Ritornare ad essere se stessi.

di MellowMas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non così noioso. ***
Capitolo 2: *** La bellissima sconosciuta. ***
Capitolo 3: *** Il calore di una Casa. ***
Capitolo 4: *** Un Piano Perfetto. ***
Capitolo 5: *** La sorpresa del tredicesimo piano. ***
Capitolo 6: *** Vecchio volpone. ***
Capitolo 7: *** Una visita inaspettata. ***
Capitolo 8: *** Un giorno come un altro.. o no? ***



Capitolo 1
*** Non così noioso. ***


ATTENZIONE: 
Il testo che state per leggere è la traduzione di Return to Yourself, fanfiction appartenente a "BetTheDuckisInTheHat"( Se volete leggere la storia in lingua originale -->  
https://www.fanfiction.net/u/4089646/BetTheDuckisInTheHat 
Al momento la storia ha nove capitoli e non è terminata, quindi cercherò di pubblicare periodicamente la traduzione.
Vi consiglio di visitare la pagina della scrittrice e lasciare a lei una revisione. Detto questo, buona lettura! |



“Signorina. Signorina!”
Lo sguardo scocciato dell’uomo che stava cercando di attirare la sua attenzione la tirò fuori dallo stato di  torpore in cui la noia l’aveva portata.
La bionda aveva iniziato a lavorare proprio in quella settimana;non poteva permettersi di perdere di già del  tempo ad oziare. Si raddrizzò e prese l’ID dell’uomo, insieme all’abbonamento elettronico per il parcheggio.  L’automobilista sembrava essere impaziente, perciò Brittany  verificò i suoi permessi il più veloce possibile, sebbene non ci fossero macchine in attesa dietro a quella dell’uomo. Gli diede indietro i documenti con tanto di ricevuta e questo, sbuffando, se ne andò. La ragazza sperò che  il dipendente non si lamentasse di quell’inconveniente con il suo superiore, il signor Lynn, anche se sembrava essere abbastanza di fretta, quindi probabilmente non se ne sarebbe nemmeno ricordato.
Questo era il suo terzo giorno, quelli precedenti erano stati praticamente identici: noiosi. Non si sarebbe dovuta aspettare altrimenti, lavorando al casello di un parcheggio. Avevada poco terminato il college e doveva finire di estinguere un prestito  ottenuto per pagare delle cure mediche *.  Si era data parecchio daffare per trovare un lavoro dopo essere stata licenziata dal suo ultimo impiego, per il quale veniva pagata con il minimo sindacale. Noah Puckerman, un suo amico,si era offerto di aiutarla nel periodo in cui questa non riusciva neanche più a pagare la sua quota per l’affitto. Lei, con riluttanza, aveva accettato, dopotutto era sempre meglio che dover chiedere soldi a suo padre. Noah conosceva il ragazzo del signor Lynn, o qualcosa del genere,  e così era riuscito a farle avere il posto come agente di sicurezza al parcheggio . Ciò che Brittany sognava di fare, però, era fare domanda per l’accademia di polizia, ma avendo compiuto da poco vent’anni era ancora troppo giovane per quell’impiego.
Durante il suo primo giorno il signor Lynn le aveva mostrato l’edificio, ma solo la parte principale  e la zona riguardante il parcheggio, il quale era sorprendentemente grande per una struttura tanto modesta: comprendeva addirittura due piani sotterranei.
Dal momento in cui per svolgere il suo lavoro non le era necessario conoscere tutto l’edificio, il signor Lynn le aveva detto che le avrebbe mostrato il resto della struttura nelle  settimane a venire, aggiungendo che probabilmente avrebbe avuto bisogno di lei in un altro campo (promuovendola a nuova occupazione) in futuro; da allora la ragazza stava aspettando impazientemente che quel momento arrivasse.
I giorni precedenti di lavoro erano stati privi di eventi significativi e totalmente noiosi, di buono c’era che il lavoro era decisamente facile. Brittany doveva solo monitorare il parcheggio e fare, di tanto in tanto, qualche ronda per assicurarsi che avessero avuto accesso solo persone autorizzate. Nonostante ci fossero telecamere per ogni piano, i monitor della sua postazione le mostravano solo alcune di esse: quelle sul primo piano e quella sull’entrata ed uscita, di modo che potesse avere sotto controllo il flusso di macchine.
Un altro vantaggio di quel lavoro  era sicuramente  la paga: l’avrebbe tenuta lontana dal lastrico e dai favoritismi di Noah. Inoltre sarebbe stata una nota positiva sul suo curriculum poter dire di aver lavorato per una compagnia così prestigiosa. Non ne aveva ancora memorizzato il nome però, sapeva che iniziasse con una “A” e che avesse per simbolo un lupo – o forse era un cane?- dorato.
Diede un’occhiata all’orologio sul muro, erano solo le 15. Le rimanevano ancora due ore prima le che macchine cominciassero ad uscire in massa.  Quello che aveva notato finora era che le macchine  venivano ad ondate. Ce n’era una alle 17 ed un’altra alle 17 e 30, poi l’ultima alle 18. L’impresa era ben organizzata. C’erano delle eccezioni, alcune macchine andavano via un po’ più tardi ed altre restavano per tutta la notte;  fino ad allora però i suoi turni finivano alle 18.30 ed l’ultimo turno della sua giornata lavorativa era appunto assicurarsi che le macchine che restavano erano autorizzate a farlo. In caso contrario doveva semplicemente scriverlo su un foglio da consegnare alla guardia del turno successivo. La ditta per cui lavorava era davvero rigida su certe regole, doveva ricordarsi di chiedere a Noah di cosa si occupasse quell’impresa.
Non aveva molto da fare, si era già occupata delle scartoffie quel giorno, ed ora stava ponderando cosa fare, ancora con la penna in mano. Decise di dedicarsi alla ronda dell’ora, ma proprio quando si alzò in piedi il telefono squillò. La sigla di Adventure Time cominciò a farsi sentire e Brittany afferrò il vecchio cellulare che un suo ex coinquilino le aveva venduto per pochi dollari.
“Pronto?” Chiese  premendo il tastino verde, sapendo già di chi si trattasse.
“Brittany, sei a lavoro? Suppongo di sì. ” la voce irritata della sua coinquilina,  Cassandra, le riempì le orecchie. Cassandra July, un’attrice che in seguito ad una fulminea carriera a Brodway si era trasferita a Los Angeles da tre anni per iniziarne una nuova.  Le due erano coinquiline da un anno circa, ma di certo non erano amiche per la pelle.
“Non torno  a casa sta sera, ho delle faccende da sbrigare.” Prima che Brittany potesse ribattere la voce dalla cornetta del telefono tornò a farsi sentire. “Il padrone di casa ha detto che il citofono è rotto, quindi beh, non preoccuparti.”
“E allora come faccio ad entrare in casa?” Chiese Brittany, cercando di nascondere dal tono di voce  la sua irritazione.
“Non mi riguarda, non è colpa mia se hai perso le chiavi.” Replicò l’altra con tono di sufficienza.
“Mi dispiace, ma non ho proprio tempo per passare da te e lasciarti le mie chiavi, adesso.” La donna sospirò dall’altra parte del telefono, come a voler scusare le proprie azioni. “Inoltre Puck stava poltrendo sul nostro divano quando sono uscita di casa,  quindi magari è ancora lì.”
“Ma..” Brittany provò a protestare, c’erano davvero poche possibilità che dopo tutto quel tempo Noah fosse rimasto dove Cassandra l’aveva lasciato.
“Devo andare, ciao.”   La donna riattaccò, lasciando una Brittany accigliata  senza parole, con gli occhi fissi sul telefono per lo stupore. Era un’ingiustizia. Doveva proprio perdere le chiavi quel weekend?
Il padrone di casa le aveva detto che ci sarebbero voluti almeno cinque giorni prima di poterle dare un nuovo mazzo di chiavi. Inoltre le sarebbe costato cinquanta bigliettoni perché sarebbe stato necessario cambiare anche le serrature. Brittany l’aveva rassicurato spiegandogli che era certa di averle perse dentro casa e che le avrebbe trovate al più presto. Anche se non le aveva ancora trovate.
Compose in fretta il numero di Puck sperando che fosse ancora a casa sua, non voleva doversi intrufolare come una ladra nel proprio appartamento.
“Ehi, B!” Aveva risposto lui allegramente, sul terzo squillo.
“Puck! Sei a casa?” Chiese speranzosa.
“Beh, se intendi casa tua sì, ci sono.” Replicò il ragazzo, con tanto di una risata nervosa.
“Grazie a Dio” la ragazza tirò un sospiro di sollievo.
“ ‘Grazie a Dio’? Questo è un miracolo. È tutto okay, B?” chiese confuso, era la prima volta che Brittany fosse felice del fatto che Puck stesse oziando a casa sua.
“Sì, sto bene.” Replicò massaggiandosi la faccia. “Mi ha chiamata Cassandra dicendo che sta sera non torna a casa, quindi ho bisogno di qualcuno che mi faccia entrare. Oh, il citofono è rotto quindi ti manderò un messaggio appena ci sono. ”   
“Quindi immagino che oggi resto da te. Ma cazzo, è una stronza.” Si era lamentato il ragazzo, dal tono di voce Brittany poteva immaginare che stesse masticando qualcosa. “Bellissima, ma pur sempre una stronza.”
“Eww Puck, non mi ricordare di voi due!” La faccia della bionda si era contorta in un’espressione di disgusto.
“ Era una cosa da una botta e via! Non toccherò mai più quel nido di vespe..” Si difese, suonando incredibilmente serio nella sua ultima affermazione.
Brittany provò a non ridere con scarsi risultati, ma Noah non sembrò offendersi visto che si unì a lei nella risata.
“Grazie Puck” lo ringraziò dopo aver smesso di ridere. Poi si ricordò. “Ma che ci fai a casa mia nel mezzo del pomeriggio?”
“Merda, sapevo che me l’avresti chiesto..” La bionda poteva praticamente vedere il ragazzo spalancare gli occhi e mettersi a sedere per spiegare alla meglio la cosa.
“Noah..”
“Non ti preoccupare, avevo la giornata libera. Mi sto soltanto.. rilassando.”  Disse lui pacatamente, la ragazza poteva immaginare il sorriso ebete stampato sul suo viso. “E ho portato l’xBox.”
“Aspetta, avevi già pianificato di restare da me?”
“Ehm, forse..” Sapeva già quel era la prossima domanda che avrebbe ricevuto.
“Che cosa hai in mente?!” Domandò Brittany, sperando di cuore che-qualsiasi cosa fosse- non coinvolgesse il suo appartamento.
“Beh, c’è questa ragazza..” Iniziò lui.
“Era ovvio.” Lo interruppe la bionda con sarcasmo.
“Ehi, non odiare lo charm Puckerman!” Noah poteva vedere la bionda roteare gli occhi, ma non ci fece caso. “Ad ogni modo, ho questo appuntamento con ‘sta tipa..”
“Maddai?” Lo interruppe di nuovo, scettica.
“Beh sì, e vive a pochi isolati da qui. Quindi ho pensato che sarebbe stato più comodo fermarmi qui per poi fare le mie cose.” Disse, e  approfittando del silenzio della ragazza andò avanti. “Sai, andare là, andarci ‘dentro’ e sgattaiolare via.”
“ Sei un maiale, Noah.” Aveva decretato lei. Sapeva che le voleva bene, ma il suo comportamento da donnaiolo non le era mai piaciuto, neanche alle medie.
“ Te rode perché sei na pippa!”
“Smettila di provare ad imitare la gente del ghetto, sembri cretino” Replicò Brittany trattenendo una risata.
“Vabbé, vedi di essere a casa per cena, mogliettina.” Rispose lui, sapendo di irritarla con quel soprannome.
“Ciao Puck” disse riattaccando, sapendo che l’altro stava probabilmente già ridendo.
Conclusa la conversazione Brittany tornò a fare il suo dovere, afferrò la piccola torcia che le era stata data in dotazione e allungò la mano verso le chiavi, per poi mettersi  a posto la cintura. Si incamminò per la ronda, partendo dal primo piano riportando volta per volta le macchine senza permesso. Notò le scale e l’ascensore poste sul fondo del parcheggio e decise di prendere le scale per scendere al secondo piano sotto terra.  Quello non era un luogo a lei familiare e, a differenza del primo piano,  non ospitava poi tante vetture. Le uniche parcheggiate, tuttavia, non passavano certo inosservate: erano decisamente costose.  Erano il tipo di vettura che  la bionda non si sarebbe potuta permettere neanche in un’altra vita.  
Stava segnando sulla sua lista un’altra automobile, una magnifica Bentley argentata, quando si accorse di una macchina che sembrava essere fuori luogo lì. Era una Toyota Avalon, Brittany non se la sarebbe comunque potuta permettere,  totalmente fuoriposto rispetto alle altre. **Un’altra cosa che notò, era che i finestrini dell’auto erano oscurati. In più, il parcheggio che occupava quello  vicino ad un secondo ascensore. Doveva essere una persona fortunata.
Fece in fretta a terminare il giro visto che le macchine erano poche e fece ritorno al gabbiotto della sicurezza  dove rimase fino alla fine del turno.
Più tardi si ritrovò fuori dal portone del suo appartamento, costretta ad abbracciarsi da sola per proteggersi dal vento. Era una giornata abbastanza fredda per LA, e la ragazza aveva dimenticato la giacca.
Aveva inviato il messaggio a Puck come da accordo, e pochi secondi dopo il ragazzo aveva aperto il portone principale tramite il citofono. La ragazza si fiondò sul pianerottolo e venne investita da un’ondata piacevole di calore. Con il borsone sopra la testa fece quasi volando le due rampe di scale che la separavano dal suo appartamento e una volta giunta al proprio pianerottolo trovò la porta aperta e del cibo cinese riscaldato sul tavolo ad aspettarla. Noah Puckerman il più delle volte era un coglione, ma spesso e volentieri era un amabile coglione.  Lui era tornato a stendersi sul divano per riprendere la partita all’xBox che aveva messo in pausa per aprire alla ragazza e Brittany si era diretta  in cucina, dove aveva trovato – spulciando negli armadietti- una nuova scatola dei suoi cereali preferiti ed altre provviste. Sapeva che non era opera di Cassandra, quella pensava solo a se stessa. Era merito di Puck. Brittany si era stancata di ripetergli che non doveva comprarle cibo, anche perché lui insisteva col dire che per via del suo fisico avrebbe mangiato per due o per tre e quindi si sentiva in obbligo di comprare cibo in più. Una cosa che aveva notato era che Puck, dopo aver scoperto dei problemi finanziari di Brittany, si fermava più spesso a cena o a pranzo a casa della ragazza. Si comportava come un donnaiolo perdigiorno  e lo  usava la scusa per poter fare il pieno al frigo o ai mobiletti della cucina. Qualche volta le aveva fatto anche delle ricariche telefoniche “per sbaglio”. Noah era l’unica persona da cui Brittany accettasse tali  favori, seppur controvoglia.
Era il suo modo per dimostrare alle persone che ci teneva, nonostante l’apparenza da Macho sotto sotto il ragazzo aveva un cuore d’oro. Trattava l’amica come se fosse sua sorella, sebbene non avessero un benché minimo legame di parentela.
Puckerman lavorava faceva il camionista per una ditta, il che significava che guadagnava molto ma stava in giro parecchio. Non gli dava fastidio quello stile di vita, ma gli mancava la sua sorella non-ebrea, come diceva lui. Questo era il motivo per cui, una volta tornato, passava tanto tempo a casa della bionda, per il dispiacere di Cassandra.
L’appartamento di Brittany non era un Hotel: c’erano due camere da letto, un bagno, un piccolo salotto ed una minuscola cucina. Non riusciva nemmeno  a capire come facesse Puck a stare comodo su quel divano – che era un bel divano, nel complesso, ma non era come un bel letto soffice.  Lui ci dormiva bene, anche se quando Cassandra aveva un diavolo per capello questo si doveva rifugiare nella camera di Brittany, dormendo per terra dentro ad un sacco a pelo come i profughi.
Brittany guardò sorridente la propria dispensa, ora stracolma, e raggiunse il suo amico sul divano. Mangiò il cibo cinese che le aveva preso Puck e si stappò una Dr. Pepper ***. Quando Noah uscì di casa per consumare la sua notte di sesso aka appuntamento, la ragazza si era già addormentata nel proprio letto, esausta.
Il mattino seguente si era sveglia prestissimo, prima di Puckerman e addirittura prima che Cassandra tornasse da Dio sa dove.  La aspettava un turno di dieci ore, perciò doveva recarsi là prima del solito per rincasare dopo. Il signor Lynn le aveva detto che se avesse fatto due turni lunghi consecutivi si sarebbe guadagnata dei soldi in più e Brittany non poteva proprio rifiutare. Si intrufolò in silenzio in salotto, dove il ragazzo dormiva sul divano, e gli preparò in fretta dei Waffles per colazione. Lui le aveva riempito la dispensa ed il minimo che potesse fare lei era preparargli qualcosa da mangiare.
A quell’ora non c’era molto traffico, quindi arrivò sul posto di lavoro prima del previsto.
Osservò il casino che aveva lasciato la guardia precedente, un certo “F. Hudson”. La lista delle macchine era un vero macello. Brittany non lo aveva ancora conosciuto e già odiava il suo modo di essere confusionario. E pensare che probabilmente faceva quel lavoro da prima di lei!
Si raddrizzò e partì per la ronda mattutina, con lo scopo di scoprire quali macchine erano rimaste durante la notte. C’erano solo tre macchine al primo piano. Quando scese al secondo piano notò la Avalon del giorno precedente. Diede un’occhiata alla lista e a giudicare da questo Hudson la Avalon non era una delle macchine rimaste per tutta la notte. Doveva essere arrivata incredibilmente presto. Non poté fare a meno di chiedersi a chi appartenesse.
Mise da parte la curiosità e tornò al gabbiotto della sicurezza.
Durante la giornata non accadde nulla di interessante. Aveva preso in considerazione l’idea di portarsi un mazzo di carte per ammazzare la noia, ma lo decretò come “non professionale”. Sarebbe rimasta a guardare i monitor e a fare rapporto, da brava lavoratrice, per tenere al sicuro il parcheggio.  Anche se in effetti non c’era niente da osservare. O da rapportare.
Quando giunse l’ora di pranzo Brittany rimase in postazione a consumare il suo pasto da sola. Il signor Lynn le aveva mostrato la mensa dei dipendenti e la zona in cui era possibile fare acquisti all’interno dell’edificio; tutto però era dannatamente costoso così la bionda aveva finito col portarsi il mangiare da casa.
Si era preparata due sandwich al burro di arachidi e ne stava mangiucchiando uno, in attesa che il tempo passasse. Intravide un movimento nel monitor che catturò la sua attenzione. Vide la macchina di quella mattina muoversi ed avvicinarsi alla rampa. Realizzò che quella era la prima volta in cui la piccola e scintillante Avalon si scontrasse con lei.
La macchina si fermò esattamente al finestrino del gabbiotto della bionda. Il finestrino oscurato della vettura si abbassò lentamente ed il cuore di Brittany quasi si fermò.
Nella  vettura c’era la donna più bella che avesse mai visto. I suoi occhi erano neri ed espressivi. I capelli scuri erano raccolti in un’ordinata coda di cavallo che metteva in risalto i lineamenti del suo viso. I suoi zigomi erano ben definiti e pieni.  Era praticamente priva di trucco, il che sorprendentemente la faceva sembrare ancora più bella.  
Brittany non poté fare altro che fissarla intontita.
La donna la fissò di rimando per qualche secondo, probabilmente intrigata.  Poi decise di mettere fine a quel silenzio.
“Hey.” Il tono della donna non suonava né severo né scortese, a differenza di quanto accadeva con tutti gli altri automobilisti quando la bionda impiegava troppo tempo per verificare le credenziali. Era un tono gentile, la sua voce era roca  e  allo stesso tempo leggera.
“Ciao.” Mormorò Brittany arrossendo per la propria incapacità di dire altro in presenza di quella donna.
Un sorrisetto si stampò sul volto della mora, rendendola, per quanto possibile, ancora più bella. Dopo essersi resa conto che la ragazza probabilmente non avrebbe aggiunto altro, le allungò il proprio permesso di parcheggio assieme all’ID.
Brittany restò per quasi un minuto a guardarle la mano prima di ricordarsi quale fosse il suo lavoro. Cercò di ignorare il calore sul suo viso, segno che probabilmente era arrossita ancora.   
 Voleva parlare con quella donna, moriva dalla voglia di sentire ancora quella voce, ma non le venne niente in mente.
“Come ti chiami?” Sputò fuori senza pensarci su. Voleva prendersi a calci per essere stata tanto patetica.
La mora aveva una risata bellissima, almeno questo fu quello che realizzò Brittany quando questa scoppiò in una risatina. Non sembrava che si stesse prendendo gioco della bionda. Sembrava più che altro divertita dalla situazione, siccome non smise di sorridere. Sembrava essere sorpresa dal suo stesso comportamento.
Brittany pensò che quella donna non dovesse sorridere molto spesso.
“Santana.” Disse, fissando con insistenza l’azzurro degli occhi di Brittany, che sentì il cuore martellarle il petto con tanto ardore che pensò di non riuscire a darle una risposta.
“Io sono Brittany.”
“Lo so.” Disse l’altra, sempre con quel sorriso gentile. L’espressione confusa sul volto di Brittany indusse la mora a puntare il proprio dito verso il petto della ragazza, dov’era appeso il cartellino da guardia di sicurezza in cui spiccava il suo nome. Brittany si sarebbe davvero presa a schiaffi questa volta.
Controllò i permessi della donna e finalmente capì perché la mora sembrasse tanto divertita dalla domanda che Brittany  le aveva fatto; l’ ID  che  la donna le aveva dato riportava il suo nome: Santana Lopez.
Brittany avrebbe voluto sotterrarsi, non era mai stata tanto stupida in tutta la sua vita.
Santana non aveva smesso di sembrare divertita, nemmeno quando ricevette i documenti indietro. Mormorò un “grazie” d’educazione. Durante lo scambio dei documenti le loro mani indugiarono forse più del dovuto.
Brittany le augurò una buona giornata e con ciò la donna sgommò via, fuori dalla sua vita.
O almeno così pensò lei.
Un pensiero si insinuò nella mente della bionda: se era uscita per pranzare avrebbe sicuramente dovuto fare ritorno. E così accadde, esattamente venti minuti dopo. Quella donna doveva mangiare davvero in fretta.
Il finestrino si abbassò nuovamente e al suo interno la signorina Santana Lopez le stava già sorridendo. Le porse gentilmente le sue credenziali, proprio come aveva fatto venti minuti prima. Il suo sorriso le faceva davvero un bel faccino, più luminoso del sole.
Brittany avrebbe davvero voluto trovare un argomento per fare conversazione, ma aveva la lingua bloccata e la mora sembrava aver fretta. Quindi si limitò a segnare l’ora di arrivo della donna e la lasciò entrare nel parcheggio.
Il pomeriggio fu privo di eventi, specialmente se comparati all’eccitazione dovuta all’incontro con Santana. Quella donna non era solo stupenda. C’era qualcosa di strano in quegli occhi scuri, tanto profondi da sembrare infiniti. Sembravano celare segreti inimmaginabili e Brittany moriva dalla voglia di sapere tutto su Santana, senza sapere il perché.
Dopo l’ondata serale di macchine, Brittany si sedette sulla sedia in modo più comodo. Siccome il suo turno sarebbe stato più lungo dei precedenti si era portata una barretta dolce da mangiare per resistere senza crollare fino all’ora di cena. Stava masticando la sua barretta croccante quando un movimento  attirò nuovamente la sua attenzione. Era l’Avalon nera, si stava muovendo in sua direzione.
Scoccò uno sguardo verso l’orologio vicino alla scrivania e notò che erano le 19:08 – più tardi di ogni suo turno. Ecco perché non aveva mai visto Santana fino ad allora.
Brittany pensò immediatamente ad un argomento per fare conversazione, voleva dimostrarle di essere in grado di sostenere una chiacchierata intelligente senza sembrare stupida o suonare patetica.
La macchina si fermò e Santana stava già fissando Brittany.
“Hey.” Mormorò la mora, con un sorriso sulle labbra.
“Ciao.” Replicò Brittany, mezza intontita.
Afferrò il documento e canzonò mentalmente per non essere riuscita a dire altro.
 “Giornata lunga?” Provò, chiedendole la prima cosa che le passava per la testa.
“Qualcosa di simile.” Rispose Santana, sospirando. Brittany desiderava follemente sedersi vicino a lei in macchina e sentirla parlare per ore ed ore ed ore.
Doveva essersi persa nel fissarla perché  Santana parlò ancora. “Bell’orologio.” Aveva detto con un grosso sorriso, gli occhi fissi sull’orologio a forma di robot che usciva dalla manica della divisa della bionda.
La faccia di Brittany si scaldò nuovamente, come aveva fatto a dimenticarsi di toglierlo?? Quell'orologio le era stato regalato da suo padre ed era uno dei suoi preferiti. Annuì senza sapere veramente il perché, impegnata com'era ad arrossire.
Santana la salvò di nuovo, continuando a sorridere. “Buonanotte, Brittany.”
“Buonanotte anche a te, Santana.”
L’Avalon si allontanò dal parcheggio, lasciando Brittany da sola con i suoi pensieri. Voleva davvero rivedere Santana.. Forse quel lavoro non era poi così noioso.

