Sogni d'estate

di mattstarlight
(/viewuser.php?uid=695959)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte al Luna Park ***
Capitolo 2: *** Tra zucchero filato e il chiaro di luna ***
Capitolo 3: *** La giusta scelta ***
Capitolo 4: *** La vita continua, o no... ***
Capitolo 5: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 6: *** BONUS 1 (re-uploaded) ***



Capitolo 1
*** Notte al Luna Park ***


La notte era ancora giovane e in lontananza il sole ancora mostrava il suo cerchio arancione che colorava le nuvole di un rosa etereo. 

Io ero in macchina con mio padre e il mio miglior amico. Ci eravamo accordati per andare insieme al luna park al centro fiere. Riuscire a trovare del tempo libero era stata un’impresa ma grazie ai miei genitori, che mi avevano concesso un regalo per il diploma, ero riuscito a dedicare un po’ di tempo per me. Hongbin poi si era aggregato perché anche lui si era ritagliato del tempo e aveva deciso di spenderlo con me.

In macchina nessuno parlava e il suono della radio riempiva l’atmosfera già imbarazzante. Non so perché parlare mi rimaneva difficile come se ci fosse un blocco dentro di me. Il cuore, al contrario, si faceva sentire e i miei battiti erano abbastanza forti da riecheggiare nella mia testa. Cosa mi stava succedendo? 

Mio padre si fermò davanti all’ingresso del centro fiere raccomandandoci di ritrovarci lì tra tre ore o la madre di Hongbin si sarebbe preoccupata come al suo solito. 

La nostra amicia era iniziata proprio per i nostri genitori, i nostri padri lavoravano nello stesso studio medico ed erano amici da prima che noi nascessimo. Mi ero anche abituato a chiamare i genitori di Hongbin zio e zia.

Abbiamo frequentato le stesse scuole ma essendo Hongbin due anni più grande spesso ci dovevamo separare ma grazie ai nostri incontrarci non era un problema. Hongbin era stato sempre gentile con me, quando ero in difficoltà con la scuola non ci pensava due volte e veniva a casa per darmi ripetizioni. Era come avere un vero fratello maggiore sempre al tuo fianco. Lui sapeva tutto di me e io di lui. Trascorrevamo i pomeriggi interi a parlare di ragazze e di come ci avevano dato pezza. Hongbin era sempre stato popolare con le ragazze più di me. Era stato pure soprannominato “Capolavoro”! 

Quella sera però l’atmosfera era diversa, come se dovesse dirmi qualcosa di importante ma la bocca non voleva partecipare. 

Entrammo al luna park. C’erano giostre in tutte le direzioni, i colori riempivano la notte che ormai si era fatta nera e l’unica luce naturale era la luna piena. Si sentivano le grida felici dei bambini che ogni tanto correvano a destra e sinistra con lo zucchero filato saldo nella mano destra e una fila di biglietti d’ingresso alle giostre nella sinistra.

Decidemmo di andare sul tagadà. Mentre stavamo in fila riuscimmo a pronunciare finalmente le prime parole.

Hongbin mi chiese, abbastanza esitante, con la bocca impastata: “Allora Hyuk cos’è questo spirito? Siamo qui per divertirci! Ho aspettato questo giorno da un sacco di tempo…” poi aggiunse a giustificarsi “mi ci voleva proprio un giro al luna park ancor di più se ci sei tu…” si fermo bruscamente e poi aggiunse “ cioè… era da troppo tempo che non ci vedevamo, volevo sapere che fine avevi fatto!”.

Io risposi timorosamente visto che c’erano delle ragazze che ci guardavano, o per lo meno guardavano Hongbin: “Sai com’è… la scuola…gli allenamenti… tu pure non mi hai fatto sapere niente!”.

Hongbin aveva capito il mio timore per via delle ragazze e mi diede una pacca sulla spalla e mi sospiro sull’orecchio: “se vuoi andiamo a provarci con loro!”

Io non volevo provarci con quelle ragazze, volevo solo stare con mio fratello il mio miglior amico! Allora per evitare l’offerta mi mostrai vergognoso e nel frattempo la fila si era smaltita ed era arrivato il nostro turno.

Ci sedemmo ovvimanete vicini ma anche quelle ragazze si sedettero intorno a noi e una volta che la giostra inizio a muoversi fingevano di cadere e si appoggiavano a Hongbin pronunciando uno “scusa” che poco aveva di sincero.

Sarà stato per il mio viso paonazzo o perché ero visibilmente stizzito che Hongbin mi disse, facendo attenziona a non farsi sentire dalle ragazze: “Tranquillo, per stasera penso solo a te!”.

