Santa Salacca! di Morpheus Wings (/viewuser.php?uid=136039)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo chiamavano Bocca di Rosa ***
Capitolo 2: *** Il tesseramento ***
Capitolo 3: *** Ventimila Metri ***
Capitolo 4: *** Per tutte le imprecazioni! ***
Capitolo 5: *** Per tutti i brodi vegetali! ***
Capitolo 6: *** Per tutte le capere! Non c'è pace per i pettegolezzi. ***
Capitolo 7: *** Per tutti i finali! ***
Capitolo 1 *** Lo chiamavano Bocca di Rosa ***
“Ma
una notizia un po' originale non
ha bisogno di alcun giornale come
una freccia dall'arco scocca vola
veloce di bocca in bocca.”
Essere un bibliotecario ti permette di
conoscere molta gente, o almeno di riconoscere i volti familiari di
quelli più affezionati agli scaffali polverosi. Se poi la
biblioteca dove lavori fa parte di una cittadina così piccola
che tutti si conoscono, dove ognuno conosce almeno due generazioni
degli altri abitanti, allora la familiarità è ancora
più accentuata.
Pike High una cittadina dimenticata da
Dio, nel mezzo delle montagne canadesi, dichiara l'imbarazzante
numero di tremila abitanti.
Le giornate dei suoi cittadini sembrano
essere assolutamente monotone e noiose. La routine è di casa
qui a Pike High.
Ma c'è quella piccola parte in
ognuno di loro che continua a farli sperare che qualcosa di diverso
accada. Perciò con questo stato d'animo e psichico, è
normale che tutti vadano in visibilio se la pettegola di turno arriva
con una notizia succulente.
“Avete sentito? Sta per
trasferirsi qui da noi un pianista famoso!”
Era la frase del giorno che volava di
bocca in bocca.
Nel giro di poche ore tutto il paese ne
era informato. C'era chi ipotizzava l'aspetto fisico, chi il
carattere, chi i gusti... poche ore e quel pianista aveva già
occupato le fantasie di tutti.
“Sì, ma chi è?”
chiedeva il coraggioso di turno.
“Boh! Ma è famoso!”
Era l'unica risposta che si otteneva.
La città divenne frenetica per
quello schiaffo alla sua routine, tanto che il povero bibliotecario
dovette faticare non poco per tenere a bada i mormorii che riempivano
la sua sala.
“Ok, ora mi avete stancato! Chi
non vuole tacere è pregato di lasciare la sala!”
“Ma Jensen! Non hai sentito la
novità?”
“Sì... e francamente, non
m'interessa. Ora se volete chiacchierare il bar è fuori”.
Si tirò su gli spessi occhiali,
che partivano dalle sopracciglia e arrivavano fino alle guance, e
guardò ad un o ad uno i presenti, intimandoli a stare zitti.
Quelli lo guardarono di rimando,
sconvolti dalla sua poca voglia di sapere.
Ovviamente anche Jensen era curioso,
insomma in una città del genere chi non lo sarebbe? Ma se
c'era qualcosa che lo mandava in bestia era la gente che parlava in
biblioteca. Era inconcepibile per lui. Si veniva a leggere lì
e non a chiacchierare, Santa Salacca!
Finalmente il silenzio tornò a
fare da padrone in quella sala, ma solo perchè ormai c'era
solo Jensen. Tutti, dopo la predica del bibliotecario, si erano
alzati ed erano andati via, più interessati alla conoscenza in
campo di gossip piuttosto che in quella culturale. Ma a lui stava
bene così. Riprese il suo libro tra le mani e si immerse nella
lettura, completamente.
Non si accorse dei rumori di passi che
incombevano nell'edificio. Certo che no! La bella dama era in
pericolo, il conte cattivo l'aveva rapita e ora attentava alla sua
innocenza! Sobbalzò quando qualcuno gli toccò la mano.
Gli occhiali scivolarono giù dal naso e dovette riposizionarli
di nuovo per vedere la losca figura che gli si parava avanti. Era
quello nuovo.
I due uomini tacquero per un minuto
buono, studiandosi a vicenda.
L'uomo era alto, capelli corvino, pelle
chiara e fisico slanciato e con due spalle possenti. Ma quello che
colpiva di più erano gli occhi. Erano di un colore davvero
particolare. Un blu così intenso non lo si vedeva ovunque.
Jensen gli sorrise. Doveva essere arrivato in città da poco ed
era già lì in biblioteca. Si disse che potevano forse
diventare amici. Un uomo che non può stare lontano dai libri
nemmeno durante il trasloco era un possibile pretendente alla sua
amicizia.
“Hai bisogno di aiuto?”
chiese all'altro che stava dritto in fronte a lui e che continuava a
fissarlo, con uno sguardo che non riusciva a decifrare.
“Sì”
Jensen sbattè le ciglia. Che
risposta era? Era forse stupido? No, perchè lui gli stupidi
proprio non li sopportava. Non poteva essere suo amico allora,
assolutamente no!
“Cosa ti serve?”
“Ehm... sto cercando la sezione
narrativa” chiese infine senza staccargli gli occhi di dosso.
“Terza fila a destra”
indicò con un dito la sezione.
“Grazie” disse lo straniero
e poi si allontanò.
Riemerse dalla sezione con un libro in
mano. Si sedette ad uno dei tavoli, vi poggiò il libro sopra,
lo aprì e cominciò a leggerlo. O almeno ci provò.
Jensen poteva giurare che quello gli lanciava qualche occhiata, tra
una pagina e l'altra. Lo vedeva chiaramente anche se aveva riportato
sotto al naso il suo libro. Anche lui lo osservava di tanto in tanto
e poteva vedere quanto spesso la sua attenzione fosse rivolta a lui e
non al libro.
Che strana persona pensò,
prima di dare la sua completa attenzione al suo racconto. Lo
straniero già dimenticato.
Angolo Autore:
Salve a tutti! Rieccomi qui.
Allora volevo dire qualcosa di questa
fic. Innanzitutto, la citazione con cui si apre questo capitolo è
tratta dalla canzone del grande Fabrizio De Andrè- Bocca di
rosa. L'ho messa perchè mentre scrivevo questo capitolo
continuava a venirmi in mente quel verso.
Allora spieghiamo un paio di cosette!
