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di Chiara188
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritorno a scuola. ***
Capitolo 2: *** Primi giorni. ***
Capitolo 3: *** Il Club dei Duellanti. ***
Capitolo 4: *** Grazie. ***
Capitolo 5: *** Occhi. ***
Capitolo 6: *** Bandiera bianca. ***
Capitolo 7: *** Stay. ***
Capitolo 8: *** Meglio così. ***
Capitolo 9: *** L'odore. ***
Capitolo 10: *** Le facce della medaglia. ***
Capitolo 11: *** Maschere. ***
Capitolo 12: *** Tienimi stretto quando entro. ***
Capitolo 13: *** Promesse. ***
Capitolo 14: *** Natale. ***
Capitolo 15: *** Il coraggio che non c'è. ***
Capitolo 16: *** Coscienza. ***
Capitolo 17: *** Pansy ***
Capitolo 18: *** Rivelazioni. ***
Capitolo 19: *** Libertà. ***
Capitolo 20: *** Solo io e te. ***
Capitolo 21: *** La fine ***



Capitolo 1
*** Il ritorno a scuola. ***


Era ormai sera, quando gli studenti attraversarono il portone della scuola.
Mentre quelli del primo anno aspettavano impauriti che la McGranitt li guidasse verso lo smistamento, i più anziani si avviarono meccanimente verso la Sala Grande.
Harry, Ron e Hermione si sedettero al tavolo dei Grifondoro.
"Ogni anno la stessa storia. Io ho fame e devo aspettare che quei bambini vengano smistati." disse Ron, sbuffando.
Hermione lo fulminò.
"Oh, Ron, è possibile che non cresci mai? Si dia il caso che questo è un momento della massima importanza per loro e conta ben più del tuo stomaco. E poi goditi il momento, che è l'ultima volta che assisterai a un simile evento."
"Perchè è il nostro ultimo anno.", concluse Ron. "Lo so, lo hai già detto tremila volte durante il viaggio."
Seamus però, mostro tutto la sua approvazione nei confronti di Ron, partecipando ai suoi borbottii, che si conclusero solo quando l'ultimo nuovo arrivato prese posto al proprio tavolo.
"Si dia inizio al banchetto" affermò Silente. E, sotto i volti felici di tutti gli studenti, si materializzarono mille leccornie, che permisero a Ron di liberarsi delle occhiate torve di Hermione.
Durante la cena, Neville mostrò felice la sua nuova Ricordella.
"Mia nonna ha deciso di ricomprarmela e, secondo me, ha fatto bene. Mi è realmente molto utile", spiegò ai suoi compagni di Casa.
"Forse perchè sei un idiota, Paciock?", disse una voce sgradevole alle loro spalle.
"Cosa vuoi, Malfoy?" chiese Harry con disprezzo.
Draco, in compagnia di Tiger e Goyle, ricambiò lo sguardo, che poi passò su tutti gli altri commensali. 
"Lenticchia, sorella di Lenticchia," disse rivolgendosi a Ron e a Ginny "i vostri genitori non hanno vergogna a mandarvi in giro con quelle divise consunte? Ah, ma è vero, i vostri genitori non hanno dignità."
Ron alzò la bacchetta, ma Hermione lo fermò.
"Fermo, finiresti solo nei guai, non ne vale la pena."
Draco la guardò carico di disgusto.
"Osi parlare di me, sporca mezzosangue? Dimmi, tu e Weasley vi siete messi insieme per disonorare il nome di Mago ancora di più?"
"Malfoy, sono ormai sette anni che ti sento ripetere sempre le stesse cose. Sei pregato di andartene. O, se proprio vuoi restare, di aggiornarti e dire qualcosa di un po' più originale.", disse lei, fingendo uno sbadiglio.
Draco, senza risparmiarle un altro terribile sguardo, tornò al tavolo dei Serpeverde, seguito dai suoi amici.
"Sei stata grande, Hermione.", si complimentò Harry.
"Non c'è bisogno della bacchetta. Con quelli come lui bastano un paio di parole. Non meritano altro."


Finita la cena, uscirono tutti dalla Sala Grande.
Lavanda Brown e le gemelle Patil cercavano di estrapolare a Hermione particolari interessanti sulla sua relazione con Ron. Ma con scarsi risultati.
"Allora? Come va tra voi?", le chiesero.
"Bene.", rispose arrossendo. Non le piaceva parlare dei fatti suoi.
Ron, che camminava dietro di lei, in un vago tentativo di abbracciarla, le pestò goffamente il piede.
"Oh, Ron, riesci a fare un po' di attenzione?", disse lei, massaggiandosi il piede.
Ma il nervosismo di Hermione fu interrotto quando arrivano nella Sala Comune e Ron le si avvicinò dolcemente, stando attento a non farle male stavolta.
Le diede un piccolo bacio.
"Buonanotte."
E entrambi si avviarono sorridenti verso il proprio dormitorio.

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Capitolo 2
*** Primi giorni. ***


Era il primo giorno di lezione e gli studenti di Grifondro si diressero, ancora assonati, verso i sotterranei per la lezione di Pozioni.
“Non è giusto”, borbottò Ron “E’ la prima lezione e già ci ritroviamo con Piton e per di più la lezione sarà con i Serpeverde.”
Harry annuì cupo, mentre Hermione sollecitava i due a camminare più veloci.
“Se non vi muovete, arriveremo tardi e sapete che Piton non aspetta altro.”
Entrarono nell’aula e presero posto. Il professore non c’era ancora e Ron ne approfittò per rubare un bacio a Hermione. Subito i Serpeverde iniziarono a fischiare.
“Vi prego, ho appena finito di fare colazione, mi farete rimettere tutto ciò che ho mangiato.”, disse Draco alla coppia, poi si rivolse ad Harry: “Sfregiato, cosa si prova ad essere il terzo incomodo? Non viene anche a te da vomitare?”
Ma, prima che il trio potesse controbattere, Piton entrò in aula, intimando il silenzio.
Draco e gli altri della sua Casa passarono tutto il tempo a prendersi gioco di Ron, mimando conati di vomito ogni qualvolta ne avesse l’occasione.
“Ignoralo”, disse Hermione.
“Weasley, com’è avere una ragazza e non potersi neanche permettere di offrirle una Burrobirra?”
Ron, ormai paonazzo, si girò e urlò “Basta, Malfoy, prima che ti colpisco con una fattura!”
Piton lo guardò gelido.
“Bene, signor Weasley, dieci punti in meno per aver interrotto la lezione. E altri venti per le minacce contro un suo compagno.”
Ron restò immobile per tutto il resto dell’ora, ignorando le ulteriori provocazioni da parte di Draco e della sua banda.
Una volta usciti dall’aula, non cambiò atteggiamento.
“E’ così ingiusto.”, disse.
“Cosa è ingiusto? Che il professore si comporti come si è sempre comportato? Ti avevo detto di ignorarlo, Piton non aspetta altro che toglierci dei punti. Devi essere più furbo.”, le disse Hermione. Ma Ron prese questa affermazione come un’offesa e non le rivolse la parola per tutto il resto della giornata.
 
La sera del terzo giorno dall’inizio delle lezioni, Hermione usciva dalla biblioteca dopo cinque ore trascorse lì dentro.
Era da sola, poiché quasi tutti gli studenti, approfittando della mole ancora leggera di compiti, non avevano ancora iniziato a studiare.
“Granger, dove hai lasciato il tuo squattrinato fidanzato?”, chiese una voce alle sue spalle.
“Malfoy, sono un caposcuola come te. Se non la smetti di perseguitare me e i miei amici, farò rapporto.”, disse innanzi al suo ghigno.
“Come fai a stare con quello? Me lo spieghi?”
“Cos’è che non capisci?”
“Non sto dicendo che tu possa avere grandi pretendenti, però dai, tu non sei una stupida: Weasley è un idiota.”
“Malfoy, ciò che faccio non ti riguarda. E poi, anche se fosse realmente un idiota, tu non sei migliore.”
“Non sono migliore di quello? Spero che tu scherzi.”
“Da quando ti interessa cosa penso?” E se ne andò, lasciando Draco lì, che continuava a ridere.
Entrò nella Sala Grande e Harry ridere di una ridicola imitazione di Ron della McGranitt.
“Hermione! Ora hai finito?” le chiesero.
Lei annuì. Ron prese una manciata di Cioccorane e se li ficcò in bocca.
“Ronald, sei disgustoso. Vado a letto, sono stanca.” E si incamminò verso i dormitori femminili.
Alle sue spalle sentì Ron chiedere a Harry “Ma che ho fatto?”
Hermione entrò nella sua stanza e si chiuse dietro la porta.
Si aspettava che Ron cercasse di capire cosa la aveva infastidita, ma niente. Rimase giù con gli altri Grifondoro. “Tanto le passa”, avrà pensato.
L’atteggiamento infantile del suo ragazzo la irritava e si ritrovò, suo  malgrado, a pensare alle frasi dette da Draco.
Weasley è un idiota.
Sorrise. Poi, sentendosi cattiva per ciò che aveva appena fatto, si addormentò.

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Capitolo 3
*** Il Club dei Duellanti. ***


Il mese di Settembre passò in modo simile a come era cominciato.
Lezioni, ore in biblioteca, litigi con Ron, momenti con Harry.
Finché un giorno, nella Sala Comune, non le si avvicinò Lavanda.
“Hermione, la McGranitt ti vuole parlare.”
Ron restò a bocca aperta.
“Che hai combinato?” le chiese.
Hermione alzò le spalle, lasciò i suoi libri sul tavolo e si diresse verso l’ufficio della professoressa.
Non aveva combinato niente, ma non poteva fare a meno di provare una certa sensazione di ansia.
Bussò alla porta –Avanti- ed entrò.
La McGranitt non sembrava arrabbiata e la invitò a sedersi .
“Signorina Granger, le devo parlare di una cosa. Non è niente di grave” aggiunse, notando l’espressione preoccupata di Hermione “Il Club dei Duellanti riaprirà domani e, dato che si sono verificati alcuni incidenti l'anno scorso, volevamo affiancare due studenti dell’ultimo anno, che fungano da supervisori.”
Hermione annuì.
“Il Preside ha deciso che se ne occuperanno due Caposcuola.  Io ho proposto lei, conscia della sua serietà.”
Notando l’espressione incerta sul viso della ragazza, aggiunse “Ovviamente, durante i giorni in cui presenzierà al Club, sarà esonerata dai suoi compiti di supervisione dei corridoi, in modo tale da avere tempo per studiare. Inoltre le darà dei crediti per affrontare gli esami di fine anno. È d’accordo?”
Sentendo quelle parole, Hermione annuì subito.
“Bene. Comincia domani. È pregata di farsi trovare al Club.”
“Mi scusi, professoressa, chi sarà l’altro Caposcuola?”
“Lo saprà domani. In questo momento ogni responsabile delle Case, sta parlando con il proprio studente, per constatare l’eventuale disponibilità.”
Hermione annuì, salutò la professoressa e si recò verso la torre di Grifondoro.
 
“Cosa? Quindi avrai pure dei crediti?” chiese con una punta di invidia Calì Patil.
Lei annuì.
“Secondo me hanno scelto te perché sei una secchiona e sapevano che non avresti mai detto no. Cioè, insomma, sai che noia stare a guardare che i più piccoli non si facciano male!”, disse Ron.
Hermione lo fulminò con lo sguardo.
“Ti hanno detto chi ti affiancherà?”, chiese Harry.
“No lo saprò stesso domani.”
“Immagina se capiti con Malfoy”, disse Ron, scatenando l’ilarità generale.
Hermione, che tentava di finire il suo tema di Difesa Contro le Arti Oscure, sbuffò.
“Insomma, Ron, smettila. Se proprio vuoi fare qualcosa, vacci anche tu al Club dei Duellanti, che, magari, i bambini ti insegnano qualcosa.”
E se ne andò, lasciando tutti a bocca aperta.
Una volta nella sua stanza, Hermione capì di aver avuto una reazione eccessiva e si sentì in colpa.
Ma non dipendeva da lei: Ron ultimamente la sfiniva.
Non facevano l’amore da prima di arrivare a Hogwarts e lui passava tutto il suo tempo a dire cose stupide o ad allenarsi a Quidditch.
Fa niente. Gli avrebbe chiesto scusa domani.
Con questo pensiero, si addormentò.
 
Il pomeriggio seguente si recò al Club dei Duellanti.
Aveva chiesto scusa a Ron, che la sarebbe andata a prendere una volta finito.
Justin Finch-Fletchley era dentro la sala. La salutò calorosamente.
Intorno a lui vi erano diversi studenti, dal secondo anno in poi, che attendevano impazienti di duellare.
“Iniziamo?” chiese Hermione.
Justin scosse la testa.
“Dobbiamo aspettare l’altro Caposcuola.”
“E chi è?”
“Io, Granger.”, disse una voce alle sue spalle.
Si girò e vide Draco. Camminava piano, suscitando qualche sguardo di ammirazione da parte di alcune studentesse più giovani.
“E come mai ti saresti scomodato a venire qua?”
Malfoy sorrise.
“Per il tuo stesso motivo. Crediti in cambio di un paio d’ore passate qua dentro. Ma specialmente per non dover fare la ronda notturna, che è una delle cose che odio di più al mondo.”
“Bene, possiamo iniziare.”, disse Justin, ricambiando lo sguardo d’astio che Draco gli aveva appena donato.
Anche Justin aveva i genitori babbani.
I ragazzi si misero a coppia e, due alla volta, iniziarono a duellare.
Hermione e Draco avevano il compito di evitare che si facessero male, dovendo, talvolta, bloccare fatture troppo pericolose che venivano scagliate.
“Ti ho detto che se non state sulla pedana, non puoi scagliargli un incantesimo”, ripetè Hermione a un ragazzino del terzo anno, che continuava a puntare la bacchetta contro un suo amico, ignorando completamente gli ammonimenti.
Draco era dalla parte opposta dell’aula. Parlava con dei ragazzi della sua Casa, senza preoccuparsi di ciò che gli avveniva intorno.
Hermione continuò a rimproverare il ragazzo del terzo anno finchè, mentre faceva il giro della stanza, sentì qualcuno urlare “EXPELLIARMUS!”
Si girò e vide il ragazzo a terra, paonazzo. La sua bacchetta volata dieci metri più in là.
Tutti si girarono a guardare Draco, che aveva scagliato l’incantesimo.
“Ti stava per colpire alle spalle”, confessò una ragazzina del secondo anno, arrossendo.
Draco era immobile. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena fatto.
Aveva visto quello studente in procinto di scagliare contro Hermione un incantesimo, e colpirlo gli era venuto istintivo. Non riusciva a credere di aver appena difeso la Granger.
Quest’ultima lo guardava, stupita quanto lui.
Il ragazzo del terzo anno fu bandito dal Club e, una volta finiti i duelli, furono liberi di andarsene.
Hermione, ancora sconvolta, tentò di avvicinarsi a Draco per ringraziarlo, ma fuori la porta fu fermata dal bacio di Ron.
“Andiamo?” le chiese. Lei annuì.
Si girò verso il salone di ingresso, ma Draco già non c’era più.
 
