano dentro e fuori l’edificio.
-Sembra un altro orfanotrofio.- osservò. –Solo che c’è molta più gente.
Il fatto che non avesse descritto un magazzino abbandonato e deserto rincuorò non poco Draco.
-Stammi vicino.- disse riluttante.
Si avviarono verso l’entrata, camuffata in una delle finestre dell’edificio, ed entrarono all’interno. Il marasma di persone era veramente incredibile, e per uno scricciolo quale era il suo, avrebbe certamente significato perdersi. Così a Draco non rimase che prendere la mano del piccolo, il quale sembrava altrettanto contrario a tenergliela, più per timore che per riluttanza.
Di tanto in tanto Draco dovette tirarlo perché rimaneva imbambolato a guardare estasiato tutte le cose strane che gli passavano sotto il naso: gufi svolazzanti, nani, gnomi, folletti, carri pieni di scope bruciacchiate, file di calderoni che lievitavano a pochi centimetri dal soffitto e altre cose piuttosto insolite. Eppure non sembrava spaventato…Draco avrebbe detto curioso.
Giunsero all’accettazione dove numerose infermiere facevano avanti e indietro portando fascicoli, medicinali e quant’altro.
-Buongiorno.- disse una infermiera quando notò lo sguardo disorientato di entrambi. –Ha bisogno d’aiuto?
-Sì. Vorrei sapere dove vengono effettuati i test per malattie genetiche.
La ragazza lo guardò perplessa.
-Al secondo piano c’è il reparto dei batteri magici, ma non troverà quello che sta cercando, temo. Dovrebbe recarsi in un ospedale babbano per quel tipo di test.
-Questo è il miglior ospedale del Regno Unito, e lei mi sta dicendo che non c’è un reparto per malattie genetiche?!- sbottò Draco surriscaldandosi.
-Provi al secondo piano, troverà sicuramente il primario di genetica, ma qui al massimo si effettuano test del DNA, le malattie genetiche tra maghi sono piuttosto rare e...
-Ho capito, siete un branco di incompetenti!- concluse secco Malfoy, puntando verso le scale che portavano ai piani superiori, trascinandosi dietro Billy, che, poverino, doveva praticamente correre per restargli al passo, visto che Draco gli stava ancora stringendo la mano.
Si fecero quattro rampe di scale insieme ad altre numerose persone, e il bambino rischiò di essere calpestato in più di un’occasione, suscitando la rabbia di Draco, che lo sgridò a più riprese, intimandogli di guardare dove metteva i piedi. Giunti al secondo piano, che guarda caso era anche il meno affollato, Draco spedì Billy a sedersi su una delle poltroncine in sala d’attesa, mentre lui si faceva un rapido giro del piano alla ricerca del famoso primario. La ricerca non durò molto tempo, perché scovò senza fatica una porta con una targhetta d’ottone, su cui era scritto a lettere maiuscole PRIMARIO.
Naturalmente non si fece scrupoli a bussare. Aprì la porta ed entrò pronto a dare battaglia al mondo intero pur di riuscire a fare uno stramaledetto test per malattie genetiche.
Solo che il primario non era seduto alla scrivania come lui si era aspettato, anzi, era piegato su un mobiletto, nell’evidente tentativo di riuscire ad aprire quello che sembrava essere a tutti gli effetti un cassetto difettoso. Draco si appuntò mentalmente che il primario non era un uomo, ma una donna, a giudicare dai tacchi che indossava e dallo chignon in cui erano legati i capelli. Non poteva vedere altro, poiché quella era piegata sul cassetto e gli dava le spalle. Quando lo sentì entrare non disse niente, troppo concentrata ad armeggiare col cassetto e borbottare tra sé basse imprecazioni.
-Toc toc.- disse Draco ad alta voce. –E’ permesso?
-Oh, al diavolo il cassetto!- rispose una voce inconfondibile, che ebbe il potere di gelargli il sangue nelle vene. Nell’arco di un nanosecondo valutò il tempo che gli sarebbe occorso per raggiungere la porta e guadagnare l’uscita, ma bastò arrivare alla conclusione che non ce l’avrebbe mai fatta perché la ragazza si voltasse verso di lui e lo riconoscesse, lanciando un urlo tale da poter gareggiare con quello di una mandragola in pieno travaso.
-MALFOY!- gridò indietreggiando e andando a sbattere contro il cassetto, che miracolosamente si aprì.
In un’azione fulminea e del tutto istintiva, entrambi sguainarono le bacchette, puntandosele addosso pronti a tagliarsi a fettine non appena l’altro avesse osato fare un passo falso.
Draco rimase a fissarla scioccato. Non la vedeva da tempo, ma non riusciva a credere che la donna che aveva davanti fosse la stessa che anni addietro lui aveva tormentato fino allo sfinimento. Era più alta, più elegante, più carina...
-Ciao Granger.

**NOTE FINALI**
Piccola annotazione: i capitoli iniziali sono piuttosto corti, ma con l’andare della storia si faranno sempre più lunghi, quindi non me ne vogliate se adesso li finite di leggere in cinque minuti. Cercherò di bilanciare la poca lunghezza con tempi di aggiornamento più brevi:)
A presto!

 

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Capitolo 3
*** Convivenza forzata ***


Convivenza forzata

 
La Granger lo fissava con occhi strabuzzati, dandogli l’impressione di star meditando il suo omicidio.
-Cosa ti porta fin qui, Malfoy?- domandò infine, abbassando lentamente la bacchetta.
-Tu sei il primario, immagino.
-Bravo Malfoy, questo significa che sai leggere!
Draco preferì fingere di non aver sentito quell’uscita sarcastica, e rinfoderò a sua volta la bacchetta, mentre Hermione tornava a rimestare all’interno del cassetto, senza però dargli le spalle, anzi, lanciandogli brevi occhiate per accertarsi che non facesse nessun movimento strano.
-Beh, mi dici cosa ci fai nel mio ufficio?- domandò infine, tirando fuori dal cassetto il fascicolo di qualche paziente.
Draco non rispose subito. Il suo cervello stava lavorando a grande velocità. Si stava chiedendo quanto sarebbe stato folle farsi fare un test per malattie genetiche da lei, visti i loro trascorsi. Certo, in quanto ex Grifondoro, rimaneva pur sempre leale e onesta, nonché vincolata dal diritto alla privacy dei suoi pazienti, ma non era del tutto certo che non sarebbe andata a spifferare lo scoop succulento ai quattro venti. Draco Malfoy, lo scapolo d’oro d’Inghilterra, e il suo figlioletto Magonò, suonava male anche solo pensarlo.
-Sono qui per una questione di massima importanza.- cominciò scegliendo con cautela le parole. Hermione si fece attenta, rivolgendogli uno sguardo piuttosto curioso. –Posso fidarmi di te, Granger?
Un sopracciglio scettico si sollevò sul viso della ragazza.
-Dipende Malfoy. Se riguarda il lavoro io sono estremamente professionale e discreta, e posso assicurarti che di qualsiasi cosa si tratti svolgerò al meglio le mie mansioni di medico primario...se invece si tratta di problemi personali, puoi pure imboccare l’uscita, perché non ho assolutamente intenzione di assecondarti in nessuna questione di massima importanza, neppure se si trattasse di vita o di morte.
-Beh...- disse blando Malfoy. –Si tratta di entrambe le cose.
Hermione lo guardò perplessa e sospettosa.
-Spiegati meglio.
-Dammi solo un secondo.
Draco indietreggiò fino all’uscita, sporgendosi e facendo cenno al Pidocchio di raggiungerlo. Il bimbo, rimasto fino ad allora seduto in religioso silenzio sulla poltroncina, andò da lui con passetti misurati. Quando fu entrato, Draco ebbe cura di chiudere la porta. Davanti a lui, la Granger sembrava confusa. Guardò prima lui, poi il bimbo, poi di nuovo lui.
-Sei serio?!- sbottò infine, senza riuscire a trattenersi.
Draco ovviamente non rispose, lasciandole il tempo di rispondere da sola alla sua domanda retorica.
Hermione fissò il bimbo ancora diversi istanti, prima che riuscisse a ricomporsi, affettando un’aria vagamente professionale.
-Wow, beh...chi l’avrebbe mai detto!- commentò ancora piuttosto scombussolata. –Ma io cosa c’entro in tutto questo?
-Lui è...è...- come avevano detto che si chiamava? Billy?
A lui personalmente piaceva di più Pidocchio...
-Lui è un Magonò.- disse invece, e la parola “Magonò” gli uscì fuori straordinariamente satura di disgusto.
Alla ragazza non sfuggì quel tono, e lo sguardo che gli lanciò sapeva di amarezza e brutti ricordi.
-E con ciò?- chiese indispettita, incrociando le braccia sul petto e guardandolo torvamente.
-Hai capito quello che ti ho appena detto? Lui è un Magonò.
-Non ci vedo nulla di male in questo. E non è neanche così inaudito che da due maghi Purosangue nasca un figlio Magonò. Diciamo che nell’ 80% dei casi nasce un figlio Purosangue, nel 15% dei casi può nascere un figlio Magonò e nel 5% può nascere un figlio babbano. Ritieniti fortunato.- concluse velenosa.
-Granger, voglio che tu effettui un test per verificare se questo sia dovuto a qualche malattia genetica.
Hermione aprì la bocca, sgranando gli occhi esterrefatta.
-No!- esclamò furiosa. –Non ci penso neanche!
-Si tratta di due minuti!- sbottò Malfoy.
-Non è per quello! mi rifiuto di trattare un bambino come un menomato. Non c’è nessuna alterazione genetica, Malfoy, te l’ho già detto. E’ possibile che nella tua famiglia o in quella di tua moglie ci siano stati matrimoni consanguinei che hanno indebolito la linea di sangue, ma questo non significa che il bambino abbia qualcosa che non va!
Draco si morse l’interno della guancia per impedirsi di mandarla al diavolo.
-Cosa ti costa effettuare uno stupido test?!
-Hai anche il coraggio di chiedermelo?- ribatté gelida. –Eppure nessuno meglio di te sa come vengono bollate le persone come me.
-E’ quello che sei.- disse con foga Draco. –E comunque è stato tanto tempo fa.
Gli occhi di Hermione mandarono un lampo di collera.
-Sì, ma il ricordo fa ancora male.- disse tetramente. –E la cosa che mi rende più triste è vedere che tu continui a dare più importanza al sangue che al valore delle persone.
-Stai parlando di te, Granger?- chiese sferzante Draco.
Lei fece una risata incredibilmente priva d’allegria.
-Come vedi sopravvivo anche senza la tua stima.- furono le parole con cui lo liquidò.
Si inginocchiò all’altezza del Pidocchio, rivolgendogli un sorriso gentile.
-Come ti chiami?- domandò dolcemente.
Il bimbo rimase a guardarla per una manciata di secondi, senza darle alcuna risposta. Poi si voltò verso Draco, guardandolo come a chiedergli il permesso di rispondere.
-Beh, cosa aspetti a rispondere?- disse sgarbato Malfoy.
Il bimbo sussultò intimorito.
-Billy.- disse frettolosamente, chiudendosi in un nuovo silenzio.
Il sorriso di Hermione si allargò ulteriormente.
-Che bel nome. E’ il diminutivo di William?
Il ragazzino annuì.
-Non mi piace William.- borbottò a bassa voce.
Draco inarcò le sopracciglia, sorpreso da tanta inaspettata loquacità. Hermione invece non sembrò molto sorpresa.
-Quanti anni hai, Billy?
-Sei.
-Allora quest’anno comincerai ad andare a scuola!- esclamò come se andare a scuola fosse la cosa più bella del mondo. –Non sei emozionato?
Il bimbo si strinse nelle spalle, e in quel gesto Draco rivide molto sé stesso.
-Non lo so. Devo andarci prima di decidere.
Stavolta Hermione scoppiò a ridere di gusto e suo malgrado anche Draco dovette sforzarsi di trattenere una smorfia divertita.
-Molto bene Billy.- disse poi Hermione, avvicinandosi e prendendolo per mano. –Facciamo un piccolo test.
Lo prese in braccio senza alcuna difficoltà, afferrandolo sotto le ascelle e issandolo su un lettino da ospedale. –Adesso ti prelevo un po’ di sangue. Ti impressiona il sangue?
Billy scosse la testa. Effettivamente sembrava a suo agio in compagnia della Granger.
-Cosa vuoi fare?- domandò invece Malfoy, intromettendosi con una certa insistenza.
-Quello per cui sei venuto.- ribatté lei con praticità.
-Il test per malattie genetiche?
-No, quello è fuori discussione.- ribatté acidamente. –Verifico se è davvero tuo figlio. Non è per questo che sei qui?
-Cosa te lo fa pensare?!
-Andiamo Malfoy, non vorrai farmi credere che cresci questo bambino da sei anni e soltanto adesso ti salta in testa di eseguire un controllo per malattie genetiche!
Draco aprì bocca per ribattere, ma lei lo anticipò sul tempo.
-Non c’è bisogno di affannarsi a rispondere, basterà che tu stia zitto finché non ho finito. Perché non ti siedi intanto?
Draco non si sedette per il puro gusto di farle un dispetto. Hermione però non lo considerò più, impegnata a distrarre Billy mentre gli prelevava il sangue. Quando ebbe finito si voltò soddisfatta verso Draco.
-Non ha battuto ciglio, non sono certa che sia davvero tuo figlio, Malfoy.
-Cosa stai insinuando?- domandò tagliente il diretto interessato.
-Beh, per quel che ricordo, tu sei sempre stato un tipo piuttosto frignone.- osservò lei con una punta di malignità. Si avvicinò a lui con circospezione, toccandogli il braccio sinistro per invitarlo ad arrotolarsi la manica della camicia. Draco preferì arrotolarsi la manica del destro. La Granger gli dedicò una breve occhiata, porgendogli un batuffolo di cotone intriso d’alcol con cui inumidirsi la pelle.
-Anche tu piangevi spesso.- ribatté tranquillo Draco. –Soprattutto quando non prendevi il massimo dei voti in Pozioni.
Naturalmente scelse il momento peggiore per punzecchiarla, cosicché l’ago si piantò nella vena con una certa brutalità, costringendolo a mordersi le labbra per non gemere di sofferenza.
-Ecco fatto.- dichiarò la Granger poco dopo. Malfoy era sicuro che gli avesse portato via più sangue di quel che sarebbe bastato.
-Ti manderò un gufo con i risultati fra domani e dopodomani. Billy, ti sei meritato una Cioccorana.
Indicò un piccolo barattolo posto sulla scrivania pieno zeppo di Cioccorane. Billy sembrava piuttosto tentato, ma non osò muoversi.
-Mi sa che sta aspettando il tuo permesso.- fece notare la ragazza voltandosi verso Draco.
-Prendine pure una.- concesse lui, evitando di incrociare il ghigno compiaciuto della Granger.
-E’ stato un piacere conoscerti Billy.- disse accompagnandoli all’uscita. Salutò il piccolo con una carezza tra i capelli, scompigliandoli vivacemente. Quando si rivolse a Draco, la sua espressione, fino ad allora intenerita, si fece di colpo fredda e seria.
-So che non sono affari miei Malfoy, ma qualsiasi cosa sia successa, è una follia affidare a te un bambino così piccolo.
-Hai ragione.- concesse Draco. Lei sembrò quasi sul punto di abbozzare un sorrisetto d’accondiscendenza. –Non sono affari tuoi.
Il sorriso sul viso della ragazza si smorzò visibilmente. Gli sbatté praticamente la porta dell’ufficio in faccia.
Il resto della giornata lo trascorsero in casa, Draco blindato nel suo studio, a compiere ricerche sui Maghinò, per quanto l’argomento lo indisponesse, e il Pidocchio chiuso nella sua nuova stanza a fare non si sapeva bene cosa. Draco lo ignorava. Probabilmente stava leggendo, vista la notevole quantità di libri che si era portato dietro dall’orfanotrofio.
Verso sera Draco si recò in camera sua, a controllare che non avesse deciso di impiccarsi, e lo trovò seduto al tavolino a leggere un libro dall’aria piuttosto impegnativa.
-Vieni a mangiare.
Il ragazzino sobbalzò. Non l’aveva sentito arrivare. Scesero insieme al piano inferiore, e Draco stavolta gli permise di sedersi al tavolo da pranzo. Lui, per giunta, si sedette di fronte al piccolo, restando a osservarlo mentre piluccava un po’ del purè di patate e dell’arrosto che l’elfo aveva appositamente cucinato per lui.
-Com’è?- chiese Draco, sforzandosi di apparire realmente interessato al parere del piccoletto. Ci mancava solo che non gli piacesse...
-Buono.- fu la pacata risposta.
Draco si sentì stranamente a disagio. Ogni sforzo di avviare una conversazione sarebbe stato vanificato dalle misere risposte di quel bimbetto. Così non ci riprovò nemmeno a intavolare una chiacchierata.
Lasciò che il bambino finisse di mangiare con calma prima di spedirlo a lavarsi i denti e farsi una doccia. Lui era ancora nel suo studio a riguardare gli incontri di lavoro previsti per l’indomani quando Billy lo raggiunse avvolto in un ampio asciugamano che strusciava per terra, fermandosi sul ciglio della porta e aspettando in silenzio che si accorgesse da solo della sua presenza.
-Cosa ci fai lì?- chiese Draco quando lo vide.
-Signore, non riesco a far partire l’acqua. La maniglia è troppa alta.
Il bimbo aveva un sguardo afflitto.
Draco borbottò qualcosa a proposito della mancanza di poteri magici, ma poi si alzò, raggiungendo il bagno e regolando l’acqua della doccia così che fosse abbastanza calda.
-Ecco fatto. Attento a non fare un lago mentre ti sciacqui.
Si ritirò nuovamente nel suo studio, senza chiudere la porta, così da poter avere una completa visuale del corridoio su cui affacciavano il bagno e le camere da letto. Billy ci mise cinque minuti a farsi la doccia, e un quarto d’ora ad asciugarsi, lavarsi i denti e mettere il pigiama. Draco lo vide uscire dal bagno tutto accaldato e coi capelli decisamente arruffati. Indossava un pigiama celeste con motivi a pallini colorati e un paio di pantofole dall’aria piuttosto consunta.
-Vai a letto ragazzino.- disse Draco dalla sua postazione dietro alla scrivania. –E non uscire dalla tua stanza a meno che tu non debba andare in bagno.
Billy annuì titubante.
-Buonanotte signore.
Draco non gli prestò molta attenzione, già assorbito dalla lettura di un documento di lavoro, così il bambino se ne andò a letto senza aver ricevuto neanche l’augurio della buonanotte.
 
Quando giunse Miss Dewitt Billy si era già ritirato da un pezzo, e Draco fu libero di prendersi un discreto margine di libertà, intrattenendosi sveglio per diverse ore in compagnia della ragazza, la quale sembrava desiderosa di recuperare il tempo perso a causa del precedente appuntamento mancato.
Non appena si fu chiusa la porta d’ingresso alle spalle infatti si lanciò tra le braccia del giovane con un’enfasi che lui riconobbe immediatamente, e a cui rispose con altrettanto slancio, baciandola con trasporto e cominciando a spogliarla senza darle neanche il tempo di raggiungere la camera da letto. La ragazza approvò la sua decisione attraverso una serie di miagolii indistinti e versetti rochi, aggrappandosi a lui con foga, strappandogli di dosso quanti più indumenti riusciva a raggiungere mentre lui la issava contro il muro senza alcuna delicatezza, riuscendo anzi a fare un baccano infernale.
Ma tanto Billy sicuramente non avrebbe sentito niente, i bambini dormono come sassi.
Draco non ricordò esattamente in che modo riuscì a farsi le scale con Miss Dewitt in braccio, fatto sta che la mattina successiva si risvegliò nel suo letto, accusando qualche dolore in qua e in là su varie parti del corpo. Accanto a lui, il materasso era vuoto. La ragazza doveva essere andata in bagno. Draco sperò soltanto che non stesse girando nuda per casa, non con un bambino di sei anni nei paraggi.
Con molta calma si stiracchiò, concedendosi anche un ampio sbadiglio. Gli facevano male i muscoli delle gambe e delle braccia, e non poté fare a meno di chiedersi come diamine si fosse procurato il piccolo livido violetto che svettava sulla pelle diafana del ginocchio. Proprio mentre era impegnato ad analizzare quell’ammaccatura rientrò Miss Dewitt.
Vestita, grazie al cielo.
-Draco.- disse con una voce strana. –Cosa ci fa un bambino in casa tua?
Draco ebbe circa due secondi per decidere cosa fare. Le opzioni erano tre. Uno: fingere di cadere dalle nuvole e fare il finto tonto. Due: sminuire la faccenda fino a ridicolizzarla. Tre: rispondere evasivamente e non fornire affatto alcuna spiegazione. Generalmente la terza era anche la più rischiosa.
-Stai parlando di quella sottospecie di nano?- domandò Draco, scegliendo di fare il finto tonto.
-Sì, proprio lui. Sono passata davanti alla camera degli ospiti e ho sentito singhiozzare. Credevo fosse l’elfo, ma quando ho aperto per controllare l’ho visto mentre piangeva. Anzi, a dire la verità sta ancora piangendo.
Draco corrugò la fronte, interdetto e, doveva ammetterlo, piuttosto preoccupato. Si alzò dal letto indossando i primi vestiti che gli capitarono sotto mano e raggiungendo velocemente la stanza degli ospiti. Billy era seduto ai piedi del letto. Si abbracciava le gambe con le braccia e il viso era nascosto dai capelli, ma era evidente che piangeva e tremava.
-Ehi, ragazzino.- disse Draco vagamente in imbarazzo, anche per la presenza di Miss Dewitt, che li stava guardando perplessa. –Che succede?
-Non riesco a dormire.- mormorò il bambino in mezzo ai singhiozzi.
-E’ per causa mia che non sei riuscito a dormire?- domandò Draco, sperando con tutto il cuore che non fosse per il chiasso infernale che aveva fatto con Miss Dewitt.
-Ho paura dell’elfo.- disse invece Billy, tirando su col naso e asciugandosi le lacrime. -Ho paura che entri mentre sto dormendo.
Draco fu quasi sul punto di sospirare per il sollievo. Quello era quanto di più ridicolo le sue orecchie avessero mai sentito, ma d’altronde aveva a che fare con un bimbo di sei anni, cosa poteva aspettarsi? Anche lui a sei anni aveva paura del buio e dei mostri di cui gli raccontava sua madre.
-Sei rimasto qui tutta la notte?
Non si sorprese quando il bambino annuì. Il letto era freddo e intonso, si vedeva che non era stato neanche toccato.
-Okay ragazzino. Adesso vai a darti una sciacquata al viso e poi scendi a fare colazione. Forza...
Lo prese delicatamente per le braccia, facendolo alzare con insospettabile gentilezza e sospingendolo verso la porta, dove si trovava ancora Miss Dewitt, che si scansò per farlo passare, seguendolo con lo sguardo finché non fu entrato nel bagno.
-Chi è?- domandò poi, ma Draco sapeva che quella era una domanda retorica. Sapeva benissimo chi era, bastava guardarlo in faccia per rendersi conto che erano due gocce d’acqua.
-E’ tardi, devi andare.- disse sbrigativo Draco, deciso a non farla restare un secondo di più.
-Draco, cos’è questa storia?
Non le rispose, tornando in camera e raccogliendo in fretta tutti gli effetti personali della ragazza.
-Devi andare.- ripeté semplicemente, senza alcuno scrupolo di coscienza nel metterla alla porta.
Lei lo guardò oltraggiata e offesa. Gli strappò di mano il mantello e discese le scale sbattendo la porta con rabbia. Draco invece scese in cucina, dove Billy stava bevendo una tazza di latte caldo.
Si servì del caffè nero, sedendosi di fronte al bambino, il quale non osava sollevare lo sguardo.
-L’elfo non ti farà alcun male.- disse allora Draco, cercando di non suonare troppo burbero. –Ha più paura lui di te di quanta ne abbia tu.
Billy tirò un po’ su col naso, stropicciandosi gli occhi con le mani.
-Ho paura di fare degli brutti sogni.- disse allora con voce scoraggiata.
-Che genere di brutti sogni?- domandò Draco, approfittando della strana disponibilità a parlare da parte del Marmocchio.
-Brutti sogni sulla mamma.
Quella risposta non se l’era aspettata. Anzi, a dire la verità Draco non si era neanche mai chiesto come il piccoletto avesse vissuto la morte di sua madre. In quel momento non darsi dell’idiota fu impossibile.
-Okay ragazzino.- sospirò sconsolato. –Visto che non posso lasciarti da solo in compagnia dell’elfo non vedo altra alternativa che portarti con me al lavoro.
Sapeva che se ne sarebbe pentito amaramente.
 
**NOTE FINALI**
Beh, che dire? Ho notato che i numeri delle persone che seguono la storia sono piuttosto alti, ma ancora non riesco a capire se piace o meno. Suvvia, mobilitatevi e mandatemi un segno^^
A presto!

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Capitolo 4
*** Primi incontri ***


Primi incontri

 
Dopo aver dato all’elfo le disposizioni per la cena, Draco e Billy si incontrarono davanti al caminetto, attraverso il quale avrebbero raggiunto il Ministero della Magia. Il bambino sembrava piuttosto emozionato da ciò che stavano per fare. Prese la mano che Draco gli tese senza molte esitazioni, aumentando la stretta quando lui si raccomandò di non allentare la presa per nessuna ragione al mondo.
-Ministero della Magia!- urlò Draco, forte chiaro, lasciando cadere la manciata di Metropolvere ai loro piedi. Fiamme verdi si sprigionarono, inghiottendoli entrambi.
Apparvero a diversi chilometri di distanza, sbucando in mezzo all’Atrium del Ministero. Draco era perfettamente immacolato, impeccabile nel suo completo da uomo d’affari. Billy, poverino, era tutto fuligginoso, e tossiva come un dannato.
-Cosa hai combinato?- sbottò Draco. –Detergeo.- disse puntando la bacchetta sul viso del piccolo, che tornò perfettamente pulito insieme ai vestiti.
Il piccolo ringraziò a bassa voce, guardandosi intorno spaesato. In mezzo a tutta quella gente sarebbe stato sin troppo facile perdere un cosino come Billy, pensò Malfoy tetramente, e d’altro canto anche il piccoletto, per quanto non osasse toccarlo, sembrava deciso a restare quanto più appiccicato alle sue gambe. Così non gli rimase altra scelta che prenderlo per mano.
Percorsero tutto l’Atrium dirigendosi con molta fatica verso uno degli ascensori che li avrebbero portati al quinto piano. Draco incrociò diversi colleghi, ma per fortuna nessuno di loro fece caso al bimbo che si stava portando appresso, troppo impegnati a non perdere la propria rotta e a non farsi sballottare dalla moltitudine della folla.
Quando raggiunsero l’ascensore la ressa di maghi aumentò. Tutti volevano entrare, e Malfoy, che non era un tipo paziente, rientrava tra quei tutti. Spinse Billy dentro l’ascensore, seguendolo a ruota e chiudendo la grata di ferro alle loro spalle. Per qualche minuto nell’ascensore regnò il silenzio assoluto, poi Draco sentì una leggera pressione all’altezza del ginocchio, abbassò lo sguardo e vide che il Marmocchio stava cercando di attirare la sua attenzione tirandogli i pantaloni.
-Non respiro.- disse il bambino. Sembrava tremendamente dispiaciuto, come se fargli notare che stava soffocando potesse arrecargli un’ulteriore seccatura. Draco non disse niente, si chinò leggermente, per quanto gli fosse consentito dall’esiguo spazio di manovra, e lo prese in braccio, facendo ben attenzione a non guardare in faccia nessuno dei presenti. La situazione era già abbastanza imbarazzante, ci mancava solo che qualche suo conoscente gli domandasse chi fosse quel bambino che teneva in braccio.
Quando la grata si aprì al quinto piano, Draco fu ben lieto di poter posare a terra Billy, invitandolo a seguirlo fin nel suo ufficio.
–Qui nessuno ci disturberà.- disse Draco una volta entrati. Billy sembrò subito molto interessato alle poche fotografie appese alla parete. Erano in tutto quattro, e in tutte quante c’era Draco, ovviamente.
La prima era stata scattata ai tempi di Hogwarts. Draco sorrideva in compagnia di Theodore Nott e Blaise Zabini, i suoi migliori amici, i quali si divertivano a fare smorfie indecenti. Quella foto gli aveva sempre provocato uno strano senso di nostalgia. Forse perché gli mancavano i suoi amici, entrambi andati a vivere all’estero dopo la fine della guerra. Un giorno o l’altro avrebbe dovuto spedir loro una lettera, almeno per informarli di essere -forse- papà da sei anni senza neanche saperlo.
La seconda foto era stata scattata qualche mese dopo la guerra, forse da Andromeda, la sorella minore di sua madre. Lui, Narcissa e Lucius erano seduti nel salotto di Villa Malfoy, e guardavano nell’obbiettivo con facce lugubri. Narcissa muoveva le labbra e sembrava che stesse dicendo di non fotografare. Non era una gran bella foto in effetti, e Draco non poté fare a meno di chiedersi come fosse potuta finire su quella parete.
Nella terza foto, a suo parere la più bella, lui era seduto al volante del suo grande amore, la Ferrari nera su cui era salito anche Billy. Era stata scattata nel giorno in cui l’aveva comprata, sancendo la loro perpetua unione. In quella foto lo si poteva tranquillamente definire eccitante. Sembrava una star, in tutto e per tutto. Altro che Viktor Khrum o Harry Potter!
La foto che però catturò visibilmente l’attenzione di Billy fu la quarta. Draco ricordava tutto del giorno in cui era stata scattata, quasi otto anni prima. Ogni particolare era impresso nella sua memoria in modo indelebile. Era stata scattata sulle scale della chiesa, il giorno in cui lui e Astoria si erano sposati.
Draco era certo che difficilmente avrebbe potuto provare le stesse emozioni che aveva provato quel giorno. Erano sensazioni quasi indescrivibili. Ricordava soltanto che in quel momento si sentiva felice, e probabilmente spaventato dal timore di non essere all’altezza della donna che gli stava stringendo la mano. Astoria sembrava una creatura surreale tanto era bella e splendente nel suo abito bianco. I suoi pochi movimenti si limitavano a un saluto al fotografo e un lungo sorriso a Draco, ma lui era certo che quel sorriso così bello non lo aveva più visto dopo quel giorno.
Un lievissimo singhiozzo lo strappò dai pensieri in cui era sprofondato, riportandolo alla realtà. Realtà in cui Billy, il Pidocchio, si stava sforzando di non piangere.
Draco distolse lo sguardo dal sorriso di gioia della sua ex moglie, inginocchiandosi accanto al bambino.
-Mi dispiace.- borbottò cercando di dire qualcosa di intelligente e sentendosi invece molto stupido. –Le volevo molto bene.
In quel momento pensò che se fosse stato al posto del ragazzino, sentirsi dire quelle cose probabilmente lo avrebbe depresso ulteriormente, così allungò una mano e diede dei penosi colpetti sulla schiena del piccolo. Fu allora che Ronald Weasley fece irruzione nell’ufficio, seguito da Amelia, la sua segretaria, in quel momento livida di rabbia.
-Signore, il signor Malfoy in questo momento non può riceverla!- stava sbraitando la donna.
-Troverà un po’ del suo prezioso tempo da dedicarmi!- mugghiava Weasley.
Draco saltò in piedi all’istante, portandosi istintivamente a coprire Billy col proprio corpo. Era bene intendersi, non che volesse proteggerlo (anche se in effetti Weasley poteva essere definito pericoloso, dal punto di vista mentale), ma perché cercare di rimandare l’inevitabile era più forte di lui.
-Cosa stai nascondendo dietro di te, Malfoy?- domandò Weasley socchiudendo gli occhi pieno di sospetto. Era ancora più brutto quando si metteva a fare l’investigatore.
A peggiorare la situazione ci si mise pure il Pidocchio, che si sporse oltre le gambe di Draco, esponendosi alla vista dei due nuovi arrivati. La segretaria di Draco sgranò gli occhi, Ron sembrava lì lì per svenire.
-Chi è quel bambino?- domandò stupita la ragazza.
-Cos’è quello?- berciò invece il suo collega, e, seppur a malincuore, Draco dovette riconoscere tra sé che la seconda domanda era più calzante della prima.
-Lui è Billy.- proferì lugubre Malfoy, trascinandosi a sedere dietro alla scrivania.
-Oh beh, quello che intendevo era sapere cosa c’entra lui con te.- puntualizzò il collega con aria saccente. –E poi magari gradirei essere presentato.
-Vuoi essere presentato? ragazzino, questa sottospecie di animale viene comunemente chiamato Weasley, ma puoi denominarlo anche Lenticchia, Straccione, Pezzente o Schiappa. Lo si riconosce per via dell’orribile colore di capelli e per le antiestetiche lentiggini, nonché per il dubbio gusto del vestire, visto che nonostante il notevole stipendio che porta a casa continua a vestire come quando era un poveraccio. Che ne dici, ti sto presentando bene?
-Oh, falla finita Furetto!
Sia Billy che la segretaria si voltarono verso Draco con facce interrogative.
-Forse è meglio che io vada.- disse la donna notando lo sguardo assassino di Malfoy. Uscì dalla stanza a passo svelto, chiudendosi ermeticamente la porta alle spalle.
-Insomma Malfoy, adesso che siamo rimasti soli, io e te, tu ed io, perché non mi dici chi è questo simpatico bambino che, per inciso, è esattamente uguale a te?
Malfoy avrebbe preferito strozzarsi con le sue stesse mani piuttosto che dirgli chi fosse.
-E’ la nostra mascotte.- disse sarcasticamente, senza accorgersi che le orecchie del piccolo si erano drizzate alla parola “Mascotte”.
-Davvero?- domandò Weasley Il Credulone. –Questo significa che finalmente hai intenzione di impegnarti per questa causa! Benvenuto in squadra piccoletto!- esclamò rivolgendosi al Pidocchio, al quale tese la mano per suggellare l’accordo.
-Davvero sono la vostra mascotte?- chiese il ragazzino, che per quanto cercasse di nasconderlo, era sin troppo chiaro che non stava più in sé dall’emozione.
-No.- lo seccò Malfoy. –Neanche per scherzo, ci mancherebbe altro!
Lo sguardo di Billy s’incupì all’istante. Ron lo vide serrare le labbra per trattenere le lacrime. Come poteva Malfoy illudere in modo così crudele le aspettative di un bambino?!
-Non fare caso a lui.- disse accucciandosi al fianco di Billy. –E’ cattivo perché nessuno gli vuole bene e gli dimostra affetto...
-Lenticchia.- borbottò Malfoy. –Chiudi quella ciabatta.
-...Tu però ormai sei stato assunto, piccolo socio. Come ti chiami, a proposito?
-Billy.
-Benvenuto in squadra. Il tuo compito sarà fare in modo che Malfoy si impegni a fondo con le trattative per i mondiali di Quidditch...mai sentito parlare del Quidditch?
Billy scrollò le spalle.
-La mamma lo nominava qualche volta...
-Immagino che le piaccia molto.- commentò Weasley Lo Scemo, neanche resosi conto che il bambino aveva utilizzato il tempo Imperfetto, e non il Presente.
Tuttavia Billy corrugò la fronte, perplesso.
-Diceva che il Quidditch è uno sport per gli uomini dall’ego smisurato che cercano di...- tacque un attimo, nell’evidente sforzo di ricordare le parole usate da Astoria per descrivere il Quidditch. –Bilanciare le deludenti prestazioni sessuali...mmh, sì, lo diceva spesso.
Ron e Draco si scambiarono un’occhiata silenziosa e molto, molto eloquente.
-Era mia moglie.- puntualizzò Draco, che ormai aveva gettato la spugna, e anche la reputazione.
-Ti dirò Malfoy: era così ovvio che parlava di te!
La notizia non sembrava sconvolgere più di tanto Weasley, sempre che fosse arrivato a fare due più due...
-Quindi questo simpatico e vispo ragazzino è Malfoy Junior?
Era ufficiale: Ron Weasley sapeva fare due più due, buon inizio!
Senza aspettare la risposta di Malfoy, che d’altronde non sarebbe mai arrivata, Ron continuò a blaterare cose assolutamente senza senso. Almeno per Draco.
-Sento che andremo d’accordo. Tu, Billy, potresti essere la carta vincente. Mi raccomando, devi torchiare tuo padre, convincerlo a rimboccarsi le maniche, chiaro?
-Lenticchia, quel marmocchio ha solo sei anni. Non ti sembra un po’ prematuro coinvolgerlo in questo lavoro?!
-Malfoy, vorrei parlarti in privato, se non ti dispiace.- disse invece il collega.
Draco inarcò le sopracciglia, preso in contropiede.
-Potresti venire un attimo di là?
-Di là dove, Weasley?
Finirono a parlare in privato nel bagno degli uomini. Draco si sentiva stranamente a disagio a stare da solo insieme a Ron Weasley, dentro un bagno deserto. Gli sembrava un posto ideale dove compiere un omicidio.
-Che c’è Weasley?!- sbottò irritato, le mani affondate nelle tasche della giacca, le dita serrate intorno alla bacchetta...
Il collega però non sembrava particolarmente feroce, né tantomeno assetato di sangue. Si concesse una breve occhiata allo specchio, si sistemò un ciuffo di capelli orrendamente rossi con fare casuale, e poi si girò a guardarlo inumidendosi le labbra, come se stesse cercando le parole adatte con cui parlargli.
-Senti Malfoy.- esordì in tono strano. –Noi due ci conosciamo da tanti anni.
Draco aprì bocca per replicare immediatamente con una delle sue risposte acide, ma Ron alzò una mano per chiedergli di prestargli ancora un po’ di attenzione.
-Hai dei problemi in famiglia?
-Non sono affari tuoi, buon Salazar!
-No, davvero Malfoy, cosa ci fa allora tuo figlio qui dentro?! È per lui che ieri hai dato forfè?
-Weasley, non ti immischiare nella mia vita, non sei mio amico e non ti ho chiesto aiuto. Pensa per te e mantieni le distanze.
-Senti Malfoy, tu non mi sembri molto tagliato per essere padre, ma il bambino sta soffrendo, è sin troppo palese.
-E allora, cosa consigli di fare tu, eh?- lo aggredì Malfoy, cominciando a sentirsi oppresso.
-Io e mia moglie saremmo felici di averti come ospite...per cena. Uno di questi giorni.
A Draco occorsero parecchi istanti prima che riuscisse a inglobare e metabolizzare l’offerta. Guardò il collega con sguardo granitico, senza riuscire a spiccicare mezza parola, così che toccò a Ron prendere l’iniziativa.
-Beh, sai, in casa capita che io parli di te...non proprio bene, ecco, s’intende...- sembrava imbarazzato. –Però ecco...è da un po’ di giorni che io e Luna pensavamo di invitarti, e adesso che salta fuori tuo figlio, beh, perché non usarlo come diversivo? In senso buono, naturalmente...
-Naturalmente.- ripeté agghiacciato Malfoy.
-I ragazzi sarebbero contenti di conoscerlo, e lui mi sembra un po’ triste, detto in tutta franchezza. E mi sembra anche abbandonato a sé stesso, sì, ecco...
Si grattò la nuca evitando di guardare nella sua direzione.
-Perciò ecco...se vuoi il mio spassionato parere di padre di famiglia...beh, accetta l’invito e lasciati dare una mano da chi in questo campo ha più esperienza di te.
Weasley gli aveva appena offerto il suo aiuto. Questo significava solo una cosa: lui aveva toccato il fondo. Forse ancora non se ne era accorto, ma era già accaduto. E presto ne avrebbe sentito le ripercussioni.
-Fammi un favore, Weasley.- disse rivolgendo al suo interlocutore un’occhiata raggelante. –Non farti più vedere fino a domattina.
Weasley parve intuire che continuare a insistere sarebbe equivalso a scatenare la furia celata dietro il volto apparentemente rilassato di Malfoy. Così si limitò a scrollare le spalle, superandolo e uscendo dal bagno degli uomini. Draco, un volta rimasto solo, si concesse qualche breve attimo di riflessione.
Negli ultimi due giorni era diventato padre di un marmocchio di sei anni, mezzo muto e Magonò.
Come se non bastasse una ironica coincidenza del destino lo aveva portato a incontrare la Granger, la quale a breve lo avrebbe informato circa la sua reale paternità.
Per finire, Weasley, lo Straccione, lo aveva invitato a cena.
-Grazie Astoria!- sbottò acidamente, appoggiandosi contro un lavandino. Era colpa della sua ex moglie, ecco! Se lei non fosse morta non ci sarebbe stata tutta quella valanga di drammatiche conseguenze. Niente Granger, niente Weasley e niente spese extra.
In conclusione, niente problemi.
-Dannazione!- esalò in un sospiro, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Non era abituato a sentire la situazione sfuggirgli di mano. Era una sensazione orribile.
Si sciacquò il viso con acqua gelida, cercando di riordinare le idee nella sua testa. La prima cosa da fare era trovare un’occupazione per il Pidocchio, così da poter lavorare senza la preoccupazione di saperlo con le mani in mano. Tornò nel proprio ufficio rimettendosi addosso la maschera di imperscrutabilità.
Con sua sorpresa però, Billy non era più solo. Appollaiato sul trespolo vicino al davanzale della finestra, intento a scrutare il bambino con i suoi enormi occhi gialli, c’era il gufo reale di Draco, compagno di vita da ormai cinque anni. Bastò un fischio perché il gufo si levasse in aria e planasse elegantemente sul braccio teso del padrone. La carezza con cui lo ricambiò Draco fu leggera, quasi dolce.
-Dove sei stato, mmh?- domandò rivolto al suo gufo, modulando la voce a un basso sussurro. Il gufo gradiva molto le sue attenzioni.
-Lui è Oscar.- disse facendo le presentazioni. Il bambino pareva restio ad avvicinarsi e curioso al tempo stesso. -Non toccarlo, non gli piacciono gli sconosciuti.
Sollevò un poco il braccio, e il gufo riprese il volo, tornando ad appollaiarsi sul suo trespolo.
-Puoi sederti su questa sedia.- disse al bambino, indicandogli la sedia davanti alla sua scrivania.
-E cosa vuole che faccia, signore?- domandò Billy arrampicandosi faticosamente a sedere.
-Che impieghi il tempo in qualche modo.- rispose accomodandosi sulla sua poltrona. –Mentre io faccio il mio lavoro.
Detto ciò si mise a studiare il programma dei meeting previsti per il campionato del mondo di Quidditch, visto che comunque non avrebbe potuto sottrarsi ancora per molto alle sue mansioni.
-Perché tiene un gufo come animale domestico?- domandò il ragazzino, i cui grandi occhi grigi erano fissi in quelli gialli dell’animale.
-Perché ogni mago ha un animale.- ribatté con voce sarcastica. Naturalmente il Pidocchio non era un mago, e quindi niente animale. –Adesso scusami, ho molto lavoro da sbrigare e non posso perdere tempo dietro a te.
-Signore?- chiese allora il bambino.
-Che c’è ancora?!
-Posso prendere un foglio e una penna?
Draco gli rivolse uno sguardo dubbioso.
-Tieni.- disse poi, porgendogli un foglio bianco e una penna dell’ufficio.
Il bambino ringraziò, per poi sedersi dove gli era stato detto. Malfoy non indagò su cosa stesse facendo e si immerse nel proprio lavoro.
Dopo due ore era fermo al secondo foglio che aveva preso in mano. I suoi occhi non riuscivano a scollarsi dalla quarta riga, la sua mente era persa in tutt’altri pensieri.
Esausto, posò il foglio sulla scrivania e si stropicciò stancamente gli occhi, riflettendo su quanti problemi stesse cominciando a procurargli la presenza del Microbo nel privato e quella di Weasley sul lavoro. Non riusciva ad avere né concentrazione, né ispirazione, né voglia di fare alcunché.
Sollevò gli occhi quel tanto che bastava per osservare il piccoletto che, seduto sulla sedia, era intento a fare qualche scarabocchio. Di tanto in tanto alzava gli occhi e li piantava sul suo gufo, come se lo stesse studiando, per poi riabbassarli sul foglio e continuare il proprio lavoro.
-Cosa stai disegnando?- domandò con blando interesse.
Il piccolo sobbalzò per la sorpresa, poi si guardò intorno come per appurare che la domanda fosse rivolta proprio a lui, dopodiché scese dalla sedia e raggiunse Draco, poggiando il foglio sulla scrivania del mago. Malfoy gli gettò una breve occhiata e rimase colpito.
Il Pidocchio aveva ritratto Oscar quasi alla perfezione, senza troppe cancellature o sbaffi di penna. Se non lo avesse visto disegnare non avrebbe mai creduto che un simile disegno potesse essere realizzato da un bambino di appena sei anni.
-Ti piace disegnare?- domandò rivolgendosi al bimbo in piedi accanto a lui.
Lui annuì piuttosto titubante.
-Potrei dare da mangiare a Oscar, signore?- chiese educatamente.
Draco fu sul punto di rispondere con un secco scordatelo, ma alla fine si limitò a scuotere la testa, restituendo il disegno al bambino.
-Oscar non accetta cibo dagli estranei.
Il Microbo parve deluso. Volse il viso verso il gufo, e la speranza che fino a poco prima aveva brillato nei suoi occhi si affievolì visibilmente.
-Metti il giacchetto.- ordinò Malfoy. –Usciamo.
Si alzò dalla sedia, seguito a ruota dal bambino. Dopo aver indossato la giacca nutrì Oscar e gli concesse il via libera per un altro volo dove più lo aggradasse. Prima di liberarlo tuttavia, fece in modo di assicurargli a una zampa un biglietto scritto di suo pugno.
-Portalo a Miss Granger, e non tornare senza una risposta.- si raccomandò accarezzando il collo dell’animale. Il gufo sbatté un paio di volte gli occhi gialli, poi spalancò le ampie ali e si librò in volo sull’affollata Diagon Alley. Billy rimase a osservarlo sparire in lontananza con aria incantata.
-Muoviti ragazzino.- lo redarguì con stizza. –Andiamo a fare compere.
 
 
Da che mondo era mondo, Draco Malfoy detestava fare compere. Lui era abituato a comprare auto di lusso, ville, abiti di alta sartoria e al più gioielli per eventuali amanti, non a scorrazzare come un qualunque mago medio lungo Diagon Alley alla ricerca di un capo in saldo o di cibo con cui riempirsi a cena. Fare quel genere di compere era un hobby per poveracci, e Malfoy aveva a disposizione gli elfi domestici per questo. Perché allora quel pomeriggio ci andava lui stesso? Semplice, aveva bisogno di distrarsi, e la distrazione consisteva nel cimentarsi a fare qualcosa di nuovo, tipo passeggiare nella via più affollata del paese in compagnia del proprio figlioletto. Figlioletto che, in quel particolare frangente, gli stava aggrappato ai pantaloni per non rischiare di perderlo di vista.
-Non tirarli.- lo sgridò Draco. –Li gualcisci e basta.
Lo prese per mano con meno schifo delle volte precedenti, senza tirarlo né strattonarlo, per poi condurlo, facendosi largo tra altri genitori, alla gelateria Fortebraccio. Giunti davanti al bancone gli occhi grigi del bambino si allargarono a dismisura davanti alla varietà di gusti del gelataio.
Draco non lo avrebbe mai ammesso, ma tutto sommato non poté fare a meno di compiacersi per essere il responsabile di tanta meraviglia.
-Posso prendere tre gusti?- domandò Billy con sguardo implorante.
Sentendosi piuttosto magnanimo Draco glieli concesse, così che il ragazzino ordinò un cono con cioccolato, zucca e un gusto di colore blu dall’aria poco invitante.
-Non potevi scegliere gusti un po’ più normali?- chiese Malfoy aiutandolo a sedersi su uno dei tavolini all’aperto della gelateria. Nonostante il gelo di Gennaio, Fortebraccio veniva comunque preso d’assalto.
-Ne vuole assaggiare un po’? sono buoni...
-Magari un’altra volta ragazzino.- rispose acidamente.
Billy si dedicò con solerzia al proprio gelato, mentre Draco rimase a osservarlo, badando che non si sporcasse come stavano facendo tutti gli altri marmocchi nelle vicinanze. Il Nano però sembrava un esperto in materia, e leccava la base del gelato senza lasciarle neanche il tempo di cominciare a squagliarsi. Finito il gelato, aveva la bocca impasticciata di cioccolato e del gusto blu non meglio identificato. Draco gli passò uno dei fazzoletti poggiati sul tavolo.
-Dunque Marmocchio.- esordì schiarendosi la voce. –Da domani tu comincerai a ricevere un’istruzione.
Il ragazzino sollevò gli occhi su di lui, attento e avido di informazioni.
-Andrò a scuola?- domandò tutto emozionato.
Draco corrugò la fronte, ripugnato all’idea.
-No, certo che no! resterai a casa, dove verrà a farti lezione un insegnante scelto da me.
-Significa che non andrò a scuola con altri bambini?
-Tzh, non ti porterò in una scadente e inadeguata scuola babbana, in mezzo a babbani incapaci e ad altri parassiti della società.- sbottò Malfoy, guardandolo con aria di rimprovero.
Billy abbassò gli occhi, visibilmente deluso. Draco sinceramente non riusciva a spiegarsi il perché di tanta evidente scontentezza. Lui stesso nei suoi primi undici anni di vita era stato istruito in casa, seguendo le lezioni di un insegnante privato, e ciò non aveva mai costituito motivo di insoddisfazione.
-Che ti prende?- domandò burbero, sforzandosi di andare incontro alle esigenze del bambino.
Nuova generazione, valli a capire!
-La mamma mi aveva promesso che sarei andato a scuola.- mormorò flebilmente.
-Tua madre aveva delle regole. Io ne ho altre. Adesso sono le mie regole che dovrai seguire, intesi?
Per un folle attimo, ma Malfoy non era neanche sicuro di averlo visto davvero, negli occhi grigi di Billy baluginò un lampo di ribellione. Il ragazzino aggrottò le sopracciglia con aria imbronciata, piegando la bocca in una specie di smorfia, tanto simile a quella che lui stesso faceva davanti alle persone di cui era solito fare il verso, e palesando il suo disaccordo attraverso un nuovo, gelido silenzio.
-E pulisciti meglio la bocca, sei ancora sporco di gelato.
Billy provò a pulirsi col dorso della mano, ma Draco gli lanciò un’occhiata intimidatoria, dissuadendolo dal provarci. Vedendo che il bambino tentava di pulirsi col fazzoletto, senza però riuscire a trovare il punto in cui si era sporcato, si decise a sporgersi sul tavolino, passando una mano dietro alla nuca del ragazzino, così da avvicinarlo a sé, mentre col pollice strofinava energicamente l’angolo della bocca, là dove era rimasto un po’ di cioccolato.
-A posto.- commentò vagamente schifato, guardandosi il pollice come se lo avesse appena affondato in qualche sostanza tossica. –In piedi Marmocchio.
Billy obbedì di nuovo docile e mansueto, senza però interrompere il suo silenzio risentito. Draco riusciva a distinguere quel mutismo volontario e imbronciato dal silenzio imbarazzato e intimidito dei giorni precedenti, e ne era piuttosto irritato. Quel soldo di cacio si permetteva di mettere il broncio come un qualsiasi ragazzino viziato, lui che doveva solo tacere e ringraziarlo per averlo preso con sé.
Draco lo squadrò torvamente, riuscendo a incenerire con lo sguardo solo la testa bionda del bimbo, visto che era troppo basso per riuscire a guardarlo in faccia quando gli camminava a fianco.
Avanzarono lungo Diagon Alley senza scambiare mezza parola, controllandosi a vicenda così da evitare di smarrirsi in mezzo alla folla di persone, finché Draco non si fermò davanti al Serraglio Stregato, invitando silenziosamente Billy a fare altrettanto. Il ragazzino fu subito attratto dagli animali esposti in vetrina: gufi, civette, pipistrelli che pendevano dal soffitto, gatti che si strofinavano mollemente contro il vetro del negozio, rospi grassi e bitorzoluti, ratti neri che scorrazzavano indisturbati tra le zampe dei gatti e corvi che stridevano fastidiosamente.
-Wooo.- commentò estasiato il ragazzino.
-Seguimi.- disse Malfoy, precedendolo all’interno del negozio.
Una strega di mezza età, piuttosto trasandata e con pesanti occhiali scuri, li accolse in mezzo a quella baraonda d’animali, sorridendo a Billy e chiedendo notizie del suo vecchio gufo Oscar.
-Oscar sta bene.- rispose vago Malfoy. –Siamo qui per comprare un animaletto al ragazzino.
La strega osservò Billy con molto interesse. Lui invece sollevò la testa per fissarlo, colpito da quella inaspettata sorpresa.
-Cosa vorresti?- domandò gentilmente la donna.
-Puoi scegliere l’animale che più ti piace.- aggiunse Draco stornando lo sguardo da quello del bambino. Vederlo così felice gli provocava una noiosa sensazione di imbarazzo.
-Abbiamo animali di ogni specie, ma se posso consigliarti direi che un serpente è ottimo per un futuro Serpeverde...
Nello stesso istante in cui Billy esclamò –Un cosa?-, Malfoy ringhiò un –Non sarà mai un Serpeverde-. La strega parve leggermente disorientata, ma si riprese in fretta, affettando un sorriso conciliante.
-Decidi tu allora, caro.
Billy osservò i numerosi animali del negozio, soffermandosi con particolare interesse sui gatti e i rapaci notturni. Poi il suo sguardo fu catturato da un gatto nero che scese elegantemente dallo scaffale su cui era rimasto appollaiato fino ad allora, strofinandosi languidamente contro le gambe del piccolo.
-Bastet è un coccolone.- spiegò la strega con tono tenero.
Draco osservò il gatto piuttosto scettico. Non voleva interferire con la scelta del bimbo, ma aveva sempre pensato che i gatti fossero bestie adatte alle donne.
Billy invece parve gradire le fusa del micio. Lo accarezzò dolcemente, ridacchiando quando il gatto arcuava il dorso sotto le sue carezze.
-Posso prenderlo?- domandò a Draco.
-Ti ho già detto che puoi prendere ciò che più ti piace.- rispose con tono neutro.
Bastet fu aggiudicato, e la strega provvide a impartire le istruzioni necessarie per nutrirlo e curarlo.
-Grazie signore.- disse Billy una volta fuori dal Serraglio Stregato. Il gatto era stato infilato a forza in una gabbietta che Billy sorreggeva con entrambe le mani, facendo un po’ di fatica. La bestiola aveva lottato furiosamente per non essere rinchiusa, tanto che la strega aveva dovuto ricorrere a un incantesimo per poterlo ingabbiare senza rischiare che le venisse cavato un occhio. Adesso il gatto squadrava Malfoy attraverso i suoi superbi occhi dorati, osservandolo con aria supponente.
-Dammi del tu, ragazzino.- rispose laconico Malfoy, occhieggiando al micio con diffidenza. –Direi che ormai possiamo usare il nome proprio.
-Ho sempre voluto avere un animale.- continuò il bambino, nuovamente di buon umore. -Mamma non sopportava gli animali.
Senza riuscire a trattenersi, Draco si ritrovò a sogghignare.
-Oh, me lo ricordo! Per il nostro primo anniversario le regalai un gattino, pensando di farle una sorpresa gradita. La sorpresa la ebbi io però, quando Astoria cominciò a starnutire, imprecare e minacciare di lasciarmi a dormire in cucina con gli elfi se non mi fossi liberato di quel gatto...
Si interruppe bruscamente, ricordandosi che stava sproloquiando davanti a un Nano di sei anni che non avrebbe mai dovuto entrare troppo in confidenza col suo lato tenero, se mai ne avesse avuto uno.
Billy però lo osservava attentamente.
-E cos’hai fatto al gatto?- chiese interessato.
-L’ho riciclato.- rispose con tono ovvio Malfoy. Davanti alla faccia perplessa di Billy decise che forse era il caso di spiegarsi meglio.
-L’ho regalato a mia madre.
Calò un attimo di silenzio, poi Billy fece un’altra domanda.
-Perché hai lasciato mamma?
La domanda lo colse del tutto impreparato, soprattutto perché era stata sparata a bruciapelo in un momento in cui aveva inconsciamente abbassato la guardia. Rallentò il passo, modulandolo con quello del bambino, cacciandosi le mani nelle tasche della giacca e assumendo un’aria riservata.
-Non sono affari tuoi.- disse in modo sgarbato.
Billy però era un bambino, e quindi non riusciva a intuire quando era il caso di non addentrarsi ulteriormente nelle faccende degli adulti. Perciò, continuando a trascinarsi dietro la gabbietta del gatto, gli rivolse uno sguardo del tutto privo di collera, parlando con tono neutro, tipico di un bambino. Lo guardava dal basso, attraverso quei grandi occhi grigi, e non sembrò affatto spaurito dalla sua risposta maleducata.
-Mamma diceva sempre che è stata colpa del tuo lavoro se vi siete lasciati. E anche della tua...ambi...ambi...- esitò, non riuscendo a ricordare la parola.
-Ambizione?- suggerì Malfoy, vedendolo piuttosto in difficoltà.
-Sì.- asserì con convinzione il ragazzino. –Che vuol dire?
Draco sbuffò, spazientito. Troppa confidenza, davvero troppa. Il Moccioso stava già cominciando a parlare troppo.
-L’ambizione è la brama di avere sempre di più, soprattutto ciò che è difficile da ottenere.
-E che cos’è la brama?- ribatté puntuale il bimbo.
-La brama è il desiderio.- spiegò, sempre più scornato.
Billy però parve capire il concetto, perché finalmente si zittì. Dopo circa tre secondi però la sua voce infantile si riverberò nuovamente nell’aere, tornando a irritare i suoi padiglioni auricolari.
-Però a volte piangeva.- disse con tono neutro, senza alcuna traccia d’accusa. Era solo una constatazione, fatta in piena tranquillità.
-E questo che c’entra con me?
Il Nano alzò la testolina bionda per riuscire a guardarlo in faccia.
-Ti chiamava sempre quando era triste.- disse con semplicità.
Quella notizia colpì non poco Draco. Non si era aspettato che Astoria potesse aver risentito così profondamente della loro separazione. In fin dei conti era stata sua la decisione di separarsi, e lei stessa era stata sollecita nel fare in modo di rendere la procedura il più veloce possibile, quasi non vedesse l’ora di liberarsi di lui. L’istitutrice aveva sostenuto che Astoria fosse ancora innamorata, ma allora perché aveva chiesto il divorzio? Perché non lo aveva mai cercato durante la gravidanza o negli anni seguenti? Perché aspettare che fosse morta per fargli presente che aveva anche un figlio? Perché limitarsi ad assecondarlo, a litigare con lui furiosamente e poi a struggersi senza neppure tentare di contattarlo?
Dopotutto, a parte i numerosi e feroci litigi precedenti al divorzio, in seguito si erano mantenuti in rapporti cordiali, incontrandosi per caso al Ministero, o se non altro chiedendo notizie l’uno dell’altra.
Questo per circa un mese, in effetti. Poi Astoria era sparita dalla circolazione, e lui era troppo felice per la riacquistata libertà per ricordarsi di continuare ad aggiornarsi su una persona che, dopotutto, era ormai parte del suo passato. Possibile che fosse stato così cieco da non accorgersi di nulla?
Tuttavia, anche in quel momento si ricordò che aveva cose più importanti a cui pensare, il suo lavoro incompiuto, per esempio.
-Forza ragazzino, la ricreazione è finita. Torniamo in ufficio, forse Amelia riuscirà a reperire del cibo per il tuo animale.
 
Alla fine di quell’interminabile giornata, finalmente investita in modo utile nella seconda parte del pomeriggio, Draco decise che era giunta l’ora di fare mangiare un boccone al bambino, rimasto tutto il tempo a giocare col suo gatto in un angolo dell’ufficio. Andava detto che il piccoletto si era dimostrato tutt’altro che molesto, e anzi, molto silenzioso e quasi invisibile. Forse aveva capito che era fondamentale per Draco avere pace e tranquillità intorno a sé quando c’era da lavorare. Il micio, Bastet, era un po’ vivace per i suoi gusti, e c’era stato un orrendo momento in cui era stato sul punto di grattarsi le grinfie sul suo pregiatissimo tappeto orientale, se Billy, accorgendosi della faccia omicida con cui Malfoy occhieggiava al gatto, non fosse intervenuto trascinandolo nuovamente nell’angolo più lontano dal costoso arredo.
Draco varcò la soglia del caminetto insieme a un Billy ormai prossimo ad addormentarsi, sia per la stanchezza sia per la noia. Per prima cosa restituirono la libertà a Bastet, che dall’interno della gabbietta miagolava incessantemente da quando avevano lasciato il Ministero.
Il gatto zampettò fuori di soppiatto, ma anziché esplorare la casa preferì strofinarsi contro le gambe di Billy, il quale occhieggiava verso la cucina con aria affamata.
Puntuale come un orologio, l’elfo domestico si materializzò davanti a loro, facendo impallidire il bambino, che automaticamente aderì contro la gamba di Malfoy.
-La cena è in tavola, padron Malfoy.- esordì prostrandosi in un inchino piuttosto patetico.
Draco sospinse il Moccioso nella piccola e accogliente cucina, dove la tavola era apparecchiata per due. Come aveva espressamente ordinato quella mattina, l’elfo aveva preparato una cena a base di pesce, sana e leggera, proprio come piaceva a lui. Billy spazzolò il proprio piatto con solerzia, facendo sospettare a Draco che durante la giornata non fosse abituato a rimanere digiuno come lo aveva lasciato lui. Forse Astoria si preoccupava di fargli mangiare qualcosa di più che un semplice gelato per pranzo...
Bastet si era seduto ai piedi del tavolo, e adesso li stava fissando attraverso i suoi occhi gialli, forse troppo umani per i gusti di Draco, che li trovava vagamente inquietanti. Di tanto in tanto muoveva la coda con aria annoiata, senza però perdere mai di vista i movimenti di entrambi, guadagnandosi alla fine i suoi avanzi.
-E’ l’ora di andare a letto.- annunciò Draco a cena terminata. Erano quasi le dieci, e a breve sarebbe arrivata Cornelia Sebold, ovvero il seno più prosperoso di Londra, e l’idea di avere il Microbo ancora in giro per casa lo entusiasmava poco e niente. Il piccolo però gli rivolse uno sguardo di colpo timoroso, guardando verso il corridoio buio che portava al secondo piano con occhi spaventati.
-Ragazzino.- lo chiamò Malfoy con tono eccessivamente imperioso. –L’elfo starà lontano dalla tua stanza, glielo ordinerò io.
Billy però non pareva affatto tranquillo, e anzi, gli occhi si stavano facendo sempre più grandi, in modo alquanto allarmante.
-Non voglio sognare la mamma.- esordì con una vocina sottile, incrinata dal pianto.
-Bastet ti farà compagnia.- spiegò Malfoy cercando di essere razionale e disinvolto, ignorando il disagio assoluto che provava davanti alle lacrime del Marmocchio. –Se hai paura basta che allunghi una mano e lo accarezzi. Non rimarrai solo.- aggiunse col solito tono scontroso e scocciato. Billy però parve tranquillizzarsi un poco, così si alzò, raccolse il gatto tra le braccia, diede la buonanotte e si incamminò verso il piano superiore con aria mogia. Draco lo seguì con lo sguardo, chiedendosi se per caso non avesse fatto meglio a somministrargli qualche sonnifero, piuttosto che comprargli una animaletto da compagnia. Non poté portare avanti simili elucubrazioni però, perché l’elfo tornò ad annunciare l’arrivo di Cornelia, la quale si fece trovare all’ingresso, già mezza svestita, con un’aria da gatta indemoniata.
Tra l’altro Oscar non è ancora tornato con notizie della Granger, pensò mentre afferrava la ragazza per i capelli, baciandola con rudezza. Avrebbe dovuto aspettare ancora molto prima di avere quantomeno la reale certezza che il bambino fosse suo? E se non lo fosse stato, cosa avrebbe fatto?
La portata di simili pensieri era troppa per un’ora così tarda, e potenzialmente in grado di rovinargli definitivamente la serata, e anche il pizzico di buon umore che aveva riacquistato grazie alla giovane Cornelia, adesso impegnata a soffiargli in un orecchio tutto quello che gli avrebbe fatto quella stessa notte. E a Draco Malfoy, che non era mai stato tipo paziente, non bastò che condurla nella propria stanza, premurandosi di chiudere la porta con un distratto incantesimo, prima di lasciarsi trascinare tra le lussuose coperte del proprio letto.

**NOTE FINALI**
Scusate il ritardo nell'aggiornamento, ma ho avuto impegni improrogabili. Spero che vi sia piaciuto, e non disperate, tra poco i capitoli cominceranno ad allungarsi!

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Capitolo 5
*** Uno spiraglio nel mare di tenebra ***


Uno spiraglio nel mare di tenebra
 
L’indomani Draco fu svegliato da un pressante ticchettio contro il vetro della finestra. Pigramente si tirò a sedere sul materasso, allontanando il braccio che durante la notte la Sebold aveva appoggiato sul suo torace. Si strofinò gli occhi con una mano, focalizzando la fonte di quel rumore molesto. Quasi pestò Cornelia quando vide che si trattava di Oscar. La scavalcò malamente per evitare di fare il giro del letto, impiegando così circa due secondi più del dovuto, e si catapultò alla finestra, spalancandola e lasciando che il gufo gli consegnasse la lettera col risultato del test di paternità.
-Draco, che ti prende?
La voce risentita e ancora assonnata di Cornelia gli giunse come ovattata, mentre, del tutto dimentico di lei, si apprestava ad aprire la missiva con mano febbricitante.
 
Malfoy!
Non osare mai più spedire il tuo gufo ad angustiarmi solo perché ritieni che i tuoi capricci siano più importanti di tutto il lavoro che devo fare come Primario! Il mio è stato un favore, quindi impara a non forzare troppo la buona sorte, perché ti assicuro che la prossima volta, col tuo pennuto, se osa beccarmi e assillarmi come ha fatto stanotte, ci faccio l’arrosto!
Per quanto riguarda il test, sarai ben lieto di sapere che il bambino è proprio tuo figlio, come se non bastasse la somiglianza a confermarlo. I risultati non hanno lasciato adito ai dubbi: congratulazioni, sei appena diventato padre, anche se in effetti lo saresti già da sei anni.
Sperando vivamente di non incontrarti di nuovo per almeno un’altra dozzina d’anni, e augurandoti di saper meritare il titolo di padre, ti allego il risultato del test, così potrai leggere con i tuoi stessi occhi.
Distinti saluti
HG
 
La Granger sapeva davvero farsi amare, non c’era che dire. Draco diede una rapida scorsa anche al documento in cui era stato riportato il risultato dell’esame, e non seppe più se sentirsi sollevato o rammaricato da un simile esito. Sollevato, forse, perché almeno così sapeva che Astoria non aveva cercato di rifilargli il figlio di un altro, rammaricato, beh, per ovvie ragioni.
-Cos’è quella lettera?- domandò Cornelia, che adesso si stava stiracchiando languidamente.
Ma perché ogni singola donna che si portava a letto era così dannatamente impicciona?!
-Nulla di importante.- rispose laconico, nel mentre provvedeva a scegliere dall’armadio qualcosa da indossare. –Vestiti, tra poco devo uscire.
La lasciò da sola nella propria stanza, ignorando i suoi noiosi richiami. Invece si diresse verso la stanza di Billy, finendo di abbottonarsi la camicia inamidata e profumata di pulito. Non appena schiuse la porta, un miagolio soddisfatto raggiunse le sue orecchie, e Bastet sgattaiolò fuori dalla stanza per andare a curiosare in giro. Billy invece era ancora addormentato nel proprio letto, ma l’espressione imbronciata non suggeriva un sonno sereno.
Draco gli si avvicinò quasi con circospezione, allungando una mano sulla sua piccola spalla e scuotendolo debolmente.
-Ragazzino. Svegliati.
Parlò con voce moderata, e Billy aprì un occhio, emettendo uno sbadiglio invidiabile.
-‘Giorno.- lo sentì farfugliare ancora mezzo addormentato.
-Lavati e scendi per la colazione.- disse uscendo di nuovo dalla camera e chiudendosi la porta alle spalle. Sulle scale incrociò Cornelia, già vestita e in procinto di andarsene.
-Buona giornata tesoro.- cinguettò leziosa, sostando su uno scalino per ricevere una carezza. Carezza che, ovviamente, non arrivò nemmeno per sbaglio, visto che Draco la superò quasi come se neanche ci fosse stata.
-Sì, sì...certo, anche a te.- replicò distrattamente.
Lasciò che fosse l’elfo ad aprirle la porta, lui aveva una fame da lupi. Si servì un caffè nero, versando invece un po’ di latte a Billy quando lo raggiunse per la colazione.
-Come hai dormito stanotte?- si informò, sorseggiando un po’ di caffè e sistemandosi meglio il giornale sulle gambe per riuscire a leggerlo. Anche sulla Gazzetta non si faceva che parlare dei mondiali di Quidditch...
-Bene.- si limitò a rispondere il Marmocchio addentando uno zenzerotto.
-Tra poco arriverà il tuo insegnante.- disse Draco, scrutandolo con cipiglio torvo mentre cercava inutilmente di non sporcarsi il pigiama bevendo il latte. –Con lui farai lezione fino all’una, poi avrai un’ora libera, in cui potrai mangiare e giocare nel giardino interno, e poi riprenderai le lezioni fino alle sette. E’ tutto chiaro?
Billy annuì titubante. Per qualche ragione a Draco sconosciuta, l’idea delle lezioni private non gli piaceva proprio.
-Stasera, quando tornerò, chiederò come ti sei comportato e quanto ti sei applicato. Non voglio sentire nessun tipo di lamentela o critica nei tuoi confronti.
Billy annuì nuovamente, guardandolo con aria sveglia.
-Stasera ceneremo dai miei genitori, cioè...dai tuoi nonni.- continuò, osservando di soppiatto la reazione del ragazzino. Billy, almeno esteriormente, sembrava tranquillo. Malfoy era ancora molto dubbioso riguardo al portarlo dai suoi. Anche perché a loro non aveva neppure accennato del piccolo. Da quando era andato a vivere da solo, erano rimasti implicitamente d’accordo sul vedersi almeno due volte al mese, soprattutto per la pace di Narcissa, che comunque non si esimeva dal fargli “visite a sorpresa”, rischiando di beccarlo ogni volta con una delle sue innumerevoli amanti.
Draco aveva una vaga idea di come i suoi genitori avrebbero potuto reagire alla vista del Nano. Lady Malfoy sarebbe svenuta dalla gioia, e poi l’avrebbe viziato con cibo e coccole asfissianti. Per questo provò un moto di compassione verso Billy. Lucius invece se ne sarebbe rimasto impassibile, e poi forse si sarebbe lamentato perché al pargolo non era stato dato il nome di battesimo di suo padre Abraxas, invece di quell’orrendo nome da babbano qualsiasi. E a tal proposito, Draco avrebbe dovuto annunciar loro la lieta notizia, cioè che suo figlio era un Magonò. A quel punto le sue supposizioni sulle reazioni dei coniugi Malfoy non potevano trovare terreno fertile. Era solo un grande punto interrogativo. L’unica cosa certa era che nella migliore delle ipotesi sarebbe stato radiato dall’albero genealogico della famiglia, e già quello bastava per farlo rabbrividire di vergogna e umiliazione.
-Posso venirti a trovare nell’ora libera?
La voce pulita di Billy lo richiamò alla realtà, che lo vedeva in piedi, sul ciglio della porta di casa, con un minuscolo bambino biondo che lo guardava con occhi grandi e speranzosi.
-Devo lavorare Marmocchio, non ho tempo per le tue visite.- sbottò burbero. Non gli piaceva tutto quell’attaccamento privo di carattere. Era pur sempre un Malfoy, anche se Magonò!
L’espressione di Billy si rabbuiò all’istante, assumendo un’aria tristissima, che per qualche motivo smosse qualcosa nell’animo arido di Draco. Il mago avvertì un impercettibile soffio, un debole spasmo da qualche parte vicino al cuore, che lo fece irritare ulteriormente.
-Voglio che il tuo insegnante ti trovi in soggiorno, pronto per cominciare le lezioni.
Il bimbo non poté far altro che obbedire e dirigersi con aria mogia verso il salotto. Era già sparito dalla sua visuale, quando Draco lo vide ricomparire e sforzarsi di sorridergli.
-Ma tu stasera ritorni?- domandò senza riuscire a trattenere l’ansia contenuta nella voce.
-Certo che torno, questa è casa mia, dove dovrei andare?- replicò con ovvietà. Quella gli sembrava la domanda più stupida che avesse mai sentito formulare.
Dopo tutte quelle di Weasley, ovviamente.
Billy però sorrise soddisfatto dalla risposta, e stavolta il sorriso era sincero.
Per qualche ragione su cui Draco preferì non indagare, non poté fare a meno di sentirsi sollevato quando uscì dalla casa, sapendo che il Nano adesso era tornato a essere sereno.
Il tragitto in auto fino al ministero fu più silenzioso del solito. Draco preferì non accendere la radio, anche perché sapeva che farlo avrebbe significato essere sommersi dalle breaking news sul Quidditch, e sinceramente voleva proprio risparmiarselo. Più ne sentiva parlare, più smaniava affinché i mondiali non cominciassero mai. Non si era mai sentito meno preparato sul lavoro in vita sua. Era un’occasione di grande prestigio quella che gli si presentava, il colpo grosso della carriera, non poteva sbagliare, eppure si sentiva uno schifo.
A peggiorare la situazione ci si mise pure La Pulce, ovvero Ron Weasley, che quella mattina fece il solito ingresso nel suo ufficio senza degnarsi né di farsi annunciare, né tantomeno di bussare, come avrebbe fatto qualsiasi cristiano.
-Piaga, ascolta, bussare non è un gesto da sottoposti che mi è dovuto perché sono Draco Malfoy. E’ un gesto di rispetto che seguirebbe pure il sottoscritto se mai dovesse entrare nel tuo ufficio, cosa che, naturalmente, non si verificherà mai.
Il Rosso gli scoccò un’occhiata derisoria.
-Malfoy, vedo che hai aggiunto una nuova parola al tuo limitato vocabolario lessicale.
-Intendi dire “piaga”? non trovi che ti si addica molto?
-Veramente parlavo di “rispetto”.
-Ah-ah, Weasel, se l’intelligenza dei tuoi discorsi fosse direttamente proporzionale alla tristezza delle tue ridicole battute saremmo in una botte di ferro.
Ron arricciò le labbra in una smorfia d’irritazione, e Draco capì che avrebbe tanto voluto tirargli addosso qualcosa, ma si limitò a stravaccarsi sulla sedia davanti alla sua scrivania, con quel suo modo di fare che lo mandava in bestia. Draco sapeva che lo faceva apposta, si divertiva a farlo incazzare.
Fu quindi con studiata indifferenza che si rivolse al collega, ignorando il modo barbaro in cui si era messo a sedere: con una gamba appoggiata al bracciolo della sedia e l’altra allungata sotto la scrivania, a invadere tutto lo spazio per le sue, di gambe.
-Qual buon vento ti porta a molestarmi già di prima mattina?
-Lo sai Malfoy, non posso lavorare serenamente senza assicurarmi del tuo stato di pace fisica e mentale.
-Che tu stai contribuendo a rovinare con i tuoi modi da selvaggio.
-Vuoi che chieda ad Amelia di portarti un po’ di succo di zucca? Così magari il tuo lato acido si addolcisce un po’.
-Ero dolcissimo fino a quando tu non sei entrato senza bussare.- commentò torvo. –Ero così dolce da aver preso in considerazione l’idea di concedere ad Amelia un giorno libero per andare a trovare sua madre, che è ricoverata al San Mungo, ma per colpa tua adesso non glielo accorderò più.
-Non fingere di interessarti agli altri per farmi sentire in colpa.- ribatté l’altro facendo un smorfia. –Non dipende di certo da me questa tua inclinazione a tiranneggiare su chiunque te ne da la possibilità. Sappi solo che Amelia è un’ottima segretaria, e il giorno in cui la caccerai perché ti ha portato il succo di mirtillo anziché quello di ribes, io sarò lieto di farla lavorare per me.
Draco si appoggiò contro lo schienale della sua poltrona, già saturo di Weasley.
-La mia allergia per i capelli rossi e le lentiggini sta raggiungendo il culmine. Devi dirmi qualcosa di veramente importante, oltre a tessere le lodi della mia segretaria?
Davanti a lui, Ron Weasley tornò a comportarsi come un essere umano, sedendosi in maniera composta, accavallando le gambe e incrociando le mani sul grembo. Assunse tra l’altro un’aria seria, particolarmente inquietante sul suo volto da eterno burlone.
-Malfoy, stamani ho parlato con il primo ministro e il suo staff, e non sono molto soddisfatti dai risultati della nostra collaborazione. Il parere unanime è che siamo due maghi eccezionali, con grandi potenzialità, che insieme potrebbero fare cose straordinarie, se solo riuscissimo ad accantonare la nostra reciproca antipatia.
-Il nostro reciproco odio, casomai. E per inciso, evito di commentare in modo sarcastico la parte in cui ti sei definito mago eccezionale, con grandi potenzialità e in grado di fare cose straordinarie insieme a me. Non mescoliamo il sacro con il profano.
-Ecco, proprio di questo parlavo: il tuo atteggiamento infantile!
-Weasel, non ti surriscaldare, rischi di smentire tutte le stronzate con cui hai infarcito il discorsetto di poco fa.
-Al diavolo! Io ci provo a venirti incontro, ci provo davvero, ma tu sei peggio di un mulo, Santo Godric!
-Forse è perché preghi il santo sbagliato.- suggerì divertito Malfoy.
-Malfoy, adesso sarò onesto al cento per cento: i superiori mi hanno lodato, anzi, le loro erano lodi sperticate, mentre di te, sì, di te che giochi a fare il padrone del Ministero, hanno parlato assai negativamente. Dicono che tu sia distratto, perso a inseguire il tuo ego e le tue manie di grandezza. Non apprezzano la tua aria arrogante e la megalomania cronica che ti affligge. Sono stato io a rassicurarli, dicendo loro che questo non è un buon periodo per te, per via dei tuoi problemi famigliari e...
-Cosa. Cazzo. Hai. Detto?
Draco si alzò dalla sedia con una lentezza drammatica. Weasley intuì di aver parlato troppo, e tacque, avendo il buon gusto di apparire perlomeno comprensivo, visto che era lungi dal sembrare anche solo vagamente intimorito. Non impallidì sotto il suo sguardo omicida solo perché era di Ron Weasley che si trattava, eroe reduce dalla Seconda Guerra Magica.
-Ti ho mai chiesto di difendermi coi superiori?- domandò Draco a voce bassissima, appoggiando i palmi di entrambe le mani sulla superficie della scrivania, con una calma innaturale, che non presagiva nulla di buono. Weasley non rispose. Rimase seduto e continuò a fissarlo con aria stoica.
-Ti ho mai chiesto di pararmi il culo?
Ancora un volta, Ron non rispose.
-Ti ho mai dato l’impressione di voler essere aiutato come un qualsiasi pivello, come se non fossi in grado di farlo da solo?
Ron Weasley, inarcando un sopracciglio come per convenire con le sue parole, si schiarì appena la voce.
-No.- ammise.
-E allora perché cazzo ti è venuto in mente di farlo?!- urlò Malfoy senza più riuscire a trattenersi. –Vuoi mettermi in ridicolo facendomi apparire come un debole, un codardo che preferisce mandare avanti il collega invece che rispondere personalmente dei propri fallimenti?
-Malfoy, non c’è nessun fallimento di cui devi rispondere...
-Vuoi farmela pagare per tutto quello che è successo tredici anni fa?
-Certo che no, affatto!
-Vuoi che il primo ministro mi creda un uomo che antepone la famiglia al proprio lavoro? È così?!
-Malfoy.- a quel punto si alzò anche Ron, rivolgendogli uno sguardo gelido attraverso i suoi occhi chiari. –E’ triste sapere che non sei quel genere di uomo. Forse è per questo che continui a essere solo e a farti terra bruciata tutt’intorno. Io però ci tengo alla mia famiglia, ed è per questo che voglio poter lavorare con te senza altri problemi che ti distraggano, ti rendano irritabile e poco proficuo. Voglio un Draco Malfoy al pieno delle sue energie, e so che in questo momento tu non sei quel Draco Malfoy. Quindi sì, ti ho parato il culo, e anche se comprendo la tua rabbia non me ne pento minimamente, perché in ogni caso sta a te far sì che il primo ministro cambi idea sul tuo conto, non bastano le mie raccomandazioni.
Draco lo fissò con gli occhi fuori dalle orbite. Weasley però non parve affatto scalfito e anzi, gli rivolse un sorriso tirato, cercando forse di apparire conciliante, anche se il risultato era più simile a una paresi facciale.
-Prima di tutto però dobbiamo risolvere i tuoi problemi famigliari, perché tu hai problemi famigliari.
-Dobbiamo?- ringhiò Draco.
-Io mi assicurerò che tu ritrovi la calma e la spocchia che ti contraddistinguevano prima che ti venisse affidato questo lavoro e che tuo figlio piombasse nella tua vita dal nulla.
-Come fai a dire che quel Nano è entrato nella mia vita dal nulla?!- berciò Malfoy.
-Perché altrimenti non avresti perso occasione per vantarti di come stia crescendo sano, forte e razzista, perché se lo avessi allevato tu non sarebbe stato silenzioso e gentile come invece era l’altro giorno e perché tu sei il più famoso scapolo d’oro di tutta l’Inghilterra, cosa di cui vai molto fiero. E un bambino rischierebbe di rovinarti l’immagine, dunque sospetto che l’idea di mettere al mondo un pargolo non rientrasse nei tuoi piani. Ergo Billy è un figlio indesiderato. Dico bene?
-Forse non sei stupido come sembri.- ammise Draco con enorme riluttanza.
-Perché non ne parliamo mentre beviamo una Burrobirra al Paiolo Magico?
-Stai scherzando, Weasley? Cos’è, ti ha dato di volta il cervello?! Io e te, insieme, come due amici, al Paiolo Magico? Quel postaccio è il luogo dove andare per rimediare il tetano, col cavolo che ci vado a bere, con te poi!
Ron alzò teatralmente gli occhi al cielo.
-Allora andiamo al ristorante del Ministero. Lo facevo per evitare che ci vedessero gli altri nostri colleghi. Diventeremmo il duo comico dell’intero palazzo.
-E infatti non andremo neanche là, per Salazar!
-E dove vuoi portarmi Malfoy? In posti isolati con te non ci vengo, sarebbe sin troppo facile per te uccidermi e sbarazzarti del mio corpo.
-Credimi Weasley, se dopo tutto quello che è successo con Tu-Sai-Chi sei ancora vivo, dubito che io basterei per toglierti dai piedi, sebbene mi piaccia pensarlo.- commentò con un sospiro. -E ad ogni modo non rischierei di finire ad Azkaban per il resto della mia vita per aver ucciso una nullità.
-Sempre più dolce, Malfoy.
-Sebbene mi costi ammetterlo, credo che il posto migliore per non dare nell’occhio sia la Londra babbana.
-Questo sì che è un suicidio. Siamo Purosangue entrambi, non sopravvivremmo un’ora nel mondo dei babbani.
-Non mi ricordare che anche tu sei Purosangue, per carità.- esclamò Draco, afferrando il giaccone che aveva appeso all’attaccapanni accanto all’ingresso dell’ufficio. –E comunque siamo maghi adulti e addestrati a sopravvivere, in qualche modo ce la caveremo.
Quando Amelia li vide uscire dall’ufficio del suo capo, vestiti di tutto punto e senza neanche un graffio o qualche ferita grondante sangue, si chiese se il mondo stesse ancora girando nel verso giusto.
Spinse gli occhiali squadrati fino alla radice del naso, mettendo a fuoco i due uomini al meglio delle sue possibilità, e...niente da fare, erano proprio Malfoy e Weasley, intatti, silenziosi e in procinto di uscire insieme.
-Amelia.- la chiamò Draco con tono piatto. –Io sto uscendo, tornerò entro due ore. Se qualcuno mi cerca, non farmelo sapere. Non ci sono per nessuno, neanche per la regina d’Inghilterra.
-Va…va bene. Signore, si sente bene?
La domanda era azzardata, ma la faccia del suo capo rimase indecifrabile.
-Domani non farti vedere in ufficio. Ti do un giorno di riposo per andare a trovare tua madre.
-Signore?
-Senza scalartelo dalle ferie.- aggiunse con tono definitivo, ignorando il sorrisetto compiaciuto del collega.
-Ah, Amelia.- disse Malfoy, voltandosi a guardarla intensamente. –Tu non mi hai mai visto uscire con Ron Weasley.
Lei sorrise con aria professionale.
-Finga di non avermi neanche incontrata.- ribatté prontamente, guadagnandosi gli sguardi complici dei due uomini.
Beh, dava comunque soddisfazione avere piccoli segreti con grandi uomini.
 
 
La Londra babbana aveva sempre avuto il fascino del proibito per Draco. Dopotutto era quello il mondo da cui veniva il suo amore, ovvero l’auto, e beh, insomma, non si poteva di certo dire che i babbani avessero pessimi gusti in fatto di macchine e motori.
Tuttavia a Malfoy faceva senso camminare in mezzo a gente priva di poteri magici, gli sembrava di camminare in mezzo a dei menomati, per non dire malati.
Accanto a lui, Ron Weasley non la smetteva di guardarsi intorno, in apprensione.
-Weasel, piantala di scrutare la gente come un gufo, non stai per essere attaccato.
-Forse non hai visto la tua faccia, ma è da quando siamo qui che guardi i babbani con aria astiosa.
-E’ radicato in me l’odio per i babbani, non è colpa mia.
Il collega sbuffò sonoramente, seguendolo lungo la passeggiata che costeggiava il Tamigi, nella zona del Tower Bridge. Era un giornata fredda e piovosa, e dal cielo congestionato di nuvole che sfumavano dal grigio antracite a un nero violaceo cadeva una pioggerellina gelida e fitta.
-Non possiamo neppure usare la magia per non bagnarci.- brontolò Malfoy guardando male l’ennesimo babbano che li superò. –Cos’è quella roba colorata con cui si coprono la testa?
-Credo si chiami ombretto.
-L’ombretto lo usano le donne, ma tu non puoi saperlo, visto che tua moglie è...
-Azzardati a insultarla e ti ribalto come un calzino, magia o non magia.
-Veramente stavo per dire che è carina anche senza bisogno di truccarsi.- borbottò Malfoy indignato.
Ron gli rivolse uno sguardo stupito.
-Mi hai appena fatto un complimento, Malfoy?
-Non a te, a tua moglie, indirettamente. E comunque ho detto che è carina, sicuramente deve davvero essere pazza per averti sposato.
-Malfoy, io giuro che prima o poi ti…
-Ribalto come un calzino, sì, sì, intanto andiamo in qualche posto dove il mio culo non rischi l’assideramento.
Entrarono in un piccolo bar con un’insegna verde che recitava Starbuck’s. L’interno era preso d’assalto, e i due dovettero lottare per riuscire a ritagliarsi un angolo di intimità, sistemandosi a un tavolo addossato a una parete dove era stata dipinta una balconata con dei fiori e dell’edera che, pendendo, formava un cuore che inglobava in sé il tavolo e le sedie dove erano seduti i due maghi.
-Ehmmm...
-Grandioso Weasel! Adesso saremo presi per omosessuali.
-Beh, che ti importa? Non conosciamo nessuno.
-Ma è l’idea di essere creduto gay che mi da noia, tralasciando il fatto che il mio compagno saresti tu.
-Dacci un taglio, nemmeno a me piace, ma non mi lagno come fai te.
-Forse perché tu non hai reputazioni da difendere.- insinuò Draco con un ghigno impertinente.
Ron gli rivolse uno sguardo stremato.
-Perché non metti da parte per un momento il tuo ego smisurato e provi ad aprirti con me?
Draco sospirò pesantemente. Gli tornava tremendamente difficile riuscire ad aprirsi con Weasley, che in quel momento lo stava guardando con aria bonaria, a metà tra quella di un padre apprensivo e quella di uno psicologo. Si allungò sul tavolino, congiungendo le mani davanti a sé e rassegnandosi all’idea di dover parlare con lui.
-Sento che la mia vita è cambiata e non posso più farla tornare come prima. Da un giorno all’altro mi sono accollato la responsabilità di un bambino che ho involontariamente generato sei anni fa e di cui nemmeno sospettavo l’esistenza, l’ho adottato e credo di essermene pentito.
Wow, tutte quelle parole gli uscivano di bocca come un gorgo ininterrotto, e Weasley non lo stava interrompendo, né criticando. Ancora.
-Non sono pronto per essere padre, crescere un ragazzino, che poi diventerà adolescente e mi causerà gli stessi problemi che a suo tempo io ho causato ai miei genitori. Io non sono tagliato per leggere favole la sera, rimboccare le coperte, stare con lui quando sta male, dare suggerimenti paterni e chissà cos’altro! Io ho trent’anni, un lavoro che mi piace, sono ricco e potente, voglio divertirmi e godermi la vita, e quel ragazzino mi ha portato via tutto questo…
Dovette fermarsi un attimo per riprendere fiato, guardando il collega con occhi stralunati. Non riusciva a credere che confidarsi con lui sarebbe stato così facile: era chiaro che stava scoppiando dal bisogno di parlarne con qualcuno, solo che fino ad allora non se ne era reso conto.
-E la cosa più irritante di tutta questa faccenda è che lui sembra tutto sommato soddisfatto. Lo vedo sempre più tranquillo, più spigliato, più affezionato! I sorrisi che mi rivolge sono sempre più frequenti e più larghi, è meno timido di quando l’ho conosciuto, e credo che gli piaccia la mia compagnia. Stamani aveva paura che non tornassi a casa per cena! Mi manda in bestia vederlo così contento quando tutto quello che fin ora ho fatto per lui, oltre che adottarlo, è stato regalargli un gatto e comprargli un gelato.
Tacque, sentendo di aver esaurito la dose di lamentele accumulata in tutto quel tempo. Weasley lo stava osservando con sguardo fastidiosamente comprensivo e compassionevole.
-Malfoy, il bimbo soffre di sindrome da abbandono, è normale. Anche i miei figli a volte si mettono a piangere quando esco di casa, o mi fanno promettere di tornare a casa la sera. Hanno una infantile paura di non vederci più tornare. Col tempo imparerai ad amare questo loro infondato spavento, è la conferma della nostra importanza per loro.
-Weasley, dopo tutto il mio sproloquio, è così che mi rispondi? Con la teoria della paura infantile?
Ron si passò una mano tra i capelli, sospirando stancamente.
-No Malfoy, sto solo cercando di farti capire che Billy ti vuole molto più bene di quanto tu possa immaginare. E’ piccolo, deve aver visto in te, non so in quale astruso modo, una figura paterna, protettiva e accogliente. Ha riposto in te la sua fiducia. Evidentemente ha capito che adottarlo per te è stato un sacrificio, o forse ha apprezzato i tuoi anomali gesti di gentilezza, e ti sta ricambiando col suo amore, che, a parer mio, è il regalo più bello che possa farti.
Gli rivolse un mezzo sorriso, come per dire “Hai visto Malfoy? C’è speranza anche per te”, e Draco si sentì davvero un fallito. Non credeva che uno come Weasley fosse capace di sviscerare in quel modo i sentimenti e le dinamiche di un rapporto padre-figlio.
-Ammesso e non concesso che tu abbia ragione, come la metti con la questione del lavoro, dei soldi e della mia vita da uomo libero?
-Io credo che un bambino sia qualcosa di molto più bello rispetto a un lavoro, ai soldi e alla vuota gioia che può provare un uomo libero. La libertà che tu credi di aver perso adesso, non la rimpiangerai mai più. Tra qualche anno ripenserai a tutto questo col sorriso sulle labbra, e ti dirai che se potessi tornare indietro, rifaresti esattamente tutto quello che stai facendo ora. Avere paura è normale Malfoy, tutti noi l’abbiamo davanti a qualcosa che non sappiamo come affrontare, ma questa è l’occasione per domandare a te stesso che uomo sei e che uomo potresti essere. Devi essere orgoglioso di quello che hai fatto Malfoy, io lo sarei se fossi al tuo posto.
-Weasley, tutta questa dose di complimenti mi sta facendo venire il diabete.
-Non ti ci abituare, lo sto facendo soltanto perché il mio successo lavorativo dipende anche da te.
Malfoy ignorò quell’ultima uscita. Era strano, ma trovava quasi piacevole la versione ammirata e disponibile di Ron Weasley. Erano anni che non parlava così liberamente di sé stesso con qualcuno che non fossero Blaise o Theo attraverso le fiamme del caminetto di casa.
-Io però non voglio rinunciare alla mia vita.- disse ostinato.
-Ma tu non ci stai rinunciando, per Merlino! Non ti dico certo che potrai dare festini notturni, organizzare orge, sedute spiritiche, lasciare preservativi e frustini in giro per casa, devi dare il buon esempio, ma niente ti impedisce di divertirti come hai sempre fatto. E poi ci sono un sacco di attività padre-figlio molto educative e interessanti.
-Ad esempio?- sbottò acidamente Malfoy. –Andare in giro per negozi di giocattoli e giocare a scacchi?
Ron sogghignò.
-Per esempio. Oppure andare insieme a una partita di Quidditch, portarlo in vacanza per qualche giorno, andare a pesca...
-Dì un po’ Weasley, mi ci vedi a pescare?- domandò Draco quasi scandalizzato. –Con quegli stivali alti fino a metà coscia?
-Io non ti vedo a fare proprio un bel niente.- replicò Weasley sferzante. –Ma magari potresti scoprire che hai un talento naturale per fare il pescatore.
-Ah. Ah. Le tue battute sono sempre più scadenti.
-Senti Malfoy, mi permetti una domanda?
-Se proprio devi...
-In tutto questo che fine ha fatto la madre del bambino? E’ Astoria, vero?
Draco gli dedicò un’occhiata pensosa. Odiava doverlo ammettere, ma Weasley si stava rivelando inaspettatamente utile con i suoi consigli, e sapeva che quella non era una domanda con cui voleva stuzzicarlo, eppure rivelargli tutti i dettagli della storia, anche quelli più delicati, lo faceva di malavoglia. Per questo non gli aveva rivelato il particolare di fondamentale importanza, cioè la natura di Billy…il suo essere un Magonò. Ancora non poteva sapere se fosse il caso di fidarsi di Weasley. Nel dubbio preferiva non fidarsi.
-Sì, era Astoria. E’ morta.
Ron non ebbe un reazione particolare. Intuì dal suo tono brusco che quello era un argomento spinoso e si limitò ad annuire un paio di volte.
-Mi dispiace Malfoy. Capisco che questo periodo non deve essere affatto facile per te...
-Ci sei arrivato finalmente.- commentò aspramente, anche se gli causava non poco fastidio essere compatito da lui.
A quel punto però Ron cominciò a giochicchiare col menù che aveva tra le mani, l’aria nervosa di chi vorrebbe dire qualcosa ma non sa se sia il caso di dirlo.
-Beh...ehm…che ne dici se stasera vieni a cena da noi?
-Mmpf, stasera porto il Nano dai miei.- sbuffò Draco. –E comunque Weasley tra noi non è cambiato nulla. Tu per me rimani uno straccione.
-E tu per me rimani uno spocchioso
-Bene.
-Bene.
Fu allora che una aitante cameriera si palesò accanto al loro tavolo, e piazzò un drink dall’aspetto invitante sotto il naso di Draco.
-Che roba è questa?- domandò sorpreso. –Non abbiamo ancora ordinato.
-Glielo offre il signore al bar.- spiegò la donna.
Entrambi si volsero verso il bancone, dove un uomo in giacca scura, con due baffetti neri e un drink dall’aspetto molto simile a quello di Draco, gli sorrise enigmaticamente.
-Ha detto che spera di non fare arrabbiare il suo fidanzato.
Draco e Ron si scambiarono un’occhiata sconvolta.
-Noi non siamo fidanzati!- esclamarono in coro, Ron con un’espressione terrorizzata in volto e Malfoy con tono disgustato.
La cameriera si mise a ridere di cuore.
-Beh, siete davvero molto carini insieme.- disse facendogli l’occhiolino.
Dannati babbani.
 
