Il Club degli 'Amici per Caso'

di ChiaraLilianWinter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un foglio di carta bianca ***
Capitolo 2: *** 2. Il primo giorno non è facile per nessuno ***
Capitolo 3: *** 3. Fuori e dentro gli schemi ***
Capitolo 4: *** 4. Soraya ***



Capitolo 1
*** 1. Un foglio di carta bianca ***


[4*] - Roberta

Il mio secondo anno di liceo iniziò in maniera davvero particolare.

L'entrata era parecchio affollata quella mattina, piena di ragazzi che si salutavano, si abbracciavano, si tiravano pacche sulle spalle, ritrovandosi dopo le vacanze estive.
Che cosa stupida. Fanno tanto gli amiconi che si sono mancati, ma se davvero avrebbero voluto vedersi durante questi tre mesi, sarebbe bastata una chiamata. Ipocriti.
Mi davano fastidio, non potevo farci niente.
Spostai il peso da un piede all'altro, lanciando di tanto in tanto un'occhiata al distributore accanto a me. Era spento e sul vetro riuscivo a vedere bene la mia immagine: ero sicuramente dimagrita, durante l'estate. Avevo lasciato crescere i capelli castani, ma adesso me ne pentivo, faceva fin troppo caldo così. Sistemai la canottiera nera e i pantaloncini di jeans, frettolosamente: almeno il primo giorno volevo essere in ordine. Non che mi importasse cosa pensava la gente, però...
Mi morsi distrattamente il labbro, cercando con lo sguardo Sole, l'unica persona che volevo vedere in quel momento. Era l'unica con cui avevo legato, nel corso del primo anno. Tutti gli altri ragazzi della mia classe erano simpatici e disponibili, sì, e nessuno di loro si era mai comportato male, non c'era mai stato nessun atto di bullismo - semplicemente non ci parlavo molto.
Ma era una classe da sogno, comunque, almeno per me.
Avevo sempre temuto il liceo, ed era tutta colpa degli anni delle medie.
Quei terribili tre anni...
- Robi! Robi, sono qui!
La voce allegra e acuta di Sole mi salvò dai brutti ricordi. Mi voltai, giusto in tempo per vederla piombarmi addosso; il suo abbraccio mi tolse il fiato, mentre i suoi migliaia di ricci rossi mi circondarono.
- Aaah, Robi, quanto mi sei mancata!
- M-mi sei mancata anche tu Sole... Uff... Ma mi stai.. Strozzando...
Sole si staccò immediatamente, guardandomi con un'espressione imbarazzata. Ah, era strano per me, ma mi era mancata. Durante quei tre mesi ci eravamo parlate solo poche volte, qualche veloce chiamata ogni tanto: Sole era andata in America, dai suoi parenti. Quanto la invidiavo, accidenti.
- Beh, come è andata? Tutto a posto con i tuoi cugini?
Si illuminò, quando mostrai di interessarmi alle sue vacanze.
- Aah, Robi, è andata benissimo! Più che bene! Sai, Andrew, uno dei miei cugini... Quello di 19 anni, te lo ricordi, Andrew?
- Sì, sì, me lo ricordo.
Come non poterlo ricordare. Mi aveva fatto una testa così su quanto fosse figo, su come lui la guardava certe volte, sul fatto che entrambi soffrivano perché erano cugini e non potevano mettersi insieme... Mah, sembrava tanto la trama di uno di quei romanzetti su amori impossibili e strazianti che piacciono tanto alle quattordicenni.
- Beh, ecco... Lui è bellissimo, certo, ma sai com'è, siamo cugini e il nostro amore incontrerebbe troppi ostacoli, ci farebbe soffrire..
Per l'appunto.
- E...?
Volevo arrivasse dritta al punto. L'entrata del liceo si stava riempendo sempre di più e mi mancava l'aria; volevo solo andarmene da lì il prima possibile.
- Eee, beh... A Luglio mi ha presentato i suoi amici, sai, quelli della band... E c'era questo tipo, Matthew...
- Si...?
Ok, per quanto mi fosse simpatica, certe volte Sole mi faceva proprio innervosire.
- Eh, beh, è un figo da urlo! Diecimila volte meglio di Andrew! E abbiamo fatto amicizia! E, indovina un po'..? Ha detto che avrebbe fatto il quarto anno di liceo qui, in Italia! Sai, con uno di quei progetti, come si chiama...
- Sì, sì, ho capito. Forte.
- Forte?! Più che forte! Pensa se me lo ritrovo qui! Già mi immagino una bellissima e emozionante storia d'amore...
- Sì Sole, è tutto bellissimo e molto eccitante, ma possiamo, non so, andare da qualche altra parte? Sul tetto, magari? Mi sto sciogliendo.
Sole mi guardò come se mi vedesse per la prima volta, poi si riscosse e annuì vigorosamente.
- Anche io sto morendo! Andiamo!
Con un sospiro di sollievo la seguii verso le scale, spostandomi da un lato i lunghi capelli.
Caldo, caldo, caldo... Odio il caldo.

Fu allora che lo vidi.

Vicino alle scale c'era una piccola bacheca, una di quelle su cui si appuntano i fogli di avvisi vari, oppure i volantini per reclutare i membri di un club. Mi ricordavo che il primo anno la bacheca era vuota, e qualche studente più grande mi aveva detto che la bacheca era sempre vuota, il primo giorno di scuola. A quanto pare era una sorta.. Di rituale, radicato profondamente nel liceo o qualcosa di simile. Una sciocchezza bella e buona, ma che mi aveva comunque incuriosito. Una bacheca sempre vuota il primo giorno di scuola...

Ma stavolta non lo era.
C'era un foglio di carta, appuntato sulla superficie ruvida. Era un semplicissimo foglio di carta bianco, scritto con una penna blu. La parte inferiore del foglio era fatta tutta a striscioline.
Non so perché catturò la mia attenzione.
Non so perché mi fermai.
Forse fu perché quel foglietto aveva violato il famoso 'rituale'.
Forse fu perché era così semplice, così anonimo, così... Insignificante.
Forse fu quello che mi incuriosì.

