Treacherous Love.

di Neverlethimgo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno. ***




 


 

Capitolo Uno.

 

Che serata strana e particolarmente vuota, persino il cielo si è rifiutato di mostrare la luna, che ora se ne stava nascosta da qualche parte dietro ad una grossa nuvola.
Ero uscita, da sola, come ormai ero solita fare ultimamente. Non che mi piacesse, ma mi sentivo costretta non avendo qualcuno con cui farlo.
Avevo preso posto a sedere su di un muretto rovinato dal tempo e dalle pallonate che ogni pomeriggio riceveva da un gruppo di bambini, non vi era anima viva, nonostante le condizioni atmosferiche fossero clementi, fatta eccezione per quel leggero venticello che scompigliava appena i capelli.
Dondolavo ripetutamente le gambe avanti e indietro, finché puntualmente i talloni sbattevano contro il muretto, rovinando appena il retro delle mie converse. Scossi le spalle notando che la calce si stava lievemente sgretolando dando vita ad una leggerissima polvere che aveva ricoperto gran parte della scritta di quelle scarpe.
Posso sapere come mai una ragazza se ne sta seduta qui tutta sola a quest’ora?
Mi girai lentamente verso la direzione dalla quale avevo sentito pronunciare quelle parole, un ragazzo dai capelli biondi, alzati sommessamente in una cresta, si era appena appoggiato al mio muretto, ammesso e non concesso che davvero potessi considerarlo mio, a pochi passi di distanza da me e teneva le braccia incrociate al petto mentre mi guardava con aria divertita.
Se credevo che quella serata fosse stata strana a prescindere dagli eventi che avevano riempito la mia giornata, potevo confermare che di strano, ora, c’era solo lui.
Studiai attentamente i suoi lineamenti, ero davvero intenzionata a scoprire se avessi già avuto il dispiacere di conoscerlo, oppure se era semplicemente un idiota sconosciuto alla quale piaceva infastidire la gente. All’angolo sinistro della bocca, attorno al labbro inferiore, portava un piercing nero e di tanto lo risucchiava, giocandoci come se l’avesse fatto da poco.
Hai dimenticato come si parla, per caso?” domandò nuovamente, puntando i suoi occhi blu nei miei. Aggrottai la fronte e gli dedicai un’occhiata di sufficienza; forse avrei potuto sembrare scontrosa e solitamente non mi dispiaceva quando le persone s’interessavano a me, anzi, mi faceva quasi piacere e di punto in bianco il malumore spariva. Ma ora no.
Sebbene avessi avuto seriamente bisogno della commiserazione di qualcuno, era l’ultima cosa che avrei voluto accadesse.
E tu chi sei?” mi limitai a chiedergli.
Papà non ti ha insegnato che non si risponde ad una domanda con un altro quesito?” ribatté sarcastico lui.
E a te mamma non ha insegnato che non si parla con gli sconosciuti?
Saresti una sconosciuta solo se non ti conoscessi,” replicò nuovamente, avvicinandosi e posizionandosi a testa alta a pochi passi da dove mi trovavo io.
Infatti, non mi conosci,” sbottai, affondando profondamente i miei occhi in quelli di lui, che sotto la luce del lampione, apparivano leggermente più chiari.
Piacere Luke” sorrise tendendomi la mano, abbassai lo sguardo sino a fissarla e poi lo rialzai nuovamente, incrociando ancora una volta i suoi occhi. “Che ti prende? Non ricordi nemmeno il tuo nome?” ridacchiò.
