VERITA' E ORGOGLIO

di Nemes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***





I personaggi non sono miei ma appartengono al mitico Takehiko Inoue



AVVERTENZE: se non vi piace la storia o comunque le situazioni che vi sono non siete costrette a leggerla e potete fermarvi quando volete!!



VERITA’ E ORGOGLIO



CAPITOLO 1
Hanamici uscì dall’ospedale ritrovandosi nella confusione della città. “Bene la riabilitazione è finita, finalmente potrò tornare a giocare!” Disse dando un ultima occhiata all’edificio. “Chissà come saranno sorpresi di vedermi gli altri, ora che sono tutti alla stessa università hanno formato la nuova squadra dell’Hosei e giocano a livello nazionale, ma non possono fare a meno di me, il GENIO.” Disse mettendosi le mani sui fianchi e ridendo sguaiatamente come suo solito. Il rossino percorse le affollate strade del centro quando qualche cosa attirò la sua attenzione e lo costrinse a fermarsi. Lì, dall’altra parte della strada, fermo alla fermata dell’autobus, stava un ragazzo dai capelli neri, il cuore di Hanamici ebbe un sussulto e per qualche secondo parve fermarsi, era Rukawa tornato in Giappone dopo aver passato due anni in America. Il numero 10 dello Shohoku era paralizzato, il suo cuore batteva all’impazzata mentre gocce di sudore freddo iniziavano a formarsi sulla fronte, la sua mente era annebbiata e non riusciva a muovere un muscolo, né a parlare, né a staccare gli occhi dal volpino. Dalla parte opposta dalla strada Rukawa se ne stava con lo sguardo basso ad ascoltare la musica, solo dopo molto tempo si alzò ed incontrò quello di Hanamici; lo vide arrossire così tanto che non si distingueva quasi il colore dei capelli da quello della pelle. Il volpino provò le stesse emozioni e sensazioni del rossino, ma avendo un carattere più introverso riuscì a mascherarle e controllandosi al meglio riuscì a non arrossire e salì sull’autobus, appena arrivato, con molta naturalezza. Il rossino vide l’autobus fermarsi tra lui e Rukawa e quando ripartì, il volpino era scomparso. Rimase immobile per un tempo indeterminato prima di mettersi a correre come un forsennato. Mille pensieri, ma soprattutto domande gli affollavano la mente, perché tutto d’un tratto aveva provato quelle sensazioni? Perché la vista di Rukawa lo aveva provato così tanto? Si ricordò di aver provato la stessa sensazione due anni prima, quando aveva visto Rukawa per l’ultima volta prima che partisse, aveva cercato di dimenticare quei momenti ma ora, perché era ricomparso? Perché era tornato a tormentarlo? Sapeva di provare qualche cosa per quel ragazzo, ma il suo smisurato orgoglio gli impediva di accettare la verità. “No non è vero, io non posso amarlo, non posso essere gay… a me piacciono le ragazze!” Cercava di autoconvincersi. Le lacrime iniziarono a scendere silenziose sulle sue belle guance bronzee, così decise di fare una lunghissima corsa e di andare sulla spiaggia, lì forse il mare ed il rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia gli avrebbero dato un po’ di silenzio e pace, cose che in quel momento desiderava più di qualsiasi altra cosa. “E’ stato solo un caso che io mi sentissi in quel modo quando l’ho visto!!” Continuava a ripetersi. Si nascose il volto tra le mani continuando a riflettere “E se invece fosse così? Perché non appena Rukawa è partito ho lasciato perdere Haruko? Che la utilizzassi solo come ragazza schermo? NO NO NO! sono solo coincidenze!” Disse muovendo velocemente la testa prima a destra e poi a sinistra. “Io non lo amo…” E poi ammise “Non posso! E poi, anche se fosse, lui non mi potrebbe mai ricambiare perché mi odia, l’ha sempre urlato al mondo intero, non ci può essere futuro per noi..” E detto questo portò le ginocchia al mento e vi nascose la faccia, ormai diventata rossa a causa delle innumerevoli lacrime versate. -- Rukawa intanto era appena tornato a casa, dopo aver messo le valigie alla rinfusa si sdraiò sul letto, stanco ed assonnato, ancora confuso dal fuso orario. Se ne stava sdraiato a pancia in su, con le braccia incrociate dietro la nuca, a guardare il soffitto, ma la sua mente era altrove, pensava ad un certo rossino. Perfino una persona distratta come lui avrebbe capito che Hanamici, quando lo aveva visto, aveva avuto una reazione strana, forse se l’era solo immaginato. “Maledizione!” Urlò girandosi su un fianco e tirando per terra il cuscino, aveva capito di provare qualche cosa per quella testa calda dopo la partita contro il Sannoh ma non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi, aveva paura di un rifiuto e d’essere sbeffeggiato ed umiliato e poi… poi una persona così chiusa e taciturna come lui, come poteva riuscire a dichiararsi a qualcuno? Ma per quanto ancora avrebbe potuto resistere il suo cuore straziato dentro l’involucro di ghiaccio del suo animo? “Devo cercare di non pensarci, non posso rischiare, devo dimenticarmelo!” Si disse “ Ma come posso? Nemmeno in America non sono riuscito a smettere di pensare a lui, figuriamoci ora che dovrò vederlo tutti i giorni agli allenamenti!”. Quella notte fu una notte insonne ed interminabile per i due giocatori di basket. Note: L’Hosei è un’ università realmente esistente in Giappone. Io non so come funzionano le università Giapponesi così ho immaginato che in una stessa facoltà si potessero studiare più materie in modo che i personaggi potessero interagire.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


AVVERTENZE: Si avvisano e tranquillizzano i lettori che gli istinti aggressivi dell'autrice contro Kogure sono stati incanalati opportunamente e ragionevolmente fino a sfociare in atti di violenza insensata.


