Perchè non è questo che il destino ha in mente per noi due di Serenella88 (/viewuser.php?uid=429385)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. Notte di pensieri ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Pensieri di notte ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Roma, antica città, ora vecchia realtà ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Il destino ci mette lo zampino ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. C'è chi sale e chi scende ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. Più cancelli e più ti resta il segno ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. Il nostro solito Destino ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. Quanti segreti che appartengono al mare ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. Sapore di mare ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Tutte le strade portano a Roma ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. Benvenuti al mondo ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. Un fratello e una sorella ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. Oltre le distanze ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. Il giorno che non avrei mai voluto ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. Anche il troppo amore fa male ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. Senza di te ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. Ad ogni costo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1. Notte di pensieri ***
Capitolo 1. Notte di pensieri
Sara
Ed
eccomi qua, finalmente sola con i miei pensieri, cercando di trovare
una calma
che non riuscirò a trovare e tentando di dare risposte a
delle domande che
anche solo a pensarle mi tolgono il respiro. Sono a Torino da ormai due
mesi e
presto o tardi nonostante quello che mi dice continuamente Marco
dovrò trovarmi
una casa tutta per me, e se Dio vorrà non sarà
solo per me. Mio fratello e
Maria mi hanno aiutato e mi stanno aiutando con tutto l’amore
del mondo, ma tra
pochi giorni nasceranno i loro gemelli, quando ritorneranno tutti a
casa
saranno un reggimento e non ci sarà più spazio
per me e per il bambino, anzi la
bambina che porto in grembo. E’ vero che Maria è
una Martini e chiunque ha
vissuto in casa Martini sa che loro più sono e
più si divertono, più ospitali e
caciaroni di loro non ne avevo mai conosciuto, ma 4 bambini e due
adulti di
questi tempi mi sembra già una famiglia un tantinello
numerosa, non vi pare?
Marco
se potesse mi sorveglierebbe a vista, povero fratellone mio, tra me,
Maria, i
bambini e i gemellini in arrivo ha avuto un periodo di forte stress,
sto
cercando ed ho cercato di pesare su di loro il meno possibile, so anche
che lui
soffre tantissimo per la mia scelta, glielo leggo negli occhi, ma noi
Levi
abbiamo una tempra forte, siamo cocciuti e questo lui lo sa bene.
Maria,
invece, è stata un angelo mi ha sostenuto sempre e comunque,
è andata perfino
contro Marco, pur di aiutarmi e di difendere la mia posizione.
Io
avrei fatto ogni cosa da sola ma purtroppo pure stavolta qualcosa ha
deciso per
me, anzi per meglio dire qualcuno, nella fattispecie è stato
Stefano in qualche
modo a “tradirmi”. Lo capisco e probabilmente pure
io avrei fatto la stessa
cosa perchè nonostante tutto ho dovuto constatare ben presto
che avevo bisogno
d’aiuto e che proprio tutto, tutto da sola non potevo farlo e
nemmeno solo con
l’aiuto di Stefano. Per quanto mi voglia bene e per quanto ne
voglia io a lui
non è una persona di famiglia, e su certi aspetti non potevo
investire lui, non
poteva essere il mio unico interlocutore.
Ma
andiamo con ordine, quando Lorenzo è partito per New York
per chiarire i suoi
sentimenti con Veronica e per lasciarla, anche io sono andata da
Stefano per
spiegargli che, purtroppo, non lo amavo nel modo in cui meritava di
essere
amato lui e che nel mio cuore c’era sempre stato Lorenzo. Mi
sono sentita male
e lui ha chiamato i soccorsi, Oscar è stato duro con me e mi
ha spiegato che il
mio problema cardiaco andava tenuto sotto controllo, perché
stavo mettendo
seriamente in pericolo la mia vita. Lorenzo è tornato la
settimana successiva
ed io l’ho lasciato, visto che sono stata da Stefano tutto il
tempo, fargli
credere qualcosa che non era vero non è stato difficile,
anche se è stato
straziante. Ogni volta che ripenso a quello che ho avuto il coraggio di
dirgli
e a quello che lui ha detto a me, mi sento andare in mille pezzi. Mi
ritrovo a
piangere fino a che non ho più lacrime da versare. Ha
creduto senza dubbio che
fossi ritornata con Stefano ed era proprio quello di cui io avevo
bisogno per
mettere in atto il mio piano, un paio di settimane dopo ho fatto
recapitare dei
regali a tutti, dei biglietti per ringraziarli di quello che avevano
fatto per
me e di tutto quello che mi avevano dato nei mesi trascorsi insieme
come una
vera e propria famiglia. Ho lasciato una lettera per Lorenzo
chiedendogli di
perdonarmi, non so nemmeno se l’ha letta. Non so
più nulla di lui da tre mesi e
non lo rivedo da 5, non ho più chiamato casa Martini e non
ho più visto ne
parlato con nessuno di loro, tranne Maria, lei è
così carina da evitare
qualsiasi riferimento possa crearmi dispiacere ma da quanto ho intuito
i
Martini hanno accettato la mia decisione di allontanarmi e non
l’hanno messa in
discussione, hanno fatto ciò che gli avevo chiesto:
dimenticarmi. Nessuno può
immaginare il male che questo mi fa. Ma anche in questo caso ho scelto
io e
dalle scelte non si torna indietro.
Di
sicuro non posso andare a PioggioFiorito bussare alla porta di quella
che sento
ancora come la mia casa ed implorarli di perdonarmi, di mettere una
pietra
sopra a tutto quello che è stato. E meno che mai posso
andare da Lorenzo anche
se è l’unica cosa che desidererei. Ecco proprio
per evitare stupidaggini e
nostalgie come queste che ho dovuto fare un’altra scelta
importante, sono
andata via da Roma. Ho messo 524 km di distanza ed ho sperato che
bastassero,
come se la distanza fisica incidesse su quello che prova il cuore.
Quando
pensavo di aver messo tutto a posto, di aver in qualche modo sistemato
ogni
cosa, come sempre ci ha pensato il destino a sconvolgermi i piani. Non
il mio
cagnone che ogni tanto andavo a trovare sulla spiaggia di Ostia, ma il
fato
quello che da sempre ha intrecciato la mia vita a quella di Lorenzo fin
da quel
primo incontro in aereo, ormai avvenuto un anno e mezzo fa. Una sera
mentre ero
ancora da Stefano, per la precisione stavo preparando la valigia per
andarmene,
mi sono sentita di nuovo male, ho temuto il peggio e contro la mia
volontà
Stefano mi ha portato a Villa Aurora, ho pregato tutti i santi che non
ci fosse
di turno Lorenzo, per fortuna non c’era lui, ho raccomandato
a chiunque fosse
presente di non divulgare notizie sulla mia presenza in clinica, ho
fatto i
prelievi e quando Oscar ha avuto i risultati, io non
dimenticherò mai più
finchè vivrò la sua espressione, la sua
espressione quel misto di gioia e di
preoccupazione che lo pervadeva.
Ed
è
così che ho scoperto di essere incinta, non ci potevo
credere, non ci potevo
credere, anzi ancora oggi a tratti stento a credere che il mio sogno,
il sogno
più bello e più grande della mia vita si stia
compiendo. Mi sono passate mille
cose per la testa in pochi secondi, la felicità immensa, la
tenerezza nel
realizzare che nel mio ventre c’era un bambino mio, nostro,
quel desiderio
matto e disperato di correre dal padre e dirglielo. Dirgli che il
destino oltre
al nostro amore, aveva avuto ancora una gioia immensa da riservarci, ma
poi ho
guardato ancora Oscar e la sua espressione è cambiata
rapidamente e
radicalmente. E’ stato categorico, avrei dovuto scegliere
come se non lo avessi
fatto già abbastanza negli ultimi tempi, o me o il bambino,
ha tentato di
spiegare a Stefano e di fare leva su di lui, ha capito che io ero
categorica e
irremovibile, ma Stefano mi ha guardato e non ha detto nulla. In fondo,
in
fondo lui nulla poteva dire, non ci sono volute parole, ma solo uno
sguardo ed
era tutto chiaro tra noi due, anche l’ecografia lo ha
confermato, sei settimane
di gravidanza corrispondevano esattamente, questa bambina è
stata concepita
presumibilmente la notte prima che Lorenzo partisse per New York.
E’ nostra. Un
figlio mio e di Lorenzo. Nostra figlia. Nessuno può
chiedermi di rinunciarvi,
nessuno.
E’
stato uno shock, ma io l’ho subito interpretato come un
segno, questa bambina è
il frutto di un amore, di un grande amore ed ha diritto di nascere e di
vivere,
a qualsiasi costo, se c’è e perché
vuole venire al mondo ed io lotterò con
tutte le mie forze per lei. E poi se ha preso almeno un pochino della
tempra
dei Levi sarà forte e sana e la vita le sorriderà
ne sono certa.
Qualche
giorno dopo Enrica è venuta a casa di Stefano, lui era
uscito da poco ed anche
se ho mentito ed ho provato ad allontanarla, Enrica ha capito, menomale
che non
ha compreso tutto altrimenti sarei stata rovinata già mesi
fa, d’altronde io e
lei avevamo sempre avuto un feeling particolare, una certa intesa e
confidenza,
quando mi ha chiesto se ero incinta di Stefano, ho provato a negare ma
non ci
sono riuscita, almeno non ha sospettato che la bambina è di
Lorenzo, non poteva
saperlo. Sono crollata, per fortuna solo parzialmente ed ho fatto danni
limitati, le ho chiesto, anzi l’ho pregata di non dirlo a
lui. E credo che
abbia rispettato la mia richiesta, ha convenuto con me che lo avrebbe
solo
fatto soffrire di più e basta. Ho mentito, ho detto solo
bugie, tante bugie lo
so, ho omesso, ho negato, ho sottotaciuto ma io non potevo affrontate
Lorenzo,
non avrei potuto, se poi avesse saputo della gravidanza sarebbe stato
solo
peggio davvero. Avrebbe sospettato, mi avrebbe chiesto ed io in quel
momento
non so se avrei retto, probabilmente stremata avrei ammesso tutto, se
ero stata
così trasparente per Enrica figuriamoci per lui.
Dovevo
attuare sempre di più il mio proposito di andarmene via da
Roma, volevo solo
attendere che passasse il primo trimestre di gravidanza che di solito
è quello
più rischioso per le primipare, ma la mia gravidanza
è diversa dalle altre,
speciale anche in questo altrimenti non sarei io, è
continuamente a rischio.
Stefano, Oscar, luminari di ogni specie hanno provato a convincermi ad
abortire
e non ci sono riusciti, Stefano allora ha tentato la carta familiare,
ecco
perché prima dicevo che mi ha “tradito”,
ha chiamato Marco, gli ha detto che
doveva venire a Roma perché c’era una faccenda
delicata di cui doveva
parlargli, ovviamente lui, Maria e i bambini sono arrivati e da quel
momento in
poi un’altra famiglia ed anche il mio fratellone è
stato coinvolto nel mio
“segreto”. Marco ha dato di matto, Maria, invece,
è stata subito più
ragionevole, forse perché è una neuropsichiatra
anche se infantile o forse
perché prima di tutto è una donna, è
già madre, ed ora che anche lei è incinta
più di nessun altro può capirmi. Ha provato a
spiegare a Stefano e a suo marito
che una donna è madre già nel momento in cui
sente di essere incinta, che per
gli uomini è diverso, il legame simbiotico tra madre e
figlio è innato, è
istintivo, è biologico, è primitivo, al contrario
per il padre si sviluppa solo
dopo la nascita, in un arco di tempo più lungo. Mi
è stata di grande aiuto, lei
e Tea sono state preziose per me in quel momento. Marco e Maria sanno
tutto,
proprio tutto, anche la verità sul padre del bambino,
diciamo che in qualche
modo loro sono i depositari delle mie volontà, anche
perché mi piaccia o no, io
lotterò per dare la vita alla mia bambina e so che
sarà così, ma purtroppo non
so se potrò esserle accanto e loro che saranno i suoi zii
devono sapere chi è
il suo papà e chi dovrà occuparsi della sua cura
affinché il mio sacrifico non
sia vano.
Ora
sono alla 22° settimana e sostanzialmente procede tutto bene,
anche con il
cuore malconcio il mio fisico sta riuscendo a sopportare la gravidanza,
sto
facendo appello a tutte le mie forze per lei, per quanto riguarda la
sua
crescita e il suo sviluppo sto usando tutte le precauzioni e le
prescrizioni
che mi danno i medici, per quanto riguarda me le cose vanno un
po’
diversamente, ma ho scelto così. Non sono una santa, non
sono una martire e
l’idea di morire mi spaventa… mi spaventa da
morire, ecco! Lo ammetto, ma cerco
di esorcizzare la paura, l’ansia, il panico e quando lo
sconforto prende il
sopravvento ci metto poco per far ritornare tutto sotto controllo, mi
basta
coccolare la mia pancia che cresce a vista d’occhio e mi
basta immaginare la
mia bambina ed il mondo diventa meraviglioso, se riesco a dare la vita
a lei,
allora sì che la mia vita avrà avuto un senso.
Oh
mio Dio sono già le 2.00 considerando che domani ho la
sveglia alle 6, mi tocca
andarmene a letto prima di subito, dubito che riuscirò a
dormire, ma devo
provare almeno a riposarmi, domani sarà una giornata lunga e
stancante ed anche
scomoda visto le tante ore che dovrò trascorrere in auto.
Marco già si lamenta
che chiunque lo vedrà in giro con due donne incinte e due
bambini non avrà, di
lui, un’opinione positiva, in effetti prolifico sì
ma addirittura presunto “bigamo”
e con due donne incinte al seguito neanche fosse Rodolfo Valentino! Un
po’ troppo
anche per il bello e impossibile di casa Levi.
Domani
torniamo tutti insieme a Roma, vado da Stefano, è sempre
carinissimo e si è
offerto di ospitarmi per due settimane, Marco e Maria invece vanno a
PioggioFiorito. Io non avrei potuto, c’hanno pure provato a
convincermi e
sospetto il perché, Marco in cuor suo spera sempre che io
cambi idea, che
rinunci alla bambina per curarmi e stranamente deve essere convinto che
l’unico
in grado di farmi cambiare idea è Lorenzo. Nulla di
più errato. Anzi semmai
l’amore di Lorenzo non può far altro che
convincermi che non torno indietro e
che la scelta che ho fatto è la migliore.
Maria
è in prossimità della data del parto e lei e il
mio fratellone hanno deciso di
far nascere i bambini
nella loro città,
io invece tra pochi giorni ho un consulto molto importante con un
professore
specializzato per i casi con il mio che è stato promotore in
America di una
ricerca sperimentale innovativa ed ora vuole attuare i suoi progetti
anche in
Italia, la sua cura potrebbe essere una manna del cielo per portare a
termine
con meno rischi la mia gravidanza e per tenere sotto controllo maggiore
il mio
cuore.
Ora è meglio che tenti di
dormire, anche poche
ore di sonno mi faranno bene, buonanotte.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2. Pensieri di notte ***
Capitolo 2. Pensieri di notte
Lorenzo
Mi
alzo di soprassalto, sono tutto sudato, ancora quel sogno, anzi per
meglio dire
quell’incubo, ma cosa diavolo vorrà dire? So solo
che mi mette tanta tensione
addosso, mi angoscia, non faccio altro che chiedermi cosa
vorrà dire? Che
significa? Il contesto è confuso… sento voci note
intorno a me ma non le
distinguo bene, mi sembra di essere in clinica, sicuramente in sala
operatoria,
l’odore del disinfettante che si usa prima di andare al
blocco operatorio lo
avverto distintamente. E’ nauseante. Ma io non credo che
metterò mai più piede
in sala operatoria cosa ci faccio lì? Chi
c’è su quel lettino, con quei tubi
attaccati? Poi mi sembra di sentir piangere, chi piange? Non riesco
più a
ricordare nulla, nonostante mi sforzi, in genere a questo punto mi
sveglio
spaventato e prima di ritrovare la calma ci metto un po’.
Meglio
scendere di sotto e prepararmi una camomilla, quando arrivo in cucina
chiudo
gli occhi e prima di riaprirli mi passo una mano sul viso, devo essere
masochista questo è chiaro, non so se lo ero già
prima oppure lo sono diventato
dopo. Sta di fatto che poche persone continuerebbero a vivere in una
casa che
ha rappresentato il luogo di una storia d’amore che
è stata tutto per lui! I
ricordi mi uccidono. Per non parlare del fatto che il suddetto amore
che è
sbocciato con una tale forza da invadermi la vita intera, come una
magia, poi
puff è andato in frantumi con la stessa rapidità,
e i pezzi sono ancora lì sul
pavimento ed io fatico a raccoglierli.
Ogni
volta che di notte vengo qui, lo so che una parte di me si illude di
poter
trovare ancora lei, lei che magari è insonne come me, lei
con cui parlare, lei
che mi consola, lei che mi tira su il morale, lei che mi contagia con
la sua
allegria, lei che mi asciuga le lacrime e mi abbraccia senza dire una
parola.
Invece
mi ritrovo sempre solo, con lei come un chiodo fisso nella testa e come
una
pietra che pesa sul mio cuore schiacciandolo. Lei che ora non
può alleviare il
mio dolore in alcun modo, perché il mio dolore
più grande è proprio lei.
Senza
contare, come mi sento, quando mi viene in mente quella notte in cui
l’ho
trovata in cucina con Stefano oppure le volte che li ho visti baciare o
ancora quando
lei lo coinvolgeva in qualche sua follia e lui la assecondava senza
remore.
Io
no.
Non
ho fatto lo stesso.
Se
Sara non ha scelto me alla fine non è solo colpa sua,
sì all’inizio l’ho
incolpata, l’ho insultata, l’ho trattata malissimo,
ma ormai con il passare del
tempo ho capito che una certa dose di colpe le ho anche io, in fondo
non le ho
mai dato sicurezze sui miei sentimenti, lei c’è
sempre stata per me io, forse,
non ci sono mai stato per lei, almeno non come ha fatto Stefano.
Probabilmente
quando mi sono abbandonato a lei, quando volevo vivere il nostro amore
senza
remore era troppo tardi.
L’ho
persa ancor prima di averla, davvero, conquistata.
Lei
non ha creduto in noi, non ha dato nemmeno una chance a noi due e
questo non
cambia, diciamo che a discapito dei sincronismi che avevano
caratterizzato il
nostro amore nel momento più importante siamo andati fuori
tempo, quando era
lei a crederci non ha trovato me e quando io volevo disperatamente lei,
lei non
c’era più.
Non
la vedo da circa cinque mesi, sono partito per New York, lei aveva
promesso di
aspettarmi e invece al ritorno era da Stefano e dopo quella sera,
quella sera
che mi ha cambiato la vita non l’ho più rivista,
mi ha distrutto ed io volevo
ripagarla con la stessa moneta, ogni sua parola è stata una
coltellata ed io
sono stato pessimo, le ho augurato tutto il male del mondo, quello
stesso male
che in quel momento lei a me non lo stava augurando, me la stava
facendo
provare. Non so come stia, dove stia, se sia felice, lo spero per lei,
anche se
il fatto che la sua felicità non sia con me è
qualcosa che forse non riuscirò
ad accettare mai. Qualche settimana dopo tutti hanno ricevuto dei suoi
regali
d’addio, io una lettera, l’ho letta una sola volta
ed ho volutamente evitato di
rileggerla, l’ho accartocciata e l’ho buttata via
per sempre, l’avrei imparata
a memoria e non è quella che voglio ricordarmi se penso a
lei, non so bene le
parole che ha usato, ma il concetto era chiaro DIMENTICAMI LORENZO E
PERDONAMI
SE PUOI.
Sì
perdonare posso, in fondo, giuro che lo vorrei, vorrei costringerla ad
amarmi
ma non è possibile. Posso perdonarla, ama lui non
v’è dubbio, e proprio come ho
sperimentato io stesso non si può stare con qualcuno che non
si ama, neanche se
si è condiviso un matrimonio e un figlio. Io non potrei
più stare con Veronica
e forse con nessun altra finchè amerò lei e lei
non potrebbe stare con me visto
che ama lui. Di questo posso perdonarla.
Ma
dimenticarla? Non può chiedermi di dimenticarla,
perché io lo giuro ci sto
provando, ma non ci riesco .
Menomale
che c’è Tommy nella mia vita, mio figlio e il mio
lavoro sono le cose di cui
sono ancora orgoglioso. Tommy cresce a vista d’occhio
nonostante qualche colpo
di testa a scuola sostanzialmente se la cava, la sua media è
un classico,
rasenta la sufficienza nel primo quadrimestre e poi la raggiunge quasi
in tutte
le materie nel secondo.
In
amore meno deciso il figliolo, avrà preso da me? Non glielo
auguro altrimenti
rischia davvero di ritrovarsi un cuore a pezzi come quello di suo
padre. Tra
pochi giorni tornerà Giada si fermerà a Roma per
due settimane e verrà a stare
da noi, non lo so perché ho avuto l’impressione
che Tommy non abbia fatto
proprio i salti di gioia a questa notizia, anzi mi è
sembrato piuttosto
perplesso eppure quando glielo avevo chiesto l’ultima volta
mi aveva detto che
non erano tornati insieme ma che avevano stabilito un rapporto
perlopiù
amichevole. E poi l’altra sera ho intercettato uno sguardo
tra lui ed Elena che
era molto diverso dal solito, avevano una luce particolare, non lo so
perché ma
anche solo per un istante mi hanno ricordato la complicità
che c’era tra me e
Sara e questa cosa non mi piace per niente.
Chiederò
agli zii e ad Ave di darmi una mano per capire se
c’è qualcosa che mi sta
sfuggendo, no… no meglio solo ad Enrica e ad Ave, zio Libero
si preoccupa, va
in ansia, meglio non agitarlo, una storia tra i suoi due nipoti
adolescenti?
Assolutamente no! Come minimo zio Libero chiama mio cugino Lele e lo fa
ritornare da Parigi, Veronica da New York non prima di aver messo sotto
chiave
Elena e aver cambiato la stanza a Tommy per evitare che si incontrino
di
nascosto. Forse il mio è solo un presentimento sbagliato.
D’altronde le ultime
vicende dimostrano che in amore sono un impiastro, ci capisco poco e
nulla.
Sul
lavoro, invece, sto decisamente migliorando, la sala operatoria
è ancora un
tabù, ma un chirurgo può trovare delle
gratificazioni lavorative anche in altri
ambiti, la ricerca per esempio, tra pochi giorni rientrerà a
Roma, il professor
Scarfoglio, Emilio è italiano come me e ci siamo
già incrociati a New York,
avevo già avuto modo di confrontarmi con lui per la sua
ricerca e per la cura
sperimentale che ha introdotto in America, ora vuole istituite un
gruppo
scientifico anche qui a Roma e mi ha chiesto una collaborazione. Ci
incontriamo
la prossima settimana nella clinica dove lavora lui e ne discutiamo.
Questo non
significa che lascio Villa Aurora, solo che impegnerò il mio
tempo su due
fronti e visto che il tempo non mi manca di certo e soprattutto il
bisogno di
tenere la testa occupata in questo momento è fondamentale,
spero di trovare un
accordo per iniziare questa nuova avventura.
Sempre
a proposito di ritorni, domani arrivano anche Maria, Marco e i piccoli,
gli zii
non ci stanno più nella pelle, anche a me fa piacere, in
fondo ultimamente in
questa casa eravamo rimasti troppo pochi, che sfizio
c’è, svegliarsi al mattino
e sapere che ad un preciso orario il bagno è per forza di
cose libero?
Anche
in clinica fremono tutti, Tea non ci sta più nella pelle,
è felice di occuparsi
del parto di Maria, avere due gemellini non è mica uno
scherzo! Avere un
figlio, un’idea che non mi sfiorava più la mente
da un secolo, quando è arrivato
Tommy io e Veronica eravamo giovanissimi, è stato tutto
così travolgente, a
tratti confuso, a tratti divertenti, a tratti estremamente faticoso.
Talvolta
ci sentivamo così insicuri, temevamo di non essere dei buoni
genitori, ci
preoccupavamo di mille cose anche le più stupide ed
insignificanti e certe
volte abbiamo perso di vista la cosa più importante, goderci
quei momenti
perché fuggono via e non tornano più.
