Legami di sangue

di Lady Five
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovi arrivi ***
Capitolo 2: *** Preparativi... cosmici ***
Capitolo 3: *** Svegliati! ***
Capitolo 4: *** Maledetto ***
Capitolo 5: *** Il pianeta sconosciuto ***
Capitolo 6: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 7: *** Igea ***
Capitolo 8: *** Sconvolto ***
Capitolo 9: *** Il tributo ***
Capitolo 10: *** Risveglio ***
Capitolo 11: *** Ritorno alla vita ***
Capitolo 12: *** A casa ***
Capitolo 13: *** Tre anni dopo ***
Capitolo 14: *** Di nuovo a Panahon ***
Capitolo 15: *** Il dubbio ***
Capitolo 16: *** Festeggiamenti ***
Capitolo 17: *** Riprendersi Esmeralda ***
Capitolo 18: *** Alleati inaspettati ***
Capitolo 19: *** I ribelli ***
Capitolo 20: *** Assalto al palazzo ***
Capitolo 21: *** Le ospiti reali ***
Capitolo 22: *** Scrupoli e scoperte ***
Capitolo 23: *** Turbamenti ***
Capitolo 24: *** Fantasmi dal passato ***
Capitolo 25: *** Il verdetto ***
Capitolo 26: *** Legami di sangue ***
Capitolo 27: *** Galaad ***
Capitolo 28: *** Contraddizioni ***
Capitolo 29: *** Giù la maschera ***
Capitolo 30: *** Riscatto ***
Capitolo 31: *** Dimenticare ***
Capitolo 32: *** Non ancora ***



Capitolo 1
*** Nuovi arrivi ***


Nota dell'autore

Ben ritrovati!
Ancora loro?!? Ebbene sì, ormai sono come vecchi amici, non riesco a lasciarli in pace!
Passando ai discorsi seri, questa storia è la continuazione della mia fanfiction “Fuorilegge”, ma si intreccia a un certo punto con quella di un'altra autrice, “La principessa” di Danish, proponendo un finale alternativo. Naturalmente ringrazio tantissimo Danish non soltanto per avermi dato il permesso di utilizzare la sua opera e i suoi personaggi, ma anche per i suoi preziosi suggerimenti, quando ne parlammo (ormai parecchio tempo fa... sono un po' lenta!). Indicherò in nota tutti i riferimenti a “La principessa”, sia perché andiate a leggervela (se non l'avete già fatto, ne vale la pena!), sia per una migliore comprensione sia perché siano ben chiare le parti che non sono farina del mio sacco (Danish, se me ne dimentico qualcuno, dimmelo, mi raccomando!)

Preciso che le “tematiche delicate” non riguardano né sesso né violenza. Quali siano, lo si capirà facilmente nel corso della vicenda.


Alcuni personaggi di questa storia, scritta senza scopo di lucro, appartengono al venerato maestro Leiji Matsumoto.

 

Arcadia, due mesi dopo...


“Ti puoi rivestire, cara, abbiamo finito.”
Mayu saltò giù dal lettino, guardando con ansia il dottor Zero che spegneva i suoi macchinari.
“E' tutto a posto. Ti confermo quello che pensavi già. Sei incinta, più o meno di 8 settimane.”
La ragazza sgranò gli occhi.
“Ma... com'è potuto succedere?”
Il dottore alzò un sopracciglio, un po' interdetto.
“Ma... sei sposata... immagino che...”
“Ma sì, certo, lo so benissimo... E' che io usavo... ho un impianto contraccettivo sottocutaneo... e non è scaduto, ho controllato!”
Il medico allargò le braccia.
“Purtroppo non è il mio campo, può darsi che quassù non funzioni come sulla Terra... e poi tu sei stata a contatto con il lauriumi, magari lo ha reso inefficace ...la verità è che quando un bambino decide di venire al mondo, lo fa e basta, se ne frega di tutti i nostri programmi! Ma... non sei contenta? Non lo volevate, un figlio?” aggiunse preoccupato.
Mayu si mordicchiava le labbra nervosamente.
“Io... credo di sì... Vede, mio... lui... insomma, Harlock dice che io sono ancora tanto giovane e lui invece si sente troppo vecchio per queste cose, ormai non ci pensava più... ma, ha aggiunto, quando e se avessi deciso, lui ci sarebbe stato... Insomma, avrei voluto parlargliene prima... così, sembra che non abbia tenuto conto dei suoi sentimenti...”
“Secondo me ti stai preoccupando per niente. Il capitano non avrà nulla da ridire, perché impazzirà dalla gioia, te lo dico io. Adesso sei un po' turbata, perché non te lo aspettavi, ma è normale. Andrà tutto bene, sarai una mamma meravigliosa.”
Mayu finalmente sorrise e gli strinse la mano.
“Grazie, dottore.”
Si voltò per uscire, ma all'ultimo momento tornò indietro.
“Un'ultima domanda... volevo chiederle conferma - abbassò sempre di più la voce -… se possiamo continuare a... insomma...”
Il dottore le venne in aiuto.
“...a fare l'amore? Ma certo, cara, se non ci sono altri problemi (e nel tuo caso non ce ne sono), per adesso non c'è nessuna controindicazione, anzi! Beh, magari è meglio evitare cose troppo... acrobatiche, ecco! Poi più avanti vedremo.”
“Bene, allora ancora grazie!” e filò via, rossa per l'imbarazzo.
Il dottore tirò fuori la sua amata bottiglia da sotto il tavolo e bevve un lungo sorso.
Si batté una mano sulla fronte.
“Che sbadato! Mi sono dimenticata di dirle una cosa importante... Va beh, non importa, era già sconvolta così... glielo dirò alla prossima visita, tanto non cambia nulla!”

Mayu tornò nel loro alloggio. Decise di dare ad Harlock la notizia quella sera stessa.
Ma era tormentata dai dubbi. Sì, lo avevano messo in conto, ne avevano parlato così, in generale. Ma la verità è che un figlio avrebbe reso Harlock più vulnerabile... avrebbe reso tutti loro più vulnerabili. Un'arma di ricatto perfetta in mano ai loro nemici. Come lo era stata lei a suo tempo...
Sicuramente aveva ragione il dottore: ne sarebbe stato contento. Se loro fossero stati una coppia normale, con una vita normale...
Si chiese anche se ne fosse contenta lei... Certo, se avesse potuto scegliere, avrebbe aspettato ancora un po'... erano sposati solo da poco più di 2 mesi e lei era ancora così giovane... Ma forse era meglio così, forse, se ci avessero ragionato troppo, non si sarebbero mai decisi, ognuno preso dalle proprie incertezze... così la Vita aveva scelto per loro. Prima che Harlock avesse l'età per fare il nonno, più che il padre, come lui diceva spesso scherzando.
Dopo il matrimonio, Mayu aveva continuato a lavorare come prima, un po' con Maji e un po' con Yattaran, a seconda delle necessità. Si rendeva conto che la sua era una vita molto diversa da quella di una moglie comune, per molti aspetti privilegiata: non doveva preoccuparsi di fare la spesa, cucinare... si occupava solo del decoro e della pulizia nelle loro stanze. Harlock aveva abitudini molto spartane, probabilmente retaggio della sua formazione militare, quindi era anche fin troppo ordinato e metodico, per essere un uomo! Quanto al bucato, bastava portare tutto nella grande lavanderia comune, da cui i panni uscivano lavati e asciugati. La tecnologia del futuro aveva liberato l'umanità dall'incombenza di doverli anche stirare.
Harlock rientrò in cabina per l'ora di cena e la baciò teneramente, come al solito.
A tavola parlarono del più e del meno. Lui non si accorse che Mayu non toccò nemmeno un goccio di vino fino alla fine, quando le propose un bicchierino di liquore. La ragazza rifiutò e il capitano si stupì, visto che di solito gli teneva compagnia più che volentieri.
“Devo dirti una cosa...” disse sedendoglisi in braccio.
Harlock aveva già un'aria preoccupata, anche se cercava di nasconderlo. Non pensava che sarebbe successo, ma, da quando l'aveva sposata, era diventato ancora più protettivo nei suoi confronti.
“Tutto bene?” le chiese scrutandola in viso. La sua espressione da bambina che sta per confessare una marachella lo lasciò perplesso.
“Sì, certo, benissimo. E' che... c'è una novità... - fece una pausa, come per trovare le parole giuste, prendendogli la mano e appoggiandosela sul ventre - Avremo un bambino.”
Ogni timore, ogni dubbio di Mayu svanirono all'istante davanti all'espressione che si dipinse sul volto del suo uomo, che passò in una frazione di secondo dalla sorpresa alla più sincera felicità.
La abbracciò così stretta da toglierle quasi il respiro.
“Ma... sei sicura? Ed è tutto ok?”
“Sì, sono appena stata dal dottore... Non so come sia potuto succedere...”
“In che senso, scusa?”
Spiegò anche a lui la faccenda dell'impianto contraccettivo.
“Avevamo deciso di parlarne prima... se ti ricordi... forse è accaduto troppo presto.”
“Ma che importa? E' una notizia meravigliosa! Non sai quanto mi rende felice! Bisogna festeggiare!”
Le diede un lungo bacio appassionato, poi la fece alzare delicatamente per andare a prendere una bottiglia di champagne dalla sua riserva delle grandi occasioni.
“Non so se posso bere alcol...”
“Ma sì che puoi, un po' di bollicine non hanno mai fatto male a nessuno!”

La osservava mentre si spogliava per andare a letto.
“E' inutile che mi fissi così, non si vede ancora praticamente niente!”
“Veramente ti guardavo perché sei bellissima...”
“Tra poco non lo sarò più così tanto, temo...”
“Io invece dico di sì.”
Mayu si infilò sotto le lenzuola vestita solo della sua pelle d'avorio.
“A proposito... nel frattempo puoi continuare a trattarmi come tua moglie...”
“... non capisco... cosa vuoi dire?”
La ragazza si chiese se davvero lui non capiva o faceva solo finta per metterla in imbarazzo.
“Possiamo continuare a fare l'amore, non c'è nessuna controindicazione, anzi... almeno per ora.”
“E tu come lo sai?”
“L'ho chiesto al dottor Zero.”
Adesso toccò a lui essere imbarazzato.
“No! Non posso credere che tu gli abbia chiesto una cosa simile...”
“E invece sì!”
“Va bene, allora non possiamo trasgredire le prescrizioni del dottore...”

“Devi riguardarti. Non ti devi stancare troppo e, se non ti senti bene, voglio che te ne rimanga buona in cabina. Te lo ordino in veste di tuo capitano.”
“D'accordo. Ma ti assicuro che non ho nessun problema. Ho solo un po' di nausea al mattino, e il dottore mi ha dato un intruglio che dovrebbe aiutarmi...”
“Meglio così. Ma le mie disposizioni non cambiano.”
“Tu preferiresti un maschietto o una femminuccia?” chiese lei dopo un po'.
“Ma... così sui due piedi, non saprei... l'esperienza della bambina l'ho già fatta... più o meno... magari un maschietto... così, per cambiare...”
“... e per avere un nuovo piccolo capitano per l'Arcadia!”
“Quello potrebbe farlo anche una femmina! Ti ricordo che tua madre comandava una nave come questa!”
“Io... in verità sono un po' spaventata... non so niente di bambini...”
“Per forza, sei tu poco più di una bambina... Ci informeremo, ci faremo aiutare... Masu ha una certa età, saprà come fare... e, se sarà necessario, assumeremo una persona con esperienza... come si chiama, una tata... una che ci possa dare una mano, insomma. Ma non temere, sarai una mamma perfetta! E adesso dormi, tesoro.”
Mayu sorrise al pensiero di una tata fuorilegge che accettava un lavoro sull'Arcadia. Quanto a Masu, stava nello spazio con quella banda di pirati da così tanto tempo che probabilmente non si ricordava più nemmeno com'era fatto, un bambino.
“Di una cosa sono sicura: io non lo abbandonerò mai!”
Harlock la strinse più forte, le diede un bacio tra i capelli. Quella ferita che aveva così profondamente segnato la sua infanzia non si sarebbe mai rimarginata del tutto.
“Nemmeno io. Te lo prometto.”
Mayu si accoccolò sul suo petto e si addormentò cullata dal suo respiro, avvolta dal tepore familiare del suo corpo, che aveva sempre avuto il potere di scacciare qualunque angoscia, qualunque incubo.
Harlock invece non riusciva a prendere sonno. La notizia l'aveva riempito di gioia, è vero, ma anche di timori. I pensieri cominciarono a girare a ruota libera nella sua mente.
Non era troppo anziano, per essere un buon padre? E la vita che lui aveva sempre condotto, così errabonda e precaria e pericolosa, non era certo adatta a un bambino! Era forse venuto il momento di fermarsi da qualche parte? Di mettere radici? Ce l'avrebbe fatta? O era troppo tardi per cambiare? E il suo equipaggio, l'avrebbe seguito?
Non era in grado di dare risposte, in quel momento. In fondo Mayu da piccola aveva vissuto sull'Arcadia, fino alla tragedia che le aveva strappato i genitori, e forse avrebbe continuato a farlo, se loro non se ne fossero andati così presto. Oppure, invece, se i suoi amici fossero rimasti con lui, avrebbero continuato a cercare insieme un posto da chiamare casa e, una volta trovato, avrebbero ricominciato lì tutto da capo... Quel posto che lui, rimasto solo, aveva da tempo rinunciato anche a desiderare. Ma magari, adesso... con una famiglia vera accanto...
Poi...poi gli tornarono alla memoria nitidissimi i ricordi di quando Esmeralda era incinta, di quando Mayu era nata... e ora quella bambina era una donna bellissima, dormiva tra le sue braccia e aspettava un figlio da lui... era tutto così strano! Nessuno avrebbe mai nemmeno lontanamente sospettato che la vita li avrebbe condotti fin lì...
Sentì più acutamente del solito la mancanza dei suoi amici. Mayu si sarebbe sentita più tranquilla, con sua madre accanto. Ed era sicuro che Tochiro avrebbe saputo dargli i suoi preziosi consigli anche in quella situazione. Ma loro non c'erano più. Avrebbero dovuto cavarsela da soli.

i “Fuorilegge”, cap. 13

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Capitolo 2
*** Preparativi... cosmici ***


Per il momento non dissero nulla a nessuno e Mayu continuò la solita vita. Per sua fortuna, era giovane, sana e forte, e la gravidanza procedeva senza problemi. Superata la sorpresa iniziale, ora stava prendendo coscienza del fatto che avrebbe dato un figlio all'uomo che amava, e il suo sguardo diventava ogni giorno più radioso.
Harlock invece era più apprensivo che mai. Era più forte di lui. Ma a lei non piaceva essere costantemente osservata e trattata come un'ammalata, e glielo aveva detto senza mezzi termini.
Per permetterle allora di riposarsi un po' senza farla arrabbiare, Harlock decise di concedere a tutti un periodo di vacanza su Ombra di Morte. Mayu aveva capito benissimo il suo vero scopo, ma in quel caso non disse nulla. Povero tesoro, in fondo si stava solo preoccupando per lei. E poi, dopotutto, loro erano degli sposini. Nonostante la novità, si sentivano ancora in luna di miele.
Trascorrevano così molto tempo sulla spiaggia “privata” di Harlock. Quella dove era cominciato tutto...i
“Perché avevi quell'aggeggio addosso... come l'hai chiamato... impianto contraccettivo?”
“Sulla Terra è obbligatorio a partire dai 14 anni. La prima volta ce lo applicano a scuola. Sai, hanno il terrore della sovrappopolazione...”
Harlock era allibito. Nella sua testa, le quattordicenni avrebbero dovuto giocare ancora con le bambole!
“E quando potrebbe essere successo?” le chiese tra il serio e lo scherzoso.
“Successo cosa?”
“Che sei rimasti incinta.”
“E come faccio a saperlo?” rispose lei ridendo.
“Ma... non so... dicono che le donne lo sanno sempre...”
“Mmmh.... magari qualcuna lo saprà, ma a me sembra tanto una leggenda metropolitana. Comunque IO non ne ho idea. Sicuramente è successo su Edenii o forse qui... ma, avendolo fatto ogni giorno, ovunque e a qualunque ora.... non posso essere più precisa.”
“Esagerata!”
Harlock sorrise. Mayu l'aveva fatto ringiovanire di 20 anni. E non era l'unico effetto positivo su di lui. L'indole socievole ed estroversa della ragazza stava piano piano ammorbidendo la sua, solitaria e misantropa. Quindi, con grande sorpresa di tutti, capitava che ogni tanto anche lui si unisse alla vita della ciurma, sia sull'Arcadia sia lì su Ombra di Morte, pranzando o andando sulla spiaggia insieme a tutti gli altri. Certo, non parlava molto e non si metteva a giocare a carte, ma per lui era già un grosso passo in avanti.

Quando il dottore decise di visitare ancora Mayu, Harlock volle essere presente. Senza sapere bene perché, era agitatissimo.
Zero lo accolse con insolito calore.
“Capitano! Non ho ancora avuto occasione di farle le mie congratulazioni!” esclamò dandogli una sonora pacca sulla spalla.
Harlock era esterrefatto. Non si era mai permesso simili confidenze, prima!
Poi si rivolse a Mayu.
“Tutto bene, vero, cara?”
La ragazza annuì.
“Facciamo qualche analisi del sangue” disse preparando un minuscolo ago, con cui bucò un polpastrello di Mayu, raccogliendo poche gocce di sangue in una provetta, che poi infilò in uno dei suoi macchinari. Mentre attendevano i risultati, il dottore la fece stendere sul lettino e approntò l'ecografo.
Harlock seguiva tutti quei movimenti per lui sconosciuti con crescente apprensione.
“Ah, l'altra volta mi ero dimenticato di dirti una cosa piuttosto importante...”
“Cioè?” chiesero i due all'unisono.
“Sono due.”
“Che cosa?” chiese Mayu dopo qualche secondo di silenzio perplesso.
“I bambini. Sono due. Avrete due gemelli. È troppo presto per sapere il sesso, ma sono sicuramente due.”
Scioccati da quella notizia, nessuno degli interessati osò parlare. Mayu considerò per un momento l'idea di fare causa all'azienda del suo impianto contraccettivo e Harlock era troppo sconvolto per articolare parole di senso compiuto. Si sentiva del tutto inadeguato per un figlio, figuriamoci per due contemporaneamente!
“Ma è un bene - ruppe il silenzio il buon medico - Vista la sua età, capitano, la natura ha provveduto a farle risparmiare tempo!”
Adesso sta davvero esagerando!
“Ecco, guardate - proseguì il dottore ignorando lo sguardo offeso del capitano - Qui si vede chiaramente... e poi si sentono i due cuoricini. Sì, direi che va tutto bene!”
Sul monitor comparivano nitide le due piccole sagome e Mayu si commosse. Allungò la mano verso Harlock e lo attirò vicino a sé. Lui dimenticò per un momento i suoi timori e la baciò sulla fronte, pervaso da un'immensa tenerezza.
“Anche gli esami sono a posto. Insomma, procede tutto bene! Se non ci sono novità, ci vediamo tra un mese.”
Prima di uscire, il dottore diede un'altra manata sulla schiena di Harlock.
“E bravo il capitano! Ha fatto la doppietta!”
Harlock valutò seriamente l'ipotesi di sbatterlo in una cella per un po', giusto per insegnargli un minimo di rispetto.
Ma Mayu lo riportò alla realtà.
“Allora, sei contento?”
“Beh, non me l'aspettavo. Ma come ha fatto a dimenticarsi di dirti una cosa simile?”
“Nemmeno io me l'aspettavo, è ovvio. Però forse ha ragione lui: così non ci pensiamo più, non dobbiamo preoccuparci di dargli un fratellino e abbiamo risparmiato qualche anno...”
“Prendiamola così, devo solo abituarmi all'idea. L'importante è che proceda tutto bene. Mi chiedo solo come faranno a starci dentro di te, due creature, esile come sei...”
“Adesso possiamo cominciare a dirlo agli altri, no?”
“La prospettiva mi imbarazza non poco, ma tanto... prima o poi... Come vuoi tu.”

Mayu cominciò a dirlo alle donne dell'Arcadia. Yuki e Meeme erano fuori di sé dalla gioia, mentre Masu iniziò a piangere come una fontana.
“Due bambini! - continuava a ripetere l'aliena commossa - Ma ci pensate? L'Arcadia che risuona di piccoli passi, piccole voci infantili...”
Mayu invece cercava di calmare la cuoca.
“Masu! Non devi perdere la testa così! Guarda che avremo bisogno di te, della tua esperienza, dei tuoi consigli!”
Il risultato fu che Masu si mise a singhiozzare ancora più forte.
In quel momento entrò Tadashi.
“Ehi, che succede, ragazze?”
Gli comunicarono la novità.
Il giovane abbracciò la sua amica.
“Ma guarda! Eri la più piccola tra noi e hai finito per bagnare il naso a tutti!”
La presunta relazione tra Yuki e Tadashi non sembrava avere fatto molti progressi da quando lei e Harlock li avevano incontrati su Las Vegasiii. O forse, semplicemente, preferivano tenere la cosa per sé.
“Già - commentò Mayu - Se stavo ad aspettare voi... Sarebbe ora che qualcuno seguisse il mio esempio!”
In breve la notizia si propagò per tutta l'astronave. Harlock non poteva più andarsene in giro senza che qualcuno lo fermasse per congratularsi con lui, che cercava di reagire nel modo più gentile possibile, per come gli consentiva il suo carattere schivo. Camuffava il suo profondo imbarazzo dietro stentati sorrisi di circostanza. Quanto avrebbe preferito starsene da solo su un asteroide deserto!
Anche Mayu riceveva molte manifestazioni di affetto. A volte era uno spettacolo davvero insolito vedere quei vecchi pirati, induriti da mille battaglie, avvezzi a ogni pericolo, che le stringevano la mano con le lacrime agli occhi.
Harlock era già andato nella sala del computer centrale con due calici di vino.
“Non avrei mai creduto che un giorno avremmo festeggiato un avvenimento del genere, ma... stai per diventare nonno, vecchio mio! E la cosa più buffa è che è pure colpa mia!”

Nei mesi successivi tutto continuò a procedere per il meglio. Il fisico di Mayu cominciava a cambiare, ma in realtà, essendo così giovane ed esile, gli unici segni esteriori della gravidanza erano il ventre sempre più tondo e il seno più pieno. Ben presto le solite tute non le andarono più bene. Cercò nell'armadio di Esmeralda se per caso ci fosse qualcosa di più comodo, magari gli abiti che indossava quando anche lei era incinta, ma stranamente non trovò nulla.
Nel frattempo, l'ultima ecografia aveva rivelato che i gemelli erano un maschio e una femmina. Meglio di così...
Harlock decise che era giunto il momento di sbarcare da qualche parte per fare acquisti. Anche per i nascituri. Bisognava pensare a tante cose, supponeva, ma non sapeva nemmeno da dove cominciare. Mayu si stava documentando, poi ne discusse a lungo con le altre donne, esperte quanto lei... e il risultato fu una lista che non finiva più...
“Ma... - le chiese perplesso esaminando i fogli che lei gli aveva dato - sei sicura che serva tutta questa roba?”
“No, affatto. Ma così, per sicurezza... meglio abbondare. Se poi ci manca qualcosa e siamo a 10.000 miglia spaziali dal pianeta più vicino, che cosa facciamo?”
Per carità, meglio non rischiare!

Poi bisognava decidere dove far nascere i bambini. Ne discusse prima con Mayu, ma lei, così giovane e inesperta, non aveva idea di cosa fosse meglio. Harlock si chiedeva se il dottor Zero fosse in grado di occuparsene, dopo una vita passata prevalentemente a ricucire la pellaccia di vecchi pirati... Una volta era successo... all'epoca della guerra contro Mazone, avevano soccorso una coppia di coloni e la donna aveva partorito lì sull'Arcadiaiv... ma non erano terrestri, quindi magari il procedimento era diverso... e poi era trascorso così tanto tempo... ne conservava un vago ricordo.
Decise di chiederlo, con il dovuto tatto, direttamente al medico.
“Il parto è un fatto estremamente naturale - gli spiegò - e di solito il dottore non serve nemmeno. Quindi, in teoria, Mayu potrebbe partorire qui in tutta tranquillità. Il problema è se insorgono complicazioni e, in caso di gemelli, questo potrebbe capitare. Per esempio, qui non abbiamo incubatrici... Quindi, forse è meglio recarsi in un ospedale attrezzato, così, per sicurezza.”
Harlock condivideva il punto di vista di Zero. Quanto alla sicurezza... era una parola! Per dei pirati, i posti sicuri sono davvero pochi, e quanto era capitato loro su Eden ne era la prova. Sì, c'erano le astronavi-ospedale che solcavano lo spazio ed erano a disposizione di chiunque ne avesse bisogno, dove in teoria nessuno avrebbe fatto loro domande... in teoria. No, non poteva rischiare che arrestassero Mayu! Restava Tortuga... in fondo là di donne ce n'erano parecchie, come la ciurma dell'Arcadia ben sapeva... qualcuna avrà pure avuto dei figli! Decise che si sarebbe informato dal suo amico Jack.v



 

i Fuorilegge”, cap. 7

ii “Fuorilegge” cap. 21

iii “Fuorilegge”, cap. 22

iv“Capitan Harlock”, serie classica, ep. 40

v Sia per Tortuga sia per Jack, “Fuorilegge” cap. 20

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Capitolo 3
*** Svegliati! ***


Mancavano ormai poche settimane all'evento, ed Harlock era sempre più agitato, anche se cercava in tutti i modi di nasconderlo per non spaventare Mayu.I gemelli stavano bene e la ragazza pure, era solo molto stanca, faceva sempre più fatica a muoversi, per ovvi motivi, e trascorreva ormai quasi tutto il tempo nella loro cabina, il più delle volte in compagnia di Meeme, quando Harlock e gli altri erano impegnati nelle loro mansioni.Jack, dopo avergli fatto le congratulazioni, senza però risparmiargli le sue battutacce da taverna, gli aveva assicurato che su Tortuga erano perfettamente attrezzati per far nascere bambini, quindi il capitano aveva deciso in quei giorni di fare rotta verso il satellite. Aveva chiesto al dottore Zero di essere presente anche lui al parto...era un ottimo medico e si sarebbe sentito più tranquillo.Quanto a lui... Mayu gli aveva chiesto di assistere alla nascita... ma lui non era tanto sicuro di sentirsela... se fosse andato giù lungo disteso sul più bello... la sua immagine di uomo impavido, che non aveva paura di nulla, avrebbe subito un duro colpo! Sì - continuava a ripetersi - aveva affrontato prove ben più dure, alieni, demoni, battaglie intergalattiche... ma sapeva che non avrebbe retto di fronte alla sofferenza di Mayu. Anche se Zero gli aveva assicurato che ormai esistevano molti metodi per il parto indolore, lui non si fidava. Stabilì di rimandare ogni decisione al momento.

Una sera, rientrato in cabina, trovò Mayu a letto immersa in un sonno profondo. Dormiva tantissimo in quegli ultimi mesi, ma di solito lo aspettava sveglia a quell'ora, quando finalmente potevano stare insieme senza essere disturbati.
Harlock la guardò con tenerezza e decise di non destarla finché non fosse arrivata la cena. Ebbe il tempo di farsi una doccia e mettersi in libertà, quando arrivò l'uomo di corvée in cucina con le vivande che Masu preparava ora con ancora più cura.
A quel punto il capitano si avvicinò al letto e accarezzò la guancia e i capelli della ragazza, chiamandola a voce bassa.
“Mayu, tesoro, è ora di cena... su, svegliati, altrimenti si raffredderà tutto.”
Ma lei non si mosse nemmeno. Allora Harlock alzò leggermente la voce e la scosse piano.
“Dai, dormigliona, apri gli occhi... da brava...”
Perché non si svegliava?
In preda a una crescente inquietudine, cominciò a scuoterla sempre più forte, a chiamarla quasi urlando.
“Svegliati, per favore, non fare così, svegliati!”
Senza risultato.
Il cuore gli martellava in gola, l'ansia gli spezzava il fiato. Calma, si disse, ragiona con calma, non perdere la testa!
Le toccò il polso. Il battito era regolare, come il suo respiro. La pelle era tiepida. Scostò le coperte, terrorizzato da quello che avrebbe potuto trovare. Ma non vi era alcuna traccia di sangue. Si sentì sollevato, ma soltanto per un istante, perché quel sonno così profondo non era normale.
Si attaccò all'interfono per chiamare il dottore.
Qualcuno gli rispose che era in mensa e che magari più tardi....
“Non mi interessa! Io ho bisogno di lui adesso! Mandamelo qui immediatamente!”
Pochi minuti dopo Zero entrò trafelato.
“Che cosa succede, capitano?” chiese preoccupato.
Harlock gli mostrò Mayu e gli spiegò la situazione.
Il medico aggrottò la fronte. Auscultò il cuore con i suoi strumenti.
“Non capisco... sembra tutto normale... Non si sono rotte le acque e non c'è nessun travaglio in corso...”
Provò anche lui a svegliarla, ma senza successo.
Harlock era nel panico più totale.
“Aveva detto che andava tutto bene!”
“Infatti, è così! L'ho visitata solo pochi giorni fa e non c'era un solo parametro fuori posto. L'unica è portarla in infermeria e fare degli accertamenti. Non sarà nulla di grave, capitano, ne sono sicuro.”
Andò a prendere una barella. Trasportarono Mayu attraverso i bui corridoi dell'Arcadia fino all'infermeria il più in fretta possibile. Per fortuna erano tutti a cena e non incontrarono nessuno. Harlock non amava i pettegolezzi. L'angoscia gli chiudeva la gola e gli impediva di pensare. E forse era meglio così.

L'attesa era snervante. Il dottore era chiuso nel laboratorio da un tempo che ad Harlock sembrava infinito. Mayu era sempre incosciente. Aveva la maschera dell'ossigeno, ma, dato che era incinta, non si poteva al momento somministrarle alcun farmaco. Non prima di aver capito che cosa le fosse capitato.
Comparvero in infermeria Meeme e Yuki. L'uomo che aveva risposto all'interfono aveva raccontato che Harlock aveva fatto chiamare il medico con urgenza. Nella confusione che regnava sempre all'ora del rancio, sulle prime nessuno aveva fatto caso alla sua assenza. Le due donne erano però andate a vedere nella cabina del capitano, ma, avendola trovata vuota, con i piatti intatti e ormai freddi e il letto disfatto, si erano preoccupate.
“Che c'è?” chiesero con una certa inquietudine.
Harlock era abbandonato su una sedia, con la testa tra le mani. Alzò su di loro uno sguardo disperato. Non l'avevano mai visto così.
“Mayu non... non si sveglia... non so da quanto tempo...”
“Sono stata con lei fino quasi all'ora di cena - disse Meeme - Stava bene. Mi ha solo detto che voleva riposarsi un po' prima del tuo arrivo...”
“È che... non reagisce... ci abbiamo provato in tutti i modi. Il dottore sta cercando di capire perché...”
“Non sarà nulla, vedrai...” disse dolcemente l'aliena, posandogli una mano sulla spalla.
Finalmente Zero uscì dal laboratorio. Avrebbe voluto essere rassicurante, ma l'espressione del suo viso tradiva la sua preoccupazione. Del resto, al capitano non si poteva mentire...
“Non capisco. All'improvviso i globuli bianchi sono saliti vertiginosamente...”
“E che cosa significa?”
“Che c'è in corso un'infezione... di cui però non riesco a capire la natura, perché apparentemente non ci sono altri sintomi... devo fare ulteriori analisi, ma ci vorrà un po' di tempo per avere i risultati.”
“Ma... i bambini? Come... come stanno?”
Harlock si rese conto che la sua angoscia era ora moltiplicata per tre.
“Per ora stanno bene. Li tengo monitorati. I parametri vitali di Mayu sono normali, quindi... le farò solo delle flebo per nutrirli. Poi si vedrà.”
“In che senso si vedrà?”
Zero tacque per alcuni secondi.
“Dobbiamo prendere in considerazione l'ipotesi di farli nascere prima. Così potremo curare Mayu in tutta sicurezza... ma qui non siamo attrezzati per assistere dei bambini prematuri. Dobbiamo per forza andare in un ospedale.”
Il dottore sparì nuovamente tra i suoi macchinari e le sue provette, lasciandolo ancora più costernato di prima.
Bisognava prendere delle decisioni gravi. Si chiese se su Tortuga sarebbero stati in grado di aiutare Mayu, e temeva che non fosse così.
Yuki sembrò leggergli nel pensiero e propose subito una possibile soluzione.
“Forse è meglio cambiare rotta e dirigersi verso Pangea. Lì hanno sicuramente delle strutture sanitarie più avanzate che su Tortuga. E Xelas1 ci aiuterà senza esitazione....”
Harlock la guardò come se la vedesse per la prima volta. Anche lui, quando dovevano scegliere dove far nascere i gemelli, prima che a Tortuga, aveva pensato a Pangea. Il loro amico Xelas ne era diventato presidente ed era ancora in contatto con loro. Ma aveva scartato quell'ipotesi perché non voleva metterlo in difficoltà: non era opportuno che, nella sua posizione, si compromettesse per aiutare dei fuorilegge. Ora però la situazione era mutata. Yuki aveva ragione.
“Sì - disse con voce appena udibile - Facciamo rotta su Pangea. Pensaci tu, per favore.”
La ragazza raggiunse velocemente il ponte di comando per dare le disposizioni.
La voce del malore di Mayu si era già sparsa per l'Arcadia e tutti tempestarono Yuki di domande, a cui lei però non era in grado di dare una risposta. Richiamò quindi l'equipaggio all'ordine, dicendo che l'unico modo di rendersi utili era continuare a svolgere i loro compiti come al solito.

Le ore trascorrevano con estenuante lentezza. Harlock non si era mosso dalla sedia e non staccava lo sguardo dal volto pallido di Mayu, tenendo la sua mano inerte tra le sue. Ogni tanto provava a chiamarla, ma sempre senza esito.
Non voleva pensare a nulla. Non ancora. Voleva continuare a sperare, a credere che sarebbe andato tutto per il meglio.
Quando Zero ricomparve, era stravolto. Era ormai quasi l'alba e nemmeno lui aveva chiuso occhio. Il capitano lo guardò speranzoso. Ma ciò che vide scritto sul volto del dottore gli tolse ogni pensiero ottimista.
“Ci sono altre cose che non vanno - disse sconsolato - È come se il sangue di Mayu fosse stato aggredito da un virus sconosciuto. So che c'è, ma non riesco a individuarne la natura e quindi la cura...”
Ad Harlock crollò addosso l'intero universo. Era certo che il medico avrebbe trovato una soluzione. L'aveva sempre fatto. Non aveva mai messo in conto che si potesse arrendere. Non ora, che c'era in gioco la vita di sua moglie e dei suoi figli!
“E.. dunque?” balbettò.
Zero si rese conto dello stato mentale dell'uomo.
“Stia tranquillo, capitano. Ho inviato i risultati delle analisi a tre miei esimi colleghi, esperti in virologia ed epidemiologia. Sono sicuro che loro capiranno la situazione e ci suggeriranno come intervenire. Per il momento le condizioni di Mayu sono stazionarie. Vada a riposare. Resterò io qui con lei e la chiamerò se ci sono novità...”
“No! Non me ne andrò da qui per nessuna ragione” disse Harlock con un tono che non ammetteva repliche. Tanto che anche Meeme, che stava per intervenire, tacque e si allontanò silenziosamente.
Harlock si accostò ancora a Mayu, angosciato. Gli tornò in mente che anche Tochiro se n'era andato a causa di un male misterioso e incurabile e lui, con tutto il bene che gli voleva, non aveva potuto farci niente, se non assistere impotente alla sua agonia.
E lo stesso era successo con Maya.
Non doveva accadere di nuovo... non doveva accadere mai più!




 

1Per Pangea e Xelas, “Fuorilegge”, cap. 17

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Capitolo 4
*** Maledetto ***


 

Il tempo sull'Arcadia sembrava essersi fermato.
Le ore parevano giorni, i giorni settimane.
E Harlock non riusciva più a sfuggire ai suoi pensieri, ai suoi ricordi. Che lo torturavano senza pietà, in una spirale crudele che non gli lasciava scampo.
Si rivedeva seduto su quella sedia, accanto a Mayu, poco più di un anno prima, quando lei era stata ferita1. Non era in pericolo di vita, come adesso (perché il dottore non l'aveva detto, questo, ma lui l'aveva capito benissimo), eppure era lo stesso terrorizzato all'idea di perderla. Ed era stato da lì che, piano piano, si era reso conto di amarla in un modo diverso, e di aver bisogno di essere amato da lei.
Era stato uno stupido! Un illuso! Aveva creduto di poter essere finalmente felice. E invece la sua maledizione glielo aveva soltanto fatto credere per un po'... per poi colpirlo di nuovo, beffandolo con atroce cattiveria. La sua maledizione... quella che gli aveva tolto tutti i suoi affetti, uno a uno, lasciandolo solo con i suoi fantasmi, con i suoi rimorsi... e alla fine aveva voluto anche lei, e questo lui non se lo sarebbe mai perdonato!
Era colpa sua se Mayu si trovava in quel letto. Avrebbe dovuto saperlo, che, se le avesse permesso di entrare nella sua vita e nel suo cuore, prima o poi anche lei ne sarebbe caduta vittima. Lo sapeva, l'aveva sempre saputo, che per il suo bene avrebbe dovuto rimandarla sulla Terra, allontanarla da lui, dimenticarla. Invece era stato egoista, l'aveva voluta per sé. E questa era la sua punizione!
Si odiava.
Ma questa volta - si diceva - questa volta andrà diversamente... Se succede qualcosa a lei e ai bambini... la finisco qua. Non posso accettare che capiti di nuovo! Io faccio solo del male alle persone che mi si avvicinano... devo togliermi di mezzo una volta per tutte!
Non aveva mai avuto simili pensieri, prima. Nemmeno nelle situazioni più critiche, nemmeno quando gli era sembrato che il cuore gli si spezzasse per sempre, mai aveva preso in considerazione un'ipotesi del genere. Ma ora era stanco... tanto stanco... e gli sembrava non ci fosse più nient'altro per cui valesse la pena vivere.

Purtroppo le risposte che stavano aspettando tardavano ad arrivare, e, anche se le condizioni di Mayu non sembravano peggiorare, nemmeno miglioravano. Le funzioni cerebrali erano normali. Sembrava che semplicemente dormisse...
Si stavano dirigendo verso Pangea, ma Harlock non aveva ancora ordinato il salto nell'iperspazio. Prima voleva sapere qualcosa di più preciso, perché gli specialisti a cui Zero si era rivolto avrebbero potuto consigliare di recarsi su qualche altro pianeta.
Sulla nave erano tutti preoccupatissimi. Per Mayu, certo, ma anche per il capitano. Che da giorni ormai rifiutava di andare a riposare qualche ora o di mangiare un boccone. I piatti che Masu gli mandava in infermeria tornavano indietro praticamente intatti. A nulla servivano le raccomandazioni del dottore.
Era uno strazio vedere ridotto in quello stato un uomo come lui, che non perdeva mai la testa, che sapeva sempre scegliere la strada giusta, che li aveva tirati fuori da situazioni allucinanti... Il volto era ancora più pallido ed emaciato del solito, la cicatrice sembrava incisa ancora più profondamente nella carne, l'occhio era spento e cerchiato di scuro. E, quando pensava che nessuno le potesse vedere o sentire, si abbandonava a un pianto disperato.
Ad un certo punto Meeme decise di prendere in mano la situazione. Gli si avvicinò silenziosa e gli posò una mano sul braccio.
“Vieni con me” gli disse gentile, ma decisa.
Harlock scosse la testa, senza nessuna espressione.
“Sì, invece. Devi mangiare qualcosa e dormire un po'... non puoi andare avanti in questo modo...”
Lo sguardo di lui divenne duro.
“Non posso.”
“Non sarai di alcuna utilità a Mayu se ti lasci andare così. Finirai per ammalarti anche tu. Resterò io qui con lei e ti chiamerò se sarà il caso. Su, dammi retta.”
Forse Meeme usò qualcuno dei suoi strani poteri psichici, perché finalmente Harlock si alzò. Barcollò leggermente, perché era debolissimo ed esausto.
Meeme lo sostenne fino alla sua cabina, dove aveva fatto portare qualcosa da mangiare. Poi lo costrinse quasi a sdraiarsi sul letto. Gli porse un bicchiere.
“Che cos'è?”
“Qualcosa per farti dormire.”
“Non lo voglio.”
Ma Meeme non ritirò la mano. Continuò a tenergli il bicchiere sotto il naso, fissandolo con aria risoluta, finché lui lo prese e lo vuotò. Dopotutto, ha ragione lei, si disse, come sempre.
“Mi giuri che mi sveglierai, qualunque cosa succeda?”
“Te lo giuro, Harlock, stai tranquillo.”
Il sonnifero fece effetto rapidamente e solo allora l'aliena se ne andò a prendere il posto di Harlock accanto a Mayu. Non senza prima avergli rivolto un ultimo sguardo, chiudendo la porta. Ci sarebbe mai stata un po' di pace, nell'universo, per quell'uomo meraviglioso?

Harlock dormì per parecchie ore e, quando ricomparve in infermeria, aveva un aspetto un po' meno spettrale. Meeme gli cedette subito la sedia.
L'uomo fissò sconsolato il volto pallido di Mayu, sempre immobile e sprofondata in quella specie di limbo. Forse aveva sperato che fosse tutto un brutto sogno...
In quel momento, il dottore uscì agitatissimo dal suo studio.
“È arrivata la risposta dei miei colleghi, finalmente! Ci sono buone notizie, capitano!”
Harlock si rianimò di colpo. Il suo occhio pieno di rinnovata speranza si fissò sul dottore. Che andò subito al punto.
“Mayu ha un'infezione del sangue che progressivamente può portare a compromettere le funzioni vitali. Nel suo caso, ha cominciato con un'area del cervello, facendola entrare in questa specie di coma... È un virus che può restare silente per mesi o anni, o anche tutta la vita, e risvegliarsi in seguito a qualche mutamento nell'organismo, come per esempio, in questo caso, una gravidanza.”
Il capitano non lo ascoltava più. La sua mente aveva registrato solo le parole “infezione”, “compromettere le funzioni vitali”, “coma”...
“Oh mio dio! E quale sarebbe la buona notizia?”
“Che la cura è semplice! Basta procurarsi del materiale biologico di un consanguineo e qualunque laboratorio farmaceutico di media categoria è in grado di produrre l'antidoto, un farmaco per ricostituire gli anticorpi necessari a combattere l'infezione!”
La debole fiammella che si era accesa nel suo cuore si spense all'istante nel sentire quelle parole... Un'altra beffa del destino. La sua maledizione stava giocando con lui come il gatto con il topo.
“Non è possibile! - esclamò - Ci deve essere un'alternativa, deve esistere un'altra possibilità!”
Il dottore rimase un attimo interdetto.
“Dottore - gridò Harlock esasperato - lo sa benissimo anche lei che Mayu non ha più nessun parente in vita!”
“Ne è sicuro? Ci pensi bene, capitano - lo invitò serio il medico - Perché se ci fosse stata un'altra soluzione, i miei colleghi me l'avrebbero detto.”
Harlock tacque. Frugò disperatamente nella sua memoria. Ma era quasi certo che né Tochiro né Esmeralda gli avessero mai parlato delle loro famiglie di origine... di genitori, fratelli, zii, cugini... Non poteva escludere che ce ne fossero, da qualche parte, ma come avrebbe fatto a trovarli? Da quando l'umanità si era sparpagliata per l'universo, poi, era molto più facile perdere i contatti con i propri famigliari... Sarebbe stata un'impresa impossibile, anche circoscrivendo la ricerca alla sola Terra! E la vita di Mayu e dei loro figli dipendeva da questo! No, ci doveva essere per forza un'altra strada! Doveva! Per un istante gli balenò alla mente l'idea che Esmeralda potesse essere ancora viva... ma era un'ipotesi assurda, e in ogni caso lui non avrebbe saputo come contattarla.
Tochiro! Era l'unico che poteva aiutarlo, che poteva sapere qualcosa, che poteva dargli un indizio...
Si voltò di scatto e si diresse quasi correndo nella sala del computer centrale.
Lo mise al corrente di ogni cosa. In quei giorni gli era mancato il coraggio di rivelargli le condizioni di Mayu. Si sentiva troppo in colpa. Anche se non aveva dubbi sul fatto che lui sapesse già tutto.
“Se tu sai o sospetti che ci sia qualcuno della tua famiglia o di quella di Esmeralda ancora in vita... devi dirmelo e io lo troverò, dovessi andare fino all'inferno!”
Il computer però taceva... come se stesse riflettendo.
Harlock era perplesso, ma, dopo alcuni lunghi minuti di silenzio, capì che non era il caso di insistere. Tochiro aveva sempre agito al momento opportuno, e lui sperava con tutte le sue forze che l'avrebbe fatto anche questa volta.
Ma dove e come aveva contratto Mayu quel maledetto virus? Forse scoprirlo li avrebbe aiutati. Un ricordo lo assalì all'improvviso. Chiamò Tadashi e gli chiese di raggiungerlo lì.
“Hai presente quel cargo che abbiamo assalito per prenderci il laurium?2
“Certo!”
“Mi ricordo che tu hai accompagnato Mayu all'interno perché lei doveva scaricare i dati del computer di bordo...”
“Sì, è vero” confermò il giovane, che non capiva dove volesse andare a parare il capitano.
“È successo qualcosa là dentro?”
“Qualcosa... di che tipo?” quasi balbettò Tadashi, sempre più interdetto.
“Non so... Mayu ha toccato qualcosa, magari si è ferita...”
“Ah, sì, ora che ci penso, tornando indietro, in un corridoio buio è inciampata ed è finita addosso a uno di quegli androidi... e si è fatta un piccolo taglio alla mano, ma era poco più di un graffio. Le dissi di andare in infermeria a farsi medicare, ma poi non so se l'abbia fatto...”
“Va bene, grazie, Tadashi, puoi andare.”
Lo sapeva! Se l'era sentito subito nella carne che quel cargo avrebbe procurato loro dei guai seri! Ma ora non si poteva più rimediare, visto che l'avevano distrutto. Quell'informazione era probabilmente ormai del tutto inutile.
Tornò in infermeria. Sembrava aver ripreso la padronanza di sé.
“Dottore, io temo che questa soluzione non sia fattibile, purtroppo. Ma mi rifiuto di credere che in quest'epoca non ci siano farmaci adeguati! Vado a ordinare il salto in-skip: andiamo a Pangea, forse là sono in grado di aiutarci...”
se non altro a far nascere i bambini... aggiunse con una stretta al cuore. Si rese conto che non avrebbe nemmeno potuto farla finita, come desiderava... aveva promesso a Mayu che non avrebbe mai abbandonato i loro figli!
Il dottore lo guardò allontanarsi con la sua solita falcata. Meno male - pensò - sta reagendo. Adesso lo riconosco!
Poi tornò a fissare incredulo uno dei fogli che aveva in mano.
Non può essere... C'è sicuramente un errore... Devo saperne di più, prima di parlarne con lui e scatenare...dio solo sa che cosa!




 

1“Fuorilegge” cap.9 e 10

2 “Fuorilegge” cap. 15 e 16

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Capitolo 5
*** Il pianeta sconosciuto ***


Quando Harlock comparve sul ponte di comando, da cui mancava da giorni, nessuno gli disse nulla, ma tutti respirarono più sollevati. Senza la sua presenza, silenziosa ma tangibile, si sentivano un po' persi. Si limitarono a fargli un cenno di saluto e tornarono alle loro occupazioni. Il capitano ordinò a Yattaran di attivare le procedure per la navigazione extradimensionale, sempre seguendo le coordinate per Pangea.
“Yuki, più tardi aprimi il nostro canale di comunicazione con Xelas. Voglio avvisarlo del nostro arrivo e delle ragioni per cui stiamo andando lì.”
“Sì, capitano” disse prontamente la ragazza, anche lei felice che sembrasse tornato l'uomo di sempre, pur in un momento così doloroso per lui.
“Torno da Mayu. Per qualsiasi problema, mi trovate lì.”