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NdT:
* in America si pagano persino le visite mediche ospedaliere, la sanità è infatti privata  e non pubblica.
** Una Toyota Avalon è molto meno costosa di un’auto come una Bentley. (si parla di 30.000$ contro 200.000 circa)
***La dr. Pepper è una bibita molto diffusa in America. 


- Magari scrivetemi se siete interessati al resto della storia. (Se qualcuno volesse aiutarmi con la traduzione sarebbe magnifico!)  Chiedo scusa per eventuali errori, non è betata quindi.. beh, pardon!

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Capitolo 2
*** La bellissima sconosciuta. ***


Non passò molto tempo prima che Brittany rivedesse ancora quella donna misteriosa.
Ebbe infatti la piacevole sorpresa di rincontrare la mora il giorno seguente. Era il secondo turno di orario continuato per Brittany, la quale  era arrivata a lavoro addirittura prima  del dovuto, solo per poter rivedere la  donna conosciuta il giorno prima e, magari,  scambiarci qualche battuta. Così fu.

Da allora uno strano sorriso si impadronì delle labbra di Brittany, e lì rimase per il resto della giornata.

Anche se Santana non si era fatta viva per l’ora di pranzo, le due si rincontrarono alle 19.
Brittany capì immediatamente che la mora era molto più loquace a fine giornata, probabilmente perché non aveva più nessun lavoro da finire. 
Brittany era riuscita a non sembrare poi così tanto impacciata, era  finalmente riuscita ad affrontare le loro chiacchierate senza arrossire – almeno, non tanto quanto prima- , addirittura aveva iniziato la conversazione! Non era che qualche commento sul tempo di LA, il fortunatamente per lei si stava comportando in modo strano rispetto al solito. Era un inverno strano. Non aveva ancora piovuto, ma in compenso le temperature si erano abbassate vertiginosamente.
“Che fine ha fatto il tuo orologio?” Santana aveva cambiato discorso cogliendo Brittany alla sprovvista. Il suo sguardo corrucciato era puntato sul polso scoperto della biondina,  la quale tentò di combattere il rossore che lentamente colorì le sue guance.
Alzò le spalle, cercando di sembrare disinvolta.
“Che peccato. Era tenero.” Santana le dedicò un sorriso e Brittany non poté fare a meno di pensare che quella ragazza fosse dolcissima.

Quella notte Brittany si addormentò pensando a lei.

