Cuore di ghiaccio

di Martha_Herondale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ali di cenere ***
Capitolo 2: *** Minestra per cena ***
Capitolo 3: *** Abbraccio che culla, abbraccio che cambia ***
Capitolo 4: *** Incontri ***
Capitolo 5: *** Sorprese ***
Capitolo 6: *** Sei il mio scaccia incubi ***
Capitolo 7: *** Videogiochi ***
Capitolo 8: *** Non sei sola... ***



Capitolo 1
*** Ali di cenere ***



C’era una volta una bambina, il suo nome era Emily. C’era una volta una bambina orfana, triste e sola. C’era una volta una bambina che piangeva lacrime amare rannicchiata in un angolo, circondata dalle fiamme, e gridava di dolore per le ferite del corpo e del cuore.
Poi, fra le lingue incandescenti di fuoco scarlatto, apparve una sagoma scura. La sagoma si fece strada fra le fiamme, dirigendosi verso di lei. Man mano che si avvicinava, i contorni della sagoma si fecero più nitidi: era un giovane pallido come uno spettro, alto e magro, con le spalle un po’ curve e una zazzera di capelli neri. Il ragazzo si chinò su di lei, avvolgendola fra le braccia e traendola in salvo. Emily si avvinghiò a lui e nascose il volto nella sua maglietta bianca, ormai grigia di cenere.
Era così che ricordava L, e così lo avrebbe sempre ricordato: un angelo celeste sceso in terra, un angelo candido che si ergeva sopra di lei e la salvava, candido nonostante la cenere e la polvere nera.
 
Si svegliò lentamente, sentendo dolore dappertutto. Si trovò immersa nel bianco: lenzuola bianche, pareti bianche e porta bianca. La stanza sconosciuta era spoglia, fatta eccezione per il letto sul quale giaceva e una sedia di legno, ovviamente tinta di bianco, lì accanto.
Proprio su quella sedia, era appollaiato in una strana posizione un ragazzo dall’aria familiare… Ma certo! Era il suo salvatore!
Indossava gli stessi vestiti, ma puliti ovviamente, ed era intento a mangiare una fetta di torta con panna e fragole.
Non appena questo si accorse che era sveglia, mise giù la torta e le sorrise. Era un sorriso carino, ma con quelle profonde occhiaie e il pallore cadaverico, risultava piuttosto inquietante.
Ricambiò il sorriso, sentendosi un po’ in colpa per averlo definito inquietante, d’altro canto gli doveva la vita.
 - Dove mi trovo? – chiese la bambina con fatica. Si sentiva la bocca arida e le labbra appiccicose. – Sono in ospedale?
 - No. – rispose il ragazzo. – Siamo alla Wammy’s House.
Emily lo guardò interrogativa.
 - Ѐ un orfanotrofio… - spiegò L esitante.
La bambina sapeva già che fine avessero fatto i suoi genitori, ma sentirselo dire fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Trattenne a stento un singhiozzo, rimandando le lacrime a più tardi, odiava piangere in pubblico.
 - Sì, certo, capisco. – disse con voce rauca. – E questa sarebbe la mia stanza?
 - Sì, ma non solo la tua.
 -Che vuoi dire? – chiese Emily perplessa.
 - Purtroppo al momento non c’erano camere disponibili, così un ragazzino si è gentilmente offerto di ospitarti.
 - “R-ragazzino”? – balbettò imbarazzata. – Maschio?!
 - Esatto. Non ci sono molte femmine qui.
Emily si guardò intorno: se già ci stava qualcuno, perché era così spoglia la stanza?
 - Ha semplicemente messo da parte le sue cose per paura che potessero essere d’intralcio. – disse il ragazzo, rispondendo alla sua muta domanda.
Emily si voltò, mettendo momentaneamente da parte tutte le sue domande per concentrarsi su di lui. Era un po’ strambo, ma persino con una sola occhiata, si riusciva a capire di quale mente geniale fosse dotato.
 - Chi sei tu?
 - Io sono L. – rispose con naturalezza. – Tu invece come ti chiami?
Era chiaramente un nome falso. Dopo ciò, di certo non gli avrebbe svelato il suo.
 - Piacere, L. Io sono Lyem.
 - Ѐ un bel nome. – commentò l’altro. – D’ora in poi è così che sarai chiamata.
Le sembrava già abbastanza strano, che quello che probabilmente era il direttore dell’orfanotrofio, le si presentasse con un nome palesemente falso, figuriamoci quindi, dover celare la sua identità anche agli altri ragazzi. Ma… aspetta… c’era qualcosa che non tornava. Perché mai il direttore di un orfanotrofio si era disturbato a salvarla da un incendio? O lui non era il direttore, o quello non era un normale orfanotrofio. O forse entrambe le cose.
 - Questo non è un orfanotrofio come gli altri, e io non ne sono a capo. – la informò L, confermando le sue ipotesi. Ancora una volta quel tizio l’aveva praticamente letta nel pensiero… Straordinario!
 - Cos’ha di diverso? – chiese la piccola.
 - Non ora. – la interruppe L. – Ti sei appena ripresa ed hai bisogno di riposo. Presto parlerai con il vero direttore, che ti spiegherà ogni cosa.
Sorrise e scese dalla sedia, avviandosi verso la porta.
 - L! – lo bloccò Emy.
 - Sì?
 - Grazie. – disse semplicemente.
L sorrise nuovamente, per poi sparire oltre la porta, lasciandola sola e con mille dubbi in testa.
La stanza era perfettamente illuminata, grazie alle tende bianche che filtravano la luce solare. Doveva esserci una bella giornata fuori, in netto contrasto con il suo umore.
Tirò su le coperte fino al naso e chiuse gli occhi. Rivisse praticamente tutta la sua vita, fino a quel fatidico giorno che aveva spezzato la sua esistenza perfetta, anzi no, l’aveva completamente distrutta, perché una famiglia lei non ce l’aveva più.
Le lacrime cominciarono a colarle copiose sul volto, mentre scoppiava in un rumorosissimo pianto isterico. Si stava giusto crogiolando nel dolore, quando la porta si aprì.
A causa della vista offuscata dalle lacrime, riuscì a distinguere appena una figura piccola e minuta, tutta bianca, che se ne stava immobile sulla soglia.
Per un attimo ebbe lo sciocco impulso di gridargli di sparire, ma poi realizzò che molto probabilmente, si trattava del suo compagno di stanza. Fantastico! Era la prima volta che si incontravano e lei stava letteralmente annegando nelle lacrime. Chissà che opinione orribile si stava facendo…
Ma il bambino dal viso rotondo e bianco come la luna piena, era tranquillo, inespressivo, a dirla tutta.
Near entrò e chiuse la porta dietro di sé. Si avvicinò al letto.
Aveva i capelli bianco-argento, la pelle liscia e pallida e un paio di occhi grigi talmente profondi da far accapponare la pelle. Un albino.
 - Perché piangi?
Era fermo davanti a lei e la fissava.
 - N-no. – balbettò, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano e mettendosi a sedere.
 - Cosa no? Mi vuoi forse negare di star piangendo?
 - No non ti voglio dire il motivo. – rispose Emily con voce incredibilmente ferma.
 - Come vuoi. – disse l’altro, senza manifestare nessuna emozione.
Rimasero un po’ in silenzio, a studiarsi a vicenda. Quella bambina era graziosa, pensò Near, avvolgendo una ciocca bianca intorno all’indice. Aveva dei bei riccioli scarlatti lunghi fino alla vita e grandi occhi di un insolito blu elettrico, ora rossi per le lacrime.
 - Tieni. – disse Near, porgendole il suo fazzoletto di stoffa bianca.
 - Grazie. – rispose Emily, stupita da quel gesto di gentilezza. – Come ti chiami?
 - Near, tu?
Ecco, un altro nome falso.
 - Secondo me, quando ci si presenta, bisognerebbe aggiungere qualcosa di personale, così risulta più semplice stringere amicizia. – rispose invece.
 - Del tipo? – chiese Near, continuando a tormentarsi i capelli.
 - Che so, qualcosa che ci piace… o magari qualcosa che detestiamo…
Aveva sempre avuto questa particolare convinzione sul presentarsi.
 - Mi chiamo Near e mi piace risolvere puzzle. – disse inaspettatamente il bambino. Credeva che l’avesse mandata al diavolo.
 - Io mi chiamo Lyem e ho una fissazione per i peluche. – si presentò a sua volta Emily.
Per un attimo gli occhi di Near si illuminarono, nell’udire quelle parole. Fu soltanto un attimo, ma lei se ne accorse ugualmente.
 - Anche a me piacciono. – commentò Near, fingendo distacco.
E da quel momento andarono d’accordo.

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Capitolo 2
*** Minestra per cena ***


Quella sera, erano più o meno le 18:00 quando Near era arrivato, Emily non si azzardò minimamente a metter piede fuori dalla camera, era ancora troppo debole. E poi, c'era il suo compagno di stanza a distrarla dai dolori e dalle preoccupazioni.
Dopo aver saputo della loro passione comune per i peluche, le aveva portato tutti quelli che possedeva: una foca, un orso polare, una papera, un pinguino e un gatto nero. Emy li accarezzò pensierosa: erano morbidi, setosi e curatissimi.  Near doveva tener loro parecchio.
Non parlarono molto, ma il loro non era il classico silenzio imbarazzato. Era un silenzio sereno, che sembrava dire così: "Sono felice di stare qui con te, anche se non ti parlo."
Near era disteso per terra, fra i suoi numerosi giocattoli che, dopo averle chiesto il permesso, aveva tirato fuori e sparso per tutta la stanza. In quel momento era intento a risolvere un puzzle quasi interamente bianco, ma Emily lo aveva già osservato cimentarsi in tanti altri passatempi, quali costruire castelli di carte, creare intere città di dadi, giocare con i suoi pupazzetti, ... Aveva studiato con grande interesse ogni suo movimento di mani e ogni suo guizzo di occhi, stringendo i peluche fra le braccia.
 - Ti affascino così tanto? - le chiese di punto in bianco Near. Fino a quel momento sembrava non essersi accorto del modo in cui Emily lo guardava, ma evidentemente non era così.
 - Scusa. - rispose lei, avvampando.
 - Non c'è bisogno che ti scusi, non mi dà fastidio. - la rassicurò Nate con voce atona. - Piuttosto, davvero ti lascia indifferente tutto questo macello? - le chiese, indicando le cianfrusaglie intorno a lui.
Emily annuì con decisione.
 - Mi piace. La stanza era troppo vuota e fredda, così mi sento meno sola... Inoltre, rifletto meglio in mezzo alla confusione.
Era vero. Il vuoto la metteva in soggezione, la faceva distrarre dai propri pensieri.
 - Quanti anni hai? - gli chiese dopo un po', sperando di non disturbarlo, tanto era assorto nel suo puzzle.
 - Otto. - rispose Near con la sua solita voce.
 - Anch'io otto! - esclamò. Ecco un'altra cosa in comune!
Passò ancora un po’ di tempo a guardarlo.
 - I puzzle monocromo sono un po' difficili... Posso aiutarti? - gli chiese Emily.
 - Non che abbia bisogno del tuo aiuto, ma di sicuro ti annoi. - rispose freddo Near.
Emily non ci badò e scese cautamente dal letto, s'inginocchiò per terra e gattonò verso di lui. Voleva aiutarlo, ma non sapeva che fare.
 - Lyem... - disse piano il bambino, esaminando una tessera. - Hai mai fatto un puzzle?
 - No. - ammise l'altra.
 - Dovresti. - osservò lui. - Non ti verrà difficile, sei in gamba. Ci si sente gratificati, dopo che lo si è completato.
 - Non mi conosci nemmeno, come puoi affermare cose simili su di me... ?
 - Posso perché so come hai agito durante l'incendio. Una stupida non avrebbe chiamato la polizia, i pompieri e l'ambulanza. E poi non usi proprio il lessico di una di otto anni.
 - Be', neanche tu. - gli fece notare Emily. - Con questo hai capito che non sono stupida. Ma come fai a dire che sono intelligente?
 - Il semplice fatto che tu ti trovi qui, è già di per sé una prova.
 - Che vuoi dire? - domandò lei, confusa.
 - Che la Wammy's House è un orfanotrofio per bambini con capacità intellettive fuori dalla norma, fondato allo scopo di creare il degno successore di L. - rispose lui, diretto come sempre.
 - U-un cosa?! - esclamò lei.
 A Near non piaceva ripetere le cose due volte, quindi rimase zitto.
Se prima Emily aveva la testa in subbuglio, ora se la sentiva letteralmente scoppiare. Quindi il ragazzo che l'aveva salvata aveva bisogno di un successore? Ma chi era? E soprattutto, dove diavolo era finita?!
 - Near, chi è L? - gli chiese, cercando di calmarsi.
 - Nessuno conosce la sua vera identità. - rispose tranquillamente il bambino.
 - Non è questo che intendo. Perché ha bisogno di un successore?
 - Il più grande detective del mondo corre quotidianamente molti rischi... In ogni caso non è immortale, sai?
Emy ebbe un improvviso capogiro e le mancò l'aria; svenne. Near l'afferrò prontamente, un attimo prima che sbattesse la testa fasciata. Considerate le sue attuali condizioni fisiche, aveva previsto una reazione del genere. Tutto calcolato. La strinse delicatamente fra le braccia, appoggiandole il capo sul suo grembo. La osservò più da vicino e notò una leggera spruzzatina di lentiggini che decorava il suo infantile nasino all'in su.
 - Lyem...? Lyem! - la chiamò Near.
Provò di tutto per svegliarla: gridarle nell'orecchie, scuoterla, farle il solletico e strofinarle un peluche in faccia, ma niente, non ne voleva sapere.
Allora, sbuffando, si alzò, le braccine esili che tremavano sotto il peso della bambina. La depositò con attenzione sul letto e le rimboccò le coperte. La fissò per un attimo: le piccole labbra rosate, tanto perfette da sembrare finte, appena dischiuse, il visetto rotondo rilassato e il petto che si alzava e si abbassava a ritmo regolare. Stava soltanto dormendo.
Quindi si voltò e se ne andò, diretto alla mensa per la cena.
 