CAPITOLO 2


Il giorno dopo, nel tardo pomeriggio, Hanamici andò in palestra e venne accolto con calore dagli altri compagni. “Ciao Hanamici!” Disse Miyagi dandogli il cinque “Sei tornato disgraziato!” Gori gli diede un buffetto sulla testa.. “Ciao Sakuragi!” Urlò poi quel maledetto quattr’occhi abbracciandolo come una donnetta da quattro soldi mentre Mitsui diceva sorridendo “Bentornato testa rossa, ehi Kogure non dare così tante confidenze, lo sai che sono geloso” “Geloso?!”Chiese il rossino perplesso. “Vuoi dire che..” “Già” Rispose Kogure rifugiandosi tra le braccia muscolose del numero 14 “Io ed Hisa-chan stiamo insieme da quasi due anni ormai” “Ah, beh sono contento per voi, e…” il numero 10 tentennò, indeciso sul fare o no quella fatidica domanda ma alla fine si decise “Rukawa, è qui?” “Certo! Non lo vedi? Eccolo lì!” Disse il gorilla indicandogli un angolo della palestra. Rukawa era lì a legarsi una scarpa, le guance di Hanamici si fecero improvvisamente rosse e distolse subito lo sguardo dal volpino non appena questi lo guardò. Iniziarono gli allenamenti, tutti i giocatori (a parte il quattr’occhi) erano migliorati tantissimo e soprattutto Rukawa, grazie agli allenamenti che aveva fatto in America. Anche il rossino diede del suo meglio e riuscì a tenere testa agli altri suoi compagni. “Bene per oggi abbiamo finito, domani PUNTUALI!” Disse Akagi, aumentando tono di voce nell’ultima parola. “Sono contento che tu sia tornato Hanamici” Disse Miyagi accanto a Mitsui che aggiunse “Grazie a te e a Rukawa l’Hosei sarà imbattibile. Allora non vieni?” “No ragazzi, credo che mi allenerò ancora un po’, dopo tutto sono rimasto per due anni a riposo ed un genio come me non può accontentarsi delle misere tre ore di allenamento giornaliere!” “Sei il solito buffone Hanamici” Dissero i due “Ci vediamo domani”. Il numero 10 rimase da solo e iniziò ad inventarsi delle azioni di gioco che terminavano tutte in spettacolari schiacciate ma, a sua insaputa, qualcuno lo stava spiando. Il volpino lo guardava, nascosto dietro la porta socchiusa, senza riuscire a distogliere gli occhi da lui, e ad ogni schiacciata del rossino sentiva una dolorosa fitta al petto, il suo cuore si lacerava sempre di più. Non riusciva a resistere, il suo corpo tremava e sudava mentre si sentiva inondare da un calore insopportabile. Finito l’allenamento Hanamici andò a farsi la doccia e, una volta rivestitosi, uscì dallo spogliatoio. Si diresse nel corridoio ove vide, a pochi metri di distanza, seminascosto nell’ombra con la schiena appoggiata al muro e le mani in tasca, Rukawa. “Che cosa ci fai ancora qui tu?” chiese il rossino mentre il suo cuore iniziava a battere all’impazzata “Mi ero dimenticato la maglietta ed ero tornato a riprenderla, e te che combini? Ti stavi allenando schiappa?” “Mah niente, un genio come me non ha bisogno di allenarsi. A proposito..” Hanamici si fece improvvisamente serio “Come sono andati questi anni negli Stati Uniti?” “Bene, sono migliorato tanto” Rispose il volpino “Puoi aver fatto anche cinquant’anni di super allenamenti in America ma tanto non mi batterai mai!” Disse il rossino con la sua solita faccia da esaltato. “Tsk. Ma per favore! Ti ho battuto anche senza essere andato in America, figuriamoci ora” Disse Rukawa con aria di sfida “Sei proprio un mentecatto.” Hanamici arrossì perché avvertì nel volpino qualche cosa di diverso, qualche cosa di strano nella sua voce, nonostante le provocazioni non c’era ostilità in lui e ciò turbò il suo animo già in agitazione. Rukawa si avvicinò a lui e con il suo solito sguardo freddo e distaccato, si fermò con il volto a pochi centimetri da lui. “Non sei contento di rivedermi?” Gli chiese malizioso “CHE COOOOOSAAA?! Come potrei essere contento di vedere uno stupido buzzurro mentecatto come te?” Disse il rossino sgranando gli occhi per lo stupore dovuto alle parole dette dal suo compagno di squadra “Dohao non prendermi in giro, lo capirebbe anche un bambino che stai mentendo, guarda, sei diventato tutto rosso e tremi come una foglia” “E’… è solo perché sono ancora accaldato per l’allenamento!” Cercò di giustificarsi Hanamici. Il numero 11 continuò ad avanzare, costringendo il rossino ad indietreggiare fino a ritrovarsi spalle al muro senza via d’uscita. Hanamici deglutì rumorosamente.. “Sai, mi siete mancati in questi anni, Kanagawa, la squadra.. tu.” disse Rukawa guardandolo negli occhi “C.. certo! Che ti aspettavi? Quando il genio Sakuragi non c’è si sente la sua mancanza!” La voce di Hanamici era tremante, le mani gli sudavano ed il suo respiro si faceva sempre più affannoso. Il volpino gli afferrò la maglietta con una mano, all’altezza del petto e lo tirò a sé, le loro labbra erano vicinissime. “Dohao non in quel senso.” Disse Rukawa chiudendo gli occhi e baciandolo con passione, mentre la mano destra lo teneva fermo per la maglietta, la sinistra si poggiò sulla nuca del rossino, carezzandogli i capelli. Hanamici era stupefatto, rosso ancora di più dei suoi capelli, guardava con uno sguardo stupito il volpino, all’inizio non pensò a nulla ma si fece trasportare dalla miriade di sensazioni che il bacio di Rukawa gli stava procurando, la vista gli si annebbiò, le sue orecchie erano diventate calde come tizzoni ardenti e stavano per esplodere da un momento all’altro. Una forte scossa gli percorse il corpo e per un istante sembrò rilassarsi, permettendo alla lingua del volpino di insidiarsi nella sua bocca mentre ormai i loro corpi erano completamente in contatto. Ma poi si riprese, non voleva, non poteva, in realtà aveva paura, si, e tanta, e poi il volpino era stato troppo irruento! Hanamici si era spaventanto. “Basta lasciami pervertito!” Disse allontanando Rukawa da lui. “Tsk, ammettilo che ti è piaciuto” Gli disse il numero 11 con fare beffardo ed allo stesso tempo malizioso. “Sta zitto baka! Non ti amerei neanche se fossi l’ultimo uomo sulla faccia della terra!” Hanamici fuggì via più sconvolto che mai, mentre il volpino rimase come un trocco (*) in mezzo al corridoio. Aveva fallito. “Accidenti! Che cosa ho combinato? Ho rovinato tutto, forse non era ancora il momento giusto per rivelargli cosa provo per lui. Uffy” E mentre pensava queste cose il ragazzo uscì dalla palestra ed iniziò a camminare nel buio della sera. Molte domande gli affollavano la mente: come si sarebbe comportato ora Hanamici nei suoi confronti? E se avesse detto qualche cosa? E se gli altri della squadra lo avessero scoperto? Come avrebbe fatto a guardarlo negli occhi domani, domani l’altro e poi i giorni successivi? Poi pensò "Hai visto Rukawa? Era meglio se non seguivi i tuoi sentimenti.. hai sbagliato ed ora ne pagherai le conseguenze!" Sovrappensiero il volpino arrivò davanti ad una birreria e decise di entrare. Ordinò una tazza di cioccolata calda, ignorando lo sguardo stupefatto del barista, e mentre beveva ripensò ad una certa testa rossa di sua conoscenza autoconvincendosi del fatto che, dopotutto, non aveva rimpianti, il rossino gli piaceva davvero tanto!


(*) trocco, letteralmente significa coglionciotto, è un espressione che viene utilizzata dalle mie parti e si utilizza per descrivere una persona che rimane ferma ed imbambolata in una certa posizione, con lo sguardo perso nel vuoto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3