La mattina dopo indossò l’orologio a forma di robot, pensando che Santana le avrebbe così regalato un sorriso d’intesa. Forse si sbagliava.
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Il suo lavoro era diventato molto più interessante da quando aveva conosciuto Santana. Brittany aveva cominciato ad osservare con più attenzione i monitor dopo ogni “ondata” di macchine,  nella speranza di poterla vedere. Sfortunatamente però poteva vederla mattino e sera solo quando le toccavano i turni da dieci ore. Avrebbe sicuramente parlato con signor Lynn per farsi allungare un po’ i turni, tanto quell’Hudson era sempre in ritardo. Non provò neanche a dirsi che non lo faceva per Santana. In quel modo, almeno, sarebbe riuscita a vederla ogni sera. Allo stesso tempo sperava che ciò non la facesse sembrare una stalker.
Brittany non riusciva ancora a capacitarsi di aver imparato tanto in fretta il nome di Santana, mentre continuava a chiamare Ryder “Signor Lynn”; Puck le aveva dovuto ricordare il giorno prima quale fosse il nome del suo capo perché lei lo aveva dimenticato.
In sua discolpa c’era da dire che il signor Lynn non la salutava con lo stesso sorriso di Santana, non le ammiccava allo stesso modo di Santana, non rideva alle sue battute e non si  era mai preoccupato di sapere quale fosse il nome del libro che leggeva nei tempi morti a lavoro.
Santana non la prese in giro, né tantomeno le disse di crescere – come invece si ostinava a fare sua madre- quando la biondina si fece scappare il titolo (con una buona dose di entusiasmo!)
“E quindi anche tu ti stai facendo un giretto sull’Isola che non c’è?” Chiese la mora, visibilmente interessata.
Per Brittany quel giorno era più difficile del solito formare una frase di senso compiuto o semplicemente non fissare la meravigliosa donna che aveva scelto di lasciare che quei capelli corvini, all’apparenza tanto soffici, le ricadessero liberi sulle spalle.
Quindi si limitò ad annuire.
Santana rispose con un sorriso intenerito, facendo  agitare per l’ennesima volta il cuore dell’altra. La bionda non era abituata a tutte quelle attenzioni, nessuno si era mai interessato tanto genuinamente a lei.
Che si stesse innamorando?
Forse era rimasta a fissarla più del dovuto, ma non le importava; la voce roca della mora attirò di nuovo la sua attenzione.
“Posso dirti un segreto?”Sussurrò, sporgendosi leggermente fuori dal finestrino dell’auto.
Brittany pensò di avere un’aria da ebete con quel sorriso stampato in faccia, mentre si avvicinava a sua volta all’altra.
Santana fece una risatina e in un sussurro affermò “Il mio  libro preferito è Alice nel Paese delle  Meraviglie.”
Brittany era decisamente sorpresa, ma il suo sorriso si allargò ancora. “Fantastico.”
Santana guardò prima a destra e poi a sinistra con fare furtivo, poi si posò un dito sulle labbra. “Non dirlo a nessuno!”
“Sarà il nostro segreto.” Sussurrò l’altra, raggiante. Il solo fatto che Santana condividesse con lei un segreto, indipendentemente da quale fosse, la faceva sentire al settimo cielo.
Anche Brittany voleva condividere un suo segreto con lei. Le piaceva. Niente di più semplice.
Tutto quello che voleva fare era saltare sul sedile posteriore dell’auto di Santana e guidare  con lei sul tramontar del sole.
Il loro momento era finito.
Questa volta  anche Santana sospirò prima di ripartire.
Quando l’Avalon se ne andò Brittany diede un occhio all’orologio da polso e realizzò quanto fosse tardi: avevano parlato per almeno un’ora.
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“E questo che cos’è?” Chiese Brittany osservando con curiosità il pacchetto che Santana le aveva appena sporto.
Santana non rispose, sperando di non dover giustificare quel comportamento. Era la prima volta che la mora vacillava nella propria sicurezza e Brittany era assolutamente certa che fosse la cosa più tenera che avesse mai visto. Pensò anche di aver visto più colorito del solito sulle guance della latina, ma probabilmente era una sua impressione.
Le ci vollero svariati secondi per metabolizzare la situazione: Santana le stava dando qualcosa. Un regalo. E non era neanche il suo compleanno!
Aprì il pacchetto con ansia ed entusiasmo, non voleva sprecare neanche un altro minuto.
Era come se nel suo stomaco uno stormo di anatre avessero preso a svolazzare qua e là incontrollabilmente.
Le si scaldò il cuore quando finalmente vide il contenuto del pacco.
“L’altro giorno hai detto di non aver mai letto il libro, ma di aver soltanto visto il film. Quindi ho pensato
che ti sarebbe potuto piacere..” C’era una nota di vergogna nella voce della mora, che pendeva dalle labbra della bionda in attesa di una sua reazione.
“Lo adoro.” L’aveva rassicurata usando un tono più dolce del solito. Teneva tra le mani quella copia di Alice nel paese delle meraviglie come se fosse un cimelio.  Sembrava essere estremamente prezioso e.. costoso.
Troppo costoso. Doveva essere un’edizione limitata.
“Santana, non lo posso accettare.” Il sorriso sparì dal viso della mora, lasciando spazio ad un’espressione accigliata.
“È..” Brittany non sapeva esattamente come dirglielo, non voleva offenderla ma non poteva davvero accettare quel regalo. Era sicuramente più costoso  della quota per il cibo di quella settimana, che era di soli 50 dollari ma pur sempre troppo costosa. “È.. troppo.”
“Brit, per favore.” Santana puntò i suoi occhi scuri in quelli di Brittany, sembravano quasi supplicarla e Brittany non poté fare altro che accettare.
“E va bene, lo prendo.” Roteò gli occhi, ma il sorriso a trentadue denti che si fece spazio sul suo viso rivelò alla mora le sue vere emozioni.
“Però” Aveva aggiunto, interrompendo l’esultanza mentale di Santana, “Ad una condizione!” 
“Sentiamo.” Santana inarcò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un sorrisetto, la curiosità le usciva da tutti i pori.
Brittany dovette fare un grosso respiro per combattere l’istinto di sporgersi verso lei e baciarla.
“Te lo dico domani.”
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Il fracasso proveniente dalla cucina la svegliò. Cassandra e Puck stavano litigando. Di nuovo.
Saltò giù dal letto sbuffando infastidita, stava facendo un sogno bellissimo – probabilmente riguardante una certa brunetta dagli occhi misteriosi- prima che quei due la interrompessero.
Guardò l’orologio, era più o meno l’ora di andare a lavorare, quindi si sarebbe comunque dovuta svegliare di lì a poco.
Cassandra stava puntando il dito contro la faccia  di Noah, il quale invece aveva le braccia incrociate.
Entrò in cucina e passò oltre le due figure vicine al tavolo, mirando verso gli scaffali. Prese il necessario per la colazione e li ignorò un’altra volta, facendo rotta verso il divano.
Brittany notò che era calato il silenzio, entrambi la stavano fissando.
“He-h’è?” Provò a chiedere con la bocca piena di cereali.
Cassandra arricciò il naso prima di parlare quasi nello stesso momento di Puckerman.
“Non hai detto niente.”
 “è tutto okay?”
I due si fissarono infastiditi che l’uno avesse parlato sopra all’altro. Brittany pensò che in fondo non erano poi così diversi.
Pensò anche che il suo piano, comunque, stava funzionando. Ultimamente la sua solita tattica, ossia porsi tra loro e urlare “niente violenza”, non faceva più effetto. Aveva dovuto cambiare strategia.
“Sto bene.” Affermò inespressiva.
Puck fece un gran respiro e prese la sua tazza di caffè e Cassandra si fece scappare un “fanculo” a denti stretti. Quando uscì di casa si preoccupò di salutare solo Brittany.
Noah nel frattempo si era seduto accanto a lei.
“Stai bene, B?”
“Sto alla grande.” Rispose lei con un sorrisetto  diabolico. “E voi due avete smesso di litigare.”
Appena Puck realizzò la situazione le lasciò un buffetto sul braccio.
Brittany si alzò e andò a posare la tazza ormai vuota nel lavandino. Come un bravo cagnolino lui la seguì.
“Sembri felice sta mattina. Hai forse sognato la tua ragazza?” Domandò con un sorriso, ondeggiando le sopracciglia.
“Puck!” Si voltò bruscamente verso di lui.
“Ooooh, è un sì?!” Il rossore sulle guance di Brittany era una risposta più che sufficiente. Seguì una fragorosa risata. La ragazza per non insultarlo si tenne concentrata sul lavare la tazza.
“Non è la mia ragazza..” Ammise tristemente qualche attimo dopo, tornando a sedersi sul divano.
“E allora fai qualcosa per farla diventare la tua ragazza.” Per tutta risposta lei aveva semplicemente sbuffato, per sua sfortuna il ragazzo non lasciò la presa.
“Oggi la vedrai?”Si voltò verso di lei, che era intenta a fissare il vuoto. Riuscì solo a mugugnare un “ lo spero”.
“E allora cambia la situazione, chiedile di uscire. È da più di una settimana che hai la testa tra le nuvole per questa ragazza, Brit.” Provò ad incoraggiarla, non la vedeva tanto presa da qualcuno da un po’ di tempo.
“Credi davvero che uscirebbe con me?” Puck la fissò aggrottando la fronte. Non l’aveva mai vista neanche così. Di solito aveva fiducia in sé stessa, sapeva di essere bella e di avere un corpo fantastico.
“Pierce, che ne è della tua autostima?” Notò che la ragazza sembrava piuttosto impegnata a rigirarsi le dita  sul grembo. Il ragazzo ci posò una mano sopra, come a volerla calmare. “Cosa ti preoccupa?”
Lei scrollò le spalle sperando di essere lasciata in pace, ma lui continuò a guardarla con insistenza.
Cominciava a sentirsi a disagio, perciò aprì bocca nella speranza di porre fine al più presto a quella tortura.
“Lavora in un’azienda prestigiosa Puck, lei stessa deve avere un lavoro prestigioso. Io? Non sono nessuno..” mormorò, cercando di stare alla larga dal suo sguardo.
“Britt, sarebbe una stupida se non uscisse con te.” Appoggiò la spalla contro la sua, quasi a volerla supportare anche fisicamente. “E se è davvero ‘formidabile’ come dici allora uscirà con te sicuramente.”
“Grazie, Puck.” Rispose incerta, riuscendo finalmente a sostenere il suo sguardo.
Il ragazzo si alzò e prese da terra la propria sacca. “Devo andare B.”
Lei lo osservò confusa, aggrottando le sopracciglia.
“Starò via per un paio di giorni, ma prometto che ti chiamerò.”
Brittany scattò in piedi per abbracciarlo, quasi si era dimenticata che il suo amico sarebbe dovuto andare in Europa per qualche tempo, ‘questioni di lavoro’.
“A presto, paperotta.” Sciolse l’abbraccio e si avviò verso la porta. Lei sorrise per quel soprannome.
“A presto, furetto!” rispose ricambiandogli il favore del soprannome dovuto ai loro anni al liceo, quando Puck era solito portare una capigliatura che sembrava più di ogni altra cosa un furetto morto.
Rimase perciò sola nell’appartamento, con gli occhi fissi sulla porta.
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In poco tempo era pronta per andare a lavoro. Il traffico quella mattina era micidiale, mariuscì comunque ad arrivare in tempo.
Era veramente felice di lavorare, non vedeva l’ora di poter parlare ancora con Santana e  chiederle di uscire, portando a termine la conversazione lasciata a metà il giorno prima.
Avrebbe davvero cambiato le cose.
La conversazione con Puck era stata motivante. Aveva tante idee per al testa, come regalarle dei fiori o addirittura un libro, proprio come aveva già programmato, ma c’era sempre il problema dei soldi.
Aspettò l’ora di pranzo, ma non accadde niente.
Così aspetto le diciannove.
Guardava i monitor e aspettava. Aspettava e guardava i monitor.
Quel giorno Santana non si presentò.
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Brittany si era intristita parecchio nei giorni precedenti, era quasi preoccupata.  Non poteva parlare a Santana e non poteva neanche parlarne con il suo migliore amico.
Quando arrivò al lavoro notò che sulla lista delle macchine rimaste per la nottata c’era l’Avalon di Santana.
Si stropicciò gli occhi e guardò un’altra volta, poi decise di fare un giro di ronda per verificare che fosse non fosse frutto della sua immaginazione.
Non poteva perdonarsi per essersi fatta sfuggire Santana, moriva dalla voglia di sapere come stava.
Prese il libro che le era stato regalato e cominciò a leggerlo. Si annoiava troppo, sperava che quel dannato lavoro potesse essere meno monotono e più interessante.
Santana comunque non lasciò mai i pensieri della bionda, ma era una cosa abbastanza normale negli ultimi tempi.
Tutto d’un tratto ci fu un movimento.
Era l’Avalon! In meno di un minuto il suo cuore riprese a tamburellarle nel petto, come impazzito.
Cominciavano  a venirle i primi dubbi: avrebbe davvero dovuto chiederle che fine aveva fatto? La riguardava?..
Quando l’Avalon svoltò l’angolo Brittany era ancora più agitata. Un sorriso che andava da guancia a guancia si scolpì sul suo viso, e quando il finestrino si abbassò il suo cuore ebbe un sussulto.
C’era solo un piccolo dettaglio.. alla guida non c’era Santana.
“Tu non sei Santana.” Protestò inconsciamente, non si era accorta di averlo detto ad alta voce.
L’uomo seduto alla guida le sorrise cortesemente, Brittany notò due fossette familiari sulle guance dell’uomo.
“No, non lo sono.” Rispose questo, con ilarità.
Sembrava quasi che quell’uomo ci stesse provando con lei, e nonostante fosse decisamente un bell’uomo.. beh, era abbastanza scocciata. Aveva aspettato quell’Avalon solo per vedere Santana, le mancava cavolo.
-Troppo patetica?-
Brittany voleva solo chiedergli che ci faceva nella macchina di Santana, ma forse così facendo avrebbe passato il limite..
Stava quasi per rompere le regole stabilite dal suo contratto quando l’automobilista le offrì i documenti, sempre con quel sorriso fastidioso stampato in faccia.
L’abbonamento era di Santana, mentre l’ID era quello dei visitatori.  Tutto in regola..
Ma che ci trovava di tanto divertente da sorridere così? La fissava e sorrideva.
Lo odiava, perché era venuto lui a prendere la macchina di Santana? Ma poi, perché Santana aveva lasciato la macchina parcheggiata lì?
Era come.. gelosa. Gelosa del fatto che lui sapesse più di lei sulla vita privata di Santana.
-Ok, calma.- Si convinse mentalmente che la sua era solo una patetica cotta ma chiaramente  aveva già passato il limite della semplice”cotta”.
La domanda più insistente, però, era un’altra. Chi diamine era quello sconosciuto?
Ma soprattutto, che relazione aveva con Santana?
Non poteva essere il padre, troppo giovane.
Magari un amico? Uno di cui la mora si fidava particolarmente, tanto da lasciargli prendere la propria auto?
Ma chi voleva prendere in giro..c’era un’altissima possibilità che  quello fosse il suo ragazzo.
Faceva schifo. Tutta la situazione. Ora le sue ore di lavoro sarebbero tornate ad essere noiose come sempre.
Quando tornò a casa, più tardi del solito, Cassandra la informò che il riscaldamento del palazzo era rotto.
No, non c’è limite al peggio.


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Capitolo 3
*** Il calore di una Casa. ***


| Ricordo che la storia non è mia, ma di BetTheDuckisInTheHat.  L'unico merito che mi prendo è quello della traduzione. Grazie comunque a tutti quelli che seguono la ff! :D |

Com’era immaginabile, Santana non si presentò a lavoro il giorno seguente.
Brittany si convinse che fosse normale, che non tutti lavorano  anche il sabato, sebbene la brunetta avesse lavorato nei fine settimana precedenti.
Dopo un turno di lavoro alquanto noioso, Brittany arrivò finalmente a casa. Il signor Heckins non le aveva più fatto sapere nulla delle sue chiavi e ciò poteva solo essere un bene per la bionda, che aveva ritrovato le proprie nello scomparto del frigo riservato alle verdure.  Sebbene non ricordasse come potessero esserci finite, fu grata di ritrovarle, non si sarebbe più dovuta preoccupare di reperire i soldi che avrebbe altrimenti speso per fare delle nuove chiavi e cambiare le serrature.
Quando entrò nell’appartamento, lo trovò più freddo del solito: non poteva parlare con Puck perché questo era dall’altra parte del mondo e Cassandra se n’era andata per via del riscaldamento che non ne voleva sapere di funzionare.
Aveva davvero bisogno di sfogarsi, però. Per via delle preoccupazioni che aveva riguardo a Santana, quel giorno era addirittura andata da Marley, la centralinista, per chiedere al signor Lynn qualche informazione sulla salute della ragazza. Sfortunatamente, Ryder non si trovava da nessuna parte.
La bionda dovette tenersi i propri dubbi, con una consapevolezza in più: era già affezionata a Santana.
Troppo affezionata. Avrebbe dovuto chiederle il numero quando ne aveva la possibilità.
Non le interessava più sapere se aveva una possibilità con la mora, a questo punto avrebbe accettato qualsiasi cosa, anche solo esserle amica. Voleva solo togliersi quel macigno dal petto.
Aprì il frigo soprappensiero, trovandolo vuoto. Fu allora che comprese che neanche lei voleva restare in quel dannato appartamento.
Dieci minuti più tardi era nella sua macchina, diretta verso l’unico posto  che l’avrebbe fatta sentire a casa.
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“Papà?” Urlò, mettendo piede nel salotto. Suo padre l’aveva obbligata a tenere la chiave di casa anche in seguito al suo trasloco.
“Ehilà, lampo!” Rispose una voce dalla cucina. Brittany sorrise all’udire quel soprannome, la chiamava così da... beh, da sempre.
L’appartamento di suo padre era poco più grande del suo, ma conteneva ancora buona parte delle sue cose. La sua  stanza da letto era rimasta intonsa da quando se n’era andata.
“Come va con il lavoro?” Chiese lei, lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Oh, beh. Non ci sono poi tante persone che muoiono dalla voglia di farsi riparare la macchina da un anziano.” Lui ci rise su, tirando fuori dal forno i maccheroni al formaggio. “Se mi avessi avvisato ti avrei preparato qualcosa di meglio.”
“Non ti preoccupare, posso farmi qualcosa da me.” Gli diede una spintarella con il fianco, invitandolo a spostarsi dal forno. “E poi non sei anziano, pà.”
Si lasciò scappare una risata, le mise una mano sul fianco e le baciò la fronte. “ Non serve, c’è cibo in abbondanza.”
Brittany sorrise, semplicemente, avvolgendogli le braccia attorno alla schiena. Prese un respiro, lasciandosi cullare dal profumo del suo dopobarba.
Lo aiutò a spostare i piatti e le posate in salotto, dove entrambi mangiarono comodamente sul divano.
Si prese il suo tempo per osservare il padre, intento ad azzannare la sua cena. Sembrava stanco, i capelli bianchi  lo facevano sembrare più vecchio di quanto non fosse. Edward Pierce, o Eddie P, aveva già quarantatré anni quando sua moglie rimase, a trentasette anni, incinta di Brittany; il che lo rendeva un bellissimo sessantatreenne.
“Quanto ti manca alla pensione?” Domandò preoccupata, sapeva che suo padre amasse il suo lavoro ma   non le andava a genio che dovesse fare un mestiere tanto faticoso.
“Solo qualche annetto.” Rispose sorridente, cancellando con il pollice le rughette che si erano formate sulla fronte di Brittany. “Non preoccuparti per me, Lampo.”
Riprese a mangiare, sempre con il sorriso sulle labbra. “E a te come vanno le cose?”
“Sto benone.” Brittany non osò alzare gli occhi dal suo piatto, non le piaceva dover mentire.
“Sì? Noah mi ha detto che ti ha dovuto procurare un lavoro.”
Ugh. Beccata.
“Ha fatto la spia!” Brittany ora avrebbe voluto sprofondare tra i maccheroni.
“Piccola, non devi vergognarti. Ti posso comunque aiutare io.” L’uomo posò il piatto vuoto sul tavolino.
“Pà, campi a fatica, non hai proprio bisogno di buttare via soldi per me.” Lo rimproverò alzando finalmente lo sguardo, nella speranza di suonare più sicura e convincente.
“Non posso permettere che mia figlia diventi una senzatetto! Avresti dovuto dirmi che non riuscivi a trovare un  lavoro.” Borbottò lui, incrociando le braccia.
“ è stata una cosa temporanea.” Protestò la bionda, prendendo le mani del padre tra le sue. “E poi adesso ho un lavoro –con un ottimo stipendio!- e posso pagare l’affitto senza problemi.”
“E va bene. Però se dovessi mai aver bisogno di qualcosa..” sembrava quasi più pacato ora che sapeva che sua figlia poteva mantenersi un tetto sulla testa. “ io ho solo te, e tu hai me. Lascia che ti aiuti.” Affermò tristemente, Brittany sapeva che era vero. Gli occhi dell’uomo sembravano quasi supplicarla.
“Ok. Mi farò aiutare se dovessi avere bisogno.”
Lui le diede un altro bacio sulla guancia, accendendo poi la TV.
“Ho ricevuto una lettera da tua madre.” Disse come se niente fosse, nel mezzo di uno show televisivo. Brittany si alzò immediatamente, guardandolo sconcertata.
“In realtà, è più un..annuncio.” borbottò, passandosi una mano sul viso. Okay, ora Brittany era più che altro curiosa.
L’uomo si alzò, dirigendosi verso una scrivania vicina all’entrata. Aprì un cassetto e quando fece ritorno al divano aveva una lettera stretta tra le mani e un po’ più di tristezza negli occhi.
Brittany l’aprì in fretta, riconobbe la calligrafia della madre. Ed eccolo lì. Una partecipazione di matrimonio.  
Annunciava lo sposalizio della signora Susan Pierce con Dwight Evans. Quel nome le era familiare per qualche motivo, ma non capì perché.
Brittany alzò lo sguardo verso il padre. Era davvero di pessimo gusto una cosa del genere.
Suo padre, come se avesse capito la domanda che si stava ponendo la figlia, sospirò prima di parlare. “ E’ una specie di boscaiolo famoso.”
Qualcosa scattò nella mente della bionda. “E’ quello della Evans Lumber &Co.?”
Lui annuì e lei rispose con una faccia sorpresa.
“Dev’essere in vena di affari.” Constatò l’uomo, desolato.
Brittany si alzò in piedi e nascose la faccia nel petto del padre, abbracciandolo con quanta più forza possibile.
Scosse la testa prima di parlare. “Papà, tu sei l’uomo più fantastico che conosca e il padre migliore del Mondo!” I suoi occhi si riempirono di lacrime quando incontrò lo sguardo della persona più importante della sua vita.
“Piccola..”Le prese le guance tra le mani e portò via la lacrima solitaria che aveva rigato il viso della bionda. “E tu sei la figlia migliore del mondo.”
Rimasero abbracciati per tutto il tempo necessario.
Brittany gli voleva davvero tanto bene. Si ricordò di come, quando il padre di Noah se ne andò, prese sotto la sua ala protettiva il ragazzo, rendendolo partecipe anche alle gite di famiglia.
Quando capì di avere dei gusti sessuali particolari il primo che lo seppe fu suo padre, il quale accettò la cosa con naturalezza. La madre, invece, disse che non era altro che una delle tante stranezze di Brittany e che sarebbe passata con il tempo. Faceva finta che quel coming out non fosse mai avvenuto.
Però non passò con il tempo.
Un anno dopo Brittany tornò a casa con quella che era la sua ragazza dell’epoca e disgraziatamente a casa c’era solo sua madre. Questa  le prese da parte e disse loro che era irrispettoso  da parte loro costringerla ad accettare un tale abominio, non avrebbe mai accettato lo stile di vita della figlia. Così portò fino a casa la ragazza e quando ritornò nella propria dimora, quella sera, diede uno schiaffo alla bionda.
Si guardarono, l’una di fronte all’altra, nel salotto. Brittany con la sua guancia arrossata e sua madre con tutto il suo disappunto. La donna diede alla figlia un ultimatum: se non avesse posto fine a tutte quelle stranezze, se ne sarebbe dovuta andare di casa.
Brittany, la quale era sempre stata fedele a se stessa, non ci mise molto a rispondere che avrebbe preferito vivere per strada piuttosto che condividere un tetto con qualcuno che non la amava.
Fu costretta dalla madre a fare le valigie.
Quando il padre tornò a casa, una volta appresa la vicenda, si fiondò nella camera della figlia, dove una Brittany spaventata e ferita stava  piangendo le sue ultime lacrime. Anche lui pianse nel loro lungo abbraccio. Brittany lo capì perché la sua maglia, in seguito a quel lungo contatto, era diventata umida.
Quando pochi minuti dopo sentì delle urla provenire dal salotto non le ci volle molto a capire cosa stesse succedendo.
Il padre di Brittany stava dando a sua moglie il suo ultimatum. La sua condizione era semplice: se la madre non avesse accettato la figlia per quello che era allora li avrebbe persi entrambi.
Edward Pierce conosceva la risposta già prima di proporle quell’ultimo patto.
I due lasciarono la casa il mattino dopo. Quello fu ciò che la magnanimità  di Susan Pierce gli concedette: un’ultima notte.
Eddie finì con l’affittare l’appartamento in cui viveva tutt’ora.
Brittany non sentiva la madre da sette anni.
Il padre della bionda la rassicurò spesso, ripetendole che non era colpa sua se avevano divorziato. Il loro matrimonio era sul lastrico da tempo, Susan era insoddisfatta della sua vita e dei problemi finanziari della famiglia. Durante una lite ammise che l’unico motivo per cui non lo aveva ancora lascaito era l’obbligo matrimoniale, la promessa che fece davanti a Dio.
“Domani lavori?” Chiese, interrompendo i pensieri della figlia.
Scosse la testa.
“Ti andrebbe di passare qua la notte? Possiamo divertirci come ai vecchi tempi!”
Brittany ringraziò mentalmente il sesto senso di suo padre, non avrebbe fatto ritorno volentieri in quell’appartamento freddo.
Inoltre si divertiva sempre tantissimo con suo padre.
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Nonostante il padre dovesse lavorare anche di domenica, i due riuscirono a divertirsi.
Lei gli fece dei pancakes per colazione e passò la giornata in officina con lui. In seguito dovette uscire con i colleghi di suo padre, i quali erano talmente gentili ed adorabili che solo un mostro si sarebbe lamentato  della loro compagnia.
Ricevette – incredibilmente- un messaggio da Cassandra, in cui la avvisava che non sarebbe tornata a casa. Si sorprese anche solo del fatto che si fosse disturbata di farglielo sapere.
Si ritrovò sola quella notte, nel calore del suo vero letto.
Nei giorni precedenti era riuscita a distrarsi e non pensare ad una certa moretta..
Con l’arrivo del lunedì, però, non riuscì a fare a meno di tormentarsi nuovamente al pensiero di Santana.
L’avrebbe mai più rivista?