Il capitolo è breve perchè
voglio sperimentare una cosuccia, questioni personale e abbastanza
noiose che vi risparmio per il vostro bene. Comunque, non so quanti
capitoli avrà questa AU e a dire il vero né dove voglio
andare a parare! Mi andava di scrivere questa cosuccia e l'ho fatto.
Gli altri capitoli saranno altrettanto brevi, a causa del mio
personale esperimento citato poc'anzi.
Non so che rating è, come detto
non so niente di questa storia un po' come voi, ma conoscendomi
sicuramente si arriverà a quello arancione!
Volevo solo dirvi questo! Spero vi sia
piaciuta almeno un pochito. Ogni commento o suggerimento è
bene accetto, non preoccupatevi anche se dovete dirmi che vi fa
particolarmente schifo, accetteròil consiglio!
A presto!
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Capitolo 2 *** Il tesseramento ***
L'eccitazione andò scemando
nelle settimane successive e la città tornava sui suoi binari,
la questione pianista già archiviata.
Appena arrivato il povero nuovo
cittadino era stato tallonato da tutti, che per l'occasione
indossavano i panni del tipico stalker. Ma quello aveva rifiutato,
sempre con galanteria, ogni tipo di approccio fisico o mentale. Per
loro era un personaggio davvero strano, non solo per i numerosi
defilamenti, ma anche perchè passava tutto il giorno chiuso o
in casa o in biblioteca.
Per loro sfortuna perfino lo straniero
era un tipo abitudinario. La mattina se si passava fuori la sua villa
lo si poteva sentire esercitarsi fino all'ora di pranzo, poi tutto
taceva. Qualche ora dopo usciva di casa per andare in biblioteca e
poi rientrava per l'ora di cena. Infine sul tardi lo si sentiva
esercitarsi di nuovo col pianoforte. Fortuna che nei paraggi non ci
abitava nessuno, altrimenti i vicino avrebbero avuto una bella gatta
da pelare. Quello che loro non sapevano era che la casa era stata
scelta appunto per quel motivo.
Ovviamente il nuovo arrivato aveva già
conquistato il cuore delle donne di Pike High e non c'era da stupirsi
vista la bellezza della sua persona. Ma purtroppo per loro sembrava
che nessuna andasse bene per lui. Infatti, il pianista sembrava non
aver alcuna predilezioni per le sue concittadine. Era tutto
pianoforte e libri, non andava nemmeno a fare la spesa, a quello ci
pensavano i suoi domestici.
L'andirivieni della vecchia biblioteca
era aumentato da quando il nuovo cittadino ci passava interi
pomeriggi e questo faceva stizzire Jensen. C'era sempre confusione
nella sala e non si poteva leggere in pace, se non la mattina quando
il tizio gli faceva la grazia di non venire.
Un'altra cosa che faceva arrabbiare il
bel bibliotecario era l'atteggiamento di quell'uomo. Sembrava sempre
sul punto di dirgli qualcosa ma poi sviava il discorso e se ne andava
a sedere, osservandolo continuamente per tutto il pomeriggio. Non gli
piaceva essere spiato, lo metteva al disagio, ma non gli andava
nemmeno di essere maleducato richiamandolo. Così a volte gli
lanciava semplicemente uno sguardo truce e quello di rimando gli
sorrideva.
Dopo qualche giorno si decise a
presentarsi. Fu una presentazione bizzarra, visto che in realtà
a Jensen serviva il suo nome per compilare il modulo di richiesta
tesseramento della biblioteca, ma quello si illuminò in un
sorriso abbagliante.
“Misha... Misha Collins”
rispose entusiasta.
Perchè mai era così
contento? Gli piaceva essere tesserato? Era ancora più strano
di quanto pensasse!
“Come si scrive Misha?” e
quello glielo dettò.
“È russo” spiegò
poi “Tu sei Jensen giusto?”
“Sì, sono io. Immagino che
ti hanno già detto che sono un rompipalle!” rispose
senza staccare gli occhi dal modulo che stava compilando.
“Sì... ma sinceramente
credo che tu abbia ragione”.
Alzò la testa per guardarlo e si
ritrovò a fronteggiare un sorriso a 32 denti, uno di quelli
che avrebbe fatto svenire una donna. Si ritrovò a corrugare un
sopracciglio, allora l'altro rise.
“Voglio dire... in una biblioteca
si legge o si studia, non si viene a parlare no?” e gli fece
l'occhiolino, ma Jensen non ci fece molto caso. Finalmente qualcuno
che la pensava come lui.
“È quello che dico sempre”
ammise.
“Certa gente non capisce proprio
il bello delle biblioteche” si mordicchiò il
labbro inferiore.
Jensen lo guardò con fare
interrogativo, non riusciva a capire quello strano atteggiamento.
“Eh già...” rispose
soltanto, porgendogli il tesserino nuovo di zecca.
Quello lo prese e se lo rimirò
tra le mani.
“Bella scrittura” e rise,
per un qualche motivo che a Jensen sfuggiva “Con questo mi
autorizzi a mettere le radici qui” rispose alla tacita domanda
dello sguardo perplesso del bibliotecario.
“Beh... se ti piace stare qui...”
“Oh credimi... mi piace
eccome! Sappi che non ti libererai di me facilmente”.
Gli sorrise, fece l'occhiolino, epoi
tornò al suo posto, sì suo perchè così
aveva deciso. Inutile dire che quella era la postazione migliore da
cui osservare il bel panorama che offriva quella vecchia sala.
Jensen si tirò su gli occhiali,
che come al solito gli erano caduti sul naso, e sbattè più
volte le palpebre.
Strano. Decisamente strano.
Da quel giorno in
poi cominciò una specie di routine dove Misha faceva battutine
che solo lui capiva e Jensen lo guardava stranito.
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Capitolo 3 *** Ventimila Metri ***
Due mesi che si era
trasferito, e Misha non era riuscito a fare breccia nel cuore del bel
bibliotecario. Aveva provato ogni tattica seduttiva che conosceva, ma
non aveva scalfito nemmeno la superficie del cuore di ghiaccio che
quell'uomo si ritrovava. A volte pensava che l'unico modo per farsi
capire era dire chiaro e tondo come stavano le cose. Ma poi
ripensando al soggetto, si sarebbe ritrovato solo con un due di
picche. Era mai possibile che l'unica cosa che colpiva il cuore del
bel bibliotecario fossero solo i libri? Non aveva amici, parenti o
chicchessia che gli donavano calore umano?
