Tradimento finale

di Astrokender
(/viewuser.php?uid=58057)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1, parte prima ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1, parte prima ***


hb

Note del traduttore: Naturalmente, il primo motivo che mi ha spronato a leggere questa storia in originale è stato che si riferiva al futuro dei nostri pirati preferiti, cosa che apprezzo sempre partucolarmente. Certo, l'idea di un'esecuzione a Rogue Town poteva diventare un po' scontata, ma alla fine ho trovato così tutto in oda-style che non ho potuto fare a meno di tradurla.In patria questa fanfiction è finita, sono tredici capitoli. Per quanto mi riguarda, però, dato che ogni capitolo possiede dei sottotitoli interni, ho deciso di dividere ciqscun capitolo in due parti. Il motivo è semplice: ogni capitolo sarà più corto, dando a me la possibilità di tradurli e pubblicarli più velocemente, e a voi di leggerli più facilmente. Per le altre traduzioni mi sono attenuta alle regole solite, solo che questa volta ho deciso di lasciare "Seastone" al posto di "Agalmatolite marina", una traduzione della star che non riesco ancora a tollerare.

Possibili spoiler per chi non legge il manga a partire dal terzo capitolo.
Che altro dire... Mi sa che ho già detto troppo! Buona lettura ^^

 

Riassunto: Rufy è diventato il Re dei Pirati, Zoro il miglior spadaccino del mondo, ed Usop un coraggioso guerriero del mare. Hanno trovato lo One Piece, il Real Poigne Griffe e l'All Blue. Con la vittoria in tasca, la banda di Cappello di Paglia lascia la Rotta Maggiore e ritorna al mare natale, quello Orientale. Ma la storia sembra decisa a ripetersi, e per la seconda volta in venticinque anni Rogue Town diventa la patria del patibolo del Re dei Pirati…

Ultimo tradimento - Capitolo Uno

Prigionieri

"Lasciateci andare, ascoltatemi!" Rufy sbatacchiò le sbarre della cella. "E restituitemi il mio cappello!" aggiunse arrabbiato.

Il chiasso cessò di colpo, probabilmente a causa del contatto prolungato con la Seastone che gli assorbiva tutta la forza dalle membra. Rufy doveva aver lasciato le sbarre, perché i suoi sandali sbattevano gravemente mentre percorreva gli stretti confini della prigione, urlando e maledicendo gli antenati e la scarsa igiene dei loro carcerieri. In qualsiasi altra situazione, sarebbe stato divertente.

"Taci, vuoi?" chiamò Zoro dalla cella a fianco. Finalmente era riuscito a liberarsi dalla foschia soffocante del tranquillante con cui quei bastardi gli avevano sparato. La resa istantanea gli stava martellando la testa, gli urli di Rufy la stavano solo peggiorando.

Erano sepolti lontano lontano, in una serie di grotte da qualche parte sotto il livello del mare. L'acqua salata gocciolava dai muri, scivolando e riunendosi in piccole pozzanghere sul pavimento ruvido. La sola luce proveniva da una serie di torce all'ingresso. Le fiamme scoppiettavano e crepitavano nell'umidità, creando ombre strane contro i muri. Zoro non sapeva che tipo di potere avesse scavato nella solida Seastone ma - comunque avessero fatto - quelle grotte diventavano un inferno per chiunque fosse maledetto dai poteri di un Frutto del Diavolo. In realtà, era il maggior scoppio di vita di Rufy da giorni.

Ma quel posto era talmente lontano che tutti gli urli del mondo non avrebbero risolto nulla.

C'erano così poche possibilità di fuggire che i loro sorveglianti si erano sistemati da qualche parte di sopra, in comodità e lontani dal freddo e dall'umidità. Inoltre, anche se le urla di Rufy li avessero convocati, probabilmente li avrebbero solo sedati di nuovo.

Non per la prima volta, Zoro iniziava a pensare se fosse stata una buona idea accettare le manipolazioni del governo. Anche se era stato per salvare il moccioso, il prezzo che avevano chiesto loro era troppo alto. I marine non avrebbero seriamente sparato al ragazzo. Forse.

Comunque, era stato stupido arrendersi senza combattere, ed iniziava a rimpiangere di aver approvato l'idea. La sua solita sicurezza l'aveva lasciato. Non che non avesse fiducia, ma la stima del suo capitano per l'amicizia li aveva sicuramente messi in grossi guai. Un sospiro tenuto basso uscì dalle narici di Zoro.

"Dannazione…" Sentì Rufy scivolare sul pavimento. Erano probabilmente seduti schiena contro schiena ora, sentiva Zoro, usando quel suo strano istinto che gli permetteva di capire dove si trovasse il capitano. Quella connessione sembrava smorzata ora, le droghe e lo spesso muro fra di loro gli facevano intorpidire i sensi.

Aveva iniziato a logorarsi, capì Zoro con una scossa. Era una tortura crudele, costringere il suo Rufy - che rifioriva col contatto umano - a sedersi e lentamente soffrire nella totale solitudine. Per quanto riguardava lui, era una tortura sufficiente dover guardare lo spirito flemmatico del suo compagno scivolare via, pezzo per pezzo, per la pressioni di chili di rocce oceaniche.

Zoro si spostò, i suoi capelli grattavano contro il muro duramente irregolare. La sua lingua emerse, leccando le labbra screpolate e sanguinanti. Quel posto seccava interamente il suo corpo: probabilmente a causa del sale.

"Tutto a posto là dietro?" chiamò rauco. Ci vollero un paio di profondi respiri dell'altro per rispondere.

"Ho fame." Mormorò Rufy, privo del suo solito riso e appetito.

Zoro borbottò. "Ci getteranno un po' di pane fra poco."

"Non è mai abbastanza."

Lui sorrise al brontolio di stomaco di Rufy. "Puoi avere la mia parte."