Sì abbiamo commesso degli errori, ma
tutto sommato con Tommy abbiamo fatto un buon lavoro, io negli ultimi
tempi
sento di avere una sintonia con lui, un feeling che mi piace, che mi
gratifica
e spero che per lui possa essere un punto di riferimento, quello a cui
se sei
nei guai o ti ci stai infilando ti senti tranquillo di andarglielo a
raccontare, sapendo di trovare una spalla su cui piangere, un appiglio
a cui
aggrapparti, una persona fidata che ti darà un consiglio
senza per forza
condannarti.
Io
mi sentirei pronto ad avere un altro figlio, di sicuro avrei molta
esperienza,
viste le tribolazioni che mi ha fatto passare Tommy, certo magari farei
anche
gli stessi errori, ma oggi sento di avere una maturità che
mi permetterebbe di
godere la gioia dell’arrivo di un bambino in maniera diversa,
più profonda.
Alzo
lo sguardo e guardo l’orario, le tre? Oh, diamine! Ho bevuto
una doppia
camomilla, speriamo faccia effetto, ma a pensarci bene forse avrei
bisogno di
altro. Se mi ritrovo in questa cucina alle tre del mattino, ripensando
a Sara,
al mio rapporto con Tommy, al lavoro, al ritorno dei miei cugini e
finisco pur
per fantasticare su un altro figlio dopo che il mio matrimonio
è
irrimediabilmente finito e la donna che amo convive felicemente con un
altro,
cosa vuoi che possa acquietare una doppia camomilla? Un consulto
psichiatrico,
forse, mah…
Torno
in camera e ci provo a dormire, buonanotte.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3. Roma, antica città, ora vecchia realtà ***
Capitolo 3. Roma, antica città, ora vecchia
realtà
Casa Martini
Siamo
tutti riuniti per la cena intorno al tavolo, Libero è come
di consueto a
capotavola, Enrica alla sua destra, Ave alla sua sinistra, le sue
ancelle come
le ho ribattezzate, Tommy è accanto a me da un lato, Elena
di fronte a lui, non
si guardano granché, ma io sono sempre
dell’opinione che questi due qui meglio
tenerli d’occhio, dall’altro lato
c’è Bobò vicino a lei.
“Quindi
di Marco e Maria ancora non si hanno notizie, vero?” chiede
ansioso Libero.
“Tesoro
te l’ho detto, me l’hai già chiesto un
quarto d’ora fa, stanno arrivando,
saranno qui a momenti”
“E
te lo richiedo ogni quarto d’ora finchè non li
vedo arrivare”
“Signor
Libero gliel’ha detto anche la signora Enrica, saranno qui a
momenti, non si
agiti, su” risponde con il suo accento tipicamente veneto
anche Ave.
“Io
non sono agitato, solo che si fredda il pollo ed è un
peccato”
“Zio
stamattina eri preoccupato per la colazione, a pranzo per le lasagne,
ora per
il pollo?” intervengo per far notare a Libero che forse un
tantino agitato lo è
davvero.
“Sì
perché è da stamattina che aspettiamo, arrivano a
momenti, a momenti ma questo
momento non arriva mai”
In
quel frangente la porta sul retro, quella che da direttamente sulla
cucina si
apre “Ciao famiglia, ci stavate aspettando?” chiede
raggiante Maria con il suo
bel pancione, tiene per mano Palù, poco dopo è
seguita da Jonathan e da Marco
che ha a tracolla una grande borsa “Martini,
buonasera” dice fingendo di
asciugare il sudore dalla fronte e facendo chiaramente intuire che il
viaggio è
stato faticoso.
Gli
altri fanno a gara per abbracciarli, Ave e Libero prima di tutti, i due
esuberanti della famiglia d’altronde sono loro, poi tocca ad
Enrica, ai ragazzi
ed infine li saluto anch’io.
Ovviamente
li hanno riempiti di domande sul loro pseudo ritardo, diciamo che erano
attesi
in tarda mattina, al massimo a pranzo e sono arrivati a cena e non gli
è
concesso nemmeno il beneficio di avere al seguito due bambini ed una
donna
incinta di due gemellini quasi al termine della gravidanza. I Martini
sono
tremendi.
Ci
riaccomodiamo tutti insieme a tavola.
“Maria,
tesoro mio, ma non è che non sei stata bene durante il
viaggio?” chiede Libero
carezzandola
“No,
nonno, sto benissimo, mai stata meglio” risponde Maria
sorridendo
“Menomale
tesoro, si vede dal viso che sei tranquilla, rilassata”
osserva Enrica
E
poi arriva la voce della verità, Johnny che ci tiene a
precisare “Veramente è
stata zia Sara a sentirsi male...”
Io
a
quel nome sussulto e Marco tossisce nervosamente, stava
bevendo e gli è andata
di traverso l’acqua.
Jonathan
stava continuando ma il padre purtroppo l’ha interrotto, non
capisco perché
nessuno chieda spiegazioni in merito e allora d’istinto lo
faccio io, io che
dovrei solo stare zitto “Sara?” chiedo guardando
Marco, ma a rispondermi è
Maria “Si… si Sara era con noi, siamo ritornati
insieme, ha trascorso un
periodo a casa nostra a Torino ed ora siamo tornati insieme a
Roma”
Ho
come l’impressione che Maria speri che questa spiegazione
lasci cadere
l’argomento, ma adesso è l’altra voce
dell’innocenza ad intervenire “Povera zia
ha cercato di non farci preoccupare, ma il suo stomaco ha fatto i
capricci,
forse perché la macchina ha dato fastidio al
ba…”
Ed
anche stavolta è Marco ad interromperla, ma non tossendo
facendo peggio
parlando “La macchina, sì la macchina le ha dato
disturbo e quindi ci siamo
dovuti fermare ed ecco perché abbiamo fatto tardi”
dice concitato.
I
ragazzi
danno poca importanza al dialogo, i bambini hanno visto spegnere la
loro voglia
di raccontare dai genitori, Libero ed Ave guardano Enrica e stranamente
non
fiatano, loro, loro che di solito s’impicciano di tutto e di
tutti, non sono
incuriositi proprio stavolta che si parla di Sara.
Io
ancora continuo “Ma adesso il malessere è passato?
Dov’è? Posso sempre darle
un’occhiata se serve” non ho intenzione di mollare,
i cazzotti li voglio
prendere tutti uno ad uno fino alla fine. Miro evidentemente ad
arrivare al
K.O. Sul fatto che mi preoccupi che sia stata male e che mi sono
offerto di
visitarla posso pure passarci su, sono un medico diciamo pure che
è deformazione
professionale, ma sul perché chieda dove sia, è
sicuramente dovuto al fatto che
sono idiota e che quel consulto dallo psichiatra che paventavo ieri
sera mi
serve molto più e molto prima del previsto.
“Si…
si certo… tutto bene” mi risponde Maria e lo fa
solo parzialmente ignorando il
quesito cui, forse, tenevo di più
“Dov’è?”
E
allora interviene Enrica “Sono cose che succedono quando si
fanno parecchie ore
di auto, indisposizioni passeggere, ora credo che Sara sia da Stefano e
dopo
una bella dormita si sentirà sicuramente meglio”
Non
replico più perché giustamente sto cercando di
capire da quando sono diventato
veramente masochista, cosa mi aspettavo che mi fosse risposto?
E’ da Stefano,
dove altro poteva essere altrimenti e che cosa l’ho chiesto a
fare io? E
soprattutto quale visita volevo fare? Qua l’unica visita che
occorre è per
confermare che sono notevolmente cretino! Sara ha già
qualcuno che si prende
cura di lei e quel qualcuno non sono io e non posso essere io,
c’è Stefano
nella sua vita, c’è Stefano accanto a lei. Punto e
basta.
Poco
dopo gli altri si spostano in salotto per le consuete chiacchiere
dopocena, io
invento una scusa e mi ritiro, non ho voglia di sentire i loro
discorsi, meno
che mai se dovesse spuntare qualcosa su Sara di nuovo, per stasera
è andata
così e non voglio più pensarci, mi serva da
lezione perché nei prossimi giorni
sarà nominata sicuramente, anzi molto probabilmente la
rivedrò in clinica per
il parto di Maria, in fondo, i gemellini sono anche nipoti suoi. Meglio
tenere
la bocca chiusa se dovessi ancora sentir parlare di lei, meglio evitare
le
stanze per la degenza delle partorienti quando toccherà a
Maria, giusto per
precauzione, anzi forse il nuovo impegno con Scarfoglio è
proprio quello che ci
vuole, prendere delle boccate d’aria fuori dalla clinica mi
farà bene.
E
nonostante tutto, nonostante i miei propositi di non far intuire quanto
ancora
mi bruci quella ferita, nel cuore c’è ancora lei,
lei che non lascia più
ragionare in pace la mia testa, lei che tento di ignorarla, di
criticare, di
allontanare, di sminuire, ma è sempre lei che mi manca
disperatamente, che
credo ancora sia la donna che ho sempre desiderato di avere e che non
sapevo di
volere, lei che è l’unica cosa che ora vorrei. E
invece lei stasera è nella
casa in cui convive con lui, stanno insieme, condividono le piccole e
le grandi
cose, faranno i loro progetti, vivranno il loro amore, mentre io sono
ancora
qua, sono geloso, sono illuso, sono deluso, sono amareggiato, sono
ancora
perdutamente innamorato di lei.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4. Il destino ci mette lo zampino ***
Capitolo 4. Il destino ci mette lo zampino
Sara
Casa
Valenti
Stefano:
“Sara tutto bene?” mi chiede bussando alla porta
“Ma quanto è premuroso questo
ragazzo, mi sta coccolando come forse non mi è mai capitato
in vita mia”.
“Si…
si benissimo, arrivo” poco dopo lo raggiungo in cucina
“Che bella colazione,
grazie, tutta per me?” commento osservando le fette
biscottate, il latte, il
caffè, la spremuta, uno yogurt.
“No,
veramente è per la bambina” mi risponde lui.
“Simpatico,
davvero! Alla bambina faranno pure bene tutte queste cose, ma io
diventerò una
mongolfiera”
“Ma
smettila, che sei in formissima e poi la gravidanza ti dona, lo
sai?”
“Oh
Stefano, grazie tu si che sai come lusingare una panciona che deve fare
i conti
con la sua autostima”
“Stai
meglio adesso?” mi chiede di nuovo lui.
“Si
molto, grazie! Ma non è che in tre minuti esatti cambi
chissà cosa, sto proprio
come tre minuti fa, anzi ora con lo stomaco decisamente più
soddisfatto”
“Hai
ragione sono un po’ apprensivo” ammette lui
“Il
tuo concetto di “po’” sarebbe da
rivedere.”
“Però
l’altra sera quando sei rientrata da Torino, eri pallida, con
il viso smagrito,
mi sono veramente preoccupato e se fosse stato per me, ti avrei portato
in
ospedale”
“Stefano
frena frena, mi rimangio tutto sulla tua capacità di
innalzare l’autostima,
stai perdendo punti amico mio e sul fatto che mi avresti portato in
ospedale,
penso che se fosse stato per te sarei ricoverata ininterrottamente da 5
mesi
circa. Dai rilassati”
“Va
bene proverò ad essere meno soffocante, però sono
preoccupato perché non posso
accompagnarti alla visita con il professor Scarfoglio, io ti prometto
che farò
di tutto per raggiungerti il prima possibile, ma non credo di
riuscirci”
“Tu
sei un angelo, ma non è necessario che mi accompagni, guarda
che so cavarmela
anche da sola e poi te l’ho detto passo prima per Ostia,
voglio andare a
trovare Destino, povero cagnolone non lo vedo da un pezzo e mi manca
tantissimo. Poi vado in ospedale e dopo magari ci sentiamo e mangiamo
qualcosa
insieme a pranzo, nel pomeriggio, invece, incontro Marco, Maria e i
bambini al
parco mi faranno il terzo grado anche loro sul consulto con il
professore.
Marco voleva far spostare l’ultima ecografia a Maria per
venire con me, quello
pure non scherza, mica ragiona tanto”
“Senti
chi parla! Sarà una caratteristica di famiglia”
Rido
e gli do dello scemo, poco dopo mi preparo e prendo il mio taxi che mi
aspetta
di sotto, nel frattempo fino a che non ho richiuso la portiera Stefano
mi deve
aver fatto mille raccomandazioni, alcune anche ripetute più
volte, sono tentata
di accendere il telefono e registrare tutto quando parla il dottore
così
potranno ascoltare pure loro le sue esatte parole che chissà
come mai io
immagino già, sono le stesse che sento da mesi ormai.
Spiaggia
di Ostia
(Lorenzo)
Questo
posto è magico, mi trasmette una calma straordinaria,
nonostante sia un luogo
di ricordi, dei nostri ricordi, mi da la carica e mi fa sentire meno
fragile,
più forte. E poi come suo solito compare lui che mi corre
incontro e comincia a
chiedere le mie attenzioni, le mie coccole “Eccola qua la tua
pappa. Eccola
qua, dammi il tempo di versartela nella ciotola” ma lui ha
voglia di giocare,
di leccarmi e in men che non si dica stiamo giocando sulla sabbia ed io
dopo
come ci vado in clinica? “Cagnone dispettoso!” ci
facciamo una corsetta insieme
e poi guardo l’orario, è già tardi
purtroppo, lui si ferma a mangiare, io lo
accarezzo ancora un po’ e poi lo saluto. Ci vediamo presto,
tra due o tre
giorni al massimo e sono qui.
***
(Sara)
Ah
finalmente ci sono! Spiaggia mia quanto mi sei mancata! Sapessi quante
volte ti
ho pensato nelle serate uggiose dell’inverno torinese, mi
sarai tornata in
mente tantissime volte… anzi se proprio devo ammetterlo ogni
santo giorno, ho
ripensato a tutte le volte che sono venuta qua. La prima volta ero con
Lorenzo
e stavamo cercando Tommy ed Elena, la tensione era fortissima, lui era
incacchiato davvero ed io non sapevo come abbassare i toni, Tommy
l’aveva fatta
grossa, ma in fondo era solo una ragazzata e Lorenzo, come al solito,
l’aveva
presa come un affronto personale, come il capriccio di un bambino
viziato a cui
doveva dare la punizione. Poi ho incontrato Destino e non ho resistito,
mi sono
lasciata trascinare dalla voglia di giocare con lui e di fare un bagno
insieme
e lo so che Lorenzo mi ha rimproverato tutto il viaggio di ritorno, ma
il
nervosismo dopo si è affievolito e credo proprio che il
musone abbia anche
fatto lo sforzo di sorridere. Quando siamo ritornati qui noi due da
soli,
invece, è stato uno dei momenti più belli della
mia vita. Ci ho ripensato
milioni di volte a noi due, a quando eravamo qui, alle parole che ci
siamo detti,
a com’eravamo felici, forse non avevo mai visto Lorenzo
così felice in tanti
mesi, io non lo ero mai stata tanto in tutta la mia vita. Era
così dolce, mi
sono sentita la donna più fortunata della Terra, anche se
ero ben consapevole
che i battiti accelerati del mio cuore non erano solo per il nostro
immenso
amore. Lui non voleva partire ed io non avrei voluto lasciarlo andare
eppure
sono 5 mesi che non siamo più insieme e mi manca troppo.
E’ insopportabile! A
Roma poi e in posti come questo non riesco a fare a meno di pensare a
lui!
A
volte non so se siano i posti a farti mancare una persona a farti
ricordare
ogni piccolo dettaglio di lei o semplicemente siamo noi a pervadere i
contesti
della persona che ci manca, leghiamo la sua immagine, il suo viso, le
sue
abitudini a quel luogo, a quel momento, a quella situazione e dopo non
siamo
più in grado di distinguerli, di separarli. Passi pure per
gli ambienti, ma il
tempo? Il tempo non dovrebbe attenuare la nostalgia? Come fa a mancarmi
ancora
così?
Mentre
sono assorta nei miei pensieri, non mi sono accorta che Destino
è arrivato, si
è messo accanto a me che sono seduta sul tronco di un albero
poggiato a terra e
mi sta leccando le mani. Non vi dico la mia felicità, me lo
spupazzo tutto, mi
ha riconosciuto subito il mio cagnolone, ci divertiamo a giocare un
po’,
correre non posso proprio correre, tra la pancia, il caldo e il riposo
che devo
osservare, ma lui si accontenta e mi sta sempre vicino. Ho come
l’impressione
che sia un po’ stanco “Batti la fiacca, eh pigrone,
non ti va di andare a
prendere il bastone da solo? Che hai fatto avventuriero?” gli
chiedo giocando
con le sue orecchie, poi mi avvicino a quella che è una
ciotola più in là,
sotto una sorta di capanna fatta di rami, e noto che non è
vuota. “Ah ma allora
ho capito tutto, ti sei già divertito con qualcun altro, eh
bravo!” mi fingo
offesa e lui è buffissimo perché capisce e mi
coccola “Ma che dici devo essere
gelosa? Chi è quest’altra o forse
quest’altro che ti porta da mangiare? Tu vuoi
più bene a me non è vero?” Mi lecca il
viso ed io credo che sia un po’ ruffiano
“Va bene, va bene perdono te e lui o forse lei non lo so, ma
solo perché sono
stata via parecchi mesi e ha fatto bene a prendersi cura di te.
Però sappi che
tu sei sempre il cagnolone! Infatti, io non ti avevo portato
semplicemente da
mangiare, guarda qui? Un osso di gomma tutto per te, così
potrai giocarci
quanto vuoi e ti sentirai meno solo, anche se ripensandoci, forse la
compagnia
non ti manca, eh? Furbetto”
Resto
un altro pò con lui e poi mi rendo conto che è
tardi, devo tornare a Roma per
la visita con il professore, lo saluto e gli prometto che ci vedremo
presto,
molto presto, tra due o tre giorni al massimo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5. C'è chi sale e chi scende ***
Capitolo 5. C'è chi sale e chi scende
Roma
Clinica
“Viale dei Fiori”
Lorenzo
Ho
appena finito il mio colloquio con Emilio Scarfoglio, parlare con una
persona
del suo spessore, del suo sapere scientifico è sempre
stimolante, poi Emilio è
così simpatico, alla mano, non ti mette mai in soggezione,
ha sempre la battuta
pronta, anche se quando si tratta di lavoro è rigoroso ed
inflessibile. Farò
parte del suo gruppo di ricerca, nella fattispecie
coordinerò l’equipe addetta
della sperimentazione del farmaco, altri si occuperanno della sua
produzione,
dello sviluppo. Emilio ha fiducia in me ed io ne sono orgoglioso, non
voglio
deluderlo. Un nuovo impegno lavorativo mi permetterà di
prendere una boccata
d’aria fresca e non credo possa farmi male. Mi dirigo
all’ascensore, è ora di
andare a Villa Aurora.
Sara
Maledetto
panico che mi assale sempre ogni volta che vedo un ospedale, beh
diciamo che
non mi capita sempre, ma solo quando so che in quell’ospedale
ci andrò come
paziente! Uffà, entro nella hall ed una signorina molto
gentile mi accoglie e
mi indica il piano e il numero della stanza in cui potrò
trovare il professore.
Mi guardo intorno da un lato le scale dall’altro ascensore,
beh quarto piano,
andrà meglio l’ascensore. Mi avvio lì e
lo prendo, è uno di quelli da ospedale
proprio! Grandissimo, moderno, grigio, salgo e premo il piano 4. Pochi
minuti,
il display indica 1… poi 2… poi stop, si spengono
i neon e si accende la luce
d’emergenza. “Fantastico sono rimasta chiusa
dentro!” Guardo il cellulare,
magari posso avvertire qualcuno, ovviamente non
c’è linea per chiamare, un
classico!
Lorenzo
Ripasso
mentalmente la giornata che devo affrontare, prima la clinica, poi
palestra con
Tommy, ormai è diventato un appuntamento fisso il nostro,
vedo i piani scorrere
sul display dell’ascensore 3…2… stop,
il quadro va in tilt e si spegne tutto,
poco dopo si ripristina l’illuminazione ma è solo
quella d’emergenza, black
out? Beh una clinica così all’avanguardia e non
è andato ancora in funzione il
generatore alternativo? Mah! Prendo il cellulare ed ennesimo colpo di
fortuna,
si spegne, è morto. Straordinari smartphone! Questi aggeggi
collegano due punti
estremi della sfera terrestre e poi quando ti servono, hai sempre la
batteria
scarica!
Sara
“Ehi…
EHI C’è QUALCUNO?” mi sono attaccata al
bottone con la campanella per far
scattare l’allarme, non sono ancora in ansia vera e propria
ma questa
situazione non mi piace per niente. “VOGLIO USCIRE DI QUI, VI
PREGO, FATE
PRESTO!” ma perché nessuno mi da un segnale? Ma
cosa diamine è successo? Almeno
se ne sono accorti che c’è una donna chiusa in
ascensore?
Lorenzo
Sento
abbastanza distintamente la voce di una donna, inizialmente penso che
sia
l’hostess di accoglienza o qualcuno del personale che in
qualche modo vuole
rassicurarmi e dirmi che è tutto sotto controllo e che tra
pochi minuti sarò
fuori di qui, ma poi le sue parole mi diventano più nitide,
sta chiedendo aiuto
anche lei? Ma che succede?
>>>
Sara: “QUALCUNO MI SENTE? Vi prego, rispondetemi”
Lorenzo:
“CI SONO ANCHE IO QUI, STIA TRANQUILLA NON è
SOLA” cerco di rassicurarla e mi
rendo conto benissimo di come si sente poiché sto vivendo la
sua stessa
situazione. Ho capito chi è, deve essere qualcuno rimasto
bloccato come me
nell’ascensore accanto, come i grandi ospedali, i grandi
hotel, qui ci sono due
ascensori contigui e come si è fermato il mio che scendeva,
si deve essere
fermato anche il suo che saliva.
(Sara)
“C’è qualcuno, allora? Non sono sola, ma
dov’è? Chi è lei? Perché non
mi aiuta
a venire fuori da qui? La prego non mi piace la sensazione di essere
imprigionata, io sono uno spirito libero”
(Lorenzo)
“Si avvicini, si avvicini alla parete, quella dove
c’è la tastiera, così la
sento meglio e possiamo abbassare di qualche tono la voce, nel
frattempo
continuiamo a premere il campanello d’allarme, almeno
qualcuno verrà ad
aiutarci”
(Sara)
“Eccomi, ma lei dov’è? Non è
fuori che sta cercando di far ripartire sto coso?”
(Lorenzo)
“No, sono nell’ascensore accanto, bloccato proprio
come lei!”
(Sara)
“Ah! Bella sfortuna davvero! Beh almeno possiamo farci
compagnia, le va?”
(Lorenzo)
“Va bene… va bene… è ancora
molto agitata? Prima urlava come una matta”
(Sara)
“No… beh si… forse un pochino, io di
solito non do di matto così, oddio forse
faccio pure peggio, però non lo so che mi prende devono
essere gli ormoni, la
gravidanza non lo so, ma se solo penso all’idea che sono
chiusa qui e non posso
uscire, mi viene il panico”
Qualcuno
dall’esterno li avvisa che sanno della loro presenza in
ascensore e che hanno
già allertato i servizi preposti, pochi minuti e cercheranno
di farli uscire.
(Sara)
“VOGLIO USCIRE!!!!” Ricomincio ad urlare
perché invece di sentirmi più
tranquilla ora che mi hanno ricordato che sono chiusa dentro, mi sento
peggio!
(Lorenzo) “Non ci pensi, dia
retta a me non ci
pensi… si convinca che può uscire quando vuole,
che non ci siano problemi di
alcun tipo e parliamo d’altro se vuole, così si
distrae, va bene?”
(Sara)
“Si parliamo d’altro però io
l’avviso, quando sono nervosa, parlo tanto, se
comincio non la finisco più non dica dopo che non
l’avevo avvertita”
(Lorenzo)
Sorrido come un cretino e penso “Mi ricorda qualcuno di mia
conoscenza, ahimè!”
(Sara)
“C’è ancora? Ha già
rinunciato ad ascoltarmi?”
(Lorenzo)
“No… no sono qui, ho capito male oppure lei
è incinta?”