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Ehi there. Lo ammetto, quando ho letto questo capitolo ha lasciato a bocca asciutta anche me. 
Motivo per cui ho deciso di pubblicare a brevissimo quello successivo, studio permettendo. 
Quindi, a prestissimo! 


 

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Capitolo 4
*** Un Piano Perfetto. ***



L’unico aspetto negativo dell’aver passato la notte a casa di suo padre era che, una volta giunto il lunedì mattina, aveva dovuto fare ritorno nel suo appartamento ghiacciato e solitario. Era impossibile non sentire la differenza tra una casa vera ed una casa “di facciata”.

La prima metà del suo turno fu noiosa, come sempre.  L’unica cosa impegnativa che dovette fare fu cercare di porre un rimedio al casino lasciato da quel Finn  Hudson durante il finesettimana. Qualcuno avrebbe dovuto spiegargli come fare a scrivere un rapporto ordinato e decente.
Per sistemare il danno del ragazzo dovette addirittura saltare le ronde mattutine.
Quando arrivò la campanella del pranzo Brittany sospirò sollevata. Suo padre le aveva preparato un pasto talmente buono che sprecarlo sarebbe stato da pazzi. Così si recò nella sala riservata agli impiegati per riscaldare il proprio pranzo al microonde.
C’era anche la ragazza della receptionist, intenta a parlare a due guardie di sicurezza che Brittany non aveva mai visto prima. Quando notò che Brittany era sola la invitò ad unirsi a loro per pranzare insieme.
Fu quindi costretta a presentarsi e, contrariamente a quanto si aspettava,  fece amicizia alla svelta. Sembravano tutti brave persone, compreso quel Karowsky che dall’aspetto sembrava tutto fuorché socievole. I due andarono subito d’accordo. Lui le ricordava un po’  Puck: croccante all’esterno ma soffice come un marshmallow nel profondo. Nel caso di Dave Karofsky il marshmallow era sicuramente color arcobaleno. Il suo gay radar raramente si sbagliava, non disse comunque nulla per cortesia.
Un’altra persona con cui Brittany non fece fatica a legare fu Quinn, una biondina carina e gentile con cui parlare risultava più che facile.

Dopo pranzo tornò alla sua postazione. Socializzare non era male, ma la calma del suo gabbiotto era decisamente meglio.
Tamburellò con le dita la superficie della scrivania di legno per poi aprire un  cassetto ed incontrare un libro. O meglio, IL libro. Era il libro di Santana.
Aveva finito di leggere Le avventure di Peter Pan  già da un po’, ma si era rifiutata di aprire Alice Nel Paese Delle Meraviglie  perché sapeva che, se si fosse spinta nella lettura di quel tomo, sarebbe caduta lei stessa in un buco nero che l’avrebbe portata nel proprio mondo delle meraviglie. (Ovviamente incentrato su Santana!)
Dopo aver combattuto per qualche minuto optò per riporre il libro nel cassetto, per dedicarsi alla prima ronda pomeridiana. Quando arrivò al secondo piano sotterraneo  la vista di una macchina le fermò il cuore.
L’Avalon nera era parcheggiata nel solito posto, vicino all’ascensore.
Il suo cuore riprese a battere ma con più fretta del solito.
Poteva voler dire due cose:  primo, Santana era finalmente tornata(e magari!) o secondo, il bellissimo ragazzo l’aveva sostituita.
Non riuscì a tenere le proprie preoccupazioni in quel piano interrato. Se le portò dietro, nella propria postazione. Non le restava che aspettare le 19  –sebbene il suo turno finisse mezz’ora prima- solo così  avrebbe posto fine alle sue preoccupazioni. 
Si convinse che se anche quella volta al posto della mora si fosse presentato quel ragazzo gli avrebbe chiesto che fine avesse fatto Santana. Non poteva sprecare un’altra occasione.
Che Brittany fosse impaziente era deducibile anche dal tremore delle sue mani che le comportò diversi problemi durante le ondate serali di vetture in uscita. Verificare tutti i permessi in quelle condizioni prendeva molto più tempo e la bionda non faceva altro che scusarsi con tutti.
Quando le lancette dell’orologio puntarono le 19  il cuore di Brittany si diventò un velocista, sembrava un atleta impazzito.
Ci vollero ancora una manciata di minuti prima che il suono di un motore familiare le facesse perdere la testa.
(Come aveva fatto il suono di un motore  a diventare tanto familiare??)
Quando la macchina si presentò davanti al suo sportello la bionda stava per dare di matto, le mani tremavano come foglie.
Il finestrino oscuro lentamente si tirò giù e Brittany trattenne il respiro.
“Santana!”
Prima che se ne potesse accorgere il nome della ragazza che aveva aspettato con tanta trepidazione sfuggì dalle sue labbra. Non avrebbe potuto mascherare né il tono sollevato né tantomeno l’espressione di gioia e stupore sul suo viso.
Eccola lì, in tutta la sua magnificenza.
C’era una sola cosa adesso nella mente di Brittany. Una sola frase.

Mi sei mancata.

Santana sorrise, come se avesse potuto sentire i suoi pensieri; era solo l’immaginazione di Brittany.
L’unica cosa che voleva dirle era che le era mancata, ma non c’era modo di farlo senza sembrare patetica. Erano stati solo pochi giorni.
Quindi accantonò quei pensieri e si concentrò sulla mora.
C’era qualcosa di diverso nei suoi occhi. Non era presente come le altre volte.
“Stai bene?” Domandò, senza pensarci due volte.
“..Sì.” Santana buttò fuori a fatica quella sillaba e Brittany non le volle credere.
Voleva chiederle cosa avesse,  ma non era appropriato. Allo stesso tempo considerava Santana come un’amica.. è normale preoccuparsi per l’assenza di un’amica, no?
“Sei stata male?” Chiese titubante, cercando di tener ferme le mani.
“Sono stata male.” Annuì, concordando con la bionda. Ancora, Brittany non le credeva.
Voleva saperne di più ma non avrebbe mai forzato Santana a dire qualcosa che non si sentisse di confessare, perciò cambiò tattica.
“Com’è andato il weekend?”
“Niente di che.” Cominciava a sentirsi addosso gli occhi dell’altra. “Non ero in gran forma.”
Brittany comprese che non avrebbe ottenuto granché dalla mora, non quel giorno.
“E tu?” Chiese Santana, illuminandosi improvvisamente. Sembrava felice di aver spostato l’attenzione da sé alla bionda.
“Sono uscita con mio papà. So che suona patetico, ma in realtà è stato divertente.” Rispose l’altra sinceramente.
“Ne sono sicura.”
Eccolo lì! Quel  sorriso. Era il sorriso che scioglieva il cuore di Brittany come cioccolato al sole.
Brittany doveva essersi persa di nuovo in Santana, perché questa parlò di nuovo.
Quando sentì la sua voce, la mora stava arricciando il naso in un modo tenerissimo.
“Cos’è quest’odore??” Annusò l’aria incuriosita, per poi aggiungere “Sciroppo d’acero?”
Brittany sembrò confusa per qualche istante, poi realizzò di cosa stesse parlando Santana e non poté fare altro che ridere.
“Oh, sì” si sporse per prendere un boccettino marrone appeso vicino alla finestra e sventolarlo davanti a sé.
“Me lo ha dato lo zio Bobby, che lavora con mio papà. Sa che amo lo sciroppo d’acero, quindi mi ha dato questo per la macchina.” Spiegò, orgogliosamente fiera di quel profumatore di ambienti.
L’espressione confusa di Santana incoraggiò Brittany a continuare con la spiegazione.
“ A George non piace l’odore, quindi lo tengo qui.” Alzò le spalle, rassegnata.
Santana scoppiò a ridere, Brittany era felice che la mora si ricordasse ancora il nome della sua macchina. (George, appunto) Un’altra cosa che la rendeva felice era vedere Santana più disinvolta e meno distante.
“Ha un ottimo odore.” Costatò la mora, continuando ad annusare l’aria. “Mi sta persino venendo fame.”
Brittany rise divertita, pensando poi che non le sarebbe dispiaciuto mangiare con Santana.
Le venne in mente un’idea..
Mierda, sono in ritardo per cena!” Esclamò Santana dopo aver realizzato che ora si era fatta.
Con una frase aveva distrutto il piano di Brittany.
Cercò di ignorare il fatto che quel ‘farò tardi per la cena’ implicasse che la brunetta si sarebbe vista, a breve, con qualcun altro.
“A domani, Britt.”
Congedandosi così, ridiede il sorriso alla bionda.
L’aveva chiamata Britt – di nuovo – e le aveva dato la certezza di esserci l’indomani.
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Come promesso, Santana si presentò il giorno dopo.

Brittany arrivò a lavoro leggermente più tardi del solito, perché si era dovuta fermare per delle commissioni.
Aveva comprato un bellissimo giglio bianco, uno di quei fiori esotici, e l’aveva custodito come se fosse un  reperto storico.
Quando giunse sera e Santana si fermò per la solita chiacchierata serale, le porse i documenti, come consueto.
Questa volta però  Brittany fu felice di restituirglieli accompagnati dal  fiore.
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Giovedì Brittany arrivò in anticipo per il turno di dieci ore, così passo dalla reception. Quando vi arrivò, trovò un uomo – il Signor Lynn- intento a parlare con la ragazza dietro alla scrivania.
“Buongiorno signor Lynn.” Lo salutò educatamente, rivolgendogli un sorriso.
“Brittany, che piacere vederti!” Esclamò lui con sincerità. Brittany non riusciva a spiegarsi come aveva fatto una persona del genere a finire a capo di un impresa tanto imponente – incuteva lo stesso timore di un cesto pieno di gattini.
“E non chiamarmi così, chiamami Ryder. Abbiamo praticamente la stessa età!” Proseguì il ragazzo, spostandosi un ciuffo di capelli dagli occhi.
“Stavo giusto dicendo a Marley che sei uno dei nostri acquisti più azzeccati.”  Oh, ecco come si chiamava la ragazza della reception! E lei che l’aveva chiamata Matilde da quando era arrivata.. Beh, buono a sapersi.
“E volevo giusto parlare con te.” Finì lui, indicandole la porta verso la stanza dedicata agli impiegati.
“Oh, okay.” Brittany salutò con la mano Marley, seguendo l’uomo verso la porta.
La bionda aveva appena cominciato a prendere la divisa da lavoro riposta nell’armadietto, quando il ragazzo si schiarì la voce.
“Ho visto come lavori, hai del potenziale.” Si sedette su una delle sedie della stanza.
“Ho deciso di  farti vedere il resto dell’edificio per i prossimi giorni.” Sembrò soddisfatto nel dirlo. “quindi dopo pranzo  vienimi a cercare, sarò felice di mostrarti i piani.”  
Brittany avrebbe dovuto essere felice, finalmente arrivava la sua promozione. Tuttavia, avrebbe perso i suoi incontri con Santana.
Aspettò con ansia l’ora di pranzo pur sapendo che Santana non si sarebbe presentata.  Sperava di poterla vedere, perché non aveva la sicurezza di incontrarla alle 19. Quanto tempo le avrebbe portato via quel giro per l’edificio??
Quando arrivò l’ora di pranzo Brittany consumò il suo pasto in solitaria e Santana non si fece viva.
Immaginabile.
_________________________
“Perfetto, allora andiamo.” Disse il ragazzo in tono autoritario.
I due entrarono nell’ascensore.
Il palazzo di per sé non era poi questa gran cosa. I piani erano strutturati pressoché allo stesso modo, visto uno visti tutti.
Certe procedure, però, erano una vera rottura di scatole.
Aveva visto praticamente ogni piano dell’edificio quando alle 18 Ryder dichiarò il giro finito per il momento.
Era stato estremamente gentile ed era molto più cortese di quanto un capo solitamente è.
Si domandò come faceva Puck a conoscerlo.
Non potendo più tenere il dubbio per sé glielo chiese quando si ritrovarono entrambi nell’ascensore, diretti al piano terra.
“Ryder, ma tu perché conosci Noah?”
“Noah?” Domandò confuso. “Ah, Puck, dici? “
La ragazza annuì semplicemente.
“è  più o meno imparentato con Jake.”
“Jake? Chi è Jake?”
“Oh, scusa. Jake è il mio ragazzo.” Rispose l’uomo dopo essersi sistemato i capelli allo specchio dell’ascensore. “Credo che siano cugini.”
Un ‘ding’ dichiarò l’arrivo dell’ascensore al piano terra e dopo neanche un secondo Ryder era già fuori.
Brittany si diresse pensierosa verso la sua solita postazione al parcheggio, appuntandosi mentalmente di chiedere a Puck maggiori spiegazioni.
Aveva ancora due ore di lavoro da fare, il che significava che avrebbe rivisto Santana.
_____________________________________________________________
“Ehi, Britt.” Santana abbassò il finestrino, richiamando la bionda con un sorriso.
Non si disturbò neanche di darle i documenti. Era come se, più che un blocco di sicurezza, quello fosse il loro posto preferito per gli appuntamenti.
Prima il piacere e poi il dovere, no?
Senza contare che non usciva praticamente nessuno dopo Santana dal parcheggio.
Parlarono del più e del meno, Brittany le disse della sua giornata omettendo volontariamente la parte riguardante la possibile promozione dal lavoro.
Dopo un’ora di chiacchiere, Santana era ancora animata nel raccontare a Brittany dell’odiosa cliente con cui  aveva avuto a che fare.
Brittany ancora non aveva capito molto del lavoro dell’altra, ma sapeva che aveva a che fare con dei computer e.. cose tecnologiche?
Sembrava essere un lavoro troppo complicato,  il che non poteva significare altro se non che la mora fosse un piccolo genio.
Si sentì fiera di lei.
“Ora però devo andare, Britt.” Santana finalmente le porse i propri permessi.
Brittany li convalidò  con calma, guadagnando secondi per ammirarla.
Quando Santana  ottenne indietro i propri documenti le mani delle due ragazze si soffermarono in quel contatto per un po’, come al solito.
La mora fece per ritirare la mano e Brittany le afferrò il polso con decisione.
“Aspetta!”
La lasciò andare, facendosi nervosa tutto d’un colpo.
Si morse il labbro indecisa; forse era la sua immaginazione ma per un momento gli occhi di Santana si erano abbassati concentrandosi proprio lì.
Le stava davvero guardando le labbra?
Brittany si era ricordata del piano che aveva escogitato tempo prima. Si fiondò ad aprire il cassetto della scrivania, sperando che Santana rimanesse in attesa.
Quando tornò indietro dalla mora le offrì un pacchetto. Gli occhi di Santana si fermarono sulla carta da regali in cui era avvolto: estremamente colorata.
“Due regali in pochi giorni? Sto diventando fortunata.” Santana rise e per qualche istante le sue guance si colorarono di rosso. “Ma non dovevi disturbarti Brit.”
La sua mano raggiunse quella della bionda prima che questa potesse ritrarla interamente.
“No.” Brittany si godette in silenzio il privilegio di poter tenere quella mano scura tra le sue. “è la condizione, ricordi? Per il tuo libro.” Un sorrisetto malizioso si scolpì sulle labbra di Brittany.
Santana sembrò voler protestare ma la bionda non le lasciò il tempo per farlo.
“Inoltre volevo  darti qualcosa, San.”
Santana sembrò illuminarsi a quel soprannome. Diede una stretta alla sua mano prima di ritirare la propria per aprire il regalo.
Brittany aspettò con ansia. Contò mentalmente tutti i secondi che trascorrevano,  poi la sentì.
La risata più bella del mondo.
L’avrebbe ascoltata per ore. Non voleva più entrare nella Polizia, voleva essere la ragazza che fa ridere Santana. A disposizione 24 ore su 24.
La mora alzò lo sguardo con un sorriso sinceramente grato.
“Britt..” gli occhi di Santana si illuminarono studiando meglio la copertina delle Avventure di Peter Pan.
Non era un libro costoso come quello che lei aveva dato a Brittany, ma era tutto ciò che la bionda poteva permettersi.
E non era finita lì.
“Grazie mille.” Gli occhi scuri della latina si incatenarono in quelli della bionda per svariati secondi.
“è stupendo.” Sorrise portandosi il libro al petto, mostrando a Brittany quelle deliziose fossette sulle guance.
La bionda le avrebbe regalato miriadi di libri se questi l’avessero rallegrata sempre in quel modo.
Si domandò se fosse appropriato chiederle di uscire – invitarla ad un appuntamento- in quell’istante.
Le possibilità che dicesse sì erano notevolmente maggiori, no?
“Devo proprio andare adesso.” Brittany accantonò i pensieri per l’ennesima volta.
Posò il libro sul sedile del passeggero e se ne andò con un sorriso di scuse.
Brittany sventolò la mano per salutare la vettura.


