The sailor song- a ghost in the sea

di gitana90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio. ***
Capitolo 2: *** 1 capitolo: Fuga dalla locanda ***



Capitolo 1
*** Preludio. ***


 
 
 
Buonsalve  marinai,  pirati, donzelle e naturalmente  piratasse. Eccomi qui, sono tornata per presentarvi la mia prima e credo anche ultima long.
 
*Attenzione; comunicazione di servizio dell’autore: Il titolo della storia è preso  in prestito dal titolo della canzone dei Toy box: The sailor song, di cui io non ho diritti. Se vi và, andate  a sentirla,  è molto carina, io ad esempio, l’adoro. Mentre se volete ascoltare la colonna sonora della storia,  la musica che ho ascoltato mentre la scrivevo insomma, andate ad ascoltare: Senza giacca e cravatta di Nino D’angelo e Corazon Espiando di Santana. E no, non chiedetevelo, non lo so nemmeno io, il perché di questa colonna sonora.  

*Attenzione, attenzione: Edward alias  capitan o papà Teague, a meno che la sottoscritta non cambi idea ( e credetemi, è molto probabile) sarà presente per ora, come comparsa solo nel primo  capitolo. Ed ecco perché non l’ ho indicato tra i personaggi  poi chissà. Anche Jack piccolo, farà la sua comparsa solo in questo capitolo, poi tutto tornerà alla normalità.
Gli aggiornamenti, saranno dettati dall’ispirazione, e dal tempo che avrò a mia disposizione, perdono. I miei tempi sono ahimè lunghi, chiedo scusa. ( Me ne sono presa di tempo per scrivere sto primo  capitolo)
Grazie per l’ascolto.
Giusto un appunto:  è  ambientata, durante periodo successivo al terzo film  e per mio sicurezza è una what if? Perché  già alla fine del terzo film Jack  stava partendo con la mappa alla ricerca della fonte, quindi non avrebbe avuto senso ambientarla nel periodo normale  cioè seguendo il filo dei film, perché ci sarebbero stati errori grossolani, fastidiosi e insormontabili che avrebbero reso la storia poco credibile.
 
È un esperimento, comunque.
 
Benvenuti a bordo, buona lettura, e fino al prossimo approdo: ossequi.
 
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                                          The sailor song.
                                               
                                              
                                               
                           
           
                                                    
 
 
 
 
                                     Preludio          
 
 
 
                                                                                                            Venezuela. 1707 circa.
 
 
 
Il tempo era cambiato, gettando il porto nel caos, lui compreso.
 
 
Si muoveva in modo goffo, rallentato dalle donne urlanti e i bambini piangenti. 
Aveva i piedi immersi nel fango. Non capiva neanche come si fosse ritrovato lì, in mezzo alla folla, sperando di non scorgere il bambino tra la melma privo di vita.
Quel ragazzino gli aveva scioccamente lasciato la mano per inseguire il suo dannato cappello.
L’aveva messo nei guai per davvero alla fine.
Come se non fosse abbastanza, la pioggia continuava a battere sul selciato incurante di tutto. La luce di un fulmine caduto sulla scogliera illuminò il mare, mostrando una nave apparsa dal nulla, mentre una melodia assordante si levava nel porto, inondandogli le orecchie.
 
All’improvviso, le parole di una leggenda su una nave maledetta gli riaffiorarono alla mente, spaventandolo.
 
- Edward, Edward! – una voce familiare lo raggiunse sovrastando il rumore del vento e delle onde.
 
- Finalmente ti ho ritrovato! -  fece l’uomo contento.
 
- Mastro Daniel! -  disse il giovane, sollevato nel vedere un volto amico.
 
Le bandiere si muovevano agitate dal vento. Il mare in tempesta spingeva le barche con una facilità tale da farle sembrare  fatte d’aria.
Le lanterne, ormai rotte, cedettero all'improvviso, sotto la furia del vento, cadendo  al suolo e rompendosi in mille pezzi.
 
- Papà, papà! -
 
Il bambino continuava a camminare e chiamare il genitore, tra la folla,  la pioggia e il vento che  spazzava via le sue parole, rendendole  sorde.
 
