Freia

di Eylis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Risveglio ***
Capitolo 3: *** Ricordi ***
Capitolo 4: *** Chii ***
Capitolo 5: *** Confessione ***
Capitolo 6: *** Gioia ***
Capitolo 7: *** Pace ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale di Chobits da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà delle mangaka CLAMP che ne detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Chobits, appartengono solo a me.

Credits: all’inizio di ogni capitolo c’è una frase in corsivo che richiama i sentimenti contenuti nel capitolo stesso. Queste frasi sono traduzioni letterali o quasi (a volte leggermente adattate unicamente per renderle più scorrevoli) del testo della canzone “The truth beneath the rose” dei Within Temptation

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Prologo




Quando il primo Chobits venne costruito il suo creatore inserì dentro questa macchina un programma. Ogni giorno trascorso in compagnia degli esseri umani avrebbe insegnato al pc, tramite un apprendimento autonomo ricavato dall’analisi delle situazioni, il significato delle parole “affetto” ed “amore”. Questo programma avrebbe permesso anche al pc di trovare una persona da considerare speciale. Una persona da amare. Questa fu la nascita di Freia.

Ma accadde qualcosa che il creatore non aveva previsto. Nel corso della sua esistenza Freia apprese ciò che era necessario conoscere sul mondo degli esseri umani. Imparò il significato dei sentimenti e, grazie al programma, iniziò a provarne lei stessa. Conobbe la felicità, nel vedersi amata dal creatore e sua moglie, persone che lei chiamava “papà” e “mamma” e che a loro volta la consideravano come loro figlia. Assaggiò il gusto dell’allegria e della scoperta, accompagnata mano nella mano dai genitori nella sua crescita, accumulando dati di ogni tipo nella sua memoria. E bevve dall’amaro calice del dolore. Nel corso del tempo il programma che le era stato installato la portò a cercare la persona solo per lei, quella persona speciale che avrebbe amato. Freia vide questa persona nel suo creatore, suo padre.

I pc in forma umana sono in grado di assumere le medesime espressioni che possono avere gli esseri umani. Sul volto di Freia iniziò a disegnarsi la malinconia, che sgorgava dai suoi occhi intrattenibile. Sua madre, Chitose Hibiya, allora Chitose Mihara, intuì il suo dolore ma non ne capì la fonte. Decise quindi con il marito, Ichiro Mihara, di creare un secondo Chobits: Erda. Con le medesime sembianze di Freia Erda assunse il ruolo di sua sorella. Le stava accanto, la rallegrava, distoglieva il suo pensiero dal padre. Ma quando Freia rimaneva sola quello spasimo sempre più profondo la assaliva nuovamente.

Consapevole di non poter esternare questo sentimento ma incapace di allontanarlo da sé Freia non riuscì più a sostenere il proprio dolore. La capacità del suo sistema non fu più in grado di supportare questo carico di emozioni e Freia decise di autodistruggersi. In breve tempo, nonostante i tentativi del creatore e di sua moglie di ripararlo, il pc iniziò il suo declino verso lo spegnimento ultimo. Ma prima che i suoi dati si cancellassero definitivamente riducendola ad un semplice insieme meccanico Erda intervenne. Non volendo che la sorella perdesse ogni ricordo di sé stessa e del suo cuore le chiese di inserire ogni dato dentro di sé, accettando in questo modo però di perdere la propria memoria ed il proprio carattere. Al contrario di Freia Erda non aveva ancora trovato la persona solo per lei, ritenne quindi di poter smarrire i propri dati per poter accogliere quelli, più importanti, della sorella.

I genitori non furono in grado di fermarle. Quando le trovarono, Erda aveva già assunto in sé l’esistenza stessa della sorella, che ormai giaceva priva di movimento. Prima di spegnersi a sua volta Erda chiese alla coppia di allontanarla da loro perché, una volta riaccesa, potesse trovare la persona speciale da amare senza correre il rischio di vedere a sua volta questa figura nel padre.

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Capitolo 2
*** Risveglio ***


1. Risveglio

L’oscurità ha preso il controllo su di me, ha consumato la mia anima

Aprì lentamente gli occhi, come spinta da un improvviso lampo di luce quasi abbagliante. Aveva avuto l’impressione d’essere stata sfiorata da bande di liscia stoffa che avevano carezzato il suo corpo e l’avevano… liberata. Ma si accorse che solo buio la circondava.
*Dove… dove sono?* Realizzò d’essere raggomitolata su sé stessa in quell’oscurità, come sospesa in un caldo ventre materno. Non sentiva nulla, non percepiva… nulla. Richiuse le palpebre su quegli occhi ambrati improvvisamente desiderosa di tornare nuovamente nell’oblio.

