Illusion

di Atomic Chiken
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


Melanie era felice. Ora che ci pensava, non era mai stata più felice di come lo era in quel momento. Cazzo se era felice!
" Felicissima come una donna felice " esordì dopo lunghi minuti di silenzio.
Si alzò dal letto e girò intorno al suo ragazzo, steso sul pavimento in posizione supina. Se qualcuno fosse entrato dalla porta in quell'esatto momento avrebbe pensato che stavano per farlo.
Ma solo lei sapeva la verità. La rendeva così maledettamente felice, la verità!
Andò in bagno e prese un asciugamano. Si sedette accanto a Rick e cominciò a pulire il sangue, canticchiando un motivetto che le ronzava in testa da giorni.
Tornò in bagno e mise l'asciugamano sotto l'acqua.
Così va meglio si complimentò guardando la propria opera d'arte. Non c'era più alcuna traccia di liquido rosso, nemmeno sul coltello che aveva usato per mandarlo all'altro mondo. Non provava alcun rimorso, proprio come quel bastardo non ne aveva provato tradendola con Katherine. La sua migliore amica. Certo. Migliore amica del cazzo!
Non rispondeva nemmeno al telefono, quella puttana. Li aveva scoperti per puro caso. E per loro sfortuna.
Ora però era tutto a posto.
Aveva seguito Rick fino all'hotel e si era fatta dare una stanza lonatana dalla sua. Dopo tre ore d'attesa era andata a suonare il campanello.
" Sorpresa sorpresina" gli aveva detto prima di stordirlo con del cloroformio. Il resto era storia.
Tornando al presente si sfilò i vestiti e prese quelli che aveva portato dietro in caso di emergenza. Prima di uscire spruzzò un pò di profumo per la stanza e sui propri vestiti. Non voleva mica puzzare di morto!
 Il solo pensiero la fece scoppiare a ridere.
Una volta fuori dall'hotel tolse anche la parrucca e i fazzoletti che aveva messo nelle scarpe, ritornando cinque centimetri più bassa. Li buttò nel bidone della spazzatura e si diresse verso la macchina. Sarebbero venuti a portare via l'immondizia tra un'ora esatta. Un piano perfetto.
Cazzo se era felice!


Impiegò all'incirca mezz'ora per arrivare a casa. Viveva in una minuscola villetta da quattro soldi, circondata interamente dal bosco e quattro case in croce. Scese dall'auto e raggiunse la porta d'ingresso.
Una volta dentro buttò la borsa sul divano ed entrò nella camera da letto. Viveva da sola, ma chiuse comunque la porta.
Le lacrime cominciarono a scendere ancor prima che se ne accorgesse.
Solo in quel momento si pentì della sua impulsività. Lo era sempre stata, fin da piccola. Quel difetto l'aveva portata a subire l'ira violenta di suo padre. E ora ad uccidere un uomo.
Cadde in ginocchio e pianse per dieci minuti interi.
Si asciugò le lacrime e prese un respiro profondo, dopodiché andò in bagno. Rimase a fissare il proprio volto per un tempo indeterminato. Era davvero bella, ma in quel momento si sentiva la donna più brutta del mondo. Si meritava di essere la donna più brutta del mondo!
Con la mente e la vista offuscata corse fuori dalla stanza. Non si accorse neanche di aver iniziato a gridare. Afferrò un coltello dal tavolo della cucina e lo portò ad un millimetro dalla gola. La testa le urlava di farlo, la mano non ne voleva sapere.
Fallo maledizione, fallo!
Lentamente, allentò la presa e lasciò cadere il coltello. Se proprio doveva morire, lo avrebbe fatto in prigione.
"No".
Melanie alzò lo sguardo da terra. Chi diavolo aveva parlato?
Stava proprio cominciando a dare di matto.
Prese il coltello e lo rimise al suo posto. Si voltò per tornare alla camera da letto.
E rimase di sasso.
"Sono qui, paperetta mia". Suo padre la guardava dalla soglia della camera da letto.
Melanie lo fissava pietrificata. L'uomo mosse un passo verso di lei, con il solito sorriso diabolico stampato sulle labbra screpolate. Non prometteva mai niente di buono, quel sorriso. La mente della ragazza venne percorsa da ricordi terribili. Il suo corpo iniziò a tremare. La vescica cedette.
"Fai la brava, paperetta". Tolse la cintura e gliela mostrò senza smettere di sorridere.
 Melanie sbiancò realizzando ciò che stava per succedere.
"No!". In tutta risposta il suo esile collo venne circondato dall'oggetto. Il respiro le venne a mancare, la vista si ridusse a delle ombre confuse.
"Ti prego..." balbettò con un gemito strozzato e gli occhi pieni di lacrime.
Era solo un brutto incubo, ne era assolutamente certa. Non aveva ucciso il suo ragazzo, suo padre non si trovava lì.
Non stava morendo.
Eppure smise di respirare. Chiuse gli occhi, lasciò cadere le mani lungo i fianchi. Il corpo s'immobilizzò.
Un unico pensiero però continuò a rimbombarle in mente.
Suo padre era morto.