In infermeria nulla era mutato. Meeme, che aveva discretamente preso il suo posto, si alzò senza parlare. Questa volta c'era anche Masu, la quale, come lo vide, si mise a piangere come un vitello, balbettando frasi sconnesse, in cui si distinguevano a tratti alcune espressioni, come “povera ragazza”, “povero capitano”, “che disgrazia”... Meeme la trascinò via con dolce fermezza. Quelle scene non facevano certo bene al morale di Harlock.
Si era seduto da pochi minuti, quando l'interfono nell'ufficio del dottore si mise a suonare con insistenza. Zero era chiuso nel laboratorio, così Harlock di malavoglia rispose. La voce allarmata di Yuki dall'altra parte lo fece preoccupare.
“Capitano, per favore, vieni subito in plancia! Sta succedendo una cosa stranissima!”
No, non adesso! Non sono in grado di affrontare nessuna emergenza!
Ritornò indietro il più in fretta possibile, augurandosi che non lo avessero disturbato per una sciocchezza. Per il loro bene, s'intende.
Sul ponte di comando stavano tutti fissando alternativamente i computer e lo spazio vuoto davanti a loro.
“Allora? Che c'è?”
“Scusa, capitano - prese la parola Yuki - abbiamo fatto il salto in-skip, ma... non verso Pangea, come io sono sicura di aver programmato... Del resto, stavamo già andando lì... Credo che il computer centrale ci voglia portare da qualche altra parte...”
Tochiro! Il capitano esultò in cuor suo. Era sicuro che il suo amico sarebbe intervenuto anche questa volta!
“... il problema è che le nuove coordinate... non corrispondono... a nulla!”
“Come sarebbe?”
“Guarda tu stesso. Con quelle coordinate non è segnato niente sulle mappe stellari: né un pianeta, né un satellite, né una base... niente di niente!”
“Beh, non sarebbe la prima volta...”
“C'è un'altra cosa... anche gli strumenti non rilevano nulla... siamo in una zona dello spazio praticamente sconosciuta... dove non sembra esserci traccia di presenza non solo umana, ma nemmeno aliena...”
Questo in effetti è strano... Tochiro, che cosa hai in mente? Chi potrà salvare Mayu, se qui non c'è nessuno?
Harlock taceva, assorto.
“Che cosa facciamo, capitano?” lo sollecitò il secondo ufficiale.
“Proseguiamo secondo la rotta tracciata dal computer centrale. Ci ha sempre tirato fuori ai guai... lo farà anche stavolta.”

Nonostante il salto nell'iperspazio, non sembravano essere ancora vicini alla loro meta. Qualunque fosse. Tutti gli strumenti dell'Arcadia continuavano a non rilevare nulla. E davanti a loro, attraverso le grandi vetrate, si stendeva un manto completamente nero: non si vedevano pianeti né asteroidi, e nemmeno stelle. Una lunga, infinita notte. Non avevano mai vissuto un'esperienza del genere, ed erano tutti piuttosto inquieti. Pareva loro di aver superato i confini stessi dell'universo.
Harlock continuava a fare la spola tra il capezzale di Mayu e la sala comando. Percepiva il nervosismo dei suoi uomini e cercava di mitigarlo con la propria presenza. Anche se lui stesso era perplesso. Aveva cercato di strappare qualche informazione a Tochiro, ma senza successo. Il computer centrale inspiegabilmente taceva.

Finalmente, dopo diverse ore, percepirono un forte campo gravitazionale.
“Ci dove essere una grossa massa di materia, là fuori, da qualche parte” sentenziò Yattaran.
“Un pianeta? - chiese Yuki - Ma perché non si vede ancora nulla?”
“Sì, probabilmente un pianeta. Ho un sospetto... Deve essere nascosto con una specie di scudo o, meglio, di schermo gigantesco, che lo confonde con il resto dello spazio. Ma la forza di gravità che esercita tradisce la sua presenza, quindi... non ne capisco molto il senso.”
“La vera domanda - intervenne Tadashi - è chi e perché non vuole farsi trovare... Non mi sento affatto tranquillo.”
“Bisogna avvertire il capitano”.
Yuki chiamò Harlock. Gli spiegarono la situazione.
Che cosa significa tutto ciò? Perché ci troviamo qui? C'è forse qualcuno della famiglia di Mayu su questo pianeta?
“Procediamo con cautela e lanciamo una richiesta di aiuto con il codice intergalattico... sperando che gli abitanti di questo posto, sempre che ce ne siano, lo conoscano!”
Mentre avanzavano molto lentamente e nello stesso tempo trasmettevano l'SOS, all'improvviso davanti a loro e sui loro schermi apparve il pianeta sconosciuto. Forse il computer centrale era riuscito a disattivare lo schermo che lo nascondeva alla vista e respingeva tutti i segnali radar.
Sembrava piuttosto grande e, come Yattaran subito verificò, aveva un'atmosfera compatibile con la vita umana.
Tochiro non sbaglia mai un colpo! esultò Harlock, che cominciava a intravedere un filo di speranza.
Pochi minuti dopo, qualcuno chiese di comunicare con loro e il capitano assentì subito. Laggiù avevano evidentemente captato il loro segnale. Diede ordine di fermare i motori. Non sapeva chi ci fosse dall'altra parte e non voleva fare nulla che potesse essere percepito come una minaccia.
Si sentì una voce femminile, ma nessun volto apparve sullo schermo
“Abbiamo intercettato la vostra richiesta di aiuto. Vi chiediamo di identificarvi.”
“Sono Harlock, capitano della astronave Arcadia. Abbiamo intenzioni pacifiche. C'è una persona a bordo bisognosa di cure mediche e chiediamo il permesso di poterla sbarcare.”
Dall'altra parte seguirono alcuni secondi di silenzio. Forse la persona si stava consultando con qualcuno.
“Tengo a precisare - proseguì Harlock - che non si tratta di una malattia contagiosa, non c'è pericolo di epidemia.”
Per quello che ne sappiamo...
“Dobbiamo riferire la vostra richiesta alle autorità. Per favore, restate in orbita fino a nuovo ordine.”
“Lo faremo, ma... vi prego di considerare la gravità della situazione. Il tempo stringe, purtroppo...”
L'altra chiuse la comunicazione.
Non restava che aspettare.
Forse qui non c'è nessun parente di Mayu... Forse qui hanno semplicemente delle conoscenze superiori alla nostre.. non importa, basta che me li salvino! Sono disposto a fare qualsiasi cosa!
Per fortuna l'attesa non fu lunga.
“Capitano - parlò la voce di prima - la nostra sovrana desidera incontrarla di persona, prima di prendere una decisione. La autorizziamo ad atterrare subito con una navetta dove ora le indicherò. Da solo. Un nostro incaricato la preleverà e la accompagnerà al suo cospetto.”
Yuki e Tadashi lo guardarono perplessi, ma Harlock non ebbe esitazioni.
“D'accordo. Sarò pronto tra un quarto d'ora. E... posso chiedervi come si chiama questo pianeta?”
La voce comunicò le coordinate del luogo dell'incontro. Il nome del pianeta, disse, era Panahon1. Un nome che nessuno aveva mai sentito prima.
“Capitano, non puoi andare da solo! Potrebbe essere pericoloso! Non sappiamo chi siano questi. Magari vogliono solo la tua taglia!”
Harlock si stava già preparando.
“Devo rischiare. Non ho scelta. Resteremo in comunicazione via radio. Se non avete più mie notizie, dopo due ore andatevene immediatamente su Pangea. È un ordine!”
“Ma... e Mayu? E i bambini? E noi? Che cosa faremo senza di te?”
Il capitano ebbe un sorriso amaro.
“Voi ormai siete grandi, potete cavarvela da soli. Quanto a loro... se qui non vogliono aiutarci, su Pangea lo faranno, o almeno ci proveranno. Ma io non mi preoccuperei troppo. Se ci fossero dei pericoli, il computer centrale non ci avrebbe mai mandato qui.”
Harlock andò a salutare Mayu.
“Resisti, amore mio. Presto starai di nuovo bene.”

Mentre conduceva la navetta al luogo dell'appuntamento, Harlock si preparava mentalmente all'incontro che lo attendeva.
Di nuovo una regina... l'ultima volta che aveva avuto a che fare con un personaggio del genere, non era andata proprio benissimo... Questa volta, poi, lui era in una posizione di debolezza: aveva bisogno del suo aiuto, e nemmeno per se stesso. Una situazione potenzialmente molto pericolosa. Sapeva che, in questo caso, pur di salvare Mayu e i gemelli, avrebbe fatto qualsiasi cosa, sarebbe sceso a qualunque compromesso. Poteva solo augurarsi che fosse una persona ragionevole.
Poi, c'era il problema di che cosa raccontarle... Era evidente che questo popolo non voleva essere trovato... qualunque fosse il motivo, era un loro diritto, e non lo riguardava.
Ma poteva andare a dire alla loro regina che erano stati condotti lì da un computer? O forse era meglio dire che ci erano capitati per caso, cercando disperatamente aiuto in quell'angolo desolato dell'universo?
Poi, certo, c'era sempre la possibilità che anche qui conoscessero il suo nome e i suoi trascorsi e gli avessero in realtà teso una trappola... Quante volte era già successo? Ma, come aveva detto a Yuki e Tadashi, non aveva avuto scelta.
E infine, come ci si rivolge a una regina? - si chiedeva infastidito, pensando a quello che riteneva essere un relitto del passato - A quell'altra davo del tu... ma eravamo nemici, su due fronti opposti ma sullo stesso piano...Questa invece … devo entrare nelle sue grazie...
Mentre si avvicinava alla superficie del pianeta, osservava che per molti aspetti era simile a com'era la Terra diversi secoli prima, prima che l'umanità la massacrasse: era ricco di acque, aveva montagne coperte di boschi alternate a verdi pianure coltivate e punteggiate di città più o meno estese. L'aria, notò uscendo dal veicolo, era tersa e frizzante. Ci credo che non vogliano essere trovati, soprattutto dai terrestri, che farebbero scempio di questo piccolo paradiso! Comunicò all'Arcadia che era atterrato senza problemi e che per il momento andava tutto bene.
Nel piccolo astroporto trovò già ad attenderlo un altro mezzo. Si aprì uno sportello e apparve un essere femminile del tutto simile a una donna terrestre, alta e slanciata, con una tuta attillata, di tipo militare, e con il volto coperto da un casco. Gli rammentò vagamente qualcosa, ma non ebbe tempo di mettere a fuoco quel ricordo.
“Lei è Harlock, vero? Prego, salga, la accompagneremo a palazzo.”
Fu fatto accomodare dietro alla donna che gli aveva parlato e alla collega che stava ai comandi, la quale lo salutò con un cenno del capo. La navetta si alzò rapidamente e iniziò a sorvolare una città piuttosto grande. La capitale, probabilmente. Il capitano cercò di rilassarsi guardandosi intorno. Anche la città sembrava molto bella, ordinata e pulita. Al centro di una piazza, notò un'enorme sfera scura, con delle iscrizioni in caratteri sconosciuti... quella visione gli smosse qualcosa nella memoria, ma anche in quel caso non riuscì ad afferrare di che cosa si trattasse.
“Come si chiama la vostra regina?” si azzardò a chiedere alle sue accompagnatrici.
“Sua Maestà, la nostra regina, si chiama Frida2.”
“Non sono pratico dei vostri costumi, ovviamente. Come mi devo rivolgere quando le parlerò? Con il lei o il voi? Devo... ehm... inchinarmi al suo cospetto?”
Come mi sono ridotto!
“Lei è uno straniero... non è tenuto a conoscere il protocollo. Comunque non deve inchinarsi e può usare il voi. L'importante è che non si avvicini troppo e non le rivolga la parola per primo, ma aspetti che sia Sua Maestà a interpellarla.”
Meno male, meno umiliante del previsto!
Si strinse nel mantello. Faceva un po' freddo3, e lui detestava il freddo. Era al momento l'unica nota negativa di Panahon.
La navetta atterrò in una specie di piazza d'armi, sul retro di un grande edificio. Il palazzo reale, dedusse Harlock. Notò diverse sentinelle armate di guardia sui lati del cortile e anche in alto, sul tetto. Si chiese se fossero lì per lui.
La donna che l'aveva accolto al suo arrivo lo invitò a seguirla all'interno.
“Capitano, devo chiederle di lasciare qui le sue armi. Le saranno restituite alla fine del colloquio, non ci preoccupi.”
Precauzione comprensibile. Harlock si tolse docilmente i cinturoni con la cosmo-dragoon e la gravity sabre e li porse a un'altra donna soldato che presidiava l'ingresso. Un'altra donna?
“E... dobbiamo perquisirla. Nulla di personale. Sono le regole.”
Pure!
Sperò per qualche secondo che comparisse un ufficiale di sesso maschile, ma naturalmente ciò non avvenne. Per fortuna la perquisizione consistette soltanto in un controllo con una specie di metal-detector.
Finalmente poté seguire la sua accompagnatrice attraverso corridoi e sale dai soffitti altissimi e illuminati da ampie vetrate, che affacciavano in parte su un grande parco. Harlock notò che non vi era alcuna ostentazione di ricchezza, né negli arredi né nelle decorazioni, eleganti ma sobrie, tuttavia l'insieme comunicava comunque ordine e solennità. Ogni tanto incontravano qualcuno, dignitari, personale di servizio, addetti vari... per fortuna c'erano anche uomini, pure se in minoranza. Tutti più o meno lo squadravano incuriositi, ma nessuno fece domande.
La donna si fermò davanti a una pesante porta di legno intagliato presidiata da due guardie armate. Donne pure loro. Comunicò loro qualcosa in una lingua sconosciuta, poi entrò. La porta fu richiusa dietro di lei.
Dopo pochi secondi uscì e fece cenno ad Harlock di entrare.
Okay, vecchio mio, si va in scena!
Si sistemò il mantello meglio sulle spalle, si drizzò in tutta la sua statura e con il suo passo marziale fece la sua comparsa al cospetto della regina Frida.







 

1“La principessa”, cap. 10

2“La principessa”, cap. 10

3“La principessa”, cap. 10

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Capitolo 6
*** Faccia a faccia ***


Poco prima...

La regina Frida era nella sala del trono già da un po'. Era sola, non aveva voluto nessuno ad assistere a quel colloquio, nonostante le perplessità dei suoi consiglieri. Ma non poteva rischiare che qualcuno si accorgesse della sua agitazione.
Non riusciva a stare seduta, continuava a camminare avanti e indietro per la stanza tormentandosi le mani.
Quando le avevano comunicato che un certo Harlock, comandante della nave Arcadia, chiedeva il permesso di atterrare su Panahon, le si era quasi fermato il cuore. Per quanto abituata da una vita a nascondere le proprie emozioni, quella volta aveva dovuto fare davvero uno sforzo immane per non mostrare le reazioni scatenate in lei da quella notizia: sgomento, panico, smarrimento... ma anche curiosità, perché negarlo?
Poi, mille domande le si erano affollate nella mente. In tanti anni nessuno aveva mai scoperto l'esistenza del loro pianeta, i sistemi di simulazione ideati dai loro scienziati avevano funzionato sempre alla perfezione... quindi, come aveva fatto quell'uomo ad arrivare fin lì? E, soprattutto, PERCHÉ era arrivato fin lì? Solo un caso? E perché voleva atterrare? Per poter prestare cure a una persona ammalata, aveva detto. Sì, certo, poteva essere anche vero, ma... perché aveva chiesto aiuto proprio a loro? Non poteva darsi delle risposte, naturalmente. L'unico modo per averle era chiedere direttamente a lui. Così aveva voluto incontrarlo di persona. Ma non era soltanto per questo, ammise con se stessa.
In realtà, non aveva potuto resistere all'inspiegabile desiderio di vedere finalmente in faccia suo padre1.

Harlock avanzò di qualche passo nella grande sala, ma si fermò a prudente distanza dal trono, come gli era stato suggerito. Forse troppo prudente, perché non riusciva nemmeno a distinguere bene la persona che vi era seduta. Si guardò rapidamente intorno e si stupì di non vedere nessun altro.
“Si avvicini, capitano” disse una voce calma e autorevole. Una voce che gli suonò stranamente familiare...
Ubbidì e si trovò così a pochi metri dalla regina. I due si studiarono per alcuni secondi.
È giovane - pensò lui - un po' troppo per questo ruolo, forse... però, che ne so io delle usanze di questa gente?
Era anche decisamente bella. Aveva lunghi capelli castani, la pelle leggermente ambrata, grandi occhi nocciola. Era seduta, quindi non poteva valutarne la statura, ma sembrava avere una figura slanciata, almeno a giudicare dalle mani affusolate. Indossava una lunga e pesante veste color smeraldo e un diadema sul capo.
Frida, da parte sua, lo giudicò senza dubbio molto attraente.
E un po' di anni fa doveva essere anche meglio!
Cominciò anche a sospettare la vera ragione del perché sua madre le avesse imposto di cercarlo... dopo una vita dedicata al suo popolo e al suo ruolo di regina, probabilmente voleva godersi la “pensione” in compagnia di un uomo che, con ogni evidenza, non aveva mai dimenticato... E chi avrebbe potuto biasimarla? Ma che cosa c'era stato davvero tra loro?
Scacciò quei pensieri. Non doveva in alcun modo tradirsi! Toccava a lei rompere il ghiaccio, e non le riuscì affatto facile.
“Le do il benvenuto su Panahon, capitano.”
“Vi ringrazio, maestà. Non mi sarei mai permesso di violare la vostra tranquillità, se non fosse stato per un grave motivo.”
“Sì, i miei collaboratori mi hanno accennato della vostra richiesta di aiuto. Ma, poiché non succede spesso che degli stranieri capitino da queste parti, ho preferito trattare la questione di persona. Mi dica: in che cosa possiamo esserle utili?”
Harlock respirò sollevato. La regina non pareva avere un atteggiamento ostile. Ora doveva giocare bene le sue carte.
“Abbiamo a bordo una persona affetta da un virus che l'ha fatta cadere in una specie di coma... e, se non si interviene con cure appropriate, tutte le sue funzioni vitali piano piano saranno compromesse.”
Senza che se ne rendesse conto, la sua voce si era appena incrinata, e Frida se ne accorse.
“Mi sembra di capire che tiene in modo particolare a questa persona...”
“Sì, lei è... mia moglie.”
Una moglie? Questo non se l'aspettava. Un famigerato fuorilegge, un pirata ricercato da anni in tutte le galassie, era sposato!
“Lei è - proseguì l'uomo - ...beh, è parecchio più giovane di me, ed è incinta. Di due gemelli. Avrebbe dovuto partorire tra poche settimane, ma ora non sappiamo che cosa fare... In realtà, la cura sarebbe semplice: basterebbe avere del materiale biologico di un suo consanguineo per creare l'antidoto. Il problema è che lei non ha più nessun parente in vita, non che io sappia. E, se anche ce l'avesse, non avrei idea di dove cercarlo...”
Frida si sentì improvvisamente inquieta, senza capirne bene la ragione.
“Mi scusi, capitano, ma... se le cose stanno così, non vedo in che modo noi possiamo intervenire...”
“Mi sono rivolto ovunque - mentì - ma nessuno ha potuto fare nulla. Vagando disperati nello spazio, ci siamo imbattuti in questo pianeta... un pianeta sconosciuto, non segnato su nessuna carta stellare e non rilevato dai comuni strumenti di bordo... Ho pensato che forse era un segno del destino. Che forse qui avrei trovato una scienza medica più evoluta delle altre. Siete la mia ultima speranza!”
Harlock aveva parlato con insolito calore. Era chiaro che era davvero disperato. E un uomo disperato può essere molto vulnerabile. O molto pericoloso.
“Già... voi siete riusciti a localizzare Panahon. Nessuno l'aveva mai fatto prima. I nostri sistemi di simulazione hanno sempre funzionato alla perfezione. Come avete fatto? Credo che lei mi debba una spiegazione.”
“Io... non lo so di preciso. Vedete, io comando quella nave da anni, ma non sono un tecnico. So solo che abbiamo computer e strumentazioni di livello superiore a quelli di qualunque altra astronave terrestre, e che a un certo punto abbiano avvertito un forte campo gravitazionale, e infine abbiamo visto comparire il vostro pianeta sui nostri schermi. Per sapere come ciò sia avvenuto, però, dovrei farvi parlare con il mio primo ufficiale...”
Speriamo che se la beva!
Frida fece un gesto con la mano.
“Non ha molta importanza, adesso. Noi preferiamo non avere contatti con altre popolazioni per motivi di sicurezza. Abbiamo lottato duramente per ottenere quello che abbiamo, e non vogliamo rischiare che qualcuno ci porti di nuovo via tutto. Ma siamo un popolo pacifico.”
Harlock annuì. Aspettava una risposta. Quella che avrebbe potuto salvare la vita di Mayu e dei bambini. E anche la sua.
La regina si alzò e scese lentamente i pochi gradini che rialzavano il trono dal resto della sala. Si avvicinò alla grande vetrata che affacciava su un giardino ben curato, con una fontana al centro.
Il capitano notò che la ragazza (perché era una ragazza) era anche molto alta.
“Vi aiuteremo, capitano. Non so in che modo, ma faremo tutto il possibile per curare sua moglie. I nostri medici in effetti sono eccezionali, e quindi ci sono buone possibilità che riescano a trovare una soluzione.”
“Io... non so come ringraziarvi, maestà. Vi sarò debitore per tutta la vita.”
Seguendo uno strano impulso, Frida non resistette. Doveva dirglielo. Voleva vedere la sua reazione. In seguito si sarebbe chiesta il perché di quella sua decisione assolutamente non razionale.
Voltò leggermente il capo verso di lui.
“Ma davvero, capitano, lei non ha capito chi siamo?”
La domanda lo colse di sorpresa. Che cosa significava? In che guaio si era cacciato, proprio quando pensava di essere finalmente in salvo? Si mise sulle difensive.
“No. Perché? Dovrei?” chiese con una voce divenuta di colpo fredda.
La regina si girò del tutto. Aveva un sorriso divertito stampato in faccia, che Harlock non seppe come interpretare.
“Non ha visto il nostro monumento nella piazza principale della città?”
“Quale monumento?”
“Quella grande sfera nera, con delle iscrizioni.”
“Sì, l'ho vista, ma non...”
“Eppure qualcosa dovrebbe dirle...”
Harlock cominciava a scocciarsi. Non gli piacevano i giochetti. Possibile che quella ragazzina con quella stupida corona in testa non capisse la gravità della situazione?
“Veniamo da Mazone, capitano.”
Quelle parole ebbero l'effetto di una bomba nella mente dell'uomo.
Sbarrando l'occhio, d'istinto fece un passo indietro, mentre la mano corse al fianco destro, ma, non trovando alcuna arma, si chiuse a pugno. Un gesto repentino, ma Frida lo notò ugualmente.
“Non si preoccupi, capitano - lo rassicurò - Non ha nulla da temere da noi. La guerra è finita da molti anni, è stata combattuta con onore da entrambe le parti, e noi siamo stati sconfitti. Ma, come vede, non ci siamo persi d'animo e ci siamo rifatti una vita qui. La vendetta non ci interessa.”
Il cervello di Harlock lavorava freneticamente. Ora tutto tornava. Ma come aveva fatto a non capirlo prima? Era talmente preoccupato, era così concentrato sulla sua missione, che non aveva collegato le impressioni di deja-vu che aveva avuto, le donne soldato, così alte e snelle, il pennant... e la voce di Frida.
“Quindi voi siete...”
“Sì. Sono la figlia di Raflesia.”
Harlock era perplesso. Qualcosa non gli tornava.
“Non sapevo che avesse una figlia...”
“Non poteva saperlo. Io sono nata qua. Lo so che dovrei essere più giovane di quello che sembro, ma, vede, noi abbiamo un ciclo vitale diverso da quello terrestre, e un modo diverso anche di misurare il tempo. Diventiamo adulti più in fretta, ma in compenso invecchiamo più lentamente. Una bella fortuna, ne convengo.”
L'uomo non poté esimersi da una domanda. Una domanda che si era tenuto dentro per oltre 15 anni.
“E... come sta vostra madre?”
Frida si irrigidì e la sua espressione divenne triste.
“Purtroppo non è più tra noi. È morta poco più di un anno fa2.”
Già. Avrebbe dovuto immaginarlo. Altrimenti su quel trono ci avrebbe trovato lei. Forse non sarebbe stata così ben disposta verso di lui, ma la notizia lo addolorò, più di quello che avrebbe voluto.
“Mi dispiace sinceramente. Anche se eravamo su due fronti opposti, ci siamo sempre rispettati e, in un certo senso, anche stimati. Ma... come è successo?”
La bocca della ragazza prese una piega amara.
“È stata assassinata. Proprio lì - indicò fuori dalla finestra - vicino a quella fontana.”
No! Raflesia non meritava proprio una fine simile! Non era certo per questo che le aveva risparmiato la vita, allora!
“Chi... chi ha potuto compiere un gesto così assurdo e crudele?”
“Era solo un esaltato. Che è stato punito come si meritava!”
Frida aveva ancora nelle orecchie le grida disperate del disgraziato a cui era stata addossata la colpa, mentre veniva condotto al luogo dell'esecuzione.
“Comunque - concluse la regina - visto che il passato è passato, le mie disposizioni non cambiano. Ho soltanto voluto essere chiara con lei. Tanto, sono sicura che prima o poi lo avrebbe capito da solo. Quindi manderò un'equipe sulla sua astronave e farò ricoverare sua moglie dove i medici riterranno più opportuno. Per il momento, le chiedo di lasciare l'Arcadia in orbita intorno a Panahon, non vorrei creare il panico tra la mia gente. Lei, naturalmente, può andare e venire come vuole.”
“Io.. vi ringrazio ancora.”
“Aspetti a ringraziarmi quando tutto sarà risolto. Un'ultima domanda, solo una mia piccola curiosità: come si chiama sua moglie?”
“Mayu. Si chiama Mayu.”
Per la seconda volta in poche ore, il cuore di Frida perse un battito. Mayu? No, non poteva essere quella Mayu. Solo un caso di omonimia? Mia moglie è parecchio più giovane... Non ha più nessun parente in vita...
Si sentì invadere dal panico. Ma non fece altre domande, per non insospettirlo. Avrebbe preso informazioni in altro modo. Decise di congedare l'uomo.
“Bene. Mi lasci il tempo di organizzare tutto, ma credo che entro un paio d'ore al massimo i medici saranno da lei. L'ufficiale che l'ha condotta qui le spiegherà anche come mettersi in contatto con noi, in caso di necessità. Buona fortuna!”
Harlock, non sapendo bene come comportarsi, fece un cenno con il capo, due passi indietro e uscì dalla sala. Scortato dal solito ufficiale, ripercorse a ritroso il tragitto fino all'ingresso del palazzo, dove gli furono restituite le armi. Fu poi riaccompagnato alla sua navetta. Comunicò a Yuki che era andato tutto bene e che stava per rientrare.
Mentre guidava verso l'Arcadia, analizzò le sue sensazioni.
Era in parte sollevato, perché avevano accettato di aiutarlo, anche se l'esito era ancora incerto. Ma doveva sforzarsi di essere ottimista. Poi, era sconvolto dalla rivelazione di Frida, la nuova regina di Mazone, l'erede di Raflesia: era andato a cacciarsi direttamente nelle braccia del suo antico nemico! E Tochiro? Lo sapeva? Perché li aveva indirizzati proprio lì? C'erano troppi misteri, in quella storia, e la cosa non gli piaceva affatto. Infine, una profonda tristezza. Sì, tristezza. Suo malgrado, gli dispiaceva che Raflesia non ci fosse più, e che fosse morta in quel modo indegno. Si chiese se ci fosse una tomba a cui rendere un ultimo omaggio.

Frida, congedato Harlock, aveva convocato Lucilla, la sua fedele consigliera, le aveva spiegato brevemente la situazione e l'aveva incaricata di organizzare la spedizione sull'Arcadia. Poi si era ritirata nei suoi appartamenti. Doveva mettere ordine nei suoi pensieri.
Aver conosciuto suo padre non l'aveva turbata più di tanto, in realtà. In fondo, aveva sempre vissuto senza di lui, non le era mancato. A Mazone quasi nessuno aveva un padre biologico... L'aveva trovato anche affascinante, ma più che altro un uomo distrutto dal dolore, non certo il terribile guerriero temuto in tutto l'universo, che aveva sbaragliato un esercito enorme e organizzato come il loro, con un manipolo di cenciosi fuorilegge... Un fatto davvero inspiegabile!
E non aveva mai capito fino in fondo perché sua madre avesse così legato la sua ascesa al trono al ritrovamento di quel pirata. E della sua fantomatica cugina3... Sì, aveva blaterato sul fatto che non voleva lasciarla sola, nel caso le fosse successo qualcosa, che era importante avere accanto delle persone su cui contare... Proprio lei, che non aveva mai avuto bisogno di nessuno, che aveva gestito da sola delle imprese titaniche, come la migrazione di un intero popolo prima verso la Terra e poi, dopo una guerra logorante, verso i confini estremi dell'universo!
Il fatto che la preoccupava di più, in quel momento, era che insieme a lui c'era una giovane donna che si chiamava come sua cugina. Harlock non le aveva detto il suo cognome da nubile e Frida non aveva fatto altre domande per non insospettirlo. E se fosse stata davvero lei?
Una rivale al trono, in pratica. D'accordo, nessuno sapeva nulla, a parte lei.
Li avrebbe aiutati e poi li avrebbe lasciati andare per la loro strada.
Già, perché aveva accettato di aiutarli? A lei che cosa importava di loro?
Anzi, nel dubbio, sarebbe stato meglio che questa Mayu, chiunque fosse, morisse, e con lei anche i bambini. Fine della storia.
Si disse che così aveva solo voluto prendere tempo. Valutare meglio il da farsi. Certo che, se le cose stavano davvero così, in pratica suo padre aveva sposato sua cugina. Anche se loro erano imparentate per parte di madre, era comunque un curioso intreccio. Strani, i maschi terrestri... allevano una ragazzina come una figlia (almeno, così le aveva raccontato Raflesia), e poi se la sposano... Ma che esperienza aveva lei, di maschi terrestri?
Decise che doveva saperne di più. Avrebbe interrogato di nuovo il capitano alla prima occasione.
Si chiese anche se Harlock fosse stato del tutto sincero. Se invece non fosse capitato lì per caso? Se lui, in qualche modo, avesse saputo qualcosa? E fosse venuto a rivendicare il regno per sua moglie? Non gli sembrava il tipo, anche in base ai racconti di Raflesia, ma... chi può dire come cambiano le persone nel corso degli anni?
La situazione era molto complicata. Un solo punto fermo: se quella ragazza era veramente sua cugina, la sua vita dipendeva esclusivamente da lei. Frida era l'unica perente ancora in vita, la sola in grado di fornire il materiale biologico. Nessuno però doveva venire a saperlo. Come avrebbe fatto a tenere all'oscuro di tutto i suoi collaboratori, i medici, quelli che avrebbero prodotto l'antidoto? Lei non era in grado di agire da sola, aveva bisogno del loro aiuto. Ma così il segreto così gelosamente custodito per anni sarebbe stato svelato, e Frida non se lo poteva permettere. Certo, avrebbe potuto agire come le sovrane che l'avevano preceduta... Aveva letto la storia di Mazone e c'erano un po' troppe morti sospette... una lunga scia di sangue... sua nonna Olimpia... Kora, la madre di Cleo, il braccio destro di Raflesia... Cleo stessa4... che differenza avrebbe fatto una in più o in meno? Che scrupoli avrebbe mai potuto avere una come lei, che aveva assassinato la propria madre?
Doveva agire con freddezza e astuzia, com'era nel suo stile. E doveva trovare il modo di sfruttare quella inaspettata circostanza a sua vantaggio...








 

1La principessa”, cap. 10 (in realtà i lettori lo sanno già, ma è in questo capitolo che Frida viene a saperlo)

2“La principessa” cap. 10

3“La principessa” cap. 10

4“La principessa” cap 9

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Capitolo 7
*** Igea ***


 

Harlock, tornato sull'Arcadia, fu tempestato di domande sul pianeta misterioso e sui suoi abitanti.
Preparandosi alla reazione negativa del suo equipaggio, dovette confessare l'origine della popolazione di Panahon.
“Che cosa?!? Ancora loro?!?” fu più o meno il grido unanime.
Il più infuriato di tutti era Tadashi. Non aveva mai mandato giù il fatto che Harlock avesse risparmiato Raflesia e avesse permesso alle Mazoniane di andarsene indisturbate.
Batté i pugni sui braccioli della sua postazione, dimenticando qualunque regola.
“E tu intendi affidare Mayu e i bambini a quelle?!? Ti sei fottuto il cervello, capitano? Quelle streghe non vedranno l'ora di vendicarsi di te!”
Yuki cercò di tranquillizzarlo. Harlock avrebbe dovuto rimetterlo al suo posto, ma in realtà lo comprendeva anche troppo bene.
“Calmati, Tadashi. La guerra è finita da molto tempo, loro hanno ricostruito qua la loro civiltà, e, per come la vedo io, è andata loro pure meglio che sulla Terra... E c'è un' altra cosa: Raflesia è morta. Sul trono adesso c'è sua figlia, che è nata su Panahon, dopo la fine del conflitto, e non ha nessun motivo per avercela con noi...”
“Come fai a esserne sicuro? E poi ci saranno ancora quelli che hanno combattuto contro di noi... che magari hanno perso una persona cara, e non credo che ci vedano di buon occhio! Io non mi fido! Io dico che ce ne dobbiamo andare e subito, prima che sia troppo tardi!”
Harlock lo ignorò.
“Tra un paio d'ore arriverà un'equipe medica da Panahon. Non voglio vedere alcuna manifestazione di ostilità da parte vostra.”
Girò i tacchi di scatto e si recò in infermeria, ad avvisare il dottor Zero. Era indeciso se imporgli di accompagnare anche lui Mayu a terra, o andare soltanto lui. Non voleva irritare i medici mazoniani...
Non si era mai sentito così insicuro, così indeciso sul da farsi!
Tadashi non aveva tutti i torti. Magari Frida no, ma qualcun altro avrebbe potuto approfittare della situazione e fare del male alla sua famiglia, per colpire lui... Si diede ancora una volta del pazzo incosciente. Un reietto come lui non avrebbe mai dovuto avercela, una famiglia!
Forse avrebbe davvero dovuto dare l'ordine di andarsene da lì il più in fretta possibile. Ma era stato Tochiro a condurli su quel pianeta sconosciuto, e doveva avere un motivo valido per farlo. Deviò verso la sala del computer centrale.
“Tochiro! Perché ci troviamo qui?”
Il computer si illuminò.
“Sì, lo so, mi sono sempre fidato di te... ma quelle sono Mazoniane! E poi ancora non mi è chiaro come potranno aiutare Mayu... Ho capito, non vuoi dirmi altro... basta che tu mi garantisca che lei e i gemelli non corrano alcun pericolo!”
Per niente tranquillizzato, proseguì fino all'infermeria. Aggiornò il dottor Zero sulla situazione. Gli parve che il medico fosse un po' agitato e, interrogato in proposito, anche stranamente evasivo.
“C'è qualcosa che dovrei sapere, dottore?” chiese con voce severa, quella a cui nessuno sapeva resistere.
“No, capitano, purtroppo non ci sono novità. Ma sono fiducioso che queste persone potranno aiutare Mayu... se l'Arcadia ci ha portato qui, è senz'altro per una buona ragione!”
“Sì, lo spero anch'io” sospirò guardando straziato la ragazza sempre sprofondata in quello strano sonno.

Frida fu di parola. Dopo meno di due ore una navetta con delle strane insegne, proveniente da Panahon, chiese l'autorizzazione a salire sull'Arcadia. A bordo erano tutti nervosi. Dalla sala comando Yattaran, Yuki e Tadashi tenevano d'occhio sui monitor l'hangar in cui stava per infilarsi il veicolo. Malgrado gli ordini di Harlock, avevano deciso di tenersi pronti a entrare in azione in caso di necessità.
Harlock in persona accolse i tre medici scesi dalla navetta (donne, ovviamente!) e li accompagnò fino all'infermeria, dove, senza tanti preamboli, il dottor Zero illustrò loro la situazione, mostrando gli esami che lui stesso aveva effettuato e le relazioni ricevute dai suoi colleghi. Le donne annuivano seriamente. Ascoltavano con attenzione, ma dai loro volti non traspariva alcuna emozione. Poi quella che sembrava essere il capo si rivolse ad Harlock.
“Capitano, non possiamo pronunciarci, al momento. Dobbiamo sottoporre sua moglie a ulteriori accertamenti con le nostre attrezzature. La porteremo presso l'ospedale di Elpidia, la nostra capitale, come concordato con la regina. Solo dopo aver esaminato il caso potremo dire qualcosa di più preciso.”
“Certo, me lo aspettavo. Fate quello che ritenete più opportuno. Siamo nelle vostre mani.”
Una delle tre chiamò la navetta per far arrivare una barella. Prepararono Mayu per il trasporto.
Harlock appariva impassibile, come al solito, ma il cuore gli batteva all'impazzata. Non gli sembrava possibile staccarsi da lei, affidarla a degli estranei, che per giunta un tempo erano stati suoi nemici. Anche se li avrebbe seguiti con il suo lupo spaziale, anche se sarebbe stato con lei in quell'ospedale giorno e notte, non si sentiva tranquillo. Era abituato a contare solo su se stesso, sul suo equipaggio e sulla sua astronave. Odiava anche solo l'idea di dover dipendere da qualcun altro. L'unico pensiero che gli dava un po' di fiducia era Tochiro.
La navetta-ambulanza lasciò l'Arcadia e puntò verso Panahon, seguita da quella guidata da Harlock. I membri del suo equipaggio lo osservavano preoccupati. Il capitano aveva assicurato che si sarebbe mantenuto in costante contatto con loro e che presto avrebbe chiesto anche per loro il permesso di atterrare. Ma a tutti quella decisione continuava a sembrare una follia.
Il mezzo si diresse verso un grande edificio alla periferia della capitale (l'ospedale, dedusse Harlock) e atterrò in un grande spiazzo. Evidentemente avevano avvisato il personale del loro arrivo, perché vi era già un gruppo di persone, con un'altra barella e strane attrezzature ad aspettarli, che presero in consegna Mayu e, dopo aver fatto scorrere su di lei una specie di scanner, la trasportarono all'interno dell'edificio. Harlock entrò a sua volta. Quelle persone sembravano intenzionate a curare davvero Mayu e non a farle del male. Almeno, si comportavano così. Forse anche i medici mazoniani avevano un'etica professionale, o qualcosa di simile al giuramento di Ippocrate... Ma sapeva che lui non ci avrebbe creduto fino in fondo, fino a quando la ragazza non avesse riaperto gli occhi.

Harlock era seduto in una sala d'attesa da un tempo che gli sembrava infinito. Per fortuna era solo: l'ultima cosa di cui aveva bisogno era di dover fare conversazione. Con qualche estraneo, per giunta.
Mayu era sparita dietro una porta a spinta, insieme all'equipe di dottori. Un'infermiera gli aveva detto con cortesia, ma anche con fermezza, che lui avrebbe dovuto aspettare lì. E lui stava aspettando. Dapprima si distrasse guardandosi intorno. Non aveva ricordi recenti di ospedali “umani”, ma questo edificio sembrava rispecchiarli parecchio, a parte il fatto che era nuovo di zecca e tirato a lucido. Ma non si vedeva nessun paziente. Ogni tanto passavano a passi rapidi un medico o un inserviente. Ovunque regnava uno strano silenzio. Era davvero un ospedale, quello? si chiese con angoscia.
Poi aveva cominciato a camminare avanti e indietro, per la stanza e per i corridoi, dove si affacciavano numerose porte, una dietro l'altra. Chiuse. Ma che ore erano? Quando sarebbe stato il momento del pranzo? O sarebbe cominciato l'orario di visita? Si sorprese a desiderare di vedere qualcuno, qualcuno che gli confermasse che quel luogo era davvero quello che credeva... Forse il popolo di Mazone non aveva più bisogno di cure mediche tradizionali... era talmente evoluto che aveva superato le malattie e il dolore fisico... ma allora perché costruire una struttura così imponente?
Dopo ore di pensieri tormentati, finalmente comparve la dottoressa che era salita sull'Arcadia, quella che sembrava la responsabile. Lo invitò a entrare in uno studio e lo fece accomodare su una sedia di fronte a lei. Il suo volto era impassibile, mentre da quello di Harlock doveva trapelare tutta la sua ansia.
“Sarò franca con lei, capitano. La situazione è abbastanza grave. La diagnosi fatta dai colleghi del suo medico di bordo è corretta e al momento la cura prospettata sembra essere realmente l'unica possibile...”
Harlock si sentì morire.
“Ma... non può essere... non può andare così...”
“Mi lasci finire. Intanto stiamo cercando di isolare il virus. Qui abbiamo dei laboratori di ricerca avanzatissimi e i nostri scienziati potrebbero anche trovare una soluzione alternativa... Solo che ci vorrà del tempo. Noi intanto potremmo somministrare a sua moglie dei farmaci che rallentano la diffusione dell'infezione, ma, per poterlo fare... il nostro consiglio è di far nascere i bambini. La gravidanza è a uno stadio avanzato e una nascita prematura di 2-3 settimane, anche se si tratta di gemelli, non è un problema. Siamo perfettamente attrezzati in questo senso. Così potremmo sottoporre la paziente a tutte le terapie necessarie, senza rischio di danneggiare i piccoli. Ma ci occorre la sua autorizzazione.”
“Ma... se anche loro fossero stati colpiti dallo stesso virus?”
“In quel caso il problema non ci sarebbe, basterebbe il suo materiale biologico, o quello di sua moglie.”
Harlock faceva fatica a respirare, aveva come un macigno sul petto. Era spaventato, come mai prima in vita sua. Nessuna decisione gli era mai pesata così tanto.
La donna se ne accorse.
“Ci pensi pure per un po', capitano. Ma le ribadisco che è la soluzione migliore per tutti... i gemelli non corrono alcun rischio, le ripeto.”
Anche il dottor Zero gli aveva prospettato una possibilità del genere, e questo pensiero gli infuse un po' di coraggio.
“Inoltre - proseguì il medico - potremmo fare una ricerca presso la banca intergalattica del dna... è una possibilità remota, ma... potrebbe anche dare dei risultati. Per avere qualche chance di successo in più, però, abbiamo bisogno di sapere qualcosa su sua moglie. Per esempio, il nome dei suoi genitori.”
Harlock era un po' rincuorato. Quella donna sembrava sapere il fatto suo.
“Suo padre si chiamava Tochiro Oyama. E sua madre Esmeralda...”
Si bloccò. Si rese conto di non aver mai saputo il cognome della donna del suo amico. Non sapeva assolutamente nulla di lei...
La dottoressa prendeva appunti. Alzò gli occhi su di lui. Due occhi blu cobalto, dietro le lenti rotonde degli occhiali.
“Esmeralda...e poi?”
L'uomo scosse il capo sconsolato.
“Non lo so. Mi dispiace.”
“D'accordo, non importa. Sua moglie è nata sulla Terra, immagino...”
“Sì...
“Si ricorda dove e quando?”
Harlock glielo disse. Quello per fortuna lo sapeva. Tochiro aveva voluto a tutti i costi che sua figlia nascesse sul suo amato pianeta d'origine.
“Bene, è già qualcosa. Farò cominciare la ricerca immediatamente.”
“Dottoressa... dottoressa...?”
“Igea. Mi chiamo Igea. Mi dica, capitano.”
“Grazie.”
“Dovere. E poi la nostra regina ha detto di metterci a vostra completa disposizione, di tentare con qualunque mezzo...”
Harlock non era un tipo pettegolo, ma la domanda gli uscì così, senza pensarci.
“Una curiosità... ma in questo ospedale è ricoverato qualcuno? Non ho visto né sentito nessuno...”
La donna sorrise.
“Pochissime persone, per la verità. Quasi soltanto abitanti originari del pianeta e discendenti dei nostri coloni, che sono più soggetti di noi alle malattie e fanno figli con metodi per noi superati... per questo siamo in grado di accudire anche i suoi.”
“Ah, capisco. Posso vedere Mayu... cioè, mia moglie?”
“Ma certo! Non si agiti per quello che vedrà, deve essere costantemente monitorata.”
La donna chiamò un'infermiera e le disse di accompagnare il capitano nel reparto di terapia intensiva. Harock si congedò stringendole la mano con un calore per lui assolutamente insolito, poi seguì l'assistente nel corridoio.

Avrebbe dovuto essere preparato, ma gli si strinse ugualmente il cuore a vedere Mayu ancora addormentata in quella stanza asettica, sotto una specie di campana di vetro sulle cui pareti erano come proiettati dati, numeri, tracciati... controllati da un'altra dottoressa, o infermiera. Non poteva nemmeno avvicinarsi, né toccarla...
Era lì da alcuni minuti, non sapendo cosa fare, a parte fissare la ragazza e il suo ventre tondo sotto il lenzuolo candido... quando la sua ricetrasmittente sul bavero del mantello trillò con insistenza. Qualcuno dall'Arcadia lo stava cercando. La donna lo guardò malissimo, lui abbozzò un gesto di scuse e si sentì in dovere di uscire in corridoio.
Che cosa succede ancora?
Non si aspettava però di sentire la voce del dottor Zero.
“Capitano, avrei bisogno di parlarle con urgenza...”
“Di che cosa si tratta?” chiese con impazienza.
“No... devo dirglielo di persona. È molto importante.”
Il suo tono di voce era insolitamente teso, e la cosa non gli piacque per niente.
Tornò nella stanza di Mayu, incerto sul da farsi. Era sicuramente qualcosa di grosso, altrimenti il dottore non si sarebbe mai permesso di disturbarlo... ma l'idea di lasciare lei da sola, tra sconosciuti, su quel pianeta misterioso... Sarebbe stato meglio che Zero lo raggiungesse lì, ma nessuno, a parte lui, aveva il permesso di atterrare su Panahon... e non c'era tempo per chiedere l'autorizzazione.
Sarebbe stato via per poco, pochissimo ... sarebbe tornato immediatamente.
Comunicò all'assistente che si sarebbe assentato per un'emergenza sulla sua astronave, e le ingiunse di avvisarlo per qualsiasi novità, anche insignificante.
In preda all'ansia e con il cuore pesante, tornò alla sua navetta e fece rotta verso l'Arcadia a tutta velocità.

Igea si assicurò che Harlock fosse scomparso in fondo al corridoio, poi attivò una chiamata su un canale riservato.
Frida rispose subito. Era chiaro che attendeva quella comunicazione da tempo.
“Com'è andata?” chiese alla dottoressa cercando di mascherare l'agitazione.
“Bene, direi, maestà... sta collaborando.”
“Si fida di noi?”
“Mi pare proprio di sì.”
“Ha acconsentito a far nascere i bambini?”
“Non ancora. Gli ho lasciato un po' di tempo per pensare, ma l'ho anche messo nella condizione di non avere altra scelta. Acconsentirà molto presto.”
“Ha detto come si chiamano i genitori della ragazza?”
“Sì - la donna consultò i suoi appunti - il padre si chiamava Tochiro Oyama, mentre della madre sa solo il nome, Esmeralda...”
È lei! Ora non ci sono più dubbi! Questi sono i nomi che mi aveva rivelato Raflesia!
“Bene. Tienimi informata.”
Frida chiuse la comunicazione e si abbandonò sullo schienale della poltrona, con gli occhi chiusi. Sarebbe andato tutto bene, ne era certa.