(Sara)
“Si sono incinta, poco più di 5 mesi”
(Lorenzo)
“Ah capisco, che bello, è suo marito o il suo
compagno è qui in clinica, nei
paraggi? Magari può chiamarlo, la farebbe sentire
più serena, il mio è scarico
e non da segni di vita”
(Sara)
“Sono da sola e comunque anche se fosse carico, non
c’è linea, solo chiamate
d’emergenza ma non mi pare il caso visto che hanno
già avvertito i soccorsi,
poi magari se li chiamo anche io li distraggo e li faccio ritardare
e…”
(Lorenzo)
“Eh… eh… è maschio o
femmina?” domando a bruciapelo per distoglierla dalla sua
ansia e gli chiedo della gravidanza perché è
l’unica informazione che so di
lei.
(Sara)
“Femmina, è una femmina” ripeto
respirando forte
(Lorenzo)
“Ah, una bambina, come si chiamerà?”
(Sara)
“Non c’ho ancora pensato veramente”
(Lorenzo)
“Capisco, quindi era qui per una visita?”
(Sara)
“Si, esatto, anche lei?”
(Lorenzo)
“No, decisamente no, io sono un medico”
(Sara)
“Ma davvero? Lo sa che questa cosa mi tranquillizza molto di
più dottore?”
(Lorenzo)
“Beh anche se la situazione è un po’
particolare, parliamo ormai già da un pò e
non ci siamo ancora presentati, io sono L…”
Le
luci si riaccendono interrompendo Lorenzo ed anche la pulsantiera
dell’ascensore s’illumina nuovamente in modo
normale.
“Dottor
Martini, Signora Levi mi sentite?” Perfetto, ciò
che non hanno fatto loro in
mezz’ora ci ha pensato a farlo il vigile del fuoco in una
sola frase dall’esterno
degli ascensori.
(Lorenzo)
“SARA?” chiedo passandomi una mano nei capelli e
scompigliandomeli tutti.
(Sara)
“LORENZO?” domando mettendo subito dopo una mano
davanti alla bocca. Non è
possibile.
(Vigile
del Fuoco) “Adesso l’ascensore si rimette in moto e
vi conduce al piano che
avevate selezionato, solo un paio di minuti e sarà tutto
finito”
L’ascensore
infatti riparte e nonostante loro due cerchino di chiamarsi ancora non
riescono
più a sentire l’uno la voce dell’altro.
(Sara)
Arrivo al quarto piano e trovo un assistente del professore che si
scusa per
l’inconveniente, cerca di rassicurarmi e mi conduce nella
stanza del luminare.
(Lorenzo)
Giungo nell’atrio, mi accoglie la receptionist, la ragazza
cerca di spiegarmi
che il black out nonostante l’immediata accensione del
generatore d’emergenza
ha mandato in tilt la centralina dell’ascensore, ma non me
frega un bel nulla,
chiedo a che piano si trovi GINECOLOGIA in questa clinica, il sesto,
faccio le
scale di corsa cercando di raggiungerla, ma anche guardandomi
più volte intorno
non la trovo. Mi
avvicino ad una
finestra e prendo una boccata d’aria, ma cosa ci faccio io ad
inseguire ancora
lei? Lei che sta avendo un figlio, una figlia per
l’esattezza, da un altro?
Riscendo nuovamente le scale e mi dirigo a Villa Aurora. Possibile che
il luogo
che doveva diventare la mia boccata d’ossigeno me
l’ha fatta “ritrovare”
nuovamente dopo tanti mesi?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6. Più cancelli e più ti resta il segno ***
Capitolo 6. Più cancelli e più ti
resta il segno
Villa
Aurora
(Lorenzo)
Arrivo
a Villa Aurora, sono nervoso, molto nervoso, oggi in palestra giuro che
il
sacco lo sfondo per quanta rabbia sento dentro, alzo il capo e vedo nei
giardinetti che circondano la villa Elena e Tommy che parlano, lui
sembra
volerla convincere di qualcosa mentre lei resta ferma sulla sua
posizione. Bel
caratterino la cuginetta! Mi avvicino, questi due continuano a non
raccontarmela giusta, “Tutto bene?”
“Papà,
ciao, si… si tutto bene”
“Ciao”
è telegrafica lei
“Tu
stai bene?” osserva mio figlio “Hai una
faccia!”
“Mai
bella quanto la tua, mi spiegate che state facendo qui?”
chiedo arrivando al
punto
“Siamo
venuti con i nonni per l’ultima ecografia di Maria”
cerca di spiegare Elena
“Suppongo,
però, che l’ecografia si stia tenendo dentro, dove
sono anche tutti gli altri,
voi perché fuori?”
“Volevamo
prenderci una boccata d’aria, pà! Non farla lunga,
andiamo dentro su, avranno
finito”
Entriamo
tutti e tre insieme nella hall, d’istinto mi metto tra di
loro, poi un giorno o
l’altro capirò che sta succedendo tra questi due.
Dallo
studio di Tea escono Libero ed Enrica visibilmente emozionati, sono
seguiti da
Ave che tiene per mano i bambini, Bobò è con
Alice nell’atrio. Libero piange e
questo non mi meraviglia di sicuro.
“Zio,
problemi?” domando per sicurezza
“No,
Lorenzo no, solo che siamo al quinto, sesto, no forse settimo
pronipote,
insomma tanti, mica uno scherzo? Il tempo passa ed in momenti come
questi ti
rendi conto di quante cose belle ti circondano. Abbiamo fatto tanta
fatica, però
abbiamo avuto anche così tanta gioia in cambio”
“Dai
caro non essere melò come tuo solito” osserva
Enrica
Si
aggiungono anche Marco e Maria e lei dice “Nonno ma
già piangi come una
fontana? E quando nascono che facciamo? No, no forse ho capito stai
piangendo
perché potrebbero nascere una settimana prima, sei
già preoccupato per quando
arriveranno a casa?”
(Lorenzo)
Gli altri ridono e io guardo loro, poi guardo Marco e mi viene
spontaneo dargli
la stoccata “A proposito di nuovi arrivi, ho saputo della
lieta notizia,
auguri! Ora che Sara e Stefano aspettano un figlio tu diventerai
zio”
(Marco)
rimango di stucco. Guardo Maria e poi di nuovo lui, credo di dover
aprire bocca
per rispondere, ma cosa devo dire? E soprattutto Lorenzo cosa sa
realmente? Come lo sa?
Io sto per diventare zio, è vero, ma non Stefano e lui che
sta per diventare… blocco il flusso dei
miei pensieri e rispondo “Grazie…
Grazie” taglio corto
(Lorenzo)
li guardo nuovamente tutti ed ora è lampante “Ah
ma allora adesso capisco, lo
sapevate già! Bene sono contento di essere stato proprio
l’ultimo a sapere le
cose. Che imbecille!” dico andandomene
“No
Lorenzo, aspetta, ascolta” cerca subito di trattenermi Libero.
“Lorenzo”
mi chiama anche Enrica e il modo in cui lo fa mi da
l’impressione che sia
proprio lei quella che sapeva.
“Non
c’è bisogno che ascolti nulla, non
c’è bisogno che nessuno si giustifichi, tra
me e Sara ammesso che ci sia stato qualcosa, è passato,
finito, dimenticato, ne
potete parlare, vi potete incontrare, anzi può venire anche
a casa con Stefano se a voi fa
piacere, ma ci mancherebbe altro, d’altronde quella
è casa vostra, se sono di
troppo posso anche andare via io, non ci sono problemi,
davvero”
(Libero)
“No Lorenzo, lo vedi che, invece, c’è
bisogno che ascolti?”
(Marco)
devo stare zitto, devo stare zitto altrimenti sbotto, ma appena
incontro la mia
sorellina devo capire a che gioco sta giocando, prima s’isola
dal mondo intero
per non vederlo, per non fargli scoprire della gravidanza e poi adesso
lui lo
sa, mah! E comunque se non la smette gli rispondo io al signorino
“Ammesso che
tra lui e mia sorella ci sia stato qualcosa?” E la figlia che
lei sta cercando
disperatamente di far nascere sana a discapito della sua vita e del
loro amore
che cos’è?
(Libero)
“Noi a Sara vogliamo bene e tu lo sai, ma non è
che ci vediamo di nascosto o
facciamo i complotti alle tue spalle e ti trattiamo da bambino scemo,
mi
dispiace se pensi questo”
(Lorenzo)
respiro profondamente e cerco di calmarmi
(Enrica)
“Sara si è confidata con me qualche tempo fa poi
l’abbiamo persa di vista, non
te l’abbiamo detto perché non volevamo farti
soffrire, solo questo”
(Lorenzo)
“Va bene… va bene… lasciamo perdere,
non è nemmeno necessario parlarne o
discuterne, ora, se volete scusarmi, devo cominciare il mio giro di
visite”
Primo
pomeriggio. Parco.
Sono
seduta al chiosco e bevo una spremuta, ripenso alle parole di
Scarfoglio, il
suo farmaco ha davvero grandi potenzialità ma
c’è un grosso problema temporale,
in Italia non sarà disponibile prima di due mesi e non
può essere importato
dall’estero, farmelo somministrare in America significa
affrontare un viaggio
che ora nelle mie condizioni non posso permettermi, mi affaticherebbe
troppo e
se mi affatico io a subirne le sofferenze è la mia bambina.
Tra due mesi io
dovrei essere al settimo mese di gravidanza, ma non so davvero cosa
sarà
accaduto, nessun medico può prevederlo, diciamo che ci sono
diverse
possibilità, potrei essere ancora incinta ma con notevoli
difficoltà viste le
mie condizioni, potrei aver dato alla luce la mia bambina e magari
tenerla
vicina mentre sto cercando di superare la mia malattia, oppure potrebbe
esserci
lei ma non io. Bevo tutto di un fiato, che tristezza pensare che
praticamente
con la mia vita potrei fare count down. Marco, Maria e i miei adorati
nipotini
mi distolgono dai miei funesti pensieri. Jonathan e Palù
giocano sulle giostre,
ci raggiunge anche Stefano, non siamo riusciti a beccarci a pranzo,
meglio
così, almeno parlo una volta e per tutte e li affronto tutti
insieme. Gli
ripeto parola per parola ciò che mi ha spiegato il professor
Scarfoglio e ne
sento di tutti i colori, chi pensa a voli speciali per portarmi a New
York, chi
studia modi più o meno legali per introdurre il farmaco in
Italia, cerco di
farli ragionare, l’unica soluzione al momento è
aspettare. Aspettare pur
sapendo che probabilmente non ho due mesi a disposizione.
Dopo
aver discusso per più di due ore, sono esausta e voglio
tornare a casa, invece
Marco non ha ancora finito.
(Marco)
“Quando decidi di cambiare idea, sarebbe gradito avvisarci
sorellina”
(Sara)
“Marco ne abbiamo parlato già mille volte lo sai
che non cambio idea”
(Marco)
“Non mi riferivo alla bambina, ma al padre”
AH!
E adesso cos’altro è successo con Lorenzo? Non
avrà mica scoperto qualcosa? “Ma
io non cambiato idea nemmeno riguardo a Lorenzo, che stai cercando di
farmi
capire fratellone, vi prego non ditemi che avete fatto danni
irreparabili, vi
prego”
(Maria)
“Tranquilla Sara, noi non abbiano detto nulla di
più di quello che ha saputo da
te, il punto sta proprio lì non sapendo cosa gli avessi
detto tu siamo dovuti
rimanere praticamente in silenzio”
(Sara)
Sospiro di sollievo “Bene, allora non sa nulla, io non gli ho
detto quasi
niente, quindi”
(Marco)
“Ma sapeva della tua gravidanza? E’ diventato un
mago per caso?”
“Magari
si sono semplicemente incontrati” incalza Maria
(Sara)
“Niente di tutto ciò, non ci siamo visti, almeno
tecnicamente, e quando gli ho
detto che ero incinta non sapevo che fosse lui” rido e mi
rendo conto che la
mia spiegazione è alquanto “strana” ma
è andata così.
Marco
mi guarda come se fossi un extraterrestre “Sara siamo sicuri
che le cadute che
hai preso da piccola non abbiano lasciati danni al cervello?”
(Sara)
“Sicurissima. Stamattina Lorenzo ed io eravamo insieme alla
clinica “Viale dei
Fiori”
“Insieme?”
sbotta Stefano che da quando avevamo toccato l’argomento era
stato zitto
(Sara)
“Insieme nel senso di essere nello stesso posto, ma ognuno
per conto proprio,
io dovevo fare il consulto, lui non lo so perché era
lì, siamo rimasti chiusi
nell’ascensore mezz’ora e abbiamo parlato ed io
come al solito ho parlato
troppo perché ero agitata, ma non sapevo fosse lui,
altrimenti non gliene avrei
parlato”
(Marco)
“Tu resti chiusa nello stesso ascensore con il tuo ex, gli
dici che sei incinta
e non lo riconosci? Eravate al buio e avevi le orecchie e gli occhi
fuori uso?”
(Sara)
“Spiritoso, non è andata così! Non
eravamo nello stesso ascensore, ma in due
diversi che si sono trovati allineati al momento del black out, eravamo
vicini,
ci siamo parlati ma nel trambusto io non ho riconosciuto la sua voce,
mi
giungeva lontana e come diamine potevo sapere fosse lui?”
“Destino,
eh!” osserva Stefano.
(Sara)
“Ma Lorenzo cosa vi ha detto? Come ha reagito? Sospetta
qualcosa oppure il
fatto che sia passato del tempo ha rimescolato un po’ le
carte?” è inutile
nascondere che sono inquieta
(Marco)
“Non sospetta un tubo, anzi, a tal proposito io non ho una
grandissima opinione
del tuo Lorenzo” e imito l’aria sognante che ha mia
sorella quando lo nomina “Non
capisce niente, neanche quello che dovrebbe essergli evidente,
è stato solo
bravo a far sentire tutti in colpa per non averlo informato del tuo
stato”
(Maria)
“Amore, dai, non esagerare, diciamo che anche lui ha sofferto
molto, ci sono
tante cose che non sa, per lui è difficile capire e se
è scontroso certe volte
e perché non immagina nemmeno cosa stia accadendo”
(Sara)
“Maria ha ragione, in fondo sono stata io a fare delle scelte
controverse, l’ho
lasciato, gli ho fatto credere di amare un altro ed ora che ha scoperto
che
sono incinta, è più facile pensare che attenda un
figlio dal mio compagno, anzi
ora che ci penso, a distanza di tempo, il suo punto di vista non fa una
piega
perchè c’è anche un’altra
cosa da considerare”
(Marco)
“Cosa?”
(Sara)
“Lorenzo deve aver creduto che io prendessi la pillola, io
non ho mai negato e lui
non me l’ha mai apertamente chiesto, diciamo che il capitolo
precauzioni è
stato un omissis”
“Io
al contrario ho sempre saputo che lei non poteva prenderla e quindi ci
siamo
comportati di conseguenza fin dall’inizio”
interviene Stefano
(Marco)
“Se non sono cose complicate non ti piacciono, eh sorellina?
Però si potrebbe
dire che anche questa bambina è un segno del
destino… il vostro solito destino
ancora una volta” commenta Marco poco prima di salutarci e di
andare via.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7. Il nostro solito Destino ***
Capitolo 7. Il nostro solito Destino
(Sara)
Ho
bisogno di evadere, ho bisogno di pensare, di cercare un po’
di pace per la mia
testa visto che non posso trovarla per il cuore. Povero cuore mio,
fisicamente
provato dalla mia malformazione congenita, dalla gravidanza ma ancora
più
dolente per i sentimenti e le emozioni che prova e che sono diventati
una
matassa difficile da dipanare. Uffà! Ci sono momenti in cui
rischio di
“scoppiare”, fasi in cui nego, mi illudo, fingo, mi
ripeto che sto bene, che
dovrei solo essere felice perché questo dovrebbe essere il
momento più bello
della mia vita. Prego affinchè la mia bambina sia viva e
sana, prego affinchè
sia felice in ogni caso. Poi però ritorno cupa, triste,
malinconica, temo di
non essere presente quando avrà bisogno di me. Come se non
bastasse penso a Lorenzo
e lo vorrei accanto, cosa darei per vivere quest’attesa nella
“normalità”,
condividendo con il mio amore le piccole
cose, in questo momento vorrei essere presa dai dubbi per il colore
delle
pareti della camera della mia bimba e vorrei frequentare un tipico
corso
preparto.
Invece
non posso fare sforzi, non so nemmeno se riporrò mai mia
figlia nella culla che
ho ordinato per lei, sono terrorizzata dal parto perché
potrebbe essere troppo
presto per lei o per forza di cosa troppo tardi per me e
Lorenzo… Lorenzo non è
al mio fianco, anzi, siamo divisi da un muro di bugie, omissioni,
lontananze
dovute, volute. A volte mi faccio forza pensando che sto facendo la
cosa più
giusta per tutti, ma non posso impedirmi di pensare che forse lui si
sta
rifacendo una vita, che forse si sta dimenticando di me, magari se ne
è già
dimenticato! In fin dei conti non è quello che gli ho
chiesto? Perdonarmi e
dimenticarmi. Sul latte versato non si piange. Voglio stare da sola ma
no, non
troppo, ho comprato un regalo a Destino, così anche lui
potrà avere sempre
qualcosa di me, vado ad Ostia.
(Lorenzo)
Di
nuovo quell’incubo, non è possibile! Apro gli
occhi e fisso il soffitto
cercando di ritrovare la calma, poi mi siedo in mezzo al letto e mi
accorgo di essere
tutto sudato, agitato. “E’ una bambina…
una bambina, quella che piange nel mio
sogno è una bambina, una neonata per l’esattezza,
ma cosa significa? Io non
sono un ginecologo, ma come è possibile che stia assistendo
a un parto? E poi
quella donna sul lettino, chi è? Perché sono
tutti così disperati? Il battito…
i monitor… il suo cuore non batte più? Ohohohoh
basta!” mi prendo la testa tra
le mani e poi me le porto alla fronte tenendo indietro i capelli.
“Non voglio
pensarci mai più, non voglio fare mai più
quest’incubo, mai più” Magari potessi
controllarlo!
Oggi
è domenica, niente cliniche, niente ricerche, niente
pazienti, niente ascensori
che si bloccano, la domenica si dedica alla famiglia. Peccato che in
famiglia
si siano già tutti organizzati, Tommy va al mare con i
cugini, Enrica,
Libero ed Ave portano i bambini in
piscina, Marco e Maria si riposano in vista della nuova fatica che tra
poco li
attende ed io? Semplice, primo aspetto fondamentale bagno libero e
poi… poi?
Poi mi farò trascinare da quello che verrà nella
giornata. Sospiro chissà chi è
stato a farmi capire che la vita si può vivere anche
così.
Mentre
mi lascio scivolare sulla pelle un refrigerante getto di acqua fresca
nella mia
mente ancora quella considerazione “è una
bambina” No, non sto pensando
all’incubo ricorrente, no diciamo all’altro incubo
della mia vita, quello da
cui però non posso risvegliarmi perché
è realtà. Sara è incinta ed aspetta un
figlio da Stefano, una bambina appunto! Quando ho ricollegato i pezzi e
sono
giunto alla conclusione che Sara fosse incinta ho provato in pochissimi
secondi
netti due emozioni fortissime peccato che fossero l’una
l’opposto del’altra.
Prima per un attimo, ma solo per un attimo ho pensato a noi due, alla
bambina,
pochi secondi di felicità semplice e pura successivamente,
però, è subentrata
subito la razionalità, Sara ha scelto Stefano e subito dopo
aver annullato
quello che c’era stato tra noi deve aver scoperto di essere
incinta del suo
compagno. Volevo sprofondare. Dolore semplice e puro e purtroppo per me
non è
durato pochi secondi. La bambina non può essere mia, non
sarebbe potuta essere
mia, Sara usava la pillola e se ci fosse stata anche una remota
possibilità me
l’avrebbe detto ora non sarebbe con lui ma con me. Invece
proprio dopo essere
stata mia, si è sentita pronta per un progetto
così importante con lui. Questa
consapevolezza di essere stato niente per chi per me ha rappresentato
tutto mi
toglie il respiro. Non c’è più speranza
per noi, ammesso che ce ne sia mai
stata. Devo smettere di pensare a lei, devo smettere di volerla ancora,
insomma
ora è chiaro qual’era il nostro destino, stare
lontani.
(Sara)
Congedo
il taxi, arrivo alla spiaggia e finalmente posso togliere le
scarpe… adoro
sentire la sabbia sotto i miei piedi, la spiaggia non è per
nulla isolata,
anzi, è fin troppo popolata, meglio, mi sentirò
meno sola. Passeggio,
stringendo a me la borsa da un lato e tenendo i sandali
nell’altra mano, cerco
di respirare l’aria permeata dalla brezza marina che
è sicuramente salutare per
me e per la piccolina. Di “Destino” non
c’è traccia come suo solito si fa
attendere il signorino…
(Lorenzo)
Arrivo
ad Ostia, dal parcheggio semipieno mi rendo subito conto che
c’è un bel po’ di
gente in giro, stamattina mi sono messo pratico, jeans, maglietta,
scarpette e
occhiali da sole, d’altronde visto come mi sporco con Destino
tra la sabbia, le
sue zampe e gli schizzi d’acqua inutile quando non devo
andare a lavoro venire
qui con abiti troppo formali.
Scruto
la battigia, non mi sbagliavo la gente non manca affatto, coppie di
anziani che
passeggiano, genitori con bimbi piccoli che giocano, sportivi che
variano dagli
aquiloni, ai surf, al jogging, ce n’è per tutti i
gusti. Tra poco sarà davvero
estate ed ormai nell’aria si sente già quella
voglia incontrollabile di mare,
sole, relax. E Destino, dov’è? Vedo qualche cane
in lontananza ma sono tutti
animali domestici con i loro padroni, meglio andare alla sua
“tana”.
“Ma
che strano, davvero troppo strano” dico mentre noto che la
ciotola è quasi
piena, dopo due o tre giorni in genere è vuota, poi
c’è dell’acqua e infine una
borsa femminile molto colorata e un paio di scarpe sempre femminili
appoggiate
accanto, ma di chi sono?
Bene
adesso mi tocca “dividere” anche Destino rifletto e
il mio cuore accelera i
battiti pensando a Sara, la mia mente si rifiuta, o meglio, la parte
“razionale” di me che ha ancora una certa
autorità si impone di non fare
considerazioni stupide e dettate solo
dall’emotività.
Poggio
le provviste che avevo portato a quel fedifrago che non ci ha pensato
un attimo
a voltarmi le spalle e a farsi corrompere da qualche donzella. Non
farti
fregare Destino le donne fanno così prima ti fanno perdere
la testa, capisci
che non ne puoi più a fare a meno e quello spesso
è il momento in cui sono loro
a scoprire che posso stare anche senza di te.
Mi
guardo attorno e finalmente lo vedo, molto ma molto lontano mi sembra
di
distinguere una sagoma femminile, ha un qualcosa di familiare, credo
proprio
che sia arrivato il momento di conoscere colei che si è
preoccupata della cura
di Destino, voglio anche mettere in chiaro che sebbene l’ho
lasciato in
spiaggia per la sua libertà, questo cane e mio e di
Sara… oddio io non so
nemmeno se lei l’ha più rivisto, diciamo che
è mio, ci tengo a lui, non vorrei
che me lo portassero via.
Appena
Destino mi riconosce, mi distoglie dai pensieri
“possessivi” e mi corre
incontro, ovviamente si alza, mi spinge a terra e comincia la nostra
lotta per
gioco.
“Abbiamo
fatto amicizia, eh?” gli dico mentre giochiamo “tu
sei un furfante,
doppiogiochista, paragnosta” e poi vengo distratto da un
suono metallico, mi
concentro sul suo collo e noto qualcosa di nuovo, una catenina con una
targhetta.
“Ma
questa signora che si è messa in testa?” mi chiedo
visibilmente alterato,
quando finalmente il cane si decide a farmela vedere, leggo cosa
c’è scritto “DESTINO”.
Ed ora sì che è tutto chiaro… solo
un’altra persona al mondo sa che quel cane
si chiama così, solo LEI.
Destino
mi molla dirigendosi verso la sua ciotola ed io rimango immobile, mi
alzo e non
riesco a fare un passo… il cuore batte
all’impazzata e la testa è un turbine di
emozioni e di sensazioni. Ancora lei.