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Capitolo 2
*** II ***


Sentivo le farfalle svolazzare nello stomaco. Mentre cercavo di tenere a bada l'ansia, mi ritrovai a fissare per l'ennesima volta la figura nello specchio. Alta, formosa, i capelli biondi raccolti in uno chignon, con indosso un attillante vestito rosso. Ero bellissima. Eppure avevo paura. Paura di dar vita a qualcosa di serio. Con un lavoro come il mio ti puoi aspettare di tutto, anche la morte. Cosa ne sarebbe successo di Dave se io fossi morta a causa del mio lavoro? Non volevo farlo soffrire. So cosa si prova. Ho perso un compagno tre anni fa. Lavoravo da sola, ma mi affiancarono Grey lo stesso. Ero ostile nei suoi confronti, non gli rivolgevo la parola, lo rimproveravo al minimo sbaglio. Ma i suoi occhi, la sua voce, il suo corpo...Ben presto divenne molto più di un partner.
 E poi, un giorno, così com'era arrivato se ne andò. Una pallottola gli aveva trapassato il cranio durante una sparatoria. Ne ero uscita distrutta, e lo ero rimasta fino a che non avevo incontrato Dave, due anni dopo. In molti non credono nel colpo di fulmine, ma io e Dave sì. Fu un incontro davvero bizzarro, soprattutto date le circostanze. Lui era nelle mani di un pazzo psicopatico assieme ad altre dieci persone, io l'incaricata a salvare il didietro di tutti. Il pazzo si beccò una pallottola nel ginocchio e una gita all'ospedale, io e Dave uscimmo insieme il giorno stesso.
Ed ora, dopo un mese di lavoro asfissiante, stavo per rivederlo. Il cuore prese a battere all'impazzata. Lo amavo davvero, e forse era davvero quello giusto.
Quando finalmente mi decisi a dargli una possibilità suonò il cellulare.
"Harper, ti voglio al Central Hotel, adesso".