Sendo passeggiava per le strade deserte e buie col suo solito sguardo pensieroso e perso. “Uffy, ma perché Koshino se l’è presa così tanto stamattina? Dopotutto non ho fatto niente di male, era così ubriaco che praticamente ha fatto tutto da solo. Fino a poche ora prima la sua faccia era molto soddisfatta, che ne sapevo che quando si fosse risvegliato si sarebbe rimangiato tutto?” Mentre percorreva la via principale vide, attraverso una vetrina di una squallida birreria, il povero Rukawa con lo sguardo meno freddo del solito e si stupì, decidendo così di entrare. “Guarda guarda, è proprio vero che chi non muore si rivede. Credevo fossi in America!” Disse il porcospino sedendosi di fronte a lui. Rukawa non disse nulla, alzò lo sguardo riconoscendo la tipica faccia di Sendo e disse “Sendo?!” “In persona” Riprese il ragazzo col suo sorrisetto schietto ed innocente. “Allora dimmi come mai ti ritrovo in questa squallida birreria piena di tipacci?” “Sto solo prendendo una cioccolata..” Disse con noncuranza il volpino “Una cioccolata in una birreria? Dai su, lo capirebbe chiunque che c’è qualche cosa che non và!” “No, niente.” “Via su, a me lo puoi dire. Tanto a chi vuoi che lo vada a raccontare?” Sendo mise i gomiti sul tavolo ed appoggiò il mento sulle mani protendendosi un pochino verso Rukawa, curioso di scoprire i suoi segreti. “Solo dei problemi familiari, niente di più. Te come và?” Chiese secco l’ala piccola dello Shohoku per cambiare argomento, mentre distoglieva lo sguardo dal porcospino per evitare che si accorgesse che stava mentendo. Sendo abbassò lo sguardo facendosi improvvisamente serio “Mah non molto bene.” Disse con voce triste “Ho dei problemi di cuore.” “Ah si?” Disse Rukawa freddo e distaccato mentre finiva la sua cioccolata “ E chi è la fortunata?” Una punta di ironia sull’ultima parola. Sendo lo guardò un po’ perplesso “Ehmmm veramente è un lui.” Il volpino per poco non si strozzò con la bevanda, con un gesto fulmineo se la levò da davanti alla bocca, sgranò gli occhi e disse “COMEE?!” “Si, credevo che lo sapessi. A già ma eri in America! Lo sanno tutti che ho un debole per Koshino. Ma lui, diciamo, che non ha apprezzato le mie advance!” Rukawa, ripresosi, disse “Ah…” “Comunque guarda che ho capito che i tuoi problemi sono ben altro che familiari ma non importa, se non vuoi dirmelo, non posso obbligarti. Via su ti offro un drink. NEDO! DUE BIRRE!” Urlò mentre stava proferendo le ultime due parole, di modo che il barista lo sentisse. Rukawa inarcò un sopracciglio “Non è la prima volta che vieni in questa bettola vero?!” “He, he, he” Sendo si grattò la nuca con l’aria più innocente possibile “Sono solo venuto qui qualche volta.” Nedo non si fece aspettare, le due birre spumeggianti arrivarono immediatamente. “Non bevi?” Chiese Sendo vedendo che il ragazzo aveva appena assaggiato la sua birra. “Sai, non reggo molto bene gli alcolici, mi basta un bicchiere di vino e già ho mal di testa.” “Vabbeh dai fai un’eccezione stasera” Il porcospino finì in un sorso la sua birra e così si mise a pensare ad un modo per fare bere anche l’amico. “Dopo tutto se io posso berne una senza ubriacarmi puoi farlo anche tu, visto che sei un grande campione come me, o sbaglio?” "Cavolo Sendo! Potevi trovare una scusa migliore, speriamo che abbocchi, dai su rispondi, non mi guardare così!" Pensò tra sé e sé il ragazzo dall’eterno sorriso. Rukawa, ferito nell’orgoglio, bevve alla goccia la birra che aveva tra le mani e la sbornia non si fece attendere. "Ora è il momento per farlo parlare." Pensò il porcospino e così iniziò “Allora, non vuoi ancora dirmi perché sei così turbato?” “Ti ho già detto che sono solo problemi familiari!” Ripetè il volpino. Sendo, accorgendosi che il ragazzo resisteva ancora, ordinò il secondo giro di birra nonostante la disapprovazione del giocatore dello Shohoku. Il volpino però non era nella posizione giusta per resistere e così, ormai perso nel vortice dell’alcool, bevve di sua iniziativa un’altra mezza pinta. Ormai ubriaco, sotto le continue richieste del porcospino, parlò. “Mi sono dichiarato ad Hanamici ma è stato inutile, sapevo che mi avrebbe rifiutato ma non ho rimpianti, almeno mi sono tolto un peso.” Sendo, ormai soddisfatto di aver ottenuto ciò che voleva sapere, non indagò oltre. Rukawa si alzò “Devo andare!” Disse mentre usciva dalla birreria ma una volta fuori perse l’equilibrio e cadde sul marciapiede. “Hei attento!” Disse l’asso del Ryonan uscendo di corsa dopo aver pagato al volo. “Guarda! Non ti reggi nemmeno in piedi, come pensi di arrivare in queste condizioni a casa tua che è lontanissima? Vieni, io abito qua vicino, ti ospiterò.” Rukawa, ubriaco fradicio, riuscì appena a dire “No grazie.” Ma Sendo non sentì discorsi, prese sottobraccio il volpino e lo fece alzare, incamminandosi verso casa “Niente scuse, stanotte dormirai da me!” “Ma và a cagare!” Disse Rukawa mentre si lasciava trasportare nella fredda notte.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4




