A Coffee Story

di Evilcassy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** White Chocolate Mocha ***
Capitolo 2: *** Caffé Espresso Frappuccino ***
Capitolo 3: *** Hazelnut Macchiato ***



Capitolo 1
*** White Chocolate Mocha ***


A Coffee Story

 

1 – White Chocolate Mocha

Espresso with white chocolate flavored sauce and steamed milk. Topped with sweetened whipped cream.

 

 

 

Darcy tiene in una mano una tazza di mocaccino e il cellulare tra la spalla e l’orecchio, la prima volta che se la trova improvvisamente davanti. Dalla sorpresa lascia cadere il cellulare nella tazza e il mocaccino schizza sulla camicetta di H&M in un curioso esempio di espressionismo astratto.

E Maria Hill spiana una 44Magnum.

“La dottoressa Jane Foster.”

Deglutendo, Darcy biascica un “Chi la cerca?” con le ginocchia molli ed il sangue freddo svanito chissà dove, per poi alzare gli occhi al cielo quando la donna esibisce il distintivo: “Ancora voi? Questo è stalking!”

“La dottoressa Foster.” Insiste l’Agente Hill.

“È in bagno.”

“Sicura?”

“Le ho appena passato la carta; dubito che stia compiendo un crimine federale in questo momento.”

Ammiccando, l’agente Hill si decide finalmente ad abbassare la pistola ed infilarla nella fondina della coscia sinistra. Un macigno rotola via dalle spalle di Darcy e le ginocchia riacquistano un vago senso di solidità. Riesce addirittura a formulare una domanda con una voce meno tremante di prima: “Caffè?”

“No, grazie.”

Quando Jane si degna di uscire dal bagno – “Quante volte dovrò ripetere a Thor di premere piano lo sciacquone? Darcy, dobbiamo richiamare l’idraulico!” – la Hill mostra di nuovo il distintivo e ordina senza troppi preamboli o spiegazioni di seguirla: “Entrambe. Per la vostra sicurezza.” Aggiunge, piantandole addosso gli occhi azzurri. “Signorina…?”

Darcy Lewis” Rispose allungando la mano.

Che lei non si cura di stringere.

 

 

Per la seconda volta passa qualche mese, e va un pochino meglio. Anche perché se fosse andata peggio l’avrebbe inondata di caffè.

Invece Maria Hill – Neo Responsabile comparto di Sicurezza, Logistica e Armamenti della divisione Avengers – era riuscita ad afferrare al volo il vassoio con le quattro tazze di Starbucks e contemporaneamente tenere aperta la porta di vetro con cui, aprendola, l’ha sorpresa.

Nessuna goccia di caffè sprecato, nessuna camicetta di H&M macchiata, solo un’occhiata di deciso compatimento. Maria Hill annusa il coperchio di una tazza di carta: “Filtrato Clover? Nessuna aggiunta?”

“Nulla.”

“Ottimo.”

Le restituìisceil vassoio trattenendo la tazza annusata.

Hey, aspetti! Quel caffè è di Jane! Diventa una iena se non ne ha almeno un paio mentre lavora!” Ma lei ne ha già bevuto un lungo sorso allontanandosi per il corridoio senza voltarsi. L’istinto di autoconservazione di Darcy le consiglia di rinunciare a qualsiasi rappresaglia.

 

 

Ma è il terzo incontro ad essere decisamente il migliore: quando le porte dell’ascensore si aprono all’ottantanovesimo piano – Il primo livello dell’ala dedicata alla Ricerca e Sviluppo – Darcy le porge la venti di Clover Brewed Coffee: “Nessuna aggiunta.”

“Come?”

“Ho pensato di prenderlo anche per lei, così non ruberà quello di Jane e le mie orecchie non subiranno il ronzio continuo delle sue lamentele.”

La Hill alza un sopracciglio sorpresa e accetta il caffè mentre Pepper esce dall’ascensore dichiarando che quella è un’ottima idea, di cui vorrebbe usufruirne: “Ti spiace, Darcy?”

“Si figuri.”

 

 

La quarta volta, poi, va alla grande: Hill la sorprende direttamente dentro lo Starbucks, un Cinnamon Roll in bocca e un grande di Mocha imbottito di cannella e cacao.

“Quella colazione te la offro io.”

Darcy bofonchia un: “Non è necessario!” a bocca piena, seguito da un veloce sorso per aiutarsi ad inghiottire – sorso di Mocha bollente, non di certo un'idea indolore – e si sforza di spiegare boccheggiando: “Stark ha un conto aperto qua dentro, per questo prendo il caffè per tutti. Ogni mese la sua contabilità paga la fattura senza neppure guardarla.”

“Oh.” La Hill ordina la sua Venti di Clover “Offro comunque. Per il tuo disturbo quotidiano. E per i baffi di crema che ti ritrovi.”

Presa la tazza, esce rivolgendole un mezzo sorriso mentre lei si strofina il labbro superiore con un tovagliolo macchiato di marmellata.

 

 

A Darcy piacciono gli uomini. Non tutti, questo è vero, ha gusti abbastanza difficili da soddisfare – dopotutto, il megafigo di turno se l’è accaparrato la sua capa – e spesso si stufa in pochissimo tempo: l’ultimo, Ian, non è durato che un mese scarso.

È anche vero che le capita di provare attrazione verso alcune donne - andiamo, a chi non piacciono Angelina Jolie e Jennifer Lawrence? - ma era mai uscita con nessuna. Anche perché Angie non è più sulla piazza da tempo e Jen è troppo impegnata ad inciampare negli strascichi di un un qualche Dior.

Maria Hill la intriga. Le piace l’aria seria, gli occhi azzurri glaciali, il mezzo sorriso di cortesia e la smorfia di compatimento che le vede rivolgere a Tony Stark o a lei quando fa qualcosa di imbarazzante o stupido in sua presenza. E le gambe sode che spuntano dalla gonna e le spalle dritte che si intravedono negli sbuffi della blusa.

“Posso aiutarti?” Non ha neppure alzato gli occhi dal rapporto che stava leggendo sul tablet.

“Come, prego?”

“Mi stai fissando. Posso aiutarti?”

“Oh beh…Darcy è tipa da arrossire facilmente, eppure sente le guance diventare bollenti: “Io… io guardavo la camicetta. È molto bella, le dona davvero tanto.”

“Grazie. Macy.”

“No, Darcy.”

“No, Macy. L’ho comprata da Macy.”

“Ah.” La scomoda sensazione di essere una pura idiota viene appena mitigata dal vedere la Hill mordicchiarsi il labbro inferiore trattenere un sorriso, continuando a fingere concentrazione sul tablet.

 

 

 

Gli Avengers erano entrati in azione – Austria o Australia, Darcy non aveva capito bene – seguiti sul campo dalla Hill per il supporto logistico. Quando la rivede, una settimana dopo, veste ancora la sua tuta da combattimento scura, aperta e sfilata dalle maniche che pendono lungo i fianchi, sorseggia una bibita in lattina appoggiata alla parete del corridoio che porta all'Avengers Lounge in una canotta nera.

Improvvisamente anche Darcy si ritrova ad aver sete: “Hey!”

Hey.”

“Se l’avessi saputo, mi sarei fatta trovare con un caffè.”

“Con solo quello?”

In che senso? Darcy non arrossisce quasi mai, ma il sorrisetto stanco della Hill ha il potere di farla avvampare. Probabilmente si sta sbagliando, ma ha un tono flirtante.

“Perché non ci vedo più dalla fame.”

Ah. Ok. Ecco. Seconda figura da idiota: “Un Cinnamon Roll? Se vuoi vado a…

“Troppo poco. Ho voglia di una bistecca.” Finisce la bibita con un ultimo sorso e cestina la lattina: “Il tempo di fare una doccia. Se ti va.”