Tante erano le cose che volevo dimenticare, ma non ero ancora arrivata al punto da scordare il mio stesso nome. “Veronica” risposi atona, scendendo dal muretto ed allontanandomi da esso. “Hey, che fretta hai?” mi raggiunse svelto ed io mi maledii per non essere riuscita a reprimere la mia voglia di uscire da quelle quattro mura che mi opprimevano.
Hai intenzione di seguirmi fino a casa?” chiesi di rimando, notando che non aveva alcuna intenzione di lasciarmi stare.
Hai proprio un brutto vizio, eh?
Lo guardai senza capire.
Ti ho chiesto che fretta hai” disse, ancora una volta sorridendo “E tu mi hai risposto con un’altra domanda.
Ma tutta questa voglia di sorridere da dove l’ha presa?
Ho fretta di liberarmi di te, contento?
Se non altro mi hai dato una risposta” scosse le spalle lui, “allora, Ronnie. Posso chiamarti Ronnie?
No” replicai secca, “Perché no? E’ carino come soprannome
Se ti piace così tanto, perché non ti fai cambiare il nome all’anagrafe e lo usi tu?” sbottai nuovamente, iniziavo davvero ad esaurire quella poca pazienza che avevo e, come se non bastasse, aveva anche cominciato a giocherellare con una ciocca dei miei capelli.
Gliela strappai violentemente di mano per poi legarla assieme agli altri capelli castani che fino a quel momento avevo lasciato sciolti.
Vediamo se riesco ad indovinare: hai appena rotto con il tuo ragazzo” esordì lui dopo tranquilli attimi di silenzio.
No,” risposi scocciata.
Non avevo un ragazzo né tanto meno m’interessava averne uno, non avevo tempo per pensare ad altre persone se non a me stessa. In realtà, non avevo nemmeno il tempo per me e quando finalmente lo avevo trovato, uno strano ragazzo aveva iniziato ad importunarmi.
Dì un po’, non hai nient’altro di meglio da fare che seguirmi come un’ombra?
Scosse la testa mantenendo quel sorriso da ebete.
Come sono fortunata” ironizzai alzando gli occhi al cielo.
Sei proprio irremovibile, eh?” domandai, ormai mancavano pochi metri prima di raggiungere il palazzo in cui vivevo e non avevo alcuna intenzione di mostrargli il luogo in cui si trovava, così optai per allungare notevolmente la strada.
Fammi indovinare,” esordì lui interrompendo quel silenzio che ci stava avvolgendo “Abbiamo superato molto tempo fa casa tua, non è vero?
Sbarrai gli occhi e spalancai la bocca, come accidenti faceva a saperlo?
No, ti sbagli” mentii, affrettando sempre più il passo.
Ero veramente stanca di stare in sua compagnia, non che fosse antipatico, ma parlava troppo e quando ero di malumore detestavo le persone che interloquivano con me.
Senti, Lucas… Luke o come accidenti ti chiami: non so per quale assurdo motivo hai deciso di seguirmi e di importunarmi, ma se il tuo scopo è quello di provarci con me hai decisamente sbagliato bersaglio. Detto questo, ciao e a mai più rivederci!” Sbottai tutto d’un fiato per poi iniziare a correre ripercorrendo la strada che ci aveva portato cinque isolati più lontani da dove avrei dovuto fermarmi.
Non mi preoccupai né della sua espressione né del fatto che ero stata forse troppo impulsiva o maleducata, dopo tutto, gli altri non se ne curavano affatto quando lo facevano con me.
Estrassi le chiavi dalla tasca dei jeans ancor prima di raggiungere il portone e, con estrema velocità, lo aprii, tirando un sospiro di sollievo quando ormai ero certa che non avrebbe più potuto seguirmi.
 
