Evil Ice

di DanzaNelFuoco
(/viewuser.php?uid=340500)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perfezione ***
Capitolo 2: *** Disperazione ***
Capitolo 3: *** Interrogatorio ***
Capitolo 4: *** Cliché ***
Capitolo 5: *** I'll tell you ***



Capitolo 1
*** Perfezione ***


1 – Perfezione
 
Odiava quel posto con tutto sé stesso.
Era troppo perfetto, troppo simile alla gabbia dorata in cui l'avevano costretto a vivere.
Era in esilio.
Allontanamento a scopo preventivo, l'avevano chiamato. Potrai tornare quando non sarai più un pericolo, gli avevano detto.
Davvero?
Lui non ne era tanto sicuro. Certamente sarebbe rimasto a marcire in quei prati assolati e verdeggianti di primavera, oppresso dal sole e dal canto degli uccellini.
Sarebbe diventato pazzo e allora sarebbe stato solo un problema suo.
Quel mondo era deserto e decisamente allegro, una combinazione inquietante anche per l'ambiguo Loki.
D'accordo, ammetteva che cercare di radere al suolo la Terra era stata una stupidaggine, ma cosa si aspettavano?
Si era lasciato cadere nello spazio siderale e nemmeno una notizia di suo padre o suo fratello, segno evidente dell'affetto che nutrivano nei suoi confronti. Eppure a guardia del Bifrost stava un essere che poteva vedere attraverso i mondi, difficile che non sapessero dove si trovasse.
Perciò Loki aveva covato rancore e odio, alimentandolo con il risentimento di una bugia finalmente scoperta e l'indifferenza davanti al crimine. Lui era l'eterno secondo e non gli concedevano possibilità di riscatto, perché lo avevano rapito da bambino? Non sarebbe stato meglio lasciarlo morire invece che raccoglierlo e allevarlo come pari, ben sapendo che non lo sarebbe mai stato?
Perciò si era leccato le ferite in un silenzio che sapeva di amaro e aveva escogitato una vendetta, ma ovviamente era destinato a fallire.
Non riusciva a capire dove sbagliasse, perché tutto ciò che faceva diventasse cenere tra le sue mani.
Non era a casa sua, non apparteneva a quel mondo e nonostante lo sapesse desiderava farsi accettare.
Se non era casa sua Asgaard, sicuramente neppure quello strano mondo lo era e non lo avrebbe aiutato a sentirsi meglio.
Gli prudevano le mani, desiderava che quella perfezione non cozzasse così violentemente con il suo stato d'animo. Una folle brama di distruzione lo coglieva guardando i rami ritorti degli alberi alzarsi elegantemente e armoniosamente verso il cielo, esaminando il prato regolare. Un forte istinto omicida si scatenava contro il canto melodico degli usignoli e il ronzio costante delle api.
Aveva cercato invano di catturare quei fastidiosi mostriciattoli, schegge di legno gli si erano conficcate nelle mani mentre tentava invano di rompere la perfezione di quei rami in un impeto di furore, aveva strappato i fiori del prato che ora giacevano vicini a formare un giaciglio inutilizzato e finalmente la sua furia si era placata. Svuotato si era lasciato cadere sull'erba, guardando le nuvole bianche scivolare sul cielo, una infinita tela con un' unica campitura celeste. Svuotato nel corpo, ma non nella mente che non poteva fare altro che tornare indietro nel tempo, riavvolgere la pellicola conservata nel suo cervello e rivedere il film della sua vita ancora e ancora.
Aveva scoperto di essere uno di quei mostri che gli avevano insegnato a odiare, aveva rifiutato sé stesso, gli altri lo avevano rifiutato. Forse avevano intuito prima di saperlo che lui non era come loro, forse lui emanava un'aura malvagia che allontanava l'intera Asgaard.
Il cielo cambiò tonalità, diventando sempre più scuro, nero, mentre brillanti diamanti incastonati in quello che non sembrava più una tela, ma scuro velluto, rischiaravano il paesaggio.
Non chiuse gli occhi nemmeno un istante, non aveva bisogno di dormire così spesso. Aveva perso il conto dei giorni, dei mesi, aveva continuato a guardare il cielo schiarirsi e scurirsi ciclicamente per un tempo infinito e microscopico.
Eternità era un tempo molto lungo da passare in quel luogo. Eternità. Era certo che non sarebbero mai tornati per lui, non si sarebbero mai fidati. E d'altronde non poteva biasimarli.
Quanto tempo avesse trascorso in quel perenne Eden non avrebbe saputo dirlo il giorno in cui avvertì un cambiamento nell'aria. Era più cristallina, più fredda e pungente. Comunque fosse ciò non gli impedì di ricadere supino, dopo aver alzato  nella posizione che occupava da mesi, disinteressato a tutto.
L'erba accanto a lui ghiacciò in fretta, troppo in fretta per essere naturale.
Una brace sopita del suo istinto di conservazione lo spinse a scattare in piedi prima di chiedersi se gli importasse sopravvivere. Ghiaccio veloce significava qualcuno che lo producesse e qualcuno significava un potenziale nemico, soprattutto visto che le uniche creature di cui fosse a conoscenza con tali poteri erano i Giganti di Ghiaccio, notoriamente non troppo amichevoli da quando aveva ucciso il loro re è cercato di distruggere il loro intero pianeta con il Bifrost.
Attese, ma la potenziale minaccia non si presentò.
Stava quasi per credere che la sua percezione del tempo fosse già andata a farsi friggere, facendolo rallentare e accelerare in modo casuale, quando udì delle voci.
"Oh, andiamo Olaf!" esclamò una voce femminile prima di scoppiare a ridere.
Voltò la testa di scatto e vide una donna avvicinarsi accompagnata da un... pupazzo di neve?
Indossava un vestito troppo leggero per quel freddo segno che lei non ne pativa conseguenze. Si sistemò i lunghi capelli bianchi dalla spalla dietro la schiena, poi si chinò sul pupazzo di neve gli sistemò la carota che aveva per naso.
Non sembrava vecchia, nonostante il colore dei capelli, ma era troppo lontana per poter stimarne l'età.
Si ricompose e attese che la donna si accorgesse di lui.
Mai si sarebbe aspettato che questa si mettesse a cantare.
Mentre le note pervadevano l'aria gli sembrò tutto improvvisamente più giusto.
Era freddo e lui amava il freddo. C'era ghiaccio attorno a lui e neve, che scendeva dal cielo copiosa.
Chiuse gli occhi, mentre i fiocchi si posavano sulla sua pelle, rendendola bluastra. Si stese a terra mentre la neve lo ricopriva, senza pensare a nulla, lo schermo nella sua mente spento, senza alcun ricordo proiettato sopra. Non aveva mai abbassato la guardia in quel modo, neppure da bambino. D'altronde era solo, poteva permetterselo, la ragazza era lontana...
Qualcosa lo urtò.
"Oddio! Olaf, è morto!"
Gridò la donna, accorgendosi di essere inciampata in quello che sembrava il cadavere di un uomo bluastro per il freddo.
Loki si costrinse a riemergere dalla neve appoggiandosi ad un gomito.
"Ah! Uno zombie!" urlò il pupazzo di neve, Olaf, correndo via a tutta velocità.
"Prego?" chiese confuso.
La ragazza, non poteva avere più di venticinque anni, si chinò su di lui. "Vi sentite bene? Avete bisogno di cure!"
La sua voce era disperata. Il blu sulla pelle dell'uomo le aveva riportato alla memoria quello di Anna.
"Vi ho colpito! Dove?"
Doveva sapere se aveva colpito la testa o il cuore, se poteva salvarlo.
Si rivide davanti agli occhi la sorella, la carnagione bluastra e fredda, le membra rigide, i capelli bianchi. I capelli... I capelli di quell'uomo erano neri come la pece, schiariti dai fiocchi di neve che vi si erano posati sopra.
"Non sono stato colpito."
Elsa ne fu immediatamente sollevata.
"Ma voi siete ghiacciato!"
Loki ghignò: "Difetto congenito. Ci sono nato."
Con un gesto della mano da parte della ragazza la neve cessò.
Quando la neve su Loki si sciolse la sua carnagione tornò normalmente pallida.
"Voi non state bene, un medico deve visitarvi." insistette la ragazza. Non poteva permettersi errori, non dopo essere riuscita a uscire da quella spirale di terrore e vergogna in cui era caduta da bambina. Uccidere un uomo con i suoi poteri sarebbe stato controproducente.
"Vi assicuro che non ne ho bisogno. Devo solo restare qui ad aspettare mio padre o mio fratello, che non arriveranno mai a riprendermi."
Elsa guardò lo strano uomo che non soffriva il freddo.
"Sono certa che vi troveranno ugualmente a palazzo." Ignorò l' assurdità della frase
L'attenzione di Loki fu catalizzata dalle parole di lei. Palazzo?
Loki squadrò la giovane, analizzando le possibilità da volgere a suo vantaggio.
"D'accordo."
La ragazza gli tese la mano, ma lui si alzò da solo, scrollandosi la neve dai vestiti.
"Ce la fate a camminare?" chiese la fanciulla notando l'incertezza dei suo passi.
Mesi e mesi di abbandono gli rendevano difficile camminare normalmente o anche solo muovere le gambe. Tuttavia, l'uomo annuì.
Camminarono sul prato primaverile per un tempo abbastanza lungo e infine scorsero dalla cima della collina la città sotto di loro.
Non era grande come Asgaard, né altrettanto bella o preziosa, ma ugualmente rifulgeva come una gemma sotto lo scintillio del sole.
Loki rimase a guardare quel segno di fermento umano, quel formicaio di persone, emozioni, sentimenti e gesti, che gli erano stati negati così a lungo, chiuso in una solitudine di silenzi ed esclusione lunga una vita intera, la sua.
La donna, forse mal interpretando lo sguardo ammirato di Loki, si rivolse a lui con un sorriso.
"Benvenuto ad Arendelle, straniero. Io sono la regina Elsa."
 