Oggi come oggi non posso fare a meno di chiedermi: cosa sarebbe successo se lo avessi semplicemente ignorato?

Mi fermai e lo lessi con la coda dell'occhio.

'Anche tu sei rimasto deluso dalla realtà della vita liceale?
Vuoi che le cose cambino? Vuoi vivere davvero le avventure che ti eri immaginato? Vuoi rendere gli anni della tua adolescenza memorabili?
Se la risposta a queste domande è sì, stacca una delle strisce di carta sottostanti. Verrai contattato entro 24 ore, e la tua fantastica avventura liceale avrà inizio!'

Lo lessi almeno quattro o cinque volte, prima di comprendere.
Il primo impulso fu di ridere.
Che razza di cosa era? Uno scherzo? Cioè, era sicuramente uno scherzo, ma quanto era stupido! 'Fantastica avventura liceale'... Pff.
Certe cose accadono solo nei film.
- Eeh, Robi..?
Mi girai immediatamente verso Sole, che mi aspettava ai piedi delle scale.
- Eccomi, arrivo subito! Scusa...
Feci un passo verso di lei. Ma poi mi fermai.

Mi chiedo ancora oggi perché mi fermai.

Allungai lo sguardo verso il foglio e con stupore mi accorsi che non c'erano tutte le striscioline. Due erano state strappate. Ne rimanevano dieci.
Qualcuno c'è anche cascato? Che senso ha...

Immagino fosse solo curiosità. Non ci diedi tanto peso. Volevo solo vedere che cosa sarebbe successo.

Allungai una mano e distrattamente staccai una strisciolina. Scricchiolò sotto il tocco delle mia dita. La girai, la guardai con attenzione; non c'era niente scritto sopra. Non un numero, un luogo, una data.. Nulla di nulla.
È davvero solo uno scherzo.
Però lo feci lo stesso. Mi voltai e raggiunsi Sole sulle scale, mentre infilavo la strisciolina nella tasca dei jeans.

Certe cose ti cambiano la vita completamente. Che ridere, però, a pensare che a cambiare la mia è stata una strisciolina di carta bianca.


*Scoprirete più avanti il significato di quel numero.

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Capitolo 2
*** 2. Il primo giorno non è facile per nessuno ***


[2] - Gabriele

Le vacanze estive erano passate in un lampo, come sempre d'altronde. Avrei voluto non finissero mai, avrei voluto non dover tornare in quel dannato liceo; anche solo vedere la grande struttura da fuori mi faceva salire un brivido lungo la schiena. Non era colpa mia se lo detestavo. Eh sì, probabilmente andare a scuola era la cosa che odiavo di più. Era una gran rottura.
Quanto avrei preferito andare in giro per le strade con il mio skate, invece di stare rinchiuso in un'aula polverosa a dovermi sorbire una lezione più noiosa dell'altra.
L'anno passato - il terzo, ora ero arrivato miracolosamente in quarto - avevo saltato la scuola un po' troppe volte - non mi accorgevo mai di quando esageravo, e questo era un difetto enorme per quanto mi riguardava - perciò ero stato avvertito che nei nove mesi successivi sarei stato 'tenuto d'occhio'. Che letteralmente significava: 'prova a marinare la scuola e i tuoi genitori ne saranno avvisati immediatamente'. Mi aveva un po' fatto ridere: i miei genitori non erano un problema, non lo erano mai stati, per me. Mia madre ci aveva lasciati quando avevo tre anni, se n'era andata con un altro uomo; mio padre... Beh, era troppo preso con il suo lavoro. Si interessava a me solo quando ne combinavo qualcuna di troppo, e solo ed esclusivamente perché avrei potuto rovinare la sua immagine.
Non li consideravo nemmeno dei genitori, perché avrebbe dovuto impaurirmi sapere che sarebbero stati avvisati ogni volta che mancavo a scuola? Comunque, avrei cercato di controllarmi almeno un pochino. Non volevo perdere l'anno.
- Ohi, guarda chi si vede!
Sentii un paio di lunghe e sottili braccia circondarmi il collo, e un fortissimo profumo mi invase le narici, stordendomi per qualche secondo.
- Jennifer...
- Ciao, teppista! Come va? Andate bene le vacanze estive?
Jennifer era una ragazza del terzo anno, con un bel viso sempre un po' troppo truccato e con delle gonne sempre un po' troppo corte. Quasi tutti i ragazzi del liceo la conoscevano, e non era difficile immaginare il perché. Non avevo mai capito quale tipo di rapporto pensava avessimo io e lei, ma finché mi invitava alle feste nella sua villa da sballo e mi faceva fare bella figura con i miei amici, non mi dava fastidio.
- Tutto a posto, come al solito.
- Ah-ah. Io sono andata a Parigi, Parigi, capito? È stato bellissimo! Anche se era la terza volta che andavamo lì...
Me la tolsi di dosso, cercando di disintossicarmi da quel profumo. Lei mi lanciò un'occhiata.
- Sembri terribilmente depresso. Allegria!, nove mesi passano in fretta.
Scossi la testa e mi allontanai. Con la coda dell'occhio la vidi alzare le spalle e correre verso un gruppetto di ragazzi. Era bella e tutti la cercavano, ma io la trovavo troppo volgare. Mi ricordavo che una volta, ad una delle sue feste, mi aveva trascinato in una camera da letto e aveva provato a sedurmi; l'avevo trovata quasi disgustosa, quindi me ne ero andato. Probabilmente doveva essere stata parecchio ubriaca, perché la mattina dopo non ricordava nulla.
- Ehi.
Alzai lo sguardo e lo incrociai con quello di Melissa. Era la migliore amica di Jennifer; meno bella, ma anche meno volgare. Sapevo già perché mi aveva chiamato. Mi indicò con un cenno della testa la palestra, che il primo giorno rimaneva vuota, e io annuii. Lei si voltò e iniziò a camminare verso il piccolo edificio.
Beh, in un modo o nell'altro a scuola dovevo andarci, perciò avevo trovato un modo per rendere almeno il primo giorno meno... 'amaro'. Era dal secondo che io e Melissa ci rifugiavamo lì a 'divertirci' all'inizio dell'anno. Forse era solo quello il motivo per cui ero sempre stato presente il primo giorno.
Sospirai e mi guardai un po' in giro, decidendo di uscire dall'altra porta, in fondo al corridoio: non mi andava che la gente sapesse cosa facevo e con chi, quindi ogni volta aspettavo un po' prima di raggiungere Melissa in palestra e cercavo di non farmi vedere.
Il corridoio era deserto: tutti erano ammassati nell'entrata o nell'auditorium. Perfetto. Camminai lentamente, gettando un'occhiata qua e là. Le classi del primo anno, il laboratorio di chimica, le scale, la bacheca... Che non era vuota.
- Cosa?
Mi fermai, guardando stranito il foglio di carta. Che era? Un annuncio? Il primo giorno? Non era possibile. E tutta la storia del rituale, ecc.?
Mi avvicinai incuriosito per leggere cio' che c'era scritto... E scoppiai a ridere.
Bello scherzo, davvero! Anche se non sembrava per niente uno scherzo; mi divertiva pensare che qualcuno avesse scritto seriamente quelle parole, pensando davvero di fare una cosa simile.

