I'm yours di Rusty 93 (/viewuser.php?uid=540671)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Doccia ***
Capitolo 2: *** Alcool ***
Capitolo 3: *** Voce ***
Capitolo 4: *** Bambini e lenzuola ***
Capitolo 1 *** Doccia ***
1 doccia
1 - Doccia
Foresta Incantata,
Castello dell’Oscuro, pochi giorni dopo il furto di Robin Hood.
La stanza era immersa nel vapore, mentre l’ennesima pentola
di acqua bollente veniva riversata da un paio di mani delicate in una modesta vasca
da bagno in ottone.
La ex-principessa Belle finì di svuotare la pentola in
questione e ne prese fra le mani un’altra, contenente dell’acqua fredda,
facendo attenzione a versarne la giusta quantità: la prima volta che aveva
tentato di lavarsi senza l’aiuto di alcuna governante, aveva finito col fare un
bagno gelato, mentre al secondo tentativo, aveva rischiato di scottarsi. Da
quando viveva nel castello dell’Oscuro però, era diventata abile in questa come
in molte altre faccende domestiche.
Immerse la punta dell’indice sotto il pelo dell’acqua, per
saggiarne la temperatura: era calda al punto giusto. Iniziò a muoversi per la
stanza alla ricerca degli oggetti che le servivano: una saponetta, una vecchia
spazzola e un telo per asciugarsi; quando ebbe preparato tutto, iniziò a spogliarsi
del suo abito blu e bianco, rimanendo solo in sottoveste. Stava per togliersi
anche quella quando la porta in legno massiccio della stanza, cigolò
sonoramente: quel vecchio castello era pieno di spifferi, e non c’era una sola
porta della casa che ogni tanto, non si muovesse a proprio piacimento.
Belle si avvicinò ed armeggiò col chiavistello per
assicurarsi che la porta rimanesse ben chiusa. Quando si voltò per ridirigersi
verso la vasca, le parve anche se solo per un attimo, di scorgere un ombra muoversi
rapida al di fuori della finestra. Tuttavia, iniziava già a fare buio e la
ragazza pensò di esserselo solo immaginata: oltretutto, quello stesso
pomeriggio aveva letto un racconto di paura e sapeva di avere sempre avuto una
fervida immaginazione.
Tornò alla vasca e si sfilò la vestaglia, poi si immerse
rapidamente nell’acqua calda: la ragazza percepì i suoi muscoli affaticati
dalla giornata di lavoro, rilassarsi gradualmente. Chiuse gli occhi per qualche
secondo ed appoggiò la testa al bordo della vasca, mentre un sospiro di
beatitudine le sfuggiva dalle labbra.
Ma quello stato di quiete sembrava non essere destinato a
durare: Belle si sentiva per qualche assurda ed inspiegabile ragione, osservata.
Possibile che qualcuno la stesse veramente spiando dalla finestra? Impossibile,
il bagno nel quale Belle si trovava era al terzo piano del castello e neanche
Il Re dei Ladri in persona avrebbe potuto arrampicarsi fino a quel’altezza... o
meglio, forse Robin ne sarebbe stato capace, ma sicuramente non era interessato
a spiarla mentre faceva il bagno.
Cercò di tranquillizzarsi, ripetendosi che veramente, si era
fatta condizionare fin troppo da quel libro di paura e che forse avrebbe dovuto
tornare a leggere commedie e romanzi. Ma non funzionò: indispettita da quella
sua totale incapacità a rilassarsi, afferrò la saponetta e prese a strofinarsi
con forza. In breve tempo, finì di
lavarsi, uscì dalla vasca e si avvolse con il telo per asciugarsi e non
prendere freddo.
Andò al piccolo specchio del bagno ed iniziò a spazzolarsi i
capelli... ma non c’era niente da fare, quella sensazione di non essere sola
continuava implacabile. Decisa a porre fine a tutto ciò, la giovane Belle si
diresse a passo di marcia verso l’unica finestra del bagno, per convincersi che
niente e nessuno la stesse osservando: scrutò il buio oltre il vetro sporco, ma
non vide nulla.
Un attimo dopo, scoppiò a ridere per la sua stessa paranoia
e tornò alle proprie faccende.
***
Storybrooke, due giorni dopo la scomparsa di Zelena.
Belle a volte ancora si stupiva di quanto nel mondo moderno, esistesse
un’invenzione per semplificare ogni tipo di attività umana. Una di queste erano
appunto, i lunghi tubi di metallo che correvano sotto le strade e nei muri
delle case e che portavano l’acqua a tutti gli abitanti di Storybrooke.
Un’altra invenzione formidabile era il boiler che all’occorrenza, si
accendeva per scaldare l’acqua.
Ultima ma non per importanza, c’era sicuramente la doccia: Belle la
trovava senza dubbio un’idea geniale, perché nella sua mente abituata a fare
paragoni con la Foresta Incantata, equivaleva al lavarsi sotto il getto di una
cascata... con l’unica differenza che l’acqua della doccia era calda al punto
giusto, e non ghiacciata come sarebbe dovuta essere in una cascata vera.
Per queste ragioni, Belle adorava
farsi la doccia: era il posto che più di ogni altro, le consentiva di
rilassarsi.
Anche quella mattina, come era
accaduto molte altre volte, la ragazza era intenta a rilassarsi e insaponarsi
sotto il getto caldo della doccia. Aveva gli occhi chiusi e canticchiava
serena, fino a che non si sentì avvolgere dalla sensazione famigliare di non
essere sola.
“Rumple?” Chiamò ad alta voce suo
marito e dopo qualche secondo, sentì un rumore di passi dietro la porta del
bagno.
La voce di lui era vagamente
attutita dallo scrosciare dell’acqua e dalla porta chiusa “Mi hai chiamato,
tesoro?”