Più tardi, tra le lenzuola di Ron, lei non riusciva a dormire.
Lei gli aveva raccontato l’accaduto.
Lui aveva riso, dell’attacco a sorpresa.
“Andiamo, Hermione, era solo un ragazzino. È scorretta come cosa, ma al massimo ti avrebbe inferto un Incantesimo Solleticante.”
Lei, ignorando i suoi commenti, gli aveva raccontato anche di Malfoy.
“Probabilmente voleva mettersi in mostra con le altre studentesse del Club”, aveva concluso lui.
Poi avevano appena fatto l’amore. La aveva spogliata meccanicamente ed era stato un rapporto abbastanza veloce.
“Da quanto tempo che non lo facevamo…” disse lui soddisfatto, prima di abbracciarla e addormentarsi.
Ma lei non riusciva ad essere tranquilla quanto lui.
E la motivazione non era neanche che qualcuno avesse tentato di colpirla alle spalle: era Caposcuola ed era abituata a questo genere di scherzi, per non parlare del fatto che aveva combattuto più di una volta con dei Mangiamorte.
Era il fatto che fosse stato proprio Draco a proteggerla.
Possibile che si fosse preoccupato di non lasciare che qualcuno la colpisse? Possibile che proprio lei, fosse stato oggetto di una sua preoccupazione? Lei, che per lui era unicamente sangue babbano?
Dopo un po’ si sentì una stupida.
Probabilmente ha ragione Ron, pensò. Voleva solo mettersi in mostra.
E finalmente si addormentò.

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Capitolo 4
*** Grazie. ***


Draco era nella sua stanza. Il sole era appena sorto, a breve si sarebbe dovuto alzare.
Ma lui era già sveglio. Non aveva dormito molto.
Ancora non riusciva a credere a ciò che aveva fatto.
Aiutare la mezzosangue. Davanti a tutti. Impedire a quel tipo di scagliarle un incantesimo per poi ridere e magari complimentarsi con lui.
La sera precedente, appena rientrato nella Sala Comune, non aveva dovuto dire niente. Tutti lo sapevano già.
Per sua immensa fortuna, dissero che lo aveva fatto per facciata, per non andare incontro a eventuali ramanzine.
“Ti immagini la McGranitt? Ti avrebbe subito tolto l'incarico.”
“Doveva tenere gli occhi aperti, signor Malfoy”, disse qualcuno, scimmiottando la professoressa.
Tutti risero.
Altri invece affermavano che lo avesse fatto a causa dei suoi riflessi.
“E’ anche un Cercatore, non ha neanche pensato a chi stesse colpendo e perché.”
Poi iniziarono a lanciare invettive contro Hermione.
“Vi immaginate la Granger? Chissà che Maledizione le avrebbe inferto. Magari non la Cruciatus, ma sarebbe stato ugualmente divertente.” Disse Pansy, scatenando altre risate, alle quali partecipò pure Draco.
Ma, anche se voleva apparire tranquillo e sicuro di sé, lui sapeva che non era quello il motivo. La conferma era che all’alba, lui era lì, steso sul suo letto, ancora a pensare all’accaduto.
Magari sono davvero i riflessi da Cercatore, si disse.
E andò a vestirsi, per recarsi a fare colazione.
 
Hermione era seduta al tavolo della Sala Grande a mangiare un croissant.
Ron era stranamente di buon umore e continuava a parlare a lei e ad Harry, che però era troppo assonnato per rispondere.
Lei si guardava attorno inquieta. Finché non incrociò un paio di occhi grigi.
Draco distolse subito lo sguardo e lei si ritrovò ancora più confusa di prima.
Ti sei solo immaginata che ti guardasse, si disse.
Nei giorni seguenti, Hermione provò più volte ad avvicinarsi a Malfoy, ma senza risultato.
Convintasi che ci avrebbe parlato venerdì, al Club dei Duellanti, giovedì pomeriggio uscì dalla biblioteca con la sua solita immensa pila di libri.
Non lo vide neanche arrivare dalla parte opposta del corridoio.
Un tonfo ed entrambi si ritrovarono a terra.
“Guarda dove vai, idiota.”, le disse Draco.
Lei, sebbene innervosita dall’appellativo conferitole dal compagno di scuola, lo ignorò e, mentre lui a passo svelto si incamminava verso la sua Sala Comune, lo fermò.
“Draco.”
Lui si girò distrattamente. Aveva fretta. Aveva un’espressione piuttosto annoiata.
“Cosa vuoi?
“Ti volevo ringraziare” disse lei imbarazzata, guardando la parete.
“Per cosa?”
Lei rimase piuttosto stupita.
“Per l’altro giorno. Al Club.”
Lui rise sprezzante.
“Pensi che l’abbia fatto per te? Non avevo neanche capito chi stesse colpendo, ma stai pur certa che se lo avessi saputo, lo avrei lasciato fare.” E se ne andò.
Lei lo guardò con odio e si avviò verso la sua Sala Comune.
Come aveva anche solo potuto pensare che lo avesse fatto per lei?
 
Poco dopo, Draco si ritrovò insieme agli altri Serpeverde.
Discutevano di Quidditch, mentre Pansy gli accarezzava i capelli con adorazione.
“Me la sono cavata”, pensò. “Non so neanche io cosa mi sia preso l’altro giorno, ma non posso lasciare che la Granger pensi che l’ho fatto per cavalleria. O peggio.”
Continuò a parlare con gli amici, ma più passavano le ore, più si rese conto che aveva un pensiero fisso in testa.
Se fosse stato di poco conto, come cercava di convincersi lui, poteva mai restare ancora a rimuginare?
 
Il pomeriggio seguente, Draco si recò al Club dei Duellanti.
Appena entrò fu accolto dai soliti saluti dei ragazzi della sua Casa e da qualche cenno da parte di qualche Corvonero.
Ma lei no. Lei lo guardò sprezzante e si girò a parlare con Justin.
“Lo odio”, pensò Hermione. “Odio lui e la sua boria; avrei realmente voluto che lasciasse fare a quel ragazzo, dopo me lo sarei sistemato io e non avrei dovuto subire l’umiliazione di ieri.”
Era quasi finita l’ora e lei stava impartendo qualche consiglio a un paio di studenti.
“Quando scagliate quell’incantesimo, dovete tenere la bacchetta più alta. E poi sbagliate il movimento.”
“Non ti stanchi mai di essere una secchiona?”, chiese Malfoy, dietro di lei.
Lei gli regalò uno sguardo carico di odio.
“E tu non ti stanchi mai di essere sempre il solito …” ma Draco non seppe che cosa era solito essere, perché Justin urlò che per oggi avevano finito.
Hermione prese le sue cose e, livida, si avviò verso la Sala Comune.
Era già al secondo piano, quando Draco le bloccò il braccio.
Lei lo guardò sbalordita, già pronta a tirare fuori la bacchetta.
Lui la guardò per un paio di secondi e poi disse a bassa voce “Non c’è di che.”
E se ne andò. Con la faccia più stupita di lei.
 
Draco si riparò dietro il tema di Pozioni. Non diede confidenza a nessuno, scacciando più volte la Parkinson, che lo voleva nel suo letto.
“Adesso non mi va, Pansy, ho troppo da studiare.”
Quando tutti andarono a dormire, posò la pergamena e andò anche lui.
Ma fu inutile.
“Non è possibile”, si disse, “La mezzosangue. Tutte, ma non la mezzosangue.”
Ma fu poco convincente.
 
Hermione tornò in Sala Comune ancora paralizzata dallo stupore.
Ron le prese la mano e la portò in camera sua.
Fece l’amore con un Hermione gelida, con la testa da un’altra parte. Al secondo “Tutto bene”, che gli ripeteva, lui ci credette.
Lui si addormentò abbracciandola. Lei toccandosi il braccio, nel punto in cui Draco la aveva afferrata.

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Capitolo 5
*** Occhi. ***


Sotterraneo. Ora di Pozioni.
Piton informò gli studenti che avrebbero impiegato le prossime lezioni a preparare il Veritaserum.
“Questa pozione richiede ventotto giorni di fermentazione ed è estremamente difficile. Ora, non mi aspetto che molti di voi riescano nell’intento”, disse guardando Ron ed Harry “Tuttavia mi auguro di trovarne almeno un paio, il mese prossimo.”
E iniziarono tutti la preparazione.
Hermione era estremamente concentrata.
“E adesso che devo fare?” continuava a chiederle Ron. Lei era sempre più indispettita.
“Ron, hai il mio stesso manuale davanti la faccia. Leggilo e saprai cosa devi fare.”
Dopo un’ora, il primo preparato di Hermione era già incolore. Quello di Harry era leggermente azzurro, quello di Ron verde.
I due amici si guardarono avviliti, mentre lo sguardo ironico di Piton passava sulle loro pozioni.
“Altri venti punti in meno per i Grifondoro. Dimmi, Potter, quante volte c’era scritto di girarla in senso orario?”
Innanzi al preparato di Hermione non proferì parola, mentre per quello di Draco regalò dieci punti a Serpeverde.
“Bene, guardate tutti la pozione di Malfoy e capirete come sarebbe dovuta essere dopo questa prima giornata.”
“Quella di Hermione è uguale.”, disse Harry.
Piton lo ignorò, regalandogli un sorriso beffardo mentre uscivano dall’aula.
Ron continuava a mormorare che era ingiusto. Harry e Hermione, più saggiamente, si erano rassegnati.
 
Draco entrò nella Sala Grande seguito dai suoi soliti amici e si sedettero ai loro posti, al tavolo di Serpeverde.
Non aveva più guardato Hermione da quella sera, al secondo piano. Anche prima, durante l’ora di lezione, era stato molto attento a non buttare mai lo sguardo dalla sua parte. E lei aveva fatto lo stesso. Ne era certo.
Mentre cercava di non pensarci, si ritrovò senza volerlo a fissare il tavolo dei Grifondoro. E la osservò.
Ron le parlava e lei guardava dall’altra parte. Masticava lentamente, pensava ad altro. Non sembravano felici, non quanto l’anno prima almeno, quando giravano per i corridoi mano nella mano.
A un certo punto Harry disse qualcosa e l’attenzione di Ron fu distolta da Hermione. Quest’ultima, sembrava quasi grata della cosa. Forse, sentendosi osservata, si girò verso Draco, che teneva gli occhi fissi su di lei.
Fu strano per entrambi. Si ritrovarono a fissarsi, senza che nessun altro se ne accorgesse, tutti e due confusi sul motivo per il quale si guardavano.
Fu Hermione a distogliere lo sguardo per prima. Draco un secondo dopo fece lo stesso e ricominciò a parlare con Nott.
La ragazza, visibilmente arrossita, si inserì forzatamente nella discussione di Harry e Ron ma, dal momento che parlavano della partita di Quidditch di mercoledì.
“Da quando ti interessa il Quidditch?” le chiese Ginny sospettosa. Hermione lasciò perdere e si avviò verso la Sala Comune.
Nell’androne del castello, sentì una voce familiare.
“Perché mi fissavi?”
Hermione si girò verso Draco sbalordita. Aveva l’atteggiamento di sempre, ma sembrava leggermente accaldato, come se l’avesse appositamente rincorsa per porgerle quel quesito. Ma ovviamente non era possibile.
“Guarda che eri tu a guardare me, Malfoy. Mi sono sentita osservata per tutto il pranzo.”
Draco ghignò.
“Io guardare una mezzosangue? Eppure pensavo fossi relativamente sveglia.”
Lei lo guardò con puro disprezzo e tornò verso la sua Sala Comune.
Draco si pentì di ciò che le aveva detto, ma non lo diede a vedere.
Già la aveva seguita fuori dalla Sala Grande per provocarla, vedere cosa diceva. Già le aveva dato troppa importanza.
Era l’unico modo, pensava, di riportare alla normalità la sua mente. Aveva già dedicato troppo spazio a quella ragazza col sangue così impuro. Lei non lo meritava, lei andava solo disprezzata e derisa.
Tuttavia passò tutte le lezioni del pomeriggio a pensare a lei e a come lo aveva guardato. Certo, non diversamente dal solito. Però c’era stato quel momento, giorni prima, quando lui in preda a un attacco di pura follia, la aveva rincorsa per darle la conferma che l’incantesimo lo aveva scagliato per proteggerla. Anche se era una sciocchezza, sembrava che per lei avesse valore.
Ma anche durante il pranzo, Draco poteva giurare di aver quasi sentito un brivido lungo la schiena, durante i secondi in cui si erano guardati.
Non era uno stupido. Aveva capito cosa stava succedendo: si stava invaghendo della Granger. E questa cosa andava stroncata sul nascere, perché lui aveva la propensione caratteriale di prendere tutto ciò che desiderasse. Ma lei no. Lui non poteva. Era indegna. Schifosamente indegna.
La sua tecnica di autoconvincimento, però, non diede i frutti sperati: finite le lezione andò a cercarla in biblioteca, sicuro di trovarla lì. Ma così non fu.
“Meglio così. Che cosa avrei potuto fare? Sedermi vicino a lei e fare i compiti insieme? Oppure dirle – Granger, tu e il tuo sangue sporco mi fate schifo, ma prima ci siamo guardati e non mi è dispiaciuto?-“, pensò. E rasserenato di non dover mai dire o fare cose del genere, tornò nella sua Sala Comune.
Tanto la avrebbe vista domani. Al Club dei Duellanti.
 
Il pomeriggio seguente Hermione si avviò senza fretta al Club.
Era nervosa. Ron aveva provato a spogliarla dieci minuti prima.
“Dai, che fa che arrivi un po’ in ritardo?”, ma lei si era rifiutata.
Lei continuava a ripetersi che non erano in crisi, erano felici, era solo il periodo. Come continuava a dirsi che Malfoy il giorno prima non la aveva ferita, aveva detto ciò che ripeteva ogni santo giorno.
Anche se lei ormai non ci capiva più niente. Un giorno lui era in un modo, un altro tornava quello di sempre.
Quando se lo trovò davanti, una volta entrata nell’aula del Club dei Duellanti, non lo salutò neanche.
Gli studenti iniziarono a combattere tra loro e lei si sentiva sempre più nervosa.
“Perché mi guarda?”, si diceva. “Poi magari fa come ieri, mi si avvicina e mi chiede perché lo fisso. Magari realmente me lo immagino.”
Ma non era così. Draco, suo malgrado, la guardava. Continuava a chiedersi il perché lo facesse, cosa esattamente di lei destasse il suo interesse.
A un certo punto la Granger lo soprese.
Gli si avvicinò e gli chiese “Allora, Malfoy, si può sapere perché mi stai guardando?”
Glielo chiese con aria di sfida, sicuramente vendicandosi del giorno precedente. Lui sorprese se stesso. Non la offese. Fece spallucce e andò dall’altra parte dell’aula, lasciando Hermione quasi inebetita.
Quest’ultima, finita l’ora, si recò verso l’uscita, consapevole di avere un paio di occhi color ghiaccio puntati addosso.
Mentre stava per girarsi verso di lui, si ritrovò le labbra di Ron incollate addosso.
Gli sorrise dolcemente e si incamminarono verso la Sala Comune.
Quando due secondi dopo si girò, Draco già non c’era più. 