Lo feci per scherno.

Volevo conoscere quel genio con la testa piena di sogni infantili. Probabilmente sarebbe diventato il bersaglio preferito delle mie frecciatine.

Ero un bullo, in fondo. Che pretendete?

C'erano ancora tutte le strisce; ne staccai velocemente una. Non capivo bene come sarebbe riuscito a contattarmi, ma se lo aveva scritto in un modo o nell'altro ci sarebbe riuscito. Forse mi stava spiando, proprio adesso... Il pensiero mi fece ridere ancora di più.
Mi infilai la strisciolina nei jeans e mi diressi finalmente verso la palestra, consapevole che Melissa si sarebbe irritata perché l'avevo fatta aspettare.


[3] - Anna

Il caos provocato dalla massa di ragazzi al piano terra era udibile perfettamente anche nel laboratorio di arte. Sospirai, posando delicatamente la matita vicino al foglio immacolato: era impossibile concentrarsi, così.
Il laboratorio era vuoto - abbastanza ovvio - e ne avevo approfittato per rifugiarmi lì e aspettare che la giornata finisse. Era una fortuna che almeno il primo giorno i professori ci lasciassero fare ciò che preferivamo; almeno per una volta potevo utilizzare quell'aula a mio piacimento. Ahh... Quanto detestavo andare a scuola.. Non erano le lezioni, no, mi piaceva imparare. Erano... Le persone. Avevo paura delle persone.
Non importava quanto potessero sembrare gentili e simpatici, tutti nascondevano un lato crudele; aspettavano solo l'occasione giusta per mostrarlo e pugnalarti alle spalle. Le persone ti ferivano, ti ferivano così tanto quando ci si mettevano d'impegno... Era normale averne paura. O almeno così pensavo io.
- Anna?
Quasi caddi dalla sedia per lo spavento: la voce profonda e insicura del professore di arte mi aveva colto di sorpresa.
- S-sì?
Alzai lo sguardo, cercando di ricompormi.
Il professore era un uomo alto e robusto, di mezza età; ti inspirava fiducia, in un certo senso. Era una delle poche persone da cui non ero impaurita. -- Beh, non completamente, almeno.
- Che ci fai qui?
- Niente, io... Io stavo solo...
Lo vidi sospirare profondamente.
- Anna, perché... Perché non vai un po' giù, insieme agli altri? Non ti farai mai degli amici se continui solo a disegnare. Per carità, é un'attività molto bella, però...
Mi morsi le labbra, abbassando lo sguardo per non incrociare quello del professore: mi stava guardando con una luce negli occhi che non mi piaceva. Odiavo quando la gente mi guardava così. Con pietà.
- Insomma Anna, voglio solo aiutarti...
- Ho capito, ho capito. Ora scendo.
Non volevo sentire un'altra parola uscire dalle sue labbra; mi dava fastidio.
Ecco, diciamo che per me c'erano due tipologie di persone: quelle di cui avevo paura e quelle che non riuscivo a sopportare troppo a lungo.

Sì, beh, okay, non ero proprio un bel tipetto.

Afferrai la cartellina blu appoggiata al piccolo banco e mi precipitai fuori con una velocità che sorprese me stessa. Sentii il professore chiamare il mio nome, ma io stavo già correndo giù per le scale, ero lontana.
Saltai gli ultimi tre scalini tutti insieme, rischiando quasi di ammazzarmi; per fortuna me la cavai con una storta.
- Accidenti...! Ouch...
Appoggiai delicatamente la cartellina al mio fianco, mentre mi sedevo ai piedi delle scale, massaggiandomi la caviglia dolorante. Mi veniva da ridere. Pensavo che almeno il professore di arte mi conoscesse, mi capisse, almeno un minimo, ma alla fine si era rivelato come i miei genitori, come tutti quanti. Farsi degli amici.. Non erano per me, gli amici.
- Io sto bene da sola.
Esatto. Da sola stavo più che bene, non avevo bisogno di nessuno e nessuno aveva bisogno di me.
Nessun legame = Nessun impiccio.
Raccolsi la cartellina mentre finalmente riuscivo ad alzarmi; la caviglia faceva ancora un po' male però, forse sarebbe stato meglio passare in infermeria.
- Allora, l'infermeria è.. Da questa parte...
Non era bastata la storta, no; dovetti anche sbattere il fianco all'angolo appuntito della bacheca.
- Porca....! Cavolo, che male!!!! Da dove spunta questa cavolo di bacheca?!

Sicuramente quel giorno pensai che il mondo doveva avercela con me.

Dopo cinque minuti buoni passati chinata su me stessa a imprecare dolorante, mi raddrizzai e mi incamminai verso l'infermeria - aggirando a distanza di sicurezza quell'infernale bacheca...
Aspetta, c'era appiccicato qualcosa sopra. Un avviso? Il primo giorno?
C'erano già scartoffie da leggere il primo giorno? Da quando?
Mi avvicinai lentamente - quasi con paura che la bacheca potesse prendere vita e attaccarmi da un secondo all'altro - e ci lanciai un'occhiata.
Ah, non era una scartoffia. Era... Pubblicità per un club...? Qualcosa di simile.
Sembrava... Divertente.