“Si, potresti entrare un attimo?”
Mentre sentiva la porta aprirsi, Belle chiuse il rubinetto e aprendo lo
parzialmente lo sportello scorrevole, mise la testa fuori dalla doccia.
Rumple la osservava sulla soglia
e sembrava sinceramente curioso “Hai bisogno di qualcosa? È finito il sapone o...?”
“Credi che non sappia quello che
stavi facendo?” Lo interruppe con tono infastidito e anche vagamente
accusatorio.
Per tutta risposta, un piccolo
sorriso a malapena trattenuto si disegnò sulle sue labbra, poi sollevò una
copia del Daily Mirror che teneva in mano “Leggevo il giornale, Belle.”
“Oh, andiamo, sul serio hai
intenzione di negare? Cosa credi, che io sia stupida?”
Lui perseverò con la sua aria
omertosa, mentre il sorriso da so tutto
ma non dico niente si allargava sempre più: “Negare cosa Belle? Non
capisco... Però so che se continui a rimanere bagnata a quel modo, prenderai
freddo e ti ammalerai.”
“Rimarrò qui fin quando non mi
dirai la verità. Mi ammalerò di polmonite se sarà necessario.”
“Non lo faresti...”
“Ti va di rischiare?”
“...”
“Allora R-rumple??” Belle
iniziava davvero ad alterarsi, oltre al fatto che diversi brividi di freddo cominciavano
a risalirle tutta la schiena fino alla nuca... Quanto avrebbe voluto tornare
subito sotto la doccia... ma no, non si sarebbe arresa fin quando suo marito
non avesse ammesso ciò che, lei ne era certa, stava facendo poco prima.
“Facciamo un accordo.”
La signora Gold non riuscì
veramente a trattenersi dal roteare gli occhi spazientita “sentiamo...”
“Io ti dirò tutto, tu però prima
devi tornare sotto l’acqua calda...”
“Non ci penso nemmeno se prima
non mi dici la verità!”
“Vuoi stare calma? Stavo dicendo
che per assicurarsi che entrambi rispettiamo l’accordo, io farò la doccia con
te: così mentre ti lavi, ti spiegherò tutto.”
Le labbra di Belle passarono con
una rapidità impressionante, da una smorfia arrabbiata ad un piccolo cerchio di
muto stupore. “Era il tuo piano fin dall’inizio vero?” chiese mentre lo
guardava sciogliersi il nodo della cravatta ed appoggiare il bastone vicino al
lavandino.
“Non proprio. Sicuramente non mi
aspettavo che tu te ne accorgessi... ma lo sai, sono bravo a sfruttare al volo
le occasioni che mi si presentano.” Belle intanto si stava appuntando
mentalmente di levargli quel espressione vittoriosa dal viso, una volta che
fossero stati sotto l’acqua calda. Cominciava veramente ad avere freddo, ma
cercò di non darlo a vedere.
“I-in cosa consiste esattamente?”
“In sostanza, è l’equivalente
magico dello spiare dal buco della serratura.” Belle si prese un altro appunto
di fargli pagare anche questa, di lì a poco. “Belle, ho capito che ti piace
guardarmi mentre mi spoglio, ma forse dovresti tornare sotto la doccia
adesso... ti raggiungo fra un attimo.” Ancora quel sorriso sornione: suo marito
sapeva essere un vero folletto dispettoso quando ci si metteva, ma Belle sapeva
di poter giocare altrettanto bene a quel gioco.
Uscì dalla doccia (completamente
nuda, ovviamente) mentre lui era ancora intento a sbottonarsi la camicia e
intrecciando entrambe le mani bagnate dietro al collo di lui, lo fece voltare
per poi piantargli un piccolo bacio sulle labbra: poteva sentire sotto le sue
dita, tutti i peli della nuca di suo marito sollevarsi, mentre le sue labbra
mandavano un sibilo e i suoi occhi si oscuravano leggermente.
“Tu adesso vieni sotto la doccia
con me.” Disse lei in un soffio, tirandolo per la camicia bianca semiaperta.
“Ma sono ancora mezzo vestito,
Belle!”
“Nel tuo accordo, non hai
specificato come avresti fatto la doccia: io dico che puoi farla anche
vestito.”
Detto questo, lo trascinò nello
scomparto doccia ancora in camicia e pantaloni, chiudendo dietro di loro la
porta scorrevole.
*Fine*
Teheheh... Dici Rumbelle/neosposi e dici Doccia e la mia fantasia vola :3 Ho cercanto in tutti i modi non rendere questa OS troppo scontata, spero di esserci riuscita.
L'immagine all'inizio la trovate Qui
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Capitolo 2 *** Alcool ***
alcool
N.A: Quante cose da dire su questo
capitolo! Prima di tutto è discretamente AU,
anche se l’ambientazione non è molto importante ai fini della storia; poi (questo
si è importante) ho mandato Belle a farsi un giretto nel fantastico mondo dell’OOC,
per cui è tornata mezza Belle
e mezza Lacey... e si, anche Gold è abbastanza OOC :3 Scontato?
Può darsi... ma ho cambiato un po’ il mio solito stile,
per cui mi sono comunque divertita molto a scrivere questo prompt.
Spero vi piaccia, buona
lettura!
2- Alcool
Belle French, 21 anni: lavora come
bibliotecaria part-time e intanto frequenta vari corsi all’università. Non ha
ancora scelto cosa farà della sua vita, non sa nemmeno bene cosa l’appassioni
veramente.
Certo, le
piace leggere, adora la sensazione della carta stampata che scorre sotto le
dita, l’odore di un libro nuovo e mai sfogliato, quello un po’ stantio di libro
vecchio; ha un abbonamento annuale per gli spettacoli teatrali, uno per la
galleria d’arte e uno per il noleggio di libri e film: in un certo senso, si
può dire che veneri in modo indiscriminato, tutto ciò che è in grado di
fuoriuscire dalla fantasia umana.