Nel senso, a me? Con me? Ti…ti aspetto, allora?”

“Se non hai consegne urgenti da fare…

Se è tornata la Hill sono tornati anche gli Avengers. Se sono tornati gli Avengers è tornato anche Thor e probabilmente ha già distratto Jane da lavoro e caffeina almeno un paio di volte. “Oh no, non oggi.”

 

 

Le Charlie’s Angels? Oddio, io le adoro!

Ho la collezione di dvd delle serie degli anni ’70, ma amo anche il film con Drew Barrymore. Il primo, sì, il secondo non era di certo all’altezza, sono d’accordo.

Oppure:

Ho sentito che eri la Vicedirettrice dello S.H.I.E.L.D., eppure sei così giovane! A che età hai intrapreso la tua carriera?

Ed invece:

“Com’era l’Austria?”

“Siamo stati in Australia.”

“Ah.” Qual è il record di figure di merda giornaliere? Venti, venticinque? A quanto è lei?

Accoglie la cameriera come una benedizione: “Per me una bistecca di maiale ben cotta e patatine fritte.”

“Per me una T-bones al sangue, con contorno di verdure cotte e pomodori, grazie.”

Darcy si definisce una persona tenace e soprattutto loquace. Anche perché i silenzi – specie con le persone di cui desiderava ardentemente sapere vita, morte e miracoli - li trova estremamente difficili da gestire. Pesanti.Imbarazzanti.

Non ha niente da perdere, tra l'altro, quindi tanto vale riprovarci: “Quindi – uau – in Australia le cose devono essere andate benone!”

“Se si esclude la trasformazione di Banner sul Quinjet ed un paio di spacconate di Stark che potevano costarci caro, sì. Anche perché altrimenti non sarei qui a raccontarlo.”

“Giusto. E…uhm, era la prima volta che andavi in Australia?”

“No ci sono già stata un paio di volte.”

“Per lavoro?”

“Anche per fare snorkeling nel Queensland.”

Oh, finalmente! Un argomento di conversazione per persone normali!

“Oh! E-”

Peccato che non sia l’argomento di conversazione che vuole trattare lei: “Come è finita una studentessa di scienze politiche ad essere l’assistente di un’astrofisica?”

Sentendosi presa in contropiede, Darcy non riuesce inizialmente che ad emettere uno sbuffo noncurante: “Avevo bisogno di crediti universitari, lei di una stagista e i posti alla Casa Bianca erano finiti” riassume brevemente: “Tutto il resto è venuto da sé. Mi sono affezionata a Jane, anche se spesso è insopportabile e bisogna correrle dietro come ad una treenne. Spesso mi definisco la sua babysitter, piuttosto che la sua assistente.” Il mezzo sorriso di Maria è appena più ampio del solito: un segnale incoraggiante. “E come ci è finita una patita di snorkeling a coordinare un gruppo di supereroi?”

La cameriera arriva con i piatti, Maria controlla con la punta del coltello la cottura della T-Bones definendola perfetta - così poco cotta che Darcy è sicura che possa scappare via dal piatto – e ne tagliò un pezzettino: “Non sono una patita di snorkeling. Lo era la mia ex.”

La. Mia. Ex.

Donna.

Le cose si fanno decisamente più interessanti.

“Quindi-”

“Tutto il resto è venuto da sé.”

 

 

Sono ormai due ore che Darcy si rigira nel letto senza prendere sonno. Con gli occhi aperti nel buio, lascia che la sua mente riformuli lo stesso identico mantra che le ha fatto compagnia nel pomeriggio.

Maria Hill ha una ex.

Maria Hill è lesbica.

A Maria Hill piacciono le ragazze.

A me piace Maria Hill.

 

Che poi non è neppure sicura che le piaccia davvero.

No, palle, mi piace davvero.

Ma che non è sicura che le piaccia in quel modo.

È più curiosità, forse. La sua compostezza, l’apparente freddezza, l'alone di affascinante e impenetrabile mistero che la circonda, il suo ex-ruolo in un'agenzia di Intelligence, e quello attuale di coordinatrice – o baby sitter, magari – della squadra di Supereroi terrestri.

Fisicamente, è uno schianto. E quello solo un cieco potrebbe non accorgersene.

Ha una bella voce.

E…

E basta! Darcy abbandona il letto e si consegna al corridoio.

 

Nella sua testina insonne si fa strada l’idea che la possa incontrare, così per caso alle 2 e 35 di mattina, nel bel mezzo del corridoio dei piani residenziali. Calzoncini e canotta nera per Maria, in pigiama azzurro con la faccia di Puffetta lei.

Le avrebbe domandato che ci faceva in giro a quell’ora e lei avrebbe risposto in modo stupido. Poi, forse, avrebbero chiacchierato.

E come si potrebbe iniziare una conversazione?

Would you light my candle?

Opzione non valida: non sono due pseudobohemiennes malate di AIDS sul finire degli anni 80 e soprattutto lei non è Rosario Dawson.

E poi il problema non si pone: se si incontra una persona alle 2.35 di notte ci si parla comunque, anche solo per fare osservazione sul pigiama.

Magari poteva piacerle.

E magari si sarebbero baciate. Così magari sarebbe riuscita a dare un senso alla matassa di pensieri assurdi che le affollavano il cranio.

Dopo due minuti a vagare senza meta apparente formula la massima che la vita non è un film romantico. Neppure un porno lesbo.

Parlando per ipotesi, eh, perché pensandoci non ha mai visto un porno saffico. Magari funzionano diversamente da quelli etero.

Decide di tornare a coricarsi.

Oh, andiamo, Darcy: forse hai solo mangiato pesante.

E bevuto troppo caffè.

 

 

Per una vita che non assomiglia a film romantico né un porno saffico, Darcy ne ha una che sembra drammaticamente una pellicola demenziale di inizio millennio.

Qualcosa di meno gretto di Maial College ma anche meno sofisticato de Il Diavolo veste Prada.

Un titolo azzeccato – anche se troppo lungo per suonare orecchiabile – potrebbe essere Il Diavolo si sbatte He-Man ma non ci salta fuori con il tunnel di Einstein-Rosen.

Ma è una che si accontentava nella vita, anche perché poteva capitare di peggio: il tempo de Il Diavolo va in Bianco mentre Einstein –Rosen si Danno alla Macchia è un ricordo ben vivo nella sua mente.

Darcy, hai i risultati dell’ultimo test?”

“Dovrei?”

Anche Jane abituata a rispondere senza alzare lo sguardo dal lavoro: “La stampante.”

In barba all’invito – arrivato direttamente dalla Direzione – di utilizzare meno carta possibile per questioni ecologiste (“Palle!” Aveva sbottato una Jane al colmo della frustrazione davanti ad un dato incomprensibile: “Meno alberi, meno ossigeno. Meno ossigeno, meno persone inutili!” a cui aveva ribattuto chiedendo se davvero avesse scelto l'asgardiano giusto) la dottoressa Foster stampa tutto quello che le capitava sotto tiro, studiandolo ed evidenziandolo in diversi colori smangiucciandosi le unghie sino all’osso.

“Caffè?”

“Sì, Darcy.”

“Due tazze?”

“Sì, Darcy.”

“Ma sono già le quattro di pomeriggio!”

“Sì, Darcy.”

“Sei un cavallo?”

“Sì, Darcy. Co-?”

Ma Darcy si è già volatilizzata oltre le porte scorrevoli dell’ascensore.

E si trova praticamente addosso a Maria Hill.

 

 

“Oh! Ciao.”

“Ciao. Giornataccia?”

“Più Jane si avvicina al risultato di un progetto e più diventa irascibile. Ed irsuta. Non credo neppure che si sia fatta una doccia ieri.”

“Vengo da una riunione alla Lounge, Thor non mi sembrava particolarmente contrariato.”

