cronache di hayal

di Ryuketsu no Kurea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo uno ***
Capitolo 3: *** capitolo due ***
Capitolo 4: *** capitolo tre ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Tempo fa in una terra lontana o vicina, a seconda dei punti di vista, da millenni vivevano i draghi.
Il nome di questa terra era Hayal.
Creature possenti e aggraziate allo stesso tempo, con squame che rendevano stupendo e sgargiante qualsiasi colore.
A quel tempo arrivarono dal mare dell'ovest da terre ai draghi sconosciute i mezzelfi, che erano come gli uomini, ma il loro corpo era notevolmente più forte e aggraziato e la vita molto più lunga.
I draghi gli accolsero benevolmente poiché non avevano cattive intenzioni, ma stavano solamente scappando dalla loro terra caduta in rovina.
Per secoli mezzelfi e draghi vissero insieme e in armonia, i mezzelfi impararono la saggezza dai draghi, e questi ultimi impararono il modo di vivere dei mezzelfi; fino a quando un giovane drago di nome Verbeelding sfruttando la propria magia e usando il sapere dei suoi antenati riuscì a trasformarsi in un mezzelfo. In questo modo riuscì a vedere ciò che gli altri draghi non vedevano. Non tutti i mezzelfi seguivano gli ideali dei draghi di saggezza e giustizia e per colpa di questi ultimi la loro civiltà ricominciava a sgretolarsi.
Durante una delle sue incursioni Verbeelding assistette a una rissa che degenerando creò il caos, si ritrasformò in drago e ruggì così forte da scuotere le case e i mezzelfi spaventati si fermarono. Allora capendo cosa stavano facendo chiesero al drago di continuare a vegliare su di loro per impedire la catastrofe, e così Verbeelding fece. Prima di morire insegnò a molti draghi a trasformarsi in mezzelfi e creò l'Ordine Verbeelding che da quel momento in avanti vegliò sui mezzelfi.
Altri draghi vollero imparare questa tecnica, e le qualità per entrare nell'Ordine di Verbeelding divennero sempre più complesse e i draghi cominciarono a comportarsi come i mezzelfi inserendosi tra di loro. Tutto questo continuò fino alla sparizione sia dell'Ordine sia dei draghi.
Fino a quando un mezzelfo di nome Alioth che stava andando a caccia insieme ai suoi compagni riscoprì la sua vera natura.
I cacciatori furono attaccati dai lupi infernali di quelle regioni, il pericolo e la paura di morire risvegliarono il drago che era in lui e cacciò via i lupi.
I suoi compagni riconobbero cos'era, poiché non avevano dimenticato l'antico splendore dei draghi.
Ritornando in città Alioth iniziò a cercare l'antica stirpe dei draghi e rifondò l'ordine Verbeelding iniziando una nuova era...

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Capitolo 2
*** capitolo uno ***


"Oh no ho storia"
«Ehi Skedandra aspetta», mi giro e guarda chi c'è "evviva mister sanguisuga in arrivo".
«Ehi Skedandra interroga anche te oggi?».
«Saiph quante volte telo devo dire di chiamarmi Sked!!».
Odio il mio nome, è troppo lungo e... Lo odio e basta.
«Te hai ripassato? Io si, ma non ricordo nulla, come si chiamava il fondatore dell'Ordine? Perché inizia da lì interrogare vero? O dal capitolo prima? Tu lo sai Skedandra?...».
"Non lo sopporto più salvatemi" pensai guardandomi intorno. "Ed ecco il mio salvatore", riuscii a riconoscere le sue spalle larghe e la zazzera bionda tra la massa di studenti.
«Reg! Regulus!» Dissi correndo nella sua direzione.
«Ehi Sked, la sanguisuga ti fila ancora dietro?».
«Non ci scherzare, prima o poi mi farà partire il cervello» dissi mentre il suono squillante della campanella mi ricordava dell'imminente interrogazione.
«Oh mannaggia la campanella vieni o facciamo tardi lo sai che la balena non accetta ritardatari, non vorrai essere interrogata?».
«Insieme a mister volontario sanguisuga? Neanche morta, corri!»
Balena è il soprannome che abbiamo dato a miss Denebola, l'insegnante di storia. Una signora di un secolo che crede di essere ancora una giovane ventenne. Balena perché beh somiglia a una balena (in larghezza soprattutto).
«Di nuovo in ritardo o sbaglio signor Regulus e signorina Skedandra».
«Ci perdoni signorina» disse Reg con il solito tono accondiscendente che farebbe sciogliere anche un diamante.
«Accetto ancora una volta le vostre scuse signor Regulus ma la prossima volta v'interrogo».
"Oh no" fu molto probabilmente ciò che pensammo entrambi.
«Certamente signorina».
Prendiamo come sempre i posti in fondo all'aula per sfuggire alla Balena.
«Lecchino» Gli dico
«Almeno ci ho salvato un'altra volta dall'interrogazione, quindi dimmi grazie».
«Certo che no»
«Devo batterti un'altra volta in lotta aerea?».
«Non mi hai battuta, era finita la lezione».
«Si si,tutte scuse» disse Reg ridendo.
Lo guardai in cagnesco, e lui si mise a ridere. Fummo interrotti dall'insegnante che ci richiamava al silenzio per iniziare la lezione. E comunque non mi ha mai davvero battuta in lotta aerea.
 
«Finalmente liberi!!» dissi con gioia, non è che odiassi studiare, è che semplicemente odio stare ferma su una sedia.