I due non proferirono parola per tutto il viaggio e giunti in prossimità dell’appartamento di Sendo, che viveva da solo, il porcospino fece sedere Rukawa sulle scale e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi. La serratura fece uno scatto e la porta si aprì, nell’oscurità Sendo tastò il muro finché riuscì a trovare l’interruttore e l’accese. Subito le tenebre della misteriosa casa si dileguarono, lasciando il posto alla luce abbagliante. Il povero volpino non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti di fronte a tanta luce, ancora annebbiato dai fumi dell’alcool si portò una mano davanti agli occhi rossi e si mise a sedere su una poltrona. Sendo regolò l’intensità della luce ed iniziò a mettere a posto i suoi vestiti che, nella fretta della precedente notte, aveva seminato per tutto il perimetro della casa. Gli occhi del volpino a poco a poco iniziarono ad abituarsi alla luce ed a mettere a fuoco e, solo allora, si rese conto che si trovava nella casa di Sendo. Ma era troppo stanco per opporsi ed andarsene e così decise di approfittare dell’ospitalità, dopotutto non era un estraneo. “Fa’ come se fossi a casa tua” Gli disse il porcospino “C’è un po’ di casino in giro però non farci caso.” Il volpino annuì con un grugnito per poi domandare, con la voce alterata dalla sbornia “Dov’è il bagno?” Sendo non si stupì della domanda, iniziò a ridere e rispose “Ultima porta a destra.” Rukawa si alzò e, barcollando, si diresse verso il bagno facendo lo slalom fra i vestiti di Sendo e pensò "Non credevo che esistesse qualcuno più disordinato di me". In bagno vomitò, poi si asciugò la bocca e la faccia, si sentiva un po’ meglio ma la sbronza non era ancora passata. Forse con una bella dormita sarebbe riuscito a smaltire l’alcool accumulato. Uscito dal bagno Sendo gli disse “Senti c’è un piccolo problema, il divano è rotto e l’unico letto che ho è il mio, quindi puoi scegliere: o dormi in terra o dormi nel mio letto, non ti preoccupare tanto è matrimoniale.” Rukawa lo guardò con uno sguardo ebete, non disse nulla, non si sà se perché non aveva la forza per rispondere o perché non aveva ascoltato quello che gli aveva detto. Fattostà che fu Sendo a decidere. Era ormai mezzanotte ed i due ragazzi entrarono insieme nel letto del porcospino. Per un po’ stettero immobili, Rukawa teneva gli occhi chiusi stanco morto quando sentì la mano di Sendo spostargli i capelli dalla fronte ed accarezzargli le guance. Il porcospino vide Rukawa aprire gli occhi e guardarlo con aria interrogativa, troppo debole per potersi ritrarre "Com’è bello, come vorrei che al suo posto ci fosse Koshino." Pensava il ragazzo dall'eterno sorriso. Sendo continuava ad accarezzarlo, desideroso di avere qualcuno accanto. Rukawa fissava Sendo immobile, sentiva il soffice tatto delle sue mani sul suo volto. Che tocco delicato che aveva, gli sembrò quasi impossibile che delle mani simili, con le quali faceva delle azioni così belle e potenti quando giocava a basket, fossero capaci di trasmettere tanta tenerezza. Si sentì improvvisamente invadere da un forte desiderio di passione e chiuse di nuovo gli occhi, probabilmente a causa della sbornia. Da quanto tempo desiderava condividere quei momenti con qualcuno, però avrebbe tanto voluto che fosse Hanamici. Quando Sendo prese l’iniziativa e iniziò a ricoprire di baci la pallida pelle del volpino. Prima la fronte. Poi le guance. Il collo. Il petto. Sempre più in basso. Un gemito di piacere uscì dalla bocca di quest’ultimo che subito si morse le labbra per bloccarne il suono. Sendo si bloccò e Rukawa aprì gli occhi, erano praticamente uno sopra l’altro. Il volpino sentiva il peso del porcospino su di sé ma non era fastidioso, sentiva il calore di quel corpo confondersi con il suo come se fossero una cosa sola. Ormai la passione li stava travolgendo ed iniziarono a scambiarsi effusioni. I loro corpi si intrecciavano. Entrambi erano coinvolti, gementi, ansimanti, era come se si fossero trovati all’interno di un vortice e nessuno dei due voleva uscirne. Sendo esplorava con le mani ogni parte del corpo del volpino,che lo abbracciava cingendogli il collo e le spalle con le sue braccia muscolose mentre le loro lingue si intrecciavano in baci infiniti. Fù allora che, fra un gemito e l’altro, Rukawa urlò forte il nome di Hanamici. Sendo si fermò, asciugandosi il sudore sulla fronte ed ansimando, aveva capito che non poteva continuare. Si allontanò dal ragazzo e si mise a sedere sul bordo del letto a riprendere fiato. Il volpino si accorse di aver combinato un pasticcio “Scusami” Gli disse arrossendo mentre si metteva a sedere in ginocchio sul letto, dietro al porcospino. “Non so che mi è preso, davvero!” “Non ti devi scusare” Gli disse Sendo con voce dolce e rassicurante. “La colpa di tutto è soltanto mia, ho voluto approfittarmi di te perché non potevo sopportare l’idea di rimanere da solo visto che Koshino non mi vuole” Scosse il capo ridendo di sé stesso. “Sono io che devo chiederti scusa, so che sei innamorato di Sakuragi. Scusami” “Non ti preoccupare, so come ti senti.” I due si sdraiarono su quel letto che ora sembrava grande, così grande che i due sentivano come uno spazio immenso che li separava. Entrambi si sentivano soli. Tremavano sia per il freddo, che stava gelando i loro corpi sudati, sia per l’immensa solitudine in cui si trovavano, soli, senza nessuno a canto a loro. “Kaede?” Disse Sendo in un sussurro. “Si?” Rispose Rukawa perfettamente sveglio. “Possoabbracciarti? Non fraintendermi è solo che…” Sendo non riusciva a spiegarsi e il volpino per tutta risposta si avvicinò a lui cingendolo con le sue braccia. Entrambi si abbracciarono, riscaldandosi a vicenda, innocenti, senza amore, solo perché entrambi avevano bisogno di affetto e di calore in quella fredda notte. Si addormentarono per poi svegliarsi uno nelle braccia dell’altro. Rukawa si alzò e, dopo essersi preparato, salutò Sendo ringraziandolo per l’ospitalità. “In bocca a lupo con Koshino” Gli disse. Sendo annuì sorridente “Crepi il lupo. E te comportati bene col rossino, non ti arrendere, vedrai che tutto andrà per il meglio.” Rukawa sospirò, lo salutò con la mano e si diresse verso casa. Mentre camminava in quelle strade affollate ripensò alle parole di Sendo "Non ti arrendere". “E’ quello che farò!” Disse. Una grande amicizia era nata, quella notte, fra una volpe ed un porcospino.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5




