Katleen

di DarkEyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
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Prologo

 

 

 

La pioggia batteva insistente sul taxi in corsa, grossi rivoli rigavano i finestrini e quel fragore mi rendeva ancora più nervosa di quanto già non fossi. Stringevo tra le dita il biglietto da visita con l’indirizzo, scritto ad inchiostro rosso sangue, che avevo appena sussurrato a denti stretti al conducente. Il cuore mi martellava in gola e continuavo a guardare dietro nel buio per controllare se qualche auto ci seguisse. Ero in fuga, ero nel panico assoluto e mi stavo dirigendo verso l’unica persona in grado di proteggermi si, ma che forse nemmeno si ricordava di me e che forse non aveva la minima intenzione di aiutarmi. Ma dovevo provarci. Ero in pericolo, mi ero trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato ma se fossi stata una passante comune me la sarei cavata facilmente con qualche intimidazione in cambio della bocca chiusa, ma io non ero una passante comune e loro lo sapevano. Non avrei dovuto vedere ciò che avevo visto e per mettermi a tacere loro avrebbero usato un solo ed efficace metodo…

Il taxi frenò di colpo e per poco non sbattei la fronte contro il vetro, guardai fuori dal finestrino. Una piccola villa si stagliava contro il cielo grigio, tutte le finestre erano chiuse con tende, sembrava disabitata… sperai ardentemente in cuor mio che non fosse così. Pagai velocemente il conducente e scesi dal taxi affondando completamente con i piedi in una pozzanghera, quella era davvero la mia giornata sfortunata! La pioggia mi cadeva potente sul viso schiacciandomi i capelli sugli occhi, alcune gocce mi scivolarono nella maglietta lungo la schiena facendomi rabbrividire di freddo. Mi strinsi le braccia intorno al corpo, mi feci forza e mi avvicinai al citofono alla destra del cancello che proteggeva la villa. Attraverso le sbarre vidi che l’intero giardino era allagato e il vialetto era diventato un ruscello. Scossi la testa e premetti il pulsante accanto al quale non c’era alcun nome che indicasse i proprietari della casa.

Attesi qualche minuto ma nessuno mi rispose, oramai ero un pezzo di ghiaccio e avevo gli abiti zuppi. Premetti con maggiore energia e per maggior tempo il pulsante, quasi con rabbia. Ti prego rispondi ti prego ti prego ti prego!

Un ronzio mi fece sobbalzare, poi una voce chiese:

- Si chi è?-

Era delicata, avvolgente come la seta, un brivido d’emozione risalì lungo la mia schiena. Era lui non ne avevo dubbi. Presi fiato e cercai di rispondere con voce ferma.

- Sono Katleen -

- Katleen? – domandò e la sua voce mi schiaffeggiò come una folata di vento invernale. Sospirai demoralizzata, lo sapevo non si ricordava di me ed io che dopo tutto quel tempo ancora ci speravo. Deglutii a fatica e presi a snocciolare il discorso che mentalmente mi ero preparata nel taxi nell’eventualità che lui non si ricordasse, ma non fu così semplice come credevo.

- Katleen Combs.. lo so che non ti ricordi di me, ma otto anni fa noi ci siamo incontrati.. mi avevi detto che.. ecco.. io avrei bisogno di un posto dove.. -

- Katie! – la sua voce mi interruppe, un misto tra il sorpreso e il felice, era dolce quasi palpabile, troppo netta per provenire dal citofono. Mi voltai verso il cancello e tra le sbarre scorsi un viso diafano e due occhi grigi e profondi che mi guardavano. Si mosse lentamente con eleganza felina, aprì il cancello e mi porse la mano, io allungai la mia continuando a fissarlo negli occhi incantata, mi tirò davanti a se.

- Gabriel… - sussurrai assaporando quel nome come un gustoso cioccolatino. Lui mi stringeva ancora la mano nella sua e sorrideva. Era così bello coi lunghi capelli scuri che gli incorniciavano il viso e gli occhi grigi e magnetici, era bello come la prima volta che lo avevo incontrato, era rimasto immutato negli anni. La pioggia continuava a scorrere su di noi che seguitavamo immobili a guardarci, era come se il tempo si fosse cristallizzato rendendo tutto irreale.

 

****

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Capitolo 2
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2.

 

 

****

 

Avevo sedici anni e avevo da poco appreso ciò che ero. Era sera e stavo tornando a casa, la strada era deserta tranne per qualche auto che di corsa passava illuminandomi coi fari. Avevo scoperto uno di loro mentre aggrediva una donna e d’istinto ero corsa per difenderla, ma dopo qualche secondo ne arrivò un altro ed io ero ancora alle prime armi. Non ero tanto forte.