“Valli a capire i gusti degli Asgardiani. Vuoi un caffè?”

“Oh no, grazie. Sto partendo ora.”

“Washington?” Azzarda Darcy, ricordandosi una mezza conversazione che ha afferrato tra lei e Pepper la sera prima. Maria scuote la testa. “Australia?”

“Neppure.”

“Austria, allora? Il mondo è troppo vasto perché riesca a beccarci a tentativi, vero?” Di nuovo il mezzo sorriso sulle labbra di Maria; Darcy avverte una fettina – piccolina – di soddisfazione. Guardandola varcare le porte aperte dell’ascensore si lascia sfuggire un: “Vorrai una bistecca, al tuo ritorno?” di cui si pente immediatamente.

Una delle mani elegantemente curate di Maria torna indietro e blocca la fotocellula delle porte. L’espressione perplessa segue immediata.

Cazzo. Perché non penso mai prima di parlare?

“Era una battuta, ecco.” Darcy registra un’avaria cronica degli ingranaggi cerebrali. Si limita ad alzare le mani in segno di resa e poi nasconderle nella tasca del giubbotto sentendosi una goffa oca con uno stupido cappello scozzese in testa. “Non sto elemosinando un altro appuntamento, ecco.”

Dicevamo avaria? Qui c’è proprio un danno strutturale.

“Se quello fosse stato un appuntamento te ne saresti accorta.” Risponde. Poi lascia che le labbra si pieghino quasi impercettibilmente verso l'alto: “Domani sera alle sette da Keens. Googla l'indirizzo.”

Non è una domanda è quasi un ordine perentorio.

Darcy riesce a malapena ad aspettare la chiusura delle porte per afflosciarsi a terra.

 

 

Ed eccomi, pronta a cimentarmi in un'altra impresa!

No, questa sarà una long, ma di sicuro non sarà lunga come la mia saga precedente. Al momento sono previsti tre capitoli, ma potrebbero anche essere di più dato che Darcy e Maria sono piuttosto propense a sfuggire al mio controllo.

Che dire?

Questa storia è dedicata ad ErZa_Chan

 e a __G_J_e ai loro deliri DarcHill.

Sperando che sia cosa gradita...!

Grazie, per il momento, e se avete qualcosa da chiedere, c'è sempre il mio ask.

(Per tutto il resto c'è MasterStark non lo dico più, giuro.)

Alla prossima, se vorrete,

EC.

 

 

PS: Nel caso qualcuno si stesse ponendo il dubbio: I don't own Starbucks. È un marchio registrato di proprietà di qualcun altro. Purtroppo.

È solo una mia leggera ossessione.

Prima o poi avrò la decenza di curarmi.

 

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Capitolo 2
*** Caffé Espresso Frappuccino ***


A Coffee Story

 

 

 

2 – Caffé Espresso Frappuccino

 


Frappuccino® roast coffee blended with milk and ice, topped with our new Espresso whipped cream and new Italian Roast Coffee Drizzle.

 

 

Davanti all'armadio aperto, Darcy cede e si lascia infine cadere in ginocchio.

Oh generica divinità in ascolto, puoi tu indicarmi quale vestito mettere al primo appuntamento?

Un primo appuntamento con una donna, per la precisione.

Nessuna risposta, nessun segno divino.

Maledette divinità omofobe.

C'è pur sempre Google.

Scommetto che non ci si debba vestire neppure esageratamente eleganti, altrimenti che vantaggi ci sarebbero ad uscire con una donna anziché con un uomo?

Dopo il risultato di circa una ventina di completini di pelle, borchie e frustini, decide di tentare l'arte della Divinazione.

Occhi chiusi, dito indice sinistro puntato in avanti, perno sul piede destro e piroetta: quando sbircia attraverso le palpebre semichiuse, il dito indica la tenda della camera.

“Ah, al diavolo. Metto lo smanicato blu: è l'unico che mi contiene le tette.”

 

 

Le recensioni definivano Keens eccellente: caro, carissimo, ma il cibo valeva sino all'ultimo centesimo.

Davanti alla vetrata del ristorante, Darcy si scopre a domandarsi chi paga il conto, ad un appuntamento omosessuale.

Chi ha invitato?

Chi porta i pantaloni – oh guarda, un gruppo di scozzesi! E loro come fanno?

Chi ha i tacchi più alti?

Chi ha il portafoglio più gonfio? - Speriamo, perché una cena qui dentro è praticamente metà del mio stipendio.

Hey! Scusa il ritardo, ho dovuto parcheggiare a un paio di isolati.”

Se fosse stato un appuntamento, te ne saresti accorta.

Oh santi numi, questo sì che è un appuntamento.

I capelli di Maria sono liberi dal solito chignon severo e gli ricadono lisci e morbidi sulle spalle, gli occhi appena sottolineati da un ombretto nero sfumato, un giubbotto di pelle e attillatissimi pantaloni neri su un paio di scarpe dal tacco vertiginoso.

In confronto Darcy, con il suo smanicato blu elettrico e gli stivaletti neri, assomiglia ad un T.A.R.D.I.S..

“Tutto bene?”

“Ah... beh, sì, è che non... non ti avevo mai visto con i capelli sciolti. Forse.”

“Sì, li preferisco legati, sono più pratici e professionali. Ma sono appena uscita dal parrucchiere perciò...”

È andata dal parrucchiere prima di un appuntamento. Da quanto tempo Darcy non va dal parrucchiere? Inteso uno vero, di quelli con la licenza, non Selvig con una forbice in una mano e una squadra da un'altra. A malapena si era aggiustata le sopracciglia con la pinzetta...

Cazzo, sono un disastro. Che ci faccio qui con lei? Anzi, che ci fa lei con me?!

“L'occasione lo richiedeva. Entriamo?”

 

 

“Non ci sono mai stata in questo posto.” Naso all'insù, Darcy snobba lo studio del menù in favore della parata di pipe con cui è tappezzato il soffitto.

“All'ingresso ci sono quelle di personaggi famosi. Theodore Roosvelt, Babe Ruth...”

“Masticava un sacco di tabacco, ma non sapevo fumasse anche la pipa. Non nel film che ho visto, ecco.”

“Potremmo chiederlo a Steve, probabilmente l'avrà conosciuto dal vivo!”

“Non saprei, il Capitano tifava per i Dodgers, erano la squadra di Brooklyn dell'epoca. Me l'ha detto lui, per il suo compleanno gli avevo preso un cappellino degli Yankees perché beh, sai, essere carini con Captain America è decisamente molto patriottico e lui si è messo a ridere, mi ha ringraziato, poi mi ha spiegato dei Dodgers e degli Yankees. Non ci ho capito granché, non me ne intendo di Baseball.”

“Neppure io a dire il vero, preferisco l'hockey.”

Oddio, sorride. E parla tranquillamente.

Niente armi in mano, niente linguaggio militare: Maria Hill oltre ad essere capace di tirarsi perfettamente a lucido per un appuntamento, è anche in grado di sostenere una conversazione informale, accennando ai propri interessi personali.

Perché ha anche interessi personali. Incredibile a dirsi.

Darcy inizia a sentirsi un pochino a suo agio, quasi si dimentica di assomigliare ad un T.A.R.D.I.S.

Fanno l'ordinazione ed il cameriere torna subito dopo con una bottiglia di vino.

Oddio, quant'è che costa?

Meglio non pensarci.

Dicevamo?

“E che squadra tifi?”

“Gli Hawks. Chicago BlackHawks.”

“Sei di Chicago?”

“Già.”

“E-”

C'è stato un rombo in lontananza, se Maria non avesse aggrottato le sopracciglia e voltato lo sguardo verso la vetrina, quasi non se ne sarebbe accorta.

Poi lo stridore di una brusca frenata in strada.