“Chii!”

Una voce, lontana, la risvegliò. A chi apparteneva quella melodia che le sembrava di riconoscere? La invase una sensazione di dolce calore, si comprese legata a quella voce. Eppure si sentiva nuovamente sola, attorno a lei il buio permeava ancora l’aria. Per la prima volta da un tempo che non ricordava mosse lentamente una mano, portandola vicino al volto. Si sfiorò il viso. Era reale, la sua figura non esisteva unicamente nella sua immaginazione. Scostò l’arto per poterlo osservare. Aveva una pelle… candida, delicata. Mani dalle dita affusolate. Abbassò lo sguardo sul proprio corpo che percepiva ancora immobile. Quel candore pareva appartenerle in ogni sua parte. Sempre con grande lentezza, alla scoperta di una sé stessa che non sapeva di conoscere, andò a sfiorare ogni parte per assicurarsi che fosse reale, concreta. Era morbida, emanava un insolito calore… Pura. Eppure qualcosa la tratteneva dall’accettare questo ultimo termine per sé. Recuperandolo da un anfratto sconosciuto della propria memoria aveva realizzato il suo significato, e sentiva di non poterlo attribuire alla propria persona. Dentro, dentro di sé… non era pura. C’era qualcosa che non andava, che la faceva sentire… nera. Una lancinante fitta all’altezza del petto la prese. Agguantò l’oscurità tendendo le braccia attorno a sé e la fece propria, vestendosene. Ora il suo candido corpo era coperto da sete nere che si muovevano fluidamente in quell’aria scura. Forse questo avrebbe potuto placare quel dolore che, senza che lei potesse comprenderne il motivo, l’aveva invasa. Fu colta nuovamente dall’oscurità. Mentre le sue palpebre inesorabili si abbassavano percepì l’attesa prenderla tra le sue braccia.

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Capitolo 3
*** Ricordi ***


2. Ricordi

Dammi la forza di affrontare la verità ed il dubbio nella mia anima…

Poco alla volta iniziò a ricordare. In principio erano solo sensazioni, emozioni che la prendevano trascinandola in quell’oscurità senza che potesse impedirlo. Una forza crescente la stava sostenendo, permettendole sempre più spesso d’essere cosciente, o forse impedendole di abbandonarsi al nulla. Dentro di lei nacquero spontanee delle parole che poco alla volta riusciva a collegare a quelle emozioni. Gioia. Allegria. Scoperta. Malinconia. Dolore. Sempre più intense, sempre più… vive. Reali.

Scavando nella propria memoria, in una ricerca contro la propria stessa volontà, ricostruì delle immagini. Scorse una donna, dai capelli scuri e lo sguardo gentile, l’aveva presa a sé stringendola in un abbraccio. Percepiva un forte sentimento legato a lei. Affetto. Era… sua madre? Le aveva carezzato i capelli, sorridendole, l’aveva rivestita…
Si vide passeggiare fra le camere di quella casa guidata dalla mano delicata di quella figura. Le indicava gli oggetti spiegandole il loro nome e la loro funzione, le mostrava delle immagini descrivendone le persone rappresentate. A volte si fermava, la osservava, la abbracciava trasmettendole un grande calore. Ricordò che era grazie a quella figura che aveva compreso il significato della parola “felicità”.
Un altro ricordo, più breve, più nitido. Era… mattina, aveva aperto gli occhi ed aveva visto la luce penetrare dalla finestra. Vi si era affacciata ed aveva scorto un piccolo animale intento a costruire una specie di cuccia fra i rami di un albero. Sua madre era entrata, l’aveva chiamata, aveva risposto alle sue domande spiegandole che quanto aveva visto era un uccello che stava preparando il proprio nido. L’aveva chiamata per nome. Freia. Allora era questo il suo nome, la sua identità. Freia. Nel visualizzare questo termine dentro di sé percepì una strana gioia. Un senso… d’appartenenza, forse. Incapace di fermarsi continuò ad analizzare il materiale che trovava nella propria mente. Una ricostruzione accurata di immagini, suoni, percezioni. Lentamente seppe che significato dare alla parola “vita”. Cosa rappresentava questo termine, cosa aveva fatto nella propria vita. Si bloccò. No, non era corretto. Quella di sua madre era vita. La propria era esistenza. Erano diverse, ora ricordava. Ma questo non aveva impedito loro di provare dell’affetto reciproco.
E poi un altro nome si affacciò alla sua coscienza. Erda. Un volto allegro, incorniciato da lunghi capelli colore dell’avorio, un vestito chiaro che metteva in risalto la sua purezza. Sì, lei era pura. Freia impiegò qualche attimo a rendersene conto, l’aspetto di Erda era uguale al proprio. Quel giorno in cui l’aveva conosciuta aveva avuto una sorella. Assaporò per un istante la spensieratezza donatale da quel pensiero. Ma qualcosa le impediva di sorridere pienamente. C’era dell’altro, lo percepiva chiaramente. Ancora una volta scavò nei propri ricordi sepolti per capire. Perché Erda esisteva? Perché sua madre aveva voluto crearla… per lei? Queste domande la trascinarono in nuovi sentimenti. Malinconia. Tristezza. Dolore… Erda era nata per distoglierla da queste emozioni laceranti, ma ora era sola, completamente sola… Nessuno poteva impedirle di ricordare.