Abbassò la
testa sulla tastiera del suo pianoforte mentre, scoraggiato, faceva
scivolare le sue dita fluide sui tasti ingialliti. La melodia che
stava componendo era in sintonia con il suo stato d'animo,
malinconica e struggente. Sbuffò rumorosamente e chiese
consiglio al suo migliore amico.
“Cosa devo
fare con lui?” Gli chiese, depresso e abbattuto, come mai in
vita sua. “Lui è semplicemente perfetto! Il suo corpo è
una pura armonia, nessuna nota fuori posto! Come posso persuaderlo a
darmi una chance senza rischiare che si chiuda ancora più a
riccio nel suo mondo, fatto solo di libri? Aiutami tu, amico mio!”
Passò la
mano sul suo amico che, anche se era fatto per lo più
di legno, era l'unico che riusciva a capirlo. Parlava con le sue
parole.
Da cosa premi capisco quello che
senti, non ho bisogno di parole. Sembrava
rispondergli, ogni volta che premeva un tasto e un suono aleggiava
tutto intorno a lui, accarezzandogli la pelle.
“Solo tu mi
capisci” gli sussurrava.
Perché io sono tuo quanto i
libri sono di Jensen, gli
rispose il suo amico, quando si accese una lampadina ad entrambi.
“Per tutte le
intuizioni! Ma certo! I libri!” esclamò, dando più
vigore alla sonata che stava intonando.
Era ovvio che uno,
così appassionato di pianoforti, riuscisse a capire come
entrare nel mondo di un appassionato di libri. Erano fatti della
stessa pasta.
Andò nella
sua libreria e prese un libro. Se proprio non riusciva a fare breccia
col suo charme, ci avrebbe pensato quel libro. In fondo a lui aveva
cambiato la vita... chissà quale effetto avrebbe avuto su
Jensen, lui che viveva di libri!
Corse in direzione
della biblioteca, con una scintilla di speranza che si accendeva nel
suo corpo, facendolo fremere dall'impazienza e dandogli una carica
vertiginosa.
“Cosa avrà
da andare così di fretta?” chiese la pettegola del paese
alla sua amica comare.
“Bah... quel
ragazzo è proprio strano, fa concorrenza al nostro Jensen”.
Quando arrivò
a destinazione spalancò così forte la porta che Jensen
sobbalzò dallo spavento.
“Santissimo
infarto! Misha! Cosa diavolo ti è preso?” si aggiustò
gli occhiali che gli erano quasi balzati via dal naso.
“Scusa”
rispose quello ansando, affaticato dalla corsa “è solo
che... ho trovato questo libro nella mia libreria e ho pensato che
dovevi leggerlo!”
“Tu hai fatto
una corsa da casa tua fin qui per portarmi questo libro?”
chiese il bibliotecario incredulo, strabuzzando gli occhi.
“Sì”
rispose risoluto il pianista, catturando quelle iridi verdi per
alcuni secondi, che lo fecero annaspare ancora di più per
l'ossigeno.
“Grazie!”
disse Jensen tutto entusiasta, nessuno aveva mai fatto una cosa del
genere per lui! Era davvero la cosa più carina che poteva
capitargli. Prese il libro tra le mani e ne accarezzò la
copertina, era molto consunta, probabilmente il suo proprietario lo
aveva letto molte volte.
Buon per lui,
si ritrovò a pensare.
Misha
sentì un crack,
non riuscì però a capire se era il suono del cuore di
Jensen che veniva intaccato o era il suo, che si era spaccato dopo
che aveva visto quello sguardo così tenero?
Sul volto del bell'uomo davanti a lui.
“Questo
libro” riprese, con il fiato mozzato, ma stavolta anche per
altri motivi “Mi ha letteralmente cambiato la vita. Mi ha
aperto gli occhi su un altro mondo, uno decisamente migliore”.
Sorrise quando l'altro alzò lo sguardo su di lui per esaminare
la sua espressione, quasi come a voler cercare conferma delle sue
parole.
Il bibliotecario
chinò il capo, improvvisamente arrossito, e si focalizzò
sul titolo del volume.
“Ventimila
Metri di Tommy Commy” lesse, con stupore. Non c'era quel libro
nella sua biblioteca! Santa Salacca! Che oltraggio! Doveva leggerlo
assolutamente!
“Quando hai
finito di leggerlo ne parliamo insieme, se per te va bene...”
“D'accordo!”
rispose con lo stesso entusiasmo di quando aveva accolto il regalo
nelle sue mani. Un compagno con cui discutere di libri e magari
scambiarseli anche! Doveva essere Pasqua!
“Facciamo a
cena? Da me?” chiese titubante, non sapendo fin dove si potesse
sospingere senza fare danni.
“Sì,
sì. Sembra... fantastico. Io posso aiutare a cucinare! Sono
bravo ai fornelli!” dichiarò fiero delle sue doti
culinarie.
Misha
si stampò un sorriso ebete in faccia. Se fosse stato più
stupido si sarebbe fatto beccare con la bava alla bocca!
All'improvviso la visione di quel corpo così sensuale davanti
ai fornelli a cucinare per lui, per loro, gli
sembrava la cosa più erotica che potesse immaginare. Si
appuntò mentalmente di mandare via la servitù per quel
giorno, così da stare solo lui e il suo bello.
“Perfetto!
Allora quando hai finito... avverti! Mi raccomando fa attenzione...
quel libro è diabolico!”.
Jensen si girò
il libro tra le lunghe dita affusolate.
“È
davvero così pericoloso? Sono pochi i libri che ho letto e che
mi hanno fatto cambiare modo di pensare... di vedere... le cose...”
“Credimi.
Questo lo è. Non voglio spaventarti, ma sono piuttosto sicuro
che dopo che avrai letto queste pagine, non sarai più lo
stesso uomo con cui sto parlando adesso. Ora basta chiacchiere, a te
non piacciono nemmeno! Vi lascio da soli. Buona lettura!”.