Non ero del tutto certa che avesse perso le mie tracce, ma – a meno che non fosse stato un pazzo maniaco – non avrebbe insisto nel volermi cercare.
Nonostante fossi sollevata nel non essere più in sua compagnia, ero propensa a capire chi fosse e per quale assurdo motivo avesse insistito tanto nel volermi parlare.
Passai in rassegna gran parte dei volti dei ragazzi della mia scuola, ma non riuscii a ricordare di aver già visto il suo volto e questa cosa m’inquietava.



 


Spazio Autrice

Occhi a me!
E' la prima, primissima volta che scrivo qualcosa sui 5 Seconds of Summer e devo ammettere che l'idea già mi piace, però, ovviamente, sono curiosa di sapere se questo primo capitolo piace anche a voi.
L'idea della trama la macchinavo da un po', a dir la verità, ma mi sono decisa a buttar giù i primi capitoli e a revisionarli solo da poco. 
Per cui, niente, sono curiosa di sapere che cosa ne pensate, più che altro per decidere se continuarla oppure no.
A voi la parola!

Alla prossima!
Much Love,
Giulia


Se avete domande, ask me

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due. ***




 


 

Capitolo Due.

 

La mattina seguente, quando l’episodio della sera prima era diventato solo un ricordo sfocato, fui svegliata bruscamente da mia sorella Emily.
Capisco che preferiresti dormire, ma c’è alla porta un tuo amico che ti sta aspettando,” aveva urlato, spalancando la porta di camera mia ed in seguito la finestra, lasciando entrare una folata d’aria fresca.
Sbattei ripetutamente le palpebre, stropicciandomi gli occhi e balzando poi giù dal letto quando realizzai che cos’avesse appena detto.
Un momento, hai detto un mio amico?” domandai scettica, lei si limitò ad annuire come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, ma per me lo era; io non avevo amici, soprattutto amici che la mattina mi aspettavano per andare a scuola.
Affrettai ogni mio movimento, correndo ripetutamente dal bagno alla camera, scegliendo tra gli indumenti sistemati dentro all’armadio la prima maglietta ed il primo paio di jeans che mi capitò a tiro, ed in meno di venti minuti fui pronta. Mi guardai un’ultima volta allo specchio, sistemandomi le ciocche di capelli davanti al petto ed assicurandomi di non aver nulla fuori posto.
Mi avviai verso la cucina dove trovai mia madre intenta a preparare caffè e the e dopo aver afferrato un paio di biscotti dal piatto posto al centro del tavolo, corsi fuori di casa.
Stavo cominciando a credere che mia sorella si fosse presa gioco di me quando, appoggiato al muro dell’ingresso del palazzo, notai un ragazzo dai capelli color castano chiaro.
Ashton?
Si voltò lentamente ed abbozzò un sorriso. “Ciao Veronica,” pronunciò con quel tono di voce caldo che, mio malgrado, ricordavo fin troppo bene.
Rimasi immobile davanti a lui con gli occhi sbarrati e la bocca semi aperta, tenendo stretti tra le mani i due biscotti.
Tra tutte le persone che avrei potuto incontrare a Hornsby, non mi aspettavo che, di prima mattina, quel qualcuno fosse proprio lui.
Non avevo più avuto sue notizie da mesi, da quando ci eravamo lasciati dopo una storia durata poco più di un anno.
Mi ero rifiutata di farmi vedere in giro negli ambienti che solitamente frequentavamo insieme, in realtà, mi ero rifiutata di farmi vedere in giro del tutto: sebbene Hornsby non fosse una grande città, non era affatto dispersiva e le probabilità di rincontrarlo erano molte.
Che cosa ci fai qui?” gli domandai, mantenendo lo sguardo fisso su di lui, lui che sorrideva ed io che restavo apparentemente impassibile, mentre dentro sentivo il cuore battere all’impazzata ed il viso andarmi a fuoco.
Immaginavo che avresti reagito così, ma ho voluto provarci comunque.
Provare a fare che cosa?
Ho deciso di iscrivermi alla Heights Public High School,” rispose tranquillo.
