As the first time

di Stilistire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. The beginning ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. The Real First Time ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. L'inizio o la fine? ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Siamo soli, insieme. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. Incomprensioni. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. About find ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. Capodanno Rosso passione. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. Verità ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. The Others ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Se la vita è un film, io sono i titoli di coda. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. Paradise ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. Le parole feriscono ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. The beginning ***


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Capitolo 1. THE BEGINNING



Cosa di sente la mattina dopo un sabato sera di sballo? Dopo la prima ed unica serata di sballo più precisamente? Ecco, bella domanda. Innanzitutto i miei neuroni non sono capaci di mettere in pratica due pensieri concreti da formulare. Le mie mani cingono la testa e massaggio le tempie, cercando un minimo di conforto in quei gesti. Cerco di ricordare, ma è così difficile che mi ristendo sul letto.

Okay, pensa Arianna, pensa...

Il lato positivo è che mi trovo in camera mia. Cazzo e i miei? Mi chiedo annaspando di terrore. Poi mi ricordo che per fortuna i miei non sono a casa perchè sono andati al funerale di un parente a Firenze, e ritorneranno in serata. Fiù!

Sollevo le lenzula e...cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo! Sono in intimo! Cazzo di nuovo! Perché sono solo in mutande e reggiseno? Oh, no... Non avrò mica fatto sesso con qualcuno che nemmeno ricordo? Di cui non so il nome e niente. Fanculo l'alcool. Potrebbe esserci stato Lorenzo, un mio compagno di classe invaghito di me da quando facevamo le medie; oppure Matteo, il fratello pervertito della mia amica Miriam; o per quanto riguarda il mio livello di lucidità quando bevo (nonostante l'avessi fatto per la prima volta) anche il mio acerrimo nemico, nonchè ragazzo della porta accanto e allo stesso tempo il compagno di classe più odioso e rompipalle di nome Davide, ma a cui non ho mai negato apprezzamenti sul suo fisico. Stronzo, maleducato, egoista e terribilmente affascinante. Un brivido mi percorre la schiena. Ma no dai, forse sarà stato un ragazzo occasionale proveniente dalla discoteca in cui stavo, il che era anche più squallido.

Spero vivamente che non ci sia stato nessuno di queste opzioni. Forse mi sono svestita io, ho appoggiato il vestito sulla sedia e mi sono messa sotto le coperte, forse mi sono immaginata tutto. Forse sono sudata perchè faceva caldo anche se è solo metà dicembre, forse la metà del mio letto è sguasto perchè mi sono rigirata nel sonno è non perchè un ragazzo sia sgattaiolato via prima che mi svegliassi.

Stai tranquilla, non sarà sicuramente successo niente. L'autoconvizione serve sempre no?

Mi alzo anche se traballo un po' su i miei piedi, vado in cucina e verso del latte nel tegamino per riscaldarlo, preparo il caffè. La testa è ancora su di giri, così prendo una Moment per far calmare un po' le acque. Ma come mi è saltato in mente di bere così tanto? Non è da me! Massimo che abbia mai bevuto è stato un bicchiere di spumante a capodanno un anno fa, ma ero ancora bella sobria. Il latte lotta nel mio stomaco che borboglia, così afferro dei biscotti in dispensa per farlo calmare. Sembra andare meglio.

Sono le undici di una qualsiasi sfigatissima domenica di metà dicembre e non ho niente per pranzo, che effettivamente sembra essere l'ultimo e il meno preoccupante dei miei problemi. La testa è ritornata a posto e cerco di ricordare, ma è come se avessi un enorme buco nero che non mi fa capire più niente.

I miei sono ritornati verso le sei, e non hanno sospettato nulla. Ho detto solo che avevo messo a lavare quel vestito - della sera precedente - perchè rovistando nei cassetti mi ero accorta che fosse macchiato. Mamma aveva un po' dubitato perchè non era da me preoccuparmi di cosa fosse in buono o cattivo stato, visto che sono figlia unica: cresciuta nel lessuo e sempre viziata da tutti. Vado a dormire con un unico scopo: dimenticare tutto - ma per quello a me servirebbe solo l'alcool - e ricominciare bene la settimana, perlopiù una settimana piena di test e verifiche prima delle vacanze di Natale.

Driiin....driiin...driiin...

La sveglia suona e il mio braccio che spunta fuori dalla coperta cerca in tutti i modi il bottoncino per spegnerla. Quell'odioso suono che ogni mattina mi fa saltare fuori i timpani dalle orecchie. Mi alzo con tranquillità, visto che punto la sveglia alle 6 precise e ho ancora un'ora per fare i miei porci comodi. Faccio una doccia calda, lavo i capelli e li piastro con accuratezza. Esco dal bagno, mi vesto e scendo in cucina per prendere la colazione, sempre fedalmente servita da mia madre, che matta quanto me, si alza sempre alle 5.30. Un ultima occhiata allo specchio di fronte all'uscita e via! Il lunedì inizia ufficialmente.

Prendo fedelmente le scale - perchè in ascensore incontro sempre quel coglione di Davide che devo sopportare perlopiù 5 ore al giorno a scuola - e con tutta tranquillità cammino fino alla fermata dell'autobus. Di quel coglione non c'è aria, nè in autobus, nè a scuola, fino a che non entra con permesso firmato alla terza ora. Io ho ancora la testa frastornata che appoggio comodamente al banco fra un'ora e l'altra. Tutto tranquillo finchè non mi rivolge la parola il coglione...che nervoso!

- Siamo ancora frastornati per sabato sera Villa? - Cooooooosa? E lui che ne sa? Perchè 'Villa' detto da lui è così ripugnante? Perchè il mio cognome, detto da lui, è così ripugnante? Perchè, lui che ne sa? Lui che vuole da me?

- Costa ma che vuoi? Tu che ne sai? Che sai eh? - sputo repentina senza nemmeno dargli tempo di replicare. Fremo ma ho paura. Potrebbe essere la svolta di quel sabato sera o la mia condanna. È strano che mi abbia parlato, visto che solitamente non mi rivolge nemmeno un 'ciao' quando ci imbattiamo davanti all'ingresso di casa o sull'ascensore. Ma vabbè, forse la domenica lo rende più socievole.

La prof di diritto arriva e ci zittisce tutti incitandoci a tornare ai nostri posti. Davide Costa si gira e con la sua lingua da serpe dice - Non ricordi nulla eh? - e torna al suo posto. C-cosa dovrei ricordare? Cosa è successo? Mi sento come in un incubo dove vuoi ma non riesci a muoverti, a parlare, ad urlare.

In una notte può succedere di tutto, lezione di vita n. 1​

La lezione nel bene o nel male passa. Non sono stata concentrata nemmeno un singolo minuto per pensare alle parole sputate fuori - a cavolo? - di Costa. Lui è un ragazzo molto bello, ma la sua bellezza é paragonata alla stessa quantità di testardaggine, sfrontataggine, maleducazione e fredezza che si possa concentrare in un ragazzo di 17 anni. Certe volte mi chiedo come a quest'età si possa essere così freddi e senza un cuore. Perchè lui un cuore non ce l'ha. L'unico gesto d'affetto che ho visto in lui in 17 anni - apparte quando sta con i suoi amici coglioni come lui, che diventa un'altra persona - è stato quando un anno fa mi sono fratturata una caviglia scivolando sul ghiaccio mentre ritornavo da scuola. Dopo aver riso mezz'ora nel vedere quella scena, lui, Davide Costa, mi aveva preso in braccio e mi aveva portato su per tutte le scale - visto che quei giorni l'ascensore era morto - e mi aveva condotto a casa mettendomi a letto. Da quel suo gesto sembrava intravedersi un cuore, eppure nulla. Continuava a non rivolgermi la parola. Così bhè, non ho mai approfondito nulla con lui.

Dopo ore infernali di lezione, il suono della campanella finale ci libera e come carcerati che intravedono la luce, sgattaiolamo fuori in pochi minuti. Il coglione e i suoi amici sono così veloci che li perdo di vista prima di chiedergli se lui sa qualcosa. Con Miriam ancora non ne ho fatta parola.

L'autobus é gremito di gente, tanto da non riuscire nemmeno a vedere se c'è Davide tra la folla. L'autobus è chiassioso e troppo lento per i miei gusti. La pancia mi inizia a brontolare e oggi per dispetto mamma fa l'orario continuato e non ritorna a casa per pranzo. Quindi vuol dire che non mangerò nulla di decente. Che bello!

Salgo le scale, e intanto le mie mani si affondano nelle tasche per cercare le chiavi che....che non ci sono! Fanculo, fanculo, fanculo! Come lunedì non c'è male, mi aspetterà una settimana infernale. L'ultima volta che ho dimenticato le chiavi me lo ricordo bene, visto che sono dovuta rimanere a casa una settimana dopo aver preso un 4 in matematica. Quando le dimentico succede sempre qualcosa di brutto. Quelle chiavi sono infestate!

- Mamma ho dimenticato le chiavi - cantileno al telefono mettendomi a sedere sulle scale. Rimane in silenzio per un po' pensando 'e quindi da me che vuoi?' . - Io non te le posso portare, ho un macello di lavoro -. - E io come faccio a mangiare? -. Scommetto che ha stravolto gli occhi al cielo, lo immagino. - Vai a mangiare al bar vicino casa, hai dei soldi? -. - Sìsì ce li ho.-. Ci salutiamo e riattacco. Quindi vuol dire che dovrò restare fuori casa fino alle 18,30 quando arriva mio padre. Con 5 gradi. Mhh...bene.

Mentre sbuffo ancora seduta sulle scale, vedo salire proprio Costa. Oggi non me ne va bene una giusta! Ma potrebbe essere arrivata l'ora di chiarire! I miei occhi si illuminano - d'immenso - . Mi passa accanto e non dice una parola. Un attimo prima che apra la porta, lo chiamo.

- Davide...- non dice niente. - Costa!- ma non risponde. - Davide Costa cazzo!- alzo la voce.

- Si può sapere che ti manca? -. Okay Ari, stai calma, se vuoi avere dei chiarimenti devi avere il sangue freddo e cercare di farlo ragionare, seppur molto difficile.

- Mi vuoi spiegare cosa sia successo ieri? Mi sembra di aver capito che tu sia l'unico a saperne qualcosa -

- Sei rimasta fuori casa - non è la risposta alla mia domanda!

- Sì, ma questa non è quello che ti ho chiesto! -.

- Meglio non chiedere quello che non si vorrebbe sentir rispondere..non te l'ha mai imparato nessuno? - in effetti ha ragione, ma non posso rimanere con tutti questi dubbi che mi navigano in testa.

- Ma io voglio sapere cosa sia successo, sai..-. - Ne sei sicura? - incalza con il suo ghigno cattivo che gli si disegna sulle labbra. Bellissime labbra. Uhhh..

- Ti sei ubriacata di brutto. Stavi male e ti sei vomitata sul vestitino -. Oh che schifo. - Poi mi hai pregato di portarti a casa, a letto -. Oh, no. No, no, no, no! Non è successo quello che penso io, no??

- Eh bhè...poi è successo -. Cado in una malinconia terribile. Io + lui + alcool + letto - vestiti = sesso. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Proprio con lui. Maledetta alchimia che provo verso di lui. Maledetta attrazione verso quel ragazzo ignobile. Lui si è approfittato di me quando ero incosciente! Figlio di buona donna!

- Quindi tu ti sei approfittato di me quando ero in uno stato di convalescenza! Non ci posso credere!- sbotto arrabbiata dandogli un pugno sul torace - peccato non aver mai fatto boxe - che afferra con la sua mano potente, al contrario della mia. - Villa non ti conviene giocare con il fuoco - .

- Tu mi dici di non giocare con il fuoco quando una sera fa mi hai scopato come se non ci fosse un domani? - mi chiedo anche io da dove venga tutto quel coraggio, visto la mia timidezza.

- Mi eri sembrata più che d'accordo! - si permette anche di ridire. - Davide cazzo, ero umbriaca! Non mi sono mai ubriaca e mi ritrovo a letto con te! Secondo te ci sarei venuta se mi sarei resa conto quello che stava succedendo? -

-Solo perchè non ti ricordi, altrimenti sono sicuro che vorresti il bis - sputa. - Anzi, forse dovremmo recuperare ora che sei sobria. Per me non c'è problema- continua. Secondo lui non me lo sono mai immaginato come qualcosa di più di uno stronzo vicino di casa? Con quello che si ritrova come fisico e quella faccia mista tra un Bad Boy e un angelo sceso in terra?

Ma che pensieri me vingono?

Infatti avvampo quando si avvicina pericolosamente a me e deposita un bacio con le sue calde e umide labbra sull'incavo del mio collo. Ma che fa?? Mi allontano da lui e respiro. O almeno cerco di farlo. Mi giro di scatto e scendo velocemente le scale, tanto ormai sono rimasta fuori casa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. The Real First Time ***


Capitolo 2. 



Sono ancora scossa da quel gesto che mi ha fatto venire la pelle d'oca in qualsiasi parte del corpo. Un gesto intimo, troppo intimo, molte offese e molte provocazioni. Mi stava forse offrendo di fare altro sesso così? Con lui, da sobria? Proprio lui, il mio nemico? Quello che ho sempre considerato un coglione appena ha scoperto l'esistenza del sesso e del suo amichetto dei piani inferiori? Il mio compagno di classe che non fa altro che correre dietro alla prima che passa solo per spassarsela?

Io non ero la prima che passa! Io non sono la prima che passa!

Cerco di rimanere tranquilla, anche se le dita picchiettano con frequenza il tavolino del bar. Cosa dovrei fare? Forse dovrei semplicemente far finta di nulla! Sarà stata solo una sbandata.

Fare finta di niente. Solo una sbandata.


Il mattino seguente, stessa routine e cerco di uscire di casa più in fretta possibile per avere più tempo per ripassare. Quasi sicuramente mi interrogherà e l'ultimo argomento non l'ho studiato abbastanza. Prendo l'ascensore per accorciare i tempi - e le fatiche - visto le tre rampe di scale del condominio. Mentre sto per premere 0 per arrivare al piano terra, una voce mi ferma. -Aspettaaaaa- e a mala voglia mi fermo.

Mi fermo ancora più contrariata dopo aver capito che quella era la sua voce. E lui era proprio Davide Costa, forse in ritardo. Ma in ritardo per cosa? Non sono nemmeno le 7.30! Entra, come sempre non saluta e premo 0. Rimango girata verso la porta e rileggo sempre le stesse cose: 'massimo 11 persone, in caso di calamità non usufruirne e bla bla bla'. Appena la porta si apre e io faccio per uscire, mi chiama. Prima di tutto perdo un battito, poi lo riprendo, respiro e mi volto. - Bei pantaloni Villa, ti fanno un sedere delizioso -. Mi giro di scatto e avvampo. Chiaramente se ne accorge, visto le mie guance che diventano rosse come pomodori. Cavolo!