o Hanamici quel giorno si diresse in palestra molto prima del solito, aveva una faccia Stravolta e gli occhi arrossati e consumati da vistose occhiaie. Dopotutto aveva passato insonne tutta la notte. Decise di andare negli spogliatoi a sciacquarsi la faccia e quando vi entrò, scoprì di non essere stato l’unico ad avere quell’idea. “Hanamici che ci fai qui a quest’ora?” Chiese Mitsui, che aveva appena finito di lavarsi la faccia, la sua espressione non era poi tanto diversa da quella del rossino. “Ho deciso di incominciare ad allenarmi prima. E tu invece? Non è da te arrivare in anticipo.” Mitsui si fece improvvisamente malinconico, abbassò lo sguardo e si girò dando le spalle al compagno di squadra. “Volevo starmene un po’ da solo. Fuori non riesco mai a starmene tranquillo, credevo che almeno qui non ci sarebbe stato nessuno.” “Ehi ma va tutto bene? È successo qualche cosa?” “No! Cioè in realtà si…” Mitsui si morse il labbro, indeciso se parlare "Hisashi ti sei così rammollito da andare a sfogarti sulla spalla di Sakuragi? Che ti prende?" Pensò tra sé e sé il tiratore da tre punti. “Riguarda Kogure non è vero?” Le parole del rossino lo fecero voltare con un sussulto, lo guardò senza rispondere ma il suo silenzio valeva più di mille parole. Hanamici capì di aver fatto centro. “Avete litigato?” Chiese Sakuragi. “No.. no. Lui non sa nulla, crede ancora che fra noi funzioni tutto alla grande. Credo…” “E invece? Che problemi ci sono?” “Ecco, non lo so spiegare. Non siamo più molto affiatati. Cioè, a dire il vero, credo di non esserlo più io. Io.. sono solo un vigliacco ed un egoista!” Disse Mitsui, stringendo i pugni per la rabbia. “Perché dici così?” Chiese il rossino preoccupato. “Io non amo veramente Kogure. E lo sapevo bene quando ci mettemmo insieme, ma con il tempo mi sono autoconvinto del contrario, solo per difendermi da me stesso. Ora però ho riaperto gli occhi alla realtà, e la realtà è che sono un egoista, mi sono preso gioco dei sentimenti di Kiminobu solo per la mia autostima, solo per me stesso. Ho accettato e finto di ricambiare il suo amore solo perché mi sarebbe stato utile, solo perché grazie a lui avrei dimenticato ciò che successe sei anni fa, ma certe cose non si possono dimenticare.” Mitsui si interruppe all’improvviso, si accorse di aver parlato troppo. Tremava, i pugni serrati, gli occhi lucidi carichi di lacrime amare trattenute solo dal profondo orgoglio del ragazzo. “Di cosa parli?” Chiese Hanamici perplesso. Gli toccò una spalla con la mano ma questo si ritrasse con violenza “Non toccarmi!” Poi si calmò “Niente lascia stare. Ho parlato a vanvera, sono solo sconvolto. Scusami.” “Non importa. Non credi che sia meglio chiarire le cose con Kogure? “Credi che non ci abbia pensato? E’ più di due settimane che ci penso ma non trovo mai il coraggio di dirgli la verità. Lui mi ama veramente, i suoi sentimenti sono sinceri, se gli dicessi la verità gli spezzerei il cuore. Lui non è come me, è molto sensibile, non sarebbe in grado di sopportare di essere abbandonato e non riuscirei mai a perdonarmi se lo facessi soffrire così tanto solo per colpa mia.” “Sai bene che se non gli dici la verità gli farai comunque del male, continuerai a prendere in giro lui ed anche te stesso.” Disse Hanamici guardandolo serio. “Lo so, ma..” Mitsui abbassò lo sguardo, non riuscì più a trattenersi e due lacrime gli rigarono il volto e scoppiò in singhiozzi. Hanamici non sapeva come comportarsi, si avvicinò a lui e lentamente riprovò a poggiare la mano sulla sua spalla. Mitsui si ritrasse debolmente ma questa volta il rossino non si lasciò intimidire, gli cinse il collo con il braccio e lo trasse a sé, abbracciandolo con affetto. All’ inizio Mitsui fece un po’ di resistenza ma poi, soffocato dai singhiozzi, ricambiò l’abbraccio e pianse sulla spalla dell’amico. Nessuno dei due seppe per quanto tempo rimasero così, fatto stà che quando si staccarono Mitsui si sentì molto più sollevato. “Grazie.” “Prego. Allora mi prometti che dirai a Kogure la verità?” “Si. Te lo prometto.” “Su ora sciacquati la faccia piagnone!” “Anche tu dovresti farlo, hai certe borse sotto gli occhi! Hai fatto baldoria stanotte?” Disse ridendo. “Tsk. Un genio come me non ha bisogno di far baldoria!” I due si lavarono la faccia e iniziarono ad allenarsi, poco dopo vennero raggiunti anche dagli altri. Durante l’allenamento Rukawa ed Hanamici non si guardarono mai, evitandosi a vicenda. Gli altri della squadra si stupirono molto di ciò, abituati a vederli sempre litigare e punzecchiarsi. Verso la fine dell’allenamento, all’insaputa di tutti, Sendo fece la sua comparsa in palestra. Tutti lo salutarono cordiali, facendogli varie domande sulla sua nuova squadra di basket. “Siamo uno squadra affiatata, ve ne accorgerete quando ci scontreremo nel campionato.” Disse il porcospino con il suo solito sorrisetto per poi dirigersi da Rukawa rimasto in disparte. “Sempre in un angolo te eh?” Disse sghignazzando “Allora come va?” Chiese poi, ammiccando beffardo. “Tsk. Come al solito.” Si limitò a rispondere il volpino, ricambiando appena il sorriso. “E tu?” “Mah Stò ideando un nuovo piano. Spero che funzioni. He he.” Intanto Hanamici guardava da lontano i due, allibito ed esterrefatto. "Com’è possibile? Sto’ forse sognando? Rukawa sta’ SORRIDENDO? Non lo avevo mai visto sorridere prima d’ora! E poi perché è così spontaneo con Sendo? Perché tutta quella confidenza?" Il rossino pensò ciò tra sè e sè mentre ribolliva di rabbia. “Beh ora devo proprio andare. Ci vediamo Kaede.” Disse il porcospino salutando l’amico. "KAEDE? Ha detto proprio Kaede? Lo ha chiamato per nome?" pensò il povero rossino. Sendo, prima di uscire, si avvicinò al rossino e gli tese la mano con il suo solito sorriso stampato sulla sua bella faccia. “Sakuragi, alla prossima.” Hanamici divenne rosso, non per la vergogna, ma per la rabbia. Era sul punto di saltare addosso al ragazzo e riempirlo di pugni ma alla fine si trattenne, lo fulminò con lo sguardo e se ne andò negli spogliatoi corrucciato. Sendo prima rimase stupito, poi sorrise. "Beh, è già qualcosa" Pensò e mentre se ne andava dalla palestra disse “Puoi farcela Kaede!”.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6