Dopo quelle parole cominciarono a fluire delle strane sensazioni dentro di me. Non so se fossi felice ma sicuramente la rabbia mi era passata ma uno strano sentimento di confusione si era fatto strada nella testa.

La musica nel frattempo era diventata più forte e decisi di godermi il giro, confortato da quelle parole. Ormai non sentivo neanche più le parole di quelle ragazze.

Una volta usciti Hongbin si mise le mani dietro le spalle ed emise un sospiro di soddisfazione poi mise una mano sulla mia testa, mi spettinò e mi disse: “Dai piccoletto abbiamo appena iniziato, che ti va di fare?”.

Proprio in quel momento entrambi fummo attratti dalla casa stregata che era aperta solo quella sera grazie alla luna piena. Non mi meravigliai quando scoprii che si chiamava “Terrore al chiaro di luna”.

Non c’era molta fila e dopo due persone fu il nostro turno. Ci sedemmo in un vagone di quelli che spesso si vedono in questo generi di parchi ma a questo avevano aggiunto dei dettagli per intonarlo al tema della giostra. 

Entrammo nel tunnel buio. Io me la stavo facendo seriamente sotto ma avevo imparato a non mostrare quella paura proprio perché temevo che Hongbin mi prendesse in giro.

Al primo manichino cominciai a spaventarmi ma mi tenni forte al vagone e chiusi gli occhi cercando di razzionalizzare pensando “E’ solo una giustra, è solo una giustra!” e cos’ riuscii ad avitare anche il secondo manichino che era sbucato fuori dalla parte di Hongbin che si era un attimo sorpreso tanto da farmi sorridere per un breve tempo. In quel momento entrammo in una specie di solario totalmente illuminato dalla luce della luna che rifletteva sui numerosi specchi proiettando sui muri figure deformate ma non ci feci più di tanto caso.

La rotaia si fermò improvvissamente al centro del lucernario. Ci guardammo in torno e feci notare a Hongbin uno disegno sul pavimento che ricordava quelle stelle a 5 punte dei riti satanici. Non feci per girarmi che si accessero delle candele sulle punte di quella stella e si cominiarono a sentire dei versi provenire da davanti a noi. Li cominciai veramente a mostrare la mia paura. Proprio quando riuscii a distinguere una figura venire verso di noi non ressi e mi abbracciai a Hongbin e mi aggrappai alla sua maglietta in caso mi volesse scansare ma non lo fece. Anzi. Mi abbracciò a sua volta forse anche più intesamente di quanto non lo facessi io, mi sentii al sicuro perché sapevo che Hongbin non mi avrebbe lasciato. Allora chiusi gli occhi che ormai puntavano alla sua maglietta finche non mi sosprirò: “ Dai adesso è passato puoi anche aprire gli occhi”. Mi fidati e notai come le candele si erano spente e la rotaia riprese a muoversi. Non ci volle molto che uscimmo da quel posto.

Prima di parlare nuovamente aspettai di essermi allontanato dal quel luogo spettrale. Dopo aver cambiato area del luna park mi avvicinai a Hongbin e gli dissi: “Scusa per prima non ce la facevo più!” e lui mi rispose con un sorriso così ampio da mostrare le sue fossette: “Te l’ho detto stasera penso solo a te!”.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tra zucchero filato e il chiaro di luna ***


Dopo quelle parole sorrisi e cercai di sdrammatizzare la situazione visto che l’inbarazzo aveva pervaso ogni parte del mio corpo. 
Non facemmo più alcuna giostra ma andammo diretti alla bancarella dei dolci. Hongbin prese delle carammelle e io dello zucchero filato e una bibita.
Poco dopo aver addentato per la prima volta quella nuvola di zucchero Hongbin mi iniziò a fissare sorridendo quasi trattenendo una risata. 
Gli chiesi, ancora più imbarazzato: “Che stai guardando?” e lui a me come se già sapesse che l’avrei chiesto: “Ma lo sai che sei proprio carino quando mangi lo zucchero filato!” e mi mise una mano sulla testa scompigliandomi i capelli. Non lo sopportavo, era già la seconda volta che lo faceva! Glielo feci capire ma lui mi rispose con una risata chiassosa, come a coprire qualcosa.
Notai come il suo sguardo non era sereno e sembrava tenersi qualcosa dentro. Non mi meravigliai nel vederlo perso nel vuoto mentre finivo di mangiare seduti ad un tavolino dientro la bancarella.