Ma il coraggio - come le tette - non mi manca. Mamma da piccola mi diceva sempre: "Quanto coraggio in un metro e venti e di altezza!". E sono rimasta così. Allora alzo la testa e ribatto. - Non posso dire altrettanto dei tuoi...ti fanno anche più vuoto di quanto forse realmente sei- ammicco vittoriosa posando il mio sguardo proprio lì, nel suo cavallo dei jeans, per fargli capire che il vuoto da riempire sarebbe proprio quello lì davanti.

Cattiveria mod. ON!

- Villa, io non parlerei così...sabato sembra esserti piaciuto tanto! - e le nostre vicinanze si accorciano. - Non riuscivo a zittirti. Temevo facessi salire gli inquilini del piano inferiore- dice posando la sua mano sulla mia guancia e iniziando a disegnare dei cerchietti. Rimango immobile, i miei occhi si incontrano avvertitamente con i suoi ma li distolgo subito. - Non mi sembra giusto che tu non ricordi. Dovremmo rifarlo -. Brividi.

O mio Dio!

- Cos'è la tua, una proposta di scopamicizia? - dico con arroganza scostando la sua mano dalla mia pelle. - Potrebbe essere - risponde spavaldo con quel suo sorrisino sornione, ammiccante e terribilmente sexy, purtroppo. - Ma non hai nessun rispetto per gli altri? -. Sbuffa e risponde - Immaginavo Villa. Va bene, non ti disturbo più, puoi tornartene a giocare con le Barbie. Ma non innamorarti troppo di Ken, ok? - peccato che Ken assomigli terribilmente a lui.

Ma che credeva fossi una stupida bambina? Vuoi un'altra scopata con me? Ti devo dimostrare che non sono una bambina? Ok, facciamo sesso. Togliamoci questo sfizio - per la seconda volta - e poi chiuso.

- Va bene. Facciamolo. -. La sua faccia in quell'istante diventò un misto di stupore ed eccitazione (e credo anche ammirazione). - Mi stai prendendo per il culo? Non ci scherzare su queste cose - mi ammonisce. - Sono seria- dico alzando le mani come si fa davanti ai carabinieri. - Beh..allora stasera ho casa libera. Almeno fino alle tre di notte - dice con ancora lo stupore sul tono della voce.

Arianna fermati finchè sei in tempo! - Mhh ok - cerco di fare l'indifferente. - A stasera - continuo.

Ma poi come mi era uscito 'a stasera'? Avremmo dovuto passare tête-à-tête (o forse lui avrebbe notato solo le mie tette) tutte e cinque le ore di lezione. Ma  non sembrava averci fatto caso.
Quello era sicuramente un casino più grande di quanto mi potessi immaginare. Più grande di qualsiasi altro casino combinato in vita mia. Sapevo che mi avrebbe usata e basta, una stupida e illusa 'usa e getta'. È vero, tra noi c'era attrazione, l'ho capito quando ci siamo avvicinati la prima volta. Quando mi ha portato in braccio un anno fa fino a casa con la caviglia fratturata. Quando venni catapultata a terra da lui in palestra mentre facevamo pallavolo, rimanendo avvinghiati, tanto che la prof ci richiamò e i nostri compagni ci lanciarono frecciatine per più di un mese. 
Ma i nostri erano mondi diversi. Eravamo due persone uguali provenienti da mondi diversi. Un alieno potrà mai innamorarsi di un umano? In un pianeta senza vita, può esserci amore?

Con mia madre sono rimasta sul vago, dicendo che sarei andata da Mariam perché dovevamo 'urgentemente' finire un lavoro per la scuola e che quindi sarei ritornata a casa tardi. Per fortuna che io e Miriam abitiamo vicine! 
Cercai a fondo nel mio cassetto per trovare un reggiseno e un paio di mutandine che si abbinassero almeno un po', ma alla fine optai per un completo spezzato nero. Reggiseno con il pizzo e slip normali. Io non gli dovevo dimostrare niente. Non dovevo andare lì per farlo impazzire. Non dovevo vestirmi e acconciarmi per lui. Di lui non mi sarebbe dovuto importare niente. Tra noi era solo una notte, una notte di svago. 
Sfuggii da casa sotto gli occhi di mia madre che stava sparecchiando e mi catapultai fuori dalla porta. Mi attaccai al suo campanello finché non mi venne ad aprire. Sembrava sorpreso di vedermi lì. Forse dovevo assicurargli che rispetto sempre le promesse.
Io mi sentivo tremendamente a disagio, anche perché non avevamo mai comunicato e non si sa cosa stavamo aspettando. Insomma, volevo finire quella storia il prima possibile!
All'inizio eravamo impacciati, tanto che credevo che il Playboy facesse anche cilecca prima di iniziare, anche se questo non glielo dissi. Lui mi afferrò per i fianchi e mi portò vicinissima al suo corpo, appoggiandomi al muro del salotto. Le sue labbra vagavano prima con delicatezza ma poi con passione e sicurezza sul mio corpo. Dalle mie labbra che mordicchiava mentre riprendeva fiato fino al collo che in pochi minuti era dolorante per la sua insistenza. E io mi sentivo morire dentro! Ansimavo, gemevo di piacere ed eravamo solo all'inizio di quella disfatta. Le sue mani vagavano con le mie, le afferrava, le stringeva, poi le lasciava andare e lui continuava la sua corsa per tutto il mio corpo. Dei brividi mi scossero le schiena appena mi tolse la maglietta ed i pantaloni e rimasi in intimo davanti a lui. Lo so che non era la prima volta, ma da ubriaca persa non mi rendevo conto di quelle attenzioni. 
Ora le sue mani non avevano più barriere. Correvano sul mio corpo seminudo e io mi stavo decisamente sciogliendo sotto quei tocchi. Ero davvero da rinchiudere. 
Presi coraggio anche io e gli sollevai la maglietta. Venni irradiata dalla bellezza del suo corpo, il suo petto era tonico e muscoloso, anche se non troppo. Il fisico che avevo sempre desiderato toccare. E ora toccarlo era un sogno, anche se mi sentivo a disagio nel pensare a quello che stavamo facendo, ma in fondo non era stata la prima volta, no? Dovrebbe essere un sollievo (in teoria).
Mi prese in braccio, circondata dalla sue forti braccia, e mai smettendo di baciarci, mi portò in camera sua. Dedussi che fosse la sua perché era chiaramente da maschio, anche se aveva un fratello più piccolo di 14 anni. La Play regnava sulla camera, il suo grande amore. Poi la sciarpa della sua squadra del cuore appesa sul muro, un paio di vestiti sparsi qua e la', e dei libri - sicuramente non usati un granché - sopra la scrivania. E molti altri particolari probabilmente, ma in quel momento non ero molto lucida per osservare tutto ciò che mi circondava. 
Rimasi sorpresa nel vedere che non mi aveva ancora catapultata a letto per fare le sue cosine, ma continuavamo a baciarci appassionatamente. Lui appoggiato alla scrivania della camera e io davanti a lui, le sue mani che scorrevano da tutta la schiena fino al mio sedere, a goderci quei momenti.
Ci staccammo per un micro-secondo a riprendere fiato e mi fece quella fatidica domanda. - Ne sei sicura? - 
Non potevo dirgli di no, eccitazione a parte. Mi avrebbe continuato a chiamare Barbie verginella solo perché non ero andata a letto con lui. Ma io non andavo di certo a letto con chi mi capitasse, visto che era solo il secondo con qui avevo fatto queste cose. Anche se io l'ho sempre considerato il primo, visto quel carciofo ambulante che pensava solo a se stesso. 
Non risposi con nulla di concreto. Annuii e feci un suono che doveva risultare come un sì, ma che in realtà uscì molto più strozzato e vibrante di quanto pensassi. 
Aveva avuto il via libera. Mi fece stendere sul suo letto, io sotto il suo corpo che però non mi schiacciò o mi fece male nemmeno per un secondo. Con le sue mani appoggiate al materasso si sorreggeva, ora capisco da dove viene tutto quel fisico. Che lui sia un playboy non lo negherebbe nessuno, per questo durante la notte mi ero chiesta come mai avesse scelto anche me, che di particolare o particolarmente eccitante non avevo nulla. 
Poi vabbé, almeno per questa volta, vi risparmio i dettagli. 
Non me lo aspettavo così. Così delicato e quasi...dolce? Così dolce nel suo passatempo preferito? Così dolce con me? Oh suvvia, sappiamo tutti che non gli sono mai andata a genio un granché, anche se non so il motivo visto che non l'ho mai attaccato o considerato nella mia vita. A parte ora, ovviamente. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. L'inizio o la fine? ***




Quella sera sgattaiolai via quasi subito. Come negare che mi vergognassi. Almeno finché eravamo occupati ad eseguire le nostre cose, okay, ma poi, dopo aver finito, ero un po' nervosa ed agitata a trovarmi sotto i suoi occhi scrutatori mentre stavo cercando di recuperare le mie cose per la camera e per tutta casa. 
Una cosa era sicura. Quella notte non avrei di certo chiuso occhio. Non sono una persona particolarmente emotiva, ma per la mia personalità (e credo lo sarebbe anche per la vostra vostra) non è facile assimilare una serata così. 
Una bella pasticca di Valeriana avrebbe aiutato. La Valeriana ha un dono fantastico: da' tranquillità. E a me funziona benissimo, forse sono l'unica persona al mondo. 

La mattina seguente infatti mi svegliai benissimo. Avevo dormito come un bambino di 10 anni, ma quando ricordai ciò che era successo la sera precedente, avrei voluto sprofondare in letargo per giorni, mesi o addirittura anni. 
Dovetti concentrarmi su tutte le mie forze per alzarmi da quel letto, altrimenti mia madre mi avrebbe linciato, giá che ero stata a casa per un paio di giorni fingendo di aver dei dolori al ventre. Grazie mestruazioni, almeno per una volta!

Uscii di casa con calma visto che ero in ottimo orario, così mi presi la comodità - e l'ozio - di prendere l'ascensore. Le cuffiette dell'Ipod sulle orecchie e i miei occhiali da sole versione invernale. Il sole d'inverno mi sembra ancora più fastidioso, rispecchiando sulla strada bagnata. 
Quando sono agitata, la musica mi aiuta a riflettere e a cantare, anche se non mi esprimo mai ad alta voce, soprattuto in strade come quella, dove le persone potrebbero sbucare da un momento all'altro. Sulla mia testa rimbombano gli One Republic con la canzone "If I lose myself".
"Resto in piedi solo per vedere
Che tra tutti i volti
Il tuo è quello vicino al mio".
Mi giro d'istinto e trovo accanto a me proprio lui. Il coglione. Il mio amante per una sera. Davide Costa. 
Non accenna a ieri per fortuna, e lo ringrazio mentalmente. Quelle parole cantate sembrano così reali in quel momento. 
Aspettiamo l'autobus alla fermata insieme. Cosa che condividiamo da quanto facevamo la prima media. Con la coda dell'occhio intuisco che è girato dalla mia parte e mi sta guardando. Lo sento. Sento il suo sguardo. Sento la pressione che mi carica anche se non mi tocca. 
'Le sue mani che vagavano sul mio corpo. Il suo sguardo che fa lo stesso'. Mi sento in imbarazzo, va' che strano!
Faccio finta di non vederlo, di non notarlo, anche se sapevo benissimo le sue coordinate terrestri e l'allineamento del meridiano che passava sotto ai suoi piedi. Così entriamo in autobus e ognuno prende la sua strada (per dire ovviamente). Lui si ritrova agli ultimi posti con i suoi amici coglioni quanto lui - se non di più - che gli tenevano il posto ed io in piedi come un baccalà a chiacchierare con una vecchia amica delle medie che l'autobus non lo prende quasi mai. Parliamo del più e del meno, ma io con la testa non sono davvero lì a chiacchierare con lei. La mia testa sembra voler fare il riassunto di ieri sera.
Quelle mani..
Quello sguardo..
Quella penombra che ha nascosto milioni di sguardi..

A scuola rimango silenziosa, cosa abbastanza strana se ho accanto a me Miriam, l'amica più chiacchierona e pettegola che si possa desiderare. Ovviamente nota che sono strana, ma dopo essermi scaricata con uno "Sto bene.." ha capito che non era aria di approfondire, visto che di solito le parlo di tutto. 
Cerco di passare meno tempo possibile lì dentro: l'intervallo lo passo fuori, metto un piede dentro quella stanza solo per prendere la merenda e andare via come un razzo. Esco appena possibile tra un'ora e l'altra. 
L'ora della Santini capita a fagiolo. Insegna geografia e per ottenere un otto con lei mi basta davvero poco e poi credo di stargli simpatica. Mi manderebbe fuori anche se gli inventerei la scusa di essermi schiacciata un dito. Ma lei è così un po' con tutti. È una professoressa davvero fenomenale. Così colgo la palla al balzo ed esco. 

Vado in bagno: il rifugio di ogni ragazzo/a costretto/a a passare la propria vita tra quelle mura. Guardo la mia immagine riflessa sullo specchio e per la prima volta ammetto che non sto male. Sono una ragazza umile e modesta. Non mi vanto. Anzi solitamente mi sottovaluto e cerco di trovare un difetto anche nelle poche cose belle che ho. 
Un leggero strato di fondotinta tinge il mio viso, poi c'è l'eye-liner nero che da' forma al mio occhio e il mascara. Non mi trucco mai più di tanto. I miei capelli lunghi mi ricadono sulla spalla. Chiudo gli occhi e respiro, pensando che sta andando tutto bene e fin' ora mi sono preoccupata per nulla.

Appunto, FIN' ORA. 

