Enchanted

di sbriashi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Home ***
Capitolo 3: *** "Have we met?" ***
Capitolo 4: *** Blushing all the way home ***
Capitolo 5: *** Unexpected ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






La primavera era arrivata a New York anche quest'anno e ogni parte della città sembrava risentirne. Le temperature stavano iniziando a risalire dopo il rigido inverno, i fiori tornavano a sbocciare e i parchi si riempivano di colori. Diciamocelo: era proprio uno spettacolo.
La primavera è sempre stata la mia stagione preferita. È il periodo dell'anno in cui non tremi di freddo ma non muori neanche dal troppo caldo. È un clima perfetto per fare qualsiasi cosa.
Quella mattina ero uscita di casa più allegra del solito perché avrei pranzato insieme ad un ragazzo che avevo conosciuto la settimana scorsa.
Iniziò a venire sempre con più frequenza al ristorante dove lavoravo e alla fine ammise che il motivo ero proprio io. Mi disse di chiamarsi Logan e dopo che una sera mi aspettò fino alle due di notte passate quando staccai dal lavoro, passammo il resto della serata a parlare passeggiando per la città.
Dovevo ammettere che era davvero carino. Aveva i capelli mori e degli occhi così scuri in cui riuscivo perfino a perdermi dentro. Speravo con tutta me stessa che Logan avesse un bel carattere, che fosse un gentiluomo. Al giorno d'oggi è veramente difficile, se non raro, trovare un uomo che ti rispetti come si deve.
 
Appena riuscii a salire su un taxi tirai un grande sospiro di sollievo. Ho sempre avuto il terrore di fare tardi agli appuntamenti e non volevo certo fare aspettare quel ragazzo così bello. Non potevo permettermi di fare una figuraccia, almeno non con lui.
Il cellulare iniziò a suonare da dentro la mia borsa. Lo estrassi il più in fretta possibile pensando che fosse Logan, invece era Rosie.
«Pronto?»
«Juliet! Quale onore! Ti mancavo?»
«Certo. L'ultima volta che ci siamo sentite è stata solo ieri sera»
«Oh, andiamo. So che mi stavi pensando»
«Posso sapere il motivo della tua chiamata a quest'ora? Sono le sette di mattina in Inghilterra!»
«Mi sono svegliata presto, problemi? Comunque volevo parlarti del mio compleanno»
«Rosie, lo sai come stanno le cose, io non...»
«Tu cosa? Non puoi venire? Sono già tre anni che lo festeggio senza di te, non accetto un altro rifiuto. Non alla festa dei miei trent'anni»
«Wow! A volte dimentico quanto sia passato veloce il tempo. Comunque non lo so, sono sempre impegnata con il lavoro fino a tardi e non penso che...»
«Chiedi qualche giorno libero! Ti prego! Tutti a Brighton sentono la tua mancanza»
Quella frase mi colpì nel profondo. Brighton, la città dove sono nata e cresciuta, mi mancava moltissimo ed in quel momento forse mi commossi un po' dato che accettai l'invito della mia migliore amica senza pensarci troppo. Adesso dovevo solo chiedere al mio capo di darmi qualche giorno libero e non sarebbe stata un'impresa assai facile.
 
Il taxi si fermò facendomi tornare alla realtà di New York e lasciai l'Inghilterra per un attimo da parte. Feci un bel respiro e poi mi diressi verso l'entrata del ristorante. Subito vidi Logan in un tavolo quasi in fondo sulla sinistra e mascherando la mia euforia lo salutai sedendomi di fronte a lui. Il pranzo andò molto bene, per tutto il tempo ridemmo e scherzammo parlando anche del fatto che per la prima volta lui era ad un ristorante con me senza che io gli chiedessi cosa volesse ordinare. Dopo decidemmo di fare una piccola passeggiata rilassante per Central Park che terminò con una sosta ad un chiosco per gustarci un bel gelato alla stracciatella.
Logan mi piaceva moltissimo ma ovviamente la mia convinzione che nessun uomo è perfetto si stava rafforzando sempre di più: quel ragazzo parlava davvero tanto ed è raro al primo appuntamento quindi era un punto in più per lui, il problema era che parlava soltanto lui ed io non riuscivo ad iniziare una frase che puntualmente Logan mi bloccava. Poi se io dicevo che ero stata a Parigi allora lui mi raccontava che aveva girato tutta la Francia. Diciamo che la modestia non era proprio il suo forte. Aveva sempre qualcosa di cui vantarsi, cercava sempre di essere un passo avanti a me. Purtroppo però i suoi modi gentili ed ammalianti mi facevano dimenticare tutti i suoi lati negativi e continuavo a perdermi dentro i suoi occhi.
Tornai a casa felice ma con un velo di insoddisfazione. Neanche Logan era riuscito a smontare la mia teoria degli uomini imperfetti o forse semplicemente ero io che mi facevo troppe paranoie.
 
Più tardi andai a lavorare con un po' d'ansia, nervosa di sapere quale sarebbe stata la risposta del mio capo alla mia richiesta. Arrivai anche in anticipo, speranzosa che questo potesse fare la differenza.
«Hey, Bob! Sono arrivata!»
Lui appena mi vide sorrise, lieto del fatto che ero già pronta per iniziare a lavorare.
«Juliet! Come mai già qui?»
«Non avevo molto da fare e poi volevo iniziare prima, non voglio deluderti lo sai»
«So che non mi deluderesti mai»
Deglutii e appena il mio capo si girò di spalle lo chiamai nuovamente con voce leggermente tremante.
«Sì?» mi chiese curioso.
«E' da quattro anni che ormai non metto piede a casa mia e che non vedo la mia famiglia, e insomma mi chiedevo se...»
«Ma certo! Non c'era neanche bisogno di chiederlo»
«Cosa?» rimasi un po' spiazzata in quanto non mi aveva neanche fatto finire la frase.
«Ti serve una pausa e ti dico che te la meriti»
«Oh, non so cosa dire, cioè, io...»
«Un "grazie" sarebbe gradito» disse divertito facendomi l'occhiolino.
«Grazie, Bob! Grazie mille! Parto la prossima settimana e mi servirebbero cinque giorni. Sicuro che non sia un problema?»
«Non preoccuparti, è tutto apposto. Tu pensa solo a divertirti»
Sorrisi e lo ringraziai di nuovo. L'avevo sempre temuto ma infondo aveva un cuore molto gentile.
Dopo aver servito qualche cliente mi presi cinque minuti di pausa ed andai fuori per informare Rosie che sarei stata presente al suo trentesimo compleanno.
Dopo quattro anno sarei tornata in Inghilterra.
Ancora non riuscivo a crederci.


Salve gente! Finalmente sono riuscita a postare la mia prima ff su Tom Hiddleston.
Ovviamente ancora Tom non è entrato in scena ma questo è solo il prologo.
Spero vi piaccia e ringrazio chi si fermerà a leggerla o chi magari recensirà :)
Cercherò di aggiornare il prima possibile!
Un bacio a tutti :)

-Mary

 

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Capitolo 2
*** Home ***




Rosie Dean era una donna molto in gamba, allegra, solare ed estroversa. L'avevo sempre ammirata per questo ed avevo sempre voluto essere come lei. Aveva i capelli mori ed abbastanza lunghi, un viso piccolo ma dolce grazie alle sue guancie paffute che la rendevano adorabile quando sorrideva.
Io e Rosie ci conoscevamo da una vita. Le nostre famiglie erano molto unite e ci avevano cresciute insieme, per me lei era sempre stata come una sorella.
Ripensavo alla nostra amicizia mentre ero in viaggio con il bus verso Brighton. Non avevo voluto far scomodare nessuno per venirmi a prendere all'aeroporto di Gatwick ed in più non avevo detto a nessuno l'ora esatta in cui sarei arrivata quindi sarebbe stata quasi una sorpresa.
Gli alberi scorrevano veloci fuori dal finestrino e dietro di essi si intravedevano i tipici campi verdi inglesi. Il tempo non era dei migliori nonostante fosse ormai primavera inoltrata, eppure non mi dispiacevano affatto un po' di nuvole. Mi importava solo il fatto che finalmente ero a casa.
 