Raggiunsi l'hotel in un batter d'occhio. Avevo avvisato Dave al telefono, e seppur controvoglia, aveva rimandato ad un altro giorno. Mi ero cambiata al volo e da donna sensuale ero tornata ad essere la poliziotta stronza di sempre. Tutti gli uomini mi guardavano dall'alto al basso. Una donna che fa carriera è sempre vista con disprezzo, ma col tempo mi ero abituata, e a dire la verità avevo iniziato a provare piacere nel vedere quelle espressioni deficenti sui loro volti quando gli passavo davanti.
L'hotel era circondato da auto di polizia e il nastro giallo brillava sotto la luce dei lampioni. Mostrai il distintivo e lo alzai per poter passare, tirando dritto verso l'entrata. Appena mi vide, Kowalski si avvicinò a passo spedito
"Brutta storia Harper" disse con il solito sorriso. Io e Kowalski lavoriamo insieme da un bel pò, ed è uno dei pochi maschi che mi tratta alla pari.
"Hai portato i popcorn?" mi chiese poi mentre salivamo le scale. Scossi la testa lanciandogli un'occhiataccia. Scherzava sempre sulla scena di un delitto, ma delle volte esagerava anche per me. Durante il tragitto mi fece un riepilogo di quello che era stato scoperto. Un ragazzo, sulla ventina, assassinato nella stanza dell'albergo. Il corpo era stato trovato dalla receptionist appena un'ora fa.
Entrai nella stanza e venni investita dall' odore di sangue a cui ero abituata fin troppo. Un brivido mi percorse la schiena. Era steso a terra a pancia in su. Con la luce della lampada si vedeva solo il sangue rappresso intorno alla ferita, ma con i raggi ultravioletti erano state rinvenute tracce di liquido tutt'intorno. Aveva gli occhi chiusi, cosa che mi sembrò molto strana.
"E' stato addormentato" affermai attirando l'attenzione dei presenti, ovvero due uomini della scientifica, Kowalski e un altro poliziotto.
"Lo sappiamo già, abbiamo trovato tracce di cloroformio sulla vittima".
Guardai l'uomo vestito di bianco noncurante, poi continuai, parlando più a me stessa che agli altri
"Il ragazzo ha aperto la porta e l'assassino, prontamente, lo ha addormentato col cloroformio, appoggiandolo lentamente per terra. Motivo per il quale il corpo si trova con i piedi rivolti verso la porta. In seguito è stato accoltellato al petto più volte, cosa che dimostra l'inesperienza dell'assassino".
"Come ha fatto a capire che è stato ucciso con un coltello?" chiese basito l'uomo di prima. Trattenni a stento un sorriso
"Me l'ha riferito il mio compagno Kowalski, e poi è appoggiato lì sul letto dentro un sacchetto trasparente su cui è scritto -Arma del delitto-". Kowalski, seguito a manetta dagli altri due, scoppiò a ridere. L'uomo del cloroformio arrossì ritornando a prelevare campioni.
"Gli hai fatto il culo" mi sussurrò Kowalski dandomi un colpetto sul braccio. Assentii con un cenno del capo, tornando a guardare il corpo.
"Qualche informazione sull'assassino?" chiesi. Una voce risuonò dietro di me. Mi voltai ritrovando davanti il volto pallido di Thomas Willson, conosciuto anche come Thomas testa di cazzo.
"E' appena arrivato un nome. Melanie Jhonson".


Dieci minuti dopo ero a casa della presunta assassina, Melanie Jhonson. Kowalski e Thomas erano in piedi accanto a me. Mi avvicinai a ciò che era rimasto della ragazza. Dio, non aveva nemmeno vent'anni!
"I risultati dicono che sia morta poco dopo il ragazzo. Un possibile suicidio dovuto a pentimento?". La voce di Thomas era lontana, quasi non mi trovassi più nella stanza con loro. Era piccola, arredata con gusto. La stanza di un adolescente. Rimandai indietro una lacrima, e con lei tutta l'orda di pensieri che stavano iniziando a prendere forma in testa. Aveva tutta la vita davanti, ed invece era finita con una cintura stretta intorno al collo. Misi dei guanti bianchi e osservai il segno lasciato sulla pelle. Aveva stretto molto, molto forte. Lei o qualcun'altro?
Una goccia di sudore appartenente a Melanie era stata trovata sulla camicia del ragazzo. Si era suicidata dopo essersi pentita? Perché l'aveva ucciso? A quanto era stato scoperto da amici, familiari e la fidanzata del ragazzo, Melanie e lui stavano insieme. Assassinio causato da un tradimento, dunque?
Perché Melanie, perché ti sei rovinata per questo?
"Non c'è molto da dire se non che si tratta di un suicidio" disse Kowalski riportandomi alla realtà.
Mi rialzai e tornai da loro. Aveva davvero l'aria di essere un suicidio. Eppure c'era qualcosa che non mi tornava. Ma cosa?
"Direi che il caso è chiuso" affermò troppo convinto Thomas. Con mio dispiacere, Kowalski si unì a lui. Sapeva perfettamete che non ero d'accordo. "Harper, è un suicidio. Non c'è nulla che provi il contrario".
Fu allora che capii. Corsi verso l'armadio e spalancai le ante. Cercai freneticamente tra i vestiti, nei cassetti. Non c'era niente di niente. Come pensavo. Mi voltai verso i due e presi un gran respiro, contenta di aver fatto centro
"Non c'è una cintura che sia uguale a quella che aveva Melanie intorno al collo. Inoltre, la cintura con cui è morta è da uomo".