Il forte clangore di lamiere.

Un boato poco lontano seguito immediatamente da uno vicino.

Vicinissimo.

 

“A TERRA!” Il mondo si capovolge e si illumina della luce aranciata di una fiammata., brillante nel riflesso dei frammenti della vetrina che esplode. Darcy chiude gli occhi istintivamente, vagamente consapevole di essere stata strattonata per un braccio e trascinata sotto il tavolo. Sente il respiro affannoso di Maria sopra di sé, il suo corpo a farle scudo, il ciondolo della collana che ha al collo batterle contro il naso. Quando osa riaprire gli occhi può vedere una porzione del linoleum riempito di schegge di vetro e legno e l'orlo della tovaglia. Prova a sollevarlo, ma Maria lo riabbassa decisa con una manata: tra le dita stringe il cellulare: “QUI HILL! ATTACCO IN CORSO! RICHIESTA INTERVENTO ZONA TRENTASEIESIMA - ANGOLO SESTA STRADA!”

Fa per strisciare fuori dal tavolo ma Darcy la trattiene: “Cosa sta succedendo?”

“Esplosione.”

“Fuga di gas?”

“Non è la modalità di una fuga di gas. Forza! Dobbiamo uscire di qui.”

“Ma se mi rannicchio qui sotto non do fastidio a nessuno, giuro!”

Maria non sente ragioni: la trascina fuori per le gambe e la solleva per le ascelle per rimetterla in piedi. Un paio di schiaffetti per farla riprendere e poi la prende sottobraccio per guidarla verso la porta, dietro agli altri avventori che, in preda al panico o ciondolanti come zombie per lo stordimento, cercano di guadagnare l'uscita. L'odore di fumo e la polvere inondano le narici di Darcy e le bruciano gli occhi.

Tossisce violentemente, cerca di guardarsi attorno attraverso la cortina di lacrime pungenti: riesce ad intravedere i tavoli rovesciati e le sedie, ma i contorni dei corpi a terra li distingue appena, non riesce a capire se siano feriti o meno: “Forse dovremmo aiutarli.”

“Non possiamo fermarci.” È perentoria risposta di Maria, mentre la aiuta a superare un pezzo di parete di cartongesso crollato: “Vieni, vieni.”

La strada, fuori, è invasa dai detriti e da carcasse d'auto in fiamme. La gente si riversa dai palazzi, corre e grida indicando il cielo o direzioni diverse, in preda all'isteria.

Ma con tutte le strade di New York, con tutti i dannatissimi ristoranti costosi e con tutte quante le donne impegnate in appuntamenti, proprio a noi deve capitare QUESTO?

“Ma perché mi ritrovo sempre coinvolta in queste cose...?”

“Credimi, stavo pensando la stessa cosa.” Maria aveva spostato un palo della luce che si era abbattuto su una motocicletta, per poi sollevarla e cavalcarla. Strappa i cavi quasi con i denti per creare contatto e la mette in moto: “Sali.”

“Ma non è nostra.”

“Ma ti sembra il problema più grande, ora?”

“Senza casco?”

Lei alza gli occhi al cielo: “Sono quasi certa che non finiremo in prigione per questo. Non stasera. MUOVITI!”

 

 

Culo per aria sul sellino della moto – casomai qualcuno non fosse così preso dal panico da voler ammirare anche le sue mutande rosa – e braccia strette convulsamente attorno al busto di Maria, Darcy tiene gli occhi chiusi e si sforza di non badare a quello che arriva alle sue orecchie sopra al rombo del motore.

Non al rumore di mura che crollano, non alle imprecazioni di Maria, non alle sterzate improvvise e ai salti che rischiavano di farle perdere l'equilibrio.

Sto solo facendo un giro in moto con quella spericolata della mia ragazza stunt.

Sto solo facendo un giro in moto con quella spericolata della mia ragazza stunt.

Non c'è nulla di pericoloso, lei sa come guidare una cazzo di moto non nostra.

E non ci faremo male, nonostante non abbiamo il casco.

Il Karma mi sta punendo per vestire un vestito T.A.R.D.I.S. Style fuori da un comic-con o per aver scaricato illegalmente The Walking Dead?

 

VROOOMMMM!

Maria non si ferma davanti alla Stark Tower: ci si lancia dentro con la moto sfondando una vetrata e inchiodando in mezzo alla Hall.

Anche a motore spento, Darcy non si azzarda ad allentare la presa.

“Puoi... puoi scendere ora.”

“È tutto finito?”

“Il giro sì. Andiamo, non possiamo starcene qui.”

 

 

Nell'Avengers Equipment Room Maria si sbarazza dei vestiti eleganti con una semplicità disarmante per Darcy, senza smettere per un secondo il contatto via radio con i Vendicatori in azione.

Nel tempo che lei ci impiega per togliersi quei pantaloni attillati io capisco a malapena da che parte sono girati i miei piedi.

Con la tuta d'ordinanza addosso e gli anfibi ai piedi raccatta un paio di pistole ed un lanciarazzi e solo dopo si ricorda della sua presenza in quella stanza.

“E tu che ci fai qui?”

Non c'è più traccia della donna che le sorrideva dietro ad un menù e che la faceva sentire a suo agio parlando tranquillamente del più e del meno.

Spiazzata dal tono brusco, Darcy trova difficile replicare diversamente da un piccato: “È da mezz'ora che mi dici di seguirti” a cui Maria replica con un sospiro esasperato.

“Ascolta, come vedi è in corso una crisi quindi perciò devo lavorare e tu, in quanto civile, devi seguire il piano di sicurezza e dirigerti verso il rifugio sotterraneo della Tower. Capito? Pepper e Jane saranno di sicuro già la sotto.”

“Capito. E dove si trova?”

“Se è un rifugio sotterraneo dove vuoi che si trovi, sul terrazzo?”

“Ma io non...”

J.A.R.V.I.S., per favore, indica alla signorina Lewis la strada!”

Certamente, Agente Hill.”

“E non mi accompagni? Mi lasci andare giù da sola?”

Darcy, là fuori c'è un casino bello grosso ed io-”

“Ho capito, ho capito!” Darcy sbotta e lancia la borsetta – a cui si era nervosamente aggrappata durante il viaggio in moto - contro un armadietto – sbam! - ed usce nel corridoio.

Mi spiace ricordarle, Signorina Lewis, che in caso di emergenze come queste non è possibile l'utilizzo dell'ascensore per motivi di sicurezza.

Darcy urla dall'esasperazione.

 

 

Nel Bunker, la prima ad andarle incontro è Jane. Le salta letteralmente al collo mollando a terra il cellulare con cui tentava di mettersi in contatto.

“Dove eri finita!” Le domanda prendendole il viso tra le mani tremanti, studiandola per assicurarsi che stia bene: “Abbiamo provato a telefonarti ma le linee non prendevano e non sapevo dove...”

“Tranquilla, sono salva e più o meno sana.”

“E finita nell'occhio del ciclone, vedo” Pepper si avvicina e le passa le mani tra i capelli impolverati e le spazza via dalle spalle alcune schegge di vetro.

Hey, che son quei tacchi?” domanda Jane.

“Ero ad un appuntamento.”

“Oh e...”

“Non. Chiedere. Altro. Che si fa da queste parti? Qualcuno ha da mangiare? Scusate se lo chiedo, ma il cameriere non ha fatto in tempo a servirci la cena.”

 

 

Ad allarme rientrato, Darcy trova Maria davanti alla porta del suo alloggio. In tuta, anfibi, capelli per aria e con un livido sulla guancia a corredare il look da spaccaculi. L'espressione però assomigliava tantissimo a quella che aveva trovato al di là del tavolo di Keens.

“Ti devo delle scuse.” Le porge la borsetta. “Sono stata un po' brusca con te prima.”