Mi trascinarono in un vicolo buio ed ebbero la meglio su di me, mi colpivano con forza e senza sosta digrignando quelle loro orribili zanne, l’ultimo colpo mi fece sbattere con la testa contro il muro. La vista si annebbiò e le vertigini mi fecero cadere a terra priva di sensi, o quasi. I due si gettarono velocemente su di me, cominciarono a tastarmi il collo con le loro mani fredde, sentii le zanne di uno graffiarmi una guancia. Ero troppo debole e stordita per reagire, avevo male dappertutto e la testa vuota, mi tenevano bloccata a terra.

- Lasciatela stare! – una voce tuonò, era sicura e autoritaria, io provai ad aprire gli occhi ma una fitta al cervello mi fece desistere.

- Lasciarla? Ma è impazzito? – urlò uno dei due che era sopra di me.

- E’ sangue fresco, perché dovremmo? – grugnì l’altro.

- Vi ho detto di lasciarla stare! Obbedite! – ordinò la voce autoritaria e i due si separarono da me mentre l’altro invece si avvicinava.

- Come ti senti? – sussurrò dolcemente inginocchiandosi al mio lato, io provai a rispondere aprendo appena le labbra ma un’ondata di nausea mi permise solo di gemere. Dovevo essere davvero uno spettacolo pietoso.

- Col mio aiuto riesci a sederti?-

Deglutii a fatica cercando di reprimere lo stimolo di vomitare e annuii appena con la testa provocando fitte lancinanti alla nuca. Lui mi passò un braccio dietro le spalle e mi aiutò a sollevarmi ma in quell’istante fu come se il mio cranio esplodesse, ansimai di dolore, urlai e la mia stessa voce mi echeggiò dolorosamente nelle orecchie. Mi strinse a lui poggiandomi l’altra mano sulla fronte, le sue dita erano fredde ma in quel momento era piacevole quel tocco sulla pelle, cominciò a sussurrarmi parole incomprensibili. La voce era avvolgente e morbida come velluto, mi cullò e io mi rilassai abbandonandomi contro la sua spalla, il dolore sembrò pian piano calmarsi riducendosi ad un generale senso di malessere. Una sciocchezza in confronto a come mi sentivo prima!

- Va meglio? – chiese e io aprii gli occhi per guardarlo. La sua bellezza mi colpì subito, aveva capelli neri e lisci che gli arrivavano fin sulle spalle, occhi grigi e profondi bordati da ciglia folte e scure, la pelle chiara come cera.

- Sto meglio si.. – risposi incerta mentre continuavo a fissarlo, qualcosa in lui non mi era chiaro, era come se fosse avvolto da un’aura luminosa, e poi come avevo fatto a riprendermi così velocemente da quella botta? Lui sorrideva compiaciuto.

- Cosa mi hai fatto? Chi sei? - domandai allarmata sgusciando via dalle sue braccia. Il sorriso si spense dalle sue labbra esangui e una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto, gemette curvandosi su se stesso e lentamente si rannicchiò sull’asfalto. Respirava affannosamente e in quell’istante vidi sotto il suo labbro superiore lampeggiare due grossi canini appuntiti.

- Ma.. sei.. un vampiro! Che diavolo mi hai fatto? – sibilai infuriata mentre lui continuava ad boccheggiare di dolore davanti ai miei occhi.

- ..cos’hai? – poi gli chiesi preoccupata, ora era lui ad essere uno spettacolo pietoso.

- Stavi veramente messa male.. per aiutarti ho condiviso con te la mia energia vitale..- disse in un mormorio soffocato, io tentennai il capo confusa.

- Io.. io ho assorbito il tuo dolore e ti ho trasmesso.. una parte della mia energia - mi spiegò lentamente mentre il suo respiro cominciava a stabilizzarsi.

- Ora stai provando il mio stesso dolore? –

- Sta passando. Un vampiro è molto più forte di una giovane umana… - rispose abbozzando un sorriso, poi si distese supino e chiuse gli occhi. – Ora ho bisogno di riposare. Tu vai, corri a casa al sicuro prima che quei due tornino.. –

Io balzai in piedi pronta ad andar via, non me lo sarei mica fatto ripetere, poi mi voltai a fissarlo per l’ultima volta. Lui era ancora steso e il suo corpo era percosso da leggeri fremiti, mi aveva consigliato di andarmene ma io no so perché non ce la facevo a lasciarlo lì solo, in fondo mi aveva salvato la vita anche se non sapevo perché. In qualche modo gli ero debitrice nonostante lui fosse un vampiro.

