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di faithlesslips
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No One's Gonna Save You ***
Capitolo 2: *** Bite Your Tongue ***
Capitolo 3: *** Wait A Minute Girl, Can You Show Me To The Party? ***



Capitolo 1
*** No One's Gonna Save You ***


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NO ONE’S GONNA SAVE YOU
Death can’t touch the crooked young.
 
L’allarme squillò rimbombando per tutto il quartiere e rompendo il silenzio della notte. Will si guardò intorno imprecando. Tremava di freddo e di paura. Odiava fare il palo. Odiava aspettare che Simon uscisse dal negozio con i soldi, per poi scappare via e andarsi a rifugiare a casa di Judy. Odiava tutto quello. Odiava la corsa affannata verso il minuscolo appartamento, odiava essere il terzo incomodo in casa di Simon e Judy, e soprattutto odiava assistere ai litigi dei due.
«Muoviti, stronzo!». Will si girò di scatto e vide Simon correre velocemente dall’altra parte della strada. Iniziò a correre anche lui, affannando per raggiungere il compare. Simon era sicuramente più veloce di lui nella corsa, ma la borsa Adidas piena di soldi lo stava rallentando di un bel po’, notò Will. Nulla poteva toccarli quando correvano via dal luogo del misfatto. Niente poteva farli del male, niente poteva farli morire. Non si sarebbero fermati nemmeno quando un treno gli sarebbe passato sulla testa. Perché è questo ciò che fanno i disonesti: continuano a vivere quando tutti li vorrebbero morti.
Quando arrivarono davanti al portone, l’allarme si sentiva ancora in lontananza. Si erano fatti di corsa quasi mezza città, per portare in salvo i soldi. Simon inserì la chiave nella toppa ed entrò nell’oscurità del cortile interno assieme alla borsa Adidas, seguito da Will. Salì le scale velocemente, ridendo freneticamente. Fatti i tre piani a piedi di corsa, si parò di fronte ad una porta di legno e cercò di infilare la chiave nella toppa, ma l’adrenalina lo faceva tremare. Dopo vari tentativi e altrettante imprecazioni, la porta si aprì, illuminando tutto il pianerottolo. I due entrarono in fretta e richiusero la porta a doppia mandata.
Judy era seduta in cucina. Non disse nulla quando i due ragazzi entrarono nella stanza con la borsa straripante di soldi. Simon la posò sul tavolo di fronte alla sua ragazza e la guardò fare alcuni tiri dalla sigaretta che stava fumando.
«Quant’è?» domandò lei sputando fuori dalla bocca il fumo.
«Scopriamolo.» disse euforico Simon. Aprì la cerniera che mostrava decine di banconote allineate alla rinfusa nella borsa, per poi rovesciare il contenuto della borsa sul tavolo della cucina. Come scivolavano fuori, Judy le sfiorava e le ammucchiava per non farle cadere a terra, e si sentiva pervadere da una felicità immane.
«Cazzo, sono almeno ventimila.» disse Will passando una mano su alcune banconote. Simon gli diede un colpetto alla mano, facendogliela ritrarre.
«Ora conto, poi spartiamo.» disse Simon, sedendosi ed iniziando a contare una manciata di banconote. Andò avanti così per tutta la notte, tante erano le banconote. Alle prime luci dell’alba sul tavolo c’erano tre mucchietti, ognuno dei quali valeva seimilanovecento dollari.
«Sparisci da qui.» disse Simon a Will, porgendogli il suo mazzetto. Will fissò i soldi adorante, poi si rese conto che il suo compagno gli aveva dato un ultimatum. «Questi sono i soldi che ti servono per affittare un appartamento e viverci dentro senza dover più badare a me e Judy.» continuò Simon.
«Ma io credevo che…» cercò di ribattere Will.
«Amico, trovati una ragazza e un appartamento in cui figliare e vivere felice.» riprese Simon mettendo una mano sulla spalla dell’amico ed accompagnandolo alla porta.
 
Connie bevette quell’ultimo bicchiere tutto d’un sorso. Ormai non sentiva nemmeno più l’amaro dell’alcool sulla sua lingua. Vedeva al futuro: un futuro senza problemi. A partire dal problema che le si era appena presentato davanti: sua cugina. Tara era lì, seduta accanto a lei, immobile. Aveva paura di tutto, non aveva amici e non aveva niente di meglio da fare se non rompere i coglioni a Connie. Nessuno l’avrebbe aiutata a fare da madre alla cugina, e lo sapeva bene.
«Puoi stare a casa mia finchè non ti trovi dei soldi per prenderti un appartamento per te.» le disse Connie.
«Ok» fu la risposta, sussurrata dalla cugina. Oh, quanto avrebbe voluto non avere una cugina. O per lo meno non una come Tara. Certo, poteva andarle peggio, ma sicuramente le sarebbe potuta andare anche meglio. Connie si voltò verso l’ingresso del bar, dove vide Will. Oh, quanto gli piaceva quel ragazzo. I suoi capelli ricci la facevano impazzire. E poi era convinta che le more dovessero stare coi biondi. Loro due sarebbero stati perfetti insieme. Tara pure vide il ragazzo, che si incamminava verso di loro. Salutò Connie baciandola su una guancia e poi si presentò a lei. Will, si chiamava. Era stupendo. Si mise a chiacchierare con loro, e Tara cercava di sforzarsi di ridere alle sue battute. Non voleva dare un’impressione negativa di sé stessa. Lei era simpatica, sapeva di esserlo. E sapeva anche che sua cugina la odiava per quello. Ma poco le importava, ora per lei c’era solo Will. E il mojito che il ragazzo aveva appena ordinato per tutti e tre.

