la fine dell'inverno

di thewhiteprincess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La lettera ***
Capitolo 2: *** paura ***
Capitolo 3: *** l' inganno ***
Capitolo 4: *** silenzio ***
Capitolo 5: *** Grande Inverno ***
Capitolo 6: *** L'ultimo atto ***
Capitolo 7: *** I found you ***
Capitolo 8: *** Against all odds ***
Capitolo 9: *** Ovunque essi siano ***



Capitolo 1
*** La lettera ***


Sandor
 
Il vento gelido del mattino gli accarezzò il viso. La parte ustionata si contrasse debolmente. La chiara luce dell'alba iniziò a farsi strada tra le mura di Grande Inverno. Guardò davanti a sé. Il maestoso castello stava risorgendo dalle sue ceneri più grande e più forte di prima. Bryden Tully si avvicinò silenzioso.
«É ora» disse.
«Lo so» rispose Sandor.
         Montarono in sella ai loro destrieri e si allontanarono fugacemente, nessuno doveva sapere di quella partenza, nessuno doveva sapere... sopratutto lei... sorrise Sandor e pensò al suo corpo caldo, alle lenzuola che lo accarezzavano... al suo sorriso mentre dormiva. Il suo piccolo uccelletto adesso sorrideva, era stato difficile farle ritornare il sorriso, sciogliere quell' armatura che si era costruita per essere inattaccabile, l'aveva trovata tra le nevi distesa in un manto bianco, i capelli incrostati di ghiaccio e sporcizia, le vesti a brandelli. Erano giorni che camminava da sola che fuggiva via, via da lui: da Petyr Baelish. Il solo pensare a quell'uomo gli fece montare una rabbia cieca e selvaggia e ora era da lui che stava andando. L'avrebbe pagata. Lo aveva giurato. Strinse con forza le redini e spronò Straniero alla corsa, aveva bisogno  di sentirsi libero, di concentrarsi. Il Pesce Nero era un ottimo compagno di viaggio silenzioso e rapido come lui... era un uomo d'onore, aveva scoperto il suo piano e aveva deciso di accompagnarlo.
         «Non posso permettere che  ti accada qualcosa, ha già sofferto abbastanza» gli aveva detto.
 
 
 
 
 SANSA
 
 
         Il sangue, ovunque, le sue mani i suoi abiti, ovunque...il sangue... Robert... doveva correre, lo sapeva doveva correre... più veloce... Petyr l' avrebbe raggiunta. Fu l'ululato di Cagnaccio a svegliarla: madida di sudore, il suo corpo pronto a scattare.  Era un sogno si disse...  ancora... cercò la mano di Sandor ma non la trovò, non c'era il lord suo marito.  Fu grata agli dei, non voleva essere vista cosi, non da lui, lui che l' aveva salvata, l'aveva trovata, l'aveva riscaldata con il calore del proprio corpo e gli aveva ridato vita. Chiamò la giovane donna dei bruti Gilly per un bagno, quando fu sola nell' acqua si abbandonò ai ricordi...
         Si accorse che Petyr avvelenava il piccolo Robert durante la sua festa di fidanzamento con Harrold Hardyng, parlava con Miranda Royce quando vide maestro Coleman versare qualcosa nel latte del bambino, fu lì che capì. Era già da un po' che il lord protettore della valle si lamentava del sapore acre del suo latte e di come il maestro gli versava dentro qualcosa di amaro. Adesso aveva capito, Petyr stava mettendo in moto il suo piano. Smise di ascoltare la giovane lady, smise di pensare,per un attimo le parve che il mondo le crollasse addosso, per quanto il piccolo lord fosse capriccioso e malaticcio era un bambino, come lo erano i suoi fratelli, perché lei di fratelli ne aveva... fu allora che smise si essere Alayne Stone e ridiventò Sansa Stark. Decise che Robert non sarebbe morto, che lei lo avrebbe salvato e che  avrebbe salvato se stessa. Doveva solo capire come. Si alzò dalla vasca,  si vestì e scese rapidamente nella sala grande dove ruppe il suo digiuno da sola maledicendosi per aver pensato ancora una volta al suo passato. Era una splendida giornata, l'inverno stava giungendo al termine e Sansa ne era lieta, la primavera le avrebbe portato una nuova luce, ne era certa . Fu la voce di una delle sue guardie a distrarla da questi pensieri e a ricordarle che lei era la protettrice del Nord.
 «Mia lady, se siete pronta ci sono già molti uomini ad attendervi».
 «Eccomi Ser Rolk» gli rispose,«il giovane Lord Rickon oggi sarà con me, mi raccomando al suo Metalupo» lo avvertì. Ogni giorno apriva la sala delle udienze, ascoltava i problemi della sua gente, risolveva piccole e grandi contese con Sandor sempre alle sue spalle, ma quest'oggi lui non c'era, si preoccupò, ma scacciò via il pensiero che potrebbe essergli accaduto qualcosa, sicuramente sarà nel cortile degli allenamenti,sorrise immaginandolo gridare ordini ai suoi uomini e con lui nella mente si rivolse al primo uomo.
 