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Capitolo 8
*** Sconvolto ***


Appena ritornato sull'Arcadia, Harlock fu letteralmente preso d'assalto da Yuki, Meeme, Tadashi e Yattaran. Volevano sapere ogni cosa di Mayu, delle sue condizioni di salute, delle cure a cui la stavano sottoponendo.
Il capitano non aveva molta voglia di parlarne, voleva vedere il dottor Zero, e subito, ma era commosso dalla loro preoccupazione e, mentre si dirigeva rapidamente verso l'infermeria, tallonato dai quattro, riferì brevemente quanto aveva detto la dottoressa Igea.
“Insomma, ti sembra che stiano davvero cercando di aiutare Mayu?” chiese Meeme.
Harlock annuì.
“E come fai a dirlo? - intervenne Tadashi con tono polemico - Non sei un medico, potrebbero rifilarti qualsiasi balla e tu non te ne accorgeresti nemmeno!”
Il capitano gli lanciò uno sguardo di fuoco, ma ignorò la sua domanda. Perché era vero, lui non era in grado di valutare se all'ospedale gli stessero dicendo la verità o meno. Ma non poteva farci nulla.
Finalmente raggiunse lo studio di Zero ed entrò senza bussare, chiudendo accuratamente la porta dietro le sue spalle.
Il dottore aveva l'aria tirata, come se non dormisse da lungo tempo.
“Dottore, ma... si sente bene?”
“Si sieda, capitano” disse lui con voce stanca.
Era la seconda volta in poche ore che si trovava seduto davanti a un medico. Le sue speranze che si trattasse di buone notizie erano svanite nell'istante stesso in cui aveva notato l'espressione tesa di Zero.
“Io... non credo che lei sia al corrente di quanto sto per rivelarle... credo che nessuno lo sia... Non me n'ero mai accorto prima, perché da semplici esami di routine non emerge. Sono stati i miei colleghi a scoprirlo... ma io ho creduto ad un errore, finché non ho verificato di persona... Insomma, capitano, una piccola percentuale del patrimonio genetico di Mayu non... non è terrestre!”
“Cosa?!? Dottore, questa volta ha davvero esagerato con l'alcol!” gridò Harlock incredulo. Era una follia anche solo pensare una cosa del genere.
“Sapevo che avrebbe reagito così... ma i dati parlano chiaro, guardi, lo può controllare lei stesso - gli mise sotto il naso dei fogli con delle sequenze di dna - Anche un profano può vedere che ci sono dei geni per così dire... estranei... Ma c'è di più... mi era venuto un altro sospetto... e ho verificato anche quello, sperando di sbagliarmi...”
Il dottore sudava copiosamente. Harlock lo osservava con un'espressione indecifrabile, a metà tra il minaccioso e il terrorizzato.
“Non solo quel dna è alieno, ma è più precisamente... - deglutì a fatica - mazoniano!”
Il capitano perse del tutto il controllo. Afferrò il povero malcapitato per il bavero del camice.
“Lei deve essere del tutto impazzito - sibilò rauco - Come fa ad affermare una cosa simile? Perché, se è uno scherzo, non lo sto apprezzando per niente e ci saranno delle conseguenze molto pesanti...dottore!”
“Le pare che potrei mettermi a scherzare adesso? - Harlock mollò la presa per permettergli di respirare, ma continuò a fissarlo torvo - Si ricorda che anni fa eseguii una specie di autopsia su una Mazoniana?1 Beh, avevo ancora i risultati, è bastato confrontarli con i dati di Mayu, e coincidono senza ombra di dubbio! Capitano, ma non capisce? Il computer centrale ci ha portato qui non per caso! Lo sapeva, e sapeva che qui avremmo trovato del dna compatibile! Mayu è nel posto giusto per essere salvata!”
Un pensiero attraversò come un fulmine la mente di Harlock. Tochiro sapeva! L'aveva sempre saputo, e non gli aveva mai detto niente! Com'era possibile tenere nascosta una cosa del genere? Dimenticò il dottore e cominciò a collegare fatti del passato e ricordi confusi...
Ma certo, Esmeralda! Era entrata nelle loro vite come sbucata dal nulla, Tachiro aveva subito perso la testa per lei... lei così bella, alta, flessuosa... come una Mazoniana! A nessuno era venuto in mente di chiederle del suo passato, delle sue origini... e anche lui in fondo non sapeva niente di Tochiro, della sua vita prima di incontrare lui... non ne avevano bisogno, non aveva importanza... ma adesso?
Si prese la testa tra le mani. Per quanto sconvolto da quella notizia, doveva essere razionale. La vita di Mayu e dei gemelli dipendeva da lui e dalle sue decisioni. Il resto lo avrebbero affrontato dopo... ma nessuno stramaledetto codice genetico avrebbe cambiato il fatto che Mayu era la donna che amava e con cui desiderava trascorrere il resto della sua vita!
Il dottore continuava a parlare.
“Non si deve impressionare più di tanto... ormai sono secoli che l'umanità è venuta in contatto con civiltà extraterrestri... chissà quanti di noi hanno qualche antenato alieno!”
“Devo tornare immediatamente su Panahon. Devo riferirlo ai medici, così potranno circoscrivere la ricerca e tutto sarà più veloce! Mi dia una copia di quelle analisi, per favore...”
Zero mise i fogli in una cartelletta e glieli porse.
“Grazie, e mi scusi per prima. Mi raccomando, nessun altro deve venire a saperlo. Almeno per ora...”
“Naturalmente, capitano. Stia tranquillo. Ma come sta Mayu?”
Harock aggiornò anche lui sulla situazione.
“Che cosa mi consiglia di fare per i gemelli, dottore? È davvero meglio farli nascere prima del termine?”
“Sì, credo che sia la cosa più sensata... andrà tutto bene, ne sono più che sicuro!”

Harlock avrebbe voluto fare un blitz nella sala del computer centrale per prenderlo a pugni, ma non c'era tempo. Con Tochiro avrebbe fatto i conti più tardi.
Nell'hangar lo raggiunse Meeme, tutta trafelata. Gli porse due borse.
“Che cosa sono?” chiese con impazienza.
“Una l'aveva preparata Mayu per quando fosse andata in ospedale a partorire... Ci sono delle cose per lei e per i gemelli. I bambini vengono al mondo nudi, non lo sai? L'altra è per te... se dovrai trattenerti per qualche giorno laggiù.”
Harlock sorrise e la ringraziò.
Meeme... che cosa avrebbero fatto senza di lei?
Tornò difilato su Panahon e si precipitò in cerca della dottoressa Igea, a cui mostrò le analisi e raccontò la scoperta del medico di bordo.
Igea esaminò i dati attentamente, poi lo guardò al di sopra degli occhiali con un mezzo sorriso.
“Bene, questa è un'ottima notizia, capitano. Ci permette di guadagnare molto tempo. Non sarà più necessario cercare nella banca del dna intergalattica, ma probabilmente sarà sufficiente quella di Panahon. Ha deciso qualcosa in merito alla nascita dei bambini? Non voglio farle fretta, ma...”
“Sì, darò l'autorizzazione a farli nascere prima del termine.”
“Bene, ha fatto la scelta giusta... - lo osservò con più attenzione - Capitano, lei non sapeva niente di tutto questo... altrimenti ce l'avrebbe comunicato subito, suppongo... e la rivelazione l'ha sconvolto, vero?”
“Beh, insomma... si metta nei miei panni!”
“Eppure non dovrebbe turbarsi più di tanto. Come lei sa, il nostro popolo si era insediato sulla Terra parecchi millenni fa, e i discendenti di quegli antichi colonizzatori hanno continuato a vivere laggiù, incrociandosi con i terrestri e con chissà chi altri... magari anche lei è un po' mazoniano!”
Mentre parlava, la donna compilava alcuni moduli.
“Molte delle vostre grandi regine del passato... Semiramide, Cleopatra, Elisabetta I, Isabella di Spagna, Caterina la Grande2... in realtà erano di origine mazoniana. Non se l'aspettava, eh?”
Gli porse i moduli, continuando a sorridere. Harlock non capiva se stesse cercando di confortarlo o lo prendesse in giro...
“Sono per l'autorizzazione a far partorire sua moglie. Basta una sua firma.”
Harlock esitò ancora una frazione di secondo. Poi firmò.
“Bene - disse la donna alzandosi - Vado a far predisporre il tutto.
“Lo farà lei?” chiese l'uomo con una nota d'ansia nella voce.
“Sì, se lei non ha niente in contrario...”
“Oh no, tutt'altro!”
“Purtroppo deve aspettare qui. Non ci vorrà molto.”
Igea si allontanò verso il reparto dove era ricoverata Mayu e Harlock si dispose di nuovo all'attesa.
Era difficile per lui stesso capire che cosa provava in quei momenti...
Avrebbe dovuto essere felice, perché tra poco avrebbe finalmente visto i suoi figli... figli... una parola che solo pochi mesi prima sembrava impossibile anche solo pronunciare, per uno come lui!
E poi, avrebbe dovuto essere ottimista: la scoperta del dottor Zero, per quanto sconvolgente, rendeva molto più concrete le possibilità di guarigione per Mayu. Non riusciva ancora a credere che lei avesse sangue mazoniano... che avesse tra i suoi antenati una di quelle bizzarre creature mezze vegetali... del resto, anche Raflesia non era al cento per cento mazoniana, ricordava ancora molto bene il suo sangue rosso sprizzare dalla ferita durante il loro duello... avevano ragione Zero e Igea, chissà quanta altra gente sulla Terra aveva a che fare con Mazone, e nemmeno lo sapeva.
Adesso la rotta su quel pianeta aveva acquistato un senso.







 

1Capitan Harlock” serie classica, ep. 7, 8 e 9

2Non voglio assolutamente sminuire queste grandissime donne della Storia! Ma, se accettiamo l'idea che Mazone in passato abbia colonizzato la Terra, perché non ipotizzare che abbia contribuito anche all'emancipazione femminile? E poi questo dettaglio mi serve per dopo!

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Capitolo 9
*** Il tributo ***


Avvertimento dell'autore

Inizia una parte davvero MOLTO triste (triste in sé, indipendentemente da come posso averla raccontata) ed è inutile che dica “spero di non turbare la sensibilità di qualcuno”, perché tanto so che non sarà così, non avendo mai incontrato qui dei cuori di pietra. Posso solo assicurarvi che tutto ha una ragione.


 

Un paio d'ore dopo, un'infermiera si affacciò alla porta della sala d'attesa e fece cenno ad Harlock di seguirla. Il cuore gli balzò nel petto. Avrebbe voluto chiedere qualcosa alla donna, ma la bocca gli si era improvvisamente seccata e non riuscì ad articolare parola. Si sentiva anche di colpo tutto accaldato.
L'infermiera lo guidò però in un'altra ala dell'ospedale. Già, certo, è qui che porteranno le creature appena nate.
Igea lo stava aspettando in fondo al corridoio. Indossava ancora il camice e la cuffia da chirurgo. Ma non aveva un'espressione rassicurante, come lui si aspettava, e il cuore stavolta sembrò fermarsi per un attimo. Lo fece accomodare in uno studio.
“Allora?” riuscì finalmente a chiedere lui con un filo di voce.
“Sua moglie sta bene. E anche il bambino, il maschietto. La bambina, invece... purtroppo non ce l'ha fatta...”
Un dolore acutissimo, come una pugnalata a tradimento, gli attraversò il petto, spezzandogli il respiro.
“Mi dispiace, capitano, abbiamo fatto davvero tutto il possibile, ma l'infezione aveva aggredito anche lei ed era ormai a uno stadio avanzato... non era prevedibile, dalle analisi non risultava... forse era più fragile del fratello, succede, a volte, in caso di gemelli... È mancata quasi subito...”
Harlock chiuse l'occhio. Che cosa avrebbe detto a Mayu, quando si fosse svegliata? Come poteva darle quell'atroce notizia? E come avrebbe potuto confortarla, lui, che si sentiva annichilito e straziato dalla disperazione? E magari la colpa era sua! Se avesse dato subito l'autorizzazione, forse...
Espresse ad alta voce quel pensiero.
Igea scosse la testa.
“No, non ci pensi nemmeno. Non sarebbe cambiato nulla.”
“Posso... vederla?” trovò la forza di domandare.
“Sì... ma per motivi precauzionali l'abbiamo dovuta isolare... sa, non possiamo rischiare che il virus si propaghi per l'ospedale.”
“Capisco.”
“La accompagno. Ma... è sicuro di sentirsela? Non è necessario, se non vuole.”
No, che non se la sentiva. Ma doveva, perché Mayu lo avrebbe fatto, e gli avrebbe chiesto com'era la loro piccina e perché non era andato a salutarla, a dirle che qualcuno avrebbe sempre pensato a lei...
La dottoressa lo precedette per una serie di bui corridoi, fino a una grande stanza spoglia e poco illuminata, dove, al centro, si intravedeva una piccola teca trasparente. Era circondata però da una serie di sbarre, non era possibile avvicinarsi più di tanto. Harlock guardò interrogativamente Igea.
“È la prassi, mi dispiace.”
L'uomo si accostò il più possibile, e riuscì a intravedere la bambina, i suoi lineamenti delicati, i capelli scuri... qualcuno le aveva messo un vestitino bianco...
Di nuovo quella fitta al cuore, la precisa sensazione fisica che qualcosa dentro di lui andasse in mille pezzi... eppure non riuscì a versare nemmeno una lacrima. La sua maledizione non era ancora sazia, voleva da lui ancora quel tributo di sangue innocente...
Igea aspettava qualche passo dietro di lui.
Quando Harlock si voltò per uscire, gli chiese che cosa volesse fare.
“Riguardo a cosa?”
“Alla bambina. Non so se voi avete dei … rituali per questi casi... se vuole portarla sulla sua astronave o lasciarla qui su Panahon...”
Un'altra decisione devastante da prendere... Pensò che un'altra bara, con dentro una creatura amata, che vagava in eterno nello spazio era più di quanto potesse sopportare. Meglio un luogo a cui poter tornare ogni tanto, su cui lasciare un fiore, un pensiero...
“Preferisco lasciarla qui, se non è un problema. Naturalmente mi accollerò tutte le spese...”
La donna fece un gesto con la mano.
“Lasci stare. Darò tutte le disposizioni necessarie. Come si chiama? Sa, per i documenti...”
“Non... non avevamo ancora deciso il nome... Esmeralda. Scriva Esmeralda.”
Diede un ultimo sguardo alla piccola e uscì con passo pesante. Pesante come la sua anima.
“Ora la porto da suo figlio. Deve dedicarsi a lui, ora” disse la dottoressa con un tono quasi autoritario.
Tornarono nel reparto di prima e Harlock poté vedere il suo bimbo sotto lo stesso tipo di campana di vetro sotto cui stava Mayu, solo molto più piccola. Dormiva beatamente con i pugnetti chiusi. Aveva una grande massa di capelli scuri e sembrava di costituzione piuttosto robusta. Per quello che ne capiva lui... Si sentì travolgere da un'ondata di tenerezza, che mitigò per un attimo la sofferenza che lo opprimeva.
“Lui sta benissimo. È lì sotto solo per precauzione, perché comunque è prematuro. Ma è un bambino molto forte, credo che presto potrà stare in una culla normale. Congratulazioni, capitano. Ora possiamo dedicarci a sua moglie in tutta sicurezza.”
Tornarono nella camera di Mayu. Igea gli illustrava quanto avrebbero fatto nelle prossime ore: mentre procedevano con la ricerca del dna per l'antidoto, avrebbero somministrato alla paziente dei farmaci che avrebbero rallentato il propagarsi del virus.
Harlock ottenne il permesso di occupare una delle tante stanze vuote. Quando non ce la faceva più dalla stanchezza, si buttava sul letto così com'era e dormiva qualche ora. Poi continuava a fare la spola tra il reparto di Mayu e la nursery.
Aveva comunicato laconicamente al dottor Zero quanto era successo. Per il resto, non voleva parlare con nessuno. Cercava di lasciare il più possibile la mente vuota, e tenerla fissa su un unico pensiero: riportare Mayu sana e salva sull'Arcadia, con il loro bambino. Il quale stava sempre meglio, tanto che dopo un paio di giorni fu tolto da quella specie di incubatrice e trasferito insieme agli altri neonati. Finalmente Harlock vide altre persone in quel reparto, neogenitori che andavano e venivano, e lo guardavano con un misto di curiosità e simpatia. Erano gli abitanti originari di Panahon e i coloni di Mazone, aveva spiegato Igea, quelli che ancora facevano figli con metodi tradizionali. E anche i loro piccoli non erano diversi dal suo. Il suo, che non aveva ancora un nome. Che non era ancora riuscito a prendere in braccio, nonostante le infermiere glielo avessero proposto più volte. Ma lui non ce la faceva proprio. Non senza Mayu.

Una mattina Igea lo venne a cercare. Si era appena svegliato e non si sentiva affatto presentabile, ma la dottoressa non badò alle sue deboli proteste.
“Ho un'ottima notizia, capitano! Mi sembrava giusto comunicargliela subito - annunciò trionfante - Abbiamo trovato un dna compatibile con quello di sua moglie. Possiamo creare l'antidoto!”
L'uomo si rianimò all'istante. Finalmente! Finalmente un po' di luce in quell'abisso di disperazione.
“Oh, bene, benissimo! Quanto tempo ci vorrà?”
“Non credo molto. È già in mano ai tecnici dei nostri laboratori. Penso 24, 48 ore al massimo. La avvertiremo.”
“Ma... questo significa che qui c'è qualcuno della sua famiglia?” chiese speranzoso.
“Non possiamo saperlo, avviene tutto in anonimato. E poi i campioni di dna vengono conservati per lungo tempo, questo potrebbe anche risalire a decenni, se non secoli, fa...”
In fondo non era importante. Per la prima volta, dopo quei lunghi giorni di sofferenza, di angoscia, di preoccupazione, Harlock si sentì leggero. Forse era finita. Forse ce l'avrebbero fatta. La sua maledizione sarebbe stata sconfitta. In fondo, aveva già avuto la sua vittima sacrificale...
La sensazione di gioia fu però subito spazzata via da un funzionario che gli comunicava che quel pomeriggio avrebbero dovuto portare la piccola Esmeralda al cimitero della città, e gli chiedeva se lui voleva assistere. Sì, certo, rispose, straziato. Ma sentì che, stranamente, in quella circostanza, non voleva essere solo. Chiese che almeno una parte del suo equipaggio potesse essere presente. Si era del tutto dimenticato la sua promessa di ottenere anche per loro il permesso di sbarcare. Quella era l'occasione giusta per farlo. Il funzionario storse la bocca, poi disse che avrebbe dovuto parlarne con i suoi superiori e inoltrare la richiesta alla regina. Gli fece firmare dei fogli e se ne andò.
La burocrazia di Panahon non aveva nulla a che vedere con quella terrestre, evidentemente. O forse Frida ebbe un occhio di riguardo per lui, perché l'autorizzazione fu accordata subito, a patto che l'Arcadia restasse in orbita e l'equipaggio arrivasse con mezzi meno “vistosi”.

Così, all'ora convenuta, Harlock si trovò all'ingresso del cimitero, del tutto simile a quelli che ricordava sulla Terra. I suoi amici erano già lì, e la loro vista fu una specie di balsamo per il suo cuore ferito. Si stupì lui per primo di quella sensazione, lui che aveva sempre affrontato ogni sofferenza da solo, senza volerla mai condividere con nessuno, senza mai lasciarsi confortare.
Le donne, Meeme, Yuki e Masu, che cercavano di trattenere il pianto, lo abbracciarono per prime, seguite da Tadashi, Yattaran, il dottor Zero, Maji e altri membri dell'equipaggio. Non erano potuti venire tutti, non si poteva lasciare l'Arcadia incustodita, ma tutti gli erano vicini con il pensiero e l'affetto. E lui si lasciò stringere le mani, senza irrigidirsi, mormorando parole che nessuno gli aveva mai sentito pronunciare.
Entrarono per assistere al triste rito. Qualcuno aveva portato dei fiori, qualcun altro forse pregava. Harlock pensava solo che un pezzo di lui gli era stato strappato con crudeltà e sarebbe rimasto per sempre su quel pianeta, sotto quel piccolo cumulo di terra, ora coperto di fiori bianchi.
Prima di andarsene, Harlock si guardò intorno, per memorizzare il punto dove si trovava la tomba e ritrovarla con facilità quando avessero voluto tornare.
E notò qualcosa a cui prima non aveva assolutamente fatto caso.
Poco distante da lì si ergeva un alto basamento di lucida pietra nera, sormontato da una statua imponente che rappresentava una donna alta e snella, con una lunga veste, i capelli sciolti e come mossi dal vento, e una corona in testa.
Raflesia!
Come ipnotizzato si diresse verso il monumento. Ricordò di essersi chiesto, quando aveva saputo della sua sorte, se ci fosse un luogo a cui renderle un ultimo omaggio. Certo, non avrebbe mai immaginato di farlo in quel momento, in quella circostanza. Che assurdo scherzo del destino!
“Hai visto? Alla fine in qualche modo ti sei vendicata di me...” si trovò a mormorare fissando il bel volto severo.
Ma non lo pensava davvero. Sentiva, chissà come, che in realtà Raflesia non avrebbe mai voluto questo, che non se la sarebbe mai presa con un'innocente.
Piano piano si avvicinarono anche gli altri, ma nessuno fece commenti. Perfino Tadashi si astenne dai suoi soliti sfoghi di rabbia, del tutto inopportuni in quel luogo.
Poi Meeme ebbe il coraggio di posargli una mano sul braccio.
“Noi... vorremmo... insomma, ci piacerebbe conoscere il tuo bambino, e magari poter vedere anche Mayu... se è possibile” disse esitante.
Harlock sembrò riscuotersi da un sogno. Sì, avevano ragione. Bisognava guardare avanti, pensare al futuro. Così la strana brigata si diresse verso l'ospedale.
“Mi raccomando - li ammonì severamente il capitano - Cerchiamo di non farci riconoscere, come al solito! Comportiamoci in modo civile.”
Una parola! I corridoi asettici e silenziosi non avevano probabilmente mai subito l'irruzione di una ciurma di pirati rumorosi. Nel reparto maternità, malgrado i lodevoli sforzi per trattenersi, crearono un discreto scompiglio, sotto gli occhi sbalorditi del personale, delle pazienti e degli altri visitatori.
Un'infermiera, che aveva colto al volo la situazione, sollevò il piccolo dalla culla e lo mostrò attraverso il vetro alla sua “famiglia”. Era sveglio e sembrava fissare i presenti con i suoi grandi occhi, di un colore ancora indefinibile, e una buffa espressione severa. Fu davvero un curioso spettacolo vedere quegli uomini dall'aria poco rassicurante abbandonarsi a gridolini, sorrisi e ridicole smorfie, come se il piccolo potesse davvero vederli o sentirli.
Le donne invece erano commosse e intenerite. Masu poté finalmente esibirsi in fantasiosi apprezzamenti, ripetendo in continuazione che era il bambino più bello che avesse mai visto.
Harlock si godeva lo spettacolo in disparte, gonfio, forse per la prima volta, d'orgoglio paterno.
“È vero - confermò Yuki - È bellissimo, e assomiglia tanto a Mayu... tranne nell'espressione: quella è decisamente tua!”
Già... Mayu... una fitta al cuore lo riportò dolorosamente alla realtà.
Lasciò i suoi uomini alla contemplazione della creatura e andò a cercare Igea per chiederle se ci fossero novità.
Non ce n'erano ancora, ma ci stavano lavorando. E purtroppo non era possibile ammettere visitatori nel reparto di terapia intensiva dove si trovava la ragazza.
Così i suoi amici tornarono sull'Arcadia, promettendogli che, a turno, sarebbero tornati a fargli compagnia. Sempre che a lui avesse fatto piacere.
“Sì, per favore” si sentì dire, stupefatto.
Che cosa gli stava succedendo?

 

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Capitolo 10
*** Risveglio ***


Trascorse un'altra notte di angosciosa solitudine. Razionalmente si imponeva di essere ottimista: avevano il dna, avrebbero creato l'antidoto... Ma emotivamente sapeva che non ci avrebbe creduto finché non avesse rivisto aprirsi gli occhi ambrati di Mayu.
C'era un altro timore che lo tormentava... quello stato di coma avrebbe potuto avere delle conseguenze sulla salute della ragazza? Aveva creato dei danni irreparabili? Aveva raccolto tutto il sua coraggio e l'aveva chiesto a Igea e lei l'aveva escluso, visto che non non si trattava di un coma profondo, e sangue e ossigeno avevano continuato ad affluire al cervello... ma anche in quel caso, per esserne sicuro, doveva sperimentarlo di persona.

La mattina dopo, qualcuno bussò con prepotenza alla porta della sua stanza. Harlock era finalmente riuscito a prendere sonno solo alle prime luci dell'alba e ne emerse molto lentamente.
Si trovò davanti Igea. Buttarlo giù dal letto sembrava essere diventato il suo hobby preferito. In qualunque altra circostanza, l'avrebbe cacciata via, ma in quella situazione si spaventò.
“Mi perdoni, ma... non rispondeva. Volevo soltanto dirle che l'antidoto e pronto e stiamo per somministrarlo a Mayu. Non abbiamo idea di quanto ci metterà a fare effetto, ma sua moglie è giovane e forte, dovrebbe reagire abbastanza in fretta. Immagino che vorrà essere accanto a lei quando si sveglierà... La chiamerò io quando sarà il momento.”
Girò i tacchi e si allontanò.
Ad Harlock sembrò che il cuore gli scoppiasse dalla felicità. Decise di darsi una bella sistemata: voleva che Mayu al suo risveglio vedesse l'uomo che aveva sposato, non una specie di senzatetto. Ma in quei giorni drammatici badare al proprio aspetto era l'ultima delle sue preoccupazioni. Scacciò dalla mente l'ipotesi che lei non lo riconoscesse... che non si ricordasse più nulla... non l'avrebbe sopportato!
L'attesa lo stava consumando. Continuava a ripetersi che era normale, che i farmaci non sono bacchette magiche... ma non poteva fare a meno di guardare l'orologio appeso alla parete ogni 5 minuti e di camminare nervosamente su e giù per i corridoi semideserti. Poi aveva paura che lo venissero a chiamare e non lo trovassero, e allora tornava in tutta fretta nella solita sala d'aspetto, diventata la sua personale stanza delle torture.
Finalmente, ma era ormai quasi il tramonto, comparve Igea, con un sorriso stampato sulle labbra.
“Venga, capitano” disse con un tono di voce insolitamente dolce.
Harlock la seguì come un automa, mentre lei gli spiegava.
“Abbiamo fatto ripetute analisi, e l'ultima, di poco fa, registra un significativo calo della presenza del virus. Quindi è ragionevole pensare che la paziente possa svegliarsi da un momento all'altro... ma non possiamo esserne sicuri, quindi non si allarmi se non accade. Potrebbe volerci dell'altro tempo...”
Ma lui quasi non l'ascoltava. Pensava soltanto a lei, ai suoi occhi, al suo sorriso, a quali sarebbero state le sue prime parole, che cosa le avrebbe detto... Già... che cosa le avrebbe detto dei bambini? Decise che non le avrebbe rivelato subito la verità sulla piccola Esmeralda... aveva paura che non avrebbe retto lo choc, prima doveva riprendersi del tutto.
Mayu non era più nel reparto di terapia intensiva, sotto quella specie di campana di vetro. Era in una stanza singola, sempre monitorata, ma libera da tubi e altre cose strane. Per la prima volta da giorni lui poté avvicinarsi e toccarla.
“La lascio. Può rimanere quanto vuole. Quando Mayu si sveglia, prema quel pulsante, per favore” gli raccomandò Igea prima di andarsene.
Lui si sedette accanto al letto, le accarezzò il viso, che sembrava ancora più minuto del solito, e le prese una mano nella sua. Le parlò. Le parlò per un tempo che gli parve infinito (una sensazione che aveva avuto spesso, da quando lei si era ammalata), senza nemmeno avere esatta coscienza di quanto stesse dicendo. Forse non aveva mai parlato tanto in vita sua.
Finché lentamente, impercettibilmente, le palpebre di Mayu, orlate dalle lunghe ciglia scure, cominciarono prima a fremere, poi a sollevarsi, all'inizio con fatica, per poi spalancarsi del tutto.
Harlock trattenne il fiato. Era il momento della verità... senza rendersene conto, le strinse più forte la mano.
La stanza era immersa nella penombra, solo una piccola lampada sopra il letto gettava una luce soffusa. E fu un bene, perché una illuminazione troppo violenta avrebbe potuto darle fastidio. Gli occhi ambrati della ragazza fissarono per un attimo la parete davanti a lei, poi si volsero verso di lui. E un debole sorriso le piegò le labbra, mentre la voce le usciva a fatica, come proveniente da un luogo remoto.
“Harlock... Che cosa mi è successo?”
A quelle parole, tutta la tensione, l'angoscia, la disperazione che avevano schiacciato il suo cuore in una morsa gelida andarono in frantumi, e lui non riuscì più a trattenere un pianto liberatorio. Non ci provò nemmeno, a frenarlo. Continuava a baciarle il palmo della mano, passandosela poi sul viso. Mayu era perplessa, non l'aveva mai visto comportarsi così. Intuì che doveva esserle capitato qualcosa di veramente grave. Aspettò che si calmasse. E finalmente lui riuscì ad articolare delle parole sensate, rispondendo alla sua domanda.
“Sei stata male. Hai preso uno strano virus e sei entrata in una specie di coma. Ma ora sei guarita, grazie al cielo!”
“Dove... dove ci troviamo?”
D'istinto, Harlock le disse una mezza verità. Non si fidava ancora completamente delle Mazoniane.
“Cercando un posto dove curarti, siamo capitati su un pianeta praticamente sconosciuto. Si chiama Panahon, e qui hanno trovato l'antidoto. Ma ti racconterò ogni cosa nei particolari quando ti sarai rimessa del tutto.”
Mayu parve ricordarsi solo in quel momento di quali fossero le sue condizioni prima di perdere conoscenza, e si portò una mano al ventre. Trovandolo pressoché piatto, si spaventò.
“I bambini!” quasi gridò.
Il momento tanto temuto era arrivato.
“I medici hanno consigliato di farli nascere un po' prima del tempo, per poterti curare meglio...”
La ragazza batté le mani.
“Sono nati! Che bellezza! E come stanno? Voglio vederli!” esclamò commossa.
“Sì, è andato tutto bene, tesoro. Ma ora devi riposare, devi pensare solo a guarire, non puoi sopportare ancora emozioni troppo violente.”
Detestava mentirle, ma in quel caso non aveva scelta.
“Ti prego, solo un minuto! - iniziò a supplicarlo - Nessuno può essere così crudele da impedirmi di vedere i miei figli!”
“No, i dottori sono stati tassativi su questo!”
A quel proposito, Harlock si ricordò che avrebbe dovuto avvertire qualcuno, quando Mayu si fosse svegliata. Ma non suonò il campanello, decise di andare di persona a cercare Igea e a raccomandarle di reggergli il gioco.
Diede un bacio sulla fronte alla ragazza e uscì, ignorando le sue proteste.
Fece chiamare la dottoressa e la informò di quanto era successo.
“Oh, bene! Ha visto che ce l'abbiamo fatta? Vengo subito a visitarla.”
“Sì, io non finirò mai di ringraziarvi. Ma vorrei chiedere un ultimo favore. Non voglio che lei sappia subito della bambina... non vorrei che il colpo fosse troppo forte per lei. Le ho detto che i medici ritengano sia meglio che non veda i gemelli finché non si è ripresa del tutto. La prego di confermare questa versione, per favore. Poi troverò io il momento e il modo per dirle la verità.”
“Certo, capisco. Ha fatto bene, comunque. Non si preoccupi, ci penso io a convincerla.”
Entrarono insieme nella stanza di Mayu.
“Ti presento la dottoressa Igea, che ti ha seguito fin da quando sei arrivata qui e ti ha guarito.”
Mayu le sorrise.
La donna le passò una specie di scanner su tutto il corpo e annuì soddisfatta. Poi chiamò un'infermiera per fare un altro prelievo del sangue.
“Va tutto bene - sentenziò - Ora dalle analisi verificheremo la regressione dell'infezione. Si sentirà molto stanca, nelle prossime ore, ma è normale. È meglio che rimanga a letto ancora per qualche giorno ed eviti qualsiasi sforzo, anche emotivo. Come le ha già anticipato suo marito, è opportuno che non veda i bambini, per il momento. Voglio sottoporla prima ad altri esami, per verificare che non sia più contagiosa e assicurarmi che non ci siano conseguenze di qualsiasi tipo. Io lo escludo, ma è stata in coma per diverso tempo, lei capisce, vero? È per il bene suo e dei suoi figli. Avrà tutto il tempo per recuperare con loro.”
Gli occhi di Mayu si riempirono di lacrime, ma lei annuì, rassegnata, e Harlock tirò un sospiro di sollievo. Era sempre stata una persona ragionevole.
Dopo che l'infermiera se ne fu andata, Mayu tornò ad assopirsi, esausta. Lui non riusciva a smettere di guardarla, con una certa apprensione. E se fosse tornata in coma?
Igea tornò poco dopo e gli annunciò che l'infezione era ulteriormente regredita, e che quindi Mayu poteva considerarsi fuori pericolo. Fece portare un altro letto nella stanza e gli permise di dormire lì. Comunicò all'Arcadia la bella notizia, prima di abbandonarsi anche lui a un sonno, per la prima volta dopo tanto tempo, finalmente senza incubi.

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Capitolo 11
*** Ritorno alla vita ***


 

Nei giorni che seguirono Mayu si sottopose docilmente a numerosi esami, che per fortuna non rilevarono alcuna conseguenze del virus, né neurologica né di altro tipo, sul suo fisico. Sembrava solo che avesse dormito un po' troppo. Doveva però stare ancora a riposo e non poteva ricevere visite.
Harlock piano piano cominciò a rilassarsi. Però non la lasciava mai. Si assentava solo ogni tanto per andare a vedere il bambino. Si odiava perché non l'aveva ancora preso in braccio e temeva che si sentisse abbandonato. Mayu ogni tanto chiedeva dei gemelli, quasi timidamente, come se presagisse che era successo qualcosa. Voleva sapere come stavano, a chi assomigliavano, se mangiavano e dormivano senza problemi, se in quei primi giorni di vita avrebbero sentito la mancanza dei genitori... Lui la rassicurava, ma non era mai stato molto bravo a mentire e si rendeva conto che le sue risposte erano troppo generiche, evasive, e sapeva che la ragazza avrebbe presto capito che le stava nascondendo la verità.
Incapace di sopportare ancora quella situazione, decise di abbreviare i tempi. Ormai Mayu si sentiva meglio, riusciva anche a stare alzata per alcune ore e a camminare nei corridoi, appoggiandosi al suo braccio. Stava riprendendo anche a mangiare in modo normale. Ed era lucidissima, ricordava tutto di tutti. Era la solita Mayu.
La sera, quando sapevano che non sarebbe più venuto nessuno del personale dell'ospedale, Harlock si sedeva sul letto di Mayu, con la schiena appoggiata alla testiera, e la teneva a lungo tra le braccia, finché lei non scivolava nel sonno. Aveva avuto così tanta paura di non poterlo più fare, che non si stancava mai di stringerla, di accarezzarla, di baciarle il viso, i capelli, le mani che lo accarezzavano a loro volta.
Fu in uno di quei momenti che raccolse tutto il suo coraggio e decise di parlarle. Avrebbe preferito mille volte affrontare disarmato un corpo a corpo con un feroce nemico che spezzarle il cuore. Ma non poteva rimandare all'infinito.
“Mayu, devo dirti una cosa. Una cosa che ti darà un grande dolore... perdonami se non te l'ho detto prima, ma ero troppo preoccupato per te... volevo che fossi di nuovo in forze...”
“Riguarda i bambini, vero?” chiese la ragazza con un filo di voce.
Lo sapevo che aveva già capito tutto!
“Solo uno di loro... la bambina... non ce l'ha fatta, purtroppo. Forse era più fragile del fratello e l'infezione aveva colpito anche lei in modo irreparabile. I medici hanno fatto tutto il possibile per salvarla, ma è stato inutile...”
La sua voce sfumò in un sospiro.
Mayu ebbe un fremito e lui la strinse più forte. Si sarebbe aspettato una reazione più violenta, invece lei cominciò a piangere silenziosamente, le spalle appena scosse dai singhiozzi. Sentì le sua lacrime sulle dita che le sfioravano le guance. La lasciò sfogare.
“Mi dispiace tanto, tesoro, è una cosa terribile, crudele, inimmaginabile, ma la supereremo, insieme. Ora tu sei guarita e nostro figlio ha bisogno di noi... dobbiamo pensare a lui...”
Mayu parlò con voce spezzata.
“Lo sentivo, che c'era qualcosa di strano, che era accaduto qualcosa, ma speravo tanto di sbagliarmi! È colpa mia se lei non c'è più...”
“Non dirlo nemmeno per scherzo! È stata una tragica fatalità. Non devi pensare una cosa simile!”
“L'hai vista?”
“Sì.”
“Dov'è ora?”
“Ho pensato di lasciarla qui, nel cimitero della città. Così possiamo venire a trovarla, qualche volta... Purtroppo ho dovuto decidere senza di te.”
“Hai fatto bene. Come... come l'hai chiamata?”
“Esmeralda. Ho pensato che tu avresti approvato.”
“Sì, infatti...”
“Domani chiederò alla dottoressa di portarti il bambino. È ora che conosca la sua bellissima mamma. Avrà bisogno di tutto il tuo amore, perché io in questi giorni sono stato un pessimo padre...”
“Ma che cosa dici?”
“Sì, è così. Sono stato un vigliacco, non l'ho mai voluto prendere in braccio, non me la sono sentita. Non senza di te...”
“Adesso sei tu che dici sciocchezze! Sì, ti prego, convinci Igea a portarmi... ma... lui come si chiama?”
“Non ce l'ha ancora, un nome, povera creatura! Volevo sceglierlo insieme a te. Anzi, decidilo tu!”
Mayu rimase in silenzio alcuni minuti. Sembrava essersi un po' calmata, ma Harlock sapeva che il peggio sarebbe arrivato dopo, quando sarebbero tornati sull'Arcadia e avrebbero ripreso la loro solita vita. In quel momento si sarebbe davvero resa conto della perdita subita. Ma per il momento era riuscita a distrarla.
“Tristan” esclamò.
Harlock era perplesso. Non gli sembrava proprio un nome allegro e di buon auspicio, ma aveva deciso di accogliere la sua scelta, qualunque fosse. Avrebbe anche voluto chiederle perché, ma si disse che non era il momento.
“Tristan! Almeno domani saprò che cosa dire all'infermiera. Ora è meglio che cerchi di dormire.”
“Sì, ma non andartene. Rimani a dormire qui con me, ti prego.”
“Tutto quello che vuoi, amore mio.”

La mattina dopo Harlock disse a Igea che Mayu era pronta per vedere il bambino. Che tra l'altro, annunciò, finalmente aveva un nome.
La dottoressa non ebbe nulla in contrario, così poco dopo un'infermiera entrò nella stanza della ragazza spingendo una culla.
A Mayu balzò il cuore in gola e gli occhi le si riempirono di lacrime. Di felicità e di emozione, questa volta. La donna le mise delicatamente in braccio il piccolo Tristan, che era sveglio e di sicuro aveva appena mangiato, perché aveva un'aria tranquilla e beata.
“Com'è piccolo...” esclamò Mayu stupita. Non aveva esperienza di bambini appena nati, non ricordava di averne mai visto uno prima. Il piccino sembrò fissarla con curiosità. Forse aveva riconosciuto la sua voce...
“Quanto sei bello...” continuò estasiata accarezzandogli piano la testa e le guance paffute, come timorosa di fargli male.
Harlock si godeva la scena un po' in disparte. Era la prima volta che si ritrovavano tutti e tre insieme e, dopo quello che avevano passato, gli sembrava un miracolo.
La voce di Mayu lo distolse dalle sue riflessioni.
“Vieni qui.”
Si avvicinò lentamente al letto. Non era mai stato così vicino a suo figlio.
“Non è bellissimo?”
“Sì, certo. I ragazzi dicono che assomiglia a te.”
Lei sorrise e gli porse il fagotto.
“Prendilo un po' tu...”
Terrore puro.
“Ma... forse non è il caso... se lo faccio cadere?”
“Ma va! Tanto lo dovrai fare, prima o poi. Siediti, se ti fa sentire più sicuro.”
Impacciato, Harlock si accomodò sul bordo del letto e prese tra le braccia il piccolo, travolto da una tempesta di emozioni sconosciute. Tenerezza, orgoglio, istinto di protezione, una nuova forma di amore... credeva di aver già provato questi sentimenti, tanto tempo prima, quando Mayu era rimasta orfana... ma ciò che dominava il suo cuore in quel momento era qualcosa di completamente diverso, totalizzante... che sembrava ridimensionare tutto il resto.
Io ci sarò sempre per te... potrai sempre contare su di me.
Tristan era davvero sangue del suo sangue... era il frutto di un amore arrivato quando ormai non si aspettava più nulla dalla vita.
Mentre era perso in questi pensieri, il piccolo sgambettava e faceva dei buffi versetti.
Mayu rise divertita.
“Credo che tu gli piaccia!”
“Lo spero bene. In ogni caso, sono suo padre, quindi... gli conviene andare d'accordo con me!”
Lo rimise in braccio a Mayu. Il piccolo sembrò cercare il suo seno con la minuscola bocca spalancata.
“Non ho latte...” constatò la ragazza con rammarico.
“È per l'effetto delle cure e delle medicine. Ma non ti preoccupare, questo qui mangia come un lupetto, l'ho visto all'opera con il biberon!”
Mayu provò a dargli il ciuccio, poi lo strinse tra le braccia, ninnandolo finché non si fu addormentato. Lo rimisero nella culla e si guardarono.
“Non puoi immaginare quanta paura abbia avuto. Non ne avevo mai avuta così tanta in tutta la mia vita. Paura di perdervi tutti. Non ce l'avrei fatta questa volta...”
“Non dire così. Non pensarci più. È passata. Vieni qui e dammi un bacio, uno vero.”
Aveva ragione, da quando si era svegliata non l'aveva ancora fatto. La attirò a sé e la baciò sulle labbra, a lungo, come se davvero fosse la prima volta.

Mayu faceva progressi sempre più rapidi. Avere visto Tristan aveva reso la sua volontà ancora più forte. Era determinata a guarire il prima possibile per tornare sull'Arcadia con Harlock e il bambino e riprendere la loro vita tra le stelle.
Non avevano più parlato di Esmeralda, e Harlock si chiedeva se fosse un bene.
In compenso passava molto tempo nella nursery, osservava attentamente le infermiere che cambiavano pannolini e preparavano biberon, ascoltava le loro spiegazioni, finché fu in grado di compiere queste operazioni da sola. Era molto fiera di sé.
Igea era soddisfatta del decorso e una mattina preannunciò che entro pochi giorni la ragazza sarebbe stata dimessa.
Intanto aveva avuto anche il permesso di ricevere visite, non più di due persone alla volta. Così poté riabbracciare i suoi amici, felici e sollevati di vederla guarita così in fretta. Tristan naturalmente era la vera star. Le donne dell'Arcadia erano già pazze di lui e tutti volevano tenerlo in braccio, anche i più insospettabili, come Yattaran.
“Hai visto, tesoro, quanti zii e zie hai? Diventerai un bambino molto viziato!” scherzava Mayu quando restavano da soli.

Dopo un'ultima serie di esami, finalmente Igea dichiarò Mayu completamente ristabilita e firmò i documenti per le sue dimissioni. Le prescrisse alcune medicine da prendere ancora per qualche settimana, più che altro per precauzione. Scrisse anche alcune raccomandazioni indirizzate al dottor Zero.
“Mayu si sentirà un po' debole, per un po' di tempo - spiegò la dottoressa - ma non dovete preoccuparvi, è normale. Piano piano recupererà le forze e tornerà come prima. Addio, e buona fortuna!”
“Non sappiamo come ringraziarvi, Igea - disse Harlock - Non so che cosa avremmo fatto senza il vostro aiuto...”
“Ve l'ho già detto, ho fatto solo il mio dovere...”
“Ecco, Mayu e io abbiamo deciso di creare un'associazione per ricordare nostra figlia... sulla Terra usava così, una volta... un fondo a suo nome, per aiutare chi ha bisogno... non so, i bambini malati o qualcosa del genere... lo affiderei a lei, che conosce le necessità dell'ospedale meglio di me - il pirata porse una busta - Spero non sia un problema il fatto che io sia un fuorilegge.”
“Grazie, capitano, molto generoso da parte sua. E... no, nessun problema, i soldi ricevuti per fare del bene a qualcuno non si rifiutano mai. Un'ultima cosa: la regina Frida mi ha incaricato di dirvi che gradirebbe una vostra visita, prima che partiate.”
“Certo, il minimo che possiamo fare è andare a ringraziarla.”
Igea salutò Mayu e Harlock e li guardò allontanarsi insieme al piccolo Tristan. Quando furono scomparsi in fondo al corridoio, si sedette alla scrivania con un sospiro, prendendosi la testa fra le mani.

 

 

 

 

Nota dell'autore

Per puro caso, questo capitolo è molto simile per alcuni aspetti a quello pubblicato oggi da MiciaSissi. Trattando lo stesso argomento, inevitabilmente ha dei tratti in comune: del resto, il primo vero incontro tra un padre e un figlio, le sue sensazioni, i suoi pensieri, non credo possano essere raccontati in modi tanto diversi. È ovviamente una coincidenza che siano capitati nello stesso giorno (ma poco sarebbe cambiato se anche avessimo postato in momenti diversi). Quindi propongo un brindisi per il papà-bis!

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Capitolo 12
*** A casa ***


Harlock intendeva tornarsene sull'Arcadia il prima possibile. Decise di chiedere subito udienza alla regina. Contattò l'ufficiale che lo aveva accolto al suo arrivo su Panahon e le comunicò che stava per lasciare il pianeta, ma prima desiderava ringraziare Sua Maestà di persona. Quel giorno stesso, se fosse stato possibile. L'ufficiale rispose che gli avrebbe dato una risposta al più presto.
“Voglio vederla” disse Mayu all'improvviso.
“La regina? La vedremo tra poco, spero.”
“No, non la regina. Esmeralda.”
Harlock annuì. Era giusto così. Considerò quella richiesta un segno che la ragazza aveva preso atto della realtà, che non stava facendo finta di niente.
Guidò la navetta fino al cimitero, augurandosi che Mayu non notasse la statua di Raflesia. Non le aveva ancora detto niente né di dove si trovavano esattamente né, tanto meno, delle sue lontane origini mazoniane. L'avrebbe dovuto fare, prima o poi. Non voleva che tra loro ci fossero segreti di alcun tipo.
Deposero un mazzo di rose bianche ai piedi della piccola lapide. Mayu piangeva silenziosamente, stringendo Tristan al petto, mentre Harlock le teneva un braccio intorno alle spalle e una guancia appoggiata al suo capo.
“Promettimi che torneremo ancora...”
“Certo, l'ho deciso per questo, di lasciarla qui.”
In quel momento, trillò la sua ricetrasmittente: Frida li avrebbe ricevuti tra un'ora.
Harlock ebbe così un buon pretesto per allontanare Mayu da quel luogo così doloroso.