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Capitolo 6
*** Bandiera bianca. ***


Quella sera fu Hermione a prendere l’iniziativa con Ron.
Lo sfiorò delicatamente sul collo e poi lo baciò. Lui non se lo fece ripetere due volte.
Lei gli prese la mano e se la portò in mezzo alle gambe. Voleva solo godere, non desiderava altro.
Lui entrò dentro di lei con forza, senza aspettare che fosse pronta e lei lo portò al piacere due volte.
Quando finirono, Hermione capì di non poter più negare che i suoi pensieri, in quei giorni, appartenevano a un’altra persona. Continuava a chiedersi come fosse possibile che lei si fosse lasciata trasportare da quel gioco di sguardi. Un gioco senza senso tra l’altro, dove l’uno incolpava l’altro.
Quando finì di fare l’amore con Ron, non ebbe più dubbi: i suoi pensieri appartenevano totalmente a Draco.
 
 Quella sera anche Draco si concentrò su qualcun’altra.
Andò dritto da Pansy, che parlava con le sue amiche, e, senza proferir parola la baciò, circondato dalle risatine di tutti i Serpeverde.
Lei lo guardò con ammirazione, lui non la baciava mai così all’improvviso.
Anche loro fecero l’amore. O meglio, Pansy fece l’amore con un rigido Draco, che voleva solo venire.
Lui era sempre stato un po’ egoista, ma fondamentalmente, forse per orgoglio personale, si preoccupava sempre che anche lei raggiungesse l’orgasmo. Quella sera no. Quando lui finì si girò dall’altra parte, zitto, senza dire nulla.
“Che c’è, Draco?” gli chiese Pansy “Non ti è piaciuto?”
Lui scosse la testa.
“Non è questo. Ho semplicemente sonno.”
“Non scendi a cena?”
Lui scosse la testa e lei se andò.
 “Come uscirne?” si chiese Draco. “Forse avendola, mi leverò lo sfizio.”, continuava a ripetersi.
Ma era bloccato. Da una parte il desiderio, dall’altra i pregiudizi. Lui non la considerava alla pari, eppure la voleva, la voleva da morire.
Malfoy, a quel punto, non ebbe più dubbi: si era fatto incastrare dalla Granger.
 
Quel giorno Grifondoro giocava contro Tassorosso.
Harry convocò tutta la squadra prima della partita, per le solite raccomandazioni.
Hermione baciò Ron per augurargli buona fortuna e sorrise al suo amico con la cicatrice.
“Forza!”, disse loro.  E andò a sedersi sugli spalti.
C’era tutta la scuola.
La casa di Serpeverde fischiava a ogni mossa di Grifondoro, che però ugualmente vinceva 70 a 20.
Hermione non si lasciò sfuggire un agitato Draco, che inveiva contro Ron più del solito.
“Lenticchia, i tuoi genitori hanno dovuto vendersi la casa per comprarsi quella scopa?” e tutti i suoi compagni a ridere.
La ragazza si vergognò di provare dei sentimenti per quel ragazzo.
“E’ un animale”, pensò, “Hermione, levatelo dalla testa.”
Ma, pensando queste cose, ugualmente smise di ragionare quando il biondo si girò verso di lei.
Non le fece cenni, non le urlò niente. Si girò solo, scendendo dagli spalti, incamminandosi verso chissà dove.
Hermione, senza sapere neanche il perché, fece lo stesso e lo seguì.
Lo ritrovò appoggiato a un albero, fuori dalla visuale del campo da Quidditch.
Lei non doveva essere lì, lei doveva essere a sostenere il suo ragazzo, i suoi amici, la sua Casa.
Draco la guardò sorpreso. Non si aspettava che lei capisse che voleva essere seguito.
Eppure la Granger era la, con un’espressione indecifrabile quasi quanto la sua. Pensavano entrambi la stessa cosa:  ma cosa ci faccio qui?
Eppure ugualmente c’erano. Entrambi combattevano con ciò che volevano e ciò che pensavano.
“Che ci fai qua?”, chiese Draco, mettendosi sulla difensiva.
Lei non disse niente. Lo guardava. Sperava di avere delle risposte.
“Che cosa vuoi da me?”, gli domandò Hermione, avvicinandosi cautamente.
Lui era in procinto di dirle “Da te non voglio nulla, schifosa mezzosangue.”
Ma stavolta non lo disse. Si accorse di non pensarlo neanche sul serio.
Da lei voleva tutto e allo stesso tempo non voleva niente. Come Hermione d’altronde.
Dovevano decidere e lo dovevano fare anche in fretta, perché, senza neanche accorgersene erano sempre più vicini.
“Allora, Malfoy? Che cosa vuoi da me, si può sapere?”
Lui continuò a non risponderle.
Fece uno scatto in avanti e la baciò.
 
Hermione tornò sugli spalti pochi minuti dopo. Grifondoro aveva vinto e lei manteneva un’inebetita espressione.
Malfoy la aveva baciata.
Erano rimasti attaccati solo per qualche momento, ma erano sembrati tantissimi.
Un bacio con gli occhi chiusi. Non di quelli romantici o passionali.
Era semplicemente un atto di arrendevolezza. Di entrambi.
L’uno si arrendeva all’altro.

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Capitolo 7
*** Stay. ***


Quella sera, a cena, l’allegria al tavolo di Grifondoro era altissima.
Tutti ridevano e ricordavano aneddoti sulla partita di quel pomeriggio.
Ron raccontava euforico le sue parate.
“Lì non ero sicuro che l’avrei presa, ma alla fine ce l’ho fatta. Hai visto, Hermione?”
Lei annuì imbarazzata. Non aveva visto neanche dieci minuti di partita.
Per tutta la sera Hermione non alzò lo sguardo dal suo piatto, attenta a non guardare mai verso il tavolo dei Serpeverde.
Anche quando questi ultimi provocarono i suoi compagni, lei continuò a osservare il suo purè di patate.
“Non posso averlo realmente fatto” continuava  ripetersi “Ho tradito Ron. Con Malfoy, per di più! Con il figlio di un Mangiamorte!”
Ma quanto le era piaciuto. Per quanto fosse stato fugace, quel bacio aveva donato risposta a ogni quesito che la aveva tormentata nell’ultimo periodo.
“E’ meglio non pensarci più”, si disse “Non capiterà più. È stato un errore, sicuramente lo pensa anche lui.”
In quel momento Ron interruppe i suoi pensieri. Ancora euforico, la prese e la baciò a lungo.
“Sei mia.”, le disse ad alta voce, seguito dagli applausi di tutto il tavolo di Grifondoro.
Ma dall’altra parte della sala, qualcuno non applaudiva.
Un biondo si alzò dal tavolo dei Serpeverde a passo svelto, sotto lo sguardo mortificato di Hermione.
 
Nei giorni seguenti si evitarono. In Sala Grande non si guardavano più. Giocavano a chi riusciva a fare meglio finta che non fosse successo nulla.
Fino a che non si ritrovarono faccia a faccia al Club dei Duellanti.
Hermione, in cuor suo, sperava che lui le si avvicinasse e le dicesse qualcosa. Ma lui non si girò mai verso di lei, per tutta l’ora.
Quando fu il momento di tornare nelle proprie Case, la ragazza notò che Draco faceva di tutto per uscire per ultimo. E le lanciò uno sguardo. Lei, indecisa sul da farsi, rallentò.
“Te ne vai?” le chiese Draco, una volta che furono usciti tutti dalla sala.
“Dovrei restare?”
Lui le si avvicinò. Era bello, su questo non c’era dubbio. I suoi lineamenti gli conferivano un espressione dura e superba, ma in quel momento non c’era nessuna delle due caratteristiche sul suo viso.
Lui la tirò per il braccio e si ritrovò con il viso vicinissimo al suo.
“Dobbiamo parlare”, mormorò Hermione. La sua voce tremava, non aveva la sua solita sicurezza.
Draco lo notò e, senza spostarsi di un millimetro da lei, con un colpo di bacchetta chiuse la porta.
Nessuno doveva entrare. Nessuno doveva vederli. Nessuno doveva interrompere quel momento.
“Quindi?” le chiese.
Lei acquisì un po’ di controllo.
“Quello che è successo l’altro giorno è sbagliato. Non deve capitare più.”
Draco sorrise.
“E allora perché sei attaccata a me?”
Lei, orgogliosa si staccò, e si incamminò verso la porta.
Ma lui la sorprese. La prese per mano e la fermò.
“Resta.”
E lei rimase dov’era. Preda delle sue emozioni. Confusa. Consapevole di ciò che voleva.
Fu Hermione a baciare Draco quella sera. E la cosa colse entrambi di sorpresa. Ma nessuno dei due si staccò stavolta.
Rimasero a baciarsi in quella sala chiusa. Lui le accarezzò i capelli con una dolcezza che non credeva neanche di possedere.  Lei posò la mano sul suo viso, alla scoperta di lineamenti che non le erano ancora familiari.
Dopo un’ora, lei riacquisì il controllo. E lui la lasciò andare.
 
“Dov’eri?”, le chiese Ron, quando  ritornò nella Sala Comune.
“Pattugliavo i corridoi. Obblighi da Caposcuola.”
Non restò con il suo fidanzato. Hermione andò dritta in camera sua.
In preda ai sensi di colpa per le bugie e il tradimento, pianse.
Una volta calmata, posò un dito sulle sue labbra e, con delicatezza, portandosi una mano in mezzo alle gambe, pose fine alla tortura che Draco le aveva inflitto. Poi, finalmente, si addormentò.

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Capitolo 8
*** Meglio così. ***


Hermione si svegliò tardi. Era sabato, poteva farlo.
Si rigirò pigramente nel letto per parecchi minuti.
Non voleva alzarsi. Non voleva affrontare nessuno. Non voleva guardare Ron negli occhi. Non voleva essere tentata da Draco.
Alla fine però prevalse il buonsenso e si alzò.
Scese a fare colazione con Harry e, dopo poco, li raggiunse anche Ron.
“Oggi devi studiare?” le chiese.
Lei annuì.
Sbirciò al tavolo dei Serpeverde. Lui non c’era per fortuna.
“Ti andrebbe di passare la giornata con me? Puoi farli domani i compiti. Stiamo un po’ insieme nel parco.”, le chiese dolcemente Ron.
Hermione lo osservò a lungo con un’espressione indecifrabile. Annuì.
“E’ stato solo un errore. Tu stai con Ron. Ami Ron. Non sbaglierai mai più.”, ripeté a se stessa.
Fu una bella giornata.
Ron la portò nel parco del castello e passarono le ore a giocare e a ridere. Come l’anno precedente. In quel momento nulla era cambiato.
E lei si sentì tremendamente in colpa e più che mai si ripromise di non sbagliare più.
Ma bastò un attimo per far cadere tutte le sue convinzioni.
Draco, con la sua banda di Serpeverde, passò vicino a loro.
“Weasley e la mezzosangue.” Esclamarono ridendo.
Draco non partecipò all’ilarità, ma non la difese neanche. Anzi, le rivolse uno sguardo indecifrabile.
Quasi come se si stupisse di trovarla con Ron.
“Che idioti”, sentenziò, quando i Serpeverde se ne andarono.
 
Quella sera Hermione era di pattuglia.
Draco no, infatti lei si stupì quando se lo ritrovò davanti, al quarto piano.
“Che ci fai qui?”
“Turni extra di pattuglia?”
“Non sei credibile.”
“Infatti.”, disse sorridendo.
“Malfoy, noi dobbiamo parlare.”
Lui ghignò.
“Come l’ultima volta?”
E si avvicinò. Ma lei stavolta lo tenne a distanza.
“Ho un ragazzo.”
“Hai un idiota. Comunque lo so.”
“E anche tu hai una ragazza.”, gli disse riferendosi a Pansy.
Lui sbuffò.
“E quindi?”
“Quindi ciò che è accaduto, non deve verificarsi mai più.”
Draco la scrutò attentamente. Sembrava seria, faceva di tutto per evitare anche solo il contatto visivo. Guardava il muro.
“Non vuoi vedermi più e non mi guardi neanche in faccia?”
Lei lo guardò fisso negli occhi.
“Non capiterà più.”, gli disse con freddezza.
Sentirono un rumore di passi provenire da dietro di loro.
Hanna Abbott, Caposcuola di Tassorosso, comparve da dietro l’angolo.
“Ho controllato l’ala est del castello ed è tutto in ordine. Tutto bene?  Hai una faccia strana.”
 Hermione si girò verso Draco. Ma lui non c’era già più.
 
Nei giorni seguenti, Hermione tenne fede alle sue parole.
Passava le giornate a studiare o in giro per il castello con Harry e Ron. Con quest ultimo, era più affettuosa che mai. Si sentiva in colpa. Pensava che quello fosse il modo giusto per espiare le proprie colpe. Per non farlo più.
Entrava in Sala Grande mano nella mano con lui. In quei momenti Draco non la guardava neanche. Faceva finta che non esisteva.
“Lo Sfregiato e Lenticchia. Che bella coppia!” diceva, ogni qualvolta li incontrava nei corridoi.  
Un paio di volte Hermione fu quasi sicuro di averlo visto indugiare con lo sguardo sulle loro mani intrecciate. Ma credette sempre di averlo immaginato.
Si convinse che Draco si era tolto uno sfizio. D’altronde lo vedeva perennemente avvinghiato alla Parkinson, più del solito.
Si convinse che il biondo aveva smesso di guardarla, perché aveva smesso di pensare a lei.
Era meglio credere a quelle parole. Era più facile ignorare.
 