«Parla per te io ora ho un'ora di letteratura»
«Mentre io sarò a divertirmi a lezione di volo»
«Te lo sei già dimenticata? Queste non sono le lezioni che danno quelli dell'Ordine»
«Già allora mi divertirò a dare fastidio ai novellini» nella nostra scuola volo per i draghi corrisponde a ginnastica per i mezzelfi.
«Vedi di fare la brava.Ci vediamo all'ora dopo»
«Ok» gli risposi facendogli l'occhiolino.
 
«Forza ragazzi in volo»
L'insegnante di volo era un drago dalle squame color verdeaqua, il corpo pieno di muscoli e la faccia scema, ma almeno era simpatico.
«Forza iniziamo con il riscaldamento fate sei giri intorno al torrione, il primo che arriva ne rifà solo uno mentre gli altri a partire dal secondo due, tre,quattro e così via»
"Indovina chi arriva prima". Mi metto sulle file in fondo per avere un po' più di divertimento e quando il prof ci da il via gli do un paio di secondi di vantaggio.
Mentre aspetto vedo i mezzelfi che si stanno esercitando con il tiro con l'arco e la spada.
Gli allenamenti dell'Ordine sono molto più duri, ricordo la prima prova per iniziare a prendere lezioni da quelli dell'Ordine, a quei tempi ero una piccola dragonessa dalle squame bianco argentate screziate d'oro sul petto, colore classico della mia famiglia, gli Undomiel. Riuscii a passare l'esame per un pelo e dopo essermi allenata a lungo, ero talmente gracile e piccola che mi hanno data per pazza quando dissi di voler entrare nella scuola preparatoria dell'Ordine di Verbelding. Ora dopo anni di duro allenamento sono cresciuta, divendo più forte di quando gli insegnanti si aspettassero. E questo mette in bella luce, "ma attirare attenzione non è sempre bellissimo".
Tagliai il traguardo per prima con gli altri che arrancavano dietro di me mentre io viravo sinuosa facendo una virata così stretta che sfiorai i mattoni del Torrione con la punta dell'ala, e ripartendo per il giro in più.
Ad un certo punto arrivò Reg, con le sue bellissime squame del color delle fronde d'estate e quegli occhi dorati così caldi e familiari, insieme a Righelor: un drago molto attraente e dal pessimo carattere, dalle squame nere così lucide da farlo sembrare ricoperto di brillanti per il riverbero del sole, figlio del duca di Imaldris. (Tutta Hayal è divisa in nove ducati ognuno con una propria capitale. Il ducato di Hayel, il più grande, è il ducato della Capitale Vesbalona).
"Un ospite indesiderato". Righelor ha la brutta fama di a) essere un dongiovanni b) di essere estremamente presuntuoso e c) di avere sfortunatamente tutto il diritto di farlo. Per quanto lo odiassi, non potevo fare a meno di ammettere che si, è decisamente bello.
Atterrarono vicino a me e Righelor superò Reg che lo lasciò fare irritato, ma senza darlo a vedere.
«Buon giorno Sked ottima giornata per volare non trovi?» Mi disse avvicinandosi.
«Certamente Righelor»
«Lo sai che per te sono Righel» mi dice con tono provocante intrecciando la sua coda con la mia.
«Mi scusi vostra grazia» risposi allontanandomi irritata e sbattendo volutamente la mia coda contro le sue zampe anteriori "odio quando si comporta come un cane in calore".
Indispettito, ma senza dare segni di volersi arrendere, si rivolse all'insegnante col sul solito tono accattivante, capace di far fare quello che vuole a tutti.
«Devo portarle via Skedandra per una lezione extra dell'Ordine»
«Certo vostra grazia non lo chieda nemmeno»
 «Vai pure Skedandra» mi dice l'insegnante mezzo ricoglionito mentre mi metto accanto a Reg sbuffando, "e addio volo tranquillo".
«Cosa vogliono quelli dell'Ordine?»
«Non ne ho idea» mi disse «Poco fa mi è venuto a chiamare Righelor dicendomi di venire» parli del diavolo e spuntano le corna.
Righelor ci raggiunse «Andiamo» ordinò mentre si alzava in volo e noi decollammo dopo di lui.
Atterrammo nel cortile del palazzo dell'Ordine, gli altri draghi fecero spazio a Righel e le dragonesse gli fecero gli occhioni dolci come sempre. "Ma come fanno!?"
Aspettammo poco e subito vedemmo arrivare Alioth, non il rifondatore dell'Ordine "Ma gli piacerebbe esserlo" seguito da un mezzelfo.
«Trasformatevi ragazzi oggi non voliamo»
Ci ritrasformammo stupiti, Righelor si spostò accanto a me cercando di sfiorarmi, io cercai di allontanarmi, ma ero circondata. Naturalmente uno come lui non si accontenta di essere bello solo in una forma, è alto, con le spalle larghe, ma un fisico abbastanza atletico i capelli sono neri come le squame, mentre gli occhi, gli occhi sono due pozzi blu dannatamente magnetici.
«Dalla sede principale dell'Ordine è arrivato un messaggio: in più alla prova di volo, combattimento a terra e in aria ci sarà anche il tiro con l'arco e la scherma quest'anno, per questo ogni volta che avrete lezione di volo a scuola vi recherete qui per apprendere queste arti; ho già parlato con gli insegnanti.»
Ci guardavamo tra di noi incerti se gioire o no.