Poco dopo, entrarono nella sala del trono.
Frida li aspettava in piedi, al centro della stanza.
Era curiosa. Curiosa di conoscere la sua potenziale rivale, colei che avrebbe potuto rivendicare il suo trono. Si tranquillizzò in parte quando si trovò davanti una ragazza pallida ed esile, anzi, quasi gracile, dai grandi occhi castani, dolci e un po' tristi.
Teneva in braccio un bambino. Il suo fratellastro. E anche suo cugino...
Harlock dimenticò il protocollo e le rivolse la parola per primo.
“Maestà, vi presento Mayu, mia moglie...”
Frida non sembrò scandalizzarsi e rivolse uno sguardo benevolo alla ragazza, che chinò leggermente il capo in segno di saluto.
“Sono molto addolorata per la vostra perdita... ma sono anche felice di vederla ristabilita e con suo figlio perfettamente in salute, Mayu.”
“Grazie, maestà. Vi saremo sempre debitori per l'aiuto che ci avete dato. Probabilmente non sarei qui, se non fosse stato per voi...”
“ È tutto merito dei dottori di Panahon. Ma sono contenta che si sia risolto tutto per il meglio. Igea mi ha riferito della vostra generosa donazione. Non era necessario, ma vi ringrazio. Immagino che ora avrete fretta di ritornare alla vostra astronave e alla vostra vita. Vi auguro buona fortuna.”
“Abbiamo un ultimo favore da chiedervi, maestà - intervenne Harlock - Il permesso di tornare qualche volta a trovare la nostra bambina...”
Gli sembrò che un lampo di contrarietà attraversasse per un istante lo sguardo di Frida e che il sorriso che gli rivolse fosse un po' forzato. Lo attribuì al fatto che non amasse avere stranieri che se ne andavano in giro per il suo pianeta.
“Capiterebbe di rado...” si sentì in dovere di rassicurarla.
“Ma naturalmente, non c'è nessun problema, se si tratta di voi” disse a sua volta Frida.
“Maestà, so che non succederà, ma... se doveste mai aver bisogno di aiuto, qualsiasi tipo di aiuto, non avreste che da chiedercelo...”
“Grazie, capitano. Lo terrò presente. Allora... arrivederci.”
Si girò verso il trono, dichiarando così conclusa l'udienza.

Non avevano più nulla da fare su Panahon. Harlock guidò la navetta fino all'Arcadia. Ogni tanto guardava Mayu e le sorrideva. Gli sembrava ancora impossibile che stessero tornando a casa tutti insieme. Quasi tutti, purtroppo... Scacciò il ricordo del primo viaggio che aveva fatto con quella navetta verso Panahon, con il cuore oppresso dall'angoscia e dalla disperazione.
Mayu parlava con Tristan.
“Questo è il tuo battesimo dell'aria, tesoro... il tuo primo viaggio nello spazio!”
Quando entrarono nell'hangar, c'erano quasi tutti i membri dell'equipaggio ad accoglierli, commossi e felici. Nella sala comando era stata organizzata una specie di festa.
“I ragazzi hanno tanto insistito a darvi il benvenuto...” li giustificò Yuki. In effetti non avevano chiesto la sua autorizzazione, e poi forse non era il caso, visto quello che era accaduto, ma Harlock non li poteva biasimare e non protestò quando lo trascinarono praticamente fino alla plancia, dove erano stati sistemati dei tavoli con cibi e bevande. In effetti, era quasi ora di cena...
Aveva solo timore che Mayu si stancasse troppo. Ma la ragazza si era già allontanata chiacchierando con Meme e Yuki, in adorazione del piccolo. Masu era in fibrillazione.
“Il piccolo avrà fame! Vado subito in cucina a preparargli il biberon!”
“Grazie, Masu, vengo con te. L'occorrente è qui nella borsa...”
Harlock contemplava dal suo scranno la sua nuova vita. La sua nave, la sua ciurma, i suoi ufficiali erano sempre gli stessi. Avrebbero tutti continuato a fare ciò che avevano sempre fatto... ma era il fulcro, il centro di tutto, a essere cambiato. Già avere una moglie gli era sembrato uno sconvolgimento straordinario... ora c'era anche un figlio da crescere... una nuova, incredibile avventura. Ne sarebbe stato all'altezza?
Vide il dottor Zero avvicinarsi a Mayu, rivolgerle alcune domande e poi accarezzare soddisfatto la testolina di Tristan.
Mentre la festa proseguiva, loro decisero di ritirarsi e di portare a nanna il neonato. Per ora avrebbe dormito con loro, era troppo piccolo perché potesse stare da solo. Harlock aveva provveduto a far sparire la seconda culla, il corredo della bambina, insomma, tutti i “doppioni”, tutto quello che avrebbe potuto ricordare a Mayu quanto era successo. La osservò con tenerezza mentre cambiava Tristan, per la prima volta completamente da sola, gli infilava la tutina e poi le sistemava nella culla accanto al loro letto. Preparò anche tutto l'occorrente per la prossima poppata.
“Sono un po' stanca...”
“Ti dirò, anch'io. È stata una giornata piena di emozioni. È ora di dormire tutti quanti.”
“Sì, anche perché questo qua tra poche ore vorrà mangiare di nuovo.”
“Come, di già?”
“Sì, i neonati mangiano molto spesso i primi mesi. Non lo sapevi?”
“Mmmh... veramente no. Non mi sono mai interessato della cosa... Beh, cercheremo di sopravvivere.”
Mayu lo baciò ridendo.
“Eh sì, per forza, papà!”
Non dormivano insieme nel loro letto da tanto, troppo tempo. Tenne Mayu tra le braccia, sul suo cuore, finché non si fu addormentata. E pensò che i suoi tesori più preziosi stavano lì, in quella stanza.

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Capitolo 13
*** Tre anni dopo ***


 

Harlock era seduto al solito posto, davanti alla vetrata della sua cabina. Pensava a tutto quello che era successo negli ultimi 3 anni...


Malgrado l'amore per lui e per Tristan, a Mayu c'era voluto molto tempo per riprendersi dalla perdita di Esmeralda. Durante il giorno sembrava che tutto andasse bene: era una madre affettuosa e attenta, e riusciva anche a svolgere alcune mansioni sull'Arcadia, tanto non era certo un problema trovare una/un baby sitter. Ma la notte era spesso tormentata dagli incubi e si svegliava piangendo. Harlock si sentiva impotente. La stringeva tra le braccia, accarezzandola, finché non si calmava e riusciva a riprendere sonno, ma non sapeva che cos'altro fare per alleviare il suo dolore. Si rese conto che anche lui ne soffriva, ma in modo diverso. Lui era abituato a tenesi tutto dentro. O forse la sua anima martoriata c'aveva fatto l'abitudine, a perdere qualcuno. Anche il dottor Zero, a cui aveva chiesto aiuto, l'aveva in un certo senso rassicurato sul fatto che solo il tempo avrebbe sanato le ferite. Occorreva avere pazienza.
Poco tempo dopo il loro rientro sull'Arcadia, Harlock aveva deciso di raccontare ogni cosa a Mayu: l'intervento di Tochiro, che, per guarirla, li aveva condotti a quel pianeta misterioso, che poi aveva saputo essere abitato dalle Mazoniane, giunte lì dopo la sconfitta, e la scoperta che Frida era la figlia di Raflesia, morta assassinata un anno prima.
Mayu ascoltava incredula, con gli occhi sempre più sgranati. Poi fece l'inevitabile domanda.
“Ma... perché mio padre ci ha condotto proprio lì? Non lo sapeva, che c'erano le Mazoniane e poteva essere pericoloso? Non c'era nessun altro posto dove avrebbero potuto curarmi?”
Harlock deglutì. Le raccontò del consulto che il dottor Zero aveva chiesto ai suoi colleghi, in base al quale sarebbe bastato del materiale biologico di un suo consanguineo per creare l'antidoto... e lui aveva chiesto a Tochiro se e dove avesse potuto trovare dei suoi parenti ancora in vita... e Tochiro li aveva portati su Panahon.
Mayu cominciava a capire, ma sperava di sbagliarsi. Lo fissò piena di apprensione.
“Facendoti delle analisi più approfondite, Zero ha scoperto che una piccola percentuale del tuo dna... non è terrestre.”
Lo sguardo della ragazza si riempì di sgomento. Trasse lei le conclusioni.
“... ed è …. mazoniano...?”
Harlock fece un cenno di assenso.
“Il dottore aveva ancora in archivio i risultati di una specie di autopsia che aveva fatto tanti anni fa su una di loro, e così è giunto a questa scoperta... Ma è stato un bene, Mayu, perché così abbiamo potuto salvarti! Altrimenti la ricerca di un dna come il tuo nella banca dati intergalattica avrebbe richiesto troppo tempo, così invece è bastata quella di Panahon!”
“Questo vuol dire che su Panahon ho ancora... dei parenti?”
“È quello che chiesi a Igea, ma lei disse che i campioni possono essere anche molto vecchi e comunque non è possibile risalire al donatore.”
Mayu tacque. Stava elaborando quella rivelazione sconvolgente.
“Dimmi la verità, Harlock: tu lo sapevi?”
“No, ti giuro di no! Tochiro non mi aveva mai detto niente in proposito. È stato uno choc anche per me, credimi! La mia reazione è stata piuttosto... vivace, puoi chiederlo al dottore. Avevo sinceramente pensato che l'alcol gli avesse danneggiato il cervello in modo irreparabile!”
“Suppongo che la Mazoniana fosse mia madre...” aggiunse lei, con voce improvvisamente fredda.
“Sì... almeno, credo. Tu forse non te la ricordi, ma lei era alta, esile, bellissima... come loro... Nessuno sapeva niente di lei. Come del resto io non so nulla del passato di tuo padre, ed era il mio migliore amico! Ma, come disse Igea davanti alla mia incredulità, Mazone occupò la Terra molti millenni fa, chissà quanti terrestri sono discendenti da quegli antichi coloni e nemmeno lo sanno. E poi, sono ormai secoli che l'umanità è entrata in contatto con gli abitanti di altri mondi... probabilmente tutti noi abbiamo un po' di dna alieno.”
Mayu si alzò e si avvicinò alla grande vetrata. Là fuori, nello spazio infinito e misterioso, era racchiuso il segreto delle sue origini. Forse, delle origini di ognuno.
Forse allora non sono sola al mondo... forse ho ancora qualcuno della mia famiglia da qualche parte...
Harlock si alzò a sua volta e le cinse le spalle con un braccio.
“Non cambia nulla, Mayu. E non è necessario che gli altri lo sappiano. Può restare tra te, me e il dottor Zero. Sapevo che questa notizia ti avrebbe turbato, ma non voglio che ci siano segreti tra noi.”
“E come faceva mio padre a saperlo? E perché non te l'ha mai detto?” insistette.
“Non so come l'abbia saputo... glielo avrà rivelato tua madre1... e non so perché non me l'abbia mai detto... forse perché non lo riteneva importante... a quel tempo non sapevamo nemmeno chi fossero, le Mazoniane! Lui amava Esmeralda, e tanto bastava. Esattamente come io amo te.”
La ragazza accennò un lieve sorriso e reclinò la testa sulla sua spalla.
“ È una cosa così... strana! Devo abituarmi all'idea...”
“Secondo me invece non ci devi nemmeno più pensare. È come avere gli occhi azzurri o marroni, i capelli biondi o castani, essere alto o basso... è una parte di te, non devi giustificarla.”
“Sarà come dici tu...”
Harlock cercò di scherzarci su.
“In effetti, ora che ti guardo meglio, hai un colorito un po'... verdognolo!”
Mayu gli diede un piccolo pugno sul petto.
“Sciocco! Non sei affatto divertente! Vado a dare il latte a Tristan. Non è una curiosa legge del contrappasso? Hai un figlio un po'... mazoniano!”
Harlock la guardò allontanarsi. Era certo che ce l'avrebbe fatta. Era sempre stata forte ed equilibrata, fin da piccola. Avrebbe superato anche questa.

Tristan cresceva a vista d'occhio, adorato, oltre che dai suoi genitori, da tutta la ciurma dell'Arcadia. Era bello, allegro e di un'intelligenza fuori dal comune. Per quanto tendenzialmente ubbidiente e ragionevole, era in realtà un leader nato e non si capacitava che non si facesse sempre come voleva lui. Mayu e Harlock cercavano di dargli un minimo di regole e di non viziarlo troppo, ma il piccolo dimostrava già di avere una fortissima personalità. Del resto, non poteva essere diversamente.
Mayu temeva che in qualche modo potesse risentire della perdita della sorella. Aveva letto che i gemelli, abituati a essere in due fin dal concepimento, se si ritrovano da soli ne possono soffrire. Ma Tristan sembrava sempre sereno, e Mayu si era tranquillizzata.
Con il tempo anche i suoi incubi scomparvero.
Harlock interrogò ancora Tochiro sulle origini di Esmeralda, ma su quel punto il suo amico taceva senza rimedio. Nonostante a lui suonasse strano, alla fine desistette. Ora Mayu e il bambino stavano bene, e questa era l'unica cosa che gli stava a cuore.

Dopo qualche tempo, quando Tristan aveva circa un anno e mezzo, Mayu aveva espresso il desiderio di avere un altro bambino. Erano entrambi coscienti che questo non li avrebbe mai ripagati della perdita di Esmeralda, ma Harlock l'aveva esaudita ben volentieri. La paternità gli aveva fatto scoprire dei lati della sua personalità che non sospettava nemmeno di avere, donandogli una felicità e una sensazione di pienezza che non aveva mai provato in vita sua.
Harlock distolse lo sguardo dallo spazio e lo abbassò. La loro piccola Selene ora aveva 9 mesi e dormiva beatamente sul suo petto, succhiandosi il dito. Inutile sottolineare che i due si adoravano reciprocamente. Mayu lo prendeva spesso in giro per questo, gli diceva che finalmente aveva trovato qualcuno che gli faceva fare tutto quello che voleva.
“Sì, come se fosse la sola! Ormai sono il vostro schiavo!” le rispondeva lui di rimando.
Si riscosse dai suoi pensieri quando Mayu entrò dopo aver messo a nanna Tristan. Avevano ricavato la sua cameretta da una cabina adiacente alla loro, mettendole in comunicazione con una porta. Prese in braccio Selene e la adagiò nella culla. A differenza di suo fratello, che era moro e piuttosto robusto, lei era paffutella, ma rosea e delicata, con gli occhi blu e i capelli di un biondo rossiccio. Una bambola.
La ragazza tornò da Harlock e gli si sedette sulle ginocchia, abbracciandolo con tenerezza.
“Andiamo a letto?” chiese con voce suadente, sfiorandogli il collo con le labbra.
Mayu era sempre bellissima. Il suo fisico era rimasto snello, le forme si erano solo lievemente addolcite, era il corpo di una donna, non più quello di una ragazzina. La malattia era ormai un brutto ricordo, e la perdita di Esmeralda un dolore racchiuso in fondo al cuore, che ogni tanto riaffiorava e velava il suo sguardo di malinconia.
Avevano ripreso il loro vagabondare nello spazio. Harlock ora limitava al minimo i rischi negli arrembaggi, ma continuava a chiedersi se quella fosse una vita adatta a dei bambini. Non riusciva però a pensare a un'alternativa. I soggiorni su Ombra di Morte divennero più frequenti, giusto per dare loro una parvenza di normalità. Il capitano aveva anche considerato l'idea di prendere una casa su Tortuga e trascorrerci un po' di tempo, per non far sentire i suoi figli troppo dei nomadi. Ma non è che anche Tortuga fosse proprio l'ambiente più adatto per la loro educazione...
Ne parlava con Mayu, qualche volta, ma lei lo tranquillizzava.
“L'Arcadia è il posto più sicuro dell'universo e, finché tu ne sarai il capitano, nessuno si farà del male!”
Lui si preoccupava già anche di come avrebbero potuto far frequentare ai bambini la scuola, ma anche su quello Mayu aveva la soluzione.
“Guarda che anche sulla Terra ormai è la prassi seguire le lezioni a distanza, su un computer!”
“Ma così non avranno mai degli amici della loro età...”
“Sì invece, se qualcuno qua si decidesse a mettere la testa a posto e dare il suo contributo! Dovresti lanciare una campagna per la natalità sull'Arcadia... non so, dei bonus bebè, cose così...”
“Ci manca solo questa! Non ci riesci proprio a essere seria, eh?”
“Guarda che io sono serissima!”
Lui si allontanava scuotendo la testa, ma sorridendo tra sé e sé.

 

 

 

 

 

Nota dell'autore

E dopo questo capitolo “di raccordo”, dal prossimo prometto che comincerà un po' di azione! Intanto colgo l'occasione per salutare e ringraziare chi legge e soprattutto commenta questa avventura. Mi fate riflettere, spesso sorridere, e anche commuovere! Vi voglio bene!
PS Volevo inserire delle modifiche e devo aver fatto un po' di pasticci! Scusate!






 

1Nella “Principessa” in realtà Esmeralda non sa nulla delle sue origini. Ma non si può escludere che in seguito, in qualche modo lei o Tochiro, l'abbiano scoperto. Harlock può soltanto formulare delle ipotesi.

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Capitolo 14
*** Di nuovo a Panahon ***


“Dobbiamo mantenere la promessa. Dobbiamo tornare su Panahon” disse Mayu ad Harlock una sera.
È vero, malgrado i loro buoni propositi, non erano più tornati. Per un po' lui ritenne che fosse troppo presto. Mayu era continuamente perseguitata dagli incubi, e lui temeva di peggiorare la situazione. Poi, quando cominciò a stare meglio, decise di avere un altro figlio e rimase subito incinta. Poi, con la nascita di Selene, era stata troppo impegnata con i due bimbi. Così erano trascorsi tre anni. Ma Harlock sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento di fare di nuovo quel viaggio. Sapeva anche che avrebbe dovuto affrontare il malumore dell'equipaggio, che continuava a nutrire una certa diffidenza verso le Mazoniane, nonostante l'ultima volta li avessero aiutati. E sapeva pure che Frida non avrebbe tanto gradito... ma era passato molto tempo, si sarebbero fermati meno di un giorno e poi probabilmente non si sarebbero fatti vedere per un altro bel po' di anni. Gli era venuta anche l'idea di portare Esmeralda su Tortuga. Lì avrebbero potuto andare e venire a loro piacimento. Decise che si sarebbe almeno informato sulle procedure.
Stranamente, quando un giorno diede l'ordine di fare rotta verso Panahon in modalità in-skip, nessuno fiatò. Forse se lo aspettavano.
Giunti nell'orbita del pianeta, Yuki chiese l'autorizzazione all'atterraggio di una piccola navetta con due persone a bordo, il capitano e sua moglie. Mayu riteneva Tristan ancora troppo piccolo per parlargli della sorella. Harlock era deciso a dare il meno fastidio possibile, e nessuno della ciurma ci teneva a sbarcare e andarsene a spasso tra le Mazoniane. Sarebbero andati anche a salutare Igea, e poi sarebbero ripartiti. Ritenne invece superfluo chiedere un'udienza alla regina.
“Motivo della visita?” chiese l'ufficiale in servizio in quel momento, che non era lo stesso della volta precedente.
“Motivi... familiari.”
“Che cosa significa familiari? Precisare, per favore.”
Intervenne Harlock.
“Visita al cimitero della capitale. E poi all'ospedale, a trovare un medico che ci ha aiutato anni fa. Ci fermeremo solo poche ore.”
Trascorsero alcuni minuti.
“Autorizzazione accordata. Avete il permesso di restare per 24 ore, poi per qualsiasi altra necessità dovete ricontattarci.”
“Non ci servono 24 ore, ma va bene così” commentò Harlock mentre si apprestava a mettersi alla guida della navetta.
“Potremmo approfittare per fare un po' di compere” disse invece Mayu, con il suo innato senso pratico.
Harlock le accarezzò una guancia.
“Come ti senti?”
“Bene. Davvero, non ti preoccupare.”
Il computer di bordo li condusse alla loro meta. Mayu comprò un mazzo di fiori bianchi e seguì Harlock fino alla piccola lapide. La pulì con un fazzoletto, tolse le erbacce e sistemò i fiori nel vaso. Accarezzò la pietra, su cui erano incisi il nome e la data di nascita. Non c'era naturalmente alcuna fotografia.
“Piccola mia...” sospirò senza più trattenere le lacrime.
Harlock, come sempre, coltivava il suo dolore in silenzio.
Prima di andarsene, volle mostrare a Mayu la statua di Raflesia.
La ragazza non se la ricordava molto bene, aveva solo 7 anni quando era stata rapita dalle Mazoniane.
“Era molto bella...”
In effetti, come negarlo?
“Era anche forte e coraggiosa, anche se dura e inflessibile... Ha portato a termine un compito immane... Non meritava quella fine...”
“Sono d'accordo, anche se con me non è stata affatto carina ... Possiamo andare, ora, se vuoi.”
“Sì, andiamo all'ospedale. Mi avrebbe fatto piacere far conoscere a Igea Tristan e Selene... sarà per la prossima volta.”
All'ospedale chiesero alla reception se fosse possibile incontrare la dottoressa Igea per un breve saluto.
La donna dietro il bancone assunse un'espressione addolorata.
“Ma... voi non sapete nulla?”
Harlock e Mayu si guardarono.
“No... che cosa dovremmo sapere?”
“Da quanto tempo non la vedete?”
“Circa tre anni...”
“Ecco, proprio tre anni fa c'è stato un terribile incidente, un'esplosione nel laboratorio di genetica. La dottoressa, un'infermiera e due ricercatori sono morti nello scoppio. Una tragedia che ci ha sconvolti tutti. Anche perché Igea era una cara amica della nostra regina, la sua perdita l'ha distrutta. C'è un reparto intitolato a lei. Volete visitarlo?”
Harlock e Mayu erano ammutoliti, soprattutto Harlock, che aveva avuto modo di conoscerla meglio e a cui sentiva di dovere eterna gratitudine. Si allontanarono camminando come degli automi e risalirono sulla navetta. Non avevano nemmeno parole per commentare quell'ennesimo orrore.
“Torniamo sull'Arcadia?” chiese il capitano. Aveva fretta di lasciare quel posto.
“Possiamo fermarci un attimo in centro? Mi servono delle cose per i bambini. Tuo figlio sta diventando un gigante, tra un po' non avrà più vestiti da mettere!”
“Ai suoi ordini, signora!”
Mentre Mayu era nel negozio, Harlock bighellonava nelle vicinanze. Come aveva già notato la prima volta, la città era ordinata e tranquilla, la gente che osservava sembrava serena e beneducata.
A un tratto, qualcosa attirò la sua attenzione. Una specie di manifesto digitale animato. Non sapeva leggere i caratteri mazoniani, ma furono le immagini a calamitare letteralmente il suo sguardo.
Il cuore fece un balzo e poi cominciò a martellargli nel petto. Scosse la testa. Sono troppo suggestionato, vedo cose che non possono essere...
Fermò un passante e gli chiese che cosa dicessero quelle scritte.
“È l'annuncio dei festeggiamenti per il terzo compleanno della nostra principessa, l'erede al trono... saranno tra pochi giorni.”
Harlock assunse un tono da perdigiorno curioso.
“Oh, non sapevo che Panahon avesse una principessa. Sa, manco proprio da tre anni. La figlia della regina Frida, suppongo...”
“Già. Si chiama Tamara. Deliziosa, vero?”
“Senza dubbio. Quindi la regina si è sposata...”
L'uomo abbassò il tono di voce.
“No, sa... queste Mazoniane non hanno bisogno di un maschio... si autoriproducono... così almeno dicono loro, ma non ho idea di come funzioni... io non sono Mazoniano, sono un abitante originario di Panahon.”
“Ah, sì, è vero, ne avevo sentito parlare... Beh, grazie tante e buona giornata!”
“Buona giornata anche a lei”.
L'uomo proseguì per la sua strada e in quel momento Mayu uscì dal negozio.
“Ecco, ho finito. Sono stata veloce, no? Ehi, ma stai bene?” chiese allarmata dal suo pallore.
“Sì sì, tutto a posto. È solo che qua fa un po' freddo e io non sono abituato.”
Mentre tornavano sull'Arcadia, Harlock collegava i fatti. Razionalmente si diceva che era una follia solo pensare ciò che aveva ipotizzato, ma l'istinto gli suggeriva che qualcosa non quadrava.
Igea era l'unica ad avere visto nascere Esmeralda, ed era morta subito dopo. Magari anche l'infermiera aveva assistito al parto, ed era morta anche lei. Quanto ai ricercatori... erano gli stessi che avevano creato l'antidoto per Mayu?
Poi, evidentemente poco dopo la sua partenza, guarda caso era spuntata una principessa.
Che aveva la stessa età di suo figlio... e anche la stessa faccia! Ma non solo: gli assomigliava in modo incredibile in tutto, nello sguardo, nel sorriso, nel modo di muoversi.
Soltanto delle coincidenze?
Decise che non avrebbe detto nulla a Mayu, finché non ne fosse stato sicuro. Ma doveva togliersi ogni dubbio, o non avrebbe più dormito per il resto della sua vita.

Sull'Arcadia passò prima a salutare i bambini, che giocavano nella camera di Tristan insieme a Meeme. Non passava moltissimo tempo con loro. Per il momento non voleva che andassero troppo in giro, soprattutto in sala comando. Aveva disposto che restassero per lo più nei settori più sicuri della nave. Però, appena aveva un attimo libero, andava a trovarli, anche se solo per pochi minuti. Selene, come al solito, gli fece un grande sorriso e gli tese subito le braccine. Gesti che ogni volta avevano il potere di liquefargli il cuore. Il problema poi era liberarsi della sua stretta. Per fortuna quella volta Mayu riuscì a distrarla mostrandole i giocattoli che aveva comperato per lei.
Harlock si recò subito in plancia e ordinò a Tadashi e Yattaran di seguirlo nella cabina che ora utilizzava come ufficio, visto che ultimamente la sua era un po'... affollata. Fece chiamare anche Maji.
Stava per chiedere loro di aiutarlo a compiere un'azione rispetto alla quale tutto quello che avevano affrontato fino a quel momento sarebbe apparsa una sciocchezza.

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Capitolo 15
*** Il dubbio ***



Nota dell'autore
In questo capitolo c'è un episodio che (almeno secondo me) rientra tra le “tematiche delicate” indicate negli “avvertimenti”.

 

Nottetempo, un lupo spaziale, privo di insegne e di luci, con a bordo Harlock, Tadashi e Maji, lasciò l'Arcadia diretto su Panahon. Il mezzo era dotato anche di un dispositivo che ingannava i radar e altri sistemi di intercettazione. Così poterono atterrare indisturbati nei pressi del cimitero della capitale. Harlock ricordava di aver visto un gruppo di alberi abbastanza folti, a poche decine di metri dall'ingresso, che avrebbe in parte camuffato la presenza della navetta. Data l'ora molto tarda e la zona un po' decentrata, difficilmente sarebbe passato qualcuno, ma era meglio non rischiare.
I tre uomini, completamente vestiti di nero, scaricarono alcuni oggetti e si diressero con circospezione al cancello. Maji, utilizzando un attrezzo fornito da Yattaran, aprì la serratura, in modo che non sembrasse forzata. I tre scivolarono all'interno e si diressero rapidamente verso la tomba di Esmeralda.
“Pronti?” chiese Harlock. Era molto buio, per fortuna, ma poteva intuire la tensione sui loro volti. I due uomini assentirono e, dopo che Maji ebbe fatto alcune misurazioni, cominciarono a posizionare delle mini cariche esplosive con silenziatore lungo il perimetro, sotto lo sguardo apparentemente impassibile del capitano.
Che il Cielo mi perdoni, se non è come penso!
“Procediamo?” chiese Tadashi.
Harlock assentì e i tre si allontanarono di alcuni metri, per sicurezza. Maji azionò il telecomando e le mini cariche esplosero senza il minimo rumore, smuovendo uno strato di terra di circa mezzo metro. A quel punto fu facile spostare il terriccio residuo con una pala telescopica e liberare la piccola bara. Con un attrezzo a raggio laser Maji praticò un taglio lungo il coperchio. Stava per sollevarlo, ma Harlock lo fermò con un gesto della mano.
“Lascia. Lo faccio io.”
Deglutì. Non era facile nemmeno per lui. Era un pirata, un fuorilegge, un predone dello spazio... tutto, ma non un profanatore di tombe.
Alzò lentamente il pezzo tagliato e puntò una piccola torcia all'interno, con il cuore che batteva all'impazzata...
Quello che vide lo lasciò di stucco.
Era come se il tempo si fosse fermato. Esmeralda era intatta, rosea e perfetta, come se si fosse appena addormentata. Dopo un primo momento di stupore, Harlock si riprese. Non era possibile! Non era naturale che fosse così!
Prese coraggio e la toccò... e in quel preciso momento si rese conto dell'orribile inganno di cui lui e Mayu erano stati vittime.
Era una bambola! Nient'altro che un pezzo di plastica! Non era la loro bambina! In preda a un'ira sorda, la scaraventò per terra e picchiò un pugno sul legno. Anche gli altri due compresero la terribile verità.
Harlock si mise le mani tra i capelli. Come aveva potuto farsi giocare così? Si era lasciato fregare come un novellino! Sicuramente quella bambola era la stessa che gli avevano fatto vedere solo da lontano, nella teca di vetro, con la scusa del regolamento dell'ospedale. E lui non aveva preteso di poterla vedere invece da vicino, di poterla accarezzare! L'angoscia e il dolore di quei momenti gli avevano tolto lucidità, gli avevano impedito di ragionare. Quindi erano tutti d'accordo... anche Igea! Perché? Come si poteva essere così crudeli? Aveva ragione Tadashi: delle Mazoniane non ci si poteva fidare. Il giovane però in quel frangente ebbe il buon gusto di tacere.
Quando si fu un po' calmato, la sua parte razionale prese di nuovo il sopravvento.
“Rimettiamo tutto a posto. Cerchiamo di fare in modo che nessuno si accorga di nulla, almeno per un po'.”
Richiusero la bara, la ricoprirono di terra, cercando di ripristinare il più possibile la situazione di prima. Tornarono rapidamente alla navetta.
“Che cosa facciamo ora?” chiese Tadashi.
“Torniamo sull'Arcadia. È inutile che vi dica che nessuno deve sapere niente di questa storia, soprattutto Mayu. Devo prima capire dove si trovi ora mia figlia!”
Sì, perché l'unica nota positiva era che evidentemente Esmeralda era viva! E, al 99 per cento, era lei la principessa Tamara. Così molti tasselli andavano al loro posto. Molti. Non tutti.
Frida aveva bisogno, per qualche oscuro motivo, di un'erede al trono. E aveva approfittato della situazione. Aveva salvato Mayu, ma si era presa la bambina, facendo credere loro che non fosse sopravvissuta. Igea era sua amica e quindi l'aveva coinvolta in quel torbido piano. Per poi eliminarla, come uno scomodo testimone. Ma perché proprio Esmeralda? Una terrestre. Anche se non al 100 per cento. La figlia di un pirata. Avrebbe potuto adottare un'orfana, ce ne sarà stata qualcuna sul pianeta! E poi non c'era la storia dell'autoconcepimento? O, forse, l'aveva fatto per vendetta? E allora, perché portare via solo lei, perché non entrambi i gemelli? Perché salvare Mayu? Per vedere soffrire anche lei?
Qualunque fosse il motivo, era stata un'azione di una bassezza e di una cattiveria senza pari. Nemmeno Raflesia - ne era certo - sarebbe mai arrivata a tanto.
Si sarebbe ripreso la loro bambina, con qualunque mezzo. E Frida l'avrebbe pagata cara!

Cercò di mettersi a letto senza svegliare Mayu, ma senza successo. Anche la sua speranza che lei non si fosse accorta della sua assenza svanì presto.
“Oh, sei qui! - disse tutta assonnata - Prima mi sono alzata perché Selene piangeva e non ti ho visto...”
“Non riuscivo a dormire e non volevo disturbarvi, così sono uscito...”
“E ora come va?”
“Tutto bene, non ti preoccupare. Puoi rimetterti a dormire.”
In realtà ogni tanto Harlock soffriva di insonnia, quindi Mayu non si allarmò.
Lui si sdraiò e la strinse contro di sé.
Odiava mentirle. Avrebbe tanto voluto dirle tutto. Avrebbe desiderato darle una speranza, spazzare via dai suoi occhi quel fondo di tristezza che non li aveva più abbandonati da tre anni a questa parte.
Ma voleva prima essere sicuro della sua ipotesi. Non poteva illuderla, per poi farla piombare di nuovo nella disperazione. Ancora una volta, avrebbe portato quel peso da solo. No, non era vero: questa volta tre amici sarebbero stati con lui.

Harlock stava rinchiuso nel suo studio ormai da diverse ore. E il tempo a loro disposizione per sostare nell'orbita di Panahon era ormai agli sgoccioli. Doveva innanzitutto appurare se realmente Esmeralda e Tamara fossero la stessa persona. Ma come? Come avvicinare la principessina, che era sicuramente ben custodita, senza destare sospetti? Scartò l'idea di chiedere un'udienza a Frida... Non era una stupida, e sapeva di averla fatta grossa. Anche se erano passati tre anni, si sarebbe messa subito sulle difensive. Non voleva allarmarla. E, soprattutto, era sicuro che non gli avrebbe mai permesso di vedere la bambina. Troppo rischioso.
Corrompere (o minacciare) qualcuno del palazzo? In fondo a lui bastava un capello... e il dottor Zero avrebbe potuto fare l'esame del dna e confrontarlo con quello di Tristan... questo benedetto dna continuava a perseguitarlo!
Ma anche questa strada gli sembrava troppo incerta: come poteva fidarsi del primo venuto?
Un rapimento? Portare Frida e la bambina sull'Arcadia, per verificare la verità? E poi? Che cosa fare di Frida? E come spiegare a una bambina di tre anni (sempre che fosse davvero Esmeralda), senza traumatizzarla, che la donna che aveva sempre creduto sua madre in realtà non lo era, che i suoi genitori erano altri, che non avrebbe più vissuto in un palazzo, ma su un'astronave pirata?
Si passava continuamente le mani tra i capelli, senza venire a capo di nulla.
L'unica certezza è che non se ne potevano andare da Panahon, ma nello stesso tempo non potevano chiedere di restare più a lungo. La regina avrebbe potuto mangiare la foglia. E non voleva che anche Mayu si facesse troppe domande.
Alla fine si decise: sarebbero rimasti nelle vicinanze dell'orbita del pianeta, ma nascosti dentro Ombra di Morte, con la scusa di fare un po' di manutenzione straordinaria all'Arcadia e anche una piccola vacanza.
Comunicò la sua decisione a Yattaran, Tadashi e Maji. E, contrariamente al suo solito, chiese loro di aiutarlo a mettere a punto un piano.
Forse, suggerì Tadashi, il modo più semplice per avvicinare la principessa era durante i festeggiamenti per il suo compleanno. Qualcuno, opportunamente travestito, avrebbe potuto accarezzarle la testa e strapparle un capello, senza che nessuno, nella confusione, se ne accorgesse.
Harlock rifletté per alcuni minuti. Sì, poteva funzionare. Anche se non avevano la più pallida idea di come si sarebbero svolti questi festeggiamenti, sembrava proprio, dai manifesti affissi in giro per la città, che sarebbero stati pubblici. Restava da vedere se la bambina sarebbe stata “blindata” su un mezzo oppure se avrebbero permesso alla folla di avvicinarsi a lei. Era impossibile saperlo in anticipo, dovevano provarci. Se il piano fosse fallito, si sarebbero inventati qualcos'altro.
“Ci vorrebbe una donna, però - constatò il capitano ad alta voce - Darebbe molto meno nell'occhio... Yuki. Ci serve il suo aiuto.”
La chiamarono e Harlock le raccontò ogni cosa. La ragazza era sconvolta e indignata, e naturalmente si dichiarò disponibile. Il rischio di essere scoperti era minimo, e comunque tra la gente ci sarebbero stati nascosti anche lui e Tadashi, pronti a intervenire. Probabilmente le misure di sicurezza sarebbero state imponenti, ma nello stesso tempo era plausibile che nella capitale sarebbero confluite parecchie persone, in mezzo alle quali sarebbe stato più facile mimetizzarsi.
Bisognava poi risolvere un altro nodo: come atterrare su Panahon senza farsi scoprire? L'isolamento del pianeta poteva in effetti costituire un problema.
“Si farà come la notte scorsa. Sbarcheremo di notte con una navetta schermata e attenderemo l'inizio dei festeggiamenti. Yattaran, prova a inserirti nel loro sistema informatico e scoprire in anticipo il programma e le misure di sicurezza...”
“Ci provo subito. Sarà uno scherzo per me!”
“Piuttosto... con Mayu come facciamo?” chiese Yuki, preoccupata per l'amica.
“Non deve sospettare nulla, per il momento. Me la vedo io con lei.”
Doveva agire con molta cautela. Quella ragazza ormai lo conosceva troppo bene, avrebbe capito facilmente che le stava nascondendo qualcosa.
“Capitano - intervenne Yattaran - È meglio che tu rimanga qua. Andrò io su Panahon con loro. Mayu non si accorgerà dell'assenza di noi tre, penserà che stiamo lavorando. Ma se tu sparisci per troppo tempo e senza dire perché, si agiterà.”
Harlock strinse le labbra. Aveva ragione lui.
“Ci terremo in contatto via radio e così potrai intervenire se qualcosa dovesse andare storto. Cosa che non succederà” concluse il primo ufficiale.

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Capitolo 16
*** Festeggiamenti ***


 

Mayu fu felice di trascorrere qualche giorno su Ombra di Morte. Amava da sempre quella geniale invenzione di suo padre, ed era contenta di portarci i bambini. Tristan si divertiva un mondo a giocare con la sabbia e a fare il bagno. Selene cominciava a muovere i suoi primi passi, tenuta per mano, e farlo sulla spiaggia, con l'acqua che le lambiva i piedini grassocci, la faceva ridere a crepapelle.
Harlock stava parecchio tempo con loro, assentandosi ogni tanto, con la scusa di controllare i lavori di manutenzione, in realtà per incontrarsi con i suoi “complici”.
Ma con la mente era chiaramente altrove, e Mayu se ne accorse.
“Sei sicuro che non ci sia bisogno di me sull'Arcadia?”
“Non credo, sono lavori di routine. Ma ho detto a Maji che comunque sei disponibile, se necessario.”
“Hai fatto bene... C'è qualcosa che ti preoccupa, tesoro?” gli chiese lei un pomeriggio, abbracciandolo da dietro, mentre lui stava seduto a osservare il mare.
Ecco, ci siamo!
“No, perché?”
“Ma... da quando siamo stati su Panahon sei un po' strano... sembri sempre perso nei tuoi pensieri... più del solito, intendo” aggiunse con un sorriso.
“Forse... mi sono tornati alla mente i momenti brutti che ho passato lì, quando tu stavi male... e poi, quando finalmente sembrava essersi risolto tutto per il meglio, è successo quello che è successo... pensavo di averlo superato, ma evidentemente non è così... infine, l'incidente all'ospedale... sembra che questo pianeta così bello in realtà porti solo sfortuna...”
In parte, si autogiustificò Harlock, era la verità.
Mayu gli accarezzò il viso, guardandolo con tenerezza.
“Povero tesoro... Oddio, guarda quei due!”
Scattò in piedi, alla vista di Tristan, che stava entrando in acqua senza salvagente, seguito a ruota da Selene, che procedeva gattoni lanciando piccole grida di felicità.
Mayu corse loro dietro e li acciuffò.
“Sono proprio figli tuoi! Sono degli incoscienti, non hanno paura di niente!”
Harlock sorrise, sollevato di essersi potuto sottrarre a quella conversazione pericolosa.
Ne approfittò per rientrare sull'Arcadia. Il tempo stringeva e bisognava ancora mettere a punto tutti i particolari del piano.
Yattaran era riuscito a impossessarsi del programma della festa e del piano della sicurezza.
“Sembra che sia la prima volta che la principessa viene mostrata di persona alla popolazione. Sarà su una specie di auto scoperta. Qui c'è il tragitto del corteo, con i vari punti di sosta, dove, pare di capire, la gente potrà salutarla più da vicino. Yuki dovrebbe posizionarsi in corrispondenza di uno di questi e cercare di toccarla. Se non ci riesce lei, Tadashi e io ci proveremo in altri due punti.”
“Perfetto, ottimo lavoro, Yattaran. Vi siete procurati dei travestimenti? Tre anni fa siete sbarcati su Panahon, anche se è difficile che dopo tanto tempo qualcuno vi riconosca, è meglio non rischiare...”
“Sì, certo, tranquillo, capitano. Saremo assolutamente anonimi.”
Harlock aveva parlato anche con il dottor Zero, perché avrebbe dovuto eseguire lui le analisi sul dna dei due bambini. Naturalmente anche il medico rimase sconvolto da quelle rivelazioni, e si augurò con tutto il cuore che il capitano avesse ragione.

La notte precedente il giorno del corteo, la solita navetta lasciò Ombra di Morte alla volta di Panahon. Questa volta a bordo c'erano, vestiti “in borghese”, Tadashi, Yattaran e Yuki, che aveva anche nascosto la sua chioma bionda sotto una parrucca corvina.
Come avevano previsto, nella capitale era già arrivata molta gente, e quindi non fu difficile lasciare il loro mezzo in un grande spiazzo, insieme a molti altri simili.
Lungo il tragitto transennato, che avrebbe dovuto percorrere il corteo con la principessa, c'erano già numerose persone, che avevano così voluto accaparrarsi i posti migliori per assistere allo spettacolo. Ma solo i tre pirati conoscevano i punti dove l'auto si sarebbe fermata e si sistemarono in corrispondenza di questi, preparandosi alla lunga, insonne attesa. Sarebbero rimasti in contatto via radio.
La mattina si annunciava radiosa. Con il passare delle ore, sempre più gente si ammassava nelle vie dove sarebbe transitato il corteo, per l'occasione decorate con fiori, bandiere, palloncini e striscioni colorati. Il clima intorno era di festa, ma Yuki non ne era contagiata, era concentrata solo sul suo compito. Era esaltata all'idea di poter rimettere quella bambina tra le braccia dei suoi veri genitori.
L'attesa fu snervante, ma finalmente il vocio della folla le fece capire che la sfilata stava per passare da lì. Comparve un'auto, su cui era montato una specie di palchetto, sul quale erano sedute una donna e una bambina. La donna doveva chiaramente essere la regina Frida, vestita di rosso scarlatto, bellissima e altera. Accanto a lei, una bimba bruna, con un abito bianco e una coroncina di fiori dello stesso colore sul capo. Sorrideva e salutava la gente con la manina. Per un attimo Yuki temette che il mezzo avrebbe proseguito oltre, ma, come stabilito, invece si fermò proprio vicino a lei. Un dignitario smontò dall'auto, fece scendere la principessa e la accompagnò per mano verso la folla, scortata da due guardie armate. La piccola, evidentemente istruita a dovere, distribuiva sorrisi e strette di mano. Yuki cominciò a urlare il suo nome e ad allungare le braccia verso di lei. La bimba, dopo un attimo di esitazione, le si avvicinò e Yuki riuscì ad accarezzarle la testolina. Tra le dita aveva nascosta una minuscola lama, con la quale riuscì a tagliare una piccolissima ciocca di capelli. Nessuno si accorse di nulla. Missione compiuta!
Yuki, per non destare sospetti, rimase lì ancora per qualche minuto, finché la principessa non fu risalita accanto alla regina e il corteo non fu ripartito. Solo allora si allontanò, comunicando via radio a Tadashi e Yattaran che era riuscita nell'intento. Si diedero appuntamento alla navetta, anche se avrebbero dovuto attendere il buio per allontanarsi indisturbati. Yuki ripose il ciuffo di capelli in una scatolina. Ma secondo lei il test del dna era del tutto superfluo. Harlock aveva ragione. Quella bambina era la copia al femminile di Tristan. E i suoi occhi, visti dal vivo, erano gli stessi, inconfondibili occhi dai riflessi dorati di Mayu.
Avvertirono il capitano che era andato tutto secondo i piani. Ingannarono l'attesa gironzolando per la città in festa. Sembrò loro di essere tornati indietro nel tempo, alle fiere di paese della loro infanzia: comprarono dolci e cianfrusaglie presso le numerose bancarelle, Yattaran trovò dei vecchi modellini da collezione che lo mandarono in visibilio. Pranzarono e cenarono al ristorante, guardarono i fuochi d'artificio in onore della principessina. Faceva piacere, ogni tanto, camminare sulla terraferma, fare delle cose normali e godere della luce e dei colori della natura.
Con il favore delle tenebre, finalmente poterono lasciare il pianeta senza intoppi e tornare su Ombra di Morte. Harlock li aspettava nel suo studio, impaziente, insieme al dottor Zero, che si era offerto di eseguire subito l'analisi. Avevano già provveduto a prendere dei capelli da Tristan.
I tre raccontarono la loro missione, dopo aver brindato con una delle bottiglie di rosso della riserva speciale del capitano.
“Non è finita, comunque - osservò Harlock - Finché non avrò i risultati del test, non ci crederò.”
“Capitano - disse Yuki - Io quella bambina l'ho vista da vicino. C'è una possibilità su un miliardo che non sia lei...”
Zero prese i campioni.
“Quanto tempo ci vorrà?” gli chiese Harlock.
“Oh, non molto! Mi metto subito al lavoro.”
“Grazie, dottore. Mi chiami appena sa qualcosa.”

Harlock non andò nemmeno a dormire. Tanto non sarebbe riuscito a prendere sonno. Si impose di pensare ad altro per un po', o sarebbe diventato matto. Malgrado l'ora tarda, ispezionò l'Arcadia da cima a fondo, controllò i lavori di manutenzione di persona, stette a lungo nella sala del computer centrale.
Quando finalmente fu mattina, tornò in cabina e fece colazione con Mayu e i bambini, che nel frattempo si erano svegliati.
“Ancora la tua insonnia? Forse dovresti parlarne con il dottore...”
“Temo non ci sia molto da fare... quando avrai la mia età mi capirai!” scherzò lui, issando Selene sulle sue ginocchia.
“Vi accompagno in spiaggia...” aggiunse poi. Con la bambina in braccio, prese per mano Tristan e si avviò fuori dalla nave. Mayu era interdetta. Lui che si comportava quasi come un normale padre in vacanza... Non che non fosse presente o affettuoso con i bambini, ma ora più che mai sentiva il peso delle responsabilità della sua astronave ed era quasi ossessionato dalla sicurezza. La vita a bordo non era più scanzonata e allegramente incosciente come una volta. Ogni tanto Mayu si chiedeva se prima o poi qualcuno dell'equipaggio non avrebbe finito per annoiarsi.
Harlock, tu mi stai nascondendo qualcosa! pensò in quel frangente. Ma decise di non dire nulla, per il momento, nemmeno quando lo vide giocare con la sabbia e poi fare il bagno con loro.
Harlock aiutò Mayu a riportare dentro le due piccole pesti, che non ne volevano sapere, per il pranzo, e decise che aveva aspettato abbastanza. Con un pretesto si allontanò dalla cabina e si catapultò nel laboratorio del dottor Zero.
“Oh, capitano, stavo per chiamarla...”
Harlock non era mai stato così impaziente.
“Allora ha i risultati! Dica qualcosa, non mi tenga sulle spine!”
“Sì, ho i risultati”.