 
SANDOR
 
 
         Si fermarono dinnanzi  Piazza di Torrhen,i cavalli stremati dalla lunga corsa senza sosta. Sandor osservò le sue mura, alte trenta piedi e pensò che erano ben poca cosa rispetto alla grandezza che andava assumendo Grande Inverno, ma restava in ogni caso una grande roccaforte ed era lì che si trovava Petyr Baelish. La lettera che due giorni prima era arrivata a Grande Inverno era indirizzata a Sansa, protettrice del Nord, ma il giovane maestro l'aveva consegnata a lui, Sandor capì immediatamente il perché. La famiglia Tallhart aveva in ostaggio Petyr Baelish, ricercato per ordine della Regina Daenerys, lo avevano sorpreso insieme ad un manipolo di uomini, incapaci a quanto pare di scortarlo, sulle rive del lago, diretti a Grande Inverno. Le mani di Sandor tremarono al solo pensiero che quell'uomo stava avvicinandosi ancora una volta a lei,quello che Petyr però non sapeva era che al fianco di Sansa adesso c'era lui.
 
 
Note Autrice:

 
Questa é la mia prima fanfiction in assoluto è un lavoro a capitoli, spero vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate, a presto :)

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Capitolo 2
*** paura ***


Sansa
 
Quando finì di ascoltare l' ultimo uomo si rivolse a suo fratello Rickon e gli disse
« Sei stato bravissimo oggi ,un giorno, questo dovrai farlo tu lo sai?» il giovane Lord mise il broncio.
«Si, ma solo se tu sarai al mio fianco Sansa, tu e Sandor non mi lascerete mai vero?» sorrise al suo fratellino, a quel piccolo grande uomo che aveva patito le sue stesse sofferenze, ma, che per fortuna adesso era lì con lei.
«Mai piccolo mio» gli accarezzò dolcemente i capelli e si rivolse a Ser Rolk.
« Il lord ha terminato gli allenamenti?» Sansa si accorse che qualcosa non andava dallo sguardo. Aveva imparato a capire gli sguardi, mentre era con Petyr, le sottili sfumature, i lunghi silenzi ma quello che riusciva subito a riconoscere erano occhi  pieni di dubbi e di paure, come quelli di Ser Rolk in quel momento. Sansa respirò profondamente e chiese: « c'è qualcosa che devo sapere Ser?». L' uomo si agitò, tossì,  strinse l'elsa della spada e le rispose.
« Il lord Cleagane non si è mai allenato quest'oggi mia Lady».
Scattò dalla sedia, quasi gettandosi sulla guardia.
«Quando intendevi dirmelo Ser che qualcosa non andava?» l 'uomo farfugliò che solo pochi attimi prima, Ser Morlik gli aveva sussurrato dell' assenza del Lord dal cortile degli allenamenti, ma, sopratutto dell' assenza di Straniero. Sansa iniziò a tremare, una paura cieca le attanagliò il ventre, corse fuori, nel cortile, quasi dimenticando il piccolo Rickon, lo sentiva piangere ma continuava a correre. Una volta fuori capì che non era la sola ad agitarsi, l'intera guarnigione di Grande Inverno era lì.
«Dov'è?» gridò contro  ognuno di loro «Grande Inverno è sorvegliata da tutti voi! Come avete potuto non notare niente?». Voleva piangere, voleva gridare, voleva ucciderli per la loro negligenza, dov'era Sandor? Non riusciva a pensare, a concentrarsi, gli uomini erano lì davanti a lei, che attendevano un ordine qualsiasi, ma lei era incapace di fare uscire la voce dalla sua bocca, era come ubriaca, il ventre si stringeva in una morsa dolorosa, aveva paura, aveva paura. Paura che divenne reale quando Ser Rolk le disse che anche suo zio, Brynden Tully era scomparso, in quel momento capì che era inutile cercare nelle cripte o nella foresta o chissà dove, erano insieme per qualche assurdo motivo, ebbe la certezza che era successo qualcosa, ma, cosa?
 
Sandor
 
 
L'enorme portone fu sollevato silenziosamente. Sandor non poté non guardare il cielo, era appena sorto il sole, dovevano fare in fretta, doveva ritornare entro la giornata a Grande Inverno, prima che Sansa finisse le sue riunioni. Sperava di dare a Petyr una morte senza onore e poi spedire la sua testa putrida alla Regina drago. Sperava di raccontare al suo uccellino una storia diversa, per non farle immaginare le sue mani lordate dal sangue di quel verme. Ricordava ancora il giuramento che Sansa lo aveva obbligato a fare, sentiva la sua piccola voce, dopo aver fatto l' amore ancora caldi di piacere: giurami Sandor che mai,mai tenterai di trovare Petyr, mai!. Il tonfo finale dell' apertura lo riportò alla realtà, la guardia all' ingresso fece loro cenno di avanzare, ma una volta superato l' ingresso il portone fu nuovamente richiuso. Sandor si girò per osservare la guardia, dava loro le spalle, non c'era nulla di strano, ma appena si voltò per guardare Brynden si accorse che anche lui aveva notato un gesto così insolito, perché richiudere la grata? Un brivido gli percorse la schiena, qualcosa non andava. Altre due guardie andarono loro incontro e gli chiesero di lasciare lì i loro destrieri, naturalmente Sandor ebbe non poche difficoltà a legare Straniero ma una volta legato l'enorme cavallo si diressero verso la sala centrale. La sala era scarsamente illuminata, non era in grado di dire quante persone fossero lì; strinse la sua spada, cercando con lo sguardo Brandon Tallhart, ma ciò che li accolse fu un mellifluo sbattere di mani.
 