Impallidii all’udire quelle parole, non avevamo mai frequentato la stessa scuola nemmeno quando eravamo fidanzati, se avessi dovuto vederlo per otto ore di seguito sarei impazzita ora che le cose erano decisamente cambiate.
Non dici nulla?” continuò lui.
Cosa dovrei dire? Che sono felice? Okay, d’accordo: sono felice, ma sappi che sto mentendo,” sbottai acida. Mi riusciva male essere carina con le persone, persino con lui.
La nostra rottura non era stata tragica, non il modo in cui l’avevo presa al momento, sono stati i mesi successivi a quel periodo che mi avevano trascinato giù nel profondo abisso del malumore continuo.
Non sentivo la mancanza di un fidanzato o di tutte le varie carinerie che solitamente ci scambiavamo, sentivo la mancanza di un amico, quello che lui era prima che la nostra storia cominciasse. Forse era questo ciò che voleva da me, forse era questo il motivo per cui mi aveva cercata.
Hai intenzione di rimanere così ostile ancora per tanto tempo?
Non risposi, scostai lo sguardo dal suo ed iniziai ad avviarmi verso scuola.
Con la coda dell’occhio notai che mi stava seguendo, non me ne stupii dato che mi era successa la stessa cosa la sera prima; l’unica cosa che non capivo era perché certe persone si ostinassero tanto a star vicino ad una ragazza scontrosa come me, uno come lui che un anno prima aveva avuto la bella idea di allontanarsi da me solo perché non si sentiva pronto a portare avanti una relazione così lunga ed importante e che aveva bisogno di tempo per sé stesso. Se n’era accorto dopo un anno ed ora aveva avuto la faccia tosta di ritornare da me.
Perché non proviamo almeno ad essere amici?” mi domandò, superandomi e posizionandosi davanti a me impedendomi così di compiere un solo altro passo.
Amici?” ridacchiai, “non so se ricordi com’è finita l’ultima volta che hai detto di voler essere mio amico.
Questa volta è diverso, Ronnie” sbuffò sonoramente lui, passandosi una mano sul viso per poi scompigliarsi i capelli.
E’ diverso? Diverso in che senso? Dubito che tu in quattro mesi possa essere cambiato di molto.
Non ho detto di essere cambiato, solo non voglio altro che la tua amicizia. Proprio come prima che…
Che dicessi di amarmi?” lo precedetti io incrociando le braccia al petto e, sebbene in modo appena percettibile, Ashton annuì.
Oggi mi sento particolarmente ingenua, quindi fingerò di crederti
No, non stavo fingendo, ci stavo cascando un’altra volta perché una parte di me voleva credergli, la stessa parte che sosteneva che non mi sarei più innamorata di lui; mentre invece, l’altra parte, era convinta che, non appena ci saremmo ritrovati nuovamente soli a guardare un film seduti sul divano, mi sarei lasciata abbracciare da lui e sarebbe ricominciato tutto come un anno prima.
Un semplice  sarebbe stato più che sufficiente come risposta” sorrise. “Sai che non so fingere,” ribattei, continuando a camminare a testa bassa.
Dopo svariati minuti di silenzio, riprese a parlare: “Hai rivisto gli altri ultimamente?
Intendi Michael e Calum? Michael di tanto in tanto si vede con mia sorella e, per quanto riguarda Calum, lo vedo ogni giorno a scuola. Non so se ricordi che siamo in classe insieme.
Lo sentii sospirare e per un attimo sperai che l’interrogatorio fosse giunto al termine, ma mi sbagliavo.
Già e che mi dici dell’amico di Michael? Ci prova ancora?
E a te che importa? Non sei il mio ragazzo non devo renderti conto di nulla!” sbottai, rendendomi conto soltanto allora di esser stata notevolmente scorbutica.
Giusto per curiosità,: dove hai detto di essere stato per tutto questo tempo?
Non l’ho detto” replicò lui, sorridendo beffardamente, “comunque in America con un amico”.
E perché sei ritornato?” chiesi scettica, di lui non avevo avuto più notizie da tempo e non mi ero nemmeno preoccupata di riceverne.
Mi mancava l’Australia.
L’Australia è grande, non c’è solo Hornsby come città” replicai beffarda, incrociando il suo sguardo.
D’accordo, sarò sincero, mi mancavi tu.