Nonostante
ciò, non è affatto una ragazza tranquilla: non è un timido topo di biblioteca
che non esce mai e che non ha amici, è una ragazza vivace, arguta, spesso dalla
lingua velenosa e solo a volte dolce.
Belle French
ha un tatuaggio, come molte altre ragazze della sua età, tuttavia anche in
questo si distingue: non è un tatuaggio come gli altri, o uno di quelli che
segue le mode. È un marchio a fuoco, scelto da Belle per affermare se stessa.
Belle French è nata unica, è nata per distinguersi ed è
profondamente intenzionata a fare le cose a modo suo, urlando al mondo ciò che
lei è.
Robert Gold, 40 anni: scozzese, pacato,
elegante. Il signor Gold è un uomo di carattere e poliedrico: si interessa a
tutto ciò che potrebbe aiutarlo ad avere più potere.
Indossa la cravatta, un completo firmato e scarpe fatte su
misura da un artigiano europeo: è un gentiluomo, dedito alle buone maniere e
all’apparenza. Tuttavia, non ha mai finto di essere un’bravuomo... in città,
tutti sanno che Robert Gold ha sempre vissuto sulla soglia della legalità:
abbastanza privo di scrupoli per fare ciò che vuole, ma troppo furbo ed
intelligente per lasciarsi cogliere con le mani nel sacco. Robert Gold si
sporca le mani e l’anima per conto di chi vuole fingersi immacolato e
irredarguibile, elargisce favori (se così si può dire), ma ovviamente, pretende
sempre qualcosa in cambio.
In che modo le vite di
queste due persone possono incontrarsi?
“Uno...due... e tre!” Urlò Emma. Belle leccò rapidamente il
dorso della propria mano, poi afferrò un bicchierino di tequila e lo bevve
tutto d’un fiato, infine succhiò in fretta una fetta di limone, con la faccia
di chi avrebbe preferito mangiare letame.
Ruby fece un urlo di ovazione verso la sua amica mora.
“Ragazze, giuro su dio che questa me la pagate.” Belle
odiava la tequila, forse più di quanto odiasse il gioco obbligo o verità, ma non era certo il tipo da tirarsi in dietro di
fronte ad una sfida.
“Belle, queste sono le regole.” Rise Emma
Tre ragazze sedute al tavolo di un bar: un venerdì sera come
molti altri, finché non avevano deciso di fare un gioco per movimentare un po’
l’atmosfera... Belle aveva due amiche che sapevano essere delle vere oche a volte,
questo era certo, ma un’altra cosa vera era che vi era comunque molto
affezionata.
Ruby la squadrò combattiva “Provaci, non c’è niente che io
non sarei capace di fare o di dire.”
“Dai cambiamo gioco, voi due state diventando un po’ troppo
competitive, rischiate di farvi male.” Disse Emma con aria seria, come se lei
non fosse stata al gioco torturiamo-Belle-con-la-tequila
fino ad un attimo prima. “Bene, lancerò in aria una monetina. Chi la afferra al
volo decide una penitenza per le altre.” Proseguì la bionda.
“Vi farò mangiare la polvere.” Disse Ruby
“Letteralmente o metaforicamente?” la provocò Belle.
“Silenzio! Un momento di concentrazione prego...” la
monetina volò in alto sopra il tavolo.
Belle ed
Emma ci provarono sul serio, ma cominciavano a sentire l’effetto dell’alcool e Ruby
aveva sempre avuto dei riflessi pazzeschi.
Ruby si risedette trionfante, la moneta stretta fra pollice
ed indice.
“Bene... ora sceglierò un uomo per ciascuna di voi due e voi
dovrete andare da lui e riuscire a farvi offrire qualcosa da bere.”
“Ci sono dei limiti a questa cosa vero?” chiese Emma
agitandosi sulla sedia.
“Del tipo?”
“Per esempio niente ex-fidanzati...” Neal in effetti era due
tavoli dietro di loro con un paio di amici.
“e niente Gaston..?” proseguì Belle: il ragazzo in questione
era un idiota, iscritto a Legge per passatempo, che la perseguitava da diversi
anni ormai.
“Okok... però allora, non dovrete solo farvi offrire da
bere, ma anche uscire dal locale in loro compagnia. Poi potete piantarli in
asso davanti all’uscita, se volete.”si guardò intorno stringendo gli occhi.
“Ems, tu vai a parlare con il bel tenebroso laggiù.”
“Ma è già in compagnia di tre ragazze!”
“Niente scuse, vai e fatti valere! Mentre tu Belle... Tu vai
da lui.” Per un attimo Belle pensò che la sua amica stesse indicando il
barista. Poi lo vide.
“Oh, nono. Non se ne parla!”
“Perché?”
“Potrebbe essere mio padre! E poi gira voce che sia
pericoloso...”
“ Non hai messo limiti d’età nelle regole... e poi da quando
dai ascolto a questi pettegolezzi? Tra l’altro, io starò qui tutto il tempo: se
ti vedo in difficoltà vengo in tuo soccorso.”
“Dai andiamo Belle. Prima iniziamo, prima finiamo.” Le fece
cenno la bionda, che già si stava preparando per attirare l’attenzione del
ragazzo prescelto: si abbassò maggiormente il maglietta che indossava, in modo
da mettere in mostra un po’ più di seno.
“Uff... d’accordo!” Si alzò di scattò e si diresse verso il
bancone del bar: ad uno degli sgabelli, il famigerato Robert Gold sedeva da solo,
sorseggiando il suo drink.
***
“Hei, ciao!”
“Buonasera...” Lui pareva leggermente stupito.
“Cosa bevi?”
“Scotch. Se proprio deve parlarmi, gradirei che mi desse del
lei.”