 
Draco rincasò alle sette in punto, ancora intento a maledire tra sé quel babbano molesto che aveva osato offrirgli un drink nella speranza di abbordarlo. Che poi, se lui fosse stato davvero omosessuale e Weasley il suo uomo, con quale faccia tosta osava provarci con uno in compagnia del suo fidanzato? Era privo di qualsiasi pudore.
-Roba da matti.- commentò mentre si toglieva il giaccone, lanciandolo all’elfo con poco riguardo. –Avverti i coniugi Malfoy che sto per recarmi da loro via camino. Quello del mio studio, non del soggiorno.
L’elfo annuì e si volatilizzò come d’abitudine. Draco invece si recò in soggiorno, dove ad attenderlo c’era Billy, seduto al tavolo con un insegnante che incarnava alla perfezione il modello di educatore che lui aveva avuto in mente sin dall’inizio: esigente, austero, severo e intimidatorio.
Non appena Billy lo vide sembrò molto sollevato, e Draco sospettò che fosse perché l’insegnante gli metteva paura. Fifone.
-Ciao Marmocchio.- salutò con tono neutro, avvicinandosi appena al tavolo.
La reazione di Billy fu spropositata. Gli sorrise, un sorriso a trentadue denti, tutto canini, tenero come pochi, e Draco non poté fare a meno di chiedersi cosa avesse fatto di così speciale per meritarsi un’accoglienza simile.
-Buonasera signor Malfoy.- salutò l’insegnante con distaccata cortesia.
-Buonasera signor Matthews.- rispose il mago concedendogli una fugace stretta di mano.
-Per oggi può bastare Billy, ci vediamo domani.
-Vai in camera tua e preparati per uscire.- ordinò perentorio Malfoy. –Vestiti pesante, fa freddo nel posto dove andremo.
Billy annuì, sin troppo contento di aver finito la sua prima sessione di lezione scolastica.
Rimasti soli in soggiorno, Matthews attaccò a parlare.
-Il ragazzino è intelligente.- disse subito. -E’ veloce nei calcoli e ha un’ottima memoria. Inoltre possiede già una discreta conoscenza del linguaggio, e la capacità di lettura è davvero notevole. Dovremo esercitarci sulla scrittura, ma sono positivo a riguardo.
Draco lo fissò stupito, aspettando di sentirsi riferire disgrazie su disgrazie, e invece l’uomo sembrava piuttosto soddisfatto.
-Il problema, signore, è che suo figlio non sa pressoché niente della magia.
-E’ un...Magonò.- sfiatò Draco, bruciante di vergogna.
-Questo l’ho intuito quando, dopo tre ore di lezione, lui non si è messo a fare magie involontarie dettate dalla noia. Alla sua età tutti i bambini tendono a distrarsi, e spesso fanno magie senza rendersene conto, è un modo con cui il loro corpo rilascia un po’ dello stress accumulato con lo sforzo di mantenersi concentrati per un lungo arco di tempo. Billy non lo ha fatto, ma la sua distrazione era ben visibile. Ha cominciato a guardare in direzione dell’ingresso come se non vedesse l’ora che lei tornasse.
Draco corrugò le sopracciglia, perplesso.
-Okay, ma allora cosa intende dire che non sa pressoché niente della magia?- domandò, decidendo di sorvolare sull’ultima frase dell’educatore, melensa oltre ogni dire.
-Intendo dire che è tabula rasa. Sa poco o niente del mondo dei maghi. Nessuno deve avergliene mai parlato. E’ stato incoraggiato a seguire una linea di pensiero e di vita propria dei babbani. Per esempio conosce il loro sport principale, il calcio, che è l’equivalente del Quidditch, e mi ha saputo persino dire alcune regole. Ma del Quidditch...
Gli rivolse uno sguardo di luttuoso scoramento, visto che quello era un argomento sacro per un qualsiasi mago medio.
-A malapena sapeva che si gioca volando su una scopa.- disse con aria grave, strappandogli una smorfia orripilata.
Draco era semplicemente agghiacciato.
-Non capisce che non è normale che lui non possieda poteri magici. Non gli importa e non gli interessa neanche. E’ un bambino curioso, ha letto molta narrativa babbana, ma non conosce le “Fiabe di Beda il Bardo”. Mi ha detto che per farlo addormentare sua madre gli raccontava le avventure di eroi come Tarzan, Hercules, Mulan. E’ tutta novellistica babbana.
-Oh mio Dio...- mormorò atterrito Malfoy.
-Ha subito un lavaggio del cervello.- sentenziò Matthews. –Ma conto sulla sua curiosità per invogliarlo a saperne di più sul mondo al quale appartiene. Ci sarà bisogno però di una sua collaborazione, in quanto figura di riferimento principale per Billy.
In quel momento Draco avrebbe tanto voluto fare due cose.
La prima, avere a portata di mano la Pietra della Resurrezione, così da richiamare in vita Astoria, anche solo per una mezz’oretta, e poterle chiedere di persona cosa diavolo avesse fatto per meritarsi quel trattamento ignobile. Ok, forse avrebbe potuto essere un marito migliore, ma già il fatto che suo figlio fosse un Magonò era una vendetta sufficiente, no? che bisogno c’era di farlo crescere ignorante e disinteressato a ciò che avrebbe dovuto desiderare fino a star male?
La seconda, mettersi le mani nei capelli e urlare. Urlare fino a perdere la voce.
-Farò il possibile.- furono invece le fioche parole che uscirono dalla sua bocca.
-Ah, un’ultima cosa.- disse Matthews con aria grave. –Billy è troppo silenzioso per essere un bambino di soli sei anni. Deve interagire con altri bambini, deve correre, giocare, farsi un po’ di male. E’ un tipo socievole e anche arguto, ma tende a estraniarsi in un mondo tutto suo. Gli manca quel po’ di grinta in più che gli permetterebbe di fare un grande salto di qualità. In altre parole, deve avere più fiducia in sé stesso. E soltanto lei può aiutarlo ad acquisirla.
-Molto bene.- mormorò Malfoy. –Confido nella sua discrezione riguardo lo stato di Magonò del bambino.
-Io sono pagato per il mio lavoro, e questo prevede di rispettare la privacy dei miei clienti. Non ha motivo di preoccuparsi.
Draco richiamò l’elfo, facendo accompagnare Matthews alla porta, mentre lui si concedeva un attimo di autentica disperazione, lasciandosi cadere inerme sul divano del salotto. Rimase a fissare il vuoto per circa cinque minuti, durante i quali pensò a tutto e niente, perché tanto sapeva che se si fosse messo a valutare i pro e i contro di tutta quella situazione, i secondi avrebbero prevalso sui primi in modo schiacciante, quindi era meglio non pensarci neppure.
A risvegliarlo dallo stato di momentanea depressione fu proprio Billy, che ritornò in soggiorno con il suo giacchetto, lo stesso che indossava il giorno in cui lo aveva adottato.
-Io sono pronto.- sussurrò il Pidocchio, guardandolo da lontano, come se avesse paura di avvicinarsi a una bestia pronta a mordere.
Draco gli dedicò una lunga occhiata, poi, rassegnato, si disse che non aveva senso rifarsela su di lui, così piccolo e innocente.
-Vieni qui, Marmocchio.
Billy avanzò lentamente, con la circospezione degna di un Serpeverde. Questo fece quasi sorridere Draco.
Gli si fermò davanti. In quel momento i loro occhi erano esattamente alla stessa altezza, e Draco ebbe modo di notare per la prima volta che quelli di suo figlio non erano propriamente uguali ai suoi. Erano di una tonalità più chiara, pacifica. Probabilmente sarebbero scuriti col tempo, ma lui sperò che non lo facessero, perché limpidi in quel modo erano molto più belli su quel viso pulito e roseo.
Bleah, che pensieri sdolcinati!
-Il giacchetto va allacciato anche sul collo.- mugugnò burbero, abbottonandolo maldestramente. Dio, come si sentiva una mammina apprensiva!
Billy lo lasciò fare, anche se Draco capì dalla sua faccia contratta in una smorfietta che non gli piaceva essere strizzato nel giacchetto a quella maniera.
-Ti piace il signor Matthews?- domandò allora, ricordandosi di non avergli ancora chiesto niente sulla sua giornata.
-Sì.- disse subito il bimbo, lasciando però la frase in sospeso, come se volesse aggiungere qualcos’altro.
-Ma…?- lo imboccò Draco con tono accigliato.
-Io vorrei andare a scuola.- sussurrò Billy, abbassando lo sguardo sui propri piedi mentre confessava quel suo grande desiderio.
-Cos’ha la scuola di così eccitante secondo te?
-E’ meno noiosa.
-Non ci sei mai stato, come fai a saperlo?
-La mamma diceva che a scuola succedono sempre un sacco di cose, che è il posto più bello del mondo perché ognuno può farsi degli amici. E poi diceva anche che è stato a scuola che ha conosciuto te.- aggiunse mesto.
Draco sospirò, divaricando appena le gambe e piegandosi in avanti, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, così da avere Billy un po’ più vicino.
-Tu quella scuola non potrai frequentarla.- disse lentamente. –Però presto ti farò conoscere altri bambini.
Billy alzò la testa, non appena lo sentì pronunciare la parola magica.
-Altri bambini?- ripeté con occhi che brillavano dall’emozione.
Draco annuì, sentendosi stupidamente soddisfatto per averlo reso così felice.
-Facciamo il patto col mignolo?
-Il patto che?
Billy strinse la mano destra a pugno, lasciando teso solo il mignolo. Vedendo che lo stava fissando con insistenza, Draco si chiese se per caso dovesse fare altrettanto. Così lo imitò, stringendo la mano destra a pugno e mostrando il mignolo.
-No. L’altra mano.- lo corresse il Microbo. A lui toccò ripetere il gesto con la mano sinistra.
Allora il Nano unì il proprio mignolo col suo, facendoli oscillare appena.
-Devi prometterlo.- spiegò davanti alla faccia interrogativa del mago.
-Ah. Ok, lo prometto.
-Fatto.- sentenziò Billy con un altro gran sorriso, sciogliendo la stretta tra i loro mignoli.
Stava decisamente entrando in confidenza. Troppa. Troppa tutta insieme. Però era tenero. A modo suo. E poi tenero era un parolone. Poteva essere tollerabile. Simpatico.
Stupido sentimentalismo da vecchi.
-Posso chiamarti Draco?- domandò esitante.
-Beh...io ti chiamo Marmocchio, immagino che tu possa chiamarmi Draco.
-Draco.
-Sì?
-Mi piace il tuo nome. William invece no.
-Billy è peggio di William.- obiettò Draco in uno slancio di sincerità.
-Perché? Mi chiamo come Billy Elliott.- spiegò il ragazzino come se quella spiegazione bastasse a rendergli chiaro il motivo per cui quello era il suo soprannome.
-E chi sarebbe questo Elliott?
-Un bambino.
-Un tuo amico?
-No, è un film.
-Cos’è un film?
Billy ci pensò su un attimo.
-E’ un mio amico.- decretò infine.
 
 
Poco dopo i due si sistemarono dentro al camino nello studio di Malfoy. Billy, memore dell’ultimo viaggio via caminetto aveva una faccia poco entusiasta.
-Sai che cos’è questa?- chiese Draco mentre prendeva una manciata di polvere da un vasetto appoggiato alla base del camino.
Billy scosse la testa in segno negativo.
-E’ Metropolvere. Serve ai maghi per recarsi da un luogo all’altro via camino.- illustrò Draco con l’aria da professore. –Quando la lanci devi dire forte e chiaro il nome del posto dove vuoi andare, purché dall’altra parte ci sia un camino.
-E se non ci fosse?
-Sarebbe molto stupido chiedere di andare dove non c’è un camino.
-Ma se io non lo so se c’è o no?
“Sapessi” lo corresse mentalmente Draco.
-Beh, ti ritroveresti bloccato da qualche parte, immagino. O forse non partiresti neanche.
-Ma con questo sistema posso andare anche in Francia se voglio?
-Sì, se tu volessi. Ma questo è un caminetto collaudato solo per l’Inghilterra. Per andare in altri stati e regioni bisogna recarsi al Ministero.
Dentro di sé Draco era assai contento di poter rendere il Nano un po’ meno ignorante sull’argomento. Prima o poi gli avrebbe passato il suo vecchio libro di “Storia della magia” e “Storia di Hogwarts”.
-Posso provare a lanciarla io?- chiese il bambino, occhieggiando alla polvere cinerea che Draco aveva ancora racchiusa nella mano.
-No, non credo sia una buona idea.
Anche perché Malfoy non era certo che un Magonò potesse utilizzare la magia indiretta come quella della Metropolvere. A dire la verità, lui non sapeva una beata mazza sui Maghinò. Le informazioni raccolte fino a quel momento non erano neanche lontanamente sufficienti. Gli sarebbe toccato informarsi più approfonditamente sull’argomento. Ma dove? Forse c’era una sezione su di loro nel tomo di “Creature magiche” che aveva comprato al suo terzo anno scolastico...
-Dammi la mano.- disse tendendogliela. Billy la strinse con decisione.
-Pronto?
-Sì.
-Villa Malfoy!- esclamò Draco, aprendo il palmo della mano e lasciando cadere la polvere.
Atterrarono circa tre secondi più tardi in un altro caminetto a parecchi chilometri di distanza. Draco si accertò per prima cosa che il Marmocchio stesse bene. Era inutile, Billy era di nuovo sporco di fuliggine da tutte le parti. Probabilmente il caminetto non funzionava bene coi Maghinò.
-Detergeo.- disse Draco ripulendolo con la bacchetta. Si sarebbe messo volentieri a snocciolare le sue conoscenze in materia di incantesimi, ma non ne ebbe l’occasione, perché l’arrivo dei coniugi Malfoy in persona richiese una attiva partecipazione.
-Draco.- lo chiamò Narcissa con un sorriso materno e gli occhi già sinistramente lucidi. Dietro di lei, Lucius stava abbozzando una specie di sorriso, che per i suoi standard era l’equivalente di un abbraccio stritolatore. Non che fosse uno restio alle manifestazioni d’affetto, era solo troppo riservato per mostrare apertamente i suoi sentimenti.
Narcissa stava già per stringerlo tra le braccia quando notò qualcosa spuntare dietro le gambe del proprio figlio. Riuscì a mettere a fuoco un ciuffo di capelli biondissimi e un occhietto grigio che la scrutava attentamente, il resto era tutto nascosto dietro a Draco.
-Chi è quel bambino?- domandò perplessa.
Anche Lucius si avvicinò per poterlo vedere meglio.
-Lui è Wiliam.- disse Draco scansandosi e mostrando il bambino ai suoi genitori. –Chiamatelo Billy.
Billy mosse una manina con fare piuttosto incerto.
Narcissa lo fissava con tanto d’occhi.
-E’ mio figlio.- annunciò Draco con la stessa nonchalance con cui avrebbe potuto discorrere del tempo.
Col senno di poi rimpianse di non aver avuto con sé una macchina fotografica per immortalare le espressioni sbigottite dei suoi. Narcissa si lasciò sfuggire un urletto isterico, Lucius mosse sbalordito lo sguardo da suo figlio a suo nipote, come se non riuscisse a credere che Draco avesse potuto riprodursi.
-Billy?- sbottò poi. –E’ un nome da babbani!
-Non ero presente quando è nato, non ho avuto parola in argomento.- rispose serafico Malfoy.
-Guardalo Lucius.- Narcissa si inginocchiò davanti al bambino con un sorriso commosso. –E’ identico a Draco. Hai fame tesoro?
Billy se ne rimase muto, aderendo contro la gamba destra del padre, il quale sbuffò nervosamente.
-Marmocchio, tua nonna ti ha fatto una domanda.
Al sentirsi chiamare “nonna” gli occhi di Narcissa si illuminarono.
-Un pochino.- farfugliò Billy, timido e riservato come quando Draco lo aveva conosciuto.
-Scommetto che tuo padre ti tiene a stecchetto. Adesso andiamo in cucina a rimediare qualcosa da mangiare, gli elfi domestici lasciano sempre qualcosa.
Istantaneamente la mano del piccolo si chiuse a pugno intorno ai pantaloni di Draco, e quando Narcissa fece per prendergli l’altra mano, quello si attaccò alla gamba del mago, cingendola con entrambe le braccia.
-Ha paura degli elfi domestici.- spiegò Draco, occhieggiando al Microbo con sguardo severo.
-Oh.- Narcissa sembrava stranita. Si scambiò uno sguardo col marito, il quale si limitò a stringersi nelle spalle, ancora troppo sconvolto dal nome di battesimo del nipote per proferire parola.
-Beh, a quest’ora gli elfi non dovrebbero essere in cucina. Vieni tesoro, al massimo li mando via io.
…Il che equivaleva a una sonora strigliata per quelle creature. Seppur riluttante, a Billy non restò che accettare la mano che lei gli offrì, seguendola verso un’altra stanza.
Lucius li seguì entrambi con lo sguardo, e così pure Draco, i cui occhi indugiarono sul figlioletto finché non scomparve dal suo campo visivo.
-Chi è la madre?- si informò suo padre non appena rimasero soli. –Una serva? Una Mezzosangue? Non mi dirai che è babbana...
-Perché pensi che sia una di queste tre opzioni?- domandò Draco infastidito.
-Perché altrimenti non ce lo diresti soltanto adesso.
-Anche io l’ho scoperto da poco. La madre era Astoria. E’ morta di Vaiolo di drago, e nel suo testamento ha chiaramente espresso il desiderio di affidare il bambino a suo padre.
-Hai avuto un figlio da Astoria e tu non lo sapevi?
Lucius era a dir poco basito. Se avesse potuto, la sua mascella si sarebbe slogata tanto era spalancata.
-Beh, lei non si è mai presa la briga di farmelo sapere.- borbottò acidamente. –Da quanto ho potuto capire al momento del divorzio era incinta di un mese, e nemmeno lei se ne era resa conto.
Fece qualche passo nella sala, sedendosi su una poltrona e servendosi del Firewisky dal carrellino dei liquori che i suoi tenevano sempre a portata di bacchetta.
-Versane anche per me.- lo pregò Lucius, sedendosi sulla poltrona di fronte alla sua. Draco gli passò un bicchiere pieno di Wisky, che suo padre fece blandamente oscillare, prima di svuotarlo in un solo sorso.
-Sarò sincero con te, figliolo.- esordì con tono pacato. –Non mi è mai piaciuto il modo in cui hai trattato Astoria. Io non posso dire di essere stato un padre esemplare, ma una cosa credo di avertela insegnata: il rispetto per la famiglia.
Draco inarcò le sopracciglia, colto alla sprovvista da quella ramanzina del tutto inaspettata.
-Tu invece hai sempre trascurato chi ti ha voluto bene, soprattutto tua moglie. Non mi sorprende sapere che non eri neanche a conoscenza del fatto di avere un figlio, lei avrà pensato che non te ne sarebbe importato un accidente.
-Con Astoria mi sono sposato perché voi lo avevate già programmato quando avevo appena sedici anni.- rispose Draco accavallando le gambe e cominciando a far oscillare pigramente un piede. Quel discorso era troppo strano per essere fatto da suo padre.
-Sì, ma tu dicevi di amarla.- replicò Lucius. –Vuoi rimangiarti le tue stesse parole?
-No papà, io l’ho amata davvero. Ma eravamo troppo diversi, e la vita matrimoniale mi stava stretta. Lei era ossessionata dal desiderio di avere figli, per me invece era troppo presto, senza contare il fatto che lei non riusciva mai a rimanere incinta. Era inevitabile arrivare al divorzio, così lei avrebbe potuto rifarsi una vita con un uomo in grado di darle ciò che cercava, e io avrei ripreso in mano le redini della mia. Negli ultimi tempi non facevamo altro che litigare, mi ha urlato addosso per mesi interi, accusandomi di averle rovinato l’esistenza, buon Salazar! Che altro avrei potuto fare?
Lucius non rispose. Si trastullò ancora per qualche istante col bicchiere, reggendosi la testa con una mano, il gomito puntellato sul bracciolo della poltrona. Da quando le accuse che pendevano a suo carico erano state prosciolte, oltre dieci anni prima, Lucius Malfoy si era ritirato a vita privata, sparendo completamente dai riflettori e dalla ribalta londinese. Si era rintanato nella sua antica dimora, e lì aveva cercato di ritrovare la pace e la serenità insieme a sua moglie. E a guardarlo adesso, si poteva dire che era riuscito a raggiungere il proprio obiettivo. Era più curato, coi capelli tagliati più corti e senza traccia di barba sul volto. Sembrava quasi che le rughe fossero meno marcate di come Draco le ricordasse. E gli occhi…gli occhi erano dello stesso colore di quelli di Billy.
-Come intendi gestire la situazione?- domandò mentre appellava con la bacchetta la bottiglia di Firewisky.
Quella si librò dal carrellino, planando verso di lui, che la prese e si versò altro liquore nel bicchiere.
-Lo terrò con me.- disse Draco con un sospiro.
-E come pensi di crescerlo in mezzo al tuo harem e ai tuoi impegni di lavoro?
-Non lo so, un modo lo troverò.- sbottò Draco. –Cos’è tutta questa premura verso di lui?
-Voglio solo accertarmi che sarai in grado di reggere il peso dell’incarico che ti sei assunto. Non mi sembri pronto per fare il padre.
-Beh, tu forse non lo sei mai stato, eppure eccoci qui.- ribatté gelidamente, facendolo quasi sussultare. Lucius soffiò dal naso, annuendo tra sé, poi ingollò un altro sorso di Wisky.
-Se ti servisse aiuto, conta pure su me e tua madre.- disse infine.
-Papà, c’è un’altra cosa che dovresti sapere…- cominciò Draco, deciso a prendere la questione del “Tuo nipote è un Magonò” molto alla larga.
Naturalmente, Narcissa scelse proprio quel momento per ripresentarsi davanti a loro col bambino e una faccia a dir poco cinerea.
-Draco.- mormorò avvilita. –Puoi spiegarmi come mai tuo figlio sostiene di non riuscire a fare magie?
-Infatti.- sfiatò Malfoy, massaggiandosi gli occhi con una mano. –Proprio di questo volevo parlarvi. Il Marmocchio è un Magonò.
Lucius strabuzzò gli occhi e un verso strozzato comunicò a Draco che gli era finito il Wisky di traverso.
-Santa Morgana!- esclamò invece sua madre, costernata, dando qualche colpetto sulla schiena del marito, in preda a un attacco convulso di tosse. –Com’è possibile?
-A quanto pare nella nostra famiglia, o in quella di Astoria, ci sono stati dei matrimoni consanguinei che hanno indebolito la linea di sangue. Il bambino comunque è sano come un pesce.
-E’ un Magonò, è ovvio che non è sano!- asserì Narcissa con apprensione. –Forse ha un ritardo nello sviluppo della magia, non può essere davvero un...
-Mamma, lo è.- disse Draco lapidario. –Credimi, anche io vorrei che non fosse vero, ma dobbiamo rassegnarci.
-Ti rendi conto di quello che potrebbe accadere se questa notizia trapelasse?
-Sì, e farò in modo che non succeda. Lo sanno solo poche persone fidate.
Beh, se la Granger si poteva definire “fidata”, ma evitò di esprimere quel pensiero ad alta voce.
I suoi genitori fissarono il Microbo con improvvisa diffidenza. Era la prima volta che interagivano con un Magonò, ed era chiaro che non sapevano da che parte cominciare.
-Beh.- esordì poi Narcissa con un filo di voce. –Dopotutto non sembra molto diverso da un normale bambino con poteri magici.
-No mamma, parla e cammina come facevo io alla sua età, tranquilla.- commentò sarcasticamente Draco. Forse fu solo una sua impressione, ma gli sembrò che Billy avesse abbozzato un sorrisetto divertito a quella sua uscita.
Lucius e Narcissa guardarono il bambino poco convinti, ma Draco non poteva di certo sperare che digerissero quella notizia in così poco tempo, anzi, già si considerava fortunato per non aver sentito volare nessuna minaccia di morte, o peggio, di disconoscimento come figlio.
Si alzò dalla poltrona, posando il bicchiere sul carrellino dei liquori, e rivolse ai suoi genitori un sorriso birbone che era abituato a fare solo con loro, sin da quando era bambino e combinava marachelle.
-A parte questo.- disse con tono addolcito. –Sono felice di rivedervi.

**NOTE FINALI**
Finalmente un capitolo un pò più lungo. Sembrava anche a me che quelli corti fossero destinati a non finire mai ;)
A presto!

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Capitolo 6
*** nella Tana del lupo ***


Nella "Tana" del lupo
 

Nonostante le premesse, la serata era andata bene. Oddio, bene nel senso che i suoi si erano limitati a lanciare strane occhiate al Microbo mentre consumava la sua cena, quasi si aspettassero di vederlo sbrodolarsi come un demente. Eppure il Pidocchio si era dimostrato all’altezza della situazione: era stato composto per tutto il tempo, usando correttamente le posate e pulendosi col tovagliolo senza mettere Draco in imbarazzo. Il portamento c’era, sotto sotto. E nonostante il suo silenzio, Draco lo aveva sentito tranquillo, e la conferma l’aveva avuta dal modo in cui a volte, quando i loro sguardi si erano incrociati, il piccolo gli avesse sorriso timidamente, con un musetto che diceva “Guarda come sono bravo, lo sto facendo per te”. Draco l’aveva apprezzato, e non gli era costato poi molto rispondere a quei sorrisini con qualche smorfia di riconoscenza. Anzi, pensò stiracchiandosi pigramente sulla poltrona del suo ufficio al Ministero, era stato divertente vederlo sorprendere i suoi genitori e farsi sorprendere a sua volta, se non altro Astoria aveva insegnato il bon ton al pargolo.
L’unica nota di stonatura in tutta la sera era stato il momento della buonanotte. Billy era stato discreto come al solito, aveva preso in braccio Bastet ed era andato a letto. Draco era rimasto a guardarlo mettersi sotto le coperte, mentre il gatto si acciambellava vicino alle sue gambe, e allora era andato a farsi una doccia. Fu solo quando, ormai in pigiama e in procinto di andarsene a letto, passò nuovamente davanti alla stanza di Billy, che sentì un basso gemito. Gli bastò affacciarsi allo spiraglio lasciato aperto dalla porta semichiusa per scorgerlo con la faccia spremuta sul cuscino nel tentativo di non farsi sentir piangere.
 
-Ehi, Marmocchio. Che succede?- chiese Draco, reprimendo uno sbuffo ed entrando nella stanza.
Billy gemette più forte, e sprofondò ulteriormente il viso nel cuscino. Bastet invece sollevò i suoi occhi scintillanti su Malfoy, miagolando oltraggiato quando gli diede una spinta con la mano per farsi posto sul materasso.
-Hai visto l’elfo?- chiese a bassa voce, appoggiando una mano su una spalla del bambino, e sentendola fremere per i singhiozzi. –Dai, tirati su.
In nome della sfumatura di incoraggiamento contenuta nella sua voce, Billy si mise a sedere, strofinandosi gli occhi con le mani, senza riuscire a guardarlo in faccia. Rimasero seduti vicino per qualche istante, prima che Draco gli domandasse di nuovo il motivo per il quale stava piangendo.
-Non è per via dell’elfo.- mugugnò Billy tirando su col naso.
-E allora per cosa?
-Perché stasera mi sono divertito.- confessò con un filo di voce.
Draco sgranò gli occhi, e non riuscì proprio a trattenere una risata.
-Salazar, ragazzino, che c’è di male a divertirsi? Dovresti essere felice se ti basta così poco per farlo.
Le sue parole, che a lui erano sembrate piene di comprensione e ilarità, scatenarono un vero e proprio pianto disperato, tanto che Draco fu quasi sul punto di scagliargli addosso un incantesimo per farlo addormentare senza piagnistei.
-Oddio.- mormorò preoccupato. Come si affrontava la crisi di un bambino di sei anni? Come?!
-Ho paura di dimenticare la mamma.- sputò Billy in mezzo a tutte le lacrime.
E Draco, finalmente, comprese tutto. E si sentì infinitamente stupido. Lui dava troppo per scontato che il piccoletto avesse superato una simile tragedia, ma Astoria era la persona più importante della sua vita, era stata con lui per sei anni, dannazione!
Così, senza pensarci troppo, Draco passò un braccio intorno alle spalle del bambino, e se lo strinse addosso, lasciando addirittura che nascondesse il viso sulla camicia del suo pigiama, imbrattandolo di lacrime e moccio. Bleah!
-Mi dispiace Marmocchio. Sono io che mi dimentico troppo spesso di lei.- ammise con sincerità. –E non devi pensare che divertirsi significa dimenticarsi di lei.
Un sospiro prolungato gli fece capire che il pianto si stava placando. Billy però non voleva proprio saperne di scollare il viso dal suo pigiama.
-Anche perché sono sicuro che Astoria non vorrebbe che tu continuassi a essere triste per lei.
Ogni parola che diceva gli riempiva la bocca di un sapore dolciastro e melenso. Maledetto sentimentalismo!
-E…ehm...anche se tu la dimenticassi, i momenti che avete trascorso insieme rimarranno immutati. Puoi scordare il suo volto, la sua voce, la maggior parte di questi sei anni, ma non la consapevolezza di averla conosciuta e amata.
Oddio, che cosa stava dicendo?!
Billy sollevò il suo sguardo umido e sconsolato su di lui, ricevendo due pacche pietose sulla spalla.
-Puoi dimenticare il come e il quando, ma non il quanto. Quanto tu le hai voluto bene e quanto lei ne ha voluto a te. Capito?
Billy annuì lentamente, poi lo abbracciò.
E Draco provò il forte desiderio di fuggire. Lo provò intensamente, ma tutto quello che fece fu stringerlo più forte e accarezzargli debolmente i capelli. Rimase a guardare la sua testolina bionda con sgomento. Sembrava che il Piccoletto non volesse più mollarlo.
-Tu conosci qualche favola?- domandò poi Billy con una vocina sottile e ancora fresca di pianto.
Malfoy non ne conosceva mezza, ovviamente, e fu sul punto di fargli notare che lui non aveva tempo per permettersi di conoscerne, ma per una buona volta preferì mordersi la lingua piuttosto che uscirsene fuori con commenti velenosi e inutili.
-No, Marmocchio, non le conosco.- ammise.
-I tuoi genitori non te le hanno mai raccontate prima di addormentarti?
-Sì...- borbottò Draco. –In effetti sì. Ma non me le ricordo, e comunque non sono bravo a raccontarle.
-Posso raccontartela io, allora?
-Una favola?
-Sì.
Draco sospirò rumorosamente, ma non gli restò altro da fare che issarsi sul letto, appoggiandosi contro la parete evitando di schiacciare il Pidocchio, e fargli cenno di cominciare a raccontare.
Billy gli narrò la favola di un certo tizio di nome Mowgli, abbandonato nella giungla indiana e amico di una pantera (?) e di un orso (??) con cui riusciva addirittura a parlare senza che fosse un mago.
Draco lo ascoltò in silenzio, storcendo in continuazione la bocca in smorfie di puro scetticismo, per poi distendere il viso quando Billy si lanciò in un’appassionata descrizione di una tigre cattiva, una tale Shere Khan che cercava di mangiarsi Mowgli senza molto successo. A Draco piacque l’intensità e il trasporto con cui il Piccoletto costruiva i dialoghi tra i personaggi. Tuttavia, tutti quegli animali parlanti, e le loro rocambolesche avventure, gli misero addosso un gran sonno, e alla fine finì con l’appisolarsi contro il muro, come un pivello qualsiasi. Billy lo svegliò a favola conclusa, senza che si fosse minimamente accorto che il suo ascoltatore era rimasto vittima di un attacco di narcolessia improvvisa, tanto era preso a raccontare.
-Ma le favole non servono a fare addormentare i bambini?- gli chiese con un sorrisino insinuante quando Draco fu di nuovo in pieno regime di attività mentale, in piedi davanti alla porta della stanza.
Lui gli rivolse uno sguardo supponente e vagamente stizzito.
-La mia giornata lavorativa sommata al tuo bisogno di attenzioni è stremante.- rispose pieno di alterigia.
-Domani posso raccontarti la favola di Tarzan?
-Forse, valuterò domani sera se è il caso o meno. Adesso infilati sotto le coperte e vai in apnea per almeno otto ore.
Billy obbedì all’istante, sparendo sotto il piumone, mentre Draco spense la luce e, finalmente, raggiunse la tanto agognata camera da letto.
 
Draco si concesse un blando sbadiglio e un’ulteriore stiracchiamento, preparandosi mentalmente a tutto il lavoro che avrebbe fatto quel giorno. Stranamente, e fortunatamente, quella mattina si sentiva carico e grintoso.
Un leggero bussare alla porta gli fece pensare che Amelia non si fosse presa il giorno di libertà, ma quasi gli andò di traverso la saliva quando vide affacciarsi Mrs. Smith, la quale gli rivolse un sorriso pieno di genuina bontà.
-Signor Malfoy.- lo salutò senza neanche aspettare che la invitasse a entrare. D’altronde era troppo gentile e dolce per poterle fare notare una simile mancanza di educazione. Draco sorvolò, concentrando piuttosto la sua attenzione sulla scatola di cartone che la donna teneva tra le mani.
-Ho portato alcune cose che potrebbero interessarle.- annunciò tutta sorridente, appoggiando con delicatezza la scatola sulla sua scrivania e sistemandosi meglio gli occhiali, che pendevano un po’ sbilenchi sul naso.
-Di che cosa si tratta?- chiese Malfoy con molta diffidenza. Simpatica e carina sì, lo era, ma quella donna all’apparenza molto pacata e premurosa lo aveva messo spalle al muro in più di un’occasione. Chi gli assicurava che non fosse un modo come un altro per indurlo a firmare una petizione a favore dell’adozione di due o tre pargoli dell’orfanotrofio?
-Sono effetti personali di Astoria e di Billy che ho ritrovato nella loro casa. Mi sto occupando dello smantellamento della villa, visto che la famiglia della sua ex moglie mi ha chiesto di venderla insieme a tutti i suoi mobili. Tra qualche mese sarà messa all’asta.
-Non sapevo che lei si occupasse di certe cose.- commentò pacato Malfoy.
Mrs. Smith gli rivolse un sorriso accondiscendente e complice.
-Metà del guadagno sarà devoluto all’orfanotrofio e destinato alla ristrutturazione di una vecchia ala dell’edificio. L’altra metà sarà data in beneficienza a un’associazione per la ricerca contro il Vaiolo di Drago.
-Capisco.- replicò Draco. –E cosa c’è lì dentro?
-Non vuole vederlo da solo?
Draco soffiò un no poco sentito, sporgendosi però sulla scrivania e aprendo la scatola. Dentro c’era…roba strana. Roba che non aveva mai visto prima.
Tirò fuori un piccolo oggetto, rimpicciolito con un incantesimo, e lo scrutò pieno di perplessità. Era molto sottile, di un grigio antracite di dubbio gusto, e aveva una schermata nera.
-Quello è il televisore.- cinguettò Mrs. Smith.
-Teleche?
-Serve per guardare i film. E’ molto usato dai babbani.
-Dannato inferno.
-Non lo riporti alla grandezza naturale finché non sarà tornato a casa. È di dimensioni molto grosse, senza contare che è delicatissimo.- si raccomandò con apprensione. Poi aggiunse un “E’ a cristalli liquidi”, con un tono di profonda ovvietà, e Draco intuì che l’essenza di quella diavoleria era tutta racchiusa in quell’ultima, e piuttosto inquietante, spiegazione.
-E queste che sono?- chiese indicando quelli che, a giudicare dalla forma rettangolare, sembravano libri.
Ne prese in mano uno, anch’esso grande abbastanza da stargli sul palmo della mano, e lo sentì rigido, di consistenza diversa da quella di un semplice libro.
-Quello è un DVD.- fu l’immediata risposta, che a Draco non chiarificò una beata mazza.
Capì che cos’era quando però scorse il titolo colorato della copertina: Billy Elliott.
-E’ un film.- mormorò, più a sé stesso che alla donna che gli stava di fronte. Lei però, udendolo, lo guardò ammirata.
-Si sta informando, signor Malfoy?
-Mmh, no.- rispose lui con una scrollata di spalle. –Me ne ha parlato il Marmocchio, sa, questo Elliott è un suo amico.
Mrs. Smith pareva interdetta.
-E questi cosa sono?- continuò a domandare Draco, tirando fuori dalla scatola gli oggetti più disparati.
-Quelli sono album da disegno, matite, pennarelli, pastelli, libri di fiabe...quello è un pallone da calcio.
Draco osservò pieno di disgusto una specie di pluffa bianca e nera dall’aria tutt’altro che magica.
-Poi ci sono gli album fotografici.
Ne tirò fuori uno rilegato con una copertina azzurra, porgendolo a Draco perché lo sfogliasse. Lui lo prese a metà tra il riluttante e l’incuriosito. Bastò aprirlo per ritrovarsi davanti il musetto rattrappito di Billy appena nato, avvolto in fasce e con due peli biondi in testa. Il Marmocchio aveva gli occhi spalancati e, se Draco avesse dovuto usare un aggettivo per descriverli, non avrebbe usato né la parola spauriti, né tantomeno spaesati. Avrebbe detto che erano dubbiosi. Già, perché aveva uno sguardo perplesso, e Draco non poté fare a meno di pensare che chiunque gli avesse scattato la fotografia, fosse apparso al Pidocchio come qualcosa di strambo, o buffo, o addirittura bizzarro.
-Il travaglio è durato dodici ore. Astoria ha voluto partorire senza l’aiuto della magia.
Draco osservò che la foto di Billy era immobile, non si muoveva come quelle dei maghi, e di conseguenza anche quelle dove era con sua madre risultavano prive di vita. Ne guardò una dove Astoria teneva Billy tra le braccia, indicandogli con un dito la direzione in cui guardare. Billy aveva un visetto paffuto e roseo, con la bocca semiaperta e, al solito, due grandi occhi vispi e curiosi. Astoria invece non guardava verso l’obiettivo. Il suo volto era rivolto verso il figlio, e la bocca, atteggiata a sorriso, era schiusa, come se gli stesse sussurrando qualcosa all’orecchio. Era bellissima con Billy tra le braccia. Quella fu la prima vera volta in cui Draco realizzò che quello era loro figlio. Lo avevano fatto loro, era proprio così. Fino ad allora era stato troppo impegnato a commiserarsi e a incolpare Astoria per averlo incastrato in quel modo subdolo per fermarsi a pensare che se lei non fosse morta, probabilmente non glielo avrebbe mai detto, di essere padre. E fu strano sentire qualcosa di freddo artigliarlo all’altezza dello stomaco, una fitta di amarezza per quella che sarebbe stata un’ovvia piega degli eventi. Peccato, era quasi certo che si sarebbe divertito se fosse stato lì con loro, magari a scattare la fotografia. Chissà come sarebbe stato crescere un figlio con Astoria...
-Noi non potevamo averne.- sussurrò con tono vago.
Mrs. Smith inclinò appena il capo, rivolgendogli un sorriso interrogativo.
-Figli. Non potevamo averne.
Richiuse l’album più bruscamente di quanto avrebbe voluto, riponendolo nella scatola insieme a tutte le altre cose.
-Come mai?- chiese la donna senza perdere l’aura di benevolenza che la circondava.
Draco distolse lo sguardo, cominciando a sistemare tutto ciò che era sulla scrivania e che di colpo gli sembrava completamente fuori posto.
-Quando era più giovane aveva avuto una malattia alle ovaie che l’aveva resa quasi del tutto sterile.- disse a bassa voce, aggiustando con precisione millimetrica la posizione del suo fermacarte a forma di boccino. Passarono alcuni istanti di silenzioso disagio, poi Draco sollevò lo sguardo, incontrando quello pieno di affetto di Mrs. Smith.
-Astoria nutriva per Billy una totale adorazione. Durante i mesi in cui mi sono presa cura di loro, non ho potuto fare a meno di notare il modo in cui riusciva, giorno dopo giorno, ad abituarlo a passare sempre più tempo senza di lei, e contemporaneamente a come riuscisse a legarlo a sé ancora di più. Tra loro c’era una chimica speciale, si intendevano al volo. Billy è stato la sua unica ragione di vita, il senso e lo scopo della sua esistenza.
-Lo so.- asserì Draco. –Sarebbe stata un’ottima madre. Se soltanto fosse venuta da me, io avrei potuto…io...
Gli mancò il fiato per finire la frase, ma Mrs. Smith, con sua sorpresa, allungò un braccio sul tavolo, andando a coprirgli una mano con la propria.
-Il Vaiolo di Drago è un malattia che non si può guarire.- disse lentamente, stringendogli appena la mano.
-Avrei potuto rallentarne il decorso. Con le cure adeguate sarebbe vissuta almeno altri cinque anni.
-Pensa che le sarebbero bastati?- domandò la donna. –Signor Malfoy, Astoria ha scelto di andarsene adesso perché se avesse rimandato non sarebbe più riuscita ad accettare il fatto di dover morire, e per Billy sarebbe stato ancora più penoso perderla, magari a undici anni, un’età in cui non sarebbe stato più abbastanza piccolo da riuscire ad affezionarsi così in fretta a qualcun altro che gli permettesse di andare avanti con la propria vita.
-Perché mi dice tutte queste cose?- chiese Draco, e la sua voce vibrò mostruosamente.
La mano della strega lasciò la sua. Mrs. Smith gli rivolse uno di quei sorrisi materni e furbi al tempo stesso, gioviali in maniera quasi inadeguata, disarmanti come quelli dei bambini. Il genere di sorriso che tanto ricordava Albus Silente.
-Forse Billy non riuscirà più a ricordare com’era sua madre quando era viva, ma almeno avrà un padre che potrà raccontarglielo.
 
 
Quel giorno Draco recuperò tutto il lavoro lasciato indietro nei precedenti giorni. Si mise in contatto con gli ambasciatori degli stati stranieri che avrebbero partecipato ai mondiali, contattò primi ministri in persona e si recò di persona al secondo piano del Ministero, dritto nell’Ufficio Auror, là dove ad attenderlo al varco c’era il suo incubo più grande, ovviamente accoppiato con Weasley. Se Draco non fosse andato in paradiso una volta morto, con tutti i dovuti scongiuri, e fosse finito all’inferno, la sua pena sarebbe stata rimanere chiuso in una stanza a suonare in eterno il liuto per loro due: Weasley e Potter.
Un brivido corse lungo la spina dorsale del mago. Bastava il cognome a fargli accapponare la pelle. E bastava la sua faccia per fargli saltare la mosca al naso.
Draco avanzò in quella terra nemica attirando gli sguardi curiosi e preoccupati dei presenti. Ovviamente tutti conoscevano i trascorsi tra lui e Potter, e purtroppo ricordavano con rammarico l’unica volta in cui avevano dovuto collaborare. Tempo prima infatti, un ex Mangiamorte pentito che aveva rischiato il linciaggio da parte degli abitanti del paese in cui si era rifugiato, nella speranza di salvarsi dai sistematici rastrellamenti che gli Auror stavano conducendo da anni contro gli antichi seguaci di Voldemort, aveva chiesto il diritto di Asilo in Norvegia davanti all’alta corte suprema del Wizengamot. Naturalmente Draco e Potter erano stati chiamati in causa, l’uno per allacciare rapporti con il ministro della Cooperazione Magica Internazionale norvegese, l’altro in qualità di capo supremo delle forze armate inglesi col compito di assegnare una scorta all’anziano uomo, inabile persino a utilizzare la bacchetta.
I loro rapporti sarebbero dovuti essere minimi. Peccato solo che Potter non si era potuto esimere dall’esprimere la sua (non richiesta) opinione a proposito del farla passare liscia a un ex Mangiamorte, assassino senza scrupoli, crudele tirapiedi di Voldemort e  bla bla bla, il tutto, si intende, in presenza di Malfoy. La sera stessa i giornali magici riportavano un articolo dettagliatissimo di quattro pagine e mezzo sullo sfiorato duello tra i due maghi e sulla vasta gamma di minacce e insulti volati come maledizioni per tutta l’aula. Sia lui che Potter erano stati gli zimbelli della politica per settimane, con successiva e profonda vergogna di entrambi per aver offerto ai giornalisti un simile spettacolo.
Fu dunque con enorme fatica che Draco bussò civilmente alla porta di Potter, facendo training autogeno mentale, elencando tra sé tutti i motivi per cui era meglio mantenere la pace interiore e fare buon viso a cattivo gioco, provando senza successo ad autoconvincersi che davvero, non gli avrebbe fatto né caldo né freddo la vista dello Sfregiato.
-Avanti.- rispose una voce pulita.
Draco entrò con somma riluttanza, avendo cura di chiudersi la porta alle spalle. L’ultima visione che ebbe del mondo esterno furono le facce degli Auror -anziani e giovani reclute- che si sporgevano fuori dai rispettivi uffici nella speranza di assistere alla dimostrazione pratica su come trasformare un Purosangue Snob in un utilissimo orologio da taschino. Ebbene, lui non avrebbe dato loro quella soddisfazione.
E quando si voltò a guardare Potter...no, via, non c’era proprio niente da fare, aveva sempre la solita faccia da schiaffi, nonostante adesso la cicatrice fosse soltanto un lieve solco a stento visibile, e lo rendesse un po’ meno Sfregiato.
-Mi stavo chiedendo quando saresti arrivato.- lo accolse Potter con un tono che rasentava pericolosamente il cordiale. Era seduto alla scrivania, che ovviamente traboccava di documenti, cartacce, pergamene e piume d’oca. Dio, che indegno disordine! E pensare che lui era quello che dirigeva tutta la baracca, e che dunque avrebbe dovuto dare l’esempio.
Harry Potter si accorse dello sguardo schifato con cui Draco stava squadrando la scrivania, ed ebbe anche la faccia tosta di ghignare.
-Beh, non vieni a sederti?- domandò con tono gongolante, facendogli anche un teatrale gesto d’invito.
-Se non ti dispiace, Potter, preferisco starmene qua ed evitare di contrarre malattie.
-Guarda che il disordine non fa ammalare.- osservò placidamente l’altro, togliendosi gli occhiali a fondo di bottiglia -quelli che aveva da ben diciannove anni- e ripulendoli con un pigro tocco della bacchetta.
-Anche solo respirare la tua stessa aria basta a farmi ammalare.
-Ron ha proprio ragione quando dice che non sei cambiato di una virgola.
-Gioisco nel sapere di essere ancora il vostro primo argomento di conversazione.- ribatté sarcastico.
-Oh, andiamo Malfoy, in fondo adesso sei quasi simpatico. Hai eliminato la componente di deficienza e crudeltà e sei rimasto semplicemente stronzo.
Potter sfoderò un sorriso accattivante, riuscendo solamente a far incazzare a morte Draco.
-Avevo dimenticato l’odio esacerbante che provo per te.- scandì con lentezza.
Le sue parole non scalfirono minimamente l’Auror, che per tutta risposta si accomodò sulla poltrona, evidentemente soddisfatto dal suo commento.
-Bene, fatti i convenevoli direi che possiamo parlare d’affari. Immagino che tu sia qui per organizzare l’apparato poliziesco in vista dei mondiali.
Adesso il suo tono era diventato serio e formale. Potter era passato in modalità “Efficiente Capo Auror”, veste in cui Draco era più abituato a immaginarlo, visto il suo passato da leader carismatico ed eroe misericordioso.
-Voglio Auror dislocati in tutte le città dove si terranno le partite. Intorno agli stadi, per le strade, attaccati al culo dei giocatori, dei politici e delle tifoserie, straniere e nazionali. Voglio che non li mollino un secondo, devono essere ombre discrete e mastini in caso di necessità, Potter, voglio che gli calino le braghe se devono andare in bagno, qualora ce ne fosse bisogno. Capisci cosa intendo?
L’altro inarcò le sopracciglia.
-Ho afferrato il concetto, Malfoy, ma un dispiegamento simile di forze armate sinceramente mi sembra quasi esagerato.
-Potter, hai idea di cosa rappresentino questi mondiali per il mondo magico? Prendi tutti i valori, gli ideali e le altre stronzate sull’amicizia tra maghi che voleva propinarci il Torneo Tre Maghi, e triplicali: questi sono i mondiali di Quidditch. E credimi se ti dico che in confronto al terrorismo magico Tu-Sai-Chi in persona si sentirebbe un principiante. Ciò che potrebbe accadere non si ripercuoterebbe solo sul nostro paese, ma sulla intera comunità magica mondiale.
Potter lo guardò con aria seria, e poi annuì pensosamente.
-Hai ragione.- concesse infine. –Contatterò personalmente gli ufficiali generali stanziati in tutte le località dove si terranno i giochi. Hai la mia parola che nessun mago riuscirà a fare più di cinquanta metri senza incontrare una pattuglia di Auror. Per un mese questo paese diventerà una fortezza inespugnabile.
-Quando potrai aggiornarmi?
-Stasera stessa.
-Perfetto.
-A casa di Ron, siamo stati invitati per cena.
-Invitati per cosa?!
Harry Potter si allungò sulla scrivania, incrociando le mani sul tavolo e lanciandogli un’occhiata provocatoria.
-Paura di non farcela, Malfoy?
-Bada a te, Potter, lo sai che è pericoloso fare leva sul coraggio quando si ha a che fare con un Serpeverde.
-Ex Serpeverde.- specificò Potter. –Allora?
Draco si irrigidì, meditando sulla possibilità di tranciarsi di netto la lingua coi denti, pur di non dargli soddisfazione. Ma con Potter e Weasley c’era poco da fare, quelli erano ossi duri, testardi come muli e sfiancanti come bambini (adesso poteva dirlo con cognizione di causa). Insistere a rifiutare le loro attenzioni avrebbe solo finito con l’attirarseli addosso come la peste. Avrebbe dovuto passare una serata con loro, o la vita in ufficio sarebbe diventata impossibile. Dopotutto non si trattava poi di chissà cosa, due o tre ore di patimento e sguardi astiosi con le mogli, anche se vista in quel modo gli sembrava una bella tortura immeritata.
-Su Malfoy, via il dente via il dolore.- recitò Potter con l’aria di chi si sta profondamente divertendo.
-Fottiti Potter, eh?
-Non ti sbraneremo, se è questo che ti preoccupa. Se avessimo voluto ucciderti lo avremmo fatto tanto tempo fa, visto che di occasioni ce ne sono state.
-Grazie Sfregiato per ricordarmi quanto caritatevole tu sia stato con me.
-In tal caso prendilo come un favore che devi a me e Ron.- esclamò quel bastardo cogliendo la pluffa al balzo. Si alzò in piedi, ignorando beatamente lo sguardo furente con cui Malfoy lo stava fissando. Ebbe anche l’ardire di tendere una mano sopra alla scrivania, aspettandosi forse che lui gliel’avrebbe stretta. Povero, povero scemo.
Draco gliela incenerì con gli occhi, dedicando al mago un’occhiata di sufficienza. Poi gli diede le spalle con classe e nonchalance, dirigendosi verso la porta e aprendola. Era già con un piede fuori dall’ufficio quando Potter parlò di nuovo.
-A stasera Malfoy, non vedo l’ora di conoscere tuo figlio.
 
 
Tornare a casa per Draco Malfoy aveva sempre significato una doccia rilassante, un salutare bicchiere di Firewisky e una sana scopata. Quella sera, una di quelle tre abitudini (indovinate quale) passò in secondo piano quando fu rimasto solo con Billy. Il moccioso infatti sembrava entusiasta di poter riavere tutti i propri effetti personali che il mago aveva portato con sé.
In quel momento erano entrambi seduti in soggiorno, Draco appollaiato sul divano, con il suo bicchierino di Wisky Incendiario in una mano, il Microbo inginocchiato sul tappeto persiano e chino sulla scatola di cartone. Ogni volta in cui tirava fuori qualcosa, accompagnava il ritrovamento con commenti o versi soddisfatti.
-Il mio pallone!- esclamò estraendo quella che Draco aveva qualificato come “Pluffa non magica”.
-Pallone?- domandò Malfoy scetticamente, nel mentre sorseggiava l’alcol.
-Io ci gioco a calcio.- spiegò il bambino, prendendo il pallone sotto un braccio con aria paterna.
-Calcio? Cosa sarebbe il calcio?
-Un gioco. Mamma diceva che i maghi non lo conoscono. E’ il gioco più famoso nel mondo dei non maghi.
-Dei babbani, impara a usare questo termine. E in cosa consiste questo gioco?
-Beh...nel calciare la palla coi piedi. Vince chi la butta nella rete e fa goal.
-Intendi dire chi la butta negli anelli.
-No, no, nella rete.
-E si gioca…coi piedi?
Draco stentava a credere che si potesse indirizzare una palla con l’aiuto dei piedi anziché delle mani.
-Sì, certo. Posso farti vedere?
Draco, reso particolarmente malleabile dall’alcol che aveva in corpo, si limitò a una indifferente scrollata di spalle. Era chiaro che il Piccoletto non aspettava altro che mostrargli quanto fosse bravo, perché si mise a palleggiare sul posto con il solo aiuto del piede. All’inizio Draco lo guardò con blanda attenzione, convinto che dopo due o tre palleggi avrebbe perso il pallone, ma quando il Nano arrivò a dieci palleggi senza perdere il controllo, la sua concentrazione aumentò. Posò il bicchiere sul comò accanto al divano, sporgendosi con interesse. Billy era bravo. Teneva gli occhi fissi sulla palla e contava a bassa voce il numero dei palleggi. Draco non aveva mai visto una cosa del genere. Quella era una scoperta del tutto nuova, e c’era un che di comico nel farsela insegnare da un pargolo di sei anni, Magonò per giunta.
Quando Billy terminò di palleggiare, Draco gli elargì un sorriso.
-Quanto ci hai messo per imparare?
Billy assunse un’aria pensosa, aggrottando le sopracciglia e facendo un conto con l’aiuto delle dita.
-Tre o quattro giorni. Ma quando si gioca, bisogna correre senza farsi rubare il pallone.
Draco annuì. Aveva afferrato la logica del gioco, che non era poi tanto diverso dal Quidditch. Anzi, bastava prendere il Quidditch e toglierci scope, bolidi, boccino e anelli. Giocando sul suolo, era calcio.
-Com’è il Quidditch?- domandò Billy sedendosi accanto a lui. Bastet, arrivato in soggiorno proprio in quel momento, saltò con un movimento fluido sul divano, acciambellandosi vicino al suo padroncino.
Draco dedicò all’animale un’occhiata critica.
-Il Quidditch è uno sport per gente tosta.- spiegò allungando una mano verso il gatto per scacciarlo dal divano. Quello però non ci pensò nemmeno ad andarsene, limitandosi a soffiargli contro in modo poco amichevole.
-E com’è volare?- chiese allora Billy.
Quella domanda sorprese Malfoy.
-Non hai mai volato?
Il bambino scosse la testa con enfasi.
-Mamma non sapeva volare, e non voleva che io salissi sulla scopa con qualcun altro. Però...
-Però?
Vedendo che Billy tentennava nel rispondergli, sbuffò nervosamente.
-Avanti, su, parla.- lo spronò con tono più brutale del dovuto.
-Mamma una volta mi ha detto che tu l’hai portata sulla tua scopa.- sussurrò, abbracciando il pallone come se temesse che gli venisse strappato dalle mani.
-E’ vero.- replicò Draco. –Senti, mi dici cosa c’è che ti turba?
-Che mi turba?- gli fece eco il bambino, aggrottando le sopracciglia.
-Sì, ti turba...c’è qualcosa che ti preoccupa, me ne sono accorto.- rettificò, adottando un gergo più abbordabile per il piccolo.
Billy si strinse nelle spalle, inclinando la testa come se volesse studiarlo da un’altra prospettiva. Era un po’ inquietante il modo con cui i suoi occhi grigi lo scrutavano. Draco si chiese se fosse quello l’effetto che provavano gli altri sentendosi fissati da lui, perché per la prima volta si sentiva a disagio, come se il Marmocchio lo stesse esaminando.
-Tu e la mamma non siete affatto adatti a stare insieme.- decretò infine.
Splendido, adesso si metteva pure a sputare giudizi sulla vita sentimentale dei genitori! Di quel passo avrebbe finito col volergli trovare una fidanzata.
-Senti Nano Malefico, tu hai sei anni, dovresti pensare a giocare e studiare, non alle incompatibilità caratteriali tra me e Astoria, con cui, per inciso, ero divorziato. Lo sapevamo già che non eravamo fatti per stare insieme.
-Ti sei offeso.
-Certo che no, ragazzino, figuriamoci.
-Non era una domanda.
-Stai cominciando a diventare petulante.
E pensare che Matthews gli aveva detto che con lui il Piccoletto pareva alquanto silenzioso e pieno di ritrosia...
-Dimmi, perché con l’insegnante stai zitto e non parli come stai facendo adesso?- chiese, dando adito ai suoi interrogativi interiori.
Billy scrollò appena le spalle.
-Mi piace di più parlare con te.- ammise candidamente.
-Lusingato Marmocchio, ma devi parlare con Matthews, visto che è qui per istruirti.
-E’ noioso. Parlare con te è più bello…e poi io preferisco andare a scuola.
-Di nuovo con questa storia?- domandò stancamente Draco, strofinandosi gli occhi e rilasciando un lungo sospiro. –Certo che sei tenace.
Billy gli sorrise appena, quasi gli avesse fatto un complimento, mentre si prodigava a tirare fuori dalla scatola l’album con le foto sue e di sua madre.
-Guarda.- esclamò arrampicandosi sul divano e sedendosi accanto a lui, senza affatto preoccuparsi di stare infrangendo le barriere fisiche, visto che si stava completamente appoggiando contro di lui e aveva piazzato l’album aperto sulle sue gambe. Draco gli scoccò un’occhiata storta dall’alto, ma il piccolo non se ne accorse neanche, preso com’era a sfogliare l’album in cerca di una foto particolare.
-Eccola.
L’indicò col dito una foto che lo ritraeva in riva al mare. Il Nanetto poteva avere sì e no quattro anni, ed era tutto preso a costruire un castello di sabbia insieme ad Astoria, la quale indossava un costume verde e un pareo abbinato. Entrambi avevano due espressioni concentrate, e non guardavano l’obiettivo.
-Quello è l’oceano.- spiegò Billy. –Sai che ci ho fatto il bagno?
-Non mi dire.- sbuffò scettico Malfoy. –Dove eravate?
-In Irlanda. Dietro c’è scritto il posto.
Draco estrasse la foto e la voltò.
-Baia di Dingle.- lesse ad alta voce.
-L’acqua era freddissima.- continuò il bambino con occhi scintillanti per la bellezza del ricordo.
-Ti devi essere divertito, eh?
-E’ stato un viaggio bellissimo! Un giorno ho fatto il bagno con le onde alte così...
Alzò un braccio più in alto possibile, per fargli capire quanto fossero state grandi le onde.
-La mamma alla fine si è arrabbiata perché voleva uscire dall’acqua ma io non volevo seguirla, ed era pericoloso, perché anche se avevo i braccioli...
-Cosa sono i braccioli?
-Servono ai bambini per rimanere a galla in acqua…ma tu non sai niente!
-Ti ricordo, piccola Pulce, che io sono un mago, ergo non ho mai avuto bisogno di stupidi braccioli per non colare a picco, neanche alla tua età.
Billy arricciò appena il naso, rovesciando indietro la testa bionda per poterlo guardare in faccia. Draco gli fece una specie di smorfia, facendolo ridere sommessamente.
Poi il bambino si abbandonò contro lo schienale del divano, accomodandosi contro il suo braccio. Malfoy rimase semplicemente sgomento quando Billy appoggiò il capo contro di lui, in una sottospecie di gesto affettuoso, come un gattino in cerca di coccole.
Ci mancava solo che gli s’addormentasse addosso!
-Su, su, Marmocchio.- lo chiamò scorbuticamente, dando l’ultima sorsata al Firewisky per poi poggiarlo sul tavolino accanto al divano. –Stasera siamo a cena fuori.
-Io e te?- domandò il bambino con una luce strana negli occhi. Che fosse speranza?
-No, sarebbe stato meglio.- osservò Draco. –Ti ricordi lo stupido uomo coi capelli rossi che hai visto nel mio ufficio?
Billy annuì.
-Beh, siamo a cena da lui. E dalla sua cenciosa famiglia.- aggiunse tra sé.
-Secondo me era simpatico.- considerò più tardi Billy mentre si cambiavano per uscire. Il pargolo si era affacciato in camera sua per esprimere il proprio parere, beccando Draco a torso nudo in piena consultazione dell’armadio.
-Da un Magonò non posso aspettarmi altro.- rispose blandamente, senza dare troppo peso alle parole del piccoletto. Era troppo impegnato a consultare i suoi numerosi capi d’abbigliamento.
Cosa si indossava in genere per recarsi a cena da un collega ricco ma con le maniere di un poveraccio, con cui peraltro si condivideva un passato fatto di insulti, offese e odio feroce?
-Mmmhh...
Alla fine optò per una classica camicia bianca su pantaloni di tessuto nero. Aveva la sensazione che sarebbe stato comunque molto in tiro, visti gli standard di Weasley e consorte. Non voleva neanche pensare a come sarebbero stati i figli, bastava il pensiero per farlo rabbrividire. Per non parlare di quelli di Potter...avrebbero rischiato di traviare Billy! ...Ah no, lui era già un Magonò, peggio di così non poteva andare.
-Sei pronto?- domandò affacciandosi nella stanza del bambino. Billy aveva indossato un paio di pantaloni beige abbinati a una maglietta gialla: un pugno nell’occhio.
-Oddio.
Draco lo guardò agghiacciato. Eccone un altro con un pessimo gusto del vestire.
-Togliti subito quella maglietta.- sbottò entrando e raggiungendo il cassettone dove erano stati sistemati i suoi vestiti. Setacciò tre cassetti prima di riuscire a scovare una polo marrone scuro, molto più adatta.
-Metti questa. E questo sopra...
Gli passò la polo e un maglione di lana color panna. Billy li indossò senza obiettare, e alla fine il risultato era apprezzabile, anche se sembrava un po’ una specie di angioletto in miniatura, con quei colori delicati su pelle chiara e occhi ancora più chiari.
Lo esortò a raggiungere l’ingresso, dove trovarono l’elfo domestico pronto ad augurargli buona serata. Billy, seppure timoroso, fece altrettanto. Draco lo ignorò beatamente.
Giunti davanti alla macchina, Billy fece per aprire la portiera posteriore, ma il mago lo afferrò per il cappuccio del giacchetto, facendogli fare tutto il giro dell’auto e lasciandolo davanti alla portiera del sedile anteriore.
Billy lo fissò con tanto d’occhi, una faccia incredula ed esterrefatta.
-Sali prima che cambi idea.- berciò l’uomo mentre si apprestava a salire a sua volta.
Billy era talmente emozionato che non faticò neppure a chiudere con forza la portiera. Si allacciò la cintura di sicurezza e subito cercò (senza successo, ahah!) di sporgersi il più possibile in avanti per riuscire a vedere oltre il parabrezza.
-Siamo troppo bassi ancora, eh?- ghignò Draco.
-Non ero ancora mai stato davanti.- rispose Billy, ignorando del tutto la sua frecciatina. Era davvero troppo contento per quella prima volta.
Draco, nonostante tutto, fu abbastanza compiaciuto di essere il primo a fargli provare quell’esperienza.
-Forza e coraggio.- mormorò rivolto a entrambi. –Facciamolo e non pensiamoci più.
Mise in moto, ascoltando la melodia del motore roboante. Billy sembrava altrettanto affascinato, a giudicare dall’improvviso e gradito silenzio che inondò l’abitacolo mentre il bolide nero si immetteva nel traffico serale, puntando verso la campagna inglese, lanciato in corsa sotto un pulito cielo invernale.
 
Avvistarono la casa circa due ore dopo. Non era la Tana, visto che Weasley si era trasferito nella vecchia catapecchia della Lovegood, ma oddio, la differenza non era poi molta. Sicuramente l’architetto era lo stesso...
Parcheggiò sul retro della casetta sbilenca, eretta più in altezza che in larghezza, e fece cenno a Billy di scendere. Il ragazzino sembrava abbastanza incuriosito dalla strana abitazione, a giudicare da come la squadrò perplesso.
-Beh, che te ne pare?
Il Microbo le scoccò un’ultima occhiata.
-Sembra che stia per crollarci addosso.
Oooh, eccoci, forse non tutto era perduto con lui, piccolo soldo di cacio!
Draco annuì, perfettamente in sintonia con le parole del bimbo. Fecero il giro della casa, salendo poi i cinque gradini che portavano all’ingresso. Malfoy non fece neanche in tempo a bussare, visto che non c’era manco il campanello, che la porta venne aperta di slancio. Si era preparato mentalmente a vedersi accogliere dalla padrona di casa, o da Weasley, quindi tese immediatamente un braccio per offrire la bottiglia di Ogden Stravecchio fatta acquistare a Londra quello stesso pomeriggio dall’elfo (perché le buone maniere erano dure a morire, anche con dei simili preistorici). Invece davanti a lui non vide nessuno, se non che un colpetto di tosse attirò la sua attenzione almeno tre piani più in basso, dove a guardarlo c’era una ragazzina con un’espressione a metà tra il diffidente e l’incuriosito.
Draco si domandò da chi mai avesse potuto ereditare quell’aria furba incisa su ogni lineamento del visetto, visto che né la Lovegood –decisamente troppo svampita- né tantomeno Weasley –decisamente troppo rimbambito-, potevano avergliela trasmessa.
-Pà!- esclamò indisturbata. –C’è il Furetto.
Proprio mentre Draco stava per implodere in un boato d’indignazione, il suddettosi catapultò all’ingresso, con due orecchie infuocate in segno di profondo imbarazzo.
-Tesoro, ma come ti rivolgi agli ospiti?!- borbottò assumendo un colorito rubizzo anche sulle guance. La figlia lo squadrò scettica, come a dire “Lo offendi ventiquattr’ore al giorno e poi te la prendi per così poco?”, prima di rivolgersi a Billy con un sorriso molto più accentuato.
-Ciao Billy! Io sono Maya.- si presentò con voce tersa e gentile. Dall’alto della sua posizione, Malfoy non ne fu sicuro, ma gli parve di scorgere un principio di rossore sulle guance del ragazzino, che di riflesso, gli si appiccicò contro una gamba.
Maya lo guardò interdetta, poi sollevò lo sguardo sul padre, in cerca di aiuto.
-Ha paura di me?- domandò senza molti mezzi termini, sbattendo i suoi grandi occhi azzurri in direzione del papà.
-Ehm, no tesoro, certo che no. Magari è solo timido. Entrate pure, prego.
-Weasley.- grugnì Malfoy con voce bassa e ringhiosa. –Ti ho portato questa.
E gli mollò tra le mani la bottiglia. Ron sembrava estremamente colpito da quello strano gesto di gentilezza.
-Wow!- soffiò incredulo. –Ma che cos’è?
-Una bomba a mano.
Weasley per un attimo parve prendere in seria considerazione l’idea, a giudicare dall’occhiata vagamente incerta e sospettosa che gli lanciò.
-Che razza di burlone che sei, Malfoy.- disse infine. –Se lo fosse moriresti anche tu.
-E allora?
-Il tuo smisurato amore per te stesso ti impedirebbe di morire a soli trent’anni.- ribatté divertito, beccandosi un’occhiata più turpe della precedente.
-Di qua.- trillò Maya, precedendoli in quello spazietto angusto e facendo svolazzare il vestitino di lana in cui era avvolta. Draco stava ancora rimuginando su quel “furetto” di poco prima, quando giunsero in salotto.
-Ecco la star della serata!- esordì Weasley, esibendolo come se fosse stato un curioso animale da laboratorio. Draco non poté che provare imbarazzo davanti alla scena che si presentava ai suoi occhi.
Prima di tutto: un’orrenda tavola coperta da un’improbabile tovaglia con le stampe che ritraevano tutte le diverse specie di gufi e civette con annessi i relativi nomi. Ad aumentare il raccapriccio del mago si aggiunse il fatto che per ogni persona erano state messi un unico tipo di forchetta e coltello, e, peggio del peggio, un solo bicchiere! Niente calici per il vino o per l’Ogden Stravecchio!
Orrore e disgusto.
Come se non bastasse, raccolti sui divani vicino alla tavola c’erano tre individui adulti in compagnia di ben quattro pargoli chiassosi, che non appena lo videro, ammutolirono.
Malfoy sghignazzò silenziosamente.
L’altro capofamiglia –Lo Sfregiato-, si alzò per andargli incontro, tutto sorridente e apparentemente divertito un mondo dal suo evidente disagio.
-Che piacere averti tra noi.- ghignò mollandogli una pacca sulla spalla, neanche troppo soft a dire il vero.
-Il piacere è mio.- borbottò lui con un tono che lasciava intendere tutto il contrario.
-Ma allora è vero!- esclamò la moglie di Potter, seguendo il marito e trascinandosi dietro l’amica Lunatica. –Lui è il piccolo Draco!
Billy, sentendosi chiamato in causa, si rintanò dietro la gamba di Malfoy, tanto che sembrava volesse aderire contro il tessuto dei suoi pantaloni.
-Si chiama Billy.- precisò puntigliosamente Malfoy, sebbene lui fosse il primo a chiamarlo in tutti i modi tranne che col suo nome. Dopodiché agguantò il bambino per un polso, visto che si era avvinghiato contro la sua gamba con entrambe le mani, e se lo portò davanti con delicatezza, esponendolo agli sguardi degli astanti.
-Ma come sei carino.- esclamò la Rossa, e sembrava pensarlo davvero, tant’è che si abbassò, sventagliandosi i lunghi capelli fiammeggianti dietro le spalle, e rivolgendo al Marmocchio un sorriso francamente favoloso. Era chiaro che ci sapesse fare coi bambini, visti i tre pargoli che doveva allevare quotidianamente.
Harry Potter sembrava assolutamente estasiato da Billy, quasi quanto la moglie, anche se non poté fargli altrettanti complimenti per colpa del ragazzino che gli sbucò tra le gambe, reclamando attenzioni.
-Chi è quello?- urlò con un accenno di prepotenza della voce.
Malfoy avrebbe scommesso che quello fosse il primogenito.
-E’ Billy.- spiegò pazientemente Potter, accarezzando la testa bruna del figlio. –Perché non gli chiedi di giocare?
Il bimbo lo guardò come se lo avesse appena insultato.
-No, mi ruba i giocattoli sennò!
Harry sollevò gli occhi per aria, sospirando vistosamente. Draco era semplicemente livido, Billy intimorito.
-Stai molto bene, Draco.- osservò invece la Lovegood, uscendosene con quel commento campato per aria. Gli sorrise trasognata, con quei suoi occhi cerulei che sembravano faticare assai a mettere a fuoco il proprio interlocutore. Draco abbozzò un sorrisino di ringraziamento.
Probabilmente l’effetto era lo stesso di una paralisi facciale.
Poi si sentì tirare una mano, e abbassando lo sguardo vide un altro minuscolo bambino che cercava di attirare la sua attenzione.
Il piccolo gli sorrise dolcemente, mostrando dei dentini piccoli e distanziati tra loro.
-Io sono Albus.- disse senza mollargli la mano.
-Ah, ehm, sì, certo...piacere.
Dio in che situazione folle si era andato a cacciare!
-Tu ti chiami Draco?
-Uhm, già.
-Che nome brutto!
-Albus!- lo sgridarono entrambi i genitori.
Belli i tuoi, di nomi, stupido nano! Albus e Severus, uno fa ridere e l’altro fa piangere! Spero che tu abbia qualche soprannome perché sarebbe davvero umiliante doversi presentare come Albus Severus!
Quella era la risposta che gli avrebbe volentieri rifilato Malfoy.
-In questa famiglia non esistono filtri tra cervello e bocca.- commentò indispettito.
-Alla tua età anche tu parlavi senza pensare a quello che dicevi!- lo apostrofò la voce inflessibile e saputella della Granger, appena entrata in salotto con le mani occupate da buste e bustoni. –Ma probabilmente tu lo fai ancora.- soggiunse insinuante.
-Hermione, non ti abbiamo sentita arrivare.
Weasley e Potter la raggiunsero e l’abbracciarono affettuosamente, prima che le sue attenzioni fossero assorbite completamente da tutti i pargoli che le reclamavano ai suoi piedi.
L’unico che non le era corso incontro era stato Billy, ancora protetto vicino al corpo di Malfoy, nonostante le feste che poco prima gli aveva fatto la signora Potter.
-Vi ho portato dei regali.- stava dicendo la Granger ai bambini, dispensando a tutti dei sorrisi smaglianti, ricambiati con urletti festosi da animaletti selvatici. Sia Ginny che Luna raggiunsero i figli e assistettero alla distribuzione dei regali, mentre i padri braccarono Draco, scoccandogli sguardi sornioni.
-Allora, Malfoy?
-Che volete?- sbottò Draco, per nulla convinto dalle loro facce sapute.
-Sei incredibilmente tenero insieme a tuo figlio.- osservò Harry, scarruffando i capelli di Billy con un gesto amichevole. Il bambino sbuffò appena, pettinandosi i capelli con le mani e mostrando di non aver particolarmente gradito le sue attenzioni. Altro punto a favore del Nano.
-Ehi Billy.- era stata la Granger a chiamarlo. –Ho qualcosa anche per te.
Draco inarcò le sopracciglia, palesemente sorpreso davanti a quella sorpresa inaspettata. Billy esitò un momento, come se davvero avesse intenzione di passare tutta la serata ancorato alle sue gambe. Hermione gli fece un sorrisetto d’incoraggiamento, e alla fine, dopo essersi scambiato uno sguardo con Draco, il piccolo si risolse a raggiungerla. La giovane gli porse un pacchetto di carta argentata e lucida, che Billy accettò con una certa riverenza.
A differenza degli altri bambini, che avevano stracciato i loro pacchetti senza alcun riguardo, lanciando gridolini gioiosi e sparpagliando carta ovunque, Billy lo scartò con precisione, portando alla luce un cappellino di lana verde mare e un paio di piccoli guanti dello stesso colore.
Li contemplò per qualche istante, prima di arrossire e ringraziarla con un bacio sulla guancia.
-E’ così gentile.- mormorò la ragazza rialzandosi e volgendosi verso Draco. –Un bellissimo bambino.
-Mmh.- fu tuttò quello che riuscì a soffiare Malfoy. Per qualche motivo vedere Billy che si relazionava con lei lo inteneriva, e la cosa non andava bene per niente.
Anche perché l’aveva capito, il Furbone. Un sorrisino timido di qui, un ringraziamento remissivo di là, e la Granger era già stata conquistata. Le cento e uno tattiche di Billy il Moccioso.
-Gente, seduti.- ordinò poi Ron, afferrando il suo secondo genito, un bimbo dai capelli rossi e tante lentiggini sparse sul naso, e issandolo su un seggiolone di legno. Potter fece lo stesso con la sua bambina di due anni, uno scricciolo con tanti capelli color carota e un musetto dell’aria dolce e distratta.
Draco si sedette accanto a Billy e a Ginny. Davanti a lui fecevano bella mostra di sé Potter, Granger e Weasley. Uno spettacolo simile non l’avrebbe previsto neppure nel peggiore dei suoi peggiori incubi.
I maschi sembravano divertirsi un mondo a vederlo in quello stato, come un pesce fuor d’acqua, ma nonostante tutto avevano fatto del loro meglio per mostrarsi affabili e disponibili. La Granger gli dedicava di tanto in tanto qualche occhiata, mentre rispondeva alle domande della signora Potter o, più raramente, a quelle della signora Weasley. I bambini lo ascoltavano poco, e preferivano giocare con la zuppa di asparagi che avevano cucinato i padroni di casa. Gli unici ad ascoltarlo erano Billy e Maya, che seguiva i suoi discorsi con vero e proprio interesse, le labbra socchiuse, come se volesse assorbire ogni sua parola.
-Anche io voglio fare quello che fa lui, da grande!- esclamò infine, suscitando le risate del papà.
-Ma se l’altro giorno volevi diventare Auror!
-...Ma gli Auror non guadagnano così tanto!
Gli adulti scoppiarono a ridere, e anche Draco dovette bere un lungo sorso d’acqua per impedirsi di far notare al collega quanto dubitasse che Maya fosse sua figlia, visto che già aveva capito quale era il motore intorno a cui ruotava il mondo.
-E tu, Billy?- chiese poi la Granger. –Cosa vorresti fare da grande?
Billy parve farsi piccolo piccolo sotto gli sguardi dei presenti, poi rivolse a Draco un’occhiata timorosa. Malfoy, dal canto suo, era abbastanza curioso, visto che il Marmocchio non aveva mai detto cosa avrebbe voluto fare da grande.
-Beh...- il bimbo prese coraggio. –Vorrei curare le malattie.
-Oh.- la Granger era tutta un brodo di giuggiole. –Il medico! Non vuoi fare il lavoro di Draco?
Billy scosse piano la testa.
-Vorrei curare le malattie....così potrei evitare che altri bambini rimangano senza la mamma.
Oh. Cristo. Santo.
Draco ebbe la chiara percezione del suo stomaco che si strizzava tutto, attorcigliandosi confusamente e intrafunandosi per i cavoli propri. Inevitabilmente i suoi occhi incrociarono quelli della Granger, la quale sembrava a dir poco atterrita da quella risposta, visto come li riabbassò sul proprio piatto. Inutile dire che anche gli altri si erano congelati sul posto. Harry Potter rimestò silenziosamente la propria minestra, Ron invece prese a masticare il pane con insolita foga. Ginny piantò gli occhi su un qualcosa di non ben definito oltre le spalle del marito.
Chi riuscì a tirarli fuori dall’empasse fu nientemeno che la piccola Potter, la quale scelse proprio quel momento per rigettare quello che aveva appena mangiato, scatenando le risate dei fratelli e il sommo disgusto di Malfoy, mentre i genitori si attivavano per ripulirla.
Per un altro paio di volte incrociò lo sguardo della Granger, ma lei non si mostrò più così ostile nei suoi confronti. Semplicemente, sembrava aver perso la voglia di parlare.
 
-Billy, ti va di giocare con noi?
Albus e Maya stavano tallonando Billy sin da quando avevano terminato la cena, e il bambino non aveva ancora ceduto alle loro pressanti richieste, intenzionato a restare appiccicato a Draco finché non se ne fossero dovuti andare. Malfoy proprio non riusciva a spiegarsi come mai fosse così tremendamente asociale, né il perché di tutto quel terrore di separarsi da lui, ma aveva anche deciso che era giunto il momento di toglierselo di torno per almeno dieci minuti.
-Vai Marmocchio, cosa aspetti?
Billy lo guardò come se volesse implorarlo di non mandarlo via.
-Voglio restare con te.
Le tre donne di casa gli rivolsero sguardi assolutamente inteneriti.
Draco imprecò tra sé.
-Dai vieni, ti facciamo vedere i nostri giocattoli.
Maya prese in mano la situazione, in senso letterale, perché agguantò il polso di Billy, il quale sembrava alquanto terrorizzato dall’eventualità di rimanere solo con lei, e se lo trascinò su per le scale, subito seguita dal secondogenito dei Potter, che trotterellava loro dietro con passo baldanzoso. Il figlio più grande invece, andò a raggomitolarsi sulle ginocchia del padre, ficcandosi un dito in bocca, succhiando e crollando addormentato nel giro di due minuti.
-La canaglia per oggi ha dato.- sospirò sollevato suo padre.
Draco lo udì scambiare qualche parola con sua moglie, e visto che anche i coniugi Weasley si erano allontanati per mettere a letto il figlioletto, ne approfittò per uscire a prendere una boccata d’aria.
-Una gabbia di matti, eh?
La voce melodica della Granger gli riempì le orecchie senza stonare con la pace notturna che avvolgeva la landa.
Lo aveva raggiunto sullo spiazzo davanti alla casa, e adesso si stava sfregando con energia le braccia a causa del gelo.
-Come puoi resistere lì dentro per più di un’ora?- domandò Malfoy sinceramente interessato. A lui una cosa simile sembrava una gara di sopravvivenza.
-Uno presto o tardi si abitua. E poi adoro quei bambini.- spiegò, accennando a un sorriso. –Piuttosto
mi ha sorpreso vedere te, Malfoy. Non credevo che saresti venuto davvero. Come mai sei qui tra noi poveracci?
Draco sbuffò, passandosi una mano tra i capelli e scompigliandoli nervosamente.
-Weasley e Potter mi avrebbero dato il tormento. Volevano conoscere il Marmocchio e presentarlo ai loro figli. Credono che io sia un giovane padre disperato.
-E non lo sei?
La ragazza gli rivolse uno sguardo carico d’aspettativa. Era davvero incuriosita dalla risposta.
-Anche se fosse non ho di certo bisogno della loro carità.- ribatté Malfoy sprezzante.
-Però sei qui. E non credo che la compagnia notturna ti machi, se capisci cosa intendo...
Draco le rivolse un’occhiata maliziosa.
-Vuoi prenotarti?
-No, voglio solo capire come mai sei venuto se non ti interessa ricevere aiuto.- sibilò la ragazza.
-Ero curioso, lo ammetto.
-Curioso di cosa?
Draco si strinse nelle spalle.
-Di vedere una vostra serata tipo.
-E ne sei rimasto deluso?
-...Devo dire che non è il mio tipo di serata ideale, troppe urla, troppo chiasso.
Hermione rise debolmente, strofinandosi le braccia con maggior vigore. Draco rimase a osservarla per qualche breve istante, prima di togliersi il giaccone e poggiarlo sulle sue spalle.
Lei gli rivolse un’occhiata stupita da sopra la spalla.
-Malf...
-Non voglio rischiare una fattura da parte dei tuoi amichetti per averti lasciato ibernare qui fuori.- borbottò acidamente.
-Lo prendo come una sorta di gesto cavalleresco.- rispose lei con una certa riconoscenza nel tono di voce.
Draco già sentiva che gli si stavano congelando le chiappe, ma cercò coraggiosamente di non pensarci troppo. Meno ci pensava, meno avvertiva freddo.
-Com’è la tua serata ideale?
La domanda della Granger lo spiazzò. Poi lo fece ghignare.
-Un bicchiere di Firewisky, una doccia calda e una buona compagnia.- ammiccò lascivamente. –Non necessariamente in quest’ordine.
-Godric, Malfoy, sei davvero un...un...
-Abile sfruttatore del proprio tempo?
-No, stavo pensando a qualcosa di diverso e notevolmente più offensivo.
-E la tua serata, Granger? La trascorri alla scrivania a studiare?
-Ti sorprenderà sapere che anche io ho degli svaghi, Malfoy.
-Uomini diversi ogni sera? Molto inappropriato per una signorina come te.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
-Una vasca d’acqua calda e con tanta schiuma, un buon libro e musica di sottofondo.
-Potrei deprimermi.
-E poi, eccezionalmente, devo fare le ore piccole per effettuare test del DNA e poter assicurare a qualche padre incerto sulla propria paternità che l’ipotetico figlio è effettivamente suo e non sia il tentativo da parte della moglie di incastrarlo insieme a tutto il suo patrimonio.
-Oh, beh, uomini fortunati, questi ultimi.- tubò Malfoy con un ghigno da schiaffi.
-Ogni volta spero di fare la cosa giusta, lasciando che siano loro a occuparsi dei propri figli. La maggior parte delle volte ho paura che siano troppo impegnati a rincorrere sé stessi e i propri egoistici bisogni per curarsi anche di loro.
-Ma dopotutto questo non ti riguarda, giusto?
-...Giusto.
Si guardarono di sottecchi, Draco con una smorfia divertita, Hermione con un sorriso smorzato.
-Io adoro queste cene, le urla, il chiasso. Mi impediscono di pensare.
-A cosa?
-A qualsiasi cosa.
-Credevo che pensare fosse la cosa che ti riuscisse meglio, Granger.
-A differenza tua, Malfoy. Pensare troppo però, a volte ha anche effetti collaterali.
-Ad esempio?
Hermione sghignazzò.
-Anche se te lo dicessi, tu non potresti capire.
-Stai migliorando il tuo humor, Granger. Entro i prossimi vent’anni, tu e il tuo amico Weasley sarete diventati quasi simpatici.
Hermione gli concesse il beneficio di una risata, neanche troppo forzata peraltro, prima di rientrare dicendo di aver davvero troppo freddo e non voler rischiare di farlo ammalare.
In cucina trovarono Ron intento a rigovernare con l’aiuto della bacchetta.
-Ehi, Malfoy. Sono appena tornato dalla camera dei bambini. Billy a quanto pare si sta divertendo un mondo con Maya e Al.
-Ne sono felice.- replicò sarcastico Malfoy. –Credo che però sia giunto il momento di rincasare, il Marmocchio dopo una cert’ora soffre di narcolessia acuta, e vorrei evitare di vederlo crollare sul tuo pavimento polveroso.
Il padrone di casa sorvolò completamente sulla sua frecciatina, smettendo addirittura di rigovernare per poterlo guardare in faccia.
-E’ un Magonò!- esclamò stupito.
Hermione emise un basso colpo di tosse. Malfoy invece ebbe a malapena il tempo di registrare che il tono di voce di Weasley era sicuramente abbastanza alto da essere udito anche dal salotto, dove in quel momento si trovavano gli altri adulti, prima che la sua visuale fosse limitata dal viso del collega, che evidentemente cercava di instaurare un contatto visivo.
-Sì.- ammise riluttante, fissando invece un punto imprecisato sul pavimento. –E sarei grato se la cosa non uscisse al di fuori di questa casa.
La mano che Weasley poggiò sulla sua spalla lo indusse ad alzare lo sguardo. Ron era estremamente serio.
-Puoi fidarti di noi, Malfoy.
Quelle parole lo colpirono incredibilmente. Mai avrebbe creduto di poterle udire sulla bocca del suo vecchio nemico. Anzi, fece quasi senso sentirle dire proprio da lui.
Tutto quello che fece fu annuire meccanicamente, chiudendosi in un silenzio pesante e ignorando lo sguardo divertito che gli rivolsero Weasley e la Granger, la quale lo esortò a seguirla verso i piani alti.
Quando raggiunsero la camera dei bambini, trovarono Billy, Maya e Albus intenti a costruire oggetti di carta. Billy dava loro le sembianze di un uccello, una rana o una barchetta. Albus e Maya riuscivano a fargli prendere vita con la sola forza del pensiero.
Fu seriamente tentato di lasciarlo a giocare per altri dieci minuti. Non l’aveva mai visto ridere in quel modo, e la sua risata allegra rischiò di contagiarlo. Nel sorriso del bambino, per un attimo rivide il volto dolcissimo di Astoria, nelle fossette che si formavano sulle guance e nel modo buffo con cui strizzava gli occhi. Accanto a lui, Maya e Albus sembravano molto più affascinati dalla maestria con cui costruiva simili artefatti con la carta, piuttosto che alla loro stessa capacità di farli muovere.
-Come vedi Malfoy, a volte la vera magia sta nel riuscire a non utilizzarla.- osservò compiaciuta la Granger, prima di entrare nella stanza e annunciare che era ora di salutare Billy.
I tre bambini si rabbuiarono vistosamente a tale notizia, ma l’enorme sbadiglio che deformò il musetto di Billy convinse Malfoy che fosse davvero giunto il momento del commiato.
-Domani può tornare?- domandò Maya sbattendo gli occhi nel tentativo di indurlo a compassione.
-Non prima del fine settimana.- chiarì Draco, per nulla toccato dalle sue moine.
Maya sbuffò rumorosamente.
-Beh, ciao Billy.
Gli schioccò un bel bacio sulla guancia. Billy divenne color mattone.
-Ciao Billy.- Albus fece eco alla cugina.
Il Marmocchio ricambiò i saluti, poi trotterellò stancamente verso Draco, tendendogli la mano aperta, in una lampante richiesta di essere preso per mano. Malfoy, al colmo dell’imbarazzo sotto lo sguardo molesto della Granger, gliela strinse un po’ impacciato. Quello che però non aveva assolutamente previsto fu il modo in cui il bambino gli si abbandonò contro le gambe, visibilmente esausto e assonnato.
Sbuffando e imprecando tra sé, il mago si risolse a prenderlo in braccio. Le mani di Billy si strinsero morbidamente intorno al suo collo, mentre il piccoletto sistemò la testa sulla sua spalla, sprofondando all’istante in uno stato di sonno comatoso.
Tornarono al piano inferiore seguiti dalla Granger e dagli altri due esserini, subito presi in custodia dai rispettivi genitori.
-Grazie di tutto, Malfoy.- gli sussurrò Weasley con tono accondiscendente. –Spero che lascerai tornare qui Billy ogni tanto, visto quanto si è divertito stasera.
-Valuterò.- concesse burbero Malfoy, sentendosi strappato via dal suo guscio di acidità a causa del piccolo peso che gli dormiva sulla spalla come un koala. Fare lo stronzo in quel frangente non sarebbe stato credibile.
-Hermione, se aspetti un minuto prendo la giacca e ti riaccompagno a casa.- soggiunse il padrone di casa, strizzando un occhio verso la sua amica. –So che domani devi alzarti presto.
La ragazza gli rivolse un sorriso pieno di riconoscenza.
-La riaccompagno io.- disse però Draco.
Gli occhi di Potter, Weasley e Granger si posarono su di lui, ironici.
-Non ho intenzione di ucciderla.- sbuffò esasperato.
-Non impor...
-Lascia stare Ron. Se può riaccompagnarmi preferisco non farti scomodare.
Ron sembrava un po’ dubbioso.
-Uhm, ok, ma quando arrivi a casa usa lo Specchio Comunicante e fammelo sapere.
-Sì, sì, tranquillo, lo farò.- assicurò frettolosamente, dando a tutti i suoi amici dei veloci baci sulle guance.
Anche i Potter lo salutarono. Harry aveva ancora il figlioletto maggiore aggrappato addosso come una scimmietta, esattamente come Billy aveva fatto con lui. Sua moglie invece aveva le mani libere, e ne usò una per fare una lieve carezza sul capo biondo del Marmocchio.
-Il sogno di ogni madre è avere un bambino dolce e tranquillo come il tuo, Malfoy.- gli confessò con un sorrisetto. –Magari riesce a calmare un po’ anche te.
Draco aprì bocca per dirle, in maniera dolce e tranquilla, di farsi i fatti suoi e pomiciarsi Potter, ma la Granger, molto appropriatamente, lo spinse verso l’uscita senza dargliene il tempo.
 