 


 

Spazio Autrice

E' ancora tutto molto confuso - per così dire - ma man mano che la storia seguirà avrete modo di conoscere tutti i particolari del passato di Ronnie e Ashton.

Ringrazio le fedeli personcine che hanno recensito e spero davvero che questa storia possa piacervi (sebbene sia un genere un po' diverso da quello che di solito scrivo - stile capitoli a parte)

Aspetto di leggere le vostre recensioni :)

Alla prossima!
Much Love,
Giulia

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre. ***




 


 

Capitolo Tre.

 

Chi non muore si rivede!” pronunciò una voce alle nostre spalle poco prima di entrare a scuola; mi voltai di scatto trovandomi davanti la figura di Nicholas.
Forse era meglio morire,” sbottò sarcastico Ashton, non correva buon sangue tra i due sebbene in passato fingessero di essere amici, cosa che, a parer mio, gli era sempre riuscita male.
Forse, ciò che aveva portato Ashton a fingere tale sentimento nei suoi confronti, era solo per convenienza. Non esisteva ragazza che non si voltasse non appena Nicholas metteva piede a scuola, aveva un qualcosa che sapeva attirare su di sé gli sguardi dei presenti. In passato persino il mio.
Alzai gli occhi al cielo quando notai il suo sguardo malizioso incollato su di me, feci per allontanarmi quando udii la voce di Ashton sbottare: “Vedo che non ti è passata la voglia di puntarle gli occhi addosso, non è vero?
Sbarrai gli occhi e voltai il capo verso di lui, non notò la mia espressione, ma probabilmente era consapevole del fatto che l’avessi sentito. Tuttavia, sembrava essere troppo occupato a provare un senso di rabbia verso Nicholas.
Le occhiate di fuoco che si stavano scambiando quei due ragazzi mi avevano incuriosito ad assistere alla scena, sarebbe stato sicuramente più interessante restare nel piazzale della scuola piuttosto che seguire la noiosa lezione di algebra.
Così feci e non fui l’unica.
Un gruppetto di quindici persone accerchiò Ashton e Nicholas mentre io rimasi seduta sugli scalini, avendo di gran lunga una visuale migliore.
Cominciarono a scambiarsi insulti a vicenda e sinceramente non capivo per quale assurdo motivo Ashton volesse continuare quella conversazione, lui stesso aveva detto di voler essere solamente un mio amico e, da che mondo è mondo, gli amici non dovrebbero essere così morbosamente gelosi di altri amici.
Perché sei tornato?” sbottò Nicholas ad alta voce, “Non sono cazzi tuoi!” replicò l’altro.
Sai, nessuno qui sentiva la tua mancanza,” continuò il moro incrociando le braccia al petto.
 
Evidentemente mi sbagliavo, ma non ritenevo un errore quello di aver trascorso una serata in compagnia di Nicholas e di esserci poi andata a letto, era successo molto tempo prima che io e Ashton ci fidanzassimo ed in quel periodo mi piaceva: ora lo consideravo squallido.
Ultimamente trascorreva le serate in un night club e ogni mattina si svegliava sempre con una ragazza diversa nel letto, al solo ricordo di quella sera in cui io e lui sembravamo una cosa sola, rabbrividii.
 
Se fossi partito tu, avrebbero sicuramente sentito la tua mancanza le puttane che ti porti a letto ogni sera,” gli disse Ashton, attenendosi ad un atteggiamento piuttosto tranquillo, cosa che fece irritare Nicholas ancora di più.
 
Ero talmente immersa nei miei pensieri che quasi non mi accorsi del pugno che Nicholas aveva sferrato sul viso di Ashton; mi alzai in piedi cercando di sovrastare le teste di chi li circondava, quel cerchio si era fatto man mano più stretto mostrando a malapena le figure dei due.
Con il dorso della mano, Ashton si liberò del sangue che aveva iniziato a fuoriuscire dal naso e subito dopo fu lui a sferrare un pugno diretto nello stomaco del moro, che fu così costretto a piegarsi in due.
Un altro ragazzo dai capelli scuri, che aveva appena raggiunto il piazzale della scuola, s’intromise all’interno di quel cerchio ed in seguito tra i due. Il malcapitato Calum, che aveva avuto la brillante idea di provare a dividerli, ricevette a sua volta un pugno sulla gota destra.
D’accordo, adesso basta!” urlai e tutti si voltarono verso di me, comprese le persone che –  chissà da quanto tempo – erano affacciate alle finestre a godersi il cruento spettacolo di quella scena. Non mi ero preoccupata tanto per i pugni che si erano scambiati i due, lo avevo fatto quando fu Calum ad essere colpito. Andavo d’accordo con lui, era il ragazzo più normale di quella che una volta era la compagnia che frequentavo.
Siete diventati idioti per caso?” sbottai nuovamente avvicinandomi al cerchio che ora si stava diradando, “Hey, che c’entro io?” replicò Calum.
Non tu” sbuffai, “voi due” continuai e, afferrando prima Ashton e poi Nicholas per il bordo delle magliette, li trascinai all’interno dell’edificio nel bel mezzo del corridoio ormai deserto.
 