 - Lyem, svegliati. – la chiamò una voce pacata.
Doveva ancora abituarsi a quel nuovo nome… le faceva un effetto stranissimo essere chiamata così. Aprì a fatica gli occhi.
 - Near, sei tu? – chiese incerta, con voce ancora impastata dal sonno.
 - E chi altri? – rispose Near.
Finalmente riuscì a metterlo a fuoco. Era seduto sulla sedia bianca e reggeva un vassoio, sul quale si trovavano: una scodella piena di minestra, un cucchiaio, un tovagliolo e un bicchiere d’acqua.
 - E quello? – chiese Emily, indicando il vassoio.
 - La tua cena. – rispose Near.
 - Grazie, ma che ore sono? – domandò, gettando un’ occhiata alla finestra buia.
 - Circa le 10:15 di sera. Dopo essere svenuta, siccome erano già le 7 e mezza, sono sceso a cena. Allora ho fatto mettere da parte una porzione per te, che ho appena recuperato. Ѐ tardissimo e questa minestra ha già fatto un considerevole tragitto dalle cucine a qui, quindi mangiala, fredda farà schifo.
La bambina prese il vassoio che Near le porgeva, riflettendo sul fatto che doveva essere stato per forza lui a metterla a letto, una volta svenuta. Che imbarazzo!
 - Scusa se sono svenuta… - gli disse infatti.
 - Smettila di scusarti per qualsiasi sciocchezza. – la rimproverò Near freddo. – Era prevedibile una reazione del genere, dal momento che non ti sei ancora ripresa del tutto.
Emily rimase in silenzio, mentre afferrava il cucchiaio.
 - Non noti nulla di diverso? – gli chiese a quel punto Near, fissandola con insistenza. – Ti facevo un’osservatrice più attenta…
L’altra si guardò intorno e sussultò. Era talmente evidente… Come aveva fatto a non accorgersene prima? Mentre dormiva, la stanza era stata arredata! Adesso disponeva di un armadio, un comodino, una scrivania e un cassettone, tutti rigorosamente bianchi.
 - Perché prima non c’erano? – chiese Emily, voltandosi di scatto verso Near.
 - Per lo stesso motivo per cui io ho messo da parte le mie cose, suppongo. – spiegò lui.
Detto questo, si alzò e si diresse verso la porta.
 - Tornò fra un attimo. – si limitò a dirle.
 - Ehi! No, aspetta! Dove vai?! – esclamò Emily.
 - A prendere un cuscino e un paio di coperte. – rispose Near, senza voltarsi. - Da qualche parte dovrò pure dormire.
 - Cosa?! E dove vorresti coricarti, sul pavimento?! – sbottò lei, additando le dure mattonelle marmoree.
 - Be’, da seduto non ci riesco. – osservò il bambino, un po’ stupito dalla sua reazione.
 - Come se ti possi lasciar dormire là per terra, mi sentirei in colpa per il resto della mia vita… Ѐ ovvio che dovremo stringerci nel letto! – sbuffò Emily.
 - Ho intenzione di lasciartelo, sei ancora convalescente, lo sai.
 - Che stupidaggini dici! Vedi di smetterla di fare l’eroe gentiluomo. Appena finisco la minestra, vieni a letto, senza fare storie. Guai a te se nel frattempo sgattaioli via a prendere coperte e cuscini! – lo redarguì la bambina con sguardo minaccioso.
Near era piuttosto seccato, ma non lo diede a vedere, anche perché voleva evitare di litigare con lei. Quindi obbediente ritornò sui proprio passi e si accovacciò sulla sedia, aspettando pazientemente.
Dopo un silenzio che sembrò durare un’eternità, interrotto soltanto dal tintinnare delle posate, si decise finalmente ad aprir bocca.
 - Lyem?
 - Mmh? – mugolò lei, con la bocca piena.
 - Oltre ai peluche, c’è qualcos’altro che ti piace? – le chiese, tormentandosi una ciocca perlacea.
 - Be’, ci sarebbero i libri, ma… - rispose esitante Emily, mandando giù un altro sorso di minestra.
 - Ma? – l’esortò Near.
Non sapeva come continuare la frase. Tutti i suoi amati libri erano ridotti ad un mucchietto di cenere ormai, e sapeva bene quanto fosse insolito il suo hobby, specialmente fra i suoi coetanei. Eppure Near non sembrava granché stupito… No, per qualche strana ragione, lui non manifestava mai le sue emozioni, ma era più che certa che le avesse.
 - Sono tutti andati distrutti nell’incendio. E poi, ogni volta che dico che mi piace leggere, chiunque mi guarda stranito. Non è per niente comune fra i miei coetanei… - concluse Emily.
 - Io sono un tuo coetaneo e ti posso assicurare che, in confronto agli hobby degli orfani della Wammy, il tuo è normalissimo. In realtà, sono delle vere e proprie ossessioni. – commentò Near.
 - Quindi anche tu hai un’ossessione? – domandò pensierosa.
 - Non dirmi che non te ne sei accorta. Vesto tutto di bianco e i miei puzzle sono completamente bianchi, così come l’intera camera. – rispose l’altro.
Ora si spiegava tutto.
 - Pensavo che lo facessi per una questione di abbinamento, d’altronde anche tu sei quasi totalmente bianco. Sei albino, no?
 - Probabilmente. Non so praticamente nulla né della mia famiglia, né di me stesso.
 - Neanche il tuo vero nome… ? – chiese Emily sconcertata.
Le sottili labbra di Near si curvarono appena in un sorrisetto un po’ sadico, che le fece ricordare quello di L. Perché cavolo avevano tutti sorrisi così inquietanti?
 - Una delle poche cose. – rispose l’altro.


Angolo dell'autrice
Salve, albini miei (?). Scusate per il titolo abbastanza banale, ma proprio non avevo idee oggi! >.< Avrei da chiedervi un favore piccino piccino... *fa gli occhioni grandi* Siccome questa è la prima fan fiction che scrivo su Near, sono terrorizzata dall'idea di poter stravolgere completamente questo personaggio (sei proprio un tipetto difficile, caro il mio genietto), quindi, vi supplico, recensiteeeee! Anche se non avete intenzione di seguire la storia, almeno commentate per farmi sapere come lo sto interpretando. Ho bisogno assolutamente dei vostri pareri! T.T Bene, ho sclerato abbastanza per oggi. Comunque ho aggiornato prestissimo perché questo capitolo si è praticamente scritto da solo u.u Ringrazio nuovamente di cuore Alecraft Mounts <3 A proposito, ho scoperto che siamo coetanee, se l'età che hai messo è giusta. ;)
Tanti kiss dai pucciosissimi Near e Lyem e ovviamente da me, dalla vostra pazza pazzissima! O.o

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Capitolo 3
*** Abbraccio che culla, abbraccio che cambia ***


Lyem bevve un sorso d’acqua, cercando di fingere disinteresse, ma in realtà moriva dalla voglia di sapere quale fosse il vero nome di Near. Alzò lo sguardo su di lui, studiando attentamente i suoi bei occhi grigi, che variavano dall’azzurro cielo fino al nero carbone  con mille sfumature.
 - E non me lo dirai, vero? – gli chiese infine.
 - Ovviamente no. – rispose Near.
Certo, lo sapeva già questo… Ma prima o poi l’avrebbe scoperto.
 - Near, potrei sapere dove si trova il bagno? Sai com’è, sono passate un bel po’ di ore… - domandò Emily, la povera vescica che minacciava di scoppiare da un momento all’altro.
 - Ah, giusto. Vieni, ti faccio vedere dove sono quelli femminili. – rispose il bambino, dirigendosi verso l’uscita.
Allora Emily poggiò il vassoio con la scodella, ormai vuota, e tutto il resto sulla sedia bianca, alzandosi dal letto.
 - Ehm… Prima di questo, ci sarebbe un favore che vorrei mi facessi. – annunciò, leggermente imbarazzata.
 - Cioè? – chiese l’altro, voltandosi verso di lei.
 - Ecco, io… sì, insomma… - farfugliò l’altra, assumendo una colorazione rossastra.
 - Non ti sopporto quando fai tutti questi giri di parole. Dimmi cosa vuoi che faccia e lo farò.
A chiunque altro sarebbe sembrata una cosa piuttosto sgarbata da dire, ma alle orecchie di Emily,  l’ultima frase tradiva una certa gentilezza.
 - Ho bisogno di cambiarmi, vorrei che mi prestassi un pigiama! – esclamò a quel punto. Al momento, infatti, indossava una specie di camicia da notte bianca, fatta di un tessuto ruvido e pungente che le irritava la pelle e la infastidiva.
Near non disse nulla e si diresse verso il cassettone. Vi rovistò dentro per un po’, per poi tirare fuori un pigiama bianco. Quindi lo lanciò a Lyem, la quale lo afferrò al volo.
Subito la bambina fu invasa da un forte profumo di ammorbidente alla lavanda.
 - Ora possiamo andare. – disse, stringendoselo al petto.
 
I bagni femminili si trovavano a pochi passi da lì ed erano tenuti in perfetto ordine e pulizia. Le mattonelle bianche ricoprivano pavimenti, mura e soffitto. Entrando a destra, c’erano sei lavandini, dotati ognuno di specchio; a sinistra sei gabinetti e infondo sei docce.
Per prima cosa, si fece una bella doccia di acqua gelata per rinfrescare anche la mente. Spogliandosi, notò diversi lividi, scottature e graffi in via di guarigione sul suo corpo: era ridotta davvero male. E poi, ancora avvolta nell’accappatoio candido, si lavò i denti. Infine si infilò il pigiama che Near le aveva prestato. Visto che avevano la stessa corporatura e la stessa altezza, le cadeva a pennello. Si rimirò un attimo nello specchio: i capelli spettinati rosso fuoco in netto contrasto con il bianco e la pelle talmente pallida da confondersi con il tessuto del pigiama.
Quando ritornò in camera, trovò Near che si rotolava fra i giocattoli spensieratamente. Sembrava quasi che non si fosse accorto della sua presenza, finché non le parlò.
 - Ti ricordi quando ti ho chiesto se c’era qualcos’altro che ti piaceva oltre ai peluche e tu mi hai risposto che ti piace leggere? – disse, dandole le spalle.
 - S-sì. – balbettò lei, un po’ nervosa che avesse tirato nuovamente fuori l’argomento. Temeva che anche lui avrebbe cominciato a prenderla in giro.
 - Prima mi ero dimenticato di dirtelo, ma c’è una biblioteca, qui alla Wammy.
Silenzio. Emily aprì e richiuse la bocca un paio di volte, senza emettere alcun suono, provando a formulare una frase sensata. Quel silenzio dovette essere particolarmente lungo, se persino Near si voltò per assicurarsi che stesse bene.
 - I-io… cioè, n-non posso… Dov’è?! – farfugliò lei.
 - Se vuoi e se ci danno il permesso, domani ti ci porto. – rispose il bambino con voce atona.
 Lyem si esibì in un urletto isterico, di cui neppure lei stessa sapeva di esserne capace, quindi, piroettando, si diresse verso Near, che la guardava stravolto, e gli gettò le braccia al collo.
 - Oh, Near! Grazie, grazie, grazie! Ѐ fantastico, io…
 - Sei troppo agitata, calmati. – la interruppe, seriamente preoccupato per la sue salute.
 - Una biblioteca?! Una biblioteca vera?! – lo ignorò l’altra.
 - A che scopo costruirne una finta? Adesso calmati per favore, e smettila di stritolarmi.
 - E io ci andrò domani?! – esclamò, scuotendolo ancora più forte.
A quel punto Near l’afferrò saldamente per le spalle, fermandola e puntando gli occhi gelidi nei suoi, sortendo l’effetto sperato.
 - Se ci danno il permesso. – le ricordò, riportandola alla realtà.
 - Permesso? Quale permesso e di chi? – domandò con voce sperduta.
 - Il permesso di Roger di farti girovagare per l’istituto. Devo forse ricordati che non ti sei ancora ripresa del tutto?
Emily deglutì l’amaro che le si era formato in bocca.
 - Ma io sto bene. – rispose, senza staccare gli occhi da quelli magnetici Near. Per qualche strano motivo ciò le risultava impossibile… o forse non voleva farlo.
 - No che non stai bene, e poi non sono io a decidere, ma Roger, il direttore.
 - Ah. – commentò Emily. Sembrava un palloncino sgonfiato da tutta la sua emozione. - I-io, io ci voglio andare lo stesso!
Near la fissò per alcuni secondi, soppesando le sue parole.
 - Allora vedi di stare ben attenta a non farci scoprire. - disse infine.
 - Sì! - esclamò la bambina.
Strinse nuovamente Near in un abbraccio frantuma-costole e poi, senza sapere bene perché, gli scoccò un bacio sulla guancia. Sentì sulle labbra morbide la sua pelle liscia e fresca, rendendosi conto di cosa aveva appena fatto, e di quanto poco Near avrebbe apprezzato quel suo gesto.
 - Scollati. - ordinò quest'ultimo, liberandosi dal suo abbraccio. Odiava essere abbracciato, ma soprattutto odiava essere baciato.
 - Scusami... - mormorò Lyem imbarazzatissima.
 Stavolta Near accettò silenziosamente le sue scuse.
 - Adesso è meglio se ci corichiamo, sono già le 11.
 - Sì... - rispose piano l'altra, pensando a quanto ora sarebbe stato duro per entrambi stringersi nello stesso letto.
Si infilò per prima sotto le coperte, rotolando di lato per addossarsi al muro. Near le si sistemò accanto e si girò su un fianco, dandole le spalle. Il letto era tremendamente piccolo, così furono costretti a stare appiccicati. L'attimo seguente risuonò nell'aria il click della bajour che veniva spenta, e tutto fu buio.
Lyem prese un bel respiro e chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi. Nonostante la lunga dormita fatta in precedenza, si sentiva esausta e il sonno non tardò ad arrivare. Ne riemerse ansimante dopo solo pochi minuti, la mente affollata da incubi tremendi; si appallottolò tremante contro il muro. Si sentiva triste, triste e sola come mai lo era stata, le ombre della notte l'avrebbero acciuffata da un momento all'altro e trascinata giù, sempre più giù, nell'oscurità della disperazione.
Un singhiozzo ruppe il silenzio della notte e ridestò Near, che si era assopito. All'inizio non capì quale fosse il rumore che lo aveva svegliato, né cosa lo avesse prodotto. Quando si rese conto che Lyem stava singhiozzando senza ritegno, raggomitolata in un angolo sotto le coperte, la chiamò gentilmente per nome.
 - S-sc-scusami... - piagnucolò lei, continuando a dargli le spalle. Non voleva proprio che la vedesse di nuovo in quello stato.
 - Non mi piacciono i contatti fisici, ma se ti abbraccio, la smetterai di piangere? Domani mattina ho un test e devo essere ben riposato. - disse Near, ignorando le sue scuse.
Emily era a dir poco sorpresa, ma aveva assolutamente bisogno di calore umano che la confortasse, quindi annuì debolmente. L'attimo successivo un paio di braccia tiepide l'avvolsero stretta e l'allontanarono dal muro, in un modo estremamente dolce e confortevole, e poi la fecero voltare.
Ricambiò l'abbraccio, stringendo il torace ossuto di Near e sprofondando il volto fra le pieghe del suo pigiama bianco immacolato. Prese un bel respiro e il piacevole profumo di lavanda le invase nuovamente le narici.
 - In cambio tu mi lascerai giocare con i tuoi capelli. Accetti le condizioni? - le sussurrò Near in un orecchio, infilando una mano in quel suo morbido groviglio di capelli rossi.
 - Tutto quello che vuoi... Ma adesso dormiamo, per favore. - rispose Emily con un singhiozzo.
 - Sì, ma non piangere più, ci sono io con te.
Era soltanto una frase, detta per rassicurarla, eppure da quel giorno la bambina non pianse mai più, grazie alla certezza che lui ci sarebbe stato, sempre.
E si addormentarono così; lei avvinghiata a lui come se fosse la sua unica salvezza, e lui che si gingillava con i ricci di lei, rilassando anche la legittima proprietaria dei capelli.
 
Era mattina presto, la debole luce del sole invernale attraversava la tenda bianca e illuminava d'oro la stanza. Tutto taceva, sia fuori che dentro.
Lyem si svegliò lentamente e con un sorriso beato sulle labbra. La testa fasciata poggiava su qualcosa di comodo, ma non morbido come il cuscino, e fra le braccia stringeva qualcosa, o meglio, qualcuno: Near. Si erano addormentati abbracciati; la spalla di lui era il suo cuscino, la sua testa gli faceva da poggiamento e le mani di Near fra i suoi capelli.
I ricordi della notte precedente ripresero vita nella mente annebbiata di Emily. Infine decise che tutto ciò era strano, davvero molto strano, ma anche piacevolissimo. I loro corpi si incastravano alla perfezione ed era così rilassante sentire i battiti regolari del cuore di Near, e talmente dolce il leggero calore che emanava. E poi, grazie a lui, aveva dormito splendidamente, senza neppure un incubo piccolo piccolo.
Richiuse gli occhi, felice. Sì, era proprio piacevolissimo quell'abbraccio.
 - Lyem? - chiese una voce assonnata sopra la sua testa. Near si era appena svegliato.
 - E chi altri? - rispose lei, stringendosi ancora di più a lui e sorridendo, sempre con gli occhi chiusi.
Near era alquanto sorpreso di se stesso, sorpreso di come l'avesse abbracciata la notte scorsa, sorpreso di come si stesse godendo quel contatto, senza allontanarla. Si chiese cosa gli stesse accadendo, cosa stesse cambiando in lui, ma soprattutto in che modo... Una cosa era certa però: tutto questo era merito di Lyem.
Lyem, quella bambina che era arrivata così, da un giorno all'altro, miracolosamente sopravvissuta a quel catastrofico incendio. La conosceva da meno di un giorno, eppure le aveva parlato così tanto, più di quanto avesse mai fatto con chiunque altro, e adesso la stava addirittura abbracciando, arricciando i suoi capelli rossi sulle punte delle dita. E le sue piccole labbra rosate erano piegate in un sorriso: era serena. E lui? Be', lui non aveva mai abbracciato nessuno di sua spontanea volontà, prima d'ora, ma il fatto che non l'avesse spinta via era già qualcosa.
Forse Lyem lo stava davvero cambiando, forse stava sciogliendo il suo cuore di ghiaccio... No, anche lei aveva un cuore di ghiaccio prima d'incontrarlo, anche lei era asociale, fredda e distaccata. Near ne era certo, lo si vedeva da come si comportava, sempre timida, impacciata e che arrossiva facilmente.
Allora forse non stava cambiando proprio un bel niente... Ad ogni modo Near non aveva intenzione di far nulla, né per impedire il cambiamento, né per farlo accadere.
Siccome era molto presto, restarono così ancora per un po', ognuno immerso nei propri pensieri, vicini ma distanti chilometri e chilometri con le menti. Finché la sveglia sul comodino non trillò, segnando le 7:30, ora di alzarsi.
Lyem afferrò immediatamente accappatoio, spazzolino e dentifricio, annunciando che sarebbe andata subito ai bagni prima delle altre, per avere un po' di privacy almeno durante la doccia.
Quando ritornò in camera, Near era già sceso a colazione. Si sedette sul letto, indecisa su cosa fare nell'attesa che l'altro ritornasse con la sua colazione. Poi qualcosa catturò la sua attenzione: il puzzle bianco incompleto sul pavimento. Decise che avrebbe seguito il consiglio di Near e avrebbe provato a risolverlo, di certo non si sarebbe arrabbiato se avesse toccato le sue cose, d'altronde il giorno prima le aveva portato tutti i suoi peluche.
Quindi si inginocchiò per terra, iniziando pazientemente a provare tutti i pezzi. Non seppe dire esattamente quanto tempo passò, ma quando Near ritornò, era riuscita a collocare soltanto quattro tessere. Come previsto, il bambino non fece nessun commento, né si arrabbiò.
 - Ti ho portato la colazione. - disse quest'ultimo, poggiando il vassoio sul letto e sedendosi sulla sedia. Stavolta c'erano: un grosso bicchiere di spremuta d'arancia rossa e due fette di pane di segale con la nutella.
Emily si precipitò contenta a fare colazione, la pancia che le brontolava. Addentò voracemente una fetta di pane, pensando che Near avesse davvero buon gusto nel scegliere il cibo. Casualmente aveva azzeccato anche la spremuta, la sua preferita.
 - Appena finisci, ti devo accompagnare nello studio di Roger. Non resterò là con te, devo andare a lezione, perciò cerca di ottenere quel permesso. - le spiegò Near.
Lyem annuì con decisione.