“Ook...” “Barista scusi, mi porta un thé freddo?”
Lei colse lo sguardo ancora più stupito e scettico di lui,
così ne approfittò per attaccare bottone “Che c’é?”
“Un thé freddo?”
“Si, è la mia bevanda preferita.”
“Ah!”
“Ah che?”
“non si direbbe...”
“perché scusi?” esclamò, fingendo una perfetta voce stupita.
“Lei ha l’aria di gradire cose molto più alcoliche.”
“Mi sta dando dell’ubriacona?” Adesso non stava fingendo,
era irritata sul serio.
“No...”
“Io credo di si.”
“Lei puzza di tequila, signorina. Non è necessario essere
dei detective.”
“E con ciò? Lo sa, è vero quello che dicono di lei...”
“Quale delle tante cose che si dicono di me sarebbe vera?”
“Che lei è un gran maleducato!” Si alzò dal suo sgabello e
fece per andarsene.
L’avevano chiamato con gli epiteti meno lusinghieri, ma mai
maleducato. “Ferma!”
“Che vuole adesso?”
“Stia qui, non se ne vada...”
“Perché?”
“Mi perdoni, sono stato scortese.”
“Bene.”
“Bene che?”
“Nel senso: accetto le sue scuse, signor Gold.”
“Qual’è il suo nome, signorina?”
“Belle...” Simulò riluttanza, voleva farsi desiderare da
lui.
“e poi?”
“French. Belle French.”
“Come la figlia del poliziotto? Maurice French?”
“Adesso è in pensione.”
“Un poliziotto rimane sempre un poliziotto.”
“Lo dice anche lui... e dice che la stessa cosa vale per i
ladri.” Ogni riferimento a cose e persone era puramente voluto.
“Io non sono un ladro. Sono solo un uomo d’affari.”
“Non è quello che ho sentito.”
“E che altro ha sentito, di grazia?”
“Che lei è un uomo pericoloso e che chiunque le sta accanto,
finisce col farsi del male.”
“Allora forse dovrebbe andarsene.”
“Mi ha chiesto lei di restare.”
“Torni dalle sue amiche, signorina French. Io non sono
l’uomo giusto per lei.”
“Si da un sacco di arie lei. Mi stupisco che non si sia
ancora creato un uragano qui intorno.”
“Signorina...” Iniziò lui a metà fra l’esasperato e lo
scioccato... o forse era anche un po’ divertito?
“Io non ho paura di lei. Inoltre, visto che questo sgabello
è libero, credo che me ne starò seduta qui ancora per un po’.”
Stettero in silenzio per un paio di minuti.
“Di cosa si occupa lei, signorina?”
“Studio.”
“Cosa studia?”
“Vuole l’elenco delle materie?”
“Non è iscritta ad una facoltà?”
“No... studio un po’ questo, un po’ quello... e poi lavoro.”
“Dove?”
“Alla biblioteca universitaria.”
“Le piacciono i libri?”
“Oh, si!”
“Qual’ è il suo libro preferito?”
“Dovrei farle l’elenco?”
“Ho tanto tempo.”
“Anna karenina...”
“mmh..”
“... Cime tempestose, Orgoglio e pregiudizio...”
“E’ un amante dell’epoca vittoriana?”
“Certo!”
“Che altro?”
“Perché non mi racconta qualcosa di lei, signor Gold? Non
posso mica parlare solo io!”
“Non c’è molto da dire... e poi sono sicuro che lei sia già
parecchio informata sul mio conto.”
“Béh, anche lei lo sembra sul mio. Sicuramente è molto più
interessato di quanto vuol dare a vedere.”
“Cosa intende dire?”
“Sapeva che sono qui con delle mie amiche senza che glielo
dicessi: scommetto che è tutta la sera che ci osserva, dico bene? Sono solo un
po’ ubriaca signor Gold, ma non sono stupida.”
“... E’ difficile non notare un gruppetto rumoroso come il
vostro.”
“E’ un locale piuttosto rumoroso, il nostro chiasso non si
notava più di quello degli altri.”
“Lei una persona molto insistente.”
“Si, se so di aver ragione. Ad ogni modo, come mai è qui?”
“Perché una persona va in una bar di solito?”
“Per un mucchio di ragioni!”
“...Per bere, signorina French, solo per bere.”
“Da solo?”
“Si...”
“Oh, bene. Quindi può offrirmi qualcosa!”
“Ha già il suo the freddo.”
“Mi andrebbe una birra, se non le dispiace.”
“Forse un po’ mi dispiace: crede che non sappia cosa ha in
mente?”
“Lei sa leggere nel pensiero? Come Mel Gibson in What women want?” Si rese conto
che trovava molto divertente prenderlo in giro e cercare di fargli perdere le
staffe.
“Lei ci sta provando con me!” rispose esasperato.
“Lei è veramente un egocentrico, se pensa questo... e inoltre, è troppo
vecchio per me. Volevo solo evitare di pagarmi la birra.”
Lui piantò cinque dollari sul bancone di fronte a lei
“Questi bastano?”
“Si, grazie!” Li afferrò in fretta e li porse al barista.
Quando lei si allungò in avanti per prendere la propria birra, il Signor Gold
notò una cosa sulla sua spalla sinistra.
“Ha un tatuaggio, signorina French?”
“Si, perché?”
“Cosa c’è scritto?” era una calligrafia elegante, ma nella
penombra era difficile distinguerne le parole.
“Chi si ostina fa
scandalo.”
“Vero. Chi l’ha detto?”
“Una poetessa italiana.”
“Il nome?”
“Non credo che lei la conosca... Alda Merini.”