-Avresti potuto lasciare che la rimettessi in riga.- osservò scorbuticamente una volta che furono in auto.
-Ginny non voleva essere maligna. Sei tu che fraintendi tutto.- ribatté lei allacciandosi la cintura di sicurezza. –Auto babbana, eh?
-L’unico campo in cui riescono a superare noi maghi.- fu la sentita replica.
Hermione sembrò abbastanza colpita dalla sua candida ammissione, ma evitò di rimarcarlo. Osservò Billy dallo specchietto retrovisore. Il bimbo era sdraiato sul sedile di dietro, e dormiva come un sasso.
-Per curiosità, prima come sei arrivata fin qui?
-A due chilometri da qui c’è una strada da cui ferma un autobus. Solitamente vengo via camino, ma il loro si è guastato, e così eravamo rimasti d’accordo che al ritorno mi avrebbe riaccompagnato Ron.
-E la materializzazione?
-Cos’è questo, un interrogatorio?- domandò divertita. –Comunque abbiamo deciso di non materializzarci in presenza dei bambini. Una volta Harry si smaterializzò e James fece altrettanto per seguirlo.
Draco ebbe quasi un sussulto al volante.
-Si è smaterializzato?!
-Senza neanche spaccarsi. Solo che Harry è arrivato a destinazione, James è finito nel laghetto davanti alla casa di Ron. Da allora evitiamo di riprovarci per non rischiare che uno di loro si faccia male sul serio.
-Il genere di pericoli che io non correrò mai.- osservò Malfoy, in una constatazione piuttosto blanda, ma non priva di una punta di fastidio.
-Ancora con questa storia del Magonò?
-Sai cosa potrebbe succedere se lo sapessero i giornali? Se lo venisse a sapere Rita Skeeter??
-Uhm, fammi indovinare...ah, già, non saresti più lo scapolo d’oro d’Inghilterra!
-Già, e questo sarebbe solo uno dei tanti disastri che accadrebbero.
-Niente più allegre donnine in giro per casa e nel tuo letto ogni sera.- enunciò la ragazza con tono saccente. –Niente più nottate brave da passare a zonzo per la città, niente più rientri a casa dopo una sbronza colossale, niente più spassose risate alle spalle dei colleghi sposati e con figli. Ho tralasciato qualcosa?
-Ah ah, Granger, questo tuo mordace senso dell’umorismo sta scatenando in me il desiderio di parcheggiarti qui, sul ciglio della strada, e abbandonarti al tuo destino.
-A questo punto posso anche smaterializzarmi.- osservò lei per nulla turbata.
Dio, ma doveva per forza sottolineare l’ovvietà? Non poteva semplicemente starsene zitta e lasciargli, per una volta nella vita, la soddisfazione di avere l’ultima parola?!
-Tu invece?- domandò tagliente. –Niente pannolini da cambiare o mariti da assillare?
La giovane incrociò le braccia sul petto, assumendo un’espressione altezzosa.
-Non credo di aver tempo per farmi una famiglia.
-La tua risposta evasiva lascia intendere ben altro.- commentò serafico Malfoy, nel mentre imboccavano l’autostrada per Londra. La strada era completamente sgombra, e la Ferrari ci filava sopra che era un piacere.
-Scommetto che eri fidanzata.- azzardò voltandosi a guardare un attimo la donna seduta accanto a lui. Lei non rispose, continuando a fissare la strada davanti a loro, ma strinse ulteriormente le braccia. Non parlava, ma il suo corpo lo faceva per lei.
-E così lo eri davvero.- constatò con tono neutro. –Storia finita male?
-Se non ti dispiace, Malfoy, vorrei evitare di...
-Credo che sia stato lui a lasciarti.- la interruppe Draco. –E a giudicare dalla tua risposta a proposito della famiglia, direi che l’ha fatto perché non hai voluto metterla su con lui.
Lei era rimasta con la bocca aperta, la parola “parlarne” ancora incastrata tra le labbra. Dopodiché, assunse una sfumatura piacevolmente paonazza.
-Complimenti.- borbottò distogliendo lo sguardo, tremendamente offesa. -E’ tutto vero, tranne il fatto che sono stata io a lasciarlo.
-Se ti va posso darti una mano a riprendertelo.- si offrì Draco con voce suadente.
-No grazie, Malfoy, non ti richiedo, né ora né mai.
-Non cadrò in depressione per questo, Granger, non sei il mio tipo.
-Lo so Malfoy, ho troppo cervello per i tuoi standard.
-E sei troppo petulante.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti.
-Comunque stasera stai molto bene.- concesse Malfoy col tono di chi ha appena fatto una grande elargizione. Inevitabilmente il suo sguardo si riempì di malizia quando incrociò quello della Granger, dopo aver lievemente indugiato sulle gambe di lei, fasciate da un paio di calze scure e una gonna anonima. Ok, l’abbigliamento sarebbe stato bene addosso a una come sua nonna o come la McGranitt, ma il punto era che sembrava carino anche su di lei. Cioè, insomma, andava detto che le gambe magre della Granger non erano affatto male, e neanche il girovita...e neanche il sedere.
Non appena la diretta interessata colse il suo sguardo di maschio sulle proprie gambe, immediatamente avvampò, coprendosele con le mani.
-Guarda la strada.- sibilò furibonda e imbarazzata.
-Sai che riesco a fare due cose contemporaneamente?- la stuzzicò Malfoy.
-Non mi dire, tu sei un genio!
-E ad ogni modo, dovresti valorizzarti un po’ di più, quelle gonne di lana...insomma, sono da vecchie.
-Decido io come vestirmi Malfoy, grazie.
-La prima volta che ci siamo rivisti, al San Mungo, eri molto più sexy, con quei tacchi e quel camice...
-Ero più professionale. Fuori dall’ambito lavorativo...
-Ti prego, non dirmi che sei la vera te, perché sarebbe alquanto desolante.
-...Ho già detto che ti odio?
-Circa un centinaio di volte da quando ci conosciamo.
-Sei molto ottimista, eh.
-Non che mi tocchi più di tanto sapere che mi odi o meno. Dove abiti?
Si erano immessi in una delle principali arterie della città, e si stavano dirigendo proprio verso Piccadilly Circus.
-Lasciami pure a Piccadilly, da lì proseguo a piedi.
-Granger, non ho intenzione di sapere dove abiti per poi spiarti o fare irruzione nel cuore della notte e ucciderti. Voglio solo accertarmi che arrivi a casa tutta intera. Allora, dove abiti?
-Mi sembri Harry e Ron, e sono sicura che non è un complimento per uno come te.
-No, infatti, è un insulto bello e buono, tuttavia non sbloccherò le portiere finché non saremo davanti a casa tua. Valuta tu cosa è meglio fare.
Hermione sospirò, arrendendosi, e poi gli diede l’indirizzo. Stava a Nottingh Hill, non eccessivamente lontano dalla sua zona residenziale.
-E tu ti saresti voluta macinare a piedi tutta la strada da Piccadilly a Nottingh Hill?
Pazza. Semplicemente pazza.
-Sono una instancabile camminatrice.- asserì con convinzione.
-Ti vedo bene a Nottingh Hill.
-Ma come? Una persona noiosa come me non dovrebbe vivere in un grigio casermone alla periferia della città?!
-No Granger, se tu fossi semplicemente noiosa dovresti vivere in un casermone, ma mi sembri anche una ragazza abbastanza vivace e solare, anche se non con me ovviamente, quindi vediamo...secondo me abiti in un piccolo palazzo con la facciata rossa e le tende dorate.
-No Malfoy. Palazzo celeste e vasi di fiori sulle finestre.
-Niente tende?- ghignò irriverente. -Fortunati i vicini.
La ragazza soffiò dal naso, sorvolando sulla sua battuta smaliziata.
Quando giunsero davanti al suo palazzo (piccolo, come aveva ipotizzato Malfoy, e incassato tra altri due palazzi, uno rosso e l’altro rosa), la ragazza scese dall’auto il più piano possibile, per evitare di svegliare il piccolo, ancora profondamente addormentato sui sedili posteriori.
-Grazie per il passaggio Malfoy.- sussurrò appoggiandosi al finestrino abbassato. -Adesso puoi anche provare a uccidermi nel cuore della notte.
-Ammetto che l’idea mi arride, ma conosco ancora qualche trucco per impegnare il tempo libero.
Lei abbozzò un sorriso, poi fece per allontanarsi.
-E grazie per il regalo.
Hermione si riavvicinò, e il suo bel viso tornò nel campo visivo di Draco.
-Sai una cosa? Forse non sei un caso così disperato, come padre.
-Il che mi fa capire di esserlo, se a dirmelo sei tu.
-Vai al diavolo.
-Sogni d’oro cara.
Lei gli fece il verso, poi se ne andò davvero. Draco si sporse verso il lato del passeggero, guardandola salire la scale e fermarsi all’ingresso. Era proprio un figurino.
E decisamente aveva un bel sedere. Oh sì...
La Granger aprì il portone e sparì all’interno, senza voltarsi a controllare se fosse sempre lì o fosse già ripartito.
Quando ebbe parcheggiato davanti al cancello della sua villetta, Draco non si sentì più così imbarazzato a prendere in braccio Billy, senza neanche svegliarlo, e ad appoggiarsi la sua piccola testa contro una spalla. Il bambino emise un sospiro profondo, e forse, pensò Malfoy con vago ribrezzo, cominciò a sbavargli sulla giacca.
Un animaletto domestico, ecco cos’era. Però aveva un che di tenero, sotto sotto.
Molto sotto.
L’elfo li accolse con il solito inchino, per poi sparire nello sgabuzzino quando il mago lo congedò con tono piatto. Salì le scale e raggiunse la cameretta del bambino dove il gatto era appisolato sul letto.
-Sciò.- soffiò Draco. La bestia non si smosse di un centimetro, socchiudendo appena gli occhi e guardandolo scetticamente, per poi tornare a raggomitolarsi su sé stesso.
A Malfoy non restò che scostare le coperte e depositare delicatamente il Marmocchio, sfilandogli scarpe e giacchetto, mentre quello restava un corpicino morto e pesante, difficile da maneggiare con facilità.
-Mmmh.
Il gemito assonnato gli comunicò che il Nano stava tornando nel mondo dei vivi.
-Ehi.- lo salutò quando ebbe aperto gli occhi.
-Dove siamo?
-A casa.
Il piccolo si guardò intorno, per poi abbozzare un sorriso quando scorse il gatto accovacciato vicino a loro.
-I tuoi amici sono simpatici.- considerò spalancando la bocca in un enorme sbadiglio.
-Non sono miei amici.- obiettò Draco, contagiato a sua volta da quello sbadiglio. Solo adesso realizzava quanto fosse terribilmente esausto.
-Neanche Hermione?
La faccia solitamente neutra e pulita del Marmocchio, in quel momento era contratta in una inquietante espressione maliziosa.
-Ti preferivo quando eri timido e silenzioso.- borbottò Malfoy. –E comunque no, la Granger è assolutamente off-limits. Metti il pigiama e dormi.
-Buonanotte...- mormorò il bambino. Sembrava che fosse combattuto tra l’aggiungere qualcosa. –Draco.- concluse a bassa voce.
-Buonanotte Marmocchio.- rispose l’uomo.
Quando fu sulla porta, lo guardò un’ultima volta. Billy si stava spogliando con lentezza, abbastanza intirizzito e decisamente troppo assonnato.
Dovette reprimere a badilate la sensazione di improvvisa e inspiegabile tenerezza che gli aveva appena afferrato il cuore.

**NOTE FINALI**
Incominciamo a entrare nel vivo della storia. Spero che fino a questo punto vi stia piacendo :D
A presto!

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Capitolo 7
*** Capricci ***


Capricci 

Il sabato mattina Draco si alzò pimpante e straordinariamente felice per l’imminente giorno festivo. Tutto quel buon umore tuttavia non gli impedì di rabbuiarsi quando scorse il lato vuoto del letto accanto al suo. Non faceva sesso da un sacco di tempo. Era inconcepibile.
Tutto per non traumatizzare il Nano che dormiva nella stanza vicina. Ancora più inconcepibile. Tanto prima o poi anche lui avrebbe dovuto sperimentare i piaceri della carne, no? fosse successo tra otto o dieci anni, ma quel momento sarebbe giunto, indi per cui lui avrebbe anche potuto schiarirgli alcuni dettagli in merito alla riproduzione umana.
Draco ci pensò seriamente.
…Però forse ciò avrebbe implicato dover affrontare il famoso discorsetto padre-figlio, e Malfoy ricordava con sommo orrore il giorno in cui quella tortura immane toccò a lui.
La faccia pallida e imbarazzata di Lucius continuava a essere uno degli spettacoli più terrificanti che avesse mai visto, soprattutto perché la varietà di combinazioni emotive che albergavano sul viso di suo padre solitamente passava da “impassibile” a “sprezzante” a “scettico” e, talvolta, a “pieno di profondo disgusto”.
Per non parlare di quando, qualche anno dopo, fu Narcissa a tentare di abbordarlo per illustrargli con dovizia di aneddoti e particolari raccapriccianti il modo in cui nascono i bambini.
 
-Draco.- aveva pronunciato il suo nome con tono imperioso. –Mi sembri un ragazzino molto sveglio con le ragazze, e vorrei evitare che tu rischiassi di…
L’aveva guardata con un’espressione di puro terrore, e poi aveva urlato.
-No, no, no, nooooo!
Ed era fuggito a gambe levate.
 
No, decisamente, quel discorsetto si augurava di non doverlo affrontare prima che il pargolo avesse raggiunto i quindici anni di età. Se poi avesse scoperto di essere stato battuto sul tempo…beh…ci avrebbe pensato in seguito.
Si rigirò languidamente nel letto, pensando che comunque tutte quelle paturnie mentali non avevano risolto il problema: lui era fottutamente in astinenza di sesso.
Bisognava porre rimedio. Ma come?
Forse avrebbe potuto chiamare qualcuna in ufficio. L’idea non gli sembrò malaccio, anche se probabilmente Weasley gli avrebbe guastato i piani presentandosi a metà mattinata.
Perché, Salazar, gli era toccato proprio lui tra tutti i colleghi del Ministero?!
-Ciao.- salutò una vocetta allegra.
Billy era sul ciglio della stanza, ancora avvolto nel pigiama, e sembrava incerto se entrare o meno.
-‘Giorno.- biascicò Malfoy, voltandosi su un fianco e volgendosi verso di lui.
Da quando erano stati a casa di Weasley, Billy non la smetteva di rompergli l’anima per rivedere gli altri bambini ed Hermione. In effetti, Draco sospettava che al Nano, la Granger piacesse particolarmente.
-Puoi entrare.- disse battendo la mano sul materasso. Il visetto di Billy si illuminò tutto, come se non sperasse altro che un suo invito e al tempo stesso fosse convinto che non sarebbe mai arrivato.
Trotterellò fino al letto e si arrampicò tirando tutto il piumone.
Draco sollevò la coperta, permettendogli di scivolare sotto, al calduccio. Non che fosse particolarmente estasiato all’idea di avere il bimbo così intimamente vicino, ma non poteva neanche lasciarlo fuori a prender freddo. L’importante era mantenere le distanze a livello fisico, dopotutto, no?
-Domani è domenica.- esordì Billy. –Non dovrai lavorare.
-Infatti.- mormorò Draco sbadigliando contro il cuscino e stiracchiandosi pigramente.
-Torniamo da Ron?
Le sue domande cominciavano a essere dirette e schiette, il che era preoccupante. Draco stava iniziando ad afferrare alcuni profili del carattere del bambino, ed era giunto alla conclusione che il Marmocchio si poteva definire 20% Serpeverde e 80% Tassorosso, anche se Draco sospettava che presto sarebbe uscito fuori il lato Grifondoro, doveva solo prendere ulteriore confidenza e acquistare sicurezza.
Billy era fondamentalmente un ragazzino sveglio, ma pacato. Non manifestava la freddezza o l’indole manipolatrice che contraddistingueva Draco, né la grinta di un Grifondoro. Matthews si profondeva in elogi sperticati sull’intelligenza del bimbo, ma sosteneva che fosse davvero un po’ troppo svogliato, indi per cui anche l’opzione Corvonero era da escludere, considerato che chi apparteneva a quella casa passava almeno sedici ore su ventiquattro chino sui libri.
Dunque Tassorosso. Male, malissimo.
-No Mostriciattolo, mi rifiuto categoricamente.
-Allora invitiamo Hermione?
-No.
-Albus e Maya?
-Nemmeno.
-E cosa facciamo?
-Non lo so, Marmocchio. Io sicuramente dormirò.
-Ma non puoi dormire tutto il giorno!
-Scommetti?
Stava scommettendo per davvero con un bambino di sei anni: patetico.
-Che noia.
-Il giorno in cui lavorerai comprenderai il valore di una sana dormita.
“E anche quello di una sana scopata” avrebbe volentieri aggiunto, ma non voleva passare per un malato di sesso, anche se in effetti stava iniziando a pensare di esserlo.
-Ma allora quando la rivediamo Hermione?
Draco sospirò, straziato da tutte quelle domande.
-Spero mai più.- sfiatò massaggiandosi gli occhi coi polpastrelli di una mano.
Billy si mise a sedere, le spalle leggermente incurvate in avanti, chiaro segno di dispiacere. Draco cercò di non badarci troppo, ma era difficile ignorarlo quando appariva così visibilmente mogio.
-Oggi tu rimarrai con la nonna, che verrà a prenderti tra poco per portarti a casa sua.
Il bimbo si voltò a guardarlo, chiaramente preoccupato.
-A casa sua?- domandò con voce sottile.
-Sì. Io tornerò a prenderti stasera.
-Ma quella casa...fa paura.
-E’ solo un po’ inquietante.- lo liquidò Draco con un’alzata di spalle.
-Un po’ cosa?- domandò il bimbo, aggrottando le sopracciglia senza capire il significato di quel termine complesso.
-Inquietante.- ripeté Draco. –Nel senso che è lugubre e buia, ma non è affatto pericolosa. E comunque tu starai con i nonni, che sono persone affidabili.
Oh certo, chi più di altri era affidabile come un Mangiamorte pentito e tacciato d’infamia?
-Non posso venire con te? Sarò buono e farò i compiti.
-No, è meglio che tu rimanga il più lontano possibile dal posto dove lavoro.
Billy gli rivolse uno sguardo infinitamente triste. Draco fu quasi tentato di elargirgli una piccola carezza, anche se poi preferì ricacciare la mano sotto le coperte piuttosto che usarla per quel gesto d’affetto adatto a un mollaccione come Weasley.
Scivolò fuori dal tepore del letto dirigendosi verso il bagno, e lasciando il Marmocchio da solo. Si fece una doccia veloce e poi tornò in camera a vestirsi. Billy era sparito, e lo ritrovò circa due minuti più tardi in salotto, a fissare sua madre, in piedi al centro del tappeto persiano.
-Ciao Draco.- salutò la donna, sorridendogli come se fosse appena arrivato il suo salvatore. Era chiaro che a rimanere da sola in compagnia del piccolo si sentiva a disagio.
-Ciao mà.- rispose blandamente Malfoy, nel mentre finiva di frizionarsi i capelli umidi di doccia.
L’occhiata critica che la strega gli rivolse lo indusse ad abbassare lo sguardo sulla camicia che aveva indosso: non era ancora abbottonata, i lembi erano semplicemente accostati, ma lasciavano intravedere una porzione di torace.
-Non girare mezzo nudo per casa quando c’è anche il bambino.
Draco scoppiò a ridere.
-Mamma, siamo entrambi maschi. Non credo di urtare la sensibilità di nessuno se resto a torso nudo.
-Almeno lo hai chiesto al diretto interessato?
-Non mi da noia.- rispose immediatamente Billy con sicurezza, guadagnandosi lo sguardo soddisfatto di Draco.
Narcissa abbassò lo sguardo su di lui, sforzandosi di sorridergli in modo accondiscendente, senza fare smorfie strane o poco lusinghiere che potessero intimorirlo.
-Posso portare con me l’album da disegno?- chiese Billy alla donna, la quale ovviamente non capì un tubo di ciò che gli aveva appena domandato.
-Come hai detto?
-Il coso dove disegna.- interloquì Malfoy. –Non è pericoloso, tranquilla.
-Oh.- il viso di Narcissa si illuminò di cortesia. –Ma certo che puoi, William.
-Billy.- la corresse con una nota di fastidio nel tono di voce. Dopodiché sparì al piano superiore, per poi tornare portando sottobraccio un quaderno e una cartella verde con dentro l’occorrente per disegnare. Bastet lo seguiva con movimenti eleganti, e quando il padroncino si fermò, non perse tempo e cominciò a fargli le fusa, strofinandosi contro le sue gambe.
-Bastet può venire?
-Oh no, caro. Noi abbiamo già un gatto, potrai giocare con lui.
-Mi raccomando.- disse l’uomo, rivolgendosi al bambino e catturando la sua placida attenzione. –Comportati come si deve, e fai i compiti che ti sono stati assegnati.
-Tu a che ora vieni da me, stasera?- domandò il piccolo, e i suoi occhi grigi parvero rifulgere di speranza.
-Non lo so.- rispose indolente il mago.
Lo liquidò a male parole, con praticità e una punta di insofferenza. Billy parve ricordarsi che la sua paura, le sue ansie e quella anomala confidenza erano andate troppo oltre il limite del consentito. Abbassò la testa, in segno di remissività, per poi donare un’ultima carezza al gatto e prendere la mano che Narcissa gli aveva teso senza lasciar trasparire troppo disgusto. Sembrava quasi che la donna provasse una certa pietà nei confronti del bimbo. Probabilmente ai suoi occhi era una specie di menomato.
Entrarono insieme nel camino, mentre Malfoy afferrava il micio per la collottola, sollevandolo a mezz’aria per impedirgli di lanciarsi tra le fiamme verdi che sprigionarono e avvolsero sua madre e suo figlio. Poco prima di sparire inghiottito dal fuoco, Billy aveva di nuovo sollevato lo sguardo su di lui.
Gli occhi erano pieni di lacrime.
 
 
La riunione si era rivelata meno disastrosa del previsto. Il primo ministro in persona era rimasto piuttosto impressionato dal piano di sicurezza previsto in vista dei Mondiali di Quidditch. Le forze che erano state dispiegate, e il numero di squadre mobili dislocate sul campo, avrebbero dovuto scoraggiare qualsiasi tentativo di disordine interno, per non parlare ovviamente degli attentati terroristici. Draco Malfoy stava giusto elencando rispettivamente che: erano state applicate severe misure di controllo su ogni mezzo magico in grado di toccare suolo inglese, tappeto volante, macchina o scopa che fosse; erano stati estesi i procedimenti di controllo anche ai mezzi usati nel mondo babbano, dunque aerei, treni, navi e simili; Harry Potter in persona si era messo in contatto col Primo Ministro babbano, ottenendo il permesso di piazzare squadriglie di Auror a guardia di ogni Aeroporto della Londra babbana, così come alle stazioni, magiche e non; i controlli di sicurezza erano stati applicati a ogni tipo di manufatto proveniente dall’estero, che avrebbe ricevuto attenta supervisione qualora fosse stato destinato all’indirizzo di Kingsley in persona.
-Inoltre.- concluse Malfoy. –Stiamo provvedendo a ultimare gli alloggi per le nazionalità ospiti. Saranno pronti entro tre o quattro giorni al massimo.
Rivolse un’occhiata profondamente soddisfatta alle massime autorità sedute intorno a quel tavolo, ricevendone altrettante in cambio, non solo dai ministri, ma anche da Weasley in persona, che, una volta lasciata la Sala Riunioni, gli allungò una cameratesca pacca sulla spalla, rischiando di vedersi sbranare la mano.
-Weasley, se osi rifare un gesto tanto gretto e plebeo, ti assicuro che non vivrai abbastanza a lungo da poterlo raccontare in giro.
L’altro rise di gusto.
-Bentornato Draco Malfoy, più stronzo e in forma che mai!
Gli rivolse un sorrisetto da schiaffi.
-Festeggiamo coi pargoli, stasera?
-Senza offesa Weasley, ma sto pensando di lasciare il pargolo dai miei, così da poter fare un po’ di esercizio fisico...se capisci a cosa mi riferisco...
L’altro sbuffò, appoggiando le mani sui fianchi e assumendo un’aria altezzosa.
-Ho dei figli, secondo te non lo capisco?
-Oddio Weasley.- mormorò Malfoy. –Non mi ricordare che anche tu fai certe cose, il Bacio di un Dissennatore è meno tremendo da immaginare.
-Stupido biondastro imbecille.- soffiò il collega, senza però imprimere particolare trasporto nel tono di voce. Sembrava divertito da quella schermaglia. E in effetti, pensò con sommo orrore Draco, a vederli così, senza conoscere i loro trascorsi, li si sarebbe potuti definire amici.
-Comunque, io e Luna saremmo felici di riavervi come ospiti, uno di questi giorni. Inoltre...- soggiunse con aria saputa. –Credo che Maya sia rimasta particolarmente colpita dagli occhi grigi di tuo figlio.
Si godette la faccia stralunata di Malfoy, il quale fece appello a tutta la sua buona volontà per evitare di spalancare anche la bocca e passare per un perfetto cretino. E da quando Weasley non faceva fuoco e fiamme se una delle sue “donne” manifestava anche solo simpatia per un uomo che non fosse lui?!
Frattanto, il suddetto uomo raggiunse l’ascensore più vicino, salendo e rivolgendogli un ultimo saluto derisorio, prima di sparire verso i piani alti.
-Devo scoraggiare questa unione finché sono in tempo.- fu il rassegnato commento di Malfoy.
 
 
Una volta tornato in ufficio, prese subito a riordinare i propri documenti, facendoli levitare ordinatamente all’interno della borsa d’ufficio, uno splendido modello in pelle di drago lavorata a mano e costata un occhio della testa (quasi quanto la sua villetta sulle isole Falkland), ma unico e ormai fuori produzione. Draco gongolò per parecchi minuti davanti a quella borsa, per poi sovvenirsi di dover avvertire 1) Eleanor Landcaster, ovvero “Le mani più curate di Londra”, affinché quella sera si recasse da lui senza indugi e 2) sua madre, affinché prorogasse il suo ruolo di neo baby-sitter/nonna part time fino al giorno seguente.
Alla prima scrisse una lettera, affidandola al ligio Oscar, imponendogli di tornare con una risposta entro un’ora al massimo. Per la seconda gli bastò attendere mezz’ora, tempo impiegato dall’animale ad andare e tornare con una missiva imbevuta di profumo femminile alquanto stucchevole.
Ovviamente la sua bella aveva confermato, aggiungendo tanti ghirigori melensi e poco rilevanti ai fini della serata che si apprestavano a trascorrere. Draco già pregustava sesso violento contro un muro o sopra il bancone della cucina, quando avvertì sua madre che non sarebbe tornato a prendere Billy quella sera.
-Hai capito?- ripeté guardando la faccia pallida della donna riflessa nello Specchio Comunicante Portatile.
Quello era una delle ultime invenzioni magiche collaudate dopo la guerra. Migliaia di Specchi Comunicanti erano statti immessi sul mercato per permettere a persone che si erano allontanate nel periodo più nero di mantenersi sempre in contatto. Erano piccoli, e per questo infinitamente più comodi dei camini. Ne esistevano di tutte le dimensioni e potevano collegare intere famiglie. Nel loro caso, ne esistevano tre tra loro connessi: il suo, quello di sua madre, e quello di suo padre, anche se Lucius non lo usava quasi mai, dimenticandolo in tutti i luoghi da dove passava.
-Ma...io non sono sicura che il bambino ne sarà felice. Non fa altro che chiedere tra quanto tornerai, e confesso che sia io che tuo padre cominciamo ad accusarne i colpi direttamente sui nostri poveri nervi.
-Mamma, niente storie, è un Magonò, va bene, ma è calmo e pacato, e soprattutto, con chi non conosce si fa i fatti suoi, cosa assai pregevole di questi tempi.
Al di là dello Specchio, sua madre assunse uno sguardo scettico.
-Come vuoi.- disse gelida. –Ma sono sicura che non sarà piacevole informarlo circa la tua repentina decisione. Si sentirà abbandonato.
-Non cercare di impietosirmi, mamma. So che in realtà vuoi solo togliertelo dai piedi.
-Non credermi così arida di sentimenti, ragazzino.- fu la risentita replica, prima che la conversazione si interrompesse e il viso della donna sparisse dello Specchio.
Draco rimase a osservare la superficie levigata dell’oggetto per alcuni istanti, pensando a tutto e a niente in particolare, poi lo ripose comodamente nella tasca interna della giacca.
Amelia lo vide uscire dal suo ufficio fischiettando. Il che era molto poco rassicurante.
Draco si drappeggiò addosso il lungo cappotto invernale, rivolgendo alla segretaria un blando sorriso.
-Io sto andando.- annunciò distrattamente, perso a guardare Diagon Alley fuori dalla finestra. Piccoli fiocchi di neve avevano iniziato a cadere, e nella via principale, la persone affluivano come la corrente di un fiume in piena. Bello spettacolo, tutto sommato.
-Buona serata.- rispose immediatamente la ragazza.
-Anche a te.
Draco era così felice di essere finalmente tornato  solo e single che invece di imboccare la via del ritorno verso casa, si addentrò nel viavai di Diagon Alley (generalmente detestava camminare tra la plebaglia), semplicemente gustandosi il sapore della libertà e il piacere di fare soltanto ciò che gli passava per la testa, senza doversi preoccupare di piccoli Gnomi da dover accudire una volta rientrati a casa. Dio, quanto gli mancava la sua vecchia vita!
Si era giusto fermato davanti alla vetrina del Serraglio Stregato, osservando gli animali che la strega aveva esposto quel giorno in vetrina, quando con la coda dell’occhio intravide una persona di sua conoscenza: la Granger lo aveva appena superato, senza essersi minimamente accorta di avergli sfiorato una spalla. Come avrebbe potuto notarlo, d’altronde, se camminava con la testa per aria e un sorriso misterioso sul volto, pensando forse a una cosa bella che le era accaduta. Draco fu portato a voltarsi per seguirla con lo sguardo. Tutto ciò che poté vedere fu la sua chioma ricciuta e disordinata che ondeggiava, anche perché la ragazza camminava dannatamente veloce.
Si fermò solo davanti a un piccolo pub con una vetrina che affacciava proprio sulla via.
Senza riflettere troppo su ciò che stava facendo, Malfoy la seguì, per qualche motivo curioso. Chissà per quale ragione era entrata lì dentro, o chi doveva incontrare. Sperava solo che non si trattasse di Weasley o Potter.
Era appena giunto davanti alla vetrata del pub, quando si ritrovò faccia a faccia con la ragazza, che lo stava osservando al di là del vetro, seduta al tavolo che offriva la vista sulla via.
Draco rimase di sasso, non aspettandosi di ritrovarsela di colpo tanto vicina. La Granger invece parve solo sorpresa, poi gli angoli della bocca le si incurvarono leggermente verso l’alto, in una smorfia divertita e, che un fulmine potesse ucciderlo all’istante, insospettabilmente graziosa.
Mosse la bocca per dirgli qualcosa, che ovviamente lui non riuscì a capire, visto che c’era un vetro spesso e insonorizzato a dividerli.
Riuscì però a registrare il colore denso e caldo dei suoi occhi castani, da cui non era ancora riuscito a distogliere lo sguardo. La Granger, pensò senza alcun rigore logico, sta bene senza neanche un filo di trucco.
La strega sollevò una mano, e con l’indice gli fece cenno di entrare, senza perdere il sorriso sbarazzino di poco prima. Sembrava una bambina felice, e non una donna che aveva appena invitato l’uomo che più odiava al mondo a sedersi al suo stesso tavolo.
Malfoy, come spinto da una forza misteriosa, si ritrovò a varcare la soglia del pub, e a raggiungerla lentamente, arrivandole alle spalle.
Lei gli rivolse un’occhiata da sopra la spalla.
-Ciao Malfoy.- disse senza nessuna particolare intonazione nel tono di voce. Sembrava davvero tranquilla, e per nulla turbata dalla sua presenza.
-Che vuoi, Granger?- domandò lui molto scorbuticamente.
-Io nulla. Sei tu quello che aveva l’aria di essere appena stato colto con le mani nel sacco. Mi stavi seguendo?
-In molte lo sognano, ma devo deludere anche te. No, non ti stavo seguendo, non mi passa neanche per la testa.
Bugia. Ma dopotutto lui era un Serpeverde, chi poteva mentire meglio?
La ragazza non perse il suo smalto, e anzi, lo invitò a sedersi.
-Qui? Davanti a tutta Diagon Alley?- obiettò scettico Malfoy.
-Credo che a quest’ora, Malfoy, mezza Diagon Alley ci abbia già visti qui a chiacchierare come buoni amici, quindi tanto vale che tu ti sieda.
Vedendo che lui era piuttosto reticente, la giovane sospirò, appoggiandosi contro lo schienale della poltrona. Il sorriso era sparito dal suo viso, sostituito da un’espressione a metà tra lo scoraggiato e la comprensione.
-Non ti penare per me.- disse senza guardarlo. –Deve essere difficile riuscire a sedersi allo stesso tavolo di una Mezzosangue per uno del tuo livello. Anzi, forse è meglio che te ne vada, se i giornalisti si mettessero a indagare sulla tua vita privata potrebbero scoprire di Billy.
Sollevò gli occhi su di lui. Qualcosa nella sua espressione vacillò.
-E tu non vuoi che questo succeda. No?
Draco rimase immobile, sapendo sin troppo bene che ogni secondo trascorso con lei in quel pub era potenzialmente nocivo per la sua reputazione. Eppure non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per aver fatto sparire il sorriso della Granger. Le stava tanto bene addosso. Era un pensiero stupido, lo sapeva, ma non voleva essere per l’ennesima volta la causa del malumore di quella ragazza.
Così, togliendosi il giaccone con gesti fluidi, lo sistemò sulla poltrona davanti alla giovane, sedendosi di fronte a lei.
La ragazza era esterrefatta.
-Anche io posso riservare sorprese.- tagliò corto, acido come un limone.
Lei dovette annuire per forza di cose. All’improvviso sembrava a disagio, come se fosse stata assolutamente certa che lui se ne sarebbe andato.
-E...ehm...tu vuoi qualcosa?
Gli allungò il menù sopra il tavolo, per poi ritirare subito la mano, quasi avesse paura che la mordesse. Il suo gesto inaspettato l’aveva sconvolta oltre ogni dire, ok, ma non per questo voleva dire che aveva intenzione di ucciderla o nuocerle in qualche modo.
-Tutto a posto, Granger?- le chiese alzando un sopracciglio.
Lei annuì diverse volte.
-E’ che mi hai davvero presa in contro piede.- sfiatò poi, vuotando il sacco.
-In senso positivo, spero.
Un lieve rossore si diffuse sulle guance della strega.
-Dipende.- disse infine, inclinando la testa con fare pensoso. –Da quanto darai di matto quando Rita Skeeter dirà che sto cercando di accalappiarti per poter allungare le mani sulla tua dote.
Senza volerlo, lui scoppiò a ridere. E la sua risata all’inizio atterrì la Granger, che non lo aveva mai visto ridere, e lo doveva trovare sicuramente strano. Poi però il suo primitivo sorriso si riaffacciò sulle sue labbra, e con esso si smorzò anche l’imbarazzo che li aveva avvolti fino a quel momento.
-Quando ridi sembri più giovane.- osservò a bassa voce, prima di arrossire e abbassare lo sguardo.
-E’ un complimento bello e buono.- la stuzzicò Malfoy, prima di aprire il menù davanti a sé e fare in modo che lo nascondesse per bene alla vista della Granger, quando le disse ciò che pensava del suo sorriso.
-Tu sembri meno frigida quando sorridi.
La pedata che raggiunse i suoi stinchi sotto il tavolo, lo fece quasi gemere di dolore.
-Io non sono frigida.- scandì la voce petulante della Granger.
-Sei solo un’insopportabile e spocchiosa So-Tutto-Io.- replicò serafico Draco abbassando il menù e rivolgendole un sorriso da schiaffi. –Io prendo un succo di more. Tu cosa hai scelto?
Lei lo guardò con un mezzo sorriso.
-Anche io prendo il succo di more. Vedi Malfoy, Purosangue e Mezzosangue non sono poi così diversi.
Draco evitò di commentare. Non voleva farla scappare dal pub con un diavolo per capello, magari dopo essersi fatto appioppare lo schiaffo più sentito della sua intera vita. Gli bastò sollevare una mano perché un cameriere si presentasse al suo cospetto per le ordinazioni.
Poco dopo, entrambi stavano sorseggiando il loro succo di more, gettandosi di tanto in tanto qualche occhiata sospettosa.
-Mi sembra incredibile di essere seduta davanti a te.- ammise lei dopo un po’. –Qui, a bere succo di more, insieme a Draco Malfoy. Non l’avrei mai creduto possibile.
-Un sogno che si realizza?- domandò cinicamente.
-Perché devi sempre pensar male di me?- protestò a viva voce.
-Perché sei Hermione Granger.
-Eppure anche tu sei qui con me.
-Per semplice cortesia.
-E’ pur sempre qualcosa, non credi?
No, non credo, pensò Malfoy, ma non lo disse ad alta voce.
-Come mai eri qui?- chiese invece, curioso di scoprire l’arcano motivo per cui l’aveva vista con quel sorriso sfuggente.
-Io vengo spesso qui.- spiegò lei con semplicità. –A volte durante la pausa pranzo, a volte dopo il lavoro. Adoro il succo di more che fanno in questo pub.
Draco si guardò intorno. A cose normali, uno come lui, in un pub come quello, non ci sarebbe entrato manco con una bacchetta puntata alla tempia. Era troppo informale e accogliente per uomini del suo calibro. I toni erano luminosi, e tutto l’interno era di legno chiaro, come una baita di montagna. Oltre a loro, c’erano altri maghi e streghe, non molti, sparsi ad altri tavoli a sorseggiare una bevanda calda e ristoratrice, che gli riscaldasse lo stomaco prima di avventurarsi nel gelo di gennaio.
Le luci erano basse, ma non soffuse al punto da rendere l’ambiente sonnolento. E il posto non era neanche eccessivamente intimo. Capì al volo come mai fosse piaciuto tanto alla Granger.
-Ti manca solo un bel libro.- osservò tornando a guardarla mentre beveva il suo succo.
-L’ho nella borsa.- ammise con occhi che brillavano. –Mi piace leggere e guardare ogni tanto fuori dalla finestra. Soprattutto ora che nevica.
-Questo posto ti rispecchia.- si lasciò sfuggire prima che riuscisse a mettere un freno ai propri pensieri.
Lei gli rivolse un’occhiata dubbiosa, non riuscendo a capire se dover interpretare quel commento come un complimento o un insulto. Alla fine, forse per amor di quieto vivere, sorvolò.
-Come sta Billy?- domandò a voce appena più bassa, per evitare di farsi sentire da eventuali passanti.
Draco si strinse nelle spalle.
-Immagino bene. Adesso è dai miei genitori.
La Granger sembrava scettica.
-I tuoi sanno del...ehm…piccolo problema?
-Sì, e stranamente non lo hanno disintegrato appena gliel’ho detto. Più che altro lo ignorano.
-E lui non ha paura di loro?
-Non credo. Con l’elfo domestico non si è fatto scrupoli a mostrare la propria paura, quindi immagino che non lo avrebbe fatto neanche con loro.
-Tu hai ancora un elfo domestico in casa, Malfoy?!
-Sono un Purosangue, Granger, certo che ce l’ho! Secondo te pulisco casa da solo?!
Lei aprì bocca per ribattere. Poi però corrucciò la fronte, e, con grande disappunto di Malfoy, scoppiò a ridere.
-Cosa c’è da ridere, Granger?- domandò acidamente. –Mi trovi divertente?
-No, scusa, ma non ho potuto fare a meno di immaginarti con un grembiule da cucina addosso mentre passi l’aspirapolvere per casa.
-L’aspira...cosa?
La Granger cercò di darsi un tono, strofinandosi col dorso della mano gli occhi umidi, chiaramente esilarata dall’immagine di lui versione casalinga. Draco era profondamente offeso per essere stato anche solo concepito nell’atto di fare pulizie, ma non riuscì a esternare la propria regale amarezza, perché il suo Specchio Comunicante si attivò proprio in quel momento, e la soave voce di sua madre suonò preoccupata e furiosa insieme.
-Che tu sia maledetto, figlio mio, se non mi rispondi all’istante!
Sia Draco che Hermione fissarono perplessi la borsa da lavoro del mago, là dove era stato riposto l’oggetto.
-Mia madre.- spiegò il giovane a beneficio della ragazza, per poi estrarre lo Specchio dalla borsa.
Ciò che vide fu una Narcissa pallida e affranta.
-Cosa è successo? Problemi col Marmocchio?
Davanti a lui, Hermione si premurò di sillabargli silenziosamente il nome “Billy”.
-Ho appena detto al bambino che non saresti tornato a prenderlo, ed è scoppiato a piangere.- la voce di sua madre suonava esasperata. –Vuole assolutamente vederti, è terrorizzato all’idea di dover passare qui la notte, e né io né tuo padre abbiamo più i nervi di una volta per poter sopportare tutti i suoi pianti. Senza contare che, nonostante tutti i miei sforzi, adesso sta ancora piangendo.
Non fu una bella mossa permettere alla Mezzosangue di assistere alla conversazione, perché adesso lo stava guardando in modo talmente torvo da risultare inquietante.
-Perché non provi a tranquillizzarlo tu, eh?- propose sua madre, voltandosi a guardare un punto in basso nello Specchio dove probabilmente si trovava il bambino.
-Passamelo.- disse rassegnato.
Il volto di Narcissa scomparve dalla sua visuale, e la superficie dello Specchio tornò a essere limpida per diversi secondi. Draco si aspettava di veder apparire il viso magro e rosso di pianto di Billy, ma tutto ciò che continuò a vedere fu il proprio riflesso.
Qualcosa non andava.
-Ehi, Marmocchio, ci sei?- domandò perplesso.
Nello stesso istante in cui Hermione esclamò “Oh no!”, lo Specchio si riattivò, mostrandogli nuovamente sua madre, adesso seriamente sgomenta.
-Non capisco perché, ma non riesce a vederti.- disse in preda al panico.
-Come sarebbe che “non riesce a vedermi”?!
-E’ un Magonò.- si intromise la Granger. –Gli oggetti magici non ne percepiscono la magia e con lui non si attivano.
-Ma con la Metropolvere è riuscito a viaggiare.- obiettò Draco accalorandosi.
-Perché tu facevi da tramite: sei un adulto, ben allenato, sei riuscito a “nascondere” la presenza anomala di Billy con la tua magia. Lo Specchio è un artefatto troppo elementare per essere manovrato da chi non è un  mago. O lo sei o non si attiverà mai.
Al di là dello Specchio, sua madre neanche si era posta il problema di sapere a chi appartenesse la voce femminile e saputella che aveva appena fornito delucidazioni in merito a quella spiacevole situazione, sembrava solo sul punto di lanciare un Imperius.
-Draco, oh Draco, è troppo penoso per me, è qui accanto che piange disperato, ti prego vieni a prenderlo. Io non riesco a calmarlo.
In quel momento Draco vide passarsi sotto gli occhi l’incredibile serata che avrebbe potuto trascorrere se non ci fosse stato quel bambino a incasinargli la vita. La vide passare e provò un moto di odio verso Billy, per poi vergognarsi, nonostante tutto, di aver formulato un simile pensiero.
-Tra venti minuti sono lì.- masticò contrito.
Sua madre si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
-Draco sta arrivando.- disse stornando nuovamente lo sguardo, rivolta a Billy.
A quel punto Malfoy chiuse la comunicazione. Calò un breve silenzio, durante il quale fu certo di percepire lo sguardo della Granger addosso a sé.
-Non devi essere arrabbiato con lui.- mormorò poi lei, ma sembrava incerta. Forse temeva una sua reazione, che in effetti non tardò ad arrivare.
-Non lo difendere.- ringhiò, alzandosi bruscamente. –E non ti immischiare in faccende che non ti riguardano.
-Dico solo che dovresti concedergli più tempo per...
-Per cosa? Per rovinarmi la vita?!- sbottò furioso, scoccandole uno sguardo gelido. Lei non rispose, ma riuscì comunque a manifestare il proprio disaccordo attraverso uno sguardo carico di delusione.
Draco non si rivestì neanche. Afferrò le proprie cose, gettò sul tavolo una manciata di monete, a sufficienza per poter pagare anche il succo della Granger, e uscì nel freddo gelo invernale, affrettandosi verso il Ministero.
 
Poco tempo dopo sbucò dal camino della sua vecchia dimora, facendo il suo ingresso nel soggiorno dei Malfoy. Non appena vi ebbe messo piede, trovò ad attenderlo nientemeno che suo padre, seduto su una poltrona a leggere un libro.
-Oh, sei arrivato.- fu il cordiale saluto, accompagnato da un lieve cenno del capo e un fugace sguardo, prima di riportarlo sulle pagine del libro.
-Come mai non sei nel tuo studio?- si informò Draco.
-Il bambino piange come una femminuccia, interferendo con la pace di quella stanza. Come vedi, mi ha costretto a emigrare.
-Quel Marmocchio è fatto di pastafrolla.- si lagnò Draco, non riuscendo a trattenersi.
Lucius non si scompose più di tanto.
-Di certo questa tendenza uterina non l’ha presa da Astoria.- replicò pacificamente, guadagnandosi l’occhiata sbieca del figlio. A quel punto ritenne doveroso togliersi gli occhiali con cui ormai, da circa quattro anni a quella parte, aveva cominciato a leggere, per potergli dedicare completa attenzione.
-Alla sua età tu eri molto peggio. Eri sempre piuttosto impulsivo e melodrammatico se qualcosa non ti piaceva, e avevi la lacrima facile.
-Non mi ricordo che ciò sia servito ad addolcirti.
-Perché bisognava temprarti, insegnarti a comportarti da uomo. Questo è il compito di un padre. adesso tocca a te insegnarlo a tuo figlio. Io devo svolgere il mio dovere di nonno.
-Che sarebbe, di grazia?
L’ombra di un sorriso sfrecciò sul volto di Lucius.
-Essere migliore di quanto sia stato come padre.- spiegò pacato. –E quindi, comprendere tuo figlio, e controbilanciare la giusta severità che userai nella sua educazione.
-Cioè, intendi arruffianartelo e vanificare i miei sforzi?- ritorse Draco, suo malgrado divertito.
-Come mio padre faceva con te, del resto. O forse non era lui che ti regalava pacchetti di Cioccorane ogni volta in cui andavamo a trovarlo?
-Touché.- ammise Draco. –Ma non commettere l’errore di credere che io e quel bambino siamo uguali.
-Lui è un Magonò.- concesse suo padre con un sospiro accorato. –Ma frignate allo stesso modo. E comunque, spesso le lacrime sono un’ottima arma per ottenere ciò che si vuole.
Allo sguardo perplesso di Draco, Lucius assunse un’espressione pensosa.
-Billy non si è messo a piangere immediatamente. In effetti gli ci sono voluti circa dieci minuti prima di riuscire a farsi venire le lacrime agli occhi. A te ne bastavano cinque.
-Figlio d’un cane.- sibilò Draco incredulo. –Piccolo essere strisciante e calcolatore.
-Ha delle potenzialità nascoste.- decantò Lucius, e Draco fu certo che si stesse vantando del nipote.
Proprio in quel momento sopraggiunsero sua madre e Billy, che camminava tenendole una mano. Non appena lo vide, il bimbo si fermò, guardandolo in cerca di qualche segnale che gli permettesse di capire se fosse arrabbiato con lui per quell’improvviso cambio di programma dettato dai suoi capricci.
Draco in effetti era incavolato nero perché avrebbe dovuto rimandare ancora una volta la tanto agognata scopata serale. Ed era esausto perché stava cominciando a capire che quel bambino lo voleva tutto per sé. Ma dall’altro lato non poteva fare a meno di covare un segreto briciolo di stupore per come il Marmocchio fosse riuscito a infinocchiare lui stesso e i nonni. Poteva persino concedergli un 30% di Serpeverde e un 70% Tassorosso.
-Vieni Marmocchio.- disse, facendo cenno al piccolo di raggiungerlo. Billy però non si separò dalla mano della nonna, e non lo fece fino a quando il padre gli ebbe assicurato che poteva stare tranquillo, che non era arrabbiato con lui. Soltanto allora mise da parte ogni reticenza e si risolse a raggiungerlo, arrischiandosi anche a sorridergli timidamente.
Draco non restituì il sorriso. Il bambino doveva comprendere che era giunto il momento di adattarsi e moderare i capricci e il bisogno di averlo sempre vicino. Tuttavia non gli negò un rapido tocco della mano tra i capelli, un gesto che per il piccolo equivaleva a un abbraccio affettuoso, a giudicare da come aumentò il sorriso, prima che allargasse anche le braccia, cercando di cingergli la vita.
Narcissa rivolse a entrambi uno sguardo carico di tenerezza. Lucius osservava la scena senza commentare, sentendosi forse in imbarazzo per il figlio.
-Non devi comportarti mai più in questo modo.- sentenziò Malfoy con tono severo, cercando di staccare il bimbo e mettere tra loro giusta distanza. Billy si lasciò allontanare docilmente, senza però perdere quella nota di segreta felicità per essere riuscito a riportarlo da sé.
-Però tu torna a prendermi.- contestò con tono mogio, come se avesse troppa paura a chiederglielo ma al tempo stesso lo trovasse di fondamentale importanza. E lo era, Draco lo comprese solo in quel momento, guardando dentro gli occhi umidi del figlio. Doveva essersi sentito davvero abbandonato quando Narcissa gli aveva detto che suo padre non sarebbe tornato prima dell’indomani. Lui aveva deluso le sue aspettative, e questo lo fece sentire in colpa.
-Te lo prometto.- gli concesse, tendendogli addirittura il mignolo della mano destra. Billy lo osservò attonito, prima di stringerlo col proprio, e siglare così la promessa solenne.
-E non fare più preoccupare tua nonna.- lo ammonì ancora. –Ora che è vecchia potrebbe venirle un infarto con te che strilli e piangi.
-Grazie tante.- fu il commento torvo di Narcissa.
-Adesso torniamo a casa?- domandò poi Billy, guardandolo speranzoso. –Ho fame e voglio giocare con Bastet.
Draco sospirò.
-Sì, vai a riprendere il tuo coso dove disegni perché torniamo a casa.
Pochi minuti dopo i due si apprestavano a lasciare Villa Malfoy dal caminetto del soggiorno da cui era arrivato Draco. Billy si era scusato coi nonni, promettendo che la prossima volta non avrebbe più pianto, ma era evidente che a farglielo dire era la presenza del padre, che di colpo l’aveva rasserenato. Narcissa era rimasta sconvolta da un cambiamento d’umore tanto repentino. Bastava che ci fosse Draco, e Billy subito diveniva solare e meno introverso.
-La prossima volta potrai portare Bastet, se può aiutarti a sentire meno la mancanza del tuo papà.- gli promise la donna, arrivando addirittura ad accarezzargli la testa con un gesto un po’ impacciato. Billy però parve gradire, e la fece piegare fino ad avere il viso alla giusta altezza, così da poterle dare un bacio sulla guancia. Con il nonno non fu altrettanto audace, e si limitò a sventolare una mano nella sua direzione, ricevendo in risposta un altro sventolio di mano.
Draco li salutò entrambi senza troppe smancerie, visto che quelle del figlio erano sufficientemente diabetiche per tutti quanti.
Quando furono a casa loro, Billy fu immediatamente spedito in bagno per farsi una doccia, visto che era di nuovo sporco di fuliggine. Draco lo accompagnò per regolargli l’acqua, in quanto il Nano necessitava di aiuto.
Bastet si unì a loro, saltando su un mobile del bagno e osservandoli da quella postazione che gli permetteva di tenersi fuori dalla portata di schizzi d’acqua.
-Quando hai finito metti il pigiama e scendi per la cena.- disse Draco prima di uscire dal bagno e dirigersi pigramente verso la cucina. Avvertiva un senso di profonda stanchezza, tanto che stava cominciando a chiedersi come avrebbe fatto a reggere l’incontro di una notte con una delle sue innumerevoli amanti, visto che da quando Billy era entrato nella sua vita si sentiva perennemente esausto.
Si accasciò su una delle sedie, davanti alla coscia di pollo arrosto e purè che l’elfo aveva preparato quella sera. Quando Billy lo raggiunse, portò con sé un dolcissimo profumo di muschio e latte. Il piccolo era stanco tanto quanto lui, a giudicare dai grandi sbadigli che tentava di celare malamente, coprendosi la bocca con una mano nel vano tentativo di reprimerli.
Consumarono il pasto in silenzio, troppo sfiniti persino per cercare di conversare. Draco, nonostante ciò, si accorse che Billy non era più intimorito o imbarazzato dal loro silenzio. Non lo guardava in continuazione per studiare le sue mosse, né sembrava in apprensione per l’eventualità di improvvise scenate. Ormai si fidava di lui. E se da un lato significava che a quel punto Draco non poteva più tirarsi indietro per rischiare di compromettere tale fiducia, dall’altro stava iniziando a capire che non avrebbe neanche voluto correre il rischio di perderla. L’attaccamento di quell’esserino nei suoi confronti, nonostante i modi rudi in cui lo aveva trattato i primi tempi e nonostante avesse fatto di tutto per farsi odiare, lo stava davvero aiutando a comprendere quanto gli si fosse affezionato, quanto avesse visto in lui il compagno ideale per scacciare la solitudine e la tristezza. Un simile pensiero lo fece inaspettatamente addolcire, anche se in quel momento Billy aveva afferrato la coscia di pollo con le mani, sbranandola come un barbaro, anziché tagliarla con l’aiuto delle posate.
A cena terminata entrambi tornarono in bagno e si lavarono i denti assieme. Draco mentre li sciacquava si osservava riflesso nello specchio. Di Billy intravedeva solo un ciuffo di capelli, anche perché a stento arrivava al bordo del lavandino, dovendosi mettere in punta di piedi.
-Buonanotte Draco.- augurò poco dopo il Pidocchio, sulla soglia della propria camera.
-‘Notte ragazzino. Dormi bene.- rispose Malfoy, elargendogli una carezza distratta e proseguendo verso la propria stanza. Non si curò di accompagnarlo fino al letto, né volle sapere se stesse bene o avesse bisogno di ulteriori rassicurazioni. Semplicemente raggiunse il letto e ci si buttò sopra, accusando piacevolmente lo sfinimento e assaporando la piacevolezza di quelle coperte fresche e pulite.
Per alcuni minuti chiuse gli occhi e sprofondò in uno stato di dormiveglia, in cui ripercorse mentalmente la lunga giornata. A ridestarlo fu un miagolio molesto, e la sensazione di essere osservato. Bastò aprire faticosamente gli occhi per ritrovarsi davanti il Marmocchio, a piedi scalzi, con aria intimidita e infreddolita, che lo guardava in silenzio.
-C’è qualche problema?- mugugnò con la voce impastata di sonno. Se il Nano pensava che si sarebbe alzato per raccontargli qualche favola si sbagliava di grosso.
-Ho paura di fare brutti sogni.- sussurrò Billy. –Posso dormire nel lettone con te?
Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe giunto. Lui stesso da piccolo si intrufolava nel letto dei suoi genitori, pretendendo di dormire nel mezzo, abbracciato alla madre, soprattutto quando faceva incubi o nelle notti di temporale. Sicuramente anche Astoria, che era sempre stata di indole molto dolce e protettiva, doveva averlo abituato a dormire con lei. E se una parte di lui sapeva che era sbagliato permetterglielo, perché in quel modo avrebbe fatto definitivamente saltare il muro che continuava ancora a dividerli, Draco non riuscì a negargli quella che sapeva essere, per un bambino così piccolo, una tra le più importanti dimostrazioni di affetto.
Con gesti assonnati scostò la pesante trapunta, così da potersi infilare per primo sotto le coperte, dopodiché invitò Billy a salire sul letto. Il bambino si arrampicò, sgusciando sotto le coperte con un’espressione di pura beatitudine stampata sul viso. Draco non poté fare a meno di tirare un silenzioso sospiro di sollievo quando vide che il gatto, anziché salire sul letto insieme al padroncino, preferì appollaiarsi sulla poltrona vicino alla finestra, raggomitolandosi su sé stesso e sbadigliando oziosamente.
-Non farne parola con anima viva.- si raccomandò Draco, emettendo un sonoro sbadiglio, contagiato da quelli della bestiola. -Queste smancerie non si addicono a un vero Malfoy.
Billy emise una lieve risatina, strofinando i piedi in fondo al letto per riuscire a scaldare il materasso freddo, e facendoli urtare contro le gambe del padre. Poi, cogliendolo alla sprovvista, gli scivolò più vicino, cercando un posto confortevole contro il suo corpo. Draco ne fu così esterrefatto che non riuscì a evitarlo, e dunque lo vide sistemarsi comodamente tra le proprie braccia, raggomitolandosi proprio come un gatto. Il corpicino caldo di sonno del piccolo lo avvolse all’istante come una seconda coperta, pervadendolo con una inaspettata sensazione di appagamento. Draco lo lasciò stare lì dov’era, contro il suo torace, coprendolo per bene con il piumino e ascoltando il suo respiro farsi sempre più profondo e regolare, prima di seguirlo tra le braccia di Morfeo.
 
**NOTE FINALI**
Come vedete il nostro Draco sta cominciando notevolmente ad ammorbidirsi.

A presto!
 

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Capitolo 8
*** Un giorno diverso ***


Un giorno diverso
 
L’indomani mattina, Draco fu svegliato dal miagolio del gatto, il quale aveva preso a grattare le unghie sulla poltrona, facendo un rumore intollerabile. Il giovane era pronto a prendere a calci quella bestiaccia, ma a impedirglielo c’era Billy, ancora rannicchiato tra le sue braccia e profondamente addormentato.  Bastò ricordarsi come c’era finito, che Draco fu subito assalito dai rimorsi per essere stato così permissivo. Si era esposto troppo, con un bambino di soli sei anni che neanche conosceva bene, e che adesso si sarebbe certamente aspettato che tra loro tutto fosse destinato a diventare rose, fiori, orsacchiotti e altra robaccia melensa. Non si poteva mai sapere come si sarebbe comportato: lui gli aveva dato ben oltre un dito, e la quantità di braccio che il piccoletto si sarebbe potuto prendere era indefinibile.
Draco non sapeva come comportarsi, a cominciare dal dubbio atroce che lo assillava nell’immediato: doveva svegliare Billy oppure lasciare che continuasse a intorpidirgli le braccia col suo dolce peso?
A dire il vero lui era assai propenso verso la prima soluzione, ma sapeva che quella era, per il piccolo, la prima vera dormita priva di incubi da quando era in quella casa. Lo intuiva dall’espressione serena e tranquilla, e dalla pace che emanava tutto il suo esile corpo. Draco non aveva mai guardato un bambino così da vicino, proprio lui che aveva visto alcune tra le cose più strane e uniche nel mondo dei maghi. Un bambino gli era sempre mancato. Non aveva mai pensato ai bambini, per ovvie ragioni, tra le quali l’essere lo scapolo d’oro di Inghilterra, ricco sfondato, felice della propria vita da single e circondato da allegre donnine con cui copulare in completa sicurezza. I bambini decisamente non erano contemplati fino almeno ai quarant’anni. Poi, forse, avrebbe cominciato a porsi qualche problema. E poi, ad ascoltare i discorsi dei colleghi, aveva avuto modo intuire che quegli esserini all’apparenza innocui fossero in realtà dei piccoli mostri, viziati e pretenziosi.
Urlavano, strillavano, piangevano, si facevano male da soli, si sporcavano, erano incontinenti, piangevano di nuovo, si esprimevano con grugniti e sputacchi, si scaccolavano…bleah!
Billy invece, rifletté Draco pensosamente, non sembrava incarnare le caratteristiche di quei bambini. Non era chiassoso, il che era per i suoi nervi una vera benedizione. Sapeva parlare quasi come un bambino di dieci o undici anni, nonostante fosse molto più piccolo. Era pulito e ordinato, vigile oltre ogni immaginazione. Forse un po’ impersonale, ecco. E anche spaventato all’idea di esporsi troppo.
Eppure voleva andare a scuola, ricordò Draco. Il che significava che al tempo stesso era desideroso di scoprire ambienti nuovi. Un po’ incoerente. Ma d’altronde i bambini così piccoli si contraddicevano spesso.
Billy si strofinò debolmente contro il tessuto del suo pigiama, cercando il calore di un adulto, percependolo inconsciamente e acquietandosi.
Draco lo lasciò fare, sentendo sempre meno la sensibilità alle braccia. Gli sembrava che gli si fossero staccate dal corpo. Billy si infilò il pollice in bocca, cominciando a succhiare piano. Lui avvertì una lieve sensazione di disagio. Certe scene erano troppo intime per un uomo come lui. Non sarebbe mai riuscito a sopportarle.
-Ehi, Marmocchio.- lo chiamò, facendo scivolare lentamente le braccia da sotto il suo corpo. –E’ mattina, dobbiamo alzarci.
Il piccolo salutò il mondo con un grosso sbadiglio, per poi allungarsi pigramente, stiracchiandosi contro di lui, ancora tutto rattrappito e assonnato.
-Ciao.- disse strofinandosi gli occhi col dorso delle mani.
Draco gli spettinò i capelli, e il gesto fu accolto da un basso mugolio di piacere. Così, se a scarruffarlo era lo Sfregiato, non gli piaceva, se invece era lui apprezzava. Molto bene.
-Come hai dormito?- si informò Draco.
-Benissimo.- assicurò il piccolo, serrando i pugni sulla camicia del suo pigiama e sollevandosi a sedere. –E non ho fatto brutti sogni.
-Incubi.- lo corresse Draco. –Si chiamano così.
-Non ho incubato allora.- gongolò il bambino.
-Non esiste quel verbo.- esclamò Malfoy, reprimendo malamente una risata e sentendo nutrito il proprio ego per essere la causa del buon sonno del bambino.
Billy si lasciò di nuovo cadere contro di lui, appoggiando la testa sulla sua pancia, gli occhi piantati nei suoi e le braccia appoggiate intorno ai suoi fianchi. Lo stava abbracciando senza alcun pudore.
Draco, molto in imbarazzo, gli concesse una frettolosa carezza sulla schiena, per poi sottrarglisi e scendere dal letto.
-Vai a sciacquarti il viso. Ti aspetto giù per la colazione.
-Oggi che facciamo?- domandò invece il bimbo, seguendolo con gli occhi lungo la stanza.
Dava per scontato che avrebbero trascorso insieme la giornata, notò Draco senza particolare amarezza. Dopotutto una domenica poteva concedergliela, visto che in futuro ne avrebbero certamente passate molte lontani, anche a causa del suo lavoro. E a proposito di questo, avrebbe davvero dovuto contattare una governante.
-Devo fare troppe cose.- borbottò tra sé mentre apriva la finestra per il ricircolo dell’aria.
-Allora?- insistette la vocetta di Billy, rimasto sul letto incurante del gelo che aveva invaso la stanza. Bastet miagolò la sua disapprovazione, abbandonando il suo comodo giaciglio sulla poltrona e scappando in qualche altra stanza più calda.
-Non lo so, ragazzino. Non lo...
Non finì la frase, perché gli occhi gli erano caduti sul documento abbandonato sulla poltrona e fino ad allora rimasto nascosto dal gatto.
Era il risultato del test di paternità.
-Ho una sorpresa per te.- annunciò mentre prendeva il documento. Doveva evitare di lasciarlo così incustodito per la casa. Era roba altamente pericolosa.
-Davvero?
Billy saltò giù dal letto, felice come una pasqua.
-Dov’è?
-La vedrai più tardi. Adesso vai a sciacquarti il viso e a vestirti.
Il piccolo partì a corsa, facendo il famoso baccano che fino ad allora aveva risparmiato a Malfoy. Difatti corse sbattendo i piedi con la stessa grazia di un cucciolo di elefante. Di sicuro, che fosse emozionato, era ben determinato a farlo vedere.
Draco invece valutò di cercare un posto sicuro in cui depositare il test di paternità, e alla fine decise di nasconderlo nel proprio studio all’interno del cassetto incassato nella scrivania, dove custodiva tutti i suoi documenti personali. Roba che scottava parecchio, piena di potenziali scoop e scandali che avrebbero mandato gente come Rita Skeeter in un brodo di giuggiole.
Si premurò di chiudere il cassetto a chiave, per poi riporla al solito posto, in una piccola fessura che aveva ricavato dietro a una vecchia foto di lui e Pansy. Non si era mai preoccupato di sigillare quel cassetto con un incantesimo, avrebbe solo comportato dispendio inutile di magia. Dopotutto quella era sempre stata una zona tranquilla, al riparo da furti e scassi, e Draco dubitava fortemente che all’elfo domestico saltasse in testa di forzare quel cassetto. La verità era che la sua dimora era una botte di ferro. Semplicemente inespugnabile, visti gli innumerevoli sensori magici piazzati in ogni camera che avrebbero prontamente rivelato la presenza di corpi estranei introdottisi in casa nelle fasce orarie notturne. La tecnologia magica non conosceva ostacoli di sorta, pensò compiaciuto mentre si apprestava a scendere per la colazione.
Bevve il solito caffè nero, mentre Billy ingurgitava avidamente il suo bicchiere di latte, accompagnato con due fette di pane e abbondanti dosi di marmellata.
Quella mattina il Nano si era vestito con pantaloni rossi e una semplice maglietta verde, così che a Draco toccò cambiarlo di nuovo.
-Possibile che tu non sappia abbinare i colori?- domandò indispettito. –Eppure tua madre aveva ottimi gusti in fatto di moda.
-Anche lei diceva che non sapevo vestirmi.- spiegò il bimbo mentre gli veniva sfilata la maglietta.
-E poi sei troppo leggero. Devi metterti una canottiera, o finirai per ammalarti. Ti prego di non farmi ripetere certe cose, perché è umiliante per uno come me.
Dettò ciò tornò a rovistare negli scaffali del cassettone dove erano sistemati gli indumenti del bambino, per poi lanciargli una canotta bianca, una polo a maniche lunghe di un azzurro scuro e un maglione di lana blu. Billy li indossò, infilandosi obbedientemente la canotta dentro ai pantaloni.
-Hai delle scarpe adatte?- domandò Malfoy, assolutamente deciso a vestirlo in maniera impeccabile.
Raggiunsero insieme il ripostiglio dove si trovava la scarpiera con le scarpe del Bambino (Draco aveva una scarpiera personale, a cui peraltro era stato applicato in Incantesimo Estensivo Irriconoscibile per permettergli di contenere le dozzine di scarpe che si comprava periodicamente), e Billy gli mostrò un paio di scarponcini marroni da trekking di chiara fattura babbana. Draco ne sollevò uno, leggendo la marca.
-Timberland.- disse ad alta voce, con tono critico. –Mi toccherà rifarti il guardaroba.- aggiunse accorato.
Avrebbe dovuto chiamare Alfredo, il suo sarto personale.
-Mi aiuti a fare il nodo? Io non ho ancora imparato.
-Non adesso. Per ora accontentati di questo.
Si allontanò dal ripostiglio per poi tornarvi con la bacchetta. La agitò appena, e subito i lacci si intrecciarono tra loro, formando due nodi perfetti. Billy non ne parve molto soddisfatto, ma ebbe il buon senso di non lamentarsene.
Dopo che ebbe adeguatamente vestito il Marmocchio, Malfoy ebbe circa una ventina di minuti scarsi per farsi una doccia, lavarsi i denti, pettinarsi, vestirsi e impartire ordini all’elfo, così da non essere in ritardo sulla tabella di marcia. Per ciò che aveva in mente di fare doveva darsi una mossa, o avrebbe rischiato di fare un completo buco nell’acqua.
Quindi fece frettolosamente indossare a Billy il cappotto, per poi sospingerlo fuori casa.
-Aspetta!- esclamò il piccolo, tornando a corsa dentro casa e salendo le scale con piccoli salti.
-Hai dimenticato qualcosa?- gli urlò dietro, affacciandosi in fondo alla rampa e attendendolo con impazienza. Billy ricomparve poco dopo, con addosso i guanti e il cappello che gli aveva regalato Hermione. Inutile dire che con addosso quel verde smeraldo aveva vanificato tutti gli sforzi del padre di renderlo presentabile.
-Sei un pugno nell’occhio.- decretò burbero Malfoy, senza però aver cuore di farglieli togliere.
Finalmente salirono in auto. Billy si accomodò sul sedile anteriore, e quando cercò di chiudere la portiera, Draco lo anticipò, chiudendola per lui e risparmiando tempo a entrambi. Peraltro si guadagnò l’occhiata grata del piccolo, che non si era dovuto ammazzare di fatica per riuscire nell’impresa.
Billy si allacciò diligentemente la cintura, e partirono immettendosi nella strada più sgombra del solito, a quell’ora della domenica mattina. Draco impiegò poco tempo per raggiungere la destinazione prefissata, una graziosa casetta blu a Notting Hill, con vasi di fiori che, nonostante il gelo, erano rigogliosi e rifulgenti. Sicuramente aveva contribuito a mantenerli in quello stato una piccola magia, pensò Malfoy mentre si apprestava a suonare al campanello.
Da dentro casa non provenne nessun rumore. Draco sperò solo che non fosse vuota, perché non avrebbe saputo cosa inventarsi per non deludere Billy. Gettò un’occhiata sopra la propria spalla, verso il bambino rimasto ad aspettarlo in auto. Il Marmocchio lo stava fissando con interesse, chiedendosi cosa ci facessero in quel posto sconosciuto. Lui non poteva ricordarsi che quella era la casa della Granger, perché quando Draco l’aveva riaccompagnata, dopo la serata dai Weasley, stava dormendo della grossa sul sedile posteriore.
-Dai, dannazione, rispondimi.- imprecò tra sé il giovane, tornando a suonare una seconda volta.
Dove cavolo se ne poteva andare una donna come la Granger alle dieci della domenica mattina? Lui, se non avesse avuto un pargolo da accollarsi, a quell’ora sarebbe certamente stato al calduccio sotto le coperte.
Stava quasi per rinunciare, quando finalmente udì dei rumori all’interno della casa, seguiti dalla voce della ragazza che stava dicendo di arrivare.
Subito dopo la porta venne aperta, e Draco ebbe una fugace visione dell’atrio e di una scala, prima che nel quadro visivo si stagliasse la Granger.
-Malfoy?- domandò sorpresa. –Ho un’allucinazione?
-No, Granger. Sono davvero io quello davanti alla tua porta.- ribatté con tono neutro.
-Cosa ci fai qui? Mi sembrava che non volessi più vedermi dopo ieri.- insinuò incrociando le braccia sul petto e guardandolo con supponenza.
-Non sono qui per me, infatti.- rispose tranquillo. –Volevo fare una sorpresa al Marmocchio, visto che sono giorni che mi stressa per poterti rivedere.
L’espressione sul volto della ragazza mutò all’istante. Divenne infatti distesa e ammantata di dolcezza.
-Io non vedo Billy però.- osservò guardando in basso.
Draco non aspettò oltre, si voltò e fece cenno a Billy di raggiungerlo. Il piccolo scese dall’auto, sbattendo con forza la portiera e facendo sì che il padre dovesse reprimere a badilate la tentazione di sbraitargli contro di usare maggiore delicatezza.
Il bimbo trotterellò verso di loro ben attento a non scivolare sul ghiaccio che si era formato sul marciapiede durante la notte, rivolgendo un ampio sorriso a Hermione, quando finalmente capì che era lei la sorpresa di cui gli aveva parlato Draco.
-Ciao Billy.- lo salutò allegramente lei, inginocchiandosi e stampandogli un sonoro bacio sulle guance. –Sono proprio contenta di rivederti.
-Anche io.- rispose il piccoletto, un po’ in imbarazzo.
-Hai anche messo i guanti e il cappello che ti ho regalato.- osservò entusiasta. –Ti stanno benissimo.
Il bimbo era lì lì per cominciare a fare le fusa, ingrassando di almeno quattro chili con tutti quei complimenti.
-Ci lasci sulla porta o ci inviti a entrare?- chiosò Malfoy seraficamente, vagamente infastidito da tutte quelle attenzioni riservate esclusivamente al Moccioso.
Hermione gli scoccò un’occhiata in tralice, prima di farsi da parte e pregarli di entrare, aiutando Billy a svestirsi e facendogli lasciare i cappotti sull’attaccapanni all’ingresso.
-Siete stati fortunati, stavamo giusto per uscire.
-Stavamo?- domandò Malfoy, vagamente interdetto.
Proprio in quel momento tre pargoli urlanti sbucarono da una stanza, raggiungendoli vociando chiassosamente. Erano i due figli dei Potter e Maya, la primogenita di Weasley, e tutti e tre riportavano vistosi baffi di cioccolata intorno alla bocca. Il più piccoletto dei tre, Albus Severus, si era persino macchiato il colletto della camicia.
-BILLY!- strillò quest’ultimo, correndo verso il suo interlocutore e fermandosi all’ultimo momento, non sapendo se arrischiarsi ad abbracciarlo. Anche Maya lo raggiunse a corsa, facendo mulinare il vestitino di lana grigia e i lunghi capelli rossi.
-Ciao Billy!- esclamò senza arrestarsi come aveva fatto il cugino, ma anzi, gettando di slancio le braccia al collo del bambino, il quale sembrava più spaventato che contento da quell’accoglienza calorosa. L’unico che pareva astioso nei confronti dei nuovi arrivati era James Potter, il quale si era appoggiato contro la gamba di Hermione, guardandoli con un broncio tremendo.
-Stavamo bevendo una cioccolata calda.- spiegò Hermione. –E poi saremmo andati allo zoo. Vi va di venire con noi?
La sua proposta fu accolta da gridolini festosi da parte di Maya e Albus, mentre l’altro nanerottolo insorse immediatamente.
-No zia Hermione!- strillò arrabbiandosi. –Avevi promesso che saremmo andati solo noi quattro!
Draco occhieggiò a quel piccolo spaventapasseri con stizza. Gli sembrava assolutamente insopportabile nei modi di fare: prepotente e viziato. I genitori dovevano averlo cresciuto a suon di vezzeggiamenti e lodi sperticate.
-Jamie.- lo riprese bonariamente la Granger. –Billy è un nostro amico.
-No, non è vero!- berciò l’altro strattonandole i pantaloni. –A me sta antipatico!
-James!- sbottò Hermione. –Comportati bene e non fare il maleducato!
Draco approvò silenziosamente.
James però non si diede per vinto, e rifilò a Billy e lui un’occhiata al vetriolo.
-Jamie, sei un maleducato.- lo brontolò Maya, prendendo in prestito le parole della “zia”.
-Zitta strega.- soffiò James, offeso per quello che chiaramente considerava un clamoroso tradimento.
-James è sempre antipatico.- disse Albus a bassa voce, rivolto verso Billy e Draco. –E’ geloso di zia Hermione.- aggiunse con aria eloquente.
Billy sembrava più spaventato dall’idea di avere un nemico piuttosto che da quella di aver ritrovato i suoi nuovi amici.
-E’ avanzata un po’ di cioccolata in cucina, Billy.- disse Hermione, sperando forse di riuscire a metterlo a suo agio. –Ti va una bella tazza di cioccolata calda?
-No, la cioccolata no!- strillò James con le lacrime agli occhi. –Avevi detto che potevo leccare la pentola!
E, puntuale come un Nottetempo, scoppiò a piangere, sotto lo sguardo ammutolito di Billy, quello infastidito di Maya e Draco e quello rassegnato di Albus.
Hermione, sbuffando per una reazione tanto esagerata, ma comunque molto paziente, lo prese in braccio, appoggiandoselo su un fianco.
-James, ti pare questo il modo di comportarsi con un ospite?- domandò senza alcuna particolare inflessione di seccatura nel tono di voce. Draco gli avrebbe già mollato due ceffoni assestati per bene.
James continuò a piagnucolare, impotente e indignato da quell’intrusione improvvisa.
-Non fate caso a lui, è un po’ capriccioso.- spiegò la ragazza dando un bacio sulla tempia del bambino e tendendo al tempo stesso una mano a Billy.
-Vieni, di là c’è la cioccolata che ti sta aspettando.- disse incoraggiante.
Billy gettò un’occhiata circospetta a James, il quale sembrava sforzarsi di metter su un’espressione minacciosa, che però risultava molto poco credibile per via di quell’exploit di lacrime da vera femminuccia. Sentendosi probabilmente fuori pericolo, con la rassicurante presenza di Draco, pronto a intervenire in sua difesa, Billy si risolse a prendere la mano di Hermione, causando un nuovo accesso di pianto da parte del rivale, che fu prontamente ignorato.
Hermione guidò Billy e Draco in cucina, seguiti anche da Maya, che aveva voluto prendere l’altra mano di Billy, e Albus, il quale sembrava intenzionato a tenere quella di Draco. Fortuna volle che la cucina fosse ad appena pochi metri di distanza, e che quindi poté evitare di assecondarlo per una distanza tanto breve.
Draco era veramente spaesato in mezzo a tutti quei bambini.
La cucina era ampia e graziosa, tutta verniciata sui colori del bianco e del celeste. In mezzo alla stanza si trovava un grosso mobile che fungeva da ripiano, e alla parete opposta all’entrata vi era una grande porta finestra che si affacciava su un giardinetto interno.
Hermione posò delicatamente James su quel ripiano, raccomandandogli di non provare a scendere, dopodiché gli sistemò accanto Billy, che provò addirittura a chiedere di essere rimesso in terra, terrorizzato dalla vicinanza con quell’essere urlante.
-Tranquillo Billy.- lo rassicurò Hermione, nel mentre provvedeva a versare il liquido caldo in una tazza e a porgerlo al bambino. –James abbaia ma non morde.
Dispensò al suddetto una carezza piena d’amore, persuadendolo con l’arma della dolcezza. James tirò rumorosamente su col naso, facendo accapponare la pelle a Malfoy.
-Allora, vi va di venire con noi allo zoo?- propose di nuovo, e stavolta James non insorse, abbastanza intelligente da capire che lui era in una netta posizione di minoranza, e che quindi, doveva starsene zitto.
Billy fece oscillare le gambe, bevendo un po’ di cioccolata e rivolgendo a Draco uno sguardo di docile attesa.
-Ti va di andare?- gli domandò Draco, ritorcendogli la domanda. Voleva che dicesse chiaro e tondo cosa gli sarebbe piaciuto fare, così da dimostrargli che non sarebbe stato punito solo per aver espresso un proprio desiderio.
Il bimbo annuì un paio di volte, e di nuovo Maya e Albus approvarono attraverso urletti e battiti di mani. Anche Hermione parve soddisfatta, tanto che si sbilanciò più del dovuto, estendendo l’ampio sorriso rivolto al piccolo anche a Draco. Subito si rese conto di aver esagerato, e allora arrossì sulle guance, stornando lo sguardo e riportandolo sui bambini.
Draco pensò che forse i suoi sorrisi potevano essere distribuiti più equamente tra tutti quanti, visto che con i Marmocchi non si risparmiava, mentre lui versava in una drammatica carestia dal giorno precedente.
Billy finì di bere la propria cioccolata, ringraziando Hermione e restituendole la tazza. Lui e James furono nuovamente messi a terra, e poi mandati a vestirsi insieme a Maya e Albus. Inutile dire che uscirono dalla cucina come una piccola mandria di bestiole selvagge, urlando e spintonandosi, a eccezione di Billy, che se ne andò sotto l’attaccapanni aspettando pazientemente che il padre o Hermione gli passassero il giubbotto.
Rimasti soli in cucina, Hermione parve improvvisamente a disagio, da sola con lui.
Fu Draco a rompere il ghiaccio, e lo fece con voce insolitamente rilassata.
-Credo che i ringraziamenti siano d’obbligo.- esordì serio. –Soprattutto per non avermi sbattuto la porta in faccia dopo come ti ho trattata ieri.
La ragazza lo fissò stupefatta.
-Oh mio dio!- esclamò sconcertata. –Devo assolutamente segnarmi questa data sul calendario! Tu che ti scusi con me, forse il mondo ha smesso di girare nel verso giusto!
-Molto spiritosa, Granger, ma non abusare della mia pazienza.
-Per caso comportarti gentilmente con me è uno dei buoni propositi per l’anno nuovo? Speri di riuscire ad arruffianarmi per convincermi a effettuare il test per malattie genetiche?
Draco sogghignò.
-No, voglio solo comportarmi civilmente. Ultimamente, nonostante i nostri trascorsi, sei stata un valido aiuto, per di più ti sei sempre comportata bene con il Marmocchio.
-Non sono ottusa Malfoy, non me la rifarei mai sul bambino per vendicarmi di te.
-Lo so, ma ho comunque apprezzato la tua discrezione...e anche la tua gentilezza.
Lo disse francamente, senza riflettere troppo su quanto stava dicendo per non lasciare che l’orgoglio prevalesse sulla cortesia. Dopotutto era vero che lei si stava comportando nobilmente con lui, i ringraziamenti erano d’obbligo.
-Non mi costa quello che sto facendo.- si schernì, forse confusa dalle sue maniere garbate. –Billy merita davvero di essere amato. E’ un bambino dolcissimo.
-Lui è felice di stare con te. Ti ha presa in simpatia.- osservò blandamente Malfoy, improvvisamente molto affascinato dalle piastrelle della cucina.
-Al contrario del padre.
Draco sollevò lo sguardo, incrociando quello ironico della Granger, che aveva inclinato leggermente il capo con aria meditabonda.
-Chi ti dice che tu non mi sia simpatica?- domandò  senza riuscire a trattenersi.
Non gli sembrava di essersi comportato male con lei. Non recentemente almeno. A parte qualche schermaglia, neppure molto crudele, non l’aveva neanche mai apostrofata con il solito dispregiativo che aveva utilizzato per anni, quando ancora andavano a scuola. Semplicemente, aveva cercato di non pensare a lei sotto quel punto di vista. Forse ormai si stava abituando, o forse era ancora troppo scioccato dalla condizione di suo figlio per preoccuparsi anche di quella della ragazza che gli stava di fronte. Doveva affrontare una cosa alla volta, e purtroppo c’era ancora da metabolizzare il fatto che Billy fosse un Magonò. Se ci avesse aggiunto il ribrezzo per gente come la Granger, Weasley o Potter, sarebbe impazzito. E in fin dei conti, una parte di lui era contento di non averlo fatto, perché fino ad allora erano stati proprio loro a dargli un aiuto insperato. Loro che, dopo tutti i danni che gli aveva causato in passato, avrebbero potuto tradirlo alla prima occasione.
Ma Draco sapeva che c’era dell’altro. Non lo avrebbe mai ammesso, ma la Granger era riuscita a suscitare il suo interesse. Come, non lo sapeva neanche lui. Era però rimasto colpito dalla sua dolcezza, soprattutto nei confronti di Billy, nonostante sapesse che fosse suo figlio. Sicuramente, se il bambino fosse stato un mago, e se Draco lo avesse desiderato e cresciuto a modo suo, mai e poi mai avrebbe permesso a una Mezzosangue di baciarlo o toccarlo.
Invece adesso era quasi sollevato quando vedeva che al Marmocchio bastavano quelle poche coccole per colmare la mancanza dell’amore materno. Se lui non ne soffriva, Draco non avrebbe dovuto cercare una sostituta per Astoria, e rischiare di complicarsi ulteriormente la vita. La Granger era perfetta sotto innumerevoli punti di vista. Poteva essere una figura di riferimento ideale per il piccoletto, il che aveva dell’incredibile. Malfoy aveva semplicemente lasciato che fossero gli eventi a fare il proprio corso, pensando, dall’alto della sua superbia, che non ci fosse nulla di sbagliato a far interagire tra loro due scarti della società come una Mezzosangue e un Magonò, di certo non si sarebbero infettati a vicenda.
E invece, sorprendentemente, entrambi lo stavano stupendo molto più di quanto avessero mai fatto innumerevoli Purosangue con cui aveva avuto a che fare.
-Lo so e basta.- rispose lei, lentamente. –Il modo in cui mi hai sempre trattato, e guardato, e parlato...
Rimasero a fronteggiarsi alle parti opposte del mobile su cui fino a poco prima erano stati seduti i bambini. Hermione abbassò lo sguardo sulle proprie mani, appoggiate sulla superficie del ripiano.
-Ed è un peccato, perché io mi trovo bene con te.- aggiunse a bassa voce, quasi avesse timore di parlare a sproposito. E in effetti Draco rimase sbalordito da quella confessione, talmente sbalordito che non riuscì a impedirsi di sgranare gli occhi, incredulo.
A sciogliere quella imbarazzante empasse furono nientemeno che i pargoli della ragazza, tornati vestiti e più festosi di poco prima per rapirli e farsi portare allo zoo.
Hermione li accolse gioiosa, riservando una carezza a ciascuno e facendosi portare di buon grado all’ingresso, dove Billy stava cercando senza successo di raggiungere il proprio cappotto. La ragazza glielo prese e lo aiutò a indossarlo, poggiando le labbra sulla sua guancia e regalando anche a lui le stesse attenzioni che prestava agli altri bambini. A guardarla in quel momento, in quell’attimo fugace, attorniata da quattro bambini, tutti in egual misura desiderosi delle sue attenzioni, e lei che non si risparmiava con nessuno di loro, Draco pensò che fosse un peccato che non volesse una famiglia tutta per sé.
Sarebbe stata una mamma bellissima.
 
Come Draco aveva temuto, il viaggio fu un vero incubo.
Difatti si era offerto, spinto da chissà quale moto interiore, di portarli allo zoo sulla propria auto, e non appena i bambini avevano adocchiato la Ferrari, si erano subito dimostrati a dir poco entusiasti di salirci sopra. Persino James era sembrato assai combattuto tra la tentazione di lasciarsi comprare da un giro su quella lussuosa auto da corsa e la coerenza verso la sua intransigente linea di pensiero.
Alla fine si era semplicemente rinchiuso in un silenzio riottoso, così da non doversi pronunciare affatto, sperando solo che gli altri decidessero di prendere quel mezzo. E difatti, sia Albus che Maya si profusero in urletti estasiati alla vista di quel potente bolide nero.
-Sembra un’astronave spaziale.- aveva commentato la piccola con occhi scintillanti. –Vero zia Hermione? E’ bella vero?
Hermione aveva detto che era bellissima, aiutando Malfoy a sistemare i bambini più grandicelli sui sedili posteriori e ad allacciargli le cinture, lottando in modo particolare col pestifero James, che proprio non voleva saperne di indossarla. Alla fine fu costretta a ricorrere alla forza, bloccando la cintura con un incantesimo per impedire che quel monello se la togliesse. Maya era stata sistemata nel mezzo, così da tenere lontani James e Billy, che sedeva all’altro lato, buono e tranquillo come suo solito. Hermione si accomodò davanti, sistemandosi Albus sulle gambe.
Dopodiché erano iniziate le urla.
Draco era sicuro che in trent’anni di vita, neppure la notte della battaglia a Hogwarts avrebbe mai potuto competere col livello di inquinamento acustico che subirono quel giorno le sue orecchie. I bambini non conoscevano altro modo per manifestare la loro felicità che urlare, urlare e ancora urlare. Fu semplicemente traumatico.
Ogni accelerata, sgommata o frenata fu seguita da un coro di urla convulse, tanto che persino Hermione, una volta giunti a destinazione, pareva stordita.
L’unico che non si era scomposto, e anzi, era sembrato vagamente infastidito da tutto quel chiasso, era Billy. Draco si ricordò di ringraziare la sua buona stella per avergli se non altro concesso un bambino tanto calmo e giudizioso. Un solo giorno trascorso con uno degli altri tre marmocchi, e sarebbe finito in psichiatria.
-Tutto bene?- domandò piegandosi sul bambino biondo, che occhieggiava all’entrata dello zoo con vaga apprensione. Billy alzò la testa per poterlo guardare, annuendo appena.
-Dopo devo sedermi di nuovo dietro?- chiese a bassa voce.
-Sì. I bambini non dovrebbero sedersi davanti, e io te lo lascerò fare solo quando saremo noi due da soli.- gli spiegò Draco, che dopo quel viaggio tremendo si sentiva particolarmente bendisposto e magnanimo nei suoi confronti.
Billy sospirò, cercando la sua mano e trovandola, strofinando la lana ruvida del guanto contro la pelle di Draco. Decisero che Hermione avrebbe tenuto con sé Maya e James, mentre lui dovette prendere per mano anche il piccolo Albus, accollandosi due mocciosi anziché uno.
L’unica cosa che lo ripagò per quell’enorme sacrificio fu il sorriso grato della giovane.
Lo zoo era ricolmo di babbani chiassosi.
Draco non aveva previsto che li avrebbero trovati in così grande abbondanza, e fu colto alla sprovvista da quell’ammassarsi di gente davanti alle gabbie degli animali. Ovviamente avrebbe dovuto pensarci subito. Lo zoo esisteva nel mondo babbano, in quanto la legge magica prevedeva espressamente il divieto di crescere in cattività animali che per indole dovevano vivere liberi. Anche perché, diciamocela tutta, sarebbe stato impossibile infilare un drago o un basilisco dentro a una gabbia e pretendere che rimanesse innocuo.  L’unica eccezione era costituita dagli animali usati come bestie da guardia per i cavò della Gringott o altri oggetti preziosi, come molti anni prima era avvenuto quando quello svitato di Silente aveva avuto la bella idea di piazzare un cane a tre teste in una stanza del castello, con ragazzini di undici anni che gironzolavano a neanche due pareti di distanza, solo per proteggere una dannata pietruzza.
Dunque, in quel momento stava pagando le conseguenze per la sua superficialità, ritrovandosi circondato da babbani per la seconda volta nel giro di pochi giorni. La Granger se ne era accorta, e si godeva il suo disagio con sommo divertimento.
-Andiamo a vedere i leoni?- domandò Albus tirandogli la mano per attirare la sua attenzione.
Insieme a Hermione cercarono la gabbia dei leoni, tentando di accontentare anche le richieste di James, Maya e Billy, che volevano visitare rispettivamente la gabbia dei lupi, l’acquario dove era riprodotta la barriera corallina e la gabbia dei draghi.
-Non ci sono draghi in questo zoo, ragazzino.- disse Malfoy a Billy, mentre passeggiavano lungo il percorso definito dalla guida.
-Certo che ci sono.- si intromise la Granger. –Ma non sono i draghi che pensi tu.
Maya annuì convinta alle parole della zia, aggiungendo a bassa voce, con aria saputa:
-Intende dire che non sputano fuoco.
Draco spostò lo sguardo dalla bambina alla Granger.
-Sei sicura che questa piccoletta non sia tua figlia?- domandò scettico. –Mi sembra sin troppo sveglia.
Hermione scoppiò a ridere, mentre Maya ribatté, un po’ offesa, che i suoi genitori erano intelligenti quanto la zia.
Visitarono interamente lo zoo, passando anche per la sezione dove si trovava la più antica casa di rettili del mondo, con bestie lunghe fino a cinque metri che fecero emergere l’entusiasmo infantile di Draco, il quale non aveva mai visto così tanti serpenti tutti assieme, sebbene ricordasse con nitidezza Nagini, che da sola arrivava a misurare con tranquillità almeno sette metri di lunghezza.
Billy era rimasto colpito dal suo interesse verso i rettili.
-Perché ti piacciono tanto?- domandò perplesso.
Anche Albus, ancora saldamente ancorato alla sua mano sinistra, gli dedicò la propria attenzione, cosicché quando lui rispose, entrambi lo ascoltarono in silenzio.
-Ogni mago e strega, quando compie undici anni di età, riceve una lettera da Hogwarts.- cominciò Draco, prendendola alla larga, così da introdurre Billy alla conoscenza del mondo al quale avrebbe dovuto appartenere, ma che invece non avrebbe mai conosciuto. –Hogwarts è la più prestigiosa scuola di magia e stregoneria del mondo magico, tanto da primeggiare sulle altre scuole d’Europa, sia per antichità sia per qualità dell’insegnamento. Fu fondata secoli fa da quattro fondatori, ognuno dei quali fondò una delle quattro case a cui vengono assegnati gli studenti che ricevono la lettera.
-Quali sono le quattro case?- domandò Albus, che comprensibilmente era ancora troppo piccolo perché già ne fosse a conoscenza.
-Le quattro case prendono i nomi dai fondatori, e ad ognuna di esse corrispondono un diverso animale e diversi valori. Tassorosso è rappresentata da un tasso e esalta i valori della pazienza, dell’onestà e della tolleranza. Corvonero ha come animale un corvo, ed è la casa che ha formato generazioni di geni, in quanto ad essa vengono affiliati i ragazzi più saggi, studiosi e intelligenti…
-Come zia Hermione?
Draco annuì.
-Come lei, sì, anche se nel suo caso non è avvenuto.
-E perché?- domandò curioso Billy.
-Perché lei è stata assegnata a Grifondoro, dove si inneggia a valori come la stupidità e la strafottenza.- celiò, enfatizzando sui due termini usati.
Un leggero colpetto di tosse gli comunicò che la Granger era alle sue spalle, e lo stava ascoltando con altrettanta attenzione.
-Malfoy, sii un pelino più chiaro.- lo pregò divertita.
-A Grifondoro.- sospirò lui. –Sono apprezzate doti come il coraggio, lo sprezzo del pericolo e una particolare predisposizione naturale a cacciarsi nei guai.
Alle sue spalle, la Granger sbuffò esasperata.
-Quella è la casa a cui è stata affidata tua zia.- disse ad Albus.
-Anche papà e mamma sono di quella casa, vero zia Hermione?- domandò James, pieno di orgoglio. La ragazza confermò, accarezzandolo dolcemente sul capo.
-E’ la casa dei coraggiosi di cuore.- gli disse con un sorriso. –Quella dove sono sicura che verrai smistato anche tu.
James gonfiò il petto, tronfio e felice di seguire le orme dei suoi cari.
-E tu di quale casa eri?- fu il successivo quesito di Billy, che ormai pendeva dalle labbra di Malfoy.
Fu allora che Draco avvertì più che mai lo sguardo della Granger puntato sulla propria nuca, e provò una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Spostò il peso da un piede all’altro, cercando di trovare le parole adatte per non sminuire la propria Casa agli occhi del bambino, senza dover al tempo stesso provocare il risentimento della ragazza.
-Io appartenevo a Serpeverde.- sussurrò guardando niente in particolare. Dietro di lui, udì distintamente la voce nervosa di James.
-Zio Ron dice che quella è la casa delle persone cattive.
Hermione rimase in silenzio. Billy gettò a James uno sguardo di velato fastidio, quasi volesse rispondergli male. Draco però riprese la parola.
-E’ vero. A Serpeverde sono stati smistati maghi e streghe che hanno agito in modo malvagio, e i valori professati sono ambizione, astuzia e spesso malignità.
La voce del giovane suonò stranamente incrinata, in un modo che indusse Billy ad appoggiare un mano sulla gamba del genitore, quasi come se cercasse di consolarlo.
-L’animale che la rappresenta è il serpente.- concluse con tono amaro. –Ecco perché mi piacciono i serpenti.
Cadde un breve attimo di silenzio, durante il quale Billy parve soppesare le parole di Draco, indugiando con lo sguardo sul vetro oltre il quale riposava un grosso anaconda. Poi, inaspettatamente, la Granger ruppe il silenzio.
-Serpeverde è sempre stata bistrattata.- dichiarò sgomenta, riuscendo a sorprendere Draco per la seconda volta nel giro di poche ore.
-Che vuol dire “bistrattata”?- domandarono James e Albus in coro.
-Che non ha ricevuto la stima che avrebbe dovuto.- rispose pazientemente Hermione. –Non tutti i maghi assegnati a quella casa dono state cattive persone, così come non tutti i maghi di Grifondoro sono state brave persone.
Rivolse un altro sguardo a Malfoy, rimasto rapito dalle sue parole.
-E poi le persone possono sempre cambiare.- aggiunse inchiodando gli occhi nei suoi.
-Comunque io voglio andare a Corvonero.- dichiarò Maya, interrompendo il loro fugace scambio di sguardi.
-Io a Grifondoro!- ribadì James, come se ancora non fosse chiaro abbastanza.
-Anche io voglio andare dove è stato papà!- piagnucolò Albus con tono lamentoso.
Billy fu l’unico che, per ovvie ragioni che stava iniziando a capire, non poté esprimersi.
 