Angolo autrice
Ehilà, albini! Bene, come al solito recensite in tanti, i vostri commenti mi fanno sempre molto piacere! ^_^ Dopo il titolo banalissimo del precedente capitolo, eccone uno un po' "poetico". "Abbraccio che culla" si riferisce ad Emily, mentre "abbraccio che cambia" è invece riferito a Near. In questo capitolo, infatti, comincia finalmente ad accorgersi che qualcosa in lui sta cambiando (spero di non averlo fatto troppo OOC >.<) Aspettatevi grandi cose nel prossimo capitolo, perché Lyem incontrerà finalmente Mello! Chissà cosa succederà! u.u Con questo primo incontro verrà svelato anche un lato "oscuro" del carattere della pucciosa Emily (non poi così pucciosa, almeno quando è arrabbiata xD). Ah, sì! Fra circa 3-4 capitoli inizierà la seconda parte della storia, dove Near e Lyem, ormai adulti, investigheranno su un intricatissimo caso di spietati omicidi (niente Death Note per stavolta ^_^). Dunque, dopo avervi anticipato (spoilerato xD) buona parte della trama, mi sento soddisfatta!
Bacini baciuzzi :*
P.S.
Sarò un po' ripetitiva, ma non posso farne a meno... Recensiteeeee! ;)

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Capitolo 4
*** Incontri ***


Poco dopo stavano già camminando per i corridoi dell'orfanotrofio, sfilando sotto gli sguardi incuriositi di tutti. Emily non amava essere al centro dell'attenzione, la metteva a disagio, e così cercava invano di stare al passo con Near, trotterellandogli dietro. Neanche quest'ultimo amava tutti quegli sguardi puntati su di loro, e per di più era in ritardo per la lezione, perciò andava così spedito.
Nonostante la fretta e il disagio, Emily notò che l'orfanotrofio era una costruzione piuttosto antica, visto quanto era antiquato l'arredamento dei corridoi.
Finalmente si fermarono. Davanti a loro si ergeva un massiccio portone d'ebano, che trasmetteva soggezione semplicemente guardandolo. Near si appoggiò con entrambe le mani sulla giuntura delle due ante, spingendo e riuscendo ad aprire senza nessuno sforzo apparente.
Lyem, timida com'era, si nascose istintivamente dietro Near, sbirciando l'interno della stanza da oltre la sua spalla. Lo sguardo le cadde immediatamente su una vecchia scrivania d'ebano, proprio al centro, e subito dietro, una grossa libreria dello stesso legno e stracolma di libri; per terra, sul parquet, c'era un comunissimo tappeto dalle tinte tenui, tenui proprio come le pareti gialline; infine c'erano tre ampie finestre, ognuna su un muro diverso, che davano sul cortile. Da dietro le sottili tende bianche, la bambina riuscì a scorgere un pezzo di un verdissimo prato inglese, e non poté fare a meno di pensare quanto sarebbe stato bello rotolarsi su quell'erba in compagnia di Near.
 - Entrate pure. - li invitò cortesemente una voce, risvegliandola dalle sue fantasticherie.
Alla scrivania era seduto composto un uomo in giacca e cravatta sulla sessantina che la scrutava da dietro gli occhialini tondi, in bilico sulla punta del grosso naso adunco.
Emily iniziò a tremare e senza rendersene conto, afferrò saldamente da dietro la maglietta di Near, impedendogli così di andarsene e lasciarla sola.
 - Lyem, che stai facendo? - sussurrò Near, e stavolta le parve quasi di distinguere una nota di fastidio, forse addirittura d’imbarazzo, nella sua voce, solitamente inespressiva.
 - Mi vergogno. - mentì piano la bambina, in realtà terrorizzata.
 - Io devo andare a lezione. - le ricordò a bassa voce.
Emily abbassò gli occhi, strinse un attimo la presa sulla stoffa e poi la lasciò del tutto.
 - Va bene, ci vediamo più tardi. - concluse lei determinata, stavolta ad alta voce. Quindi gli scivolò di lato, urtandolo lievemente di proposito con una spalla.
Near esitò un attimo, prima di voltarsi e andarsene, sorpreso dal repentino cambio di atteggiamento da parte di Lyem.
 - Io mi chiamo Roger. Qual è il tuo nome? - chiese il direttore, rivolgendosi alla bambina.
 - Lyem. Io sono Lyem. - rispose lei con voce ferma.
Queste furono le ultime parole che Near udì, prima che la porta si richiudesse alle sue spalle con un sinistro cigolio.
Quindi si diresse verso la sua classe, dove lo attendeva una maestra infuriata per il ritardo. Borbottò una scusa e prese posto al suo solito banco, mentre la lezione di matematica riprendeva.
Appoggiò la guancia sulla mano sinistra, prendendo appunti con l'altra con aria svogliata. Quel giorno, di solito sempre attento e laborioso, era stranamente disinteressato, quasi annoiato dalla lezione, forse perché aveva altri pensieri per la testa... Anzi no, di pensieri ne aveva soltanto uno: Lyem.
Quella ragazzina era diventata il suo punto fisso, qualunque cosa stesse facendo e in qualsiasi momento della giornata, aveva la mente sempre là; si chiedeva se stesse bene, se fosse triste, felice o annoiata, se sentisse la sua mancanza, se avesse fame, sete o sonno, se le mancasse la sua casa, la sua famiglia e le sue cose,... Insomma, passava la giornata a tormentarsi su di lei e sul suo passato, e non poteva farne a meno. Anche adesso, ovviamente, stava pensando a lei, o meglio, si stava preoccupando per lei, per cosa le avrebbe detto Roger e per come lei avrebbe reagito. Poi si ricordò con che velocità pazzesca era passata dalla tremarella alla determinazione, e si disse che sarebbe stata bene, che non bisognava sottovalutare quella ragazzina dai capelli color del fuoco indomato.
 
- Accomodati, Lyem. - disse il direttore, indicandole con un cenno la sedia davanti alla scrivania. - Abbiamo molto di cui parlare.
 - Francamente, non credo ci sia qualcosa di cui io non sia già a conoscenza. - rispose Emily, prendendo posto. - Per esempio, so già che questo è un orfanotrofio per ragazzi dotati di un'intelligenza fuori dal comune, fondato allo scopo di creare il successore di L, il più grande detective del mondo, nonché colui che mi ha salvato la vita.
L'uomo annuì, sorridendo sornione.
 - E così Near ti ha già detto tutto... Non me lo aspettavo da lui, è molto taciturno e introverso, ma è un bravo ragazzo.
 - Lo è. - confermò lei. - Forse io lo batto in testardaggine.
 - Be', ho lo stesso delle cose di cui informarti. - sentenziò Roger. - In giornata arriveranno i tuoi libri scolastici e la tua nuova camera sarà pronta stasera, così non dovrai più condividere con Near. Inoltre, fra tre giorni, inizierai a frequentare le lezioni, sarai nella classe 3 C.
 - Bene. - rispose Emily, ignorando la piccola fitta di delusione nel dover lasciare così presto la stanza di Near.
 - Tutto il resto, come per esempio, dove si trovano i vari luoghi comuni e gli orari dei pasti, potrà spiegartelo Near. Ora avrei degli affari da sbrigare, ma di qualsiasi cosa tu avessi bisogno, non esitare a chiedermela.
 - Ecco... in effetti, una cosa ci sarebbe... - disse Lyem incerta.
 - Di che si tratta? - s’informò Roger.
 - Near mi ha parlato di una certa biblioteca, ma ha anche detto che per visitarla, avrei avuto bisogno del suo permesso, signore. Vede, a me piace tanto leggere, ma purtroppo tutti i miei libri si sono bruciati nell'incendio, e ci terrei molto a vedere questa biblioteca...
 - Ci andrai, però non oggi. Le tue condizioni fisiche non sono delle migliori, devi riposare e riprenderti in fretta. Una volta completamente ristabilita, potrai andarci tutte le volte che vorrai. - rispose Roger, sistemando delle carte sulla scrivania.
 - Ma... - provò a ribattere la bambina.
 - Niente "ma", Lyem. - s'impose il direttore con tono perentorio. - Adesso ritorna in camera e riposati.
Emily si alzò dalla sedia e si trascinò delusa fino alla porta, per poi congedarsi con un piccolo sbuffo. Si ritrovò nel corridoio deserto, incerta su cosa fare o dove andare di preciso. Alla fine decise di ritornare alla stanza di Near, dove lo avrebbe aspettato dopo le lezioni. Per passare il tempo, provò a cimentarsi negli hobby di Near, mentre pensava a come lui avrebbe reagito e a come avrebbero rimediato al negato permesso per andare in biblioteca.
 
Finalmente trillò la campana della ricreazione e Near scattò in piedi. Si fece strada verso l'uscita della classe, ignorando Mello gridargli un insulto e raggirando Matt che cercava di fargli lo sgambetto. Una volta fuori, si precipitò alla sua stanza, certo di trovarla là. Spalancò la porta e tirò un sospiro di sollievo. Lyem era seduta per terra, davanti ad una torre di tarocchi e lo guardava incuriosita.
 - Non pensavo arrivassi così presto... È suonata la ricreazione? - gli chiese infatti perplessa.
 - Sì, ma adesso raccontami tutto. - rispose Near con il suo solito tono apatico.
Emily, obbediente, gli riferì tutto fedelmente, non che ci fosse molto da raccontare.
 - Ma ora come facciamo con la biblioteca? - si lamentò lei infine, ansiosa. - Io voglio andarci assolutamente!
 - Infatti ci andrai... - iniziò a dire Near.
 - Ci "andremo", insieme. - lo corresse Lyem, afferrandogli istintivamente un braccio.
 - Sì, ci andremo insieme, senza farci scoprire, e ritorneremo insieme. - disse lui, scotolandosi di dosso la sua mano. - Ci andremo mentre tutti sono a pranzo, così nessuno ti vedrà e potrà fare la spia. Dovrai comunque coprirti in modo da non essere riconoscibile. - le spiegò, aprendo le ante dell'armadio.
 - Ma così salteremo il pranzo! - protestò lei.
 - No, tu no, hai già una porzione messa da parte. Soltanto io salterò il pranzo.
In condizione normali, Lyem non avrebbe mai accettato di far saltare il pranzo a Near, ma stavolta c'erano di mezzo dei libri, e poi, aveva già pensato a una soluzione per questo.
 - Quando avremo finito in biblioteca, tu verrai qua ed io andrò a prendere il tuo pasto, quindi ritornerò a lezione. - concluse Near, tirando fuori dall'armadio un'enorme felpa nera. - Prima di uscire dalla stanza, indossa questa, così sarà più difficile che qualcuno ti riconosca.
 - Va bene. - rispose Lyem, prendendo perplessa la felpa. Near non sembrava possedere molti vestiti diversi o colorati, soprattutto neri.
 - So cosa stai pensando, ma questo è l'unico indumento nero che ho. Risale a tanti anni fa e non sono mai riuscito a buttarlo via, nonostante non lo indossi mai.
Lyem dischiuse appena le labbra incerta su cosa dire, stringendo con delicatezza la felpa a cui Near sembrava tenere tanto. Ma non ebbe il tempo di fare alcunché; il bambino si voltò e uscì velocemente dalla stanza, senza neppure salutarla e lasciandola con un palmo di naso.
 
Lyem aspettava seduta sul letto, la smisurata felpa nera che le ricadeva in mille pieghe, chiedendosi se Near fosse arrabbiato con lei, e se sì, per quale motivo… Non aveva fatto proprio nulla, lei! Mise il broncio, pensando che l’unica a dover essere arrabbiata era lei e nessun altro.
Proprio in quel momento la porta si socchiuse, e Near fece capolino nella stanza.
 - Scusami, non mi sarei dovuto comportare così. – disse inaspettatamente lui.
Lyem lo guardò sbalordita: non lo faceva così umile scusarsi! Però lo disse con una tanto voce inespressiva, da chiedersi se il suo dispiacere fosse sincero…
 - Sei ancora arrabbiata? – le domandò Near, visto che non rispondeva.
 - No, no, ti ho già perdonato.
 - Allora sbrighiamoci ad andare, altrimenti la pausa pranzo finisce. – la spronò lui.
 - Sì! – esclamò lei, balzando in piedi con un sorriso smagliante. Menomale, avevano già fatto pace.
Lyem stava per uscire, ma Near le si parò davanti, bloccandola.
 - Ferma. – disse quest’ultimo, afferrandola per le spalle.
La scrutò per un attimo in viso, pensieroso, mentre le gote di Lyem si tingevano di un rosso acceso.
 - Devi mettere il cappuccio, altrimenti non serve a niente il travestimento. – mormorò infine, prendendo l’orlo del cappuccio e calandoglielo sulla testa. Nel farlo le sfiorò appena le guance, e Lyem poté sentire di nuovo, seppure di sfuggita, quella pelle così liscia e fresca che le piaceva tanto.
Near le gettò un’ultima occhiata per assicurarsi che nessuna ciocca rossa spuntasse da sotto il cappuccio, quindi si fece da parte lasciandola passare.
 