E fu sera, tutti i giocatori erano nelle rispettive case. Solo Kogure non era tornato a casa, quella sera aveva ben altro da fare. “Ti è piaciuta la cenetta che ti ho preparato?” chiese il quattr’occhi guardando il suo Hisashi steso sul divano mentre lui finiva di sparecchiare. Gli piaceva tantissimo occuparsi di Mitsui, spesso andava a casa sua a rimettere un po’ di ordine nel caos in cui viveva o a preparargli cibi ben più raffinati delle solite cene precotte da supermercato. Fu sorpreso nel vedere che l’ex-teppista non gli rispondeva. Di solito con lui si scioglieva, diventando dolce come un agnellino, lo riempiva di complimenti e di elogi. Si avvicinò piano al suo amante che continuava a stare sdraiato sul divano con lo sguardo perso nel vuoto. “Hisa-chan stai bene?” “Come?” chiese Mitsui come risvegliato da un sogno. “Sei strano, è da oggi agli allenamenti che sembri sempre soprappensiero.” “No non è nulla. Sono solo un po’ stanco.” Il quattr’occhi sorrise dolce inginocchiandosi accanto al divano. “Se vuoi ti do una mano io a riprenderti.” Disse mentre iniziava a massaggiare il largo petto del moretto , sollevandogli la maglietta. Mitsui chiuse gli occhi lasciandosi cullare dal dolce e delicato tocco delle mani del suo amante che piano piano scendevano sempre più giù fino a insinuarsi nei jeans dell’ex-teppista che si lasciò sfuggire un gemito sommesso di piacere. A quel punto Mitsui non ragionò più. Si sollevò a sedere e, afferrando il quattr’occhi per la maglietta, dopo avergli tolto e scagliato lontano gli occhiali, lo attirò a sé baciandolo con passione. La lingua del numero 14 si insinuò prepotente nella bocca di Kogure, possedendola con avidità. Dopo istanti interminabili Mitsui abbandonò la bocca dell’amante guardandolo negli occhi. “Qui è troppo scomodo.” Disse mentre si alzava, prese per mano il Kiminobu e lo condusse nella camera da letto. Kogure venne letteralmente scaraventato sul letto e, dopo aver visto l’Hisashi spogliarsi alla svelta davanti a lui, egli fece lo stesso. Così i due amanti si ritrovarono presto entrambi nudi, avvinghiati in un abbraccio passionale sopra il letto. Mitsui fece sedere il quattr’occhi sul letto a pancia in su, bloccandogli le braccia sopra la testa mentre iniziava a baciargli le guance, per poi passare al collo succhiandogli la giugulare. "Hisashi sei impazzito?" iniziò a parlare la vocina nella testa di Mitsui. Poi scese sul petto ed iniziò a mordicchiargli i capezzoli che diventarono presto turgidi. "Hisashi Mitsui cosa stai facendo?" la vocina continuava. Poi scese leccando e baciando gli armoniosi addominali dell’amante fino a soffermarsi sull’ombellico. < "Come puoi fargli questo? Non avevi promesso a te stesso e ad Hanamici che gli avresti detto la verità?" la coscienza del tiratore da tre punti stava continuava a tormentarlo. Infine l’ex-teppista arrivò a leccare con tenere lappate la virilità pulsante di Kogure. La prese in bocca, vedendola fremere, e inizò a succhiare lentamente. Il quattr’occhi mandò un gemito più forte di piacere. Ma proprio quando stava per venire, Hisashi sorrise facendo emettere al suo amante un mugolio di insoddisfazione e di tormento. "Hisashi lo stai solo usando! Lo stai prendendo in giro." quella vocina, in testa a Hisashi, continuava imperterrita a parlare. Mitsui serrò i denti, mentre la vocina nella sua testa si faceva sempre più nitida e imperiosa. Fece girare Kogure mettendolo carponi e, con un colpo deciso, lo penetrò fino in fondo. Le urla di dolore e di piacere del quattr’occhi si alternavano ad ogni spinta del suo amante. "Sei solo un falso, un approfittatore, un egoista. Falso! Approfittatore! Egoista! Falso! Approfittatore! Egoista! Falso! Approfittatore! Egoista! Falso! Approf.." Ora la vocina stava urlando e rimbombava nella testa dell'ex-teppista. “BASTAAAAAAA!” Hisashi si staccò dal corpo del suo Koi e si mise a sedere sul letto ansimante. Dopo un po’ la voce di Kogure arrivò dietro di lui. “Che ti prende Hisa?” “Nu.. nulla. Scusami. Sono solo stanco.” “Non pensare che io sia un ingenuo Hisa-chan, non è solo oggi, è da circa un paio di settimane che non sei più lo stesso con me.” Quelle parole si insinuarono come pugnali nell’animo del numero 14 che non seppe cosa rispondere mentre la voce di Kiminobu, dietro di lui, continuava ininterrotta ad arrivargli alle orecchie. “Perché non mi guardi più negli occhi quando lo facciamo?” Guardarlo negli occhi, Hisashi non ci aveva mai fatto caso, ma era vero. Lui lo guardava sempre negli occhi quando lo facevano, ma da quando aveva deciso di dirgli la verità non era più riuscito a sostenere il suo sguardo. Le piccole cose, per il quattr’occhi, contavano così tanto. Per lui niente era insignificante, era stato uno stupido ad illudersi che non avesse capito che c’era qualcosa che non andava. “Kiminobu io.. perdonami.” Si girò ma Kogure non stava più sul letto, era in piedi e si stava lentamente rivestendo. “C’è un altro? Voglio solo sapere questo.” La voce era seria, fredda e autoritaria. A Mitsui ricordava molto il tono di voce di quando lo affrontò in palestra tre anni prima, durante la famosa rissa che gli permise di tornare a giocare a basket. “No.” Disse sincero. “E allora perché?” Ormai Kogure era completamente rivestito e se ne stava in piedi a guardare Mitsui serio e freddo. “Ecco.. io..” Mitsui prese un bel respiro e si fece un po’ di coraggio. “Mi dispiace Kiminobu, io ti ho soltanto preso in giro. Ho mentito a te ed a me stesso. Credevo si amarti ma..” Abbassò lo sguardo incapace di sostenere ancora gli occhi inespressivi di Kogure. “Perdonami lo so che non merito il tuo perdono. Sono un verme.” “Non ho mai chiesto nulla a te Hisashi. Non ti ho mai chiesto nulla del tuo passato che tu non mi avessi già raccontato.” Ad ogni parola Mitsui sentiva una fitta al petto, incapace di interrompere Kogure. “Non ti ho mai chiesto per quale motivo, quando lo facevamo, non hai mai voluto che fossi io a possederti. Mi sono limitato a pensare che fosse per il tuo orgoglio ed ho lasciato perdere. Ma so benissimo che c’è qualche cosa sotto che riguarda il tuo passato. Ti ho sentito spesso parlare nel sonno, eri spaventato, hai quasi sempre degli incubi, preghi sempre qualcuno di smettere. Non ti ho mai chiesto nulla neanche su questo. Non ho mai preteso nulla da te se non il tuo affetto ed il tuo amore.” Si avvicinò a Mitsui inginocchiandosi, gli sollevò il volto con una mano, costringendolo a guardarlo negli occhi. “Ma ora che mi confermi il fatto che, in realtà, non mi ami voglio solo sapere se è vero. Se non mi hai mai, nemmeno una volta, amato veramente. Se per te sono stato solo un oggetto per dimenticare, in qualche modo, il tuo passato del quale non ti chiedo niente perché so bene che ti rifiuteresti di rispondermi. Allora rispondimi è così?” Hisashi sostenne lo sguardo di Kogure poi, come un fremito, abbassò gli occhi senza dire una parola. Quel gesto per Kogure valeva più di mille risposte, si alzò e lentamente uscì dalla stanza per poi uscire di casa. "Perché quel silenzio?" Si chiedeva Mitsui ancora a sedere sul letto. "Perché quella freddezza?" Domande senza risposta. Quanto avrebbe voluto che Kiminobu fosse scoppiato in lacrime, che avesse gridato, che lo avesse riempito di insulti, che lo avesse pregato in ginocchio di non abbandonarlo. Ed invece se ne era andato senza scomporsi con una glacialità ed un silenzio che gli facevano quasi paura. Si sdraiò sul letto cercando di addormentarsi ma dopo circa un ora si alzò, si rivestì in fretta e furia ed uscì di corsa dirigendosi alla svelta verso la casa del quattr’occhi. Aveva deciso di parlargli, di prendere coraggio e di spiegargli meglio la cosa. Certo c’era ben poco da spiegare, Kogure aveva capito già tutto. Ma non voleva che Kiminobu pensasse di essere stato solo un oggetto per lui. Egli aveva provato e provava anche adesso un profondo affetto per Kiminobu, non amore certo, ma un sentimento comunque molto profondo e glielo avrebbe detto ad ogni costo. Dopo circa mezz’ora arrivò davanti alla casa di Kogure, i suoi erano usciti fuori città per lavoro, lo sapeva. Si avvicinò all’uscio e bussò, con grande sorpresa si accorse che era aperto, titubante aprì la porta ed entrò. “Ko.. Kogure?” Chiese ma non arrivò nessuna risposta. Esplorò tutto il pian terreno senza trovarlo e così iniziò a salire le scale verso il piano superiore. “Kogure sono io. Sei in casa?” Ancora nessuna risposta, solo silenzio, lo stesso silenzio che gli metteva quella tremenda paura. Non era neanche in camera sua. Stava per rinunciare ed uscire di nuovo quando una luce che filtrava da sotto la porta del bagno attirò la sua attenzione. Deglutendo aprì lentamente la porta. “Ko..?” Ciò che vide lo fece gridare di terrore. Lì a terra, in una pozza di sangue, c’era Kogure privo di sensi con i polsi lacerati dal rasoio. “NOOOOO KOGURE! NO TI PREGO!”