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Capitolo 2
*** Bite Your Tongue ***


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BITE YOUR TONGUE
I’m bleeding out every word you said;
go to Hell for Heaven’s sake.

Dove cazzo sono finiti i soldi? Dove cazzo sono finiti i miei soldi? Erano in cassaforte, cazzo. E ora sono spariti nel nulla. Deve averli fregati quello stronzo di Simon. Gli avrà presi sicuramente lui, i miei soldi, cazzo! Non gli bastavano i suoi per tutte le sue puttanelle, deve pure prendersi i miei per le sue scopate giornaliere. Che vada a cagare quel deficiente. Ne ha già fatte fin troppe, mi sono rotta. Ho deciso: me ne vado. Ma dove? Facile a dirsi, difficile a farsi. Ma per ora non è importante dove me ne vado io; l’importante è che Simon vada da qualche parte. Deve andare a fanculo. Quel figlio di troia che ho scelto di far entrare nella mia vita. Non mi bastava avere solo un padre alcolizzato, ora pure un ragazzo drogato dovevo trovarmi. Che vita di merda! Ogni cosa che tocco diventa merda. Non è possibile che abbia resistito a tutto questo fino ad ora. Devo farla finita.
All’improvviso la porta d’ingresso si apre, mostrando Simon in tutta la sua stronzaggine. E’ visibilmente sbronzo.
«Che fine hanno fatto i miei soldi, eh?» gli urlo spintonandolo verso il muro resistente come il cartone bagnato. Lui si prende la testa fra le mani bofonchiando qualcosa. «Cristo, rispondimi quando ti parlo.».
«Non so che fine abbiano fatto. Se non sai tenerti i tuoi soldi al sicuro non sono problemi miei!» mi urla contro sbiascicando.
«Ma se tu non riesci a tenerti l’uccello dentro i pantaloni e hai bisogno dei miei soldi per soddisfare le tue voglie, è un problema anche mio!» ribatto alzando la voce. Non è una richiesta, ridammi quei soldi del cazzo.
«Sei diventata paranoica.» ride lui. 
«Va all’inferno.» gli grido dietro mentre se ne va nell’altra stanza. Lo seguo a passi pesanti sul pavimento tremolante. 
«Hey, amore.» dice lui con voce dolce, avvicinandosi a me.
«Non chiamarmi così. Sei uno stronzo.» gli dico. 
«Perché non parliamo da persone mature?» chiede iniziando a sbottonarsi la camicia e lasciando scoperti gli addominali scolpiti. Non funziona con me, questa sua filosofia secondo cui il suo pene mette fine al mio nervosismo.
«Non voglio parlare, voglio i miei seimilanovecento fottuti dollari.». Lui si avvicina a me sfiorandomi il collo con il suo braccio buono. L’altro è completamente andato per colpa dell’ero. Ha le vene del sinistro praticamente inesistenti, mentre quelle del destro si salvano ancora, per ora. 
«Dai, Judy, so che hai voglia.» dice iniziando a baciarmi il collo. Cazzo, ho voglia di riavere i miei soldi.
«Dio, sei strafatto, smettila, stai sparando un sacco di stronzate. Più del solito.» dico staccandomelo da dosso. Lui mi guarda confuso. Ha gli occhi rossi. «Quante te ne sei fatto?» domando. 
«Di cosa?» domanda iniziando a ridere freneticamente. 
«Canne, Dio mio.». Gli do un colpetto sulla spalla e lui cade a terra, senza smettere di ridere. Lo guardo dimenarsi e piangere dal ridere a terra finchè non gli scivola fuori dalla tasca dei jeans uno scontrino. Lo prendo in mano, leggendolo. A quanto pare lo stronzo ha speso i miei soldi scommettendo sui suoi stupidi e fottutissimi cavalli sfigati che non vincono mai una corsa. 
«Vaffanculo, Simon, morditi la lingua la prossima volta che hai intenzione di sparare un’altra stronzata come quella del “non so che fine abbiano fatto i tuoi soldi, amore”.».

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Capitolo 3
*** Wait A Minute Girl, Can You Show Me To The Party? ***


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WAIT A MINUTE GIRL, CAN YOU SHOW ME TO THE PARTY?
Please, let me in through the backdoor:
it’s gonna be a real good time.
 