Lyem camminava, o meglio sgattaiolava, su e giù per corridoi e gradini appresso a Near, il quale si muoveva furtivo nell’ombra, appiattendosi contro il muro ogni qualvolta udiva un minimo rumore. Se qualcuno lo avesse visto in giro all’ora di pranzo, con un incappucciato che gli stava alle calcagna, non ci avrebbe sicuramente messo molto a fare due più due e a capire che l’incappucciato era la nuova arrivata, e che nessuno dei due avrebbe dovuto essere là.
Però ce la fecero, raggiunsero la biblioteca sani e salvi.
Lyem spalancò la porta trionfante, mentre Near le sibilava contro qualche confuso rimprovero a proposito della sua imprudenza, ma lei lo ignorò, troppo impegnata a sgranare gli occhi. Davanti a lei si trovava un’altissima e vastissima sala circolare, le cui pareti erano tappezzate di libri dal pavimento fino al soffitto a cupola; c’erano poi altri tre grandi scaffali disposti in un modo davvero bizzarro, a formare una specie di labirinto circolare… Chissà che c’era al centro…
Subito Lyem si precipitò fra gli scaffali, scivolando sul parquet e svoltando di qua e di là per raggiungere il centro, curiosa come non mai e incurante del rischio. Finalmente ci arrivò.
Un gigantesco tavolo di massiccio legno chiaro, circondato da tante sedie, occupava tutto lo spazio rimanente. Doveva essere là che si sedevano a leggere i bambini.
Lyem adesso era così serena, si sentiva a casa perché stava finalmente rivedendo i suoi unici amici, gli unici in grado di capirla veramente. Era talmente appagata da non notare subito l’unico oggetto lasciato sul tavolo, qualcosa di luccicante. Si avvicinò, scoprendo con stupore che si trattava di una barretta di cioccolato ancora avvolta nella sua carta di alluminio. Sicuramente qualcuno l’aveva scordata là, ma vai a capire chi era stato. Decise quindi di tenerla, l’avrebbe mangiata più tardi, magari l’avrebbe divisa con Near, chissà che anche a lui non piacesse il cioccolato…
Se la cacciò in tasca, mentre i suoi pensieri venivano interrotti proprio dal burrascoso arrivo di quest’ultimo, che l’afferrò per un braccio, tappandole la bocca con l’altra mano e trascinandola via, dietro uno scaffale. Si accovacciarono per terra, il braccio di Near stretto intorno alla vita di Lyem, e lei, ancora con la bocca ancora tappata, che non sapeva se sentirsi confusa o imbarazzata. Il bambino la guardò serio e si poggiò l’indice sulle labbra sigillate, facendole segno di restare in silenzio, mentre le liberava la bocca. Lyem rispose con un rapido cenno del capo, quindi Near le si avvicinò ancora di più per sussurrarle qualcosa all’orecchio, qualcosa che la paralizzò dalla paura.
 - C’è qualcuno qui, oltre a noi.
Queste furono le ultime parole che udì, prima che Near venisse bruscamente sollevato da terra e sbattuto con forza allo scaffale, il quale ondeggiò pericolosamente, rischiando di cadere e schiacciarli tutti e tre.
Sì, tutti e tre.
Un ragazzino di qualche anno più grande teneva Near per il colletto del pigiama, sospeso nel vuoto. Indossava una specie di tuta, o forse un pigiama, completamente nera, aveva i capelli biondi a caschetto e lo sguardo di una belva inferocita.
 - Tu! – quasi ringhiò.
 - Io. – rispose Near, impassibile come sempre.
 - Come osi?! – esclamò con rabbia l’altro, il volto a pochi centimetri da quello di Near.
Sembrava non essersi assolutamente accorto della presenza di Lyem, che assisteva allibita alla scena.
 - Come oso fare cosa? – chiese l’altro, sinceramente perplesso.
 - L’hai presa tu, non è vero?! – sbottò Mello. – Confessa, piccolo bastardo! Lo sai che mi appartiene, ridammela!
 - Non so di cosa tu stia parlando. – replicò lui.
 - Non cercare di prendermi per il… - s’interruppe, sentendosi strattonare piano per i pantaloni. Abbassò lo sguardo e finalmente la vide.
Lyem stava in ginocchio ai suoi piedi, il cappuccio le era scivolato, scoprendole il viso, e ora lo fissava incuriosita. Mello strabuzzò gli occhi, senza riuscire a trattenere lo stupore.
 - Per caso è questa che cerchi? – chiese lei, estraendo dalla felpa la barretta di cioccolato.
Sì, era proprio la SUA barretta, quella.
Sbuffando si chinò su di lei e fece per strappargliela di mano, ma quella glielo impedì, scuotendo la testa con disapprovazione e schioccando la lingua infastidita.
 - Ma che maniere! – commentò con tono di rimprovero. – Metti subito giù Near e te la darò, altrimenti me la mangerò io.
 - Ma chi ti credi di essere, mocciosa?! - inorridì Mello. Nessuno lo aveva mai trattato con tanta superiorità.
 - Mettilo giù, senza fare storie. – ordinò Lyem imperiosa. – Se c’è qualcuno con cui devi arrabbiarti, quella sono io.
 - Bene, l’hai voluto tu. – l’avvertì lui, lasciando la presa su Near e preparandosi a fare a botte con quella mocciosa impertinente.
Lyem si alzò in piedi, proprio mentre Mello slanciava indietro il braccio destro, preparandosi a tirarle un pugno. Prima che potesse fare alcunché, Emily lo abbatté con un micidiale calcio all’addome. Mello cadde in ginocchio sbalordito, piegato in due dal dolore e imprecando mentalmente contro il mondo intero. Ma non era l’unico a essere stupito, anche Near, e persino la stessa Lyem, lo erano.
Gemendo si rimise in piedi, giurando che gliela avrebbe fatta pagare amaramente con il prossimo pugno. Stavolta a interromperlo fu un violento ceffone in pieno viso.
Adesso sì che era veramente scioccato.
Quella bambina diabolica, dai capelli rosso sangue e gli occhi in tempesta, stava in piedi davanti a lui e, sebbene fosse sull’orlo delle lacrime, lo fissava con sguardo di sfida, la mano ancora sollevata e le guance rosse di rabbia.
 - Non osare mai più infastidire me o Near, non osare mai più sfidarmi, e soprattutto… - gli sibilò con rabbia, gli occhi che lanciavano lampi. – Non osare mai più sottovalutarmi, moccioso!
 
Angolo autrice
Ohilà, baldi giovani! ^_^ Ho scritto un capitolo un po' più lunghetto stavolta xD Spero sia all'altezza delle vostre aspettative e che vi ripaghi dell'attesa. Scusatemi se non scrivo molto nell'angolo dell'autrice, ma è tardi e per completare questo capitolo entro oggi ho dovuto fare i salti mortali, quindi sono esausta... Mi farò perdonare nelle risposte alle vostre recensioni ;) Perciò mi raccomando, recensite in tanti! u.u

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Capitolo 5
*** Sorprese ***


Per un po' ci fu un silenzio di tomba, finché non sentirono il cigolio della porta che veniva aperta. Gelarono dalla paura, temendo che potesse trattarsi di Roger, ma la voce che udirono non era affatto la sua. Nonostante da lì fosse impossibile vedere chi fosse entrato, riuscirono comunque a sentire chiaramente le parole del nuovo arrivato.
 - Mello... ? Mello, sei qui? - chiese una giovane voce maschile.
Subito dopo una testa rossa, esattamente della stessa sfumatura di quella di Lyem, fece capolino da dietro uno scaffale. Era poco più di un bambino, tutto pelle e ossa, con un paio di occhialoni da aeratore arancioni in testa e due occhi verde smeraldo.
 - Mello! - esclamò, gettando poi un'occhiata confusa agli altri due. - Ti ho cercato ovunque... ma che stavi facendo qui?
Mello sbuffò come un toro e si voltò dall'altra parte, cercando di nascondere il segno rosso della mano di Lyem stampato sulla guancia. Poi fissò in cagnesco la bambina.
 - Tu, piccola mocciosa, me la pagherai! - grugnì, partendosi nuovamente verso di lei.
Lyem, dal canto suo, era già pronta a rispondere a suon di pugni, ma il ragazzino dai capelli rossi si mise in mezzo, dandole le spalle, mentre un paio di braccia bianche l'avvolgevano e la tiravano indietro.
 - Matt! Che diavolo fai, levati di mezzo! - sbraitò Mello, cercando di liberarsi della stretta dell'amico.
 - Va tutto bene, adesso calmati per favore e non commettere altre idiozie, altrimenti... - iniziò a dire Matt, stringendo ancora di più la presa.
 - Si è presa la mia cioccolata! - ringhiò l'altro.
Nell'udire quelle parole, Matt parve pietrificarsi per un istante. Quindi si voltò e si avvicinò a grandi passi a un'incredula Lyem, già pronta ad affrontare anche lui. Near, accanto a lei, la prese sottobraccio, preparandosi per una fuga rapida.
 - Mi scuso per il comportamento di Mello. - disse, chinando appena il capo.
Sembrava sinceramente dispiaciuto.
 - Per favore, potresti restituirmi la sua cioccolata? - chiese gentilmente con un sorriso carinissimo, quindi tese la mano aperta. - Non può stare senza...
 - Certo. - rispose secca Lyem, lasciandogli cadere la barretta in mano. - Pensavo che qualcuno l'avesse dimenticata, tutto qui. - concluse, facendo spallucce.
Detto questo, Near si voltò di scatto e si diresse con passo deciso verso l'uscita, trascinando con sé anche Lyem, la quale non oppose resistenza, pensando, con una puntina gioia, che dopotutto c'era ancora qualcuno capace di sorridere bene in quell'orfanotrofio.
Una volta fuori, Near si staccò da lei e si bloccò nel bel mezzo del corridoio. La fissò inespressivo, incrociando le braccia sul petto e tormentandosi una ciocca di capelli.
 - Non vorrei sbagliarmi, ma credo che Mello abbia trovato un degno avversario nel combattimento corpo a corpo...
 - Pensa che anch’io lo sto scoprendo soltanto adesso! Non mi ero mai azzuffata con nessuno, prima d'ora. - commentò pensierosa Lyem, avvicinandoglisi. - E tu? Sai fare a botte?
 - Sono negato, ma non la ritengo affatto una cosa necessaria: altrimenti a che servirebbero le guardie del corpo? - rispose lui con voce apatica. - Piuttosto, tu stai bene? Vuoi passare dall'infermeria?
 - Tutto a posto. - lo rassicurò lei. - Torniamo in camera?
 - Vai avanti tu, senza perderti possibilmente, e vedi anche di non farti scoprire. Io devo andare a prenderti il pranzo. - spiegò Near.
 - Sì...
Quindi il bambino si voltò e se ne andò, mentre anche Lyem si allontanava soprappensiero nella direzione opposta. Near aveva parlato con la sua solita voce, ma lei aveva come la sensazione che ci fosse qualcosa di strano in lui, che fosse contrariato per qualche motivo...
Avrebbe tanto voluto richiamarlo indietro, chiedergli quale fosse il problema, ma sapeva per certo che non si sarebbe mai confidato con lei.
 