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Capitolo 17
*** Riprendersi Esmeralda ***


 

Il buon medico fissò raggiante il capitano.
“Aveva ragione lei: quella bambina è la gemella di Tristan. Senza ombra di dubbio!”
Harlock si lasciò cadere su una sedia, resistendo all'impulso di abbracciare il dottore. Se fosse stato solo, forse si sarebbe messo a piangere, per la felicità questa volta. Da quando era diventato così emotivo?
“Capitano, si sente bene? - chiese il dottore preoccupato - Tenga questo, la tirerà su.”
Lui guardò quello che Zero gli porgeva, pensando fosse qualche medicinale... ma si trovò davanti al naso una bottiglia di saké. Sorrise, la prese e ne buttò giù un sorso. Poco ortodosso, forse, ma efficace.
“Guardi, può controllare lei stesso.”
“Non ce n'è bisogno, tanto non ci capisco nulla. Mi fido di lei, dottore.”
“E ora che cosa farà?”
Harlock si era posto quella domanda decine di volte, quasi con timore, ma per scaramanzia non si era ancora dato delle risposte. Ora finalmente poteva pensare a come riprendersi sua figlia.
“Per prima cosa lo dirò a Mayu... Poi mi inventerò qualcosa... Grazie, dottore.”
“Ma... si immagini! Sono davvero felice di avervi potuto dare una bella notizia!”

Harlock tornò rapido in cabina. Leggero, come non si sentiva da anni.
Mayu aveva messo a letto i bambini e si stava godendo un po' di pace leggendo davanti alla vetrata.
Quando lo sentì entrare si voltò e gli sorrise.
“Ti stavo aspettando per pranzare insieme... finché le belve dormono.”
“Ti devo parlare.”
La ragazza comprese che si trattava di qualcosa di importante e si fece seria.
“D'accordo, ti ascolto.”
Harlock prese una sedia e si sistemò di fronte a lei.
Prese le mani di Mayu tra le sue e le raccontò tutto. Dai suoi primi sospetti fino alla conferma del dottor Zero: la loro bambina era viva, sana e salva, su Panahon!
Man mano che il racconto procedeva, gli occhi di lei si riempivano ora di stupore ora di sdegno ora di incredulità. Alla fine si velarono di lacrime.
“Tu... tu non mi mentiresti mai su una cosa simile, vero? Non è una pietosa bugia per farmi stare meglio?”
“Come puoi pensarlo? Io non ti ho mai mentito su nulla, men che meno su una questione del genere! Se lo scopo era farti stare meglio, avrei imbastito questa storia molto prima, non credi? Vorrei che tu vedessi quella bambina! Non avresti più alcun dubbio, anche senza il test del dna! Non te l'ho detto prima perché volevo essere sicuro che fosse vero, di non aver preso un abbaglio. Non volevo illuderti per niente...”
Mayu lo abbracciò.
“Hai fatto bene, Scusami se ho pensato questo, ma... ancora non riesco a crederci! Mi sembra un sogno! - strinse i pugni, senza più riuscire a trattenere la rabbia - Come ha potuto Frida farci questo? Sembrava così gentile e disponibile... Ma cosa potevamo aspettarci dalla figlia di Raflesia?”
“Io invece penso che Raflesia non avrebbe mai agito così... ma naturalmente posso sbagliarmi. E comunque non ha importanza. Ci restituirà Esmeralda, con le buone o con le cattive! E poi le farò passare la voglia di comportarsi così in futuro” aggiunse con lo sguardo incupito.
Mayu si morse le labbra, come tormentata da un pensiero molesto.
“Lei... lei non si chiama Esmeralda... Per tre anni ha creduto di essere la figlia di Frida, una principessa, e di chiamarsi Tamara... Come faremo a dirle la verità? È così piccola! Sarà un trauma terribile per lei!”
“Quindi? Mi stai dicendo che sarebbe meglio per lei lasciarla dov'è?” chiese Harlock incredulo, con tono asciutto.
“No no, ovviamente no! Ma dovremo usare ogni attenzione per non farla soffrire...”
Le prese il viso tra le mani.
“Mayu, tu sei sua madre, la sua vera madre. Io credo nella potenza dei legami di sangue. Faremo in modo che si abitui gradualmente, le riveleremo la verità un po' per volta. Il nostro amore farà il resto.”
Mayu annuì.
“Ora il vero problema da risolvere è come facciamo a riprendercela.”
“Ci hai già pensato?”
“Non ancora. Volevo prima essere certo che fosse lei. Ma adesso chiamerò i miei ufficiali... i nostri amici, e studieremo un piano infallibile.”

Subito dopo il veloce pranzo, Mayu e Harlock affidarono i bambini a Meeme e si ritrovarono nell'ufficio del capitano con Yattaran, Tadashi e Yuki. Diedero anche a loro la bella notizia.
Yuki batté le mani e abbracciò Mayu.
“Lo sapevo, lo sentivo! Non avevo dubbi!”
Tadashi invece era di nuovo sul piede di guerra. Vedeva in quell'azione la possibilità di farla pagare alle Mazoniane e alla progenie di Raflesia una volta per tutte.
Harlock riassunse la situazione con aria grave.
“Non è necessario spiegarvi che questa non è un'azione di pirateria come tutte le altre. Questa volta c'è di mezzo una bambina innocente. Che fino ad ora ha creduto di essere la principessa di Panahon, e che sua madre fosse la regina Frida. Che di punto in bianco si ritroverà su una nave pirata, con degli estranei e dei genitori che non ha mai visto. Non possiamo semplicemente rapirla, strapparla al suo mondo e trascinarla quassù. È mia figlia e non voglio che rimanga traumatizzata a vita. Sarà uno choc comunque, ma vorrei limitare il più possibile i danni.”
“Quindi? Hai già pensato a come fare, capitano?” chiese -Yattaran continuando a dondolarsi sulla sedia, con le mani intrecciate dietro la nuca.
“L'ideale sarebbe riuscire a infiltrarsi nel palazzo, guadagnare la fiducia della piccola e delle persone che la accudiscono e al momento giusto portarla sull'Arcadia. Ma è un piano che richiede troppo tempo, e noi non ne abbiamo. Non sappiamo se Frida sia stata avvertita del nostro arrivo su Panahon... è vero che ufficialmente siamo ripartiti subito, ma non sappiamo se questa notizia l'abbia messa in allarme. La principessa sarà sicuramente sempre sorvegliatissima. A maggior ragione perché la regina sa di averla fatta sporca. Forse il fatto che finalmente, dopo tre anni, si sia decisa a mostrarla al popolo può significare che si sente più sicura, ma non possiamo esserne certi... E, anche se restiamo nascosti su Ombra di Morte, non possiamo rischiare di tradire la nostra presenza. Quindi ci serve qualcosa di più rapido...”
Tutti lo fissavano, in attesa di illuminazione.
“Credo che la cosa migliore sia avere Frida e la bambina come nostre gradite ospiti sull'Arcadia. Così Tamara potrà cominciare a familiarizzare con noi e con l'ambiente e scoprire a poco a poco la verità, grazie alla collaborazione, spontanea o meno, della regina.”
Tadashi diventò rosso per la rabbia.
“E non intendi farla pagare, a quella strega, dopo ciò che ti ha fatto?”
Il capitano era abituato ai suoi scoppi d'ira e non si scompose.
“A me basta riavere nostra figlia, la vendetta non mi interessa. Non posso dimenticare che comunque ha permesso che Mayu venisse salvata e potessimo tenerci almeno Tristan.”
“È una psicopatica assassina - urlò il giovane - Ha ucciso la dottoressa e altre tre persone, pur di proteggere il suo segreto, e chissà che cos'altro ha fatto che non sappiamo! E non credo che abbia salvato Mayu per altruismo o bontà d'animo! Sicuramente aveva in mente qualcosa!”
In effetti Harlock non era ancora riuscito a darsi una spiegazione del comportamento di Frida nella sua interezza. Ma in quel momento i suoi obiettivi erano altri.
“Bisogna introdursi negli appartamenti reali e costringere Frida a venire sull'Arcadia con la bambina. Mi auguro che le voglia bene e non intenda spaventarla... Yattaran, pensi di riuscire a scoprire quali sono i sistemi di sicurezza del palazzo e metterli fuori uso al momento giusto?”
“Credo proprio di sì. Per il corteo reale ce l'ho fatta senza problemi.... Mi ci metto subito.”
“Bene. Ci serve anche una pianta dell'edificio. Quando avremo un quadro completo della situazione, penseremo a come agire. Abbiamo visto che le nostre navette di notte riescono ad andare e venire da Panahon senza problemi.”
Sciolsero la riunione. Harlock era consapevole che si trattava di una missione particolarmente delicata, ma confidava nel suo sangue freddo e nell'abilità del suo equipaggio.
Mayu era rimasta. Era silenziosa e aveva l'aria preoccupata. Lui le sorrise.
“Andrà tutto bene. Te lo prometto.”
“Lo so... vorrei far parte anch'io della spedizione su Panahon” disse esitante.
Harlock non le aveva mai permesso di partecipare a delle azioni, ma in quel caso era diverso.
“Sì, ci avevo pensato anch'io. Con te e Yuki la bambina resterà meno turbata... o hai intenzione di malmenare Frida?”
“Se lo meriterebbe, e non è escluso che prima o poi lo faccia! Ma io... ho bisogno di vederla, Harlock. Voglio incontrare la mia bambina. Non ce la faccio più.”
“La vedrai presto. Devi solo lasciarmi il tempo di organizzare il tutto.”
Mayu si sedette sulle sue ginocchia, confidando che nessuno sarebbe entrato senza bussare.
“Non è la prima volta che dovete recuperare una bambina...” gli rammentò.
“Sì, lo ricordo benissimo. Ma tu sapevi chi eri. Sapevi chi erano i tuoi amici, chi ti voleva bene davvero...”
La ragazza lo baciò.
“È vero, lo sapevo. L'ho sempre saputo.”
Lui la accarezzò lentamente. Le sue dita incontrarono la cerniera della tuta.
“Se sbarrassimo la porta...? Almeno qua non ci sono i bambini!”
Mayu rise.
“Ahi ahi! Siamo nel suo ufficio. Potrei accusarla di molestie, capitano!”
Harlock sospirò in modo teatrale.
“Correrò il rischio...”

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Capitolo 18
*** Alleati inaspettati ***


 

Harlock era impaziente. Come aveva spiegato ai suoi, il fattore tempo era fondamentale. Yattaran fu sollevato da tutti gli altri compiti per dedicarsi esclusivamente all'incarico che gli aveva affidato il capitano. Incarico che si rivelò più arduo del previsto.
Ma, dopo un paio di giorni, il primo ufficiale chiamò Harlock con l'interfono, annunciandogli importanti novità.
“I sistemi di allarme e le telecamere di sorveglianza del palazzo non sono particolarmente sofisticati, non sarà difficile metterli fuori uso. Ma gli ingressi principali sono costantemente presidiati da guardie armate, giorno e notte. In più, ci sono altre pattuglie che fanno la ronda sia all'esterno, lungo le mura perimetrali, sia all'interno, fino agli appartamenti reali. Sarà più complicato liberarsi di loro senza fare troppo baccano...”
Harlock osservava intanto la pianta del palazzo comparsa sul monitor. Ovviamente se l'aspettava. Era ovvio che un palazzo reale fosse ben protetto.
“Potremmo usare il gas congelante, contro le guardie - disse - Silenzioso ed efficace.”
Fin qui, pensava l'uomo, era un'azione di pirateria come tante altre. Il difficile veniva dopo: come poteva un manipolo di fuorilegge strappare una bimba di tre anni dal suo letto e dalla sua casa senza terrorizzarla?
“Sì, certo - proseguì Yattaran serafico - Ma nelle mie ricerche mi sono imbattuto in qualcosa di curioso di cui volevo parlarti...”
Harlock si allarmò, ma cercò di ostentare la sua solita imperturbabilità.
“Di che cosa si tratta?”
“Strani messaggi, che entrano ed escono dal palazzo. All'inizio non ci ho fatto caso, ma poi continuavo a trovarmeli tra i piedi... allora ho cercato di capire di che cosa si trattasse. Partono sempre dallo stesso computer, ma arrivano a destinatari diversi, i quali a loro volta rispondono.”
“Di che genere di messaggi si tratta? Che cosa dicono?”
“In realtà sembrano frasi senza senso, o comunque del tutto scollegate tra loro. Cioè, uno dice una cosa, e l'altro risponde in un modo che apparentemente non c'entra nulla... Insomma, a me sembrano messaggi in codice... comunicazioni cifrate.”
Harlock alzò un sopracciglio.
“E che cosa può significare?”
Yattaran incrociò le mani dietro la nuca.
“A mio modesto avviso, qualcuno non sembra troppo contento di questa regina e della sua gestione del potere...”
“Cioè... tu pensi che qualcuno stia organizzando una specie di rivolta?”
“Non ne sono sicuro, ovviamente, ma è molto probabile. Non credo esista una banda di buontemponi che si diverte a scrivere cose assurde...”
“Se è così, questo fatto potrebbe tornarci utile. Cerca di saperne di più e poi riferiscimi! - gli diede una pacca sulla spalla - Sei sempre il migliore!”
Si allontanò pensieroso. Nella sua mente strategica si stava già delineando un possibile piano per sfruttare quella ribellione a suo vantaggio.
Potrei incontrarmi con i rivoltosi, spiegare la mia situazione e offrire loro il nostro aiuto per impadronirsi del palazzo. In cambio, chiederò Frida e la principessa. Con loro invece fingerò di intervenire per aiutarle e, per metterle in salvo, le porterò sull'Arcadia. Così Esmeralda vedrà subito in noi i “buoni” e non si spaventerà... Già, ma come farò a giustificare con la regina la mia presenza proprio in quel momento? Potrei raccontare di aver intercettato degli strani messaggi, mentre mi dirigevo verso Panahon, e di aver capito che lei era in pericolo e, come le avevo promesso, mi sono precipitato in suo soccorso... Sì, può funzionare... Una volta sull'Arcadia, Frida non potrà più fare nulla...
Per il momento decise di non dire nulla a nessuno. Voleva prima aspettare che Yattaran scoprisse qualcosa di più, anche se l'attesa era davvero logorante e lui non vedeva l'ora di mettere la parola fine a tutta quella faccenda.
Intanto si era fatto dare una copia della pianta del palazzo, con la posizione delle sentinelle e delle telecamere. Per il momento, avrebbe studiato quella, sarebbe stato comunque utile.
Non poteva fare a meno di chiedersi come mai su Panahon stesse per scoppiare una ribellione. Sempre che fosse vera quell'ipotesi. Non gli sembrava che gli abitanti se la passassero male, pareva un pianeta prospero e tranquillo. Ma lui c'era stato per troppo poco tempo, e in circostanze particolari, non aveva avuto modo di rendersi pienamente conto della situazione. Poteva trattarsi di banali giochi di potere. O forse, gli originari abitanti avevano deciso di riprendersi ciò che era loro. Ricordava vagamente che anche all'epoca di Raflesia c'era stata una specie di rivolta... ma lì era diverso, la gente era provata da quel lungo viaggio e dalla guerra... Quanti ora volevano rovesciare Frida erano forse gli stessi che avevano armato l'assassino di Raflesia? Era impossibile al momento darsi delle risposte. In ogni caso, decise, non erano affari loro. Loro avevano solo una missione, al resto avrebbero pensato gli altri.

Yattaran dimostrò ancora una volta la propria abilità.
“Ho scoperto la chiave per decriptare i messaggi misteriosi!- annunciò trionfante - È un sistema in uso sulla Terra addirittura durante la Seconda Guerra Mondiale, quindi non se ne ricorda più nessuno. Mi chiedo come facciano questi a conoscerlo... Comunque, avevo ragione! Sta per succedere qualcosa di grosso. Si parla di armi nascoste, incontri segreti, un nuovo governo... Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per una bella rivoluzione!”
“Bene - commentò Harlock asciutto - Voglio incontrare questa gente. È possibile, secondo te, senza che i ribelli si sentano minacciati?”
“Ci possiamo provare... La mia impressione è che ci sia un insider nel palazzo, che fornisce informazioni ad altre cellule sparse sul pianeta, non solo nella capitale. Cercherò di scoprire dove e quando si terrà il loro prossimo incontro. Sperando che nessun altro si sia accorto di tutte queste manovre... Se Frida dispone di un servizio di spionaggio, lascia parecchio a desiderare!”
“Quando l'avrai scoperto, tu, Tadashi ed io scenderemo su Panahon con il solito sistema.”
Yattaran non aveva ben capito che cosa avesse in mente il capitano e si limitò ad annuire.

Harlock era più preoccupato per che cosa avrebbero fatto una volta avute a bordo Frida e la bambina. L'istinto era di sbattere quella donna in una cella e buttare via la chiave. Oppure rispedirla su Panahon, dopo un po', e che la sbrigasse lei con i ribelli! Ma che cosa avrebbero detto alla piccola Esmeralda? E come l'avrebbero chiamata, con il suo vero nome o con quello a cui era abituata? E poi, l'eterno dilemma, che in questo caso diventava ancora più pressante: era giusto far vivere i suoi figli come lui, senza una vera casa, senza luce, senza poter correre in un giardino, senza amici? Gli altri due no, ma Esmeralda aveva conosciuto tutto questo... come avrebbe reagito a esserne privata?
Ne parlò a lungo con Mayu. Le raccontò dell'imminente rivolta, del suo piano di appoggiarla per poter portare sull'Arcadia Frida e la principessa senza insospettirle. La ragazza approvò le sue decisioni, soprattutto perché erano volte a tutelare la figlia. Lei pensava che Tristan sarebbe stato determinante per far comprendere alla piccola le sue vere origini.
“Dicono che i gemelli hanno un legame speciale, che rimane anche se vengono separati alla nascita. Se poi si assomigliano così tanto, come dite voi... Lei capirà subito che è suo fratello, ne sono sicura!”

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Capitolo 19
*** I ribelli ***


 

Trascorsero altri giorni, prima che Yattaran intercettasse il messaggio con cui i ribelli fissavano il giorno e l'ora del loro prossimo incontro segreto.
A quel punto, Harlock mise al corrente anche Tadashi e Yuki della situazione e dei suoi progetti. Non sarebbe stato facile guadagnare subito la fiducia dei rivoltosi, ma bisognava tentare. Il capitano contava anche sul suo “buon nome”: tutti sapevano chi era e che aveva combattuto contro Mazone, meno di vent'anni prima. Doveva pure significare qualcosa.
L'incontro si sarebbe tenuto di notte, in una zona boschiva non lontano dalla capitale, in un vecchio edificio abbandonato. Harlock, Yattaran e Tadashi, opportunamente travestiti, raggiunsero la zona su un lupo spaziale, lo lasciarono nascosto tra la vegetazione e si avvicinarono con cautela. Osservarono, non visti, l'edificio semidiroccato, all'interno del quale brillava una tenue luce. Sembrava una ex caserma o qualcosa del genere, valutò Harlock con occhio esperto. Cominciarono a entrare uomini e donne, a piccoli gruppi, in abiti scuri, per meglio confondersi tra le tenebre. Erano parecchie persone, e questo rendeva più semplice per loro mimetizzarsi. Quindi si avvicinarono anche loro lentamente. Yattaran aveva anche scoperto la parola d'ordine e così l'uomo di guardia all'ingresso li fece entrare senza problemi.
Si trovarono in una vasta stanza, spoglia e illuminata solo da alcune torce. Si appiattirono lungo le pareti, cercando di non dare nell'occhio. Dalla parte opposta, a un tavolo rudimentale, sedevano tre persone, due uomini e una donna. Dovevano essere i capi della rivolta. Il più anziano dei tre parlò a lungo, illustrando i punti salienti del piano che avrebbe portato alla deposizione di Frida e a un nuovo inizio per Panahon. Mancavano ormai pochi giorni. Le armi erano già state nascoste in punti strategici. A breve tutti avrebbero ricevuto ulteriori istruzioni con il solito sistema. Harlock capì che dovevano essere coinvolti anche degli esponenti dell'esercito e forse anche dei notabili del palazzo.
Quando la riunione fu sciolta, i tre infiltrati si avvicinarono all'uomo che aveva parlato. Visto da vicino, doveva avere poco meno di una sessantina d'anni. Aveva i capelli tagliati a spazzola, fisico asciutto, e non sembrava un mazoniano. Forse un discendente degli antichi coloni di Mazone. O forse un abitante originario del pianeta. Comunque, da come si comportava, doveva avere delle passate esperienze in campo militare.
“Le devo parlare” esordì Harlock senza tanti preamboli.
L'uomo fissò i tre con aria interrogativa e anche leggermente allarmata.
“Non credo di conoscervi...”
“Infatti non ci conosciamo. Ma non dovete temere, siamo dalla vostra parte. Sono Harlock, capitano della nave Arcadia, e questi sono due dei miei ufficiali. Siamo venuti a offrirvi il nostro aiuto.”
Aveva detto tutto insieme, per non dare all'altro il tempo di replicare subito, togliendosi nello stesso tempo il cappuccio del mantello e la sciarpa che gli nascondeva in parte il viso, rivelando i suoi tratti inconfondibili. Si volse anche verso la luce, per togliere ogni dubbio.
“Harlock... - mormorò l'uomo sorpreso, osservandolo con attenzione - Sì, è lei, non si può sbagliare. So chi è e che cosa ha fatto in passato contro Mazone...”
Intanto aveva fatto un cenno quasi impercettibile verso un gruppo di ribelli, che infatti si avvicinarono con le armi in pugno. Ma il capitano aveva previsto un'eventualità del genere e non perse il sangue freddo.
“Ne ero quasi certo...”
“E che cosa ci fa qua? Come ha fatto a sapere di noi? E, soprattutto, perché mai dovrebbe aiutarci?
“Come ho fatto non ha molta importanza... Sono interessato ad aiutarvi semplicemente perché la regina ha qualcosa che mi appartiene e che mi ha sottratto con l'inganno tre anni fa. La rivoglio. Stavamo progettando anche noi un assalto alla reggia, quando ci siamo imbattuti nei vostri messaggi cifrati. Abbiamo lo stesso obiettivo, quindi perché non unire le forze? Voi conoscete la città e il palazzo. E la nostra tecnologia può esservi utile, anche per evitare inutili spargimenti di sangue.”
L'uomo lo guardò dubbioso.
“E in cambio che cosa vorreste?”
“Voglio che Frida venga con me sull'Arcadia, insieme a ciò che mi appartiene.”
Intanto qualcuno era andato a chiamare gli altri due che avevano tenuto la riunione.
“E che cosa sarebbe?” chiese una voce femminile.
Harlock esitò un istante. Forse non era prudente scoprire subito le carte. Ma, se voleva ottenere fiducia, doveva dare fiducia.
“Mia figlia” disse semplicemente, volgendosi verso la donna che aveva parlato. Lei invece sembrava una Mazoniana, perché era alta e snella, anche se non più giovanissima.
Tutti spalancarono gli occhi.
“Ho le prove inconfutabili - proseguì Harlock - che la principessa Tamara sia in realtà uno dei gemelli partoriti da mia moglie qui su Panahon tre anni fa, e che mi fu fatto credere fosse morta appena nata. La dottoressa Igea, guarda caso l'unica persona che ne era al corrente, come voi sapete è rimasta vittima di un misterioso incidente poco dopo, insieme ad altre tre persone. Ho scoperto per caso che invece mia figlia è viva e voglio riportarla a sua madre e ai suoi fratelli. Tutto qua.”
I tre si guardarono, incerti. La storia era pazzesca, ma... conoscendo Frida, non del tutto assurda. Quella principessa spuntata dal nulla, in effetti, aveva stupito un po' tutti su Panahon.
“Non ci siamo presentati - disse l'uomo più anziano, porgendo la mano al capitano - Mi chiamo Humboldt e sono un ex militare dell'esercito originario di Panahon.”.
La donna disse di chiamarsi Atalanta, anche lei era un ufficiale, ma dell'esercito di Mazone, sotto la regina Raflesia. Harlock strinse la mano anche a lei.
“Probabilmente ci siano scontrati su qualche campo di battaglia, anni fa...” le disse.
“Sì, è molto probabile - rispose Atalanta con un sorriso complice - Ma è passato molto tempo. Eravamo in guerra. Nessun rancore.”
L'altro, invece, si rese conto il capitano, visto da vicino appariva poco più che un ragazzo, biondo e dall'aspetto delicato. Lo sguardo, però era fiero e determinato.
“Galaad. Io lavoro a palazzo. Sono una specie di … paggio.”
L'insider, pensò Harlock. Potrebbe esserci molto utile.
“Sediamoci - li invitò Humboldt - Penso che possiamo trovare un accordo, ma prima deve sapere alcune cose, capitano. Non ho motivo di dubitare della sua storia. Noi non siamo interessati alla principessa, è troppo piccola per succedere alla regina... Ma Frida deve rispondere davanti al popolo dei crimini che ha commesso. Non possiamo permettere che venga via con lei.”
Harlock aggrottò la fronte. L'obiezione gli uscì così, senza riflettere.
“Quali crimini esattamente? Non ci sono prove che ci sia lei dietro la morte di Igea, in realtà...”
I tre capi della rivolta si scambiarono un'occhiata, poi Humboldt fece un cenno al ragazzo, che prese la parola.
“Lei saprà che la regina Raflesia è stata assassinata circa quattro anni fa...”
“Sì, Frida me ne parlò durante il nostro primo incontro, e devo dire che ci rimasi molto male. Il gesto di un pazzo esaltato, disse.”
“Questa è la versione ufficiale. Il colpevole fu giustiziato e tutto finì lì. Solo che non era lui l'assassino.”
Harlock era sempre più perplesso. Dove volevano andare a parare quei tre? Attese che Galaad proseguisse. Il ragazzo si avvicinò a lui e lo fissò intensamente, abbassando la voce.
“Perché il vero assassino è... Frida.”1
Il capitano sobbalzò sulla sedia. Era senza parole. Tadashi non poté fare a meno di guardarlo, come a sottolineare “io te l'avevo detto!”
“Ma... non mi sembra possibile! Come fate ad affermarlo con tanta certezza?”
“Perché l'ho vista - disse il ragazzo con voce stanca, come se quel ricordo lo tormentasse ancora - Con i miei occhi. Ero affacciato a una finestra e stavo osservando la regina che passeggiava nel giardino con sua figlia. Stavano chiacchierando del più e del meno. Naturalmente non sentivo che cosa dicevano. Sono tornato alle mie faccende per qualche minuto, poi mi sono di nuovo avvicinato alla finestra e ho visto chiaramente Frida colpire Raflesia più volte con qualcosa di acuminato. Mi sono subito ritratto. Se Frida mi avesse visto, sono sicuro che avrebbe ammazzato anche me... Quando hanno incolpato quel poveretto, avrei voluto dire la verità, ma allora ero un ragazzino, ero terrorizzato e non avevo prove. Nessuno mi avrebbe creduto, e avrei di sicuro fatto una brutta fine! Ma da allora ho giurato che avrei vendicato la morte della regina e dell'uomo accusato ingiustamente! Dopo quasi quattro anni di regno di Frida, sapevo che c'era molto malcontento in giro. Malgrado il pericolo, ho cominciato a incontrarmi con altri che la pensavano così ed è nata l'idea di una rivoluzione. Io lavoro a palazzo e posso carpire molte informazioni, anche riservate.”
Harlock era sconvolto. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile. Si rese conto che una così era capace davvero di tutto. Se era arrivata ad assassinare la propria madre a sangue freddo, per lei rubare una bambina e uccidere i suoi complici doveva essere stato come bere un bicchier d'acqua!
“Raflesia era una donna dura - intervenne Atalanta - ma giusta. Non si faceva mai condizionare dalle emozioni, ma tutte le sue decisioni erano ponderate e avevano come scopo il bene del popolo. Frida non è così, e non soltanto perché manca del tutto di esperienza. È spesso gratuitamente crudele. Non si sente sicura su un trono che, di fatto, ha usurpato e quindi sospetta di tutto e di tutti. Governa dispoticamente e di rado ascolta i suoi consiglieri. Ogni tanto capita che qualcuno dei suoi collaboratori sparisca nel nulla, e non è difficile immaginare la sua sorte. La gente sta bene economicamente, ma vive sempre nella paura e non si sente libera. Molti ufficiali dell'esercito e notabili, perfino ministri, sono d'accordo con noi.”
“ È un po' pericoloso coinvolgere così tanta gente... c'è il rischio che qualcuno prima o poi si tradisca” commentò Harlock.
“Ne siamo consapevoli, ma noi dovevamo agire...”
“Ma che cosa avete in mente di fare, dopo? Chi sceglierete per governarvi?”
“Su Panahon c'era una democrazia prima dell'arrivo di Mazone - spiegò Humboldt - Ma ormai i politici erano tutti talmente corrotti e disinteressati al bene pubblico che è stato facile per Raflesia liquidarli e imporre la sua monarchia. Noi vorremmo ritornare al nostro vecchio sistema. Abbiamo imparato la lezione e forse adesso le cose andranno diversamente. Almeno, noi ci vorremmo provare.”
Harlock ebbe un sorriso amaro. Quella storia l'aveva già sentita, e aveva anche visto come era andata a finire.
“Vi auguro che vi vada meglio che sulla Terra. Ma io ho bisogno di Frida per un motivo preciso.”
Spiegò che lui voleva semplicemente tutelare la sua bambina e preservarla da un trauma troppo forte. Avere sull'Arcadia un volto conosciuto, almeno per un po', l'avrebbe aiutata.
“In fondo, è come se la esiliaste. E, finché sarà con noi, non vi darà più fastidio.”
“Ma lei invece che cosa ha intenzione di fare con quella donna?” chiese Galaad.
A dire la verità, Harlock non ne aveva la più pallida idea. Anche lui aveva più di un motivo per avercela con Frida, ma l'idea che venisse processata e magari condannata a morte, chissà perché, lo disturbava profondamente. Decise di prendere tempo.
“Ve la potrei riconsegnare, una volta che non mi servirà più.”
“Come facciamo a essere sicuri che lo farà?”
“Sono capitan Harlock. Non sono mai venuto meno alla parola data, credo che Atalanta ve lo possa confermare.”
La donna annuì, mentre gli altri due non sembravano affatto convinti.
“Sentite, io in realtà sono perfettamente in grado di assaltare il palazzo anche domani e portarmi via Frida e la bambina, e voi non le vedreste mai più. Ma credo che convenga a tutti collaborare, e ognuno otterrebbe ciò che vuole: io mia figlia e voi la vostra bella democrazia. Quindi, se vi fidate, io vi consegnerò la regina al momento opportuno, altrimenti... chi prima arriva, meglio alloggia!”
I tre si ritirarono in un angolo per consultarsi.
Tadashi era nervoso.
“Perché diavolo siamo qui allora - sussurrò sottovoce al capitano - se non abbiamo bisogno di loro? Cosa che credo anch'io, tra l'altro!”
“È vero, non abbiamo bisogno di loro. Ma ci possono essere utili, conoscono il palazzo meglio di noi. E poi ci servono come alibi davanti a Frida, ricordatelo!”
Finito il conciliabolo, Humboldt parlò per tutti.
“Abbiamo deciso di fidarci di lei, capitano. Contiamo che ci riconsegnerà Frida perché subisca un giusto processo per l'assassinio della regina Raflesia e tutto il resto. Il vostro intervento, però, modificherà i nostri piani, dovremo rincontrarci per discuterne. Adesso è pericoloso, siamo stati qui anche troppo, qualcuno potrebbe accorgersene. Come possiamo contattarvi?”
Yattaran glielo spiegò e finalmente i tre poterono fare ritorno sull'Arcadia.
“Odio dirlo, ma io lo sapevo che quella era una psicopatica! Assassinare la propria madre! Ma come si fa?” strillava Tadashi fuori di sé, una volta sulla navetta.
“Calmati - intervenne Harlock - Questo l'hanno detto loro, ma non abbiamo prove che sia la verità.”
“A me quel ragazzo sembrava sincero. E poi, avevamo già deciso di aiutarli, a che scopo raccontarci quella storia, se non era vero?”
“Purtroppo sembrava sincero anche a me. Comunque, come ho già detto, a me Frida serve per un motivo. Poi la rispedirò su Panahon. Magari nel frattempo gli animi si saranno calmati e forse potrà avere davvero un giusto processo...”
“Non sembri troppo convinto...” notò Yattaran.
“La storia ha dimostrato troppe volte che i tribunali rivoluzionari hanno le sentenze già scritte dall'inizio e chi ci finisce davanti paga comunque, anche se è innocente. E poi lo sapete che sono contro la pena di morte!”
“Non hanno parlato di pena di morte...”
“Ah no? Beh, però è in vigore, a quanto mi risulta, quindi... meglio non rischiare.”







 

1Repetita iuvant: “La principessa”, cap. 10

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Capitolo 20
*** Assalto al palazzo ***


Harlock decise di raccontare a Mayu quello che avevano scoperto di Frida. Sapeva che l'avrebbe sconvolta, ma era giusto che sapesse la verità. Naturalmente la ragazza si infuriò.
“Non posso pensare che una pazza assassina matricida abbia allevato mia figlia per tre anni! Se non lo faranno i ribelli, la ucciderò io con le mie mani!”
“Calmati, Mayu. Non siamo sicuri che le cose siano andate esattamente così...”
“E perché avrebbero dovuto mentirti?”
“Forse hanno bisogno di un pretesto per giustificare la rivolta... In ogni caso, sono sicuro che con Esmeralda si è comportata in modo diverso, le avrà voluto bene.”
Mayu lo guardò con occhi indagatori.
“Non ti capisco. Sembra quasi che tu la voglia difendere...”
“Io mi preoccupo solo per la bambina. Che cosa vuoi che faccia? Che uccida Frida, che lei crede sia sua madre? Non è compito mio fare giustizia, per di più sommaria.”
“No, certo che no - sospirò lei - Ma non ho ancora ben capito come intendi comportarti con lei...”
“Non lo so nemmeno io. Dipenderà molto da come si comporterà lei una volta sull'Arcadia.”
Uscì dalla cabina a passo svelto. Era turbato lui stesso. Avevano ragione tutti loro. Senza sapere perché, malgrado tutto il male che aveva fatto, pure non riusciva a odiare quella donna.

Dopo pochi giorni, Harlock, Tadashi, Yattaran e questa volta anche Yuki, si incontrarono di nuovo con i capi della ribellione, per concertare l'assalto al palazzo.
I ribelli si resero presto conto che la preparazione dell'equipaggio dell'Arcadia e gli armamenti superiori di cui disponeva sarebbero stati davvero molto utili, e questa constatazione spazzò via le loro ultime perplessità.
Stabilirono che gli uomini di Harlock si sarebbero divisi in due gruppi: uno si sarebbe confuso con i rivoltosi, mentre gli altri, guidati dal capitano in persona, avrebbero recitato il ruolo dei salvatori, facendo irruzione negli appartamenti reali e traendo in salvo Frida e la principessa.
Galaad li avrebbe attesi all'interno e li avrebbe fatti entrare, approfittando degli intervalli tra una ronda e l'altra, meticolosamenente calcolati.
Con l'effetto sorpresa e usando le bombole di gas congelante, avrebbero reso rapidamente inoffensivi i picchetti di guardia e i soldati di ronda. A quel punto, non sarebbe stato difficile impadronirsi del palazzo. Contemporaneamente, i dignitari e i militari che appoggiavano la congiura avrebbero preso il comando del resto dell'esercito e del Gran Consiglio, che formalmente affiancava la sovrana nel governo.
“Inutile sottolineare che l'azione deve essere il più possibile veloce - spiegava Harlock - per non dare modo al nemico di reagire e di organizzare la difesa. Con l'esercito e i politici dalla vostra parte, non dovrebbe essere un problema gestire la situazione, evitando il più possibile violenza e spargimenti di sangue. Questo però è tutto in mano vostra, io non posso più intervenire.”
“Si ricordi della sua promessa riguardo alla regina” gli ricordò Atalanta.
“Certo - rispose lui asciutto, alzandosi per congedarsi - Ci vediamo lì. Buona fortuna!”

L'ora X sarebbe scattata da lì a 48 ore. Harlock illustrò il piano al resto della ciurma. Il problema più grosso, in realtà, era come sbarcare tutti quanti su Panahon senza farsi scoprire. Avrebbero usato tutte le navette disponibili, appena si fosse fatto buio. L'assalto al palazzo sarebbe cominciato alle tre di notte, ora locale, quindi come tempistica avrebbero dovuto farcela. Sarebbero atterrati nel bosco dove si erano incontrati con i ribelli la prima volta. Lì, avrebbero trovato gli altri con un mezzo di terra che li avrebbe condotti verso il palazzo.
Il gruppo di Harlock, invece, una manciata di uomini, sarebbe arrivato direttamente lì in un secondo momento, ad azione già cominciata. Nella confusione dell'assalto, c'erano buone probabilità che nessuno avesse modo di occuparsi di loro.
Harlock era preoccupato per Mayu. Le aveva promesso di portarla con sé, ma ora non gli sembrava più tanto una buona idea. Non soltanto perché non aveva mai partecipato a un combattimento, non soltanto perché avrebbe potuto rimanere ferita, ma anche perché temeva che, vedendola, Frida capisse tutto e trovasse il modo di sfuggirgli, portandosi via Esmeralda.
Glielo disse.
“È meglio se tu aspetti sulla navetta, pronta al decollo. A quel punto, anche se Frida ti vede e per caso intuisce la trappola, non potrà più andare da nessuna parte, sarà costretta a venire via con noi...”
Mayu era delusa, ma si fidava di lui e non voleva in alcun modo compromettere l'esito dell'azione.

La notte stabilita, le navette partirono dall'Arcadia alla spicciolata e atterrarono nel luogo stabilito, dove, come da accordi, i pirati erano attesi dagli altri rivoltosi. Salirono su un grosso furgone, che si diresse verso la città e il palazzo reale. Yattaran chiese a uno dei ribelli accanto a lui se tutti quei mezzi in giro nel cuore della notte non avrebbero destato sospetti. Ma quello rispose che si erano organizzati in piccoli gruppi e sarebbero giunti alla meta da punti diversi. In più, rivelò, una parte dell'esercito era impegnato lontano dalla capitale per delle esercitazioni. Una precauzione in più, attuata grazie agli appoggi delle alte sfere militari che sostenevano la rivolta.
Alle tre in punto, gli ingressi secondari della reggia, momentaneamente non custoditi, furono aperti da Galaad e un primo gruppo di ribelli si introdusse all'interno, per rendere inoffensivo chiunque opponesse resistenza. I pirati dell'Arcadia invece rimasero acquattati all'esterno e, intercettati i soldati di ronda, li immobilizzarono subito con il gas congelante. Poi entrarono a loro volta nel palazzo, per fare la stessa cosa con i picchetti di guardia agli ingressi principali.
Yattaran aveva già provveduto a sabotare qualunque sistema di comunicazione del palazzo.
L'azione fu rapida e ben coordinata e in poco tempo i rivoltosi controllarono ogni settore dell'edificio. I dignitari e il personale, buttati giù dal letto in malo modo, non ebbero il tempo di reagire. Furono tutti rinchiusi in una sala, sorvegliati a vista. Nessuno sembrava avere avuto la possibilità di avvertire la regina di quanto stava accadendo.
Yattaran comunicò al capitano che poteva intervenire. La navetta atterrò appena fuori le mura che circondavano la piazza d'armi, sul retro della reggia, e ne scese un piccolo gruppo di uomini, con Harlock, Tadashi e Yuki. Entrarono senza problemi, sempre grazie a Galaad, e si diressero verso gli appartamenti reali. Le guardie addette a quel settore erano già state attirate in un altro luogo con un diversivo e neutralizzate, così il ragazzo poté condurli nella camera da letto di Frida. La quale non si era accorta di nulla e dormiva profondamente.
Galaad la scosse piano.
“Maestà, maestà, svegliatevi, per favore!”
La giovane mugolò qualcosa, ma si girò dall'altra parte.
Il giovane la scosse più forte.
“Maestà, dovete alzarvi subito! Siete in pericolo!”
A quel punto Frida spalancò gli occhi e si tirò su a sedere.
“Chi...? Come osi entrare qui?”
“Maestà, dovete perdonarmi, ma sta accadendo qualcosa di grave, dovete mettervi in salvo!”
“Spiegati meglio!”
“Un gruppo organizzato di uomini è riuscito a penetrare nel palazzo, ha preso in ostaggio il personale e si sta dirigendo qua. Dovete scappare!”
“Ma... tutte le guardie? Che fine hanno fatto?”
“Messe fuori combattimento! Ma ci sono delle persone che possono condurre via da qui voi e la principessa!”
Frida si era alzata e aveva indossato una vestaglia. Non sapeva se essere più spaventata o più furiosa. Non poteva credere che qualcuno avesse osato ribellarsi e avesse potuto farsi gioco del suo sistema di sicurezza. C'era qualcosa che non tornava.
Azionò un pulsante per chiamare la governante, che dormiva nella stanza accanto.
“E chi sarebbero queste persone?” chiese guardandosi intorno. Non sapeva come comportarsi.
A quel punto Harlock entrò. La donna rimase impietrita a fissarlo, incapace di reagire.
“Lei, capitano? Che cosa ci fa qui?”
Ti prego, fa' che non sappia che siamo stati su Panahon pochi giorni fa!
“Avevamo deciso di tornare a Panahon e abbiamo intercettato per caso degli strani messaggi... abbiamo capito che stava succedendo qualcosa di grave... Vi promisi che se aveste avuto bisogno di aiuto sarei intervenuto, ricordate? Quel momento è arrivato. Dovete venire con me, insieme a vostra figlia, e quando sarete al sicuro sull'Arcadia valuterete cosa fare. Ma dovete decidere ora, non abbiamo molto tempo. Se i ribelli arrivano fin qui, non so che cosa potremo fare!”
Frida lo guardava, mordendosi le labbra. L'istinto le diceva di non fidarsi... ma aveva ragione lui, se fossero arrivati dei malintenzionati, sarebbe stata perduta. Meglio prendere tempo.
“D'accordo, capitano, temo di non avere scelta. Mi devo vestire, però...”
“No, non c'è tempo! Prendete la bambina e andiamocene.”
Nel frattempo si era presentata la governante, piena di sonno e di terrore.
“Non spaventarti, Viviana. Prendi Tamara e portala qui. Dobbiamo scappare.”
La donna ubbidì.
Il cuore di Harlock fece un tuffo, quando ritornò tenendo in braccio la piccola principessa, che si sfregava gli occhi e chiedeva che cosa stesse succedendo. La sua bambina!
Frida la tranquillizzò.
“Non ti preoccupare, tesoro. Dobbiamo solo accompagnare questi miei amici sulla loro astronave. Sarà molto divertente, vedrai!”
“La prendo io - impose Harlock - Cammineremo più in fretta. C'è un modo per uscire di qui senza rischiare di incontrare i ribelli?”
“Sì - disse Galaad - Da questa parte, presto!”
Come tutti i palazzi reali, anche quello di Frida aveva i suoi bravi passaggi segreti. Come Galaad si era premurato di far sapere ai pirati.
“Come avete fatto ad arrivare fino ai miei appartamenti, se il palazzo è in mano ai ribelli?”
“Con queste - Harlock indicò le armi che impugnavano - Ma adesso non possiamo rischiare di coinvolgervi in uno scontro a fuoco.”
“Ah, e non avevate pensato a come uscire?”
Frida non era certo una stupida, non era facile tenerle testa.
Le fece un sorriso sarcastico.
“Maestà, non abbiamo avuto molto tempo per pensare a un piano. Avrei improvvisato... Contavo sul fatto che tutti gli edifici come questo hanno delle uscite alternative. Sono venuto fuori da situazioni molto peggiori di questa, credetemi.”
Galaad guidava il gruppo, mentre Yuki e Tadashi proteggevano loro le spalle con le armi spianate, anche se le probabilità di incontrare qualcuno erano molto scarse.
Harlock stava nel mezzo, insieme a Frida. Tamara gli teneva le braccia intorno al collo e lo osservava con curiosità con i suoi grandi occhi ambrati, gli stessi di Mayu. Non sembrava avere paura di lui. Lui cercava di non guardarla e di non stringerla troppo, dominando le emozioni che quel contatto gli procurava. Non si poteva permettere di perdere il sangue freddo.
“E come faceva a sapere di lei?” lo incalzò di nuovo la regina, indicando la piccola.
“Non lo sapevo. Me l'ha detto il vostro servitore quando sono arrivato...”
Frida sospettava qualcosa, Harlock ne era certo. Accelerò l'andatura.
Dopo una interminabile serie di corridoi sotterranei, finalmente, attraverso una botola, sbucarono all'aperto, al di fuori della cinta muraria, nei pressi della navetta, verso cui si diressero correndo.
“Non c'è posto per tutti - disse Harlock - Posso far salire soltanto la regina e la principessa.”
La governante si mise a piangere, trattenuta da Galaad. Harlock mise la bambina in braccio a Frida e le spinse entrambe su per la scaletta che nel frattempo era stata calata.
“Maestà - gridò Galaad - i ribelli hanno sabotato i sistemi di comunicazione, ma ora che sono fuori posso correre a cercare aiuto!”
“Sì - rispose Frida - Cerca il generale Atalanta. Lei saprà che cosa fare! Dille che tornerò appena possibile! E tu, Viviana, va' a casa tua e non ti preoccupare, tu non corri alcun pericolo. Buona fortuna!”
Harlock provò quasi pena per lei, tradita da quelli che riteneva i suoi fidati collaboratori: Galaad, Atalanta e chissà chi altro. Si sentiva a disagio. Non era quello il suo modo d'agire. Lui combatteva a viso aperto, non ricorreva a inganni e sotterfugi. Continuava a ripetersi che in quel caso non aveva avuto scelta, ma la sensazione sgradevole che aveva addosso permaneva.
Quando furono tutti a bordo, il portellone fu richiuso e la navetta si levò rapidamente in volo.

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Capitolo 21
*** Le ospiti reali ***


 

Mayu aveva atteso quel momento per così tanto tempo, che quando vide Frida salire a bordo con la piccola in braccio, resistette a stento all'istinto di correre verso di loro e coprire sua figlia di baci e carezze. Harlock cercò subito il suo sguardo e le sorrise, e questo bastò a rassicurarla e a farle riprendere il controllo di sé. Si fece avanti.
“Maestà, prego, accomodatevi qui. Ci sono delle coperte. Desiderate qualcosa da bere?”
Frida, invece, nel riconoscerla, si irrigidì. Le rivolse un sorriso forzato.
“Mayu... felice di rivederla. Come mai anche lei qui?”
Harlock era sempre più convinto che la donna avesse ormai capito tutto, ma intervenne con fermezza.
“Mia moglie è un membro dell'equipaggio dell'Arcadia, come tutti gli altri. Non deve stupirvi la sua presenza a bordo.”
Frida rimase in silenzio per tutto il resto del tragitto, stringendo a sé la bambina, che nel frattempo, esausta, si era addormentata. Era dilaniata da sentimenti contrastanti. Era quasi sicura di essere caduta in una trappola, che Harlock e sua moglie avessero scoperto tutto e avessero solo finto di aiutarla, per potersi riprendere la figlia. Qualcuno nel palazzo doveva essere d'accordo con loro... e forse anche con i ribelli. Galaad? E magari qualcun altro? Com'era possibile che i suoi servizi segreti non avessero sospettato di nulla? C'erano di mezzo anche loro? Si sentiva soffocare dalla rabbia e dal senso di impotenza. Si rese anche conto che non aveva avuto tempo di portare nulla con sé, nemmeno un vestito né tanto meno del denaro, dei gioielli. Era totalmente in balia di quei pirati! Non aveva avuto alternative, aveva dovuto seguirli... ma aveva ancora un asso nella manica e l'avrebbe giocato al momento opportuno. A questo pensiero si tranquillizzò.
Come Harlock, anche Mayu cercava di non far trasparire alcuna emozione. Ma lei non era abituata a farlo, le costava una fatica immensa staccare gli occhi da Tamara (o dovevano cominciare a chiamarla Esmeralda?), i suoi lunghi capelli castani, le guance rosee, le folte ciglia abbassate. Yuki aveva ragione, era impressionante la sua somiglianza con Tristan! Come avrebbe fatto a recuperare il tempo perduto con lei? E come si sarebbero comportati con Frida?
L'Arcadia li attendeva appena fuori dall'atmosfera di Panahon. Avevano allontanato Ombra di Morte, perché nessuno doveva scoprire il loro segreto.
La navetta entrò nell'hangar. Harlock aiutò Frida a scendere e disse a Mayu e Yuki di accompagnare le nuove arrivate in una cabina decente. Naturalmente era già stato tutto predisposto, ma la donna doveva pensare che invece fosse tutto improvvisato. Per quella notte aveva deciso di lasciare Tamara con Frida, poi avrebbe valutato che cosa fare. Intanto, per precauzione, ordinò a uno dei suoi uomini di non perdere d'occhio la cabina. Quella era capace di impadronirsi di una navetta e andarsene chissà dove!
Mayu portò a Frida qualche capo di vestiario per lei e la bambina. Nel magazzino dell'Arcadia si trovava un po' di tutto.
“Per il momento dovrete accontentarvi, maestà... Se avete bisogno di qualcosa, usate l'interfono qua sopra. Buon riposo.”
Frida la ringraziò con un cenno del capo. Rimasta sola, rimboccò le coperte a Tamara, che si era riaddormentata, e poi si guardò intorno con aria afflitta. Avrebbe mai più rivisto il suo palazzo? O doveva rassegnarsi a trascorrere il resto della sua vita come una fuorilegge? Come la degna figlia di mio padre, in fondo... pensò amaramente.