Qual è il vostro problema?” domandai stizzita pur sapendo già la risposta, si scambiarono un’occhiata interrogativa per poi tornare a fissarmi e, all’unisono, esclamarono: “Tu.
I-io? Voi due siete completamente suonati!” esclamai retorica, per poi rivolgermi a Nicholas: “Tu, vedi di starmi alla larga” e nel giro di pochi istanti il moro si allontanò lasciandoci soli.
Mi appoggiai al muro con le braccia incrociate al petto e rimasi a fissare Ashton con sguardo fermo mentre lui aveva il capo abbassato,intento a fissare il suolo.
Non hai nulla da dire al riguardo?” lo istigai avanzando verso di lui; sollevò il capo e notai  alcune gocce di sangue, le quali, di lì a poco, raggiunsero il labbro superiore.
Ha cominciato lui” replicò a bassa voce.
Oh Ashton per favore, non siamo più all’asilo. Avresti potuto allontanarti senza ribattere alle sue provocazioni, lo sai com’è fatto
So anche come sei fatta tu ed immaginavo avresti dato ragione a me” mi sorrise, “Che… che cosa? Io non ho dato ragione a-” ma m’interruppe avvicinando pericolosamente il suo viso al mio, le sue labbra si poggiarono sulle mie e non appena le percepii, mi scostai da lui.
Non provarci, Irwin!” sbottai allontanandomi, ma venni trattenuta per un braccio e lentamente mi voltai, incrociando di nuovo il suo sguardo.
Hai ragione, scusa” mormorò impercettibilmente “Forse sarà il caso che mi presenti in classe, ho già tardato abbastanza.
Tu vorresti presentarti a lezione conciato così?” dissi, indicando il viso sporco di sangue. Scossi la testa e, senza attendere una sua risposta, lo afferrai per il braccio e lo trascinai fuori da scuola.
Che hai intenzione di fare?” mi domandò, ma non risposi e continuai a camminare.



 


 

Spazio Autrice

Viva i ritorni di fiamma! Non corrispondi, ma amen.
Bene, Nicholas non c'entra un accidenti con i 5SOS, infatti io me lo immagino come questo individuo qui - meglio conosciuto come Dylan O'Brien.

Oltre a questo, spero davvero che la storia vi stia incuriosendo e chiedo scusa se inizialmente i capitoli sono un po' corti - dispiace persino a me per questo - ma si allungheranno a breve, promesso :)

Ringrazio le due persone che hanno recensito, apprezzo davvero moltissimo, ma già lo sapete!


Alla prossima!
Much Love,
Giulia 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro. ***




 


 

Capitolo Quattro.

 

 
Ripercorremmo, per la seconda volta in quella mattina, la strada che portava a casa mia. Rovistai nella borsa alla ricerca delle chiavi di casa e solo dopo alcuni istanti le trovai.
Ashton seguiva ogni mio movimento con lo sguardo senza proferire parola, seguendomi poi lungo le scale finché non entrammo in casa.
Aspettami qui,” gli ordinai indicandogli il divano posto al centro della sala, mentre io mi diressi in bagno alla ricerca di ovatta e disinfettante, lui si guardò attorno attentamente, soffermando l’attenzione anche sui più piccoli particolari.
Conosceva bene quella casa, la maggior parte del tempo lo trascorrevamo qui ed io non avevo ancora rimosso i ricordi di ogni serata, ogni momento trascorso tra le quattro mura di camera mia.
Mi soffermai d'innanzi ad essa e sospirai, rimanendo immobile senza muovere nemmeno un muscolo. Inconsciamente riportai a galla i ricordi di quelle serate ed un improvviso senso di malinconia mi pervase.  
 
"Sai che detesto questo film, perché ogni volta ti ostini a guardarlo insieme a me?" si lamentò Ashton, terribilmente infastidito. Reggeva tra le dita la custodia del dvd di Moulin Rouge, dedicandole uno sguardo schifato, mentre borbottava tra sé e sé futili commenti.
Non riuscivo a credere che detestasse quel lungometraggio, era uno dei miei preferiti, sia per la trama che per la colonna sonora e non avrei voluto guardarlo con nessun altro se non lui.
"È il mio film preferito," ribattei, fingendomi offesa ed incrociando le braccia al petto. Fece roteare gli occhi e si lasciò cadere a peso morto sul mio letto, facendomi sobbalzare. Con la coda dell'occhio studiai la sua espressione: annoiata e scocciata.
"E poi ci tengo a vederlo con te," aggiunsi quasi in un sussurro. Lo sentii sospirare e poco dopo avvolse entrambe le braccia attorno alla mia vita, avvicinandomi di colpo al suo petto.
"D'accordo, farò uno sforzo." Mi lasciò un bacio sul collo e rabbrividii, mentre un sorriso si fece immediatamente spazio sul mio volto.
 