Appena sentii una voce metallica pronunciare il nome di Sycamore Close scesi immediatamente dal bus e respirai a pieni polmoni quell'aria che tanto mi era mancata.
Ripercorrere quella strada mi faceva quasi commuovere, dopotutto erano passati ben quattro anni dall'ultima volta che ero stata lì. Non era cambiato nulla da quando me ne ero andata via, ogni cosa era rimasta esattamente com'era.
Girai a sinistra verso una piccola salita che portava ad un blocco di piccole casette circondate da prati verdi. Quella in mezzo era casa mia. Ero arrivata.
Suonai il campanello elettrizzata e appena mia madre aprì la porta mi abbracciò così forte che per un attimo mi mancò il respiro.
«Bambina mia! Com'è andato il viaggio? Ma guarda quanto sei bella! La Grande Mela ti ha fatto proprio bene, sai?»
«Caroline, è appena arrivata! Lasciala respirare» udii in lontananza la voce di mio padre e corsi ad abbracciare anche lui.
«Ha ragione tua madre, diventi sempre più bella» aggiunse poi sottovoce mentre lo stavo stritolando.
«Grazie a tutti a due, mi siete mancati tanto» dissi guardandoli con un sorriso a trentadue denti.
Si poteva notare la commozione mista alla felicità che traspariva dai loro occhi. Sembravano molto fieri di me, della donna indipendente che ero diventata. Eppure quando ero a casa non smettevano ancora di trattarmi come la loro piccola bambina.
 
Entrare in camera mia non fu proprio come me l'aspettavo. Speravo in un tuffo nel passato ma mi ero dimenticata che quattro anni prima mi portai via praticamente tutto, la camera ormai era quasi completamente spoglia. Rimaneva solo la piccola scrivania con il computer, alcuni peluche sugli scaffali ed il mio letto. Sbirciai nella cabina armadio ma trovai solo qualche gruccia e nessun capo d'abbigliamento.
Dopo aver disfatto i bagagli andai in bagno a fare una doccia per poi scendere al piano di sotto pronta per il tè pomeridiano.
«Come procede il lavoro a New York?» mi chiese mio padre dalla poltrona dove era seduto senza però staccare gli occhi dalla tv.
«Oh, bene. Anche se sta iniziando a stancarmi un po'» risposi un attimo prima di sorseggiare il mio tè.
«Come mai? È così dura fare la cameriera?»
«È per via dei turni stressanti. A volte vorrei più tempo per me stessa» sospirai mentre giravo e rigiravo il cucchiaino dentro la tazza.
«Perché non glielo dici?» mi domandò mia madre quasi indignata. Era sempre dalla mia parte anche quando avevo torto.
«Non è così semplice, mamma. Rischierei di farmi licenziare e non posso permettere che accada proprio adesso»
«Ma Juliet, devi ribellarti se...»
«No! Senza quel lavoro sarei persa»
Mia madre si accorse di aver toccato un tasto dolente così si limito a passarmi una mano sulla spalla per rassicurarmi.
«Noi vogliamo solo che tu stia bene, hai capito?» mio padre si alzò e venne verso di me schioccandomi un bacio sulla guancia.
«Grazie papà, sul serio»
Lui strizzò un occhio e poi, dopo avermi scompigliato un po' i capelli per dispetto, se ne andò in cucina.
In quel momento pensai che non potevo essere più fortunata con dei genitori come i miei.
 
Dopo aver chiacchierato ancora un po' con i miei genitori me ne andai in camera mia per mettere in ordine le cose ma all'improvviso il suono di un clacson che proveniva proprio da sotto la mia finestra mi fece sobbalzare. Mi affacciai e riconobbi subito la moretta che mi stava fissando da un finestrino abbassato di macchina scura.
«Ciao bella bionda! Allora che fai? Scendi o no?»
Io ridacchiai a più non posso facendo esplodere tutta la gioia che mi tenevo dentro. Così facendo scoppiò a ridere anche Rosie e per poco non piangevo dalla felicità. Nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto.
Mi preparai in fretta e scesi di corsa le scale per precipitarmi fuori verso la mia migliore amica. Ci scontrammo in un abbraccio che durò un'eternità e ancora non avevamo smesso di ridere un secondo.
«Come sapevi che ero arrivata?»
«Ho le mie spie, dovresti saperlo»
«È stata mia madre a dirtelo?»
«Beccata!»
Mentre ero in macchina nel sedile anteriore accanto a Rosie osservavo contenta tutte le case e le vie di quella città che mi era mancata per troppo tempo. C'era anche un'altra persona però che non vedevo l'ora di incontrare di nuovo: il mio migliore amico. Si chiamava Harry Thomas ed era niente di meno che il cugino di Rosie. Dopo una festa in spiaggia di tanti anni fa diventammo inseparabili, all'inizio pensai che provasse qualcosa per me invece ebbi la prova che l'amicizia tra maschio e femmina poteva essere reale.  
Harry non era molto alto, aveva i capelli di un castano scuro e gli occhi grigi proprio come sua cugina. Oggettivamente era una ragazzo davvero carino ed infatti molte ragazze gli andavano dietro ma io non ero mai riuscita a vederlo come più di un amico.
Arrivammo nel centro di Brighton e dopo che riuscimmo a trovare parcheggio ci dirigemmo allo Starbucks in Churchill Square, quello in cui lavorava Harry.
Appena mi vide lasciò tutto quello che stava facendo e corse verso di me per abbracciarmi.
«Non hai il diritto di presentarti così all'improvviso! Potevi avvisarmi!» mi rimproverò scherzando.
«Contavo sull'effetto sorpresa, ci sono riuscita?»
«Altroché! Sono felicissimo di vederti!» sorrise e mi strinse di nuovo in un abbraccio.
 
Mentre aspettavamo che Harry finisse di lavorare, io e Rosie ci sedemmo ad un tavolo del locale a raccontarci tutto quello che ci era successo in questi anni passati senza vederci.
«Capisci? Quel ragazzo è davvero un figo! Non riesco ancora a credere di esserci uscita insieme» le dissi quando finii di raccontarle di Logan, il ragazzo di New York.
«Forse perché sei figa anche tu» mi rispose Rosie dandomi un colpetto con il gomito.
«Oh, certo! Come no! Piuttosto che fine ha fatto il tipo di Londra con cui ti sentivi?»
Lei abbassò lo sguardo ma le sfuggì una risatina.
«Rosie? Che succede?» le domandai curiosa. La sua reazione era stata a dir poco strana e sospettosa.
«Beh, ecco... Ci siamo fidanzati!»
Rimasi a bocca aperta per un attimo fissandola con occhi sgranati.
«Cosa?! E quando pensavi di dirmelo?!»
«Non volevo dirtelo per telefono, stavolta è una cosa seria. Non siamo ancora fidanzati ufficialmente ma penso che presto accadrà»
«Wow, mamma mia... E tu sei felice? Come si chiama? Ti prego, voglio sapere tutto!»
Lei rise di gusto e si sciolse un po', dopodiché iniziò a raccontarmi tutto dall'inizio.
Scoprii che si chiamava Luke Windsor e faceva il pubblicista per attori famosi. In quel momento la invidiai da morire. Io ero andata a New York in cerca del vero amore e alla fine lei lo aveva trovato senza muovere neanche un dito.
Luke la trattava bene, almeno questo era ciò che diceva lei, e soprattutto la rendeva felice. Rosie se lo meritava e non potevo far altro che essere contenta per lei.
«Juliet...» mi chiamò con voce titubante Rosie.
«Che c'è?» le chiesi mentre addentavo un gustoso muffin al cioccolato.
«Oggi Luke dovrebbe venire a cena da me per conoscere la mia famiglia ma questa sera volevo anche passare un po' di tempo con te»
«E quindi?»
«E quindi dopo cena non possiamo uscire soltanto noi tre, cioè... Non vorrei farti sentire di troppo»
«Tranquilla, provo a sentire se Harry si unisce a noi...» non feci in tempo a finire la frase che la mia migliore amica mi fermò.
«Harry lavora anche stasera fino a tardi, in realtà Luke dovrebbe portare con sé un suo amico e mi chiedevo se...»
«Rosie! Hai per caso organizzato un'uscita a quattro senza avvisarmi?»
«Beh, ecco...»
«Fantastico! Come faccio adesso? Frequento già una persona» sbuffai battendo i pugni contro il tavolo.
«Oh, andiamo! Non ti ha neanche baciata!»
«E con questo? A me lui piace!»
Ormai tutta la gente lì presente si era voltata verso di noi ed ascoltava interessata la nostra conversazione. Io e Rosie ci guardammo per un secondo imbarazzate, ci eravamo appena rese conto che tutti gli occhi erano su di noi. Finsi di tossire e poi proseguimmo il nostro discorso con un tono più basso.
«Non ti chiedo di portartelo a letto, solo di passarci una serata insieme. Ho avuto modo di conoscerlo ed è una persona perbene e gentile»
«Quindi dici che non ci proverà con me?»
«Farò in modo che non accada. E poi fossi in te non mi lamenterei»
Mi guardò con sguardo ammiccante come per farmi intendere che era un bel pezzo di ragazzo ma feci finta di non capire.
«Che vorresti dire?»
«Ti farò uscire con Tom Hiddleston»
Lei sorrise e batté le mani ripetutamente con lo sguardo da ragazzina impazzita. Dovevo forse sapere chi fosse quel tipo?
«Ehm, Tom chi?»
Rosie si portò una mano sulla faccia come fosse sdegnata dalla mia domanda.
«Tom Hiddleston! Hai presente l'attore che interpreta Loki in Thor?»
Ma certo! Conoscevo Loki ed avevo visto Thor un sacco di volte ma non mi ero mai soffermata sul nome dell'attore. Beh, ripensandoci non era proprio niente male.
«Sì, ho capito!»
La mia amica appoggiò un gomito sul tavolo e mi guardò con aria di sfida.
«Allora, accetti?»
Ridacchiai come era mio solito fare quando mi trovavo in una situazione imbarazzante, poi alzai lo sguardo e fissai Rosie negli occhi ghignando.