N.d.A. 

Bon, mente bacata alla riscossa. Non potevo non cross-overare una cosa del genere. Ci penso da un bel po' e visto che sono già arrivata al quinto capitolo non ho resistito e ho pubblicato. 
Ci ho provato a mescolare l'angst che mi provoca Loki a tutto il pucciosissimo fluff di Olaf, non so se quel pezzo sia coerente, comunque... (a dire il vero non so neanche se Olaf possa sapere cosa sia uno zombie, ma tant'è!).  
DNF

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Disperazione ***


2 - Disperazione
 
Elsa aveva insistito che Loki si riposasse nonostante lui avesse detto che si sentiva benissimo.
"Voi eravate blu, io non credo che vi sentiste bene." replicò caparbia.
"Regina Elsa" le rispose mettendo in pratica la propria educazione reale e tutto il suo subdolo carattere "come vi ho già detto ho una particolare relazione congenita con il ghiaccio e il freddo."
La regina lo guardò stranita.
"Che volete dire?" il tono della sua voce esprimeva i suoi sentimenti, a metà tra il preoccupato e lo speranzoso, e agli angoli della stanza cominciavano a formarsi merletti di brina. Anche lei aveva una particolare relazione congenita con il ghiaccio. E anche problematica.
Che lo straniero fosse come lei?
Che avesse trovato qualcuno con cui poter esercitare il suo potere senza sentirsi continuamente un mostro? Non importava delle piste di pattinaggio ad agosto, non importava dei suoi sudditi che la acclamavano, non importava di Anna che fingeva che non fosse successo nulla -e forse per lei era veramente così, ma Elsa non poteva dimenticare, per questo faceva quelle lunghe passeggiate sola con Olaf-, Elsa era comunque diversa da tutti loro.
Forse quell'uomo poteva capirla.
"Nulla, avete visto voi stessa. Divento blu e non soffro il freddo." mentì con nonchalance.
Cosa doveva dirle?
Che in realtà era un mostro?
Che era un gigante di ghiaccio?
Che era un essere malvagio che distruggeva tutto quello che toccava?
Guardando fuori dalla finestra non si accorse dell'abbattimento della regina.
Aveva sperato invano e non poteva perdonarselo. Non quando in gioco c'era Arendelle.
Il regno non si poteva permettere di avere una regina emozionalmente instabile, non di nuovo.
Il giaccio agli angoli della stanza si ispessì.
"Potrei vedere come accade?" chiese a corto di idee.
Non voleva rassegnarsi. Quell'uomo non le stava dicendo la verità, doveva essere così.
"No." ribatté, voltandosi di scatto, troppo velocemente perché non avesse nulla da nascondere, perché Elsa non sospettasse.
Insistette decisa a scavare.
"Perché no?"
"Perché no!" sbottò lui.
Entrambi si resero conto che i toni stavano assumendo sfumature decisamente infantili.
Elsa si sedette su una poltrona, portandosi le ginocchia al petto e salendo con i piedi sul sedile. Una posizione non propriamente regale, ma era quella che assumeva quando non si sentiva bene.
Loki la guardò storto. Questa non se l'aspettava. Dov'era l'etichetta?
Poi notò che la poltrona si stava rivestendo di una patina di ghiaccio sempre più spessa, che si espandeva sempre di più.
"Credevo di aver trovato qualcuno come me." bisbigliò, senza farsi sentire, Elsa alzandosi.
"Come fai a farlo?" chiese lui, non riuscendo più a trattenersi e senza nemmeno accorgersi di essere passato ad un meno formale "tu".
Era magia. E Loki aveva sempre adorato la magia. Sua madre gliela aveva insegnata fin da piccolo e lui si era sempre destreggiato abilmente. Ci voleva testa, concentrazione e sentimento. Ecco perché a lui era sempre riuscita, mentre Thor era negato. Testa, concentrazione e sentimento, non necessariamente positivo. Amore e rancore, felicità e odio avevano fatto sì che lui riuscisse a padroneggiare l'arte degli incantesimi. Ora doveva assolutamente capire quello, anche se era ghiaccio e lui si era ripromesso di stare lontano dal ghiaccio, perché il ghiaccio era malvagio.
"Non lo so. Non lo controllo sempre. Ci sono nata."
Come lui.
Nata con un dono che non sapeva controllare, una diversità che non si poteva incatenare e che la rendeva un mostro per gli altri.
"Lo sapete fare solo voi?" ritornò alla formalità lui, convinto che se il potere di lei era  così incontrollabile nessuno le avesse insegnato nulla.
Elsa si portò una mano al petto, stringendosela con l'altra, chiudendosi su sé stessa.
"Sì."
Non c'era bisogno che quell'uomo le ricordasse che lei era un mostro, l'unica in grado di creare ghiaccio in tutto il regno, l'unica che poteva uccidere con una scheggia di ghiaccio, l'unica che poteva portare un estivo inverno perenne su Arendelle.
Il ricordo della tempesta di neve che aveva afflitto la città poco prima del congelamento di Anna le invase la mente e fiocchi di neve cominciarono a turbinare sempre più velocemente nella stanza.
Elsa, persa nei suoi pensieri, neppure se ne accorse, troppo impegnata a rivivere nella sua mente quei fatti.
Le finestre ghiacciarono e un vento gelido cominciò a scuotere le tende, mentre la pelle di Loki assumeva tonalità sempre più bluastre a velocità sempre maggiore.
La regina doveva smetterla o... Neppure Loki sapeva cosa sarebbe successo, non aveva mai avuto il coraggio di andare oltre, neppure quando aveva scoperto le sue origini. Non aveva mai permesso alla sua identità di andare oltre un pallido azzurrino e iridi rosse.
"Smettetela! Immediatamente!" le ordinò Loki, disperato che la situazione si evolvesse, tentando di reprimere il suo aspetto.
Elsa si riscosse, ma aveva perso il controllo della tempesta. Non riusciva a capire quando la tempesta fosse iniziata ed era troppo confusa per prestare veramente ascolto a ciò che quell'essere le stava dicendo. Diverse sfumature di blu ricoprivano le pieghe della sua pelle, mentre occhi rossi brillanti la guardavano sofferenti. Sembrava un essere di ghiaccio e neve, uno spirito dell'inverno. Elsa lo guardò a bocca aperta. Non aveva mai visto nulla di simile, di così... magico.
"Fate cessare immediatamente questa tempesta!"
"Non la fermerà la mia volontà! Si placherà da sola!" mentì la candida regina. Avrebbe potuto tentare, ma la verità era che quell'uomo la affascinava.
Loki sentiva la pelle cambiare, diventare più coriacea o più morbida in punti diversi. Tentò di fermare ciò che quella donna aveva iniziato, senza successo, con la disperazione di chi lotta contro il tempo sapendo in partenza di non farcela.
Poi il mutamento cessò.
Non c'era riuscito. Era diventato un mostro.
"Vi prego, smettetela." chiese con un sussurro.
Ma Elsa negò con il capo.
Una furia cieca crebbe contro quella donna che poteva fermare le sofferenze -le sue paure- e glielo negava.
"Basta!" gridò accasciandosi a terra. E il vento smise di spirare, facendo sì che la neve crollasse a terra d'un botto, improvvisamente attratta dalla forza di gravità.
Elsa lo guardò stupita.
"Lo controlli!" il suo grido a metà tra lo stupore e l'accusa.
"No." negò lui.
"Sì. Ti ho visto! Fallo ancora!"
Era come lei! Avrebbe voluto gridare di gioia, non era più sola!
"Non lo so fare." negò lui, la voce piena di rabbia.
Allora Elsa capì, perché era tutto meno che stupida.
Quell'uomo era come lei in molti modi, non solo per i suoi poteri. Anche lui negava a sé stesso ciò che sapeva fare. Forse il suo non era il modo migliore, ma era l'unico che conosceva. Lo provocò.
"Sì, lo sai fare!" Insistette. "Devi farlo di nuovo! Qui nessuno é come te! Nessuno appartiene al ghiaccio quanto te!"
Allora lui scattò.
Prima di quanto lei si fosse aspettata, ma esattamente come si era aspettata.
"Ho detto no!"
Un irto muro di ghiaccio si alzò a dividerli.
Elsa rivide una scena di pochi anni prima, solo che questa volta il ghiaccio non era suo e lei era dall'altra parte del muro.
Loki la guardò ansante, incredulo di ciò che aveva fatto.
Elsa sorrise dolcemente. "Puoi controllarlo." gli disse incoraggiante. "Adesso fallo scomparire."
"Non lo so fare! Non mi ero mai spinto tanto oltre..."
"Ho imparato una cosa, questo potere si controlla con l'amore."
Loki ghignò sarcastico. "Allora non lo controllerò mai."  Nessuno mi ha mai amato e non ho mai amato nessuno. 
Elsa fece scomparire il muro con il gesto di una mano e gli si avvicinò, porgendogli una mano.
Come poco prima Loki fece per alzarsi da solo.
"Accetta la mia mano." lo incoraggiò Elsa.
"Sono gli uomini a chiedere la mano ad una donna, di solito quando la vogliono sposare. Se nel vostro paese é questo il costume, non vedo perché..."
"Usate la mia mano per alzarvi!" lo interruppe seccata Elsa, sebbene le sue guancie si fossero tinte di rosso.
Loki esitò.
Aveva visto sulla pelle di Volstagg quali fossero le conseguenze del tocco di un Gigante di Ghiaccio.
Elsa gli sventolò la mano sotto il naso e lui l'afferrò stizzito, preparandosi alle sue urla. Come si permetteva di dargli ordini?
Invece Elsa rimase perfettamente in silenzio e lo aiutò a sollevarsi. Nemmeno una piaga deturpava la pelle liscia del suo palmo. Certo, lei controllava il ghiaccio come lui, naturale che non si fosse bruciata.
Rimasero immobili, la mano di Loki ancora in quella di Elsa.
"Adesso desidera che la neve scompaia." gli disse.
Loki inarcò un sopracciglio e fece ciò che le aveva chiesto senza convinzione.
La neve non scomparve, ma per lo meno si sciolse un po'.
"Visto?" sorrise Elsa.
Capì che serviva la concentrazione che gli aveva insegnato sua madre. E la sua pelle cominciò a schiarire fino a rimanere di un pallido azzurrino.
Elsa ammirò i guizzi di colore spostarsi sul viso dell'uomo, scomporsi e ricomporsi per poi scomparire. Nemmeno si accorse di essersi avvicinata a lui per osservarlo meglio.
"Elsa, devo..." irruppe Anna come un uragano nella stanza senza nemmeno bussare. Poi le cadde la mascella. "...parlarti." 