Non c’era da stupirsi se, una volta sdraiata nelle coperte del letto, pensasse a lei.
Si domandava se mai avesse avuto l’occasione perfetta per  invitarla ad uscire.
Non era sicura che Santana avesse un ragazzo o una ragazza, non gliene aveva mai parlato fino ad allora.
Sperò con tutto il cuore che il ragazzo della settimana scorsa fosse solo un amico.
Santana non le aveva mai detto niente neanche su quell’uomo. Brittany non le avrebbe mai chiesto nulla a riguardo, terrorizzata da un possibile risposta.
Inoltre non erano affari suoi.
Sentì il telefono suonare e lo afferrò dal comodino.
La porta sbatté fragorosamente, facendole perdere il cellulare tra le lenzuola per lo spavento.
“Brittany, sono a casa! Vado a letto.” La voce stridula di Cassandra riempì l’appartamento.
“OKAY!” urlò lei in risposta dalla camera. Non voleva che Cassandra pensasse che fosse un ladro o peggio, Puck,  quindi replicò alla svelta.
Non voleva quella matta tra le lenzuola.
Brittany si ricordò del telefono, tastò il materasso e finalmente lo trovò.
Il display era ancora illuminato, mostrava un messaggio da un numero sconosciuto.
Recitava:

Ahahah, ho trovato questo numero tra le pagine di un libro.. Spero che sia il tuo, Britt.
Sono Santana ;-)


Brittany scoppiò a ridere per la tenerezza di quel messaggio.
Santana sapeva che quel numero era di Brittany, perché la bionda glielo aveva scritto nella prima pagina del libro, con tanto di smile ammiccante.
C’era riuscita. A quanto pare, aveva messo in atto un piano perfetto.



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Mi scuso per gli errori, non ho riletto il tutto ma spero non ci sia niente di incomprensibile.
 

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Capitolo 5
*** La sorpresa del tredicesimo piano. ***


Brittany ricevette la tanto attesa chiamata di Puck un sabato mattina.
“Come sta, signorina?” Puck pronunciò ogni parola in uno sfacciato accento inglese e la bionda non riuscì a trattenere le risate.
“Io sto bene, furetto” si schiarì la voce “E tu? Come procede il viaggio verso l’università degli accenti sbagliati??” Questa volta fu Noah a ridere, gli era mancata l’ironia della sua amica.
“Non c’è male, B.” Disse quando la sua risata si attenuò. Quando riprese a parlare lo fece con voce profonda e con un’estrema serietà. “Scusami se non ti ho chiamata prima. Qua è un delirio.”
“Lo so Puck, guidare per ore è estenuante.” Brittany  intervenne prima che potesse andare avanti. La bionda era abituata a ricevere poche chiamata dall’amico, specialmente se lavorava in paesi tanto lontani. Ma non ci potevano fare nulla, prendere o lasciare.
Rimasero in silenzio per qualche attimo, prima di riprendere la conversazione.
“Noah, mi stavo chiedendo..” Brittany si fermò per mettere in riga le parole confuse e comporre una domanda più o meno cortese. Beh, quantomeno presentabile. “Come hai conosciuto Ryder, esattamente?”
Niente di troppo complicato. Forse aveva caricato quel ‘esattamente’ di troppa enfasi, ma ormai era andata.
Il ragazzo rimase muto per una manciata di secondi, poi rispose con un’altra domanda. “Perché me lo chiedi?”
Brittany sbuffò, non le restava che mirare dritto al centro dell’argomento. “è vero che il suo ragazzo è imparentato con te?” Sperò di non averlo detto con un tono troppo accusatore.
Sapeva di essersi spinta un po’ oltre con quella domanda, e l “oh” di stupore che provenne dall’altro lato della cornetta ne era una prova sufficiente.  Brittany conosceva Puck molto bene, era consapevole che il ragazzone non si sarebbe mai spinto a contattare un parente per una qualsiasi cosa, figuriamoci per chiedere un lavoro.
“Mi dispiace non avertelo detto prima, B.” Sembrò davvero pentito di non averlo fatto. “Te l’ha detto Ryder?” Domandò, senza darle tempo per rispondere. “Non importa, comunque è un parente da parte di mia madre. È un tipetto apposto, figlio della zia Deena, ogni tanto con loro parlo ancora.”
“..Hai dovuto..” Brittany cominciò la domanda, temendo che per procurarle quel lavoro Puck avesse dovuto indebitarsi in qualche modo con il cugino. Non si sa mai di cos’è capace un Puckerman.
“No, no Brit.” Tagliò il discorso, prevedendo il resto della frase. “Non ti preoccupare, ti ho detto che è un tipo a posto. E poi ho solo dovuto dare a Ryder il tuo curriculum, niente di più.”
“Ok, grazie Puck.” Annuì sebbene dall’altro lato Puck non la potesse vedere. Era felice di sapere che non era stata fonte di danni per il ragazzo.
“è stato un piacere.” Commentò Noah, mettendo troppa enfasi nell’ultima parola.
“Ugh.” Brittany fece una smorfia di disgusto. “Trovi sempre un modo per rovinare tutto, cazzone.”
Rise  genuinamente per la propria battuta e Brittany restò in ascolto di quel suono. Quando riprese a parlare stava ancora ridendo per metà. “E come va con le ragazze?”
“Non ci sono ragazze Puck.” Rispose la bionda in tono seccato.
“Allora, come va con la ragazza?” Provò a domandare nuovamente. Era evidente che fosse quello per cui aveva chiamato, sembrava talmente curioso che..
“Ho il suo numero!” Buttò fuori tutto d’un fiato e Puck l’immagino zampettare per casa come un bambino la mattina di Natale. Non si ricordava di averla mai sentita tanto felice.
“Bella mossa, coccinella!” alzò il pugno in aria, esultante. Davvero, quella ragazza si meritava un po’ di serenità. “Quindi quando uscite??”
Ci fu un silenzio.
Puck si portò una mano sulla fronte, sapendo già cosa volesse dire.
“Non.. non ne abbiamo ancora parlato.” Mormorò imbarazzata la bionda, confermando i sospetti dell’amico.
“Ma ci siamo scambiate molti messaggi negli ultimi giorni.” Provò a difendersi Brittany, cadendo poi nei pensieri che la cullavano fino a Santana. Si era messa a fissare il vuoto, ripensando al buongiorno che le aveva mandato la mora quella mattina, sapendo che non si sarebbero viste.
Santana sembrava essere davvero dolce, poneva a Brittany domande abbastanza meditate e non si faceva problemi a rispondere a quelle che la bionda le poneva, domande decisamente più leggere, quali ad esempio quale fosse il suo colore preferito. (Blu. Aveva detto blu.)
“E allora perché non le hai chiesto un appuntamento??”  Brittany fu  tirata fuori dai suoi pensieri, ma impiegò troppo tempo a riprendersi perché prima che potesse dire qualcosa Puck aggiunse un “Brittany..” di sconforto. La ragazza si preparò ad una lezione di vita sulle donne.
“Ascolta, è un bene che parliate.” La bionda scosse la testa, sorpresa. Lo stava dicendo davvero? “ Però dovresti chiederle di uscire con te.”
Brittany  mandò in tilt il proprio cervello domandandosi  più volte di aver sentito bene. Magari era successo qualcosa a Puck durante il viaggio.. forse gli alieni lo avevano rapito e reso più maturo?
“Voglio chiederglielo. Magari.. lunedì.” Almeno, ci avrebbe provato.
“Brava ragazza.” Si complimentò con lei, felice che la sua amica si fosse decisa a portare quella relazione ad un livello superiore.
“Quando torni, furetto?” Cambiò argomento prima che Noah potesse provare a convincerla di chiedere a Santana un appuntamento per telefono il giorno stesso. Non che non volesse vederla,  ma non si sarebbe mai riuscita a preparare e.. voleva chiederglielo di persona. Doveva.
“Oh, fammi controllare.” Sentì lo sfregare di fogli, poi la voce riprese. “Dovrei essere in Francia fino a martedì, poi Londra..” altro sfregare di fogli.
“Puck! Non sei ancora in Inghilterra e già fingi un accento britannico?” Brittany non riuscì a tenere per sé quella risata.
“Dovrei essere a casa entro venerdì.” Concluse quando la risata della bionda si placò.
“Ma è.. lontanissimo.” Puck immaginò il broncio sul viso di Brittany e sorrise, intenerito.
“Ti chiamerò più spesso. E prometto che quando tornerò andremo a ballare. Sperando che la tua ragazza si possa unire a noi..”
Brittany voleva ribattere smontando quell’affermazione, ma ci sperava lei stessa. Magari se lunedì avesse detto sì nel fine settimana sarebbero potute andare in discoteca.
Poi si ricordò di non sapere niente nemmeno sulla sessualità di Santana. Magari per la brunetta lei era solo un’amica e nulla di più.. Però quel flirt andava avanti da un po’ e non si era mai lamentata.. ne sembrava quasi felice. Quindi, perché no?
Non era più una semplice cotta. Brittany provava dei veri sentimenti per la mora. Strano per due che si conoscono da meno di tre settimane. Non poteva farci niente, mica poteva impedire al suo cuore di battere per l’altra.
_____________________________________
Lunedì mattina. Lo stomaco di Brittany quasi faceva le capriole. Lo aveva promesso a Puck, le avrebbe chiesto un appuntamento.
Aveva passato l’intero weekend a domandarsi quale fosse il modo migliore per farlo. Poi si ricordò dell’amico di Santana, quello dell’auto, e per un attimo si scoraggiò. In seguito si disse che ci avrebbe provato lo stesso, Santana ne valeva la pena. Doveva solo prepararsi ad ogni possibile reazione..
Dopo una preparazione tanto lunga non si aspettava di poter essere nervosa, invece lo era eccome.
Siccome era un normale lunedì avrebbe visto la mora solo alla sera, e forse era un bene. Almeno così poteva ripianificare un’ultima volta la strategia.
Le inviò il buongiorno, come al solito, e non poté fare a meno di sorridere alla sua risposta.

“ Buongiorno, Britt-Britt ;-)”

Amava quel soprannome, era di sicuro il suo preferito.
Stava ancora fissando il telefono quando questo vibrò di nuovo. Era un altro messaggio da parte di Santana che la informava che non sarebbe andata a lavoro quel giorno. La mora non spiegò molto, disse solo che aveva un meeting da un’altra parte che avrebbe occupato l’intera mattinata.
Nonostante il disappunto Brittany fu felice – grata- di avere il numero di Santana. Se non l’avesse saputo si sarebbe preoccupata, domandandosi se questa non si fosse ammalata ancora.


Era già pomeriggio e Brittany non poteva fare a meno di annoiarsi, non aveva neanche la speranza di poter vedere Santana. Stava giochicchiando svogliatamente con la penna quando Ryder la chiamò tramite la radiolina.
“Abbiamo bisogno di te quassù, Pierce.”
Brittany afferrò la radiolina sulla sua spalla rispondendo prontamente. “Arrivo subito.”
Quando arrivò alla reception Ryder la stava aspettando assieme a Quinn.
Ryder le disse che la voleva a controllare il quinto piano per tutto il giorno, occasionalmente avrebbe dovuto fare un giro per i piani inferiori. Le disse inoltre che il suo turno sarebbe durato leggermente di più, specialmente perché avrebbe dovuto chiudere a fine giornata i piani superiori dal momento in cui la guardai addetta a quei lavori si era data malata.
“Vedrai, andrà tutto alla grande Brit.” Quinn la rassicurò, accompagnandola in ascensore. La bionda più bassa era estremamente gentile, ma sentirsi dire ‘Brit’ le faceva pensare ulteriormente a Santana.
Al ding dell’ascensore, giunto al terzo piano, si congedò dall’altra.
Erano passati solo tre giorni e Santana le mancava incredibilmente.. era una causa persa.
Incontrò Dave al quinto piano, dove Ryder diede loro le ultime istruzioni.
Dopo aver parlato per un po’ con la guardia notò di avere molto in comune con lui, non solo il fattore gay.
“Quindi vuoi entrare nella polizia?” chiese lui con genuino interesse.
“Sì, ho sempre voluto far parte dell’esercito*” rispose lei, ricordando i sogni di una piccola Brittany bambina.
“Che figata.” Annuì con un sorrisetto sul viso. “Stavo pensando anche io di fare domanda.”
“Dai, davvero?” Chiese Brittany, come ammaliata.
“Ho lavorato qui come guardia per un po’ di anni, ma non credo sia la mia vocazione.”  Si grattò la nuca con evidente imbarazzo e Brittany non poté fare a meno di pensare che per un ragazzone tanto grosso fosse strano essere tanto timido.
“E’ grandioso, magari un giorno lavoreremo assieme di nuovo!” La bionda gli sorrise caldamente, pensando che sarebbe stato davvero carino avere già un amico quando sarebbe giunto il momento di lavorare in una vera caserma.
“Ugh, ora  devo andare. Alla prossima!” Il ragazzo si congedò sventolando la mano in sua direzione, sparendo poi dentro all’ascensore.

Eccetto quella piccola vicenda, la sua giornata fu incredibilmente noiosa. Non accadde nulla di nulla.
L’unica nota positiva era che, contrariamente a quanto si aspettava, era riuscita ad arrivare a casa un po’ prima.
Non aveva neanche ancora messo piede nel suo appartamento quando il telefono suonò.
Uno dei suoi sorrisi migliori si fece largo sul suo viso non appena notò il nome sul cellulare.
“Hey, Britt.” Una voce stanca e femminile la salutò dall’altra cornetta.
“San!” Brittany non si sforzò neanche di trattenere l’entusiasmo, la mora non avrebbe potuto farle una sorpresa migliore.
Dimenticandosi della propria fame si sdraiò sul divano, più interessata a sentire la voce della latina piuttosto che a prepararsi cena.
Le raccontò della sua giornata e di Dave.
Santana non sembrò essere molto d’accordo con la sua nuova amicizia, ma forse era solo l’immaginazione di Brittany.
“..E quindi è venuto fuori che abbiamo praticamente gli stessi gusti musicali!E poi è carino.” Dichiarò la bionda con voce distratta.
“Oh. Mi fa piacere.”
Prima che Brittany potesse proferire un’altra parola su quanto tutti  quel giorno fossero stati carini Santana trovò qualcos’altro da dire.
 “Ti piace il libro?”
“Oh, sì. E’ più bello del film.” Brittany aveva iniziato la lettura non appena ricevette il primissimo messaggio di Santana.
Si era accorta che, per quanto le potesse ricordare una giovane versione di sé stessa, la protagonista era molto simile a Santana.
“Mi fa piacere.” La sua voce sembrò calda e vellutata, Brittany chiuse gli occhi a quel suono.
Dopo un attimo di esitazione le chiese della sua giornata e fu entusiasta di constatare che Santana  moriva dalla voglia di raccontarle tutto.
Disse di aver avuto il meeting più noioso della storia e Brittany l’immagino a sbuffare e girare gli occhi al cielo, finendo con l’insultare chiunque avesse da ridire sul programma che lei o il suo team stavano creando.
“Alla fine sono andata a casa a terminare il lavoro. Sennò avrei ucciso qualcuno.” Sospirò al telefono.
“Immagino di vederti domani, giusto BritBrit?” Domandò, lasciando scappare un sonoro sbadiglio.
Non poteva incolparla, Brittany era provata come lei dalla giornata.
“Sicuro! Buonanotte San.”
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Era tardi.
In una normale giornata lavorativa a quest’ora sarebbe già stata a casa. Invece eccola lì, alle sette e mezza di sera, a fare  giri di ronda sul sesto piano.
Scrisse un messaggio a Santana, avvisandola che non si sarebbero viste quel giorno perché Ryder  l’aveva trasferita dal parcheggio ai piani.
Non aveva ancora risposto..
Era sola, Karosky era uscito poco prima. Le sue ultime parole erano state “stai lontana dall’ottavo piano, la gente dice che sia infestato da fantasmi.” Brittany non capì se stesse scherzando o meno e non fu un caso che la  ronda all’ottavo piano fu la più rapida.
Era arrivata al tredicesimo piano, sembrava silenzioso come tutti gli altri. Perciò tirò fuori la piccola torcia che aveva nella cintura e controllò che non ci fosse nessuno.
Quando svoltò l’angolo alla fine del salone principale notò una piccola luce ancora accesa, proprio nell’ultimo ufficio.
La porta era semi aperta, perciò si avvicinò con cautela.
Posò una mano sulla pistola riposta nella cintura, estraendola con cautela. Probabilmente era solo un impiegato, ma non si può mai essere tranquilli.
Quando timidamente entrò nell’ufficio ogni preoccupazione se ne andò.
Erano sole. Non c’era più neanche il palazzo, rimanevano solo Brittany e la persona a pochi passi da lei.
Erano lei, la ragazza e il suo enorme sorriso che, per quanto si sforzasse di reprimere, stava illuminando l’intera stanza.
Santana.
Era stupenda anche quando borbottava accigliata contro il computer.
Per Brittany era meraviglioso poterla vedere al di fuori di quel parcheggio. Significava così tanto.. magari l’avrebbe rivista presto in una situazione simile.. magari al loro primo appuntamento?
Nei secondi successivi Brittany fece un rumore di cui non si accorse, poiché la mora distolse lo sguardo dallo schermo per rivolgerlo alla bionda.
Sul volto di Santana si susseguirono diverse facce, causate da diverse emozioni, e Brittany reagì ad ognuna di esse.
Primo, sorpresa. Brittany poteva capirla.
Poi Santana sorrise per un momento, Brittany sentì il petto scaldarsi.
Quando Brittany mosse un passo verso l’altra, il sorriso sulle labbra della mora svanì.
Brittany non riusciva a capire perché l’altra fosse tanto “irritata”, quando era in macchina sembrava tanto sicura di sé.
Poi gli occhi blu di Brittany si accorsero della sedia di Santana.
O meglio, della sedia a rotelle di Santana.
Si bloccò in un attimo, venendo assalita da domande di ogni genere.
Stava bene? Si era fatta male? Era una situazione permanente? Era una cosa recente?
Deglutì rumorosamente, il solo pensiero che Santana si fosse fatta male le faceva venire da piangere.
Quando alzò gli occhi verso Santana  trovò una nuova espressione, ma non riusciva a riconoscerla. Era una specie di tela bianca, non traspariva nessuna emozione.
Lì più che mai Santana era un mistero.
“Vattene.” La sua voce colpì come un pugno le orecchie di Brittany.
“Uhm..” Brittany non riusciva a mettere delle parole assieme e Santana non gliene diede il tempo.
“FUORI!”
Brittany inciampò sui propri piedi, indietreggiando. C’era sicuramente della rabbia nella voce di Santana, rabbia mista a qualcosa che non riusciva a definire.
Sentì un bruciore in gola e gli occhi farsi più pesanti, carichi di lacrime.
Santana le piaceva davvero, perché si stava comportando così?
Non riuscì neanche a spiegarle che stava solo facendo il suo lavoro..
Quando si voltò per scappare fuori le lacrime le stavano già rigando le guance. 