La notte era stata piuttosto... movimentata e le due ospiti reali dormirono fino a tardi. Si svegliarono affamate e Frida armeggiò con l'interfono, non sapendo bene come comportarsi. Ma dall'altra parte rispose prontamente Mayu, che inviò subito Masu con la colazione, dopo averle fatto mille raccomandazioni di non farsi sopraffare dalla commozione alla vista della bimba.
Dopo che si furono rifocillate e vestite, Frida prese per mano la piccola Tamara e si azzardò a uscire nel buio corridoio dell'astronave. Era un po' disorientata, ma ancora una volta Mayu le venne incontro sorridendo.
“Buongiorno! - le salutò allegramente, ma in realtà fissando la bambina - Avete dormito bene? Venite, vi faccio fare un giro per l'astronave. Si chiama Arcadia, sai, piccola? Oh, scusa, non mi sono presentata: mi chiamo Mayu e vivo qui.”
Non resistette. Prese l'altra mano della bambina, ignorando lo sguardo inorridito di Frida, e le condusse in giro per l'Arcadia, fino alla plancia di comando, dove Harlock era accomodato sul suo scranno. Frida nel vederlo si ricordò di colpo di chi era e di che cosa stava succedendo su Panahon. Lasciò a malincuore Tamara a Mayu, alla ragazza bionda che aveva già visto e a una strana creatura aliena dagli occhi dorati, e si parò davanti a lui.
“Capitano, dobbiamo parlare.”
Lui non aveva più intenzione di recitare e le rivolse uno dei suoi sguardi glaciali, ma la donna non si intimidì.
“Innanzitutto, dove stiamo andando?”
“Non abbiamo una meta precisa, per il momento.”
“Non possiamo allontanarci da Panahon! C'è in corso una rivolta laggiù, IO sono la regina e non posso abbandonare il mio popolo nelle mani di una banda di facinorosi. Magari sta già scorrendo del sangue innocente. Devo tornare, contattare il mio esercito e quelli che mi sono rimasti fedeli, organizzare la resistenza... Devo riprendermi ciò che è mio di diritto!”
Harlock continuava a fissarla impassibile.
“Possibile che non capisca? Dicono che lei sia un uomo d'onore, che sia sempre dalla parte della libertà e della giustizia...”
“Appunto” disse lui criptico. Poi si alzò.
“Andiamo in un posto meno affollato. Seguitemi.”
Dopo un attimo di esitazione, la donna lo seguì fino al suo studio.
Harlock sedette e la invitò a fare altrettanto. Per diversi minuti nessuno parlò. Era una delle tattiche di Harlock: di solito innervosiva l'avversario e lo induceva a parlare per primo e scoprire le carte. E infatti...
“Non sono un'ospite, vero? Solamente una prigioniera.”
“Sappiamo tutto, Frida” disse lui semplicemente con un tono freddo, ma che tradiva un dolore sordo, represso per tanto tempo.
Frida si irrigidì sulla sedia. Intuì che bluffare sarebbe stato inutile.
“Che cosa sapete esattamente?”
“Che quella bambina, la principessa, è nostra figlia. Che hai simulato la sua morte, causando a sua madre e a me una sofferenza indicibile, per rapirla e crescerla come tua. Che hai ucciso tutti quelli che ne erano al corrente, come Igea e i suoi collaboratori...”
La donna notò il passaggio al “tu”: Harlock le stava ribadendo che lì lei non era nessuno, non poteva accampare alcun diritto.
“Come fai a esserne tanto sicuro?” chiese in tono beffardo, passando a sua volta al “tu”.
“Per la bambina, ho analizzato il suo dna e non ci sono dubbi. Quanto al resto... beh, non è difficile da immaginare, non potevi lasciare testimoni. Avevi troppo da perdere.”
Frida fece una smorfia di disprezzo.
“Igea si sentiva in colpa... continuava a parlare di quello che aveva fatto... probabilmente è rimasta anche lei vittima del tuo fascino assassino...”
Harlock ignorò l'allusione.
“O forse, semplicemente, aveva qualcosa che tu non hai: un cuore, una coscienza e magari anche un'etica professionale, visto che era un medico!”
“In ogni caso, era senza spina dorsale, rischiava di mandare tutto a monte. Mi è dispiaciuto, credimi, ma ho dovuto farlo, per il bene del mio popolo!”
“Sì, certo - la incalzò lui sarcastico - Adesso però mi devi dire perché. Perché hai rapito proprio MIA figlia? Non potevi averne una tua, oppure adottare un'orfana della tua razza, se proprio avevi bisogno di un'erede?” batté un pugno violento sul tavolo.
“Non è stato programmato. Mi si è presentata l'occasione e ne ho approfittato. Perché - la sua voce prese un'inflessione amara - probabilmente io non avrei mai potuto avere figli. Sono ancora più ibrida di mia madre, non sono abbastanza mazoniana da poter ricorrere all'autoconcepimento né abbastanza umana da poter generare in altro modo... forse solo con un altro umano, ma su Panahon non ce ne sono...”
“Questo non giustifica la tua cattiveria e il tuo cinismo, mi dispiace. A proposito di Raflesia... - diede l'affondo finale - Perché hai ucciso anche lei?”
Questa volta Frida non poté fare a meno di trasalire. Questo Harlock non avrebbe dovuto saperlo. Nessuno avrebbe dovuto saperlo.
“Che vai farneticando? Non l'ho uccisa io, è stato un folle che...”
“Risparmiati la sceneggiata, Frida. Sappiamo anche questo. Qualcuno ti ha visto. Qualcuno che allora non ha avuto il coraggio di parlare, ma ora l'ha fatto. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il tuo popolo non ti ama come pensi. Ti teme, forse, ma non ti rispetta e non ti stima. E comunque non hai risposto alla mia domanda.”
Frida lo guardò con astio. Non poteva dirgli la verità. Non ancora.
“Non c'entro nulla con la morte di mia madre! Chi afferma una cosa del genere, mente! Ma tu... tu sei d'accordo con i ribelli! Lo sei stato fin dall'inizio! Non sei affatto venuto a salvarmi! Mi hai ingannato, hai approfittato della mia debolezza! Un comportamento insolito per il capitano dell'Arcadia! E poi mi vieni a parlare di lealtà e di etica!”
Lui non si scompose.
“È vero, non ne vado fiero, non ho problemi ad ammetterlo. Ma questa volta c'era in gioco il bene di mia figlia, non avevo scelta.”
“Come?”
“Non potevo certo rapirla, strapparla al suo ambiente, alle persone a cui era abituata, a quella che crede sia sua madre! Non so se ti rendi conto dei traumi che quella bambina comunque subirà! Ma già... a te che cosa importa? Conti solo tu, con le tue ambizioni!”
“E come pensi di comportarti, allora? - chiese ironica - Ormai l'hai fatto. L'hai portata via dal palazzo in cui è cresciuta e presto o tardi dovrai dirle la verità... dovrai dirle che d'ora in poi vivrà nello spazio come una fuorilegge.”
Harlock appoggiò i gomiti sulla scrivania e la fissò negli occhi.
“Ti propongo un patto. Ho promesso ai capi dei ribelli che ti avrei riconsegnato a loro. Vogliono processarti per l'assassinio di Raflesia e per svariati altri crimini. Ma io sono un pirata, non sono tenuto a rispettare la parola data, in certi casi. Voglio credere che, malgrado la tua anima nera, tu voglia bene alla mia bambina, anche se a modo tuo, visto che l'hai strappata alla sua famiglia. Allora, se tu collabori, se ci aiuterai ad accompagnare Tamara in questo passaggio così delicato, se le farai capire a poco a poco chi sono i suoi veri genitori... sarai libera di andartene dove vuoi. Non posso tenerti a bordo, né io né il mio equipaggio ci fidiamo di te, dopo quello che hai fatto, e in fondo penso che tu meriti di essere punita per le tue azioni. Ma non ti consegnerò ai tuoi probabili carnefici. Potrai tornare su Panahon, se credi, o andartene da qualche altra parte e ricominciare da capo.”
“E se rifiuto?”
“Non mi lasci alternative. Ti terrò qui per un po', finché Tamara non si sarà abituata alla sua nuova vita, poi ti riporterò da dove sei venuta.”
Frida sospirò. Doveva prendere tempo. Doveva analizzare la situazione con calma.
“Sei tu che non mi lasci scelta... d'accordo, accetto. Ma come faccio a sapere che in questo caso manterrai la promessa?”
“Questa volta lo farò. Te lo garantisco.”
“Che cosa devo fare?”
“Startene sempre più in disparte. Lasciare che la bambina passi sempre più tempo con sua madre, me e i suoi fratelli. Poi... vedremo. Non posso prevedere come reagirà Esmeralda, è molto piccola.”
“Non è abituata a sentirsi chiamare così.”
“Lo so benissimo. Temo che dovremo continuare a usare il nome che le hai dato tu... A proposito, perché proprio Tamara?”
“È il nome di una regina georgiana del XII secolo della vostra era1. Naturalmente, era mazoniana, come molte altre grandi sovrane...”
“Sì, Igea me l'aveva raccontato. Un'ultima cosa - e qui lo sguardo di Harlock si fece davvero pauroso - Se tenti di fare scherzi, se cerchi di lasciare l'Arcadia con la bambina o cose simili... non aspetterò di consegnarti ai ribelli. Ti uccido io con le mie mani.”
Frida strinse le labbra. Come ti sbagli! Non farai nulla di simile, padre!

Harlock si alzò e uscì, dirigendosi di nuovo in sala comando. Frida, non sapendo ancora orientarsi su quella enorme astronave, dovette seguirlo a malincuore. Tamara non era più lì.
La donna bionda, che doveva essere uno degli ufficiali, sussurrò qualcosa al capitano, che annuì, poi si avvicinò a lei.
“Mi chiamo Kei Yuki e sono l'ufficiale in seconda dell'Arcadia. Venga con me.”
Le parole erano cortesi, ma il tono era gelido.
Frida si rese conto di essere in balia degli eventi. Non aveva alcun potere decisionale. Doveva per forza eseguire ciò che le veniva detto. Cosa a cui non era minimamente abituata. Ma aveva intenzione di cambiare presto la situazione. Come, non ne aveva ancora idea, ma non si sarebbe lasciata mettere da parte tanto facilmente. Rischiava di perdere nello stesso momento il trono e l'erede, e non poteva permetterlo.
Yuki la introdusse in una grande cabina, arredata in modo molto diverso dal resto della nave. Doveva essere quella del capitano e della sua famiglia.
Al centro della stanza, per terra, erano seduti Mayu con Tamara, un bambino che le assomigliava in modo impressionante e un'altra bambina, più piccola, che guardava entrambi con aria adorante e batteva le manine ridendo. Sparsi intorno, giocattoli e vecchi libri.
A Frida si strinse il cuore. Era cominciato lo strappo. Harlock su una cosa aveva ragione: lei amava quella bambina, l'aveva sempre considerata come se fosse stata davvero sua figlia. E, comunque, avevano realmente lo stesso sangue, anche se nessuno lo sapeva.
Mayu si accorse della sua presenza e le rivolse un sorriso forzato. Frida si chiese se anche lei sapesse proprio tutto. Anche Tamara la vide e le corse incontro, chiamandola mamma. Le parlò in mazoniano, ma Frida le disse di usare invece la lingua intergalattica, quella usata per comunicare nell'universo conosciuto, che le era stata insegnata. La piccola la prese per la mano.
“Guarda, mamma, guarda che bei giochi hanno questi bambini!” esclamò felice, tirandola verso quelli che lei pensava fossero i suoi nuovi amici. Non era abituata, per la verità, ad avere compagnia, e la novità la elettrizzava. A palazzo, giocava sempre da sola.
Frida annuì, sforzandosi di sorriderle, e si sedette per terra insieme a Mayu e agli altri due piccoli, fingendo di interessarsi ai loro giochi. Mayu dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo. Quella donna le ispirava paura, anzi, orrore, per quanto aveva fatto. Avrebbe voluto strapparle dalle mani Tamara e cacciarla via all'istante, abbandonandola al suo destino, come meritava. Ma aveva promesso ad Harlock di non fare e dire nulla contro di lei.
Dopo qualche minuto, Frida si alzò e si allontanò con una scusa.
“Rimani qui a giocare con loro, tesoro. Io devo fare alcune cose, ma sarò presto di ritorno” disse a Tamara.
“Sì, mamma... ma quando torniamo a casa?” le chiese di rimando lei.
Mayu trasalì. Ma quella domanda era inevitabile, prima o poi Tamara si sarebbe chiesta perché continuavano a stare lì.
Frida era imbarazzata. Non voleva mentirle e illuderla, ma non sapeva cosa risponderle.
“Appena sarà possibile, cara, te lo prometto” mormorò allontanandosi.
Miracolosamente riuscì a ritrovare la sua cabina e si lasciò cadere sul letto. Malgrado le apparenze, era furibonda. Si malediva per aver dato a quel pirata il permesso di tornare sul suo pianeta. Se non l'avesse fatto, lui non avrebbe mai scoperto la verità. E si rimproverava per aver agito con imprudenza, sentendosi al sicuro e mostrando così la principessa in pubblico. Ma come poteva sapere che proprio in quei giorni Harlock fosse su Panahon? Perché nessuno l'aveva avvertita? Stringeva i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne. Si sentiva una belva in gabbia. Nonostante si arrovellasse, non riusciva a vedere una via d'uscita. Sicuramente era controllata a vista, non sarebbe mai riuscita a scappare. E come avrebbe fatto, poi? Non sapeva guidare una navetta spaziale. Né usare armi. Raflesia aveva avuto un addestramento militare completo, ma non lo aveva ritenuto importante per sua figlia, pensò con amarezza. Non la credeva all'altezza, evidentemente. Si rese conto in quel momento che il rancore verso sua madre, esploso in quel modo drammatico e irreparabile, in realtà partiva da molto lontano. Ma ormai non aveva alcuna importanza. L'unica triste verità era che lei stava perdendo il regno e la bambina che aveva allevato con amore come una figlia. Sarebbe rimasta sola, indifesa e senza mezzi. Rifletté che le restava un'unica risorsa. E l'avrebbe usata.






 

1Tamara Bagration fu regina della Georgia dal 1184 al 1212, portando il regno al suo massimo splendore politico, culturale e religioso. Era una tipa piuttosto tosta, insomma, e fu anche canonizzata dalla Chiesa ortodossa.

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Capitolo 22
*** Scrupoli e scoperte ***


 

Nei giorni successivi Frida cercò di fare amicizia con qualcuno della ciurma. Non che le importasse di loro, ma voleva saggiare se ci fosse qualche anello debole, su cui il suo fascino potesse fare presa. Se ci fosse qualcuno, insomma, in qualche modo corruttibile.
Ma dovette amaramente ricredersi. Nessuno le dava confidenza. Quei fuorilegge si sarebbero lasciati bruciare vivi, piuttosto che tradire Harlock. Perché lei non era riuscita a ottenere la stessa incondizionata fedeltà da parte dei suoi sottoposti? Il futuro la spaventava. Che cosa ne sarebbe stato di lei, una volta che avesse lasciato l'Arcadia, con o senza Tamara? Se Harlock avesse deciso di consegnarla ai ribelli? O se i ribelli fossero riusciti a catturarla? Non c'erano prove che fosse stata lei a uccidere Raflesia. Sì, qualcuno (ma chi?) sosteneva di averla vista, ma era una parola contro l'altra. Era probabile però che i giudici non ne avrebbero tenuto conto e che la sua sentenza fosse già scritta. Doveva procurarsi la protezione di qualcuno. E c'era una sola persona a cui potesse rivolgersi per ottenerla...
Per il resto, la donna sembrava tranquilla e collaborativa. Lasciava sempre più di frequente Tamara da sola con la sua futura nuova famiglia. La piccola era talmente presa dalle novità e dal fatto che finalmente potesse stare con dei bambini come lei, che smise a poco a poco di farle domande sulla loro permanenza lì. Gli uomini dell'Arcadia erano rimasti profondamente colpiti dalla sua storia (e poi, era la figlia del capitano!) e tutti facevano a gara per farla sentire a suo agio nella nuova “casa”. Tutti erano gentilissimi e affettuosi con lei, ma non con la formalità e l'ossequio a cui era abituata. Le regole erano molto più blande, e lei si divertiva moltissimo. Si sentiva libera. Ma non solo. C'era quella bella giovane bruna che stava spesso con lei, le parlava con infinita dolcezza, la abbracciava e la accarezzava di continuo. Il signore alto con il mantello nero, che tutti chiamavano “capitano”, aveva sempre un'aria severa, che un po' la intimidiva, ma quando guardava lei e gli altri suoi piccoli amici il suo sguardo si addolciva. C'erano anche un buffo uomo grasso che però aveva dei bellissimi giocattoli... - strano, perché era un po' cresciuto! - e una vecchietta sempre agitata, che preparava per loro torte e biscotti buonissimi, e qualche volta permetteva loro di aiutarla in cucina. Tristan poi la adorava e la trattava davvero come una principessa. Nessuno le aveva detto che era sua sorella, e probabilmente lui era troppo piccolo per rendersi conto della loro somiglianza fisica. Ma forse, come aveva ipotizzato Mayu, percepiva un legame speciale con quella bimba. Lei, da parte sua, ricambiava tanta devozione con mille piccole gentilezze, che commuovevano ogni volta i loro genitori. Selene, anche se non sapeva ancora parlare, esprimeva il suo affetto per la nuova arrivata con grandi sorrisi, carezze e buffi versetti.
Tamara cominciò a pranzare e cenare con loro, prima insieme a Frida, che però non si sentiva molto a proprio agio seduta alla stessa tavola di Harlock e Mayu, poi da sola. E, quando una volta Mayu le propose di dormire nella cameretta di Tristan, lei accettò di buon grado. La ragazza li lasciò giocare e saltare sui letti (cosa che a Tamara era vietatissima, a palazzo, e quindi non le sembrava vero poterla fare impunemente), finché non crollarono sfiniti nei loro lettini. Mayu rimboccò le coperte a tutti e due e tornò in camera sua, dove per fortuna Selene dormiva già. Harlock invece era seduto davanti alla vetrata con un bicchiere di vino, come al solito a quell'ora.
“Finalmente si sono addormentati” commentò lei sedendoglisi accanto e prendendo il calice che il marito le aveva preparato.
Lui le sorrise.
“Mi sembra che proceda tutto bene, no?” proseguì la giovane.
“Sì, pare anche a me...”
“Non chiede neppure più tanto di Frida.”
“Probabilmente non la vedeva molto nemmeno prima, di lei si saranno occupati più che altro governanti e servitori, visto il suo rango.”
“Già. Ho l'impressione che qui si diverta, che le piaccia stare con qualcuno della sua età, e in un ambiente meno rigido. Forse... forse non sarà nemmeno necessario dirle subito tutto. Possiamo aspettare che sia un po' più grande... Quando Frida se ne sarà andata, le potremmo dire che ha dovuto allontanarsi per risolvere dei problemi a Panahon...”
“Sì, forse...” annuì Harlock. Ma appariva distratto, distante.
“Non sembri convinto. C'è qualcosa che ti preoccupa?”
“A dire la verità, sì. Ho cercato di contattare Humboldt e Galaad per sapere com'è la situazione sul pianeta, ma Yattaran ha fatto molta fatica a trovare il contatto, e già questo è strano. Poi, quando finalmente sono riuscito a parlare con Galaad, mi è sembrato un po'... come dire... reticente. Temo che sia scoppiata una guerra civile...”
“Beh, era prevedibile. Ci sarà ancora una parte della popolazione che sostiene Frida e non sarà d'accordo con i ribelli. Quindi è molto meglio per lei e Tamara che siano qui! Non se lo merita, ma credo che tu le abbia salvato la vita.”
“Sì, certo, non è questo. Pensavo... forse non dovevamo interferire... forse dovevamo prenderci Tamara e basta...”
Mayu si alzò e gli prese il viso tra le mani.
“Abbiamo fatto la cosa giusta. La rivolta sarebbe scoppiata comunque, con o senza il tuo intervento. Non è colpa tua se ora c'è una lotta intestina.”
Harlock esitò un attimo prima di proseguire.
“È che... non so che cosa fare con Frida... le ho promesso che se ci avesse aiutato non l'avrei consegnata ai ribelli e così farò. Ma qual è l'alternativa?”
Mayu si irrigidì. Tornò a sedersi e si portò il bicchiere alla bocca.
“Non è un nostro problema” disse gelida.
“Sì, invece. Lo è diventato nel momento in cui l'abbiamo fatta salire sull'Arcadia.”
La ragazza strinse le labbra. Harlock le aveva promesso che si sarebbe liberato di quella donna. Non c'era posto per entrambe sulla loro astronave. Tamara doveva avere una sola madre, l'unica legittima: lei!
“Non è un membro del tuo equipaggio. Non è venuta per arruolarsi e seguirti fedelmente ovunque, come gli altri. Non sei responsabile della sua vita. Avevi detto che l'avresti sbarcata da qualche parte. Non dimenticarti che cosa ci ha fatto! Che si arrangi, è già tanto che tu non l'abbia uccisa!”
Mayu adesso era proprio alterata e Harlock decise di chiudere il discorso. La capiva: era troppo coinvolta in quella situazione, si sentiva in competizione con la mazoniana per l'affetto della bambina. E poi aveva ragione: Frida aveva commesso delle azioni orribili, non meritava tanti riguardi. Anzi, forse era il caso di cominciare ad affrontare l'argomento direttamente con l'interessata.

Non perse tempo e il giorno dopo la fece chiamare nel suo ufficio.
Frida simulò la propria agitazione dietro la sua solita arroganza.
Si sedette e lo fissò con aria di sfida. A lui sembrò di rivedere Raflesia.
“Che c'è? Non sei soddisfatto delle mie prestazioni?”
Harlock ignorò la provocazione. Non aveva nessuna intenzione di fare il suo gioco.
“Al contrario. Mi sembra che le cose procedano come abbiamo concordato. E a questo proposito è meglio che tu cominci a pensare a che cosa vuoi fare dopo. Ti sconsiglio di tornare su Panahon, naturalmente, ma se è quello che vuoi, io non ho problemi a portartici.”
Frida taceva. In realtà, era quello che avrebbe dovuto fare già da tempo, se quella banda di pirati non glielo avesse impedito! Ma la verità era che lei non era come Raflesia: lei aveva paura. Una volta lì, non avrebbe saputo che cosa fare. E l'idea di rischiare il collo la paralizzava dal terrore. Il problema era che non aveva alternative.
Harlock le venne in aiuto.
“Ho una proposta da farti. Ti posso sbarcare su Tortuga. Lì i ribelli non ti troveranno e, se anche lo facessero, non potrebbero toccarti.”
“Tortuga? E cos'è?”
“È una piccola luna al di fuori di ogni giurisdizione terrestre o aliena, e per questo è il ritrovo preferito di fuorilegge di ogni genere.”
Sul viso di Frida comparve un'espressione di orrore.
“Sì, lo so, messa così non è un posto allettante per una signora di nobili natali. Ma è un posto sicuro: c'è un tale via vai di gente che tutti si fanno i fatti propri, nessuno baderà a te. Nessuno ha interesse a farsi notare con comportamenti sconvenienti. E poi ci sono delle leggi non scritte che vengono rispettate alla lettera. Credimi, si sta meglio lì che in molti altri pianeti cosiddetti civilizzati. Comunque io conosco parecchia gente a cui ti potresti rivolgere per qualsiasi problema. E noi ogni tanto ci atterriamo e quindi io potrei controllare di persona che vada tutto bene.”
Frida era perplessa.
“E... che cosa farei, una volta laggiù?”
“Quello che ti pare. Se hai bisogno di soldi, te li posso anticipare. Se vuoi arruolare dei mercenari per riprenderti il trono, non avrai difficoltà a trovarne. In alternativa... puoi lavorare: sei un donna intelligente e istruita, oltre che bella. Non dovresti avere difficoltà a trovare un impiego... anche onesto, voglio dire.”
“Lavorare?” strillò Frida con una smorfia di disgusto.
Harlock represse a stento un sorrisetto. L'aveva detta apposta, quella parola.
“Sì. È quello che la gente normale fa di solito per vivere. Naturalmente nulla ti vieta di darti anche tu alla pirateria. Ma i motivi per cui non posso tenerti qui te li ho già spiegati. Ritieniti fortunata che non ti metta su una navetta con il pilota automatico e viveri per una settimana!”
Il capitano si alzò, dichiarando chiuso il colloquio.
“Non devi darmi subito una risposta. Pensaci su. Abbiamo ancora un po' di tempo.”
Si girò e stava per aprire la porta, quando la voce della donna lo colpì come una scudisciata.
“Sì, è vero, potrei darmi alla pirateria. Visto che ce l'ho nel sangue, padre!”

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Capitolo 23
*** Turbamenti ***


 

Harlock si bloccò con la mano sulla maniglia, incredulo.
Ho di sicuro capito male, si disse.
Volse mezzo volto verso Frida, senza girarsi del tutto.
“Come mi hai chiamato?” chiese con tono beffardo.
“Con il nome che ti spetta. Che avrei dovuto usare fin dal nostro primo incontro! O forse preferisci... come dite voi terrestri... papà o babbo?”
Harlock si girò del tutto. Il suo occhio nocciola mandava lampi d'ira repressa.
“Senti, che eri completamente suonata l'avevamo capito - tuonò - ma adesso hai davvero passato il segno! Cosa pensi di ottenere con questa cazzata, si può sapere?”
“È la verità. O, almeno, questo è quanto mi ha raccontato Raflesia” disse Frida, all'apparenza per nulla intimorita.
Ah, ecco, allora è sicuramente una balla! Ma perché dire una cosa simile?
“Non so il motivo, ma tua madre ti ha certamente raccontato fandonie! Quella donna mi detestava con tutte le sue forze! E secondo te, avrebbe deciso di fare un figlio CON ME? E in che modo, tra l'altro, visto che io me ne dovrei ricordare, almeno vagamente, se fosse successo, non credi?”
La ragazza alzò le spalle.
“Evidentemente mia madre non ti detestava poi così tanto. Come ciò sia avvenuto, non ne ho idea, lei non è scesa nei dettagli1... ma secondo te perché avrebbe dovuto inventarsi una storia così assurda, se non fosse vera?”
Già, perché?
Harlock, malgrado cercasse di mantenersi freddo e distaccato come al solito, era nel panico. Razionalmente si diceva che non era possibile, ma qualcos'altro, a un livello inconscio, quasi viscerale, gli suggeriva il contrario. Io credo nella potenza dei legami di sangue, aveva detto una volta a Mayu. Era forse questo il motivo per cui non riusciva a odiarla come avrebbe dovuto? Nonostante tutto il male che aveva fatto? E se, per assurdo, fosse stato vero? Come si sarebbe comportato con lei? E che cosa avrebbe detto a Mayu? Donna intelligente e comprensiva, ma... fino a un certo punto!
“Secondo me te lo stai inventando per creare ulteriore scompiglio nella mia famiglia! O forse perché così speri che ti tenga sull'Arcadia! Ma il fatto che tu sia riuscita a fregarmi una volta non significa che ce la farai ancora! E poi tu non rappresenti nulla per me, se non una tiranna sanguinaria che ha tentato di rubarmi la figlia! Niente e nessuno potrà mai cancellare questo fatto!”
“C'è dell'altro... Sono io che ho salvato tua moglie, fornendo il materiale biologico per l'antidoto! Perché Mayu, caro il mio capitano, è mia cugina! Esmeralda era la sorella gemella di Raflesia!”
Questa ennesima rivelazione fu davvero troppo per Harlock. Perse il controllo.
Aveva accettato che Mayu avesse un po' di sangue mazoniano, ma che fosse addirittura la nipote di Raflesia... Tochiro... sapevi anche questo?
Afferrò Frida per le spalle e la scosse violentemente.
“Basta, smettila con questa storia! Non è possibile, lo capisci?”
Eppure, pensava confusamente, così molti tasselli di quel mosaico andavano al loro posto... ma il risultato era un orribile disegno!
“Qualche giorno fa - continuò la donna imperterrita - mi avevi chiesto perché avessi scelto proprio tua figlia come erede al trono. Ora lo puoi capire. Perché ha il mio stesso sangue, appartiene alla stessa stirpe delle gloriose regine di Mazone. Perché era nello stesso momento la mia sorellastra e mia cugina. Ho pensato che fosse un segno del destino. Era mio dovere assicurare continuità alla dinastia.”
Harlock era sempre più sconvolto. Il cuore gli martellava furioso nel petto e il sangue sembrava essergli defluito dal cervello. Non aveva mai provato niente di simile. Tornò a sedersi e puntò su Frida uno sguardo indecifrabile.
“C'è un solo modo per scoprire la verità...” mormorò, più a sé stesso che a lei.
“Ancora il dna, suppongo.”
Il filamento elicoidale2... da quanto tempo era entrato nella sua vita?
“Già. Dammi un tuo capello e lo farò analizzare dal dottor Zero. Un'altra cosa: non una parola con nessuno su questa storia, finché non ci avrò visto chiaro. Non costringermi a rinchiuderti in una cella, il posto che ti spetterebbe, secondo il parere di molti qui.”
“D'accordo. Sarò muta come un pesce” assentì Frida stranamente accomodante.
Si strappò 2-3 capelli e li porse ad Harlock, che li ripose in una busta contrassegnata con la lettera A. In un'altra busta mise dei suoi capelli e la contrassegnò con la lettera B.
“Come faccio a sapere che li farai analizzare davvero o non manipolerai il risultato?”
“Ti devi fidare - le chiese Harlock a bruciapelo - Se lo faccio, e non sono tenuto, è perché mi interessa la verità. Potresti venire a controllare di persona, ma preferirei che il dottor Zero o altri non sospettassero di nulla. .”
La ragazza annuì e se ne andò. Intuiva che Harlock non avrebbe barato.
Harlock comunicò al medico che aveva bisogno di un'altra analisi del dna e gli diede le due buste, senza ulteriori spiegazioni. Ma il medico era abituato agli atteggiamenti criptici del capitano e non si turbò più di tanto.


Uscito dall'infermeria, Harlock andò a rinchiudersi nel suo ufficio, si lasciò cadere pesantemente sulla sedia e si portò le mani alla fronte. Un turbinio di pensieri incoerenti, di sentimenti contrastanti, di sensazioni oscure si combattevano senza esclusione di colpi nella sua mente e nel suo cuore. Si diceva che era inutile preoccuparsi adesso, che doveva aspettare i risultati delle analisi, che Raflesia poteva anche aver mentito per... già, per che cosa? A quale scopo?
Si rese conto che in qualche modo lui sapeva già la risposta... e non era certo quella che sperava.
E, se si fosse rivelato tutto vero, come era potuto accadere, senza che lui se ne rendesse conto? Qualche diavoleria aliena? Le Mazoniane avevano metodi... alternativi per procurarsi ciò di cui avevano bisogno per procreare? Ma perché diamine Raflesia avrebbe scelto proprio lui? Lo odiava a morte!
Cercò di tornare indietro con la memoria... erano passati quasi 20 anni! Raflesia aveva fatto rapire Mayu, dicendogli che non l'avrebbe mai lasciata tornare indietro. E poi, di punto in bianco e inspiegabilmente, aveva deciso di restituirgliela, dopo aver proposto un duello tra loro due, la cui posta in gioco sarebbe stata appunto la libertà sua e della bambina.3
Ricordava perfettamente la paura per Mayu, l'odio e la rabbia che aveva provato in quei giorni terribili, e ricordava il duello con Raflesia... un duello che, in effetti, era stato fin troppo facile vincere, anche per uno abile e forte come lui. E poi quella strana domanda che la regina gli aveva rivolto, di cui non aveva mai compreso il senso e che ogni tanto, soprattutto da quando aveva saputo della sua morte, tornava a tormentarlo: “Vuoi che io parta? Vuoi davvero che io parta?”
Qualcosa gli sfuggiva. Raflesia dunque sapeva che Mayu era sua nipote, la figlia della sua sorella gemella. Ma perché prima la voleva con sé e poi non più? Anche lei, come Frida, aveva bisogno di un'erede? Che cosa le aveva fatto cambiare idea? E perché Esmeralda, se era una principessa reale, viveva come una fuorilegge? E Tochiro, cos'altro sapeva di lei, oltre al fatto che era mazoniana?
Troppe domande, troppi interrogativi si accavallavano nella sua testa, senza possibilità di risposta.
Mayu... pensò con una fitta al cuore. Aveva sempre sostenuto che non dovevano esserci segreti tra loro... Ma non aveva fatto altro che darle cattive notizie!
Le avrebbe dovuto dire che non solo era mazoniana, ma era pure imparentata con Raflesia e con Frida... e poi, realizzò con raccapriccio, le avrebbe anche dovuto confessare che lui stesso aveva avuto una figlia con l'odiata regina di Mazone, anche se non aveva la minima idea di come fosse successo (e avrebbe anche dovuto convincerla che davvero lui non lo sapeva!)... e quindi Frida era la sorellastra dei loro bambini... Sembrava un pessimo romanzo d'appendice partorito da una mente perversa!
Sapeva che Mayu era una persona ragionevole e che si fidava di lui... ma questa volta il fardello rischiava di essere davvero troppo pesante da sopportare, e non poteva certo darle torto.
Lui avrebbe anche dovuto odiare Frida per avergli rivelato la verità, anche se la comprendeva: era sola, senza famiglia né amici, aveva perso il regno e non aveva altri appoggi, a parte un padre che non aveva mai conosciuto e aveva più di un motivo per detestarla.
Un'altra domanda era rimasta senza risposta: perché Frida aveva assassinato sua madre?

 

 

 

1Per scoprire (più o meno) come sono andate davvero le cose, andate ai cap. 7 e 9 di “La principessa”

2Del filamento elicoidale, come tutti voi ricorderete, si parla ripetutamente in “Endless Odyssey”.

3“La principessa”, cap. 8 e 9

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Capitolo 24
*** Fantasmi dal passato ***


 

Quando si fu calmato, Harlock andò a cercare Frida. La trovò chiusa nella sua cabina, come in realtà le capitava sempre più spesso.
“Posso entrare?”
Frida gli fece cenno di sì. Appariva piuttosto spenta, non aveva il solito modo di fare strafottente. Osservandola con più attenzione, Harlock si rese conto con sgomento che in effetti la ragazza non assomigliava quasi per nulla a Raflesia. Mentre aveva delle caratteristiche in comune con lui: il colore degli occhi, dei capelli, della pelle...
Mi sto facendo suggestionare!
“Vorrei sapere... alcune cose, al di là del risultato delle analisi.”
“Parla. Ti ascolto.”
“Che cosa ti ha detto esattamente Raflesia... di me, intendo?”
“Un bel giorno se n'è venuta fuori dicendo che dovevo finalmente conoscere le mie origini, che io non ero nata con l'autoconcepimento, come le altre regine di Mazone, ma avevo un padre, un terrestre... un valoroso terrestre. Usò proprio queste parole.”1
Harlock era allibito. Non avrebbe mai pensato che Raflesia avrebbe parlato di lui in questi termini.
Frida proseguì.
“Inoltre avevo anche una cugina, figlia di sua sorella gemella Althea...il vero nome di Esmeralda, suppongo. Ti puoi immaginare come mi sono sentita quando ha rivelato anche il tuo nome... tutti a Mazone se lo ricordano molto bene! Ha raccontato di te cose molto... lusinghiere, sotto ogni punto di vista. Vedi quindi che non ti odiava affatto come pensi. Non mi ha detto come ti ha convinto a metterla incinta, ma non è difficile da immaginare, considerata la sua bellezza e le sue doti seduttive!”
“Mi avrà drogato o qualcosa del genere... non c'è altra spiegazione, ce l'avevo a morte con lei per aver rapito Mayu. E poi non ricordo nulla!”
“Peccato! Comunque, mi ha spiegato anche perché aveva rapito Mayu: pensava di essere malata e che le restasse poco da vivere, quindi doveva assicurare la continuazione della monarchia e Mayu era lo sua unica parente. Ma in realtà non era affatto malata, era solo in una fase fertile, un caso rarissimo in un essere ibrido, che probabilmente non si sarebbe più ripetuto. Tu, guarda caso, in quel momento ti trovavi a bordo della Dokras.... trai tu le conclusioni. A quel punto la bambina non le serviva più e, visto che non le importava niente di lei, te l'ha restituita, con la messinscena del duello, per salvare a entrambi la faccia.”2
Harlock era sbalordito. Quella donna l'aveva manipolato dall'inizio alla fine. Perfino il famoso duello era stato una sua mistificazione!
“E infine ha detto che tu e Mayu adesso dovevate entrare a far parte della mia vita, e la mia ascesa al trono era subordinata a questo...”
“È per questo che l'hai uccisa?” chiese Harlock incredulo.
Frida si alzò di scatto e cominciò a camminare per la piccola stanza serrando i pugni. Smise di negare la sua colpevolezza.
“Tu non capisci! Per anni non mi aveva detto niente e poi all'improvviso pretendeva che mi mettessi alla tua ricerca... senza avere la più pallida idea di dove fossi! Altrimenti non sarei diventata regina! E perché poi? A che cosa mi servivano un padre e una cugina che non avevo mai visto? Che non sapevano nulla di me? E se non fossi riuscita a trovarvi? Raflesia era fuori di testa!”
“Non mi pare un buon motivo per assassinare una persona... una madre, nella fattispecie... se mai ci fosse un buon motivo...!”
Frida si risedette sul letto. Le tremava il mento e Harlock avrebbe giurato che stesse per mettersi a piangere.
“Non l'avrei mai fatto, se... La verità è che... in quel momento ho avuto ben chiara una cosa che prima sospettavo soltanto a livello inconscio. Mia madre non si fidava di me... non mi riteneva all'altezza del ruolo che avrei dovuto ricoprire, e voleva che avessi sempre accanto qualcuno che mi guidasse, se lei non fosse più stata in grado di farlo... qualcuno di cui lei si fidava, come te. Mentre Mayu... forse voleva valutare se fosse migliore di me! Ho capito anche perché non aveva voluto che ricevessi una formazione militare, come lei e come le altre sovrane. Diceva che ormai i tempi erano cambiati... ma in realtà pensava non fossi adatta. Quella storia è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non ci ho visto più.”
Harlock non credeva alle sue orecchie. Quella non poteva essere sua figlia! Forse gli assomigliava fisicamente, ma per tutto il resto... Era evidente che nella testa di Frida c'era una vena di follia. Gli vennero i sudori freddi solo a pensare che la piccola Tamara fosse stata tanto tempo a contatto con lei. E si diede del pazzo per averle permesso di andarsene in giro indisturbata per l'Arcadia, per quanto sorvegliata. Una che aveva ammazzato sua madre senza battere ciglio era capace di tutto. Avrebbe dovuto pensarci prima.
Prese una decisione.
“È meglio se d'ora in poi rimani nella tua cabina.”
“Cosa?”
“Se hai bisogno di qualcosa, puoi usare l'interfono. Ti farò portare Tamara, se chiederà di te.”
“Ma... perché? Avevi promesso di non farlo! Che cosa è cambiato?”
Frida sembrava realmente sgomenta.
“Se lo sapevi anche prima, che cosa avevo fatto, perché mi rinchiudi solo adesso?”
“Sono stato un incosciente. Mi importava solamente di non turbare Tamara e non mi sono preoccupato della sicurezza. E poi volevo darti il beneficio del dubbio. Ma ora che hai confessato tutto, che so l'intera storia, ho capito che non sei del tutto sana di mente. Non posso rischiare che, dopo tua madre, tu decida di far fuori anche il resto della tua famiglia.”
Così dicendo, Harlock uscì fulmineo e bloccò la porta dall'esterno con la tastiera numerica, mentre la ragazza picchiava i pugni e gridava tutta la sua frustrazione.
Mentre sentiva i passi di Harlock che si allontanavano, Frida capì che agitarsi così non sarebbe servito a niente. Perché le faceva questo? Aveva creduto che rivelandogli la verità lo avrebbe tirato dalla sua parte, ma si era sbagliata clamorosamente. I risultati delle analisi... - pensò - Quando li avrà in mano, cambierà atteggiamento. Deve cambiarlo!

Harlock si recò nel suo alloggio. Si rese conto che era quasi ora di andare a dormire e lui non si era fatto vedere per tutto il giorno. Pensò che sarebbe stato molto difficile far finta di niente con Mayu e i bambini, ostentando la solita tranquillità.
Entrando, il quadretto che gli si presentò alla vista gli fece dimenticare di colpo le sue preoccupazioni. Mayu era sul letto, appoggiata alla testiera, con Selene in braccio, e stava leggendo un vecchio libro di fiabe ad alta voce. Accanto a lei, uno da una parte e una dall'altra, Tristan e Tamara la ascoltavano attenti, semisdraiati, con le faccine appoggiate alla mano e gli occhi spalancati.
Mayu lo sentì entrare e gli sorrise, senza smettere di leggere, mentre lui si toglieva le armi e le riponeva in un armadio vicino alla porta. Da quando c'erano i bambini, stava ben attento a non lasciarle in giro incustodite. Selene e Tristan iniziarono a chiamarlo a gran voce e lui si sedette a sua volta sul letto, prendendo tra le braccia e baciando le due piccole pesti. Tamara li osservava incuriosita. Si era ormai abituata a Mayu, ma Harlock ancora la intimidiva, e lui per il momento non voleva imporre la sua presenza, aspettava che la bimba si ambientasse gradualmente. Ma quella era una buona occasione per accorciare le distanze. Le fece una lieve carezza sui capelli e sul viso, sorridendole. Tamara arrossì leggermente, un po' imbarazzata, ma gli rispose a sua volta con un sorriso.
Mayu scacciò le lacrime di commozione che stavano per tradirla, e finì la lettura della storia. A quel punto, Selene si era addormentata e fu messa nel suo lettino. Harlock prese sulle spalle gli altri due e li portò in quella che ormai era lo loro cameretta, seguito da Mayu. Li convinsero con non poca fatica ad andare a dormire, perché loro volevano continuare a giocare. La ragazza li baciò teneramente entrambi e anche Harlock si azzardò a dare un bacio in fronte alla figlia ritrovata.
“Buonanotte piccola.”
“Buonanotte... Harlock” rispose la bambina.
Prima che lui potesse spegnere il lume sul comodino, lei alzò una manina e gli sfiorò la guancia con la cicatrice.
“Ti sei fatto male lì?”
“Sì, ma è successo molto tempo fa.”
“Come hai fatto? Sei caduto?”
“No, non sono caduto. Domani se vuoi te lo racconto.”
“Va bene” concluse la bimba con aria molto seria.
I due genitori uscirono dalla stanza con il cuore gonfio di tenerezza.
“Non credo che quella bambina sia abituata a questo genere di attenzioni” commentò Mayu.
“Di sicuro non è abituata ad avere a che fare con una figura maschile. Ma credo che ora sia pronta. Penso sia venuto il momento che io passi un po' più di tempo con lei.”
“Sono proprio curiosa di sentire che cosa le racconterai della cicatrice...”
"Ah no, sarà un segreto tra me e lei!”
“Cominciamo bene!”
Harlock rivelò alla moglie che aveva deciso di tenere Frida sotto chiave. Lei se ne stupì.
“Ma... perché adesso? Io sono anche d'accordo, ma finora non ha dato problemi, in fondo...”
Le raccontò il dialogo che aveva avuto con lei. Solo una parte, naturalmente.
“Ha ammesso di aver ucciso Raflesia. Prima potevo darle il beneficio del dubbio, ma adesso non più. E anche le motivazioni... quella ragazza ha chiaramente dei problemi mentali, non posso rischiare che dia di matto e minacci qualcuno della nostra famiglia e dell'equipaggio. È meglio così, per tutti.”
Per il momento, non aggiunse altro. Ma trascorse una notte insonne. Aveva agito in modo giusto? Non aveva in un certo senso tradito la fiducia di una persona, per quanto spregevole, che si era affidata a lui? E perché lui, che sapeva sempre cosa fare, aveva così tanti dubbi riguardo a Frida?
Doveva aspettare il verdetto del dottor Zero. Poi avrebbe preso le decisioni.