N.d.A. 
Eccomi qui, anche se in ritardo. Dovrei essere a studiare greco invece pubblico, perchè sono in ritardissimo! Apollonio Rodio può aspettare un pochino (sopratutto perchè non ne ho voglia!) 
Comunque, spero di non aver reso Loki troppo OOC in questo capitolo. Non ditemi che vi non ho incuriosito almeno un po' con l'entrata in scena a sorpresa di Anna. 
Grazie a StarFighter e Queen_the_darkess per le recensioni e anche a chi segue, preferisce, ricorda o anche solo legge in silenzio.
Al prossimo capitolo, DNF 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Interrogatorio ***


3- Interrogatorio
 
"Elsa, devo..." irruppe Anna come un uragano nella stanza senza nemmeno bussare. Poi le cadde la mascella. "...parlarti."
Allora sia Elsa che Loki si accorsero della loro inopportuna vicinanza e dell'assurdità della scena e si allontanarono a disagio. Mentre la sua pelle ritornava di un colore normale, Loki si allontanò avvicinandosi alla finestra, le sensazioni già nascoste sotto una maschera di freddezza.
Elsa si strinse le braccia, quasi incrociandole. "Dimmi, Anna."
Anna spostava la testa da Elsa allo sconosciuto che per un momento le era sembrato azzurro come seguendo una immaginaria partita di tennis.
"Anna?" la redarguì Elsa, riportandola al presente.
Anna però era talmente sbalordita da non riuscire ad articolare un pensiero logico, figurarsi ricordarsi cosa era venuta a dire alla sorella.
"Tu... lui... Chi é?" chiese la prima cosa che le venne in mente.
Elsa si rese improvvisamente conto di non sapere il nome dello straniero.
"Ecco, Anna lui é..."
"Loki Laufeyson, di Asgaard." si presentò. "Principe di Asgaard." Aggiunse, enfatizzando. Doveva fare bella figura con quella che aveva capito essere la sorella della regina, dal momento che voleva sfruttarla per ampliare la conoscenza dei suoi poteri.
Anna lo guardò con sospetto. "Principe ereditario?"
"Anna!" la richiamò all'ordine la sorella, ma ormai il colpo era arrivato a Loki ed era in basso, molto in basso. Tuttavia cercò di rispondere con l'educazione che gli era propria.
"No. Sono secondogenito."
Lo sguardo inquisitore di Anna si intensificò. "Avete aspirazioni al trono?"
Sembrava che la sorella di Elsa sapesse dove faceva male la ferita e si divertisse a gettarvi sopra del sale.
"Quale principe non ne ha. E voi?" le rigirò la domanda.
"Certo che no!" esclamò Anna come se ciò fosse impensabile.
La ragazza sembrò riflettere per un attimo, poi sbottò. "Avete per caso chiesto a mia sorella di sposarvi?"
"In realtà é stata lei a chiedermelo." disse impassibile per poi rivolgere un sorriso di intesa -più un ghigno in realtà- a Elsa.
Anna si voltò di scatto, non notandolo. "Cosa? Ma, Elsa, sei impazzita?"
"Il principe di Asgaard stava scherzando. Uno stupido gioco di parole per avergli intimato di accettare il mio aiuto per alzarsi da terra." la liquidò.
Anna tuttavia non sembrò soddisfatta della spiegazione. "Poi dicevi di me e Hans! Almeno io il suo nome lo sapevo quando ti ho chiesto se potevo sposarlo! Hai perso il cervello! Dovresti essere tu quella responsabile, non..."
"Parliamone fuori, sì?" la interruppe Elsa, afferrandola per le braccia e spostandola praticamente di peso fuori dalla stanza. Prima di chiudere la porta rivolse un ultimo sguardo a Loki.
"Dico, Anna, sei impazzita? Dare di matto di fronte ad un ospite?"
"Non sono io quella che stava per saltare addosso a uno di cui nemmeno conoscevi il nome."
"Anna, non capisci..."
"Cosa? Cosa dovrei capire, se tu non mi dici mai niente?" Se tu sai solo chiudermi porte in faccia?
Il tono si stava scaldando.
"Anna, non capisci, lui é come me!"
Anna impiegò qualche secondo di silenzio per elaborare la cosa.
"Intendi che anche lui può...?"
"Sì."
Seguì un altro momento di silenzio.
"E se fosse come Hans?"
"Non é come Hans."
"Non lo sai. Potrebbe volerti sedurre e poi ucciderci entrambe per il trono! Non lo conosci!"
"Potrei conoscerlo." ribadì ostinata.
"Fallo prima di saltargli addosso però." la prese in giro Anna, nel tentativo di addolcire i toni.
"Non gli stavo per saltare addosso!" finse di offendersi Elsa.
"Sì, certo, come no! Eri a due centimetri dalla sua faccia e stavi sbatacchiando le palpebre!"
"Non é vero!"
"Sì, invece!"
"No. E adesso dimmi perché sei venuta fin qui."
Anna sembrò ricordarsi solo in quel momento di aver avuto un motivo per irrompere nella stanza dove si trovava la sorella.
"Oh, ecco sì!"
Elsa aspettò paziente che la sorella continuasse.
"Ecco..." Anna cominciò a torcersi le mani insicura. "Io e Kristoff..."
Elsa drizzò le orecchie. I due si erano sposati un anno prima, dopo anni di corteggiamento -Kristoff non era mai stato sveglissimo- e se Anna doveva parlarle con tanta urgenza, doveva essere qualcosa di importante.
"...avremo un bambino"
Elsa impiegò qualche secondo a metabolizzare la notizia.
"Anna, ma é fantastico!" la abbracciò.
Sapeva che la coppia stava provando da un po' e senza successo.
"Dovremmo far preparare una camera e comprare una culla, non credo che la nostra vada ancora bene dopo tutti questi anni..." Elsa era entrata nella modalità organizzazione.
"Elsa, stai calma! Non nascerà che fra sette mesi, ho tempo!"
La regina sorrise, poi con un gesto della mano creò una giostrina da culla di ghiaccio. "Almeno tieni questa." le sorrise. "Avrò tempo per organizzare il resto."