_______________________________
Scusate il ritardo, la scuola mi distrugge. Mi sono presa la libertà di tradurre parte della nota che l'autrice originale ha lasciato alla fine di questo capitolo perché voglio rivolgere a voi lo stesso messaggio :
Non aggiungerò altro. Voglio conoscere l'opinione che tutti quanti voi avete riguardo questo capitolo (e la storia in generale)
Spero che siate ancora con me per questa ff che è solo all'inizio.
Ringrazio chiunque segua la storia.



Alla prossima!

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Capitolo 6
*** Vecchio volpone. ***


“Britt?” Noah si affacciò all’interno dell’appartamento e , non ricevendo alcuna risposta, vi entrò dentro.
Si diede un’occhiata attorno, sembrava essere più vuoto del solito: era una sua impressione o alcune parti del mobilio erano sparite?
“Britt?” La chiamò di nuovo, cominciando a spaventarsi. Era un bilocale abbastanza piccolo, la sua amica avrebbe dovuto sentirlo per forza. Puck lanciò la propria sacca sul divano, al solo scopo di disturbare Cassandra.
Si avvicinò alla camera dell’amica e bussò gentilmente. Non ottenne alcuna risposta, quindi premette l’orecchio contro la porta e bussò di nuovo, sentendo questa volta un rumore.
Ok, era ufficialmente preoccupato. Non sentiva Brittany da.. beh, martedì, ossia l’ultimo giorno in cui l’aveva chiamata. Si erano scambiati qualche messaggio, sì,  ma la sua voce era un ricordo lontano.
Aprì la porta e si ritrovò in una stanza dalle luci soffuse. Posò lo sguardo sul letto, dove le coperte sembravano nascondere da capo a piedi il corpo di quella che doveva essere Brittany.
Noah si avvicinò e  posò la mano su quel cumulo di coperte che la nascondeva. “Britt?”
“Hmmmm.”mugugnò la ragazza.
Lui accese la lampadina e le tirò via le coperte.
“Hhhhmm!” Brittany provò a ricoprirsi.
“Britt, che succede?” Domandò lui, seriamente preoccupato.
“Niente.” Disse lei infine, scoprendosi finalmente il viso, fino ad allora coperto dal cuscino.
Puck si strofinò gli occhi con aria stanca, non era neanche andato a casa sua. Dopo essere arrivato all’aeroporto si era fiondato a casa dell’amica, per avere sue notizie.
“Mi hai mandato dei messaggi vaghi per tutto il weekend. Ho chiamato Ryder e mi ha detto che ti ha dato un giorno libero per via del tuo ‘strano comportamento’. Sono stanco, quindi andiamo al punto, coccinella.”
Lei si lamentò rumorosamente da sotto le coperte, senza però vuotare il sacco.
“Riguarda Santana?” Lei sobbalzò. Sembrava quasi che avesse smesso di respirare per qualche attimo.
Le strofinò la mano sulla schiena nel tentativo di darle un po’ di conforto. “Cos’è successo, B?”
Passarono infiniti attimi prima che la bionda si esprimesse in un singhiozzo che spezzò il cuore del ragazzo.
Tirò con gentilezza le coperte, giusto per scoprirle almeno il viso.
Ciò che venne fuori fu un faccino devastato, occhi rossi come il fuoco e decisamente gonfi. Il labbro inferiore, più violaceo del solito, stava tremando.
Puck si fece avanti, le portò il viso contro il proprio petto e le accarezzò i capelli mentre l’altra riprendeva a piangere.
“E’ tutto okay.”
Non riusciva a capacitarsi di cosa potesse essere successo. Da quel che le aveva detto Brittany, Santana sembrava essere più o meno innamorata della bionda.
Brittany comunque, presto o tardi, gli avrebbe chiarito le idee. Per il momento voleva solo starle vicino.
Santana non l’avrebbe passata liscia.

Più tardi, quella stessa sera, Brittany si aprì a Puck. Gli spiegò tutto, da come era riuscita a darle il suo numero e ad ottenere quello dell’altra, alla mezza promozione che Ryder le aveva dato e a quel martedì sera in cui l’aveva trovata in ufficio.
Durante il racconto non disse nulla riguardo alla sedia a rotelle, non le sembrava un dettaglio poi così rilevante. Insomma, che differenza faceva?
Gli disse di aver provato in ogni modo a  contattare l’altra, che sembrava essere sparita nel nulla. Non riusciva ad essere arrabbiata con Santana per quel comportamento, voleva solo chiederle scusa e avere un’altra possibilità.
Non sapeva neanche dove aveva sbagliato.
Puck invece ci riusciva eccome, stava odiando con tutto se stesso quella maledetta moretta.
Brittany aveva davvero provato di tutto. Le aveva scritto svariati messaggi ogni giorno – il che la rendeva più o meno il ritratto della disperazione - , aveva provato a chiamarla.. e in risposta quell’altra non si era neanche più presentata a lavoro.
Il giorno successivo Brittany controllò meticolosamente il secondo piano sotterraneo del parcheggio, solo per trovare il posto macchina di Santana vuoto.
Come faceva a guidare se era su una sedia a rotelle? Era una cosa possibile? O forse era per quello che aveva smesso di presentarsi a lavoro?
Arrivò addirittura a pensare che Santana avesse cambiato macchina per evitarla.
Brittany riprese a lavorare normalmente, ma della mora non c’era traccia. Ogni giorno che passava senza parlarle il suo cuore si spezzava di più.
Venerdì sera Noah, stanco di vederla tanto abbattuta, si occupò di lei, proponendole di passare un po’ di tempo in ‘famiglia’.
Aveva già chiamato Eddie, sarebbero andati a pescare e avrebbero fatto di tutto per tenere la testa della ragazza più occupata possibile.

Era un sabato mattina particolarmente sereno. Si alzarono di buon ora e Puck l’accompagnò in macchina fino all’appartamento di Eddie. Ogni volta che, durante il viaggio, si girava verso l’amica, la trovava a fissare il vuoto fuori dal finestrino.
Dopo un’ora erano tutti sulla macchina del papà di Brittany, in viaggio verso la riserva Morris, il loro  posto preferito per pescare. Ci volle più del previsto per arrivare, anche a causa del traffico, ma alla fine riuscirono a raggiungere il lago.
Nel corso della mattinata presero in tutto tre pesci: due per il signor Pierce ed uno per Brittany. In tutto ciò Puck non faceva altro che ricordar loro di quanto la pesca non facesse per lui,  in quanto non abbastanza virile, meritandosi appellativi poco gentili da parte di Eddie.
Si fecero tutti una grossa risata, ma al signor Pierce non scappò l’espressione nascosta sul viso della figlia.
Era come un libro aperto, per lui.
“Com’è la Aurea Enterprise, lampo?” Provò a tirar fuori un argomento per fare conversazione, aggiungendo poi  “So che ha parecchio prestigio, ma non ho mai capito di che si occupi.”
“Non male, direi.” Brittany forzò un sorriso. “Credo di computer, ma non l’ho ancora capito neanche io..”
Eddie corrugò la fronte,  osservandola come disorientato. Non era da lei essere così silenziosa sul suo nuovo lavoro.
Di solito lo investiva con fiumi di parole riguardo ogni singola cosa che accadesse: l’ultima volta per telefono aveva subito un monologo sul suo nuovo amico – aspirante poliziotto- , sulla sua promozione e su Santana. Beh, a  dire il vero sentiva sempre parlare di Santana, ed il fatto che non l’avesse ancora nominata lo aveva portato a pensare che la causa del suo malumore fosse proprio questa amica.
“E i controlli sui piani come sono andati? Avevi detto che Ryder ti ha più o meno spostata lì, no?” fece un nuovo tentativo.
Noah puntò gli occhi sul viso dell’amica per vedere il suo cambiamento d’espressione.
“Uhm, sì. Bene, mi stanno dando molte più responsabilità.”Liquidò lei, gettando l’amo nel lago.
“E’ un bene.” Non sapendo più di cosa parlare si alzò dalla sua sedia portatile e si mosse in direzione di Noah per prendere una birra. “Ehi, le è successo qualcosa?” chiese al giovane quasi in un sussurro, prendendo un sorso dalla bottiglia.
Puck sospirò tristemente, anche suo padre se ne era accorto.. Alzò le spalle, per quanto volesse aiutarlo non riteneva giusto fare la spia. “Non devo dirtelo io, Pa.”
Brittany non era che a pochi passi da loro, quindi finì con l’origliare. Fu grata all’amico per quella risposta.
Non che fosse un problema, prima o poi si sarebbe confidata anche con suo padre.
Al momento, però, non aveva davvero voglia di parlare.
Arrivò l’ora di pranzo e Puck si rese utile cucinando il pesce che non aveva pescato, beccandosi qualche frecciatina da parte di Eddie. L’uomo si limitò a quello, non aveva alcuna intenzione di forzare Brittany a parlargli.
Passarono ancora qualche ora alla riserva e Puck riuscì a prendere il suo primo pesce, poi fecero ritorno a casa di Eddie.
Quando arrivarono Brittany era più che esausta e doveva affrontare ancora un’altra ora di viaggio prima di poter arrivare al suo appartamento.
“Ehi, lampo. Che ne dici di un pisolino? Sembri distrutta.”
Brittany non dovette pensare neanche un attimo alla proposta del padre. Lo abbracciò, gli diede un bacio sulla guancia ringraziandolo e si infilò nella propria camera da letto.
Dopo essersi liberata dei vestiti sporchi si buttò nel letto senza neanche mettersi il pigiama.
Inutile dire che si addormentò all’istante.

Si svegliò sentendo bussare alla porta. Aprì un occhio e vide Puck con un pacchetto di Goldfish (*sono crackers a forma di pesci rossi, stregonerie americane!*)tra le mani. Si sedette sul bordo del letto e le offrì il pacchetto aperto.
“Va meglio?” domandò con un sorrisetto sulle labbra, Brittany si limitò ad annuire, con la bocca già piena di pesciolini. Conosceva quel sorriso e sapeva che non portava nulla di buono.
“Allora..” ecco, ci siamo. Brittany roteò gli occhi. “è da un po’ che non facciamo serata insieme.”
Brittany commentò il tutto con un “mhh” continuando a mangiare.
“Dai, B!Scommetto che non balli da una vita!”
Brittany si fece più riflessiva. Sebbene l’idea della discoteca non la stuzzicasse molto era passato davvero troppo tempo dall’ultima volta che aveva ballato.
“Ci sarà musica buona, vedrai che ti divertirai!” Puck sapeva di averla quasi convinta, il ballo era il suo punto debole. Se solo non fosse stata tanto in fissa con le forze dell’ordine avrebbe sicuramente provato a sfondare come ballerina.
Magari in un’altra vita.
Brittany alzò finalmente lo sguardo sull’amico, dimenticandosi   momentaneamente dei Goldfish.In effetti Puck sceglieva sempre i locali in cui la musica era a dir poco favolosa.
Beh, non le avrebbe fatto male provare a distrarsi. “E va bene, vecchio volpone!”
Il ragazzo sventolò in aria il pugno, in segno di vittoria, facendo così scoppiare a ridere la bionda che, malgrado la risata, cercò di spingerlo via dal letto.
“Dai esci, mi devo cambiare!”
“Oh, non dimenticarti di coprire queste!” Puck puntò il dito verso il petto della ragazza, coperto solo dal reggiseno.
Brittany si accorse solo allora di essere andata a dormire indossando soltanto l’intimo.
“Puck! VAI!” Gridò lei, in un tono a metà tra lo stupore e il divertimento.
“Signor sì, signora!” Si alzò rapidamente, congedandosi con un saluto militare prima di sparire oltre la porta.

Noah aveva ragione, quel posto era il paradiso. I bassi risuonavano talmente forte da far vibrare le ossa della bionda, che sentì il bisogno di ballare non appena mise piede nel locale.
Prima di poterlo fare, però, Puck aveva insistito per uno shortino. Brittany non avrebbe dovuto guidare quella sera, perciò aveva tutto il diritto di perdere un po’ il controllo.
Prese il bicchierino in mano e lo portò alle labbra. Le venne subito in mente di quando Puck le aveva suggerito di andare a ballare con Santana.. e vuotò il bicchierino. Non aveva davvero bisogno di pensare a certe cose.
“Wohoho!” Puck  si espresse in un applauso di apprezzamento, ordinandone un altro.
Questa volta lo bevve con più calma, gli occhi dell’amico si erano già spostati sulla massa che popolava il club, alla ricerca di  prede.
La bionda posò il bicchiere vuoto sul bancone, lasciandosi trascinare dall’amico in centro pista. Aspettò che Noah terminasse la sua birra prima di scatenarsi veramente.
Una ragazza afferrò Puck per il colletto della camicia, allontanandolo da Brittany. Il ragazzo non ci pensò due volte, prese la nuova compagna di ballo per i fianchi e cominciò a “ballare” con lei, se quello è considerabile ballare.
A Brittany non cambiò poi granché, Noah non riusciva comunque a tenere il passo con i suoi movimenti, quindi continuò a ballare da sola.
Le sembrava che le persone presenti si muovessero a rallentatore, mentre lei invece si scatenava ai colpi della cassa. Per un attimo pensò di essere già ubriaca, sebbene due drink soli fossero  insufficienti per mandarla fuori.
Poi realizzò di essere finalmente arrivata nella sua comfort-zone, dove esiste solo la musica. La musica e lei.
Quando, dopo aver ballato per ore, il suo corpo diede i primi cenni di cedimento, si allontanò dalla pista, marciando verso il bancone. Doveva proprio rinfrescarsi.
Andò a gustarsi il suo drink alla frutta in uno dei divanetti del locale.
Era talmente concentrata a cercare Puck con lo sguardo che non si accorse della ragazza che si sedette accanto a lei, almeno non finché questa reclamò l’attenzione della bionda toccandole la spalla.
Brittany si voltò e vide una ragazza mora. Da dove era seduta Brittany sembrava che gli occhi dell’altra fossero verdi, ma aveva comunque dei lineamenti decisamente ispanici.
Le sorrise dolcemente, ma Brittany non fu in grado di fare lo stesso.
Prese a parlare e tutto ciò a cui la bionda poté pensare era che gli occhi di quella tipa fossero troppo verdi e che la sua faccia fosse troppo strana. Insomma, non era neanche lontanamente paragonabile a Santana.
L’altra a quanto pare se ne accorse, perché le posò una mano sul ginocchio per richiamarla ancora.
Brittany pensò che il tocco di Santana era molto più gentile e delicato.
Ora l’ispanica sembrava davvero infastidita.
“Ti ricordi almeno come mi chiamo?!” Domandò in un tono palesemente arrabbiato. Brittany si ritrovò a pensare che se le poneva quella domanda allora si era anche presentata. Se solo l’avesse ascoltata..
“Ehm..” La mora si alzò di scatto, si passò una mano tra i capelli e sparì. Per quanto quei capelli fossero belli la lunghezza era sbagliata, quelli di Santana erano più corti.
Capì di aver raggiunto il limite, il suo pensiero correva fisso a Santana e stava diventando insopportabile.
Scrisse un messaggio a Puck dicendogli che sarebbe andata a casa e dopo non molto se lo vide comparire davanti.
“Me ne vado.”
“Ma B..” poteva anche essere ubriaco, ma sapeva ancora leggere l’espressione sul viso dell’amica.
“Non ti preoccupare, mi sono divertita.” Si alzò e gli posò un bacio sulla guancia. “Sono solo stanca, vado a casa. Ci vediamo domani, okay?”
Lui le baciò il capo, forse nel tentativo di renderle il bacio sulla guancia,  confermando  che si sarebbero  visti il giorno dopo.
“Ti voglio bene coccinella!”
Lei annuì ed uscì dal locale. Chiamò un taxi e si fece portare da suo padre.
Non avrebbe sopportato le frecciatine di Cassandra quella sera.