Lui si chinò un po’ verso di lei, avvicinandosi “Tutti mi
guardano con occhi spietati,
non conoscono i nomi delle mie scritte sui muri
e non sanno che sono firme degli angeli
per celebrare le lacrime che ho versato per te.”*
“Non me l’aspettavo... Come fa a conoscere una scrittrice
così romantica?”
“E’ una lunga storia. E poi c’è ben poco di romantico in
Alda Merini.”
Lei si alza di colpo, lo sgabello quasi cade per terra.
“Tutto bene, signorina?”
“Ha ragione lei: c’è molto rumore qui.”
“Si e quindi?”
“E’ difficile conversare. Usciamo a fare due passi?”
“...Non credo sia il caso.”
“Sarebbe molto maleducato da parte sua rifiutare.” Detto
questo, si allontanò, lasciando che lui la seguisse a pochi passi di distanza.
Decise che non l’avrebbe piantato in asso di fronte all’uscita del locale,
anche se era un uomo molto più vecchio di lei, anche se era il temuto e
spietato signor Gold... era comunque affascinante e l’attirava da morire.
*Fine*
Spero che abbiate apprezzato, dearies ;) Ora corro a guardarmi la 4x02
'3' A domani.
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Capitolo 3 *** Voce ***
3voce
3-Voce
Se c’erano due cose che avevano sempre caratterizzato ogni
Oscuro nella storia dell’Universo, erano il silenzio e la solitudine.
Rumplestiltskin l’aveva provato sulla propria pelle più di una volta: la
solitudine era il prezzo del suo enorme potere.
Dopo che aveva preferito la magia a suo figlio Bealfire, in
quel’atto estremo di codardia e stupidità che rimpiangeva ogni giorno, era
rimasto solo per molti secoli.
Poi era arrivata Belle. L’aveva pretesa per fare dispetto a
re Maurice, continuava a ripetersi, ma la verità era un’altra: in un periodo in
cui i suoi piani per ritrovare Bea sembravano non procedere, lui sentiva la
forza della solitudine rischiare di schiacciarlo ed ucciderlo da un momento
all’altro. Il vuoto del suo immenso palazzo, non poteva in alcun modo essere
colmato dal suo continuo filare: una notte, una di quelle peggiori in cui non
riusciva a prendere sonno, filò così tanto e in maniera così frenetica, da
scorticarsi le dita... lui che in quanto Oscuro, in teoria non poteva ferirsi.
Non era più in grado di desiderare o di cercare l’amore,
sentimento che non aveva mai portato nulla di buono nella sua vita (e poi, chi
mai avrebbe potuto amarlo?) ... ma qualcuno di scarsa importanza e valore, che
semplicemente, riempisse in parte il silenzio del suo castello? Una domestica
magari, che sbrigasse le faccende più umili e gli consentisse di occupare il
tempo con cose più importanti? E se fosse stata anche una ragazza di bella
presenza, sicuramente non l’avrebbe disdegnata...
Tuttavia,
era anche sicuro che prendere una qualunque sguattera dai bassi fondi gli avrebbe ricordato troppo la povertà e la
sofferenza che aveva subito all’inizio della sua vita umana... invece, prendere
una nobile e giovane donna in età da marito, ed obbligarla a svolgere lavori
umili e faticosi per il resto della sua vita... Bèh, questa era senz’altro un
impresa degna dell’Oscuro.
Dunque l’aveva richiesta, anzi pretesa, in cambio della fine
di una guerra che lui stesso aveva contribuito a provocare.
Certamente l’Oscuro non aveva calcolato che il silenzio
sarebbe stato colmato dai pianti e dai singhiozzi della sua giovane vittima...
Belle pianse ininterrottamente per quasi due giorni.
Dopo che la ragazza si fu ripresa, cominciò per l’Oscuro una
rocambolesca giostra di stupore e sconcerto, probabilmente derivanti dal fatto
che non aveva più alcuna familiarità con il genere umano, continuava a
ripetersi... ma poi si rese conto che era Belle ad essere speciale.
Fin dall’episodio della tazzina, l’aveva sconcertato: una
ragazza cresciuta per essere principessa, probabilmente circondata da set
infiniti di piatti, tazzine di porcellana ed argenteria costosa per buona parte
della sua vita, che si rammaricava così sinceramente per una tazzina sbeccata?
Rumplestiltskin semplicemente, non poteva crederci.
Poi c’era stato il modo in cui lei gli parlava, sempre
educata e fiera, ma mai spaventata... Quasi come se lui fosse un suo pari, un
essere umano e non un mostro.
L’episodio di Robin Hood era stata la goccia che aveva fatto
traboccare il vaso, in tutti i sensi: insubordinazione, coraggio e caparbietà,
tutti in un’unica ed esile figura dagli occhi chiari ed i capelli castani. Era
riuscita a fermarlo giusto in tempo: quella donna apparentemente fragile ed
ingenua, aveva fermato l’Oscuro dal compiere la più efferata delle azioni, una
che neppure lui sarebbe riuscito a perdonarsi facilmente. Da quel giorno,
niente era più stato come prima.
Le conversazioni con Belle riempivano le suo giornate vuote
e lui letteralmente, adorava sentirla ridere. Si accorse di quanto fosse
arrivato a curarsi della sua domestica quando senza neanche rendersene conto,
le impedì di farsi male cadendo dalla scala.
Poi per l’ennesima volta, il silenzio era calato nella vita
dell’Oscuro, implacabile come un ghigliottina. Si era presentato alle porte del
suo cuore e l’aveva avvolto completamente, esattamente come aveva fatto quando
aveva perduto Bea. E ancora, per l’ennesima volta, la colpa era stata sua: la
responsabilità di aver perduto Bea, così come Belle, era esclusivamente sua.
L’unica differenza era che Belle era morta e Rumplestiltskin lo sapeva bene,
dalla morte non c’è ritorno ne salvezza.