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Capitolo 3
*** III ***


Ero in macchina con Kowalski, diretta all'obitorio dove avevano portato i corpi di Melanie Jhonson e Richard Watson. Thomas Willson non aveva nemmeno degnato un pensierino alla mia scoperta. Quel bastardo voleva solo archiviare il caso il più presto possibile, tipico di testa di cazzo. Anche Kowalski era fermamente d'accordo con lui. Mai una volta che prendesse le mie parti!
Da quando eravamo saliti in macchina non avevamo scambiato una parola. Se la tensione avesse avuto sembianze concrete, avrei potuto tagliarla come una torta.
Alla fine Kowalski cedette.
"Per quale altro motivo credi che non si tratti di suicidio?". Lo guardai di sfuggita, riportando subito gli occhi sulla strada. Eravamo a cinque minuti dalla destinazione.
"Uno: la cintura. Quale donna userebbe quella di un uomo, Alin? Due: l'urina. Melanie ha fatto la pipì mentre si toglieva la vita. Un po' strano, non trovi?". Kowlaski rimase in silenzio, e mi chiesi se stesse pensando alla possibilità di un doppio omicidio o quanto io fossi paranoica.
"Facciamo analizzare la cintura" disse infine "vediamo cosa ne salta fuori".
"Ti amo" gli dissi strizzando un occhio, Kowalski sorvolò la battuta con un gesto della mano "Spera solo che trovino tracce non appartenenti alla ragazza".