 
Note Autrice:
a causa della maledetta influenza ho impiegato più tempo a scrivere il secondo capitolo. Spero vi piaccia :)

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Capitolo 3
*** l' inganno ***


 
Sansa
 
 
 Lo scoppiettare dei piccoli ceppi di legno, nel camino della sala grande, la cullava come una ninna nanna. Le mani in grembo, i capelli lasciati liberi sulle spalle. Aveva chiesto di essere lasciata sola, per un po'. Le serviva del tempo per riordinare le idee, per cercare di capire dove suo marito e suo zio fossero andati. Aveva spedito i suoi uomini più fidati verso Sud e verso il Nord più estremo, presso le vecchie roccaforti dei Confratelli in nero anche se dubitava seriamente fossero lì. Il piccolo Rickon dormiva accoccolato alle sue gambe, come un lupo, da quando sei giorni prima Sandor era scomparso,  era diventato la sua ombra. Il ricordo finì inevitabilmente ad un altro bambino che era stato attaccato a lei morbosamente. Robert Arryn. I suoi pensieri si persero rapidamente nel tempo, ricordava ancora la voce di Petyr «Questa notte regalerai il tuo prezioso fiore al giovane Harrold, lo compiacerai in ogni modo, sarai per lui la meretrice perfetta». Le sue mani scivolarono sui suoi seni, li palpò e poi la lasciò sola a prepararsi, quella notte però Sansa aveva un piano molto diverso. Fuggire. Mya Stone l' avrebbe aiutata, insieme al piccolo Lord avrebbe abbandonato il banchetto in onore del suo fidanzato e poi una volta lontani, forse, si sarebbero imbarcati per qualche destinazione lontana. Peccato che il suo piano era già stato scoperto. Peccato che, mentre indossava sete raffinate, Petyr  finiva Robert con il veleno, peccato che Mya era stata stuprata e poi assassinata. Lei non era arrivata in tempo, non era riuscita a salvare nessuno, per lei, degli innocenti avevano pagato. Il ricordo del sangue vomitato da Robert era ancora lì vivido a gridare, il ricordo di se stessa in ginocchio, delle sue vesti intrise di sangue, del pugno violento di Lothor Brune. Del corridoio senza luce, dei servi cacciati via.  La camera dove Petyr la portò era fredda e angusta, non ci sarebbe stata nessuna festa, lui aveva deciso che lei, sarebbe stata soltanto sua. «Sei bellissima, Cat» ripeteva Petyr, aveva gli occhi iniettati di sangue e odio «volevi scapparmi di nuovo vero? Oh ma questa volta non te lo permetterò! Tu sei mia!». Iniziò a denudarla, a strapparle via gli abiti a baciarla e a chiamarla come sua madre. La spinse violentemente per terra schiacciandola con il suo corpo, fu in quel momento che Sansa trovò la daga. E affondò. Più e più volte. La lama squarciò il viso dell' uomo. Petyr si accasciò e lei iniziò a correre. Non era capace di dire per quanto tempo aveva corso,quante volte era caduta rialzandosi sanguinante. Dopo giorni di fuga, senza cibo o acqua, ormai stremata si lasciò andare. Sarebbe morta, si, ma non tra le braccia di Petyr Baelish. La trovò così Sandor, sporca svestita e in fin di vita.
 «Mia Signora» la voce delicata di Maestro Samwell la portò bruscamente alla realtà, guardò il giovane uomo, senza riuscire a rispondere.«Devo parlarvi» e stringeva tra le mani una lettera.
 
 
Sandor
 
 Erano caduti in una trappola. Ripensandoci, nelle celle anguste di Piazza di Torrhen, era come trappola fin troppo facile da capire. Petyr Baelish li aveva attirati in un tranello, certo che lui ci sarebbe cascato. E così era stato. L' ex maestro del conio aveva attaccato l'unica roccaforte non protetta del Nord, aveva sequestrato Brandon Tallhart, aveva spedito la lettera e poi aveva aspettato che il pesce abboccasse. Una risata gutturale gli uscì dalla bocca arsa, « ti fa ridere, cane?» disse la voce di Lord Baelish.«In effetti sei rinchiuso, come il cane rabbioso che sei, mi chiedo cosa ha mai trovato la mia dolce Cat in te».
«Cat?» gli fece eco Sandor, era confuso, perché chiamare Sansa con il nomignolo di sua madre?
«Si, cane, la mia dolce Catelyn, ora mentre tu sei qui tra piscio e merda, io andrò a riprendermela. Lei no può essere di nessun' altro».
«NOOO!!!!» il grido di Sandor era un grido di dolore. Si alzò, tirò la catena che gli stringeva il piede e afferrò le sbarre «NOO, MALEDETTO NO!». Rise Petyr e se ne andò lasciandolo al buio e con la consapevolezza che Sansa era in serio pericolo.
Sandor pianse, urlò, diede a pugni il muro fino a sanguinare, sentiva le ossa delle mani rompersi sotto la violenza degli affondi, si sentiva impotente, avrebbe preferito morire piuttosto che essere li. Il suo petto si alzava e si abbassava rapidamente, la mente in confusione, la parte ustionata che pulsava più del normale. Come aveva potuto lasciarla sola? Le divinità del Nord lo avevano punito, ne era sicuro. Aveva infranto la promessa fatta a sua moglie. La spalla bruciava di infezione e sentiva la febbre sopraggiungere, erano stati attaccati da più di venti uomini simultaneamente, parecchi di loro erano morti, ma per ogni uomo che uccidevano ne apparivano altri. Cosi erano stati sopraffatti e messi in catene, lui e Brynden. Il suo compagno parlò non appena i bagliori delle torce furono scomparsi.
«Cosi, non risolvi nulla Sandor, quest'uomo è pazzo crede che Catelyn sia Sansa, dobbiamo ragionare e cercare di lasciare questo posto al più presto»
«In che maledetto modo Brynden? Nessuno sa che noi siamo qui nessuno! oltretutto la fortezza sarà controllata a vista»
«Qui ti sbagli, hai la mente annebbiata dalla rabbia, Sandor» rispose il Pesce Nero. «quest' uomo ha assoldato dei mercenari, nella sua follia, li ha portati tutti con sé a Grande Inverno, lasciandone qui forse, una decina»
«Si, ma come facciamo ad aprire queste maledettissime celle?» chiese Sandor.
«Sono mercenari, Clegane, seguono l' odore dell' oro e tu sei il marito della Protettrice del Nord, sarà sufficiente una tua parola».
Se il tuo piano non funzionerà, lo sarò ancora per poco, penso Sandor in un soffio. Si voltò e attirò l' attenzione della guardia.