M’inginocchiai accanto a lui, presi una sua mano tra le mie, era fredda e io ingenuamente volevo scaldargliela. Lui sorrise appena sentendomi al suo fianco, si rilassò e probabilmente si addormentò. Doveva recuperare le energie perse, le sue le aveva donate a me.

Restai a guardarlo per non so quanto tempo, lui era così dannatamente bello, era perfetto. Il cielo si fece sempre più nero e profondo, una leggera ma gelida brezza si alzò a scompigliarmi i capelli e chiusi gli occhi per schermarli dai detriti che volavano.

Qualcosa mi sfiorò la guancia e io spalancai le palpebre, lui si era alzato a sedere e mi guardava con i suoi occhi grigi, gelidi, in cui mi sentivo perdere.

- Sei ferita - sussurrò e la sua voce mi scivolò sulla pelle come un petalo di rosa.

- E’ solo un graffio - risposi riferendomi allo sfregio che il precedente vampiro mi aveva lasciato sulla guancia con i suoi canini, scrollai le spalle infastidita.

- Vorrei sapere perché mi ha salvato la vita? – gli chiesi alzandomi in piedi e anche lui lentamente si tirò su, era molto più alto e possente di me, mi superava all’incirca di 25 cm.

- Perché eri una bambina contro due mostri e stavano per ucciderti - rispose lui con semplicità, l’espressione del suo viso era neutrale quasi distaccata.

- Ma sei un vampiro! Tutti i vampiri di S. Francisco vorrebbero farmi fuori non salvarmi! – esclamai io irritata, mi sentivo presa in giro e odiavo essere chiamata bambina. Lui sorrise e il suo viso si illuminò di una strana luce.

- Farti fuori? – rise divertito – Preferirei fare con te ben altro… - aggiunse pronunciando il verbo “fare” con tono sensuale, io arrossii fino alla punta dei capelli e incrociai le braccia sul petto inviperita.

- Smettiamola con questi giochetti, voglio una risposta seria! – esclamai con decisione e lui smise di sorridere, fece qualche passo avvicinandosi a me.

- Quei due vampiri volevano morderti come si fa con un’umana dal sangue fresco, loro non sapevano chi sei… ma io lo so.. mia piccola prescelta! - disse con voce profonda e ipnotica che mi fece rabbrividire, con una mano mi accarezzò i capelli ma io mi scostai seccata.

- Ucciderti ora che sei così inesperta sarebbe sleale… e io odio essere sleale! –

- Continuo a non capire.. – ammisi alzando le spalle, lui emanava una forte energia, io non ero ancora in grado di quantificare quanto fosse antico.. ma doveva essere un vampiro davvero potente. Per un attimo un’idea guizzò nella mia testa, l’idea che lui potesse essere un.. No! Assolutamente non volevo pensarci!

- Il tuo potere si evolverà col tempo e diventerai una grossa minaccia per i vampiri, questo è vero, ma io preferisco averti dalla mia parte piuttosto che contro – ammise lui.

- Cosa vuoi dire? Non diventerò mai una vostra alleata! – esclamai inarcando un sopracciglio.

- Nostra? No no. Mia alleata! – sorrise divertito – Ti ho aiutata perché hai un grande potenziale che potrebbe risultarmi utile, inoltre ora in qualche modo siamo legati… con lo scambio di energia vitale ho condiviso con te un grande dono, ti ho imposto il mio marchio. –

La sua voce seria mi scivolò lungo la schiena come un cubetto di ghiaccio, rabbrividii a quelle parole, non ne sapevo molto di marchi ma sapevo che non era una cosa positiva per me.

- Lo so cosa stai pensando mia piccola prescelta, ma sbagli! – disse avvicinandosi ancora di più, i nostri corpi di sfioravano appena e mi ritrovai a fissare il suo petto, con una mano mi alzò il mento in modo che io potessi guardarlo negli occhi. Erano grigi, freddi e cupi come iceberg ma frementi di vita, palpitanti di bramosia.

- Con questo marchio ti prometto che ti proteggerò da qualsiasi cosa, tu ora sei parte di me. – sussurrò dolcemente – Io rimarrò nel mio mondo e tu continuerai la tua vita nel tuo, non ti sarò d’intralcio… potrai anche dimenticarti di me. Ma se un vampiro oserà toccarti troverà pane per i suoi denti! - sorrise con un lampeggiar di zanne.