Doveva essere una delle prime volte nella mia vita che trovavo qualcosa divertente.

Lo lessi seriamente, più volte. Quindi cosa doveva essere? Un club creativo? Mah, sì, alla fine sarebbe stato qualcosa del genere... Interessante.
Ecco, era quello il mio punto debole.
Era vero che avevo paura delle persone e tutto, che preferivo stare da sola... Ma quando trovavo qualcosa di inusuale, di interessante... Ci cascavo in pieno. Anni e anni passati a leggere, disegnare e fantasticare avevano le loro conseguenze.
Trepidante, allungai una mano e staccai una strisciolina di carta. Notai che già ne mancava una; una persona l'aveva presa, prima di me. Venni attraversata da un brivido ma cercai di non farci caso: se i tipi di quel club si fossero rivelati troppo paurosi me ne sarei semplicemente andata. Facile, no?

Ah, non era facile per niente.

Mi allontanai, cercando un posticino tranquillo dove rimettermi a disegnare: il dolore alla caviglia era già passato, quasi non ci fosse mai stato.

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Capitolo 3
*** 3. Fuori e dentro gli schemi ***


[5] - Erika

- Ragazze! Eccovi!
- Ahh, finalmente!
- Mi mancavate così tanto! Come avete passato le vacanze?
- Ah, ho tantissimo da raccontarvi!
Iniziai così il primo giorno del mio secondo anno, con le amiche di sempre, tutte insieme, in un'aula deserta all'ultimo piano. Le aule dei quinti erano tutte chiuse, ma noi eravamo riusciti a rubare una chiave; ora sedevamo in cerchio, dopo aver spostato le sedie e i banchi per farci posto.
- Shh! Ci racconteremo dopo! Ora sapete che dobbiamo fare, no?
Le mie vecchie quattro amiche; eravamo inseparabili. Tre di noi si conoscevano dalle elementari; le altre due - tra cui me - si erano unite alle medie. Ne avevamo combinate di tutti i colori negli anni passati, e programmavamo di fare lo stesso in quelli seguenti.

Pensavo che i miei 'sogni liceali' si sarebbero avverati sul serio.

- Allora, tutte pronte per il nostro rituale?
- Certo!
Il rituale era un'abitudine che avevamo dal secondo anno delle medie. Era una cosetta che avevamo trovato su internet, niente di eclatante.
Veronica, il 'leader' del nostro gruppo, tirò fuori dalla borsetta un foglio di carta e un accendino, mentre Asia estraeva una penna viola brillantinata dalla tasca della minigonna.

Sarebbe bastato... Sopportare. Magari alla fine mi ci sarei abituata. Mi sarebbe piaciuto.

Con quella Veronica scrisse il proprio nome sul foglio, prima di passarlo; lo facemmo tutte. Quando il giro fu concluso e il foglio fu di nuovo nelle mani del nostro capo, lei lo avvicinò all'accendino. Lo vedemmo bruciare.
Era un rituale piuttosto banale e qualcuno lo avrebbe potuto trovare anche inquietante - come me, per esempio -; ma alle altre piaceva, dicevano che serviva per 'consolidare la nostra amicizia'. E poi, se Veronica diceva di volerlo fare, lo volevano fare tutte.
Andava bene anche solo per quello.
- Perfetto, ragazze! Rituale compiuto!
- Così saremo amiche per sempre!
- Adesso, Jilly, raccontaci tutto! Come è andata in Africa??
- Eh, mh.. Sono andata in Australia..
- Ahah, ma certo! Susu, racconta!

La verità era difficile da dire anche a me stessa.

- Mh.. Scusatemi, devo un attimo andare in bagno..
Veronica alzò il viso verso di me, schiocchiando le labbra in un'espressione di disappunto.
- Ma come, te ne vai ora..?
- Ritorno subito...
- Ah, va bene! Senti, Eri, già che ci sei porteresti qui una scopa? Dobbiamo pulire questo casino, o i prof..
- Sì, sì, ve la porto.
Uscii dall'aula quasi correndo.

Mi mancava il respiro.

Corsi giù per le scale.
Dovevo andare...

Al secondo piano non c'era nessuno.

Andare...

Lì non sarebbero riuscite a sentirmi.

O sarei esplosa davanti a loro.

- AAAAAAARGHH!!!
Quello che avevo appena fatto non era certo un verso carino od elegante, se una delle mie amiche mi avesse sentita avrebbe avuto di sicuro qualcosa da ridire. Riuscivo ad immaginare le risate di scherno di Veronica.
- Amiche per sempre?? Ma dico, scherziamo?! Preferirei farmi rapare i capelli a zero che dover stare per tutta la vita in compagnia di quelle oche!
Mi serviva un bagno. Subito. Dovevo vedere in che condizioni ero, quanto in basso ero caduta. Scesi l'ultima rampa di scale saltando gli scalini a due a due, prima di fiondarmi in bagno, davanti al grande specchio che ricopriva gran parte di una parete.
- Oh, mio Dio. Voglio piangere.
I miei bei capelli corti erano tutti pettinati, tirati indietro da una graziosa mollettina viola. Indossavo una camicetta bianca ben stirata, abbinata ad una gonnellina blu. Le ballerine, poi..!
Se uno dei miei compagni mi avesse vista, probabilmente non mi avrebbe riconosciuta. Meglio così. Voglio dire, io, la grande Erika, skater professionista e Regina della città, capo della banda delle Fiamme Blu, ridotta in quel modo! Avevo bisogno di sbattere la testa da qualche parte. - Perché diamine lo sto facendo...

Anche una Regina ha paura, e io la avevo più di tutti.