Anna sorrise. "Torna dal tuo principe, ma assicurati che non ci voglia uccidere tutti!"
Elsa annuì greve e aprì la porta vicino alla quale fino a pochi minuti prima Loki stava origliando.
Così un certo Hans aveva tentato di salire al trono seducendo Anna e tentando di ucciderle. No, non faceva per lui. Certo il piano era abbastanza macchinoso e implicava abbastanza finzione per adattarglisi, ma non gli interessava Arendelle. Lui voleva Asgaard. Non tanto per regnare quanto per dimostrare agli altri di valere tanto quanto Thor.  
Inoltre doveva ancora capire come aveva potuto lasciarsi andare tanto. Certo la regina aveva fatto sì che lui riuscisse a capire come controllare sé stesso, almeno in parte, ma non poteva perdonarle di averlo messo in trappola. Chiuso in una stanza lo aveva obbligato a mostrarle ciò che voleva, nonostante lui si fosse negato. Lo aveva obbligato a diventare un mostro.
Non doveva più permetterselo, anche se il suo corpo aveva vibrato di energia repressa nel momento in cui aveva eretto quel muro di ghiaccio e avrebbe potuto manipolarlo fino a farle del male, fino a ferirla, se lo avesse fatto abbastanza in fretta.
Era un potere nuovo, mai sperimentato. Era stato per un unico momento libero. E non si era sentito un mostro. Poi la regina lo aveva inspiegabilmente aiutato ad alzarsi e aveva tenuto la sua mano -blu e mostruosa- tra le proprie e non lo aveva guardato con disgusto. Inspiegabilmente in lui si combattevano per la prima volta il desiderio di vendetta e la voglia di sorvolare sull'accaduto.
C'era davvero bisogno di vendicarsi per qualunque cosa? Per qualunque affronto?
Scosse la testa, quei pensieri non erano da lui. La solitudine -la mancanza di motivazioni per cui tessere trame- lo aveva rammollito. La regina...
La regina entrò, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
"Perdonate mia sorella, lei é un po'... irruente."
"Ho notato." replicò voltandosi.
La regina sembrava in imbarazzo, dopotutto una manciata di anni di porte aperte non potevano contrastare i principi di una vita -celare, domare, non mostrare.
Loki le si avvicinò pericolosamente, sovrastandola senza minacciarla.
L'imbarazzo per tale vicinanza imporporava le guancia della regina.
"Così, avete ritenuto saggio..." cominciò a giocare con noncuranza con una ciocca di capelli, sfuggita alla treccia, della donna spostandovi tutta la sua concentrazione "...informare vostra sorella delle mie... abilità senza discuterne con me?"
Il colore delle guancie di Elsa raggiunse un colore mai avuto prima, ma quando parlò la sua voce grondava sicurezza.
"Neppure voi siete in grado di controllare il vostro potere. Non voglio che a mia sorella accada nulla di male! Lei é... incosciente. Spesso. Ho già rischiato di perderla una volta e non intendo correre il rischio una seconda."  
Loki lasciò cadere la ciocca.
"Questo non vi dava il diritto..."
"Mi dà tutto il diritto! Io sono la regina e voi siete mio ospite, non dimenticatelo!"
"Non ve l'ho chiesto certo io!"
La piega della sua bocca era sempre più dura.
"Perdonatemi se ho un cuore!  Vedere un essere blu per il freddo non é comune qui! É... é..."
"Mostruoso. Forse é questa la parola che cercate."
Elsa capì. Come si sarebbe sentita lei se uno sconosciuto avesse rivelato a tutti il suo segreto? Come si era sentita quando il duca di Weselton le aveva dato del mostro e della strega?
"No!"
"No?" le chiese Loki, lo sguardo scettico.
"No."
I due si fronteggiarono per un momento, mentre Elsa si dava della stupida per non aver avuto il buon senso di mettere i sentimenti di quell'uomo davanti all'eccitazione di non essere più sola, ma senza voler cedere.
Alla fine decise di ammettere che il suo comportamento non era stato adeguato.
"Ammetto che rivelare a mia sorella il vostro segreto senza informarvi della mia decisione sia stato poco sensibile da parte mia."
Loki rimase in silenzio.
"Deduco che neppure i vostri poteri siano comuni, nel posto da cui venite."
"No, non lo sono." rispose irritato e il silenzio si prolungò.
La situazione stava iniziando a far arrabbiare Elsa. Per quanto comprendesse il punto di vista del principe ormai la frittata era stata fatta, che cosa pretendeva lui con quel suo irato silenzio?
"Comprendo come vi sentiate, probabilmente avete sempre cercato di nascondere quello che siete in grado di fare agli altri con la paura di essere ritenuto un mostro, ma vi assicuro che qui troverete comprensione. Nessuno vi accuserà di nulla. Il vostro potere é grande, non immaginate nemmeno voi quali cose grandiose  potreste creare, quali meravigliose azioni compiere. Non rifiutate chi siete."
Loki la guardò cercando di non abbassare la guardia.
Le parole di Elsa filtravano nel suo cuore e lui voleva crederci, voleva credere di non essere il mostro che gli avevano sempre insegnato a temere e combattere, ma non poteva. Non poteva permettersi di sperare.
Scosse la testa.
Elsa, che era aveva aperto il suo cuore e raccontato come si era sentita, ed era dunque molto fiera del suo discorso, si sentì piccata per il fatto che non avesse avuto l'effetto sperato.
"Fidatevi di chi ha vissuto sulla propria pelle queste stesse cose."
Loki strinse le labbra, ponderando.
Esasperata, Elsa lo afferrò per il polso. "Seguitemi!"