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Capitolo 4
*** silenzio ***


Sansa
 
Accarezzava il posto vuoto accanto a lei, nel letto.
Cercava il suo braccio, il calore che emanava il suo corpo. Le mani che le accarezzavano il viso e la attiravano a sé, ogni notte come un' antica nenia. Ricordava il suo sorriso, il più bello che qualcuno le avesse mai regalato,ricordava il sapore dei suoi baci, la dolcezza nel possederla. Sorrise ripensando a quando Sandor la fece sua per la prima volta.
«Non farmi male» gli sussurrò all' orecchio.
«Non potrei mai » rispose l'uomo. Nevicava fuori. Loro erano lì, chiusi in quella vecchia casa, ai margini del mondo. Il fuoco scoppiettava lento nel piccolo focolare, erano nudi. Sansa era pronta. Aveva capito che il cavaliere che aveva tanto sognato era lui. Un anticavaliere, con il viso sfigurato. Aveva vergogna, ma non provava repulsione come con Tyrion. Lei desiderava Sandor. Le sue grandi mani la portarono al suo petto, scivolarono delicatamente lungo i fianchi, le sue labbra iniziarono a percorrere tutto il suo corpo....e fu sua. Lo fu per sempre quella notte.
         Si risvegliò con le lacrime agli occhi, quei ricordi le facevano male, adesso che la paura di perderlo quasi la soffocava. La lettera le aveva rivelato il perché della scomparsa di suo marito. Era andato da lui. Però questa scoperta non l'aveva tranquillizzata, lei non voleva che Sandor sporcasse le sue mani con il sangue di Petyr. Suo marito non doveva abbassarsi a tanto. Inoltre il passare dei giorni la stava massacrando. Perché non tornava, avrebbe dovuto essere già lì. Aveva fatto bene ad inviare i suoi migliori uomini a Piazza Di torrhen pensò. Il lord suo marito avrebbe capito, sapeva quanto lei si fidava di lui,così come sapeva quanto lei tenesse alla sua vita. Accarezzò il suo ventre, sorrise debolmente e giurò a suo figlio che suo padre sarebbe tornato. Che lo avrebbe conosciuto e preso in braccio, gli avrebbe insegnato a combattere e a non avere paura di niente. Era incinta, ne aveva avuto la certezza la mattina che Sandor era partito per giustiziare Lord Baelish. Il suo piccolo lupo cresceva dentro di lei, lo immaginava già uguale a suo marito, quell' esserino le stava ridando la purezza che sentiva di avere perso. Spostò le coperte e si alzò dal letto, Gilly ancora non era arrivata, perdonò all' istante il ritardo della giovane donna dei bruti, aveva anche lei dei figli. Aprì le imposte della stanza respirando a pieni polmoni l'avvento della primavera. Notò immediatamente che c'era qualcosa di strano. Silenzio.
         C'era troppo silenzio, nessuno si allenava. Strano. Indossò la veste e uscì dalla camera. Non aveva guardie fuori la sua porta, suo marito rise al pensiero di qualcuno che sorvegliava lui, il Mastino. Il corridoio era immerso nel silenzio, si fermò, spaventata. Era accaduto qualcosa, lo sentiva, il suo pensiero andò subito al piccolo Rickon, doveva raggiungerlo, il più velocemente possibile. Grande Inverno era stato attaccato, ancora una volta. La sua mente contò velocemente quanti uomini di guarnigione erano rimasti :30. Il resto, i suoi uomini migliori, erano andati a Piazza Di Torrhen. Capì di avere fatto un errore imperdonabile, per amore aveva reso vulnerabile il Nord. Raggiunse senza ostacoli la stanza di suo fratello, aprì silenziosamente la porta.
         Il suo incubo peggiore era lì.
«Hai ancora troppi punti deboli, mia dolce Cat » Deglutì e il buio la avvolse.
         I suoi occhi si aprirono lentamente, non riusciva a riconoscere chi c' era accanto a lei, né  tantomeno riusciva a capire dove fosse. Aveva le mani legate. Era circondata dal buio, in un istante realizzò che dovevano essere le cripte. Le lacrime le sgorgarono dagli occhi, pensò al suo bambino, al suo piccolo lupo, ebbe la certezza che non sarebbe mai nato.
«Bentornata, mia dolce Cat»
il suo sorriso le ricordò quello folle e cattivo di Joffrey, era seduto davanti a lei, la barba non curata, gli abiti non perfetti e immacolati come sempre.
«Sono venuto a riprenderti amore mio, non ho commesso lo stesso errore di vent'anni fa» disse Petyr piegando la testa di lato.
« IO NON SONO CAT!»
Gridò con tutta la voce che aveva nel corpo. « Petyr lasciami andare via, io non sono mia madre, te ne prego Petyr , lasciami, lasciami..mio fratello hai fatto lui del male?»
Rise Lord Baelish, si accovacciò accanto a lei e la baciò. Un bacio putrido come le sue labbra viscide. Raccolse tutta la saliva che aveva e sputò, dritto sulla sua faccia. Era persa, lo sapeva. Il manrovescio la colpì in pieno viso, facendole sputare sangue. Petyr l'afferrò per le spalle «Ora andiamo, prima però devo chiudere i conti, per sempre, con Grande Inverno e la sua progenie» si alzò di scatto lasciandola al buio.
Era rimasta sola,  accanto a qualche statua di un Re del Nord, nel silenzio assordante di quel luogo di morte. Pianse, come non le accadeva da anni. Pensò a suo fratello. A suo marito e alla breve felicità che aveva vissuto con lui. Pensò a tutta la sua gente, a Maestro Samwell e sua moglie Gilly. Al fiero Ser Rolk. Pensò a suo figlio, frutto di quell' amore così forte, così grande, così intenso. Chiuse gli occhi e si rivolse a sua madre, a suo padre, ai suoi fratelli a Robb, Arya , Bran e Jon. Chiese loro aiuto, li pregò di salvare il piccolo Rickon. Si rivolse ai nuovi e antichi Dei, poi dolcemente, uno strano torpore l'avvolse e sopraggiunse il sonno.
 