Da allora non aveva interrotto i suoi progetti di ritrovare
il figlio, con la morte nel cuore... la morte di quella stella senza cielo e
senza padrone, che era stata Belle. Non mangiava, non dormiva, al massimo
filava, ma non c’era possibilità che l’arcolaio lo aiutasse a dimenticare.
Proseguì nei suoi progetti certo, ma senza passione, all’incirca come avrebbe
fatto un automa, una macchina senz’anima, un mostro.
Silenzio. Dentro e fuori, c’era solo il silenzio: era la
condanna di Rumplestiltskin.
Sicuramente Regina doveva averlo intuito, anzi addirittura
aveva giocato con questa sua debolezza, rigirando il coltello in una ferita da
poco aperta.
“E’ un po’ trascurato,
qui intorno... dovresti trovarti una nuova ragazza, Rumple.” Aveva detto quella volta, ghignando
compiaciuta.
Poi evidentemente, la regina aveva trovato nuovi modi per
sfruttare a proprio vantaggio questa caratteristica insita nell’Oscuro. Rumple
l’aveva capito quando aveva riacquistato i suoi ricordi dopo 28 anni: non era
un caso che il Signor Gold fosse un uomo profondamente solo, il cui compito
consisteva fondamentalmente, nel custodire oggetti. Erano rari e preziosi certo,
ma erano pur sempre oggetti, non persone: non parlavano e non scaldavano il
cuore. Ancora peggio era che il suo lavoro sarebbe dovuto consistere nello
stare costantemente a contatto con i clienti, ma così come nella foresta
incantata tutti avevano paura di lui, quasi nessuno veniva a disturbarlo nel
suo covo di solitudine.
28 anni di
silenzio e solitudine, circondato esclusivamente da oggetti senz’anima ed
antichi, vuoti ed insignificanti: insomma, l’esatta descrizione del signor
Gold.
Per tutto il tempo, prima, dopo e durante la maledizione, il
fantasma di Belle aveva aleggiato nella sua mente: il suo ricordo aveva a volte
la consistenza del fumo, vacuo e
impercettibile, altre volte era come il ricordo di Bealfire, più presente e
doloroso.
Inavvertitamente, era giunta una voce a squarciare quella
nebbia di dolore e solitudine.
“Mi scusi...” flebile, timida e tremante.
In un primo momento, quando si era voltato, Rumplestiltskin aveva
creduto di essersi assopito, o di essere in preda a potenti allucinazioni.
Belle, seppur pallida(quasi cinerea), trasandata e
dimagrita, era lì di fronte a lui, in carne ed ossa.
Non era morta e sebbene fosse solo un ombra della sua Belle,
questo era una possibilità, una seconda occasione che L'Oscuro
non aveva mai creduto di meritare.
Il suo Universo che per anni era stato in bianco e nero, era
tornato improvvisamente ad avere un senso ed uno scopo, colorandosi di mille
sfumature. E l’epicentro di questa rivoluzione interiore, era la voce di Belle.
*Fine*
N.A: Un po' in ritardo sulla tabella
di marcia ma sono qui! ;) Bè, che dire... ho pensato che dopo il
missing moment e l'AU/OOC, ci volesse anche un ritorno alle origini dei
Rumbelle Q.Q__ Mi sono sforzata di concentrare tutte le mie
energie-Angst in questo capitolo, così magari (forse) il
prossimo mi viene fluff ;) ..... ma perdindirindina, certo che
sarà fluff!! (se riesco a scriverlo, perché non l'ho
ancora cominciato...)
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Capitolo 4 *** Bambini e lenzuola ***
4-5 Bambini e Lenzuola
Re
Maurice camminava lungo i
corridoi del suo palazzo, il peso degli anni e la stanchezza sembravano
farsi
sempre più forti sulle sue spalle. Erano giorni grigi e
tristi come pochi ne
aveva vissuti in passato. Perfino i raggi solari che attraversavano le
alte
vetrate e inondavano di luce il suo palazzo, sembravano sbiadire di
fronte a
tutto il dolore che il re provava in quel momento. Con lentezza,
arrivò alla
porta serrata della stanza dove dormiva la sua unica figlia.
Bussò.
“Belle? Posso entrare?”
Non
ottenne risposta. L’uomo
sospirò e trattenne le lacrime, ricordando i giorni in cui
le risate e la
serenità avevano accompagnato quegli stessi gesti.
Pochi anni prima re Maurice camminava lungo quegli
stessi, diretto alle
stanze della sua adorata figlia. Con andatura incerta e dondolante,
passeggiava
fra le mura
regalmente adornate e
illuminate grazie al sole che filtrava dalle ampie finestre. Era stata
sua
moglie, a volere che le stanze della bambina fossero tutte sul lato
più
soleggiato del palazzo, e lui aveva acconsentito di buon grado, volendo
per
entrambe solo il meglio.
Arrivò alla porta della camera di Belle
e bussò; qualcuno rispose
dall’interno.
“Si, chi è?” disse
la piccola Belle con la sua voce acuta e flebile.
“Sono il re. Vorrei se possibile,
chiedere di essere ricevuto da
vossignoria.” Non gli sfuggì la risatina
proveniente da dietro la porta,
seguita da un rumore di passi leggeri.
Poi un’altra voce femminile meno
infantile e più sicura, rispose
“Permesso accordato, potete entrare.”
Re Maurice aprì la porta e si
fece avanti guardandosi intorno. Fu leggermente stupito di non scorgere
alcuna
figura umana, ad una prima occhiata. Aveva chiaramente udito le risate
e le
voci di sua moglie e di sua figlia da dietro la porta, quindi non si
spiegava
come mai non ci fosse nessuno.