(Sara)
“Ma
guarda tu che screanzato! Mi ha mollato nel bel mezzo della passeggiata
per
correre verso la sua tana. Non c’era dubbio che tra me e
questo cane ci fosse
subito feeling, è uno spirito libero e ribelle proprio come
me anzi forse anche
più di me.” Sono un po’ affaticata e
quindi continuo a prendermela con comodo,
gli occhi mi si velano di lacrime non so più se
riuscirò a tornare qui… dopo
aver detto tanti addii mi devo accingere a viverne un altro. Arrivo
alla tana
di Destino che poi non è altro che una sorta di capanna
fatta di rami e di
foglie, una specie di piccolo rifugio che qualche pescatore ha fatto
nella
parte alta della spiaggia per ricoverare remi, tavole da surf, ormeggi
per le
barche, insomma per Destino è una reggia, per i bambini un
punto di gioco, per
gli adulti un fugace ricovero.
“Qualcuno
qui non conosce le buone maniere…” dico entrando e
riparandomi all’ombra, ma
proprio in quel momento succede quello che non pensavo accadesse,
quello che ho
cercato di evitare con tutta me stessa per così tanto tempo,
ma anche quello
che il mio cuore ha desiderato più di ogni altra cosa da 5
mesi. Non è
possibile, non doveva succedere, proprio ora…
“Sara”
pronuncia lui in un sibilo “Ciao” mi saluta
schiarendosi la voce
Non
so perché ma ho come l’impressione che sia
più rilassato di me, come se sapesse
che ci fossi anche io, forse mi ha vista arrivare…
“Ciao” lo saluto anche io ed
incrociare il suo sguardo è un errore madornale,
catastrofico, irreparabile,
l’errore che non ho più fatto per troppo tempo,
l’errore che dovevo evitare di
rifare.
(Lorenzo)
Sono anche riuscito a parlare… ho salutato… ho
associato il saluto al suo nome…
sono ancora lucido, sono perfettamente a mio agio, sono ancora padrone
di me
stesso. “Dio com’è bella, come
è possibile che sia ancora più bella di come la
ricordavo?” non riesco a staccarle gli occhi di dosso, noto
il suo vestitino a
fiori premaman che lascia intravedere la dolce attesa, la pancia ben
pronunciata, le forme arrotondate e rigogliose, i capelli sono
diventati meno
ricci e più lunghi ed i suoi occhi sono ancora due stelle
limpide e luminose,
ma sono tristi, perché? Sembrano velati da qualcosa, ma
cosa? “Che cos’hai
amore mio?”
(Sara)
Mi si è seccata la lingua e non è per il caldo,
ne per la passeggiata, tremo e
sono tutta scombussolata… “Santo cielo Lorenzo ma
quanto mi sei mancato? Ma
come ho fatto? Come ho potuto anche solo architettare di starti
lontana…
Lorenzo non vorrei stare senza di te nemmeno un secondo in
più” penso dentro di
me
(Lorenzo)
“Cretino… sono un cretino… è
bella, è un incanto, è la donna che amo ancora,
inutile negarlo almeno a me stesso, ma com’è
possibile che non mi renda conto,
che è incinta, che probabilmente è in procinto di
sposarsi con un altro, e che
non è più il mio amore?” dico
rimproverandomi perché ormai sono senza speranza.
(Sara)
“Come stai?” complimenti Sara è
quest’anno il premio frasi retoriche per
sbloccare le conversazioni è tuo.
(Lorenzo)
“Eh? Ah! Bene…bene…” riesco a
farneticare e una parte di me, quella razionale
per intenderci, vorrebbe dirle che grazie a lei sto ancora
faticosamente
ricostruendo i pezzi, che a volte mi sembra di essere a buon punto ed
altre
invece di essere ancora al punto di partenza. Che se dopo la fine della
mia
storia con Veronica credevo di avere toccato il fondo, mi ero
sbagliato, non
avevo capito niente perché non mi ero mai sentito lo schifo
che mi sono sentito
da quando non c’è più lei nella mia
vita.
(Sara)
Il suo tono è freddo, amaro, sento un vuoto nello stomaco,
io lo so che non sei
stato bene, che ti ho fatto soffrire così tanto…
io lo so che ti sarò sembrata
cattiva di una cattiveria gratuita, che avrai pensato che ti ho solo
illuso,
per te io ho solo “giocato” come avrei sempre fatto
anche con le altre persone
a me care, ma non è così… io sto solo
cercando di proteggerti come posso amore
mio. Più che posso e per tutto il tempo che mi resta.
(Lorenzo)
“Tu? Come stai?”
(Sara)
“Bene… bene…” ma che
originalità, non c’è che dire
“Non sapevo ti occupassi di…
di Destino” affermo per stemperare la tensione di tutto
quello che non ci
stiamo dicendo a voce ma che purtroppo i nostri occhi non nascondono
all’altro.
(Lorenzo)
“Nemmeno io sapevo che tu lo facessi” sento la
rabbia montarmi dentro, devo
darci un taglio, mi sento soffocare, sono arrabbiato e non riesco
ancora a
fingere, volevo rivederla ma non devo, voglio andarmene.
(Sara)
“Infatti sono stata via qualche mese, ho rivisto Destino solo
pochi giorni fa,
quando sono ritornata con Marco e Maria”
(Lorenzo) Annuisco e non riesco
più ad
aggiungere niente “Senti, scusami, io non ce la faccio, non
è possibile stare
qui, pensare a quello che è successo, a ciò che
non è successo, ora tu sei con
Stefano aspettate una bambina, io… Ciao Sara” le
dico uscendo velocemente dalla
capanna.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8. Quanti segreti che appartengono al mare ***
Capitolo 8. Quanti segreti che appartengono al mare
(Sara)
Tutto
intorno comincia a girare e fatico a tenermi sulle mie gambe, gli occhi
mi si
chiudono, sono stanca, troppo stanca e cala il buio improvvisamente.
(Lorenzo)
“Perfetto,
bravo, complimenti, standing ovation, una pietra sopra, ecco cosa devo
metterci!
Tra me e Sara è finita… la voglia di rivederla,
la sua mancanza prima o poi
finiranno, dovranno finire, ne sono certo! Devo riuscire a togliermela
dalla
testa”
Mi
avvio verso il parcheggio quando Destino mi raggiunge e richiama la mia
attenzione, gli faccio capire che non è aria, lo saluto e
gli dico che passerò
a trovarlo presto. Intanto prometto a me stesso che la prossima volta
mi
assicurerò non ci sia lei, così evitiamo incontri
(s)piacevoli.
Ma
Destino non molla, testardo questo cane, eh, proprio come lei. Alla
fine non mi
lascia scelta, quasi mi obbliga a seguirlo, cosa vorrà
adesso?
Anche
il cane a fare da Cupido non è possibile!
Mi
guardo attorno mentre mi avvicino al rifugio dove Destino mi sta
portando, ma
Sara dov’è? Se ne sarà andata via anche
lei? Appena entro mi rendo conto subito
di sbagliarmi, lei è lì, per terra, priva di
sensi.
Cerco
di non perdere il controllo ma non è facile, è
vero che sono un medico, ma
proprio perché lo sono non vorrei mai, ma mai ritrovarmi a
soccorrere persone a
me troppo care, le persone che amo.
Sento
il polso, il battito è irregolare, troppo rallentato.
“Ma
cosa diavolo succede?”
Provo
a svegliarla chiamandola, ma lei sembra non dare segni, forse
è il caso di
chiamare un’ambulanza, ma proprio mentre estraggo il telefono
dalla tasca Sara
comincia a muoversi, si divincola “Lorenzo…
Lorenzo non te ne andare… non mi
lasciare” mormora agitata
(Lorenzo)
“Sono qui, Sara sono qui, sono qui” le ripeto
tenendola tra le mie braccia e
baciandole la fronte.
Apre
gli occhi e pian piano sembra mettere a fuoco l’accaduto.
(Sara)
“Sono svenuta, vero?” mi chiede ancora intontita
(Lorenzo)
“Si… credo di si, stavo per chiamare Villa Aurora
per farmi mandare
un’ambulanza”
(Sara)
“No” sobbalza e si scosta da me, rialzandosi in
piedi “Sto benissimo, non
occorre, forse ho mangiato poco, non ho bevuto neanche molto e mi devo
essere
affaticata in spiaggia giocando con Destino”
“Perché mi sembra terrorizzata?”
la
osservo dubbioso e non mollo di certo “Adesso
Sara viene con me in clinica, un check up non le farà male”
penso in cuor
mio
(Lorenzo)
“Diciamo che tutti gli elementi che hai citato possono
causare un mancamento
ancora di più se si è in gravidanza ma ritengo
opportuno un controllo in
ospedale”
(Sara)
“Mah no… non è necessario, credimi, sto
già molto meglio”. Dio ti prego, no! “Quanto ci metterà Lorenzo a capire che
sto
mentendo?”
(Lorenzo)
“Senti Sara chissà perché qualcosa mi
dice che oltre ai viaggi in aereo hai
anche il panico degli ospedali, ma non c’è bisogno
di agitarti, ti accompagno
io, chiamiamo anche Stefano se ti fa sentire più tranquilla,
ti prometto che mi
occupo io di te se vuoi sentirti più sicura. Non ti lascio.
Il tuo battito
cardiaco prima mentre eri svenuta non mi è piaciuto per
niente, meglio dare
un’occhiata, è solo una precauzione non ti
allarmare”
(Sara)
“No… Lorenzo non voglio, si hai ragione, lo
ammetto, hai colto perfettamente
nel segno, l’idea di andare in ospedale mi fa venire
l’ansia. Poi se chiamo
Stefano va in panico anche lui, è poi l’hai detto
anche tu no, sarebbe solo una
precauzione, non è necessario credimi. E poi… poi
lo sai ho fatto un controllo
alla clinica “Viale dei Fiori” solo pochissimi
giorni fa ed era tutto a posto.
Tutto perfetto, quindi”
(Lorenzo)
“Ascolta io adesso vado a prendere la borsa medica in
macchina, ti controllo la
pressione e risento il battito e se qualcosa non mi convince neanche la
minima
cosa io te lo giuro che non sento ragioni e ti porto di peso in
clinica”
(Sara)
“Non ce ne sarà bisogno ne sono sicura”
(Lorenzo)
Lei sorride per sciogliere la tensione e di rimando sorrido anche io,
era una
vita che non mi capitava più di sorridere così,
non mi capitava di sorridere
con lei “E tanto per cambiare alla fine si fa sempre come
decidi tu”
(Sara)
“Ma non è vero… io sono molto
democratica” ride ancora lei
(Lorenzo)
“Eh!” la prendo in giro io “Molto
democratica, tra poco scoprirai quanto sono
democratico io se qualcosa non mi convince”
Lei
sbuffa ed io mi dirigo in macchina per attuare il mio proposito.
(Sara)
“Ti
prego… ti prego… non tradirmi” supplico
il mio cuore di tenere duro ancora una
volta, almeno questa volta. Sento che posso farcela anche se questa
volta è più
difficile perché ho di fronte proprio colui che sul mio
cuore ha più potere di
me.
“Pensavo
che ti saresti data alla fuga” dice lui interrompendo i miei
pensieri
Rido
“Invece io sono convinta che non sarà necessario
andare da nessuna parte” mi
zittisco e permetto a Lorenzo di visitarmi tranquillamente, neanche a
dirlo è
molto scrupoloso, almeno per quel che può. Ma io mi sento
sostanzialmente
meglio, per questa volta non ci sarà nessuna emergenza,
nessun pronto soccorso,
per questa volta…
(Lorenzo)
Fisicamente
mi sembra tutto a posto… ma è strano…
poi la guardo… siamo vicini… così
tanto
vicini… i miei occhi si specchiano nei suoi…
eppure è strano. Perché ho di
nuovo quella sensazione? Quella sensazione che lei non sia felice,
c’è un velo
di tristezza in quegli occhi, cosa la preoccupa? Siamo troppo vicini ed
io così
potrei fare qualche sciocchezza… potrei fregarmene di tutto
e farei un errore,
l’ennesimo, non posso più fidarmi di lei, non devo
più fidarmi di lei e meno
che mai di me stesso, non posso dimenticare quello che dovrei
ricordarmi come
un monito. Sara non ama me.
(Sara)
Mi
avrebbe baciata, mi stava per baciare ed io non lo avrei fermato, si
è fermato
lui, non posso biasimarlo se in alcuni momenti leggo tanto dispiacere,
rabbia,
delusione, rancore nei suoi occhi. Il blu dei suoi occhi è
velato di tristezza.
Non posso biasimarlo se una parte di lui mi odia probabilmente
è la parte che
mi ha amato di più. Almeno ha desistito sul proposito di
portarmi in ospedale.
(Lorenzo)
“Ti ha accompagnato Stefano?”
(Sara)
“Eh… no… no, oggi doveva seguire un
evento importante, una nuova apertura in
centro”
(Lorenzo)
“Capisco”
(Sara)
“Sono venuta in taxi”
(Lorenzo)
“Ti posso riaccompagnare io?”
(Sara)
“Va bene, solo che volevo rimanere ancora un po’,
non mi va di stare sola, la
giornata è così bella, ancora lunga da
vivere”
(Lorenzo)
Sorrido “è sempre lei, il suo modo di essere non
cambierà mai” penso e mi rendo
conto che nemmeno a me va di tornare subito a casa “Hai
ragione, allora ti
propongo di andare a mangiare insieme, conosco un posto qua vicino
molto carino
e visto che secondo te sei svenuta perché hai preso troppo
sole, ti sei affaticata
molto, non hai mangiato e bevuto a sufficienza direi che è
anche un ottimo
rimedio per la tua salute”
(Sara)
“Ahahahah, molto spiritoso dottore, accetto
volentieri” e così dicendo recupero
le mie scarpe e la mia borsa e ci avviamo insieme.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9. Sapore di mare ***
Capitolo 9. Sapore di mare
Casa
Martini
(Marco)
“Amore hai sentito Sara, sai cosa sta combinando?”
chiedo perplesso
(Maria)
“Veramente non lo so… ma credo fosse sola Stefano
aveva l’inaugurazione di un
locale in centro”
(Marco)
“Ah! Ora la chiamo, già mi fa stare in pena
quotidianamente, quando poi è anche
sola non sono tranquillo per niente”
Ristorante
“Sapore di mare”
(Lorenzo)
“Ma allora eri veramente affamata?”
(Sara)
“Infatti non mentivo, anzi ho una voglia matta di fare il bis
con il dolce ma
mi trattengo”
(Lorenzo)
“Altra panna? Sara è vero che devi mangiare per
due, ma bada bene che essere
incinta non significa abbuffarsi di dolci in maniera sconsiderata,
diventa
tutta ciccia” la prendo in giro io.
(Sara)
“Non sono sconsiderata e soprattutto non sono
cicciona” mette il broncio lei.
(Lorenzo)
“Infatti sei bellissima” Cacchio, no! Non sono
riuscito a controllarmi e l’ho
detto, bravo decerebrato.
Squilla
il suo cellulare che, provvidenzialmente, interrompe il momento
“Lorenzo-deficiente”, molto probabilmente
sarà Stefano e speriamo che questo
consenta al mio cervello di riprendere a fare il suo dovere.
(Sara)
“Pronto?”
(Marco)
“Sorellina dove sei? A casa?”
(Sara)
“Dove sono?” ripete la domanda Sara cercando di
prendere tempo “A casa no”
(Marco)
“Al locale con Stefano?” chiede ancora Marco
(Sara)
“No” ripete la sillaba lei
(Marco)
“Allora me lo dici tu o devo tirare ad indovinare
io?”
(Sara)
“Mah… no”
(Marco)
“E sono tre no Sara, altre parole oppure non so magari una
frase di senso
compiuto fino alla fine della telefonata riesci a dirmela?”
(Sara)
“Che scemo che sei, sono ad Ostia, ho fatto una passeggiata
in spiaggia, ho
salutato Destino il cane di cui ti avevo parlato, ho mangiato una
cosa”
(Marco)
“Allora vengo a prenderti io, inutile che chiami un
taxi”
(Sara)
“Mah… no”
(Marco)
“Oddio ci risiamo con i no!”
(Sara)
“Non è necessario davvero”
(Marco)
“Ma stai bene?”
(Sara)
“Si”
(Marco)
“Sicura?”
(Sara)
“Si?”
(Marco)
“Bene adesso siamo passati ai si, complimenti sorellina,
facciamo progressi”
(Sara)
“Dai, smettila. Ci vediamo stasera, va bene? Salutami la
famiglia”
(Marco)
“Va bene, non mancherò”
(Maria)
“Che dice?”
(Marco)
“Non è quello che dice e cosa non dice che mi
preoccupa”
(Maria)
“In che senso?”
(Marco)
“Non voleva dirmi dove fosse e poi invece di riempirmi di
chiacchierare come
suo solito era ermetica prima mi ha risposto con una serie di no, poi
con una
raffica di si, non era da sola io la conosco e non ha voluto
assolutamente che
andassi a prenderla, che mi nasconde?”
(Maria)
“Cosa vuoi che nasconda, forse Stefano
si è liberato e la raggiunge lui”
(Marco)
“Mah!”
(Sara)
Quando chiudo la telefonata guardo Lorenzo e mi accorgo subito che
è teso,
nervoso, arrabbiato, muto. Forse non ha capito che era Marco a
telefono, avrà
pensato a Stefano, forse è meglio così altrimenti
uno dei due avrebbe commesso
qualche errore o forse lo avremmo commesso tutti e due.
(Lorenzo)
“E’ meglio tornare a casa, c’è
sicuramente qualcuno che ti reclama” si alza e
paga il conto ed io lo seguo.
(Sara)
Cala il silenzio, un silenzio che vale più di mille parole,
c’è un turbinio di
emozioni e di sensazioni che ci unisce e ci divide ed è
sfiancante, io lo so,
io lo sento che anche lui sta lottando contro se stesso proprio come
sto
facendo io. Lui vuole me ed io lui. Ma ognuno combatte per tenere
lontano
l’altro. E non è il fascino del proibito, no,
è la sofferenza di chi vorrebbe
che si trattasse solo di un brutto sogno. Di chi ha accanto quello che
desidera, ha tutto quello che poteva desiderare ma non nei modi, nelle
condizioni in cui avrebbe voluto viverle. Sono stanca, sono esausta.
Sta
diventando un peso troppo grande da portare.
(Lorenzo)
Non riesco più a dire una parola e a quanto pare sono
riuscito nell’impresa di
zittire anche lei, si vede che lei è più
tranquilla di me che sono inquieto.
Lei è logorroica quando è agitata, ora non
avrebbe motivi per essere agitata
anzi credo che stia vivendo uno dei momenti migliori della sua vita,
perché
dovrebbe essere agitata? Perché dovrebbe essere inquieta per
me? In fondo io
cosa sono stato una parentesi, solo una parentesi. Noto con la coda
dell’occhio
che si è addormentata, mi volto a guardarla e non posso fare
a meno di pensare
sempre alla stessa cosa. Tutto quello che vorrei è solo lei.
Tutto quello che
vorrei, adesso è accanto a me ma non è
più mio, non ci sono più le condizioni
per averlo, non mi appartiene più.
Cercando
di non farla svegliare, le abbasso un po’ il sediolino, poi
le accarezzo il
viso sussurandole un buon riposo.
Casa Martini
Sono
tutti in fermento, è in arrivo Giada che si
fermerà una settimana a Roma per poter
stare dai Martini visto che le mancano tanto, se è fortunata
potrebbe anche
assistere alla nascita dei gemellini di Marco e Maria il cui arrivo
è previsto
a breve.
(Libero)
“Allora, tutto pronto tutti pronti?” dico passando
in rassegna con lo sguardo gli
altri, ci sono Maria, Marco, Jonathan e Palù seduti sul
divano, in piedi poco
distanti Elena, Bobò ed Alice che è stata
coinvolta dal ragazzo per
l’occasione, Tommy e dalla parte opposta, mancano Ave ed
Enrica che si sono
incaricate di andare a prendere la ragazza alla stazione “Ma
voi che dite,
nonostante la guida sportiva di Enrica, arriveranno tutte intere
tutt’è tre?”
chiedo per strappare un sorriso, ma io sotto sotto delle diavolerie
della mia
consorte sono sinceramente preoccupato.
“Ma
dai Libero, vedrai che se la caveranno benissimo” mi rincuora
Marco.
“Ma
tuo padre?” chiedo ancora a Tommy. Lorenzo deve essere uscito
a metà mattina e
non si è più visto, quest’altro ragazzo
che mi combina?
(Tommy)
“Non lo so aveva delle commissioni da fare, sarà
in giro, ovunque sia cambierei
volentieri il suo posto con il mio”
Elena
lo guarda imbronciata e si volta dall’altra parte.
Io
faccio una smorfia, non capisco molto l’atteggiamento
così scontroso di Tommy,
dato che proprio lui ha fatto presente alla famiglia che i rapporti con
Giada
sono diventati sostanzialmente civili e poi da quando ho capito con Ave
ed
Enrica, a dirla tutta la ragazza torna proprio per lui.
Finalmente
bussano, apro la porta ed ecco Giada, sempre bella come il sole
“Bella di
nonno” le dico accogliendola e poi faccio entrare anche le
due comari.
Saluti,
baci, abbracci, qualche lacrima e quell’affetto che solo a
casa Martini si
riesce ad assaporare.
(Lorenzo)
Siamo arrivati a Roma e quando mi accorgo che lei comincia a
svegliarsi, mi
concentro sulla strada e sulla guida, l’indirizzo di casa di
Stefano lo conosco
mio malgrado e proprio dopo essere stato in quella casa che la mia vita
ha
preso una piega completamente diversa.
(Sara)
“Ma quanto ho dormito?” chiede lei dolcemente
(Lorenzo)
“Un po’” sorrido e tanto per cambiare la
trovo bellissima, sempre più bella e
combatto con quella voglia incontrollabile di abbracciarla, coccolarla,
proteggerla, di sentirla di nuovo mia, nonostante tutto.
Siamo
quasi giunti sotto il portone di casa di Stefano, forse dovrei dire di
casa
sua, ma mi fa troppo male e pensare che la sua casa un tempo era anche
casa
mia.
(Sara)
Com’è pensieroso. Chissà se anche solo
per un istante, anche solo per sbaglio
pensi ancora a me, a noi due, sì forse ci avrà
pure pensato, l’attrazione che c’è
ancora tra noi è innegabile, ma con la sua testa deve
essersene fatto una
ragione e pure il cuore presto o tardi troverà pace
“Mi dispiace averti dato
tanto disturbo”
(Lorenzo)
“Nessun disturbo, anzi, tornare in macchina con te
è stato…”
(Sara)
“Noioso… ho dormito tutto il tempo”
(Lorenzo)
“E’ stato bello… mi ha fatto ripensare
ai vecchi tempi. Mi raccomando
riguardati e riposati”
(Sara)
il modo in cui me lo dice mi scioglie. E’ l’amore
mio, non c’è niente che potrà
mai cambiare questo. “Grazie” gli dico
accarezzandolo e poi lo bacio su una
guancia, lui alla mia carezza si gira e per poco, solo per poco le
nostre
labbra che sono a pochissima distanza non si sfiorano, lui si gira
allontanandosi, recupero quel poco di lucidità sufficiente a
scostarmi,
scendere dall’auto e non rivolgere mai più lo
sguardo nella sua direzione.
Casa Martini
Bussano
di nuovo alla porta, chi sarà?
(Marco)
vado ad aprire io ed è Lorenzo. Ci salutiamo e poco dopo
essere entrato si
accorge anche lui di Giada e le da il bentornato.
“Sai
signorina stasera quando vedo Sara le dico che sei qui a Roma,
sicuramente sarà
felice anche lei di salutarti”
(Lorenzo)
“Ma magari stasera Sara
è stanca…” mi
zittisco immediatamente e mi ritrovo addosso gli occhi di tutti, in
particolare,
quelli inquisitori di Libero e di Marco, ho parlato troppo. Questa
è la
giornata del troppo.
“Come
è stanca… chi è stanca?” mi
chiede Libero
(Lorenzo)
“Sarà stanca Giada, intendo Giada vero?”
tento di mascherare, ma la frittata
ormai mi pare fatta.