 
La visita allo zoo si concluse verso metà pomeriggio. I bambini erano tutti soddisfatti della bella giornata che, nonostante le premesse, si era svolta nel migliore dei modi. Draco non aveva perso la testa come aveva pensato all’inizio, e anche Albus si era dimostrato piuttosto tranquillo e tutto sommato piacevole, tanto che aveva persino acconsentito a sollevarlo quando, giunti davanti alla gabbia dei draghi, non riuscì a vederli a causa della sua esigua altezza. Ecco, quello era stato un frangente un po’ imbarazzante, perché gli era toccato prendere in braccio, a turno, tutti e quattro i bambini, visto che Hermione rimaneva notevolmente più bassa di lui.
Quando era stata la volta di James, la tentazione di sollevarlo e poi lasciarlo cadere a peso morto era stata quasi un impulso primordiale, che aveva dovuto combattere con tutte le sue forze. Anche perché in cambio non aveva ricevuto nemmeno un grazie, ma addirittura un lamento bizzoso, secondo cui non era stato sollevato abbastanza in alto e quindi non aveva visto niente.
In quel momento si trovavano al chiosco del parco antistante lo zoo, e mentre Maya, Albus e Billy giocavano sullo scivolo, e James li osservava crucciato in sella a una altalena, Draco ed Hermione stavano ordinando due caffè.
-Senza il caffè quei tre mi prosciugherebbero di ogni energia.- sospirò la ragazza, bevendo di gusto dalla piccola tazzina. Draco occhieggiava alla sua con sguardo schifato, visto che quello era un chiosco babbano, e la tazzina da cui si stava accingendo a bere era roba babbana.
-Il vero problema sarà quando anche Lily e Hans saranno abbastanza grandi da seguire i fratelli. Gestire cinque bambini sarà un vero e proprio inferno.- continuò, passandosi stancamente le dita sulla fronte.
-Lily e Hans sono i due minuscoli cosi che ho visto l’altra sera a casa di Weasley?
-Se per cosi intendi bambini, sì. Sono ancora troppo piccoli per venire con noi, ma sanno già il fatto loro. Lily poi, è la versione al femminile di James.
Draco strabuzzò gli occhi, rischiando di farsi finire di traverso il caffè. Hermione colse la sua occhiata, e sospirò pazientemente.
-James è super viziato perché è il primogenito, e Lily è super viziata perché è l’unica femmina. Non che Harry e Ginny non considerino Albus, anzi, lui è il bambino che per carattere somiglia di più a Harry, e con cui ha il rapporto migliore, ma la sua indole è del tutto diversa da quella dei fratelli. E’ più riflessivo, più pacato, e all’occorrenza più cauto. Secondo Harry diventerà un ottimo Serpeverde.
Gli rivolse una smorfia divertita, a cui Draco rispose con uno sbuffo dal naso, osservando il secondogenito dei Potter, che in quel momento stava cercando di convincere Billy a salire su una piccola giostrina dalla circonferenza rotonda.
-Non posso biasimare di certo Harry per aver cresciuto i figli in mezzo a mille premure, viziandoli forse un po’ troppo. È l’unica famiglia che gli è stato concesso di avere, dopotutto.
Malfoy rifletté su quelle parole, giungendo a dare vita a un parallelismo azzardato tra la condizione di Potter e quella di Billy. Anche a lui era stata concessa una sola famiglia per volta. Prima Astoria, che era morta, e adesso lui. Forse era per quello che il piccolo si stava dimostrando così buono e placido nei suoi confronti. Era il suo modo per dirgli grazie. In un certo senso, anche lui era stato un po’ viziato da Billy, e lo stava scoprendo quel giorno, mettendo a dura prova la sua pazienza con quell’orda di normali bambini di cinque anni. Frequentando Billy aveva creduto che tutti i bambini fossero come lui, ma si era sbagliato. Billy era un vero e proprio miracolo.
In quel momento comprese in pieno le parole che gli aveva rivolto Ginny Weasley.
Il sogno di ogni madre è avere un bambino dolce e tranquillo come il tuo, Malfoy.
Come darle torto?
-Maya invece è stata cresciuta seria e ligia al dovere?- domandò finendo di bere il proprio caffè, che per inciso aveva trovato assolutamente disgustoso.
-Anche Maya ha ricevuto la sua abbondante dose di coccole. Ron la adora, e già adesso teme il giorno in cui lei se ne andrà di casa. Il loro è un rapporto bellissimo: si dicono tutto, senza tenersi nascosto niente. Chissà se quando sarà cresciuta continuerà a confidarsi con lui…
-E di te, cosa mi dici?
Hermione distolse lo sguardo dai bambini, posandolo su di lui.
-Che vuoi dire?
-Come fai a non volere una famiglia tua quando vivi a stretto contatto con questi piccoletti?
-Riuscirai mai a definirli bambini, Malfoy?- domandò con un sorriso storto.
-Non svicolare.
-Non è che non voglia una famiglia tutta mia.- rispose allora con un sospiro. –Ma, come hai intuito tu, l’uomo con cui stavo non era quello giusto. Io...non lo so perché, non sono mai riuscita a vederlo come padre per i miei figli, e so che è un ragionamento egoistico...ma è la verità.
Abbassò nuovamente gli occhi, arrossendo per essersi esposta così tanto.
-Non hai nulla da dire?- domandò a bassa voce.
-Dovrei averlo?
-Non lo so…sì. Vorrei che dicessi qualcosa.
Draco rimase un istante in silenzio, concedendosi un personale attimo di contemplazione del suo viso terso e delicato, perfettamente incorniciato da quei lunghi capelli ricci.
-Sei molto carina oggi.
Lo ammise di slancio, senza pensarci troppo. Hermione sollevò di scatto la testa, mostrando tutta la sua sorpresa per quella confessione tanto audace. Draco però non cedette spazio all’imbarazzo, e continuò a fissarla deliberatamente, sorridendole maliziosamente, e divertendosi per averla messa a disagio.
Lei si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ancora confusa per quel complimento inatteso.
A richiamarli entrambi al loro dovere di adulti furono le urla dei piccoli, i quali corsero loro incontro per comunicargli che aveva cominciato a nevicare, come se loro invece fossero ciechi o troppo stupidi per accorgersene.
Draco notò che anche Billy era rimasto piacevolmente colpito da quella improvvisa caduta di piccoli fiocchi candidi, cosicché lui ed Hermione decisero di portarli a fare una passeggiata nel parco, sotto quella nevicata che andava via via gonfiandosi, e che di lì a poco coprì l’erba del parco di un leggero strato di soffice neve bianca, su cui i bambini correvano e giocavano a palle di neve, nascondendosi all’occorrenza dietro le gambe dei grandi, che finivano per beccarsi le neve di tiri maldestri.
Draco non aveva mai visto Billy divertirsi così tanto e ridere come un matto ogni volta in cui a essere colpito era lui, che subito si voltava a cercare il responsabile, scrutandoli con sguardo torvo e minaccioso.
Tornarono alla macchina quando ormai era già sera inoltrata, e i bambini erano più morti che vivi per via della stanchezza e del freddo. Hermione teneva in braccio Albus, che le era crollato addormentato sulla spalla, così fu Draco a doversi occupare di allacciare le cinture di sicurezza agli altri tre bambini. Questa volta James si lasciò sistemare senza fare storie, e forse quello fu il suo modo per comunicargli che aveva momentaneamente sospeso le ostilità nei suoi confronti.
Giunti alla casa della Granger, Draco tenne addirittura in braccio Albus mentre lei provvedeva ad aprire la porta di casa. Dopodiché ci fu il momento del commiato.
Maya salutò Billy con un bacio sulla guancia, e pretese che anche Draco si abbassasse per poterlo dare pure a lui, suscitando gli sghignazzi divertiti di Hermione. Albus non salutò nessuno perché era in uno stato comatoso. James invece grugnì un “ciao” all’indirizzo di entrambi, per poi sparire dentro casa senza troppi indugi.
Rimasti in quattro sulla soglia di casa, Hermione, prima di riprendere in braccio Albus, ancorato saldamente al collo di Malfoy, si chinò all’altezza di Billy, prese il suo viso tra le mani e gli diede due dolcissimi baci, per poi stringerlo contro di sé, in un abbraccio a cui il bambino rispose avvolgendole le braccia intorno alla vita.
-Spero di rivederti presto, piccolino.- mormorò guardandolo con tenerezza.
-Anche io.- rispose Billy dandole poi un bacio sulla fronte, per poi rivolgersi verso il padre, in cerca di approvazione.
-Bravo Nano.- concordò lui. –Adesso fila in macchina. Ti raggiungo subito.
Billy obbedì, lasciandoli soli.
A quel punto Hermione gli sorrise timidamente, tornando a torturarsi una ciocca di capelli. Così fu lui a prendere parola per primo.
-E’ stata una giornata fantastica.- disse senza mezzi termini, deciso a farle capire quanto fosse stato bene in sua compagnia.
-Lo penso anche io.- ribadì lei. –Se ti va, potremmo ripeterla, uno di questi giorni.
-Mi va.- assicurò senza esitazione.
Lei emise una bassa risata, per poi sporgersi su di lui e scoccargli un sonoro bacio sulla guancia, come aveva fatto con Billy poco prima.
-Buonanotte.- mormorò, arrossendo in modo infantile e assolutamente grazioso.
-Buonanotte.- replicò lui, sentendosi inspiegabilmente leggero e pieno di buon umore. Hermione entrò in casa, muovendo la mano in un gesto di saluto e chiudendo la porta. Draco emise un profondo sospiro, discendendo le scalette e raggiungendo l’auto. Fu solo quando aprì la portiera che si rese conto di avere ancora Albus aggrappato sulla spalla.
In quel momento il portone si riaprì, e una Hermione senza cappotto, avvolta semplicemente nel maglione, con una faccia rossa di vergogna, lo raggiunse di corsa.
-Ho dimenticato qualcosa.- disse sconcertata, mentre Draco, esilarato, le porgeva il piccolo corpo inerte.
-Cosa direbbe Potter se scoprisse che ti stavi dimenticando il figlioletto in braccio a uno sconosciuto?
-Tu non sei uno sconosciuto.- fu la replica immediata, seguita di un sorriso smagliante. Draco la guardò rientrare in casa, stordito dalla bellezza di quello splendido sorriso, che lei aveva avuto solo per lui.

**NOTE FINALI**
Credo che il rapporto tra Draco e Billy, così come quello con Hermione, si stia notevolmente evolvendo, ma non pensate che filerà tutto liscio come l'olio. Lo spocchioso Malfoy ne deve fare di strada per potersi definire "padre" a pieno titolo ;)

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Capitolo 9
*** Sapersi scusare ***


Sapersi scusare

Gennaio a Londra era uno tra i mesi peggiori dell’anno, come del resto lo sarebbe stato nella maggior parte delle grandi capitali del nord Europa. Ma per Draco Malfoy, abituato a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto, a Londra era peggio che in qualsiasi altra città.
Quello fu poi un gennaio particolarmente flagellato da intense nevicate e temperature che abbondarono di parecchi gradi sotto lo zero. Quel tempo orribile non faceva che peggiorare il suo umore, in quanto contribuiva a creare imponenti ingorghi nel traffico mattutino e serale, rallentare i gufi, che volavano a un ritmo meno serrato e necessitavano di pause più lunghe tra un viaggio e l’altro, rendere più difficoltosi gli spostamenti via caminetto, in quanto questi erano soggetti a congelamento e necessitavano dunque di continue manutenzioni, e persino rendere quasi inaccessibile il bagno al quinto piano del ministero, cioè il piano dove lavorava Malfoy, in quanto vi erano stati dei difetti nel funzionamento della caldaia, poiché il flusso di magia che avvolgeva il Ministero, facendo funzionare ogni apparato al suo interno, non riusciva a scorrere fluidamente a causa del congelamento di alcune tubature. Il risultato era stato quello, per i pochi coraggiosi che si erano arrischiati ad usufruire del bagno in quelle condizioni, di avventurarsi in Antartide, con l’unica differenza che nessuno avrebbe corso il rischio di venire sbranato da un orso polare. Malfoy però, che non era affatto intenzionato a congelarsi le chiappe ogni volta che andava in bagno, tutti i santi giorni era costretto a salire al sesto piano o a scendere al quarto, e la cosa lo irritava oltre ogni dire.
Per di più, come se non bastasse, il signor Matthews continuava a ripetergli, giorno dopo giorno, che Billy non si impegnava al massimo come avrebbe dovuto.
-Secondo lei perché fa così?- domandò in pieno scoramento Malfoy, una sera in cui il maestro gli ripeté per l’ennesima che Billy era un apatico.
-Oh, è semplicissimo: il bambino vuole andare a scuola.- rispose l’insegnante. –Non fa altro che ripetere quanto si annoi a studiare in casa e di come vorrebbe andare a studiare insieme ad altri bambini della sua età.
-Ancora con questa storia?- sbottò stremato Draco, abbandonandosi a peso morto sul divano del soggiorno. –Eppure a me dice di trovarsi bene con lei.
-Con me? Certo che si trova bene, ormai siamo diventati buoni amici, ma dal punto di vista scolastico non c’è niente che io possa fare per accendere in lui l’interesse. E’ determinato a restare ignorante se non verrà accontentato.
Draco sbuffò, estremamente provato da quei giorni di lavoro ininterrotto. Si passò stancamente le dita sugli occhi, strofinando con lentezza.
-Secondo lei cosa dovrei fare?- chiese poi, gettando alle ortiche il proprio orgoglio. Era troppo stanco persino per pensare in piena autonomia.
Matthews si schiarì la voce.
-Io credo che dovrebbe accontentarlo.- rispose gentilmente. –Lo so che per lei è difficile accettare una simile soluzione, glielo posso dire con cognizione di causa perché anche io sono l’ultimo erede di una rispettabile famiglia Purosangue, e riuscire a tollerare i babbani è stato uno degli sforzi più grandi che abbia affrontato in vita mia...ma i bambini come Billy devono poter interagire tra di loro, è l’unico modo per aiutarli a crescere e ad acquisire fiducia in sé stessi.
Draco si torturò le mani, agghiacciato alla prospettiva che gli si presentava: suo figlio, mischiato ai figli dei babbani. Bastava il pensiero per farlo star male.
-Lei crede davvero che potrebbe aiutarlo?- domandò riluttante.
-Sì, e sono convinto che anche la sua educazione scolastica subirebbe una notevole svolta in positivo.
A Draco non restò che dichiararsi sconfitto. Quella era la seconda volta che il Marmocchio otteneva ciò che voleva senza ricorrere direttamente ai capricci. Era dannatamente furbo, il bastardo. E ostinato.
-Sarebbe stato un perfetto Corvonero.- osservò aspramente.
Troppo scaltro per essere Tassorosso, e troppo tranquillo per essere Serpeverde.
-E’ un bambino con uno spirito notevole.- concesse Matthews, prima di accordarsi con lui circa future decisioni da prendere in merito al bambino.
Alla fine si risolsero a mandare Billy a una scuola pubblica, a patto che l’ultimo sabato di ogni mese il bambino si trovasse con Matthews per approfondire la sua conoscenza sulla magia.
Quando il piano fu esposto a Billy, il piccolo approvò entusiasta.
Quella sera Billy e Draco si spaparanzarono sul divano davanti alla televisione che avevano iniziato a usare circa due settimane prima. Stavano guardando un cartone animato intitolato Red e Toby, quando il piccolo pose al padre una domanda che lo assillava da molto tempo a quella parte.
-Ma quando rivediamo Hermione?
Draco, già mezzo addormentato, fu riscosso dal suono di quel nome.
-Non lo so.- ammise francamente, troppo stanco per inventarsi scuse.
-Io voglio rivederla.- insistette Billy. –Tu no?
-Mmmh, ne riparliamo domani.
-Comunque sai che cosa ho pensato in questi giorni?- continuò, per nulla turbato dalla assenza di partecipazione emotiva da parte di Draco. –Allora, lo sai?
-Secondo te?- sfiatò Malfoy, indispettito. –Sono un mago, okay, ma non sono Dio.
-Io pensavo al discorso che mi hai fatto allo zoo, quello sulla tua scuola magica.
-Si chiama Hogwarts.
-Ecco, sì, proprio quella...volevo dirti che secondo me la tua Casa è la più bella.
Draco si sforzò di sollevare il capo per guardarlo in faccia.
-Lo pensi davvero?- domandò assonnatissimo.
-Sì!- esclamò il bambino. –E mi sono informato: è stata fondata da un tizio di nome Salazar, che ha anche avuto un erede...a proposito, cos’è un erede? E questo erede aveva un nome spaventosissimo, tipo Signor Morte...
-Voldemort.- sibilò Draco, pensando che se il mago in questione si fosse sentito appellare in quel modo da un bambino, Magonò per giunta, sicuramente sarebbe morto una seconda volta per un infarto fulminante.
-Ecco, sì, e poi ho letto anche che questo mago è stato sconfitto da Harry Potter, il papà di James e Albus, con l’aiuto di Hermione e Ron: è fico!
-Cosa c’è di fico?
-Tutto quanto!- esclamò Billy, per poi rabbuiarsi. –Vorrei saper usare la bacchetta anche io.
Quella era la prima volta che manifestava apertamente il desiderio di appartenere al mondo che gli sarebbe spettato di diritto, e del quale invece non avrebbe mai fatto parte. Sembrava molto abbattuto per quella impossibilità.
-Secondo te io sarei finito a Serpeverde?- chiese con un filo di voce. –Io sarei voluto andare nella tua casa.
-Apprezzo il tuo spirito, ma non credo che Serpeverde sarebbe stata adatta a te.
Una simile, brutale dichiarazione, atterrì vistosamente il bambino. Draco era troppo assonnato per  essere in grado di esprimersi con più tatto, ma in quel momento si pentì di aver parlato così a sproposito.
-Non perché tu non lo meriti.- si giustificò, mettendosi seduto composto e cercando le parole giuste per rimediare al pasticcio combinato. –Ma ognuno di noi ha un carattere diverso, ed è giusto che questo venga valorizzato nel miglior modo possibile. Io da piccolo ero prepotente, superbo, determinato a impormi con ogni mezzo a disposizione. Ero un vero attaccabrighe, scalmanato e anche un po’ perfido, senza contare che la mia famiglia era Serpeverde da generazioni. Ma tu...tu non sei come ero io, e sto cominciando ad accettarlo soltanto adesso. Tu non sei prepotente, né altezzoso.
-Vuoi che lo sia?- domandò Billy preso in contropiede.
-No.- si affrettò a rispondere Malfoy. –Non lo voglio. Non posso chiederti così tanto.
-Ma mi vorresti così?
Draco non rispose subito, meditando per alcuni istanti.
-Tu non sei me.- disse infine, lentamente. –E questo è quanto. Sei un ragazzino intelligente e riservato. Potresti andare a Corvonero.
-Non voglio andare a Corvonero.- protestò Billy.
-E invece dovresti andarne fiero, perché tua madre era di Corvonero.
La notizia colpì Billy oltre ogni immaginazione, perché spalancò la bocca, stupito. I suoi occhi si fecero enormi, così attoniti da mettere quasi in soggezione.
-La mamma era di Corvonero?
-Proprio così.- sospirò Draco. –Ed era molto intelligente.
-Uhm...forse alla fine Corvonero non è così male.- concesse senza sbilanciarsi troppo.
Draco sorrise blandamente, regalandogli una carezza distratta, di cui il bimbo si beò cercando di prolungarla.
-Usciamo a giocare?- propose poi.
-Neanche per sogno. Sono mezzo morto.- mugugnò Draco, sprofondando nuovamente nel divano. –Per oggi hai ottenuto abbastanza da me. Non pretendere troppo.
-Ma non giochi mai con me. E ora c’è tutta quella neve…ti insegno a fare un pupazzo di neve!
-No.
-Dai, ti porto le scarpe!
Si alzò dal divano, correndo per tutta la casa. Draco sentì i suoi passi al piano superiore in maniera distinta, per poi udirlo mentre scendeva di nuovo le scale e gli si fermava davanti, lasciando cadere le scarpe ai suoi piedi.
Draco aprì un occhio, vedendo Billy in trepida attesa. Reprimendo uno sbadiglio gigantesco, si costrinse a mettersi a sedere, indossando faticosamente le scarpe e lanciando a Billy occhiate accusatorie, tanto per cercare di farlo sentire in colpa.
Il bambino sembrava sul punto di andare in iperventilazione.
Quando furono entrambi bardati di tutto punto Billy lo precedette nel giardino interno, zampettando in mezzo alla neve e sprofondando ogni tanto in qualche cumulo.
Draco stava cominciando ad avvertire un non indifferente principio di congelamento all’altezza dei gioielli di famiglia.
-Cosa stai facendo?- domandò allarmato quando Billy si chinò a raccogliere una manciata di neve a cui diede una forma tondeggiante.
-No, non ci provare...- avvertì vedendo che si apprestava a tirargli contro la palla di neve. Il bambino si protese in avanti, scaraventandogliela addosso.
-Ah! Come osi, Marmocchio?!- tuonò Malfoy cominciando a rincorrerlo per tutto il perimetro del giardino, incitato dagli urletti divertiti del bambino. Alla fine ricorse al gioco sporco, da bravo ex Serpeverde. Tirò fuori la bacchetta e sollevò un imponente muricciolo di neve a ostacolare la corsa folle del bimbo, che non fece in tempo a fermarsi, finendogli dritto nel mezzo e uscendo dall’altra parte completamente coperto di neve.
A quel punto fu Draco a ululare vere e proprie risate, mentre Billy cercava di scrollarsi di dosso tutta quella neve fresca.
La successiva mezz’ora la passarono a prendersi a pallate, con Malfoy in netto vantaggio grazie all’uso improprio della magia.
Quando giunse il momento di costruire un pupazzo di neve, Billy era talmente intirizzito che dovette riscaldarlo con un incantesimo. Il pupazzo venne costruito con un po’ di trascuratezza da parte di entrambi, ma Draco provvide a sistemarlo con l’aiuto della magia, arrotondandone il profilo e compattando la neve. Billy poi aggiunse due sassi al posto degli occhi e una carota reperita dal frigo come naso.
-E la bocca?- domandò Draco.
-La tiene chiusa, sennò prende troppo freddo.- ribatté Billy. –Gli serve una sciarpa.
Alla fine, rovistando nell’armadio di Draco, trovarono una vecchia sciarpa sformata che arrotolarono intorno al collo del pupazzo.
-Ora è perfetto!- esclamò felice il bambino. -Scatto una foto, così la aggiungo al mio album fotografico.- annunciò Billy di slancio, poi corse per la terza volta dentro casa, ritornando con la macchina fotografica tra le mani. Prima volle scattare una foto a Malfoy, il quale si rifiutò categoricamente di prestarsi a simili giochi, riuscendo miracolosamente a spuntarla, almeno quella volta. Tuttavia accettò di buon grado di scattare una foto con quella macchina fotografica babbana, inquadrando il bambino che, imbacuccato nel suo cappotto, sorrideva accanto al pupazzo di neve. Subito l’istantanea comparve dalla macchinetta. Billy la prese e corse a inserirla nel suo album, mentre Draco lo seguiva al calduccio interno, chiudendosi la porta alle spalle e dirigendosi al piano superiore, verso la sua camera, dove trovò un infreddolito Oscar ad attenderlo fuori dalla finestra. Il padrone non lo fece attendere, aprendo la finestra e facendolo montare sul suo braccio.
-Sei stanco, eh?- gli chiese accarezzandogli le piume del petto, mentre l’animale scuoteva le ali, scrollandosi di dosso il gelo della sera. Il gufo chiuse gli occhi, gradendo le carezze del padrone, che lo accompagnò nel ripostiglio, là dove era stato montato un trespolo su cui l’animale avrebbe potuto appollaiarsi e trascorrere la notte al caldo.
Quando gli aprì la porta, Oscar planò sul suo sostegno, arruffando le piume, in un gesto che Draco aveva imparato a riconoscere come autentico ringraziamento.
Messo a letto il gufo, andò a mettere a letto anche il Marmocchio, che trovò con indosso il piagiama, intento a stuzzicare il gatto, divertendosi a giocare con la sua coda. Bastet non gradiva, e miagolava la sua disapprovazione, senza però mulinare graffi, limitandosi a subire passivamente.
-A letto, Marmocchio.- ordinò Draco, in piedi sul ciglio della porta.
Billy smise di infastidire il gatto, raggiungendolo e abbracciandogli una gamba.
-Buonanotte.- sussurrò prima di indurlo ad abbassarsi per potergli dare il bacino della buonanotte, come lo chiamava da qualche giorno a quella parte. Draco sottostava a quel patetico teatrino solo per renderlo contento, visto che ci voleva così poco. Dopotutto erano scenette imbarazzanti, è vero, ma se non altro coinvolgevano solamente loro due, e nessuno lo avrebbe mai saputo.
Finalmente stava andando a dormire.
Si trascinò in camera mentre si svestiva, gettando gli abiti in qua e là sul pavimento, senza curarsi neanche di riporli nel cesto della biancheria. Indossò velocemente il pigiama e si infilò sotto le coperte.
Aveva fatto appena in tempo a spegnere la luce quando udì piccoli passi in corridoio e poi in camera. Billy salì sul letto senza chiedere il permesso, come ormai era abituato a fare da quando Draco gli aveva silenziosamente accordato il permesso la prima volta in cui avevano dormito insieme.
Poco dopo li raggiunse anche il gatto, che saltò sulla poltrona, appisolandosi all’istante. In  quel buio accogliente e pacifico Draco accolse Billy tra le proprie braccia, abbracciandolo e appoggiando la testa morbida del piccolo contro il torace, così che Billy potesse ascoltare il suo respiro, addormentandosi più facilmente.
Era diventata una confortante abitudine.
 
 
Trascorsero altri giorni, durante i quali Draco si dedicò alla ricerca di una scuola elementare che vantasse almeno una buona qualità di insegnamento e classi poco numerose. In quel periodo Billy fu spesso lasciato dai nonni, i quali si dimostrarono sempre disponibili e tolleranti nei confronti del bambino. A forza di stare in loro compagnia Billy aveva smesso di esserne intimorito, e anzi, da poco tempo stava cominciando a chiamarli col soprannome di “nonno” e “nonna”.
Narcissa lo teneva con sé nella serra della villa, e si faceva aiutare nelle attività di giardinaggio, per poi raccontare al figlio quanto fosse bravo il nipotino ad aiutarla a prendersi cura delle camelie e dei gerani. Billy solitamente gli correva incontro, pretendendo di essere abbracciato nonostante fosse tutto sporco di terriccio, tanto che una volta Draco si era ritrovato la camicia di lino costata quanto un polmone con una bella manata di terra umida.
Insieme a Lucius Billy trascorreva pomeriggi interi a passeggiare per il parco e a nutrire i pavoni albini. Quando poi il bambino gli raccontò che il nonno era solito prenderlo in braccio sulle proprie gambe e leggergli il libro “Storia di Hogwarts”, Draco a stento gli credette.
Anche quel giorno Billy era stato lasciato dai suoi genitori, visto che lui era piantonato in ufficio in compagnia di Weasley e Potter, coi quali stava definendo ulteriori dettagli per i campionati del mondo.
Erano inchiodati alla scrivania dell’ufficio di Potter da circa tre ore, quando un leggero bussare alla porta interruppe quello che stava per diventare un litigio causato dal se fosse il caso che Viktor Khrum rilasciasse un’intervista ufficiale per sponsorizzare il campionato.
-Che c’è adesso?- sbottò Potter, che fino ad allora non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro per la stanza, continuando a strofinare gli occhiali col tessuto della camicia. Aprì la porta dell’ufficio con un gesto seccato.
-Hermione!- esclamò sorpreso.
Sia Ron che Draco sollevarono di scatto la testa dai documenti che stavano leggendo insieme, l’uno seduto e l’altro in piedi alle sue spalle, volgendo lo sguardo verso la ragazza sul ciglio della porta.
-Cosa fai qui?- domandò Harry, colto alla sprovvista. –E’ successo qualcosa?
-N-no, ma è da un sacco di tempo che non vedevo tu e Ron...e beh, adesso sono in pausa pranzo, e così ho pensato di passare a salutarvi, ma...
Mentre parlava, i suoi occhi erano fissi su Draco.
-No...sì, scusaci Hermione, ma sono stati dei giorni tremendi. Ho persino perso la cognizione del tempo...che ore sono?
-L’una, veramente.- disse lei dando una rapida occhiata all’orologio che portava al polso.
-Santi numi.- esclamò Weasley. –Ho una fame da lupi.
-Ma se fino a qualche attimo fa neanche te ne rendevi conto.- ribatté aspro Malfoy.
-Ma c’è Hermione.- protestò con tono lamentoso.
Draco sospirò, capendo che almeno per il momento avrebbero dovuto sospendere i diverbi.
-Ci vediamo tra un’ora e mezza.- dichiarò avviandosi verso l’uscita, dove dovette fronteggiare la Granger. La ragazza deglutì appena, senza riuscire a nascondere uno sguardo disilluso.
Draco la scrutò intensamente, reggendo la pressione dei suoi occhi ambrati, fino a quando li trovò troppo opprimenti per poterli tollerare ancora.
-Ci vediamo.- disse sbrigativamente a Potter, il quale aveva osservato il loro scambio di sguardi con l’aria di chi si era perso qualcosa.
Hermione si fece da parte per farlo passare, per poi pentirsi dell’assurda idea del pranzo in compagnia dei suoi migliori amici quando incrociò lo sguardo interrogativo di Harry e quello guerrafondaio di Ron.
-E’ sempre un piacere rivedervi.- esalò, prima di essere sottoposta a un brutale interrogatorio.
 
 
Draco pranzò nel proprio ufficio, da solo, osservando pigramente il viavai di Diagon Alley e nutrendo Oscar, prima di lasciarlo uscire per il volo pomeridiano. Verso le due e mezza Weasley e Potter tornarono e vennero ripresi i lavori. I due si mostrarono più pacati di quanto fossero stati in mattinata, e solo paio di volte a Draco parve di sorprenderli a lanciargli strane occhiate, come se lo stessero studiando. Liquidò la faccenda, pensando che la stanchezza lo stesse facendo diventare paranoico.
Alle diciannove i colleghi si ritirarono nei propri uffici, e a lui non restò che vestirsi e sgomberare. Salutò la segretaria e raggiunse l’Atrium. Ma anziché entrare in uno dei camini che lo avrebbero riportato a casa, decise di proseguire dritto, verso l’uscita, là dove avrebbe potuto smaterializzarsi, visto che le leggi magiche vietavano di farlo all’interno del Ministero.
Arrivò a destinazione poco dopo, esattamente davanti alla pittoresca casetta blu con i fiori alle finestre anche in pieno inverno. Notò che la luce al pianterreno era accesa. La Granger doveva trovarsi in casa.
Salì le scale, deciso a non pensare a niente di ciò che stava realmente facendo.
Suonò al suo campanello e quando lei aprì la porta rimasero entrambi in un silenzio assorto, non sapendo bene cosa dirsi per rompere il ghiaccio.
-Ciao.- disse infine lui, azzardando un’occhiata all’indirizzo della ragazza. Hermione quella sera aveva legato i capelli in una coda disordinata, ed era vestita con una semplice tuta nera, che le aderiva al corpo risaltandone le forme in modo molto sexy. Draco indugiò un secondo di troppo sulla linea dolce del fianco, prima che lei se ne accorgesse, arrossendo vistosamente, senza però sottrarsi al suo sguardo.
-Ciao.- rispose a bassa voce.
Non aggiunse altro, così che spettò nuovamente a lui il compito di proseguire.
-Scusami per oggi.
Lei si morse il labbro inferiore, troppo sensualmente per i suoi gusti, per poi scuotere la testa.
-Non ti devi scusare.- gli disse piattamente. –Non ne hai nessun motivo.
-Invece sì. Avrei dovuto salutarti, e chiederti scusa per non essermi mai fatto vivo durante queste due settimane. Quindi scusami per la seconda volta, per non essermi fatto sentire durante tutto questo tempo.
Lei parve indecisa. Inclinò la testa come se volesse soppesarlo, e poi allargò la braccia, convinta e soddisfatta da quelle scuse.
-Entra.- lo invitò.
Draco si tolse il mantello invernale, appoggiandolo all’attaccapanni. Dopodiché si concesse una panoramica della Granger.
-Ringrazia il mio autocontrollo.- disse con tono suadente. –In questo momento sei una vera tentazione.
Lei mise su una risata ironica, colorandosi di una adorabile tonalità rosata intorno alle guance.
-E’ per questo che sei qui? Vuoi prendermi un po’ in giro?
-No.- disse Draco seguendola verso il salotto. –Mi basta godermi il tuo posteriore.
La Granger gli fece cenno di sedersi sul divano.
-Vuoi qualcosa?
-Burrobirra ne hai?- domandò Malfoy  guardandosi intorno.
-No, mi dispiace, io bevo solo birra.
-Roba babbana?
-Già.
-La prendo comunque.
La strega lo guardò con tanto d’occhi, per poi allontanarsi in cucina e tornare con due bottiglie di birra, porgendone una a Draco.
-Heineken?- domandò, leggendo l’etichetta sulla bottiglia.
-L’unica vera birra è quella tedesca, anche se non rende comunque abbastanza quella in bottiglia.- rispose scrollando le spalle. Si mise a sedere sul divano, incrociando le gambe e osservandolo mentre dava un sorso alla birra.
-Come sta Billy?- si informò quando Draco ebbe superato quella insormontabile prova di sopravvivenza.
-Benissimo. Probabilmente adesso sta aiutando mia madre a sradicare Mandragole o si sta facendo leggere da mio padre libri di magia. Grazie a lui, i miei stanno riscoprendo il lato tenero che non hanno mai avuto con me.
-E’ normale che i genitori si addolciscano quando diventano nonni. La responsabilità di crescere un figlio non spetta più a loro, e quindi possono concedersi maggiore tenerezza.
-Non credevo che fossi anche psicologa.
Lei minimizzò con un gesto della mano.
-Ho dovuto seguire dei corsi di specializzazione in pediatria e psicologia.
Gli rivolse un breve sorriso.
-…Ma non credo che ti interessi.- aggiunse stringendosi nelle spalle.
-Sì che mi interessa.- ribatté Malfoy, abbandonandosi contro lo schienale del divano, puntellandosi il capo con un braccio e volgendosi verso di lei.
-Tutto di te mi interessa.- ammise con sconcertante semplicità.
-Beh...grazie.- rispose con un sorriso imbarazzato. –E tu come stai? Hai l’aria un po’ provata.
Draco non poté che convenire con lei.
-Sinceramente? sono distrutto. E’ dall’inizio della settimana che sto cercando ininterrottamente una scuola elementare in cui mandare il Nano, ma fin ora non ne ho trovata neanche una all’altezza.
-Cioè, fammi capire, intendi mandare Billy in una scuola babbana?!
Il suo tono rasentava l’incredulità.
-Intendo.- confermò Malfoy, massaggiandosi le palpebre con gesti lenti delle dita. –Quel mascalzone ha deciso di non studiare più a meno che io non lo accontenti, e visto che per me resta comunque più importante l’istruzione del tipo di scuola in cui studiare, ho deciso di assecondarlo.
-E’ meraviglioso.- mormorò la Granger in un soffio.
-Che cosa?
-Tutto questo. Non avrei mai creduto che uno come te potesse arrivare a sorprendermi tanto.
-Ti sto sorprendendo?- domandò Malfoy, avvertendo una piacevole sensazione di compiacenza farsi strada dentro di sé.
-Credo...credo che diventerai un padre incredibile.
Draco rimase impressionato dalle sue parole. Gli sembrava quasi surreale trovarsi davvero in casa della Granger, seduto comodamente sul suo divano a bere una birra babbana insieme a lei, parlando di suo figlio come se fossero stati da sempre buoni amici. Era talmente assurdo che non ci avrebbe creduto neanche se glielo avesse predetto quella matta della Cooman, che in quanto a predizioni folli deteneva certamente il primato indiscusso.
-Ascolta Granger.- disse schiarendosi la voce. –Questo sabato ci sarà un’asta di beneficienza a cui sono stato invitato. Il ricavato sarà devoluto al parco nazionale del Galles per la costruzione di nuovi villaggi che possano garantire migliori condizioni di vita ai Mannari che vivono nella riserva.
Fu attento a citare la tematica sociale sapendo di poter far leva sull’interesse che la ragazza nutriva per coloro che erano considerati “gli emarginati” della società.
Lei lo guardò impressionata, cercando di intuire cosa intendesse chiederle.
-Voglio che tu mi accompagni.
Hermione lo fissò per qualche istante senza battere ciglio, spiazzata da quella richiesta.
-Non me lo stai chiedendo perché Ron e Harry ti hanno minacciato, vero?- mormorò la ragazza, dopo un attimo di riflessione.
-Quindi oggi pomeriggio mi stavano davvero guardando male?- ritorse perplesso Malfoy.
La Granger inarcò le sopracciglia, annuendo innocentemente.
-Potrebbe essermi sfuggita qualche invettiva contro di te.- borbottò vaga. –Nulla di serio, chiaramente.
Il suo tono lasciava intendere che contro di lui fossero stati scagliati Malocchi, Maledizioni e imprecazioni tutt'altro che piacevoli.
-Nessuno di loro mi ha minacciato.- assicurò Malfoy con l’ombra di una smorfia.
-Ma non pensi che ci saranno fotografi e giornalisti che potrebbero vederci insieme?
Draco sminuì la faccenda con una scrollata di spalle.
-Dal punto di vista della mia carriera, ho calcolato che la tua compagnia non lederà affatto i miei interessi. Presentarmi a quell’asta a fianco di una Mezzosangue non farà che dimostrare quanto sia importante mettere da parte i pregiudizi come il sesso, la razza o la condizione sociale e valorizzare invece il rispetto, l’uguaglianza e la solidarietà.
-Messa così non è molto lusinghiera.- commentò la ragazza con un sorriso nervoso.
Draco scoppiò a ridere davanti alla sua espressione risentita, per poi posare la birra sul tavolino davanti al divano così da evitare di rovesciarla a causa delle risate.
-Salazar, Granger, sto scherzando. Cioè, le cose che ti ho detto sono vere, ma andiamo, non sono così ottuso da invitarti solo per questo.
-E allora?- sbottò lei, indispettita.
Il ragazzo si allentò lentamente il colletto della camicia, sentendolo improvvisamente prudere contro la pelle del collo in modo fastidioso.
-Ti vorrei lì con me, e al diavolo i giornalisti.- ammise limpidamente. -E poi, come ti ho già detto, entrambi abbiamo più da guadagnarci che da perderci.
-Io in che modo ci guadagnerei?
-Tu dimostreresti alla comunità che sei riuscita a cambiare l’animo arido e crudele di uno dei più facoltosi e reazionari uomini d’Inghilterra, nonché figlio di un ex Mangiamorte ed ex Mangiamorte lui stesso.
I loro sguardi caddero inevitabilmente sull’avambraccio sinistro del giovane, in quel momento coperto dal tessuto inamidato della camicia, ma sotto al quale sapevano che il Marchio Nero continuava a svettare, ormai immobile ma comunque presente.
-Senza contare che saresti la dama di un bellissimo uomo.- aggiunse come se già quello dovesse bastare a convincerla definitivamente. -E poi si sa, ormai la purezza del sangue non fa più tendenza.- concluse, cercando di sdrammatizzare del tutto l’aria vagamente cupa che aleggiava nella stanza da quando aveva accennato al suo torbido passato di Mangiamorte.
La Granger  si concesse alcuni istanti di meditazione, senza distogliere gli occhi dai suoi, quasi stesse cercando di capire se fosse serio o la stesse solo prendendo in giro.
-Sarà una corsa a ostacoli.- constatò.
Draco annuì, franco.
-Ti snerverà.
-Direi che ho sopportato di peggio.- rispose lei con un sorrisetto.
Finirono di bere le loro birre raccontandosi le rispettive giornate di lavoro, per poi virare su argomenti più piacevoli, come per esempio quello che avevano fatto nel fine settimana o i progetti per quello successivo.
Quando Draco si decise ad andarsene erano ormai le nove passate, e sicuramente a Villa Malfoy Billy si stava sforzando di farsi venire le lacrime agli occhi. Rimase per alcuni istanti sulla soglia, fronteggiando la ragazza senza saper bene che dire.
-Conosco una buona scuola elementare dove Billy potrebbe andare.- disse improvvisamente lei. –Prima di trasferirmi in campagna coi miei genitori ho vissuto qui a Londra, e quella è la mia vecchia scuola. Se vuoi posso accompagnarti a iscrivere Billy.
Lui sbatté un paio di volte gli occhi, sorpreso da quell’aiuto inaspettato.
-Va bene domani nella pausa pranzo?- domandò, deciso a cogliere al volo l’occasione. Due ippogrifi con una fava: avrebbe iscritto il Marmocchio e avrebbe rivisto lei.
-Perfetto.- rispose, strofinandosi vigorosamente le braccia per riscaldarsi dal vento gelido che soffiava quella sera.
-Beh...grazie. Buonanotte Granger.- salutò Draco, deciso a evitare che divenisse un ghiacciolo per colpa sua.
-‘Notte Malfoy.- rispose Hermione, indietreggiando e chiudendo la porta.
Draco rimase a osservare il portone scuro per un’altra manciata di secondi, pensando a tutto e niente, per poi incamminarsi con passo indolente, stando ben attento a evitare le piccole lastre di ghiaccio che si erano formate per terra.
Aveva appena sceso l’ultimo gradino quando il portone si spalancò e la Granger gli corse incontro, con solo la tuta da casa indosso, senza preoccuparsi affatto di scivolare sul ghiaccio. Si fermò a pochi centimetri di distanza, respirando forte per il freddo.
-Ho dimenticato qualcosa.- disse coi denti che battevano.
-Non mi sembra di avere qualche pargolo appeso al collo.- rispose perplesso Malfoy. Lei scosse la testa, avanzando verso di lui, afferrando i lembi del suo mantello e baciandolo.
Draco non si era aspettato una simile presa d’iniziativa, ma rispose al bacio con trasporto, attirando contro di sé quel corpo caldo, morbido e profumato, sentendolo fremere contro il proprio. Le mani di lei si spostarono dalla sua gola e scesero verso il basso, circondandogli la vita e stringendolo piano. Inclinò appena il capo, approfondendo il bacio, mentre le loro lingue si sfioravano lentamente, rallentando la passionalità iniziale che li aveva travolti e impostando un ritmo più dolce.
Il braccio di Draco avvolse le spalle della ragazza, mentre con la mano le sciolse la coda, lasciando che i capelli cadessero liberamente sulle sue spalle a mò di ventaglio. Le sue dita presero alcuni riccioli, intrecciandoli, giocandoci e ravviandoli dietro il suo orecchio, facendole il solletico alle base degli zigomi. Hermione sorrise contro le sue labbra.
Il basso sospiro della ragazza lo convinse, facendo sfoggio di un notevole autocontrollo, ad allontanarsi da lei.
Hermione teneva ancora le braccia intorno ai suoi fianchi, e sul viso aleggiava un’espressione leggermente scombussolata.
-Buonanotte. Per davvero stavolta.- esalò separandosi da lui, che emise uno sbuffo, posandole poi un ultimo, casto bacio sulle labbra.
-‘Notte Granger.
Lei arrossì e corse in casa. Draco rimase a fissare il portone chiuso per istanti che parvero non finire mai, mentre il desiderio di risalire quei gradini e seguirla all’interno infuriava in lui con una portata devastante. Invece si costrinse a reprimere quell’istinto e cambiare direzione. Fu così che, decidendo di non ricorerre alla smaterializzazione, si incamminò lentamente verso casa.
Verso il camino che lo avrebbe portato da Billy.
 
 
La tormenta di neve, secondo il telegiornale, avrebbe imperversato per un’altra settimana abbondante, e l’intera Europa settentrionale ne sarebbe uscita sotto una fitta coperta di neve, che aveva già provocato enormi disagi e mietuto le prime vittime, due senzatetto che a Berlino erano stati ritrovati congelati sotto un cavalcavia.
Draco seguiva le notizie con interesse. Quel maledetto aggeggio babbano non finiva più di sorprenderlo. Non lo aiutava a conoscere ciò che accadeva nel mondo magico, è vero, ma diamine, era un’inesauribile fonte di informazioni. Cominciava seriamente ad apprezzare la tecnologia babbana sotto tutti i punti di vista, e non solo per quanto riguardava il campo dei motori.
Il notiziario cambiò decisamente argomento, riportando i risultati dell’ultima partita del Manchester United contro il Real Madrid, e a quel punto abbandonò la sua postazione sul divano per raggiungere il bambino che stava finendo di vestirsi al piano superiore, pronto per il suo primo giorno di scuola.
-Oggi non provi ad abbinare pantaloni rosa e maglione giallo?- lo prese in giro Malfoy, il quale notò compiaciuto come finalmente i suoi sforzi stessero cominciando a venire ripagati nel modo giusto.
Billy indossava infatti dei pantaloni grigi, accostati a un pesante maglione di lana grezza, di un grigio un po’ più chiaro. Vestito in quel modo, i suoi occhi spiccavano fulgidamente, simili a due fari.
Ovviamente pensò bene di indossare anche i guanti e il cappellino verdi, da cui ormai non si sarebbe separato neanche se Draco glieli avesse nascosti.
-Quando mi daranno la divisa?
-Presto.- promise Malfoy. –Mi hanno dato l’indirizzo del negozio in cui prenderla, ma io te la farò fare da Alfredo.
-Chi è Alfredo?
-Il mio sarto personale. Muoviti, o rischieremo di fare tardi.
Billy dichiarò di essere pronto, seguendolo giù per le scale, alla fine delle quali li stava aspettando l’elfo. Alla sua vista il piccolo si avvicinò maggiormente alla gamba del padre, sebbene ormai stesse cominciando a tollerare persino la presenza di quell’essere per lui tanto spaventoso.
Draco sapeva che il Marmocchio lo trovava persino simpatico, il loro elfo, ma la sua era una vera e propria fobia. Non ce la faceva a non provare paura ogni volta in cui se lo trovava davanti. Il povero elfo cercava di stargli più lontano possibile, trascorrendo la maggior parte del suo tempo nella capanna degli attrezzi in fondo al giardino interno, dove si era trasferito dopo l’arrivo del bambino.
Lì Malfoy aveva fatto mettere una piccola stufa a legna, così che la bestiola non morisse di freddo, e una branda sorretta da due anelli fissati alle pareti, così che non venisse occupato spazio utile. L’elfo sembrava persino contento di quel nuovo angolo di assoluta privacy, sebbene il padrone non avesse mutato i modi di fare nei suoi confronti.
-Buona giornata padron Malfoy.- salutò prostrandosi quasi fino a baciare il pavimento.
L’unico a rispondere, con una vocina sottile e cortese, fu Billy.
Padre e figlio uscirono di casa come due persone qualsiasi in una grigia mattina invernale qualsiasi. Draco permise a Billy di sedersi davanti, il Marmocchio allacciò la cintura e rimase in silenzio per tutto il viaggio, allungandosi più che poteva per riuscire a guardare fuori dal finestrino.
Quando raggiunsero la scuola elementare, uno stormo di genitori se ne stava appostato fuori dal cancello in attesa che venisse aperto. Inutile dire che poiché la Ferrari parcheggiò esattamente davanti all’entrata, proprio sulle strisce pedonali, il 95% dei presenti puntò gli occhi sui due individui che scesero da quel bolide, un bambino dall’aria intimidita e un adulto che sembrava essere nato per stare al centro dei riflettori, a giudicare dallo sguardo compiaciuto e al tempo stesso sprezzante che si gettò intorno.
Draco fece il giro dell’auto, infischiandosene bellamente del fatto che stava violando il codice della strada, bloccando peraltro il passaggio a bambini e genitori che attraversavano la strada ed erano obbligati a circumnavigare l’enorme mole della Ferrari per salire sul marciapiede.
-Ehi, ragazzino.- disse notando lo sguardo incerto di Billy. –Tutto bene?
Billy non rispose, così che Draco fu costretto a inginocchiarsi per poterlo guardare in faccia.
-Mi smisteranno in qualche casa?- domandò allora il piccolo, con voce preoccupata.
-No, questa non è una scuola magica. C’è una sola classe per ognuno dei cinque anni.
Il Nano sembrò sollevato all’idea di non dover subire uno smistamento.
-Draco.- mormorò poi, avvicinandosi a lui. –Secondo te troverò degli amici?
Malfoy inarcò le sopracciglia, messo a disagio da quella domanda, a cui un genitore normale avrebbe risposto con una sperticata rassicurazione, elogiando le numerose qualità del figlio e assicurandogli che tutti avrebbero voluto essere amici di un bambino tanto dolce, socievole ed educato.
-Non devi mendicare l’amicizia.- rispose invece lui, lapidario. –Noi Malfoy gli amici non li troviamo. Noi li scegliamo.
Billy lo guardò assorto, e Draco si chiese se avesse capito ciò che gli stava dicendo con quel discorso ampolloso. Il ragazzino però annuì diverse volte, per poi buttargli le braccia al collo e farsi abbracciare a sua volta. Draco strinse i denti, cercando di ignorare il fatto che decine e decine di occhi babbani erano puntati su di loro. Billy rimase in quella posizione per diversi istanti, cercando di prolungare la stretta nei limiti del possibile, finché avesse retto la pazienza di Malfoy.
Quando il padre decise che fosse giunto il momento di porre fine a quell’imbarazzante momento, gli occhi del Marmocchio erano divenuti lucidi.
-Sei il papà migliore del mondo.- furono le sei parole magiche che uscirono dalle sue labbra infantili, travolgendo Draco con lo stesso impeto di un fiume in piena.
La maestra babbana che li attendeva all’entrata della classe se lo vide venire incontro con una faccia stravolta e incredula, tanto che gli domandò se per caso non si sentisse male. Il giovane assicurò di stare bene, e disse che sarebbe tornato a prendere Billy alle quattro, quando fossero finite le lezioni.
Poco prima che il figlio entrasse in classe per mano con l’insegnante, Draco non riuscì a opporsi a un impulso sconosciuto, mai provato fino ad allora. Allungò la mano e afferrò il braccio della donna, stringendo forse più di quanto fosse necessario.
Lei si fermò, rivolgendogli un sorriso affettato, leggendo nei suoi occhi l’apprensione che, volenti o nolenti, tutti i padri avevano il giorno in cui i loro bambini cominciavano a percorrere la strada che, lentamente ma inesorabilmente, li avrebbe condotti lontano da loro.
-Si troverà benissimo con noi.- promise semplicemente.
A riprova di ciò, vi fu il fugace sorriso che Billy stesso rivolse a Draco, prima di sparire oltre la porta della sua nuova classe.

**NOTE FINALI**
Che dire? Questo capitolo è un pò più "cicciottoso". Malfoy finalmente comincia davvero a sbottonarsi, soprattutto con Hermione. E anche con Billy, insomma, si registrano notevoli sforzi, no?
A presto!

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Capitolo 10
*** Di balli e di gelosie ***


Di balli e di gelosie

 
Quella che fino ad allora era stata un’aria frizzantina, era divenuta, in quei primi giorni di dicembre, una brezza gelida, che spirava come il sospiro di un’anima in pena, infiltrandosi nei vestiti e gelando la carne, il sangue e le ossa. Draco, in piedi davanti alla finestra del suo ufficio con un bicchiere di Firewisky nella mano, osservava la strada deserta di Diagon Alley a quell’ora della notte. C’era un che di spettrale in quei negozi sprangati, con le insegne che oscillavano mosse dal vento, e qualche goccia di pioggia che cominciava a bagnare il sentiero lastricato della via.
Si portò il bicchiere alle labbra, e subito il sapore forte e bruciante dell’alcol gli invase bocca e gola, riaccendendo in lui una pallida sensazione di calore.
Decise che fosse davvero giunto il momento di rincasare, per quanto lo allettasse l’idea di rimanersene a dormire sul divano nella sala d’attesa, appena fuori dal suo ufficio.
Con gesti stanchi invece riordinò la scrivania, controllando che ogni cosa fosse in perfetto ordine per quando fosse tornato l’indomani, cioè entro sette ore, dopodiché indossò il mantello e uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Non prese l’ascensore, ma raggiunse l’Atrium a piedi, godendosi la pace di quei corridoi deserti, fiocamente illuminati dalla luce soffusa dei lampadari.
L’Atrium sembrava molto più grande quando era vuoto. Poteva essere sì e no ampio quanto mezzo campo di Quidditch, un po’ lugubre secondo i gusti di Draco.
Lo percorse a passi lenti, senza alcuna fretta. Per quanto lo riguardava, l’idea di tornare a casa era invitante quanto quella di un altro pranzo in compagnia dei suoceri.
Eppure infine raggiunse il caminetto che lo avrebbe immancabilmente riportato alla villa, così come era certo che quel fine settimana si sarebbe dovuto sottoporre a un’altra interminabile tortura coi genitori di sua moglie.
Pronunciò il nome della dimora con la baldanza degna di un Infero, sospirando pesantemente quando le fiamme verdi si chiusero intorno a lui, per poi acquietarsi una volta giunto a destinazione.
Come sempre, la casa era buia e silenziosa. Quasi più lugubre del Ministero.
Draco si spolverò pigramente da alcuni residui di polvere invisibile, tanto per sprecare altri secondi, prima di uscire dal caminetto e percorrere i metri che lo separavano dalla propria camera da letto. La villa era grande, ma non immensa come quella dei suoi genitori, e sebbene anche quella si ergesse su due piani, Draco giunse presto a destinazione. In effetti, troppo presto.
La porta della stanza era socchiusa, e lui l’aprì cercando di fare il più piano possibile, scivolando all’interno silenzioso e discreto come un’ombra. Lì dentro dovette spegnere la bacchetta, che fino a quel momento gli aveva permesso di vedere dove andava grazie a un Lumos, e i suoi occhi richiesero alcuni secondi per abituarsi all’oscurità.
Quando ci riuscirono, la prima cosa di cui volle accertarsi fu di non avere svegliato la giovane che in quel momento era coricata sul materasso, sdraiata su un fianco con le spalle rivolte verso di lui. Draco osservò pensosamente la linea magra delle scapole nude, seminascoste dai lungi capelli biondi che si aprivano vaporosamente sul cuscino.
Cominciò a svestirsi lentamente, continuando a guardare in direzione della moglie per controllare che non si svegliasse, ripiegando i propri indumenti e riponendoli ordinatamente sulla sedia vicino alla sua parte di materasso. Aveva già indossato i pantaloni del pigiama e stava per infilarsi la consunta t-shirt che usava per dormire, quando un cigolio del letto gli comunicò che l’altra si era svegliata.
-Sai che ore sono?- domandò la voce assonnata di Astoria.
Draco a quel punto non si sforzò più di fare piano, e cominciò a muoversi con maggiore scioltezza, tirando due calci alle scarpe per farle rotolare al loro posto sotto la sedia.
-Scusa, non volevo svegliarti.- disse piattamente.
-Non mi ero addormentata.- ribatté lei, cambiando posizione e soffocando uno sbadiglio.
Si appoggiò sul il cuscino, sollevato contro la testiera del letto.
-Stavi dormendo, ti sentivo respirare più piano.- osservò tranquillo Draco.
-Ti ho detto di no.- insistette lei, irritata.
-Okay, come ti pare.
Non aveva di certo voglia di mettersi a discutere a quell’ora del mattino. Voleva soltanto riuscire ad addormentarsi in fretta e dimenticare quanto la sua vita gli facesse schifo.
-Dove sei stato?- domandò Astoria con tono inquisitorio e l’aria di chi non aveva voglia di lasciarlo stare in pace neanche in simili frangenti.
-A lavorare in ufficio.- rispose laconico, sollevando le coperte e mettendosi a letto, dando rigorosamente le spalle alla donna che gli stava accanto.
Astoria sbuffò nervosamente.
-Sì, certo, a lavorare.
Draco colse la vena sarcastica nella sua voce, e cercò disperatamente di ignorarla, concentrandosi sulla propria stanchezza, pensando con tutte le sue forze a qualcosa di bello da sognare, o tutto il lavoro che avrebbe dovuto svolgere il giorno seguente. A qualcosa che riuscisse a farlo addormentare nel giro di tre secondi, insomma.
-Comunque.- celiò nuovamente Astoria, inflessibile. –Se pensi che possa interessarti in qualche modo, oggi sono andata al San Mungo, senza di te, e dalle analisi è risultato che non sono incinta.
Un brivido corse lungo la schiena di Draco. Ancora con quella storia.
-Mi dispiace.- mormorò atono.
-Certo, ti dispiace.- sibilò velenosa.
Perché cazzo non la smetteva di fargli il verso?!
Draco strinse i denti, implorando silenziosamente che lei semplicemente si stancasse, anche se cominciava a pensare che forse era davvero rimasta sveglia fino a quell’ora solo per poterlo tormentare.
-A te non importa un accidente di me.- sbottò Astoria, cominciando a sentir montare la rabbia. Quello era l’inizio della scenata che gli avrebbe piazzato senza alcuna pietà. –Non te ne frega niente di quello che penso, di quello che provo e di quello che voglio. E’ sempre stato così.
Lui rimase in silenzio, sperando almeno che se non avesse collaborato avrebbe finito col rassegnarsi.
Non accadde.
-Io vorrei sapere cosa ti ha impedito di venire con me oggi in ospedale per sapere se almeno questa volta fossi rimasta incinta.- disse tagliente. –Quale impegno improrogabile ti ha impedito di sapere se ci fosse la possibilità di poter diventare padre?
-Avevi detto che saresti anche potuta andare da sola.- rispose senza scomporsi.
-Perché speravo che avessi il buon gusto di venire senza che fossi io a pregarti di farlo. Se non sono io a chiedertelo, tu non muovi un dito per me!
-Dovevo lavorare, Astoria. Lavorare per portare a casa il dannato stipendio.
-Come se non avessimo già abbastanza soldi! Quelli sono l’unica cosa che non ci manca.
A quel punto qualcosa scattò dentro Draco, facendolo sollevare e voltare verso Astoria.
Lei non si doveva essere aspettata una reazione improvvisa, e parve perdere un po’ di colore sotto lo sguardo furibondo che le venne rivolto.
-Se proprio vuoi sapere perché non sono venuto oggi, mia cara, è perché non ne posso più di te.- ringhiò con una voce spaventosa. –E perché non ho più intenzione di sprecare il mio tempo, le mie energie, la mia vita dietro a una causa persa.
Uno schiaffo avrebbe fatto meno male. Per un attimo nella stanza regnò il più assoluto silenzio, durante il quale Astoria lo fissò agghiacciata e ferita, prima che la lite scoppiasse più cruenta che mai.
-Pensi che io sia una causa persa?!- urlò la ragazza, scendendo dal letto, afferrando il primo oggetto che le capitò a tiro, un antico vaso cinese regalatole dai genitori come dono di nozze, e scaraventandolo sul pavimento. Il suo esile corpo fremette sotto il sottile completo di seta pregiata che indossava.
-Penso che la tua ossessione per una gravidanza che non avrai mai sia una causa persa!- urlò di rimando Draco, scendendo a sua volta dal letto e fronteggiando la moglie con cipiglio feroce.
Astoria non nascose neanche per un istante il dolore provocatole da quelle parole, così crudelmente sbattutele addosso.
-La mia ossessione? La mia ossessione?! Tutto quello che ti ho chiesto in questi due anni, l’unica cosa che ti ho supplicato di darmi, era un figlio, e tu, tu, mi hai rovinato la vita.
-Ah! Io te l’avrei rovinata?!- tuonò Malfoy, fuori di sé dalla rabbia. –E che mi dici della tua nauseante oppressione, delle tue continue scenate perché pensi che ti tradisca e del tuo insopportabile vittimismo?
-Io, vittimismo?! Ma se sei sempre stato tu a ripetermi quanto non fossi felice della vita che conducevamo!
-Perché tu mi uccidi!- gridò Draco senza più riuscire a fermarsi. –Io ero felice della mia vita, finché non ho incontrato te!
-Scusami tanto se te l’ho rovinata, ero convinta di essermi sentita dire ti amo, voglio sposarti!
-E’ stato il più grande sbaglio della mia esistenza!
Astoria lo fissò senza fiato, prima di afferrare la bacchetta che ogni sera appoggiava sul comodino accanto al letto.
-Maledetto...
Prima che Draco potesse anche solo urlarle di fermarsi, lei lo aveva già schiantato contro la sedia, facendogliela distruggere. Lanciò un urlo oltraggiato, rovinando a terra e avvertendo un dolore atroce a un braccio. Istintivamente si protese verso il comodino dove si trovava la sua bacchetta, e una volta trovata non osò lasciarla neanche quando Astoria gli lanciò contro la mano un incantesimo tagliuzzante, facendolo urlare di dolore.
Balzò in piedi repentinamente, battendo Astoria in prontezza di riflessi e lanciandole contro un’onda di energia che la proiettò dritta contro la finestra. Il rumore del vetro infranto fu sovrastato dalle sue urla.
Draco tentò di disarmarla, vedendosi però opporre un Sortilegio Scudo magistrale, prima che lei rispondesse cercando di buttargli addosso il comodino.
-Tu mi disgusti!- gridò mentre lui si prodigava a far sì che lo stesso comodino non gli finisse dritto sul cranio, facendolo invece schiantare contro la toeletta dove sua moglie sostava ore intere per rifarsi il trucco.
-Era da una vita che sognavo di farlo!- berciò quasi euforico, saltando sul letto per raggiungerla, proteggendosi dai suoi incantesimi con un Protego. –Tu sei sempre stata la mia spina nel fianco!
Scie di incantesimi volavano per la stanza, ormai del tutto fuori controllo, mentre i due coniugi procedevano con quella guerra al massacro.
Astoria indietreggiò per sfuggirgli, duellando con una foga che non si addiceva per nulla al suo comportamento, solitamente mite e pacato.
Non con lui, ovviamente.
-Tu non hai amato altro che te stesso!- sputò, facendogli volare il tappeto sotto ai piedi. Per poco Draco non si ruppe il mento, quando lo batté contro la testiera in fondo al letto. Prese una tale botta da rimanere stordito per alcuni istanti, inginocchiato per terra, a sputare sangue, visto che si era spaccato il labbro.
Astoria non perse tempo, disarmandolo e mantenendosi a debita distanza. Draco tossì forte, cercando di pensare lucidamente, vista la quantità di sangue che stava macchiando la t-shirt, i pantaloni e il pavimento. La ragazza mosse qualche passo nella sua direzione, puntandogli addosso la bacchetta, respirando rumorosamente per via del fiatone.
Bastò che fosse a un metro di distanza perché Draco sfruttasse l’effetto sorpresa, arrivandole addosso troppo in fretta per lasciarle via di scampo, torcendole un braccio e facendole cadere di mano la bacchetta.
Astoria strillò spaventata, coprendosi il volto con una mano, temendo forse che l’avrebbe picchiata.
Non lo fece. Non avrebbe mai osato alzare le mani su di lei.
Calciò via la bacchetta della moglie, e sciolse immediatamente la morsa sul suo braccio. Astoria barcollò sul posto, tremando come una foglia, prima di accasciarsi a terra e scoppiare a piangere.
Draco si appoggiò contro il letto, guardandola in silenzio, così piccola e indifesa, e provando per lei una grande pena. Sapeva che quello era lo sfogo che aveva trattenuto per tutta la giornata, da quando aveva ricevuto l’ennesimo risultato negativo al test di gravidanza.
La verità era che Astoria non poteva concepire a causa dei problemi alle ovaie che le erano stati riscontrati anni prima. Le probabilità che rimanesse incinta, avevano valutato i medici, erano del 25%. Solo un quarto.
Infinitesimali.
Da allora la loro vita era divenuta solo il pallido riflesso di quella che avrebbero entrambi voluto.
Ripensò alle cose orribili che le aveva urlato contro poco prima, e provò uno smisurato senso di vergogna e rabbia verso sé stesso. Lei non si meritava un trattamento simile.
Ignorando le fitte atroci che gli attraversavano il corpo, e il fiotto ininterrotto di sangue che ancora  bagnava le labbra, si accucciò di fronte ad Astoria, la quale piangeva nascondendosi il viso tra le mani, mentre anche il suo fisico magro fremeva scosso da lunghi brividi di dolore. Alcune schegge di vetro le erano rimaste conficcate nella carne delle spalle, e da quelle ferite nascevano lunghi rivoli di sangue.
-Perdonami.- sussurrò con tono spezzato. –Sono stato orribile.
Lei emise un singhiozzo più acuto dei precedenti, scuotendo la testa e cercando inutilmente di arrestare il flusso di lacrime.
-Hai ragione invece.- proruppe. –La mia è una causa persa.
Draco assistette impotente a quel pianto disperato, potendo solamente cercare di arginarlo attraverso un abbraccio consolatorio. Fu così che si sporse verso di lei, puntellandosi sulle ginocchia, e l’avvolse tra le proprie braccia. Astoria si aggrappò alla sua maglietta senza riserve, stringendo con forza il tessuto impregnato di sangue e continuando a piangergli sulla spalla. Draco lasciò che si sfogasse, ascoltando in silenzio i suoi gemiti sordi pieni d’angoscia.
-Perché proprio a noi?- domandò tra i singhiozzi. –Come abbiamo fatto a ridurci così...alle ombre di noi stessi?
Si scostò da Draco, cercando in lui la risposta alle sue domande, frugando nel suo volto alla ricerca di uno sguardo rassicurante, cercando forse di scorgervi l’ultima fiamma di speranza.
-Non lo so.- rispose invece.
Astoria serrò innaturalmente le labbra, cercando di non piangere, per poi essere di nuovo squassata da un singulto. Alcune lacrime ripresero a scenderle sul volto, e Draco poté solamente asciugarle con le dita, sostituendovi poi le labbra, mentre lasciava che le mani le sfiorassero gli zigomi, avvicinandola a sé con delicatezza.
La ragazza rispose al bacio con lentezza, lasciando che fosse lui a toccarla, per poi allacciare le braccia dietro al suo collo, facendo vagare una mano tra i capelli morbidi del marito.
Draco le passò un braccio sotto alle gambe, mentre con l’altro le sorresse la schiena, provocandole un lamento fioco che lo costrinse a prestare attenzione a dove metteva le mani.
-Non ti preoccupare.- sussurrò lei a fior di labbra. –Non mi fa male.
Nonostante fosse convinto del contrario, si risolse a sollevarla, compito tutt’altro che difficile vista la magrezza della donna. Senza fare caso a dove metteva i piedi la portò verso il letto, depositandovela sopra e sdraiandosi su di lei, senza mai smettere di baciarla.
Astoria cercò le sue mani, trovandole e posandole sui propri fianchi, sospirando dolcemente quando le accarezzò quei lembi di pelle. Draco le portò i capelli da un lato del viso, convincendola a voltarsi per farsi togliere le schegge che le avevano penetrato la pelle delle spalle e delle scapole. Le tolse una per una, percependo gli spasmi di Astoria ogni volta in cui era costretto a rimuoverle, prima di posare un bacio sulla ferita. Quando ebbe tolto anche l’ultimo frammento di vetro, indugiò sulla sua carne calda, respirandone l’odore, mentre le mani stringevano l’orlo del completo di seta e lo sollevavano.
Astoria sollevò docilmente le braccia, aiutandolo a svestirla, per poi reclinare la testa all’indietro, rilasciando un lungo sospiro. Una mano affondata tra i suoi capelli e l’altra stretta intorno a un seno, Draco si immerse tra le sue labbra morbide, ignorando le pulsazioni violente che la ferita al labbro gli affliggeva.
La baciò intensamente, stringendosi contro la sua schiena, beandosi di lei in ogni sua fibra, voltandola verso di sé e adagiandola su quei cuscini dilaniati dai loro incantesimi, tra le piume candide che fuoriuscivano e si impigliavano nei suoi capelli, mentre lei gli toglieva ciò che restava della maglietta, ormai più rossa che bianca, gettandola sul pavimento, e si ingegnava a sfilargli i pantaloni con l’aiuto di gambe e piedi.
Draco emise persino una flebile risata quando la sentì imprecare a bassa voce per lo sforzo che le stava costando quella complicata manovra.
Quando entrambi furono nudi, rimasero a guardarsi per un tempo che parve infinito, sfiorandosi il volto a vicenda.
-Ti amo così tanto.- bisbigliò Astoria con occhi lucidi. –Non riuscirò mai più ad amare un altro uomo come ho amato te.
Draco deglutì, avvertendo un groppo insopportabile in fondo alla gola. Si stava commuovendo, e quando Astoria se ne accorse gli sorrise teneramente.
-Ti amo anch’io.- rispose scostandole alcuni capelli dalla fronte, sfiorandole appena le tempie.
Quella fu l’ultima notte in cui fecero l’amore. Entrambi presero e donarono all’altro più che poterono, senza mai riuscire a saziarsi davvero, amandosi in modo tenero e al tempo stesso disperato.
Draco, a posteriori, non riuscì mai a spiegarsi come fu possibile che, in quasi due anni di matrimonio, fu proprio in quell’ultima notte che il frutto del loro amore cominciò a maturare. A volte il destino sapeva essere incredibilmente infame. Concedeva loro la benedizione di un figlio solo quando ormai erano entrambi andati allo sbaraglio, distrutti e a pezzi.
Se soltanto avessero aspettato un altro mese, lasciando che il tempo facesse il suo corso, se solo fossero stati ancora insieme quando Astoria scoprì di essere incinta, forse sarebbero riusciti a recuperare quanto avevano rischiato di compromettere. Avrebbero avuto qualcuno per cui continuare a lottare. O forse, invece, se fossero rimasti insieme non ci sarebbe comunque stato nessun bambino, e avrebbero finito con l’odiarsi.
Draco non l’avrebbe mai saputo.
E quando il giorno successivo si svegliò, in quella camera semidistrutta, Astoria se n’era andata, e sull’unico comodino rimasto integro dalla nottata appena trascorsa era stato lasciato un foglietto, scritto male e intriso di lacrime.
Quando Draco lesse ciò che vi era scritto, fu pervaso da un enorme senso di liberazione.
Voglio il divorzio.
 
 
Sabato sera Draco accolse in casa Alfredo, il sarto italiano che da anni confezionava abiti su misura appositamente per lui. Quella sera lo aveva raggiunto personalmente per consegnargli il completo che era stato ordinato per l’occasione e per conoscere il piccolo Billy, a cui avrebbe preso le misure per la divisa scolastica.
Billy ovviamente fu talmente timido che il padre pensò avesse perso l’uso della parola, salvo poi ricordarsi che all’inizio anche con lui si era comportato nello stesso modo.
Il bambino si dimostrò comunque docile e obbediente, eseguendo tutto ciò che il sarto gli chiedeva di fare, contento di ricevere l’approvazione di Draco.
Le misure vennero prese in salotto, davanti al caminetto dove scoppiettava un allegro fuocherello, sotto lo sguardo compiaciuto del padrone di casa e quello indifferente del gatto, che occhieggiava all’intruso con blando interesse, lo stesso che si riserva a un soggetto mai visto prima ma indegno della propria attenzione.
Alfredo lodò la postura signorile del piccolo, asserendo che “si vede che è suo figlio, signor Malfoy, oltre ad avere gli stessi occhi, avete anche lo stesso nobile portamento!”.
Dopo essersi accordati circa le modalità di pagamento, il sarto augurò a entrambi buona serata e lasciò la casa a bordo della sua auto volante, librandosi nel cielo senza preoccupazioni di sorta, dato l’incantesimo d’invisibilità applicato al mezzo.
Billy e Draco, invece, andarono in camera di quest’ultimo. Il piccolo si sistemò sulla poltrona, con Bastet accoccolato sulle gambe, mentre il padre provvedeva a cambiarsi d’abito, sostituendo agli abiti casalinghi il completo da sera. Quella sera si era concesso un bagno caldo, anziché la solita doccia frettolosa, e in quel momento era la quintessenza dell’atarassia.
Un volta toltosi i vestiti e rimasto spudoratamente in boxer aprì la confezione dell’abito, e, sotto lo sguardo attento di Billy, si sedette sul bordo del letto, infilando per prima cosa le calze di seta nera alte fino al ginocchio, che sconvolsero a dir poco il bambino, tanto che le paragonò a quelle che a volte metteva anche la mamma.
-Le calze delle donne arrivano più in alto.- spiegò distrattamente Malfoy. –A volte fino alla vita, altre fino a metà coscia.
Quando indossò le braghette, di un pregiato tessuto nero, Billy ebbe da ridire a proposito delle bretelle, suscitando la perplessità dell’uomo, che non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto divertente in un completo provvisto di bretelle.
-Ma Alfredo non ti guarda mentre ti vesti?
-Non ce n’è bisogno. Questo abito l’ho provato anche altre volte, sa già come mi calza.- rispose pazientemente, mentre provvedeva a indossare la camicia di lino bianca, nascondendo le bretelle e rivoltando i polsi verso l’esterno per poi chiuderli con gemelli d’oro appartenuti a suo padre. Sistemò la camicia dentro i pantaloni, lisciandosela addosso come una seconda pelle, ammirando lo sparato nel riflesso dello specchio e apprezzando il modo in cui risaltava l’ampiezza della spalle.
Era sempre stato maledettamente vanitoso.
Quando il momento di auto adorazione terminò, passò a mettere le scarpe di cuoio nero e lucido, allacciandole con gesti rapidi che catturano magneticamente lo sguardo del piccolo.
Trascorso un altro quarto d’ora abbondante, Malfoy poteva dire ultimato il rituale del vestimento. Si guardò un’ultima volta allo specchio. I capelli erano stati tirati indietro col gel, facendolo sentire nuovamente il ragazzino di undici anni che voleva apparire impeccabile anche nella vita quotidiana. A volte gli mancavano quei capelli perfettamente ordinati.
Billy lo fissava come se a stento lo riconoscesse. Quando gli fu chiesto cosa ne pensava, borbottò che lo preferiva di gran lunga in versione casalinga, per poi essere liquidato con un “Taci nanerottolo Magonò, non capisci niente”.
Nel momento in cui il campanello suonò e Draco andò ad aprire di persona, alla nuova governante, che altro non era che una  ragazza di ventitré anni, sfortunatamente babbana (per questo non era stato l’elfo a riceverla), mancò poco che si slogasse la mascella, tanto aveva aperto la bocca.
-Prego, entri pure.- la invitò educatamente Malfoy, facendo il perfetto padrone di casa. La ragazza entrò, decisamente intimidita da quell’uomo con l’aspetto di un vero Lord.
-Io sono Linda.- si presentò impacciatamente, lanciando significative occhiate lungo tutta la superficie del suo torace.
Draco sogghignò silenziosamente, facendole fare un veloce giro della casa e poi accompagnandola in camera del bambino, dove Billy stava portando a termine alcuni compiti seduto alla scrivania.
-Marmocchio, ti presento Linda, la tua nuova governante.
-Baby sitter.- lo corresse lei timidamente. –Ciao Billy.- aggiunse, sorridendo amichevolmente al bambino, rimasto seduto sulla sedia, a osservarla in silenzio.
Lui non rispose, ovviamente, ma sollevò una mano, sventolandola in segno di saluto.
-Lui è sempre un asociale con chi ancora non conosce.- spiegò Draco. –Vedrà che entro due o tre anni comincerà a rivolgerle la parola.
La ragazza gli rivolse uno sguardo sgomento.
-Noi siamo rimasti d’accordo che può rimanere alzato fino alle dieci a guardare i cartoni animati, poi deve andare a letto. Se lei volesse riposarsi, può usare la stanza degli ospiti in fondo al corridoio.
-Il bambino ha già cenato?
-No, ma l’elfo ha lasciato la cena nel frigo.
Quasi si morse la lingua da solo quando notò lo sguardo perplesso della giovane.
-L’elfo?- domandò interdetta.
-Sì...ehm...l’elfo sarebbe la domestica.- inventò di sana pianta. –Noi la chiamiamo così perché ha le orecchie a punta e...beh, direi che è tutto. Vuoi aggiungere qualcosa, Marmocchio?
Billy scosse la testa, scendendo dalla sedia e avvicinandosi a loro due.
-Ti va di guardare Hercules?- domandò alla baby sitter con una vocina sottile.
Lei annuì, decisamente più a suo agio con lui che con il padre.
-Ma certo.- accondiscese dandogli un buffetto sulla guancia.
Draco si prestò umilmente al patetico teatrino dei baci sulla guancia, per poi lasciare che fosse il pargolo a finire di fare gli onori di casa. Lui tornò in camera, indossò la giacca, aggiungendovi il fazzoletto da taschino, e annodò il papillon. Era perfettamente in orario con la tabella di marcia.
Quando fu sul punto di uscire mise una sciarpa di lana bianca per proteggersi dal gelo della sera,  il soprabito e i guanti.
Venti minuti dopo si fermava davanti alla casa della Granger. Draco percorse le ormai conosciute scalette, suonando al campanello a preparandosi ad aspettare a tempo indeterminato.
Invece, sorprendentemente, la porta si aprì dopo una manciata di secondi, e la Granger comparve circa otto centimetri più alta di quanto la ricordasse.
Era bella da togliere il fiato.
Draco si sentì esattamente come si era sentita Linda quando se lo era ritrovato davanti all’improvviso. Solo che la Granger, non molto abituata a essere mangiata con gli occhi, divenne tutta rossa, abbozzando un sorrisetto di circostanza e inclinando il capo, fissando con molto interesse il pavimento lastricato ai loro piedi. Quella sera i capelli non cadevano sulle spalle ricci e ribelli, ma erano stati fermati sulla nuca con un elaborato chignon cinto da una treccia che doveva aver richiesto parecchio tempo di lavoro. Il viso era scoperto e pulito, con poco trucco a risaltare la grandezza dei suoi occhi castani e la lunghezza esagerata delle ciglia. Non aveva aggiunto altro, se non un piccolo paio di orecchini dorati che le impreziosivano il volto.
Malfoy deglutì, rischiando di strozzarsi con la saliva, per poi tentare di improvvisare un sorriso che non lo facesse apparire simile a un maniaco sessuale.
-Sono a corto di parole.- ammise un po’ impacciato.
-Meglio così.- assicurò lei. –Non avrei retto l’imbarazzo.
Draco non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Le porse galantemente il braccio, prendendola a braccetto e scortandola fino all’auto, dove le aprì galantemente la portiera. Hermione gli rivolse un’occhiata divertita, precedendolo all’interno dell’auto e sistemandosi il lungo cappotto nero con cui si era riparata dal freddo.
Lui le si sistemò accanto, ancora impegnato a cercare il giusto complimento da rivolgerle.
-Stai risvegliando in me desideri sopiti.- buttò lì con nonchalance, cercando di cogliere la reazione di lei con la coda dell’occhio. L’effetto che quella confessione provocò alla Granger fu simile a un’autocombustione. Non avrebbe mai pensato di apprezzare il modo in cui le si imporporavano le guance tutte le volte in cui si sentiva a disagio per un suo complimento.
-Cosa consiglia di rispondere il bon ton quando il Purosangue per eccellenza si abbandona a simili dichiarazioni?- domandò retoricamente, osservando la città che scorreva oltre il finestrino.
-Beh, per esempio potresti dire che non appena mi hai visto a stento ti sei trattenuta dallo sbattermi contro la porta di casa tua.
Lei scoppiò a ridere, una risata genuina e fragorosa, che non aveva mai pensato potesse essere tanto piacevole. Era abituato a risatine soffocate e leziose, sempre contenute. Nessuna delle donne con cui aveva condiviso il proprio letto aveva mai riso in maniera così spontanea, forse per timore di irritarlo, forse perché semplicemente si trovavano a proprio agio dietro le loro risatine forzate. E così come comprese quanto fosse vera la risata della Granger, allo stesso modo non se ne sentì offeso, perché quella era un risata di stupore, quella di una Mezzosangue che non avrebbe mai pensato di poter scherzare in quel modo malizioso e spensierato con un Purosangue che per anni aveva a stento tollerato di respirare la sua stessa aria.
-Bel vestito.- disse infine, pratica e rossa in viso.
Nell’abitacolo risuonarono nuovamente le risate di entrambi, per poi spegnersi e lasciare il posto a un silenzio sereno e scevro di imbarazzo. Nessuno dei due sembrava ansioso di trovare nuovi argomenti di conversazione, e per alcuni attimi su udì solo il rumore delle gomme che correvano sull’asfalto.
-A proposito.- disse poi Draco, ricordandosi di una cosa importante. –Il Marmocchio ti manda i suoi saluti.
Gettò uno sguardo a Hermione, vedendola sorridere al pensiero di Billy.
-Portagli i miei. Sei riuscito a trovare una baby sitter?
-E’ una ragazza babbana che si è presa una cotta per me.- si vantò.
-Il solito modesto.- celiò la Granger senza fare una piega. –E a scuola come procede?
Avrebbe voluto risponderle, ma proprio allora giunsero a destinazione.
-Dovremo rimandare queste chiacchiere private a un altro momento.-  annunciò scendendo dall’auto e andando ad aprirle la portiera, per poi cedere le chiavi dell’auto a un cameriere in uniforme col compito di parcheggiare le auto degli ospiti.
Hermione si guardò intorno con aria disorientata. Davanti a loro si ergeva un imponente edificio risalente ai primissimi anni del novecento.
-Ma questo...
-E’ l’Hotel st. Ermin.- confermò Malfoy.
-Ma è un hotel babbano.
-Lo credevo anche io, e invece il proprietario è un mago, e anche facoltoso uomo d’affari molto apprezzato oltreoceano, con antenati Purosangue imparentati con i Zabini. Credo abbiano un trisavolo in comune nell’albero genealogico.
-Come si chiama?
-Chris O’Donnell. Non lo conoscevo perché la sua famiglia non è sopravvissuta a lungo alla contaminazione del sangue puro.
-Mezzosangue?- domandò tagliente la ragazza.
-Babbani.- corresse Draco, prendendola sottobraccio e conducendola oltre l’ampio cancello di ferro battuto, attraversando il piccolo cortile da cui era stata spalata la neve, che invece riposava sui tetti e sui davanzali delle numerose finestre, facendo sembrare l’hotel simile a un castello incantato.
Furono accolti da un cameriere in uniforme rossa, il quale aiutò Hermione a togliersi il soprabito, mentre un secondo riceveva il cappotto, la sciarpa e i guanti di Malfoy.
Rimasta priva del soprabito, la Granger era semplicemente favolosa. Draco era certo che avrebbe finito col consumarla, visto che non sarebbe più riuscito a distogliere lo sguardo.
L’abito che indossava era lungo, elegante e sobrio, ma al tempo stesso non passava inosservato. Le fasciava il fisico in modo perfetto, risaltando la curva sottile dei fianchi e la circonferenza magra della vita, avvolta da una fascia nera lucida con motivi dorati che arricchivano il vestito.  La parte superiore, simile a un corpetto privo di maniche, era uno sfavillio di lucentezza e riflessi sgargianti che spezzavano la monotonia del nero sottostante. Avvicinandosi notò che non erano altro che piccole paillettes dorate cucite insieme, ma l’effetto era a dir poco sensazionale.  Attirava più sguardi la Granger di tutte le altre donne presenti all’ingresso.
Lei pareva a dir poco incantata dal lusso dell’ambiente, tanto da aver dimenticato l’imbarazzo provato fino ad allora. Fece un rapido giro su sé stessa, un’espressione di infantile meraviglia a percorrere ogni tratto del viso, dando così modo a Malfoy di ammirare una bellissima porzione di schiena candida che l’abito lasciava scoperta.
-Hermione!
La voce familiare proveniva dalle loro spalle. I coniugi Potter avevano appena fatto il loro ingresso in qualità di ospiti d’onore, visto che il Salvatore del Mondo Magico era anche uno dei soci più importanti all’interno della fondazione che si batteva a favore dei diritti dei lupi mannari. Entrambi stavano fissando la Granger come se si trattasse di un miraggio. La prima a riprendersi dallo shock fu la moglie.
-Sei incantevole.- ammise andandole incontro e abbracciandola. –Quasi non ti riconoscevo in abiti femminili!
-Sei sempre la solita.- ribatté allegra l’altra, scuotendo la testa con aria rassegnata.
Potter rivolse un’occhiata basita a Malfoy, il quale rispose con una specie di grugnito, per poi avvicinarsi all’amica, squadrandola come se la vedesse per la prima volta.
-Hermione.- annunciò, ritrovando l’uso della parola. –Sei esageratamente bella.
Draco assistette a un galante e goffo baciamano del ragazzo, a cui l’amica rispose abbozzando un inchino scherzoso, e non poté fare a meno di sentirsi vagamente spodestato delle sue attenzioni per causa di Potter. Le sue futili paranoie, però, si rivelarono tali quando la strega tornò a rivolgersi a lui con uno sguardo carico d’aspettativa. Draco le offrì il braccio, su cui lei poggiò la sua mano diafana, lasciandosi guidare verso la sala dove si sarebbe svolta l’asta.
 
Quattro ore più tardi, Draco era a casa.
Il buio accogliente lo avvolse come una coperta, facendogli accusare di botto la stanchezza e lo stress accumulato in quella giornata.
Si sfilò il soprabito con gesti lenti, per poi salire le scale e dirigersi verso la camera degli ospiti, dove trovò Linda, seduta sul letto con un libro tra le mani.
Le chiese come si fosse comportato Billy, e lei rispose che era stato un angelo per tutto il tempo. Avevano giocato a carte e guardato la televisione, e alle dieci, come previsto, lo aveva messo a letto.
Quando Draco fece per accompagnarla alla porta lei insistette perché non lo facesse, così si limitò a seguirla con lo sguardo rimanendo in cima alle scale. Fu allora che diede una mandata alla porta con un incantesimo non verbale, per poi raggiungere la propria stanza, dove ad attenderlo sotto il piumone c’era un fagotto addormentato. Per non disturbare il sonno di Billy, accese la bacchetta con un Lumos, per poi riporla sul comodino, puntata verso di sé così da riuscire a distinguere gli oggetti nell’oscurità.
Tolse le scarpe senza curarsi di slacciarle, per poi sedersi sul bordo del letto mentre provvedeva a sbottonarsi la camicia. Il materasso cigolò impercettibilmente, ma il suo lieve inclinarsi fece svegliare il bambino, che emise un flebile lamento, prima di scorgerlo a dargli le spalle.
-E’ mattina?- domandò con voce impastata di sonno.
-No, non ancora. Rimettiti a dormire.- lo tranquillizzò Draco.
-Mi hai salutato Hermione?
Il piccolo parlava a occhi chiusi, tanto era stanco. Il mago sbuffò, asserendo che sì, gliel’aveva salutata e gli mandava tantissimi baci. Quando si fu messo il pigiama e si fu infilato sotto le coperte, Billy, muovendosi nel suo stato di sonno comatoso, gli si appoggiò addosso, circondato dal braccio del padre, che rimase a osservarlo mentre dormiva, ripensando alla serata appena trascorsa.
Lui ed Hermione avevano assistito all’asta per circa un’ora, ridendo sommessamente ogni volta in cui venivano esposti alcuni tra gli oggetti più strampalati che avessero mai visto, molti dei quali provenivano da altri continenti ed erano privi di qualsiasi utilità. La ragazza si era letteralmente sciolta soltanto quando era stato presentato il disegno preparatorio del quadro di un famoso pittore babbano a lui sconosciuto, e di cui sinceramente non ricordava neanche il nome, nonostante Hermione glielo avesse ripetuto una decina di volte. Il quadro fu uno dei pochi oggetti a non essere venduti, e Draco poteva benissimo capire il perché, visto che era sia un manufatto babbano, sia una semplice stesura. Poco prima che l’asta terminasse, loro erano sgattaiolati fuori dalla stanza, uscendo nel piccolo cortile che avevano attraversato per entrare, dopo che Draco aveva ceduto cavallerescamente la propria giacca alla ragazza. Lì avevano ripreso il discorso interrotto al loro arrivo sulla scuola elementare di Billy, chiacchierando a bassa voce per non essere uditi. A vederli li si sarebbe potuti definire come due amici di vecchia data, tanto erano fitti i loro discorsi.
Draco le aveva raccontato di come Billy fosse tornato entusiasta dal primo giorno di scuola, tartassandolo pomeriggio e sera con il resoconto di quello che avevano fatto in classe, e impedendogli di svolgere in pace il proprio lavoro, visto che ogni volta gli chiedeva di ripetere quello che gli aveva appena detto per testare il suo grado d’attenzione. Non si era ancora fatto degli amici, ma sosteneva che la maestra fosse buona e simpatica, e che era rimasta a fargli compagnia durante la ricreazione. La ragazza lo aveva ascoltato divertita, per poi confessargli quanto si fosse sentita sola il giorno in cui aveva messo piede a Hogwarts per la prima volta, spersa in quel mondo di cui non aveva mai sentito parlare e senza la presenza rassicurante di suo padre vicino. Draco non si era mai fermato a riflettere su come ci si dovesse sentire in simili frangenti, visto che lui già all’epoca poteva dire di conoscere Hogwarts nonostante non ci fosse mai stato. Chissà quanto aveva sofferto, la Granger, lontana dalla propria casa, dai propri cari, in quella scuola dove la gente come lei era considerata da molti immeritevole di frequentarla. Aveva provato una spiacevole sensazione di amarezza alla bocca dello stomaco, mentre ripensava agli insulti gratuiti che le aveva rivolto per anni. A distoglierlo da quei cupi pensieri era stata la mano della Granger, posata sul suo avambraccio, mentre la ragazza domandava da dove provenissero le note soffuse di una melodia da pianoforte.
-Mi sono dimenticato di dirti che ci sarebbe stato un rinfresco con musica.- aveva spiegato precedendola verso la fonte di quel suono, in una stanza contigua a quella dove si era svolta l’asta, dove un lungo tavolo da buffet offriva primizie ai convitati, mentre al lato opposto della sala un giovane in frac si esibiva magistralmente ad un enorme pianoforte a coda.
A quel punto invitarla a danzare era stato un gesto naturale.
-Non dormi?
Billy si era svegliato di nuovo, e lo stava guardando con gli occhi velati di stanchezza. Draco si sdraiò in una posizione più comoda, per poi tirarsi il piumone fino sulle spalle e sbadigliare profondamente. Allungò una mano verso la bacchetta, sussurrando uno stanco Nox.
 
 
-Grazie per la bellissima serata. Poche volte mi sono divertita così tanto.
-Figurati Granger, è stato un piacere farmi pestare i piedi da te.
Hermione scoppiò a ridere, rinnovando le scuse per averlo quasi reso zoppo durante la performance sulla pista da ballo. Quando si furono spente le loro risate, il silenzio della via tornò a regnare sovrano, ed entrambi seppero che dovevano lasciarsi.
-Alohomora.- sussurrò Hermione puntando la bacchetta contro la porta.
-Credo che tu sia l’unica strega che preferisce chiudere la porta di casa con un incantesimo pur di non doversi portare dietro una pochette.
-Odio le borse.- ammise entrando e accendendo la luce all’ingresso. –In questo sicuramente non sono l’unica strega, ma anche l’unica donna.
-Sei l’unica in molte cose.- sussurrò Draco, a voce troppo bassa perché lei potesse sentirlo.
Si guardarono negli occhi, leggendo in quelli dell’altro la consapevolezza di dover andare e la voglia di restare ancora insieme. Draco sapeva che gli sarebbe bastato fare un passo in avanti e superare la soglia per poterla prendere, colmando il desiderio bruciante che lo aveva assalito dal momento in cui l’aveva vista diverse ore prima.
-Beh.- mormorò lei, incerta. –Io potrei invitarti a entrare, ma...
Trasse un profondo respiro, sforzandosi di non immaginarsi mentre la prendeva contro la prima superficie liscia che avesse trovato in quella stanza.
Non. Ci. Doveva. Proprio. Pensare.
-A casa qualcuno mi aspetta.- disse soltanto.
-Lo immaginavo.- rispose dolcemente. –Buonanotte Malfoy.
La mano di Draco passò dietro il suo collo, fermandosi sulla nuca. Quando le loro labbra si incontrarono, lei aveva già chiuso gli occhi.
Buonanotte Hermione.
 