La sua immagine si riflette dietro la mia. Lui sta dietro di me. Dentro il bagno delle ragazze.
Sbotto. -Ma che sei scemo? Esci subito!- 
- Shhhh zitta- mi mima con le dita. 
- Tu non sei normale, esciiiii!- dico più insistente. 
Poggia le sue mani sopra la bocca e mi zittisce. -Ti vuoi stare zitta- 
Okay, premetto che la paura che entrasse qualcuno e ci mandasse dal preside era nettamente minore del dispiacere che mi avrebbe provocato se lui se ne fosse andato. Maledetta alchimia!
Il suo corpo poggiava sulla mia schiena e io rimanevo immobile. Non riuscivo a mettere insieme pensieri decenti e con del senso.  Le sue labbra sfioravano i miei capelli, andarono più profondamente fino ad incontrare il mio orecchio, solo attenti da un po'. 
-Villa, voglio un'altra serata come ieri sera. E non so se mi basterà-. 
In quel momento ho imprecato in tutte le lingue possibili, tanto da dilettarmi anche in un arabo un po' storpiato. Lui non me lo aveva chiesto. Lui me lo aveva ordinato. Lui lo voleva.
Voglio. Voglio. Voglio. 
Eppure la sua voce risuonava come una supplica, come un'esigenza da esaudire. 
Io...io avrei voluto...io avrei voluto strozzarlo.  Ma non potevo competere con la sua vicinanza e i suoi muscoli. Mi avrebbe spezzato. Il cuore?
Sono sempre stata una tipa posata. Nei miei 17 anni non ho mai vacillato a dare una risposta. Sicura di me. Razionale ed intelligente. Capace di dare risposte sensate e sempre azzeccate nel momento giusto. 
17 anni buttati via dopo un vociare nell'orecchia. Un suo vociare, le sue labbra, le scariche elettriche che mi emana il suo corpo, le occhiatine complici che mi lancia. L'occhiolino. Le sue mani, la sua voce, il suo corpo, il suo viso. 
Ed ecco che sono così irrazionale da comportarmi come una ragazzina in preda agli ormoni. 
-Mmmh ok- la mia voce non é affatto convincente, ma è l'unica che mi esce. 

Maledetta me, ci sono ricascata un'altra volta. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. Siamo soli, insieme. ***


Capitolo 4. Siamo soli, insieme.

"...Quando ci si sente lontani dall’oggetto del proprio desiderio, si diventa incapaci di mangiare, di dormire, di concentrarsi su qualsiasi cosa. Ciò che conta, in questi casi, è solamente l’incontro successivo con la persona desiderata: al solo pensiero di incontrarla ci si può sentire euforici, felici, appagati. Eppure in molti casi la forte attrazione per una persona “sbagliata” può essere molto pericolosa e destabilizzante. Non a caso i greci ritenevano che l’attrazione sessuale fosse come un arma, un dardo, capace di bucare la carne e prendere possesso di un’anima, provocando il caos, sia fra gli umani, sia nel mondo degli Dei."

Quando non so più che pensare, che fare, che scegliere o che decidere - cioè quando in testa ho le scimmiette che suonano i piatti - mi rifugio nel magico mondo di Google e delle milioni di teorie che contiene. Aver notato di dormire di meno per l'agitazione, di andare in fibrillazione ogni volta che mi sta accanto, di voler scappare da lui per un contatto diretto - inutile visto che mi sorprende entrando in bagno -, non è rassicurante. E così, di punto in bianco potresti anche scoprire che sei malato. Così ho scoperto di avere la fobia dell'attaccamento: la costante paura di essere usati, abbandonati e di diventare solo un giocattolino di scorta. 

Come si cura: non c'è cura.

Quindi come una stupida bambina mi ritrovo a fare i conti con i miei scheletri nell'armadio. Che ahimè non è la maschera nera con sopra disegnate le ossa per Halloween, ma il mio caro amichetto - coglione, incompetente, nemico, amante e vicino - Davide Costa.

Un letto + un ragazzo + una ragazza - vestiti = eh, chissà cosa vuol dire! 

Quindi mi ritrovo di nuovo con lui, casa desolata ovviamente. Vestita per meno della metà mentre lui mi si spalma sopra come la marmellata adagiata sopra il burro della fetta biscottata. E in questo caso, metaforicamente, io sarei la fetta biscottata. Il mio Alter Ego - quello che di solito ha il compito di pensare, ragionare e fare la scelta giusta - è andato a farsi fottere. Così rimane la vera me, quella insicura con la faccia da dura, quella con la battuta sempre pronta e la stessa che non sa negare la sua intimità ad un ragazzo - anzi ad IL RAGAZZO visto che non mi ero mai sentita così con nessun altro - .

Poi c'è lui. La sua figura scolpita sul marmo al tempo degli antichi Greci. I muscoli perfettamente incassati al petto, come sono sempre piaciuti a me: né troppi e né troppo pochi. E già mi sciolgo a quella vita. Pensate un po' se quei muscoli sono a nudo contatto con la mia pelle, il mio petto e il mio seno. La sua pelle abbronzata dell'estate precedente, i suoi capelli castani mossi in una leggera cresta, il suo viso, i suoi occhi azzurri cenere che non avevo mai notato.

Ha degli occhi bellissimi. 

Ho sempre pensato a Davide come una figura contrastante, e questo non me l'hai mai lasciato conoscere veramente. Adesso che finalmente posso toccarlo, posso sfiorarlo sotto le mie dita, bhè, avevo proprio ragione. Il suo sguardo é da duro, il suo sguardo con la mascella quasi sempre serrata contrasta con l' espressione tranquilla mentre ride e scherza con gli amici. Le sue mani sono grandi e forti, ma allo stesso tempo decise, delicate e non troppo irruenti. E poi le labbra leggermente screpolate, ma allo stesso tempo calde e dolci sul mio corpo. 

Lui è l'opposto che mi ha sempre attratto. Il genere di ragazzo che si vede solo nei film e che ti immagini leggendo un buon libro. Lui è lo stereotipo che ho sempre sognato. 

Così finiamo per la terza volta insieme, distesi ed accaldati su quel letto. Le sue forme disegnate dalla luce che entra dalle tapparelle della finestra. Il suo corpo disteso accanto al mio. Le mie mani che non sanno dove stare, ed ancora una volta mi sento in imbarazzo. Così mi sorgono le domande esistenziali, che per me in quel momento non sono "Chissà se c'è vita in altri pianeti" o "Dio esiste?" , ma mi chiedevo se lui vedesse altre ragazze oltre a me. Non siamo fidanzati, certo. Però mi darebbe fastidio di scegliermi quando le altre sono occupate o di essere presa in giro insieme ad altre che credono - come me - di essere le uniche a fare questo giochetto con lui. 

Perché ditemi, cercatemi, contattatemi se non la pensate come me. Chi non vorrebbe essere l'unica/o per una persona? Chi non vorrebbe svegliarsi accanto alla persona che amiamo senza chiederci se ne siamo all'altezza? Se sceglierà noi per sempre? Se non verremmo rimpiazzate/i.  

Io sono così. Voglio essere l'unica, quella che viene cercata. Quella che viene desiderata, che viene scelta ogni giorno. Che viene guardata come se fosse la prima volta, come quando ci si innamora per strada e si vive un colpo di fulmine. Ma forse sono io a chiedere troppo...



Esco di casa con la stessa velocità di Beep Beep dei cartoni animati della Warner Bros. Sua madre sarebbe arrivata alle 5 visto che non era tornata per pranzo, così, alle 4 e 55 mi manda via di casa. Con 5 minuti io avrei dovuto recuperare le mie cose in giro per casa, vestirmi e sgattaiolare via. e per fortuna che suo fratello a casa non c'era quasi mai. Ma lui si sarebbe sempre potuto inventare che ero una sua amica!

CAZZATA! La madre ci avrebbe scoperto subito. Entrambe le nostre famiglie sanno che non siamo mai andati d'accordo. I nostri genitori invece, erano stati sempre buoni amici, da quando i miei si erano trasferiti in quel palazzo dove loro abitavano già e io avevo poco più di sei anni. Così le nostre famiglie si ritrovavano per il solito cenone di capodanno sedute sullo stesso tavolo. Io da una parte, lui totalmente da un'altra. 

Quest'anno sarebbe stato tutto più complicato. E il capodanno era sempre più vicino. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. Incomprensioni. ***




Capitolo 5. Incomprensioni.

- Dovresti trovarti un fidanzato. - botta secca sul mignolo del piede destro. 
- Cazzo! - urlo imprecando forze superiori. 
- È così strana questa idea? - incalza mia madre dalla cucina alterando il suo tono, non sapendo che il 'cazzo' era per il mio ditino del piede conficcato nella gamba del mobile. Il dolore è sempre atroce. Ma quel 'cazzo' non stava male nemmeno dopo la sua affermazione.
Ma una madre che ti dice queste cose, è davvero strano. Soprattutto se parliamo della mia, che ha sempre rinnegato un fidanzato per la figlia prima dei 300 anni. 
- Stai bene? Detto da te, è davvero strano..ehm no, impossibile! - dico dirigendomi in cucina. Strabuzza gli occhi al cielo, chiaro segno che io ho ragione ma non vuole ammetterlo.
- Ormai sei grande e sono sicura che ti farebbe bene. Stai sempre chiusa in camera a leggere, leggere, leggere e passi ore al computer. - 
- Mi piace leggere e sarei orgogliosa se mia figlia passasse ore con un libro in mano invece di andare mezza svestita in giro per la città! - dico sorseggiando un bicchiere d'aranciata fresca del frigo, troppo fresca in Dicembre. 
- Lo so, ma certe cose dovresti provarle a quest'età. - Oddio! Mia madre è ufficialmente entrata nella zona rossa! Mia madre sta parlando con ME, di SESSO. Anzi ne vorrebbe parlare.
-Mamma per favore. Non ne voglio parlare - dico con tono pacato e senza alterazioni, anche se mi sento in imbarazzo. Un po' di anni fa credevo davvero che mi avrebbe rinchiuso in Clausura. 
- È giusto che tu sappia, si sa che a quest'età..- 
-Mamma! Si sa che a quest'età si sa tutto, quindi so tutto e non mi serve nulla! Ho studiato educazione sessuale a scuola e li guardo anche io i film.- sbotto estasiata. Mia madre lascia cadere il discorso, anche se prima o poi, quando meno me lo aspetto o non starò in guardia, ritornerà più forte di prima a parlare di quell'argomento. Che io trovo molto imbarazzante per parlarne con i genitori! Soprattutto se conosco già tutto. Soprattutto se sapessero chi me l'ha insegnato. 
Come inizio giornata non c'è male, ma per fortuna oggi è l'ultimo inizio giornata prima della fine della scuola. Ebbene sì, domani iniziano le vacanze di Natale. Domani è la vigilia!
Dopo una settimana carica di compiti in classe, interrogazioni e di appuntamenti inaspettati, finalmente è tutto finito. Ancora 5 ore di scuola e poi siamo tutti liberi, fino al 7 di Gennaio. Io amo il Natale. È una delle feste che amo di più. I regali, l'alberello, le lucette, la città decorata, il torrone, la neve...ahhh!
Vado a scuola tutta pimpante per la prima volta. Non mi curo di niente e di nessuno. Ci sono solo io e la musica nelle orecchie, rigorosamente di Natale. Entro in classe e mi catapulto da Miriam e dalle altre ragazze che stanno all'angolo dell'aula per parlare dei regali di Natale, che ancora non ho finito di fare, sperando che qualcuno mi accompagni. -Ehi raga, voi avete finito a fare i regali? -. -Sì, e per quest'anno non voglio più sentirne parlare-. Risponde Silvia. - Io ci ho preso il raffreddore per stare sempre in giro.- risponde raffreddata Marta. - Basta regali..io non posso più uscire di casa dopo che mia madre ha scoperto il 3 in fisica.- dice Miriam. Così, rimango praticamente sola come un cane per finire a comprare gli ultimi regali. Io ho bisogno di una spalla che mi aiuti a decidere. Mi manca ancora il regalo per mia madre e mio padre, poi quello per la mia cugina preferita, con cui scambio regali da quando sono nata. È l'opposto di me: bionda, affascinante, sexy e viziata come me, ma lei nel senso negativo: lei lo fa notare in continuazione. Eppure andiamo troppo d'accordo. 
Nei regali maschili faccio schifo. Non ho proprio gusto. Il mio migliore amico é già partito per la montagna e così sono fottuta, e per di più c'è il rischio che mio padre mi tiri quello schifo che gli porterò a casa...me lo sento, questo Natale non riuscirà a far finta di farselo piacere. Non più, almeno. 
A A A Cercasi opinione maschile per urgente regalo di Natale. Ma si sa, sotto Natale non c'è mai nessuno.
Finalmente sono in autobus, l'ultimo viaggio di ritorno per un po'. Eccezionalmente riesco a trovare due posti liberi, dove in uno poggio il mio sedere, e nell'altro, stravaccata, appoggio incurante le gambe e mi metto a messaggiare al telefono. Sono immersa in un'ardua lotta contro il T9, quando senza nemmeno accorgermene mi ritrovo davanti Davide, assente dalla mia vista - dai miei pensieri - per tutta la mattinata. Incurante e con la sua cronica faccia da strafottente mi toglie le gambe dal sedile accanto e ci si siede lui. 
-Ma che cazz - mi fermo e dico a mezza voce per non risultare maleducata, visto le due signore che mi stanno davanti. - Va bene che hai il culo grosso, ma non così tanto da occupare due sedili! - 
Oddio. È arrivata la sua ora. Lo uccido. 17 anni ad ammirare il mio fondoschiena allo specchio distrutti così. E poi non ho il sedere grande. 
Forse capisce la mia faccia delusa, arrabbiata, viola, da schifo, come fosse stata presa sotto da un treno, paonazza. - Sto scherzando. È bello il tuo culo - dice infine, con la testa china ad osservare le sue scarpe, chiaramente in imbarazzo. Imbarazzato per la prima volta, da me. 
Non posso sorridere, anche se sulle mie labbra si vorrebbe disegnare un meraviglioso segno di felicità. Mi prenderebbe in giro per un mese. Capirebbe che ci è riuscito a fare breccia nel mio cuore. E se c'è una cosa che non voglio è di essere presa in giro. Non sono più quella bambina innocente che le può sentire di tutte. Questa esperienza mi ha fatto capire che più ti fai rispettare e più sarai rispettata. 
Così faccio finta di nulla e per tutto il viaggio rimango in religioso silenzio a guardare fuori dal finestrino, come se non vedessi quello che mi circonda da anni. Perché infondo è proprio così. Accanto a lui, le cose al di fuori di quel finestrino non sono reali e io non vedo niente. Il mio cervello non è lì con me. C'è rimasto solo quell'organo vitale chiamato cuore. Lui non parla e non mi parlerà. Sarebbe troppo orgoglioso da mostrarsi in pubblico a parlare con una sfigata. Perché lui mi ha sempre considerato così.