Ogni anno l'Ordine metteva alla prova i suoi allievi con prove e se ritenevano che ti eri dato da fare potevi continuare l'anno dopo, altrimenti o ripetevi l'anno con quelli dell'anno dopo, o, nel peggiore dei casi, l'anno dopo non eri tenuto a tornare.
«Questo sarà il vostro insegnante: Caph, vi lascio nelle sue mani».
Disse presentandoci un mezzelfo alto e atletico dai capelli nocciola.
«Bene ragazzi andate a prendere le vostre spade laggiù e dopo formate le coppie più o meno della stessa altezza»
"Vuol dire che dovrò combattere contro i maschi"
«Poveretta gli tocca sempre stare con noi solo perché è più alta delle altre femmine» Mi disse Regulus
«Già e il bello è che batto pure voi» dissi
«Questo mai»
«Lo vedremo» risposi sfidandolo giocosa.
Andai a mettermi il corpetto di cuoio rinforzato più i bracciali insieme alle altre ragazze e dopo presi le mie spade, la lama stretta e la punta curva, non troppo lunghe ed aggraziate.
Tornai da Reg e ci mettemmo a coppia aspettando il comando del professore.
«Voi due cambiate, lei signorina vada con sua grazia e lei signore con il ragazzo alla sua sinistra.» ci disse.
"COSA!!" Non ci potevo credere mi girai verso l'insegnante pronta a protestare, ma con un occhiata mi zittì.
Cosa che non è da poco.
«Che onore ci sono molte tue compagne che darebbero di tutto pur di essere al tuo posto» mi disse col solito tono provocante e sicuro di sé.
«Glielo cederei volentieri» risposi stizzita.
«Che c'è hai paura di batterti con me» mi disse sfidandomi.
«Mai e sappi che se la tua è una sfida è a tuo rischio e pericolo» maledetto, se c'è una cosa che odio è quando mettono in discussione il mio onore in battaglia, lo so sono orgogliosa e chissà come la cosa è diventata di dominio pubblico.
«Ora ci siamo» rispose tutto tronfio, come se avermi convinto a combattere fosse merito suo.
«Vi esaminerò una coppia per volta mentre ne guardo una gli altri si scaldino» sentimmo dire da Caph.
«Partiamo da voi due» ci disse.
"Fantastico, non desideravo altro" pensai sbuffando tra me e me.
«Prendete posizione»
Alzai la guardia formando una X con le due spade a un centimetro l'una dall'altra, lui invece alzò lo spadone a due mani.
«Partite»
Fece una finta sulla destra e dopo ruotando agilmente lo spadone come se fosse un bastoncino mi colpì sulla sinistra, ma io scartai di lato, bloccando lo spadone con la spada sinistra, e facendo un mezzo giro su me stessa cercai di colpirlo con la spada destra sulla spalla, ma lui alzò lo spadone all'ultimo istante facendomi allontanare per il contraccolpo.
Tornammo alla posizione di partenza e riniziammo a scambiarci serie di colpi sempre più lunghe.
Ad un certo punto qualcosa al margine della mia vista mi colpì. Girai leggermente la testa e vidi una ragazzina mezzelfo che cercava di non essere sopraffatta da il suo avversario. Non se la stava cavando benissimo, ma aveva qualcosa nello sguardo come una strana luce negli occhi, come un ricordo doloroso. Di solito non li guardavamo neanche i novellini, iniziavamo a studiarli solo quando entravano nell'Ordine, ma quella piccoletta attirò la mia attenzione, come un fastidio in un punto in cui non puoi grattarti.
Righelor sfruttò quell'attimo e mi mise con le spalle al muro del cortile e lo spadone a bloccare le mie spade.
«Mia» Disse ansimando e avvicinandosi.
«Mai!!» Gli risposi infuriata. Sfruttando il muro alzai entrambe le gambe e gli tirai un calcio a piedi uniti nello stomaco facendolo cadere a terra lo disarmai dello spadone e gli puntai una spada al collo.
«Non sono tua, non sono come tutte le altre che ti cascano ai piedi e ti fanno credere che ogni dragonessa o mezzelfa ti appartenga.»
«Per ora, ma prima o poi anche tu farai come loro» disse con l'aria di chi nasconde qualcosa mentre si rialzava.
Infuriata per l'ennesima rappresaglia persi le staffe e gli tirai un pugno in faccia e fu musica per le mie orecchie sentire il suo naso che si rompeva sotto il mio pugno.
Gli sarei saltata addosso per farlo a pezzi ma due braccia forti mi bloccarono.
«Calmati Sked lo dice solo per provocarti». Mi disse in un orecchio Reg, che nonostante il volto pacato, come sempre, la voce aveva una sfumatura più tesa.
Mi costrinsi a calmarmi e piano piano allentò la presa.
Arrivò l'insegnante.
«Non bisogna mai abbassare la guardia o lasciarsi distrarre da ciò che si ha intorno Skedandra ed essendo femmina anche se tu fossi più forte dei maschi non devi mai metterti in situazioni di stallo come quella e non ci si deve mai dico mai lasciarsi andare alla rabbia. Sono stato chiaro!»
«Chiaro» Risposi a denti stretti.
«Quanto a te Righelor è ignobile insultare il nemico, e lo è ancora di più insultare una donna»
Righelor infuriato per esser stato ripreso si allontanò, mentre l'insegnante si guadagnava la mia più totale stima, l'espressione di Caph si addolcì.
«Per oggi basta Skedandra» mi disse più pacato «Regulus si assicuri che la signorina qui non vada in giro a rompere altri nasi» disse facendomi l'occhiolino «Non vogliamo disordini».