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“Dottore come stà?” Chiese Mitsui. Sperando di poter, finalmente, entrare a vedere come stava Kiminobu. “Molto meglio. Stamattina ha ripreso i sensi. Se non fossi intervenuto in tempo, prima dell’arrivo dell’ambulanza, probabilmente sarebbe morto. Gli hai fatto delle ottime fasciature con quei pezzi di stoffa ragazzo!” “Grazie. Sa stò studiando medicina ed ho frequentato un corso di pronto soccorso all’università.” “Bene figliolo. Sono sicuro che diventerai un ottimo medico.” “Dottore posso entrare per parlargli?” “Si entra pure. Ma non starci troppo, ha ancora bisogno di riposo.” “Certo. Grazie dottore.” Hisashi prese un respiro profondo ed entrò chiudendosi poi la porta alle spalle. Kogure era steso sul letto dell’ospedale, una flebo di sangue attaccata al braccio, i polsi fasciati. “Kogure come ti senti?” “Molto meglio Hisa.” Il volto di Mitsui si illuminò di un piacevole stupore. Il tono di voce di Kogure, la sua espressione erano tornate quelle di un tempo. La freddezza, l’impassibilità e l’apatia della sera prima erano scomparse, lasciando il posto alla sua tipica dolcezza e cordialità. “Kogure senti io.” Mitsui si mise a sedere su una sedia accanto al letto. Aveva deciso di arrivare subito al punto. “Ti volevo chiedere scusa, sono stato un verme, uno stupido. E’ solo colpa mia, io volevo dirti che..” “Non ti preoccupare Hisashi.” Kiminobu lo interruppe sorridendo. “Sai ieri sera ho perso completamente la ragione, credevo di non contare assolutamente nulla per te. Non potevo sopportare una cosa simile, per questo ho fatto quello che ho fatto.” Kogure si guardò i polsi fasciati e poi riprese. “Ma quando mi hai soccorso non avevo perso del tutto i sensi, riuscivo a sentire indistintamente la tua voce. Ti ho sentito urlare di disperazione, piangere e chiamarmi con così tanta foga che ho capito che conto qualche cosa per te.” Hisashi sorrise, come al solito il quattr’occhi era riuscito a capirlo senza che lui parlasse, gli prese una mano fra le sue stringendola con affetto. “Non mi importa se non mi ami.” Continuò poi Kogure “Mi basta solo contare qualche cosa per qualcuno, per te. Mi basta anche che mi consideri un grande amico. Perché è questo che voglio, non rimanere solo ed essere importante per qualcuno in qualche modo.” “Kogure tu per me sarai sempre importante.” I due amici sorrisero e rimasero affettuosamente mano nella mano per qualche minuto senza dire una parola. Poi Mitsui si alzò. “Ora devo andare. Tu riposati mi raccomando. Stasera, dopo gli allenamenti, verrò a trovarti.” “Ciao Mit-chan.” “A presto Kimi-chan.” Mitsui uscì dalla stanza.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7