Una pausa di pochi secondi, poi sentì l'altro prendere un profondo respiro.

"Io non voglio morire, Zoro." La voce di Rufy era indebolita, nonostante ciò l'altro sentì la disperazione così precisamente che le parole sembrarono perforargli il petto.

"Rufy…" Non sapeva veramente cosa dire.

"Non posso ancora morire!" La voce si incrinò verso la fine. "Devo aiutare i miei amici con i loro sogni! Nami non ha ancora disegnato la mappa dell'intero mondo! Chopper non ha ancora trovato una cura per ogni malattia! Ci sono ancora persone che hanno bisogno di me!"

Proprio ora anche tutte quelle persone erano prigioniere, pensò Zoro, trattenendosi dal menzionare la sua stessa richiesta a far parte della lista di chi aveva ancora bisogno del capitano. Rufy non doveva avere ulteriori responsabilità. Inoltre, Zoro era praticamente sicuro che l'altro lo sapesse già. Era perspicace a questo riguardo.

Non avevano più visto il resto della ciurma da quando erano stati scaraventati in quel posto. Quanti giorni erano passati? Nove? Dieci? Il più facile sistemare per evitare che scappassero, supponeva la sua mente, era di tenerli separati. Non poteva essere sicuro di dove fossero imprigionati, se all'ingresso o nella stessa isola.

O se fossero ancora vivi. Era possibile che il governo avesse deciso di occuparsi di loro prima. Il pensiero si inacidì nella gola di Zoro, perciò non lo condivise.

Voleva offrire qualche tipo di rassicurazione. Voleva la sicurezza di dire che potevano ancora trovare un sistema per scappare. Ma era passato troppo tempo; era abbastanza realista da sapere che le loro possibilità di un salvataggio improvviso diventavano più piccole ogni secondo che passava. Tanto quanto voleva dire a Rufy che le cose sarebbero andate come sempre, tanto più non poteva scacciare la gravità della situazione. Sapeva dov'era, e che cosa significava. Dopo aver corso così a lungo, questa era solo la fine. Dura da accettare, ma era la verità.

Ma Rufy aveva detto che non era pronto per morire. Questa era una differenza notevole rispetto a non molto tempo prima, quando lui- no, quando erano entrambi pronti ad andarsene sorridendo. Una parte di Zoro era felice che Rufy avesse trovato qualcos'altro per andare avanti da quando lo One Piece era stato trovato. Un'altra parte capiva che questa novità avrebbe reso le cose più difficili alla fine.

Si sentiva incapace, e sapeva che il capitano provava la stessa cosa. E non era perché non erano forti abbastanza! Se non fossero caduti in quella (ovvia, col senno di poi) trappola, avrebbero letteralmente gettato in nemici nel mare. Questo fatto bruciava ancora di più.

Il silenzio si allungò fra i due per un lungo tempo dopo ciò. Nessuno voleva sentire la voce dei loro pensieri oscuri, nessuno ormai capace di falsare un qualche ottimismo. Non c'era alcun suono nella prigione salvo per i loro respiri e l'uniforme ticchettare goccia a goccia dalle stalattiti. Zoro doveva essersi addormentato, perché sentì passare alla fine un'ora prima che Rufy parlasse di nuovo.

"Sai, ci ho riflettuto su," iniziò con una voce tranquilla portatrice di pace che fece digrignare i denti di Zoro. "E penso che morire mi vada bene."

E se a me non andasse bene? Domandò Zoro, e poi rimase sconvolto per averlo pensato. Rufy continuò, non notando l'aria perturbata che circondava il suo amico.

"Sono già diventato il Re dei Pirati, dopotutto. Ho realizzato il mio sogno. So che gli altri sono abbastanza forti per continuare a seguire benissimo i loro." Faceva fisicamente male sentire il sorriso nella voce dell'altro. Zoro doveva stringere i denti per trattenersi dal fare qualche dura replica. Come potevano seguire i loro sogni senza nessuno a condurceli? Il fatalismo di Rufy lo disturbava più che il suo rifiuto precedente.

Ci fu un trascinamento e la voce di Rufy risuonò improvvisamente più riservata, come se fosse appoggiato alle sbarre, facendo in modo che Zoro prendesse coraggio per avvicinarsi all'altro il più possibile. "Tu devi solo assicurarti che riescano a scappare così che abbiano una possibilità di farlo, okay?"

La testa di Zoro sobbalzò sul posto, vedendo un braccio sottile allungarsi attraverso le sbarre e venire verso di lui. Deglutì e pose il suo stesso braccio attraverso le sbarre. Tranquillamente circondò due dita attorno a quelle di Rufy, sentendolo calmarsi.

"Stai scherzando?" commentò Zoro dolcemente, riportando la testa all'indietro e facendola sbattere leggermente contro il muro, forse immaginando che fosse lì una testa scura. "Quelli probabilmente vogliono uccidere anche me. Anche se non lo facessero," scrollò le spalle, anche se sapeva che l'altro non poteva vederlo. "Sarò talmente sotto scorta che mi riempirebbero di buchi anche se solo respirassi più profondamente. Perciò dubito seriamente che sarei molto d'aiuto anche per un bel brutale diversivo." Finì con un ghigno, non aggiungendo che il cielo sarebbe dovuto cadere prima che lui avesse lasciato il suo capitano da solo al suo destino.

"Non essere stupido." Rise Rufy. "Sei stato il miglior spadaccino solo per due mesi. Se morissi ora, pensa a come appariresti ridicolo."

Zoro si grattò le profonde ferite infertigli da Mihawk. Nessuna era mortale quella volta, e la maggior parte si era cicatrizzata da poco (anche se immaginava non stesse facendo loro alcun favore stando seduto nell'oscurità e nello sporco).