Sorrisi tra me e me, si quel Caph mi andava decisamente a genio.
D'improvviso mi girai ricordandomi della ragazzina.
«Guardala Reg, non ti sembra che abbia qualcosa di strano?»
«No mi sembra solo una ragazzina piuttosto maldestra, perché?»
«Voglio conoscerla» gli risposi, spinta ancora da quel'impassibile fastidio.
«Sked, ora non sei nelle condizioni adatte e poi è solo una ragazzina». Mi disse, ma io non lo ascoltai e mi diressi verso di lei che si era appoggiata al muro sconfitta.
«Ciao»
«Ciao, combatti bene» mi disse «Ci vuole qualcuno che gli dia una lezione a quello, o alla fine pretenderà tutta Hayal».
«Felice di aver trovato qualcuno che la pensa come me». Risposi.
«Diciamo che sono felice che se ne sia andato con il naso rotto. Perché sei qui?»
«Qui in che senso?»
«Qui da me una nullità» disse con la faccia sconsolata. Ora che la vedevo da vicino, mi accorsi che nonostante fosse davvero piccola e gracile, era un fascio di muscoli.
Rimasi un attimo scioccata
«Questo non è vero, non sei una nullità, me ne sono accorta dal modo naturale con cui impugni la spada, l'unico problema è qui dentro» dissi indicando la sua testa.
«Non ho alcun problema, sono solo imbranata» disse guardandomi come se fossi pazza.
«Ti sbagli» le risposi insistendo. Non so perché ero così fissata da quella ragazzina, forse ero pazza veramente.

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Capitolo 3
*** capitolo due ***


"Storia e cultura di Hayal" dal trattato del noto studioso sig. Albert Draconis.
Le cose ad Hayal sono ben diverse da come erano un tempo. Oggi i giovani draghi e mezzelfi vanno a scuola insieme, anche perché fino agli undici, dodici anni non si sa con precisione se il mezzelfo possiede o no il gene dragonesco, ad esclusione delle antiche storpi quali Asfarath, Cassiel, Undomiel..
Oggi l'Ordine di Verbelding si occupa di addestrare le milizie di Hayal, la sua sede principale si trova nella capitale Vesbalona dove, inoltre, si trova il palazzo reNon La scuola preparatoria dell'Ordine addestra sia draghi che mezzelfi, anche se solo i draghi possono sperare di entrare a far parte dell'Ordine vero e proprio. Tuttavia anche quest'ultima è estremamente selettiva per i draghi, solo i giovani di talento possono sperare di entrarvi.
Hayal è governata da due re, un drago e un mezzelfo, per garantire la parità delle razze e per facilitare il controllo sul vasto territorio. Da decenni ormai la diarchia è diventata ereditaria, tuttavia questo ha fatto perdere la fiducia del popolo nelle istituzioni. Dovendo correre ai ripari i due re divisero il territorio in Ducati affidandoli a coloro che vennero scelti dal popolo, mezzelfi o draghi che fossero, senza distinzioni, e dando vita a un senato formato da un rappresentante di ogni ducato, l'Ambasciatore.
 
«Non ci posso credere» mi disse Reg mentre camminavano fianco a fianco nel cortile della scuola. Il giorno prima me ne ero andata lasciando quella ragazzina da sola e allibita nel campo di addestramento dell'Ordine.
«A cosa?» gli chiesi.
«Hai spaccato il naso a Righelor, ti sei lasciata distrarre da una ragazzina imbranata e l'hai pure importunata. Ti conosco, so che sei orgogliosa, e questo mi va bene perché mi piaci come sei, ma che cavolo ti è preso ieri? Non sapevo che improvvisamente tu fossi diventata anche una bulla!» mi disse furente. Io rimasi spiazzata, non credevo possibile che uno tranquillo e solare come lui potesse urlare a quel modo, mentre che meno urlare in quel modo verso me. Mi ripresi e gli Urali anch'io contro, mettendomi sulla difensiva
«Non la stavo importunando! E non sono una bulla, semplicemente quella lì ha qualcosa di strano. E comunque, da quando in qua fai parte del fanclub di Righelor?!» era così strano, così innaturale urlargli contro, cosa era mai successo per arrivare a tutto questo?
«Non faccio parte del sul fanclub! È solo che credevo che tu non fossi più una bambina, che casca così facilmente nelle provocazioni del primo che passa!» questo era il colpo di grazia, mi guardò per un attimo spaesato, rendendosi conto di quello che mi aveva detto. Non riuscendo a controbattere semplicemente me ne andai, voltandogli le spalle e lasciandolo solo nel bel mezzo del cortile della scuola.
Odiavo litigare con Regulus, lui è l'unico che mi è sempre stato vicino, l'unico che, quando dicevo di voler entrare nell'Ordine, non cominciava a ridere e a darmi pacche sulla testa, credendo fosse una battuta. È l'unico, che mi ha sempre aiutata a conoscere e superare i miei limiti, è l'unico che capisce come mi sento quando volo, che capisce quel senso di libertà che mi dà il piegare a proprio piacimento l'aria con la forza delle mie ali, l'unico.
Andai a lezione senza Reg, anche se avevo voglia di marinare la scuola, ed andare a piangere dove nessuno mi avrebbe visto, dove nessuno avrebbe saputo, forse nessuno tranne lui. Ma così non feci, andai a lezione e non lo vidi più per tutto il giorno.
Alla fine dell'orario scolastico quando stavo per trasformarmi per tornare a casa per potermene stare finalmente per conto mio, una voce già sentita mi chiamò.