Dopo cinque minuti nel vederlo gesticolare con le sue mani mi decisi a chiedergli cosa pensasse. Tolsi la cannuccia dalla mia bocca e iniziai: “Cos’hai? Ti comporti in modo strano! Dai spara!” e lui mi guardò fisso negli occhi e fu come se  i suoi occhi mi dicessero –puoi aspettare un po’?-  capii e non feci più domande ma non ebbi neanche tempo di rimettere in bocca la cannuccia che Hongbin si alzò mi prese la mano e mi condusse il più distante possibile dalle giostre. 
Arrivammo all’inizio del bosco che percorreva il perimetro del parco per una buona parte, circa i due terzi. 
Gli alberi erano alti e la luce della luna si infilava trai rami creando un’atmosfera eterea, in un silenzio disturbato dall’ormai lieve rumore delle attrazioni. 
Fu proprio in quell’atmosfera mistica che Hongbin prese la forza per parlare.
Inizio dicendomi: “Da quanto tempo è che ci conosciamo? E’ come se fossimo stati destinati a conoscerci da prima che nascessimo. Ci vediamo praticamente tutti i giorni e siamo continuamente in contatto su KaTok… ecco è da molto che volevo dirtelo ma non so se fossi abbastanza pronto per capirmi… ecco…” non fece in tempo a concludere che sentii qualcuno chiamare il mio nome, con tono abbastanza arrabbiato. La voce si faceva sempre più vicina ma alla luce della luna non si distingueva bene la figura. Lasciai allora le mani di hongbin che mi aveva afferrato in una prese forte e sicura e mi avvicinai alla figura che si rivelò essere mio padre. 
Quando lo vidi guardai immediatamente l’orologio, erano passate quattro ore e mezza. Chiamai Hongbin e ci vollero più di una volta per smuoverlo dai suoi pensieri. Papà una volta che ci raggiunse ci sgridò: “Che vi avevo detto? Ma ci sentite?” poi si rivolse a Hongbin che non sembrava prestare attenzione “tua madre mi sommerso di telefonate, solo per miracolo l’ho convinta a non andare dalla polizia!” poi tornò a parlare con me “andiamo che con te ne riparliamo a casa”. 
Una volta lasciato Hongbin davanti casa sua, il quale ci salutò con un mezzo sorriso che emanava un’evidente delusione.
Arrivato a casa non mi rimproverarono più del necessario anche perché mamma era sempre dalla mia parte e convinse papà a lasciar correre per questa volta facendomi però promettere di aiutarla a pulire la casa quando ne aveva bisogno.
Mi sbrigai velocemente della faccenda e mi rinchiusi nella mia stanza pensando allo strano comportamente che Hongbin aveva tenuto quella sera. Cosa voleva dire? Era stanco di me? Non si trovava bene con me? 

Quella fu una lunga notte e quelle domande mi tornavano continuamente in mente tanto da non farmi dormire. 
Il mattino finalmente arrivò. Il sole illuminava la mia stanza di una leggera luce che attraverso la tenda si rendeva visibile emanando un calore piacevole ma la mia mente non ci prestò la benchè minima attenzione. Arrivò un messaggio di Hongbin che recitava cosi: “tra un'ora. Solito posto.”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La giusta scelta ***


Dopo aver mangiato in fretta e furia la colazione, avvertii i miei che avrei incontrato Hongbin. Fortunatamente, vista la loro forte amicizia con i suoi genitori, mi lasciarono andare senza problemi nonostante la sera precedente.
 
Il nostro luogo non era molto distante ed era facilmente raggiungibila da entrambi. Dopo aver costeggiato un paio di edifici tra cui il liceo della città bastava prendere una strada scoscesa che si addentrava in un bosco fitto di latifoglie che in quella stagione erano nel pieno del loro verde. L’aria era fresca e il vento era pressocchè assente.
 
Mi addentravo in quella foresta con le cuffie alle orecchie con la musica al massimo del volume. Stavo sentendo della musica dubstep, mi aiutava a distendere i nervi che dalla sera prima non avevano avuto pace.
Fortunatamente abbandonai brevemente i miei pensieri durante la maggior parte del tragitto visto che ero concentrato nel ricordare la strada.
 
Arrivai alla fine del bosco, si riconosceva perché l’albero estremo che delimitava la selva aveva su di esso incisi i nostri nomi. Mi ricordo come avemmo scritto quei nomi proprio quando Hongbin passava un periodaccio a causa di una crisi dei genitori che si erano temporaneamente lasciati. Ci eravamo promessi che saremmo rimasti sempre insieme nel bene e nel male. Adesso che ci penso avrebbe mantenuto la sua promessa Hongbin?
 