Vide un volto maschile, un sorriso forte e sincero. Il riflesso degli occhiali le impediva di vederne gli occhi, ma a dispetto di questo avrebbe saputo descriverli nel dettaglio. Ed allora ogni ricordo si affacciò in lei sommergendola. Quel viso apparteneva alla persona che l’aveva creata, alla persona che era diventata suo padre. Colui che tanto amava sua madre, colui per il quale avrebbe dovuto provare un grande affetto di figlia. Ed invece… Forse era a causa di quel programma che il padre stesso le aveva installato. Forse nei recessi del suo corpo meccanico esisteva davvero un cuore. Qualunque cosa fosse aveva visto in quella figura la persona da amare, la persona solo per lei. Freia si rannicchiò su sé stessa chiudendo gli occhi mentre le immagini scorrevano incessanti dietro le sue palpebre. Si era innamorata del proprio padre, di una persona per la quale mai avrebbe potuto essere l’unica, perché lui già aveva sua madre al suo fianco. Di nuovo quel dolore incessante la sommerse, portato dai ricordi appena afferrati.

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Capitolo 4
*** Chii ***


3. Chii

Dammi la forza di affrontare il male che ho causato, ora che conosco la parte più oscura di me

Ormai aveva ricordato quasi ogni parte del proprio passato. Solo una cosa le sfuggiva: perché si trovava in quel luogo? Cosa era successo prima che il suo corpo si spegnesse? Perché ne era certa, si era spenta. Eppure ora esisteva nuovamente, anche se percepiva che la sua forma era diversa. Rammentava unicamente che quel dolore tanto forte causato dall’ambivalenza dei suoi sentimenti, la lotta fra ciò che era giusto e ciò che avrebbe desiderato l’aveva portata ad un sovraccarico della memoria. Aveva iniziato a non più funzionare come avrebbe dovuto. E ne era sicura, aveva desiderato lei stessa di poter cadere nell’oblio, nonostante i suoi genitori tanto si fossero affannati nel cercare di ripararla. Ma cos’era successo in quegli ultimi attimi?

“Hideki!”

Sussultò. Di nuovo quella voce, tanto conosciuta, eppure ancora senza volto… Da quando aveva riaperto gli occhi e si era trovata in quella oscurità, in quel tempo che non sapeva numerare poiché ogni attimo era uguale all’altro, la sua attesa era a volte interrotta da quei suoni. Ogni volta, sorpresa, si trovava invasa da una dolce sensazione. Sentiva di conoscere la persona a cui apparteneva quella voce, le ricordava qualcuno che le era stato molto vicino… D’istinto osservò le proprie mani, che fino ad allora aveva evitato di guardare a causa del loro candore. E d’improvviso la sua memoria riuscì ad abbattere l’ultima barriera, e rammentò ogni cosa.