Appena metto fuori un piede dall'autobus inizia il temporale. Un altro chiaro segno che la sfiga mi assiste in continuazione. Corro come una forsennata verso casa, perché oltre ad essere tutta bagnata sono anche tutta infreddolita.
Sono comodamente sdraiata sul divano di casa da sola. I miei genitori ritorneranno alle 7 per delle commissioni e almeno posso godermi il silenzio tra quelle mura, che eccezionalmente sembrano essere ancora più spaziose. Ma ho un macigno sullo stomaco, e per la prima volta il coglione non c'entra nulla. Devo fare ancora dei regali. Soprattutto quello per il mio caro paparino, molto esigente. Ma per la prima volta il coglione potrebbe essere la mia salvezza. È per sempre un uomo - non esageriamo, ragazzo - e di queste cose saprà sempre più di me, no? Basta solo convincerlo... e una cosa che non giri attorno al sesso non sono sicura che riesca ad accettarla. 
Busso alla sua porta. Mi viene ad aprire sua madre. Imbarazzo pari al 100%. 
- Cara! - esclama entusiasta. - hai bisogno di qualcosa? - mi chiede dolcemente. Ma perché suo figlio non ha preso da lei?  - Ehm..potrei parlare con Davide?-. Scatta sul posto e risponde in men che non si dica. -Vado subito tesoro!-. Ma non è che questa penserà che siamo amici? Pff, noi amici. Dai, non è credibile!
Dopo un paio di minuti lo vedo venire alla porta. Ha in dosso solo una striminzita maglietta che gli mette ancora più in mostra tutto quel ben di Dio che possiede. Quando nonna diceva 'Non ci sono più le stagioni!' forse  intendeva proprio questo...
-Ehm..- esito. No, devo essere sicura di me stessa. - Devo chiederti una cosa - il mio sguardo si posa di nuovo sul suo fisico scolpito. Lui aspetta in silenzio che dica qualcosa, ma le parole non escono dalla mia maledettissima bocca! - Allora? Aspettiamo di riscuotere la pensione o ce la fai a dire qualcosa? - ecco, il solito comprensivo. Voglio vedere io se io ti avrei aperto la porta in intimo! Dai no! Che avresti detto? Solo che lui era vestito... ehm piccolo dettaglio. 
- Ho bisogno del sale! -. Ma che cazzo dico? Posso scavarmi una buca e scomparire per sempre? 
- E non l'avresti potuto chiedere a mia madre? Ti servivo io? - dice scomparendo dietro la parete dell'ingresso, per poi ritornare con il pacchetto di sale in mano. 
- Grazie. - ringrazio. Nemmeno lo usiamo tanto il sale visto che mio padre ha la pressione alta. 
Sta per chiudere bruscamente la porta quando con un agile gesto della mano la fermo. 
- Ho bisogno di te. Sono nei casini -. Mi guarda sbigottito. Forse 'essere nei casini' non è tanto azzeccata come cosa. Non è nemmeno credibile se detta da me... non sono mai stata nei casini. 
- Cosa ti serve? - chiede lievemente - ma solo un po' - preoccupato. Prendo fiato - e tempo - per come fargli la proposta. - Devi aiutarmi per fare il regalo a mio padre. Domani è vigilia e non ho uno straccio di idea.- lui si mette a ridere. Ma la serietà non gliel'hanno mai insegnata a scuola? 
- Che c'è? Non fa ridere, sono davvero fottuta. Sono minimo 8 anni che gli porto a casa regali schifosi e lui ha sempre fatto finta che gli piacessero. Quest'anno me lo lancia davvero! - dico ridendo da sola. Lui ride ancora.
- Forse non erano tanto male se non te li ha ancora lanciati in tutto questo tempo.- 
- Secondo te una cintura rosa con la fantasia serpente non era da tirare?-
- E allora perché gliel'hai comprata?- domanda fra un ghigno e l'altro. - Perché era di un bel rosa..- rispondo con gli occhi bassi, in imbarazzo. Non vuole smettersela di ridere. Si sta proprio divertendo! 
-Ok. Ma lo faccio solo per tuo padre. - chiaro, lui e mio padre sembrano fratelli. Alle cene di capodanno stavano sempre vicino come due piccioncini e appena se ne andava, mio padre mi chiedeva: "Ma come fa a non starti simpatico?" e si metteva a ridere di conseguenza. Ah... gli uomini. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. About find ***




Capitolo 6.

Così uno accanto all'altro ci ritroviamo per le vie di Roma. Le bellissime e affascinanti vie di Roma. Mia madre è nata a Roma, mentre mio padre a Milano. Così io sono un misto e certe volte non so riconoscere da chi dei due ho preso le mie caratteristiche. Sono così uguali che sembrano si conoscano da una vita, e grazie a loro ho capito cosa significhi Vero Amore. Mia madre si è messa più volte contro la sua famiglia prima di convincerli a trasferirsi a Milano da papà. Mi ha detto più volte di lottare in quello che credo, perché altrimenti non sarei qui ora. (E magari vi risparmierei questa stupida storia.) 

Mamma non ha mai dimenticato Roma, così quando sono nata ci siamo trasferiti qui. Certe volte mi lamento perché vorrei trovarmi a Milano dai miei nonni paterni (loro mi lasciano fare di tutto), per questo passo tanto tempo in treno per andare da loro appena posso. Mamma mi ripete sempre "A Londra, tranne il Papa, c'è tutto. A Roma, tranne tutto, c'è il Papa." la solita frase - che avrà letto in uno dei suoi libri noiosissimi - quando le ripeto che voglio viaggiare il mondo. Lei mi risponde sempre con questa frase. Anche se Londra, non c'entra nulla.

E adesso ritorniamo a noi. Davide mi cammina vicino e certe volte sono proprio io ad allontanarlo, perché la sua vicinanza mi fa paura. Non che sia pericoloso, ma per me stargli vicino viene la stessa sensazione di quando ti trovi a fissare il vuoto e hai paura di cadere. Anche se sai che non cadrai.
- Sai vero, che mi merito una ricompensa? - dice ad un tratto. Logico.
- Ancora non abbiamo combinato nulla, quindi qui per ora fai solo la presenza.- dico con arroganza. Alza gli occhi al cielo. 
- Sì, ma quando avremo trovato il regalo per tuo padre mi concedi una...- e prima di finire mi fa l'occhiolino. Oddio!
-Shhh Davide! Ci sono dei bambini!- dico notando due mostriciattoli vicino a noi con la rispettiva madre che ci sta fissando con un'espressione sconvolta e schifata. 

Signora, ha due bei bambini - non tanto bei..ma vabbè - non è che lei le gambe le ha tenute chiuse! Avrei voluto dire. 

Ci allontaniamo in fretta da quella situazione e lui scoppia a ridere. Quasi non riconosco più la sua solita freddezza. A Natale sono tutti più 'buoni'. 

Entriamo in un negozio unicamente maschile per trovare qualcosa di decente per mio padre. Spero che lui abbia più gusto di me per queste cose, altrimenti due persone che non sanno fare regali, insieme, è davvero la fine. 
-Tuo padre porta le camicie no? Potresti prendergliene una.- azzarda. 
-Non so la taglia.- dico.
-Come fai a non sapere la taglia? - domanda accigliato come se fosse la cosa più scontata al mondo da sapere.
- Perchè tu sai la misura del reggiseno di tua madre? - dico. - Touchè - continuo trionfante.
- Non siamo qui per prendere un balconcino per mia madre, ti ricordo-. Cavolo sa anche un modello di reggiseno! Il ragazzo a forza di vederne - di reggiseni - ora se ne intende. Uno dei vantaggi di essere un playboy. 
Rimango zitta perchè non so che ribattere e ha anche ragione. Ma io non gliela voglio dare. 
Passiamo da un negozio all'altro finché non entriamo in uno che almeno da fuori sembrava decente. E infatti una volta dentro, siamo riusciti a trovare una cintura e un portafogli abbinato, che non era niente male. Parole di Davide. Missione compiuta! 
Mi restano solo i regali per mia madre e mia cugina. Ormai l'ho fatto mio, visto che Davide continua a seguirmi come un cagnolino. Forse si è dimenticato che per quello che mi serviva abbiamo fatto. Ma per una disastrosa come me nei regali, non fa mai scomodo ricevere un 'aiutino'.

Entriamo da Intimissimi e la commessa mi guarda sorridendo, ma non ne capisco il perché. Posso pensare che non tutti gli uomini passino giornate intere in negozi come quelli - tranne quando comprano il completino sexy per Capodanno alle fidanzate - ma non è mica un ebreo, e non siamo nella Germania del '45. Vorrei chiedergli se può entrare o lo devo lasciare fuori come un cagnolino! 
I miei occhi puntano subito un completo fantastico adattissimo per mia cugina. È nero, scintillante e dovrebbe essere di una linea americana di cui ho letto in alcune riviste di moda. Solo che le taglie non sono come quelle italiane e prima di beccare quello giusto ne devo provare un po'. È comodo avere la stessa taglia di tua cugina per provarsi le cose. 
Provo il primo ed è chiaramente lento, fugge da tutte le parti. Il secondo mi stringe come il corpetto di una piratessa, ed è troppo stretto. Provo il terzo e tadan! Perfetto! 
-Sei...ehm..sei...- la sua voce mi appare alla spalla come il diavoletto nei cartoni. Mi copro istintivamente il seno con le mani. Vorrei saperlo anche io cosa appaio ai suoi occhi...
- Come se non lo avessi ammirato mai.- Ora la sua voce si è fatta più bassa e eccitata. Le sue labbra corrono sul mio collo. È una sensazione piacevole, ma non da provare in un camerino di un negozio, santo cielo!
- Senti Davide, digli al tuo amichetto che non si facesse strani pensieri. So che pensi più con quello che con quella scimmietta che hai in testa.- dico voltandomi. - Ora esci.- continuo con un tono da vera dura. Mi meraviglio di me stessa!
Fatto e finito pago ed usciamo. Non azzarda più a dire una parola e non lo fa perchè c'è rimasto male, ma perchè si è arrabbiato. La sua faccia con la mascella tesa vorrebbe tirarmi uno schiaffo.
Lui vive di sesso. Il suo ossigeno è ritrovarsi tra le gambe di qualche ragazza. Non sa stare al mondo con persone normali che non pensano 25 ore su 24 a fare quelle cose. 
L'arrabbiata dovrei essere io. Lui non mi può trattare come se fossi il suo giocattolino che trova in ogni momento. Vorrei dirgli che sono UMANA. Che se per lui è così normale andare a letto con una persona ogni 3x2, per me non lo è. E se lui vuole solo questo da me, può andare a trovarsene un'altra. 

Non se ne frega nemmeno dei miei ringraziamenti. Entra in casa sua e sbatte la porta, come se vorrebbe confermare ancora di più la stizza che prova verso di me. 
Sveglia Davide, sono abituata. Sono almeno 10 anni che mi tratti con questa stizza. Non capisco come una bambina avrebbe potuto farti sorgere questi risentimenti.
E vorrei capire come oggi tu ti permetti di crearne ancora.

Il mio morale è a pezzi, come se fosse stato spappolato da un treno in corsa. Tanto per cambiare.
Ma per fortuna le vacanze di Natale mi salveranno, almeno fin quando non è capodanno e tutti seduti sul tavolo di casa, mi toccherà passare l'olio - come sulla pubblicità - a quel coglione. 
-Non puoi sgarrare la tradizione!- disse mia madre un po' di anni fa quando le chiesi se potevo uscire l'ultimo dell'anno. Ma so che in realtà intendeva dire -Non iniziare a fare la figlia ribelle-. 
Quindi da una figlia bon ton che non va mai in discoteca e l'unica volta che ci è andata - sfruttando l'assenza dei genitori - è finita a letto con un coglione, non si aspetterebbe queste cose. 
Mamma mi ha voluto crescere in modo protettivo, anche eccessivamente delle volte, e non è mai un bene. Se non lasci scoprire il mondo ai tuoi figli, lo scopriranno sbattendoci il muso. Non puoi negargli le cose che si fanno ad una certa età, altrimenti passeranno la loro vita a scoppio ritardato, passando su delle tappe che sarebbero dovute essere oltrepassate.



Il Natale è passato da un po' di giorni, eppure sembra essere lontano da un pezzo. Le scorte di dolci natalizi sono già terminate, quindi sono dovuta ritornare alla colazione biscotti e thè, visto che panettone e torrone sono finiti. Che palle!
Non ho più parlato con Davide dopo quella scenata nel camerino. Ci siamo incontrati parecchie volte fuori la porta di casa, in centro e in ascensore. Ma non ci siamo mai rivolti una parola, o uno sguardo. Poi ho sentito per giorni scie diverse di profumi su per le scale, ragazze sempre diverse che entravano a casa sua da furtive, osservando come falchi se ci fosse qualcuno. Ma c'ero solo io che come una povera scema osservava la scena dall'occhiello del portone. 

La famosa cena di capodanno era proprio questa stessa sera. E noi non ci parlavamo. 
Mi chiedo perché quest'anno me ne dovrebbe importare qualcosa, visto che da dieci anni a questa parte non lo abbiamo mai fatto. Forse avrei voluto che fosse cambiato qualcosa, che quelle vicinanze tra noi abbiano migliorato il rapporto, ma non è così, e non lo sarà mai. 

Mamma è incessantemente in cucina da tre ore comode, a preparare chissà che. Amo la mia santa madre perché non mi chiede e non mi chiederà mai un aiuto in cucina. Non si farebbe mai vedere debole o bisognosa d'aiuto in una delle arti che le riesce meglio. E a me non dispiace affatto. 
Così passo quella giornata a darmi una "raccolta su" come dice mia madre. Quest'anno sembra anche più perfezionista del solito, tanto da voler rendere impeccabile anche sua figlia, cioè io.
- Mettiti il vestito rosso che ti ho comprato io, tesoro. - Non vorrai andare in giro per casa in pantofole! - Fatti i riccioli con il ferro, sembri una dea greca!
E così via, insomma. 

Così dopo due ore di preparamenti mi sento come una bomboniera. Direi che mia madre è molto più brava di me in fatto di moda, visto lo splendido vestito che indosso. È rosso, scintillante, ricamato di veli e trasparenze. È davvero favoloso, tanto da considerarlo sprecato per una stupida cena con delle stupide persone. Fatti o persone puramente casuali.
I capelli a boccoli castano scuro mi ricadono sulle spalle, senza nessun fermaglio o cerchietto. La mia chioma rimane libera. Sono sempre andata fiera dei miei capelli. Il mio è un trucco leggero, quasi inesistente se non fosse per il rossetto rosso che disegna le mie labbra.
Ai piedi indosso dei stivaletti neri bassi, con alcune borchiette. Un colletto di perle nere illumina i miei occhi scuri. 

Scendo le scale lentamente, vedendo gli occhi compiaciuti di mia madre e il suo sorriso disegnato sulle labbra. Mio padre è in vetrina a cercare chissà quale vino da abbinare alla cena, ma quando mi intravede esclama un: - Tesoro sei bellissima - e porta in salvo le bottiglie scelte. 
Mi siedo sul divano di casa a messaggiare finché gli ospiti non arrivano. Mando auguri di felice capodanno a tutti i miei amici, ricevendone altri in cambio. Anche se per me non sarà un bel capodanno, ma almeno ho la speranza di credere in un anno migliore. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. Capodanno Rosso passione. ***



Capitolo 7. Capodanno Rosso passione.