Draco entrò nella Sala Comune.
“Pansy, e che cavolo, levati di dosso!”
Lei lo guardò sorpresa. Non lo capiva. Un attimo prima si baciavano appassionatamente seduti a tavola, un attimo dopo lui la respingeva. Faceva questo da giorni. Ma lei preferiva non farci caso. Anche lei preferiva ignorare.
La testa di Malfoy era semplicemente da un’altra parte.
“Come ha osato?” pensava in continuazione.
Non riusciva a capacitarsene. Lui, “lasciato” dalla Granger.
Non trovava neanche un insulto adeguato. Chiamarla “mezzosangue” sarebbe stata solo ipocrisia.
“Giorni fa era incollata a me e ora osa camminare sempre mano nella mano con quell’idiota”, pensava.
Draco decise che non la avrebbe più guardata.
“Non me la sono neanche fatta. Forse è questo che mi innervosisce.”
Decise di non pensarci più.
Si avvicinò nuovamente a Pansy e la portò nella sua stanza.
Lei, felice, si spogliò. La scopò con violenza, senza il minimo sentimento. Non le tappò la bocca, la lasciò gemere. Fa niente che tutti avrebbero sentito. Lui doveva rifarsi su qualcuno. A lei invece bastava averlo, non importava come.
Quando finirono, la scacciò. Non la lasciò dormire nel suo letto.
“Sono stanco, Pansy, vai in camera tua.”
Lei si rivestì e lo lasciò solo.
Draco si ritrovò a pensare alla tenerezza di quei baci con la Granger, a quanto stupido era stato.
Sì, Pansy era perfetta per lui, si disse. Poche domande, molti fatti.
“Con Hermione sarebbe stato uno stress. Nascondersi, sopportare le sue arie da saputella, fare in modo che nessuno mai lo venisse a sapere.”
Ma il ragazzo capì che ciò che pensava, non coincideva con ciò che gli diceva il cuore.

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Capitolo 9
*** L'odore. ***


“Insomma, Hermione, che cos’hai?” le chiese Harry.
Lei sorrise con naturalezza.
“Niente.”, rispose,  continuando a trasfigurare Grattastinchi in un tavolo.
La McGranitt assegnò dieci punti a Grifondoro per la veloce padronanza dell’incantesimo.
Harry guardò Ron e lo vide piuttosto concentrato. Il gatto che stava trasfigurando non si decideva a mutare forma.
Approfittando della sua distrazione, incalzò l’amica.
“Sei strana. Sono giorni che lo sei. C’entra per caso Ron? Avete litigato? Anche se mi sembra che andiate piuttosto d’accordo.”
“Infatti è così.” Concluse Hermione.
Harry si rassegnò, ma continuò a guardarla sospettosa.
Lei si sentiva in trappola.
“E’ evidente.”, pensò  “Se n’è accorto anche Harry.”
Draco non la guardava più. Anche al Club dei Duellanti, lui fingeva che lei non ci fosse.
Lei non sopportava quella cosa.
Ma non per capriccio, ma perché Malfoy era stata l’unica cosa che le avesse suscitato un’emozione nell’ultimo periodo.
E lei non riusciva a toglierselo dalla testa.
Anche se fingeva che andava tutto bene con Ron. E si sentiva in colpa anche per questo.
Oltre a tutto quello che gli aveva fatto, ora era pure codarda.
“Dovrei lasciarlo”, pensava, “Magari confessare.”
Ma era più facile a dirsi, che a farsi. Lui le dava modo di non pensare al biondo. Le regalava sorrisi; quando non si comportava da idiota, la faceva stare bene.
E lei non voleva rinunciare.
Ma ben presto si convinse che era a qualcos altro che non avrebbe dovuto rinunciare.
 
Accadde una sera.
Dopo giorni che non riusciva più a concentrarsi su niente, Hermione capì cosa voleva realmente.
Si alzò dal letto e uscì dal dormitorio. Anche se era notte, anche se lei non aveva alcun turno di guardia.
Ma lui si. E lo andò a cercare. E lo trovò.
Camminava a passo lento per il castello. Era annoiato. Lo faceva solo perché  era obbligato.
Se la trovò davanti.
“Che cosa vuoi?”
Lei non proferì parola. Erano tornati al punto di partenza. Ancora una volta lo guardava e non sapeva cosa dire.
Draco era nervoso. Non abbassava la bacchetta.
“Leva quella cosa, per favore.”, e lui la accontentò. Anche se moriva dalla voglia di scagliarle una fattura. Lei gli aveva tolto il sonno. Lei si era infilata subdolamente nei suoi pensieri.
Hermione gli si avvicinò.
“Mi dispiace.”
“Di cosa?”, chiese fingendo indifferenza.
“Di quello che ho fatto. Di quello che ti ho detto. E della decisione che ho preso.”
“Ormai è fatta. Ora, se non ti dispiace, devo tornare al mio giro dei corridoi. E tu dovresti tornare a dormire.”
Fu lei stavolta a prendergli la mano e fermarlo. Lui non si oppose. Aveva desiderato per tanto tempo che ciò accadesse.
Lei gli si avvicinò timidamente e lo baciò. Entrambi desideravano che ciò accadesse da molto tempo. Entrambi sentivano l’uno la mancanza della bocca dell’altro.
Restarono a baciarsi con desiderio, con foga. Non ci fu bisogno di parlare. I piedi si mossero da soli.
Andarono nella Stanza delle Necessità, sperando che apparisse. E così fu. Loro avevano realmente un’urgenza: avevano bisogno di sentirsi insieme.
Si chiusero la porta alle spalle, guardando il letto che era comparso innanzi a loro.
Draco si scoprì stranamente dolce.
“Sei sicura che ti vada?” le chiese.
Ma lei non rispose. Non ci fu bisogno.
Iniziarono a baciarsi con ancora più foga. Le mani di Hermione accarezzavano il petto di Draco, quest ultimo incastrava le dita nei capelli crespi della ragazza.
Si volevano. Si volevano da morire.
La mano del biondo finì sulla felpa di lei. Gliela slacciò e finì a terra.
Lei, che si era vestita velocemente e sotto non aveva niente, si ritrovò con il seno scoperto. Tentò di coprirsi timidamente, ma lui glielo impedì.
“Stanotte niente limiti, per favore.” E lei annuì.
“Stanotte e poi non ci vediamo più, intesi?” gli disse. Ma sorrisero entrambi di quella domanda. Erano consapevoli che non sarebbe andata così.
Le mani di Draco accarezzarono il seno di Hermione per moltissimo tempo. Glieli baciò, li assaporò.
Poi si avviarono verso i pantaloni della ragazza, che andarono a fare compagnia alla felpa, sul pavimento.
Lei gemeva dolcemente, cullata dalle dita esperte di Draco, che si muovevano dolcemente tra le sue gambe.
Lei pure lo spogliò e si ritrovò a baciare il suo petto, diretta verso la sua virilità.
Dopo aver ricevuto, Malfoy le aprì le gambe e assaggiò i suoi umori.
Dopodiché entrò dentro di lei piano, voleva godere di lei, vedere il suo viso mentre provava piacere.
Non interruppero mai il contatto visivo l’uno con l’altra.
Pure quando Draco la prese per i fianchi e iniziò a darle colpi più forti, non smisero di guardarsi negli occhi.
Fu strano gemere insieme. Godere così tanto dell’altro. Spolparsi a vicenda, senza mai smettere, senza mai voler interrompere quel contatto. Ricominciare una volta finito. Non averne abbastanza.
 
Hermione ritornò nel suo dormitorio la mattina dopo.
Si maledì per essersi addormentata, per aver dimenticato dove si trovava.       
La Stanza delle Necessità aveva provveduto anche a questo: aveva svegliato i due ragazzi con un leggero tremolio del letto, che li aveva costretti ad aprire gli occhi, vestirsi e correre verso le rispettive Case, prima di essere beccati da qualche professore.
Lui la aveva guardata intensamente e le aveva chiesto “Sparirai di nuovo?”
Lei aveva scosso la testa e lo aveva baciato con passione.
Entrambi si ritrovarono nella propria Casa, impregnati dell’odore dell’altro.
Ma a nessuno dei due dispiaceva. Anzi, passarono l’ultima ora di sonno che avevano a disposizione, svegli, a pensare a ciò che era successo.
E, sempre entrambi, non vedevano l’ora di riavere l’altro.

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Capitolo 10
*** Le facce della medaglia. ***


Hermione sgattaiolava spesso fuori dalla Torre di Grifondoro ad orari improbabili.
Tutti avevano notato il suo attaccamento alla spilla da Caposcuola, dal momento che era sempre pronta a pattugliare i corridoi, anche quando non era il suo turno.
Ma i motivi, ovviamente, erano altri.
Si incontravano nel buio della scuola e non resistevano a rubarsi un bacio o a correre nella Stanza delle Necessità.
Le notti, ormai, non erano più fatte per dormire.
Si davano un fugace bacio e poi ritornavano ognuno nella propria Sala Comune. Ognuno alla propria vita.
Perché poi arrivava l’alba. E i due amanti erano arrivati ad odiare il giorno, perché, alla luce del sole, loro due si dovevano odiare.
Hermione doveva ridere quando Harry o Ron prendevano in giro i Serpeverde e l’atteggiamento borioso di Draco.
Quest ultimo doveva fare altrettanto, quando i suoi compagni commentavano lo stato di sangue della ragazza e l’idiozia dei suoi amici.
E più di una volta erano stati sul punto di farsi scoprire.
Una volta, Draco non aveva rinunciato a bloccarla in un corridoio durante la pausa pranzo. E dopo pochi secondi avevano visto arrivare Lavanda Brown e si erano separati, costretti a mandarsi occhiate d’odio.
“Cosa voleva da te?” le aveva poi chiesto la compagna di scuola.
Hermione aveva scosso le spalle con aria annoiata.
“Niente. Solo chiamarmi mezzosangue.”
Ma lui non la chiamava più così. Lei lo avrebbe incenerito. E a lui lo stato di sangue sembrava non pesare più. E come poteva essere il contrario? Passavano i giorni a desiderarsi e le notti a prendersi.
Era un rischio continuo. Ma nessuno dei due sembrava intenzionato a smettere.
Più di una volta Hermione, a letto con Draco, aveva pianto.
Erano lacrime nervose, date dalla quantità di stress che accumulavano coltivando due vite, date dalle continue menzogne che era costretta a dire a tutti.
“Non è giusto per Ron”, disse un giorno “E a Pansy? Tu non pensi a cosa le stiamo facendo?”
Ma lui evidentemente non ci pensava, perché spense i suoi dubbi con un bacio e ricominciarono a fare l’amore.
Ron era preoccupato, Harry sempre più sospettoso.
“Hermione, anche stasera turno extra di pattuglia?” gli chiese quest ultimo guardandola dritta negli occhi.
Lei non riuscì a fare a meno di pensare “Lo sa, Harry lo sa”, ma mantenne il controllo. Senza arrossire, annuì.
“Secondo me ti stai stancando troppo. O studi o svolgi compiti da Caposcuola.”
Lei lo accarezzò e corse fuori dal dormitorio per dedicarsi ai suoi “turni extra di pattuglia”.
Al Club dei Duellanti o quando avevano lezione insieme, non era raro che Hermione e Draco si scambiassero fugaci sorrisi, occhiate eloquenti. Si sarebbero presi lì, senza preoccuparsi di nessuno, se solo avessero potuto.
La notte. Dovevano solo aspettare la notte. Poi avrebbero avuto ciò che volevano.
Ma a Hermione c’era qualcos altro che preoccupava.
Una volta aveva buttato lì l’argomento con Harry, per avere conferme a ciò che la turbava.
“Secondo te qualche Serpeverde diventerà un Mangiamorte una volta uscito da qua?”
Harry annuì.
“Assolutamente si. Prendi Malfoy: secondo te non seguirà le orme del padre?”
Lei respirò profondamente, cercando di non arrossire.
“Non è obbligato. Può scegliere di non farlo.”
Lui la guardò incuriosito.
“Da quando credi che Malfoy non voglia essere un Mangiamorte?”
Lei fece spallucce e assunse l’aria più disinteressata che riuscì a fare.
“Semplice curiosità.”
 
Quel pomeriggio Hermione era in biblioteca, da sola.
Si portava avanti con i compiti e terminava un tema per la settimana prossima.
Una voce la fece trasalire.
“Ciao, secchiona”
Draco era dietro di lei.
Si guardò intorno imbarazzata, cercando di scorgere la presenza di qualcuno. Ma, per loro fortuna, non c’era nessuno.
“Pensi sia uno stupido? Ho controllato prima di entrare.”
Lei annuì.
“Posa i libri e vieni con me.”
“Dove?”
“Fuori, nel parco.”
Lei sorrise.
“Sei pazzo, ci vedranno.”
“Conosco un posto dove non verrà nessuno.”
Lei lo fissò per qualche secondo  e poi acconsentì.
Camminava distanti, fingevano di essere da soli.
Più volte Hermione e Draco furono fermati da qualche amico, mentre l’altro doveva continuare a camminare, facendo finta di niente.
A un certo punto, appena fuori l’uscita del castello beccarono anche Piton. Lui si fermò a salutare Malfoy, mentre la ragazza continuò il suo percorso, fingendo di essere diretta in qualche ignota parte.
Ma il professore osservò comunque i due ragazzi.
“Signor Malfoy, cosa ci fa in giro?”
“Non posso?”
Lui mandò uno sguardo eloquente a una, ormai lontana, Hermione, ma non disse niente. Forse pensò che qualunque suo sospetto fosse troppo assurdo per essere vero.
 
Draco si fece seguire fino a un grande albero.
Era fuori dalla visuale di Hogwarts e gli studenti non sarebbero mai arrivati fin laggiù.
“Piton lo sa?” chiese preoccupata Hermione.
Lui scosse la testa.
“Sospetta, ma non può crederci. Dovrai ammettere che me e te insieme è una cosa paradossale, non trovi?”
Lei annuì.
Passarono il pomeriggio sotto quell’albero, all’aria aperta.
Hermione sobbalzava a ogni minimo rumore, ma dopo un po’, preda delle carezze del ragazzo, si calmò.
Doveva fargli una domanda, non ce la faceva più.
“Draco, tu diventerai un Mangiamorte?”
Lui la guardò stranito. Non si aspettava un simile quesito.
“Perché?”
“Beh, credo sia piuttosto importante, non credi?”
Lui sorrise.
“Io non so niente. Quando sarà il momento, se servirò al Signore Oscuro, mio padre me lo dirà.”
“E tu non puoi rifiutare?”
Draco la guardò sorpreso e divertito.
“Stai già pensando a come accalappiarmi dopo la scuola, Granger?”
“Sto pensando che io odio i Mangiamorte.”
“Io non lo sono.”
“Ma potresti diventarlo.”
“C’è la possibilità.”
“Ma…”
Draco la interruppe.
“Hermione, sapevi benissimo chi ero quando è iniziata questa cosa tra di noi. E lo sai anche ora. Sai che potrebbe succedere, come sai che non potrebbe succedere, dal momento che i miei genitori vorrebbero impedirlo. O lo accetti o no.”
Lei scosse la testa.
“Non posso accettare una simile cosa. “
Lui la guardò dritta negli occhi.
“Tu l’hai già fatto, Granger. Il giorno in cui sei rimasta al Club perché te lo avevo chiesto io, avevi già accettato ciò che ero. Perché, come ho già detto, hai sempre saputo cosa ero e cosa sarei potuto diventare.”
Lei non poté controbattere. Lui aveva ragione.
E si lasciò baciare da Draco.