 
N.A.
Pensando a come la storia, nel mio cervello si stava evolvendo, mi é sembrato carino riportare solo i pensieri di Sansa questa volta, lei è di nuovo sola, contro il suo nemico più grande.

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Capitolo 5
*** Grande Inverno ***


Sandor
 
Riuscire a montare Straniero fu un impresa.
Aveva la vista annebbiata e ogni singola parte di lui gridava, in silenzio. Il dolore alla gamba era lancinante, sapeva però che non doveva farsi sopraffare, che doveva combattere la febbre, doveva farlo per lei. Convincere quei mercenari era stato facile, erano abituati a vendere le loro spade, ci volle poco per far loro capire che seguirli sarebbe stata la scelta più giusta. Quello che Sandor non si aspettava era l' arrivo di Ser Rolk, di buona parte della guarnigione di Grande Inverno e di tutti i suoi uomini migliori. La paura gli trapassò il corpo come non accadeva da tempo. Come quella maledetta sera, seppe che lui era stato l' artefice della sofferenza di chi amava. Ora Grande Inverno era scoperta, nessun uomo era lì a proteggerla. Come quella notte capì che oltre a correre c' era ben poco da fare.
« Capitano Clegane, noi non potevamo immaginare che la vostra scomparsa era legata a un piano così astuto, io,io..vorrei poter tornare indietro e convincere Milady e lasciarle più uomini».
         Riuscì a percepire la delusione di Ser Rolk, l 'uomo voleva bene a Sansa, egli era stato un grande amico di suo fratello Rob. Aveva combattuto al suo fianco tutte le battaglie che il giovane lupo aveva condotto, dopo le Nozze Rosse, non si era piegato ai Bolton ma aveva preferito emigrare a Dorne. Era ritornato al Nord appena aveva saputo che Sansa era la sua protettrice, si era inginocchiato a lei, donandogli la sua vita.
         «Conosciamo il vostro valore Ser, ora dobbiamo soltanto raggiungere Grande Inverno il più velocemente possibile. Non ci saranno soste e i nostri cavalli dovranno essere spronati allo stremo».
         Sapeva che ci avrebbero comunque impiegato un giorno intero prima di raggiungere Grande Inverno. Erano molti uomini ed era sicuro di come avrebbe facilmente sconfitto i mercenari di Petyr, anzi dubitava che avrebbero combattuto per lui,una volta capito che lo scontro era loro sfavorevole. Cavalcavano il più velocemente possibile, il suo corpo era sottoposto ad un ritmo frenetico, sentiva la febbre bruciare e ormai la gamba non era più in grado di muoversi correttamente. Maledetta gamba pensò Sandor, ancora una volta lo rendeva terribilmente vulnerabile. Questa volta però sapeva che difficilmente sarebbe sopravissuto, il Frate all' Isola Tranquilla lo aveva avvertito, la gamba non doveva subire più lacerazioni. Sorrise pensando alla sua donna, al rosso dei suoi capelli. Non l' avrebbe più rivista ma doveva salvarla. Ancora una volta. Per l' ultima volta. Doveva farlo per sua sorella, che era stato incapace di strappare dalla furia di Gregor quella notte d'inverno. Gli sembrava di vedere il suo volto, di sentire la sua risata, sapeva che però era soltanto la febbre che aumentava. Dovevano sbrigarsi se voleva rivederla ancora una volta, doveva mantenersi sveglio, non  doveva  cedere. La notte era ormai calata, non mancava molto.
         « La tua gamba non ha un bell' aspetto Clegane» il Pesce Nero non si era mai allontanato da lui. Il colpo alla gamba lo aveva ricevuto parandosi davanti al suo avversario e lasciando scoperto il fianco destro.
         « Dovremmo fermarci, lo sai? Devi riposare e disinfettare la ferita, se ci arrivi morto non sarai di grande utilità. Non potrai né aiutarci né comandarci, ora noi ci fermiamo»
         Il grido del Pesce Nero gli arrivò come se non fosse al suo fianco ma lontano metri, anni..
         Si risvegliò sentendo lo scrosciare della pioggia. Aveva perso i sensi, forse era caduto da cavallo.