“Diciamo potevi avvertirmi del tuo bipolarismo da supereroina.”

Maria allarga le braccia: “Beh, non potevo farne a meno. Hai saputo che c'era là fuori?”

“Sì, capisco. È solo che... non ero preparata. All'appuntamento esplosivo, a te che un minuto prima mi parli di hockey e poi non ne puoi più di avermi tra le palle, a dover correre di sotto da sola senza sapere che cavolo stesse succedendo. E poi era la mia prima volta in moto e non me la sono neppure goduta.”

“Comprendo.” Maria sospira: “È per questo che non esco mai con delle civili. Pensavo di poter fare un'eccezione, visto che ora sono fuori dal mondo dello S.H.I.E.L.D. ma-”

“Non ho detto che non potrei abituarmi” la interrompe: “Ho solo detto che non ero preparata. E se tu non fossi stata così iena nei miei confronti beh, sarebbe stato d'aiuto.”

“Non è come abituarsi a – che ne so – un tic nervoso, non è semplice e per te temo che sarà-”

“Impossibile? Se permetti” Darcy si erige sui tacchi con tutta la fierezza che le sei vesciche ai piedi le permettono: “Ero una studentessa di scienze politiche, ed ora sono l'assistente di un'astrofisica. E ci capisco anchequalcosa! Mi sono abituata a semidei fighissimi che cascano dal cielo e con famigliari permalosi. Sono diventata un'esperta in anomalie spazio-temporali, so anche crearne una, basta che mi dai i giusti strumenti e un'invasione aliena in corso. E poi mi sono abituata a portare otto tazze di caffè per volta. Non deridermi! Vuoi che continui l'elenco? Ci impiegherò il resto della notte ma ne varrà la pena.”

“No, no. Va bene così.”

“Meno male, perché non mi veniva in mente altro di sensato. Quindi, tornando a dove siamo state interrotte: è troppo tardi per il nostro appuntamento, immagino. Keens a quest'ora è chiuso, probabilmente lo sarà per un po'... E forse è troppo presto per un caffè?”

Con un passo ad azzerare la distanza, la mano di Maria si alza a sfiorarle una guancia sporca. E le labbra seguirono subito ad accarezzare le sue: “Vai a letto e dormi” sussurra.

Le ginocchia di Darcy si sciolgono a diventare gelatina pura: “Da sola?”

“Non credo che tu non abbia almeno un paio di orsacchiotti a farti compagnia” Maria ha quasi accennato a sorridere – Miracolo: “Facciamo che ne parliamo domani, a mente fredda, d'accordo?”

“Da Starbucks alle otto?”

“Ehm... quello qui sotto non credo che riaprirà proprio domattina. Sai, Barton, le sue frecce...”

“Capisco. Beh, Manhattan pullula di caffè. Vuoi che non ne sia scampato neppure uno?”

“Per un blando calcolo delle probabilità...”

“D'accordo, allora” Darcy da un'occhiata all'orologio da polso “sono già le sei del mattino. Starbucks apre a quest'ora.”

Maria, che si era allontanata lungo il corridoio di qualche passo, si volta verso di lei con uno dei suoi mezzi, splendidi sorrisi: una piega enigmatica, una piega flirtante: “Il tempo di una doccia, allora. Se ti va.”

 

 

 

 

 

E siamo al secondo capitolo!

Giusto un paio di info: 1) Keens

 e 2) Il tifo di Maria per i Chicago BlackHawks e quello del Cap per i Dodgers provengono da questa raccolta della serie di The Seventh, da cui è nato anche il pairing DarcHill, completamente indipendente da questa fic.

Per altro, il mio solito ask.

Grazie per i commenti e per il seguito! Alla prossima!

EC

 

PS: Nel capitolo precedente dimenticavo di indicare RENT nella citazione di Darcy 'Would You Light My Candle', scusate!

 

 

 

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Capitolo 3
*** Hazelnut Macchiato ***


A Coffee Story

 

 

3 –  Hazelnut Macchiato

 

 

Freshly steamed milk with vanilla syrup, marked with espresso and finished with hazelnut drizzle.

 

 

L'orologio dello Starkphone segna le 23 e 15.

Lo stesso Starkphone che ha mandato circa una ventina di messaggi e ha tentato un paio di telefonate senza ricevere risposta alcuna.

Forse è stata assillante.

Un tantino.

Per questo si trova sull'ascensore. Per raggiungere l'appartamento di Maria e chiederle scusa per l'insistenza, e dirle che sa perfettamente che ha di meglio da fare che approfondire un interesse verso una civile ventiquattrenne portacaffè, e c'è crisi in giro e mondo pullula di terroristi armati sino ai denti – New York ne ha avuto l'ennesima dimostrazione giusto quindici giorni prima – e che i Vendicatori sono in missione dalle parti Agrabah e non si stanno divertendo.

E scusa, scusa, scusa, ma quella mattina davanti al caffè mi hai un pochino illusa con il tovagliolo sulle labbra a togliermi la schiuma del Frappuccino.

I pannelli dell'ascensore si aprono. Darcy percorre il corridoio in punta di piedi.

Si ferma davanti alla porta di Maria.

Alza il pugno per bussare.

Poi sospira e si allontanò in tutta fretta.

Oh ANDIAMO! È solo per chiederle scusa! Per farle capire che non sei un'idiota patentata con un microcefalo da liceale ormonalmente instabile.

Non che generalmente riuscisse a fare figure migliori, ma tanto vale provare, no?

Figura di merda più, figura di merda meno. Almeno così posso metterci una pietra sopra.

Ritorna verso la porta.

Un bel respiro e...

Toc Toc!

Nessuna risposta.

Toc Toc TOC!

 

Un secondo in attesa. Due, tre.

Ultimo tentativo: se non risponde ora, vado via – con la coda tra le gambe – e non mi farò più vedere né sentire da lei per nessun motivo.

Giuro.

 

Toc Toc TOC!

 

D'accordo, dai, un'ultima volta:

TOC TOC TOC!!!

 

“Provi anche con il campanello o tenti direttamente lo sfondamento?” Darcy sobbalza talmente forte da andare a sbattere contro la porta. Quando riusca a riprendere l'equilibrio e a voltarsi, Maria la sta fissando con un sacchetto di un fastfood  in mano e una bibita nell'altra.

“Oh. Uh! Pensavo... pensavo di trovarti in casa, ecco. Invece – uh! Spuntino di mezzanotte, a quanto vedo!”

“Questo è pranzo, cena, e spuntino insieme.”

“Deve essere bello tosto.”

“Tre cheeseburgers, due patatine, e un sundae che se continuiamo a staracene qui si scioglierà completamente. Immagino tu sia qui per entrare, perciò...”

 

L'appartamento di Maria Hill è un loft soppalcato dagli arredamenti curati. Niente di lussuoso - d'altro canto Maria è l'unico membro dello Staff a non risiedere nella Stark Tower – ma neppure qualcosa da quattro soldi.

Uau.” Riesce solo a commentare Darcy, mentre lei appoggia il sacchetto sul ripiano dell'angolo cottura e si sfila le decolleté nere con una smorfia di sollievo; la giacca grigio scuro finisce invece sul divano. “Arredamento minimal. Molto sofisticato. Suppongo che anche quello di Thor fosse così, prima che lui e Jane lo incasinassero. Thor ha sbriciolato un paio di ripiani appoggiandoci su il Mjolnir e Jane... beh, lei è puff!”

“Abiti con loro?”

“Oh no, per carità! Pepper è stata così carina da darmi una delle camere degli ospiti è... è su un altro piano. Da quelle parti ci sono solo i vips. A proposito, non ho mai capito come mai non abiti nella Stark Tower. Con tutte quelle comodità... e quella sala cinema...”