Per quanto tempo sia passato da quando mi sono arruolata nella polizia, non mi abituerò mai all'ambiente opprimente di un obitorio. Uno dei motivi è l'odore. Un odore pungente che ti assale le narici appena varchi la soglia, un odore talmente nauseabondo che ti rimane addosso fino a che non torni a casa e lasci che l'acqua scorra sulla tua pelle per ore. Il motivo principale però è la vista di un corpo nudo senza vita. A quel punto non ti rimane più niente, nè dignità nè rispetto. Ed è questa una delle mie paure più grandi, morire e lasciare che il mio corpo venga profanato da perfetti sconosciuti. Quando entrai nell'obitorio e vidi quelli dei due ragazzi provai una profonda pena. Era terribile vedere una vita appena iniziata spezzarsi in modo così crudele. Elizabeth Hayder mi aspettava accanto ad una delle barelle. Mi chiesi come riuscisse a stare chiusa in quel posto per tutto il giorno, e se riuscisse a pensare ad altro che gente morta una volta tornata a casa.
Kowalski la salutò con una delle sue pessime battute e Elizabeth lo accontentò con un sorriso sarcastico. Si vedeva ad occhio nudo che era preoccupata.
"Corrie, sei sicura che..."
"Sì" la interruppi "non lo verrà a sapere nessuno. Giusto Kowalski?". Quest'ultimo annuì fingendosi offeso. Eravamo lì contro il permesso del Gran capitano, lo stronzo più stronzo di tutti gli stronzi, e venire scoperti era un opzione che non volevo nemmeno prendere in considerazione.
Sapevo di potermi fidare di Elizabeth perché era una patologa e un medico legale molto abile nel suo lavoro, ma soprattutto perché eravamo amiche dalle elementari.
"Hai scoperto qualcosa d'interessante?" le domandai rimanendo a debita distanza dai corpi. La nausea iniziava a dare segni di vita.
"Non ho ancora avuto il tempo di fare analisi approfondite, ma posso finalmente dirvi più o meno l'orario in cui sono morti". Kowalski e io pendevamo dalle sue labbra.
"Il ragazzo è deceduto intorno alle diciotto, la ragazza alle diciannove e trenta circa".
"Ci sono segni di colluttazione o altro?". Speravo in una risposta affermativa.
"No" disse Elizabeth. Lanciai un'imprecazione sottovoce.
"Non sul corpo del maschio. Lei..." indicò Melanie chiedendoci di avvicinarci alle due "ha un segno alquanto strano lungo la schiena e sui glutei". In quei punti la pelle tendeva sul rosa acceso.
"Sembra quasi che sia stata trascinata" affermò Elizabeth guardandoci negli occhi. Il mio cuore prese a battere all'impazzata. Era la prova che mi serviva!
"Mentre vi stavo aspettando ho anche dato una sbirciatina ai loro vestiti. Ho trovato delle impronte e le ho subito analizzate. Non sono riuscita a dare un volto o un nome, ma ho scoperto qualcosa di altrettanto interessante".
Mi avvicinai a Elizabeth senza accorgermene, le orecchie in allerta.
"Il presunto assassino di Melanie era presente anche sulla prima scena del delitto. Inoltre, ho constatao che la ferita del ragazzo ha ricevuto molta più forza di quanto una ragazza di diciannove anni possa avere. La cosa buffa? Anche il collo della ragazza presenta la stessa pressione". Rimasi a guardarla sbigottita. Iniziavo a capire dove volesse andare a parare.
"Cosa dovrebbe significare?" chiese invece Kowalski. Elizabeth ci guardò con la stessa espressione vittoriosa con cui io avevo guardato Thomas e Kowalski qualche ora prima.
"Dal mio semplice punto di vista, Melanie non ha ucciso Richard e non si è tolta la vita. In parole povere, un assassino ha fatto fuori tutti e due".

 

*


Jessica Parker iniziava a dare segni d'impazienza. Da quanto era seduta lì ad aspettare, quindici minuti? Dio, perché quel maledetto autobus non partiva? Allungò lo sguardo verso il conducente. Guardava fuori da un'eternità, ma cosa? Per Dio, non c'era nulla da guardare fuori!
In preda ad una crisi di nervi si alzò e lo raggiunse, pronta a dirgliene quattro.
"Signore?". Il cuore le finì in gola e il respiro si ridusse a versi confusi.
Lo toccò e quello cadde a terra come un pupazzo. Era morto. Dio, era morto! Morto!
Jessica fece per darsela a gambe quando le porte si chiusero alle sue spalle. Il pensiero di rimanere chiusa lì dentro con un cadavere la fece sbiancare dalla paura. Provò a premere pulsanti a casaccio accanto al volante, sperando che un miracolo la aiutasse ad uscire da quell'incubo. Oh sì, perché altro non poteva essere che un incubo! Era solo uscita a fare la spesa e adesso voleva tornare a casa, lontana da quel postaccio. Due minuti dopo però era ancora lì.
"Aiuto! Qualcuno mi aiuti vi prego!" iniziò ad urlare come un'isterica. Se solo fosse stata più magra, avrebbe potuto scappare dal finestrino! Lacrime calde cominciarono a sgorgare mentre Jessica tirava fuori dalla borsa il cellulare. Lo lanciò dall'altra parte dell'abitacolo quando notò che la batteria era morta. Iniziava anche a fare caldo, troppo caldo.
All'improvviso, mentre era intenta a togliersi il giubbotto, sentì qualcosa. Jessica guardò fuori dalla finestra, sperando che fosse una macchina di passaggio. Ed invece la strada era deserta.
Il suono si fece più forte, e a Jessica si gelò il sangue. Il rumore non veniva da fuori, ma da dentro. Dietro di lei.
Si voltò e per poco non cadde dagli scalini.
"La prego di tornare a sedersi" le disse il conducente con un sorriso.
Jessica iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola mentre l'uomo si avventava su di lei. Caddero tutti e due fuori dall'autobus mandando in frantumi le due ante della porta. Un pezzo di specchio si conficcò nell'occhio di Jessica, e per lei il buio divenne padrone.