Detto
questo si allontanò, uscendo di scena con un ghigno sulle
labbra. Finalmente qualcosa era cambiato! Ce l'aveva fatta alla fine.
Anzi era andata meglio di quando si aspettasse, aveva ottenuto un
mezzo appuntamento e, se aveva fatto bene i conti, con molta
probabilità avrebbe avuto a che fare con un nuovo Jensen, uno
più aperto
alle
nuove esperienze.
Corse
dritto a casa a confessare tutto al suo migliore amico, solo lui
poteva capire la sua gioia fino in fondo. Solo lui poteva parlare con
le sue parole.
Rieccomi...
scusate il ritardo!
Prima
di tutto: non cercate il libro e l'autore che non esistono! Fanno
parte di vecchi scherzi fatti con amici.
Questo
capitolo è un po' più lunghetto e molto Misha-centric.
Dopo due capitoli concentrati su Jensen era giusto che anche Misha
avesse il suo spazietto.
Se
vi incuriosisce sapere di cosa tratta il libro dovrete aspettare il
prossimo capitolo XP
Ringrazio
la mia beta, nonché mogliA, che qui si chiama sempre Nemesis
qualcosa-che-non-ricorderò-mai-ma-a-noi-piace-così
a.k.a. Kari XP
Al
solito, grazie a chi commenta o si fa vivo in qualunque modo!
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Capitolo 4 *** Per tutte le imprecazioni! ***
Erano
due giorni che Jensen non usciva di casa, nemmeno per andare alla sua
amata biblioteca. Si era dato per malato e gli avevano anche creduto,
visto che lui non aveva mai fatto un giorno di festa a lavoro,
significava perciò che stava proprio male.
In
verità lui si era blindato nel suo appartamento per leggere
quel maledetto libro! Mai in vita sua avrebbe pensato che un
giorno avrebbe potuto associare la parola “maledetto” a
un libro. E invece quel giorno era arrivato.
La
prima volta che aveva poggiato il suo sguardo sulle pagine di quel
libro, fu proprio dopo che Misha, dopo averglielo consegnato, era
uscito dalla sala. Dopodiché si era immerso nella lettura.
Quel libro era davvero travolgente, come un fiume in piena. Lo
aveva tempestato di emozioni così diverse e, nonostante si
trattasse soltanto di un racconto, così vere.
Quel
giorno aveva quasi fulminato con lo sguardo chiunque interrompeva la
sua lettura, fortuna che Misha aveva deciso di non presentarsi più
quel pomeriggio, così dopo un oretta la sala si era svuotata.
Ne fu davvero felice, perchè quando gli si presentò un
imbarazzantissima erezione, non c'era nessuno a cui dover dare
spiegazioni.
Quando
realizzò l'effetto che quel libro aveva su di lui, decise che
l'unica soluzione, per evitare pessime figuracce, era quello di stare
lontano dal mondo intero finchè non avesse finito la lettura.
Il
libro lo aveva ormai finito da un giorno, ma lui non riusciva a
trovare il coraggio di uscire di casa. Non dopo quello che aveva
letto.
Come
faccio? Si ripeteva,
accovacciato sul divano, con le ginocchia strette al petto.
Sì,
aveva paura. Perchè? Ma è ovvio, perchè lui si
era identificato con il protagonista del libro.
Non
era una cosa strana che Jensen si immedesimasse con i personaggi dei
libri, anzi era alquanto scontato ormai, ma quello che era successo a
questo personaggio lo aveva particolarmente allarmato.
Il
ragazzo descritto nel libro gli somigliava, per filo e per segno,
caratterialmente. Come lui era timido, impacciato, poco propense alla
compagnia, amante dei libri e con attrazione sessuale verso l'altro
sesso quasi nulla. Finchè non arrivò -era scontato che
arrivasse qualcosa a scombussolargli la vita, no?- lui.
L'unico essere umano che può fargli perdere la testa. L'unica
persona che riesce a fargli girare la testa. L'unico che è
riuscito a farlo uscire di testa!
Era
questa la vera paura di Jensen. Lui, del tutto razionale e totalmente
orgoglioso di questo, era terrorizzato ad uscire di casa e incontrare
una tale persona.
È
inutile specificare che Jensen aveva in mente, più o meno, chi
potesse arrivare a prendere il suo autocontrollo e strapparglielo
via, come carta straccia. Non era stupido lui, semmai ingenuo. A
questo punto l'aveva capito a che gioco stava giocando l'altro, il
punto stava nel capire perchè.
Perchè
voleva spingerlo in quella direzione? Per passione? Per gioco? Perchè
forse si annoiava? Lui non ne sapeva niente e non riusciva a capire
se voleva oppure saperlo.
Ma
il punto cruciale era proprio questo: cosa voleva?
Ora
che aveva aperto gli occhi su “un altro mondo”,
come lo aveva chiamato Misha, voleva intraprendere quella strada o
voleva restarne fuori?
Insomma,
lui non aveva mai provato attrazione verso un altro uomo, beh a dirla
franca nemmeno verso una donna, non che non abbia mai avuto una
ragazza chiariamo, ma non ha mai trovato nessuna che gli facesse
palpitare il cuore, che gli facesse volare le farfalle nello stomaco
o che gli facesse sentire il suono delle campane, proprio come
succede nelle migliori storie d'amore. Ma se era successo al ragazzo
nel libro -che gli somigliava così tanto- perchè non
poteva capitare anche lui? Magari un giorno aprendo gli occhi ci si
accorgere di essere gay e allora non ci puoi fare più niente.
Chi era lui per essere così sicuro di come si sarebbero svolti
i fatti nel suo futuro, prossimo o lontano che sia?
Tanti
dubbi e domande vorticavano nella mente di Jensen, ma lui non sapeva
proprio fermarli, come metterli a tacere. Non sapeva nemmeno come
comportarsi con Misha.
Gli
piaceva? Beh, lui non lo aveva mai guardato con quei occhi,
perciò il suo non poteva essere un “no”
definitivo. Per giunta gli aveva anche dato una sorta di appuntamento
-eh sì, adesso lo riconosceva come tale- e non poteva
rimangiarsi la parola data giusto? Vabbè nell'essere in dubbio
sulla propria sessualità, ma l'onore resta sempre l'onore!