Seguo il suono della musica techno che proviene dalla discoteca dietro l’angolo. Ho passato in quel posto le migliori serate della mia esistenza, e sicuramente non smetterò di frequentarla solo perché Tara è entrata a far parte della mia vita. Chissenefotte di lei. Ho la mia vita da portare avanti. Appena giro l’angolo mi trovo davanti una fila che sembra non finire mai. Dio. Mi avvicino barcollando sui tacchi a spillo e mi posizioni accanto a due ragazze dall’accento scozzese. Domando il perché di tutta quella ressa alzando la voce per farmi notare. Loro si girano verso di me sorridendo ed iniziano a spiegare che venivano da Edimburgo e che avevano fatto dodici ore in autobus solo per essere qui stanotte. Dodici ore! La gente d’oggi si fa troppe canne. «Comunque ci sono tipo tutti i dj più fighi dell’epoca, musica a palla e pieno di gente figa!» mi urla nell’orecchio una delle due oche. L’altra annuisce continuando a sorridere e mostrando dei denti sporgenti stile topazzo.
«Non è che vuoi venire con noi? Abbiamo una prevendita in più.» dice quella che sembra un topo, dopo avermi squadrato da capo a piedi un paio di volte. Valuto l’offerta. «Conta che è tipo un bordello gigante.». Mi guardo attorno, vedendo il tipo di clientela che mi aspetta. Un ragazzotto biondo e alto mi sta sorridendo, un paio di teste più avanti. E poi c’è quel rosso che non è mica male.
«La gente viene qui prevalentemente per riuscire a guadagnarsi una scopata.» ride l’amica. Sorrido. In effetti non avrei bisogno di queste feste del cazzo per rimorchiare, ma questo schifo di città non offre nient’altro, quindi credo approfitterò delle due scozzesi.
«Quanto viene la prevendita?» chiedo alzando di nuovo la voce ed infilando la mano nella borsetta in cerca del portafoglio.
«Nulla. Conosciamo il buttafuori, ci fa entrare sempre gratis ad ogni festa a cui presenzia.» dice denti-da-castoro tirandomi verso di lei.
 
Entriamo praticamente subito, e la discoteca è stracolma di gente sudata, completamente fatta e decisamente ubriaca. Mi levo delle due compari il prima possibile, facendole andare avanti tra la massa, mentre mi dirigo verso il bar. Ordino subito uno shot di vodka liscia. Un tipo insiste subito affinché paghi lui il drink. Lo lascio fare, ma non ho alcuna intenzione di parlarci ancora. Lui, invece, cerca in tutti i modi di avviare una conversazione. Ma levati, Dio Santissimo.
«Senti, sarò sincera con te. Non mi piaci. Diciamo che cerco un altro tipo di compagnia.» gli dico, indicando una ragazza che indossa un top quasi inesistente e degli shorts sculati. Il tipo mi guarda sbuffando e se ne va borbottando qualcosa contro i gay. Mi volto nuovamente verso il barista, ma stavolta ordino un Negroni. Appena me lo appoggia sul bancone, lo afferro e me ne vado verso la pista. La musica prende di brutto, il capannone sembra stia per crollare, per quanto sta tremando. Mi infilo in pista ed inizio a muovermi, tra un sorso e l’altro. Mi si appiccicano addosso due ragazzi. Non dimostrano più di sedici anni, ma sembrano appena usciti da un catalogo di moda, quindi li lascio strusciarsi addosso a me. Uno mi mette una mano sul culo e mi dice qualcosa, prima di infilarmi la lingua in bocca. Inizia quel momento della serata in cui non capisci se quello che stai facendo è davvero quello che vuoi. Continuo a lasciarlo fare, mentre l’altro continua a strusciarsi, per poi afferrarmi la mano e iniziare a guidarla verso i suoi jeans.
 
Quando esco, nemmeno mi accorgo di essere ancora avvinghiata a quei due tizi. Mi trascinano su un’auto e mi fanno sedere dietro, in mezzo tra di loro. Lancio un’occhiata all’orario: sono le tre e ventisette. Butto la testa all’indietro non appena uno dei due avvicina le sue labbra al mio collo mentre l’altro mi mette una mano sulle tette e cerca di infilarla sotto il vestito. Io rido ed inizio a far scorrere le mia mani sui loro corpi sudati e scolpiti. Il viaggio sembra interminabile, e appena sento l’auto fermarsi, i due si staccano da me. Mi fanno uscire, barcollante sui tacchi, e mi trascinano su per le scale di uno stabile. La testa mi gira un botto, ma non per questo smetto di baciarli, a volte separatamente, a volte insieme. Poi ci spogliamo. Il letto comincia a tremare e le risate e i gemiti si fanno sempre più frequenti, mentre io prego affinché questo momento duri per sempre.

 

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