- E.. dov’è la fregatura? – chiesi accigliata – Cosa vuoi in cambio? –

- Niente piccola mia.. per ora. Quando sarai grande ne riparleremo.. Ricorda io sarò sempre dalla tua parte, ti proteggerò, ma se un giorno dovessimo trovarci uno contro l’altro.. non sarò così indulgente. –

Deglutii faticosamente, ecco dov’era la fregatura! Se come lui sosteneva, in futuro io sarei diventata così potente, con quell’abile mossa si era guadagnato un posto in paradiso, mi aveva legato mani e piedi in modo che io non potessi mai intralciarlo. Era così assurda quella situazione che avrei voluto scappare via, ma invece me ne rimanevo lì paralizzata continuando a guardare quegli occhi così tremendamente ammalianti.

- Qual è il tuo nome, mia piccola prescelta?- mi chiese con un sorriso pieno di allusioni. Arrossii nuovamente mentre cercavo di controllarmi, ma.. cavolo! Ero una ragazzina e nessun mio coetaneo mi aveva mai sorriso a quel modo, e lui era un vampiro affascinante che mi stava promettendo protezione eterna.

- Katleen - risposi con voce ferma, almeno quella ero riuscita a controllarla.

- Un nome affascinante.. – sussurrò mentre infilava una mano nel suo giubbotto e ne estraeva un cartoncino bianco, me lo porse tenendolo tra il dito indice e il medio. Su un lato era scritto ad inchiostro rosso un indirizzo e un numero di telefono.

- Nel caso ti servisse aiuto.. mi puoi trovare lì. -

- Va bene.. – mormorai continuando a fissare il bigliettino.

- Il mio nome è Gabriel - disse il vampiro e la sua voce mi lambì il viso come brezza ardente. Tornai a fissarlo negli occhi, lui si chinò su di me con il viso a pochi centimetri dal mio, annegai nella profondità del suo sguardo e sentii le mie gambe vacillare.

- Ti proteggerò sempre, piccola mia. Ricordalo.. – sussurrò teneramente, la sua bocca esitò per un attimo sulla mia poi mi diede un casto bacio. Le sue labbra era morbide e calde, il battere del mio cuore accelerò facendomi mancare il respiro ma mi rilassai concentrandomi sulla pressione della sua bocca sulla mia. Senza neanche staccarsi da me scomparve, in un guizzo sparì, e da allora non lo rividi più.

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Capitolo 3
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3.

 

 

 

- Vieni entriamo in casa – mi disse e io lo seguii a testa china sotto la pioggia.

L’interno della casa era buio illuminato solo da qualche candela, sulla destra si intravedeva un salotto rischiarato dal bagliore del camino, sulla sinistra c’era una porta a vetri chiusa e una scala che saliva al piano superiore.

- Torno subito, aspettami qui. –

Si allontanò da me sparendo nell’oscurità e io rimasi sola a fissarmi intorno, mi diressi verso il salotto, gettai su una sedia la mia borsa e mi accostai al fuoco per riscaldarmi, avevo le mani gelide. Dopo qualche minuto lui tornò e tra le mani reggeva degli abiti asciutti.

- Cambiati o altrimenti ti ammalerai! – disse con un espressione che non ammetteva obiezioni e lo seguii davanti ad una porta di legno scuro che conduceva al bagno. Mi porse il fagotto di abiti asciutti con un sorriso malizioso dipinto sulle labbra, mi fissava insistentemente ma mi accorsi che non mi stava assolutamente guardando in faccia.

- Vedo che sei cresciuta! – affermò ammiccando e continuando a sorridere, io allora abbassai il capo e capii a cosa lui alludesse. La pioggia aveva completamente bagnato la camicetta bianca che portavo sotto il giubbotto, rendendola trasparente e aderente al mio seno. Arrossì e sbuffai furiosa.

- E io vedo che tu non sei cambiato per nulla! – esclamai entrando nel bagno e chiudendogli la porta in faccia, lo sentii ridacchiare mentre si allontanava e alla fine sorrisi anche io.

Il bagno era un rettangolo luminoso dove prevalevano i colori bianco e borgogna, semplice ma lussuoso. Poggiai il fagotto asciutto sul lavandino e cominciai a spogliarmi, i miei abiti erano completamente fradici così li stesi ad asciugare sul calorifero. Indossai quelli che mi aveva dato Gabriel che comprendevano una camicia azzurra da uomo, probabilmente la sua, che mi stava troppo grande e lunga fino a mezza coscia, e un pantalone sportivo nero che strinsi al massimo in vita per non farmelo cadere di dosso e rimanere in mutande. Mi guardai allo specchio e contemplai perplessa il mio riflesso, i miei lunghi capelli castani erano completamente bagnati, il viso era più pallido del solito e il mascara sciolto aveva creato aloni scuri intorno agli occhi color nocciola. Aprii il rubinetto e mi sciacquai la faccia ripulendomi dal trucco sbavato.