Era passata circa una settimana da quando Rukawa si era dichiarato al rossino e fù una settimana d’inferno per il povero numero 10. La volpe infatti stava attuando una vera e propria guerra di logoramento nei confronti di Hanamici. Voleva fiaccarlo nell’animo, struggerlo, sfinirlo, per costringerlo ad essere lui a cedere per primo e a cadere fra le sue braccia, dopotutto la prima mossa Rukawa l’aveva già fatta. La tattica era semplice, la volpe si limitava ad ignorare totalmente il rossino, nemmeno lo insultava più. L’unica cosa che si concedeva era lanciargli, di tanto in tanto, degli sguardi pungenti e profondi ma niente di più. Sguardi che comunque facevano arrossire inesorabilmente il povero Hanamici. E la tattica funzionava. Hanamici non ce la faceva più, non sapeva se si sentiva peggio ora che la volpe non lo considerava quasi più o quando l’aveva baciato. L’essere ignorato e poi quegli sguardi lo distruggevano dentro. Che fare? Il rossino non si era mai posto problemi di questo tipo e non sapeva come comportarsi. In più a questo, si aggiungeva il problema di Sendo. Da circa una settimana lui e la volpe erano diventati ottimi amici e spesso si incontravano dopo gli allenamenti. Sakuragi non ce la faceva a vederli insieme, ogni volta le sue manie omicide da teppista riaffioravano ed aveva una gran voglia di spaccare la faccia al porcospino. Ormai la notte dormiva pochissimo. “Hana pucci mi vuoi dire che cos’hai una buona volta?” Il rossino si svegliò dai suoi soliti pensieri ritrovandosi di fronte allo sguardo severo della madre. Era circa mezz’ora che era seduto al tavolo di cucina ed ancora non aveva toccato la sua colazione. “Niente mamma, te l’ho detto tante volte! E’ per lo studio, ormai sogno formule di chimica ovunque!” “Ma non farmi ridere. Per chi mi hai preso? Sono tua madre. Ti conosco fin troppo bene, non sei mai stato bravo a dire bugie sai?” “Eh già. Ogni volta che combinavo qualche marachella la scoprivi sempre. Ha ha ha.” La madre si mise a sedere davanti a lui e scosse la testa esasperata. “Ho aspettato per giorni che tu mi dicessi spontaneamente che cos’hai. Ma, visto che continui ad appellarti al quinto emendamento, sarò io a dirti quello che hai. Tu sei innamorato.” In quel momento Hanamici stava bevendo il latte e sputò sia dalla bocca che dal naso per la sorpresa. “Ma.. coff..coff.. Mamma! Coff.. ma che dici?” “Tsk. Le mamme sanno sempre tutto figliolo.” “Ma non è vero!” “E allora perché sei così agitato?” “Ma perché mi metti in imbarazzo con ‘sti discorsi ma’!” La signora Sakuragi incrociò le braccia al petto e fissò il figlio con il suo solito sguardo “confessa figlio”. Era un metodo infallibile. Con questo trucchetto era sempre riuscita ad averla vinta. Invano il rossino, fin da piccolo, aveva cercato di resistergli ma senza nessun risultato. Quegli occhi lo avevano sempre costretto a confessare tutti i suoi più intimi segreti e problemi. “Mamma non credere questa volta di riuscire a..” Lo sguardo “confessa figlio” misto al silenzio della madre lo fecero rabbrividire e, dopo aver tentato di resistere per qualche momento, cedette. “Ok, ok,ok. Hai ragione. C’è qualcuno che mi fa sentire.. strano. Ora però smettila di guardarmi così!” La madre sorrise trionfante. “Allora? Chi è?” “No.” Hanamici sobbalzò sulla sedia. “Questo non te lo posso dire.” “Ok, ok. Questo posso anche concedertelo, però stà calmo! Su allora racconta.” Hanamici prese un bel respiro ed iniziò. “Ecco vedi, questa persona, una settimana fa si è dichiarata a me. Cioè no. Non mi ha detto che mi ama ma insomma me l’ha fatto capire molto chiaramente. Io però in quel momento sono fuggito e non ne ho voluto sapere. Dentro di me continuavo a ripetermi che non provavo niente per quella persona però ogni volta che lo vedo mi sento strano. Poi, dopo quel fatto, ha iniziato ad ignorarmi totalmente. Ogni tanto mi guarda in modo strano e quando lo fa mi sento mancare. Non riesco a capire cosa provo veramente.” Il rossino si interruppe, non sapendo più cosa dire. La madre sorrise divertita. “Che c’è da ridere?” “Sei tale e quale a tuo padre!” Hanamici la guardò stranita, era la prima volta che parlava del padre dopo anni. “Anche lui aspettò un tempo interminabile prima di decidersi e di dichiararsi a me. Per fortuna sua, sono una persona molto paziente.” La signora Sakuragi si alzò, iniziando a girare per la cucina con le braccia conserte e, vedendo il figlio che rimaneva in un imbarazzante silenzio, gli disse. “Ascoltami bene Hana pucci, la prima cosa che devi fare è metterti in pace con te stesso. Devi scavare dentro di te e capire se sei innamorato oppure no. Devi capire quanto conta per te questa persona. Anche se, francamente, credo che ci sia poco da capire, il tuo stato d’animo parla da solo. Ma soprattutto devi mettere da parte l’orgoglio, sicuramente la persona di cui stai parlando ha fatto lo stesso per dichiararsi a te ed adesso sta aspettando una tua risposta, è una tattica molto comune soprattutto fra voi giovani. Insomma figliolo è l’ora di svegliarsi e di darsi una mossa. Non aspettano mica tutti te!” Quelle parole colpirono molto Hanamici che rimase pensieroso per un bel po’. Poi si alzò, prese la borsa e diede un tenero bacio sulla guancia della madre. “Grazie mamma per i consigli. Ora devo andare sono in un super mega ritardo. Ciao!” “Come sempre Hana pucci. Fammi sapere se ci sono novità. Ok?” “Certo mamma. A stasera!” Hanamici uscì di casa tranquillo e sollevato. La chiacchierata con la mamma gli aveva fatto proprio bene e così un bel sorriso sincero si stampò sulle sue belle labbra dopo giorni di sofferenza. Nel pomeriggio Hanamici andò agli allenamenti rincontrando i suoi compagni. Rukawa, come al solito, lo ignorò giocando da solo. Si venne a sapere di quello che era successo a Kogure ed il povero Mitsui fu sommerso dalle mille domade che gli venivano poste dai suoi compagni. Rispose calmo e tranquillo a tutto ciò che gli veniva chiesto. “Ormai il peggio è passato. Fra qualche giorno potrà tornare a giocare.” Ripetè Hisashi all’ennesima matricola che gli chiedeva informazioni sulla salute del quattr’occhi. Ma quello che più di tutti attirò l’attenzione del rossino e, degli altri giocatori fu, il playmaker Miyagi. Si era infatti, improvvisamente, immobilizzato in mezzo al campo. La bocca spalancata, gli occhi sgranati ed un ombra di terrore sul volto. “Hei miyagi che ti prende? Ti sei pietrificato?” Il rossino gli si mise a canto e gli passò varie volte la mano davanti agli occhi che rimasero inesorabilmente sbarrati. Ben presto il playmaker ed Hanamici vennero raggiunti dagli altri giocatori, tranne Rukawa che continuava a farsi i fatti suoi come al solito. “Ma che ti è preso?” Chiese il gorilla grattandosi il capo scimmiescamente. Poi si girò verso la testa rossa. “Hanamici che gli hai fatto?” “E che ne so? Io non c’entro niente!” “Hei Miyagi che cos’hai?” Mitsui lo guardò preoccupato. Poi tutti i presenti guardarono nella direzione in cui puntavano gli occhi di Ryota e così li videro. All’ ingresso della palestra c’era Ayako visibilmente allegra e sbarazzina che chiacchierava vivacemente con un ragazzo alto e atletico ma dalla faccia decisamente orribile: Fukuda, per gli amici Fukky. La manager fece gli occhi dolci al ragazzo e poi si baciarono tenendosi teneramente per mano. I giocatori dell’Hosei spalancarono la bocca ed assunsero la stessa comica espressione del playmaker, formando un buffo quadretto. “Ragazzi cosa fate lì imbambolati? Iniziate gli allenamenti su!” Ayako si fermò davanti a loro a braccia conserte mentre Fukky se n’era andato. “Cos’è non posso avere un ragazzo?” Chiese la manager vedendo che i giocatori non davano segni di vita. “Ma…ma Fukuda…Insomma!” Balbettò Hanamici e si beccò così una bella sventagliata in capo. “Cos’ha che non và Fukuda? E’ un ragazzo speciale e mi piace da impazzire e ora TUTTI A LAVORO!” I ragazzi iniziarono l’allenamento, spaventati dal ventaglio della manager, ed ancora scossi per la notizia. Miyagi non fece scenate e tutti furono sorpresi di vederlo giocare senza fare una piega anche se più taciturno del solito. A fine allenamento tutti i ragazzi andarono negli spogliatoi tranne il rossino che era costretto a fare i fondamentali. Gli ultimi a fare la doccia furono Mitsui e Miyagi. “Stai bene Ryota?” chiese l’ex-teppista rivestitosi. “Eh?” Il playmakere se ne stava imbambolato a sedere, cercando inutilmente di legarsi una scarpa. Mitsui gli si sedette a canto. “Si dicevo.. insomma… per Ayako. E’ stato un duro colpo per te eh?” “Già. Ma ti dirò, credevo di soffrire molto di più ed invece non mi ha fatto tanto effetto. Forse sono stato così tanto tempo a sbavarle dietro senza successo che alla fine ho continuato a farlo solo per abitudine, senza la passione che avevo un tempo. Forse è meglio così.” Ryota sorrise, come per consolarsi, guardando davanti a sé mentre Hisashi lo osservava. "Certo che è proprio bello Ryota, basso si ma decisamente attraente. Con quella pelle permanentemente abbronzata, con quel fisico così tonico e quell’orecchino luccicante. E poi ha un carattere davvero unico. È piacevole, spiritoso, sensuale. Non ci avevo mai fatto caso prima d’ora, forse perché stava sempre dietro a quella sciaquetta di Ayako" Mentre il tiratore da tre punti pensava questo, senza accorgersene, iniziò ad avvicinare il suo volto a quello del playmaker. Miyagi, intanto, continuava a guardare avanti a sé ignaro di quello che di lì a poco sarebbe accaduto. Ryota ripensò velocemente agli episodi delle giornata e, stranamente, il sentire il compagno di squadra così vicino a lui lo fece rilassare. Su Hisashi ci poteva sempre contare. In quegli ultimi tre anni erano diventati ottimi amici. Spesso uscivano insieme e si raccontavano sempre tutto, non c’erano segreti tra loro. Mitsui gli era sempre stato vicino, lo consolava, lo sosteneva nelle scelte della vita, cercava sempre di aiutarlo e lo stesso faceva Ryota. Senza accorgersene Miyagi cominciò a pensare al rapporto che aveva con Hisashi. "Certo che era proprio bello Hisa. Con quegli occhi neri dai riflessi blu e quella piccola cicatrice sul mento che gli dava quell’aria da duro. Il suo carattere poi, così tenace, così forte, così.. sensuale. Chissà perchè non c’ho mai fatto caso." Si voltò, trovandosi faccia a faccia con l’ex-teppista. Le loro labbra quasi si sfioravano, il respiro dei due ragazzi iniziò a farsi più affannato. Ryota socchiuse gli occhi mentre il cuore iniziava a battergli forte come non mai, provocandogli delle dolorose fitte al petto. "Ma che sto facendo?" Pensava il povero playmaker, ormai in balia delle belle sensazioni che provava. Le loro labbra stavano quasi per toccarsi quando la porta dello spogliatoio si spalancò e li costrinse a separarsi con uno scatto. “Uff sono esausto. Un tensai come me non dovrebbe sprecare il suo prezioso tempo per fare questi stupidi esercizi!” Hanamici entrò ridendo sguaiatamente nello spogliatoio, sotto gli sguardi irritati dei due compagni di squadra. “Hei pigmeo ti sei ripreso dallo shock?” Chiese scherzoso il rossino e per risposta ricevette una borsata da parte dell’interpellato che uscì fuori dicendo “Ma sparati Hanamici!” “Eh no. Non si è ripreso a quanto pare.” Mormorò il rossino, massaggiando lo stomaco dolorante. Ma un’altra botta gli arrivò nello stesso punto. “Ma..ma sei SCEMO?” Urlò Sakuragi a Mitsui. “Sei proprio un dohao Hanamici. Ha ragione Rukawa!” Anche il teppista se ne andò irritato. “Ma.. ma..” Il rossino non fece in tempo a finire la frase che una potente sventagliata lo colpì alla testa, facendogli vedere le stelle. “Hanamici Sakuragi” Tuonò Ayako infuriata “Hai approfittato della mia assenza con Fukky per andartene via senza aver finito i fondamentali eh? Domani farai una mezz’ora in più di allenamento!” “Ma.. ma.. ma sono tutti impazziti stasera?!” Mugolò il rossino, rimasto solo, con stomaco e testa doloranti.

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