N.d.A. 
Scusate l'immenso ritardo, ma sabato ho finalmente dato l'orale della maturità e finalmente posso smettere di studiare e dedicarmi alla mia adorata scrittura, almeno fino ad ottobre. 
Ringrazio StarFighter e Quen_the_darkess per le recensioni. 
A presto, DNF
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cliché ***


4 - Cliché
 
Quando Elsa costruì una scala di ghiaccio su un burrone Loki la guardò come se fosse pazza.
"Io su quel coso non salgo." le fece, imbronciato. Non le aveva ancora perdonato di essere stata così sensata prima, né di averlo praticamente trascinato fuori dal palazzo e dalla città di corsa.
"Non siate timoroso. Fidatevi di me."
Fiducia era una cosa che aveva dato a ben poche persone nella sua vita e nessuno gli aveva dimostrato di meritarla. Eccetto sua madre.
Elsa salì i primi gradini di corsa per poi fermarsi ad aspettarlo.
"Allora?"
Loki la guardò dubbioso prima di afferrare il corrimano. La sua mano cominciò a tingersi di azzurro. Lentamente cominciò a salire. Non aveva paura, non della salita per lo meno - non sarebbe stata una caduta del genere a ucciderlo -, ma a spaventarlo era il fatto che stava abbassando sempre di più e sempre più facilmente la guardia con quella donna.
"Allora?" lo spronò lei e Loki la raggiunse in pochi secondi.
"Posso sapere dove stiamo andando?" chiese, sbuffando come un bambino. In quel momento aveva molto poco del Dio degli Inganni.
"Lo vedrete." gli sorrise enigmatica.
La visione gli apparve sugli ultimi gradini, dove la neve ricopriva tutto. Un piccolo angolo di inverno perenne su cui si ergeva un meraviglioso castello di ghiaccio.
"Cosa...? Come...?" per una volta Loki era rimasto senza parole.
"Bello vero? L'ho fatto io!"
Loki la guardò meravigliato. "Voi?"
Elsa gli sorrise. "Io con i miei poteri. Sono convinta che potreste farlo anche voi."
"Non sono in grado." disse, alzando nuovamente lo sguardo sul palazzo.
Non aveva previsto tanto potere in quella ragazzina, l'aveva sottovalutata.
"Non siete in grado o non volete esserlo?"
Doveva essere un dono di famiglia, prima Anna e poi Elsa, mettere il dito nella piaga e rigarcelo dentro. Anche se effettivamente Elsa gli aveva dato problemi sin dal primo momento in cui l'aveva incontrata. Era così facile fare finta che non ci fosse niente, poi arrivava lei a porre le domande giuste -domande a cui lui non voleva rispondere-  ed era costretto a dirsi la verità -una verità che non voleva vedere.
"Non..." era la prima volta che Loki si trovava senza parole. Così infinitamente adulto -subdolo, astuto, calcolatore- e così infinitamente bambino -capriccioso, volubile, vendicativo.
Elsa lo guardò con aspettativa, come se non avesse capito che Loki non avrebbe mai risposto. Sapeva che avrebbe ceduto, non avrebbe saputo completare la frase - o non lo avrebbe voluto - e avrebbe accettato di usare i suoi poteri. In fondo lo voleva anche lui.
Se la gente non ti guardava come se fossi diversa da loro, una sorta di strega buona che comunque aveva ghiacciato Arendelle per giorni provocando una quasi carestia -se il raccolto fosse rimasto sotto la neve solo un giorno di più sarebbe morto o marcito e i cittadini sarebbero morti di fame- quel potere ti riempiva le vene e ti drogava di euforia.
Elsa conosceva quella sensazione di potere, di poter distruggere tutto e tutti, quella sensazione di cattiveria che la spaventava nel momento stesso in cui se ne inebriava.
Poi aveva quasi ucciso Anna e tutto quello che ne era conseguito le aveva insegnato che non c'è solo una faccia della medaglia. Tutti siamo buoni e cattivi, basta scegliere da che parte stare. Non sono importanti gli impulsi in un senso o nell'altro, ma come decidi di reagire. Lei aveva scelto di far sì che il suo potere costruisse castelli e procurasse acqua durante i periodi di secche in cui le spighe di grano sì afflosciavano disidratate. Aveva deciso di essere costruttiva, anche se avrebbe potuto seppellire tutto sotto un manto di neve eterna.
Loki la guardò seccato. "Non..."
Non cosa?
Non sono sicuro di poterlo fare.
Non poteva semplicemente ammetterlo.
Elsa lo soccorse, convinta di averlo già costretto ad annaspare abbastanza.
"Ho visto quanto potere si trova in voi, questa è un' inezia rispetto a quello che credo siate in grado di fare."
"E cosa credete che sia in grado di fare?"
Improvvisamente suonava pericoloso.
Non gli piaceva essere messo alle strette. Non da una ragazzina che aveva un centesimo dei suoi anni.
Elsa non si scompose. "Qualunque cosa."
Perché sembrava così patetica? Le sembrava di essere in uno di quei romanzetti rosa che le procurava la cameriera. Si sentiva impostata e... falsa.
Non era da lei comportarsi come un cliché riuscito male di un'eroina sofferta. "Qualunque cosa"? Da dove le era uscita? Non era così che si sarebbe voluta comportare.
Loki la fissò come soppesando l'opinione che aveva di lei. Poi so voltò verso il castello, esaminando le pareti di ghiaccio levigato che si innalzavano senza fondamenta dalla neve. La luce dipingeva meravigliose iridi con le sfaccettature degli intarsi che impreziosivano il castello. Le guglie sembravano voler raggiungere il cielo.
La ragazza aveva talento artistico.
Molto.
"Come pensi di aiutarmi a sviluppare i miei poteri?"
La sua voce uscì fredda e impersonale, solo il passaggio al più colloquiale "tu" poteva far intuire la profondità del cambiamento che Loki aveva deciso di intraprendere.