"Penso che tu abbia ragione." Si stava sforzando di ridere. Non poteva ancora credere che avesse battuto Occhi di Falco. Le scorse settimane sembravano come un sogno. Aveva iniziato a sentire come se avesse passato l'intera vita in quelle grotte.

Il suono di una porta che si aprì scricchiolando interruppe ogni futura conversazione. Zoro lentamente ritirò la mano sentendo i passi che si avvicinavano. Sembrava ci fossero più guardie di quante erano addette a lanciargli dei pochi pezzi di pane ammuffito. Quella era forse la fine, o l'opportunità per cui avevano aspettato. Si spostò indietro; sforzandosi di stare rilassato mentre sperava che i suoi riflessi fossero ancora abbastanza acuti per occuparsi del resto.

Sei marine armati di carabina e abbigliati con espressioni guardinghe apparvero alla vista, superando la gabbia di Rufy per fermarsi davanti alla sua. Zoro fissò senza interesse le canne delle pistole puntate verso di lui ma assicurandosi di non fare alcuna mossa. Non c'era alcuna utilità nell'essere ferito e sprecare la possibilità di liberarsi, dopotutto.

"Roronoa Zoro. In piedi e faccia al muro." Ordinò l'ufficiale capo. Zoro alzò un sopracciglio ma tranquillamente fece ciò che gli era stato chiesto. "Ora metti le mani dietro la schiena e cammina lentamente all'indietro."

Si lasciò ammanettare mentre una seconda guardia estraeva un set di chiavi per aprire la cella. Il suo respiro accelerò; quella era la prima volta che la porta veniva aperta da quando era stato gettato là dentro. Non aveva nessuna idea di dove quei marine volessero portarlo ma forse avevano una possibilità.

E forse quella era la squadra d'esecuzione. Il che significava che quella poteva essere la loro ultima possibilità. Zoro fece una smorfia mentre un ago forò la sua pelle. Le loro droghe colpivano in fretta; aveva solo pochi minuti prima che i suoi effetti lo ghermissero. Si sforzò di restare calmo, sembrando effettivamente addormentato. La sua unica speranza era prendere quegli uomini in un attimo di distrazione.

Aspettò finché non fu portato fuori nel piccolo corridoio. Ancora tre guardie avevano le carabine dirette verso di lui. La pistola del capo era stata abbassata mentre lentamente spostava indietro Zoro. Vedendo un'apertura, intenzionalmente inciampò e sbatté contro la guardia che aveva aperto la cella. Sentì il tipo imprecare ed il suono delle chiavi cadute sul pavimento di pietra. In quel secondo trascorso, attaccò.

Con una mossa che avrebbe reso orgoglioso Sanji, il piede di Zoro scivolò fuori e colpì con forza in basso le gambe dell'uomo che brancolava per le chiavi. Senza perdere il momento la sua gamba si alzò, ruotò e sbatté nel petto del capo, spedendolo a gambe levate contro i suoi tre subordinati. Tutti loro precipitarono a terra in un groviglio di arti e pistole. Velocemente, il piede di Zoro si abbassò e scivolò all'interno dell'anello metallico delle chiavi e calciò. Le chiavi volarono in alto, toccando il basso soffitto prima di iniziare la discesa. Non caddero a lungo prima che le raggiungesse, prendendole con i denti.

"Ru-Fy--!" L'anello mormorò il nome mentre Zoro si girava, l'esaltazione che gli aveva dato un non necessario aumento di adrenalina. Spiando il suo capitano, congelò, gli occhi spalancati.

Rufy era ammanettato alle sbarre della cella, le braccia intrecciate dietro la schiena. La sesta guardia - quella che aveva stupidamente dimenticato di contare - stava in piedi dietro al suo capitano, una lunga spada tenuta al suo collo. I denti di Rufy erano stretti e le sopracciglia abbassate per la rabbia. La sua giugulare si gonfiava chiaramente contro la luccicante lama del coltello. Zoro si lasciò scappare una maledizione. La guardia aveva gli occhi pazzi e tremava. Una mossa sbagliata e Rufy si sarebbe ritrovato con la gola tagliata.

"G-Gettale!" ordinò l'uomo, accennando alle chiavi della libertà. Zoro sentì le altre guardie riprendersi alla fine ed iniziare a rialzarsi. Aprendo la bocca, lasciò cadere le chiavi, senza levare gli occhi dal coltello e dal suo ostaggio.

Vedendo l'espressione assassina sul viso di Zoro, la guardia frettolosamente levò il coltello, come un bambino preso a frugare nella dispensa. Le spalle di Zoro si rilassavano così lentamente. Guardò la testa di Rufy abbassarsi e non poté dire se fosse per la Seastone, le droghe o per il suo fallimento. Poteva solo sperare che non fosse l'ultima.

Il sedativo aveva iniziato a fare effetto; le mani ed i piedi di Zoro si erano intorpiditi. Improvvisamente i suoi occhi si erano fatti pesanti. La sua mente si stava annebbiando. Era difficile riflettere… aveva bisogno di pensare, dannazione! Doveva portarli fuori da lì! Desiderò avere le sue spade. Desiderò avere le braccia libere. Desiderò che quel maledetto cuoco gli avesse insegnato quel suo calcio antimatter-qualcosa. Desiderò che tutte quelle maledette grotte non fossero fatte di quella dannata Seastone.

L'uomo con la spada ondeggiò attorno senza cura e fece un minaccioso passo avanti. Errore. Zoro balzò improvvisamente in avanti. In preda al panico, la guardia spinse il coltello per colpire il petto del pirata, ma in qualche maniera Zoro fu più rapido. Scivolò veloce da un lato e fece una mossa verso il coltello. Con la mascella allenata a forza di stringere una spada, i denti di Zoro addentarono la mano dell'uomo. La guardia urlò ma non lasciò la lama. Zoro continuò a sfruttare il momento e sforzò il braccio a girarsi in modo che la lama fosse ora rivolta verso il corpo della guardia.