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Capitolo 11
*** Maschere. ***


Draco camminava tranquillo per il castello, con i suoi amici, diretto all’aula di Incantesimi.
Fu un lampo a ciel sereno per lui, quando udì la voce di Pansy “Guarda un po':la Granger e Weasley!”.
Si girò e li vide insieme, abbracciati, senza Potter, diretti verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
I Serpeverde iniziarono a prendere in giro la coppia, fino a che Draco non disse “Dobbiamo andare, basta perdere tempo con questi due.” E gli amici lo seguirono.
Ma a Hermione non sfuggì lo sguardo del biondo, che sembrava infastidito, come se non si aspettasse di trovarli insieme.
 
Quel pomeriggio al Club dei Duellanti, la ragazza cercò di avvicinarsi più di una volta a Draco, ma lui sembrava piuttosto sfuggente.
“Scusami, Granger, ho da fare. Quei due si stanno ammazzando.”, disse indicando una coppia di giocosi Corvonero, che si divertivano a colpi di Fattura Gambemolli. Dal momento che era un incantesimo tutt’altro che pericoloso, e che Draco non era mai stato famoso per il suo zelo da Caposcuola, Hermione ebbe la certezza che qualcosa non andava.
Lo bloccò prima che se ne andasse verso la sua Sala Comune, una volta finiti i duelli.
“Attenta”, la ammonì “Qualcuno potrebbe vederci.”
Lei, colpita da tale affermazione, dal momento che più volte erano stati incuranti di questo pericolo, fece spallucce.
“Da quando è un problema?”
“Da quando tu stai con un idiota e io con Pansy.”
“Non mi risulta che ti abbia mai fermato questa cosa.”
Draco fece per andarsene, ma Hermione lo bloccò.
“Qual è il problema?”
“Cosa ti fa pensare che io abbia un problema?”
“E’ Ron? Sei geloso? È questo il motivo?”
Draco, che per un attimo fu sorpreso dalla schiettezza della domanda, ritrovò subito il controllo.
“Che motivi avrei di essere geloso? Io e te ci divertiamo. Nient altro.”
E se ne andò, lasciando Hermione pietrificata da quella risposta.
Ma quando si girò per tornare nella sua Sala Comune, notò che due paia di occhi verdi la fissavano con un espressione incredula.
 “Oh, Harry, dannazione, aspetta!”
Hermione raggiunse la Sala Comune dei Grifondoro.
I suoi amici, con Neville e Seamus, erano occupati a provare dei nuovi Tiri Vispi Weasley.
“Hai visto? Questa caramella ti fa crescere le gambe di due metri”, disse Ron, prima di aumentare di statura improvvisamente, e quasi sfondare il soffitto del dormitorio.
Harry però, contrariamente ai suoi amici, non rideva. Aveva una faccia bianchissima, e quando Hermione entrò nel dormitorio, la guardò dritta negli occhi.
Lei tentò di acquisire un certo controllo e si sedette accanto a loro, tentando di ignorare lo sguardo inquisitore dell’amico.
“Harry” disse improvvisamente Ron “Ma si può sapere cos’hai?”
Lui non rispose subito e, durante quei secondi, a Hermione si gelò il sangue.
Ma l’amico non la tradì.
“Niente. Uhm, ho solo un po’ di mal di testa.”
“Harry, ti va di fare un salto da Madama Chips, così magari ti da qualcosa?” gli chiese la ragazza.
“Chiariamo ora e leviamoci subito il pensiero.”, pensò lei.
Lui annuì ed uscirono insieme dalla Sala Comune.
Scesero al terzo piano e, prima di parlare, si assicurarono che non potesse sentirli nessuno.
“MUFFLIATO”, disse Hermione, agitando la bacchetta.
“Dammi una valida motivazione per cui non dovrei dirglielo.”
Lei sospirò.
“Non sai neanche cosa, Harry.”
“Mi pare di aver sentito abbastanza, credo. Ora te la fai con Malfoy, no?”
Lei non disse niente.
“Ma non ti vergogni, Hermione? Tradire Ron… Con un Mangiamorte, poi!”
“Non è un Mangiamorte”, ringhiò lei.
“Ora forse. Ma l’anno prossimo sicuramente lo diventerà.”
“Hai il dono della preveggenza adesso? Sei imparentato con la Cooman, per caso?”
Harry respirò piano, cercando di calmarsi.
“A prescindere da con chi tu l’abbia fatto, hai tradito Ron.  Che, come te, è il mio migliore amico. Non posso tacere. Lo capisci?”
Hermione annuì e si abbandonò all’abbraccio di Harry.
Lui sospirò e disse “Non voglio sapere come è iniziata con Malfoy, ma chiudi quella situazione. Tu e Ron state bene insieme. Può capitare di sbagliare, ma basta saper riconoscere quando lo si fa.”
Lei rimase a bocca aperta a sentire quelle parole, a vedere lui che la incoraggiava a non lasciare il suo ragazzo. Che la incoraggiava a cancellare le tracce del misfatto.
“Non è da te una cosa del genere, Harry.”
Lui la guardò dritta negli occhi.
“Non è da te questa situazione, Hermione.”
Colpita e affondata.
 
Draco ed Hermione usarono quella notte per ripensare alla discussione avuta quel pomeriggio.
“Che stupida”, pensava la ragazza “Era ovvio.  Mi sono andata a ficcare in questa situazione per il divertimento di Malfoy, per un suo capriccio.”
“Non che credessi che saremmo stati insieme, però determinate circostanze, determinati sguardi, determinate situazioni, mi avevano lasciato credere di contare qualcosa per lui.”
Poi si riprese da quella malinconia “Hermione, basta fare la stupida. Vi siete divertiti. Entrambi. E ora basta. Ieri non ti ha neanche mancato di rispetto, ti ha detto semplicemente le cose come stavano.”
“Pensa a Ron e dormi.”, si disse infine prima di addormentarsi.
Nelle segrete del castello, nella Sala Comune dei Serpeverde, neanche Draco dormiva.
“Sei un idiota”, pensava il ragazzo “Cosa ti è saltato in mente di risponderle così? La conosci, ti odierà.”
Ma il biondo non poteva permettersi di far trasparire emozioni, non sapeva neanche farlo, gli era sempre stato insegnato a celarle.
“Che cosa avrei dovuto dirle? Che siamo amanti, ma mi infastidisce comunque vederla con quell’idiota?”
A un certo punto Draco guardò l’orologio e decise di smetterla di pensare e addormentarsi.
Domani c’era la partita contro Corvonero e dovevano vincere.
Ma fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
E Draco passò ancora tanto tempo a chiedersi come fare a scusarsi con Hermione, senza farle capire che quella notte la aveva passata senza dormire per pensare a lei.

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Capitolo 12
*** Tienimi stretto quando entro. ***


Quella mattina tutti gli studenti si incamminarono verso il campo da Quidditch per assistere alla partita tra Serpeverde e Corvonero.
“Spero che un  bolide colpisca Malfoy in piena faccia”, disse Ron con aria speranzosa, mentre lo sguardo di Harry cadeva su Hermione. Lei lo ignorò.
Non aveva visto Draco a colazione.
“Poco male”, pensò “Tanto non devo parlargli mai più.” E strinse la mano di Ron.
Presero posto sugli spalti, insieme agli altri della loro Casa.
Le squadre entrarono in campo e, quando Draco volò vicino il settore dei Grifondoro, Hermione dovette impegnarsi al massimo per non lasciar trasparire tutta l’emozione che provava. Lo sguardo di Harry era sempre fisso su di lei.
Corvonero vinceva per 40 a 10.
Improvvisamente si notò un bagliore giallo al centro del campo e Draco accellerò. Aveva visto il boccino.
Ron, che abbracciava Hermione, la baciò.
“Ma perché si è fermato?” urlò qualcuno.
Malfoy, distratto da qualcosa, aveva smesso di inseguire il boccino e si era fermato improvvisamente, perdendolo di vista. Mentre tentava di afferrarlo,  vicino agli spalti di Grifondoro, aveva visto la Granger avvinghiata a Ron. Il cercatore di Corvonero ne aveva approfittato e aveva portato la sua squadra alla vittoria.  Quell’attimo di debolezza, era costato la partita.
Draco rimase con un espressione inebetita per diversi minuti, prima di capire cosa fosse successo.
Circondato dalle urla di gioia dei Corvonero e dal gelo dei Serpeverde, scese dalla scopa e andò negli spogliatoi, senza parlare con nessuno. Senza guardare lei.
 
Hermione tornava dalla capanna di Hagrid, con il quale aveva appena preso il tè.
Vide Pansy e Millicent Bulstrode, che parlottavano poco distanti da lei. Sentì nominare Draco. Non resistendo alla curiosità, si nascose dietro un albero per ascoltarle.
“Millicent, io non so cosa gli prende. Mi respinge sempre ultimamente.”
L’amica non rispose.
“E poi è realmente strano in questo periodo. Ti giuro, non lo riconosco. Ma hai visto alla partita? Cioè io sono realmente sconcertata, sia perché c’erano la Granger e Weasley che si baciavano, sia perché in quel preciso momento Draco si è fermato. Secondo me era troppo disgustato dalla scena” e risero insieme, continuando a immaginare motivazioni per lo strano comportamento di Draco.
Hermione intanto aveva gli occhi sgranati.
“Non è possibile”, pensava “Non posso essere stata io a distrarlo… E poi questa storia che respinge Pansy… E’ tutto così assurdo.”
“A proposito, ma dov’è? In Sala Comune non c’era.”, disse Millicent.
Pansy alzò le spalle.
“Dopo che è uscito dal campo di Quidditch, è scomparso. Credo che non abbia voglia di vedere nessuno, ma non so dove sia. Ogni tanto sparisce.”
Hermione ricordò della promessa fatta ad Harry e riacquisì il controllo.
“Tu non conti niente per lui e lui non conta niente per te.” Si disse, avviandosi verso il castello.
Ma improvvisamente si fermò. Lei sapeva Draco dov’era.
 
Lo trovò sotto  il grande albero dov’erano stati insieme qualche giorno prima.
Era da solo e giocava con dei fili d’erba. Era malinconico.
Quando la vide, evidente sorpresa si manifestò sul suo viso.
“Che ci fai qui?”
“Ti hanno dato per disperso al castello.”
“E sei venuta a prendermi. Molto magnanimo da parte tua.”, disse Draco ironicamente.
Lei sospirò.
“Me ne devo andare?”
Lui fece spallucce.
“Come ti pare.”
Si fece coraggio e si sedette sul prato, poco distante da lui.
“Oggi cos’è successo?”
Lui fece nuovamente spallucce e fissò un punto indefinito.
Hermione stava per alzarsi e lasciarlo qui, dopo aver compreso che non avrebbe detto una parola, ma cambiò idea.
Gli prese la mano sotto lo sguardo sorpreso del ragazzo e rimase dov’era, senza parlare, senza muoversi.
Restarono così fino a che non si fece buio, fino a che non fu ora di rientrare.
“Mi da fastidio.”, ammise infine Draco. Lei annuì.
“Anche a me quando ti vedo con Pansy.”, lui le fu grato per quella confessione.
Le loro mani ancora intrecciate. Lei non gliela lasciò fino a che non arrivarono vicino al portone del castello, ignorando il rischio di essere visti, ignorando ogni precauzione.
Si sorrisero e non ci fu bisogno di parlare. Si diressero verso la Stanza delle Necessità, che si materializzò innanzi a loro.
Draco baciò Hermione disperatamente, i loro vestiti volarono sul pavimento alla velocità della luce.
Entrò dentro di lei impaziente. Quanto le era mancata. Quanto la aveva desiderata.
Lei si aggrappò ai suoi capelli. Lo strinse, lo abbracciò.
“Dovevamo smetterla di vederci.”, gli sussurrò quando finirono.
“E’ quello che vuoi?”
Lei scosse la testa.
“Ci possiamo divertire entrambi, no?” lo provocò.
Lui capì a cosa si riferiva.
La bloccò e si mise sopra di lei.
“Qui non è più solo divertimento.”, ammise.
Hermione lo guardò sbalordita, ma, prima che potesse dire qualcosa, Draco la prese per i fianchi.
“Tienimi stretto quando entro.”, le sussurrò. E lei fu ben felice di accontentarlo.

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Capitolo 13
*** Promesse. ***


Harry aveva ripreso ad osservare Hermione.
L’amica gli aveva assicurato di non vedere più Malfoy, ma conservava diversi atteggiamenti strani.
Specialmente dopo la partita tra Serpeverde e Corvonero, l’umore della ragazza era sempre ottimo e più di una volta Harry poteva giurare di averla vista ignorare studenti che giocavano con dei Tiri Vispi Weasley, espressamente vietati all’interno del castello. Hermione, in quei giorni, era persino d’accordo a far copiare i propri compiti ai suoi amici.
Harry, che si fidava di lei, non riusciva a dubitare di lei, ma, specialmente quando ricominciò ad uscire più spesso di notte per pattugliare i corridoi, lui non poté fare a meno di avere una costante fitta allo stomaco.
Guardava Ron con apprensione e più di una volta si era domandato se avesse sbagliato a non raccontargli dell’infedeltà ricevuta. Ma poi guardava la sua amica, che passava i pomeriggi a studiare o impegnata in qualche azione da Caposcuola, e si convinceva che era tornata quella di sempre. Che andava tutto bene.
 
Quel giorno era prevista una gita ad Hogsmeade.
Hermione si vestì con calma e scese a fare colazione. Quella notte la aveva passata nella Stanza delle Necessità e le occhiaie sul suo viso lo testimoniavano.
“Non hai dormito stanotte?”, le chiese Ron.
Lei scosse la testa.
“Poco, non riuscivo a prendere sonno” Harry la guardò sospettoso, ma non disse nulla.
I tre si incamminarono verso Hogsmeade. Il buon umore era diffuso tra tutti gli studenti.
Girarono per il villaggio, fino a che non decisero di fermarsi nel pub “I Tre Manici di Scopa”, per bere una Burrobirra.
Appena entrati, notarono subito il gruppetto dei Serpeverde dell’ultimo anno. Tra loro Draco e Pansy si baciavano.
Hermione si irrigidì, senza darlo a vedere. Aveva nuovamente gli occhi di Harry puntati addosso, che cercavano di scorgere una qualsiasi reazione in lei.
Nel momento in cui i due si staccarono, il biondo notò Hermione. Quest’ultima non ce la fece più.
“Vado in bagno”, disse agli amici. Camminò a passo veloce, nessuno doveva notare i suoi occhi ormai lucidi.
Fuori dalla vista di Ron e Harry, iniziò a piangere silenziosamente. Sapeva che stavano insieme, ma non li vedeva scambiarsi effusioni da molto tempo. Era quasi come se ormai considerasse Draco “suo”.
“Sei una stupida”, disse una voce dietro di lei.
“Cosa vuoi, Malfoy?” chiese Hermione, cercando di non guardarlo in faccia.
“Mi spieghi perché stai piangendo?”
“Non so di cosa parli. Ora se vuoi scusarmi…” gli disse, cercando di andarsene. Lui la bloccò.
“Faccio ciò che fai tu, che cosa ci trovi di sbagliato?”
Ed era vero. Lei stava ancora con Ron.
 “Non è una bella situazione per nessuno dei due, ma io non ti chiederei mai di lasciare quell’idiota.”
“Neanche io potrei mai pretendere una cosa del genere da parte tua.”
Lui la abbracciò e sospirò.
“Tu resti qui per le vacanze di Natale, giusto?”
Lei annuì.
“Se decidessi di restare anch’io?”
Lei sorrise.
“Harry e Ron vanno alla Tana, sono invitata anch’io. Però” aggiunse all’improvviso “posso cercare di inventare una buona scusa.”
Lui sorrise. Le diede un fugace bacio e tornò dai suoi amici. Dopo un po’, lei fece lo stesso.
Ora, entrambi, non desideravano altro che il Natale. “Quest anno ci sono gli esami. Ho deciso di restare ad Hogwarts a studiare.”, disse, durante la cena, ai suoi amici. I due la guardarono sbalorditi.
“Hermione, non credi di esagerare? Puoi prenderti dieci giorni di vacanza, non succede nulla.”
Lei era irremovibile e Ron si rassegnò.
Poco dopo in Sala Comune, Harry la fermò.
“Non è che per caso resta qualcun altro a scuola, durante le vacanze?”
Lei arrossì.
“Harry, ma che dici? Io penso agli esami e credo che dovresti farlo anche tu.” E si congedò.
 