La
ragazza annuisce e poi in men che non si dica “i
giovani” lasciano campo libero
spostandosi al piano di sopra.
“Oh,
Maria Vergine, ma cosa è successo qui? Ma
cos’è sta roba qua terra?” chiede Ave
indicando il percorso che ho fatto.
“Ma questa mi
sembra sabbia” afferma Enrica.
“Sei
stato al mare?” chiede disinteressato Libero.
(Lorenzo)
Lo dicevo io che ormai la frittata è fatta.
(Marco)
incontro lo sguardo di Maria e ci capiamo al volo. Tutti al mare questa
giornata?
“In
spiaggia, sicuramente” aggiunge mia moglie.
“Beh
si… si” sorride lui sornione “E che
Destino… è stata colpa sua mi ha sporcato,
a lui piace rotolarsi nella sabbia, insomma vado a fare una
doccia”
(Marco)
“Destino, eh?”
“Si,
lui, vado” si dilegua anche Lorenzo
“Destino”
ripete Maria avvicinandosi e baciandolo
(Marco)
“Qualcuno mi deve qualche spiegazione, direi”. Mia
sorella non finisce mai di
stupire.
“Ma
se poi qualcuno desse una spiegazione pure a noi qua, non farebbe male,
ma che
siamo diventati tappezzeria?” chiede Libero.
“Signor
Libero ma se è tutto chiaro, se!” aggiunge Ave
“Certo
caro, più chiaro di così. E’
destino” conferma Enrica.
“Beate
voi che subito capite tutto, subito vedete chiaro, si vede che
è a me si vede
appannato, che vi devo dire? Andiamo a cucinare altrimenti stasera non
si cena
e mi pulite le lenti così vedo chiaro pure io!”
conclude Libero.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10. Tutte le strade portano a Roma ***
Capitolo 10. Tutte le strade portano a Roma
(Lorenzo)
“Buongiorno famiglia” dico dopo aver avuto il
consenso ad usare
quest’espressione che si tramanda di generazione in
generazione, è più preziosa
di qualsiasi eredità.
“Ciao
Lorenzo” ricambia Libero
“Ciao
caro, succo d’arancia?” mi chiede Ave.
Mi
siedo accanto a Tommy per fare colazione, poi Enrica mi domanda i
programmi
della giornata e tanto per cambiare sono di corsa altrimenti rischio di
fare
tardi, come al solito sono pieno di cose da fare, passo prima alla
clinica per
il progetto di sperimentazione del farmaco e poi vado a Villa Aurora.
Chiedo
a mio figlio che cosa farà lui, magari riusciamo a vederci a
pranzo, poi saluto
tutti e scappo via, Emilio mi starà aspettando, non ho ben
capito di cosa
doveva parlarmi.
(Marco)
“Amore ma tu sei sicura? Perché non mi aspettate,
io porto i bambini a scuola,
passo alla mia vecchia redazione e sono subito da voi”
(Maria)
“Ma non è il caso, fai pure tutte le tue cose con
calma, lo sai Sara ci tiene a
comprare insieme i camicini della fortuna per i gemellini e poi io lo
farò per
lei, quando nascerà la piccolina, è di buon
augurio”
(Marco)
“Io non sono tranquillo, l’ha detto anche Tea, al
parto ormai mancheranno
giorni, forse ore, Sara sappiamo bene la sua situazione, vengo anche
io”
(Maria)
“Viene Giada con noi, non essere ansioso, amore non
accadrà nulla, nulla, anzi
dovesse accadere qualcosa sei la prima persona che chiamo,
promesso”
(Libero)
“Marco stai tranquillo, escono un paio d’ore e
ritornano, poi guarda Maria è
così solare, ti sembra il volto di una che sta per
partorire. We nipote però mi
raccomando qualsiasi cosa dovesse accadere chiamate anche qui,
vero?”
(Maria)
“Sicuro”
(Libero)
“ Sono contento che venga anche Giada con voi”
(Giada)
“Si mi fa piacere accompagnare Maria e Sara nello shopping
premaman, d’altronde
loro” guarda Elena, Tommy e Bobò “hanno
la scuola così mi sentirò meno sola in
questa mattinata”
(Libero)
“Ecco, appunto la scuola, piccoli e grandi,
dall’asilo alle superiori tutti in
riga dai vostri professori. E ho fatto pure la rima”.
Clinica
“Viale dei Fiori”. Roma
(Lorenzo)
Ho
avuto un lungo colloquio con Emilio, abbiamo parlato di tante cose,
c’è
parecchio lavoro da fare, mi ha parlato di un caso clinico che lo ha
molto
colpito, mi ha detto che pochi giorni fa ha visitato una ragazza, il
cui cuore
è gravemente compromesso. Come se non bastassero le
complicazioni cardiache,
questa donna sta portando avanti una gravidanza, chiunque sia non so se
considerarla una pazza con uno spirito di sacrificio da martire o una
persona
eroica, coraggiosa e generosa oltre ogni estremo. Il farmaco di cui si
occupa
Scarfoglio, ormai è entrato a pieno regime nel sistema
sanitario nazionale
americano e potrebbe essere l’unico modo per aiutare un cuore
affetto da quel
tipo di disturbo a sopportare una gravidanza ed un eventuale parto.
Sarebbe una
possibilità, nemmeno una certezza, a New York è
stato già utilizzato con donne
in gravidanza e la vera rivelazione è che in tutte le
sperimentazioni non crea
danni al nascituro. Ma in America non ci sono le stesse risorse, le
stesse
politiche, gli stessi protocolli che per fortuna o purtroppo ci sono
qui in
Italia, bisogno rispettare dei tempi e accreditare una serie di
risultati prima
che sia possibile l’introduzione sul mercato.
Per
questa donna e per altre persone che lo avevano già
contattato da tutta Italia
sapendo della sua permanenza a Roma, Emilio è convinto della
necessità di
finalizzare il suo lavoro di ricerca e di utilizzo del suo farmaco. Per
velocizzare ciò mi ha chiesto di andare a New York qualche
giorno, il suo
obiettivo è di far valutare al ministero italiano non solo i
dati che stanno
emergendo dal lavoro che stiamo facendo qui che è nato da
troppo poco tempo e
che ha tempi ancora lunghi, ma di creare una comparazione con i
risultati
americani già accreditati per dimostrare la
validità, la qualità, l’efficienza,
l’efficacia, gli eventuali effetti collaterali del medicinale.
La
prossima settimana ritornerò qualche giorno a New York, sto
pensando di portare
anche Tommy con me, io lavorerò tanto ma per lui potrebbe
essere un occasione
per stare con la madre, ovviamente ne parlerò prima con lui
e poi con lei, se
non sono d’accordo la mia può restare benissimo
solo un’idea. Poi devo tener
presente proprio le ultime vicissitudini di Tommy, non mi piace per
niente
quell’aria da cane bastonato che ha, mi ricorda qualcuno che
conosco troppo
bene, diciamo che riflette quello che vedo al mattino quando mi
specchio, pene
d’amore in vista anche per lui? Non può aver
ereditato la mia sfiga in amore,
no! Fortuna sua che è ancora giovane e di acqua sotto i
ponti ne deve passare
ancora parecchia, ne ho parlato anche con i nonni pure loro si
aspettavano
reazioni diverse all’arrivo di Giada, sono sempre complici
tra loro, giocano,
escono, ridono, si prendono in giro, ma c’è un
sottofondo un po’ particolare,
come di qualcosa che si è spezzato, si è
irrimediabilmente perso ed è cambiato.
Non credo che con Veronica si aprirebbe, però magari fare un
viaggio insieme
nella nostra vecchia città potrebbe aiutarlo a schiarirsi le
idee o farsele
venire se ne fosse un po’ a corto. Sto andando a Villa
Aurora, accendo la
radio, siamo a metà mattinata ed i miei pensieri sono
già troppi, meglio
metterci uno stop ascoltando un po’ di buona musica e tanto
per cambiare il
raccordo è intasato, anche a quest’ora, incidente
o lavori in corso? Meglio
concentrarmi sulle note e non perdere la pazienza che la giornata
è ancora
lunga.
(Sara)
Perfetto,
siamo sul raccordo e siamo bloccate, la nostra destinazione
è un grande
ipermercato che hanno aperto da poco, all’interno
c’è un centro per la prima
infanzia che è da perderci la testa, voglio comprare i
camicini della fortuna
per i miei nipotini, i gemellini che nasceranno a breve, poi forse ne
approfitto per comprare qualcosina anche alla mia
“pupa”, acquisto qualsiasi
cosa riguardi un neonato da ormai 5 mesi e non mi sembra mai
abbastanza. Non
sarà mica che vorrei compensare quella che potrebbe essere
la mia assenza con
oggetti di ogni tipo? Un po’ sciocco forse, ma una parte di
me la pensa così.
Altra novità guido io, come mio solito ultimamente andando
contro l’opinione di
tutti a Torino ho preso lezioni di guida e da quel momento, anche se a
Roma non
avevo ancora avuto l’occasione, guido regolarmente,
è vero sono le auto di
altri, ma se ne avrò la possibilità me ne
piacerebbe prendere una tutta per me.
Ho sempre avuto il panico solo a sentir parlare di mettermi al volante,
poi ho
preso sempre più coscienza che sto rischiando di morire e
tante paure che avevo,
inclusa questa, ho deciso di sfidarle e di vincerle. E’
sempre così si fa di
necessità virtù, inoltre se dovessi morire voglio
avere il minor numero di
rimpianti possibile, e non avendo potuto o non potendo più
rifare alcune cose i
rimpianti saranno comunque tanti. La mia battaglia è di
renderli sempre meno.
>>>>>>>>
“Ahhhhhhhh!” urla Maria che da qualche tempo era
silenziosa e con un’
espressione dolorante sul volto.
(Sara)
“Che succede?” chiedo rivolgendole distrattamente
un’occhiata
(Maria)
“Mamma mia, mamma mia è tremendo!”
“Cosa?
Ti senti male Maria?” chiede preoccupata Giada.
(Maria)
“No, sembra passato… mio Dio una fitta, una fitta,
io me l’ero dimenticata
quanto facessero male, mio Dio”
(Sara)
“Torniamo a casa?” Domando un po’
intimorita dalla probabile risposta di Maria.
(Maria)
“Si… si al più presto” mi
dice lei che non si lamenta ma le si legge chiaro in
viso che è dolorante.
(Sara)
“Facile a dirlo, è praticamente tutto
bloccato” noto sconsolata che siamo in
piena coda nel traffico e ci muoviamo come una formica ormai
già da un po’.
“Maria
come ti senti?” le chiede di nuovo Giada
(Maria)
“Forse un po’ meglio, ma credo che sia arrivato il
momento, spero solo di
tornare a casa trovare Marco, prendere la valigia e andare in clinica.
Ahhhahhahhahahahaaaa”
(Sara)
“Non credo vada meglio, tesoro” le dico dopo
l’ultimo grido che ha lanciato.
“Sara
forse dobbiamo saltare la parte casa Martini e Marco, ma almeno in
clinica
quella è la parte fondamentale non posso saltarla”
risponde Maria che non ha
perso l’ironia nonostante penso stia soffrendo qualcosa di
indicibile.
(Sara)
“Giada prendi un fazzoletto e comincia a sventolarlo dal
finestrino, al
prossimo svincolo esco dal raccordo e cerchiamo di arrivare a Villa
Aurora il
più presto possibile”
(Maria)
“Marco…. Voglio Marco” ripete mia
cognata che ormai ha il volto segnato da
qualche lacrima
(Sara)
Giada
prende il cellulare di Maria e prima cerca di rintracciare mio fratello
che non
è raggiungibile e poi Casa Martini dove il telefono risulta
stranamente
staccato e menomale che tutti si erano raccomandati di chiamare per
qualsiasi
evenienza ed ora che siamo in piena emergenza non riusciamo a metterci
in
contatto con nessuno.
Io
continuo a suonare il clacson all’impazzata imprecando e
chiedendo a chi mi è
davanti di spostarsi ma non riusciamo a proseguire di molto, recupero
strada
molto faticosamente.
I
minuti passano e le contrazioni di Maria diventano sempre
più forti e più
ravvicinate, lei cerca di non farci preoccupare, di attenuare il dolore
respirando come le hanno insegnato a fare e tenta di rimanere lucida
ripensando
alla sua esperienza con Palù.
Devo
rimanere calma, se mi faccio prendere dal panico anche io siamo fritte,
chiedo
a Giada di riprovare a chiamare qualcuno ma la situazione rispetto a
prima non
cambia.
“Oddiodiodio
speriamo che non debba fare come Alice” dice Maria sempre
intenta a tenere
sotto controllo la respirazione.
(Sara)
“Perché che ha fatto Alice e soprattutto chi
è Alice?” le domando perplessa.
(Marco)
“Io ero una ragazza avrò avuto più o
meno l’età di Giada ed insieme alla nostra
colf dell’epoca abbiamo aiutato mia zia Alice a far nascere i
miei fratelli,
siamo rimaste bloccate in ascensore e i gemelli mica ne hanno voluto
sapere di
aspettare, Bobò è nato lì in ascensore
con papà che dava indicazioni mediche al
telefono”
(Sara)
“Gli ascensori bloccati, i gemelli, i parti fuori dal comune
tutto ritorna, voi
Martini sempre così innovativi eppure tradizionalisti.
Però tesoro tu non puoi partorire
qui, non puoi te lo proibisco perché a noi manca la materia
principale: un
medico e siccome ora tuo padre è in Francia rintracciarne
uno a telefono mi
pare difficile”
(Maria)
“Veramente anche io sono medico e poi ho già avuto
una bambina, Saraaaaaaaa, ah
Saraaaaaaaa ti prego promettimi che se fosse necessario mi
aiuterai”
(Sara)
“Va bene…. Va bene…. Ma in tal caso mi
spieghi come fai ad essere medico e
paziente nello stesso tempo?”
“Ahahhahahahahah”
non c’è posto nemmeno per una risata solo dolore
per la mia dolce e allo stesso
tempo grintosa cognata.
E
dopo l’urlo distinguo chiaramente uno scroscio
d’acqua, Maria ha rotto le
acque, l’uscita dell’autostrada è ancora
troppo lontana e i suoi dolori sono
strazianti, c’è una piazzola di sosta vicino,
accosto lì e penso di essere una
stupida a non averci pensato prima. “Mi sbagliavo un medico
in famiglia che
possiamo rintracciare a telefono c’è: chiamo
Lorenzo”
***Spazio
autrice:
Piccola
nota per scusarmi di aver aggiornato così tardi... purtroppo
ho avuto un febbrone da cavallo con questo caldo che mi ha mandato
momentaneamente KO! Pardon... questa settimana cercherò di
rimediare e di recuperare il tempo perso. Intanto vi ringrazio sempre
del vostro affetto e aspetto le vostre recensioni. Buona domenica.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 11. Benvenuti al mondo ***
Capitolo 11. Benvenuti al mondo
Maria
mi sorride rilassandosi un pochino, ma solo un pochino, insomma
l’idea di
Lorenzo piace anche a lei prendo il suo telefono e seleziono il suo
numero.
(Lorenzo)
Niente
da fare, sempre intasato nel traffico si comincia a procedere ma ancora
molto
lentamente, intanto ho avvisato Oscar che farò tardi in
clinica. Non c’è che
dire la giornata promette bene. Mi squilla il cellulare, do
un’occhiata al
display e metto l’auricolare “Cuginetta dimmi
tutto”
“Lorenzo
sono Sara” mi dice con tono agitato. Chiama con il numero di
Maria ed in
sottofondo sento delle grida concitate.
(Lorenzo)
Comincio ad avvertire una certa tensione “Sara che succede?
Stai male?”
(Sara)
“No… non io… Lorenzo siamo in bel
casino e solo tu puoi aiutarci” mi dice lei
mentre le urla di sottofondo diventano sempre più forti
(Lorenzo)
“Va bene… va bene… spiegami
perché mi sto preoccupando, cosa è
successo?”
(Sara)
“Siamo sul raccordo autostradale, sono con Giada e con Maria
che ha le
contrazioni, eravamo in un ingorgo, c’è molto
traffico, ho sostato in un’area
di emergenza, non riusciamo a parlare con nessuno a casa, ho paura che
i
gemelli possano nascere qui”
(Lorenzo)
Non sono riuscito a dire una sola parola mentre lei ha tentato
confusamente di
spiegarmi “Maria sta partorendo in autostrada?”
(Sara)
“Temo di si, ha rotto le acque e le contrazioni sono molto ravvicinate, non so
cosa fare Lorenzo”
E
per il modo in cui dice il mio nome sposterei una montagna pur di
aiutare lei e
mia cugina.
(Lorenzo)
“Sono sul raccordo anche io, al km 25 e sono bloccato nel
traffico” le dico
sperando fermamente di non averle superate altrimenti è
tutto molto più
difficile.
(Sara)
“Siamo al km 27, siamo vicini, Dio ti ringrazio”
(Lorenzo)
“Menomale, facciamo così io adesso riaggancio
pochi minuti chiedo subito a
Villa Aurora di mandare un’ambulanza, farò in modo
che ci sia anche Tea. Fai
continuare Giada a telefonare casa, a Marco, qualcuno dovrà
rispondere. Ti
richiamo sul tuo numero al più presto, va bene? Sto
arrivando Sara, ma tu sta
tranquilla”
(Sara)
“Fai presto ti prego, ho paura che di tempo ormai ce ne sia
ben poco”.
Marco
fissa il suo cellulare, non c’è linea, niente,
cerca di spostarsi all’interno
della stanza della direzione e nessun risultato, lì non
c’è campo. Fortuna che
la segretaria del suo ex capo lo avverte che ci vorrà solo
una mezz’oretta e
poi finalmente potrà andare.
“Che
vuoi che sia mezz’oretta, poi Maria stava benissimo
stamattina a colazione e in
ogni caso ci sono i nonni a casa, c’è Sara con
lei, c’è Tea a Villa Aurora,
c’è
Lorenzo, non avrà bisogno ma se ce ne fosse una Martini non
è mai sola e poi si
tratta di mezz’ora, tra mezz’ora la chiamo e
sarà tutto a posto”
(Ave)
“Signor Libero ma cosa fa?” gli chiedo mentre preme
tasti sul telefono di casa
(Libero)
sobbalzo questa donna ha il potere di farmi prendere degli spaventi,
spunta da
dietro le finestre, le pareti, le tende, ma chi è un agente
della CIA? “Sto
controllando il telefono, cosa vuoi saperne tu”
(Ave)
“Eh beh certo cosa posso saperne io, l’ho
già controllato io poco fa, tutto a
posto nessuna chiamata”
(Libero)
“Appunto nessuna chiamata, non ho capito non posso
controllare pure io, c’è il
divieto per caso”
(Enrica)
“Cosa smanettate con quel cordless l’ho
già controllato io un quarto d’ora fa,
nessuna chiamata, piuttosto venite a darmi una mano che tra poco si
pranza”
(Ave)
“ndemo su”
Libero
“ndemo”
(Maria)
“Cosa ha detto Lorenzo?”
(Sara)
“E’ a due km da qui, sta arrivando Maria, respira
Maria”
(Maria)
“Devo scendere, non posso restare in questa posizione ancora
a lungo, non ce la
faccio più Saraaaaaaaaa” dico mentre continuo a
piangere
(Sara)
“Aspetta, resisti ancora pochi minuti, solo pochi
minuti” scendo e con l’aiuto
di Giada abbassiamo i sediolini di dietro, sistemiamo sopra una coperta
che era
nel cofano, abbiamo creato un posto in cui può sdraiarsi
alla meglio, deve
essere poco comodo a dire il vero, anche se credo che con le
contrazioni che ha
non si accorgerebbe nemmeno se fosse distesa sul letto di un fachiro.
Con
il mio aiuto, quello di Giada e praticamente aggrappandosi alla
macchina Maria
si accomoda dietro, ed anche se non sono medico e certe cose le ho
viste solo
recitate nei film, sui manuali di scienze e nei documentari, non ci
vuole molto
a capire che ormai è pronta, è perfettamente
dilatata, il mio secondo nipotino
sta per nascere ed io non so cosa fare. Lorenzo, dove sei?
(Lorenzo)
Anche se mi ha precisato che siamo a due km di distanza ho cercato di
farmi
spazio il più possibile tra le vetture e non ho staccato gli
occhi da nessuna
delle aree di sosta che ho sorpassato, finalmente sono arrivato,
posteggio a
poca distanza e prendo immediatamente la mia borsa dal bagagliaio non
credo
servirà a molto, ma è l’unica cosa che
ho e purtroppo credo che dovrò farmela
bastare.
(Sara)
Mi volto e per fortuna lui è qui, Lorenzo è qui,
ed anche se la situazione è un
tantino paradossale e alquanto fuori dagli schemi ora mi sento meno
agitata
perché c’è lui con me.
“Ciao”
mi dice frettolosamente avvicinandosi subito a Maria che ormai con le
sue urla
deve attirato l’attenzione di mezzo raccordo, forse anche
tutto.
“Lorenzo….
Lorenzo per favore aiuta i miei bambini, Lorenzo ti prego fai di tutto
per
loro, ti prego” lo implora mia cognata e nessuno
può comprenderla meglio di me
in questo momento.
“Ce
la faremo Maria… ce la faremo, ho sentito Oscar e Tea sono a
qualche km da qui,
stanno arrivando, qualunque cosa accada tra poco sarai in ambulanza e
diciamo
che questo sarà solo un modo originale per raccontare come
sono venuti al
mondo”
(Sara)
Maria sorride e piange insieme, ma soprattutto urla, le tengo una mano
che
quasi mi stritola mentre seguo le istruzioni di Lorenzo, sta per
nascere, si
vede già la testa non c’è
più tempo e tra le urla di Maria finalmente
distinguiamo chiaramente un’altra cosa: il pianto disperato
di un neonato. E’
nato!
(Maria)
“Benvenuto al mondo piccolo mio” gli augura mia
cognata mentre Lorenzo glielo
poggia sul ventre.
Nel
frattempo in lontananza un altro suono richiama la nostra attenzione,
le sirene
di un’ambulanza, stanno arrivando anche i soccorsi e ci
ritroviamo io e Lorenzo
a guardarci entrambi con gi occhi ricolmi di lacrime, a me sfuggono,
lui le
ricaccia indietro tirando su col naso.
“Marco…
io voglio Marco…. Sara voglio Marco” chiede Maria
(Sara)
“Provo a chiamarlo, ci riprovo”
“Ho
avuto un’idea” afferma Giada “I ragazzi a
quest’ora sono usciti da scuola,
stanno tornando a casa, avverto loro, lo diranno ai nonni e sicuramente
troveranno un modo per rintracciare anche Marco, così ci
potranno raggiungere
tutti in clinica”
(Lorenzo)
“Brava Giada, ottima idea, chiama Tommy con il mio
cellulare”. Così facendo la
ragazza si allontana.
Casa
Martini. Ingresso.
Elena,
Bobò e Tommy sono appena entrati dalla porta stanno
poggiando a terra i loro
zaini quando squilla il cellulare di quest’ultimo
“Papà dimmi”
(Giada)
“Tommy sono io”
(Tommy)
“Giada?” chiedo perplesso “E’
come mai hai chiamato dal numero di cellulare di
mio padre?”
(Giada)
“Siete a casa? Ascolta stiamo provando a chiamare al numero
fisso da stamattina
ma è sempre staccato”
(Tommy)
“Aspetta” dico prendendo in mano il telefono e
rendendomi conto che qualcuno
aveva inserito la deviazione delle chiamate sul numero di cellulare di
nonna
Enrica, che sono più le volte che è spento che
quelle in cui è acceso, “Adesso
è di nuovo attivo, ma cosa succede? Io sento un gran
baccano, ma dove siete?”
E
in
men che non si dica mi trovo circondato da tutti i presenti in casa e
proprio
in quel momento apre la porta anche Marco con Johnny e Palù.
(Giada)
“Siamo in una piazzola di sosta dell’autostrada, ci
ha appena raggiunto
l’ambulanza, Maria ha partorito, ora è con Lorenzo
e Sara, tra poco andremo
tutti a Villa Aurora”
(Tommy)
“Frena… frena… come andate a Villa
Aurora, che significa Maria ha partorito?”