Lyem era distesa immobile sul letto bianco e scombinato di Near, a fissare il soffitto con sguardo vuoto. Non si mosse nemmeno quando il compagno di stanza entrò con il suo pranzo, né lo degno di un'occhiata. Near fece come se niente fosse: poggiò il vassoio sulla solita sedia e si distese per terra fra i suoi giocattoli.
 - Near... che hai di preciso? - chiese dopo un po' Lyem, senza staccare gli occhi dal soffitto. - A me puoi dirlo.
 - Non mi sembra una domanda appropriata. - osservò gelido Near, rigirandosi un pupazzetto fra le dita. Traduzione: "Potrei farti la stessa domanda!"
 - Mi comporto così perché sono sicura che c'è qualcosa che ti turba. - spiegò l'altra con un sospiro, girandosi finalmente a guardarlo.
 - E da cosa lo avresti dedotto?
 - In realtà, non ne ho idea. Credo sia stata qualche particolare sfumatura nel tuo tono di voce... o forse qualcosa nella scelta delle parole... - ipotizzò Lyem.
 - Certo, come no. Fantastichi troppo tu, e adesso faresti meglio a mangiare quella cotoletta.
 Lyem scosse piano la testa.
 - Non vedo come tu possa avere voglia di scherzare...
Near la guardò interrogativo: aveva un sopracciglio sollevato, la fronte leggermente aggrottata e la bocca appena storta. Era la prima vera espressione che Lyem gli vedeva in viso.
 - Be', non hai mangiato e non esiste che tu salti il pranzo a causa mia, non me lo perdonerei mai. - commentò Emily seria. - Mi sembra ovvio che ce lo dovremo dividere, d'altronde condividiamo già la stanza, il letto e i vestiti, quindi non ci trovo nulla di strano.
“Incredibile…” pensò Near.
 - Ti piace così tanto fare sacrifici per gli altri? – chiese invece, senza mostrare nessuna emozione.
 - Tu non fai parte degli “altri”, per me. Ma a quanto pare, non si potrebbe dire lo stesso di te nei miei confronti.  – sospirò affranta Lyem.
 - Ci conosciamo da neanche un giorno. - le fece notare giustamente Near.
 - Il tempo conta fino ad un certo punto, ma sembra proprio che mi sia sbagliata a pensare che fra noi ci fosse una sorta di legame, che fossimo quasi… amici… Però tu non devi avere molto pratica in questione, vero?
 - Intendi con l’amicizia? No, sono sempre stato solo. Gli amici contano poco, quasi niente, secondo me.
Silenzio.
 - Ascolta, Near. – iniziò Lyem con serietà. – Potrai continuare a ripetere per l’eternità di come tu stia bene anche da solo, e nessuno te lo impedirà, ma non puoi continuare a ingannare te stesso, dicendoti che stare da soli è più bello: perché insieme… è sempre meglio.
Altro silenzio, stavolta lungo e pesante.
Per la prima volta in vita sua, Nate River era rimasto senza parole, letteralmente: non si aspettava fosse così sfacciata! Ma non era l’unico, anche la stessa Emily era rimasta piuttosto sbalordita. Certo che quella giornata di sorprese ne stava ricevendo eccome! Prima scopriva di possedere un innato talento per il combattimento, e adesso aveva appena trovato, recondita negli angoli più profondi e sconosciuti del suo animo, un coraggio davvero misterioso, quel coraggio che le aveva appena fatto pronunciare senza timore quelle parole.
 - Scusami. – mormorò dopo un po’ Lyem con aria mesta e vagamente imbarazzata. – Ho detto un sacco di cose strane, lo so.
 - No. – rispose inaspettatamente Near. Si stava arrotolando una ciocca argentea all’indice destro e il suo sguardo era puntato altrove, fisso su un punto imprecisato del muro bianco.
 - Hai ragione, su tutto.
Lyem strabuzzò gli occhi, senza riuscire a credere veramente a ciò che Near aveva appena pronunciato.
 - Sì. – disse, senza riuscire a trattenere un sorriso e poggiando la mano su quella di Near.
Come al solito, era troppo bravo a nascondere qualsiasi emozione, ma stavolta non reagì, né provò ad evitare quel contatto.
“Ѐ già un progresso non indifferente, chissà che non riesca davvero a insegnargli qualcosa…” pensò Lyem “E forse, imparerò anch’io qualcosa da lui.”
 - Allora, dobbiamo sul serio dividerci questo misero pasto? – chiese Near piuttosto seccato.
 - Ovvio. Su, mangia tu per primo; poi pulirò le posate con il tovagliolo per usarle io. – rispose Lyem, prendendo il vassoio e poggiandolo in grembo a Near, che per quella volta decise di non ribattere nulla.
 - Chi erano di preciso quei due tizi di oggi? – chiese Lyem, dando finalmente voce alla domanda che più le premeva. – E perché quello biondo effeminato sembrava arrabbiato di brutto con te sin dal principio?
Nell’udire quelle parole, Near si trattenne a stento dal soffocare con un boccone di carne.
 - Meglio che non gli fai capire di averlo intuito così presto.
 - Cosa? Che è effeminato? Ma andiamo, si vede lontano un miglio! – ironizzò la bambina.
 - Ad ogni modo, il “biondo effeminato” è Mello, mentre l’altro si chiama Matt.
 - A questo ci ero arrivata anch’io. – sbuffò Lyem. Certe volte la mente troppo selettiva di Near la faceva innervosire abbastanza. – Intendevo dire chi sono come persone, se hanno un ruolo o una fama particolare qui alla Wammy, ... Comunque non mi hai ancora detto che hai combinato all’effeminato per farlo incavolare così.
 - Io non gli ho fatto niente, è così ogni giorno e con tutti, tranne che con Matt, il suo migliore amico. La mia situazione però è un po’ particolare, perché aggravata dal fatto di essere il primo in classifica. – lo disse con una tale leggerezza, che scorgervi un minimo di vanto era impossibile.
 - T-tu… tu sei… il primo in graduatoria per diventare il successore di L?! – esclamò Lyem, sbarrando gli occhi. Non c’era voluto molto a fare due più due e a capire che poteva trattarsi solo di quella classifica.
 - Perché la cosa ti stupisce tanto? Non mi credi all’altezza? – chiese l’altro, senza scomporsi minimamente.
 - No, no, non è questo… è solo che… diamine, non pensavo certo che il tipo con cui divido la stanza potesse essere il primo candidato a succedere L! – spiego lei con enfasi.
 - Mmh… ero convinto di avertelo accennato.
Lyem scosse la testa con decisione; una cosa del genere se la sarebbe sicuramente ricordata!
 - Aspetta non dirmi che… - mormorò esitante, iniziando finalmente a capire. – Non dirmi che Mello è al secondo posto e che ce l’ha con te per questo!?
 - Esattamente.
Lyem era a dir poco scioccata: quante sorprese l’attendavano ancora quella giornata?
 - Non ci posso credere… Quell’effeminato lì? In seconda posizione? Sul serio?! – sbottò incredula.
 - Non lasciarti ingannare dalle apparenze: è molto intelligente, e anche molto frustato, perché nonostante tutti i suoi sforzi, non riesce a battermi. – la informò Near, pulendo forchetta e coltello con il tovagliolo. – Bene, io ho finito. Mangia pure.
Lyem cominciò automaticamente a tagliare la mezza cotoletta rimasta in pezzi, ancora troppo sbalordita per rendersi veramente conto delle sue azioni.
 - Matt quindi è il migliore amico di Mello? – domandò, cacciandosi in bocca il primo pezzo e chiedendosi fra sé e sé, come fosse possibile che quel tipo andasse d’accordo con qualcuno.
 - L’unico. – precisò Near. – Quindi penso sia anche il migliore, no?
 - Sì. – bofonchiò l’altra con la bocca piena.
Per un po’ nessuno dei due parlò più, e Lyem continuò a ingozzarsi voracemente in silenzio.
 - Alla fine la nostra visita in biblioteca non è servita a nulla. – commentò Near, interrompendo il silenzio e portandosi le ginocchia al petto, raggomitolandosi su stesso.
 - Perché dici così? – chiese Lyem sinceramente stupita.
 - Be’, suppongo ci volessi andare per prendere in prestito qualche libro, no? – osservò l’altro.
 - Ah, in effetti… ma non preoccuparti, mi è bastato solo vederli per sentirmi meglio. – lo tranquillizzò lei.
 - Non ero preoccupato. – precisò freddo Near.
 - Lyem…? – chiese dopo un po’ esitante.
 - Mmh? – mugolò in risposta quella.
 - Ti dispiacerebbe se prendessi un po’ d’acqua? – disse indicando il bicchiere pieno fino all’orlo. – Muoio di sete.
 - Fa’ pure, bevila anche tutta se vuoi, io non ho sete. – mentì Lyem, ma dopo tutto quello che aveva fatto per lei, era il minimo che potesse fare per ripagarlo.
 - Sei sicura? – insisté Near, prendendo incerto il bicchiere.
 - Certo, va’ tranquillo. – rispose lei.
Near allora si portò il bicchiere alle labbra sottili e bevve, bevve avidamente e ininterrottamente, finché non ne rimase più una goccia.
Lyem stette a guardare; per qualche strana ragione, era affascinata dal quasi inesistente pomo d’Adamo di Near, che si accentuava ogni qual volta mandava giù un sorso d’acqua.
Quando ebbe finito, la scrutò per un attimo, per poi commentare rammaricato:
 - Adesso ti ho fatto venire sete, vero? Non avrei dovuto berla tutta…
 - Ma no, è tutto okay, davvero. – esclamò Lyem imbarazzata.
 - Allora perché mi fissavi trasognata?
 - I-io cosa?! – quasi urlò, avvampando all’istante. Non poteva certo dirgli il vero motivo! Però, aveva davvero assunto quell’espressione…? Ma cosa le passava per la testa!? Near si era sicuramente sbagliato.
 - D-devi essertelo immaginato!
Near scosse la testa convinto.
 - No, ne sono sicuro. – disse perentorio.
Oddio, ma davvero aveva assunto quell’espressione?! Che orrore…
 - Contento tu! – sbuffò Lyem infastidita, cercando di recuperare il suo normale colorito. Era una fortuna che Near non ne sapesse nulla di emozioni e sentimenti… era un po’ come un pezzo di ghiaccio…
Subito dopo scosse con vigore il capo, cercando di scrollarsi di dosso quel pensiero crudele. Che sciocchezza le era passata per la mente?
Passarono tutto il pomeriggio a giocare insieme fino all’ora di cena. Near, come avrete già capito, possedeva una vasta gamma di giocattoli, con i quali s’intratteneva per buona parte della giornata, ma” intrattenersi” è una cosa, e “divertirsi” è un’altra: quel pomeriggio Near si divertì sul serio, scoprendo così quanto fosse piacevole avere un compagno di giochi. Anche Lyem, essendo figlia unica e pure asociale, non aveva ancora avuto possibilità di sperimentare quella gioia.
Dopo cena Roger venne da loro e mostrò a Lyem la sua nuova camera, che per sfortuna si trovava drasticamente distante da quella di Near.
- Eccoci arrivati. – annunciò Roger. – Come puoi vedere, è uguale a quella di Near.
Probabilmente, quell’ultima frase sarebbe dovuta servire a farla sentire più a suo agio, ma l’unico pensiero che si manifestò nella mente di Lyem, era che senza Near dentro, quella stanza non aveva nulla a che vedere con quella di quest’ultimo. Ma si limitò ad annuire debolmente, spaesata come non mai: c’era troppo ordine, là dentro.
 - Nell’armadio ci sono già dei vestiti più o meno della tua taglia. – la informò il direttore. – Be’, buonanotte Lyem. Ah, fra due giorni inizierai le lezioni e quindi sarai libera di andare dove vuoi all’interno dell’istituto, anche in biblioteca.
 - Capito. – rispose semplicemente lei, mentre i sensi di colpa l’assalivano.
La porta si richiuse delicatamente dietro di lei, e rimase sola. Si circondò le spalle con le sue stesse braccia, quasi come se volesse abbracciarsi da sola e riscaldarsi. Tremava, ma la stanza era tiepida, e anche troppo bianca, troppo vuota senza Near e i suoi colorati giocattoli a distrarla dai brutti pensieri.
 - Ho freddo. - disse ad alta voce. Naturalmente non le giunse nessuna risposta; se ci fosse stato Near, forse l'avrebbe almeno degnata di un'occhiata, sentendola parlare.
Con passo incerto si diresse verso l'armadio, e con altrettanta incertezza dischiuse le ante. Vi sbirciò dentro; era stracolmo di abiti di tutti i tipi e di tutte le tonalità: pigiami, gonne, vestiti, maglie, magliette, maglioni, canottiere, shorts, jeans, leggins e chi più ne ha, più ne metta. Sotto l'armadio, notò poi, c'erano ordinatamente sistemati sei paia di scarpe, ognuno nella rispettiva scatola; i primi tre paia erano per l'autunno/inverno, e gli altri tre per la primavera/estate. Era davvero una meraviglia il suo nuovo guardaroba!
A quel punto, le venne naturale chiedersi perché mai Near possedesse solo capi d'abbigliamento bianchi, a parte quella felpa nera...
 - La felpa! - esclamò, rendendosi conto di averla ancora indosso. - Gliela restituirò domani. Non mi va di andare a disturbarlo adesso, magari dorme già.
Stava cominciando sul serio a parlare da sola come i matti? Be', al momento era l'ultimo dei suoi problemi.
Si spogliò, mentre rifletteva sulla sua salute mentale, e indossò una camicia da notte lilla che le arrivava appena sotto il ginocchio, però si vedeva che la taglia era quella giusta.
Aprendo cassetti a caso, scovò quello dove si trovava l'intimo, insieme a uno spazzolino e un dentifricio. Decise però di non lavarsi i denti, per quella sera, perché le annoiava troppo; in verità non voleva assolutamente ammettere a se stessa di non saper trovare la strada per i bagni, dato il cambio di stanza.
Si infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi, lasciando accesa la bajour sul comodino, ma dormì soltanto per pochi minuti. Ogni volta che provava ad addormentarsi, gli spaventosi ricordi dell'incendio e dei corpi dei suoi genitori arrivavano a tormentarla, e l'unica cosa in grado di scacciarli era Near. Gettò un'occhiata alla lampada, che con il suo alone illuminava solo un’area ristretta della stanza, quindi, se ci si allontanava troppo dalla luce, questa non riusciva più a tener fuori l'oscurità.
Near era un po' come la sua luce personale, che scacciava le tenebre dal suo cuore, ma se gli stava lontana troppo a lungo, gli incubi tornavano. Erano già tornati.
Un brivido freddo le percorse la schiena, facendola appallottolare su stessa sotto le coperte. Rimase in quella posizione per un po', finché non si decise a sgusciare fuori. Poggiò i piedi nudi sul pavimento gelato e si alzò, diretta verso la porta per andare da Near.
Non le importava più un fico secco della sua nuova camera: voleva lui e basta.
E di certo non le importava se stesse dormendo o no.


Angolo autrice
Salve, raga! Aaah, finalmente potrò scrivere un angolo autrice come si deve, dato che sono soltanto le 21:00 (20:59 per essere precisi) e il mio cervello non è ancora andato in pappa :3 Come al solito, recensite in tanti (continuate così, vi amo *.*) e fatemi sapere anche di dove siete (?). Mi è venuta quest'idea geniale mentre ero al bagno (eh, sì, è al cesso che mi vengono i colpi di genio xD), così, giusto per conoscerci un po' ^.^ Io Sicily u.u (si schiatta sempre dal caldo nel profondo sud -.-). Udite, udite: questo capitolo è venuto fuori con una vertiginosa lunghezza di beeeeen... *rullo di tamburi* 5 pagine e mezzo di Word!!! Un vero record >.< Okay, dopo avervi rotto le scatole per un po', mi sento realizzata. 
Non vedo l'ora di rispondere alle vostre recensioni e infastidirvi ancora un po' xD
P.S.
Love you, readers! <3 ;)

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Capitolo 6
*** Sei il mio scaccia incubi ***


Era notte fonda, l'intero istituto era immerso nell'oscurità e l'unica luce era quella pallida e spettrale della luna che filtrava attraverso le finestre. Lyem svoltò nell'ennesimo corridoio deserto, sospirò per l'ennesima volta e proseguì con passo strascicato. Era passato un quarto d'ora buono, da quando aveva lasciato la sua camera (di cui non ricordava più il numero), eppure non era ancora riuscita a trovare quella di Near. A causa della sonnolenza e della semi-oscurità, si era persa così bene, che neanche volendo, sarebbe potuta ritornare indietro alla sua stanza.
Si lasciò sfuggire un grugnito rabbioso e fece per tirare un calcio al muro, ma si bloccò. Alla fine del corridoio, appollaiato sul davanzale di una delle finestre, c'era un'ombra scura.
Lyem accelerò, mantenendo però il suo passo felpato. Man mano che si avvicinava, i tratti della figura si facevano più distinti. Era un ragazzino dai capelli rossi, molto simili ai suoi, indossava un pigiama a righe che lo faceva sembrare un carcerato, ed era intento a trafficare con qualcosa che teneva in bilico sulle ginocchia, e che gli illuminava il volto, rendendo quasi fluorescenti gli occhi verde smeraldo.
 - Matt? - disse esitante Lyem. Ormai era arrivata al davanzale, ma molto probabilmente, se non avesse parlato, lui non si sarebbe neppure accorto della sua presenza, tanto era impegnato a giocare con la PSP.
 - T-tu?! - sobbalzò quest'ultimo, abbassando lo sguardo sulla bambina in camicia da notte. - Cosa ci fai tu qui?!
 - Potrei farti la stessa domanda! - esclamò Emily indignata, rispondendogli per le rime.
 - Sshh! - sibilò Matt, che con un balzo scese dal davanzale e le tappò la bocca con una mano. - Se continuiamo a gridare così, sveglieremo tutti. - le spiegò sottovoce.
Lyem si limitò a mugolare stizzita e ad alzare gli occhi al cielo, ma in realtà apprezzava il fatto che avesse usato il plurale, assumendosi così le sue responsabilità per aver alzato anche lui la voce.
Matt tolse la mano, prima che fosse l'altra a farlo in modo brusco.
 - Allora, mi vuoi dire perché stavi gironzolando per l'istituto a un'ora così tarda della notte? Di sicuro, se Roger ti scoprisse, non ne sarebbe felice...
 - Questo lo so benissimo. - replicò sgarbata Lyem. - Ma se vuoi sapere il motivo della mia passeggiata notturna, prima dovrai dirmi cosa stavi facendo tu, piuttosto.
 - Stavo giocando ai videogames. - rispose Matt tranquillamente, facendo spallucce e mostrandole la consolle con il gioco in pausa.
 - Cioè, questo potevi farlo anche nella tua stanza, perché sei uscito fuori? - insisté lei.
 - Avevo voglia di una boccata d'aria, e inoltre, soffro d’insonnia.
Lyem storse la bocca, poco convinta.
 - È la verità! - mormorò Matt. - Adesso dimmi di te.
 - Be', anch'io soffro d’insonnia. - rispose Emily senza la minima esitazione.
Le bugie migliori nascondono sempre un fondo di verità, d'altra parte, era vero che neanche lei riusciva a prender sonno.
 - Capisco... - disse pensieroso l'altro, risalendo sul davanzale e ricominciando a giocare.
Lyem fece per voltarsi e andarsene, ma non si mosse di un passo, rendendosi finalmente conto di non potergli mentire, se voleva avere qualche possibilità di raggiungere la camera di Near.
Sospirò, e contemporaneamente le labbra di Matt s’incresparono in un sorrisetto soddisfatto.
 - In realtà... - mormorò Lyem, girandosi verso di lui. - stavo andando da Near.
 - Che?! - esclamò Matt, senza tuttavia smettere di giocare. Sapeva che gli aveva mentito riguardo all’insonnia, ma non avrebbe mai immaginato che la verità fosse proprio quella.
 - Stavo andando da N-e-a-r. - ripeté lei, schioccando scocciata la lingua. - Quale parte della frase non ti è chiara?
 - Tralasciando il fatto che è tardissimo e che starà dormendo sicuramente, tralasciando anche che la sua camera si trova dall'altra parte dell'istituto, Near ti ha dato forse il permesso di andarlo a disturbare nel cuore della notte senza un valido motivo? Non sta bene per niente. - spiegò Matt, rimproverandola.
Lyem sbuffò indignata: eccone un altro che la trattava come una mocciosa!
 - Perché prima non provi a insegnare un po' di buona educazione a quello psicopatico del tuo amico biondo effeminato?! E poi il mio motivo è valido.
 - Credimi, Mello è un caso perso, è da cinque anni che ci provo. - ribatté affranto Matt, ignorando quel “biondo effeminato” piuttosto esilarante.
 - Allora se sai dove si trova la stanza di Near, mi potresti spiegare la strada da fare? - chiese Lyem, il più gentilmente possibile.
 - No.
La risposta di Matt riecheggiò secca e terribile nell’aria.
 - Quindi neanche tu sai di preciso dov'è... Be', non puoi essermi d'aiuto, perciò ti saluto. - concluse Emily, voltandosi nuovamente e incamminandosi verso l'ennesimo corridoio.
 - Hai frainteso. - disse Matt poco dopo, bloccandola. - Io so esattamente dove si trova la stanza di Near e il percorso da fare per raggiungerla, solo che... non te lo dirò, finché tu non mi spiegherai nei dettagli il motivo di questa visita notturna.
Lyem rimase immobile per un po', dandogli le spalle e fissando l'oscurità. Che fare? Passare la notte insonne a vagare per l'istituto come una povera idiota, o rivelare un segreto così personale a un perfetto sconosciuto?
Sospiro di rassegnazione.
 - So bene, che non sono nelle condizioni di dettare regole, - iniziò a dire, incamminandosi nella sua direzione. - quindi te lo chiederò come favore personale... Potresti evitare di andare a raccontare in giro questo cosa, per piacere? – domandò, appoggiandosi al davanzale.
Lo disse con l'espressione più supplichevole, dolce e indifesa che possedeva, sperando di riuscire a ottenere un qualche effetto su quel ragazzino.
Matt, dal canto suo, quando abbassò lo sguardo sulla bambina, non poté fare a meno di sentirsi confuso e imbarazzato, nel vederla con quella faccia. Lyem giurò che fosse addirittura arrossito un po'.
 - Mi piacciono i favori. - rispose Matt, cercando di ristabilire una qualche connessione con il cervello. – Ricordati però, che ogni tanto vanno ricambiati.
 - Certo. – annuì Lyem, ritornando seria.
 - Vieni. – disse lui con un sorriso, invitandola a salire sul davanzale.
All’inizio Lyem provò ad arrampicarsi da sola, ignorando la mano tesa dell’altro, ma quel davanzale era troppo alto per lei, così alla fine si arrese e gli afferrò la mano. Per tutta risposta, Matt si chinò su di lei, prendendola saldamente per i fianchi e issandola sul davanzale, gesto che, ovviamente, la lasciò senza fiato.
“Come si permette a prendersi tante confidenze?!” pensò Lyem, arricciando il naso. “E poi mi fa discorsi sulla buona educazione…”
“Credevi davvero di essere l’unica a poter mettere in imbarazzo le persone?” pensò invece Matt. “Ecco, così siamo pari.”
Lyem si sistemò in un angolino, il più lontano possibile dall’altro, e lasciò dondolare distrattamente i piedi nel vuoto; gettò un’occhiata al cielo stellato alle sue spalle, prese un bel respiro e iniziò a parlare.
 - Da quando sono morti i miei genitori, non riesco più a dormire, gli incubi mi tormentano, mi tengono sveglia. Ieri notte sono stata costretta a dividere il letto con Near, e siccome stavo singhiozzando, lui non riusciva a dormire, così per farmi smettere, mi ha abbracciata… ha funzionato. Entrambi abbiamo dormito profondamente e tranquillamente, forse perché l’abbraccio era… come dire… - sussurrò Lyem, cercando la parola adatta.
L’imbarazzo e l’ansia che aveva provato prima di iniziare a parlare, si erano persi nel corso della storia.
 - … piacevole...  - concluse Matt al posto suo.
Lyem si voltò a guardarlo, e quando incontrò i suoi occhi, capì che era davvero sbalordito, senza parole, sotto shock…
“Near?! Quel pezzo di ghiaccio l-l’ha abbracciata sul serio? M-ma chi è questa tizia?! Deve possedere qualche potere sovrannaturale per riuscire ad avere contatti fisici con Near… o è lui che è impazzito, diventando una persona normale?”
Ecco, questo era il casino che si stava scatenando al momento nella testa di Matt, mentre la bambina dai poteri sovrannaturali lo fissava interrogativa, senza capire.
 - Quasi tutti gli abbracci sono piacevoli, no? Quindi perché ti stupisce tanto la cosa? – domandò Lyem. – Ah! Forse è perché di solito non gli piace essere toccato dalle altre persone?
 - Non so chi tu sia… - iniziò a dire Matt, guardandola sconvolto.
 - Io sono Lyem. – lo interruppe quest’ultima. – Scusa, non mi ero ancora presentata.
 - … ma se sei capace di fare una cosa del genere in così poco tempo, allora sarà meglio che ti porti immediatamente da Near. – continuò lui, ignorandola e afferrandola per un braccio. – Andiamo!
Lyem si lasciò trascinare di qua e di là senza opporre resistenza, seppure ancora abbastanza confusa.
Dopo quelli che avrebbero potuto essere minuti o ore, Matt si fermò di colpò davanti a una porta, e Lyem, che era ancora con la testa fra le nuvole, andò a sbattere dritta dritta alla sua schiena, soffocando fra le pieghe del suo pigiama troppo grande.
 - Siamo arrivati. – disse Matt a bassa voce. – Questa è la porta della camera di Near.
 - Era ora! Comunque grazie. Se manterrai il segreto, ti restituirò il prima possibile il favore, ma se dovessi andare a spifferarlo in giro… - rispose Lyem minacciosa.
 - Mi pesteresti per bene, sì lo so. – ribatté sbrigativo l’altro. – Adesso va’ a letto, buonanotte.
Detto questo, girò sui tacchi e si avviò verso la sua camera, ancora troppo sconvolto per aggiungere altro.
 - Buonanotte… - mormorò Lyem, non appena fu sparito alla vista.
Poggiò esitante la mano sul pomello della porta e girò delicatamente in senso antiorario, aprendone appena uno spiraglio. Scivolò silenziosamente dentro, lasciando che questa si richiudesse alle sue spalle.
La stanza sarebbe stata completamente buia, se non fosse stato per la flebile luce della luna e delle stelle; il silenzio era interrotto soltanto dal respiro calmo e regolare di Near, segno che stava dormendo davvero, e anche profondamente.
Si fece strada a tentoni nell'oscurità, inciampando più e più volte nei giocattoli sparsi per terra, finché non andò a sbattere dolorosamente al letto, lasciandosi sfuggire un gemito, ma Near continuò a dormire indisturbato. Aveva sul serio un sonno così pesante?
Aguzzando la vista, riuscì a distinguerlo meglio: era messo in posizione fetale, con le coperte che gli arrivavano fin sopra al naso.
Senza far rumore, Lyem s’inginocchiò sul freddo pavimento e si appoggiò al bordo del letto.
 - Near... ? - sussurrò dolcemente.
Provò più volte a svegliarlo, chiamandolo, ma niente. In fin dei conti, non era necessario che fosse sveglio, non aveva bisogno del permesso di nessuno.
Lentamente sollevò le coperte, rivelando così il pinguino di peluche che Near stava stringendo al petto. Aveva la bocca appena dischiusa, i lineamenti rilassati dal sonno e una mano ancora infilata fra i capelli; non poté fare a meno di soffermarsi un attimo a osservarlo, lasciandosi sfuggire un sorriso, perché era davvero adorabile e infantile in quella posizione.
S’infilò sotto le coperte, spingendolo con delicatezza contro il muro, mentre gettava via il peluche per prendere il suo posto fra le braccia di Near. Soltanto allora, quest'ultimo si decise finalmente ad aprire gli occhi.
 - Cosa... - mormorò confuso, con voce impastata dal sonno. - Lyem? Che ci fai tu qui?
 - Non riuscivo a dormire a causa degli incubi, perciò sono venuta da te. Sinceramente non me ne frega niente, se sei d'accordo oppure no, tanto non riusciresti comunque a mandarmi via. - rispose Lyem con fermezza.
Un sospiro le fece rizzare i peli sulla nuca.
 - Non c'è problema. - biascicò Near, stringendola a sé, prima di volare nuovamente fra le braccia di Morfeo.
Dopo pochi minuti, anche Lyem sprofondò in un sonno tranquillo e privo di incubi, con il sorriso sulle labbra.
 