Driin driin.

No, non è una sveglia. Non è nemmeno il segnale che è arrivato un messaggio sul telefono. No, non sono io che gioco con le campanelle natalizie. È il campanello di casa. 

- Arianna vai tu - uno dei tanti riti di capodanno. Devo sempre essere io, ogni santo anno da quando abbiamo iniziato a fare questo tipo di cene e da quando ho iniziato a camminare. 
Apro la porta lentamente - come quando si ha paura di un'entrata irruente di un mascalzone - e faccio entrare i quattro moschettieri. Leonardo Costa, il capofamiglia; l'adorabile signora Stefania, madre di quei due coglioni; Jeremiah-non-so-se-si-scrive-così; e per ultimo Davide Il Terribile. Molto peggio dell'ultras serbo Ivan Il Terribile. 
Lo capirebbe chiunque che il mio sorriso è più falso di una borsa firmata a 50 euro, tanto che sono tentata di sbattere la porta in faccia a Davide prima che entri. 

- Stefania! - mia madre la saluta calorosamente con un abbraccio. - Prego ragazzi, accomodatevi - continua mia madre guidandoli nella sala da pranzo adornata di rosso. Mi potrei mimetizzare. 
Mio padre inizia a parlare di calcio con Leonardo e sarei tentata di andare a dire la mia, se non fossi stata già anticipata da quel coglione di Davide. 
Così rimango impalata in mezzo alla stanza con mia madre che sta facendo lo slalom intorno a me per portare in tavola i cibi e Jeremiah-non-so-se-si-scrive-così che mi si avvicina. Che vuole questo mostriciattolo?
- Wow Arianna, stasera spacchi - dice squadrandomi dalla testa ai piedi. Anni fa lo avrei preso come un complimento, ma non dopo aver conosciuto suo fratello. Il Dna da pervertito potrebbe essere lo stesso. Ragazzino in preda agli ormoni. Ma lo ringrazio lo stesso, poi lo sguardo mi capita involontariamente - oppure no - su di lui. Ma lui è così occupato a fissare lo schermo del suo Iphone ad non accorgersi di nulla. 
Ci mettiamo a sedere. Il tavolo rettangolare è un po' stretto, quindi dobbiamo sempre stare più stretti del solito quando ci sono gli ospiti. Sono così silenziosa che l'unica frase uscita dalla mia bocca è stata "Mi passi l'acqua?".
Il clima in casa è dei migliori. Tutti sembrano essere felici, e come biasimarli. È capodanno e ognuno spera nell'arrivo di un anno migliore. Invece io sono lì, come se fossi invisibile, nessuno sente la mia mancanza.
Ormai ho smesso di sperare in un anno migliore, visto che non migliora mai niente. Così l'unica cosa da sperare é che non mi arrivino le mestruazioni. 

Vorrei gridare che ci sono anche io in quella stanza, fra loro, che esisto. Ma mia madre se ne uscirebbe con: "Tesoro, non c'è bisogno di urlare." Quindi mi sembra inutile.
Anche se non riesco a vedere la mia espressione, sono quasi sicura che assomigli a quella di Davide. Ha gli occhi spenti, il viso che non lascia trapelare emozioni. Come se fosse stato trascinato lì con la forza, senza la sua volontà. 
Così anche le uniche due persone tanto simili in una stanza, si evitano.

Dopo il dolce Davide se ne va in bagno, forse per colpa dei vari vini in tavola. Anche la mia famiglia a Natale e Capodanno mi lascia bere un po', senza controllarmi. Forse perché sono più brilli di me.  
Devo cogliere la palla al balzo e andare a chiarire con lui. Come potrebbe migliorare un anno che inizia già male? Non si dice che chi inizia bene sta già a metà dell'opera? 

Così sgattaiolo via dal salotto, nessuno se ne accorge, un altro chiaro segno della mia invisibilità quella sera. Tanto in casa abbiamo due bagni, posso usare la scusa di esserci stata anche io.
Lo aspetto fuori dalla porta, così appena fa per uscire, lo spingo dentro, entro anche io e richiudo la porta alle mie spalle. Anche se c'è la luce spenta, sono sicura che ha disegnata una faccia confusa sul suo volto. Con la mano cerca di premere l'interruttore della luce, ma glielo nego. Al buio, senza vedere chiaramente il suo sguardo è più facile parlare. 
- Mi eviti come la peste per l'altra sera in camerino? - chiedo con tono pacato. Sembra non ribattere, poi se ne esco con un - fammi uscire - . No caro, questa volta parli e chiarisci con me. 
- Non mi parli, non mi guardi, chiami ragazze nuove ogni giorno a casa tua, eviti ogni sguardo perché non ti ho fatto vedere le mie tette? - il mio tono è aggressivo, ma non troppo alto, visto che potrebbero sentirci. - Quanti anni hai, 12? Sei come un bambino che vuole la palla appena gliela freghi anche se non ci gioca è? - 
- Smettila.- dice. - Non voglio parlarne.- 
- Ma io sì, ok? Sono 10 anni che mi eviti, e per il primo anno che abbiamo un tipo di rapporto, anche se strano, complicato e fatto solo di passione, è pur sempre uno straccio di rapporto. E io...- il mio coraggio è spezzato dalle sue mani su i miei fianchi. Dai suoi occhi che sono a stretto contatto con i miei. Dalla sua bocca sulla mia che blocca ogni flusso di parole. Lui mi sta baciando.
Sta risolvendo tutto con un bacio. 
Con un bacio che sta diventando sempre più profondo, più intimo. Le sue mani che corrono sul mio corpo, le sue braccia che mi stringono e mollano la presa. La sua mano destra - o sinistra, non sono in grado di cogliere certi particolare in certi momenti - mi alza il vestito e ci si insinua. Finisco a sedere sul piano del lavandino, con le mie gambe che gli cingono la vita e lui lì, in piedi a baciarmi e a spogliarmi. 

- Ti ho evitato perché non ce la faccio a resisterti - dice con la voce spezzata e ansante. - È diventato un problema anche solo starti vicino - continua tra un bacio e l'altro. 
- Allora perché non mi hai cercato?- cerco di raccogliere le forze in quel momento di intimità. - Perché ti portavi a casa troiette quando bastava bussare e chiedere scusa? - continuo. - Cazzo Davide, siamo anche sullo stesso piano.-
- Allora sei gelosa. - 
- Non sono GELOSA.- chiarisco. - Vorrei avere una minima certezza, anche se invana, che non mi stai usando solo per i tuoi sporchi giochetti. Che quando parli con i tuoi amici non mi chiami una delle tante.. Che fra 10 anni se ci rincontreremo non dirai alla tua ragazza "Guarda amore, quella me la sono fatta! Era anche la mia vicina!" - 
- Non sono così stronzo come pensi.- dice e poi ricomincia con la scia di baci sul mio collo. Ormai ha capito che servono per tranquillizzarmi. 
- Lo so, infatti lo sei anche di più.- ma mi arrendo alla sua presa, alle sue labbra che corrono incessantemente sul mio povero collo. Mi arrendo al momento e alle conseguenze di tutto ciò i prossimi giorni. 
Continuiamo così per altri veri minuti, che sembrano tanti, ma che in realtà non saranno più di 4 o 5. 
In quei momenti, in quegli attimi di ordinaria follia stretta dalla sua morsa, dalla sua passione unita dalla mia, mi sento felice. Di una felicità di cui non so niente. Non so quanto durerà, ma vorrei fosse infinita. 

Sbuuuuuum! Piuuuuuuuung! Sbaaaaam! I fuochi d'artificio. È un nuovo anno. É un nuovo anno che si apre all'insegna del sesso nel bagno con il solito coglione. Quel coglione. Quel coglione di Davide.

Sento che Davide non vorrebbe smettere nemmeno per vedere i fuochi pirotecnici che fanno una volta all'anno. Ma io prendo il controllo e smetto. La sua faccia è delusa e contrariata da quel gesto. 
Scendo dal lavandino, mi sistemo il vestito, gli prendo la sua mano calda e lo trascino con me. Non oppone resistenza. Apro il finestrone del bagno che porta alla terrazza e usciamo fuori per ammirare quello spettacolo di rumori e colori che illuminano il cielo notturno colmo di stelle.

- Abbiamo tutto un anno.- dico lasciandogli un leggero bacio a fior di labbra. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. Verità ***





Capitolo 8. Verità.

Non serve tanto sonno per non farsi seghe mentali prima di addormentarsi. Il segreto è avere una persona che ti faccia sorridere un attimo prima di andare a dormire. E se prima d'ora non l'avevo capito, ora so con certezza cosa significhi. 
Non dovete preoccuparvi. Arriverà una persona che vi salverà la vita, che ve la stravolgerà, che vi farà sentire per la prima volta davvero felici. Che vi farà addormentare con la mente libera, le labbra gonfie per i troppi - ma mai abbastanza - baci e innamorate. Ci sono 7 milioni di persone e se avete preso buca, non dovete sconcertarvi. La vita è come una partita di Golf. Non sempre la pallina raggiunge la buca, ma puntate sempre ad essere Tiger Woods. 
Me ne sono accorta tardi. Non ho mai condotto una vita come il campione di golf Tiger Woods. Mi sono sempre sentita quella con la medaglia di legno, che arriva sempre quarta, ad un gradino dal podio. E forse non sono cambiata, ma in questo preciso momento, alle 24.30 di un anno nuovo, con le sue spalle di fianco alle mie e i nostri respiri vicini, in questo preciso momento so che qualcosa sta cambiando. 
I cambiamenti non sono sempre ciò che ci aspettiamo e non so nemmeno che tipo di cambiamento ci sia nell'aria. Forse tutti questi pensieri ti vengono quando sei felice e vuoi per forza pensare a qualcosa che ti faccia apprezzare di meno il momento, così la delusione è minore se qualcosa va storto. E con Davide qualcosa andrà storto. Non so quando, né perché. Ma qualcosa dentro, me lo fa sentire. Ma ora l'unica cosa reale, del momento, che voglio, è solo una. E non saranno mille pensieri ad inizio anno che mi cambieranno la vita. 
Ricordate che solo i gesti vi cambiano la vita. E la mia vita stava cambiando, con le sue mani attorno ai miei fianchi, cercando di non farci scoprire.

Quella fu la notte in cui non pensai proprio a niente. Dormii beatamente e basta. Lo spumante aveva sicuramente aiutato, ma la mia testa era come se fosse stata svuotata e non era una cosa negativa.
Avevo la pelle d'oca anche solo a ripensare a ciò che ero stata capace di dire quella sera. "Abbiamo tutto un anno". "Se ognuno aspetterà l'altro." Avrei voluto aggiungere. 


Questa storia stava diventando troppo grande per non raccontarla alla mia migliore amica. E mi sentivo anche un po' in colpa per non avergli raccontato niente. Miriam e io siamo amiche da quando la mia memoria ricorda. Dall'alba degli inizi. Dal primo giorno di scuola. Da quando una bambina leggermente paffuta mi fece i complimenti  per lo smalto che avevo - messo da mia madre - quando avrò avuto sì o no 6 anni. E da quel giorno non ci siamo più separate, tranne quando litigavamo. Ma ero sicura che per ogni litigata, la nostra amicizia si stesse rafforzando. Fino a ciò che siamo oggi. Alla sorella che non ho mai avuto.
Il brutto di essere cresciuti e di essere diventati impazientemente grandi, é di aver paura a dire le cose. A raccontarle. Provare vergogna anche se non ce ne deve essere. Dovremmo imparare dai bambini ad essere spontanei, così digito il suo numero e la chiamo. Esattamente tre squilli dopo - come ogni volta - mi risponde.
- Devo dirti una cosa -.

Ci incontriamo nei giardini di Villa Borghese ed è impaziente e preoccupata di saper cosa le devo raccontare. Crede perfino che abbia una mattina terminale, o che sia incinta, o che me ne stia andando. Eppure é tutto molto più facile. Visto da fuori.
- Calmati! Eh...che io...e..Davide....insomma..siamo finiti insieme - rimane impietrita. Le passo una mano sotto il naso per capire se respira ancora. 
È viva. Ma non lo sembra.

- Oddio! Io pensavo che stessi per morire! Davvero, credevo che tu mi avresti lasciato per sempre...e io come facevo senza la mia migliore amica? - la solita vecchia Miriam.
- Ma questo non ti giustifica. Da quanto tempo voi due...scopat..?- le tappo la bocca con la mano.
- Shhhh - e mi volto attorno per vedere se c'è qualcuno.
- Hai la fobia della parola scopare? - mi chiede liberandosi dalla presa.
- No. Cioè fa brutto 'scopare' siamo finiti insieme un po' di volte..- 
- Da quanto tempo va avanti? - 
Faccio finta di non ricordarlo, ma eccome se ricordo tutto. Ogni minimo particolare, anche la data e il giorno. Ho segnato quel giorno sulla mia agenda, senza scrivere niente altro. Così avrei saputo da quanto tempo la cosa mi stava uccidendo. 
Fa mille domande, cerca di essere arrabbiata, ma non ci riesce. Davanti quel tipo di chiacchiere non può fermarsi per fingersi incazzata con me. Ogni tanto mi becco qualche insulto. Mi fa giurare che non l'ho detto a nessun'altra, e così è stato. Lei è l'unica che lo sa, e che mai lo saprà. Mi chiede come sia successo e gli racconto tutta la storia, per filo e per segno. Non ci siamo mai negate il piacere dei dettagli. Ovviamente non tutti i dettagli, la mia timidezza non me lo permetterebbe. 
Invece lei è così spigliata in tutto che certe volte sono invidiosa. Vorrei mettere su un po' di palle.


8 Gennaio. 

Anche le cose belle finiscono, hanno una data di scadenza. 'L'epifania tutte le feste porta via.' Ecco perchè l'ho sempre odiata quella vecchietta del cavolo. 

Il ritorno a scuola e alla stessa routine fa schifo. Mia madre che si alza per prepararmi la merenda, io che cammino come uno zombie alle 6.30 inciampando per mezza casa. Tutto normale.
E invece no.
Dovrò ritornare in classe con Davide, e questa cosa mi mette un'ansia inspiegabile. Cerco di non pensarci e affrontare il momento quando arriva, ma è difficilissimo.
Esco da casa e diluvia. E io odio la pioggia. Sono una ragazza solare e tutta questa umidità sta influendo anche sul mio carattere. Come dice quella canzone: "La pioggia è uno stato d'animo.." Ma al tempo, come al cuore, non si comanda. 
E nemmeno alla passione si comanda, l'ho provato sulla mia pelle. 