In quel momento mi tornarono alla mente tutti i dubbi sul comportamento di Hongbin la sera precedente e dentro di me cresceva una forte rabbia, che in realtà si rivelo una forte invidia nei suoi confronti.
Con questi pensieri alla testa superai quell’albero e uscii in aperta campagna.
Proprio alla fine del bosco iniziava la discesa della collina che mostrava il paesaggio nel massimo della forma. Nonstante la ripidità c’era un livello pianeggiante ampio due o tre mentri che si estendendeva abbastanza da costituire un sentiro sul belvedere costeggiante la collina.
La campagna era nel pieno della crescita. I campi immobili di grano ancora verde sembravano usciti direttamente da un quadro. In lontanaza si vedeva anche un cuore disegnato con un trattore su di un campo appena raccolto; erano i ragazzi dell’istituto tecnico che ogni anno si divertivano a creare delle forme sempre più complicate, beh quell’anno non si erano sforzati più di tanto.
 
Proprio mentro riportavo lo sguardo verso il sentiero vidi Hongbin al margine del breve tratto pianeggiante con le gambe a penzoloni e gli occhi fissi verso le nuvole in cielo.
Io mi sedetti silenziosamente vicino a lui che a mala pena se ne accorse.
Gli diedi uno spintone con la spalla e gli chiesi: “Cos’hai? è da un bel po’ che ti comporti in modo strano!”.
Emise un sospiro, che mal’interpretai come se fosse stizzito, e inizio: “Senti…quello che voglio dirti… non è facile dirtelo quindi seguimi bene…”.
Non so cosa mi prese in quel momento ma sentii come se dovessi liberarmi di tutta quell’ansia accumulata la sera e la notte appena trascorse.
“Senti tu invece… sono stufo di questo tono… che c’è? Adesso ti sto antipatico? Così dall’oggi al domani? Guarda che si vedeva che volevi provarci con quelle ragazze ieri sera! Tu e i tuoi modi, bastava che me lo dicevi senza tutte quelle smancerie: stasera penso solo a te e così via!” –ripensandoci al giorno d’oggi mi pento ancora di aver pronunciato quelle parole –“ guarda ho capito… bel modo di buttare all’aria 18 anni di amicizia… bah… non so più che dire… me ne vado con te è tempo perso!”.
Mi girai per rialzarmi ma sentii le mani di Hongbin prendermi le spalle con la stessa presa con cui mi aveva afferrato le mani la sera prima. Mi girò verso di lui e mi guardò negli occhi con un’intensità che non avevo mai visto. Quello sguardo durò più di cinque secondi e poi vidi la sua testa muoversi verso la mia.
Le sue labbra toccarono le mie. Erano calde e morbide e mi diedero come un senso di sicurezza che non avevo mai provato. Non provai a spostarmi e lasciai correrre per circa dieci secondi.
 
Fu come se la mia mente si liberasse da ogni pensiero negativo. Ogni turbamento, dubbio che aveva invaso il mio subconscio adesso era perso e l’unica cosa a cui pensavo era il motivo di quel gesto. Perché io? Ma soprattutto perché un maschio?
La mia rabbia si trasformò allora in preoccupazione: non volevo rovinarlo, non potevo permettere che il mio amico vivesse una vita incompleta. In fondo condividevamo gli stessi obbiettivi: avere una moglie, dei figli, diventare ricchi. Quest’ultima ancora mi fa ridere…
 
Allora ripresi controllo delle mie azioni. Mi staccai bruscamente. Non potevo rovinare la nostra amicizia e soprattutto non potevo essere la causa della perdita dei nostri sogni futuri. Questi erano gli unici pensieri che mi affliggevano.
 
“Ma che ti salta in mente? Sei matto? Guarda che lo avevo capito anche prima che partissi di testa che mi volevi allontanare! Senti ti faccio un piaciere me ne vado definitivamente! Non mi cercare perché farò in modo che non mi trovi!” poi mi voltai il più veloce possibile per evitare che mi rispondesse e rientrai in quella selva che non apparriva più lucente come prima. Verificai che non mi seguisse e una volta raggiunta una distanza che evitasse di fargli sentire la mia voce mi fermai e  mi appoggiai ad un albero. Scesi lentamente appoggiandomi fino a sedermi, con le ginocchia all’altezza delle spalle. “E’ la cosa giusta che dovevo fare” ripetevo e ripetevo “ho fatto bene, è la cosa giusta!”. Ma lo era veramente?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La vita continua, o no... ***


I giorni che seguirono furono vuoti e grigi e il tempo non aiutava. Sentivo la presenza di Hongbin scomparire sempre di più dalla mia vita. Chiamava sempre più di rado e lo vedevo sempre meno spesso. Certo, capitavano quelle volte in cui rimaneva ad aspettare le ore davanti alla porta di casa suonando il campanello, ma non portava la cosa alle lunghe: quando vedeva che non aprivo se ne andava.
 
Anche i miei si erano preoccupati. Io cercavo di non far trasparire le mie emozioni ma i genitori di Hongbin erano ancora più allarmati, sembrava che fosse caduto in uno stato di depressione. Una sera la madre si mise pure a piangere lamentandosi di come saltasse spesso troppi pasti e dormiva fino a tardi.
 