Camminando a piedi nudi sul freddo parquet ritornai da Gabriel, che mi aspettava nel salotto seduto comodamente sul divano porpora di fronte al camino, quando mi vide arrivare sorrise e mi invitò ad accomodarmi accanto a lui. Il divano era a tre posti, Gabriel sedeva nell’angolo destro così io decisi di accoccolarmi in quello opposto lasciando un posto vuoto tra di noi.

Se la cosa gli diede fastidio di certo non lo diede a vedere e comunque poco me ne sarebbe importato. Lui era pur sempre un vampiro e anche se avrebbe dovuto proteggermi io dovevo pur pensare a come proteggermi da lui nel caso ce ne fosse stato bisogno. Quindi ogni mia precauzione era più che lecita.

- Ti ho fatto preparare del caffé – disse indicandomi delle tazze poggiate sul tavolino basso davanti ai miei piedi, ne presi una e la strinsi forte tra le mani per riscaldarmi le dita ancora un po’ intirizzite. Sorseggiai lentamente il fumante liquido nero che mi scivolò nello stomaco provocandomi una tenue sensazione di benessere. Mi chiesi a chi Gabriel avesse chiesto di preparare del caffé e quindi se non fossimo soli in casa, fui sul punto di domandarglielo ma lasciai perdere. Forse non ero così sicura di volerlo sapere..  Comunque sotto la camicia enorme portavo la fondina ascellare con la mia pistola, certo senza proiettili d’argento avrei fatto ben poco contro un vampiro ma almeno ero sicura di potermi difendere da altri esseri umani e non era cosa da poco. Mi accomodai meglio nell’angolo del divano rannicchiando le gambe contro il bracciolo, il silenzio era pesante e se non avessi avuto il vampiro davanti ai miei occhi avrei giurato di essere sola in quella stanza, la sua presenza era difficile da percepire. Riusciva a rimanere immobile come una statua bellissima e fredda, se stesse respirando o meno non riuscivo a capirlo.

Anche lui si era cambiato gli abiti bagnati indossando una camicia nera aperta sul petto che metteva ancora più in risalto il pallore della sua pelle, i capelli scuri e umidi li aveva pettinati all’indietro dando luce al viso e lasciando interamente spazio allo splendore dei suoi occhi grigi. Un po’ imbarazzata mi misi a fissare il fuoco del camino sperando che lui si decidesse a rompere il ghiaccio.

- Che ci fai allora qui? – disse ad un tratto con voce normale come se stesse parlando da ore, la sua domanda mi lasciò un po’ spiazzata, era di una crudezza palpabile.

- Ho bisogno del tuo aiuto.. -

- Che tipo di aiuto? – chiese con maggior dolcezza, io presi fiato e mi preparai a raccontare ciò che mi era successo quella sera.

- Erano le dieci e avevo fatto un po’ tardi a lavoro, stavo tornando a casa a piedi quando ho pensato di prendere una facile scorciatoia visto che stava cominciando a piovigginare. Ho imboccato il vicolo che unisce Raft Road a Mercedy Street, ero quasi arrivata alla fine quando ho sentito dei rumori… mi sono nascosta dietro dei cassonetti e ho visto due vampiri che… picchiavano uno di loro. –

- Cosa? – domando Gabriel senza agitarsi ma nella sua voce colsi una tremula nota di stupore.

- Si, due vampiri che litigavano con un terzo. Non ho visto i loro volti ma so per certo che erano tre vampiri, e tu sai che io non posso sbagliarmi… Due di loro erano abbastanza antichi ma il terzo doveva essere davvero potente – continuai a spiegare stringendo ancora più forte la tazza tra le mani, il suo sguardo era fisso immobile su di me e ciò mi metteva nettamente a disagio. Era come se fossi sotto interrogatorio, mezza parola sbagliata e sei fritto!

- Tre vampiri antichi che si picchiano in un vicolo? -  fece lui perplesso – Continua.. -

- Lo so che può sembrare assurdo ma io non me lo sto inventando! – esclamai offesa – Comunque alla fine uno dei vampiri ha estratto un arma, probabilmente una spada e ha ucciso il terzo vampiro, e non ci crederai ma.. -

- ..il vampiro ucciso era quello più antico e potente?! – continuo Gabriel la frase al posto mio con perspicacia, io annuii.

- Poi cos’è successo? –

- Volevo intervenire ma non mi è sembrata una buona idea in quel momento, così con cautela ho indietreggiato ma ho urtato contro qualcosa e.. oddio! Ho fatto un casino terribile! I due vampiri si sono accorti di me e credo proprio che mi abbiano riconosciuta.. mi son messa a correre sotto la pioggia per seminarli e.. – spiegai tutto d’un fiato ma lui mi interruppe nuovamente.