Ma la verità era che quelle erano le mie uniche amiche. Prima di andare alle medie non ne avevo mai avuta una. C'erano sempre stati solo ragazzi intorno a me, i miei compagni, la mia squadra di skater, mai e poi mai avrei immaginato che una ragazza mi si avvicinasse. Ma poi il primo giorno delle medie mia madre era riuscita ad infilarmi in un vestito e mi aveva acconciato i capelli in modo più femminile possibile, e quelle tizie mi avevano parlato. Avevo capito che, se non volevo rimanere senza amiche, dovevo continuare ad apparire così; e lo avevo fatto. Mi ero comportata da stupida ma me ne ero accorta troppo tardi; adesso non avevo il coraggio di ammettere loro che la Erika che conoscevano era solo un falso, perché poi sarei rimasta sola.

Così fragile e codarda... Che razza di Regina sono?

Non mi meritavo quel nome. Uscii dal bagno a testa bassa; una persona come me non aveva il diritto di guardare qualcuno negli occhi. Ma, beh, non c'era nessuno nel corridoio, quindi non faceva nessuna differenza. Alzai lo sguardo sulla bacheca, a cui era appeso, solo soletto, un foglio. Mi ci avvicinai, appoggiandomi alla parete ruvida e sospirando.

- Sono come te... Tutta sola.. Diversa.
Oh, ma che diamine, sto parlando a un foglio di carta adesso?

- Tch.
Tanto per fare qualcosa - non avevo nessuna intenzione di tornare in quell'aula a dovermi sorbire l'interminabile racconto di Jilly su quanto fossero state meravigliose le sue vacanze - mi misi a leggere quello che c'era scritto sul foglio.
Uh. Era... Era... Era proprio quello che cercavo!

In fondo, mi ero avvicinata a quelle ragazze solo per passare gli anni liceali in modo divertente.

Bastava mi unissi a quel.. Club, e sarei stata libera da quelle oche! Staccai una strisciolina con eccitazione crescente. Niente più fiocchi, gonne e mollette: la Regina poteva finalmente divertirsi... Essendo se' stessa!
Avevo voglia di ballare. Mi fiondai su per le scale, ridendo.
- Sarà tutto perfetto!

O almeno, questo era quello che pensavo.


[6] - Francesco

Per i normali studenti, il primo giorno di scuola equi valeva a sei ore libere in cui fare quello che preferivano. Per me, il primo giorno di scuola equivaleva a tanto, tanto lavoro. Questo perché io non ero un normale studente, o almeno non mi consideravo tale: ero il vicepresidente scolastico, incarico di cui andavo fiero e che prendevo molto sul serio. Anche troppo, forse. Ma non avevo mai considerato la mia posizione un peso: svolgevo tutti gli incarichi presto e bene, ero molto affidabile e non esitavo a sgridare e segnalare i ragazzi che infrangevano le regole. Soprattutto per quest'ultimo motivo, ero detestato - se non odiato - da una buona percentuale della scuola.
Non che mi importasse, comunque.

Quella mattina stavo svolgendo la mia solita routine da primo giorno: controllare la sistemazione delle classi, sgridare i ragazzi che si divertivano troppo, consegnare i fogli degli orari... Sì, beh, avevo un sacco di cose da fare. Ecco perché in quel momento stavo camminando un po' troppo velocemente per i corridoi semivuoti, portando un pacco enorme di avvisi che mi coprivano gran parte della visuale - era una cosa stupida da fare e me ne rendevo conto, io che ero sempre così preciso e così attento a non fare cose stupide, ma in quel momento ero davvero troppo impegnato per preoccuparmi di ciò. In fondo, era impossibile che qualcuno mi andasse a sbattere contro...

THUMP!

Decine e decine di fogli volarono in aria, mentre io e una ragazza cadevamo sonoramente a terra, una sopra l'altro.
- Ahiii....
Drighignai i denti per il dolore ricevuto dalla forte botta in testa, ma mi alzai subito, atterrito dal vedere tutti gli avvisi sparsi a terra, in disordine; avevo voglia di mettermi le mani nei capelli.
- Che diavolo...
- Oh, cavolo. Scusa.
La ragazza contro cui ero andato a sbattere era alta, magra e... Femminile, questo era l'aggettivo migliore per descriverla. Anche se con tutte quelle mollettine e quei fronzoli più che altro sembrava ridicola; i capelli cortissimi poi, come quelli di un maschio, erano un pugno in un occhio.
Me la tolsi di dosso scortesemente, iniziando a riordinare il casino a terra.
- T-ti do una mano, se vuoi...
- No. Vattene e basta. E fai più attenzione.
La ragazza stette in silenzio per un po', prima di sbuffare sonoramente - uno sbuffo indignato - e andarsene sbattendo i piedi per terra. Schioccai la lingua.
Ridicola.

Ci volle una buona mezz'ora prima che finissi di sistemare tutti i fogli; una mezz'ora di ritardo che mi costò una ramanzina da tre professori e un tono deluso dal presidente scolastico.

Odiavo deludere il Presidente.

Conclusi i miei incarichi solo a fine giornata, quando finalmente potei sedermi sui gradini delle scale, distrutto, e riposarmi un attimo. Mi passai la mano tra i capelli, infastidito dal sentirli umidi di sudore. Faceva talmente caldo... Sarebbe stato meglio tornare a casa.
Mi alzai e feci per dirigermi verso l'uscita, quando la bacheca scolastica mi saltò all'occhio.
- Un foglio?
Non ricordavo di aver mai appeso nessun foglio - di solito era io a farlo, quando si trattava di comunicazioni scolastiche - ed era impossibile che non fosse qualcosa dalla presidenza...
E invece lo era.

Ero solo così stanco.

Lessi tutto ciò che c'era scritto velocemente, e inarcai le sopracciglia. Non avevo mai sentito niente su questo club, al consiglio. Era conforme alle norme scolastiche? Era un club approvato?
No, sicuramente.
- Ci voleva anche il club da controllare...
Però... Forse, se lo avessi fatto, il Presidente mi avrebbe lodato. Gli piaceva quando prendevo iniziativa...
Perché no?
Afferrai con eccitazione una striscetta di carta e me ne tornai a casa, già immaginando quanto il Presidente sarebbe stato fiero di me.


[0] - ???