Elsa si riprese. Era ora di pensare ad aiutare quell'uomo.
Non sembrava tanto più grande di lei, ma si comportava come se fosse più piccolo, capriccioso, poi improvvisamente assumeva un tono saggio e adulto, come se avesse visto cose che lei nemmeno poteva immaginare.
"Direi di iniziare dal principio."
Loki la guardò sollevando un sopracciglio.
Quella frase poteva voler dire tutto o niente.
Non ci fu bisogno di chiedere chiarimenti, Elsa si sbrigò a spiegarsi.
"Pensavo che farti tornare blu potrebbe essere un buon inizio."
Loki si morse il labbro inferiore. Aveva deciso, perché esitava?
"D'accordo."
Elsa disegnò un arco nel cielo con la mano e lentamente la neve cominciò a cadere, andando ad accrescere la coltre che circondava il castello.
I minuscoli cristalli di acqua gelida si posavano su Loki fluttuando con grazia, lasciando sulla pelle dell'uomo un alone celeste che scompariva pochi secondi dopo che il fiocco si era sciolto.
Non che a Loki dispiacesse non essere ancora diventato un mostro blu, ma il procedimento stava diventando un po' lungo. Se avessero continuato a quel ritmo prima di avere un risultato notevole sarebbe stata notte.
"Non si potrebbe velocizzare un po'?"
Elsa sbuffò, guardandolo male.
"Oggi ho sfruttato molto i miei poteri, non credo di poter creare un'altra tempesta di neve come quella di prima. Motivo per cui l'unico modo perché la cosa sia più veloce è..." la voce le si spense, perdendo l'acidità appena trovata per la critica.
"Cosa?"
"Niente. Rassegnati. Ci vuole il tempo che ci vuole."
Elsa guardò via.
Loki non si fece ingannare.
"Cosa?"
"Ecco... Se la pelle é in contatto con la neve è più facile, quindi..."
"Capisco."
Tutta la faccenda non le piaceva. Stava diventando ogni momento di più uno stupido di cliché da romanzetto. Ci mancava solo che lui cogliesse il suo suggerimento -cielo, no! Detto così sembrava che lo stesse istigando!- e si togliesse la camicia.
Loki slacciò i polsini della camicia nera e arrotolò le maniche lasciando scoperti gli avambracci.
"Potrebbe andare bene?" chiese poi.
"Sì." annuì lei sollevata. Almeno non si era tolto nessun indumento.
Sfilò la casacca verde, rimanendo in maniche di camicia e la appoggiò a terra dopo averla piegata.
"Tranquilla, non toglierò nient'altro." ghignò.
Elsa si ritrovò a pensare che quello fosse uno dei momenti infantili. Perché doveva metterla in imbarazzo?
"Bene."
"Bene?"
Loki le si avvicinò. Elsa si torse le mani a disagio e annuì.
"Posso chiederti perché?" le sussurrò suadente.
Le guance della ragazza si imporporarono.
"No. E adesso concentrati."
Con un ghigno Loki si spostò, rimanendole comunque abbastanza vicino da rendere la propria presenza studiatamente pesante.
Aveva detto che si sarebbe vendicato, anche se doveva ammettere che all'inizio aveva pesato a sangue e budella, ma questo lo divertiva moltissimo. Vedere la ragazza mentre annaspava alla ricerca di qualcosa di adeguato da dire era una vera goduria.
E poi era carina.
Anche se aveva un centesimo dei suoi anni.
"D'accordo. Mi concentro."
Avvertì il cambiamento della pelle sotto il tocco leggero della neve.
Elsa vide diverse nuance di blu contendersi la pelle dell'uomo, dal fiordaliso al blu reale per fermarsi ad un blu ceruleo con ogni minima gradazione.
Dovette ammettere con sé stessa che quegli occhi iniettati di rosso erano inquietanti.
"Mi sono concentrato."
Nonostante l'apparenza, non era affatto sicuro di sé. I suoi tendini erano più robusti ed elastici, i muscoli troppo veloci. Si sentiva scoordinato e ancora non aveva mosso un dito. Era come se gli impulsi del suo cervello arrivassero sfalsati alle membra che agivano in ritardo o con movimenti convulsi.
Doveva fare pratica, si disse contraendo e rilassando nuovamente la mano destra.
"Ecco..."
Elsa non aveva un programma. Sul momento aveva improvvisato, seguendo l'istinto, ma ora non è che avesse proprio una lista da seguire, un ordine di cose da fare.
Pensò a come in lei fosse istintivo il ghiaccio.
Pensò ai momenti felici che aveva trascorso con la sorella e quelli più infelici di reclusione.
"Bene. I miei poteri sono collegati alle emozioni e da quanto ho potuto vedere anche i tuoi."
Loki la fissò stranito. Se avesse indossato un tailleur grigio invece che un lungo abito verde medioevale avrebbe potuto scambiarla per una delle tante funzionarie dello S.H.I.E.L.D. La sua voce era professionale e incisiva. Assomigliava davvero molto a Melinda May -non fisicamente, non aveva nulla della agente orientale-, nel suo perfetto tono burocratico -tono che Loki sospettava non avrebbe avuto se avesse saputo che sotto le spoglie del presunto agente di livello 8 Felix Blake si nascondeva una divinità norrena alla ricerca dei punti deboli dell'agenzia per distruggere la Terra.
"Continua." la invitò con un gesto.
Sospettava che quello fosse il momento in cui lei avrebbe dovuto sistemarsi gli occhiali sul naso o una ciocca nello chignon -se avesse avuto li uni o l'altro.
"Dovremmo riportare alla luce delle emozioni particolarmente forti. Possibilmente positive. L'ultima volta che ho lasciato alle mie emozioni negative di prendere il sopravvento ho gettato Arendelle in un inverno perenne." si lasciò sfuggire attirando la curiosità di Loki.
"Inverno perenne?"
"Resta concentrato."
"D'accordo, emozioni positive."
Non sarebbe stato facile.