 - Svegliati, Lyem. Adesso. - la chiamò Near, pizzicandole dolorosamente una guancia.
 - Ahi. - mugugnò l'altra, aprendo con fatica gli occhi.
Near era chino su di lei e occupava tutta la sua visuale, i loro visi a pochi centimetri di distanza. In una posizione talmente strana, Lyem non poté fare a meno di arrossire, mentre Near mantenne la sua solita espressione neutra.
Il bambino scese dal letto e sollevò bruscamente le coperte, mentre il freddo dell'aria penetrava nella pelle di Lyem.
 - Che modi! - protestò questa.
 - Sbrigati ad alzarti e ad andartene. - disse per tutta risposta l'altro.
 - Andarmene? - domandò Lyem confusa.
Le ci volle un po', per ricordarsi della nuova camera che le era stata assegnata e di come era sgattaiolata via la scorsa notte.
 - Ah, ora ricordo! - esclamò infatti, stropicciandosi gli occhi.
 - Allora vai, prima che inizino le lezioni. - insistette Near, indicandole la porta. - Se Roger dovesse passare dalla tua camera e trovarla vuota, potresti avere dei problemi.
 - Ecco, c'è una cosa che non ti ho detto riguardo ieri sera... - disse incerta Lyem, gettando un'occhiata alla sveglia che segnava le otto meno qualche minuto. L'ora di alzarsi era passata da un pezzo, quindi si chiese come avesse potuto non sentirla suonare.
 - Mi ero persa. Ho girato a vuoto per un quarto d'ora, finché non ho incontrato Matt, che mi ha accompagnato qua... - concluse imbarazzata Lyem.
Era sicuramente meglio sorvolare quella specie di patto che lei e il rosso avevano fatto, poiché questo avrebbe implicato di raccontare a Near tutto ciò che si erano detti quella notte, ed era abbastanza certa che non avrebbe apprezzato.
 - E così non hai il minimo senso dell'orientamento... E la tua memoria equivale a quella di un pesce rosso, cioè 30 secondi. - commentò Near, con lo stesso tono che avrebbe potuto avere uno scienziato nel constatare il risultato di un esperimento. Dopotutto, non era forse così che vedeva le persone, come degli esperimenti?
 - Non è colpa mia, se sono nata così. - gli fece notare Lyem, facendo spallucce.
 - Ti riaccompagno io, ma dobbiamo fare in fretta, alle 8:15 devo essere in classe. - rispose Near, aprendo la porta e uscendo.
Lyem balzò giù dal letto e in un lampo lo raggiunse nel corridoio. Adesso non era più deserto, anzi, pullulava di bambini e ragazzi, che chiacchieravano e scherzavano fra loro, che si precipitavano a fare colazione in ritardo o che, in tutta calma, si dirigevano verso le rispettive aule.
Come al solito, suo malgrado, non passarono inosservanti, mentre gli occhi di tutti si puntavano su di loro e i primi bisbigli cominciavano a circolare.
 - Vieni. - disse secco Near, cominciando a camminare con passo spedito.
Lyem lo seguì obbediente in silenzio. Certe volte avrebbe davvero voluto essere inespressiva e insensibile come lui, estraniandosi completamente dal mondo, incurante degli altri.
 - Un attimo... tu come fai a sapere dove si trova la mia camera?! - sussultò Lyem, rendendosi conto solo ora dell'assurdità della cosa.
 - Perché so dov'è la stanza numero 42, ovvero la tua.
 - Ah, già. - disse l'altra. Effettivamente era presente anche lui, quando Roger gliene aveva parlato.
 - Ieri sera non ti è venuto in mente di seguire i numeri delle camere, invece di perderti? - chiese Near, interrompendo i suoi pensieri. - Ma forse non ti sei neppure accorta che erano numerate.
 - Non sono cieca... - brontolò Lyem. - Solo non mi ricordavo il numero della tua.
“E neppure della mia.” aggiunse mentalmente.
 - 17. Tienilo a mente d'ora in poi.
 
Angolo autrice
Saaalve, albini! ^.^ Gridiamo al miracolo: quasi mezzanotte e sono ancora cosciente delle mie azioni! Inoltre, altre 5 pagine di Word!!! Hip hip, urrà! Hip hip, urrà! Hip hip, urrà! xD Ho sclerato abbastanza? :) Come al solito, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e che recensiate in tanti come sempre (stavolta ci tengo a sapere cosa pensate del rapporto Lyem/Matt u.u). Ho deciso di svelarvi un piccolo segreto imbarazzante sui peluche di Near, o meglio, su di me... Posseggo i suoi stessi peluche... Sì, sono abbastanza infantile (non fatevi strane idee sulla mie età però, sono un adolescente dopotutto :3)
Tanto love per i miei fedeli lettori <3
A prestoooo ;)

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Capitolo 7
*** Videogiochi ***


Anche quella giornata passò, seppure con inesorabile lentezza. Lyem non aveva ancora il permesso di uscire, così fu Near a portarle i pasti, come al solito. Quando lei ebbe finito di pranzare, il bambino si alzò e si avviò verso l’uscita, senza dire una parola, ma qualcosa lo trattenne per la manica, costringendolo a voltarsi; Lyem stringeva saldamente con entrambe le mani il pigiama di Near, ma non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, perciò teneva lo sguardo fisso sul pavimento.
 - Cosa c’è? – domandò Near con il suo solito tono di voce apatico.
 - Resta… Non te ne andare, non lasciarmi sola, per favore… - sussurrò Lyem, senza sollevare lo sguardo.
 - Perché?
Silenzio.
 - E me lo chiedi pure? Ho passato tutta la mattinata da sola a non far nulla, a parte annoiarmi a morte. Ѐ peccato chiedere un po’ di compagnia adesso? – disse Lyem, troppo confusa dalla precedente domanda per alterarsi più di tanto.
 - Non sono molto di compagnia, io. – le fece notare Near.
 - Lo capisci sì o no, che a parte te, non ho più nessuno? Altrimenti perché sarei sgattaiolata a quel modo in camera tua ieri notte? – brontolò lei, mascherando il suo profondo dolore. – Ti faccio così antipatia, da non riuscire nemmeno a sopportare la mia presenza?
 - Non ho mai detto questo. Volevo solo sapere il motivo, ora me l’hai detto; quindi andrò a prendere libri e quaderni per fare i compiti qua. – rispose secco lui, dileguandosi in fretta e lasciando Lyem con un palmo di naso.
Near era indecifrabile, ma le sfide impossibili avevano sempre esercitato un certo fascino sulla bambina, che tuttavia rimase imbambolata a fissare la porta con sguardo sperduto.
Ritornò poco dopo, con le braccia stracolme di libri e quaderni, che rovesciò senza alcun riguardo sulla scrivania. Quindi prese posto sulla sedia, controllò il diario, aprì il libro di matematica e il quaderno, e tirò fuori dall'astuccio una penna nera, mentre iniziava a svolgere gli esercizi.
Lyem gli si avvicinò silenziosamente, incuriosita, e si appoggiò al tavolo per dare una sbirciata ai suoi compiti. Lesse il problema; ne aveva già fatto uno simile a scuola, perciò capì subito come risolverlo. Poi gettò un'occhiata a quel che stava scrivendo Near sul quaderno. Naturalmente era tutto giusto.
 - Sono facili per te, vero? - chiese, avvicinandoglisi ancora un po'.
 - Quasi sempre. - rispose l'altro con noncuranza.
"Quasi... sempre?"
Lyem era rimasta un po' perplessa da quella risposta; in fin dei conti, non era forse lui il successore di L?
 - Immagino tu sia il primo della classe...
 - Ovviamente. - rispose Near, continuando a scrivere numeri uno dopo l'altro.
Andava veloce, troppo veloce, e la sua grafia era orribile, quasi illeggibile, a dirla tutta. I numeri venivano fuori come sgorbi, schiacciati e dilatati, tanto che Lyem fu costretta a chinarsi sul quaderno, per riconoscere in un assurdo simbolo alieno un malandato tre.
 - Non si capisce niente... - borbottò questa, aguzzando la vista.
 - Non ho mai avuto una bella grafia. - ammise l'albino.
 - Io invece sì, guarda! - esclamò Lyem, orgogliosa di mostrargli quella scrittura per cui l'avevano sempre lodata tanto.
Afferrò un quaderno a righe a caso e lo aprì su una pagina bianca, mentre con l'altra mano rovistava frenetica nell'astuccio, alla ricerca di una penna o di una matita.
Near non protestò, né fece nulla per impedirglielo, anzi, mise giù la penna e stette a guardare.
Lyem si piegò sul quaderno, con una matita nuova di zecca stretta in mano, e cominciò a scrivere con meticolosa cura il suo nome e cognome.
"Emily Lancaster"
Quando ebbe finito e stava per mostraglierlo, si bloccò di colpo, rendendosi conto dell'assurdità che aveva appena commesso. Impugnò la matita, senza più alcuna delicatezza, e tagliò ripetutamente la scritta, fino a nasconderla del tutto, cosa che non sfuggì all'occhio attento di Near.
 - Lyem?
 - S-scusa, è che avevo scritto una cosa... una cosa che non puoi leggere... - balbettò l'altra.
 - Il tuo nome. - affermò con sicurezza Near, porgendole poi una gomma. - Meglio se lo cancelli con questa.
 - A causa della forza dell'abitudine, ho scritto il mio nome e cognome. - precisò Lyem, prendendo la gomma e cominciando a cancellare con foga. - Che stupida...
 - È normale all'inizio, non ti sei ancora abituata al tuo nuovo nome. - le disse Near, quasi dolcemente. - Quando avrai finito di cancellare, per sicurezza strapperò via la pagina.
 - Ma no, non c'è bisogno! Non c'è più niente, vedi? - lo rassicurò Lyem. - Se strappi la pagina, si rovina tutto il quaderno...
 - Da' qua. - insistette l'altro, tendendo la mano.
 - Ti ho detto di no! - ribadì lei, stringendosi il quaderno al petto.
Non voleva assolutamente creargli altri problemi, così provò ad allontanarsi per impedirgli di prenderlo, ma Near la trattenne per il dietro del maglione rosa. La tirò indietro con troppa forza, facendole cadere seduta su di lui, mentre le sue braccia si avvolgevano strette automaticamente attorno al corpo di lei, imprigionandola; una mano che premeva delicatamente sulla sua pancia e l'altra sul petto, proprio in corrispondenza del cuore. Nella confusione il quaderno era caduto per terra da qualche parte, ma niente aveva più importanza adesso.
 - Lyem, il tuo cuore... stai bene? - chiese Near, sentendo il battito cardiaco di lei accelerare in modo spaventoso.
Emily era abbastanza sicura di aver assunto una preoccupante colorazione rosso fragola. Avrebbe tanto voluto voltarsi per vedere se anche Near fosse arrossito, ma non ne aveva il coraggio.
 - S-sì. - balbettò imbarazzatissima.
Near non prendeva quasi mai iniziative, e sembrava accettare passivamente qualsiasi decisione prendesse Lyem. Quello era proprio il momento perfetto per approfittarne.
Raccogliendo tutto il coraggio che aveva in corpo, appoggiò la testa contro la spalla di Near, il quale, come previsto, non la respinse in alcun modo. Superata la rigidità iniziale, la bambina riuscì finalmente a rilassarsi, assaporando la morbidezza del suo pigiama bianco, il suo lieve respiro regolare e la dolce pressione delle mani di lui sul suo corpo.
Per qualche strana ragione, aveva sentito freddo durante tutta la mattinata, nonostante il maglione di lana, e aveva desiderato così ardentemente un abbraccio... No, non un abbraccio qualunque: lei voleva il suo abbraccio.
Per qualche strana ragione, i suoi abbracci erano i più caldi e dolci che avesse mai provato, e adesso ne era così affamata… erano diventati quasi come una droga per lei.
Per qualche strana ragione, non aveva nessuna voglia di separarsi da lui, avrebbe potuto passare ore intere in quella posizione...
Ma era troppo per lei e persino per il suo povero cuore che martellava impazzito, così, con gentilezza, spostò le mani di Near, liberandosi dalle sue braccia e rimettendosi in piedi. Near non fece nessun commento, né si mosse di un millimetro, mentre Lyem si chinava per recuperare il quaderno e controllava che il suo nome fosse stato ben cancellato.
Il  resto del pomeriggio trascorse in un opprimente silenzio, interrotto soltanto dallo scribacchiare di Near e dai respiri tranquilli di Lyem, la quale si stava rilassando un po'.
Dopo essersi separata da Near, si era distesa sul letto, decidendo che la cosa migliore per entrambi, era stare lontani l'uno dall'altra per il resto della giornata.
Verso le 19:30 l’albino andò a cenare in sala mensa, per poi ritornare con il solito vassoio per Lyem; stavolta avevano optato per qualcosa di tipicamente inglese: "fish and chips”. Il bambino lo poggiò sulla sedia e se ne andò, senza che Lyem glielo impedisse.
Essendo uno dei suoi piatti preferiti, lo divorò in un battibaleno, senza lasciare neanche le briciole.
Finita la cena, si accorse che era ancora troppo presto per andare a dormire, così passò le restanti due ore a mezza a rotolarsi nervosamente nel letto, e a tirare fuori e provare tutti i vestiti nell'armadio. Quando furono le 10:30, decise che era giunta l'ora di indossare la sua camicia da notte e dormire, sempre se ci fosse riuscita...
Come previsto, non chiuse occhio, neppure quando scoccò la mezzanotte. Sbuffando, si liberò dalle coperte e si mise a sedere: era davvero snervante e assurda quella situazione! Non poteva certo chiedere a Near di dividere per sempre il letto con lei! Era un suo problema, lui non c'entrava niente, perciò lo avrebbe risolto da sé.
Si alzò dal letto, si trascinò stancamente fino alla porta e poggiò la mano sul pomello, indecisa sul da farsi. Dopotutto, la notte era l'unico momento in cui poteva aggirarsi indisturbata per l'istituto, e inoltre, non avrebbe più potuto perdersi.
 