         «Non credevo ce l' avresti fatta» disse Brynden Tully.
         «Da quanto tempo siamo fermi qui?» gli rispose Sandor.
         « Sono due giorni, Ser Rolk e gli altri sono andati avanti » il viso del pesce nero era rivolto al terreno quando continuò dicendo «Sono arrivati poco dopo che tu sei svenuto, Sansa e Rickon però non erano lì, non c'era nessuno».
         Si alzò di scatto battendo i pugni sul terreno, non era possibile.
         Era un sogno, un incubo.
         Sansa
         Rickon
         Non era stato capace di proteggerli, i pensieri iniziarono a correre veloci nella sua mente, fece per alzarsi ma la gamba lo inchiodò a terra.
«Fermo, vecchio stupido che non sei altro, vuoi ammazzarti?» lo bloccò Brynden
         « Io devo alzarmi devo cercarli, non possono essere lontani, avete controllato ogni nave da Porto Bianco?»
         «Si Sandor abbiamo impedito, grazie al sostegno di Lord Manderly e di tutti gli altri Lord, a qualsiasi nave di salpare».
 Sandor digrignò i denti e caricò tutto il peso sugli avambracci  e si alzò, una furia cieca si impossessò di lui,non avrebbe lasciato a quell'uomo il permesso di fare del male a sua moglie. Non un altra volta .
         « Io non resterò fermo qui » disse superando il Pesce Nero.
         « Sono suo marito e Rickon per me è come un figlio, sono io a doverli trovare»
Montò Straniero e insieme a Brynden raggiunse Grande Inverno.
Il Castello era avvolto nella nebbia, la primavera che si era affacciata prima che lui raggiungesse Petyr Baelish sembrava aver abbandonato il Nord.
Scoprì cosi che la servitù era stata risparmiata e che quel verme era entrato come un ladro di notte, sapendo che Grande Inverno era scoperta di una qualsivoglia guarnigione se non per circa venti uomini per lo più ragazzini incapaci di combattere trenta mercenari. Oltretutto la servitù era composta da cinque persone. Sansa non amava vedere molte persone in giro,preferiva essere aiutata da poche donne e sopratutto da Gilly, la donna dei bruti e da suo marito il Maestro Samwell. Che vivevano fuori il Castello vista la natura poco consona del loro matrimonio. Sansa aveva trovato questo "modo" per poterli proteggere. Quindi, rifletté  Sandor, l ex maestro del conio non aveva reputato necessario combattere due vecchie e quattro ragazzini.
         Il Maestro Samwell fu il primo ad andargli incontro, tremava e aveva il viso rigato di lacrime. Disse affannando « Gilly, non l' ha trovata, non era li..lei, il signorino non c'erano io..» Sandor gli pose una mano sulla spalla e si avviò verso la loro camera.
         La prima cosa che lo colpì fu che la stanza era stata lasciata così come Sansa doveva averla vista l' ultima volta: le lenzuola in disordine, il fuoco spento nel camino, la sua spazzola accanto al letto, gli abiti ancora poggiati a terra. Un nodo si chiuse nel suo petto, sentiva il suo odore, quel leggero profumo di limoni e lavanda. Non poteva essere lontana. Analizzò con cura le diverse ipotesi di come Petyr poteva averli rapiti e di dove potevano essere andati. Era entrato dal lato ovest, ancora in fase di costruzione, aveva così facilmente raggiunto la stanza di Rickon, poi come aveva potuto raggiungere quella di Sansa?
E poi come aveva potuto lasciare Grande Inverno con un ragazzino tutt'altro che tranquillo e una donna senza che loro cercassero di aggredirlo o di gridare?
Si fermò a riflettere sul da farsi, se andare verso la barriera o spingersi al Sud quando capì che potevano essere in un solo posto.
 Harrenhal. Petyr Baelish era ancora il "proprietario " del castello. La regina Daenerys non aveva voluto riassegnare quel posto a nessuno, lasciando la struttura intatta come monito della potenza dei suoi draghi.
Era lì che doveva andare.
 