 
Gennaio giunse agli sgoccioli in un batter d’occhio, e il nuovo mese si preannunciava tra i più ostili degli ultimi dieci anni. Draco si era sinceramente stufato di dover continuare a farsi tè caldi per curare il tremendo raffreddore che lo tormentava da una settimana a quella parte, facendolo somigliare a una specie di pagliaccio, data la colorazione rubizza che aveva assunto su naso e guance. Per non parlare degli occhi, umidi oltre il normale, che lo facevano sembrare costantemente sul punto di piangere.
E dulcis in fundo, gli starnuti. Billy un giorno aveva tenuto il conto, ed era risultato che in tutto l’arco della giornata, dalle otto del mattino fino alle otto di sera, Draco aveva starnutito ventidue volte, raggiungendo il picco massimo di sette starnuti consecutivi.
Malfoy, in quel momento, stava per l’appunto maledicendo il tempo, nel mentre si soffiava il naso ormai dolorante. Ai suoi piedi, Billy, Maya e Albus erano impegnati in una sessione di disegno e c’era da chiedersi come avrebbe fatto la Granger a portargli il tè senza rompersi l’osso del collo, vista la massa abnorme di pennarelli e matite sparpagliati per terra.
Billy se ne stava comodamente sdraiato a pancia in giù, tutta la sua concentrazione convogliata sul foglio di carta bianca su cui stava disegnando e sfogata, in modo inconsapevole, con la lingua infilata tra i denti.
Accanto a lui Maya preferiva utilizzare le matite al posto dei pennarelli, prediligendo la delicatezza di colori più pallidi a tonalità nette. Albus, invece, disegnava utilizzando indistintamente matite e pennarelli, beccandosi continui rimproveri da parte della cugina perché la spuntava tutte le matite.
In tutto ciò, Malfoy doveva sorvegliarli e assicurarsi che non si facessero del male finché la Granger non fosse tornata dalla cucina.
Li scrutò uno a uno, domandandosi in che modo, nell’arco di cinque minuti, avrebbero potuto farsi del male. Va bene che due su tre erano figli di Grifondoro, e non di due Grifondoro qualsiasi, e che quindi fossero geneticamente destinati a cacciarsi in guai in cui avrebbero avuto buone probabilità di tirare le cuoia, ma era scettico che ciò potesse accadere in quelle circostanze. Sempre che a qualcuno non fosse saltato in mente di ficcarsi una matita su per il naso o di ingoiare il tappo di un pennarello, naturalmente. Il suo compito, dunque, era accertarsi che ciò non avvenisse.
Tuttavia non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo quando la Granger riapparve tenendo tra le mani un vassoio con due tazze e una teiera fumante. A seguirla con aria annoiata c’era il pestifero James, troppo scalmanato per potersi limitare a disegnare e starsene buono come i cugini.
Hermione diede un rapido sguardo al percorso a ostacoli che avrebbe dovuto superare per giungere illesa al divano, per poi schivarli tutti con disinvoltura, guadagnandosi un’occhiata ammirata del mago.
-Ti ho preparato una tisana di erbe aromatiche.- disse appoggiando il vassoio su un tavolino appositamente avvicinato al divano e versando l’infuso nelle due tazze. Draco osservò la propria arricciando le labbra in una smorfia di vago disgusto. Lui odiava tutto ciò che fosse tè, camomilla o tisana. Hermione ridacchiò scorgendo la sua espressione, mentre sollevava la tazza facendo attenzione a non scottarsi e bevendo un piccolo sorso.
-Ho sempre pensato che fosse roba da vecchi.- mugugnò Malfoy, poco convinto anche dall’odore che si sprigionava dal liquido ambrato.
-Te l’ha mai detto nessuno che sei davvero schizzinoso?- ritorse la ragazza, facendo spazio sul divano a James, che ci si sdraiò sopra, appoggiandole il capo sul grembo e indirizzando i piedi verso Draco.
Molto simpatico.
-Te l’ha mai detto nessuno che sei pedante?- le fece il verso , occhieggiando a quei piedi in modo ostile.
-Fai più capricci di James.- si intromise la vocetta petulante di Maya, facendogli definitivamente alzare gli occhi al cielo, e suscitando il fastidio del cugino, che sentendosi provocato pensò bene di farla sbafare di proposito con la sua magia infantile.
-Jamie!- strillò Maya davanti al suo lavoro ormai compromesso.
Draco si immobilizzò, trattenendo sul nascere un nuovo starnuto, troppo preso a fissare l’allarmante espressione che stava congestionando la faccia della bambina.
-Passami il foglio, tesoro.- si affrettò a dire Hermione, determinata a scongiurare un suo imminente pianto. –Te lo sistemo io.
Maya sollevò il disegno con mano tremante, ma prima che glielo passasse, Billy si sporse verso di lei, guardandolo di sfuggita.
-Ma così è più bello.- osservò con tono professionale. La piccola rimase con le braccia tese verso Hermione, il foglio sospeso a metà strada.
-Davvero?- domandò stupita.
Billy glielo giurò.
-Allora, cosa vuoi che faccia?- domandò Hermione con la bacchetta pronta all’uso.
-Mmh, non fa niente, se a Billy piace lo lascio così.- disse Maya stringendosi nelle spalle.
Subito la Granger si voltò verso Draco con occhi scintillanti, come a cercare la sua approvazione davanti a una così smaccata prova d’amore fanciullesco. Draco tentò di soffocare una smorfia nauseata.
-Sono così carini.- mormorò lei senza risparmiarsi.
-Sono così diabetici.
Lei finse di non averlo udito, continuando a sorseggiare la tisana e accarezzando distrattamente la testa di James.
-Draco.- lo chiamò Maya, in piedi davanti a lui. –Ti piace la mia farfalla?
Lui non fece in tempo a realizzare cosa gli stesse domandando che si ritrovò a due palmi dal naso il disegno della bambina, una enorme farfalla coloratissima con un’ala dall’aria malconcia. Guardando con più attenzione capì che era stato in quel punto che la matita di Maya aveva preso vita propria, deturpando appena l’opera nel suo insieme.
Non riuscì ad esprimersi, grazie al cielo, perché gli venne da starnutire.
-Bevi la tisana, Malfoy.- lo ammonì severamente Hermione, porgendogli la scatola di fazzoletti che aveva abbandonato sul divano, compressa tra la schiena di James e lo schienale.
-Mi sento un relitto umano.- si lagnò senza alcun ritegno.
Maya era sempre in attesa paziente di un suo parere, quando a lei si aggiunse anche il piccolo Albus, mostrandogli uno scarabocchio orrendo e pretendendo che gli dicesse cosa ne pensava.
Ma perché volevano a tutti i costi un suo parere?
-Sono belli entrambi.- mentì spudoratamente, per poi nascondersi dietro un altro fazzoletto.
-Ma come si fa per far passare il raffreddore?- domandò Albus innocentemente, cercando un punto in cui poter salire sul divano senza dover per forza rischiare di essere spinto giù dal fratello. Alla fine trovò che la cosa ideale fosse arrampicarsi sulle ginocchia di Draco, che lo lasciò fare in preda all’incredulità per una simile sfrontatezza. Quando poi gli si appollaiò beatamente sulle gambe, reclinando il capo sul suo torace, per poco Hermione non scoppiò a ridergli in faccia.
-Aspetta che lo racconti a Harry.- sghignazzò esilarata al solo pensiero.
-Granger, non osare...e smetti di ridere!
Di riflesso, lei rise più forte.
-Cosa devi raccontare a papà?- domandò Albus senza capire il loro scambio di battute. Sollevò il capo verso Draco, il quale stava rigorosamente evitando il contatto con quell’esserino, e attese che gli rispondesse.
-Io e tuo padre ci odiamo.- disse piattamente.
-Non è vero, Al, tuo padre e Malfoy non si odiano.- lo contraddisse Hermione. –Si sono odiati, che è diverso.
-Papà non odia nessuno.- disse il bambino, lanciandosi in una difesa a spada tratta del padre. –Anche perché gli ho detto che sei mio amico.
Il gemito strozzato di Malfoy fu sopraffatto dagli ululati della Granger.
Quando finalmente la ragazza si acquietò, dopo aver spianato a dovere la dignità del Serpeverde, appellò con la bacchetta una piccola scatola argentata posata sul tavolo del salotto.
-Ho una cosa per te, Malfoy.- disse cominciando ad aprirla. Subito James si tirò su, incuriosito da quello che aveva tutta l’aria di essere un regalo, mentre anche Albus si protendeva per riuscire a capire cosa fosse. Persino Billy e Maya abbandonarono i propri disegni, avvicinandosi alla ragazza con interesse.
Hermione tirò fuori dalla scatola due minuscoli oggetti che Draco non aveva mai visto in vita sua.
-Sono cellulari.- spiegò la giovane, in risposta al suo sguardo perplesso.
-Roba babbana.- sentenziò Malfoy in tono scettico.
-Sì, e non c’è bisogno di sottolineare l’ovvietà.- ribatté tranquilla. –Li ho presi per te e per Billy.
Il bambino, sentendosi chiamato in causa, apparve di colpo molto affascinato dal cellulare. Draco ebbe la sensazione che anche per lui fosse la prima volta che vedeva qualcosa di simile.
-Ho pensato che vi serve qualcosa in grado di mantenervi in contatto, e visto che Billy non può usare Specchi Comunicanti...beh...i cellulari funzionano là dove fallisce la magia.
Quell’ultima frase fu pronunciata con studiata lentezza e accompagnata da un sorrisino trionfale tutto per Malfoy.
-Come funzionano?- domandò Billy, prendendo in mano uno dei due cellulari.
-E’ semplicissimo.
Hermione si protese in avanti, afferrando Billy sotto le ascelle e mettendoselo in braccio, così da potergli mostrare i pochi e semplici passaggi.
-Basta che tu pigi il tasto “rubrica”.- e indicò al bambino il relativo tasto. –Dopodiché ti appariranno due soli nomi, il mio e quello di Malfoy.
-Di Draco.- corresse il piccolo, leggendo il nome con cui la strega aveva salvato il numero in rubrica.
-Sì, certo...di Draco.
Quella era la prima volta in cui Malfoy la udì pronunciare il proprio nome. Lo disse a voce bassa, arrossendo appena ed evitando di volgere lo sguardo nella sua direzione, ma lui non poté fare a meno di avvertire un brivido lungo la schiena quando udì la sua voce calda e gentile che lo chiamava per nome.
Non aveva mai immaginato che potesse suonare così bene sulle labbra della Granger. Ma del resto, lui stesso l’aveva chiamata per nome alcune settimane prima, quando si erano salutati sulla porta di quella stessa casa dopo la serata trascorsa insieme all’asta di beneficienza.
E anche se da allora aveva ripreso a chiamarla con l’usuale e affezionato “Granger”, non aveva dimenticato la pienezza del suo nome, e la melodia che esso produceva. Aveva sempre pensato che il nome “Hermione” fosse qualcosa di ridondante e terribilmente rigido, un po’ come lei era sempre stata nei suoi confronti. E invece si era reso conto che aveva anche una nota di dolcezza al proprio interno, verso la fine, con quel “mione” che ricordava un po’ il verso del gatto.
Draco si riscosse dallo stato di trance in cui era sprofondato quando la Granger gli sventolò una mano davanti agli occhi.
-Ci sei, Malfoy?
Draco sbatté le palpebre un paio di volte, focalizzando la vista sul cellulare che James gli stava porgendo.
-Ti stavo giusto dicendo che avete due soli numeri in rubrica: il mio e i vostri. Per telefonarvi basterà selezionare il nome della persona che intendete chiamare e pigiare il tasto verde.
-Quindi, se io voglio chiamare il Marmocchio, devo selezionare il nome “Billy” e premere il tasto verde.- ricapitolò Draco, eseguendo i passaggi mentre li ripeteva. Quasi immediatamente il telefono del bambino cominciò a vibrare, mentre una musichetta fastidiosa risuonò per la stanza.
-Più facile di quel che sembra.- gongolò la Granger. –Nella scatola ci sono anche le ricariche per quando finirà la batteria. Li dovete collegare a una presa elettrica. Ce l’hai in casa, vero Malfoy?
-Certo.- sbuffò indispettito. –Sarò anche un Purosangue, ma non sono un cavernicolo.
-Ma quindi io posso chiamarti ogni volta che voglio?- domandò Billy speranzoso, ricevendo una dolcissima carezza sul viso.
-Certo tesoro, ogni volta che vuoi.- assicurò, dandogli poi un bacio sulla fronte.
-Anche io lo voglio.- urlò James, agitandosi sul divano e ficcando la testa sotto il braccio della ragazza, la quale sospirò esasperata e diede un bacio anche a lui, tenendolo stretto a sé.
-Anche io lo voglio!- strillò Albus.
-Vieni qui allora.
-No, non lo voglio da te, lo voglio da Draco!
Inutile dire che la Granger rise ininterrottamente per i successivi tre quarti d’ora.
 
 
-Perché lo hai fatto?
-Che cosa?
-Non fare la finta tonta.
Draco ed Hermione erano da soli in cucina, a restituire un po’ di pace ai timpani che i bambini avevano quasi sfondato con le loro urla isteriche.
In quel momento Hermione stava sciacquando le loro tazze da tè e quelle in cui i piccoletti avevano bevuto la cioccolata pomeridiana, per poi passarle a Draco che provvedeva ad asciugarle con un panno pulito, intervallando con qualche soffiata di naso.
-Perché ricordo cosa successe quando tua madre provò a farti parlare con Billy attraverso lo Specchio Comunicante.
Passò una tazza umida a Draco. Nel prenderla, le loro dita si sfiorarono appena. Entrambi rimasero a guardarsi negli occhi, in silenzio, mentre il ricordo del loro bacio riaffiorava prepotentemente.
-Grazie.
Le parole di Draco spezzarono quello strano attimo di tensione, ed Hermione ritrasse la mano, passando a lavare la tazza successiva con particolare enfasi.
-Non avresti dovuto.- aggiunse con tono calmo.
-Mi stai ringraziando o è un modo per dirmi che non devo più impicciarmi nei tuoi affari?- ribatté lei senza interrompere il proprio lavoro e senza guardarlo.
Draco rimase in un silenzio che parlava da sé.
-Senti...- disse allora Hermione, chiudendo il getto d’acqua e asciugandosi le mani con il panno umido usato da Draco. –Non dare al mio gesto più valore di quanto ne abbia in realtà. Io non voglio immischiarmi nelle tue faccende private, ma quei cellulari sono l’ideale per permettere a te e Billy di essere sempre in contatto senza bisogno della magia, e li ho comprati io perché tu non l’avresti fatto, visto che neanche sapevi della loro esistenza. Il mio è stato un gesto d’amicizia, tutto qui.
-E perché allora hai salvato nella rubrica anche il tuo numero?
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-Dio, Malfoy, quanto sei sospettoso! L’ho fatto perché anche io ho un cellulare, e quello era un modo per farti sapere che, in caso di necessità o per qualunque evenienza, tu e Billy potete contare su di me.
Gli rivolse un sorriso nervoso, chiaramente imbarazzata per essere stata costretta a dire a parole ciò che sperava fosse desumibile con i fatti. Draco rimase a guardarla in un silenzio assorto. Dal salotto giungevano smorzate le voci allegre dei bambini che giocavano, stonando con l’aria inquieta che aleggiava in cucina. Improvvisamente Draco si avvicinò a Hermione, posandole una mano sul fianco.
Se uno starnuto avesse osato rovinare l’atmosfera…
Gli occhi di lei si allargarono impercettibilmente, e il respiro si fece più accelerato.
La fece appoggiare contro il bordo del mobile al centro della cucina. Le mani della ragazza si strinsero sul legno del ripiano, i suoi occhi incatenati a quelli di Draco e un’espressione di trepida attesa incisa su ogni tratto del viso.
La mano del giovane risalì lenta, seguendo il profilo del fianco e spostandosi dietro la schiena, in basso, proprio sull’orlo del maglione bianco che indossava quel giorno. Lì si fermò, senza osare scendere al di sotto di quel ruvido tessuto di lana, e scoprire quanto fosse morbida e calda la sua carne.
Gli occhi di Hermione adesso erano scuri come terra bagnata.
Lentamente, portò l’altra mano all’altezza del suo viso, lambendole il collo e gli zigomi.
-Hai della schiuma sul viso.- mormorò Draco, sfiorandole la pelle vicino alle labbra. –Dovevo toglierla.
Nello stesso istante in cui Hermione gli afferrò i lembi della camicia per poterlo baciare, il campanello suonò.
Entrambi sussultarono, mentre le voci dei bambini si avvicinavano pericolosamente.
Quando i quattro pargoli entrarono nella stanza, Hermione stava rimettendo le tazze nell’armadio, mentre Draco, impalato nel mezzo della cucina, pareva alquanto preso dalla contemplazione delle proprie scarpe.
-Qualcuno ha suonato al campanello, zia Hermione!- dichiarò Albus.
Hermione finse di cadere dalle nuvole.
-Davvero?
La sua voce vibrava.
Maya, Albus e James la prelevarono in massa, accompagnandola all’ingresso. Rimasti soli, Billy si avvicinò al padre, guardandolo con attenzione.
-Stai bene?- domandò con un lieve accenno di preoccupazione.
-Certo, perché me lo chiedi?- ribatté Draco, immaginando sin troppo bene la faccia che aveva in quel momento e cercando di nasconderla soffiandosi il naso.
Doveva soltanto finire di scaricare mentalmente il proprio repertorio di insulti contro l’imbecille che aveva suonato al citofono.
La piccola mano di Billy si infilò nella sua, e, seppur riluttante, Malfoy si costrinse a distendersi.
Tornarono in salotto tenendosi per mano, trovando Hermione in piedi sulla porta a litigare con uno sconosciuto.
Draco non aveva quasi visuale, visto che lei gliela copriva dandogli le spalle, ma la voce dell’interlocutore era indubbiamente quella di un uomo.
-Perché non posso entrare?- stava domandando con tono seccato.
-Perché adesso ci sono i bambini e altre persone.- rispose la Granger in modo definitivo. –La prossima volta chiamami e accordiamoci via telefono.
Draco commise l’errore di affacciarsi e scoprire a chi appartenesse quella voce sconosciuta.
In piedi sul ciglio della porta c’era un uomo vestito in modo babbano. Indossava jeans e una giacca sportiva aperta davanti, da cui si intravedeva una felpa grigia col cappuccio e la scritta “Cambridge university”. Per mano al tale c’era James, il quale lo stava guardando con uno sguardo adorante.
Per un attimo il tizio sconosciuto lo fissò sconcertato, per poi abbassare lo sguardo su Hermione, che nel frattempo si era fatta piccola piccola.
-Chi è questo qui?- fu la domanda successiva, accompagnata da un dito puntato maleducatamente addosso a Draco.
-Lui è Draco.- disse Hermione, decidendosi a fare le presentazioni ufficiali. –Draco Malfoy. E lui...- aggiunse rivolta verso il biondo. –E’ Jason O’Connor.
-Piacere.- sibilò il tipo con un tono che lasciava intendere l’esatto opposto.
Draco gli dedicò un’altra sommaria occhiata.
-Scommetto venti galeoni che questo è il tuo ex.- osservò cinico.
-Non del tutto, se non ti dispiace.- ribatté O’Connor. –Tu invece chi diavolo sei?
-Okay, stop.- si intromise Hermione, infilandosi tra di loro con mani alte. –Tutto questo testosterone comincia a innervosirmi.
I bambini, che ovviamente erano rimasti a seguire la scena, la fissarono con sguardi interrogativi, chiedendosi cosa significasse una parola tanto complicata.
-Mi avevi detto che ti serviva un periodo di riflessione.- sbottò il suo ex, lasciando la mano di James e puntandola accusatoria verso la giovane. –Non sapevo che intendessi dire che volevi divertirti con altri uomini.
-Jason!- lo sgridò Hermione, livida in faccia.
-Allora spiegami che ci fa questo bell’imbusto in casa tua!
-Perché non lo chiedi direttamente a me?- domandò Draco con voce tremula, sentendo il naso pizzicare, ma ben deciso a reprimere lo starnuto. –Come vedi non sono incorporeo.
-Malfoy.- lo bloccò Hermione. –Non ti intromettere.
-Ecco appunto, biondino, non ti intromettere.- le fece eco O’Connor.
Draco si morse la lingua per impedirsi di trasformare quel pezzente in uno scoiattolo, limitandosi a lanciare a Hermione un’occhiata di fuoco.
-Resta un attimo in casa.- gli disse scendendo uno scalino verso l’altro uomo.
-Non darmi ordini, Granger.- ringhiò sentendo la rabbia montare. Cosa pensava di fare, piantarlo lì a fare la baby sitter ai mocciosi mentre lei se ne stava fuori col suo ex?
Se lo poteva scordare.
Purtroppo era anche cosciente del fatto che raffreddato com’era, le sue minacce non sortivano l’effetto desiderato.
-Aspettami dentro.- insistette a denti stretti. –Per favore.
Jason gli rivolse uno sguardo di compiaciuta soddisfazione, incrociando le braccia sul petto. Draco chiamò a raccolta tutta la poca pazienza di cui disponeva per non spaccargli la faccia davanti a quattro bambini.
-Stai attenta, Granger.- le intimò con un’occhiata perforante.
Lei lo guardò appena, sapendo che quella non era una raccomandazione a stare attenta con Jason, ma a stare attenta con lui.
Draco agguantò James per una spalla, trascinandolo in casa con poco riguardo, nonostante i tentativi del bambino di piantare i piedi e rimanere con gli altri due adulti.
La porta venne sbattuta con forza alle spalle di Hermione.
 
 
Draco camminava avanti e indietro per il salotto da quasi mezz’ora. I bambini avevano seguito in silenzio i suoi passi per i primi cinque minuti, poi si era stufato di farsi osservare a quel modo e li aveva spediti a giocare nel giardinetto interno.
Adesso era solo, a soffiarsi il naso per inerzia e a ripromettersi che se entro un quarto d’ora la Granger non fosse tornata, avrebbe recuperato Billy e se ne sarebbe tornato a casa.
Quando era riuscito a ritrovare un briciolo di lucidità, dopo che quella strega lo aveva liquidato come se fosse stato uno stupido qualsiasi, si era domandato se quel tizio sapesse chi erano loro due. Cioè, se fosse a conoscenza che la Granger fosse una strega, visto che lui era chiaramente un babbano. Come se per capirlo non fossero sufficienti i vestiti di manifattura babbana, ad aver dato l’esatta conferma a Malfoy era stato il modo in cui gli si era rivolto. Se fosse stato un mago ci avrebbe pensato non due, ma sei volte, prima di litigare con lui.
Anche perché Draco, dopo essere stato umiliato in quel modo impietoso, avrebbe dovuto rovinargli la vita. Come minimo.
Comunque...O’Connor sapeva che la sua ex ragazza era una strega. Osservandoli con discrezione da dietro i tendaggi delle finestre, infatti, Draco aveva scorto la Mezzosangue che lanciava un incantesimo verso la casa, e aveva capito che si trattava di un Muffliato quando avevano ripreso a discutere, senza che lui potesse sentirli. La ragazza doveva essersi immaginata che avrebbe tentato di captare quel che si dicevano. Il fatto che lo considerasse uno spione, come in effetti era, non fece che aumentare la stizza di Draco.
E poi, cosa cazzo avevano da dirsi per rimanere lì fuori quasi trenta minuti?
Cosa significava che la Granger voleva “un periodo di riflessione”?
E soprattutto...cosa voleva dire che O’Connor era “non del tutto” il suo ex?
Ecco, quell’ultimo punto era quello che intendeva chiarire con più urgenza. Non tanto perché sarebbe stato francamente seccante scoprire che lei non si era mai lasciata da quel tizio, quanto piuttosto perché quelle tre semplici parole avevano risvegliato in lui un sentimento che non provava da anni.
Gelosia.
Draco era geloso marcio. Sapeva che la Granger aveva avuto una storia, e che quella storia era stata seria, visto che i problemi erano sorti al momento in cui era stata discussa l’idea di avere figli, ma lei gli aveva parlato così poco dell’altro che aveva erroneamente pensato fosse un capitolo chiuso e archiviato già da tempo. Invece avrebbe dovuto torchiarla più a fondo su quel Jason O’Connor, e se ne rese conto soltanto allora. Era stato uno sciocco poco previdente.
Quando se lo era ritrovato di fronte inevitabilmente si era sentito minacciato, quasi come se con la sua sola presenza stesse invadendo un suo territorio. Per non parlare di cosa aveva provato quando la Granger gli aveva detto di andarsene. Un senso di bruciante sconfitta.
Una parte di lui era stata tentata di mandare all’aria tutto quanto, scendere quei cinque gradini e riempire di pugni la faccia strafottente di quel pezzente fino a fargli sputare sangue.
Tutto quello solo perché lo aveva messo in ridicolo davanti alla donna da cui si sentiva attratto.
Perché sì, ormai se ne era reso conto, la Granger gli piaceva. E non in qualità di essere femminile da portarsi a letto, o almeno, non solo per quello.
A Draco piacevano le sue attenzioni. E quando aveva visto O’Connor, si era ricordato di come, prima di lui, quelle fossero appartenute a un altro.
La Granger però adesso era sua.
Fine del discorso.
Lo scatto della serratura lo fece sussultare. Hermione rientrò in casa, chiudendo la porta e arrivando in salotto, dove si fermò quando lo vide.
Resse il suo sguardo senza battere ciglio, nonostante avesse un’aria stravolta.
-Cosa voleva, il Pezzente?
-Non chiamarlo in quel modo.- rispose pacata, portandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.
Draco riformulò la domanda.
-Cosa voleva, il Cencioso?
Hermione sospirò stancamente.
-Parlare con me.
-Ma dai, Granger, mi ritieni così stupido da non essermene accorto?
Il sarcasmo venne fuori a fiotti.
-C’è qualcosa che devi dirmi, per caso?- domandò ironico mentre prendeva l’ennesimo fazzoletto. –Perché quello lì fuori non aveva l’aria di essere un ex.
-Lo è.- ribatté con tono fermo.
-Glielo hai detto chiaro e tondo?
Il silenzio che seguì fu una risposta sufficiente.
-Tutto mi sarei aspettato da te, Granger, ma non che ci avresti provato con me mentre ancora ti scopavi il tuo ex.
-Non me lo scopo, infatti!- esclamò punta nell’orgoglio. –Non farei mai simili cose.
-E allora perché non lo hai schiantato?
-Perché non credo che certe cose si risolvano semplicemente schiantando l’altro contro un muro, senza contare il fatto che sarebbe un tantino meschino visto che lui non è neanche un mago.
-Motivo in più per farlo.- celiò inflessibile Malfoy.
-Santa pazienza, puoi almeno sederti e darmi il tempo di spiegarti?
Si sentiva ancora troppo furioso per mettersi a sedere senza poter sfogare la rabbia in modo costruttivo, cioè camminando avanti e indietro per il salotto, tuttavia il tono esasperato della ragazza lo convinse a prestarle ascolto. Si lasciò cadere tra i cuscini morbidi, mentre la ragazza gli sedeva di fronte, sistemandosi sul tavolino su cui poco prima aveva poggiato il vassoio del tè.
-Io e Jason non stiamo più insieme.- esordì con aria nervosa, intrecciando le mani all’altezza del mento. -Ma siamo rimasti in contatto.
-Perché?- sbottò Draco incredulo, dato che non riusciva a concepire l’idea di rimanere amico con una persona che ci si è portati a letto ripetute volte.
-Perché io gli voglio bene, e lui ne vuole a me.
-Quel tipo ha detto che siete in pausa di riflessione, che non è la stessa cosa che...
-Lo so, Malfoy. Lasciami spiegare, misericordia!- sbottò innervosendosi. –Lui vorrebbe che tornassimo insieme, nonostante io gli abbia espressamente detto di no.
-Allora sarò io a fargli capire che deve starti lontano.
-Cosa pensi di fare, eh? Ti avverto Malfoy, se vengo a sapere che hai fatto delle ricerche su di lui o che sei andato a “parlargli”, giuro che non te la farò passare liscia.
-Non minacciarmi. Non c’è niente che tu possa fare.
-Dimentichi che conosco il tuo segreto?- sibilò puntando il dito verso la cucina, oltre la quale si trovava il giardino dove stava giocando Billy.
-Devi esserti trovata disgustosa mentre dicevi queste parole.- constatò Draco con un sorriso storto. –Sei troppo affezionata al ragazzino per comportarti da carogna.
Hermione non rispose, limitandosi a guardarlo torvamente.
-Come siete rimasti d’accordo, alla fine di tutta questa storia? Continuerete a vedervi sporadicamente, magari in qualche motel o altri luoghi forniti di letti?
-Ti ho già detto che io e Jason non andiamo più a letto insieme.- disse stancamente. –Siamo rimasti amici soprattutto per James, che gli è molto affezionato.
-Quello ti viene dietro, Granger! come pensi di poterlo gestire?
-Non mi spaventa di certo. A parte che non oserebbe farmi del male, ma in ogni caso sono una strega, in gamba peraltro. Ho gestito gente ben peggiore di un ex fidanzato geloso, primo tra tutti Voldemort, o te lo sei dimenticato?
-Certo che no.- borbottò Draco, indignato.
-E poi Malfoy, sinceramente non capisco il motivo di questa scenata: c’è qualcosa tra me e te che mi dovrebbe vincolare a esserti fedele? Chi mi dice che tu non ti stia vedendo con altre donne?
-Te lo dico io.- berciò Draco, rimettendosi in piedi e torreggiando su di lei. –E comunque credevo che per te un bacio significasse qualcosa.
-Per me significa molto.- replicò sollevandosi a sua volta e fronteggiandolo con piglio deciso. –Ma sei tu che non riesco a capire. Jason mi ha chiesto cosa c’è tra noi, e io non gli ho neanche saputo rispondere. Quindi lo chiedo a te, cosa pensi che ci sia tra noi.
Malfoy fu sul punto di ammettere la propria gelosia e l’attrazione che provava per lei, ma qualcosa lo bloccò. Un senso di paura strisciante si insinuò dentro di lui, e il ricordo delle litigate furibonde con Astoria, l’unica altra donna verso cui aveva provato gli stessi sentimenti, lo atterrì completamente.
-Lo immaginavo.- sospirò la Granger, passandosi una mano sugli occhi in un gesto che tradiva stanchezza e delusione.
-Io ci tengo a te, Granger, e credo di avertelo dimostrato.
-In che modo, facendo spallucce se venivamo paparazzati insieme a qualche serata?!- sbottò sarcasticamente.
Draco stava per risponderle a tono, quando un lieve rumore li indusse a voltarsi. I bambini erano rincasati e li stavano guardando in silenzio, ancora coi cappotti addosso e gocciolanti di neve.
Hermione fu veloce a costruire il sorriso più falso che le avesse mai visto addosso. Lui non fu altrettanto bravo a mascherare il proprio stato d’animo, così si limitò a starnutire e soffiarsi il naso.
-State bisticciando?- domandò Albus dimostrandosi dispiaciuto.
-No bambini, certo che no. Stavamo solo parlando.
-Delle cose dei grandi?
Hermione si inginocchiò davanti al bambino.
-Sì, tesoro. Stavamo parlando delle cose dei grandi.
Poi si voltò verso James, rimasto in silenzio a fianco del fratello.
-Jason ti saluta. Mi ha detto di dirti che purtroppo domani non può portarti a pesca, ma che vi vedrete il weekend prossimo.
Subito alcune lacrime bagnarono gli occhi scuri del primogenito dei Potter, e quando Hermione cercò di abbracciarlo lui la spinse via, fuggendo su per le scale. Pochi secondi più tardi la porta di una stanza veniva sbattuta violentemente al piano superiore.
-Fantastico.- sussurrò afflitta la ragazza.
-Vieni Marmocchio.- disse Draco, decidendo che fosse giunto il momento di sgomberare. –Torniamo a casa.
-Ma dobbiamo cenare insieme.- esclamò Maya, cercando il sostegno della Granger.
-Non più.- disse invece quella. –Mi dispiace Billy.
-Non importa.- rispose il bambino, raggiungendo il padre e prendendo la mano che gli veniva tesa.
-Facciamo per un altro giorno?- insistette la bimba, tirando l’orlo del maglione di Hermione.
-Non lo so...facciamo per un altro giorno?- domandò incerta verso Draco.
Una leggera stretta di mano comunicò a Draco il parere del bambino.
-Vedremo.- fu tutto ciò che riuscì a rispondere.

**NOTE FINALI**
La prima parte, come avrete certamente capito, è un ricordo di Draco. Spero vi sia piaciuta, c'è voluto un pò per scriverla. Sapevo, sentivo di dover scrivere qualcosa su Astoria e Draco, qualcosa che facesse comprendere come, tra di loro, ci fosse in realtà più amore di quanto lui fosse in grado di ammettere. La seconda parte, quella sul litigio con hermione...beh...ammetto che volevo incasinare un pò la situazione xD E cosa c'è di meglio di un ex rompipalle che rovina tutti i piani lussuriosi di Malfoy?!
A presto!

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Capitolo 11
*** Preoccupazioni ***


Preoccupazioni

 
Caro Draco
 
Sono settimane che aspetto una tua lettera, ma tu non mi hai mai cercata. Devo dedurne che ti sei stancato di me?
Mi manchi da impazzire.
 
Tua Sarah.
 
La lettera venne prontamente appallottollata, per poi essere gettata nel cestino. Draco si passò una mano tra i capelli, pensando stancamente che era passato più di un mese dall’ultima volta in cui una donna era stata in quella casa.
Eppure ormai il suo unico chiodo fisso era la Granger, che non sentiva da giorni. Dopo il litigio avvenuto a casa sua si era concesso del tempo per riflettere se fosse il caso di tentare almeno di togliersela dalla testa, magari con l’aiuto di altre donne, ma alla fine si era reso conto che lei non avrebbe abbandonato i suoi pensieri in qualsiasi caso. Così aveva aspettato senza fare niente, sperando forse che fosse lei a farsi sentire.
Non era accaduto.
Diede un rapido buffetto a Oscar, prima di aprirgli la finestra e lasciarlo volare via, mentre lui scendeva in cucina, dove ad attenderlo c’era la tazza di caffè nero.
Se non altro gli era passato il raffreddore. Almeno quello.
Sorseggiando il caffè si spostò in salotto, salutando Billy con un gesto della mano. Il bambino era seduto sul divano davanti alla tv, ascoltando il telegiornale mattutino. Stava andando in onda un servizio su una festa babbana che Draco non conosceva.
-San Valentino?- domandò dubbioso.
-E’ la festa degli innamorati.- spiegò il bambino.
-La festa degli innamorati?- ripeté Draco, certo di non aver sentito bene.
Il bambino annuì.
-L’uomo regala alla donna fiori, cioccolatini o altre sorprese. A scuola la maestra vuole farci costruire dei cuori di carta da dare alla persona che amiamo.
-Che stronzata.- mormorò Draco senza riuscire a trattenersi.
-Potresti festeggiarlo con Hermione.- rifletté il bambino, guadagnandosi la sua occhiata sconvolta. –Così magari fate pace e io posso rivederla.- aggiunse con aria furbetta.
-Non ti immischiare nella mia vita privata, Nanerottolo.
-Secondo me dovresti telefonarle.
-No, è fuori discussione.
Il suo cellulare non a caso se ne stava sulla scrivania al Ministero a prender polvere. Era certo che non lo avrebbe mai usato oltre che per le emergenze.
-Sei pronto per andare a scuola?
Il piccolo scese dal divano e spense la tv.
-Ma io posso chiamarla lo stesso?
Draco gli passò il giubbotto, mentre provvedeva a infilarsi il proprio e avviarsi verso la macchina. Billy gli trotterellò dietro con lo zaino nuovo sulle spalle. Draco glielo aveva comprato quando gli aveva confessato che tutti gli altri bambini lo prendevano in giro perché portava i libri in una banale cartellina scura. Lo zaino era rosso con i disegni di alcuni personaggi di qualche cartone animato giapponese intitolato Naruto.
Billy gli aveva riferito che aveva riscosso successo tra i compagni di classe, e Draco si era tranquillizzato. Non voleva che il bambino fosse il bersaglio dei compagni a causa del suo carattere schifo e pacifico, soprattutto perché lui stesso era stato uno di quelli che si divertivano ad angariare i più deboli, e conosceva le cattiverie di cui si poteva divenire capaci.
-Se proprio non puoi farne a meno.- rispose con voce atona, ingranando le marce e cercando di immettersi nel traffico mattutino senza dover per forza speronare altri guidatori. Quella mattina piccoli fiocchi di neve scendevano lentamente da un cielo pallido, oltre il quale si scorgeva il bagliore lattiginoso del sole.
Billy stranamente rimase in silenzio durante tutto il tragitto, strofinandosi le mani con una certa foga. Con la coda dell’occhio Draco si accorse che erano verdastre.
-Ehi.- lo richiamò una volta giunti a scuola. –Come mai hai le mani sporche di verde? Cos’è, pennarello?
-Sì. Stamani ho un po’ colorato e mi sono sporcato.- rispose senza guardarlo in faccia.
-Possibile che un pennarello imbratti le mani in quel modo?
Non ricevette risposta.
-Marmocchio, va tutto bene?
Il piccolo sembrava incerto se parlare o rimanere in silenzio. Alcuni bambini in compagnia dei genitori passarono loro accanto, e a Draco non sfuggì l’occhiata che uno di quegli scriccioli rivolse al Marmocchio. Sembrava che fosse divertito, in un modo che non gli piacque affatto.
-Che sta succedendo?- domandò imponendosi di mantenere la calma.
Billy strusciò timidamente un piede sul selciato umido del marciapiede, tenendo lo sguardo basso.
-Alcuni bambini mi prendono in giro.- mormorò a voce bassissima.
-Cosa fanno?- ripeté Draco, incredulo.
-La maestra mi ha detto che vuole parlarti.
-Perché non me lo hai detto subito?- sbottò irritato. –E perché lasci che quei babbani ti prendano in giro?
-Perché sono tanti!- esclamò il bambino, dando sfogo all’angoscia che con tutta probabilità lo stava consumando dalla sera precedente.
-Okay.- Draco si umettò le labbra, pensando in fretta a cosa fosse il caso di fare. Alla fine si risolse a prendere la mano del figlio, accompagnandolo fino alla classe, dove incontrarono la maestra già sul punto di entrare. Quando li vide arrivare, un sorriso discreto si aprì sul suo volto.
-Buongiorno signor Malfoy. Ciao Billy.- aggiunse sistemandosi la borsa sulla spalla. Tra le braccia teneva il registro e altri libri, che stringeva al petto nello stesso modo in cui a suo tempo aveva fatto anche la Granger.
Draco cercò di scacciare il pensiero di lei come se si fosse trattato di un’immagine molesta.
-Billy mi ha detto che voleva parlarmi.- disse distaccato.
-Oh, sì…Billy, perché intanto non entri? Io arrivo subito.
Draco non si lasciò baciare, non quando si stava preparando ad affrontare la sua insegnante babbana. Non voleva far trapelare da quel gesto la sua preoccupazione per il bambino. Così si limitò a stringere con più calore la sua piccola mano, ricevendo in cambio un’altra stretta, tenera ma decisa.
Quando fu entrato, la maestra socchiuse la porta, di modo che nessuno potesse udirli dall’interno.
-Pensavo che sarebbe venuto all’incontro genitori figli.- esordì senza particolare inflessioni del tono di voce.
-Non ho tempo per quegli incontri.- tagliò corto Draco. –Sono qui perché il ragazzino sembra intimorito dai compagni, e perché mi ha detto che voleva vedermi.
La maestra si spinse gli occhiali squadrati sul naso. Era carina, andava ammesso. Minuta e filiforme, con capelli di un bel biondo miele legati in una graziosa coda di cavallo e due occhi dalla luce gentile.
Ciò che stonava clamorosamente erano le efelidi cosparse su naso e guance.
Efelidi=Weasley.
-In effetti ho notato che Billy sembra essere stato preso di mira dai compagni per alcuni comportamenti…bizzarri.
Gli rivolse uno sguardo dispiaciuto, come se pensasse di essere stata alquanto indelicata.
-Cosa intende per “bizzarri”?
-Beh...alcuni bambini sono venuti a dirmi che Billy è un bugiardo e si inventa storie fantastiche. Secondo loro sosteneva che suo padre è un mago e possiede una bacchetta con cui compie magie. Quando ho chiesto a Billy se era vero, lui ha confermato, e non solo, ha detto qualcosa in merito a una certa scuola di magia e stregoneria che lei avrebbe frequentato, sostenendo che noi non la conoscevamo perché siamo...babbani?
L’ultima parola la domandò, chiaramente colpita da una tanto assurda definizione.
Dentro di sé, Draco si maledisse circa un centinaio di volte. Come aveva potuto dimenticarsi di raccomandare a Billy di non parlare con nessuno della magia? Quale orrenda dimenticanza o distrazione gli aveva fatto tralasciare un fatto di tale importanza?
-Io credo che quello di Billy sia un modo infantile per esaltarla agli occhi dei compagni. Spesso i bambini della sua età vedono il genitore, soprattutto il padre, come un eroe o un cavaliere che non ha paura di niente. Solamente che Billy persevera nelle proprie convinzioni. Quando gli ho spiegato che non esiste la magia, mi ha risposto che sono una babbana e non potrò mai capirci niente di magia. Lei capisce che sono insinuazioni razziste, quelle del piccolo?
Le sue parole stavano letteralmente sconvolgendo Draco. Il. marmocchio. Aveva. Insultato. La. Maestra?
Come era possibile?
-Sicuramente si sarà sentito minacciato dalla vostra reticenza a credergli.- rifletté ad alta voce. –E’ troppo buono per cercare litigi.
-Può darsi, ma d’altronde cosa potevo fare? Si stava inventando un mondo che non esiste.
Calò un breve attimo di silenzio. Draco stava meditando, gli occhi fissi sulla spilla che la donna aveva appuntato sulla camicetta color lavanda. Era una giada dalla forma ovale, incastonata in una cornice dorata. Sicuramente un cimelio di famiglia.
-E’ per questo che adesso gli altri bambini lo prendono in giro?- domandò poi, interrompendo bruscamente quell’attimo di silenzio.
La maestra si sistemò meglio i libri tra le braccia.
-Ho avuto modo di osservare che alcuni bambini giocano con lui in un modo che Billy non apprezza. Ieri quasi stava per mettersi a piangere quando Joe gli ha rovinato lo zaino. Sono dovuta intervenire io stessa, prima che...
-Come, prego? Cosa è successo ieri?- la interruppe Malfoy, gli occhi che brillavano in modo sinistro.
-Joe Walker ha spruzzato un tubetto di tinta verde sullo zaino nuovo di Billy, e gli ha urlato che era un bugiardo. Ho immediatamente preso provvedimenti, e i genitori di Joe sono già stati convocati…
Ecco perché Billy quella mattina aveva le mani sporche di verde.
Come aveva potuto non accorgersi che il suo zaino era sporco? Quale adulto non se ne sarebbe reso conto? Gli sarebbe bastato un briciolo di attenzione.
Tutto tornava, eppure. Il comportamento introverso di Billy, la sua reticenza a parlargli della scuola. Persino la baby sitter si era accorta che quando andava a prenderlo, Billy era l’unico che non protestava per poter andare al parco accanto alla scuola e giocare con gli altri bambini.
I segnali c’erano tutti.
E lui li aveva ignorati.
Chissà come doveva essersi sentito il bambino, quando neanche suo padre aveva notato il suo disagio. Forse avrebbe voluto chiedergli di portarlo via da scuola, ma non lo aveva fatto perché era stato lui a lottare per andarci.
-...Per questo adesso trascorre con me tutte le ricreazioni.- stava finendo di dire la maestra. –Io credo che voi due dovreste parlare. Billy soffre molto per questa situazione, soprattutto perché viene accusato di essere un bugiardo, quando in realtà il suo è solo amore filiale. Deve sapere che non c’è bisogno di inventarsi simili storie per essere amato da suo padre, ed è questo che lei potrebbe aiutarlo a capire. Da parte mia, posso assicurarle che non verrà più infastidito dai compagni.
-Su questo ci può giurare.- sussurrò Malfoy, a voce troppo bassa perché lei potesse udirlo.
Raddrizzò fieramente le spalle, rivolgendo uno sguardo alla porta oltre la quale si trovava suo figlio.
-Billy.- sbottò, pronunciando il nome del bambino per la prima volta da quando vivevano insieme. –Sa che può contare su di me. E non sarò di certo io a privarlo delle sue idee. Credere nella magia per lei è sintomo di disagio?
La maestra sgranò gli occhi, presa in contropiede.
-Beh, io...non saprei...
-Billy mi ha parlato di alcune credenze babbane.- continuò, senza curarsi di sembrare offensivo o razzista. –La fatina dei denti, Babbo Natale, la Befana...perché a loro potete credere senza temere di sentirvi tacciare di menzogna?
La donna lo guardava basita, incredula, atterrita.
-Lasciate al bambino le sue convinzioni, perché la magia esiste.
Si sistemò il nodo della cravatta, estremamente soddisfatto, per poi offrire all’insegnante una bella visuale della proprie spalle che si allontanavano signorilmente senza darle possibilità di replica.
 
 
Ripensò all’incontro con la maestra di Billy per tutta la mattinata, gli occhi che non riuscivano ad andare oltre la sesta riga del documento che doveva leggere prima dell’incontro con Weasley e Potter.
Per di più, a distrarlo ulteriormente, c’era il cellulare che gli aveva regalato la Granger, posato sulla scrivania a calamitargli l’attenzione da quando si era accomodato sulla poltrona.
Era ancora arrabbiato con lei, per tutta la storia di O’Connor che gli aveva tenuto nascosta così a lungo, ma sapeva anche che lei avrebbe avuto una parola di conforto sulla situazione di Billy. Era una donna intelligente e sensibile, sicuramente gli avrebbe dato utili consigli.
Dunque, che fare?
L’orgoglio ferito di Draco protestava per aspettare che fosse lei a chiamarlo per prima. La ragione, unita a un pizzico trascurabilissimo di nostalgia, gli sussurrava suadente di prendere quel cellulare e chiamarla.
Allungò una mano sul tavolo, sfiorando il cellulare, e poi la ritrasse bruscamente.
-Maledizione.- sbottò tra sé.
Si alzò dalla sedia, cacciandosi le mani nelle tasche dei pantaloni e camminando nervosamente per la stanza, combattuto tra ragione e sentimento.
Certo, anche lei avrebbe potuto farsi sentire. Però lui non era stato molto incoraggiante con quel “Vedremo” concesso come grazia divina.
Rivolse un’occhiata così intensa al cellulare che pensò si sarebbe acceso da solo per protesta.
Con un gesto deciso lo afferrò, selezionando la rubrica e la persona che faceva al caso suo.
Quando premette il tasto verde, il cuore prese inevitabilmente a battere più forte.
Uno squillo.
Fuori dalla sua porta udì Amelia che parlava con qualcuno.
Due squilli.
La porta dell’ufficio venne aperta. Amelia entrò ad annunciare che erano arrivati Weasley e Potter.
Tre squilli.
I due rompicoglioni fecero il loro ingresso.
-Malfoy?
La voce di Hermione era attraversata da un fremito.
Draco fissò raccapricciato i due ex Grifondoro, i quali stavano a loro volta fissando il cellulare con occhi pallati.
-Ma quella è tecnologia babbana!- esclamò Ron.
-Un banalissimo cellulare.- gli fece eco Potter. –Non sapevo ti fossi convertito.
-Malfoy?- ripeté Hermione.
In tutto ciò, lui non sapeva che cazzo fare.
-Ehm.- farfugliò come un imbecille.
Non voleva di certo parlare con lei davanti a quei due, ma non sapeva neanche come mandarli via senza suscitare la loro curiosità folle, che li avrebbe sicuramente portati a tormentarlo per tutto il giorno insinuando che volesse scambiarsi paroline sdolcinate con la loro amica.
Malfoy odiava il tempismo Grifondoro.
Che un fulmine potesse abbrustolirli entrambi!
-Ciao Granger.- buttò lì con tono annoiato.
Immediatamente una scintilla riarse negli occhi dei colleghi, prima che due smorfie divertite e agghiaccianti in maniera impressionante si formassero sulle loro facce.
Al di là del telefono, Hermione sembrava interdetta.
-Ciao Malfoy.- rispose circospetta. –Perché mi hai chiamata?
-Volevo dare un senso all’esistenza di questo cellulare.- rispose con tono ironico. Davanti a lui, Potter diede di gomito a Weasley.
-Tutto qui? Mi hai chiamato solo per questo motivo?
Il tono della Granger era contrito e infastidito al tempo stesso. Draco si schiarì la voce, preparandosi mentalmente a ciò che stava per dire.
-Per questo, sì...e per chiederti se ti va di pranzare insieme.
In quel momento Weasley unì le labbra a ventosa, mimando disgustosamente un bacio. Potter quasi si strozzò per riuscire a contenere le risate. Draco, schifato, dovette dar loro le spalle per evitare di lanciare improperi.
A peggiorare la situazione ci si mise pure la Granger, rimasta in un silenzio meditativo.
-Granger, ci sei ancora o mi hai attaccato in faccia?- sbottò allontanandosi il cellulare dall’orecchio e sbraitando direttamente contro il display.
Alle sue spalle i due amici stavano ridendo selvaggiamente.
-Non c’è bisogno di alterarsi, Malfoy.- rispose finalmente la ragazza. –Ci troviamo al pub in Diagon Alley?
-Va bene per l’una?
-Direi di sì. A dopo Malfoy.
-A più tardi.
Chiuse la telefonata, tirando un profondo respiro prima di voltarsi e trovare i due colleghi intenti ad asciugarsi le lacrime agli occhi, assolutamente esilarati da quel suo siparietto comico.
-Andate a farvi fottere, eh?- consigliò caldamente.
-Dio, Malfoy, sei arrossito per l’imbarazzo.
Draco strinse le labbra con forza, imponendosi di non sclerare come un qualsiasi pivello. Si passò una mano tra i capelli, alla disperata ricerca della calma perduta.
Self control era la parola d’ordine.
Potter fu il primo dei due a tornare serio, sedendosi dulla sedia davanti alla scrivania e lanciandogli uno sguardo indagatore attraverso gli occhiali a fondo di bottiglia.
-Abbiamo saputo che hai conosciuto Jason.
Un pericoloso baleno scarlatto incendiò lo sguardo dell’ex Serpeverde.
-Hermione ci ha raccontato del vostro litigio.- continuò con tono conciliante.
-E delle offese che le hai rivolto.- insinuò poi Weasley, sentendosi in dovere di difendere la rispettabilità dell’amica.
-Dimenticavo che voi siete tre gemellini.- rispose acidamente. –Mai che si possa sperare in un po’ di riservatezza quando c’è di mezzo un Grifondoro.
-Hermione non ce lo avrebbe mai raccontato se non l’avessimo vista in lacrime quando siamo tornati a riprenderci i ragazzi.- puntualizzò Potter. –Non riusciva a smettere di piangere e incolpare sé stessa per non averti parlato prima di Jason.
-E’ il minimo.- borbottò Malfoy, in realtà rimasto scosso dalle parole dell’altro.
La Granger che piangeva per lui era...inconcepibile.
Eppure una minuscola parte di lui ne rimase compiaciuta in modo del tutto egoistico. Quella era la dimostrazione del fatto che anche lei teneva a lui.
-No che non lo è, visto che anche tu non le hai mai parlato delle tue ex.- insorse Weasley, assumendo un colorito vivace sulle orecchie.
-Perché io non ho avuto ex...ah, ma perché ne sto parlando con te, che avrai avuto al massimo due donne in tutta la tua vita?!
-Tre.- specificò Weasley con arroganza.
-Scusami, Casanova.
-Okay, diamoci tutti una calmata, eh?- propose Potter, sollevando le mani per placare gli animi. -Non siamo qui per parlare delle nostre conquiste, e neanche per parlare della tua relazione con Hermione.
Draco e Ron si lanciarono sguardi torvi da una parte all’altra del tavolo.
-Saimo qui per lavorare. Stop.
-Ecco, appunto.- celiò Malfoy tagliente, afferrando il pacco di documenti che avrebbe dovuto aver già letto ma a cui non aveva ancora dato neanche un’occhiata.
La mano di Potter calò all’improvviso sul cumulo di documenti, sbattendolo sul tavolo con una forza che Draco reputò francamente eccessiva.
-Ma voglio avvertirti Malfoy.- sussurrò inchiodandolo con lo sguardo. –Se ti azzarderai a comportarti da bastardo, se la farai soffrire, se la farai piangere ancora…se farai una delle tue solite stronzate da Purosangue e ce la restituirai col cuore spezzato, stai pur certo che noi ti faremo scontare le pene dell’inferno.
Picchiettò il dito contro la risma di carta, enfatizzando ogni parola con un colpetto. Lo sguardo che baluginò nei suoi pacifici occhi verdi risvegliò nell’animo di Draco la memoria di antichi dolori. Il respiro si spezzò al pensiero delle lacrime che Hermione aveva versato innumerevoli volte, non per lui, ma a causa sua.
-Spero che tu abbia recepito il messaggio.- concluse Potter, tornando ad appoggiarsi comodamente contro lo schienale della sedia. –Adesso puoi dirci cosa ne pensi della nostra relazione.
Il ritmico tamburellare della stilo sulla scrivania fu tutto ciò che ebbero in risposta.
Ah, perché, quel pacchetto immane di fogli era una relazione?
 
 
All’una la leggera pioggerella di neve caduta in mattinata si era trasformata in una notevole nevicata, ed erano in pochi quelli che avevano deciso di avventurarsi per le vie di Diagon Alley in quelle ore uggiose. La maggior parte delle persone in quel momento stava pranzando, e faceva comunque troppo freddo anche solo per mettere il naso fuori casa.
L’intera via di Diagon Alley sembrava una pista di pattinaggio, e Malfoy aveva già contato tre scivoloni da quando l’aveva imboccata, cominciando seriamente a dubitare che sarebbe riuscito a raggiungere il pub senza facassarsi il cranio.
Un bambino che passava di lì per mano alla madre lo vide slittare sul ghiaccio e osò emettere uno sghignazzo. Quasi si congelò quando lui gli rivolse una delle sue celebri occhiate.
Una volta giunto al pub, si premurò almeno quella volta di leggere l’insegna. Il posto si chiamava “Sottobosco”. Della Granger non c’era traccia, né fuori né dentro, così lui si sistemò allo stesso tavolo in cui si erano seduti la volta precedente.
Da lì rimase a osservare la via deserta all’ora di punta. Dopo circa cinque minuti la figura magra e imbacuccata della Granger comparve nel suo campo visivo. La ragazza batté i piedi sui gradini prima di entrare a svernare, per poi raggiungerlo al tavolo cominciando a svestirsi. Si tolse rispettivamente cappello, guanti, sciarpa, giacca, e maglione, rimanendo con un secondo maglione, appena più sottile del primo.
-Mi sono preso la libertà di ordinare due succhi di more in attesa delle ordinazioni.
-Grazie.- rispose con l’accenno di un sorriso, nel mentre prendeva il menù per l’ordinazione.
Quando la cameriera portò i succhi di more, Hermione ordinò la zuppa della casa, mentre Draco optò per lo stufato di funghi.
Rimasti soli, l’aria si fece densa e tesa.
Inaspettatamente, a rompere il ghiaccio stavolta fu lei.
-Non pensavo che mi avresti chiamata.- disse a bassa voce. –E ora che lo hai fatto non so se mi sento sollevata o meno.
-Ti sei pentita di essere venuta?
-No, no, non dico questo.- si affrettò a rispondere. –Ma prima che tu dica qualsiasi cosa, sappi che mi dispiace non averti parlato subito di Jason. Se fossi stata io al tuo posto e mi fossi vista sbucare sul ciglio di casa tua una donna che afferma di essere la tua fidanzata, probabilmente avrei dato di matto.
-Granger, non sono venuto per interrompere il nostro rapporto.- chiarì senza tanti preamboli. –Quindi respira e distenditi.
Lei sbatté le palpebre, sorpresa.
-Ti stavo porgendo le mie scuse, pensavo avresti gradito.- obiettò indispettita.
-Ci tenevo a precisarlo solo perché mi sembravi sul punto di svenire.- ribatté piccato.
Stavano già ricominciando a litigare.
-Va bene.- sfiatò lei, cercando di darsi un contegno. –Non mettiamoci subito a bisticciare.
Malfoy convenne con uno sbuffo.
-Tu hai sbagliato a insinuare che io continuassi a portarmelo a letto, ma cercherò di soprassedere.
-Vorresti le mie scuse?- domandò attonito.
-Beh sì, sarebbero ben accette.
-Io voglio conoscere i tuoi trascorsi con quel pezzente.
-Non chiamarlo in quel modo.
-Fottuto irlandese può andar bene?
-Jason potrebbe andare. Nel tuo caso basta O’Connor.- sibilò in risposta. –Non mettiamoci a fare discriminazioni anche perché è irlandese.
-Irlandese e babbano, peggio di così non potevi trovartelo.
-Allora, mi chiedi scusa o no?!
-Scusami Granger, ho sbagliato a darti della put...
Il colpo di tosse della Granger scongiurò che fossero uditi dalla cameriera, tornata a portar loro i piatti.
-Dì che sei stato un vero cafone.
-Sono stato un cafone.- ripetè, atteggiandosi come se si trattasse di una qualità di cui farsi vanto.
Lei gli lanciò un’occhiataccia, per poi sorbire un po’ della sua zuppa.
-Io e Jason ci siamo conosciuti a Dublino, cinque anni fa.- disse rimestando il cucchiaio nella minestra con aria pensosa. –Lui all’epoca si era appena laureato in fisica all’università di Cambridge, ed era tornato in Irlanda per l’estate. Io ero andata laggiù per un corso di approfondimento utile per i miei studi, e ci siamo conosciuti una sera in discoteca.
-Perché, Granger, tu vai in discoteca?
-Senti Malfoy, sarò anche un topo di biblioteca, ma so come divertirmi.- lo rintuzzò punta nell’orgoglio.
Draco evitò di risponderle bevendo un lungo sorso di succo.
-Comunque, pensavo che non sarebbe durata, lui era troppo distante dal mio tipo di vita. Prima di tutto non conosceva la magia, ed essendo uomo di scienza era anche piuttosto rigido sull’argomento. Per lui esisteva una spiegazione scientifica per ogni cosa. Inoltre amava la stabilità. Ciò che cercava, e che cerca tutt’ora, è una vita tranquilla, con un lavoro soddisfacente, una casa sulla scogliera e una famiglia tutta sua. Già all’inizio io ero scettica, ma quando quello stesso autunno me lo sono ritrovata sotto casa, senza avergli mai rivelato il mio indirizzo o il mio numero di telefono, e vedendo la caparbietà con cui mi aveva cercata, e tutti i chilometri che aveva percorso per rivedermi, mi sono convinta a cercare di costruire una relazione seria. E per quattro anni siamo stati molto innamorati...
Il ricordo la fece arrossire teneramente, scatenando nell’animo di Draco un terribile attacco di gelosia.
-Lui era dolcissimo. Mi regalava sempre mazzi di fiori, e si divertiva a corteggiarmi come se dovesse conquistarmi ogni giorno, e...
Si bloccò, esitando a continuare.
-E cosa?- la esortò Malfoy.
-Davvero ti interessa questa parte?- chiese titubante.
-Salazar, sì, Granger, ficcati in testa che ciò che dici mi interessa al 99,9%, anche se ciò significa conoscere i raccapriccianti dettagli sui metodi di seduzione usati dall’irlandese.
Lei si abbandonò a una risata, rilasciando la tensione accumulata fino ad allora. Finalmente, l’aria intorno al tavolo divenne meno elettrica.
-Beh, lui era sempre pieno di attenzioni, e mi faceva sentire desiderabile.
Che c’era di strano? La Granger era desiderabile. Non serviva certo un babbano da strapazzo perché se ne rendesse conto.
O forse sì, visto che a Hogwarts tutti la conoscevano come la Mezzosangue Zannuta?
-E poi era molto socievole. Harry e Ron, che sono sempre stati gelosi di me, hanno subito stretto amicizia con Jason, tanto che spesso andavano a pesca o allo stadio insieme. Quando poi James si è fatto un po’ più grande, spesso lo portavamo in vacanza con noi, così da aiutare i Potter a gestire i più piccoli senza impazzire. Jason è l’unico che riesce a far sembrare Jamie un vero angioletto. E’ l’unico che lo ha sempre capito davvero, e James dal canto suo lo considera il suo idolo.
-Ho notato.- celiò sarcastico Malfoy.
-I problemi principali con Jason sono stati due. Il primo, la magia. Non ha mai accettato davvero ciò che sono, il mio essere diversa. Lo vedeva come una minaccia, una specie di lato oscuro. Il fatto che con la magia io fossi più forte di lui, credo, oppure la presa di coscienza che non tutto sottosta alle leggi fisiche e scientifiche…non lo so...però io sono sempre stata costretta a ridurre al minimo la magia in sua presenza. Il secondo, la famiglia. Lui voleva sposarmi e avere dei figli con me. Figli che io non mi sentivo pronta ad avere...pronta ad avere con lui. Ho cercato di vedermi nei panni di madre dei suoi figli per un anno intero, ma mi sentivo privata della mia libertà, di donna indipendente in primo luogo, e di strega in secondo: come se lui avesse piantato dei paletti intorno a me. Lui voleva la sua vita tranquilla privando me della mia. Io però non posso concepire l’idea di una vita vissuta senza magia, non quando questa è parte di me.
-Per questo lo hai lasciato?
Hermione sospirò, annuendo distrattamente.
-Adesso ci vediamo sporadicamente, soprattutto per James. Lui non ha mai preso bene la nostra rottura, specialmente perché così non può più vederlo spesso come accadeva prima. A volte partono insieme per un weekend, solo loro due, ma so che James non mi ha ancora perdonato per quello che ho fatto. E poi Jason non sempre riesce a essere presente come vorrebbe, e questo non fa che acuire il rancore del bambino.
-E Potter non fa nulla?
-Harry è sin troppo presente, ma ha anche i suoi problemi. Albus e Lily, per esempio, Ginny, che in questo periodo è un po’ stressata, il suo lavoro...fa del suo meglio, ma è difficile convincere un bambino di cinque anni che il suo grande amico non lo ha abbandonato.
Si massaggiò stancamente le tempie, per poi rinfrescarsi il palato con un sorso di succo.
-Sai, Granger…- osservò Draco. –Credo di non averti mai sentito parlare così tanto in tutta la mia vita.
Gli era piaciuto il suono della sua voce, il flusso ininterrotto delle sue parole.
Lei emise uno sbuffo.
-Come hai potuto stare così tanto tempo con un mentecatto che odia la magia?
-Lui non la odia, ma non la conosce, e ne è spaventato. Senza contare che nel primo periodo della nostra storia quella megera della Skeeter non perse tempo per sbandierare i fatti nostri a mezzo mondo magico. Capisci bene che sentirsi definire come “L’occasionale fidanzatino da esposizione tra un giocatore di Quidditch e l’altro” non aiuta di certo a migliorare la propria opinione della nostra società.
-La Skeeter ha scritto su di voi?
-Su tutte le riviste di pettegolezzi e altra robaccia simile, ed è stato imbarazzante, soprattutto per me, che cercavo in tutti i modi un punto di contatto tra lui e la magia. Come se non bastasse, Jason quasi la prese a schiaffi quando denunciammo la violazione del nostro diritto alla privacy. Se lo avesse fatto sarebbe stato tutto ancora più penoso, anche se, devo ammetterlo, ci saremmo tolti una bella soddisfazione.
-Su questo mi trovi d’accordo.
Seguirono alcuni piacevoli minuti in cui si divertirono a descrivere Rita Skeeter con alcuni tra gli epiteti più originali e offensivi mai sentiti prima, nel mondo babbano e in quello magico.
-Adesso che sai come sono andate le cose tra me e Jason, cosa vorresti fare?- domandò infine.
-Prenderlo a calci se tornerà a dire che dovete tornare insieme.- fu l’appassionata risposta.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, finendo di mangiare la propria zuppa. Draco pensò che fosse diventata davvero una donna attraente, e inconsapevole di esserlo.
-Mi dispiace di averti fatto piangere.- disse di punto in bianco.
Lei cominciò a tossire, rischiando di strangolarsi con la zuppa.
-Io li ammazzo.- berciò mentre beveva un lungo sorso di succo.
-Non mi riferisco al modo in cui mi sono comportato l’altro giorno…beh, anche a quello, ma non solo. Non ti ho mai chiesto scusa per tutti quegli insulti con annesso il termine “Mezzosangue” che ti ho rivolto quando eravamo a scuola. Non so come tu abbia potuto evitare di sopprimermi quando ne hai avuto occasione, ma grazie per non avermi fatto fuori.
Hermione sembrava sorpresa e piacevolmente stupita da quelle scuse sincere.
-Gli schiaffi che ti beccasti al terzo anno mi hanno ripagato di tutti e sette gli anni di atroci sofferenze.- ribatté cercando di sdrammatizzare. -Nessun antistress mi ha mai dato più soddisfazione di quello.
-Lieto di esserti stato d’aiuto.- fu il borbottio sconteto che ricevette in risposta.
Rimasero a parlare dei vecchi tempi per altri minuti, ridendo come buoni amici quando l’uno raccontava gli aneddoti riguardanti i compagni di Serpeverde o l’altra descriveva appassionatamente episodi vissuti con i Grifondoro. Visto che non potevano farlo su esperienze vissute insieme, si narrarono le vicende di cui erano stati protagonisti separatamente, riscoprendo un lato comico della loro infanzia che non avrebbero mai immaginato fosse ancora in grado di farli ridere così tanto.
Era un sapore dolce amaro che si portava dietro un che di nostalgico e un’ombra di rimpianto. Se soltanto Draco fosse stato capace di accantonare i pregiudizi tanto tempo prima, e avesse trovato il coraggio di salutare quella bambina coi capelli crespi e l’aria simpatica celata sotto il cipiglio di fierezza, forse a quell’ora le avventure ricordate sarebbero state condivise da entrambi.
Quando si salutarono, nel mezzo della via spettrale di Diagon Alley, gli occhi di Hermione erano tornati a brillare.
-Credi che il tuo cellulare vorrà riprovare a dare un senso alla propria vita?- si informò con tono malizioso.
-Glielo domanderò, ma penso che adesso che ti ho telefonato possa morire felice.
-Non lasciar passare altri mesi prima di cercarmi, signor Malfoy.- sussurrò sollevandosi sulle punte dei piedi, così da parlargli all’orecchio.
Malfoy fu certo di averle rivolto un magnifico sguardo a pesce lesso.
Fu solo quando ebbe rimesso piede in ufficio che si ricordò di non averle minimamente accennato a Billy.
 
 
-Malfoy?
-Proprio io.
-Va bene che non dovevi lasciar passare mesi interi prima di cercarmi, ma non credevo che avresti ceduto dopo appena sei ore. Hai dovuto soccombere davanti alla mia fulgida bellezza?
-Molto spiritosa. In realtà ti chiamo per fissare una data certa in cui poterti rivedere.
-Mmh, un altro appuntamento. Siamo già a due, devo forse temere il peggio?
-Non finché continuerai a indossare tutti quegli strati di vestiti anti sesso.
-Ah ah, sei sempre il solito cafone.
-Grazie tesoro.
-E per quando vorresti prenotarti, sentiamo...
-Uhm, pensavo per la sera del 14...
-Il 14 febbraio?
-No, il 14 agosto, fra sei mesi.
-...Ma tu sai che giorno è il 14 febbraio?
-Nel mio calendario Maya è un giovedì, non credo sia prevista la fine del mondo per quella sera.
-Uhm…no, è che...
-Che cosa, Granger? Ti turba vederci quella sera? Per caso il tuo amante del giovedì si è già aggiudicato il posto in agenda?
-No, non direi. È tutto vuoto quel giorno.
-Allora posso occuparlo io?
-Beh...perchè no? tanto non avrò nulla di meglio da fare...
-Granger, bada a quel che dici.
Lei rise di gusto, per poi augurargli la buona notte e riattaccare.
Draco chiuse la conversazione con una sensazione di euforia del tutto immotivata. Oddio, quando aveva esitato ad accettare l’invito per il 14 aveva pensato il peggio del peggio, come ad esempio una cena a lume di candela con l’Irlandese, per poi sentirsi improvvisamente molto leggero quando infine aveva confermato. Adesso avrebbe dovuto pensare dove portarla per la sera di San Valentino, ma ci avrebbe riflettuto più tardi, con più calma, magari con un bel bicchiere di Ogden Stravecchio mentre si riscaldava davanti al fuoco.
Intirizzito dal freddo, Draco scese dall’auto e si affrettò verso casa. Quando entrò il profumo di patate arrosto gli solleticò le narici, e giunto in cucina trovò Linda intenta a cucinare ai fornelli.
-Buonasera signore!- salutò allegramente.
Da quando l’elfo si era dovuto ritirare nel capanno degli attrezzi per quasi tutto il giorno era Linda a preparare la cena per lui e Billy, con profondo risentimento da parte della bestiola, che si sentiva usurpata delle sue mansioni.
-Buonasera. Dov’è il Marmocchio?
-In camera sua, a finire i compiti. Oggi era un po’ giù di morale, ma non ha voluto dirmi come mai.- spiegò spegnendo il fuoco e pulendosi le mani sul grembiule da cucina.
-Capisco. Le dispiace se lo raggiungo, tanto la porta...
-So dove si trova.- concluse con un sorriso. –Me lo saluti.
-Lo farò. Buonanotte.
-Altrettanto.
Draco si liberò velocemente del cappotto, affrettandosi a salire le scale ed entrando nella camera del bambino senza bussare.
Billy gli dava le spalle, e quando lo salutò rispose con un “Ciao” alquanto mogio. Draco andò a sedersi sul letto, abbastanza vicino a Billy per poterlo guardare in faccia.
-Sei arrabbiato con me?- domandò il bambino con gli occhi fissi sui propri compiti.
-Perché pensi questo?
-Perché ho detto a tutti che sei un mago.
-Nessuno ti ha creduto, quindi non hai provocato danni, anche se in futuro non dovrai più dirlo a nessuno.
Il bambino tirò un po’ su col naso.
-Allora perché ho sporcato lo zaino nuovo?
-Non lo hai sporcato tu, è stato Joe Walker.
Billy si strofinò le mani sugli occhi, cercando di asciugare le prime lacrime.
-Guardami.- ordinò Draco.
Timidamente, spostandosi sulla sedia in modo da stargli di fronte, Billy azzardò un’occhiata nella sua direzione.
-Non sono arrabbiato.- disse il giovane.
-Ma non sono riuscito a scegliere i miei amici.- singhiozzò, cedendo finalmente a un pianto liberatorio.
Draco lo sollevò sotto le ascelle e se lo mise sulle gambe, accarezzandogli lentamente la testa.
-Vuoi che richiami il tuo vecchio insegnante?- domandò poi.
Billy scosse la testa con decisione.
-No, a me piace la scuola. Sono i miei compagni che non mi piacciono.
-Sai...- Draco osservò la testolina di Billy con sguardo assorto. Alla debole luce della lampada, i capelli del bambino ne catturavano il bagliore, diventando simili a filigrana dorata. -Io una volta ero come loro. Io ero come Joe Walker. Più gli altri ragazzi piangevano, più io mi convincevo che non si sarebbero mai ribellati…finché una di loro rispose alle mie urla con altre urla. Sai chi era?
Billy scosse la testa, sconsolato.
-Hermione.- mormorò, scostandogli alcune ciocche di capelli biondissimi dagli occhi.
-Davvero?
-E anche Potter e Weasley.- aggiunse, sentendosi in dovere di essere del tutto sincero con sé stesso.
-E’ per questo che ora sono tuoi amici?
-Non sono miei amici...ma li rispetto.
Billy aveva smesso di piangere, e lo stava ascoltando attentantemente.
-Se non puoi avere amici, guadagnati il rispetto, e vedrai che Joe Walker comincerà a lasciarti in pace. Adesso perché non mi porti il tuo zaino, così gli do una pulita come si deve?
Billy annuì, decisamente rinvigorito, scese dalle sue gambe e corse a prendere lo zaino, trascinandolo da lui ancora pieno di libri.
Draco valutò il danno. Una grossa macchia verde era schizzata su tutto il fianco destro, ma non sembrava che fosse compromesso. Estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni, poggiandola sopra la macchia.
-Detergeo.
-Vorrei saper fare queste magie.- sospirò Billy quando lo zaino tornò come nuovo.
-Anche io vorrei che tu le sapessi fare. Non ti annoieresti mai. Adesso scendiamo, la cena è pronta da un pezzo.
Gli spettinò dispettosamente i capelli, per poi precederlo verso la cucina. Era già oltre la porta quando il bambino parlò.
-Ma tu mi vuoi bene anche se non posso fare magie?
Distinse una impercettibile sfumatura di paura, ma lui non poté fare a meno di sorridere per quello straordinario attaccamento dimostrato da Billy sin dall’inizio della loro strana convivenza. Anche quando lui si era dimostrato scostante e burbero, quel bambino non si era mai risparmiato nel volergli provare quanto fosse forte il proprio affetto.
Dunque, cosa rispondere?
-Certo, Billy, io ti voglio bene lo stesso.
 
 
Un timido sole era tornato a splendere sulla metropoli, e le temperature si erano ulteriormente abbassate.
Londra si era svegliata sotto un cielo da cartolina, di un azzurro così intenso che si sarebbe potuto scambiare per quello dell’Italia. Finalmente il traffico mattutino non scorreva più a tre chilometri orari, e anche le vie del centro cominciarono nuovamente a popolarsi di turisti temerari e cittadini ben temprati dal capriccioso clima inglese.
Draco e Billy avevano inaugurato quella domenica mattina con una passaggiata nel parco e una abbondante colazione a base di brioche e bevanda calda in una piccola pasticceria vicino casa. Draco si rilassava bevendo il suo caffè nero, mentre seguiva i movimenti del figlio che spolpava avidamente la propria brioche. Gli sarebbe piaciuto avere a portata di mano un giornale da leggere, ma essendo in un luogo pubblico babbano, non poteva di certo mettersi a leggere La gazzetta del Profeta come se nulla fosse. I suoi occhi si posarono sulla signora appena entrata, una donna di mezza età piuttosto in carne e con un bel sorriso allegro, che si mise a chiacchierare con l’uomo dietro il bancone. Draco dedicò loro un’occhiata oziosa, concedendosi per un momento il privilegio di non pensare a niente. A riscuoterlo brutalmente dal suo momentaneo stato di relax fu la suoneria del suo cellulare, che cominciò a vibrare all’interno della sua giacca. Con un moto di imbarazzo dovuto all’espandersi di quel suono fastidioso per tutto l’ambiente, Malfoy rispose al telefono senza neanche guardare il display, già immaginando la voce sbarazzina della Granger che gli chiedeva se per caso l’avesse disturbato.
Ovviamente le avrebbe risposto che ormai il danno era fatto, quindi tanto valeva che gli dicesse ciò che doveva.
Ovviamente non lo avrebbe disturbato.
-Granger.- salutò con tono appositamente tediato.
-Spiacente Malfoy.- ribatté una voce maschile drammaticamente familiare. –Purtroppo devo deludere le tue aspettative.
Potter.
-Come fai ad avere il mio numero?- indagò inquisitorio.
-Andiamo Malfoy! Me lo sono fatto passare da Hermione.
-Perché te lo sei fatto passare dalla Granger?
-Perché così posso farmi quattro risate ogni volta che scorro la rubrica e vedo il tuo nome.
-Potter...
-Suvvia, un Purosangue come te che si converte a un umile cellulare da babbani snobbando gli Specchi Comunicanti. Ammetterai che è quantomeno paradossale.
Non poteva vederlo, ma percepì la sfumatura di una risata nella sua voce.
-Vuoi continuare a provocarmi finché la mia pazienza non avrà raggiunto il punto del non ritorno?
-No, non voglio svegliare il drago dormiente.            A dire la verità ti ho chiamato per invitarti alla partita di Quidditch di oggi pomeriggio.
Draco rimase per una manciata di secondi senza parole.
-Stai scherzando?- sfiatò poi, cercando di non apparire turbato da quella proposta.
-Certo che no. Oggi c’è l’amichevole tra le Holyhead Harpies e i Falcons, e Ron sta per andare a comprare i biglietti, prima che ci sia il tutto esaurito. In quanto capo dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici ha una sorta di lasciapassare per la tribuna d’onore, adatta anche a uno snob come te...
-Potter.- lo bloccò Malfoy, irritato dalla malizia con cui l’altro gli si stava rivolgendo. –Non ho voglia di stare con te e Weasley anche la domenica.
-Non fare il prezioso e porta Billy, gli piacerà vedere lo sport dei maghi.
Draco guardò il bambino seduto di fronte, riflettendo su quella che si prospettiva come una possibilità in più di avvicinarlo al mondo magico. Dopotutto se gli piaceva uno sport come il calcio, perché non avrebbe dovuto amare il Quidditch?
-E va bene.- concesse burbero.
-Ottimo. Ehi Ron , non c’è bisogno di vendere quei biglietti, Malfoy ha detto che viene!
-Avete già comprato i biglietti?!- ringhiò Draco infiammandosi. –Eravate sicuri che avrei accettato?
-Sei Draco Malfoy, ma questo non significa che tu sia imprevedibile.- chiocciò Potter. –Raggiungici alla Passaporta a casa di Ron alle quattordici.  
-Biglietti per cosa?- domandò Billy curioso, una volta che Malfoy ebbe chiuso la telefonota.
-Per una partita di Quidditch.- rispose pensoso. –Una partita di Quidditch sicuramente piena di giornalisti.
 
 
Draco e Billy giunsero a casa di Ron Weasley a bordo della Ferrari. Non appena l’auto si annunciò col suo forte rombo, le due famiglie all’interno della casa si riversarono nello spiazzo antistante. Sia i Potter che i Weasley squadrarono i nuovi arrivati con aria assai critica.
-Ma voi non tifate per le Holyhead Harpies?- domandò James con tono minaccioso.
-Veramente non volevamo sembrare dei lepricani.- ribatté inacidito Malfoy, osservando l’abbigliamento dei bambini. James e il fratellino erano vestiti entrambi di tutto punto, ma dalle giacche semiaperte si intravedeva una maglia verde smeraldo con un grosso artiglio dorato ricamato sopra. Anche sui visi pallidi spiccavano, disegnati a mano, i colori della divisa delle Holyhead Harpies. James indossava addirittura un cappello a cilindro con tanti piccoli sonagli delle stesse tonalità.
Gli adulti erano un po’ più sobri se non altro, visto che si erano limitati ai segni sulle guance.
Maya invece li scrutava con le mani appoggiate sui fianchi. Lei non era vestita in nessun modo strano, era solo molto graziosa nel vestitino di lana rossa che accendeva i suoi capelli.
-Vuoi passare in incognito, per caso?- gli domandò Potter, accennando al capello, agli occhiali scuri e agli abiti babbani indossati da Malfoy.
Lui diede una rapida occhiata al proprio, anomino abbigliamento.
-Non voglio farmi riconoscere in vostra compagnia.- rispose additando i capifamiglia.
-Perché lo hai invitato, papà?- protestò James, sollevando la testa verso il padre, che sospirò rassegnato.
-Perché è nostro amico.
-Ma non vuole farsi vedere con noi!
-E poi io non sono tuo amico.
Maya roteò gli occhi teatralmente.
-Spero che ti divertirai, Billy.- disse poi, stampando un bacio sulla guancia del bambino, che arrossì all’istante. Ron rivolse a Malfoy uno sguardo orrendamente complice.
-Ma lei non viene?- domandò Draco quando la vide imboccare la via per tornare in casa.
-La signorina non è una grande appassionata di Quidditch.- mugugnò Ron guardando verso la figlia con occhi rassegnati. -Ovviamente, visto che vuole essere come Hermione in tutto ciò che fa.
-Lily invece amerà il Qudditch, zio Ron.- si vantò James, gonfiando il petto d’orgoglio.
Ron sbuffò contrariato, per poi sollevare Albus, ai suoi piedi con le braccia tese, e caricarselo sulle spalle.
-Ma in casa c’è qualcuno?- indagò Draco con tono casuale.
-Oh sì, c’è Luna a badare ai più piccoli e a Maya.- rispose Potter, prima di aggiungere con un ghigno da schiaffi: -Hermione oggi è a trovare i suoi genitori.
Draco incassò senza scomporsi. Era fastidioso essere come un libro aperto, e stava cominciando a capirlo a proprie spese.
Ron li guidò sul retro della casa, in un piccolo spazio erboso dove si trovava uno pneumatico bucato.
-Ecco la Passaporta.- esclamò.
-Cos’è una Passaporta?- domandò Billy, muovendo la testa fra Draco e Ron.
-Ma siamo sicuri che possa funzionare con lui?- chiese invece il biondo, subito rassicurato da Harry.
-Ho chiesto a Hermione. Il meccanismo è simile a quello usato per la Metropolvere. La nostra magia è sufficiente anche per Billy.
-Draco, cos’è una Passaporta?- ripeté il bambino, più ostinato che mai.
-Adesso vedrai. Dammi la mano.
Il bambino obbedì, ma lui, per sicurezza, preferì tirarselo contro e stringerlo con forza, così come Harry stava facendo con James e Ron con Albus. Quando i tre adulti afferrarono contemporaneamente il bordo dello pneumatico, Malfoy percepì la sensazione di uno strappo all’altezza della vita e un violento strattone che lo trascinò in un vortice confusionale. Il braccio attorno a Billy rafforzò la presa. Il bambino cominciò a urlare.
 