Io e Davide ci incontriamo - come sempre - sotto la pensilina della fermata dell'autobus. Non lo vedo all'istante, visto le molte persone che sono ammassate lì sotto. Ma quando lo vedo mi illumino. La sua bellezza, il suo fascino, la sua mossa da modello.
E come una cogliona non so che fare. Dovrei andare lì e salutarlo?
Ci siamo incontrati due volte dall'ultimo dell'anno, quando gli dissi quelle parole. Una volta a casa mia e una volta a casa sua, camere nostre. E in entrambe quelle volte, mi sono sentita apprezzata e ricercata, al contrario di prima. Come se fosse cambiato qualcosa in lui. 
Quando lui mi vede, si avvicina lentamente, come se fosse indeciso sul da farsi. Ma poi arriva da me. Mi saluta. Niente baci o abbracci. Certo, io e lui non siamo una coppia. Io e lui siamo una coppia al coperto. Una coppia che sembra esistere ma che in realtà nessuno riesce a vedere.

Come quando a San Lorenzo passi tutta la notte a guardare il cielo per una stella cadente sapendo che una ne passerà, ma tu non la vedrai. 
Illusione. 

Troviamo due posti liberi che affrettiamo a prendere. Non mi alzerò da qui per nessun vecchietto o sfortunato. Il mio sedile è il mio sedile.
- Allora...- inizia a dire, con un tono basso. Lo guardo in attesa di un continuo, ma non dico niente. Non ha mai avuto il bisogno di essere spronato in vita sua. 
- Non lo diremo a nessuno di questa nostra...ehm...tresca?- 
Ovvio. Non rovinerei mai la tua reputazione. Che figura ci faresti playboy?
- Certo - rispondo in tono freddo, indifferente. Come se la situazione non rivolgesse minimamente me. 
- È un problema per te?- mi domanda guardandomi negli occhi. Rimango catturata un attimo da quegli occhi così stupendi ma poi dileguo lo sguardo e faccio segno di no con la testa. 
- Certo che no- rispondo. Ma non ne sono convinta. 
Così la nostra conversazione finisce, e sono delusa. Io sono solo un segreto per lui. Un segreto che non va dichiarato. 

"Due persone mantengono un segreto solo se una delle due è morta". E in quel momento, l'unica persona a sentirsi morta ero IO. 

Passiamo 5 ore noiosissime a sentire sempre le stesse prediche. Quelle prima di Natale, quelle che verranno anche dopo Pasqua. Come sempre. 

Questa vita è come una fotocopia. Mi sento come una fotocopia fronte-retro a cui hanno sbagliato a stampare la seconda parte. 
Incompleta.



PROV. DAVIDE

Ero riuscito a dirglielo. Glielo avevo detto. Noi due non eravamo un bel niente fuori dalle nostre camere. Noi, per il resto del mondo, non esistevamo come 'coppia'. 
E ad Arianna non importava. Tono freddo e indifferente, come se quelle parole, quella situazione, fosse riguardata ad un'altra persona. E ne sarei dovuto essere contento. 
Eppure non ci riuscivo. Speravo che fosse d'accordo con me, eppure in quel momento mi ero quasi sentito mancare. Non aveva provato a ribattere. Lei non voleva niente da me all'infuori delle nostre camere. 
E ne ero rimasto deluso. Ero quasi incazzato. Ma perché? È il sogno di ogni adolescente. Avere una donna senza le conseguenze di essere una coppia.
Ma lei non era una tante ragazze con cui sono stato. Eppure riuscivo a trattarla come loro.
Per la prima volta in vita mia mi sono sentito stupido. Ma lei questo non lo saprà mai.

I miei amici mi aspettano laggiù in ultima fila. Dovrei togliermi questa faccia da cane bastonato e fare l'uomo. 
Appena arrivo Emanuele mi da' una pacca sulla spalla. - Ehy amico che hai fatto? - 
Ho ancora questo schifo di faccia? Che vergogna.
- Niente, non ho niente. - 
- Ma se hai una faccia.- continua Andrea. - Non avrai mica fatto cilecca con una delle tue ultime fiamme.- 
Vorrei spaccargli la faccia a quel coglione. 
- No. Ma smettila - 
- Amico, qui la cosa è più seria.- dice Stefano. - Qui qualcuno si è innamorato uhhhhh - continua quello stupido del cazzo. 
- Non è aria. Fatevela finita. Io non potrei mai abbandonare la mia carriera da dispensatore.- dico cercando di risollevarmi il morale. E di sviare una difficile verità. 
Loro sembrano credermi, e ci credo anche io. Davide Villa non è innamorato e questo non succederà mai. Non sarà Arianna o qualche altra ragazzina a far iniziare a battere questo cuore. A me batte solo un'altra cosa. 

Dopo delle ore interminabili di lezione post Natale, usciamo da quella topaia. Vengo catturato immediatamente da lei, che ondeggia la sua chioma castana per sistemarsi i capelli, come fa sempre. Chiacchiera con le sue amiche davanti al cancello. Lei, Miriam, Silvia e quella Marta. 
A quel coglione di Marco gli viene la brillante idea di andare dalle ragazze. È perfino più puttaniere di me.
- Dai amico muoviti, ora che hai la fobia della figa? - dice vedendo il mio passo stanco. 
- Che coglione che sei! - gli dico di rimando e seguendolo. 

Arriviamo lì e Miriam, Silvia e Marta si girano contemporaneamente. A Miriam esce una risata di scompenso vedendo la faccia di Andrea estasiata, Silvia ci guarda male e Marta rimane affascinata da Andrea, come sempre. Arianna nemmeno si accorge di nulla, sta scrivendo sul suo cellulare, probabilmente messaggi. 
- Ehy raga, questi pantaloni mi faranno anche il culo bello, ma in fatto di comodità zero! - poi si volta, vedendo che le sue amiche ridono visto che non si era accorta di nulla, visto che non si era accorta di noi. Non si era accorta di ME. Il suo sguardo è a dir poco sconvolto quando vede le nostre facce. 

- Hai ragione, ti fanno un culo stupendo. Me lo vuoi far toccare? Giusto per provare la consistenza! - quel coglione di Andrea ride per la sua battuta, come fa anche Marta. Gli lancio un occhiataccia e lui me ne rimanda una confusa. Come per dire: "Ma che cazzo ti é successo?". 

- Questo culo o lo guardi in foto e te lo immagini o te lo sogni proprio. - gli risponde Arianna. Questa ragazza ha carattere cazzo! Nessuno gli aveva mai risposto così.
Lui rimane male, poi mima un 'sisi' per avere l'ultima parola. 

Mi viene spontaneo guardare Arianna e per un attimo i nostri sguardi si incontrano. Gli sorrido per quello che ha detto, mi sorride di rimando e dilegua lo sguardo.

Arianna 1, Andrea 0.

Lo sguardo di Davide quando guarda Arianna e sorride: https://weheartit.com/entry/77376764





Spazio Autrice:
Dopo vari giorni, ritorno ad aggiornare la storia. È ambientata in inverno e quindi più o meno ci siamo! Visto questo tempo che non vuole essere bello! Ma è pur sempre estate!
Non è un capitolo venuto benissimo, e lo ammetto. Spero che la gif di Colton Haynes alias Davide Villa sulla storia vi piaccia. Ne metterò altre sparse per i prossimi capitoli! 
Se vi va lasciate una recensione, mi rende sempre felice leggere ciò che pensate!
E buongiorno!
O buonasera a chi la leggerà più tardi :)

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. The Others ***


    
Capitolo 9. The Others



Qualcuno ha detto che non è il caso, ma le nostre scelte a decidere il destino. 

E ora il destino mi stava trasportando, come la corrente che trasporta i corpi che galleggiano, ma non avevo né salvagente, né bagnino. Così sei in balia del vento, l'acqua nelle orecchie e la canzone del mare in testa. 

Piccolo problema: non c'era nessun mare. La mia corrente era una persona con un nome, un profilo e una vita precisa. Ma c'era lo stesso il pericolo di annegare. Annegare per sempre.

Il suo sorriso era maledettamente bello. Ma ancor più bello è il sorriso di chi lo fa solo per te, di chi sorride per te, e non per uno dei tanti. Di chi si gira, ti guarda, e sulle sue labbra si disegna una linea tonda, gli angoli della bocca in sù. Così capisci che quel semplice sorriso non è solo un sorriso buttato al vento, ma è proprio lo stesso vento che te lo porta, e fa sorridere anche te. 


Le vacanze di Natale sono finite da un po'. Così si ritorna alla solita noiosissima vita di sempre, con i libri in mano cercando di ricordare qualcosa che in vita tua non ti servirà ad un bel nulla. Tipo la matematica e i suoi 300'000 poemi. O le vergognosissime ore di educazione fisica. 

Ecco, proprio educazione fisica. Quella che stavo facendo in quel momento. 
Mi sentivo in imbarazzo, come al solito. La mia classe doveva dividere la palestra con un'altra. Quindi il doppio degli studenti. Il doppio dell'imbarazzo. 
Stavo in piedi di fronte a Miriam a chiacchierare del più e del meno cercando di scacciare via il rossore, visto gli occhi puntati di Emanuele della quarta B. Ogni volta che eravamo in palestra mi torturava con le sue occhiate e i suoi sorrisi, l'unica cosa che mi piaceva. 
Perché per il resto, mi stava proprio sul cavolo.
Poi quella era la prima volta dell'anno che indossavo i pantaloncini corti. Quindi mi sentivo anche più a disagio. 

Dopo una stressante - sotto tutti i punti di vista - partita a pallamano (unico sport a piacermi, visto che odio questa materia del cavolo) chiesi alla prof di poter andare a bere, visto tutti i giri su e giù di campo che mi ero fatta. Anche gli altri volevano abbeverarsi come sceicchi nel deserto in cerca di una fonte.
Corsi negli spogliatoi e mi dissetai. Fui la prima ad uscirne. Camminavo tranquillamente verso la palestra, quando mi sentii afferrare la mano. Mi girai di scatto e mi trovai quel sorriso.
- Ehi ciao! - era quel maniaco di Emanuele. Per un attimo prima di voltarmi credevo fosse Davide, ma impossibile: non mi aveva degnato nemmeno di uno sguardo. 
Ricambio il saluto, disegnando un piccolo sorriso per non sembrare del tutto indifferente. 
- È da un po' che ci penso...ti andrebbe di uscire una sera? - mi chiede speranzoso. Avrei voluto dirgli di no, ma un po' mi dispiaceva. Aveva sempre cercato di stingere amicizia con me, e gliel'avevo sempre negato. 

In quel momento esce dallo spogliatoio Davide, mi guarda, lo guarda, fa una faccia strana ed incomprensibile (una che non promette nulla di buono) e se ne ritorna in palestra. 
Così mi ritrovo ad annuire su una cosa che avrei escluso categoricamente. Allora perchè in fondo ne ero felice? Per vendetta? Per cercare l'attenzione di una persona specifica? Per cercare l'attenzione di Davide? 

E la risposta era SÌ. Sì a tutto.

Rientrai anche io in palestra e appena fui tra il gruppo, Davide mi fulminò con lo sguardo, poi ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano casualmente, lui cambiava espressione e diventava cupo. 
L'ora di educazione fisica finì nel peggiore dei modi. Mi beccai anche un calcio su uno stinco probabilmente non intenzionato di Camilla. Ero davvero esausta. Ma almeno sarei ritornata a casa. 

Sarei ritornata a casa non prima di aver discusso con Davide! Ma certo. Mi sembrava strano. 
Davide mi ferma prima di uscire, quando tutti stavano già alla fermata. 

- Ma che ti salta in mente? - mi chiede esasperato.
- Cosa avrei fatto? - chiedo arrabbiata.
- Hai intenzione di uscire con quel degradato della quarta B? Ma che sei scema? - 
- Ma come ti permetti? Sarai tu lo scemo. Non mi degni di un saluto o di un semplice sguardo poi vieni a farmi la predica? Non mi ha chiesto di sposarlo, mi ha solo chiesto se volevamo fare un giro, da amici.- 
- Sì, certo, da amici. Come no. Ti spoglia con gli occhi, immaginati che amico maniaco potrebbe essere. -
- Lo stesso che sei tu. Sei un maniaco anche tu con me. E con altre 300 troiette in giro. Quindi ora vattene e non venire a farmi la predica da fidanzatino. Sei tu che hai detto che non vuoi nessuna storia seria.- e così me ne giro l'angolo, lasciandolo lì. 
Cosa si aspettava? Lo aveva voluto chiarire lui. Noi non eravamo niente. Ed eccolo accontentato.
Lui non mi aveva guardato per tutta la mattina e si aspettava pure che non provassi a diventare amica con un altro ragazzo? Non sono di sua proprietà. Vorrei che lo capisse.


Presi il bus che passava sempre 10 minuti dopo, era quasi sempre vuoto e più tranquillo. Quello che mi ci voleva oggi era un grande dose di sana tranquillità. 
Infatti il bus era desolato. Solo io ed un altro ragazzo. Mi stesi su due sedili e abbandonai la testa sul vetro. 

- Giornata storta? - fa ad un tratto questo ragazzo misterioso, che non avevo mai visto. Ma c'é da dire che quel bus lo prendevo ogni morte di Papa.
- Di merda, direi. -
- Hai avuto dei problemi con il tuo ragazzo eh? - 
- No, macchè. Sarebbe stato tutto più facile a quel punto.- 
- Se ti va di raccontare la tua giornata di merda ad uno sconosciuto io sono qui. Tanto è più semplice esprimersi con una persona che probabilmente non vedrai più!- disse lui sorridendo. Era un bel ragazzo. Minimo un metro e settantacinque, capelli marrone scuro, carnagione olivastra, occhi verdi. Occhi particolarmente verdi. 
- Scusa, ma non ci tengo a raccontare la mia vita ad uno sconosciuto. - dissi con un pizzico di acidità. Che non si meritava. 
- Ok.- disse girandosi dall'altra parte. Forse si era offeso. Ma di solito non parlavo della mia vita ad una persona mai vista, sono sempre stata abbastanza chiusa e riservata. Ma in fondo aveva ragione, probabilmente non lo avrei più rivisto. 