A sentire quelle parole, non sapevo che pensare, ma come… non voleva liberarsi di me? A che gioco stava giocando? La mia mente però si rispondeva da sola ancora convinta che avessi fatto un piacere a Hongbin. Ma la mia coscienza si sentiva sporca.
 
Quell’estate a parte qualche incontro casuale non si fece più sentire e i suoi genitori frequentavano ormai tutte le sere casa nostra molte spesso rimanevano a parlare fino a notte tarda… del figlio ovviamente.
Una sera invece di mangiare da solo in camera mia come al solito mi costrinsero a cenare in sala da pranzo insieme a loro.
Non ci volle molto che l’argomento principale della tavola divenisse loro figlio e io mi facevo sempre più piccolo cercando di cambiare la discussione ma non potei fuggire dall’inevitabile domanda: “Hyuk, tu che frequenti Hongbin, sai per caso perché si comporta così? Fino a poco tempo fa era un ragazzo così per bene… ormai non ci da più nemmeno ascolto!”.
 
Con quale coraggio potevo dirle che era colpa mia e che lo avevo fatto solo perché non volevo che perdesse la possibilità di una vita come l’aveva sempre sognata. Come entrambi l’avevamo sognata!
“Boh…non si fa più sentire… è diventavo strano da un po’ di tempo ma non so cosa gli sia successo…si potrebbe essere roto con la ragazza…succede ogni tanto, basta far passare del tempo” mentii spudoratamente ma fu l’unico modo per alleviare la pena della madre e per me di svignarmela in camera mia.
 
La cosa che mi colpì fu come da quella sera i genitori non vennero più a confidarsi a casa nostra e ripresero a chiacchierare per telefono come una volta.
I nostri padri si vedevano a lavoro e il mio portava le notizie a casa. Hongbin a quanto pareva non era più un problema per loro.
 
Con un peso sulla coscienza rimosso anch’io me ne disinteressai, ricominciai a uscire con gli ex compagni di classe che non vedevo da molto tempo e non mancarono le solite cotte per alcune ragazzi. Mi fidanzai anche, lei era bella, solare, trasmetteva gioia e ovviamente come tutte le coppie non mancavano i momenti di intimità… ma… c’era qualcosa che mancava…non sapevo cosa ma sentivo un blocco, una mancanza che mi impedivano a pieno di godere la relazione con lei.
 
Passarono i mesi e arrivò l’autunno. La relazione con Hyuna non aveva funzionato proprio per questo dettaglio ma non me l’ero presa con nessuno, semplicemente continuavo a vivere tranquillamente.
Hongbin era ormai solo il nome del figlio di un collega di mio padre niente più e niente meno. Si, c’erano dei momenti in cui riemergevano i ricordi, d’altronde non si possono cancellare diciotto anni di vita solo per un amico, ma si finiva sempre con una risata e non ci facevo caso. O per lo meno sembrava che non ci facessi caso… ogni volta che si parlava di Hongbin non dormivo bene, sognavo dei ricordi confusi e prendere sonno era un’impresa disumana.
 
Finche non arrivò quel giorno, allora tutto cambiò…
 
Avevo iniziato l’universita ed ero nel piano del primo semestre, mi trovavo bene, non avevo voti eccellenti ma me la cavavo e poi con quello che studiavo il pomeriggio non mi potevo lamentare.
Mi ricordo bene quel giorno, pioveva come no avevo mai visto prima avevano pure allertato per forze dell’ordine in caso di tempesta. Con la fortuna che mi trovavo non pensai neanche di portarmi l’ombrello e l’unico riparo che avevo era la mia borsa di pelle.
 
Mentre tornavo da casa notai una strada familiare ma non riuscivo ad associarla con nulla, c’erano due grandi edifici tra cui uno era una scuola che avevano chiuso proprio quell’autunno per via di inflitrazioni dal tetto che dalla mia distanza si mostrava abbondantemente sfondato.
La pioggia non voleva proprio saperne di smettere anzi era diventata ancora più intensa, dovevo sbrigarmi e riuscire a bagnarmi il meno possibile. Notai la presenza di un bosco dall’altra parte della strada.
Le foglie erano ancora sugli alberi quanto bastava per impedire all’acqua di passare ma il loro bel verde aveva ceduto il posto ad un incotro tra il rosso e l’arancione creado comunque un’atmosfera suggestiva.
Notando come casa mia era esattamente dall’altra parte del bosco non ci pensai due volte ad avventurarmi.
Proprio dopo aver passato i primi due alberi noto un’incisione: “Hongbin, Hyuk”.
E li i miei ricordi tornaro a galla: la scuola, il bosco, la scritta tutto.
Presi due minuti per ricordare ma cerca di sopprimere tutto. Non potevo, ormai era troppo tardi. Continuai e intravidi qualcosa fuori dal bosco, non distinguevo cosa ma sembrava un busto, i colori innaturali spiccavano con il marrone dei tronchi. Capii che fosse una persona e sembrava non avere un’ombrello ma nonostante ciò rimaneva li dov’era. Mi avvicinai silenziosamente ma non fui abbastanza bravo e mi feci riconoscere. Si girò di scatto come a vedere chi fosse. Era Hongbin.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Un nuovo inizio ***