«Aspetta!!» mi girai e vidi la figura esile, della ragazzina incontrata il giorno prima, venirmi incontro
«Si?» chiesi con tono atono e la voglia di finirla in fretta.
«Ieri non ci siamo neanche presentate volevo solo conoscerti» disse con un tono intimorito, ma la testa alta.
«Skedandra, ma per piacere chiamami Sked odio i nomi lunghi» dissi spiccia.
«Ok, io sono Amilam» mi disse sorridendo.
«Piacere di conoscerti» dissi, volevo prendere e andarmene, ma ricordando la bruciante osservazione di Reg, le dissi «Mi cercavi perché avevi bisogno di qualcosa?»
«No no, niente di particolare, volevo solo sapere il tuo nome e, penso, chiederti perché hai detto quelle cose» mi disse,con la sua voce, che mentre parlava si affievoliva, mentre abbassava gli occhi.
«Scusami, non era mia intenzione importunarti» troncai la conversazione e mi alzai in volo.
 
«Mamma sono a casa». Entrai nella nostra caverna, una delle tante nella parete rocciosa vicino alla città. Le città di Hayal sono fatte per accogliere sia mezzelfi che draghi, per questo, di solito, si ergono vicino a pareti rocciose, nelle quali vengono scavate grotte più o meno grandi con più o meno stanze. Mentre in basso vengono costruite case, botteghe, scuole...
«Come sono andati gli allenamenti oggi?» mi disse mia madre, uscendo dalla cucina con ancora il grembiule addosso. Lei era una di quelle dragonesse che preferiscono la comodità delle cucine a misura di mezzelfo.
«Bene bene, oggi Caph ha avuto il buon senso di non mettermi in coppia con Righelor» nonostante mi fossi sfogata a combattere, ero ancora giù di morale, poiché Regulus Manon si era nemmeno fatto vedere alla lezione dell'Ordine.
«Perché lo rifiuti? E' un bel giovane ed è pure il figlio del duca» mi disse mia madre con aria esasperata.
Il più delle volte, non riesco a capire come faccio ad essere così simile a lei, io sono più alta, ma abbiamo lo stesso naso, la stessa linea del viso, gli stessi capelli mogano. Per fortuna almeno i miei occhi sono dorati, mentre i suoi sono grigi, altrimenti potremmo essere gemelle.
«Sarà anche ricco, bello e famoso, ma ha anche un bel caratteraccio». Risposi indispettita, e senza dare tempo a mia madre di ribattere, mi diressi verso la mia stanza, a destra dell'ingresso, separatone da una spessa tenda cremisi appesa al muro.
La mia stanza era spoglia semplice ed essenziale: in un angolo c'era il giaciglio in onice morbida, una finestra con delle tende bianche, le armi, le armature, erano invece poggiate su una rastrelliera di metallo, vicino alla sedia e alla scrivania in legno; un regalo fatto quando imparai a non sputare fuoco ogni volta che starnutivo. In legno era anche l'armadio che mia madre aveva riempito di gonne e vestiti, tranne uno scompartimento nascosto in fondo, dove tenevo i vestiti che piacevano a me: pantaloni, camice, giacche.
Iniziai a togliermi la bardatura da allenamento e la gettai di malo modo sulla restrelliera, quando entrò mia sorella maggiore Betalona. Lei è completamente diversa da me, è piu simile a nostro padre: bella, aggraziata con le sue bellissime squame bianche e immacolate, la chioma castano chiaro e gli occhi cerbiatta; ma non una combattente, ovvero tutto l'opposto di me.
«Lo sai che tutte le ragazze di questa città t'invidiano?» mi chiese. Io annuii a malapena.
«lo so che lui non ti piace, ma io fossi in te, eviterei di rompergli il naso, se non vuoi che un orda di ragazze in inferocite di venga addosso» disse cominciando a ridere e, chissà come, contagiando anche me.
«Tenterò» risposi dopo essermi ripresa. Lei sorrise e disse «ti voglio bene»
«Anch'io» le dissi.
Adoravo mia sorella, è vero la maggiore era lei, ma era così delicata e aggraziata che ho sempre avuto voglia di proteggerla. Anche lei era nell'Ordine, ma invece di essere sempre piena di lividi e graffi come me, era sempre perfetta, non aveva mai una cresta fuori posto, o una macchiolina d'erba sulle squame. Non che fosse meno letale, anzi il contrario certe volte riusciva a suonarle di santa ragione anche a me, ma un paio di anni fa decise di lasciare l'Ordine anche se non so il perché.
Una volta che mia sorella fu uscita mi ritrasformai in umana e, come avevo iniziato a fare ogni sera, spostati le tende e mi affacciati alla piccola finestra. Il sole stava Tramontano, giungendo di rosa il cielo è dando una sfumatura risata a tutta la città. Montai sul parapetto, mi diedi lo slancio e mi buttati. Il vento mi scivolava addosso, mi trasformai a mezz'aria e volai via, libera.
Un ottimo sistema per uscire di casa facendo pensare a tua madre che stai facendo i compiti.
Iniziava a fare buio ma la mia vista di drago mi permetteva di vedere come fosse giorno.
Volai in cima alla parete rocciosa sicura che lì sarei potuta stare sola a pensare.
Da quando quella ragazzina era entrata nella mia vita non ero più io, non so cosa mi succedesse quando ero insieme a lei, ma succedeva.