Vide delle mani candide stringere le sue. Un sorriso malinconico su un volto che si rispecchiava nel suo. Tanti cavi elettrici la circondavano, raggiungevano il letto sul quale era stata posata, si spingevano al suo interno. E degli ulteriori cavi che la congiungevano a lei, Erda. Le stava chiedendo di inserire dentro di lei i suoi dati perché la sua coscienza non andasse persa per sempre… Ma in quel modo avrebbe annullato sé stessa. Freia non voleva accettare, ma la sorella l’aveva posta di fronte all’evidenza. Non voleva perdere i propri ricordi. Così aveva trasferito i propri dati dentro Erda. L’ultima cosa che rammentava, quando ormai era in procinto di spegnersi, quando il suo corpo già non era più in grado di muoversi neppure per sollevare le palpebre, era la voce di suo padre che prometteva ad Erda di esaudire i loro desideri. Perché la volontà della sorella, ormai, era anche la sua.

Freia strinse a sé le sue stesse mani cullandole, le ricordavano quelle della sorella, che avrebbe voluto poter stringere ancora. Ora capiva a chi apparteneva quella voce, tanto melodiosa ed eppure ingenua.
“Erda…” Quel nome le sfuggì dalle labbra e la colse di sorpresa. Si rese conto che la propria voce aveva la medesima tonalità di quella della sorella, l’uguale melodia. L’unica componente che le mancava era l’innocenza. Dunque ora si trovava nel cuore di Erda, e questa si era risvegliata. Sapeva che non sarebbe stato giusto intervenire nei suoi giorni, ma il desiderio di rivedere il suo volto era troppo forte. Questa volta pronunciò il suo nome con voce più sicura.
“Erda!”

“Chi sei?”
“Sono io.”
“Ma chi sei?”
“Chiudi i tuoi occhi, potrai vedermi dentro di te.”
“Chii…” Il pc chiuse gli occhi come le era stato chiesto, e Freia finalmente riuscì, grazie alla volontà di Erda, a vincere l’ultimo vincolo che la teneva legata nel fondo del suo cuore. Piano oltrepassò il limite della coscienza della sorella, mostrandosi a lei.
“Erda…”
“Chii?” Freia rimase un attimo perplessa, poi ricordò. Erda si era accesa nuovamente da poco, ancora non aveva raggiunto tutte le conoscenze necessarie. Avrebbe voluto sfiorare il suo volto, quasi per accertarsi della sua reale esistenza.
“Cosa significa Chii?”
“Chii è Chii, Hideki mi ha chiamata così.”
“Hideki?”
“Hideki mi ha trovata.”
“Allora ora abiti con lui.” Erda annuì. “Ed è Hideki l’uomo solo per te?”
“Chii?” Il volto perplesso della sorella le permise di intuire che ancora non capiva il significato di quella domanda. Era ancora troppo presto, si era risvegliata da poco… La strinse a sé con dolcezza.
“Non importa, capirai quando sarà il momento. D’ora in poi anch’io ti chiamerò Chii.” La sorella la guardò e Freia si sentì nuovamente nuda, quegli occhi ingenui la costringevano ad affrontare la sua realtà.
“Da questo momento vedrò tutto ciò che i tuoi occhi visualizzeranno, sarò sempre al tuo fianco. Chii…” Freia le porse le mani, Chii vi appoggiò i palmi senza smettere di osservare i suoi occhi. Prima di permetterle di uscire da sé stessa Freia si avvicinò al suo viso. Finalmente erano di nuovo insieme, le sarebbe sempre stata accanto, l’avrebbe seguita ed aiutata. Avrebbe potuto ringraziarla per il sacrificio che aveva compiuto con lei e che ora non le era permesso di ricordare. Sfiorò le sue labbra in un delicato bacio.

Seguì Chii giorno dopo giorno, osservando le sue mosse, ciò che la circondava, percependo sulla propria pelle le emozioni della sorella. A volte la chiamava. Doveva farlo, aveva il bisogno di parlare con lei, sentire la sua voce. Aveva bisogno di quel candore che le dava l’impressione d’essere lavata dal male che aveva causato. Aiutandola a capire il mondo, e soprattutto a capire i suoi sentimenti poteva credere d’essere perdonata per ciò che era successo prima. Ed i sentimenti di Chii crescevano di giorno in giorno, verso gli amici, verso altri pc incontrati, ma soprattutto verso Hideki. Il ragazzo che l’aveva raccolta nella via in cui era stata lasciata e che l’aveva riavviata.