Con gli occhi spalancati, l'uomo scosse la testa, un filo di disperate preghiere si alzarono e catturarono la sua gola. Gli occhi di Zoro si spalancarono ma premette in avanti, orientando la lama giù ed in profondità nella coscia dell'uomo.

L'uomo diede un urlo acuto prima di cadere.

"Non ne vale la pena." Sbottò Zoro, anche se la sua rabbia gli ordinava di finire il lavoro.

Balzò a destra mentre un'altra guardia sfrecciava verso di loro con una siringa di tranquillante tenuta leggermente in un pugno. L'uomo cadde duramente sulla cella, la sua mano allungata che scivolava facilmente nello spazio tra le sbarre. Zoro lo prese a calci e ascoltò il debole rumore di ossa rotte mentre costringeva il braccio a prendere improvvisamente un angolo innaturale. I suoi occhi cercarono il set di chiavi, ma la cintura dell'uomo era vuota. Gli occhi di Zoro si concentrarono in fretta sul pavimento.

Fu preso da dietro prima che potesse voltarsi. Si sentì sotto un bombardamento di calci e pugni, non preoccupandosi di cercare di difendersi, la sua unica preoccupazione localizzare le chiavi cadute. Individuò un brillare d'argento proprio mentre altre guardie si univano alla fila dei cani. Resse stoico quel peso extra, allungando il suo collo disperatamente verso l'anello di metallo che teneva quelle preziose chiavi.

Una gomitata lo colpì in testa, schiacciandogli la bocca contro il pavimento di pietra. Uno scarpone con suola di metallo calciò via le chiavi prima che mani potenti lo afferrassero per le braccia e lo tirassero su. Le guardie, imprecando arrabbiate, lo gettarono contro le sbarre della cella di Rufy così duramente da farle vibrare all'impatto.

Le sbarre non erano altro che macchie verticali chiuse, sottili e apparentemente fragili. Gli occhi di Zoro si spalancarono.

Non voglio morire, Zoro.

Giusto. Non aveva intenzione di sprecare quella possibilità. Si spinse indietro con forza, quanto le mani di contenimento glielo permisero, prima di cadere selvaggiamente ancora contro le sbarre.

Con le braccia ammanettate dietro di lui, guidò il suo corpo contro le sbarre di pietra con forza brutale, la sua visione concentrata in un unico punto davanti a sé. Tutti i suoi pensieri si erano svuotati, sostituiti dall'unico bruciante desiderio di liberare la persona dall'altra parte. Le droghe nel suo organismo spegnevano la sua mente finché continuò a muoversi solo con un istinto animale.

Ossa fratturate; la pelle rotta e sanguinante per l'impatto. Persone che gli stavano sparando, cercando di trattenerlo: minacce di spari, mutilazioni, uccisioni. Altri aghi vennero inseriti nelle braccia e nella schiena, ma Zoro non gli prestava attenzione. Come un orso selvatico, si lanciava contro la roccia con ruggiti di tortura. Arrivò un numero maggiore di uomini, attirati dalla confusione. Si gettarono su di lui, lo trattennero, afferrandolo per le spalle, prendendolo attorno al ventre.

Noncurante, Zoro alzò il mento e guidò comunque la sua fronte contro le sbarre. Il suo cranio si scontrò contro la pietra ancora ed ancora finché il sangue non gli ricoprì la faccia in una maniera così preoccupante che anche Rufy gli urlò di smetterla.

Qualcosa di duro premette una parte della testa di Zoro, causandogli una visione con esplosione di stelle. Tutto divenne improvvisamente scuro.

Debolezza

Rufy non osò respirare mentre la loro speranza di suggere venne e se ne andò sul limite di un coltello. Le chiavi della cella caddero sul pavimento e con loro il suo cuore.

Faceva male non solo l'essere incapace di aiutare, ma anche solo di non poter difendersi. Rufy odiava le sbarre di Seastone contro la sua schiena e le manette che gli legavano i polsi. Al suo livello, nemmeno quello sarebbe stato sufficiente a fermarlo. Ma quel posto era diverso. I muri, il pavimento, la cella; tutto gli dava la stessa aura nauseante delle rocce maledette. Era solo troppo. Il corpo di Rufy era opprimente.

Le droghe che pompavano attraverso il suo corpo non aiutavano. Digrignò i denti cercando di rimanere sveglio. Era appena nel dormiveglia quando il coltello fu ritirato. Quelle guardie normalmente sarebbero state una cosa da nulla. Non erano niente di speciale, mica come la sua ciurma. In qualsiasi altra occasione, avrebbe potuto sconfiggerli tutti con una Gom Gom Frusta. Era imbarazzante finire catturato così facilmente. La testa di Rufy ricadde in avanti, il suo collo improvvisamente incapace di sorreggerlo.

Zoro avrebbe dovuto scappare senza di lui. Avrebbe potuto andarsene e liberare gli altri, e poi tornare a prenderlo. Non avrebbe voluto, ma sarebbe dovuto andare (gli ordini del capitano erano qualcosa che lo spadaccino eseguiva sempre). Troppo tardi per quello ora, pensò Rufy, la sua visione iniziava a sfocare pesantemente verso il limite. Schioccò indietro al presente sentendo gli urli di dolore delle guardie.