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Capitolo 6
*** L'ultimo atto ***


 
 Sansa
 
Si svegliò lentamente.
Sentiva il corpo, tutto il suo corpo indolenzito.
Si alzò di scatto cercando di capire dove fosse rinchiusa, la stanza attorno a lei era nella semioscurità. Era sola, distesa su un letto sporco, con le lenzuola stracciate e non lavate da anni ne avvertiva il fetore pungente. Non era legata, così, si alzò e a tentoni cercò di raggiungere quella che le sembrava un' imposta, nel camino  un fuoco spento da giorni bruciava le sue ultime fiammelle, da quanto tempo era lì? La sua veste era bagnata e puzzava di urina, sperava non ci fosse anche sangue. Istintivamente poggiò la mano sul ventre, sperando di avvertire qualcosa ma sapeva benissimo che era troppo presto, il suo bambino era troppo piccolo per comunicare con lei. Era fragile, un piccolo baccello che cresceva dentro di lei, una lacrima le rigò il viso e cacciò via il pensiero che quel baccello, poteva non esserci più. L'imposta era ben chiusa, le sue mani cercarono un gancio per aprirla senza esito, era vecchia e logora sembrava cadere a pezzi, la paura allora si impossesso di lei. L'aveva lasciata lì a morire? Nessuno le aveva portato del cibo o dell' acqua, nessuno aveva provato a svegliarla, doveva essere in qualche angolo remoto di Harrenal, conosciuto forse solo da Petyr. Cercò di vedere se c'era una brocca o un po' di vino, aveva la gola arsa e le labbra spaccate ma l' oscurità le impediva di orientarsi, non sapeva dove o come muoversi. Con piccoli passi e le mani tese ad attutire eventuali cadute, iniziò ad esplorare la sua prigione. Capì che era una stanza molto piccola, probabilmente sotterranea perché non avvertiva nessun rumore, che quando era stata portata qualcuno aveva acceso un fuoco, era stata coperta e lasciata lì. Il letto era abbastanza grande da ospitare più di una persona, avvertì la presenza di un tavolo con sopra nulla, una sedia e poi un camino. Cercava una porta ma percorreva lentamente le mura senza trovarla... era impossibile, doveva esserci da qualche parte. Si rese conto di aver camminato come percorrendo un quadrato, senza trovare alcuna porta. Era stata murata. L'aveva lasciata lì a morire.
Si inginocchiò e capì che era finita, nessuno l' avrebbe mai trovata. Neanche Sandor. Si accoccolò e si abbandonò pensando a l' uomo che amava e che presto, avrebbe trovato la pace.
 
Sandor
 
Sentiva l'odore della primavera, la seconda della sua vita. Sentiva il vento accarezzargli il viso, giocando con i suoi capelli, era alla testa dei suoi uomini, degli uomini del Nord. Avevano risposto tutti al grido di raccolta del Lord di Grande Inverno. Gli avevano giurato fedeltà e ogni alfiere aveva portato i suoi uomini migliori, era questo l'ultimo atto. Lo sapevano tutti, la guerra per il Nord sarebbe finita adesso, ora che anche l'ultimo suo nemico sarebbe stato distrutto. Il sole era sorto da poco e illuminava debolmente le terre dei fiumi, erano quasi arrivati, la rabbia montò dentro di lui e un fuoco terribile iniziò a bruciare. Quel fuoco che tanto temeva, gli aveva dato la forza di riprendersi, di rialzarsi. Ora quel fuoco alimentava il suo corpo e lo spronava ad arrivare da lei, a percorrere ogni miglio più veloce, a non fermarsi mai. Strinse le labbra e guardò verso l'orizzonte. Le torri bruciate gli diedero il benvenuto. Un silenzio tombale accolse i cinquecento uomini del Nord, la fortezza oscura giaceva silenziosa ricoperta da un manto verde e fitto d'erba, la natura si stava riappropriando del suo posto. Non c'era nessuno. Nessun uomo, nessuna guardia a protezione. Sembrava disabitato, come d' altronde lo era, da anni. Il silenzio fu rotto improvvisamente, dal sibilo delle frecce. In un attimo furono accerchiati, i mercenari di Baelish li avevano attaccati di sorpresa. Rapidamente Sandor gridò loro di disporsi sui fianchi e aprire un canale nel quale farli scorrere, sperò dentro di sé che i mercenari cadessero nella sua trappola. Studiò i loro visi e capì che molti di loro erano giovani inesperti, alle prime armi. Il suo piano iniziò a prendere forma, la sua spada roteava tagliando il vento. Si fece strada fino a raggiungere il Pesce Nero, insieme avanzarono dividendo gli uomini in due grandi cordoni per tramutare gli accerchiatori in accerchiati. Sandor avanzava brutalmente, il sangue schizzava il suo viso e lo ricopriva come alla battaglia delle Rapide Nere. Sperava Baelish fosse con i suoi mercenari, che desse loro ordini cosi per poterlo prendere personalmente. Sapeva che era l' unico a conoscere la sorte di sua moglie e del giovane Rickon. Le forze del Nord erano superiori ai mercenari del Lord di Harrenal e il suo piano di ribaltare le posizioni iniziali era riuscito. Avevano schiacciato la forza avversaria, ora poteva entrare, sentiva che la fine di quell' incubo era vicina.
«É morta»
Le membra del suo corpo si fermarono, si voltò e vide Baelish.
Era sporco di sangue.