Vagava ormai da un po', passando di corridoio in corridoio e di scale in scale; camminava con passo lentissimo, quasi strascicato, e canticchiava sottovoce:
"London Bridge is falling down, falling down, falling down...
London Bridge is falling down, my fair lady..."
All'inizio aveva pensato di andare a rinchiudersi in biblioteca fra i suoi amici libri, ma poi aveva tristemente scoperto che era chiusa a chiave, così aveva cominciato a gironzolare alla cieca.
Gettò un'occhiata al numero sulla porta più vicina a lei: 19.
Inconsciamente accelerò un po' il passo, per poi fermarsi di fronte la camera 17. La contemplò esitante per alcuni minuti, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore.
"No! Per oggi non devi più vederlo, ricordi?" pensò, ritraendo la mano che si stava già allungando verso la maniglia.
"Facile a dirsi... più difficile a farsi!"
Dopo quel pensiero involontario, scosse con vigore la testa, quasi come per scrollarselo di dosso. Quindi si voltò di scatto e ricominciò a camminare. Meglio allontanarsi il più in fretta possibile da quella porta, prima che cambiasse idea; ma si bloccò quasi subito.
In fondo al corridoio, seduto sul davanzale e illuminato dalla luce spettrale della luna, c'era Matt. Stavolta la PSP era spenta, riposta al suo fianco: l'attenzione del bambino era tutta per lei. La fissava insistentemente e senza alcun pudore, con le labbra leggermente incrinate in un sorrisetto beffardo.
"Te la faccio togliere subito subito, questa sottospecie di smorfia." pensò Lyem, ghignando in risposta al sorriso. "Ora ti faccio vedere io!"
- Ehi, Matt! - lo chiamò, incamminandosi verso di lui.
 - Chi si rivede! - rispose l'altro, sorridendo. - Ancora tormentata dagli incubi?
 - Non prendermi in giro, è un problema serio... - brontolò lei. - Tu piuttosto? Non ci credo neanche un po' che soffri d'insonnia e basta.
Matt la guardò interrogativo, con un sopracciglio alzato e la fronte aggrottata.
 - Invece è così. Le cose sono molto più semplici di quello che credi, Lyem.
 - Mmh... quindi è solo questo il problema? - domandò lei, appoggiandosi con disinvoltura al muro.
 - "Solo", dici? - sbuffò Matt. - A me non sembra cosa di poco conto.
 - Be', lo stesso vale per i miei incubi. - gli fece notare Lyem.
 - Giusto, - concordò lui. - scusami.
 - È tutto okay. - lo rassicurò Lyem, riuscendo finalmente ad issarsi sul tanto ambito davanzale.
Dopo l'ultima esperienza, per niente piacevole, aveva deciso che: o ci sarebbe riuscita da sola, o non ci sarebbe riuscita affatto.
 - È strano che Near non ti abbia cacciato, ieri notte. - commentò Matt, accendendo la PSP.
 - Non più strano di tutto il resto. - osservò invece Lyem, avvicinandoglisi cautamente per sbirciare il videogioco a cui stava giocando.
 - In effetti... - mormorò in risposta l'altro, troppo concentrato sul gioco.
La bambina rimase a guardare incuriosita, studiando i movimenti veloci e precisi delle dita di Matt, appassionandosi sempre di più alla trama e ai combattimenti del gioco.
 - Matt... - disse esitante, dopo un po'.
 - Mmh? - mugugnò in risposta lui.
 - Come si gioca? Sembra divertente.
 - Vuoi imparare? - chiese l'altro, senza staccare gli occhi dallo schermo.
 - Non ho niente di meglio da fare e mi annoio a morte.
 - Bene, allora guarda... - disse Matt, mettendo in pausa il gioco e iniziando a elencarle i vari comandi.
Quando ebbe finito, Lyem cominciò immediatamente a giocare. All'inizio fu molto difficile e moriva di continuo, ma dopo un po' cominciò a prenderci gusto.
Non mollarono neanche per un istante la console. Fecero a turno: ogni volta che uno perdeva, toccava all'altra, e viceversa. Stesero appiccicati l'una all'altro, incitandosi a vicenda, totalmente assorbiti dal videogioco. Passarono così tutta la notte, finché una sottile luce non li raggiunse...
 - L'alba? - domandò confusa Lyem, stropicciandosi gli occhi. Alla fine, la PSP, completamente scarica, si era spenta sola.
 - Com'è possibile? - aggiunse Matt incredulo, sbadigliando. - Non può essere passato davvero tutto questo tempo!
 - Eppure quelli sono senza alcun dubbio raggi di sole. - osservò lei, sbattendo le palpebre pesanti come macigni.
 - In questo caso, penso sia meglio se tornassimo nelle rispettive stanze, non credi? - disse l'altro, balzando giù dal davanzale e stiracchiandosi.
 - Sì... - rispose intontita Lyem, scendendo malamente. Subito Matt si affrettò a sorreggerla, prima che sbattesse dolorosamente per terra.
 La bambina era troppo esausta per spingerlo via, così si limitò a biascicare un "Lasciami" svogliato, mentre Matt si allontanava sbuffando.
 - Ci vediamo. - la salutò, svoltando in un corridoio.
 - Ciao. - rispose Lyem.
Dopotutto, era un tipo abbastanza simpatico.
Stancamente si trascinò fino alla sua stanza, rischiando più volte di andare a sbattere contro qualche muro o di inciampare nei suoi stessi piedi. Non appena raggiunse il letto, vi crollò letteralmente sopra, troppo stremata perfino per sognare.
 
Fu un lieve fruscio, appena udibile, a farla riemergere dal suo sonno leggero, dopo un'ora circa.
Near aveva appena poggiato il vassoio della colazione sulla sedia bianca.
 - Ah, sei sveglia. - fu il suo commento atono.
Lyem si mise a sedere, rendendosi conto di non essersi neppure infilata sotto le coperte, quando si era coricata.
 - Buongiorno. - lo salutò educatamente, prendendo una fetta biscottata con marmellata di fragole e addentandola voracemente.
 - Hai un aspetto orribile. - rispose invece Near, sedendosi anche lui sul letto. - Non hai chiuso occhio a causa degli incubi, giusto?
Lyem bevve un sorso di tè, riflettendo su cosa dirgli.
 - Giusto. - confermò dopo un po'.
 - Hai anche detto, che quando sei con me, riesci a dormire... se basta solo questo, guarda che per me non ci sono problemi a dividere il letto, ma a una condizione.
 - Cioè? - domandò Emily a disagio.
 - Dovrai andartene prima che gli altri si sveglino e si alzino.
 - Perfetto. Avevo anch'io intenzione di fare così, altrimenti sarebbe troppo...
Lyem si bloccò a metà frase, avvampando dalla testa ai piedi per l'imbarazzo. Come diavolo era riuscita a farsi scappare una cosa simile?!
 - Comunque adesso devo andare. - concluse Near, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
Uscì silenziosamente, e altrettanto silenziosamente se la richiuse alle spalle.
Lyem non gli fu mai grata abbastanza per aver capito la situazione ed essersene andato.
E così anche quella giornata trascorse nella noia più totale. L’unica nota di colore per la piccola Emily fu la notte e il sonno ristoratore fra le bracccia dell’albino. Purtroppo, dopo che lui stesso l’aveva informata di essere disposto a condividere il letto, tutti i suoi buoni propositi di risolvere da sola il problema degli incubi erano andati a farsi benedire.
L’indomani mattino, come promesso, sgattoiolò via presto, prima che gli altri ragazzi si alzassero. Arrivò nella sua camera con il fiato corto, chiuse in fretta la porta e vi si appoggiò contro, tentando di calmare i battiti del suo cuore e di riordinare i pensieri. Quel giorno terminava il periodo di convalescenza, quel giorno sarebbe finalmente potuta uscire in tutta libertà dalla sua stanza, e andare in biblioteca, e… riprendere la scuola.
Già, la scuola… Chissà com’erano gli insegnanti, chissà che compagni avrebbe avuto…
In quel preciso istante l’assalì un dubbio terribile: finora aveva dato per scontato di essere nella stessa classe di Near, ma se così non fosse stato?
“Allora che farei?!” pensò terrorizzata, mettendosi le mani in testa. “Significherebbe stare in una classe completamente nuova, con gente sconosciuta, e senza neppure un punto di riferimento?!”
Giusto quando stava per cominciare a urlare dalla frustrazione e a strapparsi i capelli, sentì la porta dietro sé spingere. Qualcuno stava provando ad entrare.
 - Lyem, ci sei? – la chiamò Near, dall’altra parte.
 - Sì, ma non si usa più bussare? – sbottò lei. – E se fossi entrato mentre mi stavo vestendo?!
 - Io ho bussato, ma, non avendo ricevuto nessuna risposta, ho deciso di entrare lo stesso. – le rispose la voce atona dell’albino.
Possibile che non l’avesse sentito, tanto era stata immersa nei propri pensieri di disperazione?
“Sì,” si disse. “è altamente probabile.”
 - Comunque sia, aspetta un attimo fuori che mi devo cambiare. – concluse Emily, staccandosi dalla porta e avvicinandosi all’armadio.
 - Va bene. – disse Near in risposta.
Pochi minuti dopo stavano già camminando fianco a fianco, diretti alla mensa per la colazione.
 - Near? – mormorò Lyem, stufa di tutti quegli sguardi puntati su di loro. – Mi vuoi spiegare perché diavolo ci fissano tutti?
 - Suppongo sia perché di solito sto sempre da solo, la tua presenza perciò dà ancora più nell’occhio. – spiegò l’altro.
 - Capisco… - commentò lei. Adesso veniva la domanda che più temeva, o meglio, era la risposta quella che temeva. – Senti, ma… siamo nella stessa classe, giusto?
 - Dipende: a che classe ti ha assegnata Roger? – fu la sua risposta inespressiva.
 - 3C. – disse Lyem, mentre il cuore riprendeva a martellarle nel petto per l’ansia.
 - Allora sì, siamo insieme.
Un enorme sospiro di sollievo percorse ogni cellula vivente del corpo della bambina. Menomale, le era finita bene!


Angolo autrice
Rieccomi! ^.^ Credetemi, quando vi dico che sono terribilmente dispiaciuta per il mio ritardo :( Mi sembra passato un secolo, da quando ho postato l'ultimo capitolo! E questo è tutta colpa della scuola, che distrugge noi poveri studenti/vittime (non che io abbia problemi di voti, anzi! u.u). Come al solito ringrazio tutti i lettori (anche quelli silenziosi, perché lo so che ci siete! xD), e come al solito gradirei molto se lasciaste un commentino! :3 In particolare oggi vorrei ringraziare Alecraft Mounts per la piccola lezioncina su videogiochi e console (scusa se non ti ho risposto prima, ma tu più di tutti comprendi i miei problemi scolastici T.T). Beeeene, non so più che altro scrivere, se non che devo chiudere perché ho un appuntamento della estetista (la mia eterna lotta contro i peli continua!)
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Capitolo 8
*** Non sei sola... ***