Ancora dubbiosa alzai lo sguardo verso il cielo, le stelle brillavano come torce nella notte, creando miriadi di costellazioni. Rimasi così a lungo, pensando al litigio con Reg.
Quando mi stancai di guardare le stelle andai a caccia per non andare a letto con la pancia vuota, mia madre si sarebbe sicuramente arrabbiata vedendo che non ero tornata per cena. Sorvolai la città addormentata, le strade erano vuote e la quiete permaneva l'aria. Arrivata alle mura avvisai il guardiano, un vecchio drago dalle squame ormai opache che andavo a caccia e che sarei tornata tra poche ore, poiché non avevo intenzione di andare lontano. Il vecchio, che ormai mi conosceva mi fece passare senza problemi.
Una volta lontana dalle mura della città mi abbandonai ai miei sensi, rifiutando ogni pensiero, lasciandomi guidare solo dall'istinto della caccia, abbandonai il mondo e fuggii da me stessa. Sentii la scia profumata di un cervo, "Ecco la mia preda" volai alta sopra di lui senza farmi sentire, un'ombra silenziosa, confondendmi con le bianche stelle in cielo. Poi all'improvviso scesi in picchiata, lo afferrai con gli artigli, spezzandogli il collo e atterrando poco più in là. Nello stesso momento nel quale toccavo terra sentii una scia di fuoco attraversarmi l'ala sinistra, una freccia, dall'impennaggio candido, mi si era conficcata nella membrana piena di nervature. Il dolore arrivò e mi fece irrigidire tutti i muscoli, una goccia di sangue uscì dalla ferita e colò sull'altra lasciando una scia rossa.
Mi lasciai scappare un gemito di dolore e girai la testa di scatto verso il mio aggressore pronta a incenerirlo. Ma mi fermai quando distinsi il suo volto.
«Amilam che diamine ci fai qua!» A Milan era davanti a me con un arco corto in mano e la faretra piena di candide frecce.
«Sked? Oddio Sked scusa scusa ero andata a caccia stavo seguendo il cervo poi mi sei piombata davanti e io avevo già scoccato la freccia, vado a caccia perché è una delle poche cose che mi riesce bene, che riesce a rilassarmi, scusa scusa!!» disse tutto di un fiato, la faccia le divenne rossa come un peperone, se non fosse perché sentivo male, mi sarei messa a ridere.
«Calmati va tutto bene non è niente» la tranquillizzai, peccato, che appena cercai di muovermi per avvicinarmi a lei, mossi l'ala e mi scappò un gemito. Amilam aveva una faccia preoccupatissima. Non potevo dirle di andarsene a casa, anche perché, non sarei mai riuscita a togliermi la freccia da sola, e volare in quelle condizioni, non pensavo di riuscirci, eh sì anche il mio orgoglio ha un limite. E, comunque, quella foresta non è il genere di luogo adatto a un drago bloccato a terra, pensai ai branchi di lupi infernali e mi vennero i brividi.
«Potresti andare a raccogliere un po' di legna per il fuoco, o vuoi estrarre la freccia al buio?» le dissi cercando di apparire più calma possibile.
«Ok , ma te stai bene vero?» mi rispose preoccupata
«Si sto bene ora vai» le dissi scocciata, ho detto che anche il mio orgoglio ha dei limiti, ma non così tanti. Detto questo Amilam si avviò.
Io tentai di mettermi comoda e stendere l'ala ferita, operazione decisamente dolorosa nonostante le avessi detto che stavo bene. Il brutto delle ali è che per quanto possano essere sottili sono piene di nervi.
Amilam arrivò dopo poco con la legna, l'accatastò per terra e si allontanò per prendere la pietra focaia, ma io la precedetti, e con una piccola fiammata accesi il fuoco. Amilam alzò un secondo la testa, ma non si stupì, anzi continuò a cercare qualcosa nella sua borsa. Quando si alzò vidi che aveva in mano una ciotola, un po' d'acqua in un otre e una strana polverina gialla.
«E' un cicatrizzante. Evita che, una volta levata la freccia la ferita s'infetti» Mi spiegò mostrandomi la polverina.
«Sei attrezzata e esperta allora» le dissi con ammirazione «Quindi avevo ragione io a dirti che sbagliavi quando dicevi di non saper far nulla» le dissi ironica, mentre le facevo l' occhiolino.
«Ok forse qualcosa la so fare» disse esasperata, mentre mischiava la strana polverina con un po' d'acqua, facendola diventare una specie di crema.
«Ora devo estrarre la freccia te cerca di non muoverti» disse, e, con una sicurezza che mi stupì, tirò fuori il pugnale, ruppe la freccia dalla parte della punta e con un movimento rapido estrasse la freccia, il sangue cominciò a colare sull'ala, ma Amilam vi applicò la crema. Quando sentii quella mistura toccarmi la ferita mi dimenai dal dolore sperché bruciava come fuoco e senza volerlo stavo per travolgere Amilam, che si allontanò con una prontezza di riflessi impressionante e con inaspettata forza riuscì a bloccarmi la parte ferita dell'ala e finì di metterci la crema. Io rimasi ferma dallo stupore, ma quella era veramente la solita ragazzina imbranata dell'altro giorno? A poco a poco il dolore si attenuò e riuscii a ripiegare l'ala.
«Ma ti sei vista! Mi hai bloccato con la forza e hai avuto uno scatto rapidissimo, che non se lo sognerebbe neanche Caph!!» le dissi stupita, Amilam mi guardava come se la notizia non la toccasse.