Lo
sgomento degli altri è palese, metto il vivavoce ma Marco
quasi mi strappa il
cellulare di mano per parlare con Giada che gli ribadisce le stesse
cose,
scandendogli più volte che Maria e il bambino stanno bene e
che andranno alla
clinica il prima possibile.
(Sara)
Tea,
Oscar e Lorenzo valutano le condizioni di Maria, l’altro
bambino che poi
dovrebbe essere una femminuccia non ha ancora fretta di nascere come il
suo
fratellino, si sa noi donne sappiamo farci attendere fin da prima di
venire al
mondo.
Mentre
mia cognata è ormai sulla barella, Giada corre verso tutti
noi, “è Marco vuole
parlare con te” dice mentre passa il telefono a
Maria.
“Amore…
amore mio… è nato… è nato
Lorenzo” dice commuovendosi e guardando suo cugino
“Se non fosse stato per lui, non so come avrei
fatto” e il nostro medico in
famiglia cerca di minimizzare ma stavolta una lacrima non è
riuscita a
trattenerla nemmeno lui.
“Amore
stiamo andando a Villa Aurora, ti prego vieni presto non vorrai
perderti anche
la nascita della nostra piccola Sara, forza che io e la nostra
secondogenita ti
aspettiamo” gli dice guardando me e sarà per la
tensione, l’emozione, la gioia,
gli ormoni della gravidanza e tutto lo stress accumulato scoppio a
piangere
anche io, un pianto liberatorio, un pianto a dirotto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 12. Un fratello e una sorella ***
Capitolo 12. Un fratello e una sorella
(Lorenzo)
Maria
viene portata via in ambulanza, Giada sceglie di farle compagnia
tenendo lei in
braccio il mio omonimo, Maria gli tiene una manina per non staccarsi da
lui,
nonostante sia sfinita e nonostante pare che le contrazioni stiano
riprendendo
vigore per il prossimo parto che dovrà affrontare. Mi volto
verso di lei… ora
che ci penso non ho mai visto piangere Sara, la vedo fragile anche se
al tempo
stesso cerca di essere sempre forte, indipendente, tenace. Mi avvicino
e non
posso controllare il mio impulso di abbracciarla.
“Niente
male come prima parte della giornata, sei stata bravissima a tenere i
nervi
saldi fino ad ora, se Maria e il bambino stanno bene è anche
merito tuo.
Inoltre ti ammiro per una futura partoriente assistere ad un parto deve
essere
ciò che di peggio può capitarle. Complimenti per
il coraggio”.
Lei
annuisce, si stacca da me e si asciuga le lacrime “Meglio non
pensare al mio
parto. Comunque il merito è tuo, senza di te non ce la
saremmo cavate e lo sai!
E’ stata una fortuna che tu fossi a 2 km da noi, una
fortunata coincidenza”
dice cercando di sorridere
(Lorenzo)
“Io lo chiamerei destino, per un periodo ogni volta che avevo
bisogno di aiuto,
di una spalla su cui piangere, di una persona con cui sfogarmi
c’eri sempre tu
accanto a me ed ora sembra che il destino si stia divertendo ancora a
giocare
con noi, a ruoli invertiti”
(Sara)
“Destino, dici? Ma forse come mi ha detto una volta una
persona sono solo
scelte che più o meno consapevolmente ci portano ad
avvicinarci o ad
allontanarci, lo scegliamo noi se percorrere una strada o
un’altra, se stare
con una persona oppure no” mi dice chinando il capo e non
guardandomi negli
occhi
(Lorenzo)
“E le variabili… le sorprese, insomma quante
probabilità c’erano che mia cugina
partorisse in strada e noi fossimo a così poca distanza,
nemmeno fosse stato
tutto calcolato sarebbe accaduto, eppure è
successo… non credi che a volte
siano le cose che non ti aspetti, gli incontri che non programmi, le
emozioni
impreviste che vivi insieme a farti capire che oltre le scelte
c’è qualche
altra cosa di cui non puoi non tenere conto, in fondo a me con te
è successo,
io stavo partendo per New York per tornare con la mia ex moglie e
invece ti sei
materializzata dai miei sogni nella mia realtà”
(Sara)
“Non ha senso parlare di ciò che è
stato, avevo ragione io ma avevi ragione
anche tu non tutte le variabili e le sorprese sono piacevoli, purtroppo
non
tutto quello che accade unisce due persone”
(Lorenzo)
“Che cosa ti aspettavi deficiente che ti buttasse le braccia
al collo e ti
dicesse cresciamo insieme il figlio mio e di un altro? E soprattutto tu
saresti
stato disposto a ciò? Come ti considerano gli altri?
L’uomo razionale, freddo,
distaccato? Non sei più tu! Ormai non riesci più
a tenere sotto controllo ciò
che provi, sembri un ragazzino di 15 anni che fa tutto quello che dice
il tuo
cuore senza un minimo di raziocinio, la prossima volta che la vedi che
fai ti
butti direttamente ai suoi piedi pregandola di tornare con te? No! Non
accadrà,
non ci sarà una prossima volta lo giuro”
(Sara)
“Te
la senti di guidare?” mi chiede lui gelido, non
c’è più nessuna traccia di
premura nelle sue parole, in quello sguardo che ormai non è
più diretto ai miei
occhi.
Annuisco
e lui sale sulla sua macchina senza più guardarmi e senza
rivolgermi più
nemmeno una parola. L’ho perso di nuovo, l’ho perso
ancora e purtroppo è solo
colpa mia e delle mie scelte, il destino continua a giocare con noi ed
io
continuo a decidere per tutti e due, anzi per tutti e tre, entro in
auto e mi
appoggio al volante ricominciando a piangere. Non ce la faccio
più e pure una
parte di me continua ancora a darmi coraggio e a dirmi di non mollare
proprio
adesso.
(Lorenzo)
Arrivo
in clinica e ci sono tutti, la sala d’attesa è
completamente “occupata” dai
Martini, Marco è dentro con Maria, apprendo da Libero che
è nata anche Sara,
non faccio una piega “Mi dispiace piccolina ma non puoi avere
la mia
solidarietà maschile se da grande spezzerai i cuori degli
altri come sceglie di
fare la tua omonima zia”. Jonathan e Palù
continuano a chiedere di vedere Lollo
“Caro cugino acquisito non ti fidare mai di una che si chiama
Sara nemmeno se è
tua sorella” Marco e Maria poi, bella fantasia a chiamare i
due figli come noi,
giusto dovessi per qualche motivo dimenticarmi di lei, i figli di mia
cugina mi
ricorderanno per sempre di noi. Più che destino sta
diventando una congiura,
devo andare via di qua, partire per New York deve essere la mia via
d’uscita.
Preferisco rintanarmi nel mio studio, tra poco arriva anche la parte
che
rappresenta la famiglia Levi ed io per oggi ne ho abbastanza!
(Sara)
Quando
giungo alla reception, Gloria mi indica la stanza di Maria, sono tutti
dentro
con lei, anche i due battuffolini, Marco e Johnny tengono insieme Lollo
e mia
cognata e Palù coccolano vicine Saretta. Non ho
più lacrime nemmeno per
emozionarmi ma sono così felice di vederli tutti insieme.
E’ una gioia che mi
fa bene, che in qualche modo mi tranquillizza, li guardo tutti e penso
che
comunque vada la mia piccolina, anche se non ci dovessi essere io, non
sarà mai
sola.
Neanche
a dirlo i Martini che non mi vedevano da mesi, mi sommergono di baci e
di
abbracci, anche Tommy che per ovvie ragioni mi saluta in modo
frettoloso,
apprezzo comunque che si sia avvicinato a me. L’ho sempre
saputo che sotto
sotto questo ragazzo è molto più maturo di molti
suoi coetanei, è sensibile e
non mi butterà di certo le braccia al collo ma almeno non mi
porta rancore.
Del
padre nessuna traccia, meglio così per lui, per me e per
tutti gli altri. Tea
ci fa accomodare fuori poco dopo non possiamo stancare troppo Maria,
è stata
una giornata ricca di emozioni per tutti, ci rincontriamo per caso
proprio io e
Tommy alle macchinette, lui prende uno snack, io invece un succo di
frutta che
però si blocca all’interno del distributore,
perfetto! Ci mancava solo di dover
lottare con quell’aggeggio infernale, del resto poi con la
pancia non mi sarebbe
proprio possibile, Tommy mi guarda, accenna un sorriso e da lui uno
strattone
alla macchinetta che rilascia il suo ostaggio ed io posso prendere la
mia
bevanda.
(Sara)
“Grazie” gli dico “Senti Tommy a me
dispiace per come sono andate le cose,
davvero, io non avrei mai voluto far soffrire tuo padre, io non volevo
prendere
in giro nessuno, credimi”
(Tommy)
“Magari non ne avevi l’intenzione anche se
purtroppo è accaduto, è normale che
non me la sento di vederti come un’amica, cerca di capirmi
mio padre ci sta
ancora troppo male per la vostra rottura. Purtroppo ho sperimentato
anche io
che l’amore fa male sia quando è troppo sia quando
è troppo poco. Non è colpa
di nessuno, lo so che non si sceglie di chi innamorarsi e non si
può nemmeno
rimanere insieme solo per non far soffrire
l’altro. E’ così”
Annuisco
e capisco che questo ragazzo mi sta diventando anche saggio, poi mi
rivolgo
alla mia bambina che da quando ha sentito la voce di Tommy, ha
cominciato a
scalciare furiosamente. “Hai capito piccolina, avrai un
fratello maggiore non
male, i punti di riferimento non ti mancheranno. Vedi quando sono stata
fortunata a conoscere e ad essere amata da tutti loro, non puoi non
conoscerli,
meriti il privilegio di essere una Martini”
Tommy
si è accorto della mano che ho sul grembo e mi accarezza la
pancia anche lui “Si
muove. E’ maschio o femmina?” chiede sorridendo di
nuovo
(Sara)
“E’ femmina. Deve essersi accorta della tua
presenza, in genere è pigra, ma
adesso si sta dando da fare. Hai mai avuto voglia di avere un fratello
o una
sorella?” gli domando bruciapelo.
(Tommy)“Praticamente
ogni Natale che mi ricordo fino ai 12/13 anni, poi ho capito che era
inutile ed
ho smesso di esprimerlo come desiderio. Mamma e papà mi
hanno avuto molto
giovani e avevano scelto di aspettare per un eventuale secondo figlio,
poi si
sono concentrati troppo sulla carriera, sulla casa, sulle scelte
educative di
cui dovevo essere vittima e infine sui loro litigi. A me avrebbe fatto
piacere
avere un alleato in casa e invece alla fine i loro occhi fino a poco
tempo fa
erano fin troppo puntati su di me quando non ne avevo bisogno e troppo
poco
quando li volevo accanto. In compenso ora ho tanti cugini, ormai
è andata così”
(Sara)
“Beh mai dire mai, potrebbe ancora accadere” gli
lancio un messaggio parecchio
implicito.
(Tommy)
“Mah, non credo proprio. Mamma non ne ha nessuna intenzione
è troppo
concentrata sulla sua cattedra, Fabio glielo aveva proposto una volta e
lei
aveva detto che alla sua età un figlio gli avrebbe
compromesso
irrimediabilmente la forma fisica. Papà… beh
papà meglio non parlarne”
(Sara)
“Meglio non parlarne” ripeto anche io.
(Tommy)
“Auguri Sara” mi dice allontanandosi.
Ed
io non posso fare a meno di mormorare un “perdonami anche tu
Tommy”.
(Marco)
Dopo
essermi assicurato che i grandi sono a casa con nonni, cugini e zii,
dopo aver
osservato ore ed ore i piccolini che sono nel nido e dopo aver lasciato
anche
Maria preda di un meritato sonno ristoratore, cerco Lorenzo ed anche se
è quasi
notte scopro che è ancora qui in clinica. Mi avvicino al suo
studio e busso,
praticamente non l’ho visto da stamattina a colazione eppure
Maria non ha fatto
altro che ripetermi che se tutto è finito nel migliore dei
modi lo dobbiamo a
mia sorella e a Lorenzo. Giustamente due che seppure sono destinati a
stare
insieme ora vorrebbero essere distanti anni luce l’uno
dall’altra e poi si
ritrovano a condividere l’esperienza di un parto. Magari
è profetico, il
prossimo parto a cui sarebbe giusto che partecipassero entrambi
dovrebbe essere
quello di Sara, della loro bambina io spero tanto che la mia sorellina
non
paghi un prezzo troppo alto per la sua scelta.
(Lorenzo)
“Avanti” dice lui intento a leggere quella che
sembra una cartella clinica e
poi a consultare qualcosa sul pc poi quando alza lo sguardo e mi vede
è
piuttosto sorpreso. Non ci stiamo proprio simpatici inutile nasconderlo
eppure
sono profondamente convinto che oltre una “specie”
di parentela quello che ci
unisce e al tempo stesso ci porta su due fronti diversi è il
tanto amore che
proviamo entrambi per la stessa persona.
(Marco)
“Disturbo?” chiedo per rompere il ghiaccio
(Lorenzo)
“No… no accomodati pure, problemi? Maria e i
bambini stanno bene?” mi domanda
perplesso
(Marco)
“Si certo, si stanno tutti bene, io volevo ringraziarti
Lorenzo. Se è andato
tutto davvero bene lo devo a te, grazie”
(Lorenzo)
“Mah, figurati, sono un medico ho fatto solo il mio dovere e
poi c’era bisogno
di un altro Lorenzo in famiglia, certo non è un Martini ma
un Levi però sono
comunque orgoglioso di averlo fatto nascere, magari gli trasmettiamo
anche la
passione per la medicina, i Martini vizi, virtù, pregi e
difetti sono
contagiosi ormai lo saprai bene anche tu”
(Marco)
“Già… Levi e
Martini…” rifletto io a malincuore pregando in
cuor mio che presto
ci possa essere una nuova esponente di queste due
“dinastie” che ormai sono
indissolubilmente legate. I miei figli sono i cuginetti, della bambina
che
aspettano loro, noi inevitabilmente e reciprocamente zii delle nostre
creature,
magari anche cognati, perché Sara si ostina così
tanto a non volergli dire
niente, perché io la sto assecondando in questa sua follia?
E’ tutto così
illogico! Mi passo una mano nei capelli teso.
(Lorenzo)
“Lascia perdere Levi e Martini non sempre funziona, fidati ti
ritrovi con un
cuore a mille pezzi! Tanti auguri a te e Maria per tutto, voi vi siete
un vero
esempio di due persone che si amano, che cercano di stare insieme
nonostante tutto,
che hanno una base solida, un equilibrio ammirevole. Siete molto
fortunati
Marco e lo meritate”
(Marco)
“Le cose si costruiscono poco a poco, faticosamente, passo
dopo passo, i
rapporti sono un enigma ogni giorno, anche noi ne abbiamo passate
tante, ci
siamo allontanati per nostra volontà o per le situazioni di
fronte alle quali
ci ha messo la vita”
(Lorenzo)
“Tu non amavi un’altra dai cui aspettavi una
figlia, ne tantomeno Maria”
(Marco)
“Senti io lo so che sono la persona meno adatta a parlare di
te con Sara”
(Lorenzo)
“E’ tua sorella non potresti fare a meno di
difenderla”
(Marco)
“Si hai ragione non posso fare a meno di difenderla ma se
c’è una cosa che
posso dirti e che Sara è capace di provare così
tanto amore, in un modo che
nessuno di noi due può capire e non possiamo giudicarla
credimi anche se non
condividiamo”
(Lorenzo)
“Se tua sorella ama così follemente un altro io
non voglio ne giudicarla, ne
condividere niente con lei, ne capire un tubo, voglio solo cancellarla
dalla
mia vita il più presto possibile ed ora per favore apprezzo
che sia venuto qui
a ringraziarmi non credo ci sia altro da aggiungere.
Buonanotte”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 13. Oltre le distanze ***
Capitolo 13. Oltre le distanze
Dieci
giorni dopo.
(Sara)
Non
ho dormito nemmeno un’ora piena, sono così stanca,
ormai mi costa fatica fare
qualsiasi cosa anche la più stupida e banale, menomale che
Stefano non mi
sembra si sia accorto della mia insonnia. Non mi sento bene per niente,
i
medici mi avevano preparato a questa evenienza, devo stringere i denti
ad ogni
costo, la mia piccolina sta crescendo abbastanza bene, tutte le mie
forze devono
essere per lei e paradossalmente l’unica cosa che
può darmi più forza di tutto
è proprio pensare a lei. Domani andrò di nuovo a
Viale dei Fiori, il professor
Scarfoglio mi visita praticamente ogni due giorni per tenere sotto
controllo la
mia situazione cardiaca, mi ha detto che grazie ad un suo collaboratore
italo-americano forse ci sono delle nuove possibilità per il
mio cuore e per la
bambina, nel pomeriggio invece passo da Tea ed Oscar a Villa Aurora,
devo fare
un’altra ecografia ho chiesto a lei di occuparsi del mio
parto e di tenere
all’oscuro Lorenzo fino a quando non sarà
necessario, il momento in cui lo
scoprirà non posso più rimandarlo
all’infinito. Anzi visto che praticamente
passo in quelle due cliniche la maggior parte del mio tempo libero mi
stupisco
di come non ci siamo mai più incontrati negli ultimi giorni,
non ho capito cosa
facesse a Viale dei Fiori il mese scorso, forse avrà dei
colleghi lì, a Villa
Aurora invece che è un po’ la sua seconda casa mi
hanno detto che è fuori per
dei lavori di ricerca, pare sia a New York me l’hanno
confermato anche Marco e
Maria.
Bella
fortuna non incontrarlo, vero?
No,
non è vero, io non sono sadica, io lo so di fargli male da
morire quando lo
allontano da me, ma sono sostanzialmente masochista perché
faccio male
soprattutto a me stessa e sono pure una stupida gelosa. Oscar dice che
sta
seguendo degli studi molto importanti tra l’Italia e gli
Stati Uniti ed io non
posso nascondere di aver collegato subito New York a Veronica e alla
vita che
lui stava scegliendo prima di imbattersi in quello che credevamo il
“nostro”
destino.
Sono
tornati insieme?
Non
dovrei essere così nervosa al pensiero, nervosa e gelosa da
morire, in fondo
Veronica potrebbe essere importante anche per la mia bambina, Lorenzo e
Tommy
non potranno fare tutto da soli anche se ben assistiti dai nonni, da
mio
fratello, da Maria, dai cugini. Piango disperata, sapere di star
lottando con
tutta me stessa per mettere al mondo mia figlia e dover anche solo
pensare che
poi a crescerla potrebbe essere un’altra donna è
crudele! Stefano mi porta la
colazione e interrompe i miei pensieri, dal suo viso capisco che devo
essere
inguardabile. Gli impedisco di parlare, non sono in grado di reggere
nemmeno
una conversazione. Prendo le uniche medicine che posso assumere, bevo
la
spremuta e cerco di riposare un po’. Questa giornata
è già troppo lunga per i
miei gusti.
(Lorenzo)
Sono
sul volo New York-Roma, sono stato in città dieci giorni, ho
cenato un paio di
volte con Veronica e il suo nuovo collega e compagno, sono contento per
lei,
erano molto in sintonia, molto più di quanto lo è
stata con me in alcuni degli
anni del nostro matrimonio e mi fa piacere anche che dopo averla ferita
finalmente ha trovato un nuovo amore, mi sarei sentito in colpa se
avessi fatto
danni irreparabili al suo cuore. Dimenticavo che il cuore dai danni
irreparabili è il mio, solo il mio!
Sono
fiero di me e del mio lavoro, finalmente il nostro progetto
è alla fase
conclusiva, la prossima settimana abbiamo un incontro al Ministero
della Salute,
a breve il farmaco di Emilio sarà disponibile anche sul
mercato italiano. E’ un
vero orgoglio e mi fa bene pensare che anche grazie al mio impegno
tante
persone avranno delle chance di vita in più. Emilio poi
negli ultimi giorni mi
ha parlato continuamente, di quella ragazza che sta seguendo a Roma, di
cui mi
aveva anche già accennato, le sue condizioni stanno
peggiorando e salvarle la
vita sta diventando una corsa contro il tempo. Non so il suo nome
Emilio per
privacy non mi dice mai quello dei suoi pazienti in genere li
classifica e li
numera in base alla gravità ed era sinceramente dispiaciuto
quando mi ha detto
che ormai è lei ad essere diventata Caso1! Mi ha, inoltre,
accennato che la
vede domani e che ritiene opportuno anche la mia presenza
all’incontro.
Tra
poco decolliamo ed io ho scoperto che sugli aerei caso mai fosse
possibile una
certa persona mi viene in mente ancora più spesso, come se
non fosse già
onnipresente nei miei pensieri. Osservazione stupida: forse non
può essere
diverso da così perché quella persona
l’ho conosciuta proprio su un aereo,
guarda caso un volo che doveva essere New York-Roma mi guardo accanto
almeno
stavolta c’è un uomo, nessuna mezza matta che mi
sconvolge la vita e poi se la
cava con un “mi sono sbagliata, non tutte le sorprese sono
belle, torna pure
all’insulso da cui sei venuto perché io voglio un
altro e voglio avere una
famiglia con lui!”
Sara….
Sara…. Sara….
Vado
con la mente a qualche mese fa quando ho fatto questo volo con il cuore
in gola
dopo aver lasciato Veronica, contavo i minuti che mi separavano da lei,
ho
fatto mille progetti, ho immaginato mille modi di stare insieme, tante
di
quelle cose da fare che forse non ci saremmo annoiati per una vita
intera.
Volevo sposarla, volevo legare la mia vita alla sua, non volevo stare
senza di
lei nemmeno un attimo in più perché in quei due
giorni qui a New York mi era
mancata troppo. Non potevo sapere che avrei dovuto convivere con la sua
mancanza per il resto della mia esistenza. Ora sono quasi sei mesi che
lei non
fa nemmeno più parte delle mie giornate
e se ci siamo incontrati è stato solo per
sbaglio o per caso.
Sto
migliorando lo ammetto, adesso sono capace di ricacciare indietro le
lacrime
quando si presentano ai miei occhi pensando a noi, le fasi
depressive/melanconiche
sono diminuite e riesco a gestirle meglio, ma non posso negare che a
volte mi
chiedo come riesco ad andare avanti pensando che lei non è
mia e non lo sarà
mai più?
Casa
Martini.
(Marco)
La telefonata di Stefano non mi è piaciuta per niente, ne
sono convinto Sara
non sta bene, lei minimizza, lui la asseconda senza affrontarla per non
farla
arrabbiare, per non farla stancare, ma ho paura che sia arrivata al
limite il
suo cuore non ce la fa più e la settimana prossima, Sara
entrerà nel sesto mese
di gravidanza, troppo presto per la bambina mentre sta diventando
troppo tardi
per lei e quello che ho sempre temuto sta diventando realtà.
(Libero)
Mamma mia che faccia ha Marco, è cupo, pensieroso,
preoccupato, Maria ha appena
allattato i gemelli che stanno riposando sotto l’attenta
vigilanza di Ave,
Enrica sta rimettendo in ordine dopo la colazione, a guardare bene
anche mia
nipote è taciturna, assorta ma non credo sia colpa dei
bambini e non ci sono
problemi nemmeno con i gemellini, anzi gli ultimi arrivati sono davvero
una
benedizione, dormono regolarmente tra una poppata ed
un’altra. Che starà
succedendo adesso a questi due ragazzi?
(Enrica)
Le facce di Marco e Maria non mi piacciono per niente. Aveva ragione
Ave allora
deve esserci qualcosa non va, mi ha detto che poco fa li ha sentiti
avere un
confronto duro dopo che Marco ha ricevuto una misteriosa telefonata.
Pare che
fosse particolarmente agitato e nonostante Maria avesse tentato di
rassicurarlo
è stato inutile, da quando sono entrati a far colazione
è calato il gelo tra
loro. Sarà forse necessario l’intervento di noi
nonni? E’ il caso di parlarne
con Libero ed Ave.
Marco
“Vado a prepararmi”
Maria
“Esci?”