 

 

 

 

1“La principessa”, cap. 10

2“La principessa”, cap. 9

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Capitolo 25
*** Il verdetto ***


 

Harlock il giorno successivo cercò di distrarsi con il lavoro, come faceva sempre quando qualche pensiero lo tormentava. Insieme a Yattaran fece una serie di “visite” a sorpresa in vari settori dell'Arcadia, sforzandosi di concentrarsi su quanto gli riferivano i vari responsabili, ma con la testa era palesemente altrove. Tutti se ne accorsero, ma nessuno osò fargli domande.
Finalmente il dottor Zero lo chiamò sulla linea riservata. I risultati che aspettava erano pronti.
Il percorso dalla plancia all'infermeria gli parve particolarmente lungo, nonostante lo percorresse con i passi più veloci che poté.
Il medico gli mise davanti dei fogli, senza tanti preamboli.
“Ecco, dalle analisi risulta che A è figlio di B.”
Allora è tutto vero! pensò il capitano sgomento.
“Senza ombra di dubbio?” chiese con un filo di voce.
“Senza ombra di dubbio. Questo tipo di esame non mente mai. Ma... capitano! Si sente bene? È più pallido del solito! Beva questo!”
Zero gli mise davanti un bicchiere con qualche intruglio alcolico. Era la sua panacea per tutti i mali non strettamente medici. Harlock bevve d'un fiato, ma la situazione non sembrò migliorare.
“Posso chiederle, capitano, di chi si tratta questa volta? Se vuole dirmelo, naturalmente. Ma ho l'impressione che lei abbia tanto bisogno di sfogarsi con qualcuno.”
Era così. Zero sembrava sempre sulle nuvole, ma non gli sfuggiva mai nulla. Spesso gli uomini dell'equipaggio si rivolgevano a lui per farsi curare non soltanto i dolori del corpo, ma anche quelli dell'animo. Era un punto di riferimento, una figura quasi paterna, preziosa per persone che spesso non avevano più nessuno al mondo.1
“B... sono io. E A...”
Esitò a lungo prima di proseguire. Faceva fatica ad accettarlo lui stesso.
“A è... Frida” buttò fuori.
Il dottore di solito non si scomponeva mai, ma quella volta non poté reprimere un moto di sorpresa.
“Frida... la regina di Panahon? La mazoniana? La figlia... di Raflesia?” concluse, come se realizzasse solo in quel momento le implicazioni di un fatto del genere.
Harlock annuì. Si sentiva annichilito.
“Ma... mi scusi se mi permetto... come è possibile che lei non ...?”
Lui sorrise ironico.
“Non ne sapessi niente? Non potevo nemmeno sospettarlo! Lei ci crede, se le dico che non ho la minima idea di come sia potuto succedere? È semplicemente pazzesco! Non faccio altro che chiedermi il come e il perché... senza venirne a capo!”
Zero avrebbe voluto dargli qualche buon consiglio, ma non gliene venne in mente nessuno. In effetti, era un bel pasticcio!
“Ma, dopotutto, si tratterebbe di un errore di gioventù... chi potrebbe biasimarla? Raflesia era una creatura molto affascinante!”
“Ma, dottore, che cosa dice? Quella donna ha tentato più volte di accopparmi! E poi le giuro che non l'ho mai sfiorata con un dito! Con la gravity sabre sì, ma nient'altro, glielo posso assicurare!”
Harlock gli riferì quanto gli aveva raccontato Frida, non senza un profondo imbarazzo.
“Mmmh... sì, potrebbero averla anestetizzata e usata come... donatore. Non so se mi spiego.”
“Sì, certo, è possibile. Continuo a non capire perché proprio io, ma a questo punto non ha molta importanza. I miei problemi sono altri. Cosa dirò a Mayu? E soprattutto che cosa farò con Frida? Avevo pensato di sbarcarla su Tortuga e dimenticarmi di lei, ma adesso? È una pazza assassina, ma ha il mio stesso sangue, il sangue degli altri miei figli!”
Harlock aveva appoggiato i gomiti sulle ginocchia e si era preso la testa tra le mani. Era forse la prima volta che si metteva così a nudo davanti a qualcuno del suo equipaggio. A parte Meeme, qualche volta.
“Mayu la ama profondamente, capitano. Non metterà in dubbio la sua buona fede...”
“Da quando sta con me - constatò con amarezza - non ho fatto altro che ferirla. Non so per quanto ancora potrà sopportarlo...”
“Lo farà. È una donna eccezionale. Riguardo all'altra questione... purtroppo non so davvero che cosa dirle... Capisco la sua riluttanza ad abbandonare una figlia... ma lei fino a oggi non sapeva nemmeno della sua esistenza, non se ne è mai potuto occupare... Non la voleva neppure, a dirla tutta! È nata con l'inganno, a quanto parrebbe.”
“Sì, lo so, crede che non ci abbia pensato? Comunque non è un suo problema, dottore, grazie della collaborazione e mi scusi se le ho fatto perdere tempo con le mie faccende personali” disse Harlock alzandosi.
Il dottore gli strinse la mano, guardandolo serio.
“Non dica così, capitano. Lo sa che può venire qui quando vuole e io farò sempre quanto è in mio potere per aiutarla.”
Il capitano ricambiò la stretta con un sorriso triste e si congedò.
Decise di parlare anche con Meeme, prima di affrontare Mayu. Si rese conto di averla un po' trascurata, da quando si era sposato e poi erano nati i bambini. Ma lei non sembrava aversene avuto a male, e c'era sempre, quando lui aveva bisogno di sostegno e conforto. Come prima.
La cercò nella sua cabina e le raccontò tutto dal principio, dalla scoperta che Mayu aveva sangue mazoniano, a quello che gli aveva detto Frida alle conferme di Zero, e poi i suoi dubbi, le sue angosce, la sua inspiegabile indecisione.
Anche Meeme la rassicurò su Mayu. Ma, in un certo senso, anche su Frida.
“Lo so che ti sembrerà strano, Harlock, ma io vedo una parte buona in lei... l'amore per Tamara è sincero e può aiutarla a riscattarsi. Credo anche che si sia pentita molto presto del suo gesto folle, quando ha ucciso Raflesia, ma ormai non poteva più tornare indietro...”
“Ma ha assassinato altre persone! E l'ha fatto in modo lucido e razionale, non è stata un'azione impulsiva, come forse poteva essere l'altra! Ha rapito mia figlia! E chissà cos'altro ha fatto...! Come posso tenere a bordo, in mezzo a noi, una persona simile, senza mettere a repentaglio l'incolumità di tutti? Io ho delle responsabilità verso i miei uomini, non posso farmi fuorviare da sentimenti personali!”
“Io continuo a pensare che non sia una persona cattiva... in fondo ha salvato la vita a Mayu e ai gemelli... poteva anche non farlo, dopotutto, liberandosi di una possibile rivale al trono. Ci avevi mai pensato?”
No, in effetti non ci aveva pensato. Gli eventi erano precipitati troppo in fretta e lui non aveva avuto la forza e la freddezza di mettere a fuoco tutti i particolari.
“Io credo - continuò Meeme con convinzione - che, se si sentisse amata e accettata, diventerebbe una persona migliore. Qui, a bordo dell'Arcadia, con te, Mayu e i bambini... starebbe in una vera famiglia e non avrebbe più alcun bisogno di fare del male a qualcuno. Mentre, se l'abbandonassi al suo destino, coverebbe soltanto rabbia e rancore...”
Harlock rifletteva. Le parole e i sentimenti di Meeme erano molto belli e lodevoli, ma... così difficili da accettare e mettere in pratica per lui! Figuriamoci per il resto dell'equipaggio! Solo a immaginare la reazione di Tadashi gli venivano i sudori freddi!
Le sorrise, prima di uscire.
“Tu sei così buona, Meeme... ma noi umani non lo siamo così tanto... non verso chi ci ha fatto dei gravi torti!”
“Lo so, ma spesso la vostra è solamente paura. Paura di andare oltre le apparenze, perché farebbero vacillare le vostre certezze.”
Non solo buona, anche terribilmente saggia!
Parlare con lei gli aveva fatto bene, come al solito. Non aveva risolto i suoi dubbi, ma si sentiva più leggero e pronto a dare alla povera Mayu l'ennesima batosta.
Prima però si ricordò che aveva promesso a Tamara di raccontarle la storia della sua cicatrice. Non proprio tutta la verità, ovviamente, troppo cruda per una bambina, ma una versione più avventurosa e romantica. La stessa che aveva propinato a Tristan, in attesa che fossero entrambi abbastanza grandi da capire come fossero davvero andate le cose, senza traumi.
La andò a prendere nella cameretta, dove stava giocando con i due fratelli, e la condusse per mano fino alla sala comando. Le mostrò e le spiegò con parole semplici a cosa servissero i vari macchinari, le fece provare a usare il timone, cosa che la divertì moltissimo, e infine si sedette sul suo scranno e la tenne sulla ginocchia, raccontandole la storia promessa. Si rese conto con soddisfazione, se mai avesse avuto dei dubbi, che, come Tristan, era una bambina estremamente intelligente, vivace e sensibile. Alla fine della loro conversazione, la riaccompagnò da Mayu, sempre portandola in braccio, mentre la piccola teneva la testolina appoggiata sulla sua spalla, in un gesto di tenero abbandono.
Poi si recò deciso nella sala del computer centrale. Anche Tochiro gli doveva un bel po' di spiegazioni!

 

 

 

 

 

1Questa mia concezione del dottor Zero è in comune sicuramente con qualche altra autrice che ho letto... ma non ricordo più quale o quali. Me ne scuso con le interessate (anzi, se qualcuna volesse rinfrescarmi la memoria, sarò felice di citarla!)

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Capitolo 26
*** Legami di sangue ***


 

Harlock attese, come al solito, che i bambini fossero tutti a letto e Mayu e lui fossero finalmente soli nella loro stanza. Era stato più taciturno e accigliato del solito, sembrava distratto e preoccupato, mentre di solito stare con loro lo metteva di buon umore.
Tutti l'avevano rassicurato sul fatto che Mayu avrebbe capito... ma lui, invece, si rese conto di avere paura. Paura di perderla, in modo quasi peggiore di quando era stata malata. Temeva di perdere la sua fiducia e la sua stima, oltre al suo amore. Ma doveva dirle la verità. Non poteva sfuggire da questo imperativo morale.
“Ancora pensieri?” gli chiese dolcemente lei, sedendoglisi accanto davanti alla vetrata, come al solito.
Harlock trasalì. Perso nelle sue meditazioni, non l'aveva sentita arrivare.
Mayu vide il suo sguardo angosciato e si spaventò.
“È successo qualcosa di grave?”
“A dire la verità... sì.”
Si alzò e si avvicinò ancora di più alla vetrata, come per trarre forza dalle stelle che amava tanto. Questa volta non aveva il coraggio di guardarla in viso.
Iniziò a raccontare gli avvenimenti degli ultimi giorni, le rivelazioni di Frida e la conferma del dottor Zero, con un tono distaccato e incolore, come se non li riguardasse. Ma solo perché voleva nascondere le violente emozioni che gli sconvolgevano l'anima.
Mayu lo ascoltava sempre più impietrita. Le sembrava che quell'incubo non avesse mai fine, anzi, assumesse contorni sempre più mostruosi. Ma questa volta non riusciva ad accettare la realtà, era troppo atroce.
“Dimmi se ho capito bene... - esplose quando fu certa che Harlock avesse finito di parlare - Frida sarebbe nello stesso tempo tua figlia e mia cugina? E io sarei... la nipote di Raflesia?”
Lui annuì con un semplice cenno del capo.
Mayu si alzò di scatto, in modo così violento che fece cadere la sedia. Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, tentando di assimilare quell'orribile scoperta. Quella strega era la sorellastra dei suoi figli! Un essere così crudele, figlia di un altro essere crudele, faceva parte della loro famiglia! Raflesia era sua zia, e non si era fatto scrupolo di rapirla quando era solo una bambina, di strapparla dalla sua vita e dai suoi affetti, per perseguire i suoi scopi dinastici! Poi, la domanda più crudele: era davvero possibile che Harlock non ne sapesse niente? E ora, conoscendolo, non avrebbe più avuto il coraggio di cacciare Frida dall'Arcadia!
Si piantò dietro di lui, che non si era mosso dalla sua posizione, quasi paralizzato.
“Guardami, Harlock!”
L'uomo si girò lentamente e rimase turbato dalla sua espressione dura.
“Tu... se Raflesia ha concepito una figlia con te, non è possibile che tu non abbia... partecipato in qualche modo! Perché non me l'hai mai detto? Perché mi hai sempre fatto credere che tu e lei eravate solo nemici, quando è evidente che non è cosi?”
Ci siamo, pensò lui disperato.
“Perché è così come ti ho detto! Io non ti ho mai mentito, Mayu, su nulla. Devi credermi. Ho bisogno che tu mi creda!”
Mosse un passo verso di lei, tendendo le braccia, ma la ragazza si allontanò bruscamente.
“Mi riesce molto difficile farlo, di fronte a un fatto così!”
“Raflesia deve avermi drogato o anestetizzato... il dottor Zero ha ipotizzato che mi abbia usato solo come... donatore, capisci? Sono alieni, hanno una tecnologia e una scienza medica diverse dalle nostre!”
“Ma perché proprio TE? È questo che non capisco! E me lo posso spiegare solo pensando che in realtà tra voi ci fosse dell'altro...”
“Il perché, credimi, me lo sto chiedendo da giorni, e non sono riuscito a trovare alcuna risposta! Nemmeno Frida lo sa...”
“Già, Frida... Hai già parlato con lei dei risultati delle analisi?”
“No, non ancora.”
Mayu respirò profondamente.
Stava per fare a suo marito una richiesta che già sapeva lui avrebbe respinto. L'avrebbe respinta per gli stessi motivi per cui lei lo amava così tanto: per la sua lealtà, per la sua sincerità, per la sua purezza d'animo.
Ma la fece lo stesso.
“Non puoi dirle che... Raflesia le aveva mentito? Che non è vero che è tua figlia? Posso avvallare l'idea che mia madre e Raflesia fossero sorelle, in fondo non ci cambia la vita, ma l'altra cosa... hai pensato alle conseguenze? Per noi, per la nostra famiglia?”
Harlock la guardò incredulo.
“Io... non posso dirle questo. Perché io lo saprei, qual è la verità, e non potrei vivere con un peso simile addosso. No, non posso proprio, Mayu, mi dispiace. Non sarebbe giusto. E poi lei... in fondo ha salvato la vita a te e ai bambini... avrebbe potuto anche non farlo...”
“Certo, ha salvato Tamara per tenersela!”
“Sì', ma avrebbe potuto lasciar morire te e Tristan. Tu, in fondo, potresti essere una sua rivale al trono!”
Mayu tacque un istante, colpita da questa riflessione. Già, perché Frida aveva fatto in modo di guarirla?
“Che cosa farai allora con lei?”
“Per quanto sia un pensiero disturbante... è anche lei mia figlia. Non posso abbandonarla.”
Lo sapevo!
“Non è come gli altri tre!” gridò con la voce che le tremava per la rabbia e il dolore.
“Certo che non è come gli altri, maledizione, credi che non lo sappia?”
“È un'assassina, una matricida e una ladra di bambini! Non voglio che i miei, di figli, abbiano a che fare con lei! Altrimenti... io li porterò via di qui! E tu non ci vedrai mai più!”
La conosceva abbastanza da sapere che ne sarebbe stata capace. Quello che aveva tanto temuto stava accadendo.
“No, Mayu, non dire così! Troveremo una soluzione. Ma ho bisogno di te, del tuo sostegno. Lo so che da quando stai con me non sono capitate altro che cose brutte, e io capisco benissimo quanto tu sia sconvolta, ma...”
In quel momento Selene, svegliata dalle loro voci concitate, si mise a piangere. Mayu la prese in braccio per calmarla.
“Non solo cose brutte, Harlock” sussurrò.
La bambina, visto il padre, si sporse verso di lui.
“Io... non posso più vivere senza di voi - sussurrò a sua volta - Lo capisci questo, vero? Parlerò con Frida. Le rinnoverò la proposta di stare su Tortuga o dove lei vuole. Farò in modo che non le manchi nulla e ogni tanto la andrò a trovare. Penso sia una soluzione ragionevole per tutti.”
“Se proprio non c'è alternativa...” mormorò Mayu poco convinta.
Harlock rimise Selene nel lettino.
Guardò di nuovo la sua donna.
“Non ti ho mai mentito - ripeté - Questa notizia ha mandato fuori di testa anche me. Ma ce la faremo anche stavolta. Te lo prometto.”
Mayu si lasciò abbracciare.
“Lo so. Perdonami se ho dubitato di te...”
“Ho dubitato perfino io di me stesso...”
La ragazza aggrottò la fronte.
“Mio padre... lui chiaramente sapeva qualcosa, perché ci ha portato su Panahon, quando io stavo male... ma come aveva fatto a scoprirlo? E perché non ti ha mai detto nulla? Non capisco...”
“Sono stato da lui, poco fa... questa volta mi ha raccontato tutto quello che sapeva... almeno, credo.”
Harlock le riferì le rivelazioni di Tochiro.
“Esmeralda aveva scoperto la verità sulle proprie origini solo in età adulta, quando la donna che l'aveva allevata1 e che lei credeva sua madre, in punto di morte le aveva svelato ogni cosa. Ma, a quel punto, lei aveva già scelto la sua vita libera tra le stelle, e non le importava mettersi alla ricerca di una famiglia che l'aveva abbandonata. Quando aveva conosciuto e poi sposato Tochiro, gliene aveva parlato, ma a quell'epoca Mazone era solo un popolo lontanissimo e sconosciuto, non aveva ancora pianificato l'invasione della Terra, quindi lui non aveva dato nessun peso alla cosa. In seguito, quando invece abbiamo iniziato a scontrarci con loro, aveva preferito tacere per proteggere te: meno gente avesse saputo, più tu saresti stata al sicuro. Forse ha sbagliato, ma ha agito in buona fede... Purtroppo anche Raflesia sapeva (o aveva scoperto) che tu eri sua nipote, l'unica sua parente rimasta, quindi aveva deciso di rapirti... Quella donna ci ha usato senza scrupoli, tutti e due!”
Mayu era senza parole. Frida, sua degna progenie, aveva fatto la stessa cosa con Tamara...
“Quindi... insomma, la storia che Raflesia ed Esmeralda erano proprio gemelle è vera?”
“Io... credo di sì. Frida dice che è stata lei a fornire il campione biologico per fare il tuo antidoto... Ma, se vuoi esserne sicura, possiamo fare anche a te il test del dna...”
Mayu rifletté per qualche secondo.
“No. In fondo, non mi importa. Io non sono generosa e buona come te, a me non fa né caldo né freddo che Frida sia mia cugina... ecco, in questo sembro proprio la degna nipote di Raflesia!”
“Non dire stupidaggini! Il legame che c'è tra cugini, che per giunta non si sono mai visti prima, non è forte come quello che può esserci tra genitori e figli. E poi, tu sei una madre, a cui Frida ha sottratto la sua piccola...hai tutte le ragioni per detestarla. Per me... purtroppo è diverso. Non ne avevo mai capito il motivo, finora, del perché io non riuscissi a odiare davvero quella donna... come se avvertissi inconsciamente che c'era un legame di sangue... è strano, no?”
Harlock sembrava parlare più a se stesso che a Mayu.
“No, non è strano. Non credo che tu sia davvero capace di odiare qualcuno... Io ho soltanto paura che lei possa fare del male ai bambini, a te o a qualcun altro dell'equipaggio, visto di che cosa è capace. Tutto qui. Non chiedermi di considerarla parte della famiglia. Non ce la faccio.”
“Non te lo chiederò. Risolverò ogni cosa. Tu e i bambini non dovete andarcene di mezzo.”
Harlock non le disse dei consigli di Meeme. Sarebbe stato molto nobile agire così, ma... poco realistico. Non c'era solo la sua vita in gioco, ma anche quella di molte altre persone.
La baciò sulla fronte.
“Vai a dormire. Devo andare a parlare con lei. Torno subito.”

Frida stava per andare a letto, ma non aveva per niente sonno. Quelle giornate rinchiusa là dentro erano state terribili per lei: lente, noiose e vuote. Ciò che l'aveva infastidita di più, però, era che l'avevano costretta a pensare. Pensare a ciò che aveva fatto, a ciò che sarebbe stato di lei. Non era più tanto sicura che Harlock l'avrebbe accolta a braccia aperte nella sua famiglia.
Sentì bussare alla porta, e si stupì. Era chiusa dall'esterno, tutti lo sapevano.
“Sono Harlock. Sto per entrare. Posso?”
Frida suo malgrado sorrise. Era un pirata, ma pur sempre un signore. Aveva previsto che potesse essere in desabillès.
“Sì, sono sveglia” rispose.
Sentì azionare il meccanismo di apertura e Harlock comparve nel vano della porta. Dall'espressione tirata del suo viso capì che adesso anche lui sapeva. Aspettò che parlasse per primo.
“Ho avuto i risultati delle analisi... Raflesia ha detto la verità.”
La ragazza sembrò sollevata. Pensò che lui in fondo avrebbe anche potuto mentirle e falsificare i dati del test. Ma non l'aveva fatto e questo le infuse un po' di speranza.
“Sei davvero mia figlia, e ormai non ha importanza sapere come e perché io sia diventato tuo padre. Avrebbe potuto spiegarmelo tua madre... se tu non l'avessi uccisa.”
Frida trasalì.
Harlock sembrava scandagliarle l'anima con il suo unico occhio indagatore.
“Vedi, Frida, il fatto che io abbia scoperto come stanno le cose non cambia la realtà. Non cancella i crimini che hai commesso, anzi... mi fanno ancora più orrore. E sai qual è la cosa che più mi inquieta di te? Che tu non ti sia mai pentita. Che tu non abbia mai chiesto perdono, a me o a Mayu. In fondo, sei ancora convinta di essere nel giusto, di aver agito legittimamente. Liberissima di crederlo, per carità, ma questo la dice lunga su di te.”
Lei continuava a sostenere il suo sguardo e a tacere.
“L'unica cosa che ti salva è che tu abbia aiutato Mayu e Tristan... anche se mi sfugge il motivo.”
La ragazza alzò le spalle.
“Non ce l'avevo con voi. Una volta ottenuto il mio scopo, non mi interessava farvi del male. Nessuno sapeva chi fosse Mayu, che potesse diventare regina di Panahon. Volevo solo che ve ne andaste il prima possibile...”
Harlock ne fu in qualche modo colpito. Ma non mutò la sua decisione.
“Come ti ho già detto, non posso tenerti con me. Se qui sull'Arcadia ci vivessi solo io, forse sarebbe diverso. Ma qui ci sono mia moglie, dei bambini piccoli e il mio equipaggio, che non si fida di te...”
“Loro... sanno?”
“A Mayu l'ho detto, certo. Gli altri no, non ancora, almeno. Ma non ti illudere, anche se lo sapessero, il loro giudizio su di te non cambierebbe.”
“E allora... che cosa sarà di me?”
“Rimane valida la mia proposta. Per me Tortuga rimane la scelta migliore, ma se preferisci un altro posto, ti accontenterò. Provvederò io a ogni tua necessità. Avrai una casa e farò in modo che tu possa vivere dignitosamente. Puoi rifarti una vita, trovarti un marito, magari. Ogni tanto verrò a vedere come te la passi. Ma potrai contattarmi in qualsiasi momento, se dovessi essere nei guai. Mi sembra una soluzione più che accettabile. Di più non posso proprio fare.”
Harlock uscì senza aggiungere altro e senza aspettare la risposta della donna. Ebbe un istante di esitazione, prima di bloccare di nuovo la porta. Non aveva capito se Frida fosse contrariata o meno dal suo discorso. In ogni caso, meglio non rischiare che se ne andasse in giro per la nave. Non aveva più molto da perdere, avrebbe potuto commettere qualche pazzia.
Che cosa si aspettava che facessi? Che la accogliessi a braccia aperte come il figliol prodigo?

 

 

 

Aggiornamento anticipato per imminenza del Natale!
Calorosi e sinceri auguri a tutti!
Lady Five




 

 

 

1Per la storia di Esmeralda, “La principessa”, cap. 3 e 4. La confessione della madre adottiva, invece, è una mia ipotesi.

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Capitolo 27
*** Galaad ***


 

“Harlock, Tamara ha chiesto di Frida” disse Mayu freddamente al capitano, in sala comando.
“Era inevitabile, prima o poi. Non la vede da giorni... Le avevo promesso che gliela avrei fatta accompagnare in cabina.”
“Non voglio andarci io. Non voglio vederla.”
Harlock sospirò. In effetti, sarebbe stato meglio che le due non si incontrassero più. Aveva il vago sospetto che non fossero più in competizione soltanto per l'affetto della bambina, ma anche per il suo. Si diede del presuntuoso.
“Capisco. Chiedi a Meeme se può farlo lei. Però non le deve perdere di vista. Non voglio che Frida le metta in testa idee strane o le dica cose che potrebbero turbarla. E lasci aperta la porta. Manderò qualcuno a sorvegliare.”
Mayu girò i tacchi e andò in cerca dell'aliena. Si sentiva un po' infantile, ma proprio non se la sentiva di guardare in faccia quella donna. Non sapeva che Harlock le aveva indicato Meeme non solo perché era una persona fidata, ma anche perché era l'unica, su tutta l'Arcadia, che non fosse ostile a Frida. Una delicatezza che forse la mazoniana non si meritava, ma lui era fatto così.
La voce di Yattaran lo distolse dai suoi cupi pensieri.
“Capitano! Qualcuno sta cercando di mettersi in contatto con noi sulla linea che usavamo con i ribelli di Panahon!”
Harlock fu quasi grato che accadesse qualcosa che lo distraesse dalla sua situazione attuale. Anche se poteva benissimo trattarsi di una potenziale grana.
“Chi è?”
“Non lo so ancora... ecco, ora è in collegamento. È Galaad!”
Sullo schermo comparve il volto del ragazzo. Pareva spaventato. Indossava un casco e, sembrava, una tuta spaziale. Non era su Panahon, ma con tutta probabilità su una navetta.
“Ti saluto, Galaad - disse il capitano, un po' perplesso - Come stai? È accaduto qualcosa?”
“A dire la verità, sì, capitano. Sono appena fuggito da Panahon. Vorrei raggiungervi, ma non so dove siete...”
Harlock strinse le labbra. I suoi tre ufficiali lo guardarono contemporaneamente, comunicandogli con gli occhi un messaggio che lui colse al volo. Non fidarti!
“Dove ti trovi?”
“Sono a 40.000 miglia spaziali da Panahon, 5° 17' di declinazione Sud, 7h 92m in AR Ovest.”
Il capitano conosceva ormai quasi tutto l'universo come le sue tasche e riuscì a individuare mentalmente l'area dove doveva trovarsi Galaad. Intanto Yuki, inserendo le coordinate, aveva proiettato sullo schermo grande la porzione di spazio interessata, a cui lui diede solo un'occhiata per conferma.
“Bene. A 8.000 miglia spaziali da lì c'è un piccolo pianeta, Ermete. È uno scalo commerciale di poca importanza, nessuno baderà a te. Vicino all'astroporto principale c'è un locale che si chiama Black Star. Il gestore è un mio amico, per qualsiasi problema rivolgiti a lui. Aspettaci lì. Saremo da te in 48 ore al massimo. Ora posso sapere che cosa è successo? Puoi parlare, la linea è sicura.”
Galaad sembrava rincuorato, ma esitava ancora.
“Su Panahon... è un casino. Subito dopo l'assalto al palazzo, è scoppiata una guerra civile. Dovevamo restaurare la democrazia, invece... i militari hanno preso il potere. Humboldt, Atalanta e altri... di fatto c'è una dittatura militare... è peggio di prima! Chi non li appoggia in tutto, finisce male. Temo per la mia vita, e tu sei l'unico che può aiutarmi!”
Harlock ascoltava accigliato. I fatti stavano superando le sue più nere previsioni. Terrestri, mazoniani, panahoniani... alla fine sono tutti uguali, tutti vogliono la stessa cosa: il potere.
“D'accordo, ora calmati. Su Ermete sarai al sicuro fino al nostro arrivo. Dopodiché decideremo il da farsi. Se non ci sono altri problemi, ci vediamo lì.”
“Grazie, Harlock.”
Chiusero la comunicazione.
“Che ne pensi?” chiese Yattaran.
“In che senso?”
“Ci possiamo fidare?”
Harlock alzò le spalle.
“Perché no? Sembrava solo, e la storia è credibile, purtroppo. Non posso ignorare una richiesta di aiuto per dei semplici sospetti. Comunque, lo sapremo presto. Scenderemo su Ermete con una navetta, lasciando l'Arcadia fuori dall'orbita del pianeta. Non correremo rischi inutili. Prepariamoci subito per il salto nell'iperspazio.”
Questo imprevisto avrebbe rimandato il loro viaggio su Tortuga. Ma forse era meglio così. Avevano tutti bisogno di pensare ad altro per un po'.

Mentre l'equipaggio si metteva al lavoro, Harlock andò a informare Mayu sul cambio di programma. Meeme e Tamara erano con lei.
Senza farsi sentire dalla bambina, chiese all'aliena come era andato l'incontro con Frida.
“Ma... niente di particolare. Tamara l'ha abbracciata e le ha chiesto perché non usciva più dalla sua cabina, e Frida le ha detto che non si sentiva molto bene, ma che non doveva preoccuparsi. Poi hanno un po' chiacchierato di quello che Tamara faceva, dei giochi, di Tristan e Selene...”
Harlock si chiese quanto la piccola avrebbe sofferto per quella separazione, e ancora una volta lo attanagliò il dubbio di non aver preso la decisione giusta.
“Non hanno mai nominato Panahon?”
“No, mai.”
“Frida a te ha detto qualcosa?”
“No, però ogni tanto mi sorrideva...”
“Grazie, Meeme.”
Mayu sembrava non ascoltarli, ma Harlock sapeva che non si stava perdendo una parola. Quella storia stava alzando un muro tra di loro, e lui non sapeva come impedirlo. Forse, quando Frida se ne fosse andata, tutto sarebbe tornato come prima.

Come il capitano aveva calcolato, con la navigazione in-skip raggiunsero l'orbita di Ermete nel giro di 48 ore. Lui decise di restare a bordo dell'Arcadia, senza entrare nell'atmosfera, e spedì sul pianeta una navetta con Tadashi e un altro uomo. È vero che Ermete era un porto franco non particolarmente importante, dove chiunque poteva atterrare senza permessi e scartoffie, ma non era il caso di rischiare. I due dovevano recuperare Galaad e tornare subito sull'astronave. Sarebbero rimasti in contatto con loro e, se non avessero dato notizie per più di 2 ore, dall'Arcadia sarebbero partiti alla loro ricerca.
Ma non ci furono intoppi e i pirati furono di ritorno insieme al ragazzo nei tempi previsti. Harlock in persona li accolse nell'hangar. Strinse la mano a Galaad, che gli espresse tutta la sua riconoscenza per averlo preso a bordo. Aveva lasciato il suo mezzo su Ermete, nel caso qualcuno lo avesse seguito, anche se era improbabile, e aveva con sé soltanto una semplice sacca da viaggio.
Il capitano lo accompagnò nella cabina che gli era stata assegnata e gli disse che più tardi avrebbe mandato qualcuno per condurlo nel suo ufficio.
“Così potrai raccontarmi con calma quello che sta succedendo su Panahon.”
È il caso che Tamara lo incontri? Vedere un volto amico potrebbe farle piacere, o invece farle venire nostalgia di casa...
Dibattuto, non sapendo prevedere quale potesse essere la reazione della bambina, decise per il momento di tenerli separati.
Dal successivo colloquio con Galaad emersero particolari sempre più drammatici sulla situazione a Panahon. Per un po' le due fazioni, i ribelli e i sostenitori della regina, si erano fronteggiati sostanzialmente ad armi pari. Purtroppo era inevitabile che anche i civili finissero per essere coinvolti. Poi, inaspettatamente, i vertici dell'esercito, che prima erano divisi più o meno a metà tra lealisti e rivoltosi, si erano coalizzati e, con la scusa di far cessare le violenze, avevano di fatto instaurato un regime totalitario. Doveva essere un governo provvisorio, in attesa che si calmassero gli animi e si potesse procedere con le elezioni per il nuovo parlamento, ma il tempo passava e queste benedette consultazioni popolari continuavano a essere rimandate con mille pretesti. In compenso, le sera c'era il coprifuoco, ogni associazione tra i cittadini era stata bandita e perfino gli assembramenti e le manifestazioni erano vietati. Moltissimi oppositori, anche solo presunti, venivano arrestati e sparivano nelle carceri della capitale. La popolazione era ripiombata nel terrore. Galaad e altri avevano cercato di far ragionare Humboldt e Atalanta, ma non c'era stato nulla da fare, anzi, avevano subito delle minacce nemmeno tante velate.
Harlock ascoltava contrariato. Le cose erano andate peggio di quello che temeva.
“Non era possibile riorganizzare la resistenza? In certi casi, purtroppo, riprendere le armi è l'unica strada...”
Il ragazzo allargò le braccia con aria sconsolata.
“Eravamo troppo pochi e male armati, visto che tutto l'esercito era ormai contro di noi e aveva requisito tutto. È già stato versato tanto sangue innocente, capitano. Io... non me la sono più sentita.”
Harlock fece una lunga pausa, studiando il suo interlocutore, che pareva piuttosto nervoso e a disagio.
“Perché sei fuggito?” gli chiese con tono grave. Era chiaro che disapprovava quella scelta.
“Temevo per la mia incolumità. E non avevo più nulla da fare su Panahon... ci siamo tutti illusi di costruire un mondo migliore, ma non ne siamo stati capaci... allora mi sono ricordato di voi, della vostra vita libera e giusta... le chiedo, capitano, di avere l'onore di far parte dell'equipaggio dell'Arcadia.”
Harlock ebbe un lieve sussulto. Era tanto tempo che non riceveva una richiesta del genere, in effetti. E lui non aveva mai rifiutato nessuno, né fatto domande. Ma questa volta c'erano tante, troppe implicazioni. Frida era ancora a bordo, e di sicuro Galaad non aveva cambiato i suoi sentimenti verso di lei. E poi c'era Tamara, la piccola principessa. Se qualcuno avesse voluto metterla sul trono? L'ultima cosa che voleva era che sua figlia si trovasse al centro di qualche guerra di successione.
Quindi congedò il ragazzo con un semplice “Vedremo” e si riservò di andare a fondo della faccenda. Chiamò Yattaran e gli riassunse quanto gli aveva raccontato Galaad.
“Vorrei che tu provassi a metterti in contatto con Humboldt o Atalanta, o almeno tentare di intercettare le loro comunicazioni... voglio vederci chiaro.”
“Non credi a quel ragazzo?”
“Non è che non gli creda... ma voglio capire se la situazione sia davvero degenerata fino a quel punto. Magari posso parlare con loro, cercare di farli riflettere sulle loro azioni...”
“Qui siamo molto lontani da Panahon... ma farò il possibile, capitano.”
“Mi raccomando... massima discrezione, soprattutto con Galaad.”
Rimasto solo, Harlock cercò di analizzare le cause del suo disagio. Era in apprensione per Tamara e per Frida, certo. Ma c'era qualcos'altro. Si era aspettato che Galaad gli chiedesse di tornare sul pianeta insieme al suo equipaggio e guidare la lotta contro i nuovi tiranni, non che lo supplicasse di restare sull'Arcadia. Doveva rassegnarsi: non era più l'Harlock di una volta. La sua aura leggendaria si era appannata. E forse era meglio così. Aveva fatto la sua parte. Era giunta l'ora che altri, più giovani ed entusiasti, portassero avanti le loro battaglie. Del resto, se gli avessero fatto davvero una proposta del genere, lui avrebbe rifiutato... forse... 1
Dopo queste riflessioni dolci-amare, si recò nella sua cabina. Doveva spiegare a Mayu la situazione e raccomandarle di non permettere, per il momento, che Tamara si trovasse da sola con Galaad. In camera però trovò i bambini con Meeme.
“Dov'è Mayu?” chiese con una lieve apprensione. La sua ostilità verso Frida non lo lasciava tranquillo.
“Maji l'ha chiamata in sala macchine, aveva bisogno di lei per qualcosa.”
“Ah, bene!” commentò sollevato. A volte si dimenticava che sua moglie era anche un ingegnere spaziale e lavorava sull'Arcadia come gli altri.
Ne approfittò per comunicare all'aliena la sua decisione in merito all'ex regina di Panahon, quasi scusandosi per non avere seguito il suo consiglio.
Ma Meeme, come sempre, fu molto comprensiva.
“Mi sembra un buon compromesso. Del resto, Frida è una donna adulta, è giusto che si faccia la sua vita. L'importante è che sappia che potrà sempre contare su di te.”
Harlock pensò all'amara ironia della situazione: Mayu aveva vissuto quasi tutta la sua vita così, lontana da lui, e proprio quando era più giovane e indifesa.
Raccomandò all'aliena di non lasciare che il nuovo arrivato avvicinasse Tamara e, dopo essersi intrattenuto qualche minuto con i bambini, tornò da Frida. Doveva dargli una risposta. La trovò molto prostrata. Aveva delle profonde occhiaie, e, contrariamente al suo solito, era spettinata e molto trascurata nell'aspetto. Sperò che avesse preso una decisione, per poter mettere fine finalmente a quella situazione straziante per tutti.
“Che cosa hai deciso, Frida? - le chiese senza tanti preamboli, per mascherare l'imbarazzo - Se non ti va Tortuga, ho delle altre proposte: Eden, Las Vegas... ma no, lì potresti rischiare di incontrare qualcuno che conosci e che non ti è esattamente amico...”
La donna alzò su di lui gli occhi stanchi.
“Mi fido di te e del tuo giudizio - disse con voce priva di espressione - Vada per Tortuga.”
“Bene! Hai fatto la scelta migliore! Vedrai che non te ne pentirai. Ci dirigiamo subito lì. La tua reclusione finirà presto!”
Decise di non dirle nulla, per il momento, di quanto stava accadendo su Panahon e della presenza di Galaad a bordo.
Già... Galaad. Non doveva sapere dove stavano portando Frida. Si rese conto che era stata un'imprudenza prenderlo con loro in quel momento. L'Arcadia era grande, ma non abbastanza da occultare per sempre la presenza della donna. Sarebbe bastata una parola di troppo da parte di qualcuno della ciurma. Per un momento pensò di rinchiudere anche lui... ma con quale pretesto? Rinchiuderlo no, ma mandarlo in missione da qualche parte, magari insieme a Yuki, che produceva sempre un certo effetto sui nuovi arrivati, soprattutto se giovani... avrebbe potuto sviarlo. Sì, li avrebbe spediti a fare provviste dall'altra parte del satellite, e, mentre la ciurma sarebbe stata in libera uscita, lui e Yattaran avrebbero fatto scendere Frida, opportunamente travestita, e l'avrebbero accompagnata alla sua nuova casa. Rincuorato, ritornò in gran fretta, con il suo passo marziale, in sala comando per dare le disposizioni del caso. L'equipaggio trattenne a stento l'entusiasmo quando seppe qual era la loro prossima meta. Harlock sorrise sornione, mentre un piano perfetto si stava già delineando nella sua mente. Frida sarebbe stata al sicuro. I bambini pure. E Mayu sarebbe stata soddisfatta.

Galaad, uscito dall'ufficio del capitano, era un po' frastornato. A dar retta a quanto si diceva in giro su di lui, lo avrebbe dovuto accogliere senza indugi sull'Arcadia, come tutti gli altri... invece gli era sembrato quasi contrariato, se non proprio ostile. Forse si trattava, appunto, soltanto di dicerie... Ma lui avrebbe fatto di tutto per dimostrarsi all'altezza, e alla fine si sarebbe guadagnato la sua fiducia!

 

 

 

 

 

 

1Chiedo venia, ma non ho resistito alla tentazione di far attraversare ad Harlock (solo un pochino, dai!) la crisi di mezza età, da cui purtroppo nessun maschio terrestre è immune!

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Capitolo 28
*** Contraddizioni ***


 

Harlock non si aspettava che fosse Galaad stesso a chiedergli notizie della ex sovrana. I ragazzo aveva fatto due più due: non era stata rimandata su Panahon, quindi doveva essere per forza ancora lì. Seguì il capitano nel suo studio e lo affrontò in modo diretto.
“Capitano, che ne è stato di Frida?”
Harlock lo guardò con freddezza.
“La cosa non ti riguarda più, Galaad.”
Ma il giovane non si lasciò intimorire.
“Aveva giurato di rimandarla su Panahon, invece non l'ha fatto, e ormai è passato diverso tempo...”
Il capitano incrociò le braccia, senza smettere di fissarlo con severità.
“Che te ne importa, ormai? Hai lasciato Panahon, hai abbandonato la causa. Non è più affar tuo. O vuoi farmi credere che sei preoccupato per lei? E poi, fammi capire una cosa: dopo quello che mi hai raccontato che sta succedendo laggiù, ti aspetti ancora che io mantenga la parola? Che la consegni direttamente al plotone di esecuzione? Perché è questo che succederebbe, e lo sai anche tu. La questione è chiusa. Vuoi far parte del mio equipaggio? Scordati Frida, Panahon e tutto il resto!”
Galaad tacque, a corto di argomenti.
“E la princ... Tamara? Come sta? - chiese, questa volta con un tono di voce molto più dimesso - Potrei salutarla?”
Harlock sapeva che prima o poi sarebbe arrivata quella richiesta. Non c'erano, in realtà, concreti motivi per impedire al ragazzo di incontrare la bambina. Temeva solo che la piccola, ingenuamente, gli parlasse di Frida.
“D'accordo. Stasera puoi passare a salutarla. Fatti accompagnare da Yuki. Ma non nominare Frida. Si sta abituando a non considerarla più sua madre e non voglio che qualcosa possa turbare la sua serenità.”
“Certo. Capisco. Non lo farò, stia tranquillo.”
A cena Harlock avvertì Mayu che Galaad sarebbe passato a trovare Tamara. La ragazza non era molto d'accordo, temeva che rivederlo avrebbe scatenato in lei la nostalgia di casa. Ma si rendeva conto che, se il giovane fosse davvero rimasto a bordo, l'incontro sarebbe stato inevitabile, prima o poi, e allora... meglio levarsi subito quel dente.
Preparò la bambina con delicatezza, dicendole che un suo amico era venuto a salutarla e forse sarebbe rimasto a vivere con loro.
Galaad si presentò puntuale, in compagnia di Yuki. Tamara sembrò felice di vederlo, e tutti ebbero l'impressione che il ragazzo le fosse davvero affezionato. Harlock e Mayu non li persero un attimo di vista, ma lui fu di parola, e non nominò mai nulla della vita passata della piccola. Del resto, poco dopo Mayu annunciò che era ora di andare tutti a dormire e portò i bambini nella loro stanza.
Harlock congedò Galaad e si rilassò. Era andato tutto bene. Sarebbe andato tutto bene.
Il giorno dopo decise di tenere occupato il ragazzo e di controllarlo senza che se ne rendesse conto. Convocò Yuki e le affidò l'incarico. Le disse di fargli visitare la nave, esclusi ben precisi settori, tra cui, ovviamente, la sala del computer centrale e il deposito delle armi, di presentargli gli altri membri dell'equipaggio e di farlo allenare nel poligono di tiro. La giovane era un po' perplessa e prima di uscire dall'ufficio non resistette dal rivolgergli una domanda. I pirati dell'Arcadia sapevano che potevano parlare con franchezza al loro capitano.
“Ma... perché proprio io? Forse Tadashi sarebbe più adatto...”
Harlock sorrise e si portò l'immancabile bicchiere di vino alle labbra.
“Anche se ti può sembrare strano, ho avuto vent'anni anch'io, e ricordo benissimo come ci si sente a quell'età quando si ha accanto una bella donna...”
Yuki arrossì leggermente, poi si portò indice e medio al sopracciglio.
“Ho capito l'antifona, capitano. Farò del mio meglio!”

Per diversi giorni i tentativi di Yattaran di captare le linee di comunicazione di Panahon rimasero senza esito. Poi, all'improvviso...
Harlock fu chiamato all'interfono dal primo ufficiale. Per lavorare indisturbato e soprattutto al riparo da orecchie indiscrete, si rintanava nel suo studio-laboratorio e fu lì che il capitano lo raggiunse.
“Ce l'ho fatta! Questa è la linea che usavamo per Humboldt ai tempi della rivolta... Sembra proprio ancora attiva.”
“Chiamalo! Voglio parlarci il prima possibile.”
Trascorsero alcuni minuti, poi finalmente qualcuno rispose. Ma non era Humboldt. Era una donna e pareva piuttosto sorpresa.
“Sono Harlock, capitano dell'Arcadia. Vorrei parlare con Humboldt.”
“Sono Tara, la sua assistente. Il generale al momento è impegnato. Vuole che gli riferisca qualcosa?”
In quel momento, però, qualcuno fuori dalla visuale dello schermo le disse qualcosa, quindi la donna si spostò e comparve Humboldt.
“Harlock! Felice di rivederla, capitano! Ormai non ci speravamo più! Mi auguro abbia buone notizie per me!
Harlock prese tempo.
“La sua assistente ha detto che è impegnato... posso chiamarla in un altro momento, se preferisce...”
“Sì, in effetti mi sto recando al palazzo del Parlamento - disse con una chiara nota di orgoglio nella voce e nel volto - Oggi si insedia il nuovo governo e io sono il responsabile del servizio d'ordine. Sa, quasi l'intera popolazione di Panahon si sta riversando nella capitale e c'è parecchia confusione in giro.”
Harlock rimase un po' interdetto... Parlamento? Governo?
“Allora siete riusciti nel vostro intento! Avete indetto libere elezioni!”
“Sì. Non è stato facile, naturalmente, un po' di resistenza c'è stata. Ma alla fine ci sono stati meno effetti collaterali del previsto, e le elezioni si sono svolte regolarmente due settimane fa. Ne siamo tutti orgogliosi e felici. Sta cominciando una nuova era. Almeno potremo dire di averci provato!”
Il capitano era sempre più confuso. Possibile che Humboldt mentisse così?
“E Atalanta? E Galaad? Come stanno?”
“Atalanta sta bene, la incontrerò tra poco. Di Galaad invece non sappiamo più nulla da diversi giorni. Abbiamo provato a rintracciarlo in tutti i modi, ma senza successo. Sembra scomparso.”
“Mi dispiace. Porti i miei saluti ad Atalanta, la prego.”
“Non mancherò. Non deve dirmi nient'altro, capitano? Mi ha chiamato solo per sapere come stavo? Non credo!”
Era chiaro a chi si riferisse.
“Se allude a Frida... non posso consegnargliela. Ho ancora bisogno di lei.”
“È passato parecchio tempo...” osservò il militare.
“Ma non abbastanza, evidentemente. C'è in gioco la serenità di mia figlia, come lei ben sa. Quando sarà il momento, glielo farò sapere, non dubiti. Buona fortuna!”
Fece chiudere il collegamento, lasciando l'altro piuttosto contrariato.
Invece lui era preoccupato. Molto preoccupato. Galaad gli aveva raccontato una storia del tutto diversa. Quindi, uno dei due non diceva la verità. Ma chi? Analizzò quanto gli aveva detto Humboldt, parola per parola. In realtà, l'elezione di un Parlamento non escludeva affatto la possibilità di una dittatura militare. Quante tirannidi nella storia si sono nascoste dietro una democrazia di facciata? Doveva assolutamente saperne di più. Ma come?
Yattaran, su preciso ordine del capitano, aveva assistito al colloquio.
“Che cosa ne pensi?” gli chiese Harlock a bruciapelo, sorprendendolo non poco.
Il primo ufficiale allargò le braccia.
“Non saprei. Posso dirti che Humboldt mi sembrava sincero, ma è solo un'impressione, vale quello che vale, cioè nulla. Ci sarebbe un modo per scoprirlo, ma...”
“Sì, ci avevo pensato. Tornare su Panahon e renderci conto di persona. Ma questo ci porterebbe lontano dalla rotta per Tortuga. Quindi è fuori discussione.”
“Capitano, scusa se mi permetto, ma perché dobbiamo a tutti i costi andare su Tortuga proprio adesso? Non che a noi dispiaccia, eh!”
Il capitano decise che era giunto il momento di mettere anche Yattaran a parte del suo piano, e lo fece. Omettendo alcuni “piccoli” particolari relativi a Frida e a lui. Non se la sentiva ancora di rivelare la verità, nemmeno a uno dei suoi più fidati amici.
“Ah, ora capisco! Ero abbastanza sicuro che non l'avrebbe consegnata ai suoi probabili carnefici! Anche se di certo se lo meriterebbe! A questo punto, però, non è così importante sapere che cosa stia davvero succedendo su Panahon... a meno che tu non voglia intervenire a riportare l'ordine..”
Harlock si lasciò scappare un sospiro.
“No, sono dell'idea che se la debbano sbrigare da soli, adesso. Mi interessa saperlo solo per capire se Galaad ha mentito o no, e, se sì, perché. Non credo sia soltanto per convincermi a prenderlo a bordo... non vorrei ci fosse sotto dell'altro. E non mi sentirò tranquillo finché non lo avrò scoperto.”
Yattaran annuì.
“Certo, capisco. Beh - aggiunse dopo un attimo di riflessione - potremmo andare prima su Tortuga per portare a termine la missione, e poi su Panahon, per vedere che cosa stanno combinando.”
“Sì, è quello che pensavo di fare anch'io. Proseguiamo per Tortuga, poi si vedrà. Se intanto tu, quando hai tempo, riesci a intercettare qualche comunicazione su Panahon, come l'altra volta... magari veniamo a scoprire qualcosa di più. E teniamo d'occhio quel ragazzo: non mi fido ancora di lui.”
“Agli ordini, capitano!”
Stavano uscendo dallo studio di Yattaran per tornare insieme in plancia, quando il suono acuto dell'allarme li paralizzò per la sorpresa.