Appena mi vide si alzò, noncurante della pioggia, e mi venne in contro. Non corse, non si era ancora reso conto della mia presenza e i suoi occhi erano spalancati e cominciavano ad arrossarsi.
Quando mi raggiunse cercò di abbracciarmi ma io indietreggiai in rifiuto.
“Che sai facendo qui?” chiesi con un tono tra lo stupito e lo stizzito “guardati, sei zuppo. Vieni che ti porto a casa!”.
Feci per voltarmi che lui mi prese una mano e mi girò verso di lui.
“No! Adesso tu mi ascolti!” disse quasi urlando “So di aver sbagliato baciandoti ma hai frainteso tutto!...”.
“No invece, ho capito benissimo! Tu vuoi la tua vita e io ho la mia! Certo che le parole serebbero bastate!” lo interruppi.
“Io voglio una vita con te! Come hai fatto a fraintendere così i miei gesti, non si vedeva come mi comportavo quella sera al luna park? Tu pensavi che volessi allontanarti?”
 
Quelle parole furono come un fulmine in quella tempesta. Cosa? Con me?
Nonstante ciò continuai a controbattere: “E la vita che abbiamo sognato? Anche tu vuoi una moglie, dei figli! Non ti tocca minimamente? Sai che queste cose io non te le posso dare! Come tu non puoi darle a me! Io ho solo cercato di proteggere entrambi!”.
“Ma io non voglio più quelle cose, dopo diciotto anni di amicizia sento come se dovesse nascere qualcosa in più! Non posso vivere senza di te! Ho aspettato che venissi qui tutti i giorni ho persino ingannato i miei genitori con la scusa che tu stesso hai inventato!”
 
Li vidi parte dei miei problemi risolta, finalmente avevo capito le intenzioni di Hongbin che lo avevo ridotto ad aspettarmi sotto la pioggia senza la sicurezza che sarei venuto. Allora il problema fu un altro.
Io? Cosa dovevo fare?
 
Davanti a me divergevano due strade: da una parte avrei vissuto una vita serena come l’avevo sempre sognata, con la donna che amo, con i figli che desideravo da tempo e dall’altre si apriva una nuova avventura con quello che era stato il mio miglior amico dalla nascita e che ora avrebbe fatto di tutto per stare al mio fianco.
 
In quel momento non mi tenni dentro nulla. “E io? Pensa a me? Non so più che fare!”.
Hongbin si avvicinò a me e mi disse quasi sospirando: “Spero che ti chiarisca le idee”. Poi mi prese con le mani la vita mi spinse verso di lui e mi baciò, si ancora, ma sta volta fu diverso.
Aveva ragione, adesso vedevo chiramente. Mi lascia andare in quel bacio. La pioggia continuava a scendere ma non importava nulla.
Misi anch’io le mie mani attorno a lui e strinsi forte.
Faceva freddo con quella pioggia che picchiava dura e gelide sulle nostre spalle, eppure nn poteva spezzarmi, né piegarmi perché le braccia di Hongbin mi tenevano saldo, attaccato al suo corpo, che mi parve in quel momento fin troppo caldo.
Era bollente.
 
Sentivo il suo petto alzarsi ed abbassarsi affannosamente ogni volta che le nostre labbra cambiavano posa, bramose e insaziabili le une delle altre.
Le mie dita si infilarono fra i suoi capelli, mi sentii come un albero che affonda le radici nella terra bruna e fertile.
 
I miei occhi si fecero umidi, no! Nn potevo piangere! Ero o no un uomo?!
Sì lo ero, e lo sono tutt'ora. Però avevo trovato la felicità, semplice com'era mi colse alla sprovvista che dovevo buttar via con quelle lacrime diciotto anni di cecità.
 
Avevo ritrovato la mia luce, com'era bella. Ero lì, con il mio Hongbin.
La testa era svuotata, perché tutta la mia intelligenza si era insinuata in ogni centimetro della mia carne a contatto con l'amore fatto persona.
 