Una normalissima e mediocre ragazza, un bulletto, un'artista solitaria, la Regina delle zone basse della città, il vicepresidente scolastico e... Quel ragazzo.
Era un buon bottino; sicuramente, quello sarebbe stato un anno divertente.

Oh, sì. Mi divertirò un sacco.




Angolo Autrice
Piccolo angoletto per poche comunicazioni.
Innanzitutto, mi spiace essere così in ritardo, ma sono stata un po' impegnata con l'inizio della scuola.
Secondo, questo sarà l'ultimo capitolo 'introduttivo', diciamo. Tutti i personaggi - o quasi - sono stati presentati - quelli che mancano saranno introdotti nel prossimo capitolo - e quindi dal prossimo capitolo inizierà la storia vera e propria.
Spero vi piacerà.
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** 4. Soraya ***


[4] - Roberta
- Devi vedere come era arrabbiato! Così io gli ho detto...
Erano tre giorni che Sole parlava delle sue vacanze americane. Sapevo che era stata lì tre mesi e che quindi aveva tanto da raccontare, ma non avrei mai immaginato che la mia amica avrebbe trasformato i suoi ricordi in una specie di romanzetto, che mi stava recitando da quando era iniziata la scuola!
Mi aveva raccontato tutto ciò che le era successo, giorno per giorno, da quando era partita a quando era ritornata in Italia - dopo tre giorni, comunque, non eravamo ancora arrivate a quel punto. Adesso stava parlando di come quel tizio... Andrew? aveva reagito quando lei gli aveva annunciato di essersi innamorata di un altro. Più precisamente, del suo migliore amico, Mattew!
Woow. Che cosa emozionante.
Avrei voluto tanto sbattere la testa da qualche parte, ma poi avrei ferito i sentimenti di Sole, e la cosa non mi andava giù. Eravamo pur sempre amiche.
Ma non era solo la sua loquacità che mi infastidiva.
Allungai la mano in una tasca dei jeans, rigirandomi tra le dita l'ormai stropicciata - e anche strappata - piccola strisciolina di carta che avevo staccato da quel curioso foglio il primo giorno di scuola.
Erano passati tre giorni da allora e, visto che la scritta sul foglio diceva che saremmo stati contattati entro 24 ore, ormai era ovvio che era stato tutto uno scherzo. Avevo anche pensato che forse il tizio che aveva messo il foglio non mi aveva vista, e quindi ero andata a prendere un'altra strisciolina, ma il foglio era scomparso. Era stato appeso solo per il primo giorno.
Bah. Peccato.
Non sapevo nemmeno perchè continuavo a portarmi appresso quel pezzetto di carta. Era ora di sbarazzarsene, tanto ormai era completamente inutile. Mi alzai dal banco, interrompendo Sole, e attraversai la classe - semivuota durante la ricreazione - per buttare la strisciolina, ma proprio quando fui arrivata accanto al cestino, vicino alla porta...

Successe tutto in un attimo.

La porta socchiusa dell'aula venne violentemente spalancata, e dall'esterno spuntò una mano che mi prese per il colletto della canottiera e mi trascinò fuori, sotto gli occhi sbigottiti di Sole. La persona che mi aveva afferrato - non riuscivo a vederla poichè era alle mie spalle - continuò a trascinarmi per i corridoi e poi su per le scale. Provai a dimenarmi, a girarmi, a fare qualcosa, ma non ci riuscii: aveva una forza incredibile.
Iniziai ad avere paura. Perché i corridoi erano vuoti? Non era ricreazione? Dov'erano tutti?
Perché...
Perché quando ho bisogno non c'è mai nessuno?
- È inutile che ti dimeni. Primo: non riuscirai a liberarti. Secondo: non ti aiuterà nessuno. Sono tutti nel cortile a guardare dei tizi che si azzuffano.
Era una voce femminile. Era acuta, quasi melodiosa. E...
Familiare.
Dove avevo sentito quella voce? Dove...
In quel momento venni strattonata con più violenza. Sentii il rumore di una porta spalancarsi e venni malamente spinta verso l'esterno. La luce del sole mi colpì con tutto il suo calore: eravamo sul terrazzo.
Con un suono simile a un ringhio mi alzai e mi voltai, per guardare in faccia la maleducata tizia...
E mi bloccai.

Era più alta di me - non che ci volesse poi tanto -, aveva i capelli neri e lunghi e gli occhi di ghiaccio. Il corpo snello e dalla pelle bianca era coperto da un corto vestitino azzurro. Portava una giacca di jeans e degli stivali al ginocchio. Era bella, probabilmente la ragazza più bella che avessi mai visto. Parlando in modo oggettivo, ovviamente.
Io...
- Io ti ho già visto, da qualche parte.
Lei abbozzò una piccola smorfia.
- Avete avuto tutti la stessa reazione.
- Tutti?
Con un gesto plaetale indicò alle mie spalle e quando mi voltai mi accorsi che non eravamo sole: c'erano anche due ragazze, appoggiate alla rete che circondava il terrazzo, e tre ragazzi. Uno vicino a me, altri due poco lontano. Nessuno di loro sembrava essere particolarmente entusiasta di essere lì. Uno dei ragazzi, che indossava gli occhiali e un'espressione scocciata, parlò.
- Allora, hai fatto? Puoi dirci cosa ci hai portato qui a fare, adesso? Mi stai facendo sprecare tempo prezioso.
Gli altri sembravano pensare la stessa cosa. Nemmeno loro avevano la più pallida idea di cosa stesse succedendo, allora; il pensiero di non essere l'unica mi rilassò.
La strana tizia ci squadrò uno per uno, con un sorrisetto soddisfatto in volto, e infine annunciò con un tono solenne:
- Vi do il benvenuto nel nostro nuovo ed esclusivo Club! Il mio nome è Soraya, e sarò il vostro capitano!