“Oh! Non ci ho ancora messo piede.” Maria lava le mani sotto l'acqua corrente del lavello, prima di rimboccarsi le maniche e dedicarsi ad un Cheesburgers. “Com'è?”

“Il paradiso. Non esiste una serie o un film che non sia in memoria: Doctor Who, Buffy, Firefly... ieri sera mi  sono guardata Sucker Punch per la prima volta su uno schermo enoooorme e non sul mio laptop. Immagino che tu non abbia idea di cosa stia parlando, giusto?” Lei scuote semplicemente la testa ed inghiotte il suo boccone con un sorso di bibita. “E neppure interesse a scoprirlo.”

“Né il tempo. Avanti, accomodati. Vuoi da bere?” Si alza e apre il portellone del frigorifero: “Ho una soda e del latte. Oppure del whisky.”

“Soda, latte e whisky. Servire agitato, non shakerato.”

La testa riemerge dal frigo: “Bond, giusto?” Un sorriso. Darcy lo condivide con una punta di sollievo.

“Latte, grazie. Sono qui per chiederti scusa. Per oggi.”

Maria ritorna al ripiano con un bicchiere di latte appoggiato su un piattino e riprende posto sullo sgabello di fronte: “Per aver cercato di sfondarmi la porta o per la valanga di messaggi e telefonate?”

“Erano solo due!”

“Ho dovuto spegnere.”

“Bastava mi dicessi 'Sono impegnata' e avrei smesso!”

“Saresti potuta arrivarci da sola, no?” Il primo cheesburger è andato: Maria accartoccia la carta dell'involucro e la lanciò nel cestino dell'immondizia con un canestro perfetto.

“Giocavi a basket?”

“Al liceo, squadra femminile. Ma non cambiare discorso! Darcy:” Maria si pulisce le mani nel tovagliolo e prende un altro sorso dalla cannuccia: “Io non sono semplicemente una persona 'molto impegnata' nel lavoro, capisci? Nel mio lavoro ho la responsabilità logistica di vite umane.”

“Consideri Tony Stark un essere umano? Non credo gradirebbe.”

Darcy, Darcy per favore, sii seria.”

“Lo sono! Capisco perfettamente tutto quello che mi stai dicendo ed è per questo che ero venuta qui stasera io... io mi sono lasciata prendere la mano e – posso rubarti qualche patatina, grazie – e volevo chiederti scusa. Ho sbagliato e forse mi sono un po'... un po' illusa, ecco.

“È colpa mia, lo so, io non avrei dovuto-”

“Ma l'hai fatto. È perché volevi uscire con me, giusto?”

Darcy, io-”

“Perché in questi giorni in cui non ci siamo né viste né sentite mi è anche passata per la testa l'ipotesi che tu abbia tentato un approccio con me perché avevi semplicemente voglia di uscire con qualcuno, ed io ero lì e quindi-”

“No, non è-”

“... o peggio ancora, che tu mi abbia notata solo per le mie enormi tette, e questo mi darebbe fastidio, perché è un fardello che mi porto dietro da che avevo undici anni e speravo che fosse solo una questione maschile-”

“No, non ti ho chiesto di uscire per le tue enormi tette. Non solo per quelle, almeno.” Maria era a metà del secondo Cheesburger.

“Ma davvero mangi sempre tutta quella roba e resti... così?

“Faccio due ore di palestra ogni mattina, ed in genere anche due alla sera, salvo periodi come questo. Ed in genere non mangio così. Ascoltami: Sei una ragazza davvero molto carina e molto estroversa, di sicuro non farai fatica a trovare altre ragazze. Mi è piaciuto molto il nostro 'non appuntamento', mi sono piaciuti i – quanti erano? - cinque minuti del nostro appuntamento e mi è piaciuto anche il nostro caffè post apocalittico. Sei molto simpatica – un po' logorroica a volte – ma comunque trovo piacevole la tua compagnia.”

“Accidenti, questi complimenti tutti insieme? Non vorrai mica farmi montare la testa” borbotta ironica rubando un altro paio di patatine per sfregio.

“Quello che voglio dire, Darcy, è che tu non hai bisogno di una persona come me. Non possiamo essere  compatibili. È normale, sei una civile.”

Civile, nella tua scala di insulti, deve essere sullo stesso livello di Sangue Sporco per un Serpeverde.”

Cosa? Non importa: non è un insulto, è solo un dato di fatto. Io non posso darti quello che cerchi, perciò è abbastanza inutile che io continui ad illuderti.”

Ormai Darcy pesca dalla confezione di patatine senza ritegno: “Parlami della tua ex. La snorkelista.”

Co-come? E' illogico che parli della mia ex con te.”

“E perché no? Regole civili impongono di non parlare delle proprie ex durante un appuntamento. Ma questo non lo è, altrimenti me ne sarei accorta.

Touché!

Abbandonando l'ultimo boccone di cheeseburger e ripulendosi le mani su un tovagliolo, Maria prova a tergiversare con un lungo sorso di bibita.

“Era anche lei un'agente?”

Annuisce: “Di un livello molto alto, con tanti anni di servizio e di esperienza. Era una responsabile tattico-logistica dello S.H.I.E.L.D., aveva in mano le più importanti missioni dell'agenzia. Fury diceva: Non cade foglia che la Hand non voglia” Maria guarda un punto indistinto del ripiano, sposta le briciole con la punta delle dita.

“Le relazioni tra colleghi sono sempre state sconsigliate dal protocollo del personale, perciò noi... mantenevamo un certo riserbo.”

“Agenti segreti, relazioni segrete. Lesbionage!

Inaspettatamente, Maria scoppia in una breve risata: “Sì, sì, direi che è la definizione esatta. Victoria era una donna molto bella. Elegante, di polso. Ed era anche una troia arrivista che non si faceva scrupoli a piantarti il bastone tra le ruote in tutti i modi, quando vedeva che ti prendevi un po' troppo spazio.”

“Oh! Immagino che non sia finita benissimo tra voi due.”

“Poteva finire peggio: avevamo entrambe il porto d'armi.”

“Ed ora che lo S.H.I.E.L.D. non c'è più, lei da che parte sta?”

“Nonostante fosse una stronza con i tutti i crismi lei... beh, è stata con lo S.H.I.E.L.D. sino all'ultimo. È morta durante il trasporto di un prigioniero, l'Agente che era con lei era un infiltrato dell'Hydra, le ha sparato in testa, a distanza ravvicinata. Non le ha lasciato raggio d'azione, nessuno scampo.”

“Oh. Mi... mi dispiace.”

Maria scuote le spalle e recupera l'ultimo boccone del cheeseburger: “Tra di noi era finita da tempo. E nell'implosione dello S.H.I.E.L.D. ho perso persone a cui ero più vicina. Vedi, quando vivi per così tanto tempo in bilico tra la vita e la morte, entrambe arrivano ad assomigliarsi, ad un certo punto. Nella vita entrano ed escono migliaia di persone per i più svariati motivi. C'è chi poi semplicemente esce e va per la sua strada, ed altri che smettono di camminare. “

“È un po' cinico.”

“Vedi, per questo dico che tu non puoi comprendere. Victoria era molto diversa da te.”

Darcy riesce a trovare lo spunto per sorridere: “Con quello che hai appena detto di lei, lo prendo per un complimento.”

Anche Maria sorride prima indicarle che aveva i baffi da latte: “Il tuo è proprio un vizio, eh” Tampona il suo labbro superiore con il tovagliolo di carta.

E poi sostituisce il tovagliolo con la sua bocca.

“Non avevi detto che non mi avresti più illusa?” Ha il viso di Maria ad un palmo dal suo, si riflette nei suoi occhi di ghiaccio, e sfiora le labbra ancora umide dal bacio.

“Sì, l'ho detto. Eri solo... sporca lì.”

“Lo sono ancora?”