«Ma se riesci a farlo ora perché non lo fai quando combatti? Riusciresti a battere Caph dopo poco!» continuai imperterrita.
Amilam si limitò ad un'alzata di spalle, poi quando vide che non cedevo alzò lo sguardo verso di me, era lo sguardo triste di chi ha ricordato qualcosa che era meglio non ricordare. Quello sguardo mi sconvolse particolarmente, non è che credessi che lei non fosse in grado di provare sentimenti, ma quegli occhi non esprimevano tristezza, esprimevano la Tristezza, era come se non fosse mai esistita prima e fosse stata lei ad inventarlo. Disse:
«Se vuoi te lo racconto, ma è una storia lunga»
«Non ho fretta» dissi accoccolandomi meglio, a questo punto volevo sapere tutto.

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Capitolo 4
*** capitolo tre ***


«Anni fa, quando ero ancora bambina, io e la mia famiglia vivevamo al confine del ducato. Quando iniziarono i conflitti con il confinante ducato di Mheredan noi eravamo praticamente in prima linea. Mio padre si rifiutò di lasciare la nostra casa, ma quando arrivò l'esercito non potemmo fare niente.
Bruciarono la nostra casa bloccandoci dentro in mezzo alle fiamme, tutto ciò che avevo si stava trasformando in cenere, la cucina, dove mia madre cucinava tutti i nostri piatti preferiti, la poltrona vicino al focolare, dove mio padre stava a giornate intere immerso nei suoi libri, tutto stava diventando caldissimo. L'aria era irrespirabile, il fumo ci stava soffocando tutti, cadde una trave dal soffitto, che ci aprì la via di fuga, buttando giù quel poco che rimaneva della parete.
Una volta usciti trovammo i soldati ad attenderci. Mio padre, mia madre e i miei fratelli dovettero combattere per aprirci la via, ma i nemici erano troppi»
Disse tutto questo con voce ferma e incolore, nonostante le lacrime ,che avevano iniziato a scenderle copiose dagli occhi, cambiassero solchi sul sul viso e le si accumulando sul grembo.
«Il primo a cadere fu mio fratello che stava difendendo me e la mia sorellina, ma il soldato era più imponente e più forte di lui, nonostante mio fratello fosse agile, la lama nemica lo passò da parte a parte, facendo capolino dalla schiena, ricoperta di sangue. Ce n'era così tanto da sembrare finto. Io nascosi la mia sorellina dietro di me per difenderla, il soldato dopo avere estratto la lama dal cadavere di mio fratello, stava per colpirci.
Ma io grazie ai miei stupendi riflessi» disse con voce sprezzante, l'unica nota che avessi sentito fino a quel punto, nella sua voce. «Lo scansai, e gli conficcai il pugnale,datomi da mio fratello, tra le costole. Mi girai, per prendere mia sorella e correre verso il bosco, ma mia sorella non si muoveva, né si sarebbe più mossa, lei non si era scansata, la lama del soldato l'aveva trafitta, lasciando il sul cadavere in una pozza di sangue.
Allora mi guardai intorno e vidi che l'unico ancora in piedi a combattere, era mio padre. Ci scambiammo un' unica occhiata nella quale mi diceva tutto: di fuggire verso il bosco, di salvarmi almeno io, che mi voleva bene e che si sarebbe sacrificato per ma Ci è un un lampo accecante, non vidi più nulla. Quando la luce tornò normale, lì dove prima c'era la mia famiglia e i soldati, non c'era altro di una chiazza di erba nera.
E grazie al sacrificio della mia famiglia, scappai e fui l'unica a salvarsi.» concluse con amarezza.
Io rimasi ferma al mio posto, sia per assimilare ciò che aveva detto, sia per darle il tempo di calmarsi. Non avevo mai sentito una storia così piena di tristezza come la sua, io ero sempre vissuta al sicuro, la guerra l'avevo vissuta da lontano, senza rendermi conto cosa realmente fosse.
«Quindi, è per questo, che non vuoi più combattere» le dissi.
«Si, Non voglio più vedere le persone intorno a me morire al posto mio, perché sono stata in grado di schivare il colpo diretto a me. Non voglio più essere l'unica sopravvissuta» disse, con la voce spezzata dalle lacrime.
«Voler sopravvivere è una cosa naturale per ogni essere vivente»le dissi, cercando di consolarlo.
«USARE LA VITA DI COLORO CHE TI STANNO ATTORNO PER SALVARE LA PROPRIA, NON È NATURALE!» urlò Amilam, nella sua voce vi erano tutta la disperazione e la rabbia, che aveva in corpo.
«È questo che sono, sono un essere innaturale, non dovrei essere viva» disse con la voce, che man mano andava a morire.
Non potevo credere che pensasse quelle cose, per quanto volessi cercare di calmarla, mi arrabbiai.
«È questo che pensi, pensi di essere contro natura, pensi che l'affetto di tuo fratello, di tuo padre, sia contro natura!? Perché se è questo che pensi, allora sei davvero un essere innaturale!» Amilam rimase immobile, con gli occhi sbarrati dallo stupore, poi abbassò il capo sconfitta.
«Ma, se pensi, che quell'affetto fosse giusto, e se non vuoi più vedere le persone care morirti intorno; allora, combatti, combatti per diventare più forte, combatti per non obbligarle più a difenderti, combatti per essere tu a difenderle» Amilam alzò lo sguardo verso di me, quegli occhi viola, erano colmi di lacrime, ma sotto quel mare, ardeva una piccola scintilla di speranza. Mi avvicinai a lei, e le misi una mano sulla spalla. Lei mi travolse abbracciandomi, e cominciò a singhiozzare sulla mia spalla. La strinsi finché tutte le lacrime sgorgarono dai suoi occhi.