[2] - Gabriele
Non... Credevo di aver sentito bene.
Club? Capitano? Non capivo un accidente di quello che stava dicendo.
Il nome Soraya, però, mi colpì come una freccia, lasciandomi confuso e divertito.
- Aspetta. Soraya? Quella Soraya?
La ragazza sbuffò, con una piccola smorfia. Evidentemente si era aspettata una simile reazione al suo nome, ma non sembrava gradirla particolarmente. Una delle ragazze, quella che teneva in mano una cartellina da disegno, sembrava parecchio confusa.
- Soraya chi?
- Aspetta.
Il ragazzo occhialuto si era unito alla conversazione.
- Ecco perchè mi sembravi familiare. Tu sei Soraya! Ah, come ho fatto a non riconoscerti? Ad ogni parola la smorfia sul viso della ragazza si faceva più grande. I due tizi accanto a lei, una ragazza e uno strano ragazzo, si lanciarono un'occhiata smarrita. Decisi di rispondere alla loro silenziosa domanda.
- Colei che ci ha trascinato qui con i suoi modi cortesi e leggiadri, è la famosissima Soraya, figlia del preside della scuola nonchè probabilmente la ragazza più popolare - e bella - dell'intero istituto!

Nonostante il mio breve ma pomposo discorso, nessuno sembrava particolarmente impressionato, tantomeno Soraya stessa, che invece pareva parecchio infastidita.
- Non avrai mica preteso che nessuno ti avrebbe riconosciuta...
- Ci speravo. In ogni caso, non importa. Non vi deve interessare chi è mio padre; non siamo qui per questo.
- Siamo qui per cosa, allora? Precisamente.
Soraya estrasse il cellulare dalla tasca, parlandoci mentre scorreva sullo schermo.
- La strisciolina di carta.
- Eh?
- La strisciolina di carta che avete staccato dal foglio, tre giorni fa. Siete qui per quella.
Digitò qualcosa sull'apparecchio, poi lo rimise a posto e tornò a guardarci, con rinnovato entusiasmo.
- Il primo giorno di scuola tutti voi vi siete imbattuti nel foglio che avevo appeso alla bacheca, e avete staccato una delle striscioline. Ecco perché siete qui! Siete pronti per dare il via al divertimento?!
- Aspetta un attimo!
La ragazza accanto a lei, che era stata in silenzio fino a quel momento, intervenì.
- Come fai a sapere che abbiamo preso la striscia? Voglio dire, non...
- Ho i miei metodi.
- Che?!
- Comunque! Vi stavo chiedendo! Tutti pronti per cominciare la vostra avventura liceale? Non ve ne pentirete!
Ci fu un borbottio generale, prima che io scoppiassi a ridere; si voltarono tutti verso di me, mentre mi alzavo e mi avvicinavo all'uscita.
- Che cosa ridicola!
- Ehi. Dove stai andando?
Lanciai a Soraya un'occhiata di scherno.
- Ma cos'hai nel cervello, segatura? Non ho tempo per una cosa tanto stupida e infantile. Volevo solo vedere il genio che aveva pensato una cretinata simile. Aaah, già immagino tutte le risate che mi farò quando l'intera scuola lo verrà a sapere... Quanto è innocente la nostra Soraya!
- Non puoi! Il club deve rimanere segreto!
- Certo, certo...
- Gabriele Zaniti!
Continuai a camminare, sogghignando. Mi piaceva pensare che le stavo urtando il sistema nervoso. Non avevo alcuna intenzione di rimanere, ne' di unirmi a quello strampalato 'club' pieno di perdenti. Ma...

- Tuo padre è a capo di un'importante azienda multinazionale. Tua madre, un'artista, ti ha abbandonato quando avevi tre anni.
Mi si fermò il fiato in gola e mi irrigidii sul posto.
- Pensavi che fosse stata costretta, ma da quando tuo padre ti ha detto il motivo per cui se n'era andata, tu sei cambiato. Il motivo...
- Sta' zitta!
Mi avventai su di lei con una furia incredibile, ma prima che potessi colpirla una della ragazze - aveva i capelli cortissimi e mi pareva di conoscerla, ma non era possibile: non potevo conoscere qualcuno che andava in giro vestita in modo così ridicolo - le si parò davanti e fermò il mio pugno.
- Lasciami andare!
- Non puoi colpire una ragazza!
- Tu! Come diamine fai a sapere queste cose?!
Soraya non si era mossa di un millimetro, ne' pareva spaventata o impressionata dalla mia violenza.
Alzò le spalle, con aria noncurante.
- Ho fatto delle ricerche. Su tutti voi. Nel caso non voleste mantenere il patto che avete fatto nel momento in cui avete preso la strisciolina.
- Sei completamente fuori! Io non ho fatto nessun patto!
Lei mi lanciò uno sguardo infuocato.
- Ah già, volevi solo deridere una persona. Che desiderio disgustoso... Ma rimarrai lo stesso. Più siamo, meglio è. Qualcun altro vuole lasciare il club?
Nessuno si azzardò a parlare. Chissà che altre informazioni aveva raccolto...
Soraya fece un sorriso soddisfatto.
- Bene. Meglio così!

[5] - Erika
Lasciai andare il pugno del ragazzo solo quando questo mostrò di essersi un po' calmato.
Soraya faceva un po' paura, era vero, ma questo non dava a quel tizio il diritto di colpirla. Era pur sempre una ragazza!
L'atmosfera si calmò dopo poco tempo, e allora colei che ci aveva trascinato qui si mise al centro del terrazzo, davanti a noi.
- Allora! Ricominciamo. Tre giorni fa avete staccato una strisciolina. Quella strisciolina è il vostro biglietto d'entrata nel mio nuovissimo Club! O meglio, nostro.
- Perchè stai facendo una cosa del genere?
Alla mia domanda, lei alzò le spalle.
- Mi annoiavo. Ho pensato che fosse una cosa divertente.
Il ragazzo che aveva cercato di colpirla borbottò qualcosa tra i denti serrati, ma lei non sembrò preoccuparsene.
- Possiamo incontrarci qui. Non ci viene mai nessuno, forse perché é chiusa a chiave... Chiave che io ho. Durante la ricreazione, o dopo le lezioni... Possiamo decidere insieme.
- Che cosa faremo?
Alzò ancora le spalle.
- Si vedrà. Ci divertiremo. Voglio provare... A fare qualcosa di diverso.
- È un po' un casino, questo club, non trovi?
Soraya stette un po' in silenzio, come tutti noi.
Io ero un po'... Impressionata. Di certo non pensavo di trovarmi in una situazione simile. Chissà che informazioni aveva raccolto su di me... Il solo pensiero mi fece rabbrividire.