«Accetto»
 

Eccomi qua con il primo capitolo!
Spero che sia venuto abbastanza decente.
Comunque ci tenevo a dirvi che i personaggi di Rosie e Harry sono reali, in realtà sono due persone che ho avuto il piacere di conoscere a Brighton :3
E sì, Harry lavora veramente da Starbucks ed è la conferma che i ragazzi inglesi sono fighi ahahah
Ringrazio di cuore chi si ferma a leggere e soprattutto chi recensisce, mi fate taaanto piacere <3
Alla prossima! :)
-Mary

 

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Capitolo 3
*** "Have we met?" ***




Quel pomeriggio fui messa a dura prova dalla mia curiosità. Volevo sapere qualcosa di più su quel Tom Hiddleston ed essendo a conoscenza del fatto che era un attore famoso non resistevo all'idea di leggere la sua intera pagina di Wikipedia, o addirittura quello che le sue fan pensavano di lui. Chissà come avrebbero reagito sapendo che quella stessa sera il loro caro Tom sarebbe uscito con una donna per un appuntamento.
Fissavo la pagina iniziale di Google sul pc ormai da un po', non sapevo cosa fare. Magari avrei scoperto che aveva collaborato con qualche altro personaggio che adoravo e non lo avrei più visto con gli stessi occhi. Oh, ma che stupida! Già sapevo che aveva lavorato con il mio attore preferito, Robert Downey Jr, in The Avengers. In quel momento cedetti e con attenzione mi portai il pc sulle gambe ma proprio un secondo prima che potessi digitare qualcosa, la suoneria del mio telefono mi fece sobbalzare. Era Logan.
«Pronto?»
«Juliet, sono Logan. Come stai? È andato bene il viaggio?»
«Ehi, ciao! Mi fa piacere sentirti. Comunque è andato tutto bene»
«Stasera hai impegni?»
Deglutii nel sentire Logan farmi quella domanda. Insomma, avrei dovuto dirglielo? Alla fine però aveva ragione Rosie, lui non mi aveva neanche baciata. Non avevamo avuto molto tempo infondo ma le cose stavano così. Per quanto mi potesse piacere, Logan era solo un ragazzo che avevo visto qualche volta in vita mia. Non ero ancora così in confidenza con lui per raccontargli ogni singola cosa che mi accadeva.
«Uhm, niente di che. Credo che uscirò in centro con un'amica. Tu invece?»
«Ancora non lo so, credo uscirò con degli amici anche io»
«Beh, divertiti allora!»
«Anche tu, mi raccomando. Adesso scusami ma devo scappare, ci sentiamo domani»
«Okay, a domani allora»
«Ciao, Juliet!»
Chiusi la chiamata e chiusi anche il portatile di fronte a me. Iniziai a sentirmi in colpa verso Logan, se mi aveva chiamata significava che per lui non ero una ragazza qualunque. Sbuffai e decisi di non pensarci, almeno per quella sera.
 
Dopo quasi un'ora a fissare inutilmente l'armadio optai per un vestito nero non troppo corto senza maniche che non avesse una grande scollatura. Non volevo attirare molta attenzione. Come scarpe scelsi le mie inseparabili Jeffrey Campbell che adoravo da morire.
Quando finii di prepararmi mi accorsi che ero in anticipo e mi sedetti sul letto ad aspettare un po'. Voltandomi vidi la mia chitarra appoggiata in un angolo dietro la porta e sorrisi: era stato Harry ad insegnarmi ad usarla. Subito i ricordi di noi due che suonavamo d'inverno in spiaggia in riva al mare dopo scuola invasero la mia mente. Non avrei mai voluto crescere.
Ricordai anche la sensazione di incapacità e di insicurezza che avevo quando ero qui, e che avevo completamente abbandonato appena avevo messo piede negli Stati Uniti. Brighton era e sarebbe stata per sempre la mia casa ma ormai il mio posto non era più lì.
Con questa malinconia dentro, scesi le scale con attenzione cercando di non cadere con quei tacchi vertiginosi e, dopo aver salutato i miei genitori, uscii diretta a Churchill Square.
 
«Rosie, io sono quasi arrivata. Tu dove sei?»
«Noi fra poco arriviamo, tu aspettaci lì» mi rispose dall'altra parte del telefono. Chiusi la chiamata e mi sedetti su una delle panchine circolari che si trovavano davanti all'entrata del centro commerciale.
Dopo qualche minuto vidi apparire Rosie dall'angolo che dava sulla strada principale, seguita da altri due uomini. Da lontano non riuscivo distinguerli molto bene, non potevo sapere quale fosse Luke e quale fosse Tom, comunque mi alzai in piedi ed agitai una mano in aria per farmi vedere.
La mia amica mi riconobbe all'istante a si diressero verso di me.
Rosie mi sorrideva con aria raggiante ed io non potei fare a meno di ricambiare il sorriso.
«Juliet, lui è il mio ragazzo: Luke» disse Rosie un attimo prima che ci stringessimo la mano e ci salutammo. Era un ragazzo abbastanza alto e non troppo magro, direi con la corporatura giusta. Non aveva traccia né di barba né di baffi ed i capelli erano di un castano scuro.
«E lui invece è Tom»
L'uomo che era rimasto in disparte fino a quel momento, si fece avanti e mi strinse la mano offrendomi un sorriso che mi fece sciogliere come un ghiacciolo al sole. Tom a differenza del suo amico era molto alto ed aveva un fisico ben slanciato. Il colore dei capelli era strano, tendeva quasi al dorato ma era come se fossero stati tinti precedentemente. Non pensavo che quello fosse stato il suo colore naturale. Rimasi a fissarlo negli occhi, non riuscii neanche a capire di che colore fossero, sapevo solo che mi stavano ipnotizzando
Ero come... incantata. E fu lì che persi il controllo delle mie parole e delle mie azioni.
«Sono incantata di conoscerti»
Quella frase mi sfuggì dal nulla, fu più forte di me. Ero così concentrata in quella splendida sensazione che per un attimo dimenticai di filtrare i miei pensieri ed essi uscirono direttamente dalla mia bocca senza che io lo volessi.
Finsi una risatina nervosa per sdrammatizzare ma Rosie sapeva benissimo che il suo piano stava riuscendo alla perfezione e stava cercando di trattenere una risata.
«Oh, quale onore. Dovrei essere io incantato di conoscere una così bella ragazza come te. A proposito, posso dire che adoro il tuo nome?» Tom mi sorrise di nuovo e non aveva ancora lasciato la presa della mia mano. Appena me ne resi conto sentii le guancie andarmi a fuoco, soprattutto dopo quello che mi aveva appena detto.
«Grazie mille, Tom. Sei davvero gentile»
«Lui non si smentisce mai, è sempre un vero gentleman» affermò Luke mentre prendeva la mano di Rosie per stringerla a sé.
«Dovresti imparare da lui, sai?» lo provocò lei. Luke per tutta risposta fece una linguaccia e le sussurrò qualcosa all'orecchio che la fece scoppiare a ridere. A questo punto intervenni io.
«Allora? Avete qualche idea su dove andare?»
Tom si voltò verso gli altri due cercando una risposta ma entrambi ottenemmo solo silenzio.
«Uhm, possiamo andare in un pub se volete» suggerì infine Rosie. Tutti e quattro ci trovammo d'accordo e decidemmo di cercare un locale dove bere un po' di birra ed ascoltare buona musica.
Trovammo un bel posticino vicino al lungomare, in una delle tante piccole vie strette di Brighton. Non era conosciuto da molta gente e fortunatamente non era neanche così affollato come pensavamo dato che era venerdì sera. Ordinammo una birra ciascuno e ci sedemmo ad un tavolo.
«Era da tanto tempo che non bevevo una vera birra inglese in un vero pub inglese» ammisi ridacchiando. 
«Perché? Sei stata via molto?» mi domandò Tom prima che desse un altro sorso alla sua birra.
«Beh, è da quattro anni ormai che vivo a New York. Sono tornata per il compleanno di Rosie, mi fermo solo per pochi giorni»
Mentre parlavo non riuscivo a guardarlo in faccia, era più forte di me. Non facevo altro che giocherellare con la bottiglia che tenevo in mano.
«Wow, quattro anni sono tanti. Posso chiederti il perché di questa scelta?»
Alzai lo sguardo ma lo riabbassai all'istante. Mi sentivo imbarazzata e non sapevo neanche perché.
«Non ero felice qui. Avevo bisogno di una svolta e l'ho ottenuta»
Tom si spostò leggermente verso di me ed il rumore che emise la sua sedia mi fece sussultare un po'.
«E come ti trovi adesso?»
Sentivo il suo sguardo puntato su di me. Avevo bisogno di aria.
«Benissimo, la mia vita nella Grande Mela è perfetta»
«Anche io ci sono stato, è una delle città che adoro di più»
Finalmente mi decisi e lo guardai negli occhi, i suoi oceani si scontrarono con i miei. Non c'erano dubbi: avevamo gli occhi dello stesso colore.
«Devi averne viste molte di città, non è vero?»
Lui sorrise, forse perché mi vide veramente coinvolta nella nostra conversazione.
«Sì, tutto merito del mio lavoro. Ultimamente però non sono mai a casa e la cosa mi stressa un po'»
Piegai la testa da un lato e lo fissai con un mezzo sorriso.
«Ami ciò che fai?»
Abbassò lo sguardo e poi tornò a guardarmi con un aria serena, quasi compiaciuta.
«Con tutto me stesso. È la cosa che più mi rende felice»
Gli regalai un sorriso sincero che lui ricambiò ed in quel momento sembrammo proprio due ebeti.
 