 
Atterrarono malissimo, in una spoglia radura grigiastra e piena di neve. Non appena i piedi di Draco toccarono il suolo, si sentì spinto all’indietro dal rinculo dell’atterraggio, e finì dritto col sedere per terra, portandosi dietro Billy peraltro, che gli franò addosso in malo modo, mollandogli una ginocchiata nello sterno.
Draco boccheggiò, piegandosi su di sé per il dolore.
-Credo che la magia abbia percepito Billy.- osservò Potter porgendogli una mano e aiutandolo a rialzarsi. –E che si sia ribellata.
Draco si massaggiò le costole con gesti lenti, una smorfia sofferente ancora impressa sul viso. Accanto a lui, Billy ciondolava, come se quasi non riuscisse a stare in piedi.
-Tutto bene?- gli chiese. –Ti ha dato noia?
-Mi sembrava di essere sul girotondo.- rispose il piccolo. Draco non sapeva cosa diamine fosse quel giro rotondo, ma interpetò positivamente il sorrisino che poi si affacciò sugli occhi grigi del figlio.
-Quella ruota è una Passaporta?- domandò occhieggiando incuriosito allo pneumatico.
-Sì, ma non devi toccarla.
-Ci ha portati in un altro posto?
-Sì, ma dove esattamente?
-Vicino allo stadio.- assicurò Weasley, che quel luogo doveva conoscerlo. A riprova di quanto detto, dallo stretto sentiero lastricato che costeggiava la radura apparvero a poco a poco piccoli drappelli di maghi e streghe, chiaramente diretti alla partita. Alcuni di loro avevano gli stessi segni verdi e dorati sul viso, altri esibivano una faccia interamente dipinta e divisa in due parte uguali, senza cedere un millimetro di spazio al rosa della carne, altri ancora indossavano toghe e berretti stravaganti, o sventolavano bandiere, alcune legate anche intorno al collo come un mantello. James Potter li guardò sfilare, baldanzosi ed elettrizzati, con la faccia di chi finalmente ha scoperto l’elisir di lunga vita.
-Papà!- gridò euforico. Agguantò la mano del padre, strattonandolo energicamente, incurante del cappello che stava per cadergli dal capo. Harry sorrise indulgente, accodandosi insieme al figlio al gruppo di tifosi, facendo cenno agli altri di seguirlo. Albus lanciò un urlo entusiasta quando Ron se lo riprese sulle spalle, passandogli un fischietto babbano che emetteva un suono alquanto irritante. Draco e Billy si unirono a quel gruppo sgangherato più perplessi che eccitati. Dal canto suo, il biondo stava cominciando a pensare che il Moccioso fosse, tra i suoi improbabili compagni, il meno matto, ed era quindi deciso a tenerselo stretto. Billy osservava rapito i maghi che li precedevano e che in quel mentre cominciarono a intonare una canzone che Draco riconobbe come l’inno delle Holyhead Harpies. La maggior parte del gruppo era composto da ragazze, non a caso la squadra in questione era l’unica a essere composta interamente da donne. Alcune di loro, mentre cantavano, sollevarono le bacchette e le accesero, lasciando scaturire dall’estremità alcune scintille dorate.
Billy sembrava folgorato.
Il sentiero costeggiava un minuscolo boschetto di conifere e alberelli rachitici, ed era stato sgomberato dalla neve appositamente per i tifosi ospiti. Quel giorno Le Harpies giocavano in casa, nel Galles.
-Sai che adesso siamo in Galles?- disse a Billy, ricevendo in cambio un solenne innalzarsi di sopracciglia.
-Precisamente siamo ventidue chilometri a nord di Cardiff.- spiegò Ron. –Abbiamo deciso di usufruire di uno stadio più piccolo per via dei preparativi dei mondiali. Questo è l’unico nella regione a essere abbastanza isolato e a non creare disagi in caso di imprevisti.
-Imprevisti?- domandò allarmato Malfoy.
-Beh sai...i tifosi dei Falcons sono notoriamente aggressivi, e potrebbero non gradire una sconfitta da parte di un manipolo di donne.
-Ovviamente i miei sono a piantonare ogni uscita.- aggiunse Potter con tono tranquillissimo. –Sarà una partita a prova di Dissennatori.
-Il tuo umorismo è inquietante.- proferì il biondo, rammentando con un brivido le svariate partite che a Hogwarts erano state simpaticamente interrotte da Dissennatori burloni.
-Cos’è un Dissennatore?- domandò Billy, gli occhi ancora fissi sulle scintille dorate che sovrastavano la tifoseria come un’aureola.
-E’ un cencioso essere che ti prosciuga di pensieri, sentimenti e ricordi felici.- riassunse Draco spiccio. –Quando se ne va, di te non rimane altro che un guscio vuoto e insensibile…ehi, sembra quasi che abbia descritto Weasley, anziché un Dissennatore.- osservò ironico.
Il diretto interessato si assicurò che i bambini non stessero guardando, prima di alzargli contro il dito medio.
Il sentiero sfociò in un ampio spiazzo coperto di un soffice manto candido. In primavera quello doveva essere un bellissimo posto verdeggiante, pensò blando Malfoy, ma anche in inverno si faceva apprezzare notevolmente. Ciò che lo sorprese fu il verso gutturale emesso da Billy.
-Woooo!
Il Nano aveva il capo sollevato e gli occhi sgranati che riflettevano la meraviglia di trovarsi al cospetto di un imponente stadio di Quidditch, almeno il triplo di quello che si trovava a Hogwarts.
Piccolo, eh.
Intorno a loro sciamavano come ragnetti dozzine e dozzine di tifosi, e una grande varietà di voci permeava l’atmosfera, rendendola vivace e frenetica. Draco prese la mano del piccolo, seguendo Ron ed Harry verso l’entrata per la tribuna d’onore. Man mano che procedevano i cori e i colori aumentavano prepotentemente. Il Marmocchio li guardava con i suoi avidi occhi grigi e la bocca dischiusa in una muta esclamazione di stupore.
Una volta all’interno dello stadio Draco cominciò a sentirsi sulle spine e a guardarsi intorno con aria circospetta.
-Dovevamo andare nella curva nord.- masticò tra sé, abbassando il capo quando un fotografo gli passeggiò accanto fischiettando. Sperò solo che col suo atteggiamento schivo non finisse per attirarsi addosso la curiosità malsana di quegli animali, anche se bastava la presenza di Potter e Weasley per rischiare di farlo smascherare. Due o tre fotografi si erano infatti posizionati intorno a loro con aria famelica, e le foto arrivarono puntuali quando sopraggiunse Ginny Weasley, già fasciata nella divisa da Cercatrice. Su di lei l'’uniforme calzava a pennello e andava detto, a onor del vero, che le faceva un fisico niente male, tonico e affusolato. I capelli, anche se erano legati in una coda lunga fino alla vita, oscillarono furiosamente dietro le sue spalle, per poi ricadere in avanti quando si chinò per prendere in braccio il figlio maggiore, che non appena l’aveva vista era scoppiato in strilli convulsi.
-I miei piccoli porta fortuna!- esclamò la giovane stringendoselo al petto e baciandolo affettuosamente, del tutto a proprio agio sotto i riflettori dei fotografi. Potter non era dello stesso avviso, e sembrava mal tollerare quella presenza indiscreta, lanciado occhiate nervose ad alcuni di loro.
Ginny, ancora con la peste in braccio, richiamò l’attenzione del marito con un lieve pizzicotto sulla guancia, per poi posargli un casto bacio sulle labbra. Gli scatti a quel punto impazzirono. Potter divenne color mattone. Draco sogghignò malignamente, celato da occhiali e cappello.
Dopo il primo, fu poi il turno del saluto al secondogenito, anche lui smanioso di coccole e abbracci. Lo zio lo passò alle braccia della mamma, per poi battere una pacca solidale all’amico, ancora provato da quella crudele violazione di privacy. Nessuno dei due ci avrebbe mai fatto il callo, a differenza di Draco, che era nato per stare al centro delle attenzioni mondane.
Quando anche Albus ebbe ricevuto la sua dose massiccia di complimenti e smancerie, la donna indugiò per un tempo altamente pericoloso sul bambino biondo con cappello e guanti verdi che aveva osservato la scena in disparte, vicino a un uomo vestito in abiti babbani e blandamente appoggiato a un muro. I suoi occhi sembravano dire che li avrebbe raggiunti e salutati, ma, grazie al cielo, Potter fu abile a impedirglielo con la scusa di un ultimo, goffo abbraccio.
Draco fu sicuro che le avesse sussurrato qualcosa all’orecchio, perché quando si separarono lei non guardò più nella loro direzione. Abbracciò un ultima volta i figlioletti e corse via, verso lo spogliatoio delle Harpies.
Fu un volta seduto, in una delle migliori file, da cui si aveva una magnifica visuale dell’arena, che Draco si sporse verso Potter, seduto alla sua sinistra, conscio che lì i fotografi non erano ammessi e che dunque poteva respirare senza sentirsi alitare sul collo.
-Per un attimo ho temuto che tua moglie ci sarebbe corsa incontro per abbracciare anche noi.- gli disse con una smorfia.
-Non ti avrebbe mai fatto scoprire, nonostante le tue vigliacche paure.
Draco gli scoccò un’occhiata stranita. Potter si accertò che Billy fosse sufficientemente occupato a scandagliare quella botta di novità, per poi protendersi verso il suo orecchio.
-Non vuoi che scoprano Billy.- sussurrò con tono vagamente accusatorio. –Altrimenti salterebbe fuori che è un Magonò.
-Non dire cazzate.- sibilò Draco, infastidito. –Non mi sarei fatto problemi a farmi vedere con la tua amica Granger, perché avrei...
-Me lo chiedo anch’io.- lo stroncò Harry. Gli rivolse uno sguardo intenso ed eloquente.-Forse perché in tal caso verrebbe messa in discussione la tua capacità di mettere al mondo un erede Purosangue, capace di assicurare un avvenire alla dinastia dei Malfoy?- insinuò retorico. -La tua famiglia ha perso tutto dopo la guerra: rispettabilità, onore, dignità, credibilità. Ma non ha perso il prestigio del nome. Una simile macchia a deturpare la purezza della linfa che vi scorre nelle vene potrebbe compromettere anche quello. Diventerebbe anche la tua una casata come tante altre, dove il sangue alla fine è stato contaminato in modo irreparabile. E tu non avresti più nessun motivo per continuare a guardare dall’alto in basso chi non è come te. Perché, diciamocelo, l’essere un Purosangue è l’unica scusa di cui adesso ti puoi servire per giustificare la solitudine in cui ti sei relegato. E una volta che anche questo ultimo baluardo sarà crollato, sarai definitivamente solo.
Tacque, aspettando che gli desse conferma o smentisse le sue parole, come probabilmente pensava. Draco però era rimasto semplicemente fulminato dalla schiettezza con cui gliele aveva rifilate. Ringraziò il cielo che avesse ancora gli occhiali calati sugli occhi, perché avrebbero certamente tradito le sue reali emozioni.
-Dimmi Sfregiato, certe idee le partorisci nelle tue notti insonni o le spari a bruciapelo non appena vengono formulate dalla tua mente deviata?
Potter gli rivolse un sorriso storto.
-Basterebbe che tu la smettessi di fare il gradasso, per capire che le persone ti apprezzano per come sei, e non per i soldi che hai o il nome che porti. Se tu lo facessi, non avresti motivo di temere cosa la società potrebbe pensare di tuo figlio. Per te invece l’unica cosa che conta è il sangue, e il sangue sarà l’unica cosa che conta anche per la società.
Draco scosse la testa, decisamente innervosito da quelle provocazioni, e fece per rispondere a tono, ma una leggere tirata di manica alla sua destra lo indusse a voltarsi verso Billy.
-Sono arrivati i tifosi avversari.- urlò esaltato il bambino, additando alla curva sud, dove i tifosi dei Falcons, riconoscibili dal grigio cupo del loro vestiario, si stavano accalcando sugli spalti.
Billy indicò poi un maxi schermo immenso, proprio di fronte alla tribuna d’onore,su cui al momento stazionavano le facce dei tifosi più disparati. Draco osservò raccapricciato l’immagine di un panzone che metteva in bella mostra i propri rotoli di carne lattea, sfoggiando il simbolo dei Falcons tatuato sul petto, e provò una scossa di brividi gelidi lungo la spina dorsale.
Il Marmocchio gli chiese delucidazioni sul gioco, e lui fu ben lieto di aver un motivo per non dover più osservare gli orrori trasmessi nel maxi schermo. Gli spiegò dunque le regole basilari e alcune tattiche usate dai giocatori, godendosi lo spettacolo dell’estasi impressa negli occhi di suo figlio.
-Buonasera, signore e signori!- tuonò la voce del cronista. –Qui dallo stadio di Cardiff, in questa luminosa domenica, sta per avere inizio l’amichevole tra Holyhead Harpies e Falcons, e c’è grande attesa per questa partita. Le Harpies sono reduci da un campionato a dir poco sensazionale, e non a caso è anche una delle squadre da cui proviene un altissimo numero di giocatrici convocate ai mondiali, ben sei su sette...
Il cronista continuò a cianciare per qualche altro minuto, fino a quando un improvviso boato annunciò l’entrata in campo dei Falcons, capitanati da un muscoloso battitore di colore, che roteò un pugno per aria, facendo triplicare i ruggiti della tifoseria.
-Il capitano e supercannoniere Keith Horton  incita la folla. Ricordiamo che lui è l’unico giocatore dei Falcons a essere stato convocato in nazionale a causa delle innumerevoli espulsiosi che hanno costretto i compagni a periodi di forzato riposo…
Dagli spalti, le bacchette diedero vita a una gigantesca figura animata, quella di un falco che spalancava le ali per prendere il volo. Andava detto che essere seduti in tribuna d’onore aveva un sfilza infinita di vantaggi, e le sfide tra le tifoserie erano uno di questi. Billy sembrava sul punto di mettersi ad applaudire.
-Ed ecco che giungono in campo le padrone di casa, le signore dei cieli!
Un secondo urlo si levò allora, mentre le Holyhead Harpies facevano il loro scenico ingresso. Un turbinio di mantelli verdi e oro fronteggiò il grigiore dei Falcons. Ginny Potter cavalcava la propria scopa con una disinvoltura dotata di grazia. Frugò con lo sguardo tra gli spettatori in tribuna d’onore, scorse i figli e mimò loro un rapido bacio.
Il colpo del cannone annunciò l’inizio della partita.
Subito i giocatori si lanciarono come petardi, vorticando nell’aria gelida e saettando da una parte all’altra del campo. Draco muoveva ritmicamente la testa a destra e sinistra, così come Billy, che ogni tanto però piantava gli occhi su Ginny per vedere se stesse inseguendo il boccino d’oro. I Falcons non si smentirono, e dopo appena pochi minuti cominciarono i falli sulle avversarie.
-Maxwell ha possesso pluffa, effettua un lancio particolarmente profondo e Johnson intercetta la pluffa. Parte l’azione delle Holyhead e...fallo di Hogart, che ha afferrato la scopa di Johnson. Pluffa per le Harpies. Johnson passa a Parker, che vola radente il fuori campo con Scott e Horton che la tallonano e l’affiancano...passaggio lungo per Bennet, costretta a una mezza piroetta per arrivare alla pluffa, e poi passaggio, pulito stavolta, per la nuova leva Russel, acquistata ai Montrose Magpies per 5 milioni di sterline..ED ECCO CHE RUSSEL SI PORTA DAVANTI AL PRIMO ANELLO E CARICA, EFFETTUA UN LANCIO A JOHNSON, ED E’ PLUFFA DENTROOO! SIGNORI, ANGELINA JOHNSON HA SEGNATO I PRIMI 10 PUNTI CON UNA MAGISTRALE ROVESCIATA A CAVALLO DELLA FIREBOLT 2010! NON C’E’ STATO MODO PER I BATTITORI DI IMPEDIRNE IL GIOCO, L’AZIONE E’ STATA FULMINEA!
Ovunque nelle tribune risuonavano gli echi e i ruggiti dei tifosi, e fu allora che dagli spalti delle Harpies venne fatto esplodere un fuoco d’artificio dalle sembianze di un uccello col volto umano, un’arpia, che stringeva tra gli artigli un falco agonizzante. Poco più in là, James Potter si stava sgolando a tal punto che entro dieci minuti avrebbe sputato fuori un polmone. Il padre cercava di acquietarlo, ma il ragazzino era inarrestabile.
-Il gioco riprende e –aiha- Parker è stata letteralmente sbalzata di lato da un bolide malamente deviato dalla compagna di squadra, Fisher. Per fortuna non sembra esserci alcun problema, no, infatti, la giocatrice fa cenno che è tutto sotto controllo, mentre la pluffa torna in mano ai Falcons. Holmes lancia a Maxwell, che devia abilmente un bolide di Fisher e fila verso gli anelli delle Harpies, carica e SEGNAAA! 10 PARI, QUI ALLO STADIO DI CARDIFF!
Le squadre erano determinate a strappare la vittoria come se fossero state alla finale della coppa del mondo. Billy a volte era persino arrivato a coprirsi gli occhi per paura di vedere i Falcons segnare. Draco non lo aveva mai visto così maledettamente ipnotizzato da qualcosa che avesse a che fare con la magia.Quando poi il cronista gridò ciò che tutto lo stadio aspettava in preda alle palpitazioni, saltò in piedi insieme a James.
-GINNY WEASLEY HA VISTO IL BOCCINO D’ORO, E SI E’ GETTATA ALL’INSEGUIMENTO, SUBITO INCALZATA DA ADAMS, che sembra non essere in vena di risparmiarsi qualche gomitata, E SANTO CIELO, UN BOLIDE LANCIATO DA BEGUM SI SCHIANTA PROPRIO SULLA SCOPA DI WEASLEY, DISARCIONANDOLA QUASI COMPLETAMENTE.
James e Albus fissavano atterriti la madre, tenacemente appesa con una mano al manico della scopa, mentre tutto il suo corpo pendeva nel vuoto a un’altezza di dieci metri da terra. Provò ad aggrapparsi anche con l’altra mano, ma un secondo bolide cozzò contro la scopa, facendola volteggiare come una trottola impazzita, mentre anche lei veniva sballottata da tutte le parti.
-Ginny.- sussurrò Potter stringendo i pugni.
La ragazza perse altri millimetri di presa sul legno lucido e scivoloso del manico.
-E’ UNA SITUAZIONE CRITICA, NONOSTANTE IL BOCCINO SIA STATO NUOVAMENTE PERSO DI VISTA. WEASLEY RITENTA UN AGGANCIO DI FORTUNA ALLA PROPRIA SCOPA, MA ECCO CHE BEGUM SI PREPARA A LANCIARLE CONTRO UN TERZO BOLIDE, E’ DECISO A METTERLA FUORI GIOCO UNA VOLTA PER TUTTE…
-Dai mamma!- strillò James, sventolando il cappello che stringeva convulsamente nella mano. Begum colpì con la forza e la precisione di un grande battitore, e Fisher riuscì a deviarne il corso col proprio bolide quando ormai era a meno di due metri dalla compagna di squadra.
-E FISHER SCONGIURA IL PEGGIO CON UNO SCONTRO TRA BOLIDI! SE SOLO...CE L’HA FATTA, WEASLEY E’ RIUSCITA A RIMETTERSI A CAVALLO DELLA SCOPA E SEMBRA AVER NUOVAMENTE AVVISTATO IL BOCCINO, A GIUDICARE DA COME STA ATTACCATA ALLE COSTOLE DI ADAMS..
Draco, Harry e Ron si sporsero in avanti, protendendo al massimo il collo per riuscire a seguire l’inseguimento del boccino. Ginny si affiancò alla cercatrice avversaria, compatta sulla propria scopa come un siluro, gli occhi piantati sull’obiettivo. Quando l’altra cercò di spintonarla e farle perdere stabilità, Ginny non esitò a spingersi contro di lei, riuscendo quasi a sbalzarla dalla scopa.
Ormai avevano entrambe le braccia protese verso il boccino…
-E WEASLEY LO PRENDEEEE!- sbraitò il cronista, subito seguito da un fragoroso, unico, immenso grido di vitttoria. James scoppiò a piangere per la commozione, saltando in braccio al padre, mentre Albus e Billy ridevano istericamente.
Harry accompagnò i figli a salutare la mamma nello spogliatoio, mentre Draco e Ron li avrebbero aspettati con Billy fuori dallo stadio, dove erano state provvidenzialmente sistemate alcune bancarelle piene zeppe di cibo e gadgets.
-Allora, ti sei divertito?- domandò Ron a Billy, intento a leccare una nuvola di zucchero filato. Lui annuì vigorosamente, dedicandosi all’opera di spolveramento cibo con assoluta dedizione. Tutto sommato Draco si ritenne soddisfatto, tanto che, quando gli fu chiesto dal piccolo se poteva comprare una sciarpa delle Holyhead Harpies, acconsentì di buon grado.
-Abbiamo appena trovato un nuovo tifoso.- constatò Ron con un sorrisetto.
Quando i tre Potter tornarono dalla visita negli spogliatoi, persino lo scorbutico James borbottò un “bella sciarpa” all’indirizzo di Billy, mentre Albus non smise di profondersi in elogi sperticati della mamma per tutto il tragitto di ritorno. Lui e Billy camminavano in testa al gruppo, rivivendo tra loro alcuni dei passaggi più belli della partita, utilizzando come pluffa il cappello a sonagli di James e lanciandoselo a turno, producendo una insopportabile cacofonia di campanelli.
Tornati a casa, quando ormai il cielo si era scurito e del sole non rimaneva che una riga rossa all’orizzonte, trovarono Maya seduta sulle scalette davanti alla casa, i gomiti appoggiati sulle gambe e le mani unite a coppa a reggersi il capo. Non appena li vide arrivare dal retro, si alzò in piedi e corse incontro al padre, facendosi prendere in braccio e baciare.
Billy e Albus, che ancora non si erano stancati, vollero di nuovo raccontarle i momenti più entusiasmanti del match, finché Maya non si tappò le orecchie, ridendo esasperata da tutte quelle chiacchiere.
Draco a quel punto ritenne che potessero sentirsi liberi di levare le tende, scongiurando il rischio di dover rimanere per cena. A dire la verità, aveva bisogno di stare un po’ da solo, nella quiete del proprio studio, a rimuginare sul turbamento che le parole di Potter gli avevano provocato.
Ciò che invece assolutamente non si sarebbe mai aspettato di trovare in casa fu Miss Dewitt, seduta sul divano del soggiorno con una tazza di tè tra le mani. Non appena i loro occhi si incrociarono, sul viso roseo di lei si aprì un sorriso nervoso.
-Ciao tesoro.
Qualcosa alle spalle di Draco si mosse furtivo, e lui non fece in tempo ad acciuffare Billy per il cappuccio del giacchetto che questo varcò la soglia del salotto, curioso di vedere a chi appartenesse quella voce sconosciuta. Calò un breve silenzio, durante il quale la donna soppesò il bambino con sguardo indecifrabile.
-Ciao piccolo.- disse infine, con tono neutro.
Billy non rispose, intimidito. Anzi, per quanto gli fu possibile tentò di mimetizzarsi dietro le gambe del padre.
-Helena.- salutò freddamente quest’ultimo. –Cosa ci fai qui?
Sentendosi apostrofare in quel modo, la ragazza posò la tazza sul piccolo carrellino accanto al divano, per poi alzarsi in piedi. Indossava un elegante tailleur rosso abbinato ad alte decolleté in pitone. Lo stile di una donna sicura di sé e conscia di attirare gli sguardi degli uomini.
-Mi ha fatto entrare il tuo elfo.- spiegò con un’espressione di apparente tranquillità, tradita però da un eccessivo stropicciamento delle mani. Quando notò che Draco le stava fissando, preferì incrociare le braccia sotto al seno.
Gesto difensivo.
-Sono passata perché non mi hai più chiamata.- spiegò, spostando il peso su un piede solo. Draco aveva dimenticato quanto fosse sexy quel corpo, inguainato in modo tanto perfetto in quei vestiti. E il fatto che lo trovasse sexy, lo irritò.
-Vai in camera tua.- ordinò al bambino. Billy esitò, continuando a scrutare l’intrusa da dietro le sue gambe.
-Ho detto.- ripeté Draco, innervosito. –Di andare in camera tua.
Stavolta Billy si staccò dai suoi pantaloni. I suoi passetti risuonarono sulle scale e poi al piano superiore.
-E’ per lui che non mi hai più chiamata?- domandò Helena, tamburellando le dita su un braccio.
-Non sono affari che ti riguardano.- rispose evasivo, entrando in soggiorno e fermandosi davanti al caminetto. –Ma non gradisco le libertà che ti sei presa in casa mia, in mia assenza.
La donna scrollò le spalle, incurvando le labbra, di un bel rosso intenso, in una smorfia di tensione.
-Non ho violato nessuno dei tuoi luoghi segreti.- assicurò, cercando di ammansirlo.
Malfoy la scrutò torvamente, mentre ricordi sfumati riaffioravano nelle sua mente.
Ricordi di lei nuda e gemente nel suo letto, in particolar modo.
Helena interpretò il suo mutismo positivamente. Si mosse sinuosa, con passi calibrati, raggiungendolo e guardandolo con occhi da gatto, verdi, attenti, pronti a guizzare sotto alle lunghe ciglia scure, ispessite dal mascara.
-Da chi hai avuto quel bastardo?- domandò piano, con voce dolce come velluto, stridente con lo scempio della parola usata per descrivere un bambino di soli sei anni.
-Non ti riguarda.- rispose imponendosi di non perdere la pazienza davanti a una donna.
-Voglio saperlo, Draco.- soffiò. I lunghi capelli corvini, alcuni dei quali erano stati raccolti sulla nuca da un fermaglio dorato, catturarono la luce delle lampade, accendendosi di una sfumatura bluastra.
A Draco sembrò di avere davanti una possente pantera pronta a balzargli al collo. Tuttavia, per quanto potesse ringhiare, una donna era l’ultima creatura su quella terra in grado di spaventarlo.
-Non ti risponderò, quindi non insistere. Ti basti sapere che non ho più intenzione di contattarti, così potrai continuare con la tua vita.
-Pensi di potermi liquidare in questo modo squallido?- ritorse lei, sfiorandosi la fronte con una mano. Gli artigli della belva erano squadrati, perfettamente curati e laccati di rosso. –Dopo tutto quello che ho fatto per te?
-Per me?- domandò scettico. –Cosa avresti fatto per me, che non fosse farti scopare a nottate intere?
Helena gli concesse un sorriso d’accondiscendenza.
-Touché.- ammise. –Devo dire che mi è piaciuto farmi usare da te.
-Bene. E’ stato piacevole anche per me, ricordami sempre con affetto, ti auguro una vita felice e piena di sesso, ma adesso scusami, devi andartene.
-Non mi offri un goccio?
-No.
La donna sospirò forte, per poi abbassare lo sguardo e far schioccare la lingua contro il palato, con aria pensosa.
-Ci ho pensato molto, Draco, da quando ho visto quel bambino per la prima volta...
Si staccò dal caminetto, tornando lentamente al centro della stanza.
-Tu lo stai nascondendo, non è vero? Per caso è il figlio bastardo avuto da qualche  mediocre amante?
Draco non rispose. Si limitò a guardarla con crescente sospetto.
-O forse lo hai avuto da una Mezzosangue, mmh? O peggio, una babbana?
-Non mi muoverai a pietà con la tua gelosia.
-Quell’essere è saltato fuori all’improvviso, e da allora tu non mi hai più cercata. E come se non bastasse, ti ritrovo vestito con orrendi abiti babbani...
Additò l’abbigliamento sobrio e discutibile di Draco.
-E nessuno sa della sua esistenza. Cosa sta succedendo, tesoro?
-Non chiamarmi tesoro.
-Hai un’altra?- sparò a bruciapelo, mostrando finalmente quanto la mandasse in bestia quell’eventualità.
-Sì.- rispose duro, contrastandola senza incertezze.
Helena incassò male il colpo. La guardò deglutire e poi distogliere lo sguardo, cercando di non mostrare le proprie debolezze davanti all’uomo che desiderava.
-E la ami?
Pose la domanda tenendo gli occhi fissi sul caminetto, senza osare guardarlo.
-...Non lo so.- rispose lentamente. –Ma ne sono molto attratto.- soggiunse, passandosi stancamente una mano tra i capelli.
-E non credi che possa essere solo sesso?- insistette con tono alterato.
 -Forse.- concesse. –Ma per adesso non ho fretta di scoprirlo. Quando sono con lei sto bene, lei mi fa bene.
L’ultima frase la fece ridere sommessamente. Una risata spezzata, piena d’amarezza. Si voltò nuovamente verso di lui in un moto d’orgoglio, raddrizzò le spalle e lo guardò in faccia. Un bagliore malinconico illuminava la rabbia in fondo ai suoi occhi.
-Quanto ho desiderato poter essere io quella donna. Farti star bene anche senza dovermi spogliare.
Draco sospirò, non sapendo cosa dire per confortarla, e sapendo che lei avrebbe voluto invece che dicesse qualcosa.
-Molto bene.- esordì Helena. La voce era tornata a essere affettata. La maschera era stata nuovamente indossata. Lui non avrebbe più visto la parte fragile e vera di lei.
Le gambe più slanciate di Londra, ecco cos’era stata in tutto quel tempo. E oltre a ciò una gattina leziosa, da strapazzare, delle cui fusa compiacersi, e poi da abbandonare sul ciglio di una strada quando avrebbe cominciato a pretendere eccessive attenzioni. Non aveva mai pensato che oltre a quelle gambe potesse esserci un cuore.
Non aveva mai pensato che forse, dopotutto, le donne si comportassero da stupide perché in realtà gli stupidi erano loro, gli uomini. Miss Dewitt lo superò velocemente, dritta verso l’ingresso.
-Cosa farai adesso?- domandò Draco, mentre lei si infilava una lunga giacca a vento.
-Vuoi sapere se racconterò in giro del tuo bastardo?- sbuffò.
-Potrei offrirti il mio aiuto, per qualunque cosa…
-Non voglio i tuoi soldi, Malfoy.- lo bloccò stizzita. –Non sono una poveraccia. E neanche una ricattatrice. Io non ho mai visto nessun moccioso in questa casa. Prendila come un’ultima dimostrazione dell’affetto che ti porto e di cui non ti sei mai voluto accorgere.
Allacciò il nastro della giacca sulla vita e liberò dal colletto i lughi capelli. L’elfo si materializzò all’istante, pronto ad aprirle la porta. Lei lo liquidò con un gesto della mano.
-Posso aprirla da sola, grazie tante.- sbottò con voce roca.
Draco la seguì all’esterno, percorrendo il vialetto fino al cancello. Quando se lo fu richiuso alle spalle, Helena si voltò verso di lui, immobile davanti a lei.
-Non è un bastardo.- mormorò Draco. Una nuvola bianca si condensò davanti alle sue labbra, disperdendosi nella gelida aria notturna. Helena inarcò le sopracciglia, sorpresa da quella confessione. –E’ figlio mio e di Astoria. Ed è un Magonò.
Quello era l’unico modo che conosceva per dimostrarle che si fidava di lei, per scusarsi, e per ringraziarla. Forse Potter non si sbagliava, forse era davvero giunto il momento di buttarsi, accantonare la proprie paure e provare a fidarsi.
Lui era più che sette litri di sangue puro.
Helena infilò le mani nelle tasche della giacca. Se la sua confessione l’aveva sconvolta, fu brava a nasconderlo.
-Buona fortuna.- sussurrò.
 
 
Quando Draco raggiunse Billy, il bambino stava cercando di fissare la sciarpa delle Holyhead Harpies al muro con l’aiuto di un po’ di scotch. L’esito era a dir poco disastroso. La sciarpa resistette appena dieci secondi prima di afflosciarsi e cadere al suolo.
-Avresti potuto aspettarmi e chiedere a me.- osservò pacato, estraendo la bacchetta ed entrando nella stanza. Billy stese la sciarpa contro il muro mentre lui provvide a fissarla con un incantesimo.
-Mi ricordo di quella ragazza.- esordì il bimbo poco dopo.
Erano seduti sul suo letto, a osservare la sciarpa appesa alla parete di fronte.
-Era già stata qui...vero?
-Hai una memoria di ferro.- commentò blandamente, appoggiandosi contro il muro e tirando un lungo sospiro. Il corpo caldo del bambino gli si appoggiò addosso, lui gli circondò le spalle con un braccio, chiudendo gli occhi e reclinando la testa all’indietro.
-E’ la tua fidanzata?
Draco shignazzò, senza darsi la pena di aprire gli occhi.
-No.
-Davvero?
-Davvero.
Ci fu un attimo di silenzio.
-Hermione lo è?
-No.
-Ma vorresti che lo fosse?
-Non sono cose di cui parlerò con un moccioso di sei anni, per quanto sveglio possa essere.
Altra pausa di riflessione.
-Ma con Hermione non è come con la mamma, vero?
Gli occhi di Draco si aprirono di nuovo. Si voltò a guardare suo figlio, stupito da quella strana domanda. Billy sembrava preoccupato, forse temeva la risposta che gli avrebbe dato.
-Lei dovrà essere la mia mamma?
Gli occhi del bambino rispecchiavano l’angoscia di quel dubbio. Draco corrucciò le sopracciglia, assolutamente sconcertato.
-Nessuna potrà mai prendere il posto della tua mamma.- assicurò. Una nuova certezza si stava lentamente facendo strada in lui. Billy era terrorizzato all’idea di dover sostituire Astoria. Ma Draco sapeva che nel cuore di un bambino non c’era spazio per due mamme. Non ci sarebbe mai stato, con tutta probabilità. E lo sapeva perché era così anche per lui.
-Astoria sarà sempre tua madre. Non devi dubitare di questo, io non ti chiederò mai di voler bene a un’altra persona come ne hai voluto a lei.
-Io a Hermione voglio bene.- borbottò.
-E perciò sarai tu a decidere il suo ruolo nella tua vita. Esistono infiniti e diversi livelli di amore, Hermione non deve necessariamente stare in quello di Astoria, e questo non significa che tu non le vuoi bene. Lei lo sa.
-Ma la mamma per te è allo stesso livello di Hermione?
-...No.
-E sta più in basso?
-E’ difficile da spiegare.
-Non è vero.- osservò tranquillo Billy. –Non è difficile proprio per niente. Devi solo dire la verità.
Draco giochicchiò con qualche ciocca dei suoi capelli. Non c’era nulla di difficile, era vero. E allora perché non parlava? Aveva forse paura di ferire i sentimenti di un bambino che aveva appena dimostrato una maturità fuori dal comune?
Astoria stava un gradino più in basso?
-Sì.- ammise in un soffio. –Astoria sta più in basso. Ma questo non significa che non le volessi bene.
-Un po’ gliene vuoi ancora?
Draco sentiva quasi il bisogno di ridere, suo malgrado intenerito da quella infantile e amorevole fissazione del piccolo per Astoria. Chissà quanto lui e la sua ex moglie dovevano apparire diversi e stravaganti agli occhi di quel piccoletto. Eppure Billy aveva bisogno di sapere che anche lui avrebbe per sempre lasciato dentro di sé un po’ di spazio alla sua mamma.
E fu proprio quel bambino, quella piccola vita palpitante, che gli ricordò quanto incondizionatamente lo avesse amato Astoria, e quanto  poco lui avesse meritato il suo amore.
Non sempre veniva concessa una seconda possibilità, ma se quella esisteva, a lui era stata data.
-Gliene vorrò per sempre.
Billy era la sua seconda possibilità.

**NOTE FINALI**
Le informazioni sulle due squadre di Quidditch (divise, colori ecc.) sono state prese da wikipedia. E' stato divertente leggere tutte le curiosità sulle innumerevoli squadre inventate dalla Rowling. Quella donna è un mostro di inventiva, va ammesso!
Per quanto riguarda la storia, in questo capitolo succedono diverse cose. A partire dalla riappacificazione tra Hermione e Draco fino ai dispetti che i bambini della scuola fanno a Billy passando per tutta una serie di confessioni che l'algido Serpeverde comincia a fare a sè stesso.
nel prossimo capitolo ci saranno incontri ravvicinati con due personaggi, uno di contorno e l'altro di fondamentale importanza nella storia. Siccome sono perfida, vi dico solo il nome di quello meno importante: Joe Walker.
Spero di avervi incuriosito.
a presto!

 

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Capitolo 12
*** Quando un bambino è felice ***


Quando un bambino è felice
 

-Quando pensi che tornerai a trovarci, Draco?
-Presto, molto presto.
-Non fare lo sbrigativo con me, ragazzino.
Draco fu tentato di alzare gli occhi al cielo. Non lo fece perché Narcissa lo stava guardando dall’altra parte dello Specchio Comunicante.
-Mi dispiace mamma, ma ho molto lavoro da fare in questi giorni.
-Comprendo, ma ricordati anche dei tuoi genitori, che tra l’altro sono anche nonni e vorrebbero vedere loro nipote di tanto in tanto. Vero Lucius?
La donna si voltò verso un punto imprecisato fuori dall’inquadratura dello Specchio. Draco non vide suo padre, ma ne udì il grugnito d’assenso. Sicuramente Narcissa lo aveva costretto a starle vicino per rendere più credibile la sua strigliata.
-A papà manca il Marmocchio? Ho bisogno di sentirmelo dire per crederci.- sghignazzò, accomodandosi sulla poltrona d’ufficio e pregustando l’espressione del padre.
-Che figlio disgraziato.- commentò a mezza voce Lucius, ancora fuori dal campo visivo di Draco.
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta del suo ufficio. Un attimo dopo il viso di Hermione fece capolino. I suoi occhi si illuminarono appena lo scorsero.
-Scusa.- mimarono silenziosamente le sue labbra.
-Entra.- la invitò Draco.
-Con chi stai parlando?- domandò subito sua madre, mentre Hermione scivolava all’interno e chiudeva la porta del suo ufficio.
-Con l’ultima persona che potresti aspettarti.- rispose divertito, gli occhi ridenti fissi su Hermione. La ragazza gli scoccò uno sguardo allarmato, facendo di no con le dita.
-Non ci provare.- intimò in un soffio.
-Ovvero?
Draco le strizzò un occhio con aria complice.
-Hermione Granger, mamma.
Hermione si schiaffò una mano sulla fronte, rassegnata. Al di là dello Specchio ci fu un attimo di silenzio, poi la risata esilarata di Lucius esplose di botto.
-Nostro figlio si diverte a cercare di farci venire una sincope.- commentò. Una mano bianca batté sulla spalla di Narcissa, la cui faccia era rimasta bloccata in un muto grido d’orrore. La donna parve riaversi dal brutto colpo, e dalla sua gola si sprigionò una risatina acidula.
-Smetti di fare lo spiritoso.- sbottò poi, nervosa.
-Allora lasciami andare a lavorare. Ti prometto che una di queste sere verrò per cena, e mi porterò dietro il Marmocchio, per la gioia tua e di tuo marito.
-Lo spero per te.- minacciò sibillina sua madre, prima di chiudere la conversazione.
-E’ sempre uno zuccherino.- commentò riponendo lo specchio sulla scrivania.
-Chissà cosa penserebbero di te se sapessero che siamo amici.- osservò Hermione, con un tono così basso che Draco pensò lo stesse domandando a sé stessa.
-Amici?- ribatté con un ghigno sornione. –Non sapevo che li baciassi, i tuoi amici.
Le guance della giovane si tinsero di un tenue colore rosato, mentre una nuova tensione pervase il corpo di entrambi, carica d’elettricità, al ricordo del loro bacio.
-Hai...- sussurrò Hermione con un filo di voce. –Hai capito cosa intendo.
Draco inclinò leggermente il capo, osservando assorto la linea sottile del suo collo. Sentendosi osservata, Hermione contrasse appena la mascella. Draco rimpianse di non poterle vedere le clavicole. Erano uno dei punti, nel corpo delle donne, che amava di più.
Si alzò dalla sedia con disinvoltura. Gli occhi della ragazza saettarono sulla sua camicia, sul torace e sulle spalle. Malfoy percepì una carezza voluttuosa sul proprio corpo. Aggirò la scrivania con passi lenti. Hermione si voltò verso di lui, spostando la sedia di traverso.
Le mani di Draco si posarono sui braccioli, intrappolandola. Gli occhi di Hermione, così vicini ai suoi, erano di una grandezza eccezionale. Il colore era quello delle foglie autunnali, di un bel castano intenso, caldo, luminoso.
La vide deglutire piano, mentre le mani leggere di lei si posavano sulle sue, sfiorandole con riverenza.
Il respiro di Draco si fece appena più veloce, mentre Hermione sembrava che volesse trattenerlo.
Aveva le labbra un po’ arrossate per il freddo.
Draco provò il forte impulso di baciarle.
-Perché...- esordì, la voce arrochita dal desiderio. –Non vieni con me, a cena dai miei, e lo scopri da sola cosa pensano di noi?
Si inclinò in avanti, puntellandosi sui braccioli della sedia, avvicinandosi al volto di lei.
-A cosa ti riferisci con quel “noi”?- domandò in un soffio.
Le mani si strinsero intorno a quelle di Draco.
-A te, a me, e a tutto ciò che comporta.
-E cioè?
Chiuse gli occhi. Le lunghe ciglia scure proiettarono uno spicchio d’ombra sulla pelle. Sembravano due ombrellini, finché non si incurvavano verso l’alto, incorniciando meravigliosamente i suoi occhi.
Draco si abbandonò alle sensazioni. Lasciò che le proprie labbra sfiorassero languidamente quelle di Hermione, mentre il corpo della ragazza si tendeva sulla sedia, e le mani si serravano istintivamente intorno ai suoi polsi.
-Ti voglio.- rantolò contro la sua bocca.
La ragazza emise quasi un sospiro.
-Non credo che i tuoi sarebbero felici di vedermi in casa loro.- sfiatò, facendo ridere Draco.
-Non è il momento di parlare dei miei.- ribatté piano. –A proposito, grazie per essere venuta.
Una risata gutturale si sprigionò dalla gola di Hermione.
-Il tuo umorismo è del tutto inadeguato.
Ruotò la sedia verso la scrivania. Hermione afferrò la sua cravatta all’altezza del nodo, attirandolo a sé e baciandolo. Draco sentì un fuoco divampare dall’interno. Strinse con forza le cosce della ragazza, sollevandola con fermezza. Lei gli allacciò le gambe alla vita, mentre lui calciava via la sedia e spingeva giù dal tavolo tutte le inutili cose che lo popolavano.
Hermione rise contro le sue labbra, baciandolo con ardore, lasciandosi sdraiare su quella improvvisata superficie. Le sue mani premettero appena dietro le orecchie di Draco, per poi affondare tra i suoi capelli, sconvolgendoli.
Scese a baciarle il collo con irruenza, strappandole un basso ansito di piacere.
E’ mia, realizzò tra sé, provando una gioia feroce e primitiva nel sentirla così perfetta per lui.
Era così euforico, così incredibilmente eccitato, che quando Hermione parlò, la voce giunse ovattata alle sue orecchie.
-Malfoy, il tuo cellulare.- gemette, sbattendo le palpebre per riuscire a focalizzare la realtà.
Caduto a terra insieme alle altre scartoffie, l’apparecchio stava vibrando, e non sembrava intenzionato a smettere.
-Vuoi che lo distrugga?- propose Draco con quello che a lui parve semplice buon senso.
-N-no.- borbottò Hermione, mettendosi a sedere sul bordo della scrivania e cercando di riassettarsi alla bell’è meglio. –Potrebbe essere Billy.
-O Potter.- si lagnò Draco.
-Harry? Non credo proprio, l’ho visto poco fa e mi ha detto che aveva dimenticato il cellulare a casa.
Draco sbuffò, ma tanto ormai la Granger non gli avrebbe più permesso di ricominciare da dove avevano interrotto, non finché non avesse risposto a quel dannato telefono.
Si chinò a raccoglierlo, leggendo il nome sul display. Era proprio Billy. Strano che lo chiamasse a quell’ora, sarebbe dovuto essere a pranzo.
-Ciao ragazzino.- salutò, cercando di suonare disponibile e pacato.
-Draco.- rispose una voce che stentò a riconoscere come quella di suo figlio. Billy stava piangendo.
-Che succede?- domandò in allerta.
All’improvviso si era dimenticato di ragionare. Non appena aveva colto quella orrenda nota di terrore nella voce del bambino, nella sua mente si era fatto buio di colpo, mentre il pensiero che gli fosse accaduto qualcosa di brutto gli artigliò le viscere in modo orribile.
-Sono nel bagno delle femmine. Loro mi vogliono fare male.
Un singhiozzo. Una richiesta d’aiuto.
Una bile amara pervase la bocca di Draco. All’improvviso la lingua gli si era impastata. Una rabbia smisurata incendiò il suo sguardo.
Hermione lo guardò preoccupata.
-Io li massacro.- ringhiò, furibondo.
 
 
Quella mattina Billy era arrivato a scuola in orario, come ogni altro giorno. Aveva salutato Draco al cancello, per poi fingere di entrare nella scuola. In realtà faceva giusto qualche passo, per poi voltarsi e guardare suo padre che risaliva sull’auto e se ne andava. Anche se sapeva che lo avrebbe rivisto quella sera, doversi separare da lui era comunque come una puntura gelida al cuore.
La macchina nera di Draco sparì veloce, portandolo lontano da lui, verso il mondo dei maghi.
A Billy invece non rimase che entrare. Certo era strano che la mamma non gli avesse mai parlato della magia, e delle cose bellissime che potevano fare le streghe come lei, o i maghi come Draco. Lui avrebbe voluto conoscere molto prima quelle meraviglie. All’inizio non gli erano sembrate poi così incredibili, visto che la mamma ne aveva sempre parlato male, ma Draco gli aveva mostrato il lato bello di una realtà che non aveva mai conosciuto. Ed era una realtà molto più luccicante di quella in cui era cresciuto.
Anche lui voleva essere un mago. Lo voleva con tutto sé stesso.
Sospirò mogio, entrando in classe, dove i compagni interruppero ciò che stavano facendo in attesa di iniziare la lezione per guardarlo di sottecchi. Ormai era abituato al silenzio strano e innaturale che calava quando lui era nei paraggi, prima che un brusio nascesse tra le prime file, seguendolo fino al banco in ultima fila, dove sedeva solo.
Gli altri bambini lo guardavano come se fosse qualcosa di buffo, e lo tenevano a distanza.
Lui non sapeva se soffrirne. Beh, non che fosse venuto a scuola per stare solo, ma sapeva che non doveva preoccuparsi finché a casa c’era qualcuno ad aspettarlo la sera, e ad accoglierlo con calore.
Chi però non poteva sopportare, pensò tetramente vedendoselo venire incontro, era Joe Walker.
Non di nuovo.
Joe gli si fermò davanti. Era più alto di lui. A dire il vero, era il più alto della classe, e Billy immaginava che fosse per quel motivo che faceva il prepotente con tutti. Il fatto che nessuno si ribellasse, come gli aveva confessato Draco, non faceva che aumentare la sua cattiveria.
Cercò di reggere lo sguardo impertinente di Joe, guardandolo temerariamente in quegli occhi neri che tanto lo spaventavano. Se non poteva avere amici, avrebbe avuto il rispetto.
-Oggi non hai bugie da raccontare?- lo apostrofò maligno Joe, incombendo su di lui come uno di quegli alberi scheletrici che aveva visto in alcuni cartoni animati, pronto a piegarsi su di lui e ghermirlo con i suoi rami ossuti.
-Io non sono un bugiardo.- ripose con determinazione.
-Ah no? però quelle che racconti sono frottole. Tu non hai un papà mago.
-Ti dico di sì.- ribatté arrabbiato.
-E tu allora perché non lo sei?
Billy non seppe come rispondere a quella domanda tanto crudele.
Un sorriso perfido si aprì sul viso scaltro di Joe. Alla fine aveva vinto lui.
-Joe!
La maestra li raggiunse, frapponendosi e rispedendo Joe al proprio posto in prima fila.
-Tutto bene, tesoro?- domandò a Billy, gentile.
A Billy piaceva la maestra, ma aveva intutito che non fosse normale il suo atteggiamento nei suoi confronti. Si sentiva trattato come un bimbetto. Le disse che stava bene, sedendosi e cominciando a tirare fuori quaderno e astuccio.
-Molto bene.- dichiarò la maestra, tornando alla cattedra e appoggiandovisi, rivolgendo alla classe uno dei suoi sorrisi più dolci. –Avete svolto il tema che vi avevo assegnato per casa? “Come ho trascorso la domenica”. Qualcuno di voi vuole leggerlo alla classe?
Billy rimase in silenzio, impegnato a colorare con i pennarelli il disegno che aveva fatto alla fine del proprio tema. Lentamente qualche mano cominciò ad alzarsi tra le prime file. Mary Kartwright, la bambina più carina della classe, con un caschetto di boccoli biondi e un visino da angelo, lesse il proprio tema. Billy pensò distrattamente che era pieno di ripetizioni e parti poco chiare. Mary poi leggeva male, senza riuscire ad articolare bene le parole, masticandole, dovendo fermarsi a fare lo spelling per quelle più lunghe. Billy invece era soddisfatto del modo in cui leggeva e scriveva. La mamma era stata una maestra bravissima. Sin da quando aveva tre anni, ogni sera si sdraiavano insieme sul letto, e prima di dormire leggevano insieme una favola. All’inizio era lei a leggere, con lentezza per fargli comprendere la pronuncia delle parole, e con intonazione per farlo appassionare. Poi passava il libro a lui. Anche se sapeva di non essere affatto abile, Billy amava leggere per la mamma.
Gli piaceva il modo in cui si lasciava scivolare sul materasso, coricata sul fianco e rivolta verso di lui, una mano a sorreggersi la testa, l’altra posata sulla sua gamba. I suoi occhi bevevano il suo racconto, dapprima insicuro, poi sempre più sciolto. Nel giro di un anno aveva cominciato a leggere storie sempre più lunghe e complesse. Le parole si erano fatte meno ostiche, e Billy aveva imparato a visualizzarle nella mente prima di pronunciarle. E più leggeva, più ne ricordava.
Quando Mary terminò la lettura, la maestra le fece i complimenti per il tema, dimostrandosi molto soddisfatta per i progressi della bambina. Billy non prestò ascolto, continuando a dedicarsi al proprio disegno. Altri bambini lessero i propri temi. Ognuno di loro leggeva una frase e poi si fermava, interrompendo la narrazione in modo brusco. Era normale che non sapessero leggere, ma a Billy infastidiva la loro incapacità di pronunciare parole che a lui sembravano tanto banali: ricreazione, situazione, intermedio, partecipazione erano solo alcuni esempi. Ogni nuova frase sembrava uno scoglio insormontabile. La maestra però era sempre soddisfatta, e si interessava molto a ciò che i bambini avevano fatto nei weekend insieme ai loro genitori…
-Billy?
La voce proveniva dal suo fianco. Billy, che si era perso nei suoi pensieri, sobbalzò spaventato.
La maestra gli stava di fronte, e sembrava indecisa tra l’essere arrabbiata con lui per essersi distratto oppure incuriosita dallo strano disegno che stava ultimando.
-Perché non ci leggi il tuo tema, visto che ti stai annoiando?
Billy deglutì, vergognandosi per essere stato smascherato pubblicamente. Adesso i suoi compagni lo avrebbero detestato ancora di più. L’occhiata di Joe, fuori dal campo visivo della maestra, gliene diede conferma. L’impulso di negare e dire che non si stava affatto annoiando fu molto forte. Ma in quel modo avrebbero avuto ragione gli altri a dargli del bugiardo.
Fu per questo che non contraddisse la maestra, ma si limitò a leggere il proprio racconto.
Le frasi corsero sulla sua lingua come un torrente in piena, susseguendosi l’una dopo l’altra, chiare e nitide ai suoi occhi. Riuscì a ricreare le giuste pause tra un discorso e l’altro, e più leggeva, più gli occhi della maestra si allargavano. Chissà se per via di come leggeva o perché stava raccontando la partita di Quidditch vista col “suo nuovo papà”.
Descrisse tutto nei dettagli. Lo stadio gigantesco, il viavai di maghi e streghe, i mille colori sgargianti (per pronunciare quella parola dovette fermarsi, in effetti) delle divise, gli incantesimi eseguiti dai tifosi delle squadre, le regole basilari del gioco e la partita vera e propria, soffermandosi sulle emozioni provate vedendo Ginny, la Cercatrice, che inseguiva il boccino d’oro cavalcando una scopa e solcando il cielo.
Le altre uniche due parole che richiesero un momento di pausa furono “solcare” per l’appunto, e “scampanellio”, in riferimento ai sonagli del cappello di James.
Quando terminò la lettura, nella classe regnava il silenzio più assoluto.
Gli altri bambini, che solitamente tendevano a distrarsi nel momento in cui un compagno si dilungava con la lettura, lo fissavano catturati dal suo racconto. Alcuni di loro erano persino rimasti a bocca aperta.
-Billy...- la maestra fece una pausa. –Questo tema...lo hai scritto tu?
-Certo.- esclamò offeso. Chi altro avrebbe dovuto scriverlo sennò?
La maestra annuì, e sembrava che gli credesse.
-Scrivi e leggi davvero bene.- osservò. –E il tuo tema è molto, molto bello. Questo disegno sarebbe...
-E’ la Cercatrice che afferra il boccino.- spiegò Billy, interrompendola.
-Posso?- domandò gentilmente. A un suo cenno d’assenso, prese il quaderno tra le proprie mani, osservando il disegno con interesse.
-Impressionante.- la sentì mormorare tra sé.
Gli restituì il quaderno, senza però passare ad altri bambini. Era ancora immobile davanti al suo banco.
-Come mai hai scritto “nuovo papà”?
Billy si strinse nelle spalle.
-Perché l’ho conosciuto da poco.- spiegò con tono ovvio.
-Ah. Prima vivevi con qualcun altro?
-Con la mia mamma.
La maestra sembrava interdetta.
-I tuoi genitori sono separati?- domandò senza riuscire a capire.
-No, la mamma è morta
Lo disse con tono disinvolto, tranquillo, ma la maestra impallidì, mentre alcuni bambini si abbandonarono a esclamazioni di sorpresa o si coprirono la bocca con una mano, attoniti.
-Capisco.- fu tutto ciò che riuscì ad articolare. –Hai fatto un ottimo lavoro Billy, bravo.
Gli sorrise in modo incoraggiante, e fece per tornare al suo posto, quando la voce di Joe schioccò nell’aria.
-Maestra, non ha descritto il proprio weekend!- protestò polemico. –Quella storia è inventata. E poi non può saper leggere così bene. Ha barato.
-Non ho barato!- ribatté Billy, alzando la voce.
-Joe, non ha barato.- sbottò secca. –Ha letto il tema davanti a me e a te. Ha solo una sviluppata padronanza del linguaggio, può capitare.
-Ma ha scritto una storia inventata.- insistette l’altro, più testardo che mai. –Non ha rispettato la consegna.
-E’ vero.- concesse la maestra. –Ma è comunque un ottimo tema, e sono sicura che si è impegnato come te nello scriverlo.
Joe non rispose, ma era chiaro che non fosse in sintonia con quanto sostenuto da lei.
-A chi di voi non è piaciuto, sentiamo.- esclamò, rivolta a tutta la classe. –Lo avete trovato noioso, per caso?
Un coro di no si levò timidamente.
-Pensate che leggerlo sia stata una perdita di tempo?
I no si fecero sentire di nuovo, stavolta meno incerti.
-Nessuno di voi ha immaginato, per un piccolissimo istante, di poter essere a cavallo di quella scopa ad agguantare il boccino?
Quasi tutti furono unanimi nel rispondere affermativamente. La maestra tornò a guardare Joe, soddisfatta.
-Direi che possiamo cominciare la lezione.- sentenziò allegramente.
Il resto della mattina era trascorso in un lampo. Billy aveva seguito attentamente la lezione, prendendo diligentemente appunti e ascoltando la spiegazione dell’insegnante. Quasi si era dimenticato del diverbio avuto con Joe, e aveva involontariamente abbassato la guardia.
Si accorse troppo tardi di aver commesso un errore.
Se a ricreazione infatti aveva potuto contare sulla compagnia della maestra, con cui ormai trascorreva da solo ogni intervallo, seduto al proprio banco a disegnare o leggere qualche fumetto trovato sugli scaffali dell’aula, mentre lei sfogliava un giornale o correggeva alcuni compiti, l’ora di pranzo lo vedeva sempre scoperto e vulnerabile. Fu proprio al suono della campanella, dopo che la classe si si fu riversata in fretta dietro alla maestra per andare a mensa, che Joe lo placcò insieme a Simon Green e Robert Taylor.
Solitamente loro tre erano i primi a uscire, per questo Billy se la prendeva con calma, deciso a evitarli il più a lungo possibile. Quel giorno però non si accorse della studiata lentezza con cui si erano alzati, lasciando fluire all’esterno il grosso della classe, e se ne rese conto solo quando Joe chiuse la porta, per poi rivolgergli un sorrisetto demoniaco.
-Adesso sei solo.- constatò malignamente.
A sottolineare la gravità della situazione ci si misero anche gli altri due. Simon afferrò l’astuccio di Billy, tirò fuori le poche matite che vi erano dentro, contandole ad alta voce, spezzandole e gettandole per terra. Robert invece agguantò lo zaino, appeso allo schienale della sedia, per poi passarlo a Joe.
-Hai lavato la macchia.- notò quest’ultimo, guardando il punto dove qualche giorno prima aveva spruzzato la tinta verde. -Non c’è più neanche un puntino di sporco.
Billy non rispose, limitandosi a tenere le braccia stese lungo i fianchi, mentre il cuore cominciava a battere più intensamente.
Joe rovesciò lo zaino, tenendolo dal sotto e scuotendolo con forza. Tutti gli oggetti al suo interno caddero a terra. I libri, il diario, il succo di frutta che non aveva bevuto a ricreazione, il cellulare...
In quel momento, come se avessero ricevuto un silenzioso ordine, sia Simon che Robert si mossero simultaneamente. Il primo allungò una mano sul banco di Billy, prendendo il quaderno e sfogliandolo senza alcun riguardo, fino a che non ebbe trovato il tema sul Quidditch. A quel punto cominciò a stracciare le pagine. Il secondo invece raggiunse uno degli armadietti di acciaio in fondo alla classe, aprendolo e portando a Joe un barattolo di tinta blu.
Billy, rimasto a guardare il proprio tema che diventava una misera manciata di coriandoli, impotente e con occhi brucianti, non riuscì a rimanere passivo davanti a quel nuovo, perfido gioco.
-Lasciate stare il mio zaino.- sbottò nervosamente.
Gli sarebbe piaciuto essere più alto, così da incutere timore, ma sapeva che in ogni caso sarebbe comunque stato uno contro tre. La situazione non volgeva di certo a suo vantaggio.
-Avrai quello che ti meriti, Bugiardo.- ghignò Joe, stappando il barattolo e lanciandogli uno sguardo di sfida. –Da domani tornerai con quella brutta borsa da vecchi, e smetterai di raccontare frottole solo per piacere alla classe. Sei troppo strano per  stare con noi.
Scosse il barattolo avanti e indietro,smuovendo la tinta al suo interno, che schizzò con un getto unico sopra al suo zaino. Come sbalzato in avanti da una molla interiore, Billy allungò le mani, stringendo i passanti dello zaino e tirandolo a sé, senza successo visto che Joe lo tratteneva senza molti sforzi.
Simon e Robert guardavano la scena e ridevano di lui.
Billy non si era mai sentito così umiliato. Lacrime di rabbia cominciarono a bagnargli le guance.
-Ammetti di essere un bugiardo!- ordinò Joe, strattonando lo zaino, e lui insieme a quello.
-No!- urlò, senza lasciare la presa.
-Mia mamma dice che lo sei. Non esistono i maghi, e quindi sei un bugiardo.
-Non lo sono!
-Mamma dice che lo è anche tuo padre, che ti mette in testa certe idee.- cantilenò Joe, scrollandolo come un insetto fastidioso che si era ritrovato sulla manica della camicia.
-Mio padre è un mago!- gridò, tirando lo zaino con tutta la forza che aveva nelle braccia. Per tutta risposta, Joe lo lasciò andare a sorpresa, e Billy finì a terra rovinosamente, sporcandosi la camicia bianca con la tinta blu. Le risate di Simon e Robert crebbero di intensità.
La mano destra gli faceva male. Cadendo aveva cercato di attutire il colpo, e ci era finito sopra con tutto il corpo. Non riusciva a muoverla.
Joe sghignazzò, piegandosi e agguantandolo per il colletto. Billy si ritrovò spalle al muro, con la mano del compagno serrata intorno al braccio sinistro, l’unico che avrebbe ancora potuto muovere.
-Scommetto che anche tua mamma era una strega.- disse con occhi scintillanti di cattiveria. –Sai che le streghe venivano bruciate vive tanti anni fa?
La mano mollò il suo braccio, passando a stritolargli la spalla, sempre più vicina al collo. Billy era un fascio di nervi. Non riusciva a vedere altro che gli occhi neri di Joe e le facce sghignazzanti di Simon e Robert.
-Se era davvero una strega, è un bene che sia morta.
Quel sussurro squassò Billy con uno spasmo violento. Una voragine nera gli si spalancò nello stomaco. Fulmineo, abbrancò con la mano sinistra il braccio con cui Joe lo teneva inchiodato, strizzandolo all’attaccatura dell’avambraccio, là dove si concetravano i nervi, e affondando i denti sulla carne non protetta dalla camicia. Joe strillò per la sorpresa. Non appena ritrasse il braccio, Billy gli saltò addosso, facendogli perdere l’equilibrio e rovesciandolo. Simon e Robert non lo ghermirono come avvoltoi, accorrendo invece da Joe, e quello fu il piccolo colpo di fortuna che permise a Billy di recuperare in fretta il cellulare e poi scappare fuori dalla classe, correndo verso la mensa.
Il rumore della porta sbattuta e l’urlo di Joe gli fece accapponare la pelle.
Quei tre lo stavano inseguendo, e il solo pensiero di quello che gli avrebbero fatto se lo avessero raggiunto bastava a far martellare il suo cuore come un tamburo.
Il terrore lo attanagliò a tal punto da annebbiargli la mente. Anziché correre verso la mensa si rifugiò nel bagno delle bambine, chiudendosi nel cubicolo più lontano della porta e montando sul water, nella speranza che Joe e gli altri si limitassero a sbirciare dalla fessura sotto la porta, o che non entrassero proprio in quel bagno.
Attese per alcuni minuti, in cui un silenzio innaturale lo strinse nella sua morsa di ferro. Aveva morso Joe, lo aveva spinto a terra!
Se gli fosse finito tra le mani...
Si asciugò le lacrime con un gesto secco. Poi si ricordò del cellulare che aveva infilato nella tasca dei pantaloni, così lo prese e selezionò il numero dell’unica persona in grado di tirarlo fuori dai guai.
Attese in preda all’ansia più nera.
Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.
-Ciao ragazzino.- rispose la voce annoiata di Draco, che mai gli era sembrata tanto dolce e rassicurante, come una luce in mezzo al buio.
Proprio allora, la porta si aprì, emettendo un cupo cigolio. Il cuore di Billy fece un salto, fermandosi nella sua gola.
-Lo so che sei qui.
La voce di Joe era lugubre. Con un calcio spalancò la porta del primo cubicolo.
-Draco.- mugulò pianissimo, senza riuscire a trattenere le lacrime.
Un altro calciò venne assestato alla seconda porta. Ne mancava solo una prima di arrivare alla sua.
-Che succede?- domandò Draco, preoccupato.
Sì, esatto, preoccupato.
Un’altra porta aperta. Ora toccava a lui.
Billy puntò gli occhi sull’ombra scura che si stagliò sotto la porta, allungandosi sulle mattonelle del bagno come un cupo monito. In un ultimo guizzò di lucidità, vomitò quel che all’altro serviva per trovarlo.
-Sono nel bagno delle femmine. Loro mi vogliono fare male.
 
 
-Dove stai andando?!
Draco si precipitò fuori dall’ufficio, gli occhi spalancati, le labbra contratte, un gelo orribile a ghiacciargli le ossa. Amelia, seduta alla propria scrivania, gli rivolse uno sguardo a dir poco spaventato.
-Signor Malfoy, si sente ben…
La sua domanda venne risucchiata dal vuoto, mentre lui correva verso le scale, visto che l’ascensore lo avrebbe solo rallentato. Hermione gli stava alle calcagna, seguendolo nella sua corsa folle lungo le rampe che separavano il quinto piano dall’Atrium.
-Malfoy, aspettami!- gli urlò dietro, saltando interi gradini per non perderlo di vista in mezzo alla calca di persone che percorrevano le scale nel senso opposto a loro.
Draco spintonò maghi e streghe che lanciarono improperi e lo riconobbero anche. Lui non guardò in faccia nessuno invece. Fendeva la folla come un pazzo, aprendo il varco a Hermione, che seguiva la sua scia correndo più velocemente possibile.
Resisti ragazzino, resisti, sto arrivando…
Finalmente guadagnò l’uscita. Fu allora che si fermò, raccolse il fiato e si preparò alla smaterializzazione, vietata all’interno delle mura ministeriali.
Un attimo prima di scomparire, Hermione posò la mano sulla sua spalla.
L’istante successivo piombarono nel bel mezzo del bagno della scuola elementare.
Hermione non ebbe neanche il tempo di riprendersi dallo spaesamento, né di mettere a fuoco il posto in cui erano finiti, perché l’attenzione di entrambi fu catturata da una scena raccapricciante.
Billy era inchiodato a terra, e un altro bambino, molto più grosso di lui, gli era praticamente seduto sopra, con una mano serrata intorno al suo collo e l’altra alta sopra la sua testa. Ad assistere, oltre a loro, c’erano poi due bambini, a guardia della porta.
Adesso tutti e quattro li stavano fissando. Il bambino più grosso si era bloccato col pugno a mezz’aria, i suoi occhi erano piantati su Draco, enormi e traboccanti di spavento.
-Ma che...- cominciò Hermione, cercando di scansare Draco per correre da Billy.
Draco fu più rapido. Con il proprio corpo le sbarrò la strada, sfoderando la bacchetta in un gesto fulmineo.
I bambini vicino alla porta strillarono e cercarono di aprirla. Non ci riuscirono, ovviamente. Lui l’aveva già sigillata con un incantesimo.
A quel punto si raggomitolarono in un angolo, sperando forse che restando immobili li avrebbe ignorati.
Draco si premurò di insonorizzare il bagno con un Muffliato, assicurandosi che nessuno li avrebbe così interrotti.
Dopodichè tirò un tale ceffone a quello stronzetto da farlo finire dritto contro lo stipite della porta. Alle sue spalle, Hermione lanciò un urlo. Billy invece strisciò nel punto più lontano dal suo aguzzino, dietro alle sue gambe, come faceva ogni volta che qualcuno lo intimoriva. Solo che ora la sua espressione era quella di un bambino chiaramente terrorizzato. Vederlo conciato male a quel modo, con un labbro sanguinante e segni di graffi su tutto il viso, lo rese una belva.
Afferrò Joe Walker per il collo, trascinandolo brutalmente al cospetto di Billy. Quello uggiolava come un cucciolo, ma lui non provò alcuna pietà. Lo mise in ginocchio davanti al bambino che gli piaceva maltrattare, scuotendolo con foga.
-Tu.- ringhiò, pazzo di collera. –Chiedi scusa!
Walker emise un suono strozzato, singhiozzando così forte da farsi quasi mancare l’aria.
-Chiedi scusa, subito!
-Scusa, scusa, scusa!- strillò, spaventato a morte. Fu portato a coprirsi il viso con le mani, temendo che l’avrebbe colpito nuovamente.
Invece Draco lo strattonò, trascinandolo dai suoi amichetti e mettendoli tutti e tre contro la porta.
-Io vi faccio a pezzi.- ruggì puntandogli contro la bacchetta.
Allarmanti scintille rosse scaturirono dalla sua punta. I bambini piangevano senza alcun ritegno.
-Aspetta, abbassa la bacchetta.
La voce di Hermione risuonò pacata, malgrado i suoi occhi brillassero di una luce inquieta. A differenza sua, era disarmata, forse per non farlo sentire minacciato, o forse per non rischiare di far morire di paura i tre bambini.
-Hai visto che cosa gli hanno fatto?- disse, sforzandosi di modulare il timbro di voce. Gli uscì fuori un verso strangolato, grottesco.
-Ho visto.- rispose a bassa voce. –E tu sei arrivato appena in tempo per evitare il peggio. Ma adesso ti devi fermare.
Draco le rivolse uno sguardo bestiale. La bacchetta tremò pericolosamente nella sua mano.
-Non fare sciocchezze.- sibilò Hermione, allungando lentamente la mano, cercando di non fare movimenti bruschi. Il suo tocco fu gentile. Draco abbassò -seppur riluttante-  la bacchetta. A giudicare dallo sguardo della giovane, sembrava che le avesse appena fatto tirare un respiro di sollievo.
-Adesso che facciamo con loro?- domandò Draco. –Devo modificargli la memoria?
I tre bambini avevano facce a dir poco cineree. Di lì a pochi istanti qualcuno sarebbe svenuto. Billy invece sembrava apparentemente tranquillo. Si appoggiò contro la gamba del padre, grato e provato.
-No che non gliela modifichi.- disse piattamente Hermione. –Ora che sanno ciò che li aspetta se oseranno torcere un altro capello a Billy sono certa che righeranno dritto.
Draco le rivolse uno sguardo perplesso. Da quando Miss Giustizia, Perfezione e Rispetto delle regole sulla legge magica mandava all’aria tutto quanto per assumere un comportamento tanto “depravato”? come minimo avrebbe dovuto denunciarlo, e invece era appena divenuta sua complice!
Lei colse la sua occhiata a metà tra lo sconcertato e il divertito; scrollò le spalle per minimizzare.
-Ok.- annunciò Malfoy, passandosi una mano tra i capelli per cercare di racimolare le idee. –Adesso voi tre aprite bene le orecchie.
Si inginocchiò all’altezza dei tre ragazzini, i quali cercarono invano di arretrare contro la porta. Forse speravano che quella li assimilasse per osmosi.
-Non mi importa che raccontiate ai vostri bifolchi genitori quello che è successo qui dentro, tanto nessuno vi crederà, e sarete voi a passare per bugiardi. Quello che mi importa è che tu, Walker, adesso vada a sciaquarti il viso e a darti una sistemata, che torni in classe e ti comporti come se non fosse accaduto nulla. E voglio anche che da ora in poi trattiate come si deve questo bambino.
Sospinse Billy verso di loro.
-Se non farete quello che vi ho detto vi assicuro che le conseguenze potrebbero essere dolorose, per voi e per le vostre famiglie di babbani pezzen…
-Malfoy.- lo redarguì Hermione. –Non fare il razzista adesso.
Draco sollevò gli occhi al cielo, imponendosi di non perdere la pazienza anche con lei. Joe e gli altri due bambini erano talmente pallidi che da un momento all’altro avrebbero potuto accusare uno svenimento. Quando Malfoy alzò la bacchetta per rompere l’incantesimo che bloccava la porta quelli si ammassarono gli uni sugli altri, terrorizzati. Fu solo dopo che ebbe riabbassato l’arma, rimanendo a fissarli in silenzio, che trovarono il coraggio di muoversi. Joe fu il primo a sgusciare fuori dal bagno, sottraendosi al suo campo visivo, subito seguito dai suoi due amici.
Rimasti soli, Draco si chinò davanti a Billy, avvicinandolo a sé per controllare che non avesse riportato ferite troppo gravi.
-Te le ha fatte tutte Walker?- domandò con voce incolore.
Billy annuì.
-Simon e Robert all’inizio mi hanno bloccato contro il muro, mentre lui mi picchiava.- rispose abbassando lo sguardo sul pavimento. Hermione rivolse a Draco uno sguardo agghiacciato.
-Joe ha detto...- Billy esitò. Strinse gli occhi, come per cercare di non mettersi a piangere, focalizzando un punto imprecisato ai piedi del padre. –Ha detto che se la mamma era una strega è un bene che sia morta.
-Santo cielo.- mormorò Hermione, sconvolta.
-E poi.- continuò il bambino, gli occhi sempre più lucidi. –Mi ha detto che se tu sei un mago, anche io dovrei esserlo, e siccome non lo sono, allora sono solo un bugiardo.
Fu allora che sollevò nuovamente lo sguardo, trapassandolo con il bagliore disperato che illuminava i suoi occhi.
-Perché non sono un mago, Draco?- proruppe con voce spezzata.
Draco strofinò lentamente le mani sulle sue esili braccia, senza staccare gli occhi dai suoi. Poi, senza perdersi in inutili e vuote parole, l’abbracciò di slancio, stringendolo con forza e respirando di sollievo quando quello gli gettò le braccia al collo.
-Non lo so.- ammise. –Ma per me non è importante.
-Lo è per me.- replicò singhiozzando.
Draco si rimise in piedi, sorreggendolo e appoggiandoselo su un fianco. Billy si asciugò alcune lacrime col dorso della mano, per poi appoggiarsi stancamente contro la sua spalla.
-Credi che debba essere curato?- domandò preoccupato a Hermione.
La ragazza si avvicinò, sorridendo al piccolo e appoggiando una mano sulla sua piccola testa.
-Ha solo qualche graffio superficiale. Qui gli verrà un livido.- aggiunse indicando una porzione di pelle più scura su uno zigomo. –Senti dolore forte da qualche parte, tesoro?
-Mi fanno male le mani.
Hermione gliele prese, esaminandole attentamente.
-Sulla destra ci sono caduto sopra.- spiegò con una smorfia. –E poi ho lottato con Joe.
-Alcune dita della destra sono slogate. E ha un’escoriazione sul dorso della sinistra. Per caso lo hai preso a pugni?
Billy arrossì un poco, credendo forse che sarebbe stato sgridato. L’espressione di Draco era semplicemente attonita.
-Lo hai colpito?- ripeté incredulo.
-Mi dispiace.- biascicò debolmente.
-Non dirlo neanche per scherzo.- ribatté Malfoy. –Non dispiacerti. Hai fatto ciò che andava fatto.
L’occhiata perentoria di Hermione non lo persuase affatto a rimangiarsi le proprie parole.
-Stasera puoi rimanere alzato fino a tardi.- promise soddisfatto, cercando di rischiarare in qualche modo quella nuvola cupa e triste che si era annidata sul visino del bimbo.
Billy però non sembrò rincuorato da quella ghiotta possibilità.
-Io voglio la mamma.- mormorò con un filo di voce. –Mi manca tantissimo.
Alcune lacrime inconsolabili sgorgarono dai suoi occhi. Draco si sentì davvero impotente, perché, nonostante fosse un mago, la morte era troppo grande anche per lui.
-Se vuoi…- disse allora, proponendo l’unica soluzione che gli apparisse fattibile. –Possiamo andare a trovarla.
 
 
Nottingham era una graziosa cittadina del nord dell’Inghilterra. Draco c’era stato sì e no due volte, e in entrambe le occasioni solo per trascorrere un finesettimana in compagnia di Astoria e della sua famiglia. La villa dei Greengrass comunque si ergeva al di fuori delle mura della città, in un’ampia tenuta che apparteneva alla famiglia da circa quattro generazioni. Astoria una volta gli aveva raccontato che Nottingham era famosa perché una leggenda voleva che vi abitasse, all’epoca del re Giovanni senza terra, uno sceriffo la cui concezione di giustizia era inversamente proporzionale alla quantità di denaro che sottaeva ai cittadini più poveri, approfittando della propria posizione. Sempre la stessa leggenda (babbana, era bene specificarlo), narrava che un tale Robin Hood derubasse a sua volta lo sceriffo e restituisse il bottino ai più bisognosi.
La conoscenza che Malfoy aveva di Nottingham si fermava qui.
Tuttavia, in quell’uggioso tardo pomeriggio, le nozioni culturali non gli sarebbero servite poi così tanto. L’unica cosa che avrebbe fatto al caso loro poteva essere una cartina o qualcosa del genere, giusto per evitare di sperdersi nella ricerca del cimitero.
E invece Draco e Billy non ci misero molto a scovarlo. Il cimitero era sulla strada per raggiungere la città, appena fuori dalle mura storiche. Draco posteggiò accanto al camioncino di un fioraio, e gettò un’occhiata al bambino seduto di fianco. Billy era rimasto in silenzio per tutto il tempo, tanto che a Draco sembrò di essere tornato ai primi giorni, quando avrebbe pagato oro per un simile mutismo da parte sua. In quel momento invece, l’ultima cosa che voleva era che quel bambino si tenesse dentro il groviglio di emozioni che sicuramente lo stava logorando.
-Ehi, Marmocchio.- lo chiamò piano. –Scendiamo?
Billy non rispose. Era troppo assorto a guardare le mura del cimitero.
-Mamma è lì dentro?- domandò con voce che tremava.
Malfoy non riusciva a capire se il bimbo fosse spaventato all’idea di entrare in quel posto, o se semplicemente trovasse brutto il complesso architettonico.
-Ehm…sì?- tentò incerto.
Nell’abitacolo scese nuovamente il silenzio. Finalmente il Marmocchio si decise ad aprire la portiera e a scendere dall’auto, subito imitato da Draco, il quale non riusciva proprio a smettere di guardarsi intorno, occhieggiando sgomento ai pochi babbani che si apprestavano a entrare nel camposanto.
-Possiamo comprare dei fiori alla mamma?
Billy glielo chiese sfiorandogli la mano, per poi indicargli il camioncino attorniato da vasi di fiori colorati. Si avvicinarono al furgone, ed entrambi notarono l’aspetto sofferto di quei poveri fiori, la maggior parte dei quali era lì lì per appassire.
-Prendile quei crisantemi.- propose Draco, più che altro perché i crisantemi erano i fiori meno malconci.
-Alla mamma piacevano i girasoli.- ribatté Billy, tirando fuori da un vaso tre girasoli rinsecchiti.
-Saranno stati raccolti tre ere geologiche fa.- osservò scettico.
-Non importa.- fu la testarda risposta.
Decidendo di non mettersi a discutere con quel cocciuto in presenza di babbani, Malfoy si affrettò a pagare con le poche sterline babbane che si portava sempre dietro per ogni evenienza, visto che, da quando Billy viveva con lui, le loro incursioni nel mondo non magico si stavano facendo via via più numerose.
Billy gli trotterellò dietro con i girasoli tra le braccia. I gambi dei fiori erano quasi più lunghi di lui, tanto che Draco se l’era già figurato sdraiato per terra col mento spaccato. Fu quindi per prevenire tale, spiacevole situazione che fu portato a prenderlo per mano.
All’interno il cimitero era piuttosto grande. Malfoy ebbe una sgradevole sensazione di spaesamento, e non poté fare a meno di domandarsi dove cavolo potesse trovarsi la cripta dei Greengrass. Billy dal canto suo sembrava molto più affascinato dai mille colori dei fiori che si stagliavano sulle tombe e intorno ad esse, mescolandosi al candore delle neve fresca.
Ecco che era tornato il mutismo, pensò Malfoy mentre cominciavano a percorrere il sentiero principale. Da quando lo aveva portato via da scuola, adducendo come scusa che il piccolo lo aveva chiamato perché si sentiva poco bene, Billy si era chiuso in quel silenzio riottoso e triste, che stava riuscendo a contagiare persino lui, complice anche l’aria non proprio allegra del cimitero.
Inutile dire che con Hermione non aveva concluso un bel nulla. Anche quello era da aggiungere ai motivi per cui in quel momento si sentiva piuttosto giù di corda. Dopo essere usciti dalla scuola la ragazza aveva insistito che passassero al San Mungo per poter steccare le dita che erano state slogate al bambino. Anche allora Billy, che solitamente era un chiacchierone con la Granger, se ne era rimasto zitto, perso in pensieri da cui loro erano esclusi, e aveva persino rifiutato la Cioccorana offertagli da Hermione perché era stato un “Ometto coraggioso”.
Lei e Draco si erano limitati a lanciarsi occhiate eloquenti, decidendo di rispettare limiti ben precisi quali non toccarsi, non lasciare spazio a imbarazzanti silenzi e soprattutto non accennare a quando si sarebbero potuti rivedere in presenza di Billy. Non era il caso di fissare un appuntamento con un bambino vicino che sentiva la mancanza della madre.
La Granger si era solo raccomandata di informarla in serata sulla situazione dei lividi e delle dita del piccolo.
-Questa dovrebbe essere la zona delle cripte.- osservò Malfoy, osservando la stretta via ghiaiosa dove erano giunti. Ai lati della stradicciola, una lunga serie di casine bianche e anonime si facevano compagnia nell’immobilità statica di quel luogo.
Non restava che scovare la cripta che faceva al caso loro.
Billy scelse di provare prima le cripte alla loro destra, spinto di un intuito del tutto interiore. E non sbagliò colpo, perché proprio alla fine della strada, incassata tra altre due cripte, c’era quella della famiglia Greengrass e della famiglia Rosier, da cui proveniva la madre di Astoria. I cognomi erano stati incisi al di sopra dell’ingresso, ed erano illuminati da due lumini dall’apparenza babbana. Draco immaginava sin troppo bene come in realtà quelle tenui fiammelle non si sarebbero spente neanche sotto la più tremenda delle tempeste. Quel posto emanava magia da ogni fessura, e all’interno il sentore di essa aumentò. Draco finalmente ebbe la sensazione di essere tornato in un ambiente a lui familiare, al riparo dalla desolazione babbana. Si guardò intorno, notando come quelle pareti fossero state incantate per riscaldare la piccola stanza dove riposavano i defunti. I Greengrass avevano pensato che in quel modo sarebbe stato meno difficile trattenersi nella cripta. Era stato un espediente per renderla più accogliente, per dissimulare la malinconia che un simile luogo avrebbe potuto alimentare, e invece ricordare il calore e l’affetto di chi, seppur lontano, ci ha amati e continua a farlo. Era l’abbraccio pieno d’amore con cui Astoria accoglieva suo figlio.
Draco si avvicinò alla parete davanti all’entrata. La tomba di Astoria era la più alta di tutte, situata sopra a quella dei genitori. Una piccola foto ovale era stata affissa sulla pietra tombale, ma era vuota. Nessun viso sorridente la riempiva, niente che potesse confortare la nostalgia di Billy. Draco sapeva che in genere le foto utilizzate per le tombe cimiteriali seguivano le norme previste anche per i quadri. Al soggetto era permesso abbandonare la pellicola e girovagare a proprio piacere. Ecco perché Astoria mancava all’interno della fotografia. Probabilmente la sua immagine era da qualche parte tra le foto di quella cripta.
Draco si allungò verso altre fotografie, anche quelle più sbiadite, senza però riuscire a individuarla. Non che fosse facile, visto che tre pareti su quattro erano affollate da tombe e fotografie, alcune delle quali notevolmente rovinate. Se avesse voluto, sarebbe stata lei a mostrarsi.
Billy posizionò i girasoli all’interno di un vaso di marmo rimasto senza fiori. I loro, in effetti, erano l’unica nota di colore in quel posto dominato dal bianco.
-Nel vaso non c’è l’acqua.- osservò mogio.
-Non fa niente.- ribatté sereno, estraendo la bacchetta e mormorando alcune parole verso i petali sofferenti dei fiori. Quelli rinvigorirono all’isante, espandendosi e ravvivandosi come se fossero stati appena colti. Il giallo sporco tornò a essere un bellissimo e brillante ocra, acceso e profumato. Billy osservò quella trasformazione sbalordito. Allungò una mano e sfiorò quei petali morbidi, per poi sollevare il viso verso Malfoy.
-Resteranno così per sempre.- gli assicurò lui. –Anche se non avranno acqua.
Lasciò una leggera carezza sulla testa del bambino, il quale chiuse gli occhi istintivamente, cercando il contatto con la sua mano.
Fu allora che entrambi trasalirono, sentendo il dolcissimo tono di una voce conosciuta.
Malfoy sgranò gli occhi, ritrovandosi a fissare il viso pulito e serio di Astoria all’interno della cornice dove si trovava la sua fotografia.
-Draco.- mormorò a voce bassissima. –Sei proprio tu?
La giovane che gli aveva appena rivolto la parola non era l’Astoria che ricordava. Era molto più piccola, poteva avere al massimo diciotto anni. Evidentemente sua sorella Daphne aveva deciso di mettere una foto dove la malattia e il dolore fossero ancora lontani dall’arrivare. Era l’età che Astoria aveva quando si erano innamorati. Lui la guardò, sentendosi inaspettatamente impreparato ad un simile incontro.
-Sono passati così tanti anni dall’ultima volta che ti ho visto.- sussurrò. –Sei...diverso da come ti ricordavo.
Draco si sentiva la gola riarsa. Aveva dimenticato quanto fossero penetranti gli occhi della sua ex moglie. E quegli occhi adesso lo stavano scrutando intensamente.
Ciò che gli permise di distogliere lo sguardo fu il deciso strattone con cui Billy richiamò la sua attenzione. Il Marmocchio si era aggrappato ai suoi pantaloni, e li stava tirando con forza.
Senza bisogno di aggiungere altro, lo prese in braccio, sollevandolo all’altezza della tomba di Astoria, proprio davanti alla sua fotografia.
La ragazza si coprì la bocca con una mano, meravigliata, mentre i suoi occhi si inumidivano quanto quelli del suo bambino.
-Amore mio.- lo chiamò, sorridendogli nel modo più bello che una mamma potesse fare.
-Mamma!- esclamò Billy, allungandosi e toccando la foto, mentre Draco rafforzava la stretta per non farlo cadere. –Ti piacciono i fiori che ti abbiamo portato?
Astoria stava visibilmente piangendo, ma riuscì comunque a improvvisare un secondo sorriso.
-Certo tesoro.- disse singhiozzando. –Sono i miei preferiti, te lo sei ricordato.
-Non piangere, mamma.- tentò di consolarla Billy.
-Piango perché sono felice di averti potuto rivedere.- rispose. –Sono lacrime di gioia.
-Adesso che mi hai visto non piangere più però. Va bene?
-Sì, sì, certo tesoro.- tentò maldestramente di asciugarsi gli occhi. –Guarda, adesso mamma non piange. Fatti vedere bene, è passato pochissimo tempo eppure mi sembri già cresciuto.
-Tu invece sembri più piccola.- osservò Billy.
-In questa foto lo sono.- ammise lei.
-Sai che Draco voleva prenderti dei Crisantemi?- dialogò il bambino come se il diretto interessato non fosse presente. –Io però ho detto che a te non piacciono.
Astoria tornò a guardare Draco. E sorrise anche a lui.
-Hai detto bene. Lui non ha mai avuto una buona memoria.- disse senza alcuna accusa nel tono di voce. Sembrava terribilmente felice e triste insieme.
-Non hai idea di quanto abbia aspettato questo momento.- confessò poi, rivolta a Draco. –Sapevo che...prima o poi...sareste venuti.
Malfoy si sentì un vero e proprio schifo. Astoria li stava aspettando da tempo, probabilmente dal giorno seguente il suo funerale, e lui non aveva mai minimamente pensato di passare a trovarla. Neanche si era ricordato che esisteva un modo per far sì che Billy potesse di nuovo avere vicino la madre. Quale padre avrebbe tralasciato un particolare di tale importanza?
Un padre snaturato, si rispose da solo. Uno sciocco egoista che pensava solo a sé stesso e non ai sentimenti del proprio figlio. Solo perché lui riusciva a vivere senza Astoria, non significava che fosse così anche per quel bambino di sei anni che teneva tra le braccia. Era stato solo troppo ottuso e preso da sé stesso e dai suoi futili problemi per accorgersene.
-Scusa se ci ho messo tanto.- trovò soltanto la forza di dire. In realtà non c’erano scusanti per un simile comportamento, e avrebbe compreso se Astoria si fosse arrabbiata o avesse rifiutato le sue scuse. Sperò solo che non lo facesse davanti a Billy, giusto per non rovinare il buon umore che sembrava aver appena ritrovato. Astoria però non sembrò affatto intenzionata a recriminare. Cominciò a subissare Billy di domande, spronandolo a raccontarle tutto quello che era accaduto in quell’ultimo periodo così da recuperare tutte le novità che si era persa. Billy le parlò della nuova casa in cui viveva, dell’elfo domestico che aveva quasi smesso di fargli paura, di Bastet, il suo nuovo compagno di giochi, della baby sitter babbana che giocava con lui a carte e con cui guardava tutti i cartoni animati che avevano visto insieme. Draco assistette alla loro conversazione in silenzio. Non voleva intromettersi, perché non sarebbe stato giusto. Quello era un momento di intimità tra Astoria e Billy, il primo che avevano da quando lei...
Non poteva rovinarlo, sebbene morisse dalla voglia di porre alla sua ex moglie tutte le domande che lo assillavano da quasi due mesi. Tutti gli interrogativi che si portava dietro e che fino ad allora erano rimasti senza risposta, adesso potevano essere soddisfatti, ma avrebbe dovuto rinunciarvi per amore di Billy. Perché strappargli l’attenzione della madre sarebbe stato a dir poco crudele.
-E poi ho conosciuto gli amici di Draco.- continuò imperterrito Billy. –Si chiamano, Harry, Ron ed Hermione.
I muscoli facciali di Astoria tradirono sorpresa quando udirono quei tre nomi sparati con tanta beata ingenuità.
-Non sono miei amici.- borbottò Draco, cercando di celarsi dietro le spalle e la testa del figlio.
-Sono nostri amici.-disse Billy correggendo il tiro.
Malfoy si era preparato a essere rimbeccato per aver permesso al bambino di avvicinarsi a simile feccia, come spesso li avevano definiti quando capitavano in argomento, ma mai si sarebbe aspettato che la risposta di Astoria suonasse pressappoco “Non sai quanto mi sollevi sapervi entrambi felici e amati”.
Seriamente, Draco pensò addirittura di averla sognata.
Astoria però non gli diede il tempo di sgomentarsi ulteriormente, perché pose a Billy un’altra domanda.
-Come ti trovi con Draco?
Il bambino gli rivolse un’occhiata, e Draco colse la nota di un sorrisino incoraggiante tra le sfumature grigiastre dei suoi occhi.
-Draco è il papà che ho sempre sognato.- esclamò.
Le viscere del suddetto papà si contrassero in uno spasmo emozionato. Astoria sembrava sul punto di ricominciare a piangere per la contentezza.
-Mi sta insegnando tutto sulla magia. Lui e il signor Matthews.
-Il signor Matthews?
-Sì, il mio insegnante magico. Lui e Draco mi istruiscono sul mondo dei maghi. Draco dice che se fossi un mago e andrei a Hogwarts...
-Andassi.- lo corressero in coro i genitori.
-...Sarei un Corvonero.- concluse Billy senza prestar loro molto ascolto. –Come te, mamma.
-Saresti senza dubbio un ottimo Corvonero.- assentì lei. Poi però si morse le labbra, come se volesse aggiungere qualcosa ma non sapesse se fosse davvero il caso di parlare o restare in silenzio.
-Però ricordati, tesoro, che la magia non è tutto nella vita.- disse infine.
Lo sguardo di Billy si rabbuiò. Draco notò il crollo delle spalle e l’inclinarsi sconsolato della testa, così come il viso dispiaciuto di Astoria. Non poté fare a meno di domandarsi perché diavolo avesse dovuto dire simili parole al Marmocchio. Perché continuare a sminuire in quel modo la magia?! Perché svalutare il mondo al quale sarebbe dovuto appartenere?!
-Billy.- lo richiamò.
Il piccolò tornò a guardare la madre. Astoria sospirò, prima di rivolgergli un sorriso complice.
-Ti ha già portato sulla scopa?
-No!- strillò Billy, agitandosi tra le braccia del padre.
-Forse dovresti ricordarglielo come facevi con me.
Draco previde grandi seccature in vista, ma non commentò. Dopotutto quello era il tentativo di Astoria di farsi perdonare la mancanza di tatto di poco prima.
-Mi ci porti, Draco? eh, poi mi ci porti, vero?- domandò.
Malfoy capì che finché non lo avesse accontentato, il Nano lo avrebbe tormentato fino allo sfinimento. Non poté far altro che alzare gli occhi al cielo e promettere che sì, ce lo avrebbe portato. Quando Billy tentò di fargli fare giurin giurello con il mignolo però, si rifiutò categoricamente di assecondarlo, allarmato dalle risate di Astoria.
-Adesso dobbiamo andare.- annunciò poi. –Il Marmocchio qui presente ha promesso che avrebbe fatto i compiti che gli ha assegnato la maestra per domani. Vero?
-La maestra?- domandò perplessa Astoria. –Non mi avevi parlato di un maestro?
-Sì, ma vado anche a scuola. Il signor Matthews lo vedo solo l’ultimo sabato di ogni mese.
-Vai in una scuola...Babbana?
Rivolse a Draco uno sguardo a dir poco basito, al quale lui rispose con una scrollata di spalle.
-Gli avevi promesso che ci sarebbe andato.- si limitò a rispondere. –E alla fine mi sono deciso a mandarcelo davvero.
-Non credevo che lo avresti mai fatto...- mormorò colpita.
Draco provò una vaga sensazione di calore su collo e guance. Mica stava arrossendo, eh?
-Come vedi posso ancora riservare sorprese.- ribatté dignitosamente.
-E’ bello scoprire che ne sei ancora capace.- disse in un sussurro che riuscì a percepire soltanto lui. I loro occhi si lanciarono una lunga serie di sottintesi, mentre antichi ricordi di furiosi litigi riaffiorarono nelle menti di entrambi.
-Ciao mamma.
La voce di Billy ruppe il loro silenzioso scambio di sguardi. Astoria tornò a concentrarsi sul bambino che Draco teneva ancora appoggiato su un fianco.
-Ciao amore. Non sai quanto sono felice di averti potuto rivedere.
-Ma tornerai a casa?
Qualcosa nel viso di Astoria vacillò pericolosamente. Lo notò Draco, e lo notò Billy.
-Non tornerai più, vero?
Non sembrava spaventato da quella eventualità. Sembrava solo molto triste. Sicuramente se lo era aspettato, sperava solo di essersi sbagliato.
-No tesoro. Non tornerò più.
-Ma possiamo rivederci?
Astoria ricominciò a singhiozzare sommessamente.
-Tutte le volte che vorrai. Mi troverai sempre qui, ad aspettarti.
Si voltò verso Draco.
-Prenditi cura di lui. Sei ciò di cui ha più bisogno.
 Bastò un cenno d’assenso. Lei parve subito più tranquilla, nonostante le lacrime che le bagnavano gli occhi.
Quando uscirono dalla cripta, il caldo e la sensazione di pace vennero spazzati via da un vento serale e gelido, che rese livido il viso di Billy. Entrambi si incamminarono come due ombre scure e silenti verso l’uscita del cimitero.
Quella sera Billy sembrava aver recuperato un po’ del suo smalto. Draco sospettava che fosse perché adesso sapeva che c’era un posto, non troppo lontano, dove avrebbe sempre potuto ritrovare la sua mamma. Era una certezza. Lei era morta, ma non del tutto. Avrebbe sempre potuto parlarle. Una parte di lei non se ne era mai andata e non lo avrebbe fatto mai. Si trattava di un privilegio che non capitava a tutti, e questo il Marmocchio lo aveva compreso alla perfezione. Per il momento Malfoy sperò che ciò potesse bastare, ma in cuor suo si chiese se sarebbe stato sufficiente per l’avvenire. Separarsi definitivamente da una persona faceva male, indubbiamente, ma il tempo era in grado di risanare ferite all’apparenza inguaribili. Per questo non era sicuro che per Billy quella fosse la soluzione migliore. Dire addio una volta gli avrebbe consentito di voltare pagina, ma quanto avrebbe sofferto ogni volta che avrebbe rivisto sua madre, intrappolata in una fotografia, senza poterla toccare, abbracciare ed essere a sua volta abbracciato da lei?
Malfoy accantonò tali pensieri poco più tardi, quando spedì Billy a letto e telefonò a una certa Hermione Granger, il cui pensiero era tornato prepotentemente a dominare su tutti gli altri.
-Ehi.- fu il saluto con cui lo accolse al sesto squillo.
-Spero di non averti disturbata.- disse aggirandosi nella propria camera e soffermandosi alla finestra.
-Hai avuto fortuna, ho appena finito di farmi una doccia.
-Non dirmi certe cose, Granger, mi metti addosso fantasie perverse.- commentò con voce improvvisamente più rauca.
La risata di lei gli accese il sangue, incendiandolo di desiderio.
-Perché sei così malizioso, Malfoy?
-Perchè sei così desiderabile, Granger?
-Come sta Billy?- chiese lei, cambiando argomento.
Draco indugiò sulla maniglia della finestra, sfiorandola e giochicchiandoci.
-Bene.- rispose evasivo. –Ma...non voglio parlare di lui.
Al di là del telefono ci fu un breve silenzio.
-E allora perché mi hai chiamata?- chiese poi Hermione.
Draco colse un fremito nella sua voce.
-Perché avevo bisogno di sentirti.- ammise. –A dire la verità mi piacerebbe anche vederti, ma evito di andare in quella direzione perché la telefonata diventerebbe a rating rosso.
La sentì ridacchiare sommessamente.
-E ora che mi hai sentita cosa succede?
-Succede che confesso di voler essere lì con te.- mormorò abbandonando la finestra e sedendosi sul bordo del letto. –E vorrei poterti togliere l’accappatoio.
Si sdraiò lentamente, osservando il soffitto e immaginandola nuda e indifesa solo per lui. Una parte molto precisa del suo corpo gradì assai quell’immagine.
-E poi che succede?
Il tono della ragazza si era fatto più profondo. Stava giocando con lui a un gioco altamente esplosivo.
-Poi succede che ti bacerei la nuca, il collo, le spalle...
-E poi?- domandò in un bisbiglio.
-Ti farei voltare verso di me...
-E poi?
Draco chiuse gli occhi, cercando di ignorare le forti pulsazioni che lo serravano dentro al cavallo dei pantaloni. Gli accordi di lei, così bassi e sensuali, lo eccitavano da morire.
-Il resto te lo racconterò un’altra volta.- deglutì, riaprendo gli occhi e mordendosi il labbro per trattenere un ansito.
Ebbe la sensazione che lei stesse sorridendo dall’altra parte della linea.
-Buonanotte Malfoy.
-Sogni d’oro Granger.
Quando la chiamata venne chiusa, Draco rimase un’altra manciata di minuti a fissare il soffitto, per poi decidersi finalmente ad andare a letto. Dieci minuti buoni però, dovette trascorrerli chiuso a chiave in bagno, a disperdere l’ansia e il desiderio accumulati in un giorno solo.

**NOTE FINALI**
Una ragazza mi ha fatto notare che il rating della storia potrebbe essere più alto, e in effetti stavo pensando già da un pò di alzarlo. Quindi la storia passa da rating verde a rating giallo! Detto ciò, scusate per il ritardo, ho avuto improrogabili impegni di vita reale che mi hanno tenuta lontana dal sito. Comunque, come avevo detto in questo capitolo troviamo Joe, come personaggio secondario, e beh, l’altro importante personaggio è Astoria. Non volevo renderla una semplice figura marginale, perché anche lei ha la sua parte all’interno della storia. Spero vi sia piaciuto il capitolo.
A presto!

 

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Capitolo 13
*** Per il suo perdono ***


AVVISO: la terza parte è un FLASHBACK, e si riferisce alla sera prima. Leggete e capirete ;)

 
Per il suo perdono 
 
Il letto quella mattina sembrava più comodo del solito. Draco si sentiva particolarmente stanco, ma non sapeva spiegarsi il perché. Probabilmente era tutto dovuto alla quantità estrema di lavoro che dovevano sopportare i suoi poveri nervi. Sì, sicuramente era per quello che si sentiva svuotato di ogni energia.
Eppure c’era qualcosa di diverso. La sua era una stanchezza piacevole, gradita. Una stanchezza che conosceva bene, e che non aveva niente a che fare col lavoro. Era il genere di spossatezza che provava ogni volta dopo una sana dose di sesso.
Possibile che...?
Gli bastò aprire gli occhi per mettere a fuoco la figura della donna addormentata al suo fianco. Era coricata su un fianco, voltata verso di lui. Sebbene le coperte la coprissero fino alla vita, lasciando intravedere solo un fianco e un braccio, era facile intuire che fosse nuda. Completamente nuda.
A Draco per poco non venne un colpo: era la Granger.
Stava quasi per mettersi a urlare, tanta era la sorpresa. Istintivamente arretrò nel letto, rischiando peraltro di cascare dal materasso.
Perché la Granger era nuda nel suo letto?
La ragazza non sembrava essersi infastidita per quell’improvviso movimento. Si mosse un poco nel letto, raggomitolandosi sotto le coperte. I lunghi capelli ricci scivolarono in avanti, coprendole il collo. Malfoy deglutì alla vista di un seno candido, subito celato da una ciocca scura. Cercò di ricordare in che modo fossero giunti a quel punto, con lei addormentata insieme a lui, presumibilmente dopo una notte passata a rotolarsi tra le coperte.
Eppure ricordava poco o nulla. O meglio, ricordava di aver bevuto un po’ troppo, e il vago senso di nausea glielo stava confermando.
Incerto, riprovò ad avvicinarsi alla magnifica creatura che riposava pacifica a pochi centimetri da lui. Si girò sul fianco, sorreggendosi la testa con una mano e osservandola in silenzio.
Hermione respirava piano, e aveva un’espressione serena. I capelli erano decisamente sconvolti e arruffati, molto diversi da quelli perfetti delle donne che avevano dormito in quel letto. In uno slancio non proprio romantico li paragonò a quelli dell’Hermione Granger di undici anni, la bambina con la chioma ribelle che sembrava uscita indenne da un incontro ravvicinato col Platano Picchiatore. Il viso però, quello era bellissimo. Aveva una pelle diafana, che Draco immaginò di poter toccare, e sentirla liscia e morbida sotto i polpastrelli. La bocca era dischiusa contro le dita della mano, che giaceva appena al di sotto del mento. La lunghezza delle ciglia truccate rafforzava la ferocia della sua bellezza.
Senza riuscire a impedirselo, permise alla propria mano di sfiorarle deliberatamente una spalla, lasciando che la coperta le scivolasse lungo il corpo, scoprendolo, e adorandolo in religiosa contemplazione.
Era ancora preso a studiare con devozione la linea dolce del suo fianco quando Hermione diede segni di vita e attività carebrale, aprendo gli occhi e beccandolo a fissarla con uno sguardo che più che sexy avrebbe potuto sembrare maniacale.
Rimasero a fissarsi per alcuni secondi buoni, zitti e imbarazzati come due completi estranei.
Poi la Granger parve ricordarsi di botto che era nuda, e allora lanciò un urlo.
-Malfoy!- strillò abbrancando l’orlo del piumone e tirandolo fin sotto il mento. –Cosa ci fai qui?!
Draco le rivolse uno sguardo divertito.
-Questa è casa mia.- puntualizzò con un sogghigno. –E queste…- aggiunse stringendo il piumone che nascondeva quella meraviglia ai suoi occhi. –Sono le mie coperte.
Fece per strattonarle, ma lei le tenne ben salde contro di sé.
L’occhiata attonita che gli rivolse lo prese un po’ in contropiede.
-Ma...allora che ci faccio io qui?- domandò ingenuamente.
Malfoy le rivolse uno sguardo pieno di commiserazione, quasi paterno. In quel momento si sentì pieno di sacra solidarietà cristiana.
-Vuoi che te lo spieghi con un disegnino?- propose incoraggiante.
Lei gli scoccò un’occhiata di fuoco.
-Era una domanda retorica. So che ci faccio qui.- ribatté tagliente.
Draco emise una risata simile a uno sghignazzo.
-Menomale, forse ti è stata d’aiuto la completa assenza di indumenti sul tuo corpo.
-Non sei divertente.- bofonchiò torva, nel mentre si sporgeva dal materasso, cercando con lo sguardo i propri vestiti. –Ma cosa è successo qui dentro?- sbottò poi, snervata, quando si rese conto, con sommo gusto di Draco, che tutti gli indumenti erano stati gettati a casaccio nella stanza, e che il più vicino era comunque a non meno di due metri di distanza dal letto. In effetti quella stanza sembrava più un campo di battaglia, al momento.
-Speravo che a questa domanda potessi rispondermi tu.- esclamò allegro.
Una lunga ruga di preoccupazione solcò la fronte della giovane.
-Tu non te lo ricordi?
Draco scosse la testa in segno di diniego.
-Credimi, sono il primo che vorrebbe ricordarselo.- sorrise sornione.
Cadde un breve silenzio. Poi Hermione si voltò di scatto verso di lui, gli occhi sgranati dall’ansia, come se si fosse appena ricordata una cosa di fondamentale importanza.
-Non abbiamo usato precauzioni, Malfoy!
In effetti, quella era una cosa di fondamentale importanza.
-Forse è meglio che tu prenda precauzioni adesso.- consigliò caldamente Draco, rabbrividendo al pensiero di quello che potevano rischiare. Al momento, un figlio bastava e avanzava.
La Granger gli restituì un’occhiata raccapricciata.
-Devo andare al San Mungo il prima possibile.
-Sì, dovresti.- l’assecondò solidale. –Intanto però è meglio che ti vesta.
Il sorriso che le rivolse era assolutamente perfido. Hermione avvampò di vergogna, masticando male parole al suo indirizzo. Inizialmente cercò di individuare la propria bacchetta, salvo poi maledirsi quando si ricordò che era solita tenerla nella tasca della giacca. A quel punto non le rimase che alzarsi e correre a recuperare la biancheria. E a lui non restò che accomodarsi contro lo schienale del letto e godersi il panorama.
-Complimenti Granger. Non mi stancherò mai di ripeterti che hai un lato B da urlo.
Lei si affrettò a indossare un paio di slip color menta, per poi passare alla ricerca frenetica del reggiseno.
-Merda.- sbottò, quando si accorse che Draco in persona lo stava reggendo, una luce di sfida a illuminargli gli occhi. Con un profondo respiro e le mani strette sul petto, marciò nella sua direzione. Il reggiseno fu letteralmente strappato dalla sua mano.
-Ti va di fermarti per colazione?- le propose, vagamente turbato dal fatto che lei fosse turbata.
-Meglio di no.- disse sbrigativa. –Ho bisogno di farmi una doccia, cambiarmi i vestiti e lavarmi i denti perchè sento il sapore di alcol nella bocca. E per finire devo correre al San Mungo e scongiurare ogni pericolo.
-Mmh.- disse solo Malfoy, per poi alzarsi dal letto e stiracchiarsi pigramente. Davanti a lui, Hermione arrossì dalla punta dei piedi alla radice dei capelli, per poi distogliere immediatamente lo sguardo e ignorare la beata nudità dell’uomo.
-Sicura che vada tutto bene?- si informò indossando l’accappatoio, così da non metterla ulteriormente in imbarazzo.
-Io...s-sì. Sono sicura.
Aveva indossato anche vestito e tacchi. Era pronta per scappare via.
Draco però la prese per un polso, facendola voltare verso di sé.
-Tu ricordi niente di stanotte?- domandò sospettoso. –Mi sembri...strana.
Lei inarcò le sopracciglia, interdetta. A Draco parve che stesse tergiversando. Gli sembrò addirittura di vederla schiudere le labbra, come se volesse dire qualcosa.
-Non ricordo nulla.- disse invece, abbozzando un sorriso. –Sto bene. Sono solo stanca.
-Sì certo, e secondo te io me la bevo, no?- replicò sarcastico.
Hermione però non si lasciò convincere.
-Farò tardi al lavoro.
Si sottrasse alla sua presa in modo gentile. Draco avrebbe giurato di aver colto una luce di rammarico nei suoi occhi castani, ma non ebbe né il modo né il tempo di convincerla a restare, perché non appena Hermione aprì la porta, si ritrovarono davanti Billy, ancora in pigiama e con l’espressione più stupita che Draco ricordasse di avergli mai visto addosso.
-Eri tu che stanotte urlavi?- domandò perplesso, squadrandola con circospezione.
Lei boccheggiò, esterrefatta.
-Io...ehm...
-Mi sono svegliato e non sono più riuscito a dormire.- brontolò indispettito.
-Oh...beh...
Lei si voltò verso Draco, come a cercare manforte. Lui però si stava impegnando con tutto sé stesso a non riderle in faccia, di certo non le sarebbe stato di grande aiuto.
-La prossima volta farò più piano.- balbettò mortificata, salvo irrigidirsi e lanciare a Draco uno sguardo che sembrava implorare pietà.
Lui, naturalmente, le rivolse un sorriso da schiaffi.
-La prossima volta?- domandò. –Così mi lusinghi.
La ragazza aveva assunto una piacevole tonalità mattone in zona guance. Era chiaro che fosse tremendamente imbarazzata, eppure, tra quelle iridi castane colse un’ombra a cui non seppe dare un significato. Fu solo quando Hermione stornò lo sguardo, dandogli le spalle e scendendo le scale, che capì di aver fatto qualcosa di sbagliato. E non appena lo realizzò non esitò un istante a seguirla verso l’uscita.
-Granger.- la chiamò ad alta voce, cercando di farla fermare. –Granger, aspetta.
Lei era già sulla soglia di casa, ma indugiò quel tanto che bastava per raggiungerla.
-Lo so che c’è qualcosa che non va. Cos’è successo stanotte?
-Non lo so, Malfoy.- rispose lei. –Abbiamo bevuto troppo. Eravamo euforici. E poi la baby sitter di tuo figlio…e io davanti a casa tua…ma tu non ricordi proprio niente?
-Cosa dovrei ricordare di preciso?
-Non lo so...una parola, una frase...qualcosa che potresti avermi detto…
-Granger, io ho un vuoto completo. Quindi se tu ricordi qualcosa, sarebbe carino mettermene a parte.
Hermione lo soppesò per qualche istante, seria come poche volte l’aveva vista.
-Nemmeno io ricordo niente.- lo liquidò alla fine, con tono quasi aggressivo. Aprì la porta e si avviò verso il cancello, stringendosi addosso la giacca invernale per proteggersi dal freddo. Draco rimase a guardarla smaterializzarsi, chiedendosi dove esattamente avesse commesso il genere di errore che lo avrebbe portato a dannarsi l’anima pur di guadagnarsi il perdono di quella donna.
 