Mancava ormai un giorno alle vacanze.
Hermione era felice come non mai. Ventiquattro ore e avrebbero avuto la libertà di stare insieme.
Lei lo osservava nella sala del Club dei Duellanti.
Draco camminava dall’altra parte dell’aula. Era strano. Pensieroso.
Quando finirono i duelli, lui le fece cenno di aspettare. Quando tutti furono usciti, gli si avvicinò.
“Hermione, senti, ti devo dire una cosa.”
Lei lo osservò con sincera curiosità.
“Non posso restare qui per le vacanze. Devo tornare a casa.”
Lei si immobilizzò. Aveva fantasticato tanto su come sarebbero stati quei giorni. Li voleva realmente.
“Perché?”
Lui fece spallucce.
“Problemi di famiglia.”, e fece per andarsene, ma Hermione lo fermò.
“E’ per quello che penso, vero?” gli domandò sbalordita.
“Cos’è che pensi?”
“C’entra Voldemort, vero?” Lui rabbrividì al suono di quel nome.
“Ho detto che ho problemi di famiglia. Punto.”
Lei non lo lasciò andare.
“Abbi il coraggio di ammetterlo.”
Lui la guardò gelido.
“Fatti gli affari tuoi, Granger.” E se ne andò.
Lei tornò amareggiata in Sala Comune.
Mise da parte l’orgoglio e disse a Harry e a Ron “Ho cambiato idea. Vengo anch’io alla Tana.”
Poi si chiuse in camera sua. E si vergognò della persona che era diventata.

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Capitolo 14
*** Natale. ***


I tre amici, il giorno dopo, si svegliarono di buon’ora per andare alla Tana.
Nel tragitto dalla Sala Comune all’ingresso del Castello, Hermione tentò di scorgere dei capelli biondi in mezzo alla moltitudine di studenti che trascinavano i propri bagagli per tornare a casa. Ma inutilmente.
Senza neanche salutarla, Draco era già andato via.
 
Le vacanze di Natale trascorsero abbastanza velocemente.
Ron e Hermione passavano tutto il tempo insieme, e a quest’ultima sembrò quasi di ritornare agli inizi, quando loro due insieme ci stavano benissimo,  quando erano felici. Anche con Harry le cose andavano bene: erano tutti e tre in estrema armionia.
Draco non la aveva cercata, e ogni volta che il suo pensiero le tornava in mente, stringeva Ron un po’ più forte, tentando di sentirsi parte di lui. E a volte ci riusciva.
Il penultimo giorno, mentre finiva un tema di Pozioni, le arrivò un gufo.
Harry e Ron stavano giocando a Quidditch e lei restò a fissare il pacchetto che aveva ricevuto, senza riuscire ad aprirlo, per più di un’ora.  Aveva paura, senza neanche sapere di che cosa.
Quando si rese conto che i ragazzi a breve sarebbero tornati, decise di scoprirne il contenuto.
Un sottile bracciale d’oro bianco intrecciato, brillava all’interno della scatola.
Solo un biglietto.
“ Buon Natale in ritardo.
D.”
Non lo indossò. Restò a guardarlo esterrefatta fino a che non sentì la voce di Ron provenire dal corridoio. Lo mise in tasca e lo strinse forte fino a sera.
 
Il rientro a scuola fu abbastanza traumatico per tutti. Tranne che per Hermione.
Aspettava con ansia la lezione di Pozioni della prima ora per vederlo e fece una sfuriata a Ron, che perdeva tempo nei corridoi, anziché dirigersi verso i sotterranei.
Si sentiva cattiva a comportarsi così, ma non le importava. Quel monile, quelle poche parole da parte di Draco, le erano bastati a cancellare tutto ciò che c’era stato tra lei e Ron in quei giorni. Tutta quella tranquillità, tutto quell’affetto erano improvvisamente svaniti. Aveva provato a ingannare ancora una volta il suo cuore, ma senza successo.
Quando entrò in aula, prese subito posto. I Serpeverde arrivarono poco dopo.
Rivedere Draco, fu la conferma di tutto ciò che pensava. Lui la guardò per un secondo, poi voltò lo sguardo e si ignorarono per tutto il resto della lezione.
Una volta finita, tutti gli studenti uscirono dall’aula.
Harry parlava, ma la testa di Hermione era altrove.
Si congedò dagli amici, per recarsi in biblioteca. E, come tempo prima, qualcuno la fermò al secondo piano.
“Come hai passato le vacanze?” le chiese Draco.
Lei fu colta di sorpresa. Non si vedevano da giorni e ritrovarselo così vicino, rese il suo battito cardiaco un po’ più veloce.
“Bene, tu?”, chiese lei, con finta indifferenza.
“Bene.”
“Io non ti ho regalato niente per Natale.” disse Hermione all’improvviso.
Lui fece spallucce.
“Non lo indossi. Non ti è piaciuto?”, chiese Draco, riferendosi al bracciale.
“Ho paura di perderlo. È troppo prezioso, non dovevi regalarmi una cosa del genere.”
Con grande sorpresa di Hermione, Draco ignorò ciò che aveva detto e la baciò.  La strinse forte, quasi come se volesse bloccarla, come se volesse evitare a tutti i costi che lei potesse andare via.
Quando si staccò dalle sue labbra, restò a guardarla negli occhi per un po’.
“L’intento era che lo mettessi, che portassi un po’ di me al polso.”
Lei rimase estremamente sorpresa da quella risposta, che mai avrebbe immaginato potesse uscire dalla sua bocca.
 “Avrei preferito restare ad Hogwarts per Natale.”, le disse infine.
E, ignorando l’espressione inebetita di Hermione, la baciò un’ultima volta e si congedò.

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Capitolo 15
*** Il coraggio che non c'è. ***


Draco e Hermione avevano appena finito di fare l’amore.
La prima notte a scuola non avevano potuto. Nelle rispettive Sale Comuni, gli studenti avevano pensato bene di non dormire, di fare un’ultima festa dopo Natale. Ed entrambi, in quanto Caposcuola, avevano avuto l’obbligo di placarle.
Quella sera invece, erano usciti per pattugliare i corridoi, ma si erano trovati subito l’uno di fronte all’altro.
Non avevano resistito. Erano corsi nella Stanza delle Necessità.
Lei lo aveva spogliato senza esitare. Gli aveva impresso le unghie nella carne, mentre i rispettivi piaceri si mischiavano. Lui le aveva stretto i fianchi. Lei era ormai il suo ossigeno.
Dopo aver finito, avevano notato la luce delle candele riflettere sulle pareti. Il colore delle lenzuola. Il profumo di quella stanza. Tutto ciò che prima non erano neanche interessati a vedere.
Hermione aveva la testa poggiata sul petto di Draco, sentiva il suo cuore battere, il suo respiro lento.
Lui le accarezza delicatamente i capelli.
Fu lei che, riportata alla logica, ruppe quel momento.
“Voglio sapere cosa hai fatto durante questi giorni.”
“Niente.”, rispose lui, che si aspettava la domanda.
“Puoi venire a letto con me, ma non puoi raccontarmi niente di te?”
Lui sbuffò.
“Ne dobbiamo parlare adesso?”
Lei si alzò di scatto, cercando i suoi vestiti. Lui la fermò. Si sedette accanto a lei.
“Hermione, a costo di litigare, non ti racconterò particolari di questi giorni, perché riguardano la mia famiglia, non te. Una discussione simile già l’abbiamo fatta. Sai chi e che cosa sono.”
“E’ ufficiale: diventerai un Mangiamorte?”
Lui scosse la testa.
“I miei genitori avevano bisogno di me in questi giorni. Non ho fatto nessuna iniziazione. Sei più tranquilla adesso?”
Ma prima che Hermione potesse rispondere, Draco la baciò. Un po’ per farla stare zitta, un po’ perché realmente non riusciva a non farlo.
 
Il pomeriggio dopo, al Club dei Duellanti, i due amanti passarono più tempo a mandarsi sguardi che a controllare gli altri studenti, al punto tale che Rebecca Austen fu mandata in infermeria per una fattura mal riuscita, che loro avrebbero facilmente potuto annullare.
Quando uscirono dall’aula, fu Hermione stavolta a fermare Draco.
“Questo è per te.” e gli diede una spilla d’argento.
Lui rimase sorpreso.
“La puoi indossare, senza che nessuno ci trovi niente di strano. Se non ti piace, basta dirlo.”, aggiunse lei, notando la sua espressione.
Lui la zittì.
“Non me l’aspettavo, mi hai colto alla sprovvista.”
“Tu l’hai fatto a me, io l’ho fatto a te.”, tagliò a corto Hermione.
“Io il tuo lo metto, ma voglio che tu indossi il bracciale.”
Lei annuì.
“E che non te lo togli.”
Lei sorrise.
“Hai mai pensato alla possibilità di lasciarlo?”, le chiese all’improvviso, quasi imbarazzato per la domanda che incautamente gli era scappata.
Lei lo guardò con un’espressione sorpresa.
“Dubito che ti riferisca al fatto che gli faccio del male, vedendomi con te, vero?”
“Di quello non è che mi importi.”
“Tu lasceresti Pansy?”
“Neanche di Pansy non è che mi importi.”
“E poi? Gireremmo insieme per il castello? Ci faremmo vedere mano nella mano? O che magari ci baciamo? Sii serio, Draco: tu lo faresti mai?”
“Io non so cosa farei. So solo che saperti con lui, non mi rende contento.”
“Fa male anche a me vederti con lei.”, ammise Hermione.
I due restarono per qualche secondo in silenzio, fino a che lei non ruppe il silenzio.
“Già volevo lasciarlo perché questa situazione non è giusta nei suoi confronti.”
“E perché sei pazza di me.”, disse lui sorridendo.
Lei rise, ma non negò.
“Quando troverò il momento adatto, lo farò. Ma poi?”
“Io lascio lei e tu lasci lui. E poi si vede.”
Hermione, che ormai conosceva bene Draco, sapeva quelle parole quanto dovessero pesargli e quanto valore avessero. E capì che era giunto il momento di provarci.
“Lo farò.”
 
Quella sera, nella Sala Grande, durante la cena, uno sguardo di approvazione volò dal tavolo dei Serpeverde a quello dei Grifondoro.
A dividere il contatto tra il braccio di Ron e quello di Hermione, vi era un bracciale che risplendeva al polso di quest’ultima.
Lei sorrise allo sguardo di Draco che indugiava sul suo monile e, a sua volta, notò che una delicata spilla d’argento risplendeva sul petto del Serpeverde.
“Che guardi?”, le chiese Ron all’improvviso.
Lei fu colta alla sprovvista.
“Niente”, disse arrossendo.
“E questo bracciale? È nuovo?”, le domandò sgranando gli occhi alla vista di quel piccolo tesoro. “Miseriaccia, deve valere una fortuna!”
“No ce l’ho da un sacco di tempo.”
 
Più tardi, finito di cenare, Ron le chiese di fare un rapido giro in giardino.
“Possiamo parlare?”
Lei, sorpresa, annuì.
“Che ti prende?”
“Che significa?”
“È tornato tutto come prima, vero? Sei tornata ad ignorarmi?”
“Ma di che stai parlando?”
“Ho paura.”, ammise.
E lei provò una tenerezza indescrivibile nei suoi confronti.
“Di che cosa?”
“Quando siamo andati alla Tana, pensavo che tutto si fosse risolto. Non puoi negare che sei stata fredda nei miei confronti per tantissimo tempo. Beh, durante le vacanze ho creduto che fosse tornata la normalità. Ma tu neanche ti avvicini a me. Tu neanche mi guardi.”
Hermione restò colpita da quelle parole. “Ora glielo dico, ora glielo dico.”, pensava. Aprì la bocca, ma non uscì alcun suono. Era la sua occasione, doveva confessargli tutto. Lasciarlo. Ammettere tutto quello che aveva fatto. Mettere un punto a questa storia e aprirne un’altra, che era l’unica che realmente voleva.
“Non dici nulla?”, le chiese Ron. Lei gli accarezzò dolcemente il volto.
“Ti sbagli, Ron.”
“Si? Da quanto non facciamo l’amore?”
“Dalla Tana.”, ammise Hermione.
Lui la guardò dritta negli occhi, cercando conferme.
“Hermione, voglio che tu mi dica la verità. Mi ami?”
Lei restò immobile. Non ce la fece a dirglielo e si comportò ancora una volta da codarda. “Poi glielo dico, poi glielo dico.”, pensò.
“Sì, Ron.”
“Che scena patetica”, disse Pansy Parkinson, che, poco lontana da loro, insieme ad un gruppo di Serpeverde aveva sentito quel pezzo di conversazione. Tra loro, Draco guardava indifferente un punto non definito del parco.
“Andiamocene”, disse Ron  a Hermione, tirandola per il braccio.
Mentre tornavano verso l’ingresso del Castello, lei si voltò a guardare il gruppo dei Serpeverde, che continuavano a schernirli con diverse battute.
Draco non partecipò. Si limitò a mandarle uno sguardo carico di rancore e poi si voltò verso i suoi amici.
 
Il mattino dopo, uscendo dalla Sala Comune, Hermione trovò una spilla d’argento sul pavimento del corridoio.