Scoprì che Hideki viveva nella palazzina gestita da una donna che avrebbe potuto riconoscere ovunque: Chitose Hibiya. Sua madre seguiva Chii col medesimo occhio attento quanto più poteva, nonostante la sorella non potesse riconoscerla. E Freia in quel momento non poteva rivelarle nulla di ciò che riguardava il suo passato, non ancora. Ora Chii era diversa, aveva una nuova esistenza. Starle accanto le era sufficiente a dimenticare il proprio dolore, anche se a volte, nell’oscurità, si sentiva nuovamente sola. Rammentava la voce del padre e si trovava incapace di scacciarla dal proprio cuore, perché troppo l’aveva amato.
Così, grazie anche al suo aiuto, col tempo Chii accrebbe le sue conoscenze pian piano per essere in grado di riconoscere ciò che la circondava, le azioni, i sentimenti. E nel medesimo modo iniziò a capire che Hideki, che l’aveva accolta nella propria casa, le era molto caro.

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Capitolo 5
*** Confessione ***


4. Confessione

Perdonami per tutto quello che sono stata, perdona i miei peccati

Hideki si era recato nell’appartamento dell’amministratrice del condominio. Nella casa della loro madre, Chitose. E Chii era rimasta sola. Poteva percepire la sua tristezza, così dolorosamente famigliare. La sorella soffriva perché Hideki non era con lei, così come Freia aveva patito nei momenti di lontananza del padre. Sentì che era giunto il momento di rivelarle ogni cosa. Era giusto che sapesse cosa era successo, il motivo per il quale la portava dentro di lei. La chiamò attraverso l’oscurità, desiderosa di abbracciarla e dimenticare con lei ogni dolore.

“Chii.” Il pc chiuse gli occhi nel sentire quella voce interna, visualizzando quella figura che le era gemella nel volto e nel corpo.
“Sono qui.”
“Hai un viso triste, Chii…”
“Mi fa male qui…” si pose la mano sul petto con espressione malinconica. “Questo è essere tristi?” Freia raggiunse la mano della sorella e strinse il suo corpo attirandola contro di sé.
“Ti fa male qui quando sei triste. Perché sei triste?” Chii chinò il capo nascondendolo nel petto di Freia.
“Hideki non c’è…”
“E quando Hideki non c’è ti fa male qui?”
“Sì.”
“Allora è davvero Hideki l’uomo solo per te?”
“Chii…”
“E se non fosse lui? Se lui non volesse te come persona speciale?” Chii non rispose, aggrappandosi maggiormente alla sorella.

“Devo raccontarti qualcosa, Chii…” Il pc rialzò il capo nel percepire quanto dolore filtrava da quelle parole, e guardò Freia negli occhi colore dell’ambra che rispecchiavano i suoi.
“Chii?”
“Quando io sono stata creata tu ancora non esistevi. Chiamavo “papà” e “mamma” l’uomo che mi aveva costruita e la donna che mi aveva accolta come figlia. Ero felice con loro, Chii, ma…” si interruppe per qualche istante, ricordando vividamente quei giorni. “… ma pian piano ho iniziato a capire che i miei sentimenti non erano più quelli di una figlia. Tu ora non puoi ricordartelo, ma sono certa che la mamma rammenta bene la mia espressione quando… quando guardavo papà.”
“Papà?”
“Sì… Papà era anche il tuo papà. Nel vedermi così triste decisero di costruire un altro pc, perché io potessi avere una sorella. Sei stata creata tu, Chii. Allora ti chiamavi Erda, eri diversa da ora. Con te io ero felice, ma… non potevo dimenticare papà. È stato lui a creare questo programma, Chii, un programma che ci permette di trovare la persona solo per noi, la persona da amare. Io ho visto questa persona in nostro padre. Mi sono… innamorata di lui…”