E
poi cosa gli avrebbe detto appena l'avrebbe rivisto? Doveva
raccontargli di quello che stava passando, perchè
probabilmente ci era passato anche lui e poteva capirlo o doveva fare
finta di niente? Fare finta che nulla di tutto questo fosse accaduto
e che lui non avesse mai letto quel libro. Poteva riuscirci? Ne
dubitava fortemente, come si può fare finta di niente dopo
tutto quello che era successo?
Tra
tutte le perplessità, che gli proponevano davanti, di una cosa
era certo: odiava non
sapere.
Non
essere codardo Jensen! Vai e affronta la cosa da uomo! Non puoi
mollare al primo ostacolo! Se Robinson Crusoe avesse ceduto alla
prima difficoltà, non sarebbe sopravvissuto dopo la prima
pagina!
Raccolse
tutto il coraggio che aveva in corpo, prese la giacca ed uscì
di casa per farsi una passeggiate.
Un
passo alla volta si
diceva ora la
passeggiata -così vedi che il mondo non è cambiato e
non è più spaventoso di quanto lo fosse stato in
precedenza- e domani il lavoro.
Posso
farlo!
Salve! Rieccomi qua!
Perdonate questo assurdo ritardo
ma:
ero in pausa convention;
ero in pausa post-convention;
ero in pausa-ispirazione.
Ma adesso sono tornata -non in
forma- con questo capitoletto Jensen-centrico.
So che tutti vi aspettavate la
parte della cena, ma pazienza, dovete prima capire cosa succede nella
testolina del povero Jensen prima di andare avanti.
A proposito della testolina di
Jensen... vi dico che ho faticato parecchio per inquadrarlo bene e
vagliato le sue possibili reazioni, e ho scelto quella della “messa
in dubbio” come più plausibile. Non sono certa di aver
reso per bene la sua personalità e che vi sia giunto un input
che vi serva a farvi capire le sue prossime mosse -spero proprio di
sì- ma in caso ci siano dubbi fatemelo sapere e tenterò
di spiegarmi meglio.
Il libro che di cui narriamo
“l'effetto sconvolgimento psichico” il così
chiamato “Ventimila metri” non esiste, ma in realtà
la trama è presa da questo libro: “Chiamami con il tuo
nome – Aciman Andrè” che io ho trovato
meraviglioso e travolge, e per davvero mi ha sconvolto la mente!
Che altro dire, spero vi piaccia
questo capitolo e spero di tornare in carreggiata il primo possibile.
Baci X
Mary
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Capitolo 5 *** Per tutti i brodi vegetali! ***
Il giorno dopo Jensen andò
a lavoro, ma non era più la stessa cosa. Guardava con occhio
critico chiunque gli si parasse davanti- uomo o donna non importava-
e, mentalmente, cercava di capire quante probabilità ci
fossero che quella persona fosse colui che lo avrebbe mandato al
manicomio. Non riusciva nemmeno a concentrarsi sul libro che
aveva di fronte, utilizzato ormai per copertura, così da non
farsi beccare a fissare. Che brutta fine...
Il giorno trascorse molto
lentamente, non avendo nulla ad occupare il suo tempo, se non il
pensiero di come doveva comportarsi adesso.
Nel pomeriggio, come al solito,
Misha passò in biblioteca e, appena vide Jensen, sul suo volto
si formò un sorriso davvero... abbagliante. Anche
l'altro uomo si accorse del suo arrivo, visto che non aveva fatto
altro che sorvegliare quella porta da quando era arrivato. Misha si
diresse verso di lui a rapide falcate, senza mai abbandonare quel
sorriso.
“Ciao!” gli disse in
tono gioioso. Doveva ammettere a se stesso che gli era mancato il suo
adorato bibliotecario.
“C-ciao” rispose
imbarazzato Jensen, passandosi una mano dietro la nuca.
“Come mai non sei venuto in
questi giorni?”
“Non sono stato molto
bene...” spiegò, abbassando lo sguardo. Mentire lo
faceva sentire a disagio, ma in fondo non era davvero una bugia, no?
“Accidenti... se lo avessi
saputo sarei venuto a farti visita con il mio
super-brodo-ristoratore, dicono che faccia miracoli!” ridacchio
al ricordo di chi avesse detto ciò.
Jensen non sapeva cosa
rispondere, si limitò ad arrossire e ad annuire. Il silenzio
calò tra di loro.
“Allora... hai letto il
libro che ti ho dato?” chiese così, a bruciapelo.
Il biondino si congelò
all'istante. Aveva passato giorni a pensare a cosa rispondere a
questa domanda e ora che era arrivato il fatidico momento, non sapeva
che dire! Dannazione...
“Ehm... sì... l'ho
letto...” balbettò in preda al panico.
“Fantastico! Allora cosa te
ne pare? No aspetta! Non dirlo! Avevamo concordato una cena per
discuterne insieme. Non voglio rovinarmi la sorpresa! Allora a
quando?” disse tutto d'un fiato, totalmente estasiato da come
si stavano svolgendo i fatti. Fosse stato per lui, la cena si sarebbe
fatta anche seduta stante... perfino lì in biblioteca.
A Jensen invece quasi venne un
infarto! Anche se si era preparato mentalmente alla questione cena,
non riusciva proprio a farsene una ragione!
Un
appuntamento! Un dannato appuntamento! Continuava
a ripetersi, come un mantra.
“Jensen?” chiamò
il pianista, quando non ebbe risposta, incuriosito dall'espressione
dell'altro.
Non fare la donnina... adesso
calmati... non è detto che sia un appuntamento... sei solo tu
che stai volando con la fantasia... puoi farlo! Sì, posso
farlo!
“Ehm...
quando ti fa più comodo, non ho nulla in programma per questi
giorni...”
Sì, lasciare a lui la
scelta... era di sicuro più facile da gestire.
Dall'altra parte Misha era stato
inondato da una marea di pensieri. Stava lottando contro se stesso
per non dire “stasera” oppure “domani”, non
voleva dare l'impressione di stare con la bava alla bocca... cosa
vera, ma sperava di riuscire a nasconderlo. Poi, notando che Jensen
era così pallido e marchiato da due occhiaie, si disse che
forse era meglio dargli qualche giorno in più per rimettersi,
lo voleva in forma per la serata. D'un tratto un'idea gli balenò
in mente!