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Capitolo 16
*** Coscienza. ***


Draco Malfoy, che si era sempre definito una persona piuttosto fredda e razionale, improvvisamente si ritrovò ad essere in balia delle sue emozioni.
Come aveva potuto abbassare così tanto la guardia?
Aveva dato per scontato che Hermione ricambiasse tutto ciò che lui provava. E a quanto pare aveva sbagliato.
Mentre lei parlava con Ron, Draco aveva sentito tutta la conversazione. Poteva lasciarlo in qualunque momento. Anche senza dirgli la verità. Anche senza perdere completamente la faccia, se era questo il problema.
Bastavano poche frasi per tener fede alla promessa che gli aveva fatto. All’impegno che aveva preso.
“Ed io che stavo pure per lasciare Pansy…”, pensava sempre più irato.
Decise che non le avrebbe più rivolto neanche uno sguardo. E così fece.
 
Erano tre settimane che Hermione non riusciva a parlare con Draco.
Ci aveva provato in ogni modo, ma senza risultato alcuno.
Il giorno in cui aveva trovato la spilla fuori al suo dormitorio, la ragazza era corsa, senza timore delle conseguenze, fuori la Sala Comune dei Serpeverde.
Molti studenti, che uscivano da la, sorpresi di trovarla lì, la avevano schernita. Ma a lei non importava. Aspettava che lui uscisse. E quando successe, lui non la guardò neanche.
Stringeva la mano di Pansy, circondato da tutti i suoi amici.
Ancora una volta a Hermione non importò.
“Draco, possiamo parlare, per favore?”
Fu solo in quel momento che lui la guardò dritto negli occhi, sotto le espressioni sbalordite di tutti.
“Che cosa vuoi da Draco?”, chiese sospettosa Pansy.
“Sì, lurida Mezzosangue, cosa vuoi da me?”
Hermione rimase sbalordita da quella risposta. Non disse nulla.
Cercando di nascondere le lacrime, corse via.
Ma i Serpeverde, dopo questa cosa, non la lasciarono più stare.
“Hai una cotta per Dracuccio?”
“Ora ti rimetterai a piangere?”
Ron, al quale Hermione aveva raccontato l’accaduto, spiegando che era andata nei Sotterranei perché doveva avvisare Draco degli imminenti turni extra di pattuglia, la incitava a ignorarli.
“Sono dei cretini, che ti importa?”
Harry le lanciava occhiate di fuoco, ma non diceva nulla. Anche lui aveva smesso di parlarle.
Solo Pansy, tra tutti i Serpeverde, capì e, approfittando che si trovava da sola, la bloccò un pomeriggio.
“Cosa vuoi?”, le chiese Hermione.
“Cosa volevi da Draco?”
“Informarlo dei turni di pattuglia che andavano fatti.”
“Ed era una cosa così importante che sei addirittura arrivata ad aspettarlo fuori la Sala Comune, vero?”
Lei si limitò ad annuire, senza abbassare lo sguardo.
“Draco è stato strano per un po’ di tempo.”, le disse all’improvviso con aria sprezzante “Tutti fanno degli errori.”
Hermione si sorprese, ma mantenne la calma.
“A che ti riferisci?”
Pansy sorrise.
“Non te lo devo certo spiegare io. Fatto sta che gli errori, una volta compresi, non si ripetono più. E tu, Mezzosangue, sei un errore.”
Hermione era in procinto di alzare la bacchetta, ma Harry comparve dal nulla.
“Problemi?”, chiese guardando torvo la Serpeverde. Quest’ultima sorrise.
“Nessuno. Non avrai occasione di fare l’eroe stavolta, Potter.”
E se ne andò.
Hermione aveva gli occhi lucidi e Harry la prese per mano e la portò fuori dal parco.
“Voglio che mi racconti tutto.”
E lei lo fece. Piangendo e vergognandosi di se stessa, gli racconto tutte le bugie dette nell’ultimo periodo, di quanto si era sporcata, di che persona era diventata.
Lui non la giudicò. Si limitò ad ascoltare. Lei tanto già lo sapeva cosa andava fatto, non c’era bisogno che glielo dicesse lui.
Una volta finito il racconto, lei si calmò. Era come se si fosse tolta un peso, liberata leggermente la coscienza.
“Che cosa vuoi fare ora con Draco?”, le domandò, cogliendola di sorpresa. Evidentemente doveva aver capito quanto valore avesse per lei.
“Non mi parla più, Harry. Non mi parla da settimane, cosa devo fare?”
“Forse devi accettare il fatto che questa situazione non andava bene. E andare avanti.”
Lei annuì.
 
Tornata in Sala Comune, Hermione andò dritta da Ron. Fu lei stavolta a chiederlo a lui.
“Possiamo parlare?”
Lui annuì.
Gli disse che non potevano più stare insieme. Che si era creato un varco che li separava. Che viaggiavano su due strade diverse.
“C’è un altro?” chiese lui.
Lei non se la sentì di mentire ancora. Annuì.
Lui rimase pietrificato.
“Come hai potuto farmi questo? Chi è?”
Il nome però non lo disse. Quello era il suo segreto.
“Torneremo mai amici, Ron?” gli chiese.
Lui fece spallucce.
“Ora sicuramente no.”
Lei però si accontentò di quella risposta, che lasciava intendere che forse in futuro ci sarebbero riusciti. Andò dritta nella sua camera e, stringendo forte il bracciale di Draco, con un peso in meno sulla coscienza, si addormentò.

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Capitolo 17
*** Pansy ***


La notizia che Hermione Granger aveva lasciato Ron,  fece rapidamente il giro della scuola.
E arrivò anche ai Serpeverde, dove, nella Sala Comune, un gruppetto capitanato da Pansy, si divertiva a immaginare la reazione del ragazzo.
“Miseriaccia! Sul serio mi stai lasciando?”, disse qualcuno imitando Ron, scatenando l’ilarità generale.
“Sì, Weasley, levi tempo al mio studio.”, disse qualcun altro.
Ridevano tutti, compreso Draco, sorvegliato attentamente da Pansy, che controllava ogni sua eventuale reazione.
La mente del ragazzo però era altrove. “Come mai l’ha lasciato?”, si chiedeva.
Il pensiero che potesse averlo fatto per lui, aleggiò nella sua testa solo per pochi secondi. Era orgoglioso e lei lo aveva calpestato.
Stanco di sentire in continuazione il nome di Hermione e del rosso dalle bocche degli amici, disse semplicemente “Sono stanco, me ne vado a letto.” E se ne andò nella sua camera.
Dopo pochi secondi bussò Pansy. Si sedette sul suo letto e lo guardò intensamente.
“Tu pensi che io sia una stupida?”, gli domandò, cogliendolo di sorpresa.
“Direi di no. Perché me lo domandi?”
“Secondo me lo pensi.”, gli disse, guardandolo con aria di sfida.
“Devi dirmi qualcosa di sensato o vuoi solo discutere?”
Lei si alzò e si mise di fronte a lui, a pochi centimetri dalla sua bocca.
“A me non interessa con chi ti sei visto o che cosa hai fatto in questo in periodo.”, lui fece per ribattere, ma lei lo fermò.
“Basta mentire, Draco. Non sono venuta qui a cercare giustificazioni o altre bugie. Lo sospettavo da un bel po’, sai? Però lo trovavo troppo impensabile. Troppo assurdo.”
Lui non disse niente.
“Poi l’altro giorno, quando ce la siamo ritrovata di fronte l’ingresso dalla Sala Comune, è stato il tassello finale. La certezza che tutto ciò che sospettavo, era vero. Levami solo una curiosità: da quanto va avanti?”
“Mesi.”, rispose lui senza mostrare traccia di disagio.
Lei annuì e poi fece qualcosa che lo colse completamente alla sprovvista:  lo baciò.
Draco si aspettava uno schiaffo, urla, di doverle spiegare almeno il perché.
Pansy era molto furba, ma era anche incredibilmente innamorata.
“Io ti perdono. Non me ne importa. Neanche la considero una rivale.”
Lui la guardava sbalordito.
“Ma da questo momento in poi basta errori, perché io non perdonerò più nulla.”
Lei, senza smettere di guardarlo negli occhi, si tolse la maglietta. Lui seppur confuso dalla situazione, riprese a ragionare e la baciò. Era Pansy la ragazza giusta per lui. Doveva per forza essere lei.
Loro appartenevano allo stesso mondo. Lei doveva per forza essere quella giusta.
Spogliò totalmente Pansy e lei fece lo stesso con lui.
“Siamo solo io e te.”, gli disse, quando entrò dentro di lei.
“Soltanto io e te.”, gli disse, una volta finito.
Si mise con la testa sul suo petto, addormentandosi dopo poco.
Lui doveva innamorarsi di Pansy. Doveva dimenticare tutta quella ridicola e incredibile faccenda. Doveva smettere di pensare che la nuca di Hermione si incastrava alla perfezione sul suo petto. Doveva dimenticarsi di lei.
Ma poco prima di chiudere gli occhi, Draco capì che comandare il proprio cuore non era cosa facile.

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Capitolo 18
*** Rivelazioni. ***


Passò un mese e la vita ad Hogwarts era diventata sempre più frenetica a causa degli esami che si avvicinavano.
Draco passava molto tempo in biblioteca, cercando sempre di non incontrare Hermione.
Erano già sufficienti le ore di lezione in comune e i momenti al Club dei Duellanti. Lui cercava sempre di non guardarla e lei faceva lo stesso. Ma ogni tanto, quando lei era girata, lui la osservava di nascosto e si chiedeva come era stato possibile arrivare a quel punto. Come era possibile che, dopo essersi tanto voluti, non si salutavano neanche più.
Hermione poi aveva smesso di indossare il bracciale che lui le aveva regalato. Draco se ne era accorto subito. Il giorno in cui lui le fece ritrovare la sua spilla, il monile lasciò il polso della ragazza.
Ma lui la capiva: erano entrambi orgogliosi.
Fino a che, un giorno, mentre si trovava in biblioteca, un ragazzino di Tassorosso gli si avvicinò.
“Sei Draco Malfoy?”, gli domandò impaurito. Lui annuì.
“Che cosa vuoi?”
“Mi hanno chiesto di darti questo.” Gli diede una scatolina e se ne andò. Draco la aprì e al suo interno ci trovò il bracciale regalato ad Hermione. Restò per qualche secondo a fissarlo, sentendo l’ira crescere dentro di lui. Moriva dalla voglia di andare da lei e chiederle spiegazioni per quel gesto.
Ma non lo fece. Contò fino a dieci e si calmò.
 
I Grifondoro e i Serpeverde entrarono nell’aula di Pozioni, per seguire la lezione.
Piton doveva ancora entrare ed Hermione subito prese posto accanto a Harry, che fungeva da divisore tra lei e Ron.
I rapporti si erano un po’ acquietati, ma non erano ancora in grado di trascorrere un’ora di lezione l’uno accanto all’altro, perché inesorabilmente litigavano.
Draco la osservava ogni tanto dal fondo dell’aula, stando attento a non farsi vedere.
Pansy rideva con le amiche.
“Di che parlate?”, chiese loro, piuttosto annoiato.
“Della Mezzosangue, Draco.”, disse Millicent. Ancora una volta si ritrovò lo sguardo inquisitorio di Pansy addosso.
“Che ha fatto?”, chiese fingendo indifferenza.
“Stamattina l’ho vista mentre piangeva. Stava con Potter che la consolava. Patetici.”
“Perché piangeva?”
“Sicuramente per Weasley”, disse lesta Pansy, che voleva solo cambiare discorso.
“Non credo” disse Millicent “Perché Potter la spronava a ritornare con lui, mentre lei diceva di volere qualcun altro. Non che io abbia origliato”, aggiunse arrossendo.
A quel punto Pansy trovò indispensabile iniziare a parlare della prossima gita ad Hogsmade, fino a che, con suo grande sollievo, entrò Piton e i discorsi cessarono.
 
Quel pomeriggio Draco si recò in biblioteca per finire una ricerca.
Dopo poco entrò Hermione. I due si scambiarono un’occhiata fugace, ma lei, voltandosi dall’altra parte, si sedette dal lato opposto della stanza.
Lui stava quasi per andarle a parlare, quando Pansy arrivò.
Prese posto accanto a lui e gli diede un bacio.
“Pansy, devo studiare.”, sussurrò Draco, facendo attenzione a non farsi sentire da Madama Prince.
Ma il suo gioco era chiaro: aveva visto Hermione e adesso non lo avrebbe mai lasciato stare.
Lei continuò a baciarlo sul collo, anche mentre lui la ignorava, continuando a fare i suoi compiti.
Fino a che, a un certo punto, Hermione, che stava assistendo involontariamente a quello spettacolo, chiuse con un po’ troppo vigore i suoi libri e se ne andò.
Pansy assunse l’espressione più soddisfatta che possedeva.
 