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Capitolo 7
*** I found you ***


Sandor Ditocorto era immobile davanti a lui. Aveva le mani sporche di sangue. “Dov’è mia moglie- gridó Sandor-dov’è Sansa!, rispondimi!” Prese l uomo per la gola lo alzò da terra gridando ancora “rispondi”!. Lord bealish ormai del tutto folle iniziò a ridere, semplicemente a ridere Sandor si accorse che il sangue era dello stesso ditocorto aveva il ventre lacerato, fu lì che notò la presenza di Rickon aveva tra le mani una daga , i suoi occhi erano impassibili, disse soltanto “ la donna dei bruti mi ha insegnato a farlo” . Sandor raggiunse il ragazzino e lo strinse forte a se, lo disarmò e ne asciugò le lacrime-uccidere è doloroso- pensò, c’era passato anche lui, molti anni fa-. Ditocorto alle loro spalle iniziò a rantolare , il sangue aveva riempito i polmoni stava morendo aveva poco tempo per convincerlo a dirgli dov’era sua moglie. Lo dispose su un fianco sperando di ritardarne la morte, assecondando la sua follia disse “ dimmi dove hai nascosto Cat, così che io possa salvarla “ l uomo però rispose” stavolta Cat sarà solo mia morirà con me” subito dopo spirò. Sandor aveva perso l ultima speranza di ritrovare sua moglie, in quel momento giunsero anche Ser Rolk e il pesce nero, decisero insieme di setacciare il castello per riuscire a trovarla. Sandor però venne interrotto da Rickon “ l ha rinchiusa in una stanza, lo diceva parlando da solo” il ragazzo era sotto shock per quello che aveva fatto e perché sapeva di aver condannato sua sorella. Sandor salì di fretta l enorme scalone aprendo ogni stanza , il castello era enorme su più piani, ogni porta che spalancava accendeva la speranza di trovarla viva, ogni stanza che scrutava però era vuota. Doveva essercene qualcuna segreta probabilmente, nascosta ai più ma dove? Si appoggiò alla parete stanco e per la prima volta una lacrima solcò il suo viso, quando nel silenzio oscuro di quel posto di morte sentì” Sandor...” era lei era lì vicino ma dove?

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Capitolo 8
*** Against all odds ***


Sandor Si muoveva verso quel suono leggero, sul punto di spegnersi per concentrarsi chiuse gli occhi, come quando da bambino il suo maestro d armi lo bendava per riuscire a schivare i colpi solo ascoltando la lama che spezzava l aria. Si concentrò e iniziò a inseguire l ultima speranza di trovare il suo uccelletto vivo, finché si fermò davanti a una scala , piccola e angusta, salì rapidamente le strette scale per trovarsi davanti un enorme porta di legno e acciaio, sua moglie era lì, ne era sicuro la chiamò più e più volte, senza risposta. Il tempo era davvero poco, provò con la sua mole ad abbatterla, provò con la spada a rompere la serratura ma ogni cosa era inutile, poi decise di tentare l impossibile entrare dalla finestra. C’era un piccolo corridoio che collegava la finestra della torre a quella della stanza, si lanciò senza pensare all altezza o alla possibilità di diventare niente sfracellato sulla terra. Le enormi imposte di legno furono facili da piegare e si lanciò nella stanza mandano in mille pezzi i vetri. Sansa era lì, esanime.La prese tra le braccia e iniziò a controllarla, non aveva ferite e respirava debolmente, la adagiò sul letto e chiamò con tutte le sue forze aiuto. Il pesce nero aveva trovato nella tunica di Petyr le chiavi della stanza è attratto dalle grida di Sandor raggiunse la stanza e la aprì. Portarono Sansa fuori le bagnarono i polsi e il viso così come si faceva con gli ammalati- era impossibile trovare un maestro lì o portarla a casa- . Sandor aveva perso ogni speranza e iniziò a coprire il volto di sua moglie di lacrime, quasi non si accorse che il suo uccelletto aveva aperto gli occhi “ Sandor “ disse immediatamente la strinse forte a se dicendole”piccola mia, sei viva, è tutto finito, tutto, perdonami non sono stato incapace di proteggerti” lei gli rispose accarezzandogli il volto deturpato dalle fiamme “ portami a casa “. Trascorsero lì quella notte, la sua piccola dormiva e gridava , lui la vegliò fino all Alba quando lei stretta al suo petto si risvegliò “ Amore mio-disse piangendo-ho avuto paura, sono stata una sciocca..””shh- la calmò lui- siamo tutti caduti nel suo tranello, ma adesso è finita, quel pazzo è morto” Sansa trasalì a quelle parole, finalmente si sentì libera, libera per sempre, suo marito le raccontò di come era stato suo fratello a ucciderlo cercando di salvarla. Sansa baciò suo marito che ricambiò avidamente il bacio” ferma uccelletto, non voglio farti male” Sansa sorrise e gli disse” volevo dirtelo a grande inverno ma credo che non ci sia giorno migliore, sono incinta Sandor “. Fu quello per il lord del Nord il momento più felice della sua vita , un figlio suo e della donna che amava , una vita che non avrebbe mai sognato di vivere. Strinse forte a sé sua moglie e si amarono con intensità, l uno nel corpo dell altro, persi in quell amore nel quale nessuno avrebbe mai scommesso.

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Capitolo 9
*** Ovunque essi siano ***


Erano passati anni dal rapimento della protettrice del Nord e sua maestà il re di Westereos amava sentire le ballate dedicate a quella forte donna e al suo eroe, suo marito. Re Eddard conosceva a memoria tutta la storia, quella vera ovviamente. I protagonisti li conosceva bene, conosceva l audacia di Sansa Stark e la forza del mastino. Nonostante ciò una lacrima solcava il suo viso quando sentiva parlare di loro, dei suoi genitori. Così vivi nei racconti dei menestrelli. La loro storia d’amore aveva scandalizzato il reame, un semplice “ mastino “ che sposava la lupa del Nord, erano per tutti gli innamorati prova tangibile che l amore può tutto. Sorrise il re e salutò i suoi cari, ovunque essi siano.

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