 
Una strana e angosciante musica aveva cominciato a risuonare nel porto, martellandogli i timpani.
Mastro Daniel ne aveva parlato, prima, quando tutti gli uomini della ciurma lo avevano deriso, persino su padre. L’aveva chiamata in un modo strano, che ora faticava a ricordare.
Nessuno gli aveva voluto credere. Possibile, che proprio lui stesse pagando  la mancanza di rispetto che gli adulti avevano dimostrato verso quella leggenda?
 
Ne era fermamente convinto: quello era l’inferno in terra di cui gli adulti spesso parlavano terrorizzati.
Aveva perso suo padre, gli aveva  lasciato la mano e si era perso. Ora era solo e stanco, tra la gente  che urlava e gli animali impazziti.
L’aveva sentito chiamarlo a gran voce diverse volte, poi più niente, nessuno lo aveva più cercato.
 
I carri venivano sballottati per i vicoli delle strade. Le ruote stridevano, i  cavalli spronati dagli uomini correvano all’impazzata rendendo impossibile  il passaggio.
 
Per poco, non venne travolto da uno di essi.
 
Cercò un posto  per ripararsi, lo trovò vicino a un vicolo, in cui si era già rifugiato un gatto.
Si sedette affianco all’animale, avrebbe aspettato lì che qualcuno lo venisse a prendere.
Accarezzò l’animale che strusciò il muso sul suo braccio.
Si tolse uno stivale fradicio, ma qualcosa lo attirò, una figura, forse un pirata, si era parato davanti al vicolo. Cercò di avvicinarsi, ma la figura era come evanescente, il bambino avrebbe giurato che  si trattasse di uno spettro.
 
- Jack, Jack! -  la voce di suo padre lo chiamò all’improvviso facendolo voltare.
 
- Papà! – fece lui felice.
 
Dopo essersi assicurato  di avere la mano stretta in quella del padre, il piccolo voltò lo sguardo indietro, forse per scorgere ancora quella figura, ma quando  si girò, quella era sparita.
 
                                                
                                                          
 
                                                             
                                      
 
 
 
 
 
 
 
 
* Il Venezuela è in  Sud America. Caracas è la sua capitale. da sul mare dei caraibi.
 
Ed ecco il primo capitolo della long, non accanitevi troppo, sono un po’ stanca. Credo che vi farò pena, oggi è il mio compleanno e io lo festeggio scrivendo al computer, va bè, non fa niente.
Quindi se vi è piaciuto fatemelo sapere se no, come sopra e non vogliatemene troppo.
Lo so Jack in questo primo breve capitolo non è adulto,  infatti questo primo è una specie appunto di prologo di preludio, è per spiegare i successivi avvenimenti. Siamo infatti intorno al mille settecento sette  circa. Jack sarà adulto a partire dal  prossimo capitolo che sarà lungo. La storia come ho già detto è una what if? Ambientato dopo il terzo. Le recensioni sono ben accette anche negativ, che sono preziose per crescere come autore e in più sono gratis
.
 

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Capitolo 2
*** 1 capitolo: Fuga dalla locanda ***


 
Salve, ecco il secondo capitolo della mia prima e faticosa long. ( Chiedo scusa, perdono e quant’altro, ci ho masso una vita e mezzo lo so però le idee si fanno desiderare.)
Non so più come chiedere scusa e spero di poter essere perdonata con questo capitolo.
 
La frase all’inizio funge essenzialmente da connessione, all’altro capitolo, perché nel primo Jack scappa dal padre per recuperare il suo cappello che gli è volato via.  ma può essere anche considerato un ricordo del protagonista, può essere. Ho un po’ di cose da spiegare, questo sarebbe il primo capitolo perché il precedente in effetti era il prologo, anzi il preludio, quindi ufficialmente questo è il primo.
La colonna sonora di questo capitolo è questa:
https://www.youtube.com/watch?v=SBATrLRWySg
Cos’altro devo dire? Ah, sì ben tornati a bordo.
 

 
The sailor song
 
A ghost in the sea.
 
 
 
 
                                                        






  1°Capitolo: Fuga dalla locanda
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“ Jack, torna immediatamente qui!”
 
 
“ Papà, il mio cappello!”
 