"No, no e no!" sbottai, scuotendo il capo.
"Che succede?" mi domandò Ashton, sporgendo il capo oltre lo stipite della porta e fissandomi con aria sorpresa: solo in quel momento realizzai di aver parlato ad alta voce. Incrociai il suo sguardo e sbuffai. "Non trovo il disinfettante," risposi distrattamente, sparendo poi all'interno del bagno.
"Ti aiuto a cercarlo?"
"No, non serve. Posso farcela da sola," alzai il tono di voce a tal punto da farmi sembrare sicuramente scontrosa, ma non potevo e non volevo dare a vedere che quei ricordi continuassero a tormentarmi.
Frugai all'interno del mobiletto del bagno, spostando decine di confezioni di medicinali fino a quando non trovai ciò che stavo cercando.
Ritornai poco dopo in salotto, imbevendo il cotone di alcune gocce di disinfettante e, senza esitare un momento di più, mi sedetti accanto a lui e cominciai a tamponargli la parte sanguinante.
Sussultò e sul suo viso apparve una smorfia, probabilmente causata dal lieve dolore: “Fai piano” si lamentò. “Sto facendo più piano che posso. Non lamentarti sempre, non è alcool perciò non brucia,” puntualizzai continuando a premere, questa volta più lievemente, sulla parte colpita.
Non brucerà a te,” sbuffò afferrando il mio polso ed allontanandolo dal suo viso.
Arrangiati, Ashton” sbottai e, quando feci per alzarmi dal divano, venni trattenuta per i fianchi e trascinata nuovamente verso il basso, sopra di lui.
I nostri volti erano vicini, tanto che i nostri respiri s’intrecciavano l’uno con quello dell’altra ed avvertii un leggero solletico sulle labbra. Mi sorrise, mentre io tentai in tutti i modi di rimanere impassibile. Chiusi gli occhi per qualche istante, scacciando il ricordo di quella sera ed evitando d'immergere il mio sguardo nel suo. Tutto ciò mi sembrava assurdo e per un attimo desiderai che si trattasse semplicemente di un sogno.
Non potevo cascarci di nuovo.
Riaprii gli occhi, ma nulla era cambiato. Il mio viso era ancora a pochi centimetri dal suo ed il sorriso disegnato sulle sue labbra non era sparito, ma, bensì, risultava più accentuato.
Spostò una mano sulla mia schiena attirandomi ancor di più a sé, persino i suoi occhi sorridevano ed io stavo cedendo d’innanzi a ciò.
Avvertii il battito del cuore accelerare notevolmente ed il respiro si spezzò di colpo, il mio sguardo era perfettamente intrecciato con il suo ed era da parecchio tempo che non m’immergevo così profondamente nei suoi occhi.
Mi sentii sprofondare, le gambe mi cedettero ed appoggiai entrambe le ginocchia al bordo del divano, eravamo distanti poco più di un respiro.
O-ormai non sei più sporco di sangue,” gli dissi ed ecco che il suo sorriso si spezzò. Strinse le labbra in una linea dura ed annuì in modo appena percettibile. Ne approfittai per allontanarmi e ritornai in bagno, riponendo al loro posto ciò che avevo preso.
 