N.d.A. 
Scusate il ritardo nella pubblicazione, in questo periodo la scrittura è un po' in secondo piano...
Grazie a tutti quelli che hanno recensito. 
Spero di non farvi attendere troppo con il prossimo capitolo, ma il blocco dello scrittore è più facile da accantonare che da affrontare, perciò sto solo aspettando Madama Ispirazione. 
A presto, DNF

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** I'll tell you ***


5- I'll tell you

Più ci pensava più Loki credeva che fosse una stupidaggine.
Non aveva senso.
Cosa avrebbe dovuto ricordare di positivo?
Odino che insegnava a lui e a Thor l'arte del buon governo, rivolgendosi a entrambi, salvo poi aggiungere qualcosa di utile, di veramente utile ed essenziale, al solo Thor?
Volstagg che gli sottraeva il cibo dal piatto sotto lo sguardo bonario del padre. Ah, Volstagg! Il tuo appetito rende onore al cuoco!
Fandral che lo aveva sempre ritenuto un vigliacco, senza mai dargli la possibilità di dimostrare il contrario? Lui che sapeva che il cervello valeva ben più dei muscoli e per questo era ritenuto un vile, invece che una persona sensata.
Hogun, l'irraggiungibile guerriero a cui non importava di nulla se non del proprio onore?
E Sif, Sif che era sempre stata accecata da Thor, senza considerare la sua presenza. Sif, per avere la cui attenzione aveva dovuto procurarsi il suo odio. Sif dai capelli biondi, ormai scuri. Sif era il pensiero giusto?
No. Nessuno di questi era il pensiero.
Allora forse Laufey assiso sul suo trono mentre progettava di uccidere il Padre degli Dei?
O Thor che gli tendeva una mano che non poteva afferrare, un aiuto che in cima alla Stark Tower, mentre New York bruciava, non poteva fare altro che schiaffeggiare via, lontano dalla sua vista in modo che non lo tentasse neppure? Poteva ancora sentire lo stiletto affondare nella tenera carne tra le pieghe dell'armatura.
Nessuno di questi era il pensiero.
Erano Clint Burton e Erik Selvig? Le uniche persone che lo avessero aiutato? No, non potevano essere loro, non dal momento che aveva dovuto incantarli per avere la loro collaborazione.
Quale mai poteva essere il pensiero?
"Smettila."
Loki si riscosse e si accorse di stare tremando.
Elsa lo guardava preoccupata. O meglio guardava preoccupata quello che si trovava sopra di lui.
Alzò gli occhi e vide una nube nera temporalesca che minacciava grandine. Attorno a lui un centrino di ghiaccio frastagliato e tagliente si estendeva per qualche metro.
"Avevo detto pensieri positivi!" lo redarguì la ragazza.
"Non credo sia il caso di continuare." disse, accorgendosi di avere le braccia intorno a sé in un autoabbraccio e ricomponendosi.
"Hai paura." constatò lei sussurrando, mentre lui le voltava le spalle e cominciava ad allontanarsi.
Loki si arrestò come se fosse stato colpito, congelandosi sul posto, poi si voltò lentamente.
"La paura è tua nemica."
Elsa ricordò i troll. Li aveva incontrati dopo tutta la vicenda di Anna. Si ricordavano di lei e avevano raccontato ad Anna tutta la storia. Elsa era rimasta sconvolta nel rivivere la vicenda e se ne era andata, congedandosi il più velocemente possibile. Da allora, a differenza di Anna e Kristoff, non era più tornata in quella radura.
Non aveva voluto sapere nulla.
Nel rivolgere a Loki lo stesso consiglio che i troll avevano già dato ai suoi genitori si accorse che forse loro potevano aiutarli. Cioè, aiutarlo. Al diavolo, lo stava aiutando anche per sé stessa, perciò sì, i troll avrebbero potuto aiutarli entrambi.
"Io non ho paura." sibilò gelido.
"Sì, invece. Lo so, perché ne avevo anche io e..." Elsa deglutì. "... e ne ho ancora."
Loki la guardò sorpreso. Perché gli aveva confidato un punto debole? Non lo conosceva che da poche ore.
"Nessuno mi ha mai insegnato a controllare i miei poteri, temevo di ferire le persone accanto a me. Sono rimasta rinchiusa nelle mie stanze per un decennio, vivendo in quel terrore. Cercando di intrappolare il mio potere. Ho capito solo dopo che era controproducente. Più cercavo di gettarlo nel profondo, più a lungo lo trattenevo, più dovevo stare attenta, sarebbe trapelato ad ogni minima distrazione. Quando poi è stato troppo... Sono esplosa. Anna aveva parlato di sposarsi, di portare gente nel castello, di costringermi a stare in allerta oltre la mia soglia di sopportazione e il mio potere si è liberato da solo. Ho condannato Arendelle a neve e ghiaccio."
Non lo aveva mai raccontato a nessuno. Si chiese cosa avesse di speciale quell'uomo in particolare, per farla parlare a tal punto.
"Sono scappata via dal luogo dove ero nata e mi sono rinchiusa in questo castello. Fino a che Anna non è venuta a cercarmi. È stato allora che l'ho colpita a morte. Una scheggia di ghiaccio nel cuore, me lo hanno raccontato poi."
Gli occhi di Elsa erano velati di lacrime, Loki se ne accorse solo in quel momento.
"Per salvarla serviva un atto di vero amore, ma io non lo sapevo. Non sapevo neanche che stesse male, l'ho solo cacciata via in malo modo. Poi sono venute a prendermi le guardie, mi hanno imprigionato nelle celle del mio stesso palazzo, ero un mostro, una strega. Ero io quella da combattere, quella da cui difendersi. Ero quella con cui minacciare i bambini la sera se non andavano a letto. Poi mi hanno detto che avevo ucciso Anna..." Le lacrime avevano iniziato a rigarle il volto già da tempo, ma Loki non sapeva cosa fare. Non era abituato ad esternazioni del genere. Non ad una corte reale.
Desiderava poterla confortare, dire qualcosa che potesse farla stare meglio.