“No.”

“Guardaci bene.”

“Forse appena appena...”

Scende dallo sgabello e si avvicina ulteriormente. Darcy non si rende nemmeno conto di trattenere il respiro, mentre lei le scosta una ciocca di capelli dal viso. Poi il suo fiato torna a solleticarle la guancia e le labbra a premere sulle sue.

Improvvisamente Darcy viene sferzata dalla sensazione che tutto quello sia irreale. Che stia accadendo tutto nella sua testa. O che, peggio ancora, che Maria le potesse dire che si tratta di un'incomprensione.

O di uno scherzo crudele.

D'istinto Darcy le cinge la vita e la strinse a sé, quasi sicura che l'avrebbe sentita divincolarsi e allontanarsi. Invece Maria approfondisce il bacio e ricambia l'abbraccio.

Quando si stacca per guardarla negli occhi Darcy ha la certezza che non sia un sogno.

È tutto vero.

Non è uno scherzo.

È tutto vero.

La bacia di nuovo, e poi di nuovo ancora, e poi spera che sia lei a fare la mossa successiva, perché non ne ha la più pallida idea di come continuare.

Dovrei lasciarmi dominare dall'istinto. Oddio, e se sbaglio qualcosa?

E se sembro troppo frettolosa, o troppo riottosa?

Maria sembra leggerle nel pensiero, perché sposta le proprie labbra sul suo collo e risale con una mano la curva del ginocchio, sulla stoffa ruvida dei jeans che ad un tratto a Darcy sembrano insopportabilmente stretti. Ne imita il gesto sulla schiena, sorride contro le sue labbra quanto le pare di averla sentita rabbrividire.

Maria si scioglie dall'abbraccio solo per prenderla per mano ed abbozzare un paio di passi indietro,in direzione delle scale, senza staccare gli occhi dai suoi.

E non sono solo i jeans ad essere stretti. Anche la maglietta di Darcy sembra troppo piccola per contenere i battiti impazziti del suo cuore.

Si lascia guidare, esitante quando Maria interrompe il contatto visivo per imboccare le scale e più sicura quando le rivolge di nuovo gli occhi azzurri, sino alla sua stanza da letto sul soppalco.

Oh divinità generica, metti da parte la tua insulsa omofobia e lasciami godere questo momento.

Guai a TE se spedisci un qualche rompicoglioni ad interromperci.

La maglietta di Darcy scivola via dalle spalle, i bottoni della camicetta di Maria scivolano tra le asole con giusto un po' più di difficoltà. Sotto agli abiti severi Maria nasconde una pelle bellissima, straordinariamente liscia e caldissima e un semplice reggiseno nero e spartano che le cinge un seno piccolo e sodo. Darcy si lascia cadere sul bordo del letto, Maria che si inginocchia tra le sue gambe e le esplora di nuovo il collo con la lingua riempiendola di brividi.

Darcy ha solo voglia di sentirla ancora di più stretta a sé, di avere le mani ovunque sul suo corpo e di esplorare a sua volta il suo.

“Sei meravigliosa  bisbiglia Maria sganciandole il reggiseno e sfilandoglielo dalle braccia: si gode la vista con un sorrisetto soddisfatto. “Ancora più di quanto immaginassi.”

“Anche tu.” Quando le dita della ragazza raggiungono e superano l'orlo dei jeans, Darcy si sente improvvisamente in dovere di ammettere la sua inesperienza. Non ha neppure bisogno di parlare davvero, incrocia semplicemente il suo intenso sguardo azzurro e lei capisce al volo:

“Sono la tua prima ragazza?”

“Beh, sì, mi posso definire lesbicamente vergine. È così evidente?"

Piega la testa di lato con aria divertita e un'alzata di spalle: “Nah, è solo intuito femminile." La bacia nuovamente e poi aggiunge in un sussurro: "E' quello che piace a te, ma fatto da me. Ma se non vuoi..."

"Stai scherzando?" Le getta le braccia al collo, sorprendendola con lo slancio: Maria si sbilancia e cade all'indietro sul tappeto, trascinandosela addosso: "Ho l'aria di una che non ti vuole?"

"A-affatto. E farei volentieri la prima mossa, se non fossi bloccata a terra dalle tue tette."

Oh cielo. Una battuta.

Una battuta sexy.

"Sono la mia arma segreta. Letali, uhn?"

Maria riesce a rotolare di lato e finisce sopra: "Tesoro, ci vinceresti una guerra, con queste." Poi le aggiusta gli occhiali sul naso con un leggero tocco dell'indice. "Guai se te li togli" L'ammonisce con un sorrisetto: "Li adoro."

"Allora me li incollo addosso, giuro."

 

 

Nell'unica, fastidiosissima fessura tra le tende tirate si insinua insistente lo spicchio di sole che ferisce le palpebre di Darcy.

Inutile voltarsi, ormai Morfeo le ha dato un calcio in culo e nella semiincoscienza si trova a percepire l'assenza dall'altro lato del letto.

Allunga una mano per essere sicura: Nessuno, a parte un lenzuolo tiepido e decisamente spiegazzato.

Apre appena le palpebre, cerca di mettere a fuoco lo sguardo: C'è ancora la forma di una testa sul cuscino e anche un orecchino. C'è anche il suo profumo.

Nient'altro.

Darcy si alza, trova a tentoni il filo delle tende e geme quando tirandole viene inondata dalla luce del giorno. Si lascia ricadere all'indietro sul letto stropicciandosi gli occhi continuando a fingere di piagnucolare.

Nessuna risposta.

"E' molto indelicato da parte del padrone di casa ignorare le lamentele dell'ospite!" Si lamenta ad alta voce.

Le risponde il silenzio.

Nel groviglio di lenzuola e coperte recupera le sue mutandine e si infila una maglietta di Maria che trova ordinatamente piegata sul cassettone: praticamente deve srotolarsela addosso, le arriva a malapena sotto il seno.

Lo svantaggio di avere una ragazza magra: niente scambio di vestiti.

Inforca gli occhiali e si sistema i capelli davanti allo specchio, pettinandoseli con le dita. Sorride: nonostante la notte pressoché insonne non ha un filo di occhiaie.

Si trova diversa dalla sera prima: più bella e sensuale, dalla pelle più luminosa e dalle labbra più rosse e carnose - forse per questo che Maria le ha apprezzate così tanto?

Posso chiamarlo Hill –Effect. Andrebbe inserito come oggetto di studio dal più blasonato team di neuroscienziati.

Ma poi basta che si aliti nella coppa della mano per ritrovare un minimo di disgusto verso sé stessa. Provvede a scivolare nel bagno e ad impossessarsi del colluttorio per un gargarismo veloce.

Ok, sensualità recuperata in corner.

 

"Buongiorno!"

L'odore del caffè è nell'aria, ma c'è solo quello al piano di sotto

"Maria?"

E un post it sul frigo:

"Ti ho lasciato in caldo il caffé e un paio di toast nel tostapane. Ci sentiamo, M."

 

Tutto qui?

Darcy rilegge.

"Ti ho lasciato in caldo il caffé e un paio di toast nel tostapane. Ti chiamo io, M."

Neppure un 'Buongiorno', o un commento - una battuta, un'annotazione, una precisazione, una valutazione qualsiasi cosa dannazione! - sulla sera precedente.

Nessuna dolcezza, nessuna interazione.

Anche il 'Ti Chiamo io' suona come un: 'Non infastidirmi ulteriormente'.

O era stato un incontro davvero penoso, o Darcy ha a che fare con una vera stronza.

Facendo una breve considerazione delle ore trascorse, Darcy propende per la seconda.

Tu non sai di cosa sono capace IO, cocca.

Appallottola il post it e lo abbandona segnatamente sul ripiano lucido della cucina. Poi agguanta una fetta di toast e la addenta senza curarsi di evitare di sbriciolare sul pavimento.