Ad un certo punto vedemmo salire sul piccolo palco del pub un ragazzo con una chitarra in mano. Gli altri stavano ancora conversando tranquillamente quando sentii le note della canzone I've Just Seen A Face dei Beatles. Immediatamente iniziai a canticchiarla gesticolando per fare scena e gli altri tre si voltarono nella mia direzione scoppiando a ridere.
«Questo deve essere il tuo giorno fortunato» mi disse Rosie mentre mi guardava cantare tutta contenta.
«Per quale motivo?» le chiese Tom con uno sguardo pieno di curiosità.
«Lei adora i Beatles» rispose la mia amica scandendo bene la seconda parola.
«Un punto in più a suo favore!» esclamò sorridendo l'attore.
Feci finta di non sentirlo e continuai a cantare usando il mio bicchiere vuoto come microfono. Durante la strofa finale della canzone si unirono anche gli altri tre e una volta che finimmo di cantare ricominciammo a ridere a crepapelle.
In quel momento mi accorsi di essere felice, ero nel posto giusto con le persone giuste.
Non so se era colpa della birra o semplicemente dell'atmosfera che si era creata, sapevo solo che non desideravo essere altrove.
 
Saranno state circa le undici e mezzo quando uscimmo dal locale per passeggiare lungomare. L'aria di salsedine mi entrò fin dentro i polmoni e mi sentii serena.
Rosie e Luke camminavano uno accanto all'altra mentre lui le stringeva la vita con il suo braccio ed io e Tom eravamo subito dietro di loro. Il silenzio che si era creato era dir poco imbarazzante, cercavo in tutti i modi di non guardarlo in faccia ma la tentazione era troppo forte.
«Sai, non ho mai visto Luke così felice con una ragazza» fu lui finalmente a parlare.
«Davvero?»
«Davvero. Anche se conosco Rosie da poco tempo penso che sia una brava persona»
«Lo è» precisai.
All'improvviso una specie di urlo ci fece fermare e ci voltammo istintivamente. Due ragazzine ci fissavano con occhi increduli, entrambe con il cellulare a portata di mano.
«Tu se-sei Tom Hiddleston?» domandò agitata una delle due.
Lui annuii ed il loro sorriso si ampliò.
«Possiamo fare una foto con te?»
«Certamente» rispose Tom cortese come sempre.
«La posso scattare io, se volete» suggerii alle ragazze. Entrambe mi sorrisero e mi diedero il cellulare per fare la foto.
Più tardi lo ringraziarono ed andarono via cinguettando, ancora esaltate per aver incontrato il loro attore preferito.
«Non ti da fastidio?» gli domandai mentre continuavamo a passeggiare.
«Cosa?»
«Il fatto che ti fermino sempre per strada»
Ridacchiò per quella mia domanda. Molto probabilmente gli era stata fatta almeno un centinaio di volte.
«Sono mie fan, non posso permettermi di essere scortese con loro»
Purtroppo non tutti gli altri personaggi famosi la pensavano come lui. Era bello trovare qualcuno come Tom, qualcuno che aveva conquistato la propria fama ma non aveva dimenticato come fosse avere una vita "normale". Era un uomo con i piedi per terra.
Mi limitai a sorridergli mentre la mia mente si inondò di pensieri che mi portavano solo ad una conclusione: Tom Hiddleston si stava dimostrando l'uomo perfetto.
Alla fine sapevo ben poche cose sul suo conto, a parte il fatto che faceva l'attore. L'avevo conosciuto soltanto da poche ore. Eppure era come se i suoi occhi mi avessero sussurrato "ci siamo già conosciuti?" ed io dentro di me rispondevo "forse sì, ma in un'altra vita dove uno come te poteva innamorarsi di una come me".
 
«Cosa fai di interessante a New York?» mi domandò con fare curioso.
«Sono soltanto un cameriera» ammisi vergognandomi un po'. Insomma, lui era un attore di fama mondiale ed io una stupida cameriera da quattro soldi.
«E come ti trovi?»
«Bene... credo. Ultimamente mi stanca un po' troppo» gli confessai.
«Allora cambia!» esclamò un attimo prima di girare a destra per poi andare dritto verso la spiaggia. Sorrisi e non esitai un attimo a seguirlo.
«Non posso cambiare!» gli urlai da qualche metro di distanza.
Lo raggiunsi quasi in riva al mare mentre si stava mettendo seduto tra i ciottoli color mattone della spiaggia. Mi sedetti accanto a lui.
«Ne sei proprio sicura?» mi domandò guardandomi negli occhi. Sembrava serio ed aveva un tono che mi inspirava sicurezza. Non sapendo cosa rispondere mi limitai a sospirare profondamente osservando le onde del mare che accarezzavano delicatamente la sabbia.
«Ma guardati, ti preoccupi così tanto di cose che non puoi cambiare e non ti rendi conto che se continuerai a pensarla così finirai ad ascoltare canzoni malinconiche per tutta la vita» lo disse quasi come se fosse veramente preoccupato per me, il suo interesse si poteva chiaramente leggere nei suoi occhi e nel suo sguardo.
«Hai ragione, non posso cambiarle. Quindi cosa dovrei fare?» gli chiesi come se la mia vita dipendesse dalla sua risposta.
«Cambia tu stessa»
«In che senso?»
«Vedi le stelle lassù? Punta a quelle. Desidera cose impossibili e vedrai che le raggiungerai»
Rimasi senza parole. Tom aveva ragione, dovevo fissarmi degli obiettivi. Dovevo realizzare i miei veri sogni, non potevo rimanere insoddisfatta per tutta la vita.
«Tu sogni mai cose impossibili?» gli chiesi mentre era intento a tirare sassolini nell'oceano.
Si voltò verso di me e dovetti ringraziare il fatto che fosse buio e Tom non poteva vedermi perché le mie guancie andarono a fuoco. L'atmosfera che si era creata in quel momento aveva qualcosa di magico e avrei voluto che non finisse mai.
«Sognavo di fare l'attore» rispose con gli occhi persi nel vuoto. Rimasi in silenzio ad ascoltare i suoi sospiri ed il suono rilassante del mare. Non poteva esserci momento più perfetto.
 