“Non potendo avere i suoi sentimenti, perché lui amava troppo la mamma, ho iniziato a desiderare di spegnermi. Avevo troppo male qui, al petto, come succede a te ora. Non potevo più sopportarlo. Ma quando stavo per perdere ogni cosa sei arrivata tu. Ho sentito una voce, triste ma gentile Chii, era quella di Erda. La tua. Mi hai detto che non volevi perdermi, mi hai chiesto di inserire i miei dati dentro di te. Ho dovuto accettare e per questo tu… ti sei spenta chiedendo a mamma e papà di abbandonarti perché ti potesse trovare qualcuno che non conoscevi.” Freia si aggrappò quasi con disperazione alla sorella, senza mai distogliere il suo sguardo da quegli occhi ora malinconici quanto i suoi. Chii le carezzò lievemente il viso.
“Chii…”
“Perdonami Erda, perdonami per essermi innamorata di papà, perdonami per averti costretta a dimenticare tutto!” I pc non possono piangere. Non possiedono lacrime. Ma Freia ne conobbe il sapore metallico dentro di sé che la scuoteva con forza. A causa sua Erda aveva smarrito tutto ciò che aveva, ed era diventata Chii. A causa sua suo padre e sua madre avevano perso le loro amate bambine ed avevano sicuramente sofferto a lungo. Chiuse gli occhi lasciandosi sprofondare nell’oscurità mentre Chii le carezzava dolcemente i capelli.

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Capitolo 6
*** Gioia ***


5. Gioia

Spero, prego di non perdermi tra i due mondi, perché tutto quello che ho visto è che la verità giace nel mezzo

Ogni giorno la vedeva avvicinarsi maggiormente ad Hideki. Vedeva i suoi occhi cercare quella figura maschile e ricordava i propri quando ancora potevano posarsi sul padre. Ora lui non c’era più. Avvertiva chiaramente la felicità di Chii quando era con Hideki, e non poteva fare a meno di pensare a quanto sarebbe stata felice a sua volta se avesse potuto vedere il proprio desiderio realizzato.

Perché Chii ora era felice, non c’era dubbio. Ogni volta che Hideki era lontano la malinconia veniva dipinta sul suo volto chiaro ed offuscava i suoi occhi ambrati, ma non appena il pc sentiva i passi dell’umano il sorriso tornava tanto velocemente da non lasciar immaginare la tristezza che fino a poco prima l’aveva sostituito. Ogni minimo segno d’affetto da parte di Hideki provocava un’ondata di felicità in Chii, ed anche Freia se ne sentiva investita.

Eppure, al medesimo tempo, avrebbe voluto poter avere la propria felicità. Avrebbe voluto poter esaudire quel sogno ora ancor più impossibile di quanto lo fosse prima che tutto cambiasse. Per qualche istante si immaginò al fianco del padre, si vide prendere la sua mano, stringerla, sorridergli per comunicargli i suoi sentimenti. E lui… Eppure questo non era possibile. Non lo era mai stato, e mai lo sarebbe stato. Non era giusto, lo sapeva perfettamente. Ed era tempo di custodirne unicamente il ricordo, tanto prezioso, in fondo al cuore. In una piccola culla candida quanto i suoi sentimenti… Si riscosse. A questo era giunta dunque? Non pensava di poter provare simili pensieri… Per la prima volta comprese che quanto aveva creduto era falso: i suoi sentimenti non erano sbagliati… Lo era unicamente la situazione nella quale erano nati. Stretta su sé stessa si sentì improvvisamente libera.

E piano, lentamente, si rese conto che quella libertà la stava sollevando da ogni altro pensiero. Si accorse che la felicità che cercava camminava già al suo fianco, aggrappata alla sua mano con la forza dei sentimenti. Osservò Chii saltare tra le braccia di Hideki, appena tornato a casa.
*Non ho più bisogno della mia felicità, ora… Sono questa nuova Chii, ed i suoi sentimenti per quell’umano, a donarmi nuovamente il sorriso che tanto ho cercato. Perché ora io sono parte di lei, e la sua gioia mi rende felice.* Chiuse gli occhi mentre sul suo viso si definiva un timido sorriso.

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Capitolo 7
*** Pace ***


6. Pace

Prega con me così che io possa trovare il cancello per le porte del Paradiso

Sollevò le palpebre e si trovò in un mondo bianco e caldo. Si guardò attorno, confusa, ma non riusciva a vedere altro che quel candore. Dove si trovava? Chi l’aveva portata in quel luogo? Per un lungo attimo il terrore invase il suo corpo inesistente scuotendolo da capo a piedi. Ora che finalmente aveva trovato la felicità si stava nuovamente trovando di fronte all’ignoto e forse al dolore? Poi quella voce che da sempre aveva il potere di rinsaldare il suo cuore la raggiunse.