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Capitolo 4
*** IV ***


Stranamente, dopo la strabiliante scoperta di Elizabeth, invece di sentirmi euforica rimpiangevo di aver insistito nel controllare i corpi delle vittime. Le risposte che cercavo avevano scaturito un miliardo di domande in più.
Melanie non ha ucciso Richard e non si è tolta la vita. Un assassino ha fatto fuori tutti e due.
Chi era quest'altro assassino? Lo avevo già incontrato o era un uomo nascosto nell'ombra?
Stavo tralasciando anche il fatto che potesse essere una donna. Ce ne sono di signore robuste e forti quanto un uomo, in giro per il mondo. Dannazione! Eravamo ad un punto morto, e notiziona ancora più bella, il Gran capitano era venuto a conoscenza del nostro incontro.
Proprio per questo ero diretta nel suo ufficio. "Voglio parlarti a quattr'occhi" era stato il messaggio. Avevo tappato la bocca con le mani per evitare di mandarlo a quel paese.
 Un brivido mi percorse la schiena quando toccai la maniglia. Era seduto come suo solito dietro alla scrivania, le mani incrociate sotto il mento. L'ufficio era privo di personalità, vuoto come quell'essere.
"Siediti". Obbedii cercando di sembrare disinvolta. In realtà stavo morendo dalla paura. Quell'uomo sa il fatto suo, quando si tratta di spaventare qualcuno.
"Vorrei sapere cosa ti è passato per la testa quando hai deciso di opporti alla mia decisione". Si appoggiò allo schienale e mi squadrò. Schiarii la voce lasciando trasudare per un attimo il tremore.
"Il caso su cui stiamo lavorando in questi giorni è stato archiviato come suicidio. Ieri ho scoperto il contrario, e ho anche le prove".
"Non hai risposto alla mia domanda" disse secco. Ebbi l'impulso di mollargli un pugno.
"Avevo...Una sensazione". Jacob mostrò un sorriso degno di un cazzotto.
"Una sensazione..." soppesò le parole.
"E tu per una sensazione hai voluto mettere a repentaglio il posto di lavoro? L'hai combinata grossa Harper".
All'improvviso sbattei la mano sul tavolo facendo volare un paio di fogli.
"Questo maledetto caso deve essere riaperto! Non potete fregarvene quando ci sono tutte le prove che dimostrano che siamo di fronte ad un omicidio!". Jacob non mosse un muscolo.
"Harper. Sei uno dei detective più competenti di questo distretto. Anzi, direi il migliore. Ma ti consiglio di stare alla larga da questo caso. E' chiuso, fine della discussione".