- Ok, ok. Ma sei sicuro di voler sapere la mia situazionedi merda? È abbastanza merdosa. - dissi alzandomi e mettendomi a sedere su un posto di fronte al suo. 
- Non credo che superi la mia..- commentò lui abbassando gli occhi.
- Allora vediamo...da dove inizio? Ah, praticamente da dicembre ho uno scopamico. È il mio vicino di casa e compagno di classe con cui non avevo mai scambiato una parola prima di quel giorno. Sembrava andasse bene, ma credo di aver capito che mi piace..e tra noi non è solo sesso...ma solo da parte mia. Lui certe volte nemmeno mi considera. Un po' di giorni fa mi ha chiesto tranquillamente se per me fosse un problema rimanere nascosti. Come potevo dirgli di sì?- 

Il ragazzo non sembrava essere sconvolto e questo mi fece piacere. Non vedevo aria di giudizio nei suoi occhi. Mi stava solo ascoltando, come un buon amico dovrebbe fare. 

- Oggi a ginnastica un ragazzo di un'altra classe mi ha chiesto di uscire. Gli ho detto di sì perchè mi dispiaceva dirgli di no..ma non mi piace e non vorrei illuderlo. Ma quella situazione ha fatto esasperare il mio scopamico, che mi ha fatto una predica. Ma che voleva? Non mi aveva considerato tutta la mattina!- 
- Quindi hai accettato anche per vendetta? - chiede cercando di analizzare la situazione.
- Può darsi. E non è finita! Mia madre mi spinge a fare l'adolescente! Quando in realtà sono moooolto più matura. Tipo la madre di 'Una nerd Superstar'...non so se hai presente! E mi sono beccata un calcio in uno stinco! - concludo.
- È il mio turno. - dice lui.  - Ho appena mollato la mia ragazza sorprendendola con un altro: il mio migliore amico, a cui tirerò come minimo un bel pugno. Una settimana fa dovevo fare un provino per il Brescia calcio. Due giorni prima mi sono rotto un legamento. Provino saltato. Era da due anni che aspettavo quel momento, pensa quanto sia arrabbiato. I miei stanno anche per divorziare, perché pensano che uno tradisca l'altro con persone differenti. Come vedi, nemmeno io sono messo così bene..- 

- É arrivata la mia fermata che palle! - dissi guardando fuori dal finestrino. 
Gli porsi la mano. - Comunque sono Arianna! -
La afferrò e la strinse. - Gabriele - sorrise.
- Ci vediamo! - disse un momento prima che scendessi. 

Probabilmente non ci saremmo rivisti tanto facilmente, e magari ognuno avrebbe dimenticato l'altro. Eppure in quel momento avrei voluto mi stesse accanto. Come un vero amico. E niente più. Davide arrabbiato Davide arrabbiato. Gabriele (il ragazzo del pulman) Gabriele, il ragazzo del'autobus. Emanuele (quarta B)
Emanuele del quarto B.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. Se la vita è un film, io sono i titoli di coda. ***




“Avere paura di chi odi è sbagliato, 
quelli da cui ti devi sempre guardare sono quelli che 
consideri amici, quelli, quelli ti pugnalano alle spalle quando
 meno te lo aspetti.”


Capitolo 10
Se la vita é un film, io sono i titoli di coda.

- Come ti vestirai per la festa di compleanno di Rebecca? - Miriam aveva deciso che non ero abbastanza incasinata per non andare ad una festa, di una ragazza che a malapena conoscevo e con cui avrò scambiato massimo 10 parole in vita mia. 
- Mmhh quale festa? - dissi facendo la finta tonta con la testa fra le nuvole. In realtà non lo ricordavo per davvero. 
- Mi prendi per il culo Hanna? - era leggermente su di giri. Mi chiamava Hanna solo quando aveva un tono di rimprovero e ce l'aveva con me. Ahia!
- La festa di Rebecca del quinto. Sabato sera. La festa più importante dell'anno. La festa con le persone più fighe, probabilmente. Come fai a non ricordartene? Te ne avrò parlato minimo cinque volte!  CI SARANNO QUELLI DEL QUINTO! - ed ora immaginatevi i cuoricini su i suoi occhi. 

A me delle feste non era mai importato un granché. Ogni festa era considerata un modo di riempirsi d'alcool e trovare una o più persone con cui limonare l'intera serata. Era sempre una chiara occasione di riempirsi di guai. 
E io di guai ne avevo fin troppi.

- Miriam mi dispiace...ma non credo di venire.- In quel preciso momento incontrai proprio davanti a me gli occhi di Davide. I suoi erano occhi indifferenti e cambiarono subito direzione. Occhi di chi guarda come se fossero chiusi, come se fossero fantasmi. Occhi di chi non ti considera. E lì mi fregai.
-  È successo qualcosa con quello lì è? - mi chiede girandosi verso di lui, ma lui era già scomparso tra la folla.

I miei occhi si alzano verso il cielo, come mi succede tante volte quando penso a Lui. Sono giorni che mi ripeto che la mia è solo attrazione, o al massimo un cotta. Ma non mi convinco nemmeno da sola. 
Io provo qualcosa di più grosso di una semplice cotta. Quasi mi sembra un insulto chiamarlo solo così.

- Dopo che Emanuele mi ha chiesto di uscire l'altro giorno in palestra, mi ha fatto una scenata della madonna.- 
- Era contrario a farti uscire con quello lì? -
- Mi ha detto che non potremmo mai essere amici, Emanuele mi spoglia con gli occhi. Secondo lui. - 
- In effetti non ha tutti i torti..quello vuole uscire con te solo per usarti..poi Emanuele non regge minimamente il confronto con Davide..io nemmeno lo considererei. - Miriam espose la sua tesi come fosse così convinta di quello che diceva che gli avrei firmato un contratto. Era sempre stata una gran convincitrice lei. 

- Allora non è così diverso da Davide se vuole solo usarmi. Ti ricordo che lui mi ha portata a letto mentre ero ubriaca. Poi io ho accettato l'invito solo perché Davide non mi aveva nemmeno guardato.-
- Ari..gli uomini sono così. Quando hanno paura di non poter più controllare quello che provano, e non mi riferisco solo al gingillo di sotto, vogliono scappare, anche se non se ne vanno. - mi venne da sorridere. Sorrisi perché aveva usato la parola 'gingillo' perfettamente in una frase, e non era una cosa da poco. Sorrisi perché riusciva sempre a capirmi lei. Sorrisi perché potevo passare mille sciagure, ma lei continuava ad esserci. 

Lei mi ha fatto capire che non serve un legame di sangue per essere sorelle.

- Sai che c'è? Andiamo a quella maledetta festa sabato sera! - presi l'iniziativa e vidi gli occhi di Miriam magicamente illuminarsi. 
Mi strattonò per l'intero tragitto corridoio-classe per quanto era felice. Io il sabato sera preferivo una pizza e un bel film, magari da vedere accoccolati sul divano con il mio fidanzato.
Peccato che il dettaglio fondamentale - o alquanto importante - del fidanzato, mancava sempre.


È arrivato sabato. Col pensiero volevo allontanare l'idea, eppure sono già le sei e devo ancora iniziare a lavarmi. Sono stata a correre con Miriam. È una cosa che odiamo entrambe - correre - ma eppure se siamo insieme ci piace farlo, al parco con le paperelle che starnazzano e i vecchietti che stanno sempre a ciarlare. 

Dopo un intensa chiacchierata aggiuntiva al telefono con Miriam per le ultime conferme, e un rilassante bagno me ne vado in camera per vestirmi. Apro le ante dell'armadio e contemporaneamente - neanche a farlo apposta - si apre anche la porta della mia camera. 
Mia madre.

- Finalmente fai l'adolescente che va alle feste e cerca un abito sexy per far cadere ai suoi piedi i ragazzi più belli! - mi dice mia madre compiaciuta di ciò che sta vedendo. Eppure io non sono per niente così.
- È solo una festa mamma. E non sto cercando un abito sexy, sto solo cercando qualcosa da mettere.- rispondo io con voce tranquilla, anche se quando parla così mi fa sempre innervosire.
- Mi fa piacere lo stesso tesoro! Finalmente esci e fai vedere al mondo la bellissima persona che sei, e non solo esteticamente.- dice abbracciandomi forte. 
Mia madre è fatta così. Ti provoca, ti sfida, poi è sempre la prima ad abbracciarti e lasciare perdere la tua battuta. Mia madre è sempre la prima ad incoraggiarmi, e a quest'età tutti dovrebbero avere una persona del genere. Una persona che crede in te e ti fa sentire bella anche solo per un minuto, quando prima non ti ci sentivi nemmeno per quei 60 secondi. 
Se la perfezione non esiste, allora mia madre è la cosa più vicina alla perfezione che ci possa essere. La mamma é sempre la mamma.


Io e Miriam arriviamo a quella festa. Miriam saluta Rebecca con un entusiasmo tale fosse un'amica di vecchia data, mentre io mi limito a fargli gli auguri e a complimentarmi della sua bellissima - quanto enorme - casa. Posiamo il regalo che le abbiamo comprato insieme con il bigliettino dei nostri nomi scritti sopra. 
Ci sediamo nella penisola del divano insieme al resto della nostra classe.
Ricevo molti complimenti dalle mia amiche, ma anche dai miei compagni. Cercano di sbirciare nella scollatura e lo noto, ma la mia mano che si tocca costantemente - e nervosamente - la collana gli sta rendendo la cosa difficile.

Davide non c'è. O per meglio dire non è fra noi. 
Lui c'é ma sta con un'altra. Sta con una che non ha dei comunissimi capelli castani come i miei, ma li ha biondi scuro; non indossa un abito fin sopra il ginocchio ma ne indossa uno sopra la coscia. Sta con un'altra che non me non c'entra niente con me e che non sono IO. 

Allora mi arrabbio. Mi arrabbio di brutto, ma ancora una volta lo faccio nel modo sbagliato. Invece di dargli uno schiaffo e sputtanarlo per bene come fa lui ogni volta che non mi considera, mi ritrovo con tutta la mia rabbia dentro. 
E le guance iniziano ad inumidirsi di lacrime che scorrono lente, come il dolore che mi pervade nel vedere quella scena. Un dolore lento che ti entra nelle ossa. Un dolore che fa più male di quello fisico. Ti corrode, ti invade, ti spezza.   
E mi incazzo anche con me stessa, perché per un attimo lo avevo anche capito. "Forse ho sbagliato ad accettare quell'invito" mi ero ripetuta dal tragitto scuola-casa e fino ad oggi. "Forse Davide ha ragione, quello mi spoglia con gli occhi e lui per una volta mi vuole difendere perché ci tiene."
E pensare queste cose in un momento di debolezza e di rabbia, fa ancora più male. Avere davanti agli occhi la prova vivente che non ti saresti dovuta fidare.

"Perchè le persone se ne vanno e poi resti solo tu."

Quei pochi secondi in cui sono stata a fissare quella scena, sembravano essere diventati anni. Avrei voluto scappare a casa, ma casa mia era lontana minimo un quarto d'ora di macchina. Miriam era in chissà quale angolo a flirtare con un bel ragazzo e dopo essere stata chiusa in bagno per mezz'ora dovevo pur uscire. Avevo asciugato lacrime che continuavano a trapassare i miei occhi e vedevo dal riflesso dello specchio i miei occhi arrossati che non volevano ritornare al loro colorito normale. In quei momenti, in tutta me stessa c'erano segni di una vera e propria battaglia. Segni di una battaglia che non hai potuto combattere, ma hai perso soltanto.

Presi coraggio e attraversai l'intero salone, fino a sedermi su un vecchio divano - vecchio solo perchè era vintage - ad aspettare che Miriam mi trovasse e mi riportasse a casa. 
Anche Miriam sembrava essersi dimenticata di me. Avrei voluto chiedere al primo che passava se indossassi il mantello dell'invisibilità.

Mi voltai di scatto appena sentii la superficie del divano piegarsi sotto un altro peso. 
Era lui.

- Ehi, bella addormentata! - Gabriele mi svegliò da quel dormiverglia, o per meglio dire morta-   
- Hai beccato la più sbagliata per parlare di favole.- dissi facendo una strana faccia, tanto che me ne accorsi da sola, e che se ne accorse anche lui. 
- Hai fatto una faccia fantastica! Non l'avevo mai vista in giro una del genere!- disse senza trattere le risate, tanto da sentirmi quasi presa in giro. 
- Almeno tu non prendermi per il culo, perfavore.- decretai.
- Quindi tu sei un'amica di mia cugina Rebecca..- disse con tono interrogativo, ma sempre con lo scheletro di un sorriso fra le labbra.
- Più o meno - 
- Sei un imbucata! -
- Nooo ma che dici! Diciamo che non ci conosciamo così bene, ma sono stata comunque invitata.- 
- Capisco - chiuse lì il discorso.
Fra noi regnò il silenzio per qualche minuto, e per la prima volta in vita mia, - da brava chiaccherona qual'ero - non riuscivo a spicciare una frase degna di senso. 

- Allora...me lo mostri questo playboy che ti porti a letto?- ammiccò maliziosamente.
Quando si dice avere tempismo!
- Potrei parlarne..oppure mostrarti direttamente il suo cadavere..io opto per la seconda chanche..- sarei dovuta risultare divertita, o quantomeno ironica, eppure la mia voce era solo piena di amarezza.
- Che è successo ancora? -
- Si stava baciando con un'altra. Une bella bionda, 1.80, probabilmente aspirante modella...e mi chiedo come io abbia pensato anche per un solo secondo che il nostro nonera solo sesso. Davvero, mi sento una cretina in questo momento.- e un'altra lacrima, forse una delle ultime ancora non scese, spuntò anche lei alla luce dei miei occhi.
- Cazzo ma che dici!?- Gabriele sbottò, ma non contro di me, contro le mie idee, e poi continuò a parlare. - Non sei tu la cretina, per niente! Quel finocchio lo é a lasciarti da sola. Guardati! Sei magnifica, divertente, ironica, e i tuoi capelli scuri sono bellissimi. E con questo abito mi sembri Megan Fox cazzo! Ti sembra poco? - 

Il primo vero sorriso della serata - e anche il primo da un po' di giorni a quella parte - spuntò in quel momento. 

Sentii l'irrefrenabile bisogno - e attacco - di cingere le mie braccia alla sua schiena ed abbracciarlo. Fu come stare tra le braccia di un padre che non vorrebbe mai del male per sua figlia.


PROV. DAVIDE

Avevo il mio - come minimo - dodicesimo drink in mano in cerca di un bagno. Ero sbronzo ancor prima di entrare in quella casa. Prima d'ora avevo sempre bevuto per il gusto dell'alcool che ti pervade le tonsille, ma dopo aver sentito che Arianna sarebbe uscita con quel coglione di Emanuele avevo iniziato a bere per non ricordarmi più in quale realtà fossi. 
L'idea delle sue mani tra i capelli di un altro ragazzo mentre facevamo l'amore, o essere toccata o sfiorata da altre mani che non erano le mie mi mandava in bestia.