“Che ne dici di sabato?”
sputò improvvisamente.
Sabato era perfetto. Dava a
Jensen cinque giorni per rimettersi in forma e a lui il tempo di
escogitare qualcosa per fare colpo, nonché il menù! E
poi era perfetto per un appuntamento, anche se non lo era
ufficialmente, ma lui non si scoraggiava. Avrebbe fatto del suo
meglio affinché lo diventasse.
Sorrise alla sua infallibile
furbizia, contento della mossa appena fatta.
Jensen
si limitò ad accettare con il cuore gola e il suo
personalissimo mantra che continuava a recitare così: Non
è come pensi! Non è come pensi! Non è un
appuntamento! È tutto nella tua testa! Non andare in panico!
“Perfetto! Allora diciamo
alle 17:00 da me? Così abbiamo il tempo di preparare la cena”
non si era dimenticato che Jensen si era offerto di aiutarlo a
cucinare, come avrebbe potuto?
Il bibliotecario annuì di
nuovo, temendo per cosa avrebbe detto se avesse aperto bocca.
“Bene, bene! In questi
giorni vediamo di decidere il menù, così recupero
l'occorrente. Fammi sapere cosa ti piace!” Prese dalla tasca il
suo portafogli e ne prelevò un biglietto con sopra scritto il
suo numero di telefono. Speranzoso lo passò a Jensen, che in
quel momento rischiava di perdere la mascella.
Questi, con timore, afferrò
il cartoncino bianco rigirandoselo tra le dita nervosamente.
“Jensen?”
“mmh?”
“In questi giorni si è
sentita molto la tua mancanza...” disse in sussurro molto
provocante, avvicinandosi arditamente all'altro poi sospirò un
“ben tornato” a pochi centimetri dal suo volto,
inspirando il suo dopobarba.
Il biondino deglutì
rumorosamente.
Misha si allontanò di
scatto, prima di fare qualche danno. Gli fece l'occhiolino e si
allontanò con passo seducente, un sorriso di vittoria stampato
in volto.
Non... non è come
penso... non è... un appuntamento... no... no... non ci sta
provando... è tutto nella mia... testa.
Povero Jensen, ma a chi voleva
darla a bere?
Rieccomi qua!
Lo so mi odiate... ultimamente ci
sto mettendo un secolo a postare le cose, è solo che sono in
piena crisi pre-esami e la mia testa è ovunque meno che sulle
fic. Perdono!
Questo capitolo mi è
venuto così di getto, mentre tornavo a casa-dopo una lunga, ma
lunga giornata- e studiava cose molto, ma molto noiose. Quindi spero
non sia appallante come le cose da cui trae ispirazione.
Ancora una volta ho deciso che
bisognava guardare dal punto di vista di Jensen per proseguire la
storia, anche se ho lasciato alcune chicche per i pensieri Misha e i
suoi piani malvagi.
Che altro dire, ah sì in
questo capitolo ho avuto problemi con Misha perchè ad essere
sinceri lo trovo molto, ma molto sexy, quindi ogni due minuti dovevo
fermarmi ad asciugare la bava!
Spero vi piaccia, fatemi sapere
cosa ne pensate.
Non so dirvi quanto posterò
il seguito, finchè luglio non sarà passato, non ho
certezze nella mia vita (?)
Il solito ringrazio la mia
beta-nonchè mogliA Kari- che nonostante sia passato così
tanto tempo non sono capace di ricordarmi il suo nome su EFP!- che ha
dato il nome al capitolo.
Grazie a tutti!
Mary ^^
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Capitolo 6 *** Per tutte le capere! Non c'è pace per i pettegolezzi. ***
Cinque
giorni passarono in fretta. Jensen era più nervoso che mai,
Misha invece era semplicemente estasiato. Quella cena gli aveva dato
il pretesto per piombare, ogniqualvolta lo desiderasse, in biblioteca
e stuzzicare il bel biondino. Era diventato il suo hobby preferito.
Adorava vedere Jensen arrossire imbarazzato e restare senza parole,
almeno non gli era più indifferente, un passo avanti almeno.
Misha sapeva che Jensen sapeva... ovvero ormai tutta Highpike aveva
capito che Misha ci stava provando spudoratamente, perfino Jensen ci
era arrivato.
I
cittadini si divertivano a seguire la faccenda, tentando di non
restare indietro con l'evolversi della situazione. I più
arditi avevano anche iniziato a scommettere sulla vittoria o meno di
Misha. Le donne invece erano tutte “awww” e “ohhh”,
eccitate per il loro piccolo Jensen che, a parer loro, stava
crescendo finalmente. In sostanza la biblioteca in quei giorni era
sempre affollata, dalla mattina al pomeriggio. Il via vai non
terminava mai e Jensen ne aveva perso il controllo, ogni volta che
richiamava qualcuno, questi gli rispondeva con una battutina
maliziosa, provocando una risata generale, meno che per lui.
Quando
il sabato giunse, Misha si alzò di buon ora e si mise subito
in cammino per acquistare tutto il necessario per la serata. Aveva
dato al suo personale di servizio due giorni liberi, perciò
gli toccava fare tutto personalmente, ma a lui non dispiaceva ed era
un modo come un altro di ammazzare il tempo, anziché restare a
fantasticare tutto il giorno sul divano.
La
prima cosa che andò a fare, fu la spesa. In mano aveva la
lista degli ingredienti che gli servivano per il menu concordato
insieme a Jensen. Avevano deciso di cimentarsi con la cucina
italiana. Il bibliotecario, apparentemente, si vantava di essere un
buon cuoco, così Misha aveva preso la palla al balzo
chiedendogli del cibo italiano, e l'altro aveva acconsentito. Il
pianista si rigirava il foglio tra le dita, una elegante calligrafia
figurava sulla carta: la calligrafia di Jensen. Non c'è
bisogno di dire che, Misha, teneva quel pezzetto di carta con cura,
nemmeno fosse un gioiello costosissimo, ogni volta che lo prendeva lo
apriva accuratamente, leggeva il contenuto -sempre con un sorriso
sulle labbra- e lo ripiegava, rimettendolo nel taschino anteriore.
Non aveva certo programmato di conservarselo nel portafogli dopo che
non gli fosse più servito.