Rufy sforzò lo sguardo al fianco, la sua testa ancora troppo pensante per muoversi. Le guardie si erano riprese ed attualmente stavano picchiando duramente Zoro. La bocca di Rufy si sistemò in un a linea sottile e silenziosamente promise che quei tipi avrebbero assaggiato i suoi pugni prima che tutti fosse finito. Guardò mentre Zoro veniva premuto e lanciato contro la sua cella. Sentì le sbarre tremare dietro di lui. Non poteva vedere il viso di Zoro da quell'angolazione. Stava bene? Era arrabbiato che Rufy fosse stato preso in ostaggio? Non voleva che fosse arrabbiato con lui. Si scosse. Stava diventando difficile pensare… voleva solo schiacciare un pisolino…

Un secondo impatto fece tremare le sbarre con molta più forza che in precedenza. Questa volta non era colpa delle guardie. Gli occhi di Rufy si spalancarono, la nebbia indotta dalla droga svanì improvvisamente. Poteva solamente stare a guardare sconvolto mentre Zoro si gettava contro la prigione con decisa violenza.

Ogni calore avrebbe normalmente sentito nei confronti dello spadaccino se ne andò del tutto alle sue azioni impossibili da fermare. Rimanendo là, guardando il suo compagno ferirsi nel tentativo di salvarlo, sentiva come se fosse la peggior tortura che avrebbe potuto subire. Zoro ci stava provando così duramente… E tutto quello che poteva fare era restare lì. Rufy si morse le labbra, il suo petto appesantito mentre si stirava contro i suoi legacci.

C'erano più guardie ora, tutte prese a combattere e sforzare giù lo spadaccino. Gli aghi erano premuti nelle braccia di Zoro e nel collo e nelle gambe, così tanti che Rufy pensò se non fosse pericoloso dare ad un uomo così tanta droga. Le guardie avevano ora una buona presa su di lui, ma ancora non si fermava. Guardando il sangue spiattellarsi al suolo mentre la sua testa si schiantava ripetutamente contro le sbarre, Rufy non poté sopportarlo ancora. Iniziò ad urlare all'altro, non sapendo che cosa stesse dicendo, volendo solo che si fermasse. Voleva che smettesse di ferirsi a causa sua. Voleva piuttosto arrendersi; piuttosto preferiva morire che essere costretto a guardare una cosa simile.

Alla fine la canna di un fucile gettata contro la testa di Zoro fermò la sua furia. Contro quello, e contro tutti i sedativi che erano ora nell'organismo, alla fine il suo corpo di arrese. Rufy fu seccato nello scoprirsi sollevato.

"Rufy…" mormorò Zoro mentre scivolava al suolo, la sua testa che lasciava due gemelle strisce cremisi contro le sbarre mentre cadeva. Rufy scoprì che tremava. Le sue mani erano chiuse così strettamente che aveva stirato i tendini fino a procurarsi un dolore lancinante. C'erano piccoli tagli a forma di mezzaluna sui suoi palmi, gocce di sangue che cadevano sul pavimento e si mescolavano con quello di Zoro.

Gli uomini attorno ansimavano per respirare. Qualcuno calciava ancora il corpo ancora fermo di Zoro con rabbia. Ma i più stavano fermi e timorosi alle sbarre della cella del Re dei Pirati. Perché, sottolineato dal sangue coagulato, appariva una tela di ragno di fessure contro la cosiddetta indistruttibile Seastone. Probabilmente ne sarebbe rimasto ucciso, ma se avesse avuto ancora pochi minuti, Zoro il Cacciatore di Pirati avrebbe potuto davvero distruggerle.

Perché? Perché era andato così oltre? Rufy non capiva. Zoro era deciso: inamovibile come una montagna, anche in faccia alla morte. Quindi perché quella volta era differente? Il petto si sentiva pesante ed i suoi occhi bruciavano, come se il suo corpo comprendesse ciò che la sua testa non sapeva. Scivolò sulle ginocchia, nonostante il doppio dolore delle sue spalle sforzate in posizione innaturale. La voce delle guardie era un ronzio distante nelle orecchie, e Rufy doveva sforzarsi a mantenere l'attenzione.

"Merda. Non possiamo portarlo fuori così." Imprecò il capo delle guardie. Rufy guardò torvo mentre un piede volato spostava la testa di Zoro dall'altro lato. La faccia dello spadaccino era una maschera di sangue. "Dobbiamo pulirlo."

"Io non lo farò," qualcun altro pianse. "Quel tipo è pazzo."

"Calmatevi." Il capitano replicò. "Andrà tutto bene fintanto che è sedato. Voi tre, prendete i feriti e fateli sistemare. Tornate indietro con qualche altro tranquillante, e dite a Doc di non essere avaro. A questo tipo sono voluti sei colpi per crollare, non voglio lasciargli altre possibilità."

"E se inizia di nuovo? È un demonio, non c'è niente che lo possa fermare!"

"Se tenta qualcosa, sparategli."

Il fiato di Rufy si bloccò, quasi soffocandolo. Iniziò a strattonare ancora le manette, cercando di restringere come al solito la carne e le ossa attraverso i varchi della pietra.

"Ma, i nostri ordini-"

"Sono consapevole di ciò. Ma non ho intenzione di lasciare me, o i miei uomini, morire solo per rispettare una consegna. Se Roronoa Zoro attacca di nuovo, vi ordino di sparagli fino ad ucciderlo. Ora andate a lavarlo. Lo stanno aspettando in piazza."

Rufy congelò, l'ultima sentenza lo aveva raffreddato come acqua gelida. Si alzò con grazia in piedi. "Aspettate! Dove state portando Zoro?" domandò.

"Dovremo dare a Cappello di Paglia un'altra dose, Capitano? Per sicurezza?"

"Hmm, meglio essere sicuri… Fatelo."

Rufy li ignorò per allungare la testa all'indietro per guardare due delle guardie trascinare il corpo svenuto di Zoro ed iniziare a trasportarlo all'ingresso. Un ago morse la sua spalla e lui lo scacciò come una mosca, voltando violentemente la testa dalla parte opposta mentre Zoro lasciava il limite del suo punto di vista. Le altre guardie li seguirono, nessuno riservò a Rufy nemmeno uno sguardo.