Era domenica pomeriggio, dopo una lunga dormita per riprendersi dalla serata, Brittany aveva fatto ritorno al proprio appartamento. Puck invece era andato a casa sua, ma sapevano entrambi che si sarebbero rivisti presto, magari sul divano di Brittany.
Si stava interrogando se chiamare o meno la sua coinquilina, era da un po’ che non la vedeva. Sebbene negli ultimi tre giorni Brittany stessa non avesse messo piede nell’appartamento era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che aveva incontrato Cassandra.
Anche Puck le aveva detto che non aveva notizie della “stronza” da martedì.
Qualcuno bussò alla porta e Brittany pensò immediatamente all’altra bionda, probabilmente alle prese con i postumi di una sbornia.
“Tu?!” Brittany domandò con gli occhi spalancati. Sull’uscio c’era l’ultima persona che si aspettava di vedere.
“Che ci fai tu qui?” Domandò con una punta di paura, incrociando le braccia.
 

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Capitolo 7
*** Una visita inaspettata. ***


“Che ci fai tu qui?”
L’uomo davanti a lei si espresse in un sorriso sbilenco.
Brittany lo ricordava fin troppo bene, era lo stesso ragazzo dagli occhi scuri che settimane fa aveva guidato la macchina di Santana.
“Mi chiamo Aurelio, in realtà. Sono qui per Santana.” A quel nome gli occhi blu della ragazza sembrarono lasciar trapelare del dolore.
“Santana? Sta bene? Le è successo qualcosa?”  Lo stato d’animo di Brittany cambiò non appena sentì quel nome.
Mise momentaneamente da parte il suo dolore per focalizzarsi completamente sulla ragazza.
Inoltre si ricordò della promessa che si fece tempo prima, quando si disse che se mai avesse rivisto quell’uomo misterioso gli avrebbe chiesto di Santana.
“Sta bene.” Affermò lui, mordendosi il labbro.  
Brittany non gli credette neanche per un secondo, piuttosto lo interrogò con lo sguardo, incrociando le braccia.
Per tutta risposta questo evitò il suo sguardo, aggiungendo in tono sbrigativo: “Senti, ho bisogno di sapere cos’è successo tra voi due.”
Brittany abbassò immediatamente gli occhi, ora era lui a fissare lei.
Si sentì arrossire, sebbene non sapeva esattamente per cosa stesse arrossendo.
Si schiarì la voce prima di domandare in tono incerto “C-cosa vuoi dire?”
“Ha qualcosa che non va” cominciò Aurelio e a quelle parole la mente di Brittany volò dritta all’incidente di martedì.
Ora era ancora più preoccupata per la mora.
“Ci vuol tutta che mangi qualcosa.” Proseguì astrattamente, attirando nuovamente l’attenzione della bionda.
“Sta male? Era su una sedia a rotelle.” Brittany si accigliò, voleva soltanto aiutare Santana.
L’espressione di Aurelio cambiò completamente, sgranò gli occhi e li puntò su quelli dell’altra.
“Che?!” Praticamente urlò quella parola, poi tossicchiò imbarazzato. “Non sapevi che fosse su una sedia a rotelle? Com’è possibile?”
“Guidava la macchina..” Brittany alzò le spalle, come se neanche lei sapesse spiegare quel mistero.
Poi realizzò  cosa le avesse detto Aurelio. “Quindi.. non è recente?”
“No.” Scosse la testa. “Ma credo sia meglio che te ne parli lei.”
Brittany non sapeva bene come processare tutte quelle nuove informazioni. Erano un po’ troppe.
Inoltre il modo in cui quel ragazzo la stava fissando rendeva il tutto più complicato.
Una scintilla di speranza si accese in quegli occhi blu, se glielo doveva spiegare Santana significava che le avrebbe potuto parlare.
Poi però si rese conto che magari Santana non voleva parlarle.
“E come? Non credo voglia più avere a che fare con me..” Brittany abbassò la testa, ricordando la scena di quel martedì sera.
Lui strizzò appena gli occhi, cercando di immaginare cosa le avesse portate a tanto. “Puoi spiegarmi cos’è successo?”
Sembrò sinceramente incuriosito e preoccupato, quindi Brittany non si fece problemi a condividere con lui i suoi ricordi.
L’uomo sospirò pesantemente quando lei finì il racconto, portandosi una mano sul viso.
“Non capisco proprio perché si sia arrabbiata tanto con me.” Disse la bionda, con un tono ferito.
Lui la osservò in silenzio, le ricordava un cucciolo bastonato.
“Ha avuto paura, Brittany.”
Un’espressione di pura confusione si dipinse sul viso della bionda.
Non sapeva davvero come prenderla.  Insomma.. Santana?
La ragazza tanto sicura che aveva conosciuto tempo addietro aveva avuto paura? Di cosa, poi? Brittany?
Non aveva senso.
“Non spetta a me dirtelo, ma sei la prima persona con cui ha fatto amicizia da quando..” si interruppe, alla ricerca delle parole adatte. “Hai capito.” Strinse le spalle. “Probabilmente aveva paura di dirti la verità, visto che non te ne sei accorta.”
“Perché?” domandò prontamente.
“E’ disabile, Brittany.” Rispose, palesando la cosa. A Brittany non piaceva il modo in cui l’aveva detto.
Da tanto strinse i denti quasi le si ruppe la mascella.
Aurelio si accorse di quel cambio di umore, quindi cercò di spiegarsi meglio.  “Non tutte le persone riescono a rapportarsi con i disabili.”
Brittany capì cosa volesse dire, ma restava comunque dell’idea che il suo commento fosse poco carino.
L’uomo, a disagio per tutto quel silenzio, tentò di tirarsi fuori da quella situazione.
“Tieni,” le porse un pezzetto di carta. “Io so dove abiti tu. Se anche tu sai dove abita lei siete pari.”
Brittany afferrò quel biglietto con esitazione.
Dunque quei due vivevano insieme..
Lui si era riferito a Brittany come un’amica e non aveva mai chiarito che legame avesse con Santana.
Ma poi, come aveva trovato il suo indirizzo?
C’era qualcosa di familiare in quegli occhi scuri, era certa che anche lui  volesse solo il  bene di Santana.
Aurelio le sorrise gentilmente prima di andarsene, lasciando Brittany da sola con le proprie domande.
 

“Buongiorno, Brittany.”David la salutò cogliendola di sorpresa. Non sembrava una persona così mattiniera.
Aveva un’aria alquanto stanca e teneva ben stretto tra le mani un bicchierone di caffè.
Anche Quinn, a fianco del ragazzo, la salutò.
Lei aveva un aspetto decisamente migliore.
Capelli in ordine, faccia riposata, trucco delicato ma perfetto ed un sorriso soddisfatto, mentre parlava del suo ragazzo. “ed è anche capitano nella squadra di Polo.”
Sospirò, ritoccandosi allo specchio il sopracciglio già perfettamente definito.
Brittany aveva notato che alle volte Quinn sapeva essere la persona più affabile del mondo ma certe altre.. si perdeva nell’auto ammirazione.
Era arrivata a pensare che avesse due personalità.
Osservando la biondina, sua collega, le venne in mente inoltre che era da un po’ che non vedeva o sentiva Cassandra, la sua coinquilina.
Aveva trascorso gli ultimi giorni chiusa in camera a pensare se andare da Santana o meno.
Voleva davvero scendere al parcheggio per sapere se la mora fosse a lavoro almeno quel giorno, ma la sua nuova occupazione non glielo permetteva.
Per quella giornata avrebbe semplicemente dovuto controllare il quinto piano ed i piani  vicini a quello con Karofsky. Si sarebbe anche dovuta tenere alla larga da quel dannato parcheggio.
Puck era stato così gentile con lei, i giorni spesi in famiglia erano riusciti a darle conforto.
Poi però, Aurelio si era presentato a casa sua, riportandole il dramma di Santana.
Era più confusa che mai.
Il rumore di alcuni passi la riportarono alla realtà.
Dave si era avvicinato a lei e ora le tendeva il pugno. Brittany allungò il proprio pugno verso quello dell’altro, facendolo cozzare a mo’ di saluto.
Il carattere di Dave cambiava completamente quando non c’erano tante persone oltre a loro due.
Al quinto piano non era rimasto più nessuno, quindi era come libero di comportarsi stupidamente.
Lo stesso valeva per Brittany.
Erano completamente diversi dalla loro ‘modalità lavoro’: silenziosa e concentrata.
“Sembra che ti sia ripresa, Brittany.” Osservò il ragazzone, timidamente.
Brittany abbassò il capo, non si era resa conto fino ad allora di aver lasciato trasparire le proprie emozioni agli altri così apertamente sul proprio posto di lavoro.
Prima Ryder, ora Dave…
Era un altro motivo per costringersi a superare la cosa prima piuttosto che poi.
David la osservò in silenzio, aggrottando la fronte. “..ma sembri ancora incasinata. E’ tutto ok?”
Brittany aveva cominciato a considerare Dave come un suo amico, perciò non si fece problemi nell’essere onesta con lui.
Anche se non le piaceva essere come un libro aperto per le persone. “Non so.”
Lui si avvicinò, aspettò che le persone che stavano attraversando il piano se ne fossero andate per parlare di nuovo. “ Vuoi parlarne?”
La bionda alzò lo sguardo, fino a quel momento aveva tenuto gli occhi sulle proprie scarpe.
Dave sembrava essere davvero interessato e lei non sapeva cosa rispondere.
Era una storia complicata.
“Non ne sono sicura..” brontolò, probabilmente più a se stessa che a lui.
Dave aspettò pazientemente. L’amica sembrava essersi persa nuovamente nei suoi pensieri.
“Sono un po’ confusa.” Disse dopo parecchio tempo,  grazie al cielo era abbastanza vicino per sentirla.
“Cioè, so che ci sono tante cose che mi confondono. Tipo la colazione.. a volte salata, a volte dolce.. ma non è mai un dessert. Oppure il fatto che lo zio Paperone non sia mai morto, nonostante si tuffasse nella piscina con le monete.” Si imbronciò leggermente. “Ma questa.. è una situazione nuova.”
“Okay.”David si limitò a quel commento, restando vicino alla ragazza. Sebbene non la stesse toccando Brittany si sentì rassicurata dalla sua presenza.
“Mi piace qualcuno.” Cominciò, e Davidle sorrise gentilmente. “Andiamo d’accordo, davvero, ma..”
Si morse le labbra, riportando alla memoria i momenti con Santana. “Ma..è successo una cosa la settimana scorsa.. e da allora non ci parliamo. Avrei così tante cose da chiederle riguardo a quel giorno.. ma non so come.”
Brittany apprezzò moltissimo che Dave non le avesse chiesto i dettagli dell’accaduto.
Si era persino stupita di essersi fatta scappare quel pronome.
“Oh, capisco come ci si sente. Ci sono passato quando quello stronzo mi ha lasciato.” Replicò in automatico.
Quello stronzo, eh?”
Karofsky sembrò seriamente imbarazzato, da tanto era rosso poteva essere scambiato per un pomodoro.
Non sapeva davvero cosa dire.
“Tranquillo Dave.” Gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli amorevolmente. “Non è che non lo sapessi prima.” Gli ammiccò scrollandosi le spalle.
Lui la guardò confuso, non sembrò curarsi molto del fatto che sapesse della sua sessualità.
Dopo qualche istante si schiarì la voce e riprese a parlare. “Allora, cos’ ha fatto dopo questa lei?” Domandò, ponendo tutta l’enfasi sull’ultima parola.
Giusto per farle capire che anche lui l’aveva sentita.
“Niente.” Sospirò con un po’ troppa tristezza. “Però un uomo che la conosce è venuto a cercarmi a casa mia. Mi ha spiegato perché si è comportata così e mi ha dato il suo indirizzo..”
Lui non chiese niente, rimase in silenzio per l’ennesima volta.
“Ora non so cosa fare.”
Dave annuì, pattandole la spalla. Si prese un momento per riflettere e poi, con calma, espose il proprio pensiero.
“Per come la vedo io, non avrai mai delle risposte se non provi neanche a fare le domande.”
Le accarezzò il braccio  per darle conforto. “Almeno arriverai ad una conclusione.”
Lei annuì, senza aggiungere altro.
Passò un’ora da sola, perché Ryder chiamò Karofsky alla radiolina, e a certe cose non si può proprio dire no.
Svolse le sue ronde, poi si ritrovò con l’amico.
La salutò di nuovo, scusandosi per averci messo tanto.
Brittany cercò di soffocare una risatina.
“Che??”
“Niente, Dave.” Rispose la bionda con un sorrisetto. Lasciò passare un po’, poi aggiunse “quindi balli?”
“C-Cosa?!” Si voltò di nuovo verso di lei, seriamente sorpreso.
“Oh, dai. Ti ho visto ballare l’altro giorno, quando pensavi di essere solo. Ti muovi anche abbastanza bene.”
Arrossì per la seconda volta nella giornata.
“Sì, beh, non mi dispiace ballare ma..”guardò in basso, prendendo a calci il vuoto davanti a sé.
“Ma??”
“Sono troppo timido per prendere lezioni.” Ammise mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Non dovresti vergognarti, per quello che ho visto hai del potenziale.” Lo incoraggiò, sorridendogli.
David la osservò a bocca aperta, incapace di replicare.
“Che ne dici se ti aiuto con un paio di lezioni? Non sono una professionista, ma secondo me ci divertiremo.”
Propose Brittany con un sorriso radioso. Era già da un po’ che non ballava. Sabato non contava esattamente come ‘ballare’.
“La mia coinquilina lavora in uno studio vicino a casa mia, il proprietario ogni tanto me lo lascia usare..”
“Andata!” esclamò lui , cercando di limitare l’entusiasmo.
“Ok, allora ti scrivo un messaggio con l’indirizzo.” Aveva già il suo numero di telefono, quindi non sarebbe stato un problema.
“oh” Karofsky sembrò ricordarsi di una cosa. “Hey, se ti v—“
Una voce metallica interruppe la domanda del ragazzo.
A quanto pare era successo qualcosa all’ottavo piano, il piano infestato.
“Ricevuto, procediamo subito.” Dave rispose tramite la radiolina e Brittany sentì un brivido lungo la schiena.
“Allora, chi va?”
Se la giocarono a carta, forbici e sasso.
Il pugno di Brittany riuscì a battere le forbici di Dave.
Si lasciò andare in un’esultanza, felice di non dover mettere piede sul piano infestato.
“Sì! Sei una femminuccia, D!” esclamò, tirandogli un piccolo pugno sulla spalla.
Oh. Momento.
Fermò l’esultanza, rendendosi conto che ciò che aveva detto poteva sembrare offensivo per lui.
Si guardarono negli occhi per qualche istante prima di scoppiare entrambi a ridere.
Menomale, Brittany non sapeva quanto poteva osare sulla sessualità dell’altro.
“Devo fare una telefonata.. Buona fortuna, Donkey Kong.”
Lui rise ancora al soprannome, avviandosi verso l’ascensore.
Doveva sempre chiamare Cassandra, stava cominciando a preoccuparsi seriamente, ma la sua mente fece ritorno ad una certa ragazza..
Quello che aveva detto Karofsky l’aveva motivata ad arrivare alla fine della storia.
Aveva il suo indirizzo e l’avrebbe usato.
Voleva le sue risposte e le avrebbe ottenute.