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice
Altro aggiornamento anticipato causa feste.
Ne approfitto per augurarvi un fantastico 2015 (domani festeggiate e fate i bravi, ma non troppo!)

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Capitolo 29
*** Giù la maschera ***


 

Harlock e Yattaran si guardarono un attimo perplessi, poi si misero a correre verso la sala comando. Ancora prima di entrare, sentirono Mayu gridare e Yuki che cercava di calmarla. Ad Harlock si gelò il sangue nelle vene, mentre un brutto presentimento si affacciò alla sua mente.
Non appena lo vide, Mayu sgusciò via dalle braccia della bionda e si precipitò verso di lui, con il viso stravolto e gli occhi dilatati dal terrore, pronunciando frasi inarticolate. Lui la strinse contro di sé, cercando di mantenere la calma.
“Cosa è successo?” chiese guardando Yuki, perché sua moglie non sembrava in grado di esprimersi in modo comprensibile.
“Galaad si è barricato nella vostra cabina e ha preso in ostaggio Meeme e i bambini... ”
“Cosa?!? Brutto figlio di …! È impazzito!”
“Dice che non vuole far loro del male, a patto che gli consegni Frida... Mi dispiace, mi aveva detto che andava a farsi una doccia, dopo l'allenamento...”
“Maledetto bastardo, adesso è tutto chiaro! Il suo piano è stato questo fin dall'inizio!” sbottò Harlock. Detestava quando qualcuno tradiva la sua fiducia. E come aveva fatto quello a procurarsi le armi? Ma certo, poteva averle benissimo portate con sé da Panahon! Nessuno l'aveva perquisito, al suo arrivo! Come aveva fatto a essere così ingenuo?
Mayu sembrava essere tornata lucida. Anche troppo. Lo guardò con aria fredda e determinata.
“Lo asseconderai, vero? Se non lo fai tu, lo farò io! Se succede qualcosa ai miei figli, quelli li elimino io con le mie mani, tutti e due!”
“Calmati! Non è così che funzionano le cose sull'Arcadia!”
Mayu perse il controllo un'altra volta.
“Quella strega non ci ha procurato altro che guai! Non m'importa niente della sua sorte! Nessuno sentirà la sua mancanza, anzi...! Non è nulla per noi!”
“È mia figlia anche lei!” si lasciò scappare Harlock a voce alta, gelando tutti i presenti. Si rese conto di aver fatto una sciocchezza, ma ormai era troppo tardi.
“E quindi, vorresti salvarla mettendo a rischio la vita degli altri tre? Non te lo permetterò, a qualunque costo!”
Così dicendo, con un gesto repentino fece per sfilargli dalla fondina la cosmo-gun, visto che lei non portava armi, ma Harlock fu più veloce e la bloccò.
“Basta così! Comando ancora io su questa astronave! E tu sei troppo sconvolta per essere d'aiuto!”
La scostò bruscamente da sé e fece un cenno a Yuki, che la prese per le spalle e la allontanò da lui.
“Non fatela uscire da qui, per nessun motivo. Vado a parlare con Galaad, riuscirò a farlo desistere. Yattaran, con me!”
Uscirono in gran fretta. Harlock cercò di ignorare lo sguardo di Mayu che lo seguiva, carico d'astio. Capiva il suo stato d'animo, ma la cosa lo ferì ugualmente. Adesso però doveva riprendere il suo solito sangue freddo e ritrovare il suo autocontrollo, se voleva che tutto finisse in fretta e senza che qualcuno si facesse male.

La porta della sua cabina era chiusa dall'interno, naturalmente. Harlock attivò l'interfono. Doveva dimenticare per un momento che quel pazzo stava tenendo i suoi figli sotto tiro, e cercare di apparire calmo. Doveva farlo ragionare.
“Sono Harlock. Che cosa credi di ottenere così, Galaad?”
“Ti hanno riferito le mie richieste, immagino. Dammi Frida e una navetta per andarmene. Non voglio altro.”
“Fammi parlare con Meeme e i bambini.”
“Harlock...”
La voce dell'aliena era calma come al solito, ma lui colse una sfumatura di paura che lo inquietò.
“Stai bene? I bambini?”
“Stiamo tutti bene. Piccoli, salutate vostro padre.”
Con una stretta al cuore sentì la vocina di Selene che lo reclamava, poi quella di Tristan e perfino quella di Tamara, che, imitando i fratelli, lo salutò chiamandolo anche lei “papà”. Sarebbe stato un momento meraviglioso, in altre circostanze...
“Va tutto bene, state tranquilli e ubbidite a Meeme - cercò di apparire sereno - Galaad, lo sai anche tu che è una pazzia. Non hai nessuna possibilità di cavartela. Esci da lì e farò finta che non sia successo niente, te ne potrai andare indisturbato.”
“Nessuno mi torcerà un capello, in ogni caso. Porterò anche Tamara con me, così a nessuno verrà in mente di seguirci o abbattere la navetta!”
Sei davvero una carogna! pensò Harlock a denti stretti. Ma doveva continuare a trattare.
“Sei stato mandato qui da Humboldt?”
“No, nessuno sa che sono qui.”
“Oggi ho parlato con lui... la storia della guerra civile e della dittatura militare è tutta una balla, vero? Era una scusa per salire a bordo?”
Ci fu un attimo di silenzio. Probabilmente Galaad non aveva previsto che lui decidesse di mettersi in contatto con Panahon.
“Sì, era una balla. Ma ha funzionato, e ora non ha più importanza. Basta chiacchiere! Porta qui Frida e io lascerò andare la donna e i bambini, tranne Tamara. La potrai venire a riprendere quando sarò al sicuro.”
La voce del giovane era fredda e dura, non sembrava più nemmeno lui.
Harlock guardò Yattaran costernato, scuotendo la testa. Un'azione di forza era da escludere. Troppo rischiosa per gli ostaggi.
“Se non ti mandano i capi della rivolta, perché la vuoi? Che cosa ne sarà di lei?”
“Questo non ti riguarda! È una cosa tra me e lei. Allora, cosa aspetti, Harlock? La mia pazienza si sta esaurendo.”
Yattaran intanto aveva verificato se si potesse entrare nella cabina passando dalla cameretta dei bambini, ma naturalmente la porta era sbarrata. La stanza del capitano era la più sicura dell'Arcadia, e questo ora si ritorceva contro di loro.
Il cervello di Harlock lavorava velocemente. Era abituato a prendere decisioni rapide in situazioni di pericolo mortale. Ma in quel caso non sapeva davvero che cosa fare. Decise di fingere di assecondarlo, sperando che Galaad abbassasse la guardia e facesse un passo falso.
“Sta bene. Vado a prenderla. Lascio qui il mio primo ufficiale. Per qualsiasi cosa rivolgiti a lui.”
Prima di andare da Frida, chiamò Tadashi.
“Raggiungimi subito nella sala del computer centrale. Non farti vedere da Mayu.”
Quando il giovane arrivò trafelato, gli illustrò la situazione e le richieste di Galaad.
“È fuori discussione che quello lasci l'Arcadia con Frida e con mia figlia. Bisogna impedirglielo a tutti i costi. Fingerò di assecondarlo. Facciamogli trovare un lupo spaziale pronto. Ma dovrà pur percorrere il tragitto dalla cabina all'hangar. È solo, e deve tenere sotto tiro due persone, anche se una è una bambina. Disponi degli uomini dalla mira infallibile lungo il tragitto, ben nascosti. Il primo che individua un punto debole, lo sfrutti. Senza ucciderlo, possibilmente. Io stesso mi nasconderò nell'hangar, se per qualunque motivo nessuno riuscisse a fermarlo prima.”
“ È … pericoloso. Tamara, o Frida, potrebbero restare colpite...”
“Lo so benissimo, credi che non ci abbia pensato? Se avessi un'idea migliore, la metterei in pratica, no? Magari non sarà nemmeno necessario arrivare a questo... Sbrigati, non abbiamo molto tempo. Galaad è sempre più nervoso, ho paura che commetta qualche sciocchezza!...Un'ultima cosa... come sta Mayu?”
“Si è un po' calmata...”
Harlock avrebbe voluto andare da lei a tranquillizzarla, ma bisognava agire in fretta.
“Dille di non preoccuparsi, andrà tutto bene.”
Avrebbe tanto desiderato crederlo anche lui...

Si rivolse all'amico di sempre.
“Amico mio... se tu potessi fare qualcosa... se tu riuscissi in qualche modo a distrarlo, noi potremmo intervenire con più facilità...”
Il computer emise una serie di suoni e di luci. Harlock si sentì rinfrancato. Tochiro aveva sempre avuto il potere di rassicurarlo.
Poi si diresse rapidamente verso la cabina di Frida. Forse la ex regina avrebbe saputo spiegargli perché Galaad avesse un conto personale aperto con lei.
Spalancò la porta senza bussare. Non era il momento di usare certe attenzioni. Avrebbe dovuto spiegare anche a lei la situazione disperata in cui si trovavano.
Frida era sdraiata sul letto e si alzò di scatto, spaventata.
“Scusa se non ho bussato. Devi venire con me. Mi serve il tuo aiuto.”
Frida si apprestò a seguirlo.
“Ho sentito un allarme, poco fa. Siamo in pericolo?”
Mentre percorrevano a ritroso i corridoi dell'Arcadia, Harlock le illustrò in due parole cosa stava accadendo nella sua cabina.
“Non intendo consegnarti a lui, sia chiaro. Voglio prendere tempo. Galaad sostiene che sta agendo di sua iniziativa. Hai idea del perché ce l'abbia personalmente con te?”
“No, non lo so. In questi anni i nostri rapporti sono sempre stati buoni...”
Un pensiero lo colpì all'improvviso.
È lui che l'ha vista uccidere Raflesia... e ha giurato di vendicarla!
Decise di non dire nulla, per il momento.
“Parlagli... cerca di capire che cosa vuole farti... intanto io organizzerò i miei uomini.”
“Ecco, Galaad, qui fuori c'è Frida. Vuole parlarti...”
“Io no. Apro la porta. Mandala dentro.”
“No, se prima non liberi Meeme e i bambini. Tutti e tre.”
“Ti ho detto che Tamara verrà con me. È la mia garanzia che mi starete lontani.”
Harlock strinse i pugni. Si sentì sopraffare dalla rabbia. Stava per aprire bocca, ma Frida lo prevenne.
“Farò come dici. Ma non è necessario che porti via la bambina. Puoi stare tranquillo, Harlock non cercherà di fermarti, anche senza di lei. Basterò io a proteggerti.”
Il capitano la guardò, come se fosse un'altra persona. Si stava sacrificando per salvare Tamara.
La risata stridula di Galaad lo distolse da quella riflessione. Era chiaro che il giovane stava perdendo il controllo. E non c'è niente di più pericoloso di un criminale dilettante!
“E perché dovrebbe avere tanti riguardi per te, dopo quello che gli hai fatto?”
“Perché finora li ha avuti. Avrebbe potuto rimandarmi su Panahon in qualsiasi momento, ma non l'ha fatto... avrebbe potuto farsi giustizia da sé, ma non l'ha fatto...”
“Certo, aveva bisogno di te! Ma chi ti dice che poi non avrebbe pareggiato i conti?”
Frida strinse le labbra. Non voleva rivelare quello che lei pensava fosse ancora un segreto.
“Ci sono cose che tu non sai. Ma ti posso assicurare che andrà così. Apri la porta, ti prego, e fai uscire tutti. Non farò scherzi. Non metterei mai a repentaglio l'incolumità di Tamara, lo sai!”
“Forse non vi è chiara la situazione. Qua sono IO che detto le condizioni. Voi dovete solo fare quello che IO dico! O forse devo darvi una dimostrazione che sto facendo sul serio? Magari cominciando dalla tua preziosa amica, cosa ne dici, eh, Harlock?”
Harlock ormai era sul punto di esplodere. Giurò a se stesso che, quando tutto fosse finito, avrebbe inseguito Galaad fino ai confini dell'universo e lo avrebbe fatto a pezzi senza pietà.
Frida gli pose le mani sulle spalle e lo fissò intensamente. Uno sguardo indecifrabile, ma in cui a lui parve di leggere quasi una richiesta di perdono. Ma forse, pensò, se lo stava solo immaginando.
“Assecondiamolo - gli sussurrò - Stai tranquillo, andrà tutto bene, non gli permetterò mai di fare del male a Tamara.”
“Ma tu...”
“Io me la caverò.”
Poi la donna si voltò verso la porta.
“Non ci lasci scelta, Galaad. Apri, sto per entrare. Tu mantieni la parola.”
L'uscio si scostò lentamente e, attraverso il piccolo spiraglio, uscì Tristan, che corse subito verso il padre. Attraverso quello stesso spiraglio Frida scivolò all'interno della cabina. Infine comparve Meeme con in braccio Selene. Harlock si sincerò delle condizioni dei tre ostaggi, che, a parte un grande spavento, non avevano riportato altri danni. Gli si strinse il cuore pensando a cosa doveva aver provato Tamara a non potere seguire i fratelli. Si sentì un po' sollevato solo all'idea che la presenza di Frida l'avrebbe rassicurata.
Ora veniva la parte più difficile. Meeme si allontanò subito con i due bambini e Harlock parlò con Galaad.
“La strada è libera. Ora me ne vado anch'io. La navetta è già pronta. Il percorso fino all'hangar lo sai, immagino.”
Quel disgraziato doveva aver avuto tutto il tempo di studiarselo con agio, nei giorni precedenti, pensò con rabbia.
“Sì. Ti avverto un'ultima volta, Harlock. Niente scherzi, o non rivedrai più tua figlia!”
“Anche tu stai attento a quello che fai. Se le torci un solo capello, non avrai pace per il resto dei tuoi giorni!” lo minacciò con voce cupa. Poi si allontanò e si mise in contatto con Tadashi.
“Gli uomini sono in posizione, capitano” lo informò il giovane.
“Bene. Sapete quello che dovete fare. Io vado all'hangar. Prepariamoci anche a un'eventuale azione da parte del computer centrale.”
Prima di raggiungere l'hangar attraverso un percorso alternativo, Harlock si nascose per spiare le prossime mosse del sequestratore. Attese alcuni minuti, poi vide la porta aprirsi lentamente e i tre occupanti uscire. Si rese conto con disappunto che Galaad non era affatto uno sprovveduto. Si era caricato Tamara sulle spalle e teneva invece Frida davanti a sé, con la pistola puntata alla schiena. Così diventava praticamente impossibile tentare di colpirlo da qualunque angolazione, senza mettere a rischio l'incolumità degli ostaggi.
Harlock ebbe un moto di stizza. Ma arrabbiarsi non gli sarebbe servito a niente. Notò che Tamara non piangeva... forse pensa che sia un gioco... Avvertì Tadashi della situazione e corse verso l'hangar, che raggiunse rapidamente attraverso corridoi secondari e ascensori di solito adibiti al trasporto di merci.
Il lupo spaziale era lì nel centro, in bella vista, pronto a decollo. Harlock per un attimo considerò l'ipotesi di nascondersi a bordo e di sorprendere Galaad alle spalle. Ma era troppo rischioso, se fosse scoppiata una sparatoria o una colluttazione, con Tamara e Frida là sopra. Si acquattò allora dietro un gruppo di macchinari adibiti alla riparazione dei mezzi, da cui poteva avere una buona visuale, impugnando saldamente la cosmo-gun. Si accorse di essere sudato e di avere i battiti del cuore accelerati. Sapeva di essere un tiratore infallibile. Ma in quel caso il suo coinvolgimento emotivo avrebbe potuto giocargli un brutto scherzo. Non poteva permetterselo.
La voce di Tadashi alla ricetrasmittente lo distolse dai suoi pensieri.
“Capitano... non ce l'abbiamo fatta. Era troppo pericoloso...”
“Lo immaginavo. Quel verme è più astuto di quanto pensassi. In che punto si trova ora?”
“Sarà lì tra pochi minuti...”
“Seguitelo a distanza finché non è entrato nell'hangar, in modo da precludergli ogni via di fuga. Al resto penso io.” E Tochiro.
Serrò ancora più strettamente le dita intorno alla pistola laser e chiuse un istante l'occhio per concentrarsi. In quel momento sentì dei passi avvicinarsi.

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Capitolo 30
*** Riscatto ***


 

Galaad entrò guardingo nell'hangar. Scrutò ogni angolo dell'ambiente. Nonostante la scarsa illuminazione, l'esame parve tranquillizzarlo. Si diresse spedito alla navetta. Harlock dedicò un pensiero grato a Yattaran, che aveva lasciato chiuso il tettuccio. Per aprirlo e farvi salire gli ostaggi, Galaad doveva per forza mettere a terra Tamara e allentare la sorveglianza anche su Frida. Cosa che in effetti avvenne. Disse qualcosa alla donna con fare minaccioso. Ma probabilmente ormai si sentiva al sicuro.
Era il momento che attendeva. Harlock si preparò a balzar fuori, ma nello stesso tempo si aggrappò saldamente al macchinario dietro cui era nascosto. In quel preciso istante, l'Arcadia oscillò in modo improvviso e violento, facendo perdere l'equilibrio a Galaad e a Frida. La quale però approfittò subito della situazione per prendere in braccio Tamara e correre in cerca di un riparo, proprio nel momento in cui Harlock usciva dal suo nascondiglio puntando la cosmo-gun addosso all'aggressore. Credendo Frida e la bambina ormai fuori tiro, gli diede un'ultima possibilità
“Arrenditi, Galaad! È finita! Te l'avevo detto che non avevi scampo!”
“Mai!” gridò il giovane furente.
Con un gesto repentino, e con sommo orrore di Harlock, fece fuoco non contro di lui, ma nella direzione in cui era scappata Frida.
A quel punto, il capitano non ebbe scelta e gli sparò. Accecato dall'ira e dalla paura, non pensò a renderlo semplicemente inoffensivo. Si fermò solo quando lo vide crollare, coperto di sangue.
Poi si slanciò terrorizzato verso Tamara e Frida. Non riusciva a vederle dal punto in cui si trovava al momento dello sparo, e non aveva sentito il gemito di dolore, coperto dal rumore dei colpi.
Le trovò dietro un mucchio di casse. Tamara piangeva, seduta per terra, chiamando “mamma” tra i singhiozzi. Ad Harlock si bloccò il respiro, quando vide i suoi abiti macchiati di rosso. Ma si rese presto conto che per fortuna era incolume.
“Coraggio, piccola, è tutto finito” cercò di rincuorarla, ma senza prenderla in braccio. Doveva occuparsi di Frida, che era poco distante, supina sul freddo pavimento metallico, con una chiazza di sangue che le si allargava sul petto.
Sangue rosso. Come quello di Raflesia. Come il suo.
Harlock le si inginocchiò accanto e cercò di capire la gravità della situazione. Comprese che uno dei colpi sparati da Galaad l'aveva raggiunta alla schiena, e che lei aveva avuto la forza di appoggiare la bambina a terra, prima di accasciarsi. Intanto i suoi uomini avevano fatto irruzione nell'hangar.
“Chiamate il dottore e portate due barelle. Subito. Ci sono due feriti gravi” ordinò con voce che si sforzava di essere ferma.
Tornò a guardare Frida, che respirava sempre più affannosamente. Le posò una mano sulla fronte pallida e sudata.
“Non ti agitare - disse dolcemente - Sta arrivando il medico di bordo. È bravissimo, ti rimetterà in piedi in pochi giorni...”
La ragazza scosse la testa.
“No. Lascia perdere, è finita. Tutti quelli che... sapevano... hanno pagato con la vita... Ma ti devo dire una cosa, prima...”
“No. Non fare sforzi, devi resistere...”
Ma Frida proseguì, parlando sempre più a fatica.
“Nella mia stanza troverai un foglio. Ha la mia firma e il mio sigillo, quindi ha tutto il valore di un documento ufficiale. C'è scritto che Mayu è la mia erede. Come nipote di Raflesia, ha diritto a sedere sul trono di Mazone, quindi di Panahon. Così come Tamara. Se vorrete, potrete portare avanti la nostra dinastia...lei... Raflesia avrebbe voluto questo, ne sono sicura... ”
Harlock sentì una mano leggera posarsi sulla sua spalla. Era Mayu. Tamara tra le sue braccia si era un po' calmata. Frida le vide e sorrise.
“Abbiate cura di lei... È l'unica persona a cui ho voluto sinceramente bene, per me era davvero come una figlia. Anche se non era previsto... E perdonatemi, se potete...”
Prima che Harlock, con l'occhio completamente offuscato dalle lacrime, potesse replicare, arrivò il dottor Zero e lo scostò per esaminare la ferita. Dalla sua espressione il capitano comprese che le speranze erano davvero poche, ma il medico applicò comunque una fasciatura, poi fece issare la donna su una barella con la maschera dell'ossigeno e la fece trasportare di corsa in infermeria.
Harlock era sconvolto. Tamara era salva. Ma a che prezzo... Aveva fatto di tutto per risparmiarle dei traumi, e invece era stata sequestrata, minacciata e aveva dovuto assistere al ferimento della donna che l'aveva allevata...
Mayu, che si era messa un po' in disparte per agevolare i soccorsi, gli si avvicinò titubante, sempre con la bambina aggrappata al collo.
Harlock le strinse entrambe in un abbraccio, sollevato e disperato al tempo stesso.
“Mi dispiace” gli sussurrò la ragazza.
“Lei... si è sacrificata per salvare Tamara...”
“L'avevo intuito.”
“Era ferita alla schiena... deve aver protetto la bambina con il suo corpo...”
Mayu lo strinse più forte.
“Non avrei mai voluto che succedesse questo...”
“Lo so.”
Ridiventò di colpo di ghiaccio. Non era il momento di cedere ai sentimentalismi. E poi Frida era ancora viva. Doveva vivere!
“Andiamo a vedere come sta.”
Prima di uscire dall'hangar, Harlock gettò un'occhiata al punto in cui era caduto Galaad. Non c'era più.
“Lui dov'è?” chiese a uno degli uomini.
“L'hanno portato in infermeria. Come hai ordinato tu...”
Sì, in effetti lui aveva parlato di due feriti. Ma era convinto che in realtà Galaad non fosse sopravvissuto.
Mentre percorrevano i corridoi verso l'infermeria, Harlock si rese conto di desiderare con tutte le sue forze che Frida si salvasse. Il suo gesto l'aveva riscattata, aveva cancellato le sue colpe. Anche Mayu l'aveva perdonata. L'avrebbero tenuta con loro, come aveva detto Meeme, avrebbero ricominciato tutto da capo, con il tempo sarebbero diventati una famiglia...
E, in fondo, sperava che anche Galaad non morisse. Si era lasciato trasportare dalla rabbia e dal terrore che potesse fare ancora del male ai suoi cari. Ma lui non era un giustiziere. Non aveva mai voluto diventarlo, e non era il caso di cominciare ora.
In infermeria, però, lo attendeva una cocente delusione.

Arrivarono in tempo per vedere il dottor Zero fissare sconsolato il volto esangue di Frida, scuotendo la testa, prima di coprirlo con un lenzuolo.
Mayu prese la mano di Harlock, che aveva appoggiato la fronte sul vetro, con il cuore attraversato da una lama d'acciaio rovente. Si fece forza ed entrò.
“Mi dispiace, capitano. Non ce l'ha fatta... Non so nemmeno come abbia potuto resistere fino adesso, con la ferita che aveva! Ho fatto tutto quello che potevo...”
Harlock gli batté una mano sulla spalla.
“Lo so, dottore...”
Alzò il lenzuolo per guardare un'ultima volta da vicino il viso della ragazza, che ora sembrava aver perso la dura fierezza dei lineamenti e appariva più disteso. Come se finalmente avesse trovato pace. Non riusciva a liberarsi del senso di colpa... se avesse agito diversamente, forse non sarebbe accaduto quello che era accaduto...
“Ha detto qualcosa?”
“No, non ha più ripreso conoscenza.”
“E l'altro ferito?”
“Non credo ne avrà per molto nemmeno lui... È di là.”
Il capitano seguì il medico nella stanzetta adiacente.
Galaad era coperto di fasciature e attaccato a una serie di macchinari. Sembrava ancora più giovane di quello che già era. Zero controllò alcuni valori sui monitor con aria scettica. Dall'occhiata che gli lanciò, Harlock capì che solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo.
Stava per andarsene, quando si sentì chiamare da una voce stentata.
Gli si avvicinò, in preda al rimorso e al senso di impotenza. Era pentito di averlo ferito in modo così grave, invece di averlo semplicemente disarmato, ma nello stesso tempo di non aver agito subito, perché così forse Frida sarebbe stata ancora viva.
“Galaad... perché?”
“Tamara?”
“Sta bene. Non grazie a te. Frida l'ha protetta con il suo corpo quando TU hai sparato contro di loro... ed è morta per questo!”
Una smorfia si dipinse su quel volto cereo.
La rabbia rischiò ancora di prendere il sopravvento nell'animo di Harlock, già destabilizzato dagli ultimi avvenimenti.
“Non avrei mai fatto del male alla bambina...”
“Ora però mi devi dire che senso ha avuto tutto questo. Perché tanto odio?”
“Frida uccise Raflesia sotto i miei occhi... e l'uomo che fu accusato di quell'omicidio e condannato a morte... era mio fratello!”
Harlock spalancò l'occhio. Ora si spiegavano molte cose!
“Sì, anche lui lavorava a palazzo. Faceva il giardiniere, e poiché l'assassinio è avvenuto in giardino... era il colpevole perfetto. E io... io sono stato zitto! Ero l'unico in grado di salvarlo, e non l'ho fatto! Ho avuto troppa paura! Non me lo sono mai perdonato... così ho giurato che alla prima occasione l'avrei vendicato. Frida ha avuto solo quello che si meritava! E anche io...”
Parlare così a lungo gli era costata troppa fatica e le ultime parole furono soffocate da un accesso di tosse.
“Anche tu mi devi dire una cosa... - riprese il ferito, con voce sempre più flebile - Perché invece tu non riuscivi a odiarla, dopo tutto quello che ti aveva fatto? Perché tenevi così tanto a lei?”
Tanto valeva dirgli la verità. Per quello che serviva, ormai...
“Non avrei mai fatto abbattere quella navetta... perché anche Frida è... era... mia figlia.”
Un'esclamazione di sorpresa fu bloccata da un altro attacco di tosse, a cui seguì un violento sbocco di sangue. Poi Galaad si abbandonò sui guanciali.
Harlock chiamò a gran voce il dottore, che accorse subito, ma anche in quel caso non poté fare altro che accertarne la morte.
Il capitano lasciò la stanza in preda a una specie di vertigine.
Ora capiva.
Galaad non odiava soltanto Frida.
In tutti quegli anni aveva odiato innanzitutto se stesso. Aveva detestato la sua vigliaccheria, tormentato dal senso di colpa. Non si poteva escludere che, quando aveva messo in atto il suo folle piano, sapesse benissimo come sarebbe andata a finire. Che quella morte se la fosse cercata. Per espiare. Per mettere fine al suo tormento, a una lunga spirale di dolore e vendetta. E c'era riuscito. Aveva vendicato Raflesia e suo fratello, e poi aveva cercato la sua punizione. E lui, Harlock, ne era stato l'inconsapevole strumento.

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Capitolo 31
*** Dimenticare ***


 

Harlock non aveva più niente da fare in infermeria. Ma si sentiva disorientato, non sapeva dove andare.
La voce del dottore lo riportò alla realtà.
“Che cosa facciamo... con loro?”
Già, che cosa facciamo? Li portiamo su Panahon? Li abbandoniamo nello spazio?
“Non lo so... non ci ho ancora pensato... anzi, no - decise all'improvviso - Li portiamo su Panahon.”
Era giusto che Frida riposasse accanto a sua madre e Galaad accanto a suo fratello.
La morte cancella ogni cosa... “Oltre il rogo non vive ira nemica....” aveva letto una volta in un antico libro di poesie.1
La curiosità di sapere che cosa stesse realmente accadendo sul pianeta, poi, non lo aveva abbandonato. E infine c'era il “testamento” di Frida... un pensiero che lo turbava, suo malgrado.
Passò nella cabina di Meeme per assicurarsi che si fosse ripresa dalla brutta esperienza. La trovò profondamente abbattuta.
“Oh, Harlock, sono desolata per quanto è successo! Ma quando Galaad si è presentato, non ho avuto motivo di sospettare...”
“Non dirlo nemmeno, Meeme. Non potevi prevedere che cosa avesse in mente. Nessuno poteva saperlo! Sono io che non avrei dovuto fidarmi!”
L'aliena gli accarezzò una guancia.
“È che tu sei un uomo buono e leale, e sei portato a pensare che anche gli altri lo siano... Mayu mi ha detto di Frida... mi dispiace tanto!”
“Grazie, Meeme. Non pensavo che sarebbe finita così, e che mi avrebbe addolorato così profondamente. Ho sbagliato tutto... fin dall'inizio.”
La donna scosse la testa.
“I bambini sono salvi. È questo che conta.”
“Vado da loro. Devono essersi spaventati molto. Cerca di riposare anche tu.”

Harlock raggiunse la sua cabina. Mayu era seduta davanti alla vetrata, ma quando lo sentì entrare gli corse incontro e lo abbracciò. Rimasero così, in silenzio, per alcuni secondi.
“I bambini?” chiese lui.
“Dormono. Hanno mangiato qualcosa, poi il dottore mi ha dato un lieve calmante per farli riposare. In realtà, Selene era tranquilla, non ha capito molto di quello che è successo, per fortuna. Tristan tutto sommato l'ha presa quasi come un'avventura, si sente già un piccolo eroe... la più provata naturalmente è Tamara... non sarà facile per lei.”
“Abbiamo fatto di tutto per proteggerla... inutilmente!”
Harlock si affacciò sulla soglia della cameretta. Sorrise, vedendo che i due gemelli dormivano abbracciati nello stesso lettino. Sembravano sereni.
Anche Selene era placidamente addormentata, con un dito in bocca, come suo solito.
Mayu lo distolse da quella contemplazione, che gli rasserenava l'animo.
“Vieni, siediti e mangia qualcosa anche tu, sarai esausto.”
“Non ho molto appetito. Preferirei bere qualcosa di forte.”
Mentre sorseggiavano il cognac, Harlock le raccontò di Galaad e le disse della sua decisione di tornare su Panahon, per restituire quei morti alla loro patria.
“Chiederò il permesso a Humboldt, naturalmente. Non credo avrà nulla in contrario. La famiglia di Galaad potrà piangerlo, e Frida... beh, Frida non costituisce più una minaccia per loro” aggiunse con amarezza.
Già, chi avrebbe pianto la ex regina? Non era forse meglio invece portarla da qualche altra parte, su Tortuga, magari, dove almeno loro avrebbero potuto farle visita, ogni tanto? Sì, forse avrebbe fatto così...
“Racconterai loro tutta la verità?”
“No, non tutta. Non è necessario che sappiano chi era Frida in realtà, quale legame avesse con noi...”
Perché è meglio che non sappiano chi sei tu, in realtà.
Ma per il momento decise di non toccare l'argomento.
“Che cosa diremo a Tamara della sorte di Frida? Forse una mezza verità...”
“Lo sai che non mi piace mentire, neppure ai bambini... non l'ho mai fatto, nemmeno con te. Ti ho detto che cosa aveva fatto tua madre, anche se sapevo che per te sarebbe stato doloroso.”
“Ma ero più grande! Lei... è così piccina ancora! Possiamo dirle che abbiamo portato Frida su un altro pianeta per curarla... con il tempo il suo ricordo sbiadirà e un giorno potremo rivelarle come sono andate davvero le cose.”
Harlock si sentì piombare addosso un'improvvisa, immensa stanchezza. Del corpo, ma soprattutto dell'anima.
“Dobbiamo cercare di riposare anche noi adesso. È stata una brutta giornata... Domani prenderemo tutte le decisioni...”
Mayu annuì, accarezzandogli il volto e i capelli.
“Hai ragione. Ti preparo un bagno caldo. Ti aiuterà a rilassarti.”
Grato, lui le rivolse un sorriso triste. Ma tutto quello che desiderava, in quel momento, era soltanto dimenticare. Dimenticare l'odore del sangue. Dimenticare la sua rabbia e il suo rimorso. Dimenticare il dolore, sordo e quasi inspiegabile, per la morte di quella figlia sconosciuta, trovata in circostanze drammatiche e persa troppo presto. Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordarla come la gelida e altera regina, con il suo carico di misfatti, ma solo come la donna che si era sacrificata per salvare la sua bambina. Continuava a rivedere il suo sguardo e il suo ultimo sorriso rivolti a Tamara.
Quei pensieri lo tormentarono per tutta la notte.

Il giorno dopo Harlock, nonostante la pessima nottata, sentì di aver recuperato almeno in parte la sua lucidità. Chiese a Yattaran di metterlo in contatto con Humboldt. Avrebbe dovuto confessargli di avergli mentito, quando lui gli aveva chiesto di Galaad, mentre il giovane era già a bordo. Voleva anche rivelargli quanto gli aveva raccontato il ragazzo sulla situazione a Panahon. Poi, aveva deciso di portare Frida su Tortuga, invece che in un posto dove la maggior parte della popolazione non ne avrebbe onorato la memoria. Era consapevole che con tutta probabilità Humboldt non si sarebbe più fidato della sua parola e avrebbe voluto accertarsi che effettivamente le ex regina non fosse più in grado di nuocere alla loro preziosa democrazia. Era disposto a concederglielo. Che salisse pure a bordo, purché quella storia finisse una volta per tutte.
Humboldt, in effetti, non fu troppo contento di scoprire che Harlock gli aveva tenuta nascosta la presenza di Galaad sull'Arcadia, anche se ne comprendeva le ragioni. Fu molto dispiaciuto, naturalmente, nell'apprendere la sua tragica fine. Si mostrò anche addolorato, per la verità, per la morte di Frida. Harlock ne fu meravigliato.
“So che stenterà a crederlo, capitano, ma era nostra intenzione processare la ex regina per i suoi crimini, non giustiziarla. Non vogliamo diventare come lei.”
“Sapevate che l'uomo condannato per l'assassinio di Raflesia era fratello di Galaad? Non era un particolare secondario...”
“Lo sapevamo solo io e pochi altri. Lui si macerava nei sensi di colpa, com'è comprensibile. Ma ci pensi, capitano: come le disse lui stesso durante il nostro primo incontro, all'epoca aveva solo 16 anni, era un semplice valletto... come avrebbe potuto accusare una principessa, senza altre prove? Nessuno gli avrebbe creduto. Anzi, in quanto fratello dell'accusato, rischiava di essere coinvolto anche lui, come complice. Gliel'ho detto tante volte, e pensavo di averlo convinto. Ma purtroppo non è servito a nulla...”
“Desidero, se voi siete d'accordo, riportarlo su Panahon. Avrà qualcuno della famiglia, immagino...”
“No, non mi risulta avesse più parenti in vita. Ma non tema, ci occuperemo noi di lui in modo adeguato.”
Harlock si schiarì la voce, per fare la richiesta più difficile, soprattutto da giustificare.
“Le chiedo invece l'autorizzazione a portare Frida su un altro pianeta, dove non sia ricordata solo come l'assassina di Raflesia... Mi occuperei io di tutto. Potrei farlo comunque, ma preferisco avere il vostro benestare...”
“Per quale motivo tanta attenzione da parte sua, capitano?”
Lui si aspettava questa domanda e si era preparato.
“Perché è morta per salvare mia figlia. E prima ancora ha comunque salvato mia moglie e l'altro gemello. Per quanto mi riguarda, ha ampiamente saldato il suo debito.”
“Capisco... dovrò sottoporre la questione al governo, naturalmente, ma perorerò la sua richiesta. Sarò in grado di darle una risposta per quando arriverà qui. Credo che convenga anche a noi non avere qui nulla che la ricordi... sa, qualche nostalgico dell'antico regime potrebbe farne un simbolo...”
“Se siamo tutti d'accordo... meglio così. Ci faremo sentire quando saremo in prossimità di Panahon.”
Harlock chiuse la comunicazione, tornò in sala comando e diede le disposizioni al suo equipaggio di fare rotta su Panahon. C'era un'atmosfera pesante. La notizia di chi fosse Frida in realtà aveva sconvolto tutti. Gli occhi dei presenti gli comunicarono il loro cordoglio, ma solo Yuki gli si avvicinò e glielo disse a voce.
C'era un'altra cosa da fare. Andò nella cabina occupata da Frida, tentando di scacciare dalla mente tutti i ricordi che evocava, e cercò quel documento. Lo trovò facilmente, riposto in un cassetto del tavolino. C'era scritto esattamente quello che gli aveva detto lei. Lesse e rilesse quelle parole. Sapeva che avrebbe dovuto parlarne con Mayu, visto che la cosa la riguardava da vicino. Ma per il momento lo portò nel suo studio e lo mise sotto chiave. Non ora, si disse, dobbiamo occuparci dei bambini, aiutarli a superare il trauma. Ma dentro di sé sapeva benissimo che il vero motivo era un altro.

 

 

 

 

 

 

1 Vincenzo Monti, “In morte di Ugo Bass-Ville”, 1793. Questo verso è anche inciso sulla tomba del generale austriaco Johan Nugent , che morì combattendo contro i bresciani durante le Dieci giornate e fu sepolto, per suo volere, nel cimitero monumentale della città. Grazie alla mia mamma, bresciana, che mi ha raccontato questa storia da piccola!

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Capitolo 32
*** Non ancora ***


 

Non fu facile rispondere alle domande dei gemelli sull'accaduto, soprattutto a quelle di Tamara, che continuava a chiedere dove fosse la mamma e perché Galaad fosse stato così cattivo con loro. Alla fine Harlock e Mayu si erano decisi a dirle che avevano accompagnato Frida in un posto lontano dove l'avrebbero curata e che Galaad, visto che si era comportato male, era stato cacciato via e non l'avrebbero più rivisto. Quei tragici fatti avevano vanificato in gran parte i progressi raggiunti con la bambina nelle ultime settimane, ma a Mayu, per quanto addolorata, non importava. Voleva solo che Tamara si riprendesse presto. Per tutto il resto, avrebbero avuto molto tempo, ora...

Su Panahon, insieme alla capsula con il corpo di Galaad, scesero solo Harlock e Tadashi. La loro navetta fu fatta atterrare in un piccolo astroporto militare nei pressi della capitale. Ad attenderli, Humboldt, Atalanta e altre due persone che loro non conoscevano e che Humboldt presentò come due esponenti del neoeletto governo. Dopo i convenevoli, la capsula fu caricata su un veicolo e portata via. Poi Humboldt indicò una vettura e invitò Harlock e il suo accompagnatore a salirvi.
“Vorrei mostrarvi le novità - spiegò - e rassicurarvi sul fatto che non vi è nessuna dittatura di alcun genere...”
Il capitano accettò. In fondo, era anche per quello che era andato fin lì.
Durante il tragitto fino alla città, regnò un certo imbarazzo. Harlock era cosciente che avrebbero dovuto fidarsi gli uni degli altri: lui non poteva esibire nessuna prova a Humboldt che i fatti sull'Arcadia si fossero svolti esattamente così. E allo stesso modo lui avrebbe dovuto credere a quanto Humboldt gli avrebbe mostrato. Aveva scarse possibilità, in così poco tempo, di scoprire come stessero davvero le cose. Avrebbe dovuto affidarsi quasi esclusivamente al proprio istinto.
In città in effetti appariva tutto tranquillo, così come gli era apparso la prima volta. Non c'erano militari in giro. Giunsero fino al palazzo reale, su cui ora sventolava una bandiera diversa, in cui - gli parve - si fondevano il simbolo di Mazone con un altro che non conosceva, forse quello del popolo originario di Panahon. Scesero ed entrarono.
“È diventata la sede del nuovo governo - spiegò Atalanta, mentre percorrevano alcuni corridoi - È talmente grande che hanno trovato posto tutti i funzionari, i ministeri, gli uffici... Qui si svolgono anche le sedute del parlamento, che sono pubbliche.”
Harlock si sentiva strano. Ricordava quando aveva percorso quelle stanze la prima volta, oltre tre anni prima, oppresso dall'angoscia e ignaro di tutto. All'oscuro di chi fosse davvero la donna che stava per incontrare... mentre lei già lo sapeva, chi era lui. Se glielo avesse detto subito...
Si affacciarono in una stanza, dove alcune persone stavano discutendo intorno a un tavolo.
“La commissione per la stesura della nuova costituzione” disse uno dei rappresentanti del governo. Si fece dare alcuni fogli e li porse ad Harlock.
“È solo una bozza, ma se vuole può tenerla...”
Giunsero infine all'ufficio di Humboldt, nel settore occupato dal ministero della difesa.
“Speriamo, capitano, che quanto ha visto l'abbia rassicurato. Stiamo facendo del nostro meglio, pur fra molte difficoltà...”
“Sì, vi ringrazio per avermi permesso di verificarlo di persona. Non eravate tenuti a farlo. Quanto a me... - tirò fuori un foglio dalla tasca - Questo è il certificato di morte di Frida, redatto dal mio medico di bordo. Mi rendo conto che ai vostri occhi abbia poco valore, quindi se volete salire sulla mia astronave a controllare, io non ho nulla in contrario...”
Humboldt e gli altri tre si scambiarono un'occhiata.
“No, capitano, non è necessario. Ci fidiamo di lei e sappiamo che Frida non comparirà mai più a Panahon. E questa - a sua volta porse un documento ad Harlock - è l'autorizzazione a portare le sue spoglie dove voi riterrete opportuno.”
A questo punto, non restava più nulla da dire o da fare lì, e il capitano chiese congedo. La vettura che li aveva condotti lì riportò lui e Tadashi all'astroporto. Humboldt e Atalanta li accompagnarono.
“È inutile che ribadisca quando mi dispiace quello che ho fatto a Galaad, ma non ho avuto scelta...”
“Lo sappiamo, capitano. Purtroppo spesso le cose non vanno come speriamo. Sarete sempre i benvenuti su Panahon, se un giorno vorrete tornare...”
Si scambiarono le ultime strette di mano, poi la navetta decollò per fare ritorno sull'Arcadia.
Harlock meditava sulle parole di Humboldt. Implicitamente, gli aveva detta che, se anche Frida non fosse morta davvero, per loro era come se lo fosse, e non l'avrebbero più cercata. Lui, in un certo senso, sarebbe stato il garante che la ex regina non avrebbe più rivendicato nulla. Magari fosse davvero così...pensò con amarezza.
Pensò anche al documento chiuso nel suo studio. Se sapessero...
Lasciata l'orbita di Panahon, fecero rotta su Tortuga. Harlock decise che si sarebbero fermati lì per un po'. Avevano tutti bisogno di dimenticare quella brutta storia. Provvide anche a chiedere a Jack di comunicargli cosa avrebbero dovuto fare, una volta atterrati, per sistemare Frida. Non è certo così, che volevo accompagnarti su Tortuga!

Era venuto il momento di rivelare a Mayu il contenuto del “testamento” di Frida.
Glielo mostrò una sera, rimasti soli, spiando con un'inquietudine inspiegabile le sue espressioni man mano che gli occhi della ragazza scorrevano sul foglio, sempre più spalancati per la sorpresa. Finito di leggere, lo fissò con aria smarrita, senza parlare.
Fu lui, allora, a rompere il silenzio e a dirle quanto aveva meditato in quei pochi giorni.
“Potrebbe essere un'idea... Potremmo stabilirci su Panahon.”
“Cosa? Ma che stai dicendo? Perché? Per fare che cosa?”
“Pensaci, Mayu. Non siamo più solo noi due, abbiamo delle responsabilità diverse ora. O credi di poter vagare con i tuoi figli per sempre da un confine all'altro dell'universo, senza una meta?”
“Perché no?”
“Panahon è un bel posto. È simile alla Terra, e abbiamo anche degli amici adesso, lì. Potrebbe essere lui, il nostro pianeta ideale, quello che un tempo cercavamo tuo padre ed io.”
“Era un'altra vita, Harlock. E poi, se scoprissero chi sono veramente? Se qualcuno mettesse le mani su questo documento? Un'aspirante al trono! Proprio ora che hanno deciso di cambiare, di voltare pagina! Non credo che sarebbero più così tanto ben disposti verso di noi!”
“Eppure tu saresti un'ottima regina! Sei buona, intelligente e saggia... potresti essere molto utile anche a loro.”
Mayu scosse la testa.
“Loro non la vogliono, un'altra regina! Ma ti sembra un discorso sensato? Io non sono stata educata per questo, non ho nessuna esperienza... E poi io non la voglio fare! Non è la mia vita! E tu? Che cosa diventeresti? Che cosa faresti? E l'Arcadia? E il tuo equipaggio? È un'assurdità, te ne rendi conto?”
“Ma i bambini... potrebbero avere una vita normale, andare a scuola, farsi degli amici...”
“Loro devono essere liberi. Come noi.”
Mayu avvicinò con decisione il foglio al candelabro sul tavolo. Harlock fece per fermarla, ma le fiamme in breve divorarono l'ultima testimonianza rimasta del legame tra lei, Raflesia, Frida e Panahon.1
“Ecco, adesso è davvero tutto finito. Io non sono la nipote di Raflesia né la cugina di Frida. Non sono l'erede al trono. Sono la figlia di Tochiro ed Esmeralda. E tua moglie. E la madre dei nostri figli. E un membro dell'Arcadia. E mi basta. Non ho bisogno di altro per essere me stessa. Per essere felice.”
Lo abbracciò.
“Forse un giorno ci fermeremo da qualche parte. Quando troveremo davvero un posto da chiamare casa. Ma perché lo sentiremo nel cuore, non perché l'ha deciso qualcun altro.”
Harlock ricambiò l'abbraccio, pieno di gratitudine. L'avrebbe fatto per i suoi figli e per Mayu, se lei l'avesse voluto, ma la prospettiva di restare su Panahon, rinunciare all'Arcadia, alla sua libertà, alla sua bandiera... non lo allettava affatto. Era felice che Mayu la pensasse come lui, che fosse come lui.
Sì, forse un giorno ci fermeremo. Ma non ora. Non ancora.

 

 

                                                        THE END

 

 

 

Note finali

E così è finita anche questa avventura!

È il momento dei doverosi e sentiti ringraziamenti: a chi ha letto silenziosamente, a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate, a chi ha recensito qua e là, ma soprattutto a chi non mi ha mai fatto mancare i suoi commenti e le sue riflessioni, sempre puntuali e affettuosi. Un abbraccio speciale alle fedelissime (in rigoroso ordine alfabetico) Angelfire123, Danish, Divergente Trasversale, Innominetuo, Lovespace, Mamie e MiciaSissi.
Un grazie particolare va naturalmente a Danish, che - ripeto - mi ha ispirato questa storia con la sua “Principessa” e mi ha autorizzato a sfruttare la sua creazione.

Quanto alle recensioni... non ne avevo mai ricevute così tante! La cosa mi ha sorpreso e naturalmente reso felice (è inutile fare i falsi modesti!). Per me non sono una medaglia da esibire chissà dove e chissà con chi, ma soltanto il segno di aver creato qualcosa di piacevole... Per darvi un'idea: è come se vi avessi invitato a cena e vi avessi visto mangiare di gusto tutti i piatti che avevo preparato: nessun diploma da masterchef, ma la gioia di aver cucinato cose buone e averle condivise con gli amici!

 

Vi lascio con una fan art che mi ha gentilmente spedito Angelfire123, in cui si vede un Harlock maturo, ma sempre moooolto interessante! L'autore si chiama Alex Tuis (http://a.tuis.free.fr/shop.html).

 

 

Ancora grazie per avermi accompagnato in questo viaggio e... alle prossime storie (mie e soprattutto vostre!)

                                                                                    Lady Five

 

 

 

 

 

 

1Anche “La principessa” , cap. 10, si conclude con una scena simile. Così il cerchio si chiude.

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