- Tu che scappi? Ma non potevi usare la pistola? –

- Io veramente.. non avevo proiettili d’argento con me! – dissi con un deprimente mezzo sorriso, mi conosceva bene a quanto pare per sapere che non era da me fuggire via in quelle situazioni.

- Ecco perché non ti sei immischiata! Che piccola bugiarda! – esclamò Gabriel sorridendo – E allora a cosa ti serve portare quella pistola sotto la camicia? Lo sai che senza proiettili placcati non mi faresti nemmeno il solletico… -

In quel momento sentii le mie guance andare in fiamme, fu imbarazzante come essere vista nuda all’improvviso. Si fu proprio quella la sensazione mi sentii spogliata dai suoi occhi, non so come facesse a sapere che portavo la fondina sotto i vestiti ma lo sapeva e ciò mi innervosiva parecchio.

- Io sono libera di portare ciò che voglio! – dissi inviperita e lui alzò le mani in segno di resa ma i suoi occhi ridevano, ridevano di me e si divertiva da morire a prendermi in giro.

- Ad ogni modo, - ripresi cercando di tornar calma – ho corso più veloce che potevo ma non sapevo proprio dove rifugiarmi, son salita sul primo taxi che ho trovato e ho avuto paura che se fossi tornata a casa loro mi avrebbero seguita e scoperto dove vivo. Un rischio troppo alto per me! Così mi sei venuto in mente tu… - pronunciai le ultime parole con un fil di voce, lo guardai negli occhi e provai un’avvolgente sensazione di olio caldo che scivola sulla pelle. Deglutii a fatica e distolsi lo sguardo dal suo rapidamente.

- Hai fatto bene – disse Gabriel in un sussurro che mi scivolò sul viso come brezza estiva mentre fissavo dinanzi a me un punto imprecisato del pavimento cercando di vincere la tentazione di guardarlo nuovamente negli occhi, ma sentivo la sua presenza pulsante di potere e bramosia al mio fianco e questo rendeva il mio sforzo ancora più difficile.

- Tu non sai nulla riguardo a questi vampiri? – gli chiesi continuando a guardare altrove.

- Il tuo racconto non è stato proprio così esauriente per farmi un’idea di chi possano essere.. e poi lo sai che son fuori da questi giri ormai! – rispose con una nota amara nella voce.

- Si lo so, ma se magari ti informi.. cavolo hanno ucciso un vampiro, uno di voi davvero potente, dovrà pur saltare fuori qualcosa a riguardo! –

- Se erano vampiri del Master di S. Francisco posso facilmente scoprirlo, ma ne dubito che sia così.. lui non permetterebbe un comportamento del genere. Ad ogni modo indagherò! –

- Grazie – dissi sollevata, nonostante tutto saperlo dalla mia parte mi faceva sentire un minimo protetta. Infine mi voltai e vidi che mi sorrideva, uno dei più dolci e teneri sorrisi che avessi mai visto, sembrava un bellissimo angelo ma sapevo che dietro quel viso perfetto si nascondeva un diavolo potente.

- Come hai fatto a trovarmi? – mi domandò con voce soffusa, con quel tono da chiacchiere intime scambiate sotto le coperte.

- Il biglietto.. – risposi in un flebile sussurro, cavolo stavo perdendo di nuovo il controllo.

- Quale biglietto? –

- Quello che mi hai dato quel giorno, con il tuo indirizzo. –

Lui mi fissò con uno sguardo intenso e mi sentii annegare nelle profondità di quegli occhi luminosi, magnetici, voluttuosi, e per poco non mi scivolò via dalle mani la tazza che ancora stringevo così mi allungai verso il tavolino per posarla. Quando tornai a sedermi lui era accanto a me, troppo vicino, si era spostato così velocemente e così silenziosamente che non ero riuscita nemmeno a percepirlo. Aveva eluso i miei sensi con una facilità preoccupante, pochi vampiri ci riuscivano, non a casa ero una Prescelta. Sedeva accanto a me con un braccio allungato sullo schienale e la sua mano mi sfiorò la nuca, io con uno scatto mi ritrassi e lo guardai perplessa.. o forse spaventata.