Finita
la spesa, ora toccava al momento intrattenimento. Misha
era indeciso su cosa fare per rendere gradevole la serata, almeno per
Jensen dato che a lui bastava anche solo la sua presenza, ma doveva
fare colpo sull'altro e doveva ingegnarsi per qualcosa di epico.
Dopo
un lungo girovagare tra i negozietti del centro, a Misha quasi venne
la depressione. Non c'era molto che gli potesse servire, o almeno
questo era quello che aveva pensato prima di ritrovarsi davanti ad un
negozio che pretendeva di vendere oggetti scenici.
E
la lampadina si accese...
Afferrò
il telefono e cercò tra la J il nome della persona da
chiamare, poi premette il caro e vecchio tasto verde. Il telefono
squillò quattro volte prima che qualcuno si decidesse a
rispondere.
“Jensen!”
squittì all'improvviso.
“M...Misha?
Cosa succede?”
“Non
posso darti spiegazioni, vado di fretta. Dimmi qual è il tuo
libro preferito!”
“Cosa?
E perché mai?”
“Dimmelo
e basta!” quasi sbuffo per telefono.
“Ehm...
non lo so... non ne ho uno in particolare ch-”
“Dimmi
il genere allora! Quale preferisci?” chiese impazientemente.
Jensen
rimase in silenzio per qualche secondo, Misha non sapeva che
dall'altro capo del telefono qualcuno stava ardendo dall'imbarazzo.
“Ok...
ma non ridere ok?” si decise a rispondere il bibliotecario.
“Ridere?
Cosa c'è da ridere?”
“Le
persone ridono sempre quando gli dico quali tipi di libri
preferisco...”
“Non
riderò promesso!”
A
questo punto Misha era davvero curioso... chissà quali libri
leggeva Jensen. Il biondino inalò aria per farsi coraggio.
“Poema
epico” disse tutto d'un fiato.
Misha
dovette ammettere che fosse una scelta... inusuale e seriosa,
ma aveva promesso di non ridere.
“Tipo
l'Odissea?”
“Tipo
romanzi cavallereschi...”
Il
bel moro rimase spiazzato... si era passato dalla parola “epico”
a “cavalleresco” in pochissimi secondi.. bisogna dire che
le due parole evocano idee differenti. Misha si morse il labbra per
non ridere.
“Cosa?
Ti piace re Artù?”
Jensen
arrossì ancora di più se possibile, ma si limitò
a dire di sì. Misha si illuminò d'un tratto. Quanto era
dolce Jensen che leggeva certe cose? Quasi se lo immaginava ad
indossare un'armatura da cavaliere mentre, con spada sguainata, corre
su di una scala a chiocciola per salvare la bella principessa in
pericolo, intrappolata sulla torre dallo zio cattivo che vuole
sposarla per avere tutto per sé il regno. Per un attimo sperò
davvero di essere lui, la bella damigella.
“Grazie
per l'informazione. Ora devo andare. A dopo” e praticamente gli
staccò il telefono in faccia.
Ora
sapeva cosa fare, ed era sicuro che a Jensen sarebbe piaciuto. Magari
gli sarebbe così piaciuto che gli avrebbe concesso anche un
secondo appuntamento.
Entrò
nel negozio con un sorriso da 1000 watt... abbagliante.
Lo
so mi odiate... perdono >.<
Sono
sotto esame e non riesco a concludere un granchè, anche a
causa di questo caldo!
La
sessione estiva è quasi finita, perciò cercherò
di aggiornare prima questa volta!
Il
solito fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitoletto e, se vi
va, lasciatemi un menu il più succulento verrà
aggiunto nel prossimo capitolo... ahahah
Baci
Mary
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Capitolo 7 *** Per tutti i finali! ***
Bussò
alla porta con fare esitante, aveva i palmi sudati ed era
dannatamente nervoso. Ci era arrivato alla fine, quello era un
appuntamento. No, non era tutto nella sua testa, ma ormai il dado
era tratto. Ma la cosa che più lo lasciava perplesso, era
quella fastidiosissima vocina che aveva in testa che continuava a
ripetergli che non era poi così male. Come detto, fastidiosa
ed irrazionale. Sì, perché mai in nessun romanzo
il bel cavaliere corre in soccorso del suo amato, no! C’è
sempre la dolce damigella cui le labbra sono rosse come petali di
rose… eppure quel libro… i due giovani si erano così
tanto amati, così come Tristano aveva amato Isotta. Quindi si
poteva amare anche in quel modo?
I
suoi pensieri furono interrotti quando la porta si aprì, ma
nessuno lo accolse. L’ambiente era buio, tranne per una flebile
luce che veniva dall’interno, tremava, come se stesse per
spegnersi. Ma Misha in tutto questo dove era finito?
Si
fece coraggio ed entrò in casa; la prima cosa che notò
furono le candele che illuminavano l’ambiente. Ce ne erano a
decine e decine, tutte poggiate su qualunque superficie disponibile:
per terra, sui mobili, sul tavolo, perfino sul camino (acceso
ovviamente!). Tutto il pavimento era cosparso di petali di rose dai
vari colori: rossi, bianchi, arancioni… e le tende erano tutte
tirate giù, per rendere l’ambiente ancora più
scuro.
“Misha?
Dove sei?”
“Dietro
di te”
La
voce alle sue spalle lo fece sobbalzare, non aveva visto l’altro
che si era praticamente nascosto dietro la porta. Lo guardò
attentamente, mentre si aggiustava gli occhiali che per poco non
cadevano a terra.
“Ma
cosa…?!?”
Per
qualche oscuro motivo, il bel pianista indossava abiti seicenteschi:
camicia sfarzosa, falsetto, pantaloni larghi e inseriti in lunghi
stivali che arrivano al ginocchio, cappello largo e un lungo
mantello, tutto con toni di nero e bianco. Una spada giaceva sul suo
fianco sinistro, mentre in faccia aveva un grosso e tozzo naso.
“Finora
ho sempre parlato attraverso il tremito e la vertigine che chiunque
prova guardandovi. Ma stasera mi sento come uno che sta per parlarvi
per la prima volta.”
Disse
l'uomo mascherato, guardando il biondino da dietro quel lungo naso.