Mi stupii perché ero innamorato, follemente. Mi avvinghiai ancor più intensamente a Hongbin. E lui, di contro si bloccò .
Mi sentii morire quando staccò la sua bocca dalla mia: il crudele fato mi strappò dolcemente una parte di me è la mia anima sanguinava copiosamente.
Ma Hongbin non si allontanò.
Rimase col naso adagiato sulla mia guancia e mi sussurrò “ti amo”.
Nn potevo resistere.
La mia pelle sotto la maglia vibrava al battito del cuore di Hongbin e  questo fremeva seguendo il mio.
Io inspiravo e mi riempivo di lui.
Lui inspirava e si riempiva di me.
 
 
Ero suo.
 
Arrivò il momento in cui ci dovemmo separarci, anche se temporaneamente.
Smise di piovere e le nuvole andavano a circondare il sole che le inondava di luce rossastra. Proprio come quella sera al Luna Park.
Sulla strada del ritorno provai come un’esperienza nuova che non avevo mai avuto prima. Tutto avevo trovato un senso: la mia mente mente era finalmente in pace e il mio cuore batteva all’impazzata, mi sentiro sicuro, libero. Sapevo che nulla ci avrebbe più separati  e che un nuovo sole era sorto sulle nostre vite.
L’ultima cosa che vidi quella notte fu un messaggio di Hongbin: “Buonanotte <3”. Allora sospirai tra le coperte del letto “buonanotte anche a te”. 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** BONUS 1 (re-uploaded) ***


Era mattina, lo sapevo perché sentivo il sole riscaldarmi la pelle fuori dalle coperte. Dopo quel bacio con Hongbin le mie notti erano tormentate da incessanti veglie alternate a momenti inquieti di incoscienza. Me ne stavo lì accoccolato sul cuscino, ad occhi chiusi: avevo infatti troppo sonno e attendevo che la sveglia suonasse. Alla fine questa lanciò il suo grido. A fatica mi rizzai seduto e mi strofinai gli occhi.
 
Ora sarebbero seguiti doccia, vestiti, colazione e scuola, ma no! No, quello non sarebbe stato un giorno come gli altri e lo capii quando mio padre entrò di soprassalto nella mia stanza, aprendo la porta con un colpo. Sembrava avesse corso una maratona, sudato col fiato e la cravatta annodata male. “Hyuk che fai ancora lì?! Presto alzati! No no! Nn ti alzare! Sei nudo?”
“Papà, ma che dici?! Io nn dormo nudo!”
“Beh sbrigati! Infilati qualche cosa addosso, anzi no! Scegli il completo della domenica, quello con il pa... “
E continuò a blaterare, correndo di qua è di là per la stanza, afferrando scarpe e camicie a caso. In un batter d'occhio mi ritrovai di cattivo umore e con la camera sottosopra.
 
Mi grattai la testa confuso “Ma si può sapere che succede stamattina?” borbottai. Mio padre si fermò di botto, mi guardò con gli occhi sgranati e più pallido che mai sputacchiò dicendo “ma come! Nn lo sai?!?  - certo che no! Come facevo a sapere! Che dovevo sapere?!  - I genitori di Hongbin sono qui! Tua madre sta servendo loro il tè e Hongbin è con loro!”  Mi sentii mancare. Cosa?? Hongbin a casa mia? Alle sette e ventitré minuti di mattina? E per di più con i genitori?
 
Mi conciai come poeti e andai in salotto con papà. Nn riuscii ad alzare lo sguardo quando entrai, nn volevo mostrare il volto paonazzo: il ricordo delle labbra di Hongbin sulle mie era ancora troppo forte...
La madre di Hongbin mi spiegò come il "fragile bimbo suo" avesse preso un raffreddore tremendo e lei non sapeva spiegare come potesse essere successo - e guarda un po', io invece lo sapevo!- Aveva addirittura qualche linea di febbre. Lei è il marito dovevano andare a trovare una zia lontana a Sapporo “non possiamo lasciarlo da solo! E quindi avevano pensato a me.”
 
I miei dissero che nn avevano nulla in contrario, quindi mi ritrovai in compagnia di Hongbin: eravamo soli a casa mia, lui disteso nel mio letto, un piumone addosso e uno panno umido appiccicato sulla fronte; io ero seduto accanto a lui. Nn mi staccava gli occhi di dosso e sorrideva continuamente.
Il silenzio fra noi due diventava sempre più insopportabile ad ogni ticchettio della sveglia. Mi andavano a fuoco le orecchie.
 
“Adoro il modo con cui aggrotti la fronte quando nn sai cosa fare” quella frase mi entrò nella testa come un fulmine! Davvero ero un libro aperto, facile da leggere e sfogliare a piacere?? Cercai di contrarmi su qualcos'altro! “Tu piuttosto! A casa per uno stupido raffreddore! E soprattutto nn nella tua casa! Dì la verità, nn hai veramente la febbre, nn è vero?” dovevo liberarmi della vergogna che avevo dentro e l'unico modo in cui ci riuscii fu trasformarlo in rabbia.
 