Tuttavia, notò che diversi oggetti
all’interno della camera, non erano al
loro consueto posto: le due ampie poltrone, solitamente di fronte al
caminetto,
erano state spostate vicino alla finestra ed il letto era completamente
disfatto ed in disordine, senza cuscini e senza lenzuola. Alcune
coperte erano
ammucchiate ai piedi del materasso, mentre un amplio lenzuolo bianco
era stato
steso fra le due poltrone, fissato grossolanamente agli schienali.
Il re udì una breve risatina che
apparentemente, proveniva proprio da
sotto quel lenzuolo, che creava una specie di tenda casalinga.
“Venga pure avanti messere,
così che possiamo scorgere al meglio la sua
possente figura.” A re Maurice non sfuggì il riferimento sarcastico
alla propria
corporatura, e dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere.
“Chiedo umilmente di poter parlare con
Vostra Maestà, la Regina Ginevra,
e con la principessa Belle, senza l’interposizione di
barriere.”
“Cosa vuol dire interposizione,
mamma?”
“Sssh! Belle, suvvia cerca di mantenere
un comportamento decoroso!”
disse Ginevra fra le risate, cercando senza successo di mantenere un
tono
serio.
Maurice a questo punto, fu praticamente certo che
la sua solare figlia,
stesse trattenendo le risa, solo tappandosi la bocca con una mano. Lo
faceva
spesso e puntualmente, non resisteva mai più di cinque
secondi.
Sollevò il telo dalle poltrone, e
avrebbe voluto fissare per l’eternità
quell’immagine: sua moglie sedeva su un cuscino a gambe
incrociate, con un
libro in grembo e lo guardava estremamente divertita, mentre sua figlia
Belle,
di soli cinque anni, le sedeva accanto e tutta rossa in volto, si
tappava la
bocca con entrambe le mani. Tuttavia, appena vide suo padre,
riuscì più a
trattenersi “Ciao Babbo!” disse a fatica, fra una
risata e l’altra. Dio solo
sapeva come facesse la piccola Belle, a ridere così di gusto
per ogni
sciocchezza.
“Stai forse ridendo di me,
Belle?” disse lui, incrociando le braccia al
petto e fingendosi offeso.
“Mmh... Un po’,
forse.” Rispose la piccola, riprendendo rumorosamente
fiato. “Cosa vuol dire interpostizione, mamma?”
“Interposizione, Belle. Vuol dire che due
cose sono separate da una
terza, Belle. Come il lenzuolo, che separava noi da tuo
padre.” Ginevra sorrise
con amore alla sua unica figlia.
“Aah!”
Belle era la copia sputata di sua madre: perfino il
loro sorriso furbo
e gli sguardi luminosi erano identici.
Con
quel unico, piccolo ricordo
nel cuore (madre e figlia sedute per terra che gli sorridevano
radiose), il re si
fece coraggio e dopo aver abbassato la maniglia, spinse la porta per
entrare.
La
stanza non era più inondata di
luce come avrebbe voluto la sua amata Ginevra, perché le
tende erano quasi
completamente chiuse e solo un paio di sottili fili di sole filtravano
nella
stanza.
L’uomo
chiamò sua figlia a voce alta, ma non ottenne risposta.
Non
era giusto che una bambina di
soli tredici anni, dovesse subire certi dolori. E non era giusto che un
padre
fosse costretto ad assistere alle sofferenze della propria figlia senza
potervi
porre rimedio.
Maurice
udì un singhiozzo nel
buio. Poi dopo qualche secondo, un altro. Seguì le tracce di
quel tenue suono
fino ad arrivare alla sua fonte: una esile e tremante sagoma umana era
distinguibile al di sotto di un lenzuolo bianco.
“Belle
tesoro, cosa stai
facendo?”
Dopo
qualche secondo, fra un
singhiozzo e l’altro, sua figlia rispose “Voglio
che ritorni indietro papà...
Voglio che ritorni lei, con la sua voce ed i suoi sorrisi. Voglio
tornare a
quando mi leggeva le storie e mi spiegava le cose, nel nostro rifugio
sicuro.”
“Non
è possibile tesoro, mi dispiace.” Re Maurice non
si era mai
sentito così inutile: sua figlia era seduta per terra a
piangere, cercando
disperatamente di tornare all’infanzia ed ai momenti
spensierati, e lui non
poteva nemmeno sedersi di fianco a lei ed abbracciarla... era troppo
grasso e
vecchio, i suoi acciacchi non glielo permettevano.
Cercò
di fare ciò che era in suo
potere con le parole, ma anche in questo, la sua Ginevra era sempre
stata molto
più brava di lui “Bambina mia... mi dispiace non
poterti dare ciò che chiedi,
ma se vuoi, proverò a dirti cosa ti direbbe la mamma se
fosse qui.” Si sedette
sul bordo del letto, lo sguardo ancora rivolto alla sagoma di Belle
sotto il
lenzuolo. “Ti direbbe che lei sarà sempre con te,
dovunque tu vada, qualunque
cosa tu faccia... Sarà nel tuo cuore e nei tuoi ricordi,
sorriderà ad ogni tuo
sorriso e ti consolerà ad ogni pianto. Veglierà
su di te nell’ora più buia,
come in quella più luminosa... Ti sarà accanto
con i suoi silenzi, quando
serviranno, e allo stesso modo con tutti gli insegnamenti che ti ha
dato,
quando avrai bisogno di consigli. Forse non sarà fisicamente
qui ogni giorno,
ma ci sarà quando avremo più bisogno di
lei.”
***
“Babbo.” Chiamò una
voce flebile da sotto un mare di coperte di lana
grezza.
Rumplestiltskin accorse, per quanto gli fosse
permesso dalla sua
zoppia, e si sedette sul bordo del letto, accarezzando la fronte di suo
figlio.
Scottava molto.
“Dimmi Bea, come ti senti?”
“Ho sete.”
Rumple prese un bicchiere dal tavolino di fianco al
letto e lo portò
alle labbra di suo figlio.