Decisi di guardarmi un po' intorno, giusto per vedere con chi stavo condividendo questa bizzarra situazione. Non conoscevo nessuno, e la cosa mi piaceva, anche se quel bulletto mi pareva di averlo visto da qualche parte... Ma non pensavo di dovermi preoccupare. Più che altro, mi interessava il ragazzo vicino alla porta del terrazzo: non sembrava italiano. Era alto e bello, tanto bello. I capelli erano biondi e gli occhi verdi, sembrava un angelo.
Anche gli altri due ragazzi non erano male, dopotutto. Questa situazione non mi dispiaceva poi così tanto, a pensarci bene.

In quel momento Soraya abbozzò una risata.
- Sì, è un po' un casino, ma è perché non avevo intenzione di pensarci da sola. Ho sempre avuto in mente qualcosa di diverso. Qualcosa da creare insieme a qualcun altro. Tipo voi. Quindi, è vero che il Club e tutto è completamente stupido e disorganizzato, ma lo è apposta. Vorrei organizzarlo insieme a voi.
- In pratica, hai preso dei tizi a caso e li hai messi insieme per creare un Club partendo completamente da zero e immaginando che, anche se inizialmente nessuno di noi si conosce e tutti ce ne vogliamo andare, col tempo diventeremo grandi amiconi e quindi faremo insieme tutte quelle cose che si vedono nei film eccetera...
- Esattamente!
Soraya sembrava impressionata da ciò che aveva appena detto il ragazzo alto e con gli occhiali. Aveva impressionato anche me, effettivamente.
Il bulletto scoppiò a ridere di nuovo.
- È ridicolo!
- Ci sto.
Tutti ci voltammo verso il bellissimo ragazzo accanto alla porta. Aveva un'espressione decisa ma tranquilla.
- Stai scherzando, amico?
- Anch'io ci sto!
La ragazza accanto a lui gli fece eco, poi alzò le spalle.
- Potrebbe essere divertente.
- Ah, ci sto anche io.
Il ragazzo con gli occhiali annuì, prima di scrivere qualcosa sul suo cellulare.
- P-per me... Va bene...
Anche la tizia con la cartellina, che non si era mai mossa e aveva detto solo due parole fino a quel momento, sembrò essere d'accordo.
A questo punto... In fondo sono venuta qui per questo, no?
- Massì... Va bene pure per me.
Il ragazzo accanto a me, Gabriele, sembrava essere allibito e divertito allo stesso momento.
- Non ci posso credere.
- Benissimo!
Soraya sembrava risplendere e aveva assunto di nuovo il tono soddisfatto di prima.
- Allora, beh, credo che per oggi sia tutto. Ci possiamo... Ci possiamo vedere domani, sempre a quest'ora, qui. Ah, è meglio se non lo dimenticate, oppure vi verrò a prendere nello stesso modo di oggi. A domani!
Sotto i nostri sguardi un po' confusi, la ragazza raggiunse la porta saltellando e sparì nella tromba delle scale. Mi sembrò che lei e il ragazzo straniero si fossero scambiati un'occhiata, ma forse fu solo una mia impressione.

[6] - Francesco
Era stato più facile del previsto, anche se avevo dovuto trattenere le risate, a un certo punto.
Era davvero una cosa stupida. Un gioco per bambini.
E dire che Soraya era anche al terzo anno... La pensavo più matura.
Finii di appuntare ciò che era successo sul cellulare, e quando finalmente alzai lo sguardo vidi che quasi tutti se ne erano andati. Restava solo una ragazza, che ora mi dava le spalle, e il ragazzo che avevo notato prima. Mi ci avvicinai.
- Ehi.
Lui mi guardò e abbozzò un sorriso.
- Ehi.
- Non ti ho mai visto, ed è strano.
- Ah... No.. È che.. Sono arrivato solo tre giorni fa, effettivamente. Sono qui per uno scambio culturale.. Vengo dall'America. Rimarrò solo quest'anno.
Ah, ecco perché. Mi pareva straniero. Aveva anche uno strano accento.
- Parli bene l'italiano.
- Mia madre.. È italiana.
- Oh.
Allungai la mano.
- Piacere, Francesco. Sono il vicepresidente scolastico. Se ti serve qualcosa, chiedi pure a me.
- Piacere, Mattew. Grazie mille!
Sembrava educato; mi stava simpatico.
- Adesso devo andare. Ci vediamo!
E così, sulla terrazza rimanemmo solo io e quella ragazza. La guardai con la coda dell'occhio. Adesso che la vedevo meglio...
- Dovresti andare. La campanella è suonata.
- Vale anche per te, oppure visto che sei il vicepresidente puoi anche non frequentare le lezioni?
Aveva sentito tutto, che impicciona.
- Diciamo che, a differenza tua, ho più libertà.
Finalmente si voltò verso di me, irritata, e riuscii a vederla bene in volto. E..
- Aspetta! Tu sei il tizio che mi ha spinto tre giorni fa!
- Io ho spinto te? Sei tu quella che mi ha fatto cadere, insieme a quella pila di fogli! Sono stato mezz'ora a raccoglierli e riordinarli tutti!
- Sciocchezze! Ti avevo anche offerto aiuto, ma tu mi hai cacciata in malo modo!
- Te lo meritavi!
- Sei un maleducato!
- Senti chi parla!
Con un ringhio la ragazza mi passò accanto, spingendomi di lato, e si fiondò giù per le scale.
Sbuffai.
- Che tipa irritante.
Pensare che avrei dovuto vederla anche nei giorni successivi in quello stupido club mi scoraggiava parecchio, ma non avrei mai abbandonato la mia missione per colpa sua.
Sarei riuscito a raccogliere prove su quel club e poi avrei raccontato tutto al presidente.
Il fatto che colei che lo aveva creato era proprio Soraya era un enorme punto a mio favore.
Al presidente sarebbe piaciuto molto, screditarla.

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