Hongbin rimase impressionato “Waaa!  - mi puntò un dito contro -  come hai fatto a capirlo?” mi prese alla sprovvista “eh, ecco... Il tuo naso... Sì, nn è ros... E comunque nn importa!” incrociai le braccia stizzito!
“L'ho fatto per te” mi girai verso di lui “Cos... .!?” “Lo sai quanto mia madre sia apprensiva, così ho messo il termometro a contatto con una lampadina accesa e... Non ha funzionato molto, ma lei ci è cascata lo stesso” che cosa aveva fatto il mio Hongbin? Mi chiesi mentre lui ritornò a sorridere. Mi prese la mano con gran slancio e conficcò gli occhi nei miei “Io ti voglio, tutto” mi baciò la mano ed io entrai in panico! Cosa dovevo fare?
 
Hongbin si allungò verso di me, mi baciò la guancia, dal mento fino a raggiungere l'orecchio, nel frattanto mi reggeva l'altra guancia con una mano. Poi mi baciò il collo. “uh, tremi come una foglia” sghignazzò compiaciuto. Dannazione, se ne era accorto. Fin dove voleva arrivare il mio Hongbin? Prima il 'ti amo', il bacio ed ora tutto questo! I dubbi si trasformarono in paure! Avevo lo avevo già fatto con un paio di ragazze, ma... Con un ragazzo! E nn con un ragazzo qualunque, con il mio Hongbin! No, non potevo farlo!
 
Le sue mani furono la tentazione che mi fece cedere.
 
Hongbin continuava a baciarmi il collo mentre con le mani sembrava voler scovare gli angoli più nascosti: prima le spalle, poi il petto. Mise la mano sinistra sotto la maglietta mentre con la destra mi accarezzava il polpaccio e nn ci mise molto a passare dal polpaccio alla coscia. Mi pareva di andare a fuoco ed ogni punto che Hongbin sfiorava diventava più sensibile e caldo.
 
Cominciai a sudare e molto, avevo le mani terribilmente umide, ma non ero l'unico. Quando Hongbin mi prese per un braccio per gettarmi sul letto sentii le sue dita scivolose sopra la maglietta. L'imbarazzo era troppo così lo guardai di sfuggita, ma abbastanza per rendermi conto di quanto le sue labbra era diventate rosse...e carnose... Erano così belle, sembravano chiamarmi... Come un fantasma mi avvicinai a loro è le morsi, sapevano di Hongbin. Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
 
Hongbin mi rigettò con forza lungo, mi tolse la maglietta, ma non completamente, così che le mie braccia rimasero bloccate. Tentai di divincolarmi ma non ci riuscii. Hongbin mi leccava, ovunque, e la sentii, la voglia di sesso farsi dura e famelica. Hongbin mi slacciò i pantaloni con foga e il bottone si ruppe. Infilò la mano bollente sotto le mutande. “Hongbin!!!” cercai di gridare… ma tutto ciò che uscii dalla mia gola fu un mugolio soffocato.
 
Le carezze di Hongbin erano voraci, tanto da costringermi a buttare il collo all'indietro. Sembravo una corda di violino tesa, pronta a spezzarsi ad ogni contatto con la pelle di Hongbin. Non ci volle molto che anche lui fu nudo, sentivo le sue gambe tra le mie. “Hongbin Aspett...” infilò le dita tra le mie e le strinse forte, poi avvicinò la bocca alle orecchie e sussurrò “Hyuk non posso fermarmi, non ora... Fidati di me”. Avvertì qualcosa penetrarmi, gemetti! Provai un misto di dolore e sorpresa. Ben presto i sensi furono sconfitti dal piacere e percepivo solo l'amore della mia vita che mia avvolgeva completamente e l'eros ci aveva raggiunti.
 
“E se i miei fossero tornati da un momento all'altro?” fu tutto ciò che riuscii a dire dopo che finimo, mentre mi trovavo ancora tra le braccia di Hongbin. “Beh! sarebbe stato un buon momento per chiarire loro la nostra situazione>> “Hongbin!! Io dico davvero!” Hongbin scoppiò a ridere, poi aggiunse “sai Hyuk tu per me sei come le sigarette” mi butterai via dopo avermi usato - pensai- “Ne diventi dipendente e non ne puoi fare più a meno, anzi, le desideri sempre di più” detto questo Hongbin mi salì sopra di nuovo ci coprì on le coperte ed ogni tentativo di sfuggirgli, fu assolutamente, indubbiamente, inesorabilmente vano.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2703769