Lyem fece il suo ingresso nella sua nuova classe preceduta da Near. Era grande e luminosa, le pareti tinte di un azzurrino chiaro: era proprio bella. I banchetti verdi due posti erano già quasi tutti occupati, così si sedettero in terza fila, sempre sotto gli sguardi di tutti. Diciamo che Lyem non passava inosservata anche a causa del suo aspetto: quei capelli scarlatti e quegli occhi blu elettrico risultavano piuttosto singolari.
Lyem accavallò nervosamente le gambe sotto il banco, mentre notava con stupore un particolare alquanto insolito. Nessuno dei suoi compagni indossava alcuna divisa, ognuno era vestito in modo diverso. In effetti, nel suo guardaroba, non aveva trovato nessuna divisa... però, se da una parte si sentiva un po' a disagio senza la sua uniforme, doveva ammettere che era molto piacevole da guardare quel miscuglio di colori. Quel giorno indossava una semplice maglietta nera a collo alto, una giacca verdeacqua di lana, un paio di aderenti jeans scuri e ai piedi stivaletti neri scamosciati. Near, seduto accanto a lei, portava invece il solito completo bianco.
A poco a poco, cominciò a fare la conoscenza di tutti i suoi nuovi compagni e degli insegnanti. Le lezioni non erano più difficili di quelle che frequentava prima, nella sua vecchia scuola.
 - Ehi, Near... - lo chiamò sottovoce verso la fine della seconda ora. - Considerato che questo è un orfanotrofio per piccoli geni, non dovreste seguire un programma scolastico più avanzato rispetto alla norma?
 - Per ora non c'è nessuna differenza, ma, una volta passati alle medie, si andrà decisamente a un ritmo più veloce. - fu la risposta inespressiva dell'altro.
 - Capisco.
L'attimo seguente la campana della ricreazione trillò sonoramente, mentre tutti gli studenti si precipitavano fuori dalle classi. Near, a differenza degli altri, in tutta calma tirò fuori dallo zaino il suo sandwich con tonno, maionese e lattuga e iniziò a scartarlo, senza scollarsi dalla sedia.
 - Non esci fuori? - chiese Lyem, risedendosi e addentando il proprio sandwich. Ogni mattina ce n’era un vasto assortimento in sala mensa a colazione, ed erano deliziosi.
 - Non ne ho voglia. Tu vai, se vuoi.
Improvvisamente Lyem si ricordò del bel prato inglese che aveva scorto quel giorno dall'ufficio di Roger.
 - Ma io non ho ancora visto il cortile, e inoltre non so orientarmi, quindi accompagnami e fammi da guida, su! - lo incitò Emily, strattonandolo per una manica. - E poi un po' d'aria fresca ti farà bene, anche se è autunno. Dai, andiamo!
 - Adesso che sei completamente ristabilita, non ho più il dovere di assisterti. - disse freddo Near, liberandosi della stretta dell'altra.
 - Near, ma noi... siamo amici, vero? - domandò seria Lyem, nonostante dentro di sé tremasse dalla paura per la risposta che avrebbe potuto ricevere.
Per un lungo istante si fissarono negli occhi, uno scontro di blu e grigio.
La bambina avrebbe tanto voluto che dicesse qualcosa, ma sapeva già che non avrebbe mai parlato, così fu lei a farlo.
 - In ogni caso, non m'importa se adesso non mi consideri un'amica, farò di tutto per diventarlo... e non m'importa neanche se non sei d'accordo, io sarò lo stesso tua amica.
Silenzio.
"Accidenti, Near! Sei così stupido... ma io riuscirò a scovare le emozioni e i sentimenti che mi tieni nascosti."
 - Non ho nient'altro da aggiungere. - concluse Lyem.
Detto questo, lo afferrò per un braccio e iniziò a correre decisa verso l'uscita, trascinandoselo dietro.
 - Ehi! No, aspetta! - protestò l'albino, cercando inutilmente di bloccarla.
Lyem lo ignorò bellamente, mentre varcava finalmente la soglia che dava sul cortile, ridendo fra sé e sé. Anche quando furono fuori, continuò a correre, calpestando il prato morbido e assaporando lo scricchiolio delle foglie secche che cedevano sotto le suole delle scarpe. Il cielo minaccioso era di un grigio scuro e compatto, e non prometteva nulla di buono.
Near ebbe appena il tempo di sentire l'aria fresca carica di pioggia invadergli le narici, prima che Lyem lo spingesse improvvisamente a terra.
 - Aaah... che meraviglia! Visto che bello? Ne valeva la pena, vero? - disse lei con un sorriso, distendendosi al suo fianco.
Near non rispose, si limitò a strappare un filo d'erba e a rigirarselo con aria svogliata fra le dita.
 - Se ti aspetti sul serio una risposta soddisfacente da lui a una domanda del genere, non hai ancora capito niente. - commentò una voce beffarda sopra di loro.
 - Matt, - sbuffò infastidita Lyem. - quand'é che riuscirai a dire qualcosa d'intelligente?
 - Cosa?! Io dico sempre e solo cose intelligenti! Non per niente sono il terzo in classifica... - si pavoneggiò quest'ultimo.
 - Complimenti, ti sei fatto insultare. - affermò un'altra voce, chiaramente soddisfatta. - Te l'avevo detto che era una mocciosa impertinente.
Poco dopo un caschetto biondo apparve nella sua visuale accanto alla testa rossa di Matt: Mello.
Lyem strinse gli occhi in due sottili fessure e ghignò malefica.
 - Nonostante tutto continui ad insistere?
Le labbra di Mello si strinsero in una dura linea di rabbia repressa, mentre le gote si tingevano appena di rosso e la fulminava con lo sguardo furioso.
La bambina ridacchiò divertita.
 - Be’, vorrei poter dire che è stato un piacere rivedervi, ma mentirei. – disse, liquidandoli con un gesto di superiorità della mano.
 - Che spiritosa! – rispose Matt ridendo e chinandosi su di lei per sussurrarle qualcosa all’orecchio. – Per me invece lo è stato.
Detto questo, le scompigliò affettuosamente i capelli, per poi allontanarsi seguito da un gelosissimo Mello.
Passarono così i giorni, finché due settimane dopo non ci fu il primo test. I test, differenti dai compiti in classe, erano basati sulla logica, venivano effettuati ogni mese ed erano uguali per tutti, senza nessuna differenzazione per età. Erano proprio quei test che stabilivano la classifica.
Lyem non aspirava a diventare L, anche perché sapeva che la concorrenza era spietata: non avrebbe mai potuto superare Near. Perciò fece il test tranquillamente, senza la minima ansia o preoccupazione. E forse fu proprio questo a farle ottenere un punteggio così alto, quasi il massimo.
Il giorno seguente, quando furono affissi i risultati, venne afferrata senza nessun riguardo per un braccio da un esaltatissimo Matt, che la trascinò letteralmente davanti la classifica.
 - Straordinario, straordinario! – esclamò lui, saltellando sul posto con uno sguardo folle negli occhi che sembravano brillare come stelle. – Tu sei straordinaria, Lyem!
 - D-di cosa stai parlando? – balbettò confusa Emily, avvampando.
 - Guarda qui! – strepitò l’altro, sbattendo una mano sul foglio e facendo trasalire tutti gli altri lì intorno. – Sei terza! Sei arrivata terza al tuo primo test! Siamo pari!
 - Cosa?!  Non mi sono neanche messa troppo d’impegno… com’è possibile?
Matt si bloccò di colpo e la fissò serio negli occhi per un attimo. Poi scoppiò a ridere a crepapelle, mentre le batteva colpi amichevoli sulla schiena.
 - Cosa c’è da ridere?! – protestò Lyem, scostandosi infastidita.
 - Be’, dici che non ti sei neppure impegnata… pensa quanto avresti preso, se invece lo avessi fatto! – spiegò Matt fra una risata e l’altra. – Mi fai morire, Lyem!
Lyem stava giusto per ribattere, quando una mano l’afferrò per la gola e la sbatté dolorosamente al muro. Gemette, mentre Mello stringeva la presa, togliendole il fiato e facendola annaspare disperatamente in cerca d’aria.
 - Hai rubato il posto di Matt! – le ringhiò contro, avvicinando il viso al suo. – Non te lo perdonerò mai, piccola disgustosa usurpatrice!
 - Smettila… non… respiro… mi fai male… - mugolò con voce soffocata Emily, cercando di liberarsi delle mani di Mello, ma era troppo forte.
L’altro stava giusto per ribattere con qualche risposta sprezzante, quando un grido lo interruppe.
 - Lasciala! – ordinò Matt.
 - Ma non capisci? Di questo passa ti supererà e ti ruberà il posto, proprio come ha fatto Near con me! – spiegò rabbioso Mello.
 - Se succederà, io sarò semplicemente felice per lei, perché è mia amica! – urlò l’altro sull’orlo di una crisi isterica.
Mello puntò i suoi spietati occhi di ghiaccio in quelli disperati dell’amico. Matt vide qualcosa in quello sguardo, qualcosa che gli disse che lo avrebbe ignorato e che non si sarebbe fermato dallo strangolare Lyem.
Quindi, con una mossa fulminea, mollò un pugno allo stomaco di Mello, sperando di non averci messo troppa forza. Questo barcollò indietro, lasciando la presa su Lyem, la quale si accasciò a terra semi svenuta.
Dopo aver gettato un’occhiata a Mello per accertarsi che stesse bene, si precipitò da Lyem.
 - Ehi, ehi, non svenire! Va tutto bene, okay? – mormorò, prendendola fra le braccia.
 - Tutto bene un corno. – rispose una voce inespressiva e pacata sopra di loro.
 - N-Near… - sussurrò debolmente Lyem.
Near s’inginocchiò silenziosamente accantò a Matt, mentre studiava più da vicino la bambina.
 - Mello la stava per strangolare, non va bene per niente.
 - Ti sbagli! Lui non lo farebbe mai! – esclamò offeso l’altro, pur sapendo di sbagliarsi.
 - Ѐ la verità invece. Questi ne sono la prova. – affermò l’albino indicando i segni rossi sul collo di Lyem. – La porto in infermeria.
 - Ti accompagno.
 - No. – disse secco l’altro. – Sarebbe meglio se restassi con Mello e ti assicurassi delle sue condizioni, fisiche e mentali.
Matt non seppe cosa replicare, semplicemente stette a guardare stordito, mentre Near aiutava Lyem ad alzarsi e si allonatanavano insieme.
Non potè fare a meno di senitrsi inutile e impotente.
 
Lyem camminava lentamente, appoggiandosi a Near, il quale la teneva sottobraccio per sicurezza. Da quando si erano allontanati da Matt e Mello, nessuno dei due aveva più spiccicato una parola, si erano limitati a dirigersi, fianco a fianco, verso l’infermeria.
E forse, non c’era davvero niente da dire.
Stavano giusto per svoltare l’angolo, quando Lyem andò a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno. Si ritrovò ad annusare una familiare maglietta bianca, mentre Near alzava il capo e osservava il nuovo arrivato.
 - Non sapevo saresti venuto in visita oggi, L.
“L?!” pensò sorpresa Lyem, arretrando di qualche passo per guardare con i suoi stessi occhi.
Sì, non c’erano dubbi: era proprio L.
Aveva il solito aspetto trasandato: occhiaie chilometriche, vestiti sgualciti, capelli spettinati e piedi scalzi. Li fissava incuriosito, mordicchiandosi pensieroso il pollice.
 - Ciao, Near. Vedo che sei in compagnia della nuova arrivata… Lyem, giusto?
La bambina annuì timidamente, stringendosi incosciamente a Near.
 - Non potevi sapere della mia visita, perché non ho avvisato neppure Roger. – spiegò L, tornando a rivolgersi all’albino. – Sono venuto per vedere come se la cava Lyem nei test.
 - Allora ti risparmio la fatica di andare a controllare la graduatoria. – rispose l’altro, arricciandosi una ciocca di capelli e studiando attentamente L con i suoi gelidi occhi grigi. – Si è classificata al terzo posto con Matt.
 - Ammirevole. Davvero. – commentò il detective, spostando la sua attenzione nuovamente su Lyem, la quale distolse lo sguardo imbarazzata.
 - Chi è che ha provato a strangolarti?
Emily non rispose, arrossendo per la vergogna.
 - Fammi indovinare… è stato Mello?
Lei si ostinò a restare in silenzio, sorprendendosi che anche Near facesse lo stesso.
 - Suvvia, non c’è niente di cui vergognarsi. Conoscendolo, chissà quante altre persone avrà provato a uccidere. Perché non chiedi a Near?
 - E ti sembra una cosa normale questa?! – saltò su Lyem, sentendo pronunciare il nome di Near.
 - Mmh… - mugugnò L, riflettendo. – Non saprei…
 - Te lo dico io: no, non lo è! Neanche un po’! Anzi, è completamente squilibrato! – esclamò l’altra. – Matt ha dovuto dargli un pugno per farlo smettere! Se non ci fosse stato lui, a quest’ora sarei già morta!
 - Ce l’ha con Near senza motivo, solo perché lui è più intelligente! E per questo lo maltratta sempre! – continuò sull’orlo delle lacrime. – Lo odio, lo odio, lo odio! – gridò con tutto il fiato che aveva in gola.
 - E se considerate normale il suo comportamento, è soltanto un vostro problema, non mio!
Detto questo, girò sui tacchi e scappò via.
Aveva finalmente dato sfogo a tutta la sua rabbia repressa.
 
Emily corse e corse, incurante degli sguardi allarmati che gli lanciavano gli altri, sbandando nei corridoi e urtando persone senza neppure scusarsi. Corse e corse, mentre gli occhi si facevano umidi e lucidi, ma non pianse, perché lei era forte. Corse finché non si ritrovò fuori, sotto un cielo plumbeo e minaccioso, ma non si fermò, neanche quando gelide e sottili gocce di pioggia cominciarono a cadere dal cielo, bagnandole il viso. Corse finché non ebbe più dove andare, finché non finì la strada davanti a lei, finché il massiccio cancello di ferro non le si parò davanti, impedendole di proseguire. Si sentì in gabbia.
Strinse forte le mani sulle sbarre ghiacciate, quindi vi poggiò anche il viso e guardò attraverso. Era novembre inoltrato, faceva un freddo cane e la pioggia cadeva copiosa e scrosciante, bagnando tutto e tutti, senza nessuna distinzione. Non era una strada molto affollata quella, ma di tanto in tanto, qualche persona sprovvista di ombrello passava di corsa.
“Se scavalcassi questo cancello, se me ne andassi, potrei continuare la mia corsa all’infinito, nessuno mi fermerebbe… perché a nessuno importa di me…”
Era vero, ormai non le era rimasto più nessuno, ormai non c’era più nessuno che l’amasse.
Proprio mentre questi pensieri la colpivano come una pugnalata al cuore e iniziava a prendere seriamente in considerazione l’idea di scappare, una mano si poggiò sulla sua spalla, facendola trasalire. Era L, e al suo fianco stava Near, che la squadrava attentamente con i suoi occhi grigi, incurante della pioggia che lo infradiciva.
 - Dove credi di andare? – le chiese serio.
“Dove credi di andare?”
Quelle parole echeggiarono nella mente di Lyem, finché non ricordò quella promessa fatta una notte…
“- Sì, ma non piangere più, ci sono io con te.”
Spalancò gli occhi: come diavolo aveva potuto dimenticare una così importante? Riportò lo sguardo su Near e sorrise debolmente.
“Scusami…” pensò dispiaciuta.
 - Da nessuna parte. – rispose invece, prima di crollare esausta sulle ginocchia.
“Allora anche le emozioni sciupano energie…”
 
Lyem aprì prima un occhio e poi l’altro, mentre riprendeva contatto con la realtà. Si trovava nella camera di Near e sulla sedia stava appollaiato L, intento a ripulire con meticolosa precisione la forchetta sporca di panna. Non poté fare a meno di ricordare quel giorno, il giorno del suo arrivo alla Wammy’s House, che era stato insieme il più terribile e il più fortunato della sua vita.
 - Dov’è Near? – chiese Lyem, richiamando l’attenzione del detective, ancora alle prese con il suo dolce.
 - Ѐ ritornato in classe. – rispose l’altro con la bocca piena.
 - Capisco… - sospirò lei con una nota di tristezza nella voce. – Che ore sono?
 - Le 10. Aspetta solo un altro quarto d’ora. – la incoraggiò L.
Emily mugolò un “sì” in risposta.
Per un po’ nessuno dei due parlò, il silenzio interrotto soltanto dal tintinnare della forchetta.
 - Ѐ inusuale. – borbottò L di punto in bianco fra sé e sé, quando finì di mangiare.
 - A cosa ti riferisci? – domandò curiosa la bambina.
 - Il comportamento di Near nei tuoi confronti. In genere non si relazione con nessuno… invece con te sembra quasi avere un rapporto di amicizia. Non era mai successo prima.
 - Me lo dicono in tanti. – commentò lei, sentendosi lievemente a disagio. – Ma è davvero così strano avere degli amici?
 - Non per le persone comuni, ma per Near, che non è affatto nella norma, lo è.
 - In effetti…
 - Mmh… chissà che effetto gli fai… - disse meditabondo L, torturandosi il labbro inferiore con il pollice.
A quel punto Lyem non poté fare a meno di diventare di un assurdo color fragola.
“Come diavolo fa a dire cose tanto imbarazzanti senza il minimo pudore?! Con che faccia questo tizio giudica le persone al di fuori della norma?”
 
Angolo autrice
Buonasera, cari lettori! ^.^ Ebbene sì... sono ancora viva. Viva per modo di dire, infatti ho gli occhi che mi si chiudono solo e sono anch'io sull'orlo di una crisi isterica a causa della scuola -.- Come al solito spero apprezziate questo capitolo (di cui non sono troppo convinta) e recensiate in tanti u.u Giuro, avrei voluto scrivere qualcosa di un po' più lunghetto, ma fra i compiti, il pianoforte e il disegno, ci sto un sacco a scrivere anche solo una pagina! :( Sappiate comunque che non ho assolutamente intenzione di abbandonare questa ff, quindi dovete solo avere un po' di pazienza ;) Ah, un'altra cosa... il prossimo capitolo sarà l'ultimo dell'infanzia di Lyem e poi si inizia con la seconda parte della storia! Yuppiiii >.<
Baciuzzi <3
 
P.S.
Domandina per lo stato conosciamoci: come sono i vostri capelli? I miei sono ricci e castani con rimasugli di un vecchio shatush ramato xD Li adoro! Be', buonanotte da me e dalla vocaloid Lily, della quale sto ascoltando una splendida canzone proprio adesso! *.*

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