Più tardi scoprimmo che Rosie e Luke se ne erano già tornati a casa e ci avevano lasciati da soli senza neanche avvisarci. Pensai che se avessi scoperto che Rosie lo aveva fatto apposta non mi sarei affatto sorpresa.
Ad un tratto vidi Tom che si dirigeva verso la fermata del bus in Churchill Square e lo guardai un po' confusa.
«Tom! Che stai facendo?»
Lui si voltò e sembrò la classica scena da film. Avete presente la ragazza che ferma il ragazzo che se ne sta andando, lui si gira per guardarla ed ha l'aspetto più figo del mondo? Ecco, le mie ovaie esplosero in quel preciso momento. Ma non lo feci notare, ovviamente.
«Vado a casa»
Gli andai incontro e lo presi sottobraccio.
«Permettimi di accompagnarti allora»
Dopo aver insisto varie volte finalmente accettò di farsi riaccompagnare in macchina da me.
 
«Domani ci sei? Al compleanno dico» mi chiese mentre stavo guidando.
«Perché non dovrei esserci? Sono tornata qui per questo»
«Hai ragione, me l'avevi già detto. Scusami»
«Non devi mica scusarti»
Ci fu un po' di silenzio e poi finalmente arrivammo a destinazione.
«Grazie per il passaggio, sei stata gentile» mi disse ringraziò dopo che si slacciò la cintura.
«È stato un piacere, Tom»
Lui sospirò. Non capivo perché non fosse ancora sceso dall'auto. Io mi limitavo a giocherellare con le mani sul volante e non riuscivo a pensare a niente. Non sapevo neanche cosa dire e quanto pare lui era nella mia stessa situazione.
«Beh, io allora vado»
All'inizio non sembrò molto convincente ma poi notai che stava per aprire la portiera della macchina. Un attimo prima che potesse uscire si avvicinò a me, in quel momento temetti il peggio e spostai di scatto la testa dall'altra parte. Tom se ne accorse e augurandomi "buonanotte" uscì di fretta e se ne andò a casa.
 
Avrei voluto che lo sapesse.
Avrei voluto che sapesse che non avevo usato una normale forma di cortesia, io ero veramente incantata di averlo conosciuto. 

 


Ehii eccomi qua! Ho aggiornato con un po' di ritardo ma non ho mai un giorno tranquillo ):
Come potete notare stiamo entrando sempre di più nel vivo della storia :D
Ringrazio in anticipo chi recensirà ed anche chi si ferma soltanto a leggere, grazie mille carissimi! 
Alla prossima! <3
Un bacio :)

-Mary

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Capitolo 4
*** Blushing all the way home ***




I pensieri scorrevano nella mia mente mentre me ne stavo seduta su quel treno ad osservare le gocce di pioggia che scivolavano lungo il finestrino. Sospirai e continuai a fissare il nulla. Era passato solo un giorno ma sentivo già la mancanza di New York. Vedere Rosie finalmente felice e soddisfatta della propria vita era una cosa stupenda, eppure mi dava un senso di malinconia. Io ero sola, completamente sola. Forse non era la città che mi mancava, era la convinzione che il mio vero amore si trovasse là, in un altro continente.
 
Quando entrai dentro il locale respiravo a malapena. Le luci erano quasi inesistenti e gruppi di persone mi venivano addosso ogni secondo facendomi barcollare. Mi feci strada tra la folla spingendo e strattonando qua e là quando finalmente intravidi il tavolo al quale era seduta Rosie insieme ad altre persone. Come se avessi il paraocchi mi diressi verso la mia migliore amica abbracciandola ed ignorando tutti gli altri presenti.
«Buon compleanno! Benvenuta nel mondo delle trentenni!» esclamai provocandole una risata.
«Grazie di essere venuta, significa molto per me.» sussurrò avvicinandosi al mio orecchio. Io le sorrisi, e guardandola capii che era a dir poco commossa. Mi chiedevo come avrebbe reagito al mio regalo.
«Ehi, merito anche io un abbraccio!» Harry mi venne incontro ed io non potei fare altro che abbracciare anche lui. La serata stava iniziando bene dopotutto.
«Se devo abbracciare tutti allora voglio essere pagata per ogni abbraccio» scherzai. Il mio amico scoppiò a ridere, dopodiché mi invitò a sedermi tra lui e Rosie.
Una volta sistemata e seduta alzai lo sguardo ed ovviamente mi ritrovai proprio di fronte a Tom Hiddleston. Gli accennai un sorriso mentre lui me ne mostrava uno dei suoi più belli.
 
Mangiammo qualche stuzzichino e poco dopo iniziammo a bere qualche cocktail ma io già sapevo che sarei dovuta andarci piano. Non prendevo una sbornia da quando mi ero trasferita a New York e l'ultima volta ero tornata a casa fermandomi a vomitare almeno quattro volte lungo la via di casa. Ma quelli erano i bei vecchi tempi, quando io e Rosie stavamo fuori tutta la notte in cerca di divertimento.
Alla fine ordinai soltanto un Cosmopolitan, da vera newyorkese che pensavo di essere. Rosie perse il conto dei bicchieri mentre Luke cercava di fermarla invano, Harry ci andò leggero e Tom non toccò nessun tipo al alcolico. Ma che problema aveva? Era astemio? Eppure sembrava sentirsi a proprio agio tra gli schiamazzi di Rosie e della maggior parte degli invitati.
Fu in quel momento che gli rivolsi la parola.
«Tom, non bevi?»
Lui sollevò la testa verso di me con uno sguardo un po' sorpreso.
«Non mi piace molto, preferisco rimanere sobrio. E tu? Ti è bastato solo un drink?»
Strinsi le labbra in un sorrisetto ed annuii.
«Diciamo solo che non voglio rischiare.» aggiunsi.
Ridacchiò e basta, senza rispondere. Io invece mi resi conto che avrei dovuto dare subito il regalo alla mia migliore amica o più tardi sarebbe stata troppo ubriaca. Sfilai una busta bianca dalla mia borsa e poi la porsi a Rosie che si trovava accanto a me. Dalla sua bocca uscì soltanto un "oh" di sorpresa e delicatamente prese la busta con le sue mani.
«È per me?» domandò sghignazzando. Io annuii e le sorrisi.
«È un regalo particolare quindi spero che ti piaccia.»
Una volta aperta la busta tirò fuori due biglietti, da prima li guardò confusa e poi con occhi luccicanti. Sapevo che ne sarebbe stata felice.
«Andata e ritorno per New York? Sei pazza, Juliet Marie Lewis?»
La sua espressione era un misto fra lo stupore, la serietà e la contentezza. Non sapeva ancora quale emozione scegliere.
«Li ho prenotati per il mese prossimo ma se vuoi cambiarli è possibile, puoi venire a trovarmi quando vuoi.»
Rosie si fiondò su di me abbracciandomi forte, mentre con una mano teneva stretti i biglietti.
«Ti voglio bene. Mi dispiace se in questi quattro anni spesso e volentieri ho cercato di odiarti, é solo che non potevo credere che tu te ne fossi andata via senza di me. Eravamo così unite, ricordi? Non potevo stare senza la mia migliore amica. Ma poi ho capito: New York era la tua vera vita, non eri veramente felice qua. Ecco, sappi che io voglio solo il meglio per te. Mi dispiace.»
Mentre l'ascoltavo con il cuore in gola, lei iniziò a piangere ed io ovviamente non potei fare altrettanto.
«Sei fantastica.» le dissi abbracciandola. Sì, quella sera c'erano stati decisamente troppi abbracci.
 