"Dove lo state portando?" Rufy si stese contro i suoi legacci, combattendo contro l'oscurità che lo stava portando via. I suoi urli risuonavano attraverso il corridoio vuoto. "Aspettate! Riportatelo indietro! Zoro! ZORO!" word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Untitled Document

Salve a tutti *Si inchina profondamente per chiedere scusa*

Lo so, è una vita che non aggiorno, ma non è colpa mia!! Almeno, non solo ù.ù La realtà è che il mio pc si è fuso, ed ho perso così tutti i capitoli che avevo già pronti e tradotti. Ci è voluta una vita perché mi tornasse la voglia di tradurli di nuovo... Cercherò di fare degli aggiornamenti più rapidi d'ora in avanti, ma non assicuro niente visto che li devo rifare tutti da capo ^^''

Grazie delle recensioni e dell'incoraggiamento, sono contenta che sia piaciuta anche a voi. Non è yaoi, sarebbe più shonen-ai ma si può anche vederci solo una profonda amicizia. Successivamente emergeranno delle altre coppie etero, ma sempre in maniera molto soft, niente di trascendentale.

Buona lettura!

drogato

Zoro si ritrovò seduto sulle ginocchia e sotto un getto d’acqua calda. Era incatenato ad un grande tubo a muro arrugginito, ancora completamente vestito. Le sue ferite bruciavano sotto la pressione e la sua pelle era diventata di un rosso acceso. Scoccò delle occhiate attorno prima di alzare gli occhi verso il soffitto. Era in uno spazio grande e aperto; sembrava un bagno comune, probabilmente per gli ufficiali di grado inferiore.

Più l’acqua continuava a bruciare, più Zoro si abituava alla sensazione. Dopo essere stato rinchiuso così a lungo in quella caverna sotterranea, apprezzava di poter stare semplicemente inginocchiato e bagnato fradicio, al caldo. Era come se non si fosse accorto di quanto infreddolito fosse fino a quel momento. Cercò di riunire le forze, guardando annoiato il sangue che scorreva lungo il corpo e scendeva nello scarico.

Dato che non poteva usare le braccia per pulirsi per bene, mosse la testa in circolo in modo che il getto pungente colpisse ogni parte, finché non sentì scivolare via dai capelli e dalla faccia la maggior parte del sangue e dello sporco. La faccia sembrava una spugna bagnata e sapeva che non sarebbe di certo bastato un bagno ad impedirgli di sembrare come qualcosa passata attraverso un tritacarne, ma non lo stava facendo per vanità. Era stato tenuto in un buco del terreno dove l’unico cesso era una conca fagosa all’angolo; a dire la verità, la sua puzza gli stava dando la nausea.

Inoltre l’acqua lo aiutò a svegliarsi, liberandolo di un po’ della sonnolenza datagli dal tranquillante. Ogni cosa sembrava essere rallentata. Già non era il più rapido a pensare quando era in perfetta forma, ora era costretto a metabolizzare i pensieri in testa una parola per volta. Diede uno strappo di prova alle catene. Sembravano terrbilmente resistenti. Con la quantità di droghe che gli pompavano nel corpo, non era nemmeno sicuro di poter rimanere in piedi da solo, figuriamoci scappare. Sembrava proprio che l’opzione fuga dovesse essere scartata al momento.

Dov’era Rufy? Avevano preso anche lui? Zoro odiava non sapere. Desiderò che, ovunque l’avessero messo, si sbrigassero a venirlo a prendere. L’acqua non si stava raffreddando per niente e lui inziava a sentirsi come una delle aragoste preparate da Sanji. Il vapore era soffocante e le sue gambe stavano iniziando a formicolare, visto lo strano divano fatto dal pavimento in dura ceramica. Inoltre, non sarebbe riuscito a pulirsi del tutto senza una pietra pomice e un chilo di sapone industriale. La maggior parte del sangue e dalla terra si era staccata dalla pelle, ma ora la sua maglietta una volta bianca era un mescolone di rosa e marrone. Un altro paio di vestiti rovinato.

Se questa era tutta una grande preparazione per la sua esecuzione, sperò che avrebbero saltato del tutto il discorso igenico e gli avrebbero permesso un buon ultimo pasto o (ancora meglio) una bottiglia di liquore. Il cosiddetto pane che avevano continuato a lanciargli nella cella aveva il sapore del legno stantio, e l’acqua era così sporca che sarebbe stato meglio succhiare direttamente l’umidità dalle pareti. Un altro paio di vestiti rovinati. Dannazione, non ne poteva più di dover soldi all’aguzzina.

Che cavoli, una volta era rimasto per tre settimane senza cibo né acqua. Da quando era diventato così desiderso del cibo di quel maledetto cuoco dongiovanni?

Era stato ucciso? E gli altri? Erano morti: giustiziati? Erano rimasti solamente lui e Rufy? Il pensiero causò una stretta dolorosa al petto. Se fosse stato vero, pensò Zoro cupamente, giurò che avrebbe avuto vendetta. Se avesse dovuto farlo, avrebbe fatto a pezzi l’isola finché non sarebbe rimasto un solo soldato in vita.

No. Non poteva.

Quel lavoro spettava al suo capitano. Ma sicuramente avrebbe trovato un buon posto da dove guardare lo spettacolo.

Zoro aveva visto la morte in faccia un sacco di volte, aveva visto più volte i suoi amici finire ad un soffio dalla morte. Questa non era certo estranea per nessuno di loro, da quando un pazzo ragazzo di gomma li aveva uniti per diventare pirati. Ma quel tipo di morte, essere freddamente e sistematicamente sterminati, non era giusto. Non era da loro.

Rufy non voleva morire. Sapeva che gli altri l’avrebbero pensata allo stesso modo, se fossero stati ancora vivi. E Zoro aveva bisogno di sopravvivere abbastanza a lungo per farlo accadere. Se non era troppo tardi. Se non aveva già fallito...