“Cos...cosa
stai dicendo?”
Rispose
quest'ultimo, corrucciando le sopracciglia, mentre tentava di
decifrare quelle strane parole.
“Con
la notte che mi protegge io oso essere me stesso...Dove sono? È
tutto così dolce stanotte, così nuovo per me!”
“Misha,
non capisco...” Ammise Jensen, questa volta perplesso. Stava
ascoltando, ma non stava sentendo
veramente,
altrimenti avrebbe trovato una certa familiarità in quelle
parole. Ma il bel pianista non si arrese ed imperterrito continuò
nei suoi versi, avanzando di un passo in direzione del bel
bibliotecario.
“Sì,
nuovo... la paura di essere deriso non mi dà tregua. Il mio
cuore si nasconde dietro il mio spirito per pudore - parto per
strappare al cielo una stella ma, per paura del ridicolo, mi chino a
raccogliere un fiore.”
Questa
volta il nostro biondino rimase in silenzio, arrossendo per le dolci
parole che venivano proferite soltanto per lui, mentre i suoi occhi
si piantarono sul moro, osservando il suo modo sinuoso di avanzare
verso di lui, trovandosi impossibilitato a muoversi di un passo.
“Lasciamo
che, con un solo lampo dei suoi astri, il cielo ci spogli di tutte le
nostre finzioni - io ho paura che la nostra alchimia poetica disperda
ogni vero sentimento, che l'anima si annienti in passatempi vani!”
Quando
il suo cervellino cominciò a funzionare di nuovo -giusto per
quello sprazzo di lucidità che gli servì per connettere
le parole di Misha ad altre ben note ad un avido lettore come lui- la
sua bocca si spalancò dalla stupore, componendo una piccola
“o” con le sue labbra.
“Ma
è Cyrano de Bergerac!”
Ma
l'altro non disse nulla, limitandosi a sorridere compiaciuto
avanzando ancora di un passetto, notando con diletto che la distanza
tra di loro era piuttosto esigua.
“Quando
si ama è un delitto prolungare questa inutile schermaglia.
Arriva il momento in cui sentiamo che c'è qualcosa di così
nobile nel nostro modo di amare da non poterlo avvilire con vani
giochi di parole.”
“Perché
stai facendo questo?”
La
domanda di Jensen venne espressa con voce sottile, quasi come se si
trattasse del soffio del vento, la voce di una persona che volendo
esprimersi con parole razionali finisce con il perdere tono, disperso
in una marea d'emozioni che si susseguono l'una dietro l'altra. Il
suo cuore era oramai in balia di una calda voce e di una distanza di
due passi che lo separavano da... da cosa?
“Io
ti amo, soffoco, sono pazzo, non ne posso più; il tuo nome mi
risuona dentro. Per la tua felicità darei in cambio la mia per
sentirti ridere qualche volta, da lontano, di quella gioia data dal
mio sacrificio. Senti l'anima mia salire verso di te, nell'ombra? È
tutto troppo bello e dolce stasera. Nemmeno nei miei sogni più
ambiziosi ho mai sperato tanto.”
Il
respiro gli si fermò in gola ed il cuore perse un battito, per
un istante aveva creduto di morire così, semplicemente
nell'udire quelle frasi così piene di sentimento. Misha lo
amava. Un tremito gli percorse il corpo provocandogli la polle d'oca,
era una sensazione sconosciuta ma gradevole e, inspiegabilmente, si
ritrovò ad imitare il sorriso che si era aperto sulle labbra
del pianista, che poteva rimirare da molto vicino visto che soltanto
un passo li separava l'uno dall'altro.
“Tu
tremi! Sento il tremito della tua mano scendere per i rami del
gelsomino.”
Gli
recitò Misha, liberandosi del naso posticcio per gettarlo a
terra e, come da copione, gli prese la mano e la baciò,
gioendo dei piccoli tremori che scuotevano il corpo del suo amato.
“S-Sì,
tremo, e piango, e sono tu..o, e tu m'hai stordito!”
Infine
si aggiunse anche lui, recitando il passo successivo dell'opera, per
nulla offeso del ruolo che gli era stato relegato, quello di Rossana,
semplicemente godendosi quegli istanti che lo stavano facendo sognare
ad occhi aperti, posando i suoi occhi verdi nell'immenso oceano che
era quelli del pianista, la quale prendendogli la mano e portandosela
al cuore, colmata definitivamente le distanze, portò l'altro
braccio ad avvolgere la vita di Jensen, mentre i loro petti si
unirono annullando lo spazio tra di loro.
“Allora,
venga pure la morte! Questa ebbrezza sono io che gliel'ho data! Ormai
non chiedo altro che un bacio!”
Quest'ultima
parte venne recitata a fior di labbra, quasi sussurrata su quelle
splendide e carnose labbra che il bibliotecario si ritrovava in dono.
Non ci fu risposta alla sua domanda, ma soltanto una reazione a
quello che potrebbe essere definito l'istante più romantico
mai vissuto dall'occhialuto lettore e l'unica reazione accettabile in
questa circostanza era quella di sporgersi davanti e dare ciò
che gli veniva chiesto: un bacio. Jensen quella sera imparò
quanto fosse bello baciare un sorriso.
“Un
bacio - ma che cos'è poi un bacio? Un giuramento un po' più
da vicino, una promessa più precisa, una confessione che cerca
una conferma, un punto rosa sulla i di «ti amo», un
segreto soffiato in bocca invece che all'orecchio, un frammento
d'eternità che ronza come l'ali di un'ape, una comunione che
sa di fiore, un modo di respirarsi il cuore e di scambiarsi sulle
labbra il sapore dell'anima!”
Si
ritrovarono a recitare insieme, il perfetto finale per una perfetta
scena d'amore, ma nel loro caso più che un finale si è
trattato di un inizio, perché anche il più indifferente
e i più glaciale dei bibliotecari può essere
conquistato con tanta passione ed un grosso naso di gomma.
FINE.
N.A. Lo
so sono una brutta, brutta, brutta persona! Ci ho messo due anni per
scrivere questo finale e me ne vergogno, ma ora che l'ho fatto mi
sento più leggera. Spero che vi piaccia e cercherò di
non fare più una cosa così tanto orrenda. Promesso.
M.
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