Poi la vidi. Seduta in quel divano tra altre braccia, con un altro ragazzo. Era bellissima e me l'avevo lasciata scappare. Mi cadde il mondo addosso e anche il bicchiere dalle mani, che con uno stridulo rumore si ruppe in mille pezzi, probabilmente come anche un mio organo vitale. 

Il rumore del bicchiere - e non del mio cuore, come avrei preferito - fece staccare dall'abbraccio Arianna e quel tipo.
Ci guardammo negli occhi. Due facce delle stessa medaglia a guardarsi negi occhi. E mi persi in quegli occhi scuri, nella sua figura, in tutta se stessa. Forse mi persi davvero per sempre.

Caddi per terra e da quel momento in poi ho solo ricordi sfumati e frammenti di momenti.



SPAZIO AUTRICE:
Cari/e lettori/ci,
Mi scuso per il ritardo con cui ho pubblicato questo decimo capitolo, ma l'ispirazione non girava molto dalle mie parti finchè non sono riuscita ad imboccare la giusta corsia nello scrivere certi momenti.
Alcuni pezzi risultano macchinosi e noiosi, mi scuso in anticipo. Ma mi farò perdonare nel prossimo capitolo, che forse sarà il mio preferito, perché ho già in mente un ideuccia!
Come sempre lasciate una recensione per farmi sapere se la storia vi soddisfa o vorreste delle modifiche. 
Aspetto il vostro giudizio, a presto :3

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. Paradise ***



Paradise



Un rumore di un bicchiere che cadeva e riversava i suoi vetri a terra, sciolse l'abbraccio fraterno e dolce fra me e Gabriele. Prima di tutto questo però, vidi due occhi che guardavano i miei. E li riconoscei subito. Quegli occhi potevano essere di una sola persona. Davide si accorse di me, finalmente. 
Non realizzai subito la scena che ebbi davanti. Certe volte è lo stesso cervello che ti blocca il corso dei pensieri e ti fa semplicemente fermare davanti a certe scene, incapace di riflettere o agire.

- È fradicio. - il commento di Gabriele mi svegliò da quel momento di stand-by che avevo assunto.
Davide era davanti a me, o per meglio dire, era sotto i nostri piedi, caduto a terra, che poggiava la sua testa con il lato del divano. 

Cosa feci? Una persona normale avrebbe riso di lui. Sì, perchè era ridicolo. Ubriaco fino a crollare davanti a tanta gente. 
Un ragazza che si sarebbe trovata in quella situazione, dopo averlo beccato con la lingua in gola di un altra ragazza, lo avrebbe lasciato lì.
Poi c'ero io - che di certo non ero mai stata una ragazza completamente nella norma - che restavo al suo fianco. Perchè per quanto sarei potuta essere stronza, testarda, antipatica e chi più ne ha più ne metta, quella visione non mi avrebbe mai lasciata indifferente.
Davide - probabilmente nemmeno a distanza di anni - mi avrebbe lasciata completamente indifferente.

Perché la triste verità è che ci si innamora sempre della persona sbagliata. 

Gabriele mi aiutò a portarlo fino a casa sua. Davide era un ragazzo di un metro e ottanta con un fisico scolpito e abbastanza muscoloso, quindi non era proprio una piuma. Per fortuna riusciva a camminare, aveva un braccio cinto sulla mia vita e si aggrappava a me.
Gabriele aveva provato ad aiutarlo, ma Davide lo aveva allontanato con un acido - Non toccarmi.- come se la colpa fosse di quel povero ragazzo Gabriele, che lo stava aiutando. 

Arrivammo fino all'entrata del palazzo dei nostri condomini.
- Sono un disastro - sospirò piano, amareggiato.
- Sei sbronzo - dissi io, con tono freddo e distaccato. - e un disastro - concluse lui. 

I suoi genitori non c'erano ancora una volta. Stavano in giro per l'Italia a fare riunioni e festival, per questo viaggiavano molto. Anche suo fratello era partito con loro, Jeremiah non amava molto Roma, quindi ogni pretesto era buono per fuggire da qui. 
Mi venne anche un pizzico di malinconia per Davide. Quasi ogni fine settimana rimaneva solo, e allora doveva contare su i suoi amici o... sull'alcool. 
Anche se a volte i genitori ci sembrano un peso, sono le prime persone che ci saranno sempre per noi. Sono le prime persone su cui contare, certe volte anche prima degli amici. 

Aituai Davide a levarsi le scarpe e a mettersi a letto. Gli portai un bicchiere d'acqua fresco, come fanno nei film.
- Io vado, tu dormi.- dissi piano, quasi sussurrandogli vicino ad un orecchio. Poi le mie labbra ebbero un fremito incontrollato, e senza accorgermene, gli avevo dato un bacio... sulla guancia. Un bacio fraterno, quasi d'affetto. Anche se non se lo meritava proprio. In certi momenti, sono proprio debole, pensai.
E me ne pentii.

- Resta. - mi disse, sussurrandomi vicino al collo. 
- Non posso.. che dico ai miei? -. Che dico ai miei? Che mi dice la testa, piuttosto! Dopo quello che mi hai fatto, spassandotela con un'altra, nemmeno ti avrei dovuto aiutare! E io piuttosto mi faccio problemi su come imbambolare i miei per restare da lui.
Arianna, sei una grandissima cretina. CRETINA!

- Digli che stai da un'amica. Le amiche servono a questo..- disse lui, sembrando aver acquistato un briciolo di lucidità. 
Le amiche servono ad asciugare le lacrime, stronzo. Quelle che fai versare tu, idiota. Avrei voluto rispondergli.

Ma non volevo. La verità è che non volevo allontanarlo da me. Io sarei stata al suo fianco quella sera, e quella dopo, e quella dopo ancora. Chissà, forse ler sempre. E quei paio di drink non aiutavano nemmeno me..

Telefonai a mia madre e gli dissi che rimanevo a dormire da Miriam, tanto il giorno dopo era domenica. Mia madre non si fece problemi, anzi era felice che sua figlia facesse un 'pigiama party' con le sue amichette. 
...o con il suo amichetto.

Ritornai nella sua camera da letto. Tolsi le scarpe e silenziosamente mi infilai sotto le coperte. Stavamo un po' stretti, ma con lui accanto, o sopra, o sotto, si stava comunque bene. Mi girai dall'altra parte, dandogli di schiena. 
Lui appoggiò immediatamente una mano sul mio fianco e mi avvicinò a lui, e io continuavo a rimanere girata dall'altra parte. Non era facile avere la sua presenza vicino, anche se era notte e non lo vedevo in faccia. Ma la sua presenza la sentivo, dal respiro lento tra i miei capelli al suo affare sotto, che involontariamente premeva contro una mia gamba, che immediatamente scansai.

- Arianna..- 
- Sì..? - risposi titubante. Forse avrei fatto meglio a far finta di dormire già come un sasso, in cinque minuti. 
- Ti amo.- persi tipo 300 battiti e 10 anni di vita. Poi persi anche il respiro e le parole, e il coraggio e la dignità di formulare una frase corretta. 
Lui mi aveva detto di amarmi. Tonfo al cuore. Una sensazione che nemmeno penso sia possibile descrivere attraverso le parole. Certe cose bisogna solo viverle per capirle realmente a fondo. 
Dopo vari attimi di silenzio riacquistai memoria e ricordai che era ubriaco. E da ubriachi la gente dice tante di quelle cazzate e fa tante cose stupide, magari come questa. 
Solo da ubriaco avrebbe potuto dire una cosa del genere.

- No, tu non mi ami..- dissi io girandomi verso di lui. Il mio fu un gesto automatico, infatti l'immediata vicinanza fra i nostri visi e i nostri nasi che si toccarono mi destabilizzò parecchio.
- Sì, lo faccio. - disse lui avvicinando sempre di più le sue labbra alle mie. In un primo momento le ritirai, ma quell'elettricità nell'aria era troppo forte per non coglierla. Nel preciso momento in cui anche io accinai le mie labbra alle sue e eliminai completamente la distanza che si era formata tra i nostri corpi, spensi il cervello e iniziai a ragionare con il cuore.
Lo abbracciai così forte perchè sentivo di farlo. Ne avevo bisogno io e ne aveva bisogno lui. Continuavamo a baciarci da abbracciati, uno accanto all'altro, uno sopra l'altro, uno sotto l'altro. 
Ed eravamo solo noi. Arianna e Davide. 


Per un minuto ci avevo creduto veramente. 
'Ti amo'
'No, tu non mi ami'
'Sì, lo faccio'
Forse queste saranno le uniche parole che vorrò ricordare di tutta questa storia. I lieto fine non sono un mio forte. Le principesse non esistono e nessun ragazzo ti verrà mai a prendere con un cavallo bianco. 
Il problema è che quando trovi la persona giusta non ti servono tutte queste sciocchezze. Cammineresti anche a piedi, mano nella mano, invece di salire sul cavallo bianco. Saresti anche una ragazza normalissima invece di diventare una principessa.


La vera vita non la raccontano su delle pagine. La vera vita te la lasciano scoprire solo a te.



SPAZIO AUTRICE:
Innanzitutto chiedo scusa per l'attesa, non ho molta puntualità nell'aggiornare la mia storia, ormai lo saprete.
Questo era il capitolo clou, dove tutto potrebbe iniziare o quel poco che c'era potrebbe finire. 
Il dialogo tra la nostra Arianna e Davide è stato ispirato da una coppia di Geordie Shore di Mtv, Gary e Charlotte. Infatti le immagini sotto le ho screennate da un episodio dello show.
Come sempre spero che questo capitolo vi piaccia e lasciate un commento. Mi fate sempre piacere!
Ciao a tutte ragazze/i.

Stilistire.


Capitolo 11

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. Le parole feriscono ***






Capitolo 12
Le parole feriscono.


- Sono una grandissima cretina. - dissi con una mano sulla fronte e il telefono poggiato in un orecchio, pentendomi di ciò che avevo detto o fatto la sera prima. Davide non riusciva a sentirmi, ero in bagno. Ero nel suo bagno. Lui dormiva ancora beato, dopo la gran bevuta di ieri non poteva fare altrimenti. 

- Cosa hai combinato per telefonarmi alle 10 di domenica mattina e soprattutto dopo avermi abbandonato alla festa? Mi hai fatto preoccupare un casino! - Miriam aveva un tono quasi incavolato. Dopo minimo 10 telefonate che mi aveva fatto senza risposta, visto che non le avevo sentite, gli lasciai un messaggio dicendo "Non preoccuparti, sono a casa" senza specificare quale casa. 

- Sono da Davide, Miriam. - dissi quasi sussurrando.
- Cosa? Parla più forte! - avevo sempre dubidato che avesse un problemino a recepire le cose importarti al primo avviso..
- Sono da Davide! Sono a casa sua! Ho dormito nel suo letto..- risposi alzando il tono di voce, forse anche troppo.
- Cosa? Ma come..? Avete di nuovo fatto l'amore? - 
- No... ho solo dormito da lui, dopo averlo portato a casa.- spiegai.
- Ahia.. iniziano i casini! - disse scherzando, anche se c'era davvero poco da sorridere.
- Eh..? -
- Beh..non avete fatto l'amore..che avrete passato la notte a farvi le coccole come i cinquantenni? - disse lei, mettendosi a ridere. SERIETÀ! Almeno Miriam, cavolo!
- Ma smettila...devo andare a casa, ti racconto meglio dopo.. - 
- Okay capo..ciao! - mi salutò e riattacai.

Ritornai in camera sua e la percorsi in punta di piedi per non svegliarlo. Mi chinai per raccogliere le scarpe e lo sentii mugolare. Era mezzo coperto e mezzo scoperto, una gamba spuntava fuori da sotto le coperte, come il suo petto che rimaneva nudo. Sarebbe morto di freddo, se in quella casa le temperature del riscaldamento non fossero state così alte. 

- Dai ritorna a letto..- ma che è matto? Davvero vuole fare il cinquantenne? Le parole di Miriam ormai mi ballano in testa.
Rimasi un po' a terra, per prendere coraggio e riacquistare contegno.
- Devo andare a casa. - risposi io. 
Sarà stato pur ubriaco, ma non potrei mai dimenticare la sua lingua sulla bocca di un'altra, quando è proprio lui che fa il moralista per un mio amico. 
- Chi devi andar a salutare il tuo nuovo BoyFriend? - lo disse con un aria talmente da sbruffone che lo avrei preso a calci.
- Sei geloso per caso? - mi alzai e iniziai a fissarlo con un sopracciglio alzato. 
- Io geloso? Mi fai ridere! Poi non ricordo assolutamente niente di ieri o di ciò che ho detto o fatto, quindi almeno che non abbiamo scopato.. - si fermò e controllò sotto il lenzulo - e non mi sembra, dimentica tutto. - in un primo momento sbiancai, ma non potevo essere debole, almeno non questa volta.
Quella parole mi ferirono. Aver creduto almeno per degli attimi che in quel momento in cui mi aveva confessato il suo amore fosse serio, per poi scoprire che non ricordava proprio nulla...beh, fa davvero schifo. 

- Sai che c'è? Dovremmo prenderci una bella pausa. Chiudere certi buchi..- non usai il doppio senso a caso, questa volta.
- Vuoi mettere in Time-Out la nostra scopamicizia? - chiese preoccupato, come se gli dispiacesse.
- Non ti fai problemi a centrare bocche di altre con la tua lingua, non credo che avrai problemi a trovare nuovi buchi..- dissi con nonchalanche e con un tono abbastanza arrogante, che io stessa facevo fatica a riconoscermi così coraggiosa. 
- Vediamo se riesci a starmi lontano, allora! - e rise, ma i suoi occhi erano terribilmente maliziosi... e belli. La sua era una sfida. Ma in un certo senso sapevo già di aver perso in partenza. Io non provavo solo attrazione fisica verso lui, purtroppo.
Presi un bel respiro, posai le decolletè per terra e mi avvicinai verso lui, ancora a letto e sollevato sui gomiti.
- Che vinca il migliore.- dissi posandogli un bacio sulla fronte, strategia perfetta per far capitare le mie gemelle proprio davanti ai suoi occhi.  Vestito scollato, ti ringrazio!
Sussultò e poi si schiarì la voce, ma non disse niente. Le parole gli erano morte in gola.

E invece io avevo una terribile voglia di vincere, almeno questa volta, almeno contro lui. 





SPAZIO AUTRICE:
Mi scuso per il ritardo, e ringrazio chi è stato capace di aspettarmi. Avevo scritto questo capitolo tempo fa, poi per un motivo o per un altro non lo avevo più pubblicato. È corto e anche abbastanza insignificatante, non mi piace molto. L'ironia nei miei capitoli - come nella mia vita - direi che non manca mai, quindi spero l'apprezzerete. 
Buona lettura, alla prossima.
Stilistire

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