Tornai a casa ancora più depressa. Era già da un bel po' che soppesavo l'idea di abbandonare il mio lavoro. Era stancante, stressante, e pesava anche sul rapporto con gli altri. Il volto di Melanie, gli occhi pieni di speranza, la sua vita troncata sul nascere mi fecero cambiare idea. Era per quello che ero diventata detective, e volevo andare fino in fondo. A fanculo gli ordini di Jacob, avrei trovato il colpevole anche da sola.
Diedi da mangiare a Clara, la mia gattina grigia di tre anni. Feci la doccia e mangiai dei cornflakes scaduti. Guardai un po' di televisione, lessi un libro senza capire una parola. Alla fine decisi di chiamare Dave. Fui percorsa da un brividio di piacere quando sentii la voce all'altro capo.
"Mi manchi da morire" dissi. Era la verità. Il lavoro mi stava uccidendo, e vedere Dave mi avrebbe sicuramente fatto bene.
"Ci vediamo al Marta's?" chiesi riferendomi al bar sottocasa.
"Che ne dici se vengo lì a casa tua?" domandò a sua volta. Un sorriso malizioso si stampò sulle mie labbra.
"Ti aspetto".


Le ore passate con Dave ebbero l'effetto di una bella bibita fresca in mezzo al deserto. Eravamo effettivamente andati al Martha's, ma una volta finito di mangiare avevamo fatto dietrofront a casa. Tra baci e coccole ci eravamo ritrovati nella camera da letto. Il resto preferirei lasciarlo all'immaginazione.
Quando fu il momento di salutarci provai una stretta al cuore. Andai subito a dormire e mi svegliai allo squillo di un cellulare. Era Elizabeth.
"Ti farebbe piacere un bell'appuntamento?".
"E' un appuntamento amichevole o devo aspettarmi altri colpi di scena?" ironizzai più sveglia che mai. Avevo proprio bisogno di vedere qualcuno.
"Un po' tutte e due le cose. Ti va bene il Bigmeal?".
"Sarò lì tra dieci minuti".


In realtà impiegai cinque minuti. Elizabeth era seduta ad un tavolo ad aspettarmi. Era intenta a parlarle con un uomo...Kowalski?
"Non sapevo che voi due aveste una relazione segreta" esordii sedendomi. Kowalski rise di gusto.
"Lo ammetto, stravedo per lui da quando l'ho conosciuto" rispose Elizabeth aggiungendosi alla risata. M'intromisi anch'io, sollevata di essere lì e non tra le coperte fredde di casa alle quattro di pomeriggio.
"Tornando seri, ho un'altra notizia in arrivo". Kowalski e io ci lanciammo un'occhiata. Che dio avesse pietà di noi!
"Dimmi che non è spuntato fuori un secondo assassino" la pregai. Elizabeth scosse il capo.
"Si tratta sempre del nostro colpevole invisibile. Credo di aver trovato un legame tra lei e la ragazza deceduta". Sgranai gli occhi scioccata.
"L'ultima volta non ci avevo fatto caso, ma questa volta ho notato un capello, come incollato alla maglietta della ragazza. Ho pensato che appartenesse alla vittima, vista la somiglianza, ma mi sono comunque decisa ad analizzarlo".
"Andiamo Elly, arriva al punto" la spronai.
"Ho scoperto un possibile legame di parentela diretta con Melanie".
"Vuoi dire padre o madre?". Elizabeth annuì.
"Hai già interrogato i suoi genitori?" mi chiese Kowalski. Effettivamente sì, l'avevo fatto, ma non avevo di certo fatto caso ai capelli.
"Ripasserò da loro, anche se Jacob mi ha vietato di lavorare al caso".
"Quindi ha parlato anche con te" disse Kowalski con una nota di rabbia.
"E' arrivato fino alla sottoscritta" ci informò Elizabeth. Quell'uomo era una serpe vera e propria. Rimanemmo in silenzio, sorseggiando di tanto in tanto dal bicchiere.
"Io continuerò lo stesso" affermai sicura d'un tratto. Se proprio nessuno voleva alzare un dito per far luce su quel caso, io ero pronta a correre il rischio.
"Chi è con me?" domandai. Non dovetti aspettare troppo per ricevere il consenso degli altri. Sapevo di potermi fidare di loro. Sapevo di potermi fidare solo di loro.
"Buona fortuna a noi, allora".

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