Draco aveva deciso di non parlare con Hermione e aspettare che i pensieri che le dedicava, svanissero da soli.
Ma pochi giorni dopo se la ritrovò di faccia in un corridoio in cui non c’era nessuno.
Lei lo guardò disgustata e continuò a camminare.
Lui non poté far altro che pensare che tempo prima, in una situazione del genere, si sarebbero stretti l’uno all’altro, approfittando di quella solitudine. Si sarebbero scambiati baci, avrebbero pregato che non arrivasse nessuno.
Non ce la fece più. La rincorse e le bloccò il braccio. Come aveva già fatto tempo prima.
“Cosa vuoi, Malfoy?”
“A che gioco stai giocando?”, le chiese.
“Non so di che parli.”
Fece per andarsene, ma lui la fermò di nuovo.
“Si può sapere che vuoi?”
“Perché mi hai ridato il bracciale?”
“Per lo stesso motivo per cui mi hai ridato la spilla, presumo.”
“Mi hai sentito dire che amo qualcuno, dopo che ti avevo promesso di lasciarlo?”
Hermione cercò di non abbassare lo sguardo.
“Devi dirmi altro?”
“Ancora non mi hai risposto.”
“Che senso aveva tenerlo?”
“Pensi che io faccia regali per farmeli ridare? Che io sia un pezzente?”
Ormai erano vicini all’urlare.
“Quel bracciale prima aveva un valore. Adesso non più.”
Ancora una volta cercò di andarsene e fu bloccata nuovamente.
“Che fai, Hermione? Scappi?”
“Non ho niente da dirti.”
“Quindi non ha più valore per te?”
“Dovrebbe averne? Per la te la spilla ne aveva? Per quanto non sia degna di te.”, lo schernì.
“Credi che sia unicamente materiale il valore che io do alle cose?”
“Io credo che non te ne importa di niente.”
“E di te? Neanche di te me ne importava?”
“Se te ne fosse importato, mi avresti parlato. Anche per offendermi, anche solo per dirmi che brutta persona sono. Qualcosa mi avresti detto. E invece niente, zero, sparito.”
“Perché hai lasciato Ron?”, le domandò all’improvviso.
“Non ti riguarda.”, sibilò.
“E perché piangevi con Potter?”
Lei rimase a bocca aperta.
“Non so chi ti abbia detto una cosa del genere, ma è falsa.”
“Ripeto: a che gioco stai giocando?”
“MI DICI COSA VUOI DA ME?”
Ora urlavano. Non importava che il corridoio, attratto dalle loro voci, si era popolato. Non importava niente. Loro avevano un conto in sospeso.
“Come hai potuto dirgli che lo ami, dopo avermi fatto quella promessa?”
“Ho sbagliato, a te non capita mai? Ho avuto paura, Draco, PAURA. Paura di restare sola, di lasciarlo e poi vederti ammettere di aver solo giocato con me.”
“Se pensi questo sei una stupida.”
“Non mi pare che tu abbia lasciato Pansy.”
“Lo avrei fatto a momenti, Hermione. Lo avrei fatto.”
“Perché dovrei crederti?”
“Che importanza ha ora? L’hai detto tu stesso.”
Stavolta lui tentò di andarsene e lei lo fermò.
“Ora sei tu a scappare? Codardo.”
Draco la guardò con aria di sfida.
“Tu, che non hai neanche il coraggio di dirmi cosa provi, osi dare a me del codardo?”
“C’è gente, Draco, attenzione: qualcuno potrebbe vederti parlare con una Mezzosangue.”
“Quanto credi che mi importi? Dannazione, sei una stupida.”
“Non ho intenzione di restare qua a farmi offendere ancora da te.”
“Io ti amo. Sei contenta adesso?”
Gli era scappato dalla bocca, perché Draco aveva un’espressione sorpresa quasi quanto lei.
Non voleva dirlo. Per di più davanti a tutte quelle persone. Ma aveva perso il senno. La logica era andata via.
In tutto il corridoio regnavano mormorii.
“Andate nelle vostre Sale Comuni!”, ringhiò Draco. E la folla si dileguò.
Hermione lo guardava basita.
“Lascia stare.”, le disse e si girò per andarsene.
“Non lascio stare. Anche io.”, sentì dire ad Hermione.
Si avvicinarono pian piano l’uno all’altra. Avevano entrambi le guance rosse dalla rabbia, che sulla carnagione chiara di Draco, si notavano ancora di più.
Lei le accarezzò dolcemente, godendosi ogni centimetro del suo viso.
Lui le prese piano una ciocca di capelli, come voleva fare da tempo.
Si studiarono per qualche secondo così. Poi non ce la fecero più. E si baciarono. Più stretti che mai.
Si erano desiderati per tantissimo tempo e adesso erano finalmente l’uno dell’altro.
“Ridillo.”, chiese lei, continuando a baciarlo.
“Mi sono innamorato di te.” 

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Capitolo 19
*** Libertà. ***


Quando quella sera Draco tornò nella sua Sala Comune, trovò Pansy che lo aspettava davanti l’ingresso.
Era livida.
“Come hai potuto?”, gli chiese.
Lui la guardò e si chiese come aveva potuto fingere per tutto quel tempo.
“Lo sa tutta la scuola. Come hai potuto? Le hai pure detto che la ami?”
Lui tentò di entrare nella Sala Comune, ma lei lo bloccò.
“Mi devi rispondere, è la verità?”
“Si.”, ammise.
“Quindi adesso stai con lei?
“Si.”
Lei rise.
“Immagina quando tuo padre lo verrà a sapere… Hai preso il posto di Ron Weasley con quella schifosa Mezzosangue.”
Non appena finì la frase, si ritrovò la bacchetta di Draco addosso.
“NON CHIAMARLA IN QUEL MODO.”
Lei rimase a bocca aperta.
La lasciò lì, tremante, ed entrò nella Sala Comune.
Non appena mise piede nella stanza, tutto il brusio che vi era, cessò all’istante.
Tutti lo fissavano.
“Qualcuno deve dirmi qualcosa?” chiese livido.
Tutti abbassarono lo sguardo e lui andò nella sua camera.
 
I giorni che seguirono furono strani per entrambi.
Si prendevano per mano davanti a tutti, ignorando i mormorii e le occhiatacce dei Serpeverde, che però non osavano parlare davanti a Draco.
Pansy inizialmente rivolgeva loro sguardi di fuoco, che poi sostituì con una sorta di indifferenza. Ogni volta fingeva che loro non esistessero.
Ron fu informato dei fatti la sera della litigata.
Stentò a crederci.
“Mi hai tradito con lui?”
Hermione annuì e lo vide andarsene, con la consapevolezza che forse lui non la avrebbe mai perdonata.
Harry era titubante quando assieme a loro c’era anche Draco, ma dopo un po’ iniziò ad accettarlo. Anche lui giocava a far finta che il biondo non esistesse.
Fu terrificante, ma allo stesso tempo bellissimo, per quella nuova coppia scoprire quanto fosse facile baciarsi davanti anche ad altre persone. A non doversi più nascondere. A poter stare l’uno accanto all’altro.
Hermione riprese ad indossare il bracciale, Draco si incatenò la spilla addosso.
I professori, li videro insieme, ma non commentarono. La McGranitt  si limitò a lanciar loro occhiate sorprese.
Harry ammoniva Hermione ogni volta che poteva.
“Lui diventerà un Mangiamorte e tu un Auror. A quel punto che accadrà?”
Ma lei si limitava a fare spallucce.
“Non succederà.”
Ma quel dubbio, che tormentava anche lei, svaniva ogni volta che vedeva il candore della sua pelle.
Lo stringeva quanto più forte poteva, perché temeva che le sue paure potessero diventare realtà. Che lui potesse trovarsi ad un bivio e che scegliesse la strada sbagliata.

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Capitolo 20
*** Solo io e te. ***


Con l’avvicinarsi degli esami di fine anno, Hermione passava sempre più tempo chiusa in biblioteca.
Draco faceva lo stesso.
Sedevano vicini senza parlare, continuando a studiare. Ogni tanto lui le accarezza la guancia e lei sorrideva al suo tocco.
Anche Harry ogni tanto sedeva con loro, ma, per lui, stare così vicino al biondo costituiva un supplizio e quindi cercava di evitare. Ma stare con Ron non migliorava certo le cose. L’amico passava tutto il suo tempo a commentare quella nuova coppia, a chiedersi come potesse lei stare insieme a lui.
Harry faceva spallucce e tentava di farsi i fatti suoi.
 
Arrivò il giorno dell’ultima gita a Hogsmeade dell’anno.
Hermione faceva colazione al tavolo della sua Casa, quando Draco le si avvicinò. Le diede un leggero bacio, sotto gli occhi di tutti, che tentavano inutilmente di fare finta di niente.
“Hai finito?”
Lei annuì.
Si presero per mano e si diressero verso il portone principale, dove la McGranitt controllava i permessi di uscita agli studenti del terzo anno. Li scrutò perplessa, ma non proferì parola.
“Ti imbarazza?”, le chiese Draco.
“Cosa?”, fece lei fingendo di non capire.
“Questi sguardi.”
Lei scosse la testa.
“E a te?”
“Non ci troveremmo in questa situazione.”
Passarono la giornata insieme ed ogni tanto sorridevano meravigliati innanzi a tutta quella normalità.
Quando tornarono a scuola, si diedero unicamente appuntamento a quella notte, sperando arrivasse più in fretta possibile.
 
“Come va con Draco?”, chiese Calì a Hermione.
La Sala Comune era piena, ma tutti erano impegnati nei racconti della giornata passata a Hogsmeade.
Lei arrossì.
“Bene.”
Ginny, seduta vicino a loro, si limitava a scuotere la testa, senza parlare.
Non le aveva perdonato ciò che aveva fatto al fratello.
“Ci hai colte tutte alla sprovvista. Insomma, nessuno si sarebbe mai immaginato che voi poteste stare insieme.”
“Sono cose che succedono.”
“Succedono se le provochi”, disse all’improvviso Ginny, guardandola torva.
“Succedono anche se non le provochi.”
“Quindi è successo per caso che hai tradito mio fratello?”
Tutta la Sala Comune si girò a guardarle.
“Non ho intenzione di litigare.”, disse Hermione, girandosi dalla parte opposta.
Ginny alzò la bacchetta, sotto lo sguardo inebetito di tutti.
Ron si limitava a guardarle a bocca aperta, dalla parte opposta della stanza. Neanche lui si aspettava una reazione del genere da parte della sorella.
“Abbassa quella cosa.”, disse subito Harry.
Ginny non lo ascoltò. Continuava a guardarsi torva negli occhi con Hermione.
“Sono un Caposcuola; abbassa immediatamente la bacchetta o sarò costretta a punirti.”, le disse quest’ultima.
Lei rise.
“Adesso possiedi tutta questa moralità? Non l’hai persa del tutto insieme a Malfoy?”
Ron si mise in mezzo alle due ragazze.
“Ginny, adesso basta.”
“Devono sapere tutti di che razza è quella.”, disse, riferendosi ad Hermione.
Hermione a quel punto alzò anche lei la bacchetta.
Era fuori di sè, ma tentava ugualmente di mantenere la calma.
“Te lo dico per l’ultima volta. Abbassa la bacchetta.”
“Oppure? Mi fai torturare dagli amichetti di Malfoy? Da chi esattamente? Da Zia Bellatrix o direttamente da Tu-Sai-Chi?”
“Abbassa la bacchetta.”
“Sei patetica, Hermione. Ti professi amica di Harry e, dopo tutto quello che abbiamo passato, inizi a fartela con il nemico?”
“Tu non conosci Draco e la cosa neanche ti riguarda. Te lo ripeto ancora: abbassa quella cosa.”
Fu un lampo improvviso, che partì dalla bacchetta di Ginny.
Hermione urlò istintivamente “PROTEGO!” e la rossa fu scagliata dall’altra parte della stanza dalla sua stessa maledizione.
Tutta la Sala Comune si immobilizzò.
Le due si guardarono nuovamente negli occhi ed Hermione corse fuori dalla Sala.
 
Draco era a cena, quando gli arrivò la voce di ciò che era successo nella Sala di Ritrovo dei Grifondoro.
Si alzò subito, senza esitazione. La trovò nel bagno delle ragazze del secondo piano, che piangeva a terra, accanto al lavandino.
Si sedette accanto a lei e la abbracciò, senza parlare.
Hermione pianse un bel po’, prima di calmarsi.
“Mi dispiace che te l’abbiano detto.”
Lui la accarezzò.
“Mi dispiace che sia successo.”
Le diede un lieve bacio sulle labbra.
“Se non ci lasciamo, non smetteranno mai.”
Lei lo guardò sorpresa.
“E’ quello che vuoi?”
Lui scosse la testa.
“Lo dico per te.”
“A me ci penso io.”
“A te ci penso io.”, disse Draco, baciandola di nuovo.
Ora Hermione era calma. Aveva tutto ciò di cui aveva bisogno.
“Ti amo, Granger. E sapere che devi sopportare tutto questo, non mi rende contento.”
Lei fece spallucce.
“Prima o poi smetteranno.”
“Ci siamo solo io e te. E mi basta.”
“Solo noi.”, ripeté Hermione totalmente calma.

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Capitolo 21
*** La fine ***


Hermione era stesa sul suo letto. Cercava di rimuovere ciò che era successo, senza alcun risultato.
Erano passate poche settimane, il sole estivo batteva forte sulle strade.
Lei ormai non usciva più dalla sua stanza.
“Dimentica. Dimentica. Dimentica.”, si diceva. Ma non poteva. Non poteva proprio.

Ricordava la partita di Quidditch tra Grifondoro e Serpeverde. Il sorriso che Draco le aveva fatto poco prima della partita, mentre Ron li guardava torvi. La vittoria di Grifondoro. La sua gioia nel vedere Harry felice, consolare Draco quella stessa sera.
Ricordava come passavano i pomeriggi a studiare insieme.
Gli esami. Prepararsi a lungo, interrogarsi a vicenda. Draco non era mai stato così preparato e agli esami avevano entrambi fatto una bellissima figura.
Tutto era perfetto. Loro due. Nient’altro che loro due. Se lo erano giurato. Ma erano stati frettolosi, non avevano considerato.
“Come sono stata stupida”, pensava Hermione, stesa su quel letto.
Camminare mano nella mano, fare l’amore tre, quattro volte. E poi rivolersi. Un circolo vizioso. Smettere di ragionare.
Chiusi in una gabbia dorata, non avevano riflettuto.
“Io sarò un auror, Draco.”, gli diceva Hermione.
Lui annuiva. “E starai con me.”, e lei si sentiva rassicurata. Perché sarebbe stata con lui, che non sarebbe diventato un Mangiamorte. Anche se non lo aveva mai detto. Lei ci credeva.
E poi era arrivato il caldo.
Lei lo vedeva strano da giorni, ma pensava fosse l’ansia per gli esami.
Quella notte fecero l’amore. Lui la strinse forte, più del solito.
“Che hai?”, gli chiese.
“Vieni con me.”
“Dove?”
Lui non rispose. E lei capì. Non lo aveva cambiato. Lui era sempre uguale. Si rivestì e tornò nel suo dormitorio.
Il giorno dopo, prima di salire sul treno per tornare a casa, lui la fermò.
Si guardarono negli occhi a lungo e poi lui disse di nuovo “Vieni con me.”
“Io sarò un auror, Draco.”
“Il Signore Oscuro ha dei progetti per me.”
“E tu non puoi sottrarti, immagino.”
Lui scosse la testa.
“Non posso, Hermione. Ma noi possiamo stare insieme, tu, se lo vuoi, puoi stare al mio fianco.”
Lei ebbe anche un attimo di titubanza. Era innamorata persa. Lo avrebbe seguito. Ma come lui non poteva sottrarsi al suo futuro, lei non poteva evitare il suo.
“È un addio quindi?”
“Se diventi come loro, no.”
“Tu mi darai la caccia. Potresti anche uccidermi, te ne rendi conto?”
Lei annuì.
“Lo hai deciso tu.”
Non lo aveva più rivisto. Harry le raccontava che l’Ordine della Fenice si stava preparando, che Voldemort era sempre più vicino. E Draco era con lui. Ormai era ufficialmente un Mangiamorte.
L’amore non era bastato. Lei non era bastata.
“Io ti amo.”, le aveva detto, prima di scomparire per sempre. E forse era vero. Ma non era abbastanza.
Hermione guardò la pila di lettere che si erano accumulate sulla scrivania. Anche Ron aveva ripreso a scriverle, aveva compreso la situazione.
Decise di alzarsi, di leggerle, di prepararsi a ciò che la attendeva.
Ci sarebbe stata una Guerra e avrebbe visto Draco combattere sul fronte opposto.
Stringendo ancora una volta il bracciale che aveva ricevuto a Natale, con gli occhi lucidi, trovò la forza per reagire.
Lei sarebbe diventata un Auror. E giurò a se stessa che se avesse dovuto combattere contro di Lui, che ormai aveva scelto un'altra strada, non avrebbe esitato.

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