«Ma come posso imparare a difendermi, tutti pensano che io sia una nullità» disse sconsolata
«Domani vieni con me alla lezione dell'Ordine» Le dissi mettendomi a sedere vicino al fuoco.
«Se non sbaglio l'Ordine è chiuso ai mezzelfi» rispose Amilam, sedendosi anche lei.
«È vero, ma addestra comunque mezzelfi scelti» dissi, mentre Amilam si tormentava le mani, non volendo metterla ancora più sotto pressione, rimasi in silenzio per un po'. Poi dissi
«Tu dormi faccio io la guardia, ti sveglio all'alba e partiamo».
«Ma così te non dormi» disse lei preoccupata.
«Sta notte volevo andare a caccia e non avrei dormito comunque» dissi sorridendole.
«D'accordo» rispose e si coricò avvolgendosi nel suo mantello. La verità, era che dopo tutto quello che avevo sentito, dubitavo di poter riuscire a dormire.
 
La mattina dopo arrivammo alle mura io in volo e Amilam tra i miei artigli. Quel giorno non c'era scuola, quindi atterrai nel cortile dell'Ordine.
Caph ci venne incontro, con l'aria di chi si è appena svegliato. Aveva tutto un ciuffo dei capelli provini ritto da una parte. Non che io fossi messa meglio, la notte insonne mi aveva fruttato due belle occhiaie violacee sotto gli occhi.
Strano comitato di benvenuto ma non ostile.
«Allora» ci disse dopo averci raggiunte «Sbaglio o qualcuno mi deve una spiegazione».
Annuimmo entrambe e dicemmo «Siamo state a caccia» Caph ci guardò con aria sospetta, ma non fece domande.
«D'accordo, ma la prossima volta avvertite se volete rimanere tutta la notte fuori».
«D'accordo» rispondemmo, detto questo si allontanò, molto probabilmente andava a pettinarsi.
Stavamo uscendo dal cortile quando Amilam mi chiamò allarmata
«Sked!»
Mi voltai di scatto, e trattenni a stento un gemito, Righelor stava arrivando con la faccia nera, quanto le sue squame, dalla rabbia. ''O miseriaccia''
«Dove diamine sei andata!? Sei sparita, senza dire nulla, nel cuore della notte, con la scusa di andare a caccia!!» disse furibondo, cercai di replicare, ma mi fermò «No! Caph non ti avrà detto nulla, ma con me non la passi liscia!» disse prendendomi il mento e costringendomi a guardarlo. Un gesto di possesso così esplicito da darmi usi nervi, avevo voglia di renderlo, seduta stante, un mucchietto di cenere.
«Io non rendo conto a te, chiaro!» dissi infuriata schiaffeggiandgli la mano. Lui fece un passo indietro stupito.
«No, non devi, ma io ho comunque intenzione di occuparmi di te» mi disse,inchiodando quei suoi occhi glaciali nei miei.
«Non ne hai alcun diritto» gli dissi, con voce flebile, era come se quegli occhi di ghiaccio avessero spento tutta la rabbia che mi ardeva dentro.
«Ne lo avrai mai» dissi, ripendendo fiducia in me stessa, le nostre facce erano a non più di dieci centimetri l'una dall'altra.
Righelor si infuriò ancora di più, mi prese e mi schiacciò tra il suo petto e il muro.
''sta diventando un'abitudine che non mi piace'' pensai tra me me, cercando di liberarmi dalla sua presa.
«Io ti posso prendere quando mi pare, e se non verrai di tua spontanea volontà, ti prenderò con la forza» mi sussurrò in un orecchio, per poi lasciarmi lì, come se non fosse successo niente.
 
Tornai a casa allibita, mi diressi verso lo studio di mio padre e gli chiesi subito.
«Padre, Righel può scegliere una dragonessa tra quelle del suo territorio, giusto?»
«Lui deve, poiché è l'erede del nostro ducato» disse preso alla sprovvista dalla mia domanda.
«Ma se colei che lui ha scelto lo rifiutasse?» lo incalzai.
«Perché me lo chiedi?» mi chiese sospirando.
«Rispondi» gli dissi io.
«Quando Righelor sarà pronto, ogni dragonessa che non sarà ufficialmente fidanzata o sposata gli spetterà di diritto» fece una pausa << Quindi in poche parole non gli si può dire di no. Perché?» mi chiese ancora, col tono di chi pretende una risposta.
«Perché Righelor mi ha detto: che lui mi può prendere quando gli pare». Gli dissi abbattuta.
Feci una pausa «Suonava come una minaccia».
«Lo sai, ora dovrei iniziare a farti le congratulazioni, ma so come la pensi su di lui, e so che farai di tutto pur di non finire tra le sue mani. Ma la tua è una guerra senza speranza, sappilo, prima o pio se vuole ti prenderà».
«Molto incoraggiante papà» dissi sprezzante. Adoravo mio padre, perché era capace di darti speranza tanto facilmente quanto togliertela.
«Fammi finire, questo però non ti deve impedire di combattere, e di diventare talmente odiosa da fargli cambiare idea» mi disse con tono malizioso. Ci scambiammo uno sguardo d'intesa e usciti dal suo ufficio.
Come ho detto prima, adoro mio padre. Sorrisi fiduciosa e andai in camera a fare i compiti, questa volta veramente.

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