Più tardi gli invitati erano quasi tutti ubriachi ed urlavano agitandosi come animali. Anzi, forse gli animali erano più composti di loro. Meno male che Harry mi chiese di accompagnarlo al bar ed io non me lo feci ripetere due volte. Non potevo stare un attimo di più in compagnia di quegli spossati.
«Come va con Tom?» mi chiese il mio amico con quel sorrisino quasi malefico. Io gli lanciai un'occhiataccia e mi misi seduta ad uno sgabello del bancone.
«Che stai dicendo?»
Harry ridacchiò e buttò giù il suo drink.
«Vi siete guardati tutto il tempo stasera.»
Mi precipitai a rispondere ma lui fu più veloce di me e mi bloccò.
«No! Non cercare di negarlo, Juliet. Quando incrociavate gli sguardi le tue guancie andavano a fuoco e lui cercava di nascondere un sorriso.»
 Continuai a fissarlo in malo modo mentre lui mi sghignazzava soddisfatto della sua scoperta. Ma veramente Tom sorrideva quando mi guardava?
«Non c'è niente tra me e quell'attore.» non so perché ma non ero proprio del tutto convinta di ciò che avevo appena detto.
E se avesse avuto ragione Harry? Se veramente ci fosse stato qualcosa fra me e Tom? Eravamo così stupidi da non accorgercene? O forse non era così, semplice.
«Oh, andiamo! Non puoi mentire al tuo migliore amico.» insistette.
«Se mai accadrà qualcosa sarai il primo a saperlo. Contento?»
Alzò le mani in segno di resa ed io non riuscii a trattenere un sorriso pensando a quel "qualcosa" che sarebbe potuto accadere.
 
Più tardi proposi di uscire a fare due passi, non avrei potuto sopportare di rimanere in quel posto ancora a lungo. Nessuno mi rispose dato che erano tutti impegnati a fare baldoria nel peggiore dei modi. Si comportavano come degli adolescenti impazziti e la situazione stava degenerando.
Ad un certo punto presi Harry per un braccio e lo trascinai verso l'uscita ma lui iniziò a ribellarsi.
«Ehi! Che stai facendo?!» urlò quasi.
Mi voltai cercando di nascondere il mio nervosismo con un sorriso assai finto.
«Ce ne andiamo.» risposi con tono deciso.
Strattonò il braccio facendomi perdere la presa.
«No!» protestò.
Lo fissai adirata e infastidita dal fatto che non avesse voluto assecondarmi. Sarei rimasta sola a deprimermi per tutta la serata?
«Preferisci rimanere qua? In mezzo a quel branco di imbecilli?»
Sembrò tranquillizzarsi e successivamente la sua voce risuonò calma.
«Juliet, è il compleanno della tua migliore amica. Questo lo capisci?»
Gli lanciai un'occhiata un po' confusa. Dove voleva arrivare?
«Non sei a New York, non sei più da sola. Se adesso te ne vai ferirai i sentimenti di alcune persone. Smettila di essere egoista per un po'. Lo sei stata per quattro anni, adesso basta.»
Se ne andò dagli altri ed io rimasi spiazzata, incapace di fare o dire una sola parola. Harry non si era mai permesso di dirmi cose del genere. Mai. Pensai che fosse stato l'alcol a fare uscire quelle parole dalla sua bocca ma evidentemente le pensava davvero. Non potevo più trovare scuse, come potevo aver pensato anche solo per un secondo di andarmene dalla festa di compleanno della mia migliore amica? Senza avvertirla, oltretutto. Mi sentii uno schifo. Voltai lo sguardo verso il nostro tavolo ma una figura si posizionò davanti a me bloccandomi la visuale. Sussultai appena mi resi conto di chi si trattasse.
«Stai aspettando qualcuno?» mi chiese Tom con quel suo solito sorriso che mi faceva venire i brividi. In senso buono ovviamente.
«Uhm?» feci finta di non capire, ancora distratta dalle parole di Harry.
«Ti ho chiesto se stavi aspettando qualcuno.» ripeté facendo un passo verso di me.
Mentre lo guardavo negli occhi mi sforzavo di non sorridere come un'ebete, purtroppo il caro Mr. Hiddleston mi faceva questo strano effetto.
«No, stavo solo... Io...» non riuscii a dire nient'altro. Mi portai una mano sulla faccia e sbuffai.
«Che succede?» mi sentii toccare un fianco e rabbrividii. Ci stava provando con me od era veramente interessato ai miei problemi?
Alzai lo sguardo e vidi un Tom seriamente preoccupato.
«Mi sembra di essere tornata al liceo.»
Lui mi guardò con sguardo interrogativo.
«Sono tutti ubriachi fradici ed io mi sto annoiando a morte.» spiegai.
«Ti sbagli: io sono sobrio.»
Ridacchiai e scossi la testa. Aveva ragione: lui era sobrio. Io però non avevo alcuna intenzione di passare la serata con Tom. O meglio, una parte di me non vedeva l'ora di farlo ma qualcosa mi diceva che se fosse successo non ne sarei uscita viva. Quell'uomo aveva così tante potenzialità, poteva tranquillamente essere l'uomo perfetto ed io non volevo deludere Logan. Non potevo innamorarmi di Tom Hiddleston e non sarebbe successo. Fine della storia.
«Forse è meglio che io torni dagli altri.» ancora una volta pronunciai quelle parole senza esserne convinta. Maledetti attori famosi irresistibili.
«Ti va invece di fare due passi?» il suono della sua voce mentre formulò la domanda sembrò davvero innocente e questo mi fece andare nel panico più totale.
«Okay» fu tutto ciò che riuscii a dire.
 
Iniziammo a camminare lungo le vie di Londra e per un attimo mi sembrò di essere dentro ad un film. Uno di quelli classici, così romantici da farti salire il vomito. Io però non smettevo un secondo di pensare a Rosie, al fatto che me n'ero andata dal suo compleanno senza neanche salutarla. Infondo ero con uno degli invitati e forse dopo saremmo tornati alla festa. Forse.
Da qualche minuto ormai nessuno dei due osava aprire bocca e tra di noi regnava solo il silenzio, non uno di quelli imbarazzanti; un silenzio confortevole. Questa cosa mi diede del tempo per pensare a me, a come stavano andando le cose in quel momento. Non ero egoista come diceva Harry, ero soltanto confusa sul mio futuro, su cosa ne sarà della mia vita. Fare questo breve soggiorno a casa per me non era stato solo come concedermi una piccola pausa dal mio lavoro, era stato prendermi una vera e proprio pausa dalla mia vita. Pensavo a cosa ne sarebbe stato di me quando fossi tornata in America. Era davvero là il mio futuro? Si nascondeva a New York il mio "vissero per sempre felici e contenti"? Nonostante non ne fossi più così sicura, qualcosa dentro di me mi ostinava a credere che il mio vero amore si trovasse là.
«Sembri diversa dai tuoi amici.» Tom interruppe il silenzio.
«Che vuoi dire?»
Ci pensò un attimo prima di rispondermi, forse neanche lui era sicuro di ciò che stava dicendo.
«Che sei diversa. In senso positivo.»
«In senso positivo?» non riuscivo ancora a capire.
«Sì, mi piaci.»
Rimasi spiazzata ed incominciai ad arrossire. Che cosa pensava di fare?
«A quante altre ragazze lo hai detto?» gli chiesi sogghignando.
«Inclusa te?»
Annuii aspettando con ansia la sua risposta. Volevo fare in modo che per lui fosse difficile provarci con me e qualcosa mi diceva che ci stavo riuscendo.
«Beh...»
Fece finta di contare con le dita il numero delle ragazze, si fermò e posò lo sguardo su di me. L'azzurro dei suoi occhi brillava e risplendeva dentro i miei, come a illuminare quella notte così scura.
«Soltanto una.»
So cosa penserete: è un classico. Avrebbe dovuto baciarmi ed io sarei dovuta sprofondare fra le sue braccia e sentirmi la donna più felice del mondo. Mi dispiace deludervi ma non andò proprio così. Mi sarebbe piaciuto davvero fiondarmi sulle sue labbra, credetemi. In realtà riuscii soltanto a ridere, risi così forte che Tom quasi si spaventò.
«Non prendermi in giro, Hiddleston. Sono diversa, ricordi? Quindi non ci casco.»
L'attore ridacchiò per poi scuotere la testa divertito e continuare a camminare. Io lo seguii e per "consolarlo" gli diedi un leggero colpetto con il gomito.
«Sei in gamba, Juliet Lewis.»
 