“Grazie.” Disse il bambino,
quando ebbe finito di bere.
“Passerà Bea... è
solo un po’ di febbre, e sono sicuro che guarirai
presto.” Rumplestiltskin avrebbe voluto poter fare di
più, ma non potevano
permettersi un medico.
Bea aveva gli occhi chiusi e la fronte imperlata di
sudore. Restò ad
osservarlo per qualche minuto e per un attimo, pensò che
finalmente si fosse
addormentato, ma poi parlò “Babbo...”
“Dimmi Bealfire, sono qui. Di cosa hai
bisogno?” e poi pregò con tutto
il cuore di potergli dare ciò che stava per chiedergli, di
qualunque cosa si
trattasse.
“Fai la scenetta?”
Rumple sorrise sollevato: si, questo poteva farlo.
Cose alla cassapanca
in cucina, la aprì e ne estrasse un lenzuolo logoro. Se lo
mise rapidamente in
testa e ricomparve da suo figlio ondeggiando in modo goffo.
“Uuuuh-Uuuh! Sono il fantasma Senza
Testa! Uuuh!”
Bealfire scoppiò a ridere
“Ciao fantasma! Cosa vuoi da me?”
Rumplestiltskin fece un gesto buffo con la mano che
spuntava dal
lenzuolo “Non ho una testa, non hai forse una testa che ti
avanza da darmi?”
“No!”
“Oh...” disse cercando una voce
delusa “Allora... Non vorresti darmi la
tua?”
“No!” ripeté il
bambino, continuando a ridere.
“Oh... Bèh allora vuol dire...
che me la prenderò con la forza!” Detto
questo, si buttò sul letto con tutto lo slancio concessogli
dalla gamba
malconcia e cominciò a fare in solletico a suo figlio, che
rideva a crepapelle.
Rumple
aprì gli occhi di scatto.
Sapeva di aver sognato qualcosa, ma no ricordava di preciso di cosa si
trattasse.
Sentiva
il corpo caldo di sua moglie dietro di lui: svegliarsi con
quella sensazione era una delle cose più belle che avesse
mai sperimentato.
Sentiva anche la sua mano abbracciagli il petto, come se temesse che
scivolasse
via da lei. Ma lui non ne aveva la minima intenzione.
Si
voltò nell’abbraccio di Belle
per guardala in volto e lei mugugnò, quando lui si mosse.
“Mmh...
Rumple.”
“Dimmi
sweetheart.” Disse, mentre
le depositava un lieve bacio sulla fronte.
“Niente...”
Rumple dovette
trattenere una risata: Belle era evidentemente ancora nel mondo dei
sogni e
neanche si rendeva conto di quello che diceva. Le sistemò
una ciocca di capelli
dietro l’orecchio e per tutta risposta, lei si
voltò a pancia in su,
allontanandosi da lui “Lasciami dormire...”
“E’
mattina Belle, dobbiamo
alzarci...”
“No, non voglio... Resta
ancora un po’ qui con me, sotto le
coperte, al calduccio...” detto questo, tornò ad
accoccolarsi al petto di lui,
stringendolo forte.
Lui si arrese, come in fondo faceva
molto spesso quando si
trattava di Belle. Si mise un po’ più comodo
stringendola fra le braccia ed
iniziò a far scorrere le dita sulla schiena della moglie,
massaggiandola
delicatamente.
“mmh... Smettila
Rumple...” Lui si mise a ridacchiare
sommessamente. Belle sbuffò, a metà fra il
divertito e l’offeso, perché il suo
sonno era stato irrimediabilmente compromesso dall’alzarsi e
l’abbassarsi
rapido del petto di suo marito e dal rombo della sua risata, che
risuonava
dalla cassa toracica di lui, direttamente nell’orecchio della
ragazza. E poi
doveva ammetterlo, forse era anche un po’ eccitata,
perché sentiva la pelle
diventare più calda e sensibile nei punti della schiena in
cui lui continuava
imperterrito ad accarezzarla.
Appoggiò il mento sul suo
petto che continuava a tremare per
le risate, e aprì gli occhi per guardarlo in faccia:
“Sei un elemento di
disturbo, signor Gold.”
“Buongiorno! Ti sei
svegliata, finalmente.” Ghignò lui divertito,
poi si spostò un po’ più in basso sul
materasso, per arrivare all’altezza del
suo viso e baciarla. Il bacio durò diversi minuti e si
faceva sempre meno casto
ad ogni secondo. Poi lui passò a baciarle e morderle il
collo, mentre lei non
poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata
“Dovresti provare a
svegliarmi sempre così, d’ora in poi.”
“Ogni tuo desiderio
è un ordine, sweetheart.” Rispose mentre
tirava le lenzuola sopra le loro teste, coprendoli entrambi
completamente.
*
*
*
N.A: Ammetto che non avevo la
più pallida idea di cosa scrivere per il prompt Bambini...
anzi, avevo così tante idee che non sapevo da dove
cominciare, per cui ho deciso di facilitarmi il lavoro scrivendo
un'unica storia >_< Si, mi chiamano scansafatiche di
secondo nome.
E poi ho una cosa da dirvi... purtroppo non riuscirò a
completare la Rumbelle week, i miei giorni di vacanza sono giunti al
termine e non ho più tempo di scrivere :'(
Spero che almeno abbiate apprezzato questa ultima storia, a presto,
Rusty :)
p.s: quasi dimenticavo di ringraziare
tutt* coloro che hanno letto/recensito/seguito/preferito questa
raccolta (xD Grazie!) e poi ringrazio anche i lettori silenziosi. La
Rumbelle week è stata un'iniziativa meravigliosa e avrei
tanto voluto riuscire a parteciparvi con più costanza (ma mi
divertirò molto anche a leggere le storie altrui;)).
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