“Freia.”
“Chii, sei tu?”
“Chii, sì, sono io.”
“Dove siamo?”
“Non lo so…”
“Ma perché siamo qui?”
“Perché io l’ho voluto.”
“Cosa intendi, Chii?”
“Io ti ho portata qui, per te, per vederti.”
“Chii…” Chiuse nuovamente gli occhi sentendo la propria mente riempirsi di una malinconia che non riusciva a comprendere. “Sta per finire tutto?”
“Chii?”

“Te ne andrai?”
“Chii, voglio stare con Hideki…”
“Lui è l’uomo solo per te?”
“Chii…”
“È lui?”
“Sì.”
“Allora tutto terminerà presto.” Portò a sé le mani di Chii che aveva stretto nel vederla, gliele baciò delicatamente. Chii ora era tutto per lei, era la sua felicità, la sua fonte d’esistenza, era lei stessa. Presto ogni cosa si sarebbe conclusa, così com’era giusto, ed avrebbe finalmente riposato.

La sorella la strinse a sé, poi si scostò guardandola negli occhi. Raccolse le sue mani davanti al viso e vi soffiò leggera delle parole che Freia non poté cogliere. Poi, senza mai sciogliere quell’abbraccio di sguardi, le porse i palmi con un dolce sorriso. E su questi brillò una luce intensa e soffice che pareva composta da una miriade di minuscole lucciole.
“Chii, Freia sarà sempre dentro di me.”
“Perché?” Lentamente la luce si diradò, e nell’aria nacque piano un fiore delicato come la notte, suadente come un sussurro e dipinto come i più preziosi acquarelli di un pittore poeta. Freia si incantò nell’osservare quell’estrema bellezza che svolgeva i propri petali in quella luce soffusa aprendosi di fronte a lei, per lei. “Che cos’è, Chii?”
“È per te. Per ciò che hai fatto per me, per ringraziarti.” Freia la osservò, incredula. Ancora una volta ripeté quell’unica parola di domanda.
“Perché?”
“Chii è Chii. Ma Freia ha aiutato Chii ad essere Chii, sempre, mi ha aiutata. Chii, tu mi hai permesso di conoscere Hideki, di capire che lui è l’uomo solo per me. Chii ha scelto Hideki grazie a Freia. E Freia ha rinunciato all’uomo solo per lei per Chii.”
“Chii, non è così…”
“Sì… Chii, conosco i tuoi sentimenti, sei parte di me. Hai fatto della mia felicità la tua, il tuo cuore non duole più perché il mio è pieno di gioia. Chii, per questo ti ringrazio.” Chii raccolse la splendida campanula dalle proprie mani e la intrecciò con delicatezza fra i capelli d’avorio di Freia mentre questa, tremante, non poteva distogliere i suoi occhi dalla sorella. Così era stata questa la sua scelta? Aveva sacrificato la propria felicità per quella di Chii? Aveva sempre creduto unicamente di dover ottenere il perdono da Erda, ma Erda ora era Chii. E Chii la stava ringraziando per quanto aveva deciso. Per quanto aveva accolto in sé, perché sapeva di non avere alternativa, per propria stessa scelta.

Attorno alle due figure il candore si fece maggiormente intenso, e Freia capì che era giunto il momento di salutare la sorella. Aveva svolto il proprio compito, era tempo di chiudere finalmente gli occhi e riposare, fino a raggiungere l’oblio. Senza saperlo Chii aveva costruito quel luogo oltre ogni tempo ed ogni spazio per lei. Aveva creato un piccolo cielo per l’amata sorella, perché questa potesse infine trovare la propria pace.
“Chii…” La abbracciò delicatamente.
“Chii?” La sorella la osservò, un poco sorpresa da quel gesto improvviso. Freia si scostò e le carezzò il viso. Poi, lentamente, vi si avvicinò ed assaggiò quelle morbide labbra socchiudendole in un bacio immortale.
“Ti amo.”

Un ultimo compito le rimaneva. Afferrò nelle proprie mani la coscienza di Chii senza che questa se ne accorgesse, e ne prese il sopravvento emergendo nella realtà. Hideki era di fronte a lei. Gli avrebbe parlato, gli avrebbe rivelato ogni cosa di Chii, se necessario, ma ad ogni costo si sarebbe assicurata che Chii fosse davvero, sempre, felice. Ed infine, sarebbe arrivata la pace.




Ringrazio di cuore Elychan, Cecia chan e Rhaenys per aver recensito questa storia e Elychan, KIba sensei, Saetta Zaoldyeck e Weather per averla inserita fra i preferiti!!

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