*********************************************
Ancora una volta, scusate gli errori!
Nel prossimo capitolo, che spero di pubblicare a breve, avremo il punto di vista di Santana.
Non so se qualcuno di voi ha letto la storia in inglese ma.. beh, mi sta lasciando senza parole.
Grazie a tutti quelli che perdono del tempo a lasciare delle recensioni, le apprezzo moltissimo nonostante il fatto che la storia non sia mia.
Mi piace avere anche i vostri punti di vista.
Oh, avete visto? L'uomo misterioso non era poi così malvagio. :3 

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Capitolo 8
*** Un giorno come un altro.. o no? ***


“Muovi il culo, Santana!” Gridò Aurelio entrando nella stanza di Santana, senz’alcun riguardo per la ragazza che stava dormendo.
“Sta’ zitto.” Borbottò in risposta da sotto alle coperte del letto matrimoniale.
Il ragazzo puntò gli occhi sulla massa informe al centro del materasso, che presunse fosse Santana.
“Dai, Santana!” la supplicò con una vocina che poco si addiceva all’espressione seria che gli calzava il viso, strattonando il piumone. “Devi uscire fuori da lì.”
La ragazza gemette, nascondendosi ulteriormente sotto alle coperte. “Ti ho detto di stare zitto, Auri!”
Tirò alla cieca  uno degli enormi cuscini in direzione del ragazzo che non ebbe difficoltà a schivarlo.
Semplicemente si spostò a lato, tirando un’occhiataccia al cumolo di coperte che nascondeva Santana.
“Mi vuoi solo per il lavoro.” Brontolò premendo la faccia contro al cuscino, ma lui riuscì a sentirla.
“Sì, forse..”Sospirò, guardando prima la pila di vestiti sparsi sul pavimento e poi quelli sul letto, scuotendo la testa.
Aurelio si sarebbe avvicinato a lei per vedere in che condizioni fosse, però sapeva che se lo avesse fatto la ragazza gli avrebbe lanciato contro un’infinità di oggetti, perciò mantenne le distanze.
Osservò in silenzio la coperta che si alzava e abbassava a ritmo con il respiro di Santana.
Un paio di capelli corvini uscivano dalla cima del piumone.
“Non mi hai ancora detto cos’è successo.”
“Non mi va.” Mugugnò, senza compiere alcuno sforzo per alzarsi.
Santana si sentì leggermente in colpa per quel silenzio, sapeva che Aurelio lo chiedeva perché le voleva bene.
Voleva solo essere lasciata in pace.
Inoltre, non erano affari suoi.
 “Ok, ok.” Si mise una mano tra i capelli, come faceva normalmente quando era nervoso. “Ma domani è martedì, Tana. Hai già perso questo giorno.”
Santana non ne poté più di quelle ciance, allungò il collo e si sporse dalle coperte.
“Perché mi vuoi sempre fuori da casa?” puntò l’indice contro di lui con fare accusatorio. “Stai organizzando qualcosa per farmi fuori?”
Lui rise, mostrando quei denti perfettamente bianchi. Era abituato allo strano umorismo della ragazza, quindi finse per un attimo che non lo pensasse davvero.
“Voglio solo ciò che è meglio per te, bellezza.”
Santana roteò gli occhi e gli tirò un cuscino, tanto per.
Lui l’afferrò giusto un attimo prima che questo lo colpisse in faccia.
La analizzò per qualche istante, aggiungendo in tono offeso: “E hai bisogno di tagliare i capelli.”
Santana si passò le mani tra i capelli annodati e guardò con disgusto le proprie doppie punte.
Odiava quando l’altro aveva ragione.
“E tu devi smetterla di truccarti così tanto.” Replicò, ritornando la frecciatina.
Certo, usava dei cosmetici. Ma non più di quanto facessero gli altri ragazzi etero.
Ultimamente i suoi insulti mancavano d’inventiva.
La mora gli sorrise soddisfatta, abbracciando il cuscino. Per un attimo parve voler tornare a dormire.
“E’ venuta Holly.”
Si tirò su immediatamente, mentre l’altro si appoggiava allo stipite della porta trattenendo una risata. Era esilarante vederla agitata.
“Cosa  ti ha detto?” Si preparò mentalmente alla risposta, lanciando uno sguardo scocciato al ragazzo.
“Fortunatamente ci ha dato altri due mesi. Quindi ALZA. QUEL. CULO.” Santana roteò gli occhi per la centesima volta. Pensare che si era appena svegliata.
“Ha già posticipato la scadenza una volta, lo sai.” La sua voce austera non fece che irritarla maggiormente.
Era entrato nella modalità “business”  sfortunatamente doveva prenderlo sul serio. (e sopportarlo!)
Ci fu un momento di silenzio prima che Aurelio spezzasse quell’aria da uomo in carriera.
“E’ così fica. Dio, amo le Milf.” Commentò con un tono sognante.
Probabikmente era un tentativo fallimentare per migliorare l’umore della ragazza.
“Ugh, vattene.” Sventolò la mano in sua direzione.
“Ok, me ne vado.” Aveva ancora indosso il suo sorriso. “Però ti lascio questo.”
Posò due chiavette usb ai piedi del letto, gettandole un’occhiata.
“Che cos’è?” Aprì un occhio per guardare il ragazzo.
“L’aggiornamento dei programmi..” disse puntando il dito su quella argentea. “E.. beh, lo sai.”
Alzò le sopracciglia, osservando la chiavetta nera.
Si alzò per prendere i due oggettini tanto familiari. “La codifica.”
“Già.” Rispose in tono annoiato, avvicinandosi alla porta.
“Lavora anche da qui, non mi interessa. Purché lavori.” Ritornò alla modalità ‘uomo in carriera’.
“Oh, e non dimenticare di lavarti. C’è puzza, qua dentro.” La osservò un’ultima volta, sorridendole giocosamente.
“Fottiti.” Gli avrebbe tirato un altro cuscino, ma era l’ultimo che le era rimasto ed era anche il più comodo. Non poteva sprecarlo per quel coglione.
“Ti amo anche io.” Le sorrise gentilmente, uscendo dalla camera.
Cambiava umore allo stesso modo delle donne incinta.
Come sentì la porta sbattere si lasciò andare nuovamente al materasso, sperando di potersi riaddormentare.
Ultimamente non faceva altro che dormire.
Era già tarda mattinata, perciò avrebbe anche potuto tirarsi su le maniche e fare qualcosa di produttivo.
Sbadigliò sonoramente, tirandosi su. Si stiracchio le braccia e raggiunse il bordo del letto.
Fece che per alzarsi in piedi quando si ricordò di loro.  
Sbuffò, dando un’occhiata alla sedia a rotelle accanto al letto.
Con qualche sforzo dopo un minuto era pronta a lasciare la camera da letto, avanzando a colpi di ruota.
Aveva anche una sedia a rotelle elettrica, ma la usava principalmente per lavorare.
Preferiva quella tradizionale, aveva più libertà e poteva fare esercizio allo stesso tempo, tenendo in forma le braccia.
Era la sua routine, ma non ne poteva quasi più.
La casa era in perfetto stato: non una virgola fuori posto.
Non poté fare a meno di paragonare la propria stanza ed il proprio ufficio alla casa, sembravano due realtà completamente differenti.
Si sentì lievemente in colpa, ultimamente  si era data all’ozio.
A quanto pare Imelda, la governante, si era fermata a sistemare la villa mentre Santana vegetava nella sua stanza.
Imelda era la domestica migliore  che avesse mai conosciuto. Si prese cura della ragazza da quando questa aveva soli cinque anni. La conosceva meglio dei suoi genitori e sapeva come comportarsi per ogni umore di Santana. Inoltre sapeva anche come far breccia tra le sue difese, bastava prepararle il suo toast preferito, leggermente bruciacchiato.
Era un segreto delle due donne.
Nonostante ciò, non permetteva a nessuno di entrare nel suo ufficio senza la propria supervisione.
Notò con piacere che la porta del suo studio era chiusa.
Imelda non sarebbe mai stata tanto irrispettosa nei confronti di Santana.
Arrivò alla cucina, pensando a  come avesse sprecato il proprio weekend.
Non era proprio come se non avesse lavorato affatto da martedì scorso..Qualcosa aveva fatto.
La sua posizione nella compagnia le permetteva di portare a termine il lavoro anche da casa, ma aveva delle scadenze da rispettare.
Le tornò alla mente come Auri aveva cercato di rallegrarla venerdì, suggerendola un party con degli spogliarellisti.
Tutto ciò che il ragazzo ebbe in risposta fu un dolore alla gamba, poiché Santana gli rotolò addosso ‘accidentalmente’, minacciandolo di ucciderlo se solo  avesse parlato ancora di portare prostitute e uomini nudi in casa sua.
Sapeva però che non avrebbe mai affittato  spogliarellisti.
Si avvicinò alla macchina per il caffè, il suo più grande tesoro, e se ne preparò una tazza.
Nell’attesa che quel nettare spillasse nella tazzina, si spinse fino ad un altro bancone, il quale aveva uno schermo su di esso. Spinse un bottone a lato dello schermo e venne fuori una tastiera.
Lo schermo era touch, quindi avrebbe potuto gestire la cosa senza tastiera, ma aveva un debole per il “retrò”.
Aveva quasi controllato metà delle mail quando la caffettiera suonò, lasciandole intendere di aver finito il proprio lavoro.
Era musica per le sue orecchie.
Prese la tazzina e si avviò verso il proprio studio, non aveva proprio voglia di prepararsi una colazione decente.
Arrivò nell’ufficio, lo aprì con la sua chiave, sola ed unica, e notò con piacere che non era poi in pessime condizioni.
La tazza sulla scrivania provava che Imelda non ci aveva messo piede.
Quando era stata l’ultima volta che aveva lavorato?Mercoledì? Venerdì?
Oh, al diavolo.
Accese il computer e aspettò pazientemente, quando giunse il momento completò il protocollo aggiungendo password e fornendo le impronte digitali, come richiesto.
A quanto pare aveva ben tre messaggi in attesa nella segreteria telefonica da parte di Tina, almeno da quanto diceva lei in un’email.
Stava cercando di evitare il proprio telefono da quando una certa bionda aveva preso a mandarle messaggi e chiamarla insistentemente.
Si sentiva terribilmente in colpa nell’ignorarla.
Credeva che Brittany non avrebbe mai potuto perdonarla per quello che aveva fatto, e forse neanche si meritava il suo perdono.
In realtà, non riusciva ad affrontare la reazione di Brittany, non era pronta. Perciò per il momento evitava il problema.
Non aveva mai visto la bionda arrabbiata, ma le aveva dato motivi a sufficienza per esserlo.
Le spezzò il cuore l’espressione di Brittany quel martedì, si pentì di aver detto quelle parole non appena le uscirono di bocca. Era troppo tardi per rimangiarsele, però.
Era come una reazione automatica per Santana; quando si sentiva indifesa alzava dei muri attono a sé, allontanando le altre persone.
Aveva ferito l’unica persona che non avrebbe mai voluto ferire.
Il suo umore peggiorò quando pensò a tutte le reazioni che avevano di solito le persone che venivano a conoscenza delle sue condizioni. Le immaginò su Brittany.
Ogni scenario rendeva la situazione più cupa.

Pietà.

Rifiuto.

Tradimento della fiducia.

Disgusto.

Le venne da piangere di nuovo, perciò si concentrò sul computer davanti a sé.
Controllò i progetti contenuti nella chiavetta argentata.
Non era poi un lavoro così difficile, doveva solo supervisionare che tutto funzionasse.
Il lavoro realmente importante era nella tasta della sua felpa.
Prese in mano quella chiavetta e la guardò annoiata.
Non le andava ancora di fare quel lavoro.
Si portò la tazza alle labbra e notò di aver già bevuto tutto il caffè.
Sbuffò, ancor più irritata quando si rese conto che Auri aveva ragione.
Doveva farsi una doccia. Ugh.
Tornò in camera sua per prendere qualche vestito pulito. Forse non era poi una cattiva idea chiamare Imelda per farsi riordinare quel porcile.
Arrivò in bagno e guardò con nostalgia la vasca da bagno, non ricordava davvero quale fosse l’ultima volta in cui l’aveva usata.
Ignorare quella cosa stava diventando difficile.
Da sola non poteva usarla e non avrebbe mai permesso a nessuno di aiutarla.
La doccia fu veloce, stranamente, ma efficace. Solitamente finiva col restare sotto al getto dell’acqua più del dovuto.
L’aveva sempre infastidita dover passare dalla sedia a rotelle a quella posizionata nella doccia.
Aveva a che fare con le sue inutili gambe ed i ‘promemoria’ delle sue azioni ogni volta che si lavava, portandola a strofinarsi con maggior forza sulla pelle chiara delle cicatrici.
Non le faceva più tanto male come prima, ma l’immagine dell’accaduto che ogni volta le si ripresentava in testa era sufficiente a farle sentire nuovamente dolore.
Quando finì la doccia si prese tempo per massaggiarsi le gambe, imponendosi di non guardare, per evitare i crampi.
Era strano.
Le faceva senso sentire sotto alle dita le proprie cicatrici.
La sua coscia sinistra aveva la cicatrice più spaventosa. Si estendeva fino al fianco, poi da lì girava sulla schiena.
Santana si sentiva fortunata perché non poteva vedere il proprio fondoschiena.
Ogni volta che metteva mano su quelle cicatrici, però,  si sentiva un peso sullo stomaco e la gola si faceva secca.
 

Tornò a lavorare solo quando fu completamente vestita, aveva optato per una tuta.
Siccome non ebbe tempo per asciugare i capelli li raccolse in uno chignon.
Ci vollero ben dieci minuti per caricare il contenuto di quella dannata chiavetta.
Si sistemò gli occhiali sul naso e aspettò pazientemente per la seconda volta in quel giorno.
Sapeva che il SANGOLD 1-34 era il progetto più importante al quale lei ed il suo team avessero mai organizzato. Avevano firmato un contratto e avrebbero dovuto consegnare il programma entro allora, non c’era tempo da perdere.
Doveva mettere da parte il proprio umore.
Per un attimo immaginò di lasciarsi andare e mandare tutto quando a quel paese.
Così, giusto per vedere qualche persona valvolare.
Le conseguenze però sarebbero state ben più grandi ed il gioco non valeva la candela.
Il programma si caricò e Santana sgranò gli occhi osservando l’ultimo pezzo che aveva codificato.
Non aveva mai programmato così male. Era un vero casino. Lo specchio della sua vita privata, insomma.
L’ultima volta che aveva messo mano su quel progetto aveva passato il tempo a correggere i propri errori.
A quanto pare nessuno dei suoi colleghi aveva osato mettere mano sulle cazzate che aveva scritto.
Appena sarebbe tornata a lavoro gli avrebbe fatto una paternale coi fiocchi.
Dopo svariato tempo riuscì a rimediare a quasi tutti i bug dell’applicazione. Si accorse di aver fatto tardi solo quando le parse di aver sentito bussare alla porta.
Aveva passato sei ore a quella scrivania.
Uscì dall’ufficio alla volta della cucina, avrebbe mangiato qualche snack sebbene non avesse fame.
Imelda sapeva sempre quando non mangiava e Santana non poteva sopportare un’altra ramanzina da parte della domestica.
Le era comunque grata per tutto quell’amore.
Il campanello suonò, e fu certa che non fosse la sua immaginazione.
Non riuscì a mettere mano sulle ruote che il campanello suonò ancora e Santana fu certa che fosse Auri.
Si divertiva a complicarle la vita, il bastardo.
Al terzo suono del campanello perse la pazienza.
Seriamente, o era Aurelio o era un qualche fottuto testimone di Geova che ha perso la via e nessuna delle due opzioni la entusiasmava.
Gli avrebbe letteralmente preso a calci quel perfettissimo e sodissimo culo. Avrebbe trovato il modo.
Arrivò alla porta e si domandò se prendere la mazza da baseball fosse un tantino eccessivo.
Magari un’altra volta, era troppo lontana.
Aprì la porta con aria scocciata, sbuffando più per l’irritazione e lo stress che per la fatica del dover aprire la porta.
“Cristo benedetto, Auri! Cazzo, riesci a lasciarmi in pace!?”
Gridò la mora non appena la porta sbatté contro il muro.
Perse un battito quando vide chi era sull’uscio.
“Ciao” Brittany mosse la mano in un timido saluto.
Santana voleva morire.
Aveva talmente tante emozioni che.. non riusciva neanche quasi a respirare. Voleva solo sotterrarsi.
E poi c’era Brittany,  se ne stava lì tutta timida e perfetta, come se Santana non le avesse appena gridato contro.
Santana non l’aveva mai vista con i capelli sciolti, ed il modo in cui il sole del tramonto le illuminava i capelli e una parte del viso la rendeva ancor più bella.
Una creatura adorabile.
Indossava un vestito semplice. L’aveva mai vista indossare un abito? No, probabilmente no.
Altrimenti si sarebbe schiantata contro il cancello del parcheggio.
Non era provocante ma riusciva a renderla estremamente sexy.
Oh. Erano zebre quelle sul suo vestito??.. adorabile.
Il silenzio si prolungo per un po’, Santana riusciva solo a fissarla a bocca aperta.

“Sono Brittany.”
Santana alzò lo sguardo su di lei e la vide a mordicchiarsi il labbro. Era ferita ed era evidente.

“L-Lo so.”  Riuscì a mormorare annuendo.
Si ricordò solo allora di essere in tuta.
Dio, che situazione imbarazzante. Abbassò lo sguardo, incontrando le proprie gambe, ormai prive di utilità.
Quando rialzò lo sguardo era totalmente inespressiva.
“Come..Fa niente. Cosa..?” Inciampò nelle proprie parole.
Si schiarì la gola e ci riprovò.
“Cosa vuoi, Brittany?”
Ecco di nuovo i muri di Santana.
Come aveva fatto a trovarla? Cosa voleva? Era lì per farle una ramanzina?
Probabilmente non voleva neanche più esserle amica.
Aveva mandato tutto all’aria l’ultima volta che si erano viste.
Sapeva di doverle almeno una spiegazione o delle scuse, ma non riusciva a dire nulla.
Incrociò le braccia preparandosi mentalmente all’assalto verbale della bionda.
Era consapevole di essere in torto.
Brittany puntò i suoi occhi di ghiaccio su quelli scuri di Santana. Sembrava essere nervosa.
Santana si era preparata a sentire tantissime parole e frasi in generale, ma mai avrebbe pensato di sentire quello che disse alla fine la bionda per rompere il silenzio.

“Esci con me!”
 


BOOM. Non so quando riuscirò ad aggiornare dopo questo, lo studio mi divorerà.
Ad ogni modo.. Prossimamente sapremo anche chi cavolo è sto Auri per Santana.
Strapelot: hai il mio amore.
Alla prossima, byeeeeeeee. 

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