 
Decise che non ci avrebbe pensato fino a quando non fosse stato il momento. Ovviamente non riuscì a scacciare per un solo istante il volto di Hermione dalla sua mente. Lavorò duro, gomito a gomito con Weasley e Potter dalle otto del mattino alle sette di sera, ora in cui si concesse il piacere di appoggiare la fronte sulla superficie della scrivania e chiudere gli occhi per riposare cinque minuti. Nonostante si fosse gettato a capofitto nel lavoro, lei era sempre rimasta lì, sospesa nella sua mente, nell’esatto momento in cui si era smaterializzata, lasciandolo in uno stato di inspiegabile incompletezza. Per qualche motivo si sentiva infelice e frustrato. Infelice perché non voleva che lei fosse arrabbiata con lui, frustrato perché non riusciva a ricordare niente della notte trascorsa insieme. Avrebbe pagato fior di galeoni per potersi ricordare ogni più piccolo dettaglio, soprattutto quelli su di lei. Draco non poté fare a meno di chiedersi come poteva aver trovato il suo corpo di donna. Fino ad allora non aveva mai pensato che una Mezzosangue potesse risultare così attraente, perché gli erano sempre sembrate creature indegne della benché minima attenzione. Invece la Granger quella mattina si era rivelata una eccitante sorpresa. Non poté evitare di maledirsi per non averne saputo godere appieno, apprezzandola come avrebbe meritato. E chissà se lei fosse stata bene con lui, se avesse goduto, e in quel caso come l’aveva fatto. Forse aveva urlato, o forse semplicemente sospirato e gemuto a bassa voce. Il cervello di Malfoy quasi andò in pappa tanto ci si martoriò. A fine giornata era talmente snervato dalle mille supposizioni messe in piedi che era saltato alla conclusione più tremenda di tutte, e cioè che alla Granger non fosse piaciuto affatto il sesso con lui.
Fu così che, quella sera stessa, decise di chiederlo direttamente a lei.
Lasciò Billy a casa in compagnia di Linda, e guidò fino a Notthing Hill, cupo come poche altre volte era stato a causa di una donna. Parcheggiò davanti ai gradini dell’ormai familiare palazzo, salendoli poi due alla volta, e battendo il pugno contro il portone come se volesse aggredirlo.
Non dovette neanche bussare una seconda volta, perché la porta si aprì come per magia, e la Granger, la sua Granger, si presentò tutta scarruffata e con una faccia stravolta.
Draco rimase impietrito davanti agli evidenti segni di un pianto interrotto. Il trucco era colato, le cerchiava gli occhi e le palpebre dandole un aspetto sofferente.
Lei non si era certamente aspettata di trovarselo davanti, e bastò vederlo per emettere un singhiozzo particolarmente forte. Non ci voleva un genio per capire che era lui stesso la causa delle sue lacrime.
Ciò che lo lasciò spiazzato più di ogni altra cosa però, fu che lei, invece di sbattergli la porta in faccia, o coprirlo di insulti, o intimargli di sparire dalla sua vita, si gettò tra le sue braccia e lo abbracciò con forza. A Draco non rimase che ricambiare quell’abbraccio, stringendola contro di sé e lasciando che terminasse il proprio sfogo. Le carezzò lentamente i capelli, appoggiando il mento sulla sua testa e rimanendo immobile. Inaspettatamente il pianto sembrò acquietarsi.
Hermione si staccò da lui, dandogli l’impressione di essere piuttosto imbarazzata.
-Cosa ti è successo, Granger?- domandò allora, sentendosi sulle spine in un modo insopportabile. Vedendo che lei non rispondeva, le afferrò il mento tra le dita, sollevandole il capo.
-Ho fatto qualcosa che non dovevo fare?
La preoccupazione nella sua voce si condensò nel gelo della sera. Hermione si morse le labbra, scuotendo lentamente la testa.
-Hai fatto tutto sin troppo bene.- sfiatò, la voce ancora impregnata di lacrime.
-Però stai piangendo.- obiettò. –Cos’è successo stanotte, dannazione?! Ti ho fatto male in qualche modo?
-No.- sbottò, dandogli le spalle ed entrando nell’appartamento. Draco la seguì senza curarsi di attendere un invito. –Non mi hai fatto male.
Lo guidò in cucina, dove, appoggiata sul famoso bancone, stazionava una scatola di fazzoletti. Lei ne prese uno, asciugandosi come meglio poteva e dandosi poi una rapida occhiata nel riflesso del vetro che portava sul giardino interno.
-Sembro un panda.- constatò con un debole gemito.
Draco glissò su quell’osservazione fuori luogo. Porse un altro fazzoletto alla giovane, visto che aveva già provveduto ad appallottolare il primo.
-Mi spieghi cosa ho fatto?- chiese spazientito. –Come posso rimediare se non mi dici cosa...
-Mi hai ferita.- lo interruppe.
-Ma se hai detto adesso che non ti ho...
Le sue parole furono stroncate una seconda volta.
-Ferire e far male non necessariamente hanno lo stesso significato.- sbottò innervosita. –Non mi hai fatto nulla dal punto di vista fisico, così va meglio? Certo, è pure vero che sono dovuta andare in ospedale in veste di paziente, in particolar modo in veste di donna che ha fatto sesso in modo del tutto incauto e che quindi necessita di un rimedio immediato prima che possa accadere l’irreparabile, e questo è stato sufficientemente umiliante per una come me, ma posso sorvolare...
Rigurgitò quel monologo assolutamente privo di logica senza neppure curarsi di farsi capire da lui, il quale d’altronde era solamente riuscito a comprendere che a farla piangere era stato qualcosa che lui aveva detto, e non fatto.
-Per Salazar, donna, vuoi dirmi perché piangi?!
-Perché tu mi piaci, porca miseria!
Glielo urlò addosso, e nonostante fosse ben più bassa di lui, Draco fu quasi sul punto di indietreggiare, temendo che partisse un ceffone o un pugno. Non era particolarmente tentato di ripetere la spiacevole esperienza vissuta a tredici anni. Hermione invece si limitò a lanciargli un’occhiata avvilita, per poi afferrare due fazzoletti contemporaneamente, soffiandosi il naso con uno e asciugandosi le lacrime con l’altro. In quel momento non era proprio la quintessenza della bellezza, anzi. Draco rivide finalmente la Mezzosangue Zannuta in una delle sue classiche crisi di pianto. Fu un deja-vu pazzesco. Gli parve di essere tornato ad avere quattordici anni e a guardarla mentre piangeva per una delle sue stupide offese. A quel tempo probabilmente le avrebbe rivolto uno sguardo sprezzante. In quell’istante invece dovette reprimere un sorrisetto, per non ferire ulteriormente l’orgoglio della ragazza. Ragazza che, pur non essendo esattamente incantevole con la faccia impiastricciata di trucco, né sexy con quella tuta da casa sformata e scolorita, assai diversa da quella aderente e sensuale che le aveva visto indosso altre volte, rimaneva in ogni caso l’unica che era riuscita a stregarlo.
-Mi sono perso qualche passaggio, per caso?- domandò, dissimulando il proprio compiacimento. –Non dovresti essere felice se ti piaccio?
Hermione trasse un profondo respiro.
-No, non lo sono.
-E perché?
-Perché tu ed io siamo come il giorno e la notte.
-Non eri tu quella che diceva che bisogna superare certi pregiudizi?
-Lo dico, certo che lo dico!- affermò convinta. -Il problema non è chi siamo, il problema è che tu sei un uomo.
Davanti al suo sguardo perplesso e vagamente interdetto, lei si sforzò di risultare più chiara.
-Sei peggio di un playboy.- spiegò esasperata. –Il genere di uomo da cui ho giurato che mi sarei sempre tenuta lontana.
-Granger, sei davvero sciocca.- ribatté Malfoy, porgendole l’ennesimo fazzoletto. –Anziché chiuderti in te stessa e tenerti tutto dentro, la prossima volta vieni da me e chiedimi direttamente se per caso mi porto a letto una ventina di donne oltre a te.
-Così poi ingaggiamo il duello che siamo riusciti a evitare fino a oggi.- sbottò sarcasticamente.
Draco alzò gli occhi al cielo.
-Ammetto che non vinceresti il premio come “donna con più tatto dell’anno”, ma almeno mi eviteresti una giornata piena di paturnie, cazzi e mazzi come quella di oggi. Perché chiariamoci, sono stato tutto il giorno a lambiccarmi il cervello su di te, sul perché fossi così palesamente alterata stamattina.
-Io non ero alterata.- insorse da dietro il fazzoletto. –Ero dispiaciuta e…un po’ triste.
-Perché? Non può essere solo perché ti sei accorta che ti piaccio.
-Quando ti intestardisci diventi più insopportabile di Harry e Ron.
-Non cercare di distrarmi coi discorsi su quei due.- berciò indispettito. –C’è dell’altro, vero?
Lei esitò.
-Forse.- sussurrò incerta.
-E non vuoi parlarmene?
Hermione si morse il labbro inferiore, evidentemente combattuta.
-No, preferisco di no.
Azzardò un’occhiata nella sua direzione, trovandolo ancora sufficientemente rilassato. Draco avrebbe tanto voluto sapere cosa le aveva detto per farla prima piangere e poi rifiutarsi di raccontarglielo. Tuttavia non gli restò che lasciar perdere, per il momento. Magari avrebbe ritentato più tardi, quando fosse stata più tranquilla, sperando che in frangenti migliori si sarebbe lasciata convincere.
-Perché intanto non me lo domandi.- propose facendo un passo verso di lei.
Hermione corrucciò le sopracciglia, misurandolo con circospezione.
-Cosa?
Draco inclinò appena il capo, rivolgendole un’occhiata furbetta.
-Se per caso mi porto a letto una ventina di donne oltre a te.
-Oh.
Le sue guance si arrossarono in modo delizioso. Quasi avrebbe voluto morderle.
E poi baciarla.
-Per caso sei un prostituto?
L’ingenuità del tono con cui aveva posto la fatidica domanda controbilanciava ampiamente lo sguardo da schiaffi che esibiva in quel momento. Ci trovava gusto a non lasciargliene vinta neanche una, la Saputella Mezzosangue.
-Sebbene fosse il mio hobby preferito, mi sono disintossicato.- rispose ironico. –Complimenti Granger, sei riuscita a spazzare via il romanticismo del momento con cinque semplici parole.
Allungò una mano, accarezzando il viso di lei col dorso delle dita. Gli occhi castani di Hermione si allargarono appena dinnanzi a quel gesto, e il suo respiro si spezzò in modo adorabile.
Le mani della ragazza strinsero con risolutezza il colletto della sua camicia, facendogli abbassare la testa così da trovarsi alla stessa altezza.
Quando le loro labbra si toccarono, Draco fu quasi sul punto di mandare all’aria tutti i bei progetti stabiliti per quella sera, stenderla su quell’ampio mobile e rivoltarla come un calzino. Non seppe come, ma riuscì a imporsi autocontrollo. Così, facendo violenza a sé stesso, si limitò a rispondere con ardore al suo bacio appassionato, strappandole persino un gemito estatico, salvo poi separarsi e riacquistare il suo tipico aplomb britannico da snob ricco e spocchioso.
L’effetto ovviamente non rendeva al massimo, visto che i suoi capelli in quel momento versavano in uno stato a dir poco pietoso. La Granger aveva provveduto a sconvolgerli per bene.
Proprio lei sembrava sorpresa dalla sua reticenza a continuare la performance.
-Non vuoi...- cominciò a dire.
Draco la fermò con un gesto della mano, chiedendole alcuni secondi per poter tornare completamente in sé.
-Vorrei invitarti a cena a casa mia.- disse poi, quando fu abbastanza padrone di sé stesso per evitare di saltarle addosso senza più riuscire a fermarsi.
-Intendi me, te e...Billy? Tutti insieme?
-Se non ti sta bene posso scaricare il Nano da mia madre nel giro di mezz’ora.
Un pugno deciso lo colpì all’altezza del braccio.
-Non ti azzardare, Malfoy! Io amo quel bambino!
-Motivo in più per scaricarlo dai miei. Mi ruberebbe tutte le tue attenzioni.
-Non posso credere che saresti capace di entrare in competizione con un bambino di sei anni.
-Tu mi sottovaluti.- gongolò Draco davanti al suo cipiglio scettico.
-Lo sai, vero, che farmi entrare in casa tua significherà appestare le pareti con l’odore di una Mezzosangue?
-Ormai sono già state irrimediabilmente compromesse dal Marmocchio.
-E sai anche che la faccenda puzza di sdolcinatezza?
-Granger, guarda che ti mollo qui e me ne torno a casa da solo se continui a sottolineare l’evidenza.
-Devo assaporare questo momento. Il momento in cui Draco “Sono Uno Stronzo Insensibile” Malfoy mi ha invitata a cena a casa sua.
Emise un sospiro teatrale, unendo le mani davanti al grembo.
-Come rifiutare?- domandò con voce trasognata.
-Finito di infierire?
-Mi concedi almeno venti minuti per farmi una doccia e cambiarmi? In questo momento sono impresentabile...
Draco le lanciò una breve occhiata.
-E sia, ma muoviti Granger, o ti vengo a prendere sotto la doccia.
-Ti assicuro che non ci impiegherò più di venti minuti.- giurò solennemente, dirigendosi fettolosamente verso il piano superiore. Malfoy la sentì armeggiare sopra la propria testa, i suoi passi leggeri che si spostavano velocemente da una stanza all’altra. Incuriosito e un po’ impaziente, decise di salire al piano superiore. L’improvviso scrosciare dell’acqua gli comunicò che la Granger si stava facendo la doccia. Si bloccò a metà delle scale, rimuginando sul fatto che lei era a meno di dieci metri di distanza, nuda e calda.
-Cristo.- sibilò tra sé, scacciando il pensiero e sforzandosi di concentrare la propria attenzione sui quadri appesi alle pareti. Quasi tutti rappresentavano dei paesaggi. Alla Granger piaceva la natura incontaminata, a giudicare dai posti raffigurati. A Draco colpì in particolar modo uno di quei quadri. Raffigurava chiaramente un lago ghiacciato e coperto di neve. I toni erano chiari e freddi. Ciò che lo attirò fu il campanile che svettava solitario al centro esatto dello specchio d’acqua gelato. Avvicinandosi ebbe modo di leggere il titolo del quadro, riportato sul bordo più basso dell’opera. Lago di Resia.
Buffo. Un campanile in mezzo a un lago. Trovò che fosse un posto adatto alla Granger.
Dal bagno proveniva ancora il ritmico scorrere dell’acqua.
Senza riuscire a opporsi alle proprie gambe, si ritrovò davanti alla porta.
Era socchiusa.
Istintivamente fu portato ad appoggiare una mano sulla maniglia. Dovette deglutire per frenare l’impulso primordiale che lo stava spingendo ad aprire la porta. Eppure lei era oltre quel pezzo di legno, e forse lo stava aspettando.
-Non fare il maniaco.- ringhiò, facendosi violenza e lasciando che la mano ricadesse lungo il proprio fianco.
Quando Hermione scese in salotto, un quarto d’ora più tardi, Draco era comodamente seduto sul divano a sfogliare un tomo sulla medicina dall’aria micidiale.
Come entrò nella stanza, un delicato profumo di fiori si diffuse stuzzicando i sensi del giovane e calamitandone l’attenzione.
Era semplicissima con quel paio di pantaloni marrone scuro e un maglioncino rosso con alcuni ricami. I capelli le ricadevano sulle spalle a ventaglio, lucenti e vaporosi.
Gli occhi di Draco non l’abbandonarono mai mentre attraversava la stanza per andarsi a sedere accanto a lui. Non era bella. O almeno, non era una bellezza convenzionale. Niente in lei risaltava a un primo sguardo. Non vi erano forme, o fattezze, o rotondità che rispecchiassero il canone di bellezza ideale. Era troppo filiforme, priva di curve, poco sensuale. A calamitare l’attenzione non vi erano labbra carnose da mordere, né una generosa scollatura da ammirare, né lunghi e liscissimi capelli in cui far scorrere la mano.
Ma nessun altro sorriso, Draco ne era certo, avrebbe potuto competere con la grandiosità di quello che lei gli rivolse. Timido e misterioso, pensò tra sé. E nessuna altra luce avrebbe brillato più intensamente di quella che in quel momento incendiava il castano dei suoi occhi.
Il libro era ancora aperto sulle sue gambe. Lui non vi stava più badando.
Rimasero a scrutarsi in silenzio per alcuni istanti.
Dio, quanto era bella.
Se qualcuno gli avesse chiesto cosa gli sarebbe bastato per sentirsi realizzato di lì ai prossimi dieci anni, avrebbe senza dubbio risposto “Poterla baciare”.
-Hai trovato un passatempo impegnativo.- mormorò Hermione, indicando il libro di Medicina.
Draco si riscosse, quasi fosse stato brutalmente strappato da un sogno. Si era perso in tutt’altri pensieri, guardandola.
-Conviene andare.- disse soltanto, posando il libro sul divano e alzandosi. –Se rimaniamo altri due minuti poi non me ne vado più.
Le lanciò un’occhiata eloquente e maliziosa. Lei ridacchiò, mentre le guance si coloravano dell’usuale tonalità rosata.
Quando giunsero a casa la prima cosa che udirono fu la voce allegra di Billy che, richiamato dallo scatto della porta, si era precipitato dal piano superiore, seguito da Linda, che gli intimava di non correre sulle scale. Non appena vide Hermione piantò i piedi, sorpreso, per poi assumere un atteggiamento immediatamente più pacato. Anziché lanciarsi contro le gambe del padre, come avrebbe fatto a cose normali, le andò incontro, posandole un bacio sulla guancia quando si abbassò per poterlo salutare.
-Ciao Hermione.- sorrise. –Ceni con noi?
-Se per te va bene.
Billy annuì deciso.
-Io e Linda abbiamo preparato gli hamburger.- annunciò orgoglioso. –Però manca il dolce.
-Non c’è stato tempo, purtroppo.- lo consolò la baby sitter, scarrufandogli teneramente i capelli.
-Lo possiamo fare noi.- propose Hermione, prendendolo per mano e guidandolo in cucina mentre Draco congedava Linda.
Quando poi li raggiunse i due erano già intenti a tirare fuori scodelle, uova, burro e quant’altro. Allarmato e al tempo stesso divertito si sedette su una sedia, osservando il lavoro che portavano avanti con entusiasmo. Hermione, dopo aver indossato il grembiule da cucina (che Draco aveva comprato appositamente per Linda, visto che lui mai avrebbe sporcato le proprie, raffinate mani da Purosangue), aveva disposto tutti gli ingredienti sulla tavola, e mano a mano se li faceva passare da Billy. Il bambino assecondava le sue richieste con solerzia, e di tanto in tanto guardava il padre come a cercare la sua approvazione.
A ogni mezzo sorriso ricevuto da lui, ne dispensava il doppio a entrambi. Draco non si era mai reso conto di quanto fosse bello il sorriso di un bambino. Soprattutto di quel bambino.
Rimase rapito dalle fossette apparse sulle guance del figlio.
Quello era il sorriso di Astoria.
Cenarono come una famiglia, e fu molto strano. Draco ricordava bene le cene con sua madre e suo padre a Villa Malfoy, ma a stento rammentava l’ultima volta in cui avevano riso insieme a tavola. Erano sempre stati momenti in cui ognuno di loro, ingessato dalle abitudini, si limitava a consumare in silenzio il proprio pasto, o a discorrere del più e del meno. Erano sempre state chiacchiere vuote e noiose.
Quella sera non accadde niente di tutto ciò.
Billy si lanciò in un’accurata descrizione della sensazionale scoperta che avevano fatto a Nottingham, ed Hermione lo assecondò con una spontaneità lodevole. Draco ebbe quasi la sensazione che avesse rischiato di commuoversi davanti alla gioia del Marmocchio per aver ritrovato la mamma.
Billy divorò quasi metà torta con la scusa del “Questa è l’ultima, lo giuro”. Alla fine Draco decise di intervenire, sottraendola alle sue piccole grinfie e riponendola sulla mensola più alta del frigo, tanto per stare tranquilli.
Hermione volle controllare le condizioni delle dita steccate del bambino, così come quelle dei lividi, trovando che ormai fossero perfettamente sulla via della guarigione.
-Questo bambino è un osso duro.- annunciò dandogli un buffetto. Erano seduti in soggiorno, e Billy, dopo essersi lavato i denti e aver indossato il pigiama, aveva insistito per guardare un cartone animato, così lui ed Hermione lo avevano fatto accomodare tra loro. Draco, a onor del vero, aveva cercato di opporsi alla visione del film, ma la ragazza lo aveva persuaso, ben determinata ad accontentare Billy.
Il cartone scelto fu Mulan.
Malfoy riuscì a seguirlo per i primi dieci minuti appena. Poi le palpebre, complici il tepore irradiato dal corpicino di Billy e il cibo che aveva in corpo, cominciarono a farsi pesanti. Entrò in un pacifico stato di dormiveglia, cullato dai bassi sussurri che ogni tanto Hermione e il pargolo si scambiavano sul film. Non seppe per quanto rimase assopito, con gli occhi chiusi e la testa appoggiata allo schienale. A riscuoterlo dal torpore fu il miagolio continuo del gatto, seduto ai piedi del divano e impegnato a leccarsi minuziosamente una zampa posteriore. Draco sbatté gli occhi un paio di volte, focalizzando la stanza. La tv era spenta. Sicuramente il film era finito da tempo.
Bastò volgere lo sguardo per trovare Hermione e Billy profondamente addormentati accanto a lui. La ragazza era sdraiata, la testa appoggiata ad un bracciolo e le gambe flesse, così da non invadere lo spazio in cui si trovava lui. Billy le stava sdraiato tra le braccia, stretto e avvinghiato, così piccolo che riusciva a incastrarsi alla perfezione nell’angusto spazio tra la giovane e il bordo del divano. Entrambi dormivano della grossa. Le loro espressioni erano così tranquille e serene che sembravano essersi messi in posa per un pittore immaginario. Lentamente si tirò su, stiracchiando gli arti indolenziti, per poi chinarsi e svegliare i due dormiglioni con un buffetto ciascuno.
Billy si svegliò con un sonoro sbadiglio. Hermione invece emise un basso gemito insoddisfatto, evidentemente contrariata da quella sveglia.
-Devo andare già a letto?- mugugnò Billy, stropicciandosi gli occhi mentre Draco provvedeva a sollevarlo e caricarselo sul fianco. Le braccia del piccolo si aggrapparono al suo collo come quelle di una scimmietta.
-Sì.- dichiarò risoluto.
Anche Hermione si alzò in piedi, elargendo una tenera carezza sul nasino del bimbo.
-Può portarmi a letto Hermione?- domandò con vocina supplichevole, i grandi occhi grigi che si spostavano dall’uno all’altra.
-Io?- domandò stupita.
Draco non se lo fece ripetere due volte, e lo mollò tra le braccia della giovane.
-Tutto tuo.- ghignò divertito. –Stasera la favola tocca a te, che meraviglia!
-E tu che fai in tutto ciò?- domandò lei con una smorfia divertita.
-Una doccia.- fu la candida risposta. –Una rilassantissima doccia bollente.
Hermione scosse la testa, per poi reprimere uno sbadiglio, contagiata da quello del bambino tra le sue braccia. Draco la guidò al piano superiore, aprendole la porta della camera di Billy. Rimase a osservarli alcuni istanti, mentre lei provvedeva a infilare il bambino sotto le coperte, per poi sedersi sul bordo del letto con il libro di fiabe tra le mani.
-“C’era una volta…”- cominciò lentamente. I suoi occhi si posarono su di lui, complici e carichi di aspettativa per quel dopo che entrambi sapevano stava per arrivare. Malfoy ricambiò l’occhiata con un sorrisino sghembo, cominciando a slegare il nodo della cravatta.
Hermione distolse lo sguardo, riportandolo sulle pagine del libro e intervallando la lettura con qualche pausa in cui si accertava che il bambino non fosse già finito nel mondo dei sogni. A quel punto Draco si ritirò, dirigendosi verso il bagno. Già stava pregustando il momento in cui, terminata la doccia, sarebbe andato in camera da letto e avrebbe trovato la Granger ad attenderlo.
Il solo pensiero gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
Si spogliò velocemente, per poi entrare nel box doccia e sentirsi subito rinvigorito dal getto di acqua calda e fumante. Sentirla scivolare sulla propria pelle gli permise di scacciare qualsiasi cattivo pensiero. Quella era stata una serata fantastica, e non poteva che continuare a migliorare.
Una volta avvoltosi nell’accappatoio, si affacciò sul corridoio per verificare come stesse procedendo la situazione. Non udendo alcun rumore, né voce, immaginò che la ragazza lo stesse già aspettando in camera. A confermarglielo fu il buio che proveniva dalla stanza di Billy. Le luci erano state spente, e sicuramente stava già dormendo. Passandovi davanti, si premurò di socchiudere la porta, rammentandosi di applicare un Muffliato alla propria camera, se avesse voluto evitare di svegliarlo con le urla della Granger. Non riuscì a reprimere una risata mentre ricordava la faccia paonazza della giovane quella mattina.
Trovò la suddetta ragazza in camera propria, sdraiata sul letto, completamente illuminata dalla luce della lampada e offerta alla sua vista. Solo che non era nuda, né tantomeno in procinto di denudarsi.
No, decisamente. La Granger stava dormendo.
E anche della grossa, notò Draco con disappunto, avvicinandosi a lei e sentendola respirare piano.
Non sapendo bene cosa fosse il caso di fare con una come lei appisolata sul proprio letto, decise che per prima cosa fosse il caso di cambiarsi e indossare qualcosa di più caldo rispetto a un misero accappatoio.
Indossò il pigiama cercando di muoversi il più piano possibile, cosa che era sicuro non gli fosse riuscita bene, visto che aveva involontariamente urtato il letto una o due volte mentre si cambiava. Lei nonostante tutto continuò a dormire beatamente. Non poté fare a meno di provare tenerezza davanti a una tanto chiara manifestazione di fiducia. Quella donna, un tempo visceralmente odiata, insultata e calpestata come un insetto, adesso dormiva sul suo letto, indifesa, eppure pacifica. Solo qualche mese prima una cosa del genere sarebbe stata a dir poco impensabile. La Granger avrebbe potuto stargli vicino solo se fosse stata armata fino ai denti. Adesso invece abbassava la guardia, e lui sapeva che per una come lei quella doveva essere stata una decisione difficile da prendere. Poteva essere solamente il risultato di una lunga ponderazione. Il significato di un simile gesto aveva una portata talmente sconvolgente che per un istante ne rimaso sopraffatto.
Era sua. Lo era davvero. Si fidava e gli aveva confessato che le piaceva stare con lui, perché lui le piaceva. E sapere di piacerle lo rese inspiegabilmente euforico, come da tanto tempo non si sentiva.
Salì sul letto, sdraiandosi di fianco a lei, ancora distesa con le spalle rivolte nella sua direzione. Poi, con estrema naturalezza, fece scivolare un braccio intorno alla sua vita, avvicinandola a sé. Lei sospirò placidamente, accarezzando la mano con cui l’aveva abbracciata e sfilandosi le scarpe con l’aiuto dei piedi. Fu la buonanotte migliore della sua vita.
 
 
Giovedì 14 era arrivato velocemente. Troppo velocemente.
Draco non sapeva neanche come fosse riuscito a portare a termine tutto il lavoro previsto per quel giorno insieme agli arretrati. Era a dir poco miracoloso.
Per tutta la giornata non era riuscito a pensare ad altro che all’appuntamento di quella sera con la Granger. Era fuori di sé, proprio come un ragazzino alle prime armi. Nonostante avesse tentato in tutti i modi di scacciare quel chiodo fisso dalla propria mente, l’immagine di lei lo aveva seguito in ogni singolo momento. Era talmente nervoso...talmente esagitato. Per cosa poi? Perché la portava a cena fuori? Non era la prima volta, anzi. Dopo aver superato indenne la serata all’Hotel S. Ermin poteva tranquillamente replicare con lei una seconda uscita romantica. Il problema era che stava per portare una donna fuori per una cena ufficiale, senza aste di beneficienza di sorta che potevano valere come pretesto. Ed era incredibilmente smanioso di averla tutta per sé, maledizione!
Perché sì, ormai non poteva davvero più ignorare il fatto che stare con la Granger era come un balsamo rigenerante per lui. Lei era divertente, interessante, intelligente e inaspettatamente dolce. Senza contare che era anche un schianto di donna. Stare con lei lo rendeva inspiegabilmente più sereno. Era una compagnia che apprezzava in ogni più piccola sfaccettatura, dal piano fisico a quello emotivo. Stare con lei lo coinvolgeva al cento per cento, e la sua mente non spaziava mai oltre quei grandi occhi nocciola, non pensava ad altro, non si distraeva, non si annoiava. Lei riusciva ad accendere ogni fibra del suo corpo e riusciva a intrappolare su di sé tutte le sue attenzioni.
Solo un’altra donna c’era riuscita, molto tempo prima. E quella donna era diventata sua moglie, ricordò blandamente, passando davanti alla foto del loro matrimonio.
Non che fosse ansioso di ripetere l’esperienza, visto che ne era uscito con un bagaglio pieno zeppo di traumi e ricordi poco felici, ma da quando aveva incontrato l’Irlandese non riusciva più a mettere a tacere il tarlo della gelosia. L’idea di trasformarlo in un abat jour era stata accarezzata in più di un’occasione, ma fino ad allora non aveva mosso dito soltanto perché lei lo avrebbe certamente scoperto, e le conseguenze sarebbero state drastiche. Tutto per non deludere le aspettative di una Mezzosangue che lo aveva fulminato.
Alle diciannove in punto Malfoy uscì rapidamente dal suo ufficio, augurando la buona serata alla segretaria e dirigendosi a passo svelto verso l’Atrium, in mezzo allo sciame di maghi e streghe che, proprio come lui, stavano rincasando dopo una lunga giornata di lavoro.
Solo che, a differenza loro, la giornata di Draco stava iniziando solo in quel momento. O almeno la parte che valeva la pena d’esser vissuta.
Il primo suono che udì uscito dal camino (appositamente coperto con un incantesimo di disillusione che simulava il rumore di una porta sbattuta) fu quello di piccoli passi al piano superiore. Lui e Billy avevano fatto un accordo. Ogni sera, intorno alle diciannove, il pargolo doveva accompagnare Linda al piano di sopra, di modo che quando lui fosse arrivato via camino non avrebbero corso il rischio di farla morire d’infarto, o in alternativa quello di dover avvertire le squadre di Obliviatori del Ministero, se mai fosse sopravvissuta a un tale shock.
Bastò seguire il rumore dei passetti per ritrovarsi ai piedi della scala, mentre il marmocchio scendeva tutti i gradini a corsa, per poi gettarsi come un piccolo predatore sulle sue gambe, avvinghiandole in un abbraccio festoso.
In cima alle scale apparve Linda, la quale lo informò sul programma che lei e il Nano avevano convenuto per la serata: cena a base di cinese e poi cinema, con la promessa di mandare a letto il piccoletto per le undici al massimo.
Draco approvò, senza trattenersi troppo visto lo scorrere inesorabile del tempo. Cercò di accomiatarsi senza sembrare troppo brutale, ma Billy lo tirò per una mano con insolita foga.
-Salutami Hermione.- si raccomandò.
-Da quando mi dai ordini?- ritorse indispettito.
-Da quando ti do buoni consigli per conquistarla.- ribatté al volo.
La frecciatina fu così repentina e inaspettata che persino Linda sembrò stupita da tanta impudenza.
-Tra una decina d’anni ne riparleremo.- borbottò scorbuticamente Draco, punto sul vivo da quell’uscita. Solo qualche mese prima un simile siparietto sarebbe stato impensabile, per due motivi:
1) il Microbo non avrebbe osato fiatare in sua presenza, figurarsi se avrebbe avuto il coraggio di contestarlo.
2) Se anche lo avesse fatto, Malfoy lo avrebbe trasformato all’istante in una maracas.
Invece adesso si faceva persino rampognare da quello scricciolo di sei anni.
E si era invaghito di una Mezzosangue.
E aveva come nuovi amici i suoi più antichi nemici.
La storia della sua vita.
In venti minuti spaccati si era fatto una doccia e vestito, per ricordarsi troppo tardi che aveva dimenticato di pettinarsi i capelli, uscendo quindi completamente spettinato e ancora accaldato.
Di quel passo si sarebbe preso una bronchite. Avrebbe volentieri provveduto con un incantesimo, ma ormai si trovava nell’anticamera, proprio davanti alla cucina dove Billy e Linda stavano cenando.
Gli toccò dunque uscire in quelle condizioni, concedendosi una sistemata frettolosa solo quando fu all’interno della sua Ferrari. Ok, sembrava appena scampato da un duello di magia, ma non poteva sprecare altro tempo. Ingranò le marce e raggiunse Notthing Hill in un baleno, proprio nel momento in cui la porta del palazzo blu si apriva e la Granger usciva di casa.
Draco si sporse verso la portiera del passeggero, aprendola e permettendole di infilarsi all’interno.
-Credo che tra non molto vedremo i pinguini aggirarsi per le strade.- commentò la ragazza coi denti che battevano per il freddo.
-Dubito che riuscirò a notarli se tu sarai nei paraggi.- commentò lui a mezza voce. Non gli era sfuggito un solo particolare dell’abbigliamento della ragazza. Dal cappotto aperto infatti intravedeva il rosso scuro di un elegante abito di pizzo lungo fino a metà coscia. Lo notò bene, quel particolare, visto che oltre il bordo del vestito svettava candida la carne della giovane.
-Niente calze?- domandò divertito.
-Non resistono mai oltre i dieci minuti, sono scomode e io posso ricorrere a un incantesimo di riscaldamento per ovviare a scomodi disagi.- ribatté con un sorriso lungimirante.
Un monumento vivente alla praticità, ecco cos’era la Granger.
Poco più tardi si fermarono in un piccolo parcheggio sulla sponda del Tamigi, a quell’ora illuminata da una schiera di lampioni che emanavano tutt’intorno un’atmosfera altamente romantica, complice la neve che ancora riposava sulle aiuole e sui rami degli alberi.
Hermione si avvicinò alla balaustra, osservando i grattacieli di Temple sul lato opposto del fiume, alti contro un cielo sempre più scuro e ricco di stelle. Malfoy si concesse il beneficio della sua contemplazione, fintanto che non si fosse voltata verso di lui. Quella sera la Granger si era arrischiata a indossare persino un paio di tacchi dall’esagerata altezza di qualche centimetro scarso. Era evidente che si fosse impegnata per sorprenderlo.
La cosa lo fece inevitabilmente sorridere.
La raggiunse alle spalle, poggiandole una mano sulla schiena e guidandola verso una scalinata che portava fino a una banchina sul fiume. Lei si lasciò portare docilmente, senza fare domande inopportune sul dove stessero andando o cosa avrebbero fatto. Era una donna che sapeva apprezzare il valore del silenzio, e questo non era un dato da sottovalutare.
Naturalmente però non riuscì a dissimulare la propria sorpresa quando la invitò a precederlo sulla passerella che portava dritti in un battello adibito a ristorante, con tanto di tavoli all’aperto e orchestra sul ponte.
-Vuoi farmi morire assiderata?- valutò con voce allegra, quasi trovasse piacevole quell’eventualità.
-Non essere sciocca.- sussurrò vicino al suo orecchio, respirando il profumo di fiori emanato da corpo e capelli. –Ti voglio ben recettiva per dopo.
Un brivido percorse la giovane, lo percepì da come trattenne improvvisamente il respiro, per poi voltarsi verso di lui e rivolgergli uno sguardo lucidamente consapevole e quasi impaziente.
-Il battello è gestito da un mago.- spiegò mentre un cameriere li scortava al tavolo. –Prima apparteneva a un commerciante babbano. Lui lo ha comprato e rimesso in sesto.
-Notavo.- disse lei, riferendosi agli arredamenti sfarzosi con cui era stato allestito l’interno. Anche il ponte non era da meno. Adeguatamente protetto da un robusto incantesimo anti gelo, il pavimento era tutto in liscio parquet chiaro. Ai piedi del corrimano si trovavano ampi vasi con fiori primaverili. Una abbondante quantità di candele rischiarava l’ambiente come un piccolo stormo di lucciole. Erano sul corrimano e sui tavoli sontuosamente apparecchiati.
Hermione si guardò intorno estasiata, per poi abbozzare un sorriso divertito quando le scostò galantemente la sedia.
-Non è roba babbana.- osservò lui con una smorfia. –Ma ammetterai che all’apparenza ci si avvicina.
-E’ un modo per dirmi qual è il posto dove devo stare?- frecciò lei, ma nei suoi occhi splendeva una luce scherzosa. Draco si sorprese del modo informale con cui ormai giocava con lui, anche in quel modo velatamente allusivo al sentimento vischioso e feroce che per anni aveva avvelenato i loro animi.
-E’ un modo per dirti che posso riuscire ad ampliare le mie vedute.- ribatté mentre il cameriere portava loro i menù. La sua risposta pronta dovette impressionare la ragazza, a giudicare dall’occhiata colpita che gli rivolse.
-E comunque...- riprese indisturbato. –So bene qual è il posto dove tu devi stare.
-Il tuo mondo?
Draco lesse interessato il menù del giorno, per poi sollevare gli occhi su di lei in modo casuale.
-In un certo senso.- ghignò malizioso. –Pensavo a qualcosa di un po’ meno astratto, ma mi piaci quando parli per metafore.
-Sei un maschilista.- soffiò inviperita.
La vide osservare sgomenta i nomi dei vari piatti, uno più sdolcinato dell’altro.
-Il piatto degli sposi?- lesse ad alta voce. –Non starai cercando di comunicarmi qualcosa, vero?
-Per vedertela dare a gambe come con l’irlandese?
-Malfoy.- lo redarguì senza particolare trasporto. Sembrava piuttosto concentrata sulla scelta del primo.
Draco sfruttò quegli attimi preziosi per guardare lei, il suo viso pulito, i suoi occhi abbacinanti, le lunghe ciglia scure che disegnavano piccoli spicchi d’ombra sotto gli occhi, gli zigomi rosati, le labbra morbidamente piegate in una smorfietta di indecisione, i lunghi capelli castani, che lei aveva provveduto a piegare in morbidi boccoli per l’occasione.
Come aveva potuto, in tutti quegli anni, non accorgersi di quanto fosse bella?
Cenarono cullati dalla melodia dell’orchestra, parlando di cose che fino a qualche tempo prima avrebbe definito come “roba da fidanzati”, e che invece, adesso, era contento di conoscere. Hermione era ancora restia a parlare con lui della sua seconda vita, quella vissuta tra i babbani, lo capì quando, per caso, nominò il padre. Sembrò ricordarsi all’improvviso di chi aveva di fronte, e allora aveva perso il filo del discorso, per poi glissare e cambiare argomento. A lui non era sfuggito l’irrigidirsi innaturale delle spalle, né l’esitazione nel tono di voce, ma non vi badò. Non voleva forzarla a parlare di cose per cui ancora non si sentiva pronta, né del resto era sicuro di poter essere lui stesso a definirsi pronto. Forse, per certe cose, non lo sarebbe mai stato.
Eppure, nonostante quella piccola parentesi, si divertirono. Hermione assaggiò il primo di Draco, per poi ricambiare offrendogli un po’ del proprio dolce. Ovviamente non si imboccarono, sarebbe stato umiliante per tutti e due, e il mago apprezzò che lei non ci avesse provato, anche perché non se la immaginava di certo come una tipa abituata a simili frivolezze. In compenso mandò giù diversi bicchieri di Ogden, visto che, tra una chiacchiera e l’altra, le loro gole erano arrivate a seccarsi in più di un’occasione. Il cameriere era tornato al loro tavolo solo tre volte per portare una nuova bottiglia di Ogden. All’inizio la ragazza era sembrata piuttosto restia a bere, ma quando aveva assaggiato un pò di quel liquido ambrato, l’aveva trovato talmente buono da berlo tutto d’un sorso.
“ Va giù come acqua” aveva constatato con occhi già più lucidi.
Ovviamente Draco si era ripromesso di fermarla al terzo bicchiere, e ovviamente si ricordò del suo promemoria solo quando ormai erano al settimo. Hermione era decisamente allegra, in un modo che non avrebbe mai creduto adatto alla “Mezzosangue Zannuta” conosciuta tanto tempo prima.
Nell’intervallo tra il secondo e il dolce si era alzata, e gli si era parata davanti, offrendosi senza indugio ai suoi occhi. Gli aveva sorriso dolcemente e lo aveva invitato a ballare.
E lui, naturalmente, aveva accettato di buon grado, poggiando la propria mano sul palmo aperto di lei e lasciandosi guidare vicino all’orchestra. Per i primi passi Hermione si era guardata i piedi, temendo di ripetere l’ammirevole performance della prima volta in cui avevano ballato, quando aveva invano cercato di azzopparlo. Poi però Draco se l’era avvicinata quel tanto che bastava per indurla a sollevare lo sguardo e dimenticarsi di dove finissero i suoi piedi. Le aveva appoggiato una mano su un fianco e con l’altra aveva stretto la sua, lasciando che le loro dita si intrecciassero.
In quel momento si erano guardati in silenzio, senza più traccia di ilarità nei loro occhi. E poi, inaspettatamente, lei si era appoggiata contro la sua spalla, e aveva sospirato.
Un senso di pace aveva pervaso l’animo di Draco.
“So bene qual è il posto dove devi stare”.
Su quel battello, su quel ponte, tra le sue braccia. Ecco dove voleva che lei stesse.
E lo voleva anche Hermione. Glielo lesse in faccia quando finirono di ballare, perché a bruciare guance e occhi vi era la scintilla del desiderio.
Le mani di lei gli cinsero languidamente la vita. Le sue labbra si accostarono all’orecchio, sussurrandogli una semplicissima parola che ebbe il potere di incendiargli il sangue nelle vene.
Andiamocene.
Erano già alla macchina, abbracciati e accaldati, lei arrendevole tra le sue braccia, schiacciata contro la portiera della Ferrari, una gamba sollevata e premuta contro il suo fianco dalla stretta di Draco, i loro respiri accelerati che si condensavano sotto forma di nuvole tra le loro bocche.
La mano di Malfoy si insinuò morbida sotto le pieghe del suo vestito, saggiando la consistenza liscia e tenera della sua carne…
E il cellulare cominciò a suonare.
All’inizio entrambi lo ignorarono bellamente, persino la Granger, che in genere lo avrebbe assillato affinché rispondesse a Billy, e che in quel momento invece stava rispondendo ai suoi baci con talmente tanto trasporto da far pensare che non fosse proprio “solo brilla”.
Quando però la musichetta odiosa tornò a farsi sentire, e Draco smise di baciarla, rivolgendole un sorriso nervoso e annunciandole che stava per far esplodere il suo regalo, lei parve tornare in sé.
-Rispondi.
Davanti all’occhiata scura di Draco si limitò a stringersi nelle spalle.
-Potrebbe essere urgente.
Sbuffando e imprecando a mezza voce tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca. Il numero che lo stava chiamando non era quello di Billy. Non lo aveva mai visto prima.
-Sì?- rispose, suo malgradon incuriosito, appoggiando la mano contro il tettuccio dell’auto e avvicinandosi alla ragazza, immobile davanti a lui.
-Signor Malfoy.- la voce di Linda suonò rotta dal pianto. –Mi dispiace chiamarla, mi dispiace davvero, ma…
-E’ successo qualcosa al Marmocchio?- la interruppe brusco, senza riuscire a mascherare la preoccupazione nel tono di voce. Hermione gli restituì uno sguardo allarmato.
-No, il bambino sta bene, ma...mi ha appena telefonato mia madre. Il mio fratellino è stato investito, ed è in prognosi riservata. I medici dicono che è molto grave, e lei adesso non può lasciare il posto di lavoro. Io...io...
-Tra mezz’ora sono a casa.- concluse per lei, senza alcuna espressività nel tono di voce. Al di là del telefono, Linda tirò rumorosamente su col naso, manifestando il proprio sollievo davanti a tanta comprensione.
Quando chiuse le telefonata, la faccia del giovane era granitica.
-Cosa è successo?- tentò fiocamente Hermione, ben sapendo che una simile espressione non lasciava intendere nulla di buono.
-Il fratello della baby sitter del Nano è stato investito, e lei è l’unica che al momento può assisterlo.- disse atono. Le sue parole suonarono terribilmente vuote.
Hermione non commentò. Tra loro scese un breve attimo di silenzio, durante il quale entrambi osservarono il nulla con aria luttuosa.
-Ti riaccompagno a casa.- disse poi Draco.
-No...no. Meglio che tu vada subito a casa. Io da qui posso smaterializzarmi.
-Granger, sali in macchina.- ordinò piattamente.
Fece per allontanarsi, ma lei lo trattenne dolcemente per il braccio, per poi avvicinarlo nuovamente a sé.
-Ti prego, dammi retta. Non sono io ad aver più bisogno di te in questo momento.
Draco fece per ribattere, ma lei lo anticipò.
-E non mi sembrerai meno cavaliere solo perché non mi riporti sotto casa. Già il fatto che tu stia aiutando quella ragazza è sufficiente.
-Riusciremo mai a concludere in bellezza una serata?- domandò a quel punto, senza più riuscire a reprimere la frustrazione. Ormai il suo era un impellente bisogno fisico. Non poterla sfiorare nell’intimità era un’autentica sofferenza che si traduceva in vere e proprie pulsazioni all’altezza dell’inguine che lo facevano sudare freddo per impedirsi di assecondarle.
Lei sospirò rassegnata, passandosi stancamente una mano sulla fronte.
-Forse è meglio così.- disse, cercando di apparire razionale. –Stasera ho bevuto troppo. Sento già qualche giramento alla testa.
Gli rivolse uno sguardo poco convinto.
-Menti molto bene.- osservò sarcastico. –No davvero, potresti insegnarmi qualche volta?
Il pugno che lo colpì sull’avambraccio faceva male quanto il morso di un gattino. Se la Granger non riusciva neanche a mettere un po’ di forza nella mano doveva essere proprio KO.
Ciononostante, non si fece scrupoli ad attirarsela contro stringendola con tanta energia che ebbe paura di farle male, se solo lei non avesse risposto serrando le braccia intorno al suo collo e alzandosi sulle punte dei piedi per baciarlo.
-‘Notte Malfoy.
-Sogni d’oro Granger.
Tornato a casa, trovò Linda in piedi, affacciata alla finestra della cucina che dava sulla strada a controllare quando sarebbe arrivato. Billy era già addormentato nel suo letto.
Rimasto solo, Draco dapprima salì nella propria stanza, buttandosi a peso morto sul materasso. Non riuscendo a prendere sonno, decise di vagare per casa come un’anima in pena, per poi finire, neanche sapeva in che modo, a gambe larghe sul divano, con una bottiglia di Scotch invecchiato di sette anni in una mano e un bicchiere nell’altra. Il senso di amarezza e insoddisfazione fecero il resto. Si riempì il bicchiere talmente tante volte che nel giro di dieci minuti aveva dato fondo alla bottiglia. Ancora scontento, si alzò con passo barcollante, caracollando verso il carrellino dove teneva i liquori, optando per il buon vecchio Firewishy.
Si lasciò scivolare contro la parete lì vicino, affogando i suoi malumori nell’alcol.
Già sonnecchiava contro il muro quando gli parve di udire bussare alla porta. Lentamente riaprì gli occhi, rimanendo oziosamente in ascolto, per accertarsi che non fosse uno scherzo della sua immaginazione prima di alzarsi e rischiare di andare a sbattere contro qualcosa di molto doloroso.
Una serie di colpi proveniente dall’anticamera confermò che non era ancora del tutto sbronzo. Mugulando qualche basso verso di protesta riuscì miracolosamente a mettersi in piedi. A quel punto raggiungere la porta fu piuttosto facile, nonostante fosse inciampato nei suoi stessi piedi una o due volte.
La sorpresa nel ritrovarsi di fronte la Granger, ancora fasciata nel vestito rosso e coi tacchi ai piedi, fu certamente evidente dalla sua faccia, a giudicare da come lei sentì il bisogno di giustificarsi.
-Scusa per questa improvvisata.- mormorò nervosa. –E’ che...quando sono tornata a casa, mi sono detta...perchè non provare lo stesso? Voglio dire, perché no? non credi? Cioè, in fin dei conti è quello che vogliamo entrambi, dopotutto siamo adulti consezienti, e tu...sì beh, sei proprio un bel figliolo, e mi è parso di capire che pensi la stessa cosa di me, quindi...
Draco seguì quel suo nebuloso discorso con la testa che cominciava a dolere fastidiosamente sotto il peso di quelle futili scuse. Senza alcuna esitazione l’afferrò per il braccio con cui era intenta a gesticolare, tirandola in casa e premendosela addosso. Le labbra di Hermione impattarono contro le sue, gli occhi di lei si allargarono appena per la sorpresa.
Quando la strinse, una nota di possessione celata dietro alla passione, si abbandonò completamente a lui, lasciandosi addossare alla parete e aggrappandosi a lui con una foga che non aveva mai creduto potesse appartenerle. La Granger era un pozzo di sorprese continue. E decisamente non era più l’insopportabile secchiona conosciuta durante gli anni di Hogwarts. Forse era in quei momenti, anzi, che l’indole di Grifondoro emergeva e si irradiava da quel corpicino all’apparenza tanto fragile e delicato. In uno slancio deciso le passò un braccio dietro alle gambe, prendendola facilmente in braccio. Lei, nonostante tutto l’ardore del momento, parve non gradire troppo quel gesto, a giudicare dall’occhiata storta con cui lo ripagò. Sembrava volesse rimproverarlo per averle impedito di farsi le scale sui suoi stessi piedi. Ignorando quel muto rimprovero, Draco raggiunse la propria camera senza alcuno sforzo. Solo quando foruno davanti al letto si laciò cadere insieme a lei sul materasso, rotolandole sopra e riprendendo a baciarla, mentre lei scalciava via i tacchi e si apprestava a sfilargli i pantaloni. Uno strappo netto comunicò a entrambi che doveva aver calibrato male la propria forza.
-Merda.- la sentì soffiare contro il proprio orecchio. –Mi dispiace.
-Chi se ne frega, Granger, ho altre cinque paia di pantaloni identici.- sfiatò mentre baciava con solerzia il collo della ragazza, per poi fermarsi un attimo, i loro visi a pochi centimetri di distanza e gli sguardi sigillati tra loro.
-Sono felice che tu sia qui.- sussurrò, formulando ad alta voce un nebbioso pensiero che stava sfrecciando nella sua mente. –Sono proprio molto, molto felice.- asserì, sfiorandole una tempia col dorso delle dita. Il tono di voce non era particolarmente convinto, ne era ben cosciente. Aveva vibrato incerto a causa dell’alcol e del vago mal di testa che si stava impossessando di lui. Però quelle cose erano chiare nella sua mente e, forse, anche nel suo cuore.
L’ombra di un sorriso rischiarò il volto della ragazza.
-Siamo proprio sbronzi.- constatò divertita.
-No Granger, non capisci.- insistette cocciuto. –Domani probabilmente non mi ricorderò più nulla, lo sai?
-Correrò il rischio.- ribatté, facendo scivolare una mano sotto la camicia gualcita del mago, a contatto con la sua pelle calda.
Le sue labbra cercarono quelle di Draco, trovandole già dischiuse.
-E’ solo che...- mormorò titubante.
-Sono un po’ brilla anch’io.- lo rassicurò. -Altrimenti non avrei avuto abbastanza fegato per venire qui.
-Stronzate.- dichiarò a fior di labbra, piuttosto contrariato. –Sei la strega più dannatamente coraggiosa che abbia mai conosciuto. E’ un aspetto di te che mi fa impazzire.
-Lusingata.- rispose alzando un sopracciglio. –Hai intenzione di continuare a chiacchierare ancora per molto?
-Perché non riesco a stupirti mai, Granger?- brontolò.
-Perché queste cose me le stai dicendo da ubriaco.- rispose alzando gli occhi al cielo con fare molto teatrale.
-Con te non so mai come comportarmi. Sei un enigma senza soluzione. Tu e le tue bizzarrie che ti rendono così...
-Pedante?- azzardò lei.
-Irresistibile.- la corresse lui.
Stavolta l’aveva sorpresa, oh sì, glielo leggeva negli occhi, quel genuino stupore. Ed era una sensazione fantastica essere l’autore di tale meraviglia.
-Sei una donna tanto facile da odiare.- mormorò con voce appena udibile, mentre i suoi occhi scendevano sul suo corpo, ancora celato dal vestito. Le prese un braccio, sollevandolo e frapponendolo tra loro. scrutò il polso candido della ragazza con aria pensosa.
-Nella tue vene scorre un sangue putrido.- osservò. –Dovrei esserne disgustato.
Hermione trattenne il respiro.
-Eppure ormai non c’è nulla che potrebbe importarmi di meno.
Buttò fuori quelle parole sentendosi subito pervaso da un enorme senso di liberazione. Le aveva dette, finalmente. Le aveva dette a lei.
-Sei una donna tanto facile da odiare.- ripeté come un mantra. –E sei tanto difficile da amare. Ma io credo di riuscirci.
Gli occhi di Hermione erano due profonde pozze ambrate, tanto grandi e lucidi che ebbe quasi la certezza di poterci affogare dentro.
-Io credo di amarti.- bisbigliò, riuscendo ad ammettere quel segreto incofessabile senza distogliere lo sguardo. Erano sei anni che non si dichiarava a una donna. Sei anni che non provava quel sentimento terribile e totalizzante. Eppure sapeva con estrema freddezza e lucidità che lei non sarebbe mai stata una delle tante. Forse lo aveva compreso sin da quando l’aveva riaccompagnata a casa, dopo la cena dai Weasley. Certo, era stata una sensazione, un’intuizione sotto pelle, ma era certo che una parte di lui lo avesse capito da subito. E se anche si fosse sbagliato, aveva intenzione di assecondare quella parte di sé che, illogicamente e contro ogni aspettativa, si era innamorata di Hermione.
-Sai cosa potresti fare per stupirmi davvero?- domandò lei, morbida e profumata tra le sue braccia.
Sorrise appena davanti al suo sguardo d’attesa.
-Potresti ripeterle domani mattina.
La nota speranzosa contenuta nel tono di voce gli diede la forza di annuire. A conti fatti, aveva appena firmato la propria condanna, ma poco importava, perché in quel momento voleva solo renderla felice.
Domani dirò che ti amo.
 



**NOTE FINALI**
Mi scuso prima di tutto per il ritardo, ma ho dovuto preparare un esame e quindi non sono entrata su EFP fino a oggi. Detto ciò, voi non avete idea del PARTO che è stato questo capitolo. Non sapevo se scrivere prima della loro notte focosa e poi il dopo, e alla fine ho fatto tutto al contrario. Logica femminile, valla a capire! spero vi sia piaciuto il capitolo perché mi ha portato via ettari di neuroni. L’altra metà se li è portati via l’esame. Per il prossimo capitolo ci sarà da aspettare un pochino, devo finire di scriverlo e poi rileggerlo per correggere eventuali errori. Spero di pubblicare entro Natale, ma se così non fosse, auguro a tutti buon Natale sin da adesso^__^
A presto!

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Capitolo 14
*** Pace smarrita ***


Pace smarrita

Il mese di marzo si preannunciò umido e piovoso. Non che fosse una novità del resto, visto che ogni anno, puntualmente, in quel periodo Londra si ritrovava pressoché allagata.
In quelle prime settimane del mese Draco ebbe modo di scoprire che Billy era meteoropatico. La pioggia lo abbatteva, rendendolo mogio e inconsolabile. Anche il fine settimana, quando avrebbe voluto uscire a giocare in St. James Park, e invece era costretto a stare in casa per evitare di bagnarsi fino al midollo, trascorreva i pomeriggi in veranda, a osservare con aria triste il giardino falciato dall’acqua.
Draco ovviamente all’inizio aveva sminuito la faccenda, come suo solito, liquidandola con un’ampia scrollata di spalle, salvo poi aprire gli occhi e realizzare che il bambino era davvero in uno stato di melanconia che minacciava di degenerare.
Fu quindi con somma riluttanza che era ricorso all’aiuto di Weasley e Potter, facendosi “prestare” i loro pargoli quasi ogni sabato pomeriggio, così che rischiarassero un po’ l’animo cupo del bambino. E in effetti sembrò funzionare. Quando in casa c’erano Maya e Albus, il Marmocchio ritrovava la vivacità che il cattivo tempo pareva avergli risucchiato via. Certo, a rimetterci erano i poveri nervi di Malfoy, il quale non riusciva ad avere un attimo per lavorare nel suo studio, leggere il giornale o anche solo gustarsi un bicchiere di Acquaviola in santa pace. Ma tutto sommato vedere che i suoi sforzi fruttavano, ed essere ripagato dai sorrisi di Billy, poteva essere la giusta ricompensa.
Quando però il sole decise di fare di nuovo capolino tra le nubi gonfie di pioggia, e riportare un po’ di calore nel freddo umido che appestava la città, Draco decise che fosse giunto il momento di trascinare il Nano da qualche parte e dargli il via libera.
Fu così che quella domenica mattina di metà marzo svegliò il bambino, profondamente addormentato al suo fianco, con insolita energia.
-Alzati Marmocchio.- lo incitò, allungando le mani sotto il piumino e afferrandogli gli alluci. Immediatamente Billy spalancò gli occhi, un po’ intontito e un po’ sorpreso per quell’attacco improvviso. Quando poi Draco cominciò a tirarglieli scherzosamente, una bassa risata si sprigionò dalla sua piccola gola.
-Mi fai il solletico.- pigolò divertito.
-Ma non dovrei farti male?- domandò perplesso. –Avanti pelandrone, alzati, il tempo è tiranno.
-Perché così presto?- mugolò dando uno sguardo alla sveglia che segnava solamente le sette del mattino. Generalmente la domenica entrambi dormivano fino alle dieci. O meglio, Malfoy dormiva fino a quell’ora, e avrebbe potuto tranquillamente arrivare fino a mezzogiorno, se il Microbo non avesse avuto una specie di orologio biologico che gli impediva di poltrire oltre le dieci. D’altra parte era un bambino, e i bambini sono sempre pieni di un’energia che Billy si era visto reprimere a badilate da quel tempo orribile.
Draco non lo considerò. Si diresse verso la finestra della stanza e la spalancò, lasciando entrare un timido raggio di sole.
Tanto bastò. Come spinto da una molla interiore, Billy scattò in piedi sul letto, gli occhi talmente sgranati dalla contentezza che sembrava non vedessero il sole da almeno dieci anni.
-Oggi ce ne andiamo da qualche parte.- annunciò Draco soddisfatto.
L’urlo estatico di Billy gli trapanò le orecchie. Il bambino prese a saltare sul letto con foga, per poi fare un salto senza preavviso, costringendolo ad afferrarlo al volo per evitare che si schiantasse sul pavimento.
-Puoi contenere la tua gioia?- domandò accigliato il mago.
-Può venire anche Hermione, eh? Dai, dai, la chiamiamo?- strillò Billy, muovendosi come un ossesso tra le sue braccia. In quel momento gli ricordò James Sirius Potter, tanto era il chiasso che stava facendo. Si affrettò a posarlo per terra, deciso a non beccarsi una pedata nello stomaco.
-Ok, valla a chiamare tu.
Billy partì a corsa, lasciandolo da solo nella stanza. Draco ghignò tra sé. Sicuramente la Granger a quell’ora stava dormendo, e poteva giurare che se fosse stato lui a telefonarle lo avrebbe rampognato a dovere, per poi intimargli di non richiamarla per le successive tre ore. Ma sicuramente, se a chiamarla fosse stato il Marmocchio, non sarebbe mai riuscita ad arrabbiarsi per essere stata privata di preziose ore di sonno.
Ah, l’insospettabile utilità dei bambini!
Come previsto, la ragazza acconsentì di buon grado a passare la giornata in loro compagnia. Quando Billy passò il cellulare a Draco, lei riuscì comunque a trovare la forza, seppur in mezzo a sbadigli e mugolii indistinti, di accusarlo di essere uno sporco approfittatore.
-Cosa non sono disposto a fare pur di vederti?- domandò scherzosamente.
-Dimenticavo che oltre a essere un calcolatore nato sei anche ruffiano.- mugugnò addolcita.
Dal piano superiore provenivano tonfi sordi e rumore di passi al galoppo. Billy evidentemente aveva deciso di demolire la casa, tanto per far capire quanto fosse felice di uscire da quel posto.
Quando lo raggiunse in camera, non si sorprese di vederlo già lavato e vestito, peraltro in un modo che non lo facesse sembrare un diretto discendente dei Weasley. Oddio, non aveva infilato la camicia dentro i pantaloni, e le punte pendevano al di sotto del maglione, ma neanche Dio aveva creato il mondo in un solo giorno, no?
Il bello di Billy, quel giorno, era che proprio non riusciva a moderare la propria felicità. Metteva allegria solo guardarlo. Saltellava, domandava impaziente tra quanto sarebbero usciti, dispensava sorrisi a tutti, persino al nulla. Persino all’elfo domestico, che per tutta risposta ebbe paura di averne combinata una grossa e non appena scorse Malfoy gli si gettò ai piedi implorando perdono. Billy percorse addirittura a saltelli la distanza che li separava dall’auto, ignorando i richiami del padre, che lo ammoniva dal piroettare come un ranocchio per evitare di scivolare e rompersi qualche osso.
Anche Hermione evidentemente era contenta di mettere il naso fuori casa, perché li stava aspettando sulle scale davanti al portone. Come entrò in macchina si sporse verso il sedile posteriore per accogliere il bacio che Billy posò sulla sua guancia, sotto lo sguardo acido di Malfoy, che voleva essere il primo a riceverlo. Poi, ghignando allegramente, lo concesse anche a lui, indugiando appena sulle sue labbra e facendogli desiderare di essere soli in quell’abitacolo, così da poterlo prolungare a suo piacimento.
Lei dovette intuire i suoi pensieri, perché gli restituì uno sguardo complice e un po’ colpevole, lasciando intendere che aveva pensato la stessa cosa.
Il colpetto di tosse proveniente dal retro richiamò la loro attenzione, ricordando a entrambi che erano davanti a un minorenne ancora piuttosto impressionabile.
-Insomma, partiamo?- domandò Billy impaziente.
-Marmocchio, ripetilo un’altra volta e ti scarico sul ciglio della strada.- minacciò Draco decidendosi a mettere in moto.
Billy fu insospettabilmente arzillo per tutto il viaggio. Anziché sistemarsi accanto al finestrino e perdersi nelle proprie riflessioni come faceva solitamente, si posizionò nel posto centrale, così da sporgersi tra loro due e rintronarli di chiacchiere. Parlava di tutto: l’ultimo CD che aveva ascoltato, la lezione che la maestra aveva assegnato per casa, i giochi che gli insegnava Linda, le cose più strane lette sul libro “Storia di Hogwarts raccontata ai bambini”. A Hermione, che sembrava la più incline ad ascoltarlo, narrò persino della partita di calcio disputata con alcuni compagni nella palestra della scuola due giorni prima. Draco ogni tanto lo interrompeva ordinandogli scorbuticamente di mettersi la cintura, ma lui lo ignorava, troppo euforico per ricordarsi di essere anche diligente.
Si decise a metterla solo quando Hermione glielo chiese gentilmente, convincendolo che così non avrebbe fatto preoccupare il suo apprensivo papà (sguardo omicida da parte del suddetto papà).
Quando arrivarono a destinazione, sia Draco che Hermione erano già notevolmente provati.
-Questo lato di Billy spero di non doverlo rivivere tanto presto.- si augurò la ragazza frastornata.
-Fidati, lo spero anch’io.- commentò stordito Malfoy.
-Dove siamo?- domandò vivace il bambino, allungando la mano e prendendo quella del padre. Draco si lasciò tirare docilmente, allungando il passo per far piacere al bambino.
Si trovavano al limitare di un ampio prato erboso dolcemente smosso dal vento. Poco lontano, al di là del parco, svettavano le guglie gotiche di una antica cattedrale.
-A Ely.- rispose blando, seguendo il bimbo in mezzo al prato.
-Perché siamo venuti proprio qui?- domandò curiosa Hermione, la quale camminava al loro fianco con lo sguardo rivolto verso l’imponente edificio.
Draco provò a indovinarne i pensieri.
-Te la ricorda, non è vero?
Lei ruotò il capo verso di lui, forse sorpresa dal fatto che fosse riuscito a intuire il flusso dei suoi pensieri. Quando annuì, fu certo di scorgere una luce nostalgica in fondo ai suoi occhi.
La prese per mano, avvicinandola a sé e posando un bacio sulla sua fronte.
-Ho fatto una promessa al Marmocchio. Sono qui per onorarla.
Lei sollevò le sopracciglia, guardandolo interrogativa, ma non chiese ulteriori spiegazioni, limitandosi a intrecciare più forte le loro mani.
Billy li condusse verso un recinto di legno, oltre il quale ruminavano pacificamente alcuni cavalli.
-Guardate bello quello!- disse indicando ai due adulti un cavallo tra i tanti. Draco inclinò leggermente il capo, osservando critico il manto color pece dell’animale. Non gli erano mai piaciuti i cavalli. Il loro odore era nauseante.
-Possiamo provare a dargli da mangiare, se vuoi.- propose Hermione, che per nulla al mondo poteva rinunciare ad accontentare il Pargolo al meglio delle sue possibilità.
Billy acconsentì entusiasta. La ragazza si guardò intorno circospetta, badando a che non ci fossero sguardi indiscreti nelle vicinanze. Quando si fu accertata che fossero soli, prese la bacchetta, appellando un fascio di fieno da una balla posizionata al di là del recinto.
Evitando accuratamente di incrociare lo sguardo saputo di Malfoy (visto che stavano facendo qualcosa di assolutamente riprovevole per una ligia alle regole come lei), cedette metà del fieno al bambino, per poi richiamare i cavalli con uno schiocco della lingua. Quelli rizzarono le orecchie, incuriositi, per poi avvicinarsi quando notarono il cibo che veniva loro porto.
Anche il cavallo nero era tra i temerari che li raggiunsero. Billy cercò di allungare il più possibile il braccio oltre il recinto, ma era decisamente troppo basso per riuscirci, così Draco lo sollevò, facendolo sedere sulla sbarra più alta e avendo cura di tenerlo ben fermo.
Il cavallo nero annusò il fieno con circospezione.
-Tieni la mano ben aperta.- si raccomandò Hermione. Billy obbedì, aprendo entrambe le mani e porgendo il cibo all’animale, che finalmente si decise a mangiarlo. Hermione stava nutrendo un altro cavallo dal manto pezzato, accarezzandolo dolcemente sul muso. Draco la osservava rapito dalla naturalezza dei suoi gesti. Sembrava saperci fare con i cavalli.
Anche Billy si arrischiò a fare una carezza al suo nuovo amico, facendosi più temerario quando vide che quello sembrava gradire il suo tocco gentile. Una volta che il cavallo si considerò sazio di coccole, diede loro le poderose spalle, tornandosene oziosamente verso i compagni. Billy, tutt’altro che sazio, prese le mani di entrambi, addentrandosi tra gli alberi in direzione della cattedrale.
-Mi fate fare vola-vola-vola?- domandò all’improvviso, spostando lo sguardo dall’uno all’altra.
Draco lo fissò stralunato, chiedendosi cosa diavolo volesse con una simile richiesta. Hermione ovviamente capì all’istante.
-Al mio tre sollevalo.- spiegò a suo beneficio.
-Perché?- domandò costernato.
-Fallo e basta.- chiese semplicemente.
Vedendolo stringersi nelle spalle, tornò a guardare Billy.
-Uno...due...tre!
Draco fece forza col braccio sinistro, osservando lei fare altrettando col destro. Billy venne sollevato per alcuni secondi, durante i quali scalciò i piedi nel vuoto, ridendo come un matto.
Vola-vola- vola!
-Ancora!- pregò quando fu rimesso a terra. Draco sbuffò, ma non protestò, sollevandolo una seconda volta, e una terza, e una quarta. A dire il vero non gli costava niente assecondare richieste così facili da accontentare. Gli urletti soddisfatti del bambino si propagarono nel parco che lentamente andava popolandosi. Sull’erba alcune famiglie avevano trovato il luogo ideale dove rilassarsi sotto il sole. Le mamme sedevano lavorando all’uncinetto o leggendo un giornale, intervallando ogni tanto per lanciare occhiate attente ai bambini che giocavano poco distanti. Qualche coppia si era ritagliata un angolo di intimità sotto un albero. Un gruppetto di adolescenti stava giocando a un gioco che Draco non conosceva. La Granger gli spiegò che si trattava di Ruba Bandiera.
Continuarono a camminare sul sentiero, addentrandosi verso il folto di un esiguo boschetto. Solo quando si trovarono al centro di esso, Hermione e Billy compresero perché Draco li avesse portati proprio fin lì. Un piccolo chioschetto di legno col tetto di paglia, tipicamente inglese, riportava l’insegna “Stevens: noleggio manici di scopa dal 1950”. Hermione gli rivolse un’occhiata circospetta.
-Non vorrai...- cominciò polemica.
-Voglio.- la interruppe con un sorriso sornione.
-Io non so volare.- protestò notevolmente allarmata.
-Bugia. Ti ho vista volare.
Oh se l’aveva vista. In circostanze drammatiche, certo. Ma l’aveva vista. Il ricordo di loro sui manici di scopa nella Stanza delle Necessità, quando Potter e Weasley avevano salvato lui e Goyle dall’Ardemonio, era vivido come se fosse successo il giorno prima. Lei c’era, volava in testa al gruppo, e se lui non fosse stato troppo spaventato dall’eventualità di morire cotto a puntino, avrebbe persino ammesso che volava con una certa destrezza.
-Io non so volare.- ripeté come un disco rotto, come se bastasse ripeterlo per convincerlo a rinunciare.
-Neanche io so volare.- pigolò la vocina limpida e dispiaciuta di Billy.
Il bambino lo stava guardando con la testa bionda tutta sollevata per aria.
-Tu volerai con me.- lo rassicurò.
Hermione aveva un’espressione da animale braccato, che Draco cercò di dissipare passandole un braccio intorno alla vita e baciandola teneramente. Appurò però con disappunto che, nonostante il suo bacio, lei era sempre sgomenta.
-Granger, dov’è finito il proverbiale coraggio Grifondoro?- domandò decidendo di far leva sul suo orgoglio. Immediatamente infatti la vide raddrizzare le spalle, sforzandosi di apparire disinvolta.
-E’ che non voglio rompermi l’osso del collo.- borbottò indispettita.
-Capirai.- minimizzò ironico. –In sette anni trascorsi a Hogwarts avrai rischiato sì e no una cinquantina di volte.
-In nessuna di quelle volte però ero andata a cercarmela.- puntualizzò piccata, seguendolo di malavoglia all’interno del noleggio. Un anziano signore con una pancia enorme e due guance rubizze li accolse calorosamente. Draco fece un saluto ingessato, Hermione invece sorrise gentile, Billy, come sempre, tentò di nascondersi dietro di loro. Non appena l’uomo lo notò gli scoccò un ampio sorriso.
-Mi ricordi tanto il mio nipotino Barney.- esclamò con voce potente.
Aveva una faccia simpatica, e anche piuttosto dolce nei confronti di Billy. La sua manona infatti calò sulla guancia del bambino e ci lasciò un buffetto interito.
Billy sembrava incerto se potersi fidare o cercare, per evenienza, di rimanere invisibile.
Visto che Draco sembrava alquanto restio a continuare a pararlo col proprio corpo, si spostò dietro alle gambe di Hermione, tenendo sotto controllo il tizio sconosciuto per assicurarsi che non facesse gesti inconsulti.
-E’ proprio un bel bambino.- si congratulò il signore con Hermione. –Lo avete portato a volare per la prima volta?
Hermione e Draco si guardarono in modo eloquente. Era imbarazzante trovarsi in quella situazione, con un signore che, era chiaro, credeva che Billy fosse loro figlio.
-Ehm.- Hermione sembrava indecisa se rispondere o premurarsi di dire che le cose non erano quelle che sembravano. Guardò Draco in cerca di aiuto.
-Sì.- rispose prontamente lui. –Proprio così.
L’uomo gli sorrise cordiale.
-Lei è Draco Malfoy, vero?- domandò recandosi sul retro e facendo loro cenno di seguirlo. –Rita Skeeter, quella banshee, sembra avere una particolare predilezione per lei.
-Sono l’unico che non è ancora riuscita ad affossare.- commentò blando, incontrando poi lo sguardo carico di sottintesi di Hermione.
-Beh, fortuna che non l’ha ancora vista con questa bella signorina. Hermione Granger, vero?
La diretta interessata strabuzzò gli occhi, mentre Draco cominciava ad avvertire una certa, strana sensazione risalire lungo la bocca dello stomaco.
Vedendo la sua faccia, il tipo minimizzò con un gesto della mano.
-State tranquilli. Sapete quanti anni ho?
Draco sollevò un sopracciglio, chiedendosi cosa dannazione c’entrava una simile domanda. Anche Hermione sembrava piuttosto spaesata per quell’uscita assurda. Billy scelse proprio quel momento per fare capolino da dietro le sue gambe, guardando il signore con aria curiosa.
-Quanti ne ha, signore?- domandò educato, la voce ridotta a un sussurro.
-Ne ho cento figliolo!
Draco sollevò anche l’altro sopracciglio, e l’espressione passò dallo scettico all’incredulo. Non ci avrebbe creduto neanche se gli avesse sventolato sotto il naso il certificato di nascita. L’uomo si piegò in avanti, appoggiando le mani sulle ginocchia e rivolgendosi a Billy con un sorriso bonario.
-Sai perché sono campato così tanto?
Il Marmocchio scosse vigorosamente la testa.
-Perché?
-Perché mi faccio i cazz...
-Bene!- esclamò arzilla Hermione, ritenendo che fosse venuto il momento di stroncare sul nascere certe scurrilità. Poveretta, non sapeva che Draco ne sparava circa una decina al giorno, il doppio quando era nervoso, e tutte beatamente in presenza del piccolo.
-Lei è il signor Stevens?- domandò Billy incerto.
-In persona. Vieni avanti, così prendo le misure per la tua scopa.
-No, lui vola con me.- si intromise Draco, avendo cura di aggiungere che, in quanto era la prima volta, non voleva rischiare di ritrovarselo in caduta libera da quaranta metri di altezza. La realtà era ben diversa, ovviamente, ma l’unica a saperlo era Hermione.
Il signor Stevens fornì loro due manici di scopa dall’aria piuttosto antiquata. Il manico che toccò a Draco era più lungo e robusto rispetto a quello di Hermione, visto che ci avrebbero volato in due. Una volta fuori dal noleggio, Billy prese a saltellare allegramente intorno ai due ragazzi, nel mentre Draco provvedeva a calmare i nervi scoperti di una irrequietissima Granger.
-Quello sa chi siamo.- sibilò la ragazza indispettita, spostando il manico della scopa da una mano all’altra e lanciando occhiate sospettose alle proprie spalle, verso l’entrata del capanno.
-Sta calma, se anche andasse a spifferare qualcosa in giro io posso sempre smentire tutto quanto.
L’occhiata che la ragazza gli rivolse lo fece pentire di aver detto simili cose. Non aveva inteso dare a quelle parole il significato che lei invece aveva indubbiamente attribuito loro. Quando di mezzo c’era Rita Skeeter, la prima cosa che un essere umano doveva salvaguardare era la propria intimità e la vita privata, e lui non voleva toglierle né al Marmocchio né alla Granger, per questo avrebbe smentito ogni voce. Non di certo perché avrebbe significato ammettere davanti all’intera comunità che frequentava una Mezzosangue. Ormai quando pensava a lei, tutto gli veniva in mente fuorché la purezza del sangue che circolava nel suo tiepido, meraviglioso corpo.
-Guardami.- sussurrò prendendola per mano e stringendola dolcemente. Lei, che aveva abbassato lo sguardo per impedirgli di vedere la delusione nei suoi occhi, lo sollevò appena, lanciandogli un’occhiata circospetta.
-Non voglio che voi due veniate presi di mira da quella arpia.- mormorò lentamente.
-E’ per questo che smentiresti?- ritorse lei a bassa voce. –Non è per causa mia?
-No, assolutamente, toglitelo dalla testa.
Hermione lo inchiodò con lo sguardo.
-Non è per causa di tuo figlio?- aggiunse, la voce ridotta a un sibilo che solo lui riuscì a cogliere.
Poco distante da loro, Billy stava esaminando accuratamente il manico di scopa su cui avrebbero volato lui e Draco. Entrambi i maghi lo osservarono mentre ne sfiorava la superficie levigata, per poi provare a cavalcarlo. Con lui la scopa restava inanimata. Era un semplice giocattolo nelle mani di un bambino. Se Stevens si fosse affacciato in quel momento avrebbe intuito tutto nell’arco di due secondi.
-Io non ci riesco.- sussurrò colpevole. –Non ancora.
Hermione sbuffò, portandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio con un gesto nervoso.
-Riesci ad accettare me e non lui?
-Siete due cose diverse.
-Io sono la ragazza che hai tormentato per anni, che ti ha risposto per le rime, con cui hai duellato e litigato, che tua zia quasi ha ucciso. Dovremmo odiarci e volerci morti. E quel bambino, quell’adorabile, innocente, incantevole bambino che è tuo figlio, che non ha fatto nulla di male nei tuoi confronti, ti mette in imbarazzo. Come puoi preferirmi a lui?
-Io non ti preferisco a lui.- sbottò piano, sentendosi inevitabilmente messo in scacco.
-Ti preoccupa che il mondo sappia di te e lui, non di te e me.- obiettò implacabile.
-Lui metterebbe in discussione l’intera dinastia dei Malfoy, tu no. Tu saresti lo sbaglio di un solo uomo.
Le labbra di Hermione fremettero orribilmente.
-Io sarei uno sbaglio? E’ questo che pensi di me?
-E’ quello che penseranno tutti, e tu lo sai.
-Ma tu lo pensi? Rispondimi, Malfoy.
Ci fu un lungo attimo in cui si misurarono in silenzio. Capì che lei si aspettava di sentirsi rispondere che sì, era uno sbaglio. Loro due erano uno sbaglio, bello grosso per giunta. Uno di quelli a cui non si può porre rimedio con una semplice pena da scontare. Erano un errore la cui unica espiazione poteva essere la morte, forse neanche quella.
Nel momento in cui la scopa cadde dalle mani di Hermione, mentre i suoi occhi cominciavano a farsi umidi e le sue labbra si riducevano a una fessura per impedirsi di piangere, lui strinse delicatamente le sue braccia, avvicinandola a sé.
-No, non lo penso.- rispose semplicemente. –Cerca di capirmi però. Per te sto sacrificando i valori, gli insegnamenti e i precetti con cui sono stato cresciuto, non soltanto io, ma anche i miei genitori, e i miei nonni, e tutta la mia casata. Tu per quelli come me sei una disgrazia. Sirius Black era amico di Mezzosangue, è stato cacciato da casa e il suo nome bruciato e cancellato dall’albero genealogico. Lo capisci questo?
-Capisco solo che i tuoi cari parenti hanno cercato di farmi fuori tante di quelle volte che faccio fatica a ricordarle.- ringhiò per tutta risposta. Quandò però provò a divincolarsi, lui aumentò la presa intorno alle sue braccia.
Doveva capire.
-Stando con te io potrei condividere lo stesso destino.
-Allora non stare con me, se ti crea tanto disturbo!
-Io voglio stare con te, Hermione!
Glielo urlò addosso, scuotendola con veemenza. Qualcosa in lei parve cedere, forse intimorita da quello sbatacchiamento piuttosto brutale, forse disorientata sentendosi chiamare “Hermione” e non solamente “Granger”.
-Per te posso rinunciare al mio nome su un albero genealogico di pazzi scatenati, per quanto possano essere gli unici parenti che ho. Per te posso affrontare mia madre e mio padre, e dire loro che quando siamo insieme...quando accade...tu mi fai sentire migliore di quanto sia in realtà. Mi prenderanno per pazzo, all’inizio, poi penseranno che tu mi abbia irretito con qualche sortilegio e ti minacceranno. Tu allora dovrai scegliere, se preferisci una vita tranquilla potrai lasciarmi, oppure, e francamente ci vuole fegato per scegliere una simile alternativa, potrai scegliere un rapporto burrascoso, altalenante e frenetico al mio fianco. Ciò significa che verremo tormentati per mesi, forse anni, dai miei genitori e da tutto il resto del mondo che non riesce a vivere una vita propria, ma deve campare su quella degli altri. La situazione sarà insostenibile per molto tempo, entrambi potremmo arrivare a odiarci e a maledire i pochi giorni felici trascorsi insieme. Ma prima o poi, se non ci lasceremo sopraffare dagli eventi, i miei capiranno di averle provate tutte per riuscire a separarci, senza riuscirci, e allora preferiranno semplicemente fingere di non aver mai avuto alcun figlio. Mi diserederanno, mi cacceranno, elimineranno ogni prova della mia esistenza. Prima o poi anche il resto del mondo si stancherà di noi, diventeremo roba vecchia, di repertorio, da tirare fuori solo in occasioni speciali, e allora avremo finalmente un po’ di pace. Sarò solo il Purosangue che ha rinnegato il proprio nome per una Mezzosangue. Non me ne fregherà niente. Ma se adesso io rivelassi che ho un figlio, e che quel figlio è un Magonò, si ripercuoterebbe su tutta la mia famiglia. Condannerei anche i miei genitori, e tutti i miei antenati. Porterei il disonore sulla casata dei Malfoy.
-Che per quelli come voi è un destino peggiore della morte.- celiò piuttosto risentita.
-Sì, Granger, purtroppo per te lo è. Quindi sì, smentirei e mentirei anche a causa di quel bambino, e continuerò a farlo fino a quando lo riterrò opportuno.
Hermione non obiettò più, né provò a liberarsi dalla sua presa. A dire il vero, sembrava aver perso la voglia di litigare, a giudicare dal sospiro paziente che rilasciò.
-Adesso?- domandò allora, circospetto.
-Adesso cosa?
-Ti disgusto?
Hermione scosse la testa.
-No, non mi disgusti. Sei un egoista e un codardo, ma nonostante tutto so che non stai agendo solo per un tuo fine. Vorrei solo che non ti importasse così tanto dei valori con cui sei stato cresciuto, non quando di mezzo c’è Billy, soprattutto perché un giorno o l’altro la verità verrà comunque a galla.
-Quale verità?
La voce pulita di Billy richiamò l’attenzione di entrambi. Il bambino li stava guardando dal basso, sorridendo a entrambi con un’aria che avrebbe indotto qualsiasi adulto a commuoversi per la tenerezza.
Draco fece per rispondere, sviando prontamente con qualche argomentazione che l’avrebbe distratto da un pezzo di conversazione che non avrebbe mai dovuto udire, ma Hermione lo batté sul tempo. Con uno slancio ammirevole si chinò, afferrando il piccolo e stringendoselo addosso, riempiendolo di baci e coccole, tanto che persino Billy sembrò piacevolmente sorpreso da quelle attenzioni improvvise.
-Che io ho paura di volare.- gli sussurrò a un orecchio. –Tu non lo dirai a nessuno, vero?
Billy scosse la testa risoluto, porgendole poi il mignolo per l’usuale Giurin Giurello.
-Draco può insegnarti a volare.- propose. –Vero?
-Se ne avesse bisogno lo farei.- rispose tranquillo, avvicinandosi a loro e appoggiando una mano sulla schiena della giovane. Hermione si voltò verso di lui, vagamente interdetta da quel gesto.
-Ma lei sa già volare.- mormorò mentre le dava un bacio a fior di labbra, per poi lanciare un’occhiata obliqua a Billy e scorgere la sua reazione.
Hermione sembrava piuttosto timorosa, visto che gli lanciò un’occhiata di blando rimprovero. Ciò che nessuno si sarebbe aspettato fu la naturalezza con cui anche Billy si sporse verso di lei e le schioccò un sonoro bacio sulla guancia.
-Non devi aver paura di volare, se cadi Draco viene a salvarti. E poi pensa che almeno tu puoi sempre imparare, io invece non potrò mai volare da solo.
Hermione, che in quanto donna aveva gli occhi lucidi già dal momento in cui l’aveva baciata, non riuscì a trattenere una risatina a metà tra l’isterico e il commosso davanti a quell’uscita, troppo saggia per un bambino di soli sei anni.
-Se tu non ci fossi bisognerebbe inventarti.- dichiarò convinta.
Draco pensò che avesse ragione.
-Allora Marmocchio.- esordì mentre la ragazza provvedeva a rimetterlo a terra. –Tu siedi davanti a me.
Gli bastò tendere la mano perché la scopa si sollevasse a mezz’aria. Lui l’afferrò deciso, posizionandola tra le proprie gambe e facendo altrettanto con Billy, che sembrava sul punto di mettersi a strillare per la gioia.
Accanto a loro la Granger lanciava al proprio manico occhiate piuttosto sgomente.
-Tutto bene?- le domandò Draco.
Lei gli rivolse un sorriso ben poco convinto.
-Sto bene. Come diamine faccio a sollevarmi in aria con questo coso?
-Desiderandolo, ovviamente.
-E se io non lo desiderassi?
-Non ti alzerai mai in volo. Ma tu queste cose le sai già, giusto?
Senza aspettare la sua risposta fletté le gambe, dandosi lo slancio in avanti. Billy urlò emozionato, i loro piedi si staccarono da terra. L’istante successivo stavano compiendo un elegante giro attorno a Hermione, che li scrutava con un cipiglio a metà tra lo stizzito e il rassegnato.
-Ascoltami Granger.
Fece fermare la scopa all’altezza del suo busto, così da poterla guardare direttamente in faccia.
-Io ti starò attaccato alle calcagna come Silente faceva con Potter.
Una ruga si formò sulla fronte di lei, preannunciando che stava per interromperlo e dire qualche parola a difesa del loro ex preside e del suo migliore amico.
Draco però la bloccò.
-Non permetterò che ti accada nulla di male. Abbi fiducia.
Il sospiro della ragazza decretò la sua completa capitolazione. Con sommo compiacimento per essere riuscito a sfruttare al meglio le proprie arti persuasive la osservò montare sulla scopa e spingersi in avanti con un saltello piuttosto comico. Il manico si sollevò, ondeggiando pericolosamente a un metro da terra.
-Rafforza la presa.- le ordinò. La Granger sembrava che volesse strangolare la scopa, a giudicare da come teneva le mani serrate intorno al manico.
-Stai bene, Hermione?- domandò la vocina preoccupata di Billy. –Sei un po’ pallida.
-Dici?- borbottò lei a bassa voce.
-Animo ragazza, devo per caso appiccare fuoco alla scopa per vederti volare come hai fatto l’ultima volta?
L’occhiata assassina che gli rivolse andò del tutto sprecata, visto che lui era troppo impegnato ad allungare un braccio, stringerlo intorno alla sua mano, obbligandola a staccarla dalla scopa.
-Che cosa vorresti...- cominciò lei con tono petulante, salvo poi cacciare un urlo degno di rivaleggiare con quelli della sua segretaria tutte le volte in cui Weasley entrava nel suo ufficio senza permesso.
-Fermati!- strillò.
Le sue urla furono sovrastate dalle risate di Billy, e da quelle di Draco, che dal canto suo si divertiva di più a osservare la faccia della ragazza piuttosto che il cielo davanti a loro, senza il beneplacito della diretta interessata, visto che si stavano dirigendo dritti in mezzo a una macchia di querce.
-Malfoy, rallenta, subitooooo!
Le sue parole vennero inghiottite dal vento che gli schiaffeggiò l’aria in faccia. Draco impresse ulteriore velocità alla scopa, indirizzandola in una repentina impennata verso l’alto, portandosi dietro anche quella della Granger. Il paesaggio sfrecciò velocissimo sotto di loro, mentre finalmente si libravano in alto nel cielo, non più intrappolati dentro al verde fitto del bosco.
E subito davanti ai loro occhi si schiuse un mondo bellissimo, un mondo che fece spalancare la bocca persino a Draco.
Oltre la cattedrale di Ely si dipanavano interi campi messi a coltura, dai colori variopinti che spezzavano per contrasto l’uniformità del cielo azzurrissimo, passando dal beige al marrone, al verde chiaro, al giallo ocra. Qua e là, a puntellare la campagna, c’erano piccoli laghi rotondi circondati da fitta vegetazione. Le strade erano solo piccoli solchi grigi scavati in quel verde sconfinato, e in lontananza il mare riluceva come un miraggio.
Azzardò un’occhiata a Hermione, che adesso non urlava più, ma osservava quello spettacolo con lo stesso stupore riflesso nei suoi occhi. Così, senza fare gesti troppo bruschi, lui ne approfittò per lasciare la presa. E lei, senza neanche accorgersene, continuò a volare da sola.
Draco incrociò lo sguardo saputo del Marmocchio, il quale aveva praticamente rovesciato la testa pur di rivolgergli quell’occhiatina sfrontata.
Draco se lo premette contro, tenendolo incassato tra le proprie braccia. Era abbastanza sicuro che se il Piccoletto avesse avuto poteri magici, non si sarebbe fatto scrupoli a imbracciare un manico di scopa e volare dove più avesse voglia di andare. Era evidente che gli stesse piacendo da matti.
Così glielo chiese, dove gli sarebbe piaciuto andare se avesse avuto una scopa tutta sua.
-Se potessi andrei da mamma.- rispose il bambino. –Altrimenti tornerei in Irlanda, sulla spiaggia dove io e mamma abbiamo fatto il bagno nell’oceano.
Draco sorrise tra sé, nient’affatto sorpreso che, in entrambi i casi, Astoria era comunque l’unica protagonista nei pensieri di suo figlio.
Quando virarono per tornare verso il noleggio aiutò la Granger nella manovra, per poi lasciarla andare nuovamente. Billy insistette per essere lui a riportare le scope dentro il capanno. Le imbracciò entrambe e se le tirò dietro, facendole strusciare sull’erba.
Draco invece agguantò la ragazza per le spalle, attirandola contro di sé e affondando il viso tra i suoi folti ricci.
-Non credevo ti fidassi di me fino a questo punto.
Lei sbuffò, per poi allontanarsi e rivolgergli un’occhiata interrogativa.
-Mi riferisco al fatto che hai volato senza il mio aiuto.
-Tu eri vicino a me.- rispose tranquilla. –Non potevo cadere.
-Tecnicamente.- esordì Draco montando su una faccina angelica. –Sei rimasta in volo solo perché hai controllato la paura.
Gli occhi di lei si allargarono a dismisura.
-Altrimenti, beh...saresti andata giù come un sacco di patate.
La faccia della Granger, che quando lo aveva nei paraggi era solitamente piuttosto spassosa, in quel momento assunse un colorito paonazzo che lo fece seriamente temere per la propria incolumità fisica.
-Brutta serpe.- sibilò fingendo di inalberarsi. Il pizzicotto che gli mollò sul braccio però era vero, e faceva anche parecchio male.
-Non lo avrei mai fatto se non fossi stata una Grifondoro del tuo calibro.- protestò schiacciandosela addosso per evitare che sfuggisse dal suo abbraccio. Lei lottò un poco, ma poi si arrese dentro la sua morsa gentile, lasciando che le braccia ricadessero lungo i fianchi, mentre le mani di Draco le accarezzavano blande la schiena.
-E’ una bella sensazione?- domandò poi, prendendolo in contropiede.
-Cosa?
-Sapere che qualcuno si fida di te.- rispose con una luce profonda negli occhi, così profonda che lui dovette deglutire.
-Sono belle sensazioni solo quelle che si possono dominare.- sussurrò a bassa voce.
-E questa la domini?
Entrambi conoscevano la risposta.