Ma Rufy era ancora vivo. Quel fatto da solo era una ragione sufficiente per continuare a respirare.

Una porta si aprì dietro di lui e Zoro si girò attorno per vedere una sola guardia entrare. L’uomo incontrò i suoi occhi senza capire finché qualcosa evidentemente non scattò. Sembrava che avesse visto il suo stesso fantasma, perché poi la guardia si voltò e fuggì per la porta urlando ‘è sveglio!’ a pieni pomoni. La porta si chiuse dietro di lui.

Zoro trascorse altri minuti in silenzio, le sue dita che lentamente si addirmentavano sotto lo spriuzzo. Quando la porta si aprì di nuovo, contò non meno di quindici uomini armati di artiglieria, ciascuno dei quali si stava impegnando per non essere il primo ad entrare nella stanza. Quando finalmente passarono tutti, comparve un’ultima figura, che spiccava sopra le altre per il lungo camice bianco che indossava. L’uomo teneva anche un’enorme siringa da vena che a Zoro non piaceva nemmeno un po’.

“Sentite,” Zoro avrebbe alzato le mani supplice, se non fossero state incatenate dietro la schiena. “Giuro che vengo in pace. Non iniettatemi di nuovo della roba.” Stava iniziando ad avere la nausea, realizzò mentre il suo stomaco si muoveva. Un’altra iniezione eavrebbe potuto vomitare sugli stivali.

In risposta, quindici fucili si alzarono minacciando vari punti vitali del suo corpo. Sospirò dentro di sé e cercò di apparire il meno minaccioso possibile, il che non era troppo complicato dato che aveva le gambe addormentate. Ma a giudicare dai volti tesi che lo fissavano dall’alto, era chiaro che anche incatenato, drogato e zuppo era troppo intimidatorio anche per un’intera squadra di marine.

“Lo abbiamo preparato, Dottore,” disse l’ufficiale capo di prima. “Vada e faccia il suo lavoro.”

Il dottore fece un passo in avanti, sembrando sull’attenti ma curioso. “Non riesco a capire come qualcuno possa sopportare una così grande quantità di sedativi. Ma questo qui dovrebbe essere forte abbastanza da renderlo docile come un gattino per ore. Comunque devo avvertirla, capitano, con un cocktail così potente c’è la possibilità di fargli venire un infarto.”

“Mi prenderò la responsabilità,” affermò cupo l’uomo, prendendosi un po’ poco tempo per decidere del destino di Zoro. “Le cariche supreme del Governo Mondiale sono là fuori; non possiamo permetterci che questo tizio vada in berserk. Lo vogliono cosciente per interrogarlo. Noi vogliamo solo che non sia una minaccia.”

“Come desidera.”

Il dottore gli si avvicinò con prudenza, come avrebbe fatto nei confronti di una tigre ferita. L’ago era tenuto pronto mentre l’uomo mormorava una catena di nonsenso. Zoro si ribellò contro le sue catene, i suoi istinti di lotta e fuga che oscuravano il buon senso (che indicava che probabilmente non era l’idea migliore ribellarsi davanti ad un gruppo di marine dal grilletto facile a cui non importava se fosse morto sul posto). Malgrado il suo snervante muoversi, l’ago con mancò il bersaglio e lentamente penetrò la pelle all’interno del gomito. Zoro non sentì nemmeno la puntura, ma sibilò quando il liquido bruciò attraverso le vene e si avviava velocemente verso il cuore. Qualunque sollievo potesse aver provato al non morire instantraneamente fu offuscato dall’effetto rapido della droga. L’ago non era ancora stato estratto dal braccio che la stanza si sfocò e iniziò a girare prima di scivolare nell’oscurità.

dovere

Bibi si stava impegnando con forza per non piangere. Le scorse settimane erano state una specie di incubo. Era stata costretta a guardare i suoi amici più cari che venivano verbalmente crocifissi, uno per uno. Chopper, Sanji, Usop, Nami; erano stati trascinati fuori per essere crudelmente interrogati. Ogni parola era una freccia avvelenata, mirata ad essere più dolorosa possibile. Alla fine del giorno i suoi amici venivano trascinati via di nuovo, con i visi scavati e spiritati.

Il labbro inferiore di Bibi era ferito e sanguinante perché se l’era morso onde evitare di urlare. Quelli erano i suoi amci più cari; avevano salvato il suo paese. Non se lo meritavano. Non era proprio corretto. Non era giusto e basta.

Voleva alzarsi e lottare, fare a pezzi mattone per mattone quella terribile città finché non avesse liberato ogni singolo membro della ciurma di Cappello di Paglia. Assiema Chaka e Pell poteva combattere con i nemici abbastanza a lungo da far scappare i suoi amici. Mordendosi le unghie con velocità, stava seduta a formulare piani su pani, ma alla fine non faceva nulla. Non poteva.

Il suo popolo. Doveva pensare proprio alle persone che erano nelle sue mani. Il suo paese aveva appena finito di riprendersi dopo la guerra che li aveva quasi totalmente distrutti. Le persone avevano finalmente cominciato a riprendersi, dimenticandosi chi erano stati i ribelli e chi erano stati i soldati, vivendo assieme come un popolo unito. Sarebbe stato crudele costringerli alla sofferenza di un’altra guerra, non importava quanto giusta fosse la causa. Perché è quello che Bibi avrebbe fatto se si fosse alzata in quel momento. Invece, rimaneva seduta e guardava e veniva ferita per ogni amico che veniva trascinato a quel processo fasullo.

E quella volta, quella era decisamente la peggiore.

Roronoa Zoro. Mister Samurai: un uomo che era disposto a tagliarsi le gambe pur di continuare a combattere. Un uomo che aveva sconfitto più di un centinaio di cacciatori di taglie della Baroque Works; che da solo aveva sconfitto Das Bones, il killer che lavorava direttamente sotto Crocodile. Un uomo, forte e di onore. Un amico, coraggioso e sincero.