Presto tornammo al locale dove si era svolto il compleanno e nessuno, tranne Harry, si era accorto della nostra assenza. Salutai velocemente Rosie, Luke e gli altri rimanenti per poi andarmene verso il mio albergo. Avevamo deciso di passare anche il giorno seguente a Londra, almeno non ci sarebbero stati problemi di orario con il treno per tornare a Brighton.
Quando finalmente mi buttai sul letto mi sentii più leggera, come avessi avuto un peso addosso per tutta la sera e che finalmente si era dissolto.
Ripensare alla mia passeggiata con Tom fu l'errore più grande che potessi fare. Fu in quel momento che il sorriso ebete che tanto temevo si fece spazio sul il mio viso. Riuscii perfino a sentire le famose farfalle nello stomaco.
Iniziai a pronunciare una serie di "no, no, no, no" come se potessero risolvere qualcosa, dopodiché mi misi sotto le coperte e cercai di dormire sgombrando la mente da qualsiasi pensiero. Le avrei soffocate quelle stupide farfalle, avrei fatto di tutto pur di resistere a quell'attore.

Maledetto Tom Hiddleston e le sensazioni meravigliose che mi faceva provare.

 

Eccomi quaaa! Non uccidetemi, vi prego. 
Ho iniziato a lavorare e beh, mi ha portato via tanto tempo ç_ç
Ma adesso sono tornata e cercherò di aggiornare con regolarità.
Anche se fra due giorni parto per Londra e quindi dovrò aspettare un altra settimana per aggiornare :(
PERDONATEMI! 
Ho deciso di dare due volti a Rosie Dean e ad Harry Thomas (in realtà già ce l'hanno perché sono persone vere, due miei amici di Brighton) 
ma per somiglianza ho dato a Rosie le sembianze di Lily Collins e quelle di Cory Monteith ad Harry.
Almeno adesso li avrete più chiari :)
Ringrazio chi recensisce, chi mette la mia storia fra i preferiti o le seguite ed anche chi legge silenziosamente <3
Grazie mille! Fatemi sapere se vi piace o meno :)
Un bacio grande!

-Mary

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Capitolo 5
*** Unexpected ***



La mattina dopo mi svegliai di mal umore. Non c'era un motivo preciso per non essere serena, ero giù di morale senza ragione. Forse perché stavo iniziando a provare qualcosa per qualcuno che non era Logan. Rimossi subito quel ridicolo pensiero dalla mia mente e corsi in bagno a prepararmi per la colazione.
Uscii dalla mia camera, presi l'ascensore e mi diressi verso la hall dell'albergo. Mentre camminavo spedita, la signora che stava dietro il bancone della reception attirò la mia attenzione.
«Mi scusi, è lei la signorina Lewis della stanza 109?» mi domandò gentilmente.
La osservai all'iniziò un po' disorientata ma poi annuii.
«Ho qualcosa per lei.»
Mi fece segno di aspettare, poi si abbassò e frugò in un cassetto fino a che non tirò fuori un piccolo biglietto piegato in due parti.
«Ecco, tenga.»
Me lo porse ed io lo afferrai delicatamente ancora non molto convinta.
«Che cos'è?» le chiesi mettendo in mostra il biglietto davanti a lei.
«Mi dispiace, non lo so. Lo hanno consegnato al mio collega ieri notte e stamattina quando sono arrivata per cominciare il mio turno mi ha consegnato questo dicendomi di darlo a lei.»
«Oh, ho capito. Beh, grazie lo stesso.»
Dopo aver salutato quella gentile signora mi diressi verso l'entrata ed uscii a prendere un po' d'aria. Appena fui certa che non ci fosse nessun tipo sospetto nei paraggi decisi di aprire il biglietto.
 
Ti andrebbe di vederci?
Ti aspetto a mezzogiorno davanti alla fermata di Russell Square
Io sarò puntuale, e tu?
 
 
Lo lessi e rilessi almeno venti volte prima di rendermi conto della situazione. Non avevo assolutamente idea di chi poteva essere. Pensai a Tom ma non gli avevo minimamente accennato dove io alloggiassi. Il mio non era l'unico albergo in tutta Londra, capiamoci.
Forse Harry? Ma non era da lui fare una cosa del genere. Il mio numero ce l'aveva, avrebbe potuto semplicemente chiamarmi.
Rosie? È la mia migliore amica, se voleva vedermi non mi chiedeva un appuntamento.
E se fosse stato Luke? Oh, merda. Forse mi ero sbagliata su di lui, forse non era così bravo come sembrava e voleva tradire Rosie con la sua migliore amica.
Sbuffai rumorosamente ormai rimasta a corto di sospettati. Poi ad un certo punto si accese come una lampadina sopra la mia testa: Logan. L'altra sera non si era fatto sentire per niente ed il pomeriggio si comportava in modo strano al telefono. E se mi avesse fatto una sorpresa? Lui era l'unico tranne Rosie a sapere dove mi trovassi esattamente. Non poteva essere altrimenti, si trattava di lui.
Avrei voluto telefonargli, magari anche per mandargli all'aria i piani e dirgli che avevo già capito tutto. Oppure avrei fatto finta di niente e mi sarei finta sorpresa appena lo avrei visto. Dopodiché avremmo pranzato insieme e passato una giornata meravigliosa a Londra. E finalmente con questo gesto si sarebbe davvero dimostrato l'uomo perfetto.
 
Infilai il piccolo foglio nella tasca della mia giacca stando attenta a non sgualcirlo e mi fiondai subito a fare colazione nel primo locale Starbucks che trovai. Mi gustai il mio solito caffè mattutino stravaccata su uno dei divanetti del negozio con lo sguardo perso nel vuoto, ancora troppo ansiosa per quell'invito misterioso.
Approfittai della rete libera ed entrai sul mio profilo Facebook. Scorsi un po' di notizie non molto interessati sulla Home quando mi accorsi di avere un messaggio non visualizzato. Aprii la chat ed era Harry.
 
Harry:
Divertita ieri sera?
Juliet:
La festa più emozionante della mia vita. E tu?
Harry:
Qualche bicchiere in più non mi avrebbe fatto male.
Juliet:
E poi come saresti tornato a casa? Strisciando?
Harry:
Fino a Brighton? Un po' difficile.
Juliet:
Potevi rimanere a Londra con noi!
Harry:
Certo! L'unico idiota tra le coppiette.
Juliet:
Quali coppiette?
Harry:
Non far finta di non capire!
Juliet:
Smettila di pensare male.
Harry:
E tu smettila di negare che ti piace Tom.
Juliet:
Oh mio Dio! Siamo solo AMICI.
Harry:
Si, come dici tu ;)
 