Che pensieri erano questi? Loki si meravigliò di sé stesso. Non poteva permettersi di rammollirsi a tal punto! Doveva sfruttare i punti deboli che la regina gli stava offrendo su un piatto d'argento, utilizzarli per piegarla al suo volere con una lenta tortura psicologica, senza che lei nemmeno si accorgesse di essere manipolata. A patto che la regina non fosse un suo punto debole. Loki scacciò il pensiero dalla sua testa, continuando ad ascoltare distrattamente la storia di come Hans avesse in realtà cercato di ucciderle con un piano diabolico.
Non riusciva a togliersi dalla testa il fatto che la regina contasse qualcosa per lui. Come era possibile? Non la conosceva che da un giorno. Non poteva essere che lei non lo considerasse mostruoso, che avesse cercato di aiutarlo.
Elsa terminò il suo racconto davanti ad un costernato Loki, che non aveva la più pallida idea di come dovesse comportarsi.
"Ecco perché vorrei provare a portavi dai troll."
L'affermazione di Elsa gli permise di cambiare discorso ed esimersi dal "salvare la fanciulla in pericolo".
"Troll?"
"Esattamente. Loro mi hanno già aiutato una volta, possono farlo ancora."
Loki la squadrò poco convinto.
"Non dobbiamo andarci adesso, se non volete." disse la donna sedendosi a terra, le braccia attorno alle ginocchia. "Perché non mi raccontate la vostra storia. Io vi ho raccontato la mia." batté una mano sul terreno innevato, suggerendogli di sedersi accanto a lei.
"È una storia lunga." cercò di temporeggiare.
"Ho molto tempo. Sedetevi accanto a me. Possiamo raggiungere i troll anche domani, non sono molto distanti da qui."
"Ed é una storia brutta."
"Ho quasi ucciso mia sorella, cosa può esserci di più brutto?"
"Il desiderio di riuscirci." mormorò a bassa voce Loki, amareggiato.
Lo sgomento si impossessò della ragazza. Voleva...? Si impose di non giudicare prima di essere venuta a conoscienza dei fatti.
"Volete ancora che mi sieda accanto a voi?" la provocò.
"Sì."
Loki si affrettò a soffocare lo stupore che gli traspariva dal volto sotto una maschera di impassibilità e sedette.
La neve si infilò tra le sue dita aperte, il freddo pungente per tutti a eccezione di loro due.
"Allora?"
Si era ripromesso di restare sul vago, di non rivelare che i fatti principali, abbozzando a grandi linee gli avvenimenti, ma si era rotrovato a raccontare di un odio atavico che affondava le radici in una invidia infantile. Aveva raccontato di come avrebbe solo voluto essere all'altezza del fratello, della grande bugia che era stata la sua vita. Aveva raccontato tutto, di New York, della sua vendetta e diamine, non gli importava che Elsa conoscesse la sua storia, che potesse usarla contro di lui perché solo per quella volta voleva essere sincero.
Elsa era rimasta in silenzio, lasciandolo parlare. Lo aveva ascoltato.
E quando Loki aveva sollevato lo sguardo aveva visto i suoi occhi lucidi e pieni di lacrime che non si decidevano a scendere.
Si diede dello stupido, perchè quella era pietà e sì, certo lui era stato vittima degli avvenimenti per un certo periodo della sua vita, ma poi aveva preso in mano la situazione era finalmente riuscito a farsi odiare per qualcosa che aveva fatto e su cui aveva controllo e non per ciò che era dalla nascita e ci stava riuscendo dannatamente bene e quindi no, non aveva bisogno della pietà di quella ragazzina, stava bene così, grazie, che la smettesse pure di guardarlo così e cominciasse a odiarlo anche lei.
Aveva riportato la sguardo al bianco manto di neve di fronte a lui con una smorfia, perciò non si rese conto della vicinanza di Elsa finché non sentì le braccia della ragazza attorno alle spalle.
Sollevò lo sguardo sorpreso, trovandosi con il naso a pochi centimetri da quello della ragazza, costretto a guardarla in quegli occhi azzurri ancora lucidi, ma che non davano segno di voler versare lacrime.
Elsa arrossì, ma non si spostò, sostenendo il suo sguardo.
Il respiro della ragazza gli solleticava la pelle e si infrangeva contro le sue labbra chiuse.
"Mi dispiace." due semplici parole soffiate sul suo viso, nella sua bocca. Poi Elsa appoggiò la fronte alla sua.
L'ultima volta che qualcuno l'aveva abbracciato Loki era un bambino E quel qualcuno era sua madre... beh, quella che avevano spacciato per tale.
E adesso quella ragazzina... Lui non aveva bisogno di un abbraccio!
Eppure quel contatto lo faceva sentire strano... era... accettato?
Aveva sempre usato la fisicità per manipolare, per trarre piacere, per combattere. Ora quel contatto significava altro. Conforto.
So come ti senti, andrà tutto bene. Trapelava da ogni singolo centimetro di pelle a contatto.
Fronte contro fronte. Bianco contro blu.
E nessuno dei due aveva freddo.
Elsa non aveva mai abbracciato nessuno così. Elsa era fredda, fredda dentro, fredda la sua pelle. Non ricordava di aver mai abbracciato qualcuno senza che questi rabbrividisse. E ora dalle sue braccia quell'uomo sembrava trarre calore.
Lasciò scivolare via le braccia, sperando di non essere stata troppo inopportuna nell'abbracciarlo così intimamente – non era come se lei andasse in giro ad abbracciare tutti quelli che incontrava –, ma Loki le trattenne il polso.
"Grazie."
Quindi era questo l'affetto reale, questo quello che vedeva ricoprire Thor ogni volta che il fratellastro era con qualcuno, mentre a lui ne toccava solo una brutta copia nei pochi casi in cui gliene toccava. Oh. Lo colse una consapevolezza improvvisa. Quindi quello sciocco di Thor gli voleva davvero bene. Poco male.
Non sapeva ancora se lo voleva, ma Elsa gli aveva fatto capire che anche lui poteva averlo.



N.d.A. 
Mi odiate? Quanto mi odiate? Sì lo so, sono un essere orribile, sono in un ritardo mostruoso. 
Mi spiace tanto, ma Madama Ispirazione ha fatto i capricci e non mi è venuta a trovare. 
Grazie mille a quanti hanno recensito, letto, preferito e tutto il resto. 
A presto DNF

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2609290