Marco
“SI” rispondo nervoso per poi abbassare il tono
“Credo sia meglio affrontare la
situazione”
(Maria)
Accompagno mio marito in camera nostra, io sono sempre stata dalla
parte di
Sara fin dal principio ma forse comincio a credere anche io che non
può più
fare tutto da sola, deve coinvolgere ed ascoltare anche le persone che
ha
accanto, chi fa parte della sua famiglia e chi ha il diritto/dovere di
stare al
suo fianco in questo momento.
(Marco)
vado a casa di Stefano, lui doveva andare via per un impegno di poche
ore ma a
me non va che Sara stia sola e meno che mai ora che non si sente bene,
adesso
credo di aver raggiunto il limite anche io, lei deve essere ricoverata,
deve
stare sotto controllo medico costante e bisogna prendere le decisioni
più
giuste per mia sorella e per la bambina. Con le buone o con le cattive
voglio
portarla a Villa Aurora, Sara non può più
decidere da sola.
(Lorenzo)
In
aereo, ho gli occhi socchiusi tra veglia e sonno, tra riflessioni e
ripensamenti, tra razionalità e follia, tra supposizioni e
certezze, la mia
mente divaga e sembra proiettare un film, un film che inizia da una
sera di
mesi fa quando ho bussato alla porta della casa di Stefano, quando Sara
mi ha
lasciato.
(Lorenzo)
“Che cos’è questa storia? Cosa sta
succedendo”
Davanti
agli occhi le immagini di Sara che non vuole fare la tac quando sviene
a
seguito della rapina al bar, il bip assordante del suo misuratore da
braccio
impazzito quando abbiamo fatto jogging insieme e poi le telefonate di
Savino,
le gare da professionista lasciate in modo così misterioso
Sara
“Quando sei partito sono venuta da Stefano per parlargli di
noi e mi sono resa
che stavo commettendo uno sbaglio, io credevo che tra noi potesse
funzionare,
ma non è così”
Ripenso
a quanto sono stato male dopo quelle parole, risento nelle mie orecchie
le accuse
che le ho lanciato, il mio dolore, il risentimento verso Sara
Sara
“Lorenzo mi dispiace ma la vita qualche volta è
così… piena di sorprese…”
PIENA
DI SORPRESE… PIENA DI SORPRESE” questa frase
riecheggiando nella testa mi
riporta a quando ci siamo parlati in ascensore, a quando mi ha detto di
essere
incinta, all’incontro in spiaggia quando siamo andati
entrambi da Destino, al
momento in cui abbiamo aiutato insieme Maria nel parto
sull’autostrada.
Lorenzo
“Io ti auguro tutto il male del mondo Sara”
Le
immagini di quell’incubo, quella donna che sta partorendo una
bambina e che al
tempo stesso sta morendo perché il suo cuore sembra non
battere più… Sara
aspetta una bambina… Sara è svenuta in
spiaggia… Sara non vuole andare in
ospedale con me, Sara è preoccupata, è triste,
Sara era a Viale dei Fiori quando
ci siamo parlati in ascensore… Emilio, in quella clinica,
sta seguendo il Caso
1, una ragazza incinta il cui cuore ha una malformazione e potrebbe
cedere
durante la gravidanza…
SARA…
SARA… SARA…
I
tasselli sembrano prendere forma come in un puzzle, le frasi dette a
metà e
quelle non dette, i segnali,
gli
episodi, le coincidenze, quell’incubo, così come
grazie ad un sogno ho capito
di amarla, grazie a quel sogno ho compreso che era lei la donna che
stavo
rincorrendo quella che non volevo perdere, non è possibile
che ora sia un
incubo a volermi dire qualcosa, che significa quell’incubo?
Sara è malata?
Sara… la mia Sara potrei perderla per sempre?
Quell’incubo
non può diventare realtà.
Non
può essere… non può essere…
io devo essere impazzito, è solo una supposizione,
è stupida, senza senso, ci deve essere una ragione, una
spiegazione, non c’è
nulla di concreto, è solo una fantasia, è irreale.
Non
è vero.
Adesso
torno a Roma e scopro che la donna che sta seguendo Scarfoglio
è un’altra, che
tutte quelle circostanze non significano un bel nulla, che Sara sta
benissimo e
che è felice con Stefano ed io ci rimarrò come un
coglione, ma preferisco fare
per l’ennesima volta la figura del coglione piuttosto che
avere quella
conferma. Non può essere Sara la donna che sta morendo.
(Sara)
Stefano è andato via da pochi minuti, mi ha fatto le solite
mille
raccomandazioni e mi ha pregato di chiamarlo per qualsiasi
cosa… io sono troppo
stanca… davvero troppo… le lacrime cominciano a
rigarmi il volto anche contro
la mia volontà… vorrei Lorenzo…
è l’unica cosa che vorrei… è
vero sono stata io
ad allontanarlo, io a rifiutarlo, ho scelto io di restare sola, ma non
ce la
faccio più… amore mio… mi appoggio sul
divano e non riesco più a tenere gli
occhi aperti, è tutto troppo faticoso… sono sola
con la mia bambina e sono
stanca… poi finalmente arriva la pace, non penso
più a niente… non sento più
niente.
Casa
Martini.
(Libero)
Mi
trovo per caso nei pressi della camera da letto dei ragazzi,
è palese che c’è
qualcosa che non va e sto cominciando a preoccuparmi, Ave, tanto per
cambiare,
sta tenendo d’occhio i gemellini nella stanza accanto ed
Enrica sta spolverando
un vaso che odia poco distante da me.
“Preferisco
venire anche io, sei troppo agitato Marco e lei non può
subire pressioni
soprattutto ora che sta male”
Enrica
“Maria sta male?” mi domanda mia moglie che non
riesce a sentire bene
Libero
“No… fammi sentire che come al solito tu
fraintendi sempre le cose”
Enrica
“Ah io, eh?”
(Marco)
“Maria il tempo degli egoismi è finito... Sara
deve andare in ospedale al più
presto e deve affidarsi ai medici solo loro possono
sapere cosa è più giusto
fare”
“Oh
mio Dio, cos’ha Sara?” chiede Enrica
Libero
“Marco è fuori di sé deve essere
qualcosa di grave”
Ma
proprio in quel momento i miei nipoti escono fuori dalla stanza e ci
beccano
proprio con il dito nella marmellata.
“Nonno,
Nonna, Ave che ci fate qui?” chiede Maria a mo’ di
rimprovero
“Io
stavo controllando i putei, dormono, tutto bene” risponde
subito Ave
Enrica
“Io cara mi sto occupando delle pulizie, in questo casa
c’è sempre un gran da
fare”
(Libero)
Poi tutti e due guardano me e lo sapevo che quello che non aveva una
scusa
pronta ero io “Passavo di qua per caso, ho detto fammi andare
un po’ al piano
di sopra che… oh inutile che dica bugie, ero preoccupato
sono venuto a
controllare che tutto andasse bene ed ho anche sentito e quello che ho
sentito
non mi è piaciuto per niente. Sara non è una di
famiglia è vero, ma per noi è
come se lo fosse, è tua sorella e ormai siete tutti e due
dei “nostri”
Maria
“Sara sta male nonno, la vogliamo raggiungere per starle
vicino e per capire se
è possibile un ricovero a Villa Aurora”
Ave
“Oh,
mamma ma sta così male sta putea!”
“E
per la gravidanza ci sono complicanze?” chiede Enrica
Marco
“Mia sorella ha una malformazione cardiaca eh si la
gravidanza rende tutto
molto difficile”
Io,
Enrica ed Ave restiamo senza parole, Maria prende la sua borsa dalla
sedia, il
cellulare e si raccomanda di chiamarla per qualsiasi cosa, hanno fretta
di
uscire vogliono raggiungere Sara e noi tre che ora comprendiamo tanti
“misteri”
di quella ragazza mezza matta ci guardiamo un po’ sconsolati,
ci siamo
raccomandati anche noi a loro di farci sapere qualsiasi cosa accada.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 14. Il giorno che non avrei mai voluto ***
Capitolo 14. Il giorno che non avrei mai voluto vivere
(Marco)
Quando
arriviamo a casa di Stefano proviamo a citofonare a più
riprese ma non
otteniamo nessuna risposta, Maria compone il numero di Sara che squilla
sempre
a vuoto, comincio ad essere sempre più fuori di me e sempre
più preoccupato,
riusciamo ad arrivare alla porta, urlo e suono dando inoltre dei colpi
al
portoncino, qualcosa mi dice che Sara è lì dentro
e il fatto che non dia segni
mi angoscia.
Maria
chiama Stefano che le da la conferma di quello che temevo, è
andato via da casa
sua una mezz’ora prima e Sara gli aveva promesso di andare a
riposarsi un po’.
Prego con tutte le mie forze che mia sorella abbia solo il sonno
pesante, che
apra questa maledetta porta da un momento all’altro e ci
rendiamo conto tutti
di esserci presi solo un brutto spavento. Ma i minuti passano e non
succede
nulla. Stefano sta rientrando con le chiavi per sincerarci di cosa stia
accadendo io nel frattempo chiamo Oscar che ritiene opportuno inviare
qui
un’ambulanza. Ho tanta paura come forse non ne ho mai avuta
in tutta la mia
vita.
Neanche
a dirlo Stefano si è scapicollato qui, apre ed entriamo
subito per cercare
Sara, poco dopo la vediamo sul divano distesa, è pallida
come un fantasma e
subito mi avvicino per vedere se respira, il respiro è lento
quasi
impercettibile ed anche il polso ha il battito lentissimo. Maria
richiama
Oscar, che fortunatamente è a bordo
dell’ambulanza, sono a pochi minuti da qui.
“Resisti
sorellina mia, resisti, per te e per la tua bambina resisti, non
lasciarci ora”
Due
ore dopo.
(Lorenzo)
Sono
appena atterrato a Roma, sono inquieto, nervoso, teso, quei maledetti
brutti
pensieri non mi lasciano in pace, è come
un’ossessione, più cerco alternative,
spiegazioni diverse, chiavi di lettura differenti e più
tutto mi sembra portare
nella stessa unica direzione. L’unica che non vorrei, la
più drammatica.
Mi
sento il cuore attanagliato da un peso e lo so che non è
normale ma in questo
momento vorrei solo due cose: riabbracciare Tommy e stringerlo per
assicurarmi
che vada tutto bene e poi anche solo per un momento rivedere lei, ho
bisogno di
vedere e di sapere che Sara sta bene perchè gli incubi
passano, non durano mai
più di pochi minuti. E’ sufficiente solo aprire
gli occhi, mettere a fuoco e
tutto per incanto va a posto e riprende il proprio ordine delle cose.
Riaccendo
il cellulare e recupero il mio bagaglio, prima Tommy e poi lei mi
ripeto
inquieto, e non fa niente se ci soffrirò ancora, non fa
niente se ho promesso
cento volte di non volerne più sapere niente, tanto poi
duecento volte ho
infranto la promessa, al diavolo tutto ho solo bisogno di sentire lei.
(Villa
Aurora)
(Tommy)
Siamo
tutti nella sala d’attesa della clinica e dopo la grande
gioia per la nascita
dei gemellini di Marco e Maria ora la tensione si taglie a fette, siamo
tutti
tristi e preoccupati, nessuno dice una parola solo talvolta ci
chiediamo perché
non ce ne siamo mai accorti e perché Sara non ci ha mai
detto che stava molto
male e che la sua gravidanza era così difficoltosa. Ora
più che in tutti questi
dieci giorni mi manca papà. Se ci fosse anche lui mi
sentirei meno preoccupato
per Sara, non solo perché è mio padre ma
perchè lui è uno dei migliori davvero
e sono sicuro che nelle sue mani lei sarebbe al sicuro. Chi sa se
papà sa
qualcosa del problema di salute di Sara e chissà se in
qualche modo questa
brutta storia possa avere a che fare anche con la loro rottura. Stiamo
aspettando un professore da un’altra clinica, che si chiama
Viale dei Fiori,
forse se non ho capito male è il luminare con cui collabora
mio padre per la
ricerca su quel nuovo farmaco che stanno sperimentando. Qualcosa mi
dice che
appena arriverà a Roma sarà anche papà
a raggiungerci il più in fretta
possibile.
Guardo
il cellulare che vibra. E’ proprio lui.
“Pà”
rispondo subito.
(Lorenzo)
“Tommy, ciao. Senti sono appena atterrato, sono di nuovo a
Roma finalmente, tu
dove sei?”
(Tommy)
“In clinica, a Villa Aurora”
(Lorenzo)
“In clinica? Come mai? Come stai?”
(Tommy)
“Io sto bene, sto bene, si tratta di Sara,
lei…”
(Lorenzo)
“Arrivo subito”. E tutto ancora una volta sembra
confermare la mia assurda ma
sempre più realistica intuizione, Sara sta male ed il mio
posto, nonostante
tutto è ancora accanto a lei.
(Maria)
Siamo
nello studio di Oscar, stiamo attendendo il professor Scarfoglio, era
all’università per un seminario ma quando gli
hanno spiegato la situazione ha
affermato che sarebbe venuto il prima possibile per concordare sul da
farsi.
Sara, intanto, è stata sedata, grazie ad un lungo massaggio
cardiaco sono
riusciti a rianimarla, il suo cuore ha ripreso a battere ma
è inutile dire che
il quadro clinico è pressappoco disperato. Disperato come il
mio Marco. E a
dirla tutta sono terribilmente angosciata anche io, per non parlare
della
nostra “famiglia” che ha praticamente invaso Villa
Aurora, nessuno di noi vuole
perdere Sara, lei non vuole rinunciare alla sua bambina e
c’è chi sta perdendo
più di tutti ed ancora non ne sa niente, io non oso nemmeno
immaginare il
momento in cui Lorenzo scoprirà tutto quello che
è successo e comprenderà tutto
quello che può accadere.
(Lorenzo)
Sono
arrivato con un taxi direttamente dall’aeroporto, ho intimato
all’autista di
correre il più in fretta possibile, ho provato a richiamare
Emilio, ho visto
che mentre ero ancora in aereo mi aveva contattato ma non sono riuscito
a
trovarlo. Ho tentato di pensare e ripensare ai dati clinici di cui sono
venuto
a conoscenza durante la ricerca sul Caso1, non riesco ad essere lucido,
a
tratti mi sembra evidente che quella donna, quella ragazza sia Sara,
mentre in
certi momenti non posso fare a meno di considerare, forse di sperare
con tutto
me stesso, che non può essere lei, insomma questa ragazza ha
scoperto di essere
malata quasi due anni fa quindi prima ancora che io conoscessi Sara
ciò
significa che se così fosse Sara avrebbe mentito a tutti e
soprattutto a me,
tutto quello che abbiamo condiviso l’avrebbe fatto
consapevole che non le
sarebbe rimasto molto da vivere e non è possibile che sia
stato così. Poi
Marco, Stefano insomma è pur vero che negli ultimi mesi non
ho praticamente
visto Sara ma loro si, come potrebbero sapere una cosa del genere e
nasconderla?
Per non parlare della gravidanza, questa donna quando è
rimasta incinta le
avranno spiegato che è praticamente impossibile salvare
entrambe. Quindi
ribadisco il fatto che non può essere stata Sara a fare
questa scelta assurda e
soprattutto non gliel’avrebbe permesso chi le è
vicino.
Sono
angosciato, confuso, sragiono e so solo una cosa voglio vederla!
Ho
bisogno di vederla.
Finalmente
il taxi posteggia davanti Villa Aurora, lo pago e scendo al volo senza
nemmeno
premurarmi del resto ne del bagaglio che ho praticamente lasciato al
tassista.
Quando entro i Martini mi circondano e dalle loro facce capisco sempre
di più
che l’impossibile è diventato possibile, che quel
maledetto incubo sta
diventando realtà, che tutto ciò che mi
è sembrato inspiegabile era molto più
chiaro di quanto pensassi. Tommy mi abbraccia, io lo saluto e poi non
capisco
bene cosa mi dicono ma mi faccio spazio continuando a ripetere
“devo andare
dentro… devo andare dentro” Gloria mi saluta e mi
dice solo “sono tutti riuniti
nella stanza di Oscar” attraverso quel corridoio come un
lampo.
(Marco)
Oscar
ci sta spiegando che il farmaco di Scarfoglio in Italia non
è ancora
utilizzabile, stanno aspettando un incontro al Ministero per la
prossima
settimana, devo rispettare un protocollo, io sono talmente arrabbiato
che sfonderei
un muro e manderai al diavolo chiunque mi parlasse di burocrazia e
protocolli e
non si rende conto che qui stanno morendo una donna e la bambina che
porta in
grembo.
La
porta si spalanca, la sensazione è che chiunque
l’abbia aperta l’abbia fatto
con violenza e rabbia, la mia stessa rabbia, non è
Scarfoglio come abbiamo
pensato tutti quando ci siamo voltati in direzione
dell’entrata, è Lorenzo.
Io
non so cosa sappia, se sappia, come mai ora sia qui, ma so soltanto che
lo
fisso negli occhi e quando lui ricambia il mio sguardo è
palese che quel
momento è arrivato: il giorno che non avrei mai voluto
vivere.
(Lorenzo)
Apro
la porta con impeto, adesso qualcuno mi deve spiegare e di spiegazioni
me ne
deve dare tante, poi dopo andrò da lei, ma adesso devo
capire ogni singolo
dettaglio di questa situazione non accetterò più
che mi venga omesso niente,
niente!
Guardo
Oscar, il suo viso è triste e preoccupato, fa cenno di no
con la testa quasi volesse
dirmi che non c’è più niente da fare e
questo lo vedremo, poi ovviamente mi
giro verso Stefano mi prudono le mani io se potessi lo prenderei a
sberle ma
non si rende conto che sta perdendo la donna che ama? Che non avrebbe
mai dovuto
progettare un figlio con lei nel suo stato? Sara non dovrebbe essere
incinta meno
che mai al sesto mese di gravidanza! Guarda dritto davanti a
sé non nego che è
terrorizzato anche lui ma non glielo perdono, a lui non gliela perdono
e se
dovesse accadere qualcosa a lei lo riterrò diretto
responsabile.
Maria
è accanto a Marco, credevo di conoscere bene mia cugina e,
invece, mi sono
sbagliato di grosso, lo sapeva, sapeva anche lei e nonostante tutto ha
taciuto,
leggo una certa tenerezza nei suoi occhi nei miei riguardi, non voglio
essere
compatito da nessuno, non c’è niente da compatire.
Infine
fisso Marco e lui diversamente dagli altri due mi tiene testa con lo
sguardo,
tra noi due non c’è mai stato buon sangue
è evidente, ma ho sempre avuto stima
e rispetto di lui, in queste ore in cui piano piano tutto ha assunto
questa
dimensione drammatica ho fatto appello a lui mentalmente ed ho sperato
nel
fatto che se si fosse trattato di Sara lui non lo avrebbe permesso, ho
sbagliato anche con lui! Non c’è nessun su cui
avrei potuto riporre la mia
fiducia per sapere la verità? Nessuno? E’ stata
Sara a volere i loro silenzi e
perché? Cosa ha pensato che se fosse morta e noi nemmeno ce
ne fossimo accorti
sarebbe stato meglio? Sarebbe stato meno devastante?
Gli
sguardi, la tensione, il silenzio che è calato da quando
sono entrato qui e i
miei pensieri si dissolvono di fronte a Emilio che entra nella stanza
approfittando del fatto che l’ho lasciata aperta
“Buongiorno a tutti, Lorenzo
ci sei anche tu mi fa piacere trovarti già qui, non so se
hai già avuto modo di
parlare con i signori Levi, con il dottor Nobili, la situazione di Sara
Levi è
ulteriormente degenerata, dopo è necessario fare un punto
sulla ricerca e sui
risultati proprio per capire come procedere con il Caso1”
Se
c’è ne fosse stato bisogno Emilio me ne da la
conferma il Caso1 è Sara. Do un
pugno ad un armadietto dei medicinali sfondando un vetro, questo
è il giorno
che non avrei mai voluto vivere.
N.d.A.
Nel ringraziarvi immensamente di tutte le vostre recensioni,
preferenze, del vostro seguito vi informo che per me è in
arrivo un'altra settimanina di vacanza e quindi ci riaggiorniamo dalla
settimana del 15/09, intanto spero che questo capitolo sia gradito.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 15. Anche il troppo amore fa male ***
“Lorenzo,
ma che ti prende?” mi rimprovera Emilio, se fino a poco tempo
ero io a non
capirci nulla, ora la situazione è più difficile
da comprendere per lui. Emilio
ha bisogno di Lorenzo medico, ricercatore, di Lorenzo professionale con
cui
confrontarsi per i risultati dell’introduzione al farmaco a
cui lavora, non sa
di certo che la donna che per lui è il Caso 1, per me
è la donna più importante
della mia vita, la donna che amo. Come dirgli che mi è
appena crollato il mondo
addosso che riesco ad essere tutto tranne che professionale e
impeccabile, ho
un rabbia in corpo e un dolore che mi fanno sentire sottosopra. Io non
voglio
che Sara muoia non posso permetterlo, anche se lei non è
più mia, anche se ama
Stefano anche se vuole a tutti i costi questa bambina da lui io le devo
impedire di morire, non la lascerò morire. NO!
“Emilio
tu non puoi capire… io conosco il Caso1, Sara
è” guardo Stefano e Marco “è
una
persona a cui voglio bene, è una mia amica, l’ho
scoperto solo poco fa e quindi
sono ancora sotto shock, non riesco a fare un punto sulla ricerca ora,
non ne
sono in grado. Di sicuro qui in Italia non possiamo ancora usare il
farmaco.
Anzi” mi volto verso Oscar chiedendogli
“Dov’è Tea?”
(Oscar)
“E’ in ginecologia, perché?”
Maria
e Marco si guardano mentre Stefano continua a tacere e a restare sul
fondo, ma
come riesce a starsene in disparte mentre sta per accadere una
tragedia, pare
che non gliene freghi nulla, che non si senta in diritto di
intervenire, forse
dato che lui non è medico non si rende conto, io non lo so,
non so cosa
pensare, non lo so!
(Lorenzo)
“A che settimana di gravidanza è Sara?”
chiedo truce a quella specie di uomo
che mi sembra un invertebrato per come sta affrontando la situazione.
(Stefano)
“E’ quasi al sesto mese” risponde lui
fievole.
(Lorenzo)
“Ho chiesto a che settimana è?” ripeto
ancora più duro.
(Maria)
“23! 23 esima settimana” mi risponde Maria annuendo
con la testa verso Marco.
Non capisco bene le espressioni che si scambiano mia cugina e suo
marito ma
ormai dopo oggi non credo di capire più un bel nulla delle
persone che mi
stanno vicino.
(Lorenzo)
“Bene” dico ottimista “E’
ancora possibile un aborto terapeutico, la legge lo
consente fino alla 24esima settimana, potremmo parlarne con Sara e poi
chiamare
Tea per predisporre l’intervento, subito dopo credo che Sara
debba essere
operata da Emilio, ho visto le sue ultime risonanze, quel cuore sta per
esplodere da un momento all’altro se non si interviene
chirurgicamente”
(Marco)
“Sara non abortirà mai Lorenzo, mai” mi
risponde Marco mordendosi un labbro “E
da quando lo so che ci provo, ci ho provato in tutti i modi ma lei non
vuole,
il suo obiettivo è concentrare tutte le sue forze per la
bambina, Sara ha
scelto di far nascere la creatura che aspetta”
(Lorenzo)
“Mai voi siete impazziti, TUTTI, voi siete pazzi. Le
possibilità sono
praticamente nulle per questa bambina, se lei abortisse oggi stesso o
al
massimo domani per Sara ci sarebbero ancora delle chances, è
giovane, guarirà,
aspetterà qualche mese dopo l’operazione e poi
potrà avere altri figli, quanti
ne vuole”
(Maria)
“Non lo farà” mi risponde anche Maria
(Lorenzo)
“Questo è un suicidio, vi rendete conto,
così moriranno entrambi?”
Arrivo
di fronte a Stefano e sono convinto che perderò il
controllo, questo è
veramente troppo “E TU? TU? Lo capisci che Sara sta morendo
che sarebbe un
sacrificio inutile, solo tu puoi convincerla, perché non ci
provi, obbligala se
è necessario, hai poche ore ma devi farcela”
(Stefano)
“Non mi ha mai ascoltato e non lo farebbe nemmeno adesso,
Sara non rinuncerà a
sua figlia per niente al mondo”
(Lorenzo)“Ne
avrete altri di figli maledizione! Perché? Perché
vuole per forza questa?