Chiusi l'applicazione sbuffando, lasciando il mio amico senza una risposta. Quel ragazzo mi stava facendo impazzire. Decisi che presto o tardi avrei ucciso sia lui che Tom.
Quando controllai l'ora capii che era venuto il momento di prendere la metro o avrei fatto tardi all'appuntamento. Mi aveva praticamente imposto implicitamente di non ritardare quindi feci tutto in fretta e furia.
Mentre mi avvicinavo sempre di più al luogo di incontro mi saliva l'ansia ed anche la nausea. Una parte di me era sicura che fosse Logan ma l'altra aveva qualche dubbio. In fin dei conti era pur sempre un appuntamento al buio ed io... l'avevo accettato veramente?
Più cercavo di non pensarci e più mi sentivo a disagio. Osservavo ogni singolo passante in cerca di uno sguardo familiare, in cerca di una conferma. Ma non trovai niente di tutto ciò.
Finalmente intravidi la fermata della metro in Russell Square ed inspirai profondamente prima di ricominciare a camminare. Il cuore mi pulsava all'impazzata e non aveva alcuna intenzione di calmarsi, come me d'altronde. Non riuscivo a tranquillizzarmi in nessun modo, era incredibile.
Arrivata a destinazione mi guardai un po' intorno ma non riconobbi nessuno, così controllai l'ora e realizzai di essere arrivata in anticipo di quasi dieci minuti. All'improvviso il suono del mio telefono mi fece sobbalzare ma mi calmai appena vidi che si trattava di Rosie. Mi aveva scritto che avrebbe preso il treno delle 17:00 per tornare a Brighton e mi chiedeva se avessi intenzione di andare insieme a lei. Prima che potessi risponderle mi dovetti bloccare.
«Non pensavo che saresti venuta sul serio.»
Una voce calma e profonda che proveniva da dietro di me mi fece mancare il respiro e mi voltai di scatto quasi spaventata.
Una volta che lo vidi il mio cuore smise di battere all'impazzata, si fermò proprio. Osservai quegli occhi così simili ai miei ed in un attimo mi ci persi dentro. Quel sorriso mi faceva sciogliere come neve al sole e mi faceva impazzire il fatto che non potevo fare niente per impedirlo.
«Tom?»
Non sapevo se essere delusa o felice. Nel dubbio decisi di essere arrabbiata. Io uscivo con Logan quindi Tom non poteva permettersi di comportarsi come l'uomo dei miei sogni. Non poteva e basta.
«Non l'avevi capito?»
No, Hiddleston. Non l'avevo capito!
«No, insomma... come hai fatto a sapere il nome del mio hotel? E perché quel biglietto? Cioè... Dai! No, no, no... sto impazzendo!»
Tom mi uccise ulteriormente con la sua dolce e buffa risata. Dovevo avere proprio un'aria stupida.
«L'ho chiesto a Rosie, ma non potevo chiederle anche il tuo numero. Sarei sembrato troppo sfacciato.»
Aveva chiesto il nome dell'albergo alla mia migliore amica. Perché non ci ero arrivata subito?
«Ho capito. Adesso spiegami perché il biglietto era anonimo!» esclamai quasi urlando sventolandogli il pezzo di carta davanti gli occhi.
«Sinceramente? Non lo so, mi piaceva l'idea di farti scervellare per cercare di capire chi fossi.»
Sospirai rassegnata al fatto che non ci avevo indovinato affatto e che Tom era riuscito nel suo intento. Ma quindi, aspettate un attimo... ero ad un altro appuntamento con Tom Hiddleston? Stavolta però uno vero, dove eravamo soltanto io e lui.
«Bene, ci sei riuscito! Adesso però che facciamo?» gli chiesi nervosa mentre stavo andando nel panico più totale.
«Ti porto a pranzo. Conosco un locale molto carino dietro l'angolo, vieni?»
Allungò un braccio verso di me e mi porse la sua mano, in attesa che io l'afferrassi. Senza pensarci gliela strinsi ed iniziammo a camminare insieme. Non esitai un secondo ad andare con lui e questo mi fece riflettere. Che diavolo stavo facendo? Mi stavo facendo mettere i piedi in testa da quei sentimenti che avrei dovuto sopprimere?
 
Più tardi mi ritrovai a mangiare Fish & Chips insieme a Tom in un piccolo pub situato dietro la fermata della metropolitana a Russell Square. Il posto era veramente carino però sinceramente mi aspettavo un po' di più da un attore famoso come lui. Quel locale era fin troppo economico.
«Guarda che puoi parlare, non ti mangio.» mi disse lui ad un certo punto.
In effetti non avevo gran voglia di conversare, ero troppo impegnata a lottare contro i miei sentimenti.
«Scusami, oggi sono un po' così.»
Incrociò le braccia e le poggiò sul tavolo.
«Così come?» mi domandò un secondo prima di sorseggiare un po' della sua birra. Io mi limitai a sospirare senza guardarlo negli occhi.
«Senza voglia di vivere.»
Tom rise per un nanosecondo e poi tornò serio.
«Beh, pensa che fra due giorni sarai di nuovo a New York.»
Finalmente alzai il viso e lo guardai dritto in faccia.
«E questo dovrebbe farmi stare meglio?»
Alzò un sopracciglio e si allontanò dal tavolo appoggiando tutta la schiena alla sedia.
«Allora vorresti rimanere qua?»
«No, non lo so... un po' mi manca New York.»
Abbassai di nuovo lo sguardo con un'aria un po' triste. Mi stavo abituando di nuovo all'Inghilterra, alla mia casa, ai miei vecchi amici... sì, anche a Tom. Tornare in America voleva dire ricominciare a lavorare, stare da sola quasi tutti i giorni, lavorare, uscire con un ragazzo di cui sapevo soltanto il nome e lavorare.
«Che cosa fai di bello là?» cambiò argomento, forse aveva notato il mio sguardo malinconico.
«A parte lavorare? Niente di che. La mattina di solito esco a fare colazione con una mia collega, dopo pranzo faccio la mia passeggiata quotidiana a Central Park e poi inizio a lavorare.»
Osservai Tom e sembrava molto interessato a ciò che dicevo. Forse stava solo fingendo ma anche se fosse stato così in quel momento mi dava un senso di sicurezza. Non avevo mai trovato un ragazzo a cui interessava veramente ciò che avevo da dire.
«E dove abiti precisamente?»
«A Manhattan nell'Upper West Side.»
Tom sgranò gli occhi e per poco non sputava la birra che stava bevendo.
«Sicura di essere soltanto una cameriera?»
Scoppiai a ridere per la sua reazione, in effetti aveva ragione a dubitare del mio lavoro. Il quartiere in cui abitavo era uno dei più lussuosi ed ovviamente uno dei più centrali della città.
«Purtroppo sì, sono soltanto una cameriera. Ho speso un patrimonio per il mio appartamento ma direi che ne è valsa la pena.»
«Quindi, da vera fan dei Beatles che tu dici di essere, scommetto che il tuo giretto quotidiano lo fai a Strawberry Fields, non è vero?»
Come cavolo aveva fatto ad indovinare? E soprattutto, come faceva a ricordarsi che a me piacciono i Beatles?
 
Tom insistette così tanto per pagarmi il pranzo che alla fine dovetti cedere. Tutta quella sua gentilezza nei miei confronti mi dava sui nervi. Insomma, che cosa avevo di così speciale infondo? Non sapevo proprio spiegarmelo.
Decidemmo di andare a fare due passi per le vie verdi di Hyde Park, la tipica passeggiata post-pranzo.
«Non sarà come Central Park ma è comunque molto bello.» ammisi mentre camminavo al fianco di Tom.
Lui non faceva altro che guardarsi intorno, osservava ogni singolo albero o cespuglio, forse per la paura di essere scovato dai paparazzi.
«Visto? È sicuramente meglio di un giorno di shopping.»
Gli avevo detto che se non mi avesse chiesto di vederci avrei passato tutto il giorno rinchiusa nei negozi ad Oxford Street. Eppure forse aveva ragione, stavo preferendo lui allo shopping. Avevo la febbre per caso?
Ridacchiai senza dargli una risposta precisa e nel mentre Tom sporse il viso verso il mio e mi lasciò un piccolo bacio caldo sulla guancia. Mi senti avvampare e non riuscii a non farglielo notare, infatti lui sorrise e mi accarezzò la schiena per qualche secondo. Sarei morta da un momento all'altro, ne ero troppo sicura. Per stroncare il magico momento decisi che era arrivato il momento di andare a casa o alla sua prossima mossa gli sarei saltata addosso.
«Uhm, sta iniziando a fare freddino e non ho neanche portato la giacca. Oltretutto dovrei tornare in albergo perché alle cinque me ne torno a Brighton. È un problema per te?» dissi mentre mi strofinavo le braccia con le mani e simulavo i brividi di freddo. Tom mi guardò per un attimo con un'espressione strana e poi si levò la sua giacca per poi posarla sulle mie spalle da vero gentiluomo.
«Tieni, prendi pure la mia. Sai come tornare all'hotel?»
«Sì, non preoccuparti. Piuttosto... come farò a restituirti la giacca?» gli chiesi stringendola sempre di più a me e sorridendo come un'idiota. In realtà con tutto quel buon odore che emanava non gliel'avrei mai più data indietro. Stiamo parlando del profumo di Tom Hiddleston, non se intendete.
«Ci vedremo ancora.» mi rispose con tono sicuro.
Annuii un po' confusa, l'indomani io sarei stata a Brighton e lui a Londra o chissà dove a girare chissà quale film. Quando mai ci saremmo rivisti? Non glielo chiesi e lo salutai semplicemente con un cenno della mano. Prima di allontanarmi da lui rimasi a fissarlo negli occhi per qualche secondo ed in quel momento ebbi come la sensazione di trovarmi nel posto giusto al momento giusto. Il suo viso, le sue labbra, i suoi capelli... all'improvviso ogni cosa di lui sembrò fatta apposta per me. 

 

Ciao a tutti :D 
Sono tornata finalmente. 
Scusate il ritardo ma non riesco mai a trovare un po' di tempo da dedicare a questa fanfic :(
Vorrei poter stare ore a scrivere di Tom ma purtroppo anche io ho i miei impegni e.e
Grazie mille per leggere e recensire :) mi regalate tante gioie <3
Spero che vi piaccia!
Al prossimo capitolo :)

-Mary

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