 
Guarda, un uccellino disperso!”                                                                                                                           
 

 
 
 
 
 
Raccolse il  suo cappello caduto in una piccola pozzanghera, formatasi all’interno della fatiscente costruzione a causa dell’acqua che continuava a cadere dal soffitto malandato; nessuno in quella catapecchia si era ancora occupato di sostituire le travi marce o, quantomeno, di accomodarle.
Si risistemò il cappello sul capo con cura quasi fosse stata la sua unica arma di difesa contro il mondo esterno.
Si risedette con un movimento che fece ricadere i suoi scuri e lunghi capelli in avanti e tintinnare gli   strani oggetti che teneva legati ad essi.
Mosse le dita leggermente anchilosate e posò il boccale di rum ormai vuoto, prendendo a guardarsi in torno. La locanda pullulava ancora di pittoreschi personaggi dall’affascinante vissuto: viandanti esausti, marinai troppi giovani e troppo ubriachi per accorgersi della quantità di denaro che stavano sprecando, offrendo boccali di rum a delle graziose donnine. Vecchie donne, compagne di marinai morti o dispersi in mare mai dimenticati. Irriverenti monelli lasciati liberi di scorrazzare nel locale dai loro scellerati genitori e giovani e goffe cameriere che si destreggiavano tra i tavoli, cercando di assecondare gli ubriachi clienti e l’avaro padrone che le osservava severamente da dietro il bancone: un uomo grasso, conosciuto da tutti come Matt il matto perché, molti anni prima, era stato così audace da mettere in piedi da solo quella baracca che, incredibilmente, si reggeva ancora sulle sbilenche gambe.
Era vecchio, piuttosto basso  e quasi senza capelli, fatta eccezione per i lati della testa da cui spuntavano rigogliosi dei ciuffi grigi. Indossava una giacca marrone con dei bottoni d’oro finemente lavorati, ma talmente opachi da sembrare solamente dei volgari pezzi di legno avvolti in una stoffa colorata. I pantaloni che, troppo stretti gli arrivavano alle ginocchia, lasciando le grosse e pelose gambe scoperte, assomigliavano a quelli di alcuni grandi signori che passeggiavano spesso davanti al patibolo di qualche disgraziato o dei capitani di marina.
Sorrise, scuotendo la testa : ricordava il suo modo di vestirsi, come se fosse una via di mezzo tra un pirata e un lord.
Lui il vecchio matto l’aveva conosciuto anni a dietro proprio lì, in quello sputo di terra,  quando viaggiava ancora con suo padre e, nonostante il corpo fosse cambiato e giustamente invecchiato, doveva riconoscere che il carattere e la verve di quell’uomo non erano affatto mutati. Era rimasto l’ometto furbo che aveva conosciuto.
Il suono di un mestolo caduto sul pavimento lo fece sussultare, distogliendolo dai suoi pensieri e riportandolo alla realtà.
 
 
- Temevo che non saremo più usciti da quella cella se non con i piedi davanti, Jack! –  disse  all’improvviso mastro Gibbs, il suo fedele primo ufficiale, attirando l’attenzione del capitano  e facendolo voltare di scatto. 
 
Il vecchio Gibbs era un marinaio esperto e navigato, un vero lupo di mare, in età avanzata ormai, ma comunque un uomo molto furbo e intelligente.
 
- Devo forse dedurre che non confidi nel vecchio Jack? – gli chiese, sorridendo.
 
 - Confiderei  di più in te, se mi tenessi al corrente dei tuoi  piani! - rispose quello, sporgendosi un poco verso di lui con fare quasi furtivo.
 
- Sarebbe stato inutile, avrebbe solo peggiorato la nostra già precaria situazione, e la tua reazione  non sarebbe stata autentica! -  sentenziò Jack, con fare sicuro, ingrossando e abbassando la voce- mastro Gibbs,  farei  mai qualcosa che mettesse a rischio  la vostra vita? – chiese poi, continuando il discorso.
 
- Sì! – rispose secco il vecchio nostromo, guardandolo serio.
 
Il sorriso del pirata si spense, lasciando posto a un’espressione delusa.
 
- Sciocchezze! – borbottò, sinceramente ferito da quella risposta inaspettata, sollevando  il boccale di rum.
 