Perché deve essere QUESTA bambina?”
Il
display che segnala le emergenze si illumina
“E’
da Sara” dice Oscar guardando Emilio, io esco come una furia
per dirigermi
verso la rianimazione.
(Sara)
Mi
sono svegliata da poco ed intorno è tutto bianco, sento
l’odore del
disinfettante, sono in ospedale, lo sapevo sono finita a Villa Aurora,
sono
attaccata a macchine rumorose e sono sola, guardo il mio pancione e mi
correggo, no non sono sola.
Non
riesco a respirare, mi manca l’aria e tenere gli occhi aperti
è troppo
faticoso, i rumori nella stanza aumentano, distinguo chiaramente un
allarme che
non so bene da dove venga.
E’
troppo forte.
Mi
sento chiamare c’è qualcuno…
C’è qualcuno che mi chiama.
Mi
chiama disperatamente ma io non riesco a rispondere e poi metto a fuoco
con gli
occhi velati dalle lacrime il suo viso, è Lorenzo.
Non
so bene cosa dico, so solo che lo chiamo, probabilmente lo imploro,
mormoro
qualcosa prima di crollare di nuovo nel buio. Forse era un sogno o
forse lui è
davvero qui, qualsiasi delle due ipotesi mi rasserena.
Mi
basta che lui sia qui con me. Vorrei tanto che lui fosse qui con me,
vorrei
vederlo anche se fosse per l’ultima volta.
(Lorenzo)
Corro
come un matto nel corridoio travolgendo chiunque e qualunque cosa trovi
davanti, grazie al campanello d’allarme arrivo nella stanza
ed appena entro la
chiamo ripetutamente, cerco di non farle perdere conoscenza ma
purtroppo non ci
riesco, non so quanto fosse lucida, quanto fosse consapevole della mia
presenza
so solo che mi ha detto più di quanto avrei mai potuto
immaginare
“Lorenzo…
amore salva la nostra bambina. La nostra bambina…
Lorenzo”.
Resto
immobile e non riesco più a muovere un muscolo, sono
impietrito, paralizzato
“La nostra bambina” rivivo i miei stati di shock,
il mio blocco totale nelle
situazioni di emergenza, lo sto facendo di nuovo, mi sta sfuggendo di
mano il
controllo della situazione e sta capitando quando ho nelle mani la vita
della
donna che amo di più al mondo e della nostra bambina. Oscar
ed Emilio
intervengono prontamente e finalmente vedo i battiti sul monitor
tornare
regolari e sento quei bip assordanti smettere di dare
l’allarme.
Sei
un fallito Lorenzo Martini lei ti affida se stessa e la vostra creatura
e tu
non sei capace nemmeno di rianimarla.
Sara
e la nostra bambina.
Esco
dalla stanza sconvolto. Mi sento crollare.
Scopro
nello stesso giorno che io e Sara stiamo per avere una figlia, che la
bambina
che lei sta disperatamente tentando di proteggere è la
nostra, ma io non riesco
a togliermi dalla mente l’altra cosa incredibile che ho
scoperto oggi: Sara sta
morendo e per me è solo lei la cosa più
importante ora, ad ogni costo.
Io
non
voglio perdere Sara, nonostante tutto, non voglio.
Non
posso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 16. Senza di te ***
Capitolo 16. Senza di te
(Maria)
Vedo
Lorenzo tornare in
corridoio e
ripercorrerlo avanti e indietro con una strana lentezza, è
così assorto nei
suoi pensieri che non si renderebbe conto di ciò che gli
capita intorno nemmeno
se fosse sotto un bombardamento. E’ proprio vero che noi
medici siamo le persone
meno adatte ad intervenire negli stati di emergenza che riguardano noi
stessi o
le persone a noi più care ed anche un chirurgo di fama
internazionale come
Lorenzo non ha fatto eccezione, poco fa non è riuscito a
muovere un dito per
rianimare Sara. Certo ricevere quella confessione avrebbe sconvolto
chiunque, alla
fine la mia coraggiosa cognatina è riuscita a far da sola
ciò che avrebbe
dovuto fare già mesi fa.
Ora
Lorenzo sa tutto, ma proprio tutto, credo anche sia fuori di
sé e non lo
biasimo perché sicuramente si è sentito tradito e
deluso da noi tutti ed in
particolare da Marco e da me, spero che possa capire che Sara le ha
provate
tutte disperatamente per proteggere lui e noi abbiamo solo cercato di
assecondare e tutelare lei. Abbiamo sbagliato non vi è
dubbio, ma a modo nostro
volevamo solo aiutarli ed ora il nostro obiettivo è non
lasciarli soli
qualunque cosa accada.
(Maria)
“Lorenzo”
Lui
si blocca immediatamente e mi fissa abbattuto “Si
è ripresa, vero?” mi chiede
preoccupato.
“Si…
si… ora va meglio. Lorenzo non devi certo sentirti in colpa,
è naturale quello
che è successo poco fa, oggi è stata una giornata
difficile, sarai stravolto ed
è normale”
“Stravolto?”
ripete lui alzando la voce “Giornata difficile la definisci
tu? Io direi
assurda, irreale, illogica, irrazionale, paradossale, impossibile.
Stravolto…
no io non lo so nemmeno come mi sento. Ma come mi dovrei
sentire?”
“Io
ti capisco…”
“No
Maria, non mi capisci, nemmeno tu che sei una terapeuta mi puoi capire,
non
puoi. Mi sapresti spiegare quale è lo stato
d’animo che si addice ad un uomo
che scopre che la donna che ama sta morendo, anzi si sta suicidando per
far
nascere sua figlia, la loro figlia? No aspetta forse così
può essere anche
facile, in fondo in fondo non sarei nemmeno il primo o
l’unico che si trova di
fronte al dramma di poter perdere o la donna che ama o la figlia. Anche
la
tragedia per noi doveva essere singolare, certo. Effetti speciali,
menzogne
dette ad arte, lontananze. E allora perché dirmelo che era
malata da prima di
conoscerci, perché dirmi che era rimasta incinta,
perché dirmi che si sta
lasciando morire per dare solo pochissime possibilità di
vita alla bambina, mah
no dai è più semplice riempiermi di bugie, di
omissioni, di false idee.
Diciamogli che sto con un altro, inventiamo solo stupidaggini e
chissenefrega
mai se dovesse soffrire come un cane. In fondo si tratta solo di
metterlo
dinanzi al fatto compiuto”
“Non
essere ingiusto Lorenzo, non è andata
così”
“Tu
dici, io non credo. So solo che in questo momento ho tanta rabbia in
corpo
Maria, sono deluso, arrabbiato, mi sento tradito, mi sento messo al
muro, mi
sento solo, ho una fottuta paura che mi rende difficile anche
respirare. La sto
perdendo Maria, la sto perdendo per sempre” e le lacrime
riempiono i miei occhi
(Maria)
Vedo
mio cugino che sta per scoppiare a piangere e commuove anche me, lui e
Sara mi
fanno una tenerezza incredibile e spero tanto che questa prova
così difficile
che stanno per affrontare si possa risolvere al meglio. Nessuno dei due
vuole
perdere l’altro e noi Martini ormai non possiamo fare a meno
di loro.
Stefano
e Marco ci interrompono
(Maria)
“Oscar ed Emilio sono ancora dentro” chiedo a mio
marito per ricompormi
(Marco)
“Stavano uscendo, Sara si è svegliata”
Lorenzo
ci sorpassa e si dirige di nuovo in quella stanza, stavolta
è il momento di un
confronto tra lui e Sara ed io e mio marito ci cerchiamo con lo sguardo
condividendo la pena per quello che sta accadendo.
Sara
Quando
apro gli occhi, mi sento così stanca, senza forze, metto a
fuoco lentamente
dove mi trovo e poi riconosco le voci di Oscar e del professor
Scarfoglio, da
fuori la stanza mi sembra di intravedere di spalle Marco e Stefano, e
Lorenzo?
Allora l’ho davvero solo sognato?
“Come
va?” mi chiede Oscar
“Mhm”
mugugno
“Inutile
nascondere la situazione signorina Levi, proverò a sentire
il Ministero per
ottenere l’autorizzazione a somministrarle il mio farmaco,
non le restano più
che pochi giorni ormai, la situazione sta precipitando ogni ora
è preziosa per
il suo cuore”
Le
lacrime scendono senza che io riesca a fermarle, cerco di farmi forza
ancora
una volta. “Non si piange Sara, non si piange” mi
ripeto come un mantra. Ed
ancora una volta mi manca lui.
(Lorenzo)
“Oscar, Emilio posso restare solo con Sara”
Quando
rialzo lo sguardo in direzione della porta mi accorgo che è
davvero inutile
piangere e pensarlo sospirando perché Lorenzo è
qui di fronte a me, non è un
miraggio ne una fantasia e a giudicare dalla sua espressione del viso,
dal suo
tono di voce è giunta la resa dei conti anche tra noi due,
temo ci saranno
morti e feriti e forse non solo figurativi.
“Va
bene, però mi raccomando Lorenzo, mi raccomando sai
benissimo quale sono le sue
condizioni” quasi lo prega Oscar
“Dopo
ho bisogno di parlarti urgentemente, ti aspetto nel tuo
studio” gli intima il
professor Scarfoglio.
Quando
richiudono la porta, sento il suo sguardo su di me, lo ricambio ed in
quegli
occhi in cui mi rispecchio leggo i sentimenti e le emozioni che ho
cercato di
evitargli per quasi 6 lunghi mesi, non riesco più a
proteggerlo ora, non posso
fare più niente e fa male… fa male a me e a lui.
“Cosa
sai?” gli chiedo quasi per rompere il ghiaccio
“Tutto…
ora so tutto… faccio parte del gruppo di ricerca di Emilio e
per lunghi mesi ho
lavorato alla sperimentazione di quel farmaco, al suo utilizzo in
America ma
non sapevo che tu eri tra le pazienti di Scarfoglio, non lo sapevo che
il Caso1
che non ci faceva dormire la notte eri tu, poi qualcosa ha cominciato a
non
quadrarmi, io non so come ne perché, so solo che stamattina
in aereo ho fatto
il viaggio peggiore della mia vita, quel volo New York – Roma
è stato un
incubo”
“Che
strano pensavo che il viaggio peggiore della tua vita fosse stato
quando ci
siamo conosciuti, il vero incubo sono stata sicuramente io durante il
volo New
York - Roma” mi sforzo di scherzare per sdrammatizzare, le
sue labbra si
increspano in un mezzo sorriso ma l’effetto non è
quello sperato
“Tu
sei stata la cosa più bella che potesse capitare nella mia
vita ed io non me ne
ero nemmeno reso conto, durante il volo di stamani tutti i pezzi del mosaico
sono andati al loro posto, ho pensato e ripensato così tanto
a te, a noi, ho
cominciato a sospettare che la paziente di Scarfoglio fossi tu, i tuoi
occhi
Sara, ogni volta che ti ho guardato nonostante la gravidanza,
nonostante mi
dicevi quanto amavi Stefano ed eri felice con lui, loro non erano
felici, tu
non eri felice, eri tormentata e poi ho ripensato alla risonanza che
non hai
mai voluto fare con me, al fatto che hai lasciato il mondo delle corse,
alle
volte in cui sei stata male, quando sono atterrato ho chiamato
Tommy e
quando mi ha detto che erano tutti qui per te niente è stato
più lo stesso. Una
parte di me continua a sperare che sia solo un incubo, ma nessun incubo
dura
dieci ore ininterrotte ed ogni momento che passa tutto diventa
più drammatico e
più difficile. Sono disperato Sara, non voglio
perderti”
“Lorenzo
noi dobbiamo lottare insieme ma non per me, io…”
“So anche della
bambina ed è quella la cosa a
cui non riesco più a smettere di pensare”
“Chi
te l’ha detto?”
“Tu”
Lo
guardo incredula… allora prima…
“Prima
mi hai supplicato di salvare nostra figlia”
“Lo
farai?”
“Tu
prima l’hai affidata a me Sara ed io non sono stato neanche
capace di
rianimarti, io non posso salvarla Sara, non posso salvarla, ma se
c’è una cosa
che posso fare è operarti, posso salvare te, l’ho
capito proprio poco fa quando sono
uscito da quella porta ed ho percorso quel corridoio su e
giù forse cento volte,
non ti lascerò morire Sara, non è questo che il
destino ha deciso per noi”
“Ma
questo significa rinunciare a nostra figlia? Io non voglio perdere la
mia
bambina, non rinuncerò mai a lei”
“Sara
ragiona ci vorrà del tempo, ma se tu vorrai ne potremo avere
altri di figli,
Sara io ti amo, non ho mai smesso di amarti anche quando hai fatto di
tutto per
mettermi in condizione di odiarti ed ora so per certo che neanche tu
hai mai
smesso, tu non mi hai mai lasciato per Stefano, noi due possiamo ancora
avere
un futuro”
“Non
si può ragionare Lorenzo, non posso ragionare e pensare di
liberarmi di nostra
figlia, della mia bambina, se non ti ho mai confessato di essere
incinta e
perché sapevo che mi avresti chiesto di rinunciare a lei,
sapevo che mi avresti
posto di fronte a questa scelta ed io voglio che la mia piccola viva
più di ogni
altra cosa”
“Sara
non posso accettarlo… non posso… Non lo capisci
che il tempo che resta è troppo
poco, ogni opportunità che concedi a lei è una in
meno per te, ti prego amore,
non me ne frega niente se fino ad adesso abbiamo commesso tanti sbagli,
non ci
siamo amati nel modo giusto, nei momenti più opportuni,
siamo stati lontani
però ti prego Sara dammi ascoltami e permettimi di
intervenire”
“Mai
Lorenzo, mai, per me il discorso si chiude qui, avevo messo in conto
che non
saresti stato dalla mia parte, promettimi solo che avrai cura di lei,
non dovrà
essere lei a pagare il prezzo delle mie scelte”
“Senza
di te io non potrò avere più cura di nulla, mi
dispiace Sara” mi dice in
lacrime andandosene, adesso siamo in due ad avere un cuore
sanguinante. In
pezzi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 17. Ad ogni costo ***
Capitolo 17. Ad ogni costo
(Tommy)
Siamo
fuori la stanza di Sara, sono con i nonni, Marco, Maria e Stefano sono
dentro
con Oscar stanno aspettando Scarfoglio, gli altri sono con Ave a casa,
i nonni
avrebbero voluto che ci rimanessi anche io ma non potevo, voglio stare
qui e
sapere cosa accade a Sara, adesso so tutto anche io e mi sembrava
impossibile
tutto quello che mi è stato raccontato, non ho mai odiato
Sara non le sono mai
stato profondamente ostile perché sapevo che tra lei e mio
padre c’era qualcosa
di speciale, una parte di me ha sempre creduto che il loro amore non
fosse
finito. Non condivido ciò che ha fatto, forse non avrebbe
cambiato il momento
che stiamo vivendo ma avrebbe dovuto fidarsi di noi Martini, avrebbe
dovuto
parlarne con noi, le saremmo stati vicini fin dall’inizio,
lei ha cercato di
non farci soffrire ma adesso è terribile, molto
più terribile, non ho notizie
di papà da ieri sera, da quando è uscito dalla
sua stanza e mi ha detto tutta
la verità. Non ho mai visto mio padre così, mai,
mi ha chiesto di capirlo se in
questo momento voleva stare solo, mi ha detto che non sa se
sarà in grado di
aiutare Sara e la bambina, era triste e demoralizzato, abbattuto,
vinto. Ma io
in questi mesi ho imparato a conoscere mio padre, ho capito che ha la
scorza
dura, che è più forte di quanto lui stesso possa
pensare e che l’amore di Sara
è la svolta della sua vita. Sara e questa bambina, la mia
sorellina sono quello
di cui abbiamo bisogno. Noi quattro insieme possiamo essere una
famiglia, la famiglia
che io e papà non siamo mai stati, che non abbiamo mai
vissuto, la famiglia che
abbiamo sperimentato da quando siamo a casa Martini. Si lo so, che mi
lamenterei delle loro invadenze, di poppate, pannolini e subbugli per
una
neonata in casa, lo so che impazziranno loro, che mi useranno come
babysitter,
che magari certi giorni rimpiangerò quello che adesso sto
immaginando e sto
sperando. Però non riesco a pensare a niente di
più bello di tutto ciò se
dovesse accadere e stamattina sono andato in chiesa con i nonni e forse
per la
prima volta nella mia vita ho pregato, ho pregato con il cuore in mano
che Sara
e la bambina possano far parte della vita di papà e della
mia.
(Maria)
Stiamo
attendendo il professore che dovrebbe avere notizie in merito alla
somministrazione
del farmaco per Sara, è la nostra unica ed ultima speranza,
mia cognata sta
male, è così evidente ormai ed è
straziante, cerca di minimizzare e di
sdrammatizzare ma le si legge chiaro in viso che è molto
spaventata anche lei.
Di mio cugino si sono perse le tracce da ieri sera, dopo aver parlato
con lei,
ha visto Tommy e poi non si sa che fine abbia fatto non è
stato in clinica, non
è rientrato a casa, ha il telefono staccato. Sara non ha
fatto cenno del loro
colloquio, facile immaginare che lui le abbia chiesto di salvare se
stessa e
lei abbia difeso strenuamente la sua scelta di continuare la
gravidanza. Questa
sua sparizione adesso non me la spiego, di sicuro aveva bisogno di
assestare il
colpo o meglio i colpi che ha ricevuto tutti insieme però
che significa mollare
tutto così? Sta abbandonando Sara e la bambina al loro
destino?
Entra
Scarfoglio, accenna appena ad un saluto ma è inutile girarci
intorno, non c’è
bisogno di parole per capire, fa no con la testa e mio marito diventa
una
furia, temo che possa aggredire fisicamente il professore, come se
fosse colpa
sua, cerco di calmarlo ed usciamo dalla stanza accompagnati dal
luminare e da
Oscar. Adesso sembra davvero non ci sia più niente da fare,
Sara resta con
Stefano, anche stavolta non la lascia sola.
(Stefano)
“Lo sai che cosa mi fa davvero rabbia? Che quel dottorino ha
avuto pure la
presunzione ieri di aggredirmi, di prendersela con me, di dirmi che io
non mi
rendevo conto di quello che stava accadendo, della pazzia che ti stavo
facendo
compiere, adesso invece che lo sa, che ha finalmente capito che cosa
sta perdendo,
non c’è, è inesistente,
irrintracciabile, scomparso dalla circolazione, bel
comportamento da parte sua non c’è che
dire”
(Sara)
“Stefano tu non puoi capire, Lorenzo non mi ha abbandonata,
mi ha pregata, mi
ha supplicata di affidarmi a lui, ma la mia risposta è stata
sempre la stessa,
se ne è andato perché non vuole vedermi morire,
la sua non è una dimostrazione
di menefreghismo o di non amore, anzi il suo modo di amare è
assoluto e incondizionato”
(Stefano)
“Forse è per questo che tra noi non poteva
funzionare, non è il mio modo di
amare, io non sarei mai capace di lasciare sola la persona che amo, di
separarmi da lei”
(Sara)
“L’ho fatto anche io con lui, è il
nostro modo di amarci, forse estremo,
masochistico, folle, ma credimi è sconfinato, io
amerò Lorenzo fino all’ultimo
dei giorni che mi sarà concesso e so che sarà
così anche per lui, quando mi
perderà per Lorenzo sarà un dolore immenso, ma la
nostra bambina e l’amore che
c’è stato tra noi sono per ciò per cui
è valso la pena vivere, io riesco ad
essere serena proprio pensando a questo, sono le due cose che mi danno
una
grande forza”
In
corridoio.
(Marco)
“Sono fuori di me, sono fuori di me, sono fuori di me, Sara
non può morire,
devo aiutarla, devo aiutarla”
(Libero)
“Non ci sono belle notizie, vero?” chiedo pur
conoscendo già la risposta
(Enrica)
“Il Ministero non ha dato il placet” constato
sconsolata.
(Maria)
“Amore cerca di calmarti, ti prego, ci deve essere un altro
modo”
(Marco)
“No non c’è un altro modo, lo sai bene
anche tu, il farmaco di Scarfoglio era
la nostra unica speranza, ma per la burocrazia mia sorella è
solo un numero, un
caso”
(Tommy)
“Andiamo a parlare con il Ministro allora!”
(Marco)
mi volto in direzione del ragazzo e penso che pur volendo strangolare
il padre
per la sua fuga, il figlio invece è molto più
concreto “hai ragione, Tommy hai
proprio ragione”
(Maria)
“Ma non ci riusciremo mai, Marco ragiona”
(Libero)
“No Maria ragiona tu, mi meraviglio di te, dopotutto quello
che siamo riusciti
a fare noi Martini adesso ci spaventa un Ministro e un Ministero a
noi?”
(Marco)
“Appunto tesoro, appunto devono capire che stanno morendo una
ragazza ed una
bambina, il farmaco è regolarmente usato in America e non ha
prodotto
controindicazioni lesive, dobbiamo provarci Maria, io ci vado”
(Libero)
“Aspetta… aspetta… noi ci andiamo,
è che vi lasciamo soli in questa cosa? Non
esiste proprio”
(Tommy)
“Voglio venire anche io. In fondo l’idea
è stata mia”
(Enrica)
“Consideratemi già dei vostri”
(Maria)
“No… no aspettate voi, se andiamo tutti insieme
non ci riceveranno mai,
dobbiamo giocare d’astuzia, inventarci qualche escamotage,
insomma dobbiamo
provarci alla Martini per intenderci”
(Marco)
“Hai ragione amore mio, infatti, mi sta venendo
già una certa idea, Stefano è
da Sara, vero? Bene deve venire con noi. Il caffè deve
essere il nostro cavallo
di Troia. Lo prenderanno anche al Ministero il caffè, lui
deve farci entrare al
Ministero, Tommy tu ci aiuterai ed io e Libero faremo il resto,
preferisco che
tu ed Enrica restiate qui con Sara non mi va che lei resti
sola”
(Libero)
“Piano ottimo. Io lo sapevo che Levi e Martini avevano
feeling e questo vale
per gli amore attuali e quelli futuri… andiamo forza,
andiamo a chiamare anche
Stefano”
Ufficio
di Oscar.
(Emilio)
“Quindi nemmeno qui a Villa Aurora avete notizie di
Lorenzo?”
(Oscar)
“No… purtroppo no”
(Emilio)
“Ormai è chiaro che Sara Levi per Lorenzo non
è solo un’amica, ho anche saputo
che la bambina che aspetta è sua”
(Oscar)
“Lorenzo non lo sapeva. Sara lo ha lasciato mesi fa e come
sai è tornata a Roma
da poco per essere seguita da te, Lorenzo non era a conoscenza della
situazione
l’ha scoperta solo ieri”
(Emilio)
“Ma adesso devo sollevarlo dall’incarico per la
ricerca e interromperò i suoi
rapporti con “Viale dei Fiori” concorderai con me
che la condotta professionale
di Martini in questi ultimi due giorni è stata a dir poco
discutibile. Anche
ieri, se non ci fossimo stati noi due, non è stato in grado
di intervenire per
rianimare la paziente”
(Oscar)
“La paziente in questione era la donna che ama e che gli
aveva appena
confessato che la bambina che aspetta è figlia loro. Credo
che chiunque di noi
sarebbe rimasto paralizzato dallo shock”
(Emilio)
“Non un medico, non di fronte ad una tale emergenza. I
rapporti tra la mia
ricerca e Lorenzo si chiudono qui, se vuole un consiglio dottor Nobili
gli
eviti anche di seguire la paziente professionalmente. Potrebbe essere
molto
dannoso e le dirò di più, se il fatto di aver
condotto la mia ricerca inciderà
in qualche modo sul trattamento farmacologico di Sara Levi lo
segnalerò
direttamente all’ordine dei medici. Anche quando non sono
concorde con la
stessa io ho sempre rispettato la deontologia professionale ed esigo il
medesimo comportamento dagli altri medici”
(Oscar)
“Io non esiterò a sostenere Lorenzo come amico e
come medico, anche io su certe
cose non transigo professor Scarfoglio”
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2649881
|