Un uomo, ora ferito e sanguinante, seduto come un cumulo senz’ossa, silenzioso, con la testa chinata e le spalle piegate in avanti. Che cosa gli avevano fatto? Non era quello l’uomo che conosceva.

Ma aspetta. La testa di Zoro si era appena alzata per rispondere a qualche domanda. Bibi non aveva nemmeno sentito qual’era, troppo immersa nei suoi pensieri. Ma aveva causato una reazione nello spadaccino, anche se minima. Bibi pregò che la scintilla di fuoco che aveva visto nei suoi occhi non fosse solo la sua immaginazione speranzosa. Rimase seduta, i pugni stretti nelle pieghe della gonna. Studiò il viso di Zoro con occhi attenti, cercando qualche segno, qualcosa che le dicesse che lui non si era arreso. Gli chiesero un’ulteriore cosa, l’ultima – questa volta lei prestò attenzione – e le labbra di Zoro si mossero, anche se leggermente. Non ne uscì un suono, ma Bibi ricordava abbastanza il suo addestramento come Miss Wednesday da capire ciò che tutti quelli attorno avevano perso.

Le lacrime le uscirono dagli occhi e dovette mordersi il dorso della mano per non lasciarsi andare. Aveva ottenuto la sua risposta. E anche se questa aveva distrutto qualsiasi fantasia infantile che avesse segretamente custodito, si ritrovò rassicurata- l’amore trova sempre una strada, che sia l’amore per una persona sola o per un’intera nazione. Avrebbe aspettato tranquilla nelle retrovie, avendo fiducia e credendo nei suoi amici.

Ma, si chiedeva Bibi mentre venivano a portare via Zoro, se la sua fede fosse forte abbastanza. Il suo cuore avrebbe resistito fermamente, il suo senso di responsabilità non sarebbe crollato, quando Monkey D. Rufy si fosse inginocchiato di fronte a lei? Guardandolo, avrebbe davvero potuto non far nulla?

Bibi se lo chiedeva.

interrogatorio

Zoro era in ginocchio, con le gambe incapaci di sorreggerlo. La luce del giorno lo accecava, gettandogli immagini scolorite e brucianti negli occhi. Non poteva muoversi, né pensare. Il calore lo soffocava. Il suo unico sollievo veniva da delle ombre incrociate sopra di lui. Ombre di una piattaforma d’esecuzione divenuta famosa quando Gol D. Roger vi aveva esalato il suo ultimo respiro.

C’era un tavolo davanti a lui. Attorno vi sedevano delle persone, sfocate ed indistinte. Stavano parlando, gli dicevano cose che non poteva sentire. Dal tono poteva capire che erano domande. Dirette a lui, probabilmente. Ma non riusciva a capirle. Sentì lo sguardo di qualcuno sopra di sé: era differente dagli altri; un amico, forse. Zoro era troppo stanco per dirlo. Rimase inginocchiato, fissando il terreno e desiderando che il grigio sfrocato si normalizzasse in polvere e rocce e piastrelle rotte. Lentamente, anche le voci mute iniziarono ad avere un senso.

Era difficile registrare cià che dicevano. Era come se stessero parlando in una lingua che conosceva a malapena; solo una piccola distrazione di concentrazione ed il significato delle parole si disperdeva nella mente ottenebrata dalla droga. Anche quando capiva la domanda, non poteva rispondere a voce alta. La sua lingua era incollata al palato. Le sue corde vocali potevano benissimo essere state tagliate. Il suo corpo era virtualmente paralizzato, tanto da non riuscire ad afferrare le rocce al di sotto e le voci che raggiungevano le sue orecchie. Ma le domande mescolavano qualcosa dentro di lui e, anche se non poteva parlare, il cuore di Zoro recitava le parole.

“Perché combatti?” chiese una voce solennemente.

Ho fatto una promessa…

“Tu-” La voce si interruppe, o fu la concentrazione si Zoro, piuttosto. Si sforzò di stare attento. “-una volta un cacciatore di taglie. Perché sei diventato un pirata?”

…Per essere il più forte...

“Tu sei—glior spadaccino. Perché combatti?”

...Per lui…

Le voci erano diventate aspre e pretenziose. “Perché continui a fare così?” chiesero.

Pensando all’uomo rimasto in quelle caverne, a lamentarsi per il cibo e a parlare disinvoltamente della morte, Zoro trovò la forza di alzare la testa. I suoi occhi si focalizzarono con fatica sulla piattaforma d’esecuzione, promettendo silenziosamente che Rufy non avrebbe mai incontrato la sua fine su una cosa del genere.

"Roronoa Zoro, perché continui a fare così?”

La bocca di Zoro si mosse, ma ancora non ne uscì nessun suono. Ma, in qualche maniera, andava bene così.

‘Per lui.’

Ci fu un coro di voci frustrate attorno, ma a quel punto Zoro smise di prestare attenzione. Avrebbe risparmiato le forze, aspettato il momento e allora, avrebbe agito.

“Rifiuta di parlare,” disse una voce.

“E’ partito. Voi stupidi giovinastri siete troppo generosi con le medicine,” parlò un altro.

“Non importa.” Un’altra voce si impose sulle altre. “La sua ora si avvicina.”

“Hai ragione. Riportatelo in cella.”

Zoro fu trascinato via, trasportato come un peso morto sul terreno. Le sue orecchie percepirono un’ultima cosa, da una voce che risuonava vecchia come il tempo, ma ancora forte e piena di potere oscuro. Quell’unica frase, benché se l’aspettasse, minacciò di fare a pezzi il suo mondo.

“Domani giustizieremo il Re dei Pirati…”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=284147