- è vuoto! -  fece poi, riabbassandolo deluso.
 
 
- Jack, Jack, hai un piano adesso? Uno vero? -  gli chiese l’uomo, interrompendolo bruscamente.
 
 
- Certo! – rispose con fare tranquillo, nonostante non avesse in testa un piano chiaro e completo, anzi forse, non ne aveva neanche uno, ma di certo non aveva intenzione di rimanere in quel luogo a lungo, nonostante quello fosse un porto sicuro lontano dalla legge, i marinai  avrebbero potuto dirigersi lì e rimetterli in catene.
Non  credeva di meritarselo, non aveva fatto niente di riprovevole, almeno non in quel frangente.
Erano stati gettati in carcere in un isola non troppo distante da lì, a causa  di una giovane donna: una bella signorina di porto che lui aveva incontrato per caso. La ragazza, arrabbiata perché la mattina dopo  si era risvegliata sola, senza di lui nel letto in cui avevano giaciuto entrambi la notte prima,  era corsa a raccontare che un pirata, un certo Jack Sparrow, che si trovava per caso lì,  l’aveva privata di due orecchini molto preziosi che portava sempre, accuratamente rimossi dai lobi precedentemente.
Era stato tradito e calunniato da una sciocca ragazzina e ingiustamente accusato da lei per averla precedentemente tradita, un errore imperdonabile, certo, averle permesso di  farlo, ma trovava assai ingiusto dover pagare per qualcosa che non aveva commesso.
Per fortuna erano riusciti a scappare, grazie a un po’ di furbizia e un idea, che non era un piano, ma un improvviso colpo  di genio che  gli aveva attraversato il cervello o almeno credeva si trattasse di quello.
Aveva raggiunto  il porto con i soldati alle calcagna e, avendo nuovamente perso la Perla nera e non essendoci navi della marina, avevano  dovuto optare per una piccola e malridotta scialuppa che a malapena, a suo parere, sosteneva  il loro peso.
 
All’improvviso, una musica attirò la sua attenzione, distraendolo e  inducendolo a cercare la sua fonte e la trovò non appena posò gli occhi nuovamente sull’interno della locanda. Proveniva dalle chitarre di due giovani  mozzi che, già allegramente ubriachi, sedevano tranquilli su dei gradini posti un angolo del locale.
Non sapeva dire se si trattasse di una canzone o meno, ma gli sembrava di averla già sentita prima, anche se non riusciva a ricordare né dove né quando.
 
 
-  Quella canzone!  Allora, qual è? – fece stizzito l’uomo sporgendosi per  avvicinarsi a lui.
 
 
- Cosa?  Quale canzone, Mastro Gibbs? – chiese Jack come risvegliato.
 
 
-  Lascia stare la canzone, qual è il tuo piano, Jack? – rispose il vecchio filibustiere alterato e provato dal comportamento del suo strano capitano.
 
 
- Abbiate molta pazienza, mastro Gibbs  e molta fiducia! -  rispose, temporeggiando senza guardarlo,  girandosi ormai distratto dall’avanzare di un’avvenente cameriera.
La giovane donna portava un bel vestito anche se semplice, e evidentemente troppo lungo per lei perché gli scendeva fin sotto ai tacchi delle scarpe. I suoi capelli castani erano raccolti in un’ acconciatura fatta di fretta e senza senso dell’estetica da chissà quale vecchia  e rozza donna non molto avvezza all’eleganza e alla moda.
Il suo viso era incorniciato da qualche ciocca di capelli castani e mossi, che ribelli, ricadevano sulla fronte alta.
Gli occhi castani e grandi, scrutavano rassegnati il mondo.
 
- Signori, ancora un po’ di rum? – chiese la ragazza, avvicinandosi  tranquilla al tavolo con una brocca piena del prezioso liquore.
 
I due pirati annuirono con un cenno della testa,.
 
 
- Allora? – fece Gibbs attendendo una risposta.
 