E sul tavolino.

E sul tappeto del salotto.

E sul mobile TV.

Così come non si preoccupa di pulire le gocce di succo di frutta che le scivolano lungo il mento e poi per terra mentre beve direttamente dal brick trovato nel frigo. O di non toccare il frigo in inox lucidissimo con le mani impiastricciate dal succo.

E sai il caffè dove puoi infilartelo?

 

Davanti allo specchio del bagno, quello che prima la rifletteva così bella e sensuale, si lascia prendere un po' dallo sconforto.

Eccoti qui, sedotta e abbandonata. Guarda il lato positivo, almeno non rischi di essere addirittura incinta.

Si sciacqua la faccia dandosi della stupida come mantra.

Vorrebbe usare il suo spazzolino per lavarsi i denti, o per grattarsi qualche altra parte come sfregio, ma pensa che non può cadere così in basso quindi lo utilizza semplicemente per pettinarsi le sopracciglia e poi lo rimette a posto.

Apre un cassetto per cercare un deodorante e si trova davanti ad una collezione di costosi cosmetici raggruppati in comparti di plexiglass con un ordine pressoché maniacale: un comparto più grande per fondotinta di Guerlein, Dior, Armani. Un cassettino per tre tipi diversi di mascara di Sant- Laurent, altro dove erano impilati ombretti neutri Chanel ed un altro per ombretti colorati MAC. I primer erano in fila in un angolo, per ordine di grandezza della confezione e i pennelli arrotolati in una busta di raso nera.

Darcy si spiaccica in faccia un paio di fondotinta e qualche altro cosmetico senza farci troppo caso.

Nel cassetto successivo la collezione di smalti è ordinata per gradazione di colore.

Ok, qui siamo ben oltre al limite della patologia.

In segno di sfregio, scambia il posto di tre smalti.

 

 

Il buongiorno di Jane è un laconico: "Arriva pure quando vuoi" a cui Darcy ribatte con un acido "Certo" che la spiazza, per poi rifilarle in mano il caffè senza darsi la pena di apparire un filo più conciliante.

Dal canto suo, Jane annusa appena la tazza e poi lo riappoggia sul tavolo con una smorfia infastidita.

"Che c'è? E' il solito!"

"Niente, non mi va ora."

"A te va sempre il caffè a quest'ora. Sono venuta apposta, oggi. Bevilo o lo prendo io."

"Accidenti, come siamo acidi!" brontola Jane. "Posso ricordarti che sei venuta al lavoro perché pagata?"

"E posso aggiungere un 'non di certo per merito tuo'?"

Jane sgrana gli occhi, la bocca aperta in una O di indignazione e sorpresa. Fa per ribattere, ma Eric che entra nella stanza la distrae dal suo proposito: "Jane, lo bevi quel caffé?"

"No, non lo bevo, è un problema?"

"Eric, non far caso a Jane, oggi è una iena."

"Ma senti chi parla!"

"Darò problemi con il Vicodin? Mah, proviamo!"

 

Il suo cellulare inizia a suonare l'Harlem Shake e il nome di Maria e la sua foto - un'immagine rubata dal riflesso di un vetro, null'altro è riuscita a prenderle - compaiono sullo schermo dello StarkPhone verso mezzogiorno.

Pigiando più forte sulla tastiera del computer, Darcy si sforza di ignorarlo.

Morirò piuttosto che darle la soddisfazione di risponderle subito.

Jane le lancia un'occhiata spazientita, Selvig non sembra accorgersi di nulla.

L'Harlem Shake continua a suonare.

Sono una donna, ho classe da vendere, e so farmi desiderare.

"Darcy, potresti rispondere?"

"No."

"Zittire il cellulare?"

Alza gli occhi al cielo sospirando un d'accordo esasperato: quando prende il cellulare in mano sfiora involontariamente l'icona verde della risposta: "Oh merda!"

 

Interrompere la conversazione sarebbe decisamente infantile. Meglio prendere un bel respiro ed affrontare la situazione.

Affrontare glacialmente la situazione.

Fuori da orecchie indiscrete, magari.

 

"Hey, buongiorno!"

"Oh, sì, buongiorno. Si dice anche a mezzogiorno? O forse quando non ci si è visti alla mattina e..."

Dall'altro capo del telefono la sente sospirare: "Sarebbe un problema?"

"Oh sì, direi proprio di sì!" Darcy era sbalordita: "Mi sono risvegliata in casa di qualcun'altro, da sola, liquidata da uno stupido post it!"

"Hai presente Albuquerque? In questo momento mi trovo a seicento miglia da lì. E non definisco meglio la mia posizione per questioni di riservatezza professionale."

"...beh, ecco...io... potevi almeno svegliarmi!"

"Ci ho provato! Mi hai risposto grugnendo."

"Io non... io non grugnisco. Sono le adenoidi, di notte mi si gonfiano! E il post-it? 'Prendi il caffè, mangia quello, ti chiamo non rompere!' Neppure Jane prova a comandarmi così!"

"Beh, ti ho solo detto che c'era il caffè pronto, non c'era bisogno di aggiungere molto altro... forse che c'era del succo d'arancia in frigo..."

"Lascia stare, l'ho trovato da sola."

"Per il resto beh..." Maria abbassa la voce di un tono, in un modo che a Darcy fa alzare la pelle d'oca: "Mi pareva di essere stata esplicita, ieri notte."

Non poteva dire il contrario: "Beh, in effetti sì."

"E non avevo bisogno di una qualche conferma: anche tu sei stata molto esplicita."

Darcy improvvisamente ha caldo: "Avrei voglia di essere esplicita molto spesso."

La sente ridacchiare. Oh, cielo, sta flirtando con la superdonna - che magari è infilata in una di quelle tutine aderenti e ha un fucile in mano e la faccia sporca da post- scazzottata - che sino a pochi giorni prima le sembrava impossibile da raggiungere, se non per consegnarle un caffè.

"Anche adesso?"

"Soprattutto adesso."

Sente in sottofondo qualcuno chiamarla. Lei risponde affermativamente e poi la saluta: "Adesso devo andare, mi dispiace."

"Quando torni?"

"Uhm. Non posso prometterti nulla. Tu però tieni addosso gli occhiali, non si sa mai."

 

 

Jane ha decisamente qualcosa che non va.

Altrimenti non l'avrebbe fatta sgobbare come una matta sino all'una di notte. E non sarebbe andata a chiamarla direttamente nella sua stanza  - "Da quando in qua ignori i miei messaggi?" - per chiederle un dato che Darcy non sapeva neppure da che parte estrapolarlo. La liquida con un invito a dormirci su: "Prendi esempio da me: vai a dormire."

"Ma io non-"

"... non soffrirai di solitudine, giuro."

Dieci minuti dopo il campanello suona di nuovo. Si vede costretta ad indossare di nuovo gli occhiali, ad abbandonare il suo letto caldo e morbido e tornare alla porta in calzettoni e pigiama dei puffi: "Vuoi che dia un paio di dritte a Thor su come-"

Sulla soglia della porta, in tuta aperta sulla canotta nera, ci sono Maria ed il sorrisetto della sera precedente: "Hai tenuto addosso gli occhiali; molto bene..."

 

 

 

E con calma, aggiorno anche questa.

Nel caso qualcuno possa interessare ancora - o possa e voglia dare a questa FF una seconda possibilità.

A tal pro, ho modificato anche i due capitoli precedenti: rileggendoli, trovavo l'utilizzo del passato veramente macchinoso e lento, poco adatto allo stile di Darcy.

Insomma, spero di essere migliorata, ecco.

Come sempre, consigli e critiche costruttive sono sempre accette e incoraggiate.

Alla prossima,

se vorrete,

EC

 

 

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