- Così hai conservato per tutto questo tempo il mio biglietto.. – disse lascivo con voce vellutata  mentre le sue labbra si increspavano in un languido sorriso – Sei stata fortunata a trovarmi stanotte. Per gli ultimi quattro anni ho vissuto in Europa, sono tornato qui a S. Francisco solo pochi mesi fa. -

- Un tempismo perfetto! – esclamai sarcastica e lui ridacchiò, ma pensando all’eventualità di non averlo potuto trovare e di non aver potuto avere il suo aiuto mi sentii lo stomaco stretto come in una morsa. Ma per fortuna lui era lì e io sarei riuscita a scoprire la misteriosa morte del vampiro.

Con la sua naturale eleganza ad un tratto si chinò verso di me e i suoi capelli mi sfiorarono una guancia, eravamo così vicini che mi sentii completamente immersa nei suoi occhi che apparivano grandi e limpidi, come due pozze d’acqua in cui una luna argentea vi si stava specchiando.

Sentivo il suo potere e la bramosia turbinare attorno alla sua figura come un’aura elettrica che crepitava nell’aria e mi pizzicava la pelle. Non mi piaceva quella situazione, assolutamente, lui era troppo potente per riuscire a opporsi, sentivo che stava per accadere qualcosa tra di noi che era rimasta sopita negli anni ed ora si stava risvegliando. Gli poggiai una mano sul petto per spingerlo via e contro il palmo sentii il battito del suo cuore, troppo veloce e frenetico. Trattenni il fiato spaventata. Lui con delicatezza ma con decisione si oppose alla mia spinta e si chinò ancora di più verso il mio viso.

- Non sono più l’ingenua ragazzina di otto anni fa… - gli dissi cercando di respingerlo, lui parve capire l’allusione e sorrise divertito. Beato lui che almeno si divertiva…

- Lo so piccola mia – mi sussurrò dolcemente mentre il suo respiro mi solleticava le labbra facendomi trasalire e arrossire.

- Smettila! – esclamai – Non sono venuta qui per questo –

- Sei venuta qui per avere il mio aiuto – puntualizzò Gabriel allontandosi pochi centimetri da me, giusto per star più comodo in quella posizione.

- Si infatti! –

- E secondo te io non dovrei aver nulla in cambio di questo aiuto? –

- Mi sembra che tu ti sia già preso abbastanza da me.. -  precisai contrariata inarcando le sopracciglia, in quell’istante il suo bel viso parve sgretolarsi.

- Ricordati che ti ho salvato la vita, è questa la tua riconoscenza? – il suo tono di voce fu calmo ma l’aura intorno a lui crepitò ancora più forte colpendomi in viso come vento caldo.

- Mi hai salvato la vita solo per avere ciò che ti serviva, per impormi il tuo marchio senza permesso e per attingere al mio potere! Credi che non lo sappia!! – esclamai mentre il volume della mia voce aumentava ad ogni parola, sfogando in ogni sillaba tutta la rabbia e il rancore che mi covavo dentro da anni.

La sua energia crebbe nuovamente, questa volta però esplose in un’ondata di potere che mi sommerse spingendomi via da lui. Caddi oltre il divano senza fiato mentre la sua energia mi pizzicava ancora la pelle come minuscoli insetti zampettanti, ansimante lo guardai in volto. I suoi occhi erano totalmente grigi senza pupille e senza il bianco, erano due pezzi di ghiaccio incastonati in un volto di marmo. Mi alzai in piedi barcollando, avrei voluto gridargli contro tante altre cose ancora ma un nodo alla gola me lo impedì, cacciai indietro le lacrime che mi pungevano agli angoli degli occhi. Non era il momento per piangere, per mostrarsi debole.

- Piccola mia.. – sussurrò Gabriel ed io alzai il viso per guardarlo, i suoi occhi e il suo volto erano tornati normali ma mostravano un’espressione addolorata – Lo sai che non è quello il motivo per cui mi son intromesso nella tua vita. –

- E qual è? – chiesi incrociando le braccia intorno al petto per difendermi.

- Non volevo che tu morissi – disse lui tranquillamente avvicinandosi a me con passi flessuosi.

- Perchè?? – urlai con voce roca e disperata.

- Eri ancora inesperta, sarebbe stato sleale.. –

- Taci!! – lo interruppi e lui mi guardò confuso – Smettila con questa storia a cui non ho mai creduto. Per otto anni hai invaso la mia mente e i miei sogni facendomi credere che fossero solo frutto della mia fantasia, dei miei ricordi, ma oggi ho avuto la conferma che eri tu! Eri tu che entravi nella mia testa quando ti faceva comodo! Mentre venivo qui in taxi.. ho avuto quasi paura che tu non ti ricordassi di me.. che stupida che sono stata! Che ingenua! Tu non mi hai mai dimenticato e hai sempre fatto parte della mia vita. Allora se non lo hai fatto per incrementare il tuo potere, perché? Perché lo hai fatto?? –

Lui mi fissò con sguardo grave e si avvicinò ancora di più.