 
- Ahh … - il pirata aprì  la bocca per parlare ma  il rumore di un proiettile che colpiva il vetro di una finestra, lo bloccò, mettendolo in allarme.
Dalla vecchia  porta principale, ormai mezza distrutta,  entrarono di fretta dei soldati, sbarrando la via, l’uscita più plausibile  per i due pirati che conoscevano fin troppo bene quegli individui. Erano gli uomini  del carcere che avevano seguito le loro tracce fin lì.
Si alzarono di scatto, facendo cadere nella foga, le sedie rumorosamente.
 
 
- Maledizione, Jack! – strillo  Gibbs, seguendo il suo capitano verso  l’interno della locanda per raggiungere  la porta sul retro, tra  il trambusto che si era creato nella casetta mal messa  a causa dei marinai.
Jack infatti sapeva che la locanda possedeva diverse uscite, il vecchio pazzo l’aveva costruite lui stesso per permettere a lui e i suoi avventori di scappare con facilità verso l’esterno se fosse accaduto qualcosa.
Guardò indietro: avrebbe dovuto immaginarselo che  si trovassero ancora sulle loro tracce, quel tipo di segugi non mollavano  mai la volpe che seguivano da tempo, neppure se quest’ultima  aveva  la rabbia o era ferita, a loro non importava quanto zoppicasse, non la mollavano.
Si diressero verso  la seconda porta, posta alla fine di un piccolo corridoio vicino al le scale  che portavano alle stanze. Passarono tra la fitta coltre di fumo  che li stordiva non poco.
Purtroppo  un nutrito gruppo di marinai posizionati alla fine del corridoio, sbarrò loro la strada armati di fucili che puntarono verso di loro.
Ormai bloccati, cercarono di tornare indietro verso un'altra uscita, ma vennero nuovamente bloccati
Il capitano si guardò attorno, confuso e quasi spaesato: ovunque guardasse, vedeva  solo strade sbarrate, persino quelle segrete erano state trovate e bloccate da ragazzoni massicci.
All’improvviso, vide spuntare fortunatamente un viso a lui assai noto: il Matt gli stava facendo cenno di seguirlo, forse li voleva condurre fuori.
Si mise a correre dalla sua parte seguito dal fedele primo ufficiale, non troppo convinto.
Intorno a loro regnava il caos più totale, le cameriere sembravano essere miracolosamente già scappate via, mentre  gli avventori del locale si prestavano a farlo. Alcuni, ubriachi cercavano di risolvere la situazione con la violenza, attaccando i marinai addestrati.
Per un attimo esitò, non fidandosi completamente, ma poi riprese  a correre: ormai non c’era più tempo per pensare.
Raggiunsero l’uomo che lo intimava di accelerare il passo.
 
- Venite, svelti! - disse loro, agitando un mano.
 
- Ma da dove vuoi passare? Le vie sono occluse!  - gridò Gibbs preoccupato.
 
- Questo posto è mio, l’ho messo su io, conosco ogni suo più piccolo angolo, non preoccupatevi ! -  rispose l’altro, continuando a correre, guardandosi indietro.
 
Cambiarono direzione diverse volte nel tentativo di mettere strada tra loro e i loro inseguitori.
Uscirono da un altro angolo della piccola cittadina, proprio sotto un  agglomerato di casette collegate tra loro da un  massiccio arco di pietra.
Passarono velocemente sotto l’arco, dirigendosi verso un altro piccolo molo poiché l’altro era impossibile da raggiungere.
Appena passarono l’arco di pietra però si ritrovarono faccia a faccia con dei fucili. Erano riusciti evidentemente ad individuarli facilmente.
Mentre venivano ammanettati, si girarono e si accorsero che il loro compagno di disavventure era completamente sparito, volatilizzato : l’uomo doveva essere scappato appena aveva notato i soldati  che li stavano aspettando. Aveva rinunciato ad aiutarli, quel vigliacco.
- Quella sporca carogna, ci ha abbandonati! -  disse Gibbs, tra i denti.
 
 
- Puoi biasimarlo? – gli chiese Jack, con  aria tranquilla e rassegnata, ma quella dissertazione  l’aveva seriamente offeso, conosceva i pirati, infondo lo era lui stesso, tuttavia credeva, nonostante tutto, di potersi fidare, ma evidentemente  si era sbagliato.
Vennero portati  via di peso.
 
 
 
        
 
 
  Continua ...

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