Quella fu una bellissima giornata. Non appena giunse alla fine Draco sapeva che ne avrebbe sentito la mancanza. Lo aveva sentito sin da subito, e già un senso di nostalgia l’aveva pervaso come un velo impalpabile. Lanciò un’occhiata nello specchietto retrovisore, che gli restituì l’immagine di Hermione e Billy addormentati sui sedili posteriori. Il bambino l’aveva voluta accanto a sé, si era sdraiato, appoggiandole la testa in grembo e si era beato delle carezze che lei aveva lasciato tra i suoi capelli.
Era crollato nel giro di dieci minuti. Lei aveva resistito poco di più, decisa a tenere compagnia a Draco, ma alla fine la stanchezza aveva avuto la meglio.
Solo quando giunsero a Londra la udì sbadigliare stancamente, segno che si stava risvegliando.
L’istante successivo sentì le sue mani calde sfiorargli la nuca, prima che le labbra di lei calassero sulla sua guancia e vi posassero un bacio leggero.
-Vieni a casa con me?- domandò senza staccare gli occhi dalla strada.
-Non so se è una buona idea dopo quello che è successo l’ultima volta.
-Io sarei felice di replicare.
-E il bambino?
-Insonorizzeremo la stanza, così non lo sveglierai con le tue urla da selvaggia.
Un lieve pugno sulla spalla indicò che la Granger non aveva gradito la battuta. Nonostante tutto, non riuscì a evitare di ridacchiare, lanciandole una smorfia derisoria attraverso lo specchietto retrovisore.
-Io ti porto a casa mia, Granger, volente o nolente.- comunicò tranquillo. –Quindi ti conviene essere volente, perché altrimenti dovrò caricarti in spalla.
-Perché parlare con te è come parlare a un muro?- domandò retoricamente.
Essendo quella, per l’appunto, una domanda retorica, non dovette essersi aspettata la serafica risposta di Draco.
-Dopo anni di amicizia con Potter e Weasley dovresti esserci abituata.
Il sospiro sconfortato della ragazza non ebbe il tempo di diventare una lunga tiritera sulla riconoscenza che avrebbe dovuto mostrare verso i suoi amici perché, grazie al cielo, parcheggiarono davanti alla villetta di Malfoy.
Draco andò ad aprirle la portiera, mentre lei usciva lentamente con Billy in braccio, stando ben attenta a non calibrare male gli spazi, sbatacchiandolo contro il tettuccio o la portiera dell’auto. Il bambino stava beatamente ronfando sulla sua spalla, le esili braccia strette intorno al suo collo.
-Vuoi darlo a me?- Draco tese le braccia, pronto a ricevere il piccolo fardello, ma l’altra fece un rapido cenno di diniego.
-Non rischiamo di svegliarlo.- rispose avviandosi verso la porta.
Una volta entrati, non ebbe neanche bisogno che lui le facesse strada. Imboccò le scale, con Draco che la seguiva stancamente, per poi entrare nella stanza del bambino e accendere la luce. Il padrone di casa si diresse nella propria camera, buttandosi sul letto. Dal corridoio provennero le voci confuse della Granger e di Billy. Il bambino stava chiedendo dove fosse Bastet, ed Hermione rispondeva che sicuramente era nascosto da qualche parte e l’avrebbe raggiunto una volta che fosse stato sotto le coperte.
Seguì poi il rumore di una porta chiusa e lo scroscio dell’acqua. Un attimo più tardi la ragazza si affacciò a controllare le sue funzioni vitali.
-Non ti addormentare.- intimò con tono minaccioso.
-Non ci sperare di certo.
Si alzò dal materasso, raggiungendola sul ciglio della porta. Quando l’abbracciò, Hermione tentò di borbottare una mezza protesta, ma lui la ignorò completamente, addossandola allo stipite della porta e baciandola con intraprendenza.
-Malfoy...- mormorò contro le sue labbra, salvo poi rilasciare un lungo sospiro quando scese a baciarle il collo. –Il bambino...Billy...lui è...
-Davanti a voi.
Draco fece un salto all’indietro per lo spavento, andando a sbattere contro la porta. Un dolore atroce l’assalì sulla nuca, mentre si abbandonava a un’imprecazione più adatta a un carrettiere che a un gentleman inglese. Hermione si stava riordinarndo frettolosamente i capelli, cercando peraltro di darsi un tono. Furono tentativi vani, visto il rossore che le imporporava le guance.
-Non volevo spaventarvi.- si scusò Billy, un baluginio sospetto negli occhi.
Il Marmocchio era in pigiama, appena uscito dal bagno e diretto in camera.
-Fila a letto!- ordinò Malfoy, dandogli una leggera spintarella per rendergli ben presente di levarsi di torno.
-Voglio il bacio della buonanotte.- protestò puntando i piedi. Draco aveva già messo mano alla bacchetta per spedirlo sotto le coperte con un incantesimo di Esilio, ma la Granger, nelle vesti di paciere del gruppo, intervenne a beneficio di entrambi. Diede il bacio a Billy, per poi socchiudere la porta quando si fu accoccolato sotto il piumone.
Tornò poi da lui, guidandolo nell’altra stanza, –Insonorizza le pareti- gli sussurrò a un orecchio.
Draco trasalì, la mente già affogata nel mare di visioni più o meno perverse che avevano come unico filo conduttore Hermione, sdraiata nel suo letto, a urlare di piacere.
Doveva avere un’espressione piuttosto comica, vista la risatina che pervenne dalla ragazza che aveva già cominciato a spogliarlo. Prima che l’interruttore della coscienza si spegnesse del tutto, provvide ad eseguire l’incantesimo, per poi gettare la bacchetta da qualche parte ai piedi del letto, non gli interessava neanche sapere dove, e perdersi tra le sue labbra.


A svegliarlo fu un urlo. O meglio, furono due urli, alti, prolungati, degni strilli di due bestie portate al macello.
Qualcosa lo colpì forte vicino all’orecchio –una manata?-, mentre si destava di soprassalto, elencando con ammirevole padronanza di linguaggio tutta una serie di bestemmie e imprecazioni blasfeme che non aveva neanche creduto potessero essere sparate con tanta spigliatezza di prima mattina.
La prima cosa che riuscì a mettere a fuoco fu la Granger, la quale sgusciò fuori dal letto finendo per cadere a terra con un tonfo sordo e un mezzo grido di dolore. Lui fece per sporgersi e assicurarsi che fosse ancora tutta intera, quando un gelido –Figliolo?- lo ghiacciò sul posto. Nello stesso istante in cui Hermione mise mano alla bacchetta, ancora abbandonata sul parquet, Draco si voltò verso il ciglio della porta, da dove i suoi adorati genitori lo stavano fissando con due facce semplicemente granitiche.
Hermione agguantò un lembo del piumone, fasciandosi il corpo, borbottando quelle che a lui parvero sincere offese per una reazione tanto eccessiva all’averli visti a letto insieme. Quando però poi si mise in piedi, debitamente coperta, ma palesemente nuda, un verso strozzato pervenne da Lady Narcissa Malfoy, che non resse il duro colpo.
E svenne.


Billy sedeva sulla poltrona del salotto facendo oscillare le gambe a ritmo di una litania mormorata tra sé, gli occhi fissi sui piedi che si muovevano nel vuoto. Gli occorrevano ancora parecchi centimetri per riuscire a sfiorare il pavimento, pensò Draco in via del tutto estemporanea. Lui, il Marmocchio, Hermione e i suoi genitori erano radunati in salotto, tutti seduti, e da circa cinque minuti se ne stavano in religioso silenzio. Narcissa stava bevendo un po’ della camomilla che le aveva offerto quando, dopo essere rinvenuta, figlio e marito l’avevano aiutata a raggiungere il divano.
Lucius doveva aver trovato qualcosa di estremamente interessante da contemplare nel pomello del proprio bastone, quello a forma di serpente che si portava dietro sin da quando Draco era piccolo. Lo stesso pomello che neppure Voldemort era riuscito a separare dal suo legittimo proprietario, neanche quando lo aveva brutalmente spezzato per meglio manovrare la bacchetta (nonostante non fosse ancora del tutto certo che non l’avesse fatto, in piccola parte, perché effettivamente era una impugnatura a dir poco pacchiana). Narcissa osservava, proprio come il figlio, il movimento ondulatorio dei piedi del nipote, l’occhio vitreo che non osava spostarsi nella direzione della Granger, quasi avesse potuto pietrificarla con un’occhiata.
Hermione sedeva accanto a Draco, sul secondo divano, e se ne stava a braccia e gambe incrociate, lo sguardo vigile sui coniugi Malfoy, pronta a scattare in caso di attacchi improvvisi.
La sentiva, tutta la tensione che fluiva dal corpo di lei e lo contagiava irrimediabilmente. Era accaldato, nervoso, e tremendamente imbarazzato dal fatto che i suoi lo avessero colto in flagranza di reato. Non era quello il modo in cui aveva programmato di farli incontrare, soprattutto perché avrebbe prima voluto prepararli psicologicamente.
-Come ti senti?- la domanda era piuttosto scontata, tuttavia Narcissa dovette trovarla addirittura offensiva, visto come le labbra si ridussero in un’unica, gelida fessura d’indignazione.
-Lo sapevo.- mormorò a denti stretti –Che tu non eri pronto per essere padre. E’ stato Lucius a convincermi che dopotutto eri maturo abbastanza da assumerti certe responsabilità…ma ci siamo sbagliati. Quale esempio credi di trasmettere a tuo figlio?
Parlò con voce bassa, lo sforzo sovrumano di mantenere un controllo ferreo sul tono per non spaventare il nipote chiaro come il sol levante.
Accanto a lui, Hermione era diventata un fascio di nervi. Se ne stava immobile in quella posizione, gli occhi piantati sulle figure altere innanzi a loro, il silenzio ostinato di chi si stava facendo violenza da solo per non far scoppiare il putiferio.
-A me piace Hermione.- esordì Billy, interrompendo il movimento ritmico dei piedi –Sai che mi ha insegnato a preparare una torta?
Probabilmente una pugnalata in pieno petto avrebbe provocato meno dolore. Narcissa posò la tazza sul tavolino, avvicinandosi una mano al cuore, quasi temesse di non reggere il colpo, mentre Lucius inarcò le sopracciglia, senza staccare gli occhi dal pomello del bastone. Draco era certo di non averlo mai visto tanto attratto dall’esaminazione di un oggetto in tutta la sua vita.
-Le hai permesso...- cominciò sua madre senza riuscire a reprimere un mezzo urlo oltraggiato, salvo poi ricordarsi di mantenere il solito distacco emotivo –Le hai permesso di passare del tempo con nostro nipote?
-Mio figlio.- precisò Draco.
-Ma non ti vergogni?- domandò brusco Lucius, interrompendo finalmente il momento di contemplazione –Prima la mania delle automobili babbane, poi salta fuori un figlio che non hai mai saputo di avere, ti riveli ex marito deludente e padre inadeguato, adesso veniamo a scoprire che hai persino simpatie perverse verso i Mezzosangue, maledetto Salazar! Il prossimo passo è diventare amico di Potter e Weasley, dopodiché le piaghe d’Egitto a confronto si sentiranno sminuite!
Aveva proferito tali parole con un timbro a metà tra il pacato e l’irato, senza mai prendere fiato tra un’invettiva e l’altra. Nella foga del momento la sua mano era andata a stringere convulsamente quella della moglie, quasi potesse trarre da quella la forza di non collassare sul divano.
-Tutto quello che ti abbiamo insegnato...anni di educazione e cultura sprecati per un figlio ingrato e deludente.
-Adesso basta.- sbottò Hermione, le cui orecchie avevano esaurito la dose di idiozie disposte ad ascoltare –Tutto questo è assurdo, vostro figlio è sufficientemente adulto da poter decidere con chi stare.
-Non ti permettere.- il dito di Lucius si puntò contro di lei, minaccioso –Non osare rivolgerti a noi con questi toni.
-Sto solo cercando di farvi capire...
-Tu vuoi farci capire?- sibilò gelidamente Narcissa –Cosa c’è da capire? Ci presentiamo a casa del nostro unico figlio che non vediamo da secoli, e lo troviamo a dividere il letto con una Mezzosangue, e non una qualsiasi...la babbanofila. Adesso quel letto andrà disinfettato…
-Buttato.- la corresse il marito.
-E il nostro carissimo figlio dovrà spiegarci quale assurda congiunzione astrale o sconvolgente trauma infantile l’abbia portato a farci questo.
Rivolse a Draco uno sguardo a metà tra l’amareggiato e il dispiaciuto. Il “carissimo figlio” in questione si passò nervosamente una mano tra i capelli, umettandosi le labbra e rivolgendole un’occhiata esasperata.
-Tanto per cominciare non è vero che sono secoli che non ci vediamo.- cominciò, cercando di prendere tempo –E comunque ormai è tardi per tornare indietro. Da quando ho conosciuto il Marmocchio la mia vita ha cominciato a cambiare…è stato inevitabile.
-Il bambino non ha alcuna colpa.- celiò sua madre –Non hai potuto sceglierlo, è arrivato, e nonostante sia un Magonò resta tua figlio, e nostro nipote. Ma lei...
-Io cosa?- sibilò Hermione –Non sono abbastanza pura per vostro figlio? Non importa, non vogliamo sposarci, non vogliamo mettere su una famiglia, siamo solo due adulti beccati di prima mattina nello stesso letto dopo essersi fatti una maledetta sco...
Draco si abbandonò a un intenso colpo di tosse.
-Dormita rigenerante.- masticò maldestramente, facendo peraltro ridacchiare Billy che, evidentemente, doveva avere intuito ciò che voleva realmente dire –Se questo vi turba…beh, la prossima volta evitate di presentarvi a orari antelucani nella sua camera da letto, così i vostri purissimiocchi non sanguineranno vedendomi condividere il suo stesso letto!
-Tu le permetti di parlarci in questo modo?!- Narcissa si ventilò il viso accaldato con l’aiuto di un ventaglio recuperato dalla borsetta in pelle di drago da cui non si separava mai –E tu, razza di...ah! non ti insulto come vorrei solo perché siamo alla presenza di un bambino! Ma stai lontana da questa famiglia, stai lontana, perché non ti permetteremo di screditare il nostro nome più di quanto tu e i tuoi amici abbiate già fatto in passato.
-Io non voglio causare problemi a nessuno.- affermò torva.
-Allora vattene da questa casa.- replicò limpido Lucius –Non è questo il tuo posto.
-No giusto.- disse alzandosi in piedi, la rabbia a stento controllata dietro un tono di voce che ostentava pacatezza –Il mio posto era nelle segrete della vostra lustrissima Villa, a marcire per gli stenti e le torture di Bellatrix Lestrange.
Sputò fuori il nome con una tale foga da farli trasalire tutti e tre. Si alzò in piedi, Draco fece per trattenerla a sedere ma vide schiaffeggiarsi la mano senza riguardo, e allora decise di non sfidare troppo l’ira della giovane, se non avesse voluto ritrovarsela amputata di netto. Hermione arrotolò la manica sinistra della camicia sull’avambraccio, per poi mostrare ai coniugi Malfoy l’orrendo sfregio con cui sua zia, anni prima, aveva voluto marchiarla.
-Mi ha torturato sotto i vostri occhi, una ragazzina di diciassette anni, la stessa età di vostro figlio…e voi non avete battuto ciglio. Vogliamo parlare di quale sarebbe il vostro posto?
Un rumore brusco fu seguito dallo sguardo attonito con cui Billy fissò i propri nonni.
Merda.
Narcissa era già scattata in piedi, un -Tesoro, aspetta, lascia che ti spieghi- che si spense nell’aria quando il ragazzino mostrò loro le spalle e corse verso le scale. Il rumore dei passi rimbombò dal piano superiore, seguito dal rumore di una porta sbattuta con una violenza notevole.
Hermione gli rivolse un’occhiata seriamente preoccupata, resasi conto del danno che aveva appena fatto.
-Mio dio.- esalò mortificata –Io non...non volevo...
-Non volevi?!- Lucius balzò in piedi a sua volta, istintivamente Draco fece altrettanto, agguantando Hermione per un braccio e portandola dietro di sé.
-Avremmo dovuto metterti fuori gioco molti anni fa.- il volto congestionato dalla rabbia di Lucius lo aveva reso per un istante l’uomo che era stato un tempo, la luce crudele che brillò in quegli occhi grigi ricordò a Draco quanto in passato lo avesse temuto.
-Non aspettavi altro che seminare discordia. Ci odierà, e sarà colpa tua!
Hermione boccheggiò, atterrita, mentre Draco la spinse verso il portone senza alcuna delicatezza, occultandola alla vista dei propri genitori. Quando raggiunsero l’atrio, gli occhi di lei erano pieni di lacrime.
-Aspetta, fammi parlare con Billy, lascia che gli spieghi...
-Niente di quello che dirai potrà rendere la realtà dei fatti meno raccapricciante.- ribatté duramente –Vattene a casa, Granger, hai combinato un dannatoCASINO.
Aprì la porta e fece per spingerla fuori, ma lei gli artigliò il braccio, disperata.
-Ti giuro che non volevo dire quelle cose davanti a tuo figlio...ero fuori di me, non sono riuscita a trattenermi...
-E’ proprio questo il problema con te. Non ci riesci mai a tener chiusa la bocca, eh? Una dannata volta, l’unica che sia davvero importante! Ci avrei pensato io a loro due, e invece tu ti devi intromettere, per difendere i tuoi diritti di donna e Mezzosangue, e tiri in ballo cose successe una vita fa!
Si vide rivolgere un’occhiata straziata. Hermione sbattè furiosamente le palpebre, nell’estremo tentativo di ricacciare le lacrime.
-Sei ingiusto con me, lo sai anche tu che certe esperienze non si possono semplicemente dimenticare.- protestò,  il tono di voce pericolosamente incrinato –Non puoi chiedermi di ignorare quanto siano stati crudeli con me.
-Neanche davanti a loro nipote?- ritorse feroce –Era questa la vendetta che cercavi? L’odio di mio figlio?
-No, lo sai che non lo farei mai.
-Cosa penserà di loro? Cosa penserà di me?
Le lacrime rigarono le guance di Hermione. Lei chiuse gli occhi, addolorata. Non incontrò resistenze quando la spinse nuovamente fuori casa, per poi sbatterle la porta in faccia.


Trascorse l’intera mattinata a lavorare nel proprio studio, tenendo la porta aperta così da avere sempre sotto controllo la stanza di Billy. Il ragazzino si era barricato in camera, e da lì non era più uscito, neanche per l’ora di pranzo, quando gli aveva urlato dalla cucina si scendere a mangiare.
Draco aveva parlato tre volte con sua madre nel corso della giornata. La donna non riusciva a darsi pace sapendo il Marmocchio arrabbiato, o peggio, deluso per fatti accaduti decenni prima. Tuttavia ognuna di quelle tre volte aveva dovuto dirle che no, suo nipote non aveva ancora messo il naso fuori della porta, e neanche sembrava intenzionato a farlo nelle prossime ore. Ciò che davvero non riusciva a spiegarsi, e che verso tardo pomeriggio lo indusse a fare irruzione nella stanza del figlio senza bussare, era stata quella reazione tanto drastica.
-Direi che questo teatrino è durato anche troppo a lungo.- dichiarò solenne. L’attimo successivo si ritrovò a fissare una manciata di pezzi di carta strappati brutalmente e lasciati a ingombrare il pavimento. Billy era seduto sul letto, il viso abbassato, tra le mani una fotografia che non riusciva a vedere.
-Cos’è quella roba?- domandò accennando ai coriandoli sul parquet.
-La lezione del professor Matthews.- rispose laconico.
-Perché l’hai strappata?
Billy non rispose subito, cosicché dovette formulare nuovamente la domanda, stavolta con tono decisamente meno accomodante.
-Era una lezione che non mi piaceva.- rispose sibillino.
-E per questo ti senti autorizzato a fare questo lavoro?- sbottò alterato –Se io mi fossi comportato come te ogni volta in cui mi è toccato fare cose che non mi piacevano, a quest’ora sarei ad arare i campi!
Sorprendentemente, il tono rabbioso delle sue parole dovette spronare il ragazzino a reagire. Sollevò il capo, puntando gli occhi su di lui. Erano rossi di pianto.
-Era la lezione sui Mezzosangue.- urlò saltando giù dal letto e avvicinandosi alla scrivania. Afferrò un libro che Draco riconobbe come Storia della Magia, per poi leggere due righe di un trafiletto dove i Mezzosangue venivano definiti “Parassiti della società”. La sua voce tremò quando lesse, e non per la difficoltà.
-Se Hermione, che è una strega, è per te un parassita della società, io allora cosa sono?- gridò buttando a terra il libro con un gesto rabbioso –Anche io sarei stato trattato male come lei!
Non era una domanda.
Draco annaspò in cerca di una risposta. Risposta che, di fatto, non arrivò.
-I Maghinò non fanno parte del mondo dei maghi.- sussurrò irato e triste –Ecco perché mi sgridavi sempre.
-No, ascolta...- tentò maldestramente –Quelle cose sono vere, ma io non le penso...
-Invece sì.- ribatté, e per la prima volta da quando si conoscevano, il tono era quello di un bambino bizzoso e intestardito. Sembrava deciso astrillare per far valere le proprie ragioni.
-Non sono cose che un bambino di sei anni può comprendere.- disse, sperando che ciò bastasse a chiudere la faccenda. Billy però sembrava tutt’altro che intenzionato a chiuderla.
-I nonni le pensano, e anche te!- continuò con foga –All’inizio non mi volevi perché sono senza poteri magici. Mi sgridavi sempre, eri sempre arrabbiato, mi lasciavi solo!
-Ora non lo faccio più!- esclamò, dovendo alzare a sua volta il tono di voce per riuscire a farsi sentire sopra a quelle urla infantili –E adesso smetti di urlare se non vuoi finire in punizione!
-Sai una cosa? Io odio la magia!
La schiaffo di Draco lo colpì più forte del previsto. Gli arrivò più o meno all’altezza dell’orecchio, e dovette fargli parecchio male visto che persino le sue dita presero a pizzicare. Tuttavia, sorprendentemente, il bambino si dimostrò più tosto del previsto. Voleva piangere, si tratteneva a stento, gli occhi strizzati e le labbra serrate in una sottilissima linea dura e decisa, il rosso paonazzo del viso che era chiaro sintomo di malessere. Eppure non emise un gemito.
-Hai superato ogni limite.- ringhiò Draco –Tu non hai idea di cosa io, tuo nonno e tua nonna abbiamo passato. Non ne hai la più pallida idea. E non sono neanche cose che ti riguardano.
-Perché sono un Magonò.- non ne era certo, ma avrebbe quasi giurato che fosse un commento sarcastico.
C’erano stati momenti, in quella improvvisa e sconclusionata nuova vita da padre, in cui aveva pensato di non poter reggere quel ruolo per altri vent’anni, arrivando persino sull’orlo della crisi isterica. Si era spesso affacciato su un abisso nero e denso, pieno di frustrazioni, e rimpianti, e odio. Odio verso il bambino che aveva involontariamente colonizzato la sua esistenza, ma che inaspettatamente gli aveva anche mostrato il lato di un’altra vita che gli sarebbe altrimenti rimasta preclusa per sempre. In quei momenti, quando sapeva di essere sul punto di spezzarsi, ripensava a quanto fosse bello tornare a casa e sentire i suoi piccoli, frenetici passi lungo le scale, per poi vedergli tendere le esili braccia, in una muta richiesta di essere preso in braccio e colmare la lontananza fisica con una stretta affettuosa o un bacio leggero sulla fronte. E diavolo, in cuor suo stava cominciando a capire che ne valeva la pena, perché più di una volta, guardandolo mentre rideva, o caricandoselo in spalla quando crollava addormentato sul divano, o giocando con lui sulla neve, si era detto che quella casa sarebbe stata disperatamente vuota senza la sua minuscola, radiosa presenza. Niente fino ad allora era riuscito a portargli la stessa pace che gli avevano donato lui ed Hermione.
Si era frenato tante e tante volte, ma il risultato era stato lasciare che i lati più brutti di quella convivenza si accumulassero dentro di lui, lentamente, inesorabilmente. Taceva, ma non poteva neanche fingere di non notarli. Si sentiva più vecchio, meno attraente, chiamato ad assumersi responsabilità che non era in grado di sostenere. E a poco a poco, la diga che separava la sua felicità dalla rabbia e dalla paura, si era ritrovata a fronteggiare un bacino di cattivi pensieri troppo pressante per poter essere arginato.
E così…
Semplicemente...
Crollò
-Sì, maledizione! Sei solo uno stupido marmocchio di sei anni e Magonò. Cosa pretendi di poter capire, eh? Invece che essermi grato per averti preso con me, ti permetti di fare queste scenate?! Tu non sei nessuno per avercela con me, chiaro? Non sei nessuno! Tu sei solo un piccolo, meschino essere piombato nella mia vita dal nulla, così...puff!  E ti sei portato dietro una masnada di casini che prima io non avevo! Insegnanti, baby sitter, scuola, compagni prepotenti, la Granger! Sarebbero rimasti solo gli inutili problemi di una vita parallela, quella di qualche sfigato Babbanofilo la cui massima aspirazione di vita sarebbe stato metter su una nidiata di piccoli esserini stomachevoli e trovarsi uno squallido incarico presso la sezione Bestie Magiche al Ministero. Pensi davvero che uno come me volesse questo? Questa insignificante vita fatta di pianti e menate varie, che si snoda in una sequenza di giorni sempre uguali ai precedenti, con io che sono imprigionato in questo giogo di domesticità nauseante, solo perché ho il dovere di correre appresso alle manfrine di un poppante a cui manca la mamma?! credi che questa possa chiamarsi bella vita?
Quel discorso gli uscì fuori con la stessa prepotenza di un fiume che straborda ed esonda, lasciando dietro di sé solo fango e distruzione. Tutta la rabbia, tutta quella ferocia incoffessata, venne sputata in faccia all’unica persona che non avrebbe potuto comprendere. All’unica persona che avrebbe potuto ferire oltre limite immaginabile.
Ci fu un lungo, lunghissimo attimo di silenzio, durante il quale ebbe il tempo di metabolizzare l’infinita sfilza di orrori che erano usciti dalle sue labbra, per poi comprendere di aver appena commesso un errore al quale non sarebbe riuscito a riparare neanche vivendo altri cent’anni. Sconvolto, storse la bocca in una smorfia incredula, chiedendosi come avesse potuto perdere il controllo a quel modo.
Poi guardò Billy.
E capì di essere spacciato.
-Odio la magia.- ripetè, la voce ricolma di collera, quel tono vibrante e pieno di disprezzo con cui lui si era rivolto a dodici anni alla Granger, a Potter, a Weasley, a tutte le persone che non riteneva degne di altro se non di disgusto e riprovazione. In quel preciso istante realizzò quanto realmente facesse spavento quell’ira gelida negli occhi di un bambino –E odio te.
Avete mai provato cosa si prova quando il vostro bambino vi sbatte la porta in faccia, dandovi l’impressione di avervi appena tagliato fuori dalla sua vita?
Malfoy l’aveva appena scoperto e, Cristo, era una sensazione orrenda.
Ma quando di lì a due ore, in preda a uno spiacevole senso di solitudine, rimorso e vergogna verso sé stesso tornò in camera di Billy per provare a farsi perdonare, o quanto meno a scusarsi, e trovò il letto in perfetto ordine, una finestra aperta e nessuna traccia del bambino, qualcosa di ben più peggiore gli attanagliò lo stomaco, un gusto rancido di bile che si fece strada fino alla bocca, fino al cuore, che prese a martellare furiosamente:
Il terrore.

**NOTE FINALI**

 Dunque, è talmente tanto tempo che non aggiorno che ho dimenticato come si fa a pubblicare con EFP. Vi chiedo scusa per questo mio abbandono, ma ho avuto dei problemi famigliari che mi hanno tenuta lontana così tanto da farmi quasi dimenticare quanto questa storia meritasse di essere portata a termine per tutti voi che mi leggete. Così, per i pochi che continueranno a leggere, posso affermare che la storia è conclusa, mancano solo due capitoli. Li ho scritti di getto, e quindi potrebbero non essere perfetti. In tal caso, sappiate che ho preferito finire di scriverla, magari un po’ meno curata dei capitoli precedenti, piuttosto che passare altri mesi a cercare una artificiosa perfezione.
Baci a tutti!

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Capitolo 15
*** Essere padre ***


Essere padre
 

Aveva sentito dire, dai colleghi e dai suoi amici, che un episodio come quello, chiamato comunemente “fuga di ribellione” sarebbe potuto arrivare. Lui stesso se ne era reso protagonista alla tenera età di quindici anni, quando era sgattaiolato fuori dal maniero contro la volontà di suo padre per poter partecipare a una corsa clandestina di scope e fare breccia nel cuore della sua bella –all’epoca Pansy-. Ovviamente in quell’occasione Lucius ebbe cura di farsi trovare sveglio per l’ora di ritorno, stimata intorno alle sei del mattino, avvolto nella vestaglia e con uno di quei malefici sorrisetti simili ai ghigni che il professor Piton dispensava a Neville Paciock quando pregustava insulti a profusione, commenti malevoli, voti spaventosi e un denso spargimento di lacrime per la bruciante umiliazione pubblica. Ecco, mentre Lucius provvedeva, con una dovizia lodevole, a “bacchettarlo” su sedere e palmi delle mani col bastone da passeggio, aveva raggiunto una dimensione dell’invidia del tutto nuova, ritrovandosi a pensare che avrebbe venduto l’anima al Diavolo per vivere cento giorni da Paciock che anche solo un’altra ora da Malfoy.
Ciò che però distingueva quella sua fase di ribellione da quella del pargolo, era per l’appunto che lui l’aveva vissuta intorno ai quindici anni, cosa che rendeva il virgulto straordinariamente precoce, con circa dieci anni d’anticipo. Delle due l’una: o era davvero più maturo di quanto sembrasse –ed era una opzione possibile visto il carattere solitamente mansueto, composto e maturo, nonché una non indifferente intelligenza e perché no, anche un notevole intuito e una ironia più adatta a un tredicenne che a un bambinello di sei anni-, oppure lo aveva fatto davvero imbestialire, il che era ancora più probabile, visto quanto gli aveva urlato addosso con tanto rancore. Tutto questo però non risolveva la situazione, perché il Marmocchio se l’era elegantemente filata, zampettando lungo la tettoia spiovente e raggiungendo terra tramite una ammirevole scalata sulla pianta di edera rampicante che avrebbe fatto debitamente sradicare una volta riacciuffato.
I primi attimi li aveva passati nella più totale disperazione, incapace anche solo di pensare a fare qualcosa per trovarlo e riportarlo a casa. Aveva tirato una serie di calci a una gamba del letto, per poi lasciarsi cadere sul bordo, prendersi la testa tra le mani, e perdersi in una sorta di autocommiserazione del tutto fuori luogo. Quando però (in preda all’ennesima perdita di autocontrollo, si era alzato nuovamente per tirare un ennesimo calcio al letto) aveva notato la fotografia che il bambino stava guardando poco prima che facesse irruzione nella stanza, il senso di spaesamento svanì.
Era la fotografia che gli aveva scattato vicino al pupazzo di neve costruito insieme.
Billy non l’aveva messa nell’album insieme alle altre, l’aveva incorniciata.
Il visino felice del bambino nella foto era bastato a farlo scattare. Si era precipitato fuori dalla stanza, lungo le scale, dritto al capanno dell’elfo. Aveva agguantato quella bestiola per un braccio, strattonandolo e chiedendogli se avesse visto scappare il bambino. Con sua enorme sorpresa, la bestia annuì, indicandogli la direzione in cui si era diretto e aggiungendo, quando gli venne sbraitato addosso perché diavolo non fosse corso ad avvertirlo, che il padroncino gli aveva ordinato di non dire niente.
Piccolo, furbo calcolatore.
In quel momento Draco ebbe di che pentirsi per avergli fatto seguire lezioni private con Matthews.
Si era nuovamente precipitato in casa, alla ricerca dello Specchio Comunicante, con cui aveva contattato i suoi genitori. Narcissa era subito accorsa nella speranza che fosse foriero di buone notizie come un perdono o giù di lì, quando apprese come invece stavano le cose per poco non gli lanciò una maledizione via specchio. Ciò che la trattenne, oltre a una notevole difficoltà tecnica dovuta alla possibilità che lui chiudesse la conversazione prima che la maledizione lo beccasse in fronte, rischiando di far saltare in aria lo specchio di lei, fu la mano bianca che Lucius le posò sulla spalla, per poi avvertire che avrebbe immediatamente cercato di mettersi in contatto con chi di dovere al Ministero, nel mentre lui avrebbe cercato Billy.
A quel punto non gli rimase che catapultarsi fuori casa, dimenticando addirittura di chiudere a chiave il portone e lasciando le finestre delle stanze da letto ancora aperte, una sorta di cortese invito per i ladri di turno che avessero deciso di tentare il colpo grosso per poi ritirarsi su qualche atollo ai Caraibi.
Girò in auto tutto il quartiere, inchiodando ogni volta in cui vedeva una testa bionda, anche se si trattava di bambini visibilmente più grandi del suo. Quando incrociava qualcuno di potenzialmente simile a Billy, un sussulto tradiva la sua emozione, per poi risprofondare nell’angoscia nell’avvedersi che non era la persona giusta.
In preda a un serio principio di panico si attaccò al cellulare, provando in tutti i modi a chiamarlo, senza ovviamente alcun successo. Ogni volta scattava la segreteria telefonica, tanto che se quel dannato coso non gli fosse servito per chiamare altre persone utili al ritrovamento del bambino, lo avrebbe di sicuro scaraventato fuori dal finestrino.
-Malfoy?- la voce di Potter era quanto di più assonnato potesse esserci alle dieci di sera –Cosa vuoi?
-Apri bene le orecchie Potter.- si incastrò il cellulare tra spalla e guancia, nel mentre provvedeva a sterzare bruscamente per non fare una frittata con un vecchio decrepito in fase di attraversamento pedonale. In un altro momento si sarebbe attaccato al clacson per segnalare quanto quel babbeo si trovasse in torto, ma al momento era troppo impegnato a disperarsi, mantenere il controllo al volante e parlare con lo Sfregiato –Mio figlio è scappato di casa.
-Come sarebbe a dire che è scappato?- domandò l’altro con uno sbadiglio.
-E’ scappato, dannazione! Ha tagliato la corda come un fottuto ninja! Abbiamo litigato e poi se l’è squagliata, e adesso non riesco a trovarlo.
-Ho capito.- adesso la voce dall’altra parte del telefono sembrava improvvisamente più recettiva –Manderò subito una pattuglia di Auror nella tua zona. Vedrai che riusciremo a trovarlo.
-Grazie.- buttò fuori, senza dargli poi il tempo di rispondere o mostrarsi allibito per quel ringraziamento. Il successivo a essere chiamato fu Weasley, al quale raccomandò di avvertirlo se Billy avesse provato in qualche modo –non sapeva come, vista l’assenza di poteri magici- a mettersi in contatto con lui.
Quando con Weasley concluse la conversazione, era arrivato nell’unico luogo dove il Marmocchio potesse arrivare in poco tempo e con il solo ausilio delle proprie gambe.
Uscì dall’auto senza preoccuparsi di estrarre le chiavi dal quadrante, per poi mangiare quei gradini che lo separavano dalla porta della casa. La sua mano calò con forza sul portone, per poi affondare un dito sul campanello.
Dall’interno udì una serie di voci, il che gli fece intendere che la Granger non fosse sola.
Difatti, nello spazio tra lo stipite e il portone, oltre a lei si fece intravedere l’Irlandese Bigotto.
-Malfoy.- la Granger sembrava sorpresa di trovarlo lì. E anche visibilmente irritata, visto che lo aveva apostrofato con l’usuale tono dispregiativo, senza peraltro invitarlo a entrare.
-Che cosa ci fa lui qui?- si intromise quel deficiente.
-Billy è scappato di casa.- Draco sperò solo di vedere un segno sul viso di lei che gli facesse capire di non doversi preoccupare, qualsiasi cosa in grado di sbriciolare ogni fibra di angoscia che lo stava divorando, anche un verso di sdegno o una recriminazione, purchè gli dicesse che Billy era lì con lei.
Invece l’unico sentimento che li illuminò fu l’improvviso allarme con cui accolse quella notizia.
-Non è qui.- mormorò atterrita.
-Oh no. No, no, no…- disperato, si portò le mani tra i capelli. Non aveva idea di dove diavolo si trovasse, adesso era ufficialmente terrorizzato.
-Da quanto è sparito?- la Granger lo afferrò per le braccia, scuotendolo con fervore per mantenerlo lucido e farlo ragionare.
Niente isteria, niente isteria, niente isteria...
-Due ore al massimo.- farfugliò confuso –Pensavo sarebbe venuto qui, ma...
-Adesso andiamo a cercarlo.- assicurò, per poi voltarsi verso l’Irlandese, il quale non parve particolarmente toccato dalla notizia che un bambino di sei anni potesse essersi perso a Londra.
-Ma non è un mago?- chiese infatti, sprezzante –La ritroverà da solo la strada di casa, quando ne avrà voglia. Se ne avrà voglia.- aggiunse maligno.
-Ha solo sei anni!- gli urlò addosso Draco, senza riuscire a restargli indifferente come avrebbe voluto –Ed è un Magonò, pezzo di imbecille! Niente poteri!
L’altro inarcò un sopracciglio, scettico.
-Immagino quanto allora uno come te potrà disperarsi per aver perso della spazzatura, eh?
Gli aveva lanciato una provocazione crudele, non rivolta a Billy, intesa a colpire solo ed esclusivamente lui, ma Draco non si fece problemi a fare una passo avanti e tirargli un pugno all’altezza dello zigomo, il tutto mentre la Granger intimava all’altro il silenzio, per poi mettersi a urlare furibonda contro di lui e trascinarlo verso la macchina per il colletto della giacca.
-Hermione!- O’Connor la fissava con occhi stralunati in cima alle scale, la mano poggiata sulla guancia ferita –Hermione torna qui!- ordinò con un’inflessione che la indusse ad arrestarsi, ma solo per voltarsi e mandarlo al diavolo.
-Che cazzo stai facendo, donna?!- sbraitò quando la vide imboccare il lato del guidatore.
-Sei chiaramente fuori di te, non ti permetterò di guidare in queste condizioni.- lo rintuzzò.
-Questa Ferrari non verrà guidata da nessuno all’infuori del sottoscritto.
-Ti conviene salire con le buone, se non vuoi farlo sotto Imperius.- minacciò, gli occhi che mandavano preoccupanti bagliori scarlatti. Controvoglia, si lasciò convincere. Nel mentre provvedeva ad allacciarsi la cintura riflettè su quanto in un altro frangente quegli ordini a professoressina l’avrebbero eccitato come un pivello di quattordici anni, e magari si sarebbe pure divertito a farsi bacchettare da lei a quel modo, ma al momento il nodo in gola lo distraeva troppo persino per fargli notare quanto tremenda e spericolata fosse la guida della Granger. Bruciò tre semafori e non rispettò uno STOP, la brava e irreprensibile ex Grifondoro, il tutto mentre provava anche lei a mettersi in contatto con Billy. Ovviamente, anche con lei scattò la segreteria.
Lo cercarono dappertutto, persino a casa di Matthews e di Linda, senza alcun successo.
Quando tornarono a casa di Draco, alle cinque del mattino, erano stanchi e disperati. Hermione spense il motore, e un silenzio cupo invase l’abitacolo.
-Draco.- mormorò dopo un po’.
Lui gemette, le mani affondate tra i capelli sconvolti, il cervello in pappa.
-E’ tutta colpa mia.- sussurrò –Ho detto delle cose...spaventose.
La mano gentile della ragazza si posò sulla sua spalla, accarezzandolo per dargli un po’ di conforto.
-Qualunque cosa tu abbia detto, lo troveremo, cosicché potrai dirgli che non pensavi niente di tutto ciò.
Draco si costrinse a soffocare il senso di sonnolenza che stava subentrando alla stanchezza.
-Puoi smaterializzarti?- domandò alla ragazza, la quale annuì, confusa –Allora torna a casa, così potrai avvertirmi se dovesse venire da te. Io devo ancora controllare l’orfanotrofio e la scuola elementare.
-Passo io dalla scuola.- si offrì immediatamente.
-No, tu sei una delle persone a cui è più affezionato. Potrebbe cercare di raggiungerti.
Scesero dall’auto, lui fu sul punto di afferrarla e trascinarla tra le proprie braccia per un abbraccio, un bacio, qualcosa che gli potesse dare la conferma di quanto ormai fosse lontano il litigio di quella mattina.
Lei si smaterializzò prima che potesse riuscire ad allungare la mano.
Esausto, si trascinò dentro la casa buia. Si era appena chiuso la porta alle spalle quando una strana sensazione lo fece trasalire.
Ebbe come l’impressione che qualcosa non andasse, una sorta di sesto senso che lo portò a impugnare più saldamente la bacchetta. Quando accese le luci della stanza, trovò che niente era fuori posto rispetto a come lo aveva lasciato. La sensazione sinistra però non lo aveva abbandonato. Lentamente salì le scale, ricontrollando per puro scrupolo la camera di Billy, e trovando anch’essa vuota come l’aveva lasciata.
Il colpo arrivò quando giunse nel suo studio. Un marasma di fogli, schede e appunti personali erano sparsi sul pavimento, insieme a sedie divelte, tende sbrindellate, quadri staccati dalle pareti. Il primo pensiero di Draco, prima ancora di chiedersi se il ladro se ne fosse quantomeno andato, fu accertarsi che il cassetto della scrivania non fosse stato toccato.
Lo trovò aperto, la serratura forzata brutalmente. Tutto il contenuto era sparito.
Che giornata di merda.

 

Difficilmente era capitato che Draco Malfoy perdesse completamente il senso della razionalità e il suo proverbiale controllo su ogni più piccolo aspetto della propria vita, lavorativa e non. A lavoro circolavano addirittura dei proverbi sulla calma tantrica che Draco Malfoy sarebbe stato capace di mantenere in ogni situazione, dal vedersi puntare addosso una bacchetta incline allo spappolamento del cervello fino alla più azzardata delle giocate a Poker, quando sapeva di non avere assolutamente niente in mano. Draco Malfoy era puro granito, una faccia marmorea che non tradiva mai la benché minima emozione. Era inespugnabile.
Quel giorno invece chiunque gli fosse passato accanto, anche solo per una frazione di secondo, anche solo per errore o sfortuna a trovarlo sul proprio cammino, si ritrovò ad affiancare una bestia fumante di rabbia, apprensione e perdita di lucidità. Era quasi difficile concepire un tale livello di sclero, ma diciamo che l’idea di affrontare un drago e un basilisco contemporaneamente poteva essere preferibile rispetto al dover rischiare di attirarsi addosso la sua attenzione.
Se fosse stato una donna, in quel momento nessuno avrebbe avuto dubbi sul fatto che fosse nel bel mezzo della sindrome mestruale, ma poiché era uomo –e soprattutto era Malfoy- un simile crollo del suo abituale aplomb era quantomeno inconcepibile.
Eppure Malfoy si attaccò al camino di casa sua alle cinque di quella mattina e ci rimase fino alle otto, destreggiandosi tra una urgente seduta con i suoi avvocati per discutere del furto di documenti top secret finiti nelle mani di chissà quali pazzi psicopatici a cui aveva probabilmente rovinato la vita e che speravano di rendergli il favore –e in tal caso ero sulla buona strada per riuscirci-, una poco piacevole chicchierata con Amelia, cui dettò per filo e per segno cosa avrebbe dovuto dire a tutte le persone che avrebbe dovuto incontrare quel giorno e che si sarebbero inevitebilmente vistesnobbare (e qui anche Amelia rischiò il tracollo nervoso vista la velocità supersonica con cui il suo Capo dettava gli ordini, subissandola al tempo stesso di tutta una serie di commissioni che avrebbe dovuto fare per l’indomani, sgridandola contemporaneamente per la sua evidente incapacità nel riuscire a fare due cose insieme), e un giro di telefonate via cellulare con Potter, Weasley e Granger, il tutto mentre ovviamente continuava la sua seduta via camino con segretaria e avvocati. Alle otto si smaterializzò, frustrato e inferocito con l’intero Creato, per sbucare nel ripostiglio delle scope della scuola elementare del figlio latitante.
Usò la smaterializzazione perché era indubbiamente più veloce della Ferrari, e anche perché era talmente imbufalito che sicuramente al primo sgarro di qualche demente al volante, avrebbe finito con lo speronarlo fino a fare accartocciare la sua vettura come una lattina di Idromele.
Parlò con la maestra, ma anche lei gli disse che Billy non era in classe, per poi domandargli se avesse già avvertito la polizia della sua scomparsa. Fu sul punto di tradirsi menzionando gli Auror, ma l’arrivo di Joe Walker e il suo conseguente strillo terrorizzato alla sua vista distrassero l’attenzione di entrambi.
Quando si materializzò nel cortile dell’orfanotrofio erano le otto e mezza, e ancora nessuno aveva avuto notizie del bambino.
Stava iniziando seriamente a dubitare sull’assenza di poteri magici dello scricciolo, visto che –dannazione- non poteva volatilizzarsi nel nulla e seminare addirittura una pattuglia di Auror. “Mi dispiace Malfoy, i ragazzi sanno rintracciare persone che in un modo o nell’altro lasciando dietro di sé una scia di magia, anche del tutto inconsapevolmente. Ma Billy, lui non ha magia, e cercare di ricostrire i suoi spostamenti è molto più complesso, perché bisogna seguire il metodo di indagine babbano”. Quelle erano state le confortanti parole di Potter quando lo aveva chiamato per sapere se ci fossero stati sviluppi.
Mrs Smith lo accolse nel proprio ufficio con la stessa apprensione di una nonna verso il proprio nipote dopo aver confessato di non mangiare da circa due giorni.
-Billy non c’è.- disse portandosi una mano sul cuore –Non è qui che ha provato a tornare.
-Ci deve essere un maledetto posto dove possa essere andato.- esclamò esasperato.
Si abbandonò sulla sedia davanti alla scrivania dell’istitutrice, gli occhi sgranati e fissi nel nulla, un fastidioso ronzio nel cervello come preludio all’imminente collasso.
Proprio in quel momento, il cellulare nella tasca della giacca prese a vibrare. Con movimenti febbrili, lo estrasse, leggendo il nome sul display: Hermione.
-Dimmi qualcosa di buono.- implorò strofinandosi nervosamente gli occhi con le dita di una mano. In risposta ricevette solo un respiro spezzato.
-Draco...- la voce di Hermione sembrava provenire da una distanza enorme –Ho appena comprato la Gazzetta del Profeta e...e c’è un articolo su di te…
-Un...un articolo?- nessuno lo aveva informato che sarebbe stato scritto un articolo su di lui –Granger, non me ne importa, voglio solo ritrovare il Marmocchio e riportarlo a casa...
-Non capisci, Draco!- lo interruppe bruscamente –Qualcuno ha saputo di Billy, l’articolo parla di lui! “Draco Malfoy e il figlioletto Magonò che fa rabbrividire la società magica”- disse ad alta voce, leggendo il titolo dell’articolo.
Una volta, per sbaglio, giocando a Quidditch Goyle aveva battuto un bolide con una forza sovrumana da bacio, mandandolo ad atterrare però sull’unico punto proibito nel raggio di chilometri, e cioè i gioielli di famiglia di Draco. Ricordava con un dolore bruciante all’inguine i giorni passati in Infermeria, chiuso in un silenzio ostinato per paura che parlando avrebbe udito una vocina bianca gorgheggiare leziosamente.
Ecco, in quell’istante la sensazione fu pressappoco la stessa.
Improvvisamente ebbe la chiara visione di sé stesso sotto a un ponte, a mendicare ai babbani, mentre il prestigioso nome dei Malfoy veniva bandito dal mondo magico.
A momenti sarebbe scoppiato a piangere come un pivello.
-Dimmi che non è vero.- sfiatò a corto di parole. E gli fu chiaro che cosa il ladro penetrato in casa sua poche ore prima fosse andato a cercare nel suo studio. Il test di paternità di un figlio sconosciuto, di cui mai si era sentito parlare, insieme al certificato di adozione, certificato su cui erano riportati luogo e giorno di nascita del bambino e...
Un momento.
-Nessuno di quei documenti riporta la condizione di Billy.- disse ad alta voce, interrompendo bruscamente il filo del proprio compianto.
-Come dici?- domandò Hermione, convinta forse che fosse definitivamente sbroccato dopo quella notizia.
-Qualcuno è entrato in casa mia e ha forzato il cassetto dove tengo i documenti di vitale importanza.- spiegò precipitosamente –Ma in nessuno di quelli viene detto che Billy è un Magonò.
Senza darle neanche il tempo di rispondere, chiuse la comunicazione e uscì dall’ufficio di Mrs Smith, seguito dalla donna che lo pregava di fare attenzione, informarla su ogni sviluppo e non commettere gesti inconsulti. Su quell’ultimo punto avrebbe avuto molto da ridire, visto come si presentò a casa della prima persona che poteva aver spifferato le sue faccende private ai giornalisti della Gazzetta.
Un maggiordomo dall’aspetto molto curato e molto gay venne ad aprirgli la porta, forse richiamato dal soave martellare del suo pugno contro il doppio strato di legno intarsiato.
-Chi ho il piacere di annunciare, Sir?- domandò cordiale.
Draco gli rifilò un’occhiata sdegnata, entrando senza neppure rispondergli e dirigendosi a passo spedito verso la stanza di lettura dove tante e tante volte si era impossesato di quel corpo perfetto e sinuoso.
Difatti, anche stavolta, Miss Dewitt se ne stava comodamente seduta su una poltrona, stretta tra le mani niente di meno che la Gazzetta del Profeta.
-Tu!- ruggì Draco –Come hai potuto farlo?
Helena gli rivolse uno sguardo consapevole, per nulla turbata da quell’inaspettata irruzione. Sembrava anzi che lo stesse aspettando.
-Non sono stata io.- replicò leggera –Ma sapevo che prima o poi sarebbe saltato fuori.
-Tu avevi tutte le ragioni per...
-Per farlo?- lo fermò con uno stizzito gesto della mano –Se avessi voluto rovinarti lo avrei fatto diverso tempo fa. La verità è che tu hai bisogno di un capro espiatorio perché non vuoi ammettere a te stesso che certe verità, quando sono così scomode, prima o poi si verranno a sapere. Solo che tu non eri preparato al peggio.
Gli porse le pagine del giornale incriminate, due ampie pagine nella sezione della cronaca rosa, con un dettagliato articolo scritto da Rita Skeeter in persona.
“Tutte sognano il principe azzurro, ma a conti fatti in poche lo preferiscono al bello e dannato, e perché no, pure un po’ perfido, di turno. Così come molte hanno ordito trame e stratagemmi per accalappiare lo scapolo d’oro d’Inghilterra -il biondo e slanciato Draco Malfoy, ultimo (o quasi) erede di un’antichissima famiglia Purosangue, dove alla fama dei Black si uniscono le ricchezze dei Malfoy-una sola fortunata è riuscita ad arraffarselo, lasciandogli come pesante testimonianza di una notte d’amore un fardello di sei anni (nella foto) che lui ha tenuto nascosto all’intera comunità. Perché un uomo potente come Malfoy avrebbe bisogno di nascondere un bambino? Perdere il titolo di scapolo d’oro può essere dura, ma niente che le sue pingui camere blindate non possano risolvere. A quanto pare, le ragioni sono ben più pressanti, legate a questioni di lignaggio, sangue e onore. Fonti certe affermano che il piccolo Malfoy sia un Magonò. Se fosse vero, e probabilmente lo è, visto come tutto sia stato passato sotto silenzio, ciò getterebbe un’ombra sulla sua Casata. Dopo la perdita di credibilità subita in seguito alla fine della Guerra, dopo la riprovazione sociale e l’affossamento della reputazione, anche l’ultimo motivo di orgoglio, un sangue puro come l’oro zecchino, sembra destinato a venire lordato da un ospite non gradito nella famiglia. Il bambino, cui è stato imposto il nome William, è figlio di Astoria Greengrass, defunta moglie di Malfoy nonché secondogenita di due famosi Mangiamorte deceduti nel corso della Guerra. Ad oggi non abbiamo molte altre notizie su di lui, visto l’assoluto stato di segretezza in cui è vissuto fino ad ora. Quel che sicuramente da motivo di pensare che a breve farà la sua prima apparizione pubblica è l’attuale donna con cui il famoso padre si è recentemente accompagnato: Hermione Jean Granger, ex eroina di guerra e da sempre fervente avversaria di Malfoy, infatti, sembra aver deposto l’ascia di guerra a favore di un più amichevole rapporto all’insegna di feste e frivolezze (nella foto i due celebri personaggi immortalati alla Festa di beneficienza all’Hotel St Hermin’s poche settimane fa), e sebbene nessuno dei due abbia ancora confermato una relazione, né abbiano più dato spettacolo, voci sempre più insistenti sostengono di averli visti romanticamente insieme in un intimo pub in Diagon Alley, luogo in cui forse è scoccata la scintilla. Il fatto che adesso il ricco rampollo si sia trovato a essere padre di una creatura non tanto pura, deve averlo portato a riconsiderare la sua posizione in merito ad altre creature non tanto pure, ma comunque assai graziose. Del resto a chi non farebbe piacere avere come dama per un ballo la bellissima Hermione, famosa, ricca, potente, un’ottima “passaporta” per riconquistare la stima della comunità magica, e chi non vorrebbe accasarsi con Draco Malfoy, l’uomo più desiderato della Gran Bretagna, secondo solo a Harry Potter secondo la rivista Magic Spell, nonché sicuro porto per ottenere un titolo di marchesa altrimenti inarrivabile? Poco importa che fino a pochi anni fa la stessa Hermione uscisse con Ron Weasley e con uno sconosciuto babbano, professando l’odio verso le chiare discriminazioni di cui esponenti dell’alta aristocrazia londinese –Malfoy in primis- si facevano fieri portatori. I tempi cambiano, le persone e gli opportunismi pure.”
E quello era solo il pezzo riguardante Billy ed Hermione. Il resto era tutta una ricapitolazione delle fasi deprimenti della sua vita dalla nascita fino ai trent’anni, righe in cui veniva insinuato con malignità quanto di fatto si trovasse a ricoprire quell’incarico al Ministero solo grazie ad agganci e raccomandazioni, per poi tacciarlo di misoginia, assassino mancato e altre qualità poco lusinghiere. La foto di Billy –quando la vide per poco non tirò un cazzotto contro la parete- era quella col pupazzo di neve che lui stesso aveva preso in mano solo poche ore prima. L’altra, quella con la Granger, era invece quanto di più patetico avesse mai potuto vedere: in primo piano spiccavano i volti sorridenti dei conti di Edimburgo, chiaramente i soggetti protagonisti della fotografia. Dietro di loro, in quello che lui avrebbe definito addirittura terzo piano, si intravedevano con enorme difficoltà due figure sgranate in cui solo un genio con la vista d’aquila avrebbe potuto identificare lui ed Hermione, peraltro a una distanza di sicurezza discreta, senza mani intrecciate o chissà quale atteggiamento compromettente.
-Sigaretta?- offrì Helena con squisita nonchalance.
Draco appallottolò il giornale, per poi scaraventare la palla di carta ottenuta nel caminetto della stanza, dritta tra le fiamme. La sua ospite non fece una piega davanti a quel gesto un tantino nevrastenico.
-Queste informazioni mi sono state rubate stanotte.- sibilò irato, cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza, seguito dallo sguardo mansueto della donna –Qualcuno è entrato in casa mia.
-E pensi che sia stata io.- considerò mollemente, aspirando una boccata di fumo –Solo che stanotte io non ero a Londra.- aggiunse rivolgendogli un mezzo sorriso storto.
-E puoi darmene la prova?
-Certamente, mio malfidato ex amante.- si alzò in piedi, uscendo dalla stanza per poi tornare con un biglietto che sembrava essere l’invito a un matrimonio –Ero all’addio al nubilato di una mia cara amica, a Liverpool. Sul biglietto troverai l’indirizzo del night club dove abbiamo passato la nottata, insieme ad aitanti, giovani ballerini.- ammiccò maliziosamente –Mi avranno vista una dozzina di persone, ma comunque basterà chiedere di Kevin e farti raccontare per filo e per segno come abbiamo piacevolmente trascorso la nottata.
-Immagino.- commentò mellifluo. Ci aveva contato che fosse lei la responsabile da crocifiggere. Evidentemente si era dimostrata più leale di quanto fosse lecito pensare.
-Supererai anche questa, tesoro.- disse Helena con una certa frivolezza –Mandami un invito per quando terrai la tua vendetta privata verso chi ha osato sfidarti. Adoro gli spargimenti di sangue.
Quando Draco lasciò l’abitazione aveva iniziato a piovere, e spirava un vento gelido che faceva venire voglia di barricarsi in casa, davanti a un fuoco caldo, anziché ibernare per strada. Sconsolato, disperato, non poté far altro che andare a cercare rifugio dall’unica persona che avrebbe potuto restituirgli qualche attimo di pace.
Quando si materializzò in casa di Hermione, fu sorpreso di non trovare una barriera che lo sputasse in qualche cassonetto della spazzatura, visto come erano andate recentemente le cose tra loro due.
Non solo, ma la ragazza sembrava che lo stesse aspettando, visto come non appena udì il rumore della materializzazione corse in salotto e lo abbracciò con forza.
-Hai saputo niente?- domandò quando lui la strinse con altrettanto trasporto. I ricci gli solleticarono il mento, e fu una sensazione meravigliosa.
Averla lì, contro il suo torace, a sentire il calore e la dolcezza che sprigionava il suo corpo, era come un balsamo rigenerante per i suoi nervi a fior di pelle.
-No.- rispose stancamente –Non so più che fare, a parte sbattere la testa contro qualche spigolo per essere stato così fottutamente imbecille.
-Non parlare così.- lo blandì lei, scostandosi quanto bastava per poterlo guardare negli occhi –Hai una pessima cera, vieni a bere un po’ di tè caldo.
-Non ci riesco.- mormorò nervoso –Devo andare a cercarlo, devo dirgli che mi dispiace...
-Lo cercheremo insieme, Malfoy. Per adesso lascia fare agli Auror e a Harry. Vieni di là, bevi qualcosa di caldo, rifocillati e poi andremo anche in capo al mondo se dovesse servire a trovarlo.
C’era qualcosa di così morbido nel suo tono di voce, quella nota latente di dolcezza e promessa, così rassicurante addosso a lei, che non potè fare a meno di lasciarsi guidare in cucina come un malato in convalescenza. Si sedette su uno sgabello davanti al ripiano al centro della stanza, proprio nel punto in cui tempo prima, in un momento di gioia ed eccitazione, l’aveva issata sul mobile, pronto a impremere a fuoco un bacio sulle sue labbra seriche.
-Ecco.- la giovane gli mise davanti una teiera e una tazza di un servizio a ghirigori fantasiosi, per poi versargli del tè al limone bollente.
-Devo capire chi mi ha sottratto i documenti.- esordì avvicinando le mani alla tazza, sentendo con piacere il calore che si irradiava dalla porcellana alla pelle –E devo trovare Billy. Hermione gli scoccò un’occhiata obliqua.
-Non penserai che...- cominciò, ma lui la interruppe.
-Non essere paranoica.- disse lapidario –Lo so che tu non faresti niente che possa nuocere alla sicurezza del piccolo, anche se ti ho dato valide motivazioni per farlo. La verità è che non merito il tuo aiuto.
-E’ vero, tu non lo meriti.- disse lei, dopo un breve attimo di silenzio –Ieri mi hai trattata come se io fossi responsabile del litigio con tuo figlio. Mi hai cacciata di casa, non mi hai neanche dato il tempo di spiegarmi, né tantomeno hai cercato di capire come io mi sia sentita davanti agli insulti dei tuoi genitori. Ma questo non significa che io cancellerò con un colpo di spugna gli evidenti progressi che hai fatto da quando ci siamo incontrati, né tantomeno che ti abbandoni in un momento come questo. Voglio bene a Billy...- prese un profondo respiro –E voglio bene a te.
Gli rivolse un minuscolo sorriso, esortandolo poi a bere un po’ di tè. Il fastidioso nodo alla gola che si era formato come un piccolo gomitolo da quando lei l’aveva abbracciato, non riuscì a sciogliersi col calore di quel liquido ambrato, anzi, a ogni nuovo sorso sembrava ingrossarsi e rendergli sempre più difficoltoso il deglutimento.
Improvvisamente, dovette poggiare la tazza e strofinarsi rabbiosamente gli occhi per impedirsi di piangere davanti a lei.
-Ho detto delle cose orribili, Hermione.- sputò fuori, incapace di tenerle per sé un secondo di più. Aveva bisogno di essere sgridato, voleva sentirsi apostrofare con rabbia, e farsi dare dell’idiota, e condividere con qualcuno quel pesante macigno che gli opprimeva il petto. Così le raccontò di tutte le meschinità vomitate addosso a Billy la sera prima. Hermione lo ascoltò in silenzio, senza mai interromperlo, e quando ebbe finito di raccontare in modo sconnesso, lo guardò severamente, ma senza traccia di imminenti recriminazioni.
-Sai...- esordì lentamente –Una volta cattiverie del genere, per uno come te, sarebbero state solo ordinaria routine. Le avresti snocciolate con arroganza, e poi avresti fatto spallucce davanti ai sentimenti feriti di un bambino di sei anni. Quello era il Draco Malfoy che sarei riuscita a odiare. Oh, eri una persona così facile da odiare, ed eri così difficile da amare...- tacque, lo sguardo improvvisamente remoto, perso in qualche pensiero privato cui lui non avrebbe avuto accesso, nonostante quelle parole suonassero stranamente famigliari alle sue orecchie –Ma ora credo di riuscirci.- mormorò –Ora credo di amarti.
E improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, con la stessa velocità di un missile terra-aria, si ricordò quando e dove avesse giù udito quelle parole. La prima reazione fu di sputare tutto il tè addosso a Hermione, con conseguente strillo oltraggiato da parte sua, per poi assumere una faccia stile merluzzo al vapore, Paciock davanti a un compito di Pozioni, Weasley davanti a una donna nuda e via discorrendo.
Rivolse a Hermione uno sguardo stralunato, ricevendone in risposta uno vagamente intimorito.
-Perché non me l’hai detto?- domandò indignato.
-Perché non sarei dovuta essere io a ricordartelo. Mi avevi fatto una promessa!
-Ero ubriaco!
-Per questo ho pensato che non lo pensassi davvero, e non volevo crearti problemi o disagio.
-Granger, razza di sciocca! Io mi ubriaco minimo cinque volte a settimana, ma non per questo ogni volta dico a una donna che la amo. Che cazzo, non lo dico da sei anni!
La ragazza arrossì furiosamente, distogliendo lo sguardo e cominciando a riordinare alcuni magneti sul frigo che erano già perfettamente allineati.
-Guardami.- disse, chiamando a raccolta tutta la propria pazienza.
Timidamente, lei si voltò verso di lui.
-Per essere una donna adulta e intelligente, ti imbarazzi come una sedicenne.- la stuzzicò ancora vagamente irritato –Se ti dico che sono innamorato di te, vuol dire che lo penso. Il fatto che poi il giorno dopo dimentichi di ripeterlo, vuol dire invece che ero troppo ubriaco per tenerlo a mente. Ma non significa che non lo pensi ugualmente.
Una specie di singulto risalì dalle profondità della sua gola. Le labbra rosse di Hermione tremarono impercettibilmente, mentre anche lei adesso dovette strofinarsi rapidamente gli occhi.
-Io non aspiro a un titolo di Marchesa, tanto per la cronaca.- balbettò.
-Io me ne sbatto della stima della comunità magica, tanto per la cronaca.- ribatté con fervore –E me ne sbatto dell’opinione dei miei genitori.- si alzò dallo sgabello, marciando fino a lei e prendendole il volto caldo tra le mani.
-Voglio te, Granger, perché tu mi rendi migliore, e mi piace sapere di poter essere un uomo migliore di quanto sia stato fino ad ora. E so che non lo sarò se al mio fianco non avrò te e quel depravato di mio figlio.
Lei proruppe in una risata corrotta dal pianto.
-E francamente, mi sono rotto con questa dannatissima storia del sangue puro.- ci tenne ad aggiungere.
-Sono felice di sentirtelo dire.- sussurrò, per poi gettargli le braccia intorno al collo e baciarlo appassionatamente, con un’irruenza feroce e tenera che in un altro frangente l’avrebbe portato a sdraiarla sul ripiano e quel che doveva succedere, succedeva.
Il rumore del campanello li riportò bruscamente alla realtà. Rivolse a Hermione un’occhiata interrogativa, alla quale lei rispose stringendosi nelle spalle. Istantaneamente, come colti da un’improvvisa illuminazione, si fiondarono sul portone, pronti ad accogliere un’eventuale arrivo di Billy a braccia aperte, solo per vedersi accecare dai flash dei fotografi.
Un boato di esclamazioni e di domande esplose non appena furono visti assieme. In prima linea, a sparare domande a bruciapelo, c’erano i prediletti di Rita Skeeter, mentre la loro mentore doveva aver ritenuto saggio non farsi vedere da lui o Hermione per evitare di essere barbaramente privata di qualche organo.
Tipo la lingua.
-Avete qualche dichiarazione da rilasciare in merito alla vostra relazione?
-Perché William non è con voi?
-Come hanno reagito i coniugi Malfoy?
-Pensate che...
-…Vi sposerete?
-...E quando ci sarà...
-...Qualche bebè in arrivo?
Esasperato, Draco estrasse la bacchetta , e prima che quei disgraziati avessero anche solo il tempo di realizzare cosa stesse per fare e darsela a gambe, lui sbraitò un –Silencio!- che fece scendere un religioso silenzio tra la folla circostante.
Qualche babbano di passaggio lanciò un’occhiata curiosa per quell’improvviso mutismo, salvo poi limitarsi a fare spallucce e proseguire per il proprio cammino.
-Rilascerò una breve dichiarazione.- annunciò Malfoy, facendo accendere di gioia gli sguardi di quei giornalisti più o meno professionali, ognuno dei quali si accinse ad avvicinare il proprio microfono il più possibile vicino alla sua bocca, del tutto dimentichi del fatto che li avesse costretti al silenzio.
-L’articolo dice il vero, io ho un figlio. Si chiama William, ma noi lo chiamiamo Billy, è nato il 19 settembre di sei anni fa, in un ospedale babbano. La mia ex moglie, Astoria Greengrass, non mi ha mai rivelato di essere padre, fino a quando non mi sono ritrovato il bambino tra capo e collo, con tutta una serie di doveri e oneri che non credevo dovessi accollarmi. Mio figlio, inoltre, è un Magonò. E sono profondamente orgoglioso di annunciare che non potrebbe importarmene di meno.
Sorrise davanti a quelle facce attonite.
-Billy mi ha insegnato tante cose su cui non mi sono mai interrogato. Mi ha insegnato a usare una TV babbana, a giocare a calcio, ad apprezzare le cose belle che la vita può offrire. Billy ha lottato con determinazione per poter andare in una scuola babbana, e io l’ho rispettato per questo, perché non si è fatto mettere i piedi in testa da un genitore autoritario e dispotico. Mio figlio ha aiutato suo padre a crescere, a guardarsi intorno, a capire che a volte è necessario chiedere aiuto, perché da soli non possiamo riuscire a fare tutto. E in questo mi è stata di grande supporto anche la qui presente Hermione Granger…- le rivolse un mezzo sorriso d’incoraggiamento –La quale mi ha permesso di non impazzire dietro a un bambino di sei anni che tutt’ora non sono in grado di gestire, insieme al sostegno e al supporto morale datomi anche da Harry Potter e Ron Weasley.
Se avessero potuto parlare, sicuramente sarebbero scoppiate urla ed esclamazioni scandalizzate.
-Adesso però, mi vedo costretto a fare un appello: mio figlio stanotte è scappato di casa, dopo aver avuto un brutto litigio. Lo sto cercando da oltre dodici ore, ma ancora non sono riuscito a mettermi in contatto con lui. Chiedo a chiunque lo veda, di mettersi in contatto col Ministero. La foto è già stata gentilmente diffusa sui giornali di questa mattina.- aggiunse ironicamente -Io...io voglio solo poterlo abbracciare di nuovo, e dirgli quanto mi dispiace per quello che ho detto. Grazie mille.
L’attimo prima che l’incantesimo si spezzasse, Hermione lo afferrò per un braccio, trascinandolo in casa e chiudendo a chiave il portone.
-Quello che hai appena detto...probabilmente sarà trasmesso in diretta radio.- boccheggiò esterrefatta.
-Lo spero.- ribadì –Più persone sentono il mio appello, più possibilità avremo di ritrovarlo, anche solo per la speranza di ricevere una ricompensa in denaro.
Il cellulare di Draco cominciò a squillare insistentemente. Hermione si sporse per vedere di chi si trattasse, non riuscendo a trattenere un lieve moto di delusione quando vide che era Potter.
-Sfregiato. Dimmi che lo hai trovato.
-Malfoy, lasciami dire che sono così fiero...così fiero di te...- attaccò con la solita nenia da padreterno commosso.
-Potter, se vuoi aiutarmi trova mio figlio!
-I ragazzi sono tornati a suonare alle case babbane del quartiere e nei bar della zona, mostrando la foto di tuo figlio, e a quanto pare abbiamo trovato un testimone che afferma di averlo visto prendere un taxi.
-Un taxi?!
-Già. Hai qualche idea su dove possa essere andato?
-Dannato Lucifero, no!- esclamò affranto.
L’istante seguente Hermione gli stava stringendo il braccio in una morsa talmente convulsa che a breve gli avrebbe bloccato la circolazione sanguigna. Ma non ebbe modo di farglielo notare, perché tutta la sua attenzione era stata catturata dallo sguardo di pura, trionfale certezza della ragazza.
-Come abbiamo fatto a non pensarci prima?- domandò tra sé.
-Di cosa stai parlando, cortesemente? Avrei una certa fretta...
-Dove avrebbe potuto andare se non dalla mamma?
Spalancò gli occhi, dandosi ancora una volta dell’idiota. Un idiota fatto e finito.
-E’ andato a Nottingham!


Arrivare a Nottingham tramite materializzazione, era qualcosa di estremamente comodo. Draco apparve elegantemente davanti a un bambinello di circa un anno, legato a un passeggino che la madre, in quel momento intenta a scegliere alcuni fiori al furgoncino dove lui e il Marmocchio aveva comprato i girasoli, stava oziosamente facendo oscillare avanti e indietro. Il pargolo, anziché mettersi a strillare, sgranò dapprima gli occhi, per poi profondersi in una serie di versi inarticolati e sbridolii piuttosto raccapriccianti che lui interpretò come segno di approvazione.
Restituendogli una specie di smorfia, e solo perché la mamma si era girata a sorridere allo sconosciuto che aveva appena fatto divertire il figlioletto, si avviò a passo di marcia verso il cimitero. La sua attenzione venne catturata da un taxi nero parcheggiato in una piazzola davanti all’ingresso. Lo puntò con passo risoluto, bussando al finestrino del guidatore.
-Mi dica.- domandò un uomo piuttosto anziano dai folti capelli grigi.
-Per caso lei ha portato fin qui un bambino di circa sei anni?
-Ci può scommettere.- rispose con un sorriso bonario –E’ suo figlio?
-Già.
-E’ un ragazzino sveglio. Mi ha fermato a un semaforo pregandomi di portarlo fin qui perché aveva bisogno di parlare con la sua mamma. All’inizio ho pensato che lui...beh…- fece ruotare un dito vicino alla testa, come per dire “sta fuori” –Ma lui ha insistito così tanto, aveva le lacrime agli occhi, e in cambio mi ha offerto tutta la collezione di videocassette Disney.- fece un sospiro pesante e intenerito –Tratte così lunghe non le faccio a meno di cento sterline, ma d’altronde sono un nonno, ai bambini non so dire di no.
-Tenga.- disse Malfoy, già alla ricerca del denaro babbano che si portava sempre dietro –Duecento sterline per il disturbo e la gentilezza.- e glieli piantò sul cruscotto interno, per poi lanciarsi a corsa dentro al cimitero, percorrendo il tratto di strada a perdifiato.
-Billy!- urlò non appena scorse in lontananza la cappella –Billy!- si affacciò all’interno, e lui era lì, in piedi alla base della tomba di Astoria, e lo guardava con gli occhi umidi e tristi, e un broncio che avrebbe sciolto il più granitico dei cuori. Persino Severus Piton gli si sarebbe gettato ai piedi, a riempirlo di carezze e blandirlo con dolci paroline melense.
-Billy.- lo chiamò piano –Mi hai spaventato a morte.
-Credevo che saresti stato più contento senza di me.- sussurrò con voce incrinata.
-No, ti sbagli, non sai quanto. Io stavo impazzendo di paura senza di te.
Fece qualche passo, arrivando al centro della cripta e ingionocchiandosi, così da poterlo guardare meglio in faccia.
-Mentre ti cercavo, per chiederti scusa per le cose chi ti ho detto ieri sera, pensavo che se non ti avessi ritrovato non sarei mai riuscito a perdonarmelo. Tu neanche immagini quanto io ti voglia bene, perché non sono stato capace di dimostrartelo come avrei dovuto. Ti ho sempre spinto a conoscere la magia, ad amarla, a desiderarla, senza riflettere su quanto tu avresti sofferto vedendoti sbattere in faccia un mondo a cui, semplicemente, appartieni solo per metà...
Il faccino di Billy si intristì, e la bocca si abbassò in una smorfia di pianto.
-Non è colpa mia.- si scusò con una vocina sottile.
-Certo che non è colpa tua. Non è colpa di nessuno, ma io ero troppo impegnato a cercare di guarire la mia sciocca vanità ferita per poterlo capire. Adesso invece lo so, e comprendo perché la mamma non ha mai voluto che tu la conoscessi. Tu sei perfetto così come sei, con i tuoi bellissimi pregi, e non hai bisogno della magia per rendermi felice. Astoria lo ha capito subito, perché lei è sempre stata una donna formidabile, io ci ho messo molto più tempo perché sono un pomposo uomo arrogante, ma ti giuro, tesoro, ti giuro che ti voglio un bene dell’anima, e ho sbagliato a darti per scontato, è un errore che feci a suo tempo con tua madre, io sono duro per queste cose, ma ti voglio bene, e voglio che torni a casa con me.- il discorso cominciava a farsi piuttosto confuso, e le lacrime del bambino non lo aiutavano di certo a rimanere lucido. A dire il vero aveva una gran voglia di piangere anche lui.
-All’inizio non ti volevo, è vero, ed è anche vero che ti disprezzavo perché sei un Magonò, ma tu mi hai aiutato a ricredermi, e rivedere la mia posizione. Adesso per me sei solo Billy, la cosa più bella della mia vita, e non sarò mai abbastanza grato a tua madre per averti cresciuto così diverso da me, gentile, sincero, coraggioso, leale e tenace. Saresti il miglior Grifondoro che Hogwarts possa desiderare, ma io sono molto più contento che tu non abbia poteri magici, così non dovrò rinunciare a te per sette, estenuanti anni. E davvero, ti voglio talmente tanto bene che...la mia vita non è più vuota da quando ci sei tu.
Tacque, abbozzando un sorriso ridicolmente umido, perché ormai era inutile negarlo, si era messo a piangere come il bambino di fronte a lui. Solo che il Marmocchio aveva sei anni, lui trenta.
-Non è vero che sei un pomposo uomo arrogante.- disse Billy a voce talmente bassa che se non l’avesse visto muovere le labbra, avrebbe creduto di essersi solo immaginato quelle parole. Non fu sorpreso dal sentire che le prime parole del bambino erano subito state dirette a smentire la pessima opinione che qualunque individuo avrebbe avuto di lui. Era connaturato in Billy riuscire solo a vedere i lati più belli di una persona, ma era anche per questo che aveva imparato ad amarlo. Bastò tendere le braccia verso di lui per vederlo corrergli incontro e gettarglisi al collo con una foga tale che rischiò di rovesciarlo. Le braccia di Draco si chiusero intorno a quel piccolo corpicino, mentre cercava di darsi un tono per arginare il pianto. Un Malfoy non piangeva mai, dannazione!
Inaspettatamente, si mise a ridere istericamente.
-‘Fanculo i Malfoy!- esclamò ad alta voce, provando un enorme senso liberatorio.
-‘Fanculo?- domandò Billy con tono interrogativo.
-Non è una parola che avresti dovuto sentire, quindi non ripeterla.
Una risata altisonante richiamò la sua attenzione. Astoria era dentro alla sua fotografia, e riportava, come lui e Billy, i medesimi segni del pianto.
-Draco.- mormorò quando la risata si affievolì. Il suo sguardo si ammantò di dolcezza –Sono così orgogliosa di te. Questo è il motivo per cui ho scelto di affidare Billy a te. Perché sapevo che tu avevi il potenziale per diventare una brava persona e un buon padre. Hai aiutato Billy, e lui ha aiutato te. Vi siete salvati a vicenda. E sono così fiera...così fiera...
-Grazie Astoria.- mormorò piano -Per aver avuto fiducia in me.
Lei sorrise, inclinando il capo in un pacato gesto di riconoscenza.
-Adesso torniamo a casa.- disse Draco, accusando insieme al sollievo anche un senso di stanchezza non indifferente. Si chinò, raccogliendo da terra lo zaino dove il bambino aveva infilatto le videocassette Disney, e se lo caricò in spalla.
-Hermione è venuta a prenderci in macchina, probabilmente ci sta aspettando all’entrata. È ansiosa di vedere che stai bene.
-Ma io non voglio lasciare mamma.- uggiolò sporgendosi verso la fotografia.
Astoria si portò una mano alla bocca, a reprimere un singulto.
-Amore mio, io sarò sempre qui ad aspettarti, lo sai.
-Draco.- Billy gli rivolse uno sguardo intenso, e lui seppe che mai, mai avrebbe avuto la forza di deludere le sue aspettative.
-Tranquilli.- dichiarò estremamente tronfio –Ho un’idea.


**NOTE FINALI**

E anche il penultimo capitolo è postato! Il prossimo arriverà entrò lunedì sera. Ringrazio tutti coloro che non mi hanno abbandonata in questo lungo periodo trascorso lontano da EFP, è stato meraviglioso ricevere ancora recensioni così entusiastiche e calorose, davvero, il piccolo Billy che è in me si è commosso fino alle lacrime :’)

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Capitolo 16
*** Sfumature di grigio ***


Sfumature di grigio
 

A divulgare all’intera società magica la verità su Billy non era stata Helena, come Draco aveva erroneamente creduto. Pochi giorni dopo, infatti, Jason O’Connor, in preda ai rimorsi e al senso di colpa, vuotò il sacco con la Granger, la quale ebbe sufficiente prontezza di spirito dall’intimargli di sparire dalla sua vista per almeno un anno, se non avesse voluto che lei stessa –O in alternativa Malfoy- lo trasformassero in un sonaglio per Hans Weasley o Lily Potter. Hermione gli lasciò carta bianca con James Potter, visto che il mostriciattolo continuava a frignaccolare per poter vedere il suo grande amico, ma per il momento loro due avrebbero smesso di vedersi e di sentirsi, con buona pace di Draco, il quale si limitò ad accanirsi su Rita Skeeter, colei dal quale l’Irlandese si era rivolto non appena aveva saputo del succulento scoop su Billy. La parola di un babbano geloso non sarebbe bastata, così lei, complice la sua natura da Animagus, si era tranquillamente potuta intrufolare nella casa di Malfoy sottoforma di insetto –motivo per cui i sensori magici non avevano rivelato alcuna presenza estranea- sentendosi liberissima di metterla a soqquadro per ottenere prove schiaccianti.  Gli avvocati –demoni infallibili e voraci- la torchiarono in tribunale con un tale, sadico accanimento, che a momenti rischiò di avere un tracollo nervoso (il viso trasfigurato dalla felicità di Draco Malfoy davanti alle misere lacrime della Skeeter popolò i giornali per circa i successivi quattro giorni). Fu condannata a un anno di servizio presso la sezione del Ministero riservata alle bestie magiche, nello specifico reparto Acromantule e Schiopodi Sparacoda, e a un risarcimento di circa centomila galeoni per diffamazione, effrazione domestica e furto.
Draco Malfoy fu immortalato mentre usciva dall’aula di tribunale con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, invero piuttosto inquietante addosso a un tipo lugubre come lui.
 
*  *  *
 
-Potter, Weasley, tenete al guinzaglio la vostra progenie, o sarò costretto ad appenderli al soffitto per evitare di cadere.- abbaiò Malfoy, nel mentre provvedeva a scavalcare il corpicino di Lily Potter, a gattoni sul suo pregiato tappeto indiano.
-Sta sbavando sul mio tappeto, dannazione! Sfregiato, ehi Sfregiato, la tua bestiola sbava su un tappeto costato quanto un polmone!
Harry Potter, pigramente stravaccato sul divano del salotto, si limitò a rivolgergli un ozioso sorriso, beccandosi in cambio una lunga e ricca serie di insulti sfornati su misura per lui.
James Potter indossava un cappellino di cartone fatto a cono e pieno di pennacchi, e correva per la stanza urlando a squarciagola, impegnato a inseguire il gatto che a sua volta miagolava tutta la sua rabbia per quella barbara colonizzazione del territorio. Albus e Hans erano entrambi seduti in grembo alle rispettive madri, una delle quali, Ginny Potter, stava al contempo cercando di richiamare l’attenzione della propria bambina, così da farla allontanare dal centro della sala, dove avrebbe rischiato di finire spiaccicata dai piedi fatati del bisonte biondo che si ritrovavano come padrone di casa.
Fortunatamente, due agili mani afferrarono la bambina prima che fosse troppo tardi, per poi sollevarla in aria e scuoterla dolcemente. Lily scoppiò in una risatina acuta, mentre Hermione la faceva oscillare sulla propria testa.
Ron Weasley sbucò dalla cucina, con Maya e Billy che gli stavano attaccati alle gambe, un’enorme torta di cioccolato in bella mostra tra le mani.
-Tanti auguri Hermione.- esclamarono in coro –E tanti auguri Billy.
Il volto di Hermione era pura luce, pulito e radioso, talmente bello che Draco ne avrebbe riempito ogni centimetro con un bacio.
Era il 19 settembre, e stavano insieme da sette mesi. Fin lì tutto bene. Era stata un’estate particolare, trascorsa in famiglia per la prima volta nella sua vita, tra viaggi in Irlanda, alla baia di Dingle, e presentazioni ai suoceri babbani (i quali si erano dimostrati ben più amichevoli di quanto fossero stati Lucius e Narcissa), e un campionato del mondo dove tutto, incredibilmente, era filato liscio. Nessuno ci avrebbe scommesso, sapendo che la buona riuscita dell’evento dipendeva anche da Potter e Weasley, coloro che erano famosi in tutto il mondo magico per essere dei portatori cosmici di jella. E invece ogni cosa era andata per il meglio, anzi, Il Regno Unito aveva persino portato a casa la coppa dei vincitori, e Ginny Weasley era stata confermata capocannoniere del mondiale.
Hermione tese la mano a Billy, mentre con l’altra si teneva stretta la piccoletta di casa Potter. Billy l’accolse con entusiasmo, vedendosi cedere il posto davanti alla torta piena di candeline. Maya si intrufolò accanto a lui, e lo stesso fecero James e Albus.
-Fate soffiare Billy.- si raccomandò Ginny –Capito James?
Billy si voltò verso il primogenito dei Potter, vedendolo già esibire un broncio allarmante, gli occhi talmente stretti  e un colorito rossastro sulle guance che era certo come il calar della notte: stava per mettersi a frignare.
-Soffiamo tutti insieme, se vuoi.- propose un po’ incerto.
Hermione gli arruffò affettuosamente i capelli, per poi avvicinarsi a Draco. Lui le passò un braccio intorno alla vita, mentre lei si appoggiava blandamente contro il suo torace, sussurrando qualche parolina all’orecchio di Lily, che del resto sembrava molto interessata dalla contemplazione di Draco.
-Potresti voltarla? Quegli occhi sono troppo grandi, mi mettono a disagio.
-Non essere ridicolo, Malfoy. La bambina ti trova affascinante, dovresti essere lusingato.
-A me basta che sia tu a trovarmi affascinante.- sussurrò lascivamente contro il suo collo –E magari anche sexy, intrigante, forte, virile e...
-Modesto?- domandò divertita.
-Quello non è un pregio.- brontolò.
-Di certo non per il grande e potente Malfoy.- lo scimmiottò.
I bambini spensero le candeline tutti insieme, per poi reclamare un adulto che tagliasse la torta. Draco si era già sporto verso il camino, intenzionato a prendere il campanello per richiamare l’elfo.
-Malfoy.- la voce della sua donna aveva un’inflessione implacabile –Cosa credi di fare, eh?
Le rivolse uno sguardo innocente.
-Vorrei chiamare…
-No.
-Ma almeno taglierà la…
-No.
-Ma non può restarsene senza niente da...
-NO!
-Allora chi taglia la torta?- sbottò indispettito.
-Tu, visto che sei l’unico con le mani libere.- sghignazzò Potter.
-Te lo puoi scordare, non esiste che un Malfoy si abbassi a tale, infimo livello. Non ho mai tagliato qualcosa in vita mia, e di certo non inizierò adesso!
Circa tre minuti più tardi Draco si accinse all’ingrato compito, cercando di ignorare le urla esilarate di Weasley davanti ai subdoli ricatti sessuali che Hermione gli aveva sibilato per indurlo a tagliare quella maledetta torta. I Marmocchi gli sbucarono tra le gambe, feroci come piccole volpi fameliche. Billy ovviamente fu l’unico ad attendere pazientemente il proprio turno.
Si sedettero a mangiare su sedie vicine, con il bambino seduto accanto a un muro dove faceva bella mostra di sé la fotografia di Astoria, rimossa con cura dalla tomba e trasferita nella casa. Draco aveva provveduto a riempire tutte le stanze della villetta con almeno un quadro appositamente incantato per permettere alla sua ex moglie di muoversi in libertà. Persino la sua stanza da letto ospitava un quadro. Ad Astoria non piaceva stare sola, e quando poteva ricercava la compagnia degli abitanti della casa. Ogni notte la trascorreva nella camera di Billy, e quando lui andava a dormire con Draco, anche lei si spostava di quadro.
Poche volte aveva avuto idee geniali come quella. Ne andava profondamente fiero.
-Ti piace la torta?- domandò curiosa. Billy annuì soddisfatto.
-E’ sofficissima.- constatò Draco, beccandosi l’occhiata derisoria di Astoria.
-Te l’avevo detto di tenerla in forno trenta minuti invece di quaranta. Se avessi fatto di testa tua l’avresti fatta esplodere. Menomale c’è Hermione a darmi supporto.
A lui non restò che ingioare il rospo. Dannata Granger, e dannata Astoria! Quelle due messe insieme formavano un duo a dir poco terrificante: la ciliegina sulla torta sarebbe stata data dall’aggiunta di sua madre. A quel punto avrebbe dovuto emigrare in qualche altro paese per ritrovare la pace e la gioia nell’essere l’unico essere di sesso maschile ad abitare una casa.
Aveva appena formulato quel pensiero su sua madre, che all’improvviso il camino del salotto si accese di Metropolvere.
Tutti i presenti si voltarono a guardare, Weasley fu veloce ad acciuffare James per il colletto della camicia appena un attimo prima che si tuffasse tra le fiamme.
L’attimo seguente, Lucius e Narcissa Malfoy uscivano dal caminetto, solo per rendersi conto di essere finiti dritti nel loro personalissimo girone infernale.
Potter stava ancora tenendo la forchetta sollevata a mezz’aria, e il pezzo di torta che aveva infilzato cadde miseramente ai suoi piedi, dove Bastet provvide a fare pulizia.
Weasley si scambiò uno sguardo eloquente con la sorella, come a dire che la festa poteva considerarsi bell’è conclusa.
Hermione invece si limitò a guardarli con diffidenza, la mano saldamente intrecciata a quella di Draco, il quale a momenti avrebbe finito con lo stritolargliela.
Il silenzio imbarazzato fu rotto da Luna.
-Vi stavamo giusto aspettando.- disse con la sua voce remota e sognante –Maya, sai cosa fare, vero?
Maya annuì obbediente, prendendo due piattini con dei pezzi di torta e dirigendosi verso i Malfoy. Ron fu sul punto di agguantare anche lei, evidentemente contrariato all’idea che la sua bambina si avvicinassi a due ex criminali di guerra che non si facevano vedere né sentire da sette mesi.
-Queste sono per voi.- dichiarò, offrendo loro i piattini.
Scese un nuovo, spiacevole silenzio. Lucius e Narcissa fissavano la bambina dai capelli color carota come se fosse stata una strana bestiola dell’aspetto non pervenuto. Maya però, faccia tosta fino in fondo, non perse neanche un grado del sorriso cortese avuto fino ad allora.
Era quasi sul punto di credere che avrebbero semplicemente girato i tacchi e se ne sarebbero tornati a casa, e una parte di lui non si aspettava altro che quello, visto come lo avevano tagliato fuori insieme a Billy per tutto quel tempo, solo perché aveva annunciato loro che pur ricorrendo a maledizioni, fatture o malocchi, niente di ciò che avrebbero fatto sarebbe riuscito a portargli via Hermione.
Lui era felice solo stando con lei. E l’unico modo in cui loro potevano accettare quella felicità senza rovinare la vita a nessuno, era stato sparire.
In fin dei conti, in un certo senso gli avevano dimostrato che per loro la sua felicità era più importante del continuare a frequentarsi assiduamente sapendolo infelice.
Ma Black e Malfoy non conoscevano le mezze misure, per loro esistevano solo il bianco e il nero, sfumature di grigio non erano ammesse nel loro universo preordinato. E di certo, ritrovarsi a una festa con Granger, Weasley, Potter e famiglie al seguito, non rientrava nei loro piani, né tantomeno avrebbe potuto spronarli a una riappacificazione con il loro unico figlio.
Dunque, era quasi sul punto di credere che avrebbero semplicemente girato i tacchi e se ne sarebbero tornati a casa, quando Narcissa, sorprendentemente, allungò una mano verso il piattino che le veniva offerto. Lo prese con mano leggermente tremante.
-Grazie.- mormorò atona. Maya le rivolse un ampio sorriso, quasi si fosse sentita apostrofare con un gaio “Grazie zuccherino adorato”.
Lucius ripeté il gesto della moglie, grugnendo il proprio ringraziamento.
-Siamo passati per il compleanno di nostro nipote.- esordì Narcissa con voce straordinariamente calma –E per rivedere te, Draco.
-Sono felice che siate qui.- rispose con un mezzo sorriso, avanzando verso di loro. quando si trovò di fronte a sua madre, fu sul punto di abbracciarla, ma poi qualcosa lo trattenne. Il senso del pudore, forse, perché sapeva che non le avrebbe fatto piacere dare spettacolo davanti a tutti, soprattutto quando c’erano i Tre dell’Ave Maria, così si limitò a toccarle affettuosamente un braccio. E invece Narcissa azzerò la distanza tra loro, avvolgendolo in un abbraccio stretto e protettivo, tenendolo stretto contro di sé per quelli che gli parvero secoli.
-Ti trovo smagrito, figlio mio.- considerò poi, allontandandolo bruscamente da sé –Granger, spero quantomeno che tu sappia cucinare, visto che non vedo neanche l’ombra di un elfo domestico.
Un sonoro colpo di tosse proveniente dalla zona di Ginny segnalò che quella battuta maschilista non era stata molto gradita.
Hermione si stampò in faccia il sorriso più largo che riuscisse a costruire per amore di Draco, cedendo alla suocera il posto sulla poltrona e glissando addirittura su quell’infelice riferimento agli elfi domestici.
Grazie al cielo, Lucius si limitò a una poderosa stretta di mano, risparmiando a entrambi la vergogna di un altro abbraccio, per poi lasciare che Billy lo guidasse verso una sedia.
-Chi l’avrebbe mai detto?
La voce tersa di Astoria lo fece voltare. La ragazza sembrava positivamente colpita da quel risvolto di situazione.
-Forse persino i tuoi genitori sono più ragionevoli di quanto mi sarei aspettata.
-Sai come sono, i Malfoy non dimenticano.- disse, comunque vagamente compiaciuto da quella fibra morale di ferro tipica della sua famiglia.
-Tu lo hai fatto.- ribatté lei con un ghigno impertinente –Sei cambiato per amore di tuo figlio, e per amore di Hermione.
Draco stornò il proprio sguardo verso Hermione, la quale stava cercando di avviare un titubante discorso con Narcissa –evidentemente si stava servendo della piccola Potter come argomento di conversazione suffcientemente neutro per scansare il pericolo di una lite con la suocera- , e Billy, che invece stava scartando il regalo portatogli da Lucius, con James, Maya e Albus che si tendevano oltre le sue spalle per sbirciare di cosa si trattasse. Poco distanti, Potter e Weasley seguivano la scena con attenzione maniacale, pronti a intervenire non appena Hermione o uno dei pargoli avessero anche solo starnutito.
-Forse loro stanno cercando di cambiare per amor tuo.- suggerì Astoria.
-Va a finire che Potter aveva ragione a dire che l’amore trionfa su tutto.- commentò rassegnato Malfoy, salvo poi ricordarsi di correggere il tiro –Ovviamente Potter non deve sapere che gli ho dato ragione.
-Sarò muta come una tomba.- ribatté l’altra, facendo dell’ottima ironia.
-Draco!- Billy arrivò di gran carriera, tenendo tra le mani una scatola più grossa di lui, di un bel colore sgargiante che gli fece immediatamente capire di cosa si trattasse.
Dolciumi di Mielandia. Lo stesso regalo che suo nonno faceva a lui quando era più piccolo.
Lucius Malfoy, razza di ruffiano...
-Ti cascheranno tutti i denti.- sghignazzò, prendendogli la scatola dalle mani prima che potesse sbilanciarlo e farlo finire in terra a diventare tutt’uno col tappeto, e poggiandosela sulle gambe.
-Ma tu me li farai ricrescere con la magia?- domandò con un sorrisino lungimirante.
-Te lo prometto.- disse solenne.
-Patto col mignolo?
Allungò la manina chiusa a pugno, col solito dito steso verso di lui. Questa volta però, Draco non ebbe dubbi a intrecciarlo di slancio col proprio.
Sorrise: –Patto col mignolo.
La mattina del giorno in cui la vita di Draco Malfoy cambiò per sempre si preannunciò tutt’altro che funesta. Non accadde assolutamente nulla da far sospettare al giovane che di lì a sera gli sarebbe capitata una tragedia. Anzi, una vera e propria catastrofe.
Eppure, guardando suo figlio che gli sorrideva, e l’amore incondizionato con cui lo adorava in silenzio e nei piccoli gesti quotidiani, ringraziò la buona stella di Astoria per avergli donato quella catastrofe.
 
The end


** NOTE FINALI **

Beh, eccoci alla fine anche di questa storia. Ci tengo a fare i saluti e i ringraziamenti a tutti voi che mi avete seguita in questo lungo anno, che mi avete supportata e avete amato Draco, Hermione, ma soprattutto Billy. So che a tratti la storia non rientra esattamente nel genere “commedia”, ma d’altronde è la vita che non può essere sempre tutta una risata. Ad ogni buon conto, il lieto fine era ovviamente immancabile ;)
Grazie a tutti!

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