- Non posso dirtelo – fu la sua risposta semplice, secca, tagliente. Io sgranai gli occhi indecisa se mettermi a urlare o a ridere.

- Come? Scherzi? –

- No – rispose ancora Gabriel tentennando il capo – E’ qualcosa che va oltre me, e te.. se te lo rivelassi rischierei di rovinare tutto –

- Cosa significa!? – chiesi esasperata, lui mi sorrise dolcemente e allungò una mano ad accarezzarmi la guancia, io non mi ritrassi e anzi mi abbandonai a quella delicata sensazione. Ero stanca, confusa, avevo solo voglia di stendermi, riposare, dormire senza più fare strani sogni.

- Mia piccola Prescelta, hai sempre voluto sapere tutto e subito – rise delicatamente – ma per stanotte hai già capito più di quanto dovevi, ci sarà il tempo giusto per rivelarti ogni cosa. Devi solo fidarti di me! –

- Ma io.. – provai a replicare ma Gabriel mi poggiò un dito sulle labbra per zittirmi.

- Ora ti accompagno nella stanza dove dormirai. La notte sta terminando e io devo ritirarmi a riposare prima che faccia giorno. –

Sospirai e poco convinta annuii, guardai l’orologio appeso al muro che segnava le quattro del mattino. Così seguii Gabriel al primo piano e lui mi mostrò la bellissima ed elegante camera con un gran letto a baldacchino nel quale avrei dormito. Sulla soglia prima di ritirarsi nella sua stanza mi disse – Scusa se prima ho perso il controllo dei miei poteri, non avrei mai voluto che accadesse.. –

- Non importa – risposi con tono neutro senza fingere che davvero ci avrei messo una pietra sopra, ci sarebbe voluto più di un “scusa” per farmi dimenticare.

- Ad ogni modo ti prometto che questa notte sarà senza strani sogni, me ne starò tranquillo nella mia mente. Ora che ti ho qui con me non ho bisogno di venirti a trovare in sogno per vederti.. – disse Gabriel e la sua voce mi avvolse come velluto, sorrisi rilassata. Lo guardai nei grandi occhi grigi che sembravano brillare nel buio del corridoio, poi lo sguardo mi scivolò sulle sue labbra, leggermente spigolose ma morbide e piene, ripensai al casto bacio che mi rubò otto anni prima e provai una sensazione di vertigine allo stomaco. Gabriel si chinò verso di me ma io gli posai le mani sulle spalle e lo bloccai.

- Non provarci! – ordinai risoluta.

- Eppure lo stavi pensando, piccola mia. – disse lui con un sorriso furbo.

- Pensavo è vero, ma questo non significa che sia quello che voglio! –

- Non fingere con me, forse non sai che ho il potere di percepire se qualcuno mi sta mentendo o cosa sta provando. Il tuo corpo parla chiaro mia piccola prescelta.. lo desidera! – disse Gabriel con tono sensuale e ammiccante, io mi sentii avvampare e siccome avevo ancora le mani poggiate sulle sue spalle, per evitare qualsiasi fraintendimento o mio ripensamento, mi staccai velocemente da lui.

- Sarà pur vero ciò che dici.. ma io gli istinti del mio corpo li so tenere a bada a differenza tua! – esclamai sarcastica e lui sorrise.

- Nemmeno un bacio della buona notte piccola mia? – mi chiese imbronciando leggermente le labbra in un espressione da cucciolo sofferente. Io trattenni a stento una risata.

- Nessun bacio Gabriel! – dissi infine con tono che non ammetteva repliche, il suo dolce viso riacquistò la solita aria seria e distaccata e senza dire altro si allontanò nel buio corridoio scomparendo dopo pochi passi.

Io entrai così nella mia stanza, accesi un piccolo abatjour e appesi alla testiera del letto la fondina con la pistola dopo essermela sfilata da sotto la camicia. Su un comodino trovai una sveglia e la programmai per le 7.30 del mattino visto che dovevo andare a lavorare ma prima sarei dovuta passare a casa per vestirmi e fare scorta di munizioni d’argento anti-vampiro. Chiusi a chiave la stanza, non so se per la paura di ritrovarmi Gabriel nel letto o solo come semplice forma di privacy. Finalmente mi rannicchiai sotto le coperte tirandomele fin sopra la testa e chiusi gli occhi. La voce di Gabriel mi raggiunse dopo qualche minuto. – Buona notte piccola mia – mi sussurrò nella mente poi caddi profondamente addormentata in un sonno tranquillo e privo di sogni.

 

 

 

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