Sentii i suoi passi seguirmi, il silenzio all’interno di quella casa era tale che riuscivo persino a sentire il battito ancora troppo accelerato del mio cuore. Temevo che tutto d'un tratto potesse infrangere la cassa toracica o, peggio, che lui potesse sentirlo.
Poggiai una mano su di esso, incredula, domandandomi stessa cosa mi stesse succedendo.
Avevo messo da parte, chiuso ed archiviato in un cassetto della quale avevo perso volutamente la chiave, i sentimenti che provavo per lui, persino per quel suo sguardo che volutamente aveva incrociato il mio facendomi sussultare.
No, non può essere” biascicai a bassa voce.
Che cosa non può essere?” domandò lui, presentandosi sulla porta del bagno. “Nulla d’importante” mentii sorridendo, sperando di nascondere l’imbarazzo.
Nel frattempo sentii il rumore di una chiave inserirsi nella serratura della porta d’ingresso, “E adesso chi accidenti è” sbottai, uscendo velocemente dal bagno ed urtando Ashton ancora imbambolato davanti ad esso.
Ronnie? Cosa ci fai tu qui?” mi domandò schietta Emily, “Abbiamo avuto un contrattempo a scuola” biascicai.
Abbiamo?” chiese nuovamente ed ecco che Ashton mi raggiunse, lasciando sbigottita mia sorella e rispondendo così alla sua domanda.
 “I-io credevo che vi foste lasciati!” sbottò nuovamente lei. “E infatti è così!” sbottai e, detto ciò, afferrai per un braccio il biondo e lo trascinai fuori dall’appartamento.
Scesi di corsa le scale, tirando un sospiro di sollievo quando fui finalmente all'aria aperta.
"Credevo che te ne saresti liberata." La voce di Ashton mi costrinse a voltarmi prontamente verso di lui e, seguendo il suo sguardo posato sul mio polso sinistro, capii a cosa si stava riferendo.
Tempo fa, prima ancora che la nostra storia iniziasse, mi aveva regalato il polsino nero dalla quale non si separava mai. Da allora lo sfilavo soltanto per farmi la doccia o, se capitava, prima di fare un bagno al mare od in piscina. Per il resto rimaneva sempre avvolto attorno al mio polso.
"No, non lo tolgo mai," ammisi, ma evitai di guardarlo in faccia e ripresi a camminare.
Ashton non tardò a seguirmi, ma, questa volta, non camminò al mio fianco, rimase dietro di me, a qualche metro di distanza.
Per qualche minuto il tragitto fu silenzioso e, dovetti ammetterlo, fastidioso. Solo quando fummo in prossimità della scuola udii la sua voce.
Non vorrai mica ritornare a scuola?!” sbottò poi stizzito ed arrestando di colpo i suoi passi.
Mi voltai a guardarlo, dedicandogli un'occhiata di sufficienza. “E dove altrimenti? Non ho intenzione di bighellonare ancora per molto con te al mio fianco
Ah, io speravo di sì.
Sbuffai sonoramente e quando fummo quasi davanti al piazzale dell'edificio, m’imbattei in un ragazzo la cui figura non mi era affatto nuova.



 


 

Spazio Autrice

Che non me ne voglia, ma ho dovuto spezzarlo in quel punto, chiedo perdono anche per il ritardo.
Sto cercando - anche se non nel modo migliore - di conciliare ogni singolo impegno che ho e vi assicuro che non è affatto semplice.
Sono indietrissimo pure con altre due storie che sto scrivendo, ma non voglio lasciarne perdere neppure una.
Detto ciò, chissà chi mai sarà quel tipo dal viso conosciuto... :)

Aspetto di leggere i vostri pareri!

Alla prossima!
Much Love,
Giulia


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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque. ***




 


 

Capitolo Cinque.

 

 “Ciao Luke” esclamò sorridente Ashton e l’espressione che si dipinse sul mio volto fu molto più che stupita ed allo stesso tempo delusa, “Tu conosci quest…
Mi chiamo Luke, se ricordi bene” ribatté il biondo, sorridendo a sua volta.
Comunque sì, è con lui che sono stato in America” replicò Ashton.
Che fortuna” ironizzai.
Oh dai Ronnie, è simpatico. Avrai modo di conoscerlo meglio” aggiunse poi, accompagnando il tutto da un sorriso innocente.
Aggrottai la fronte ed iniziai a fissarlo con aria interrogativa.
Dimmi una cosa, Ashton. Tu sei al corrente che ci siamo già conosciuti, non è vero?” domandai, aspettandomi una risposta che però non arrivò. Ashton abbassò il capo, torturandosi nervosamente le mani e fu in quel momento che intervenne Luke.
Sai, Ronnie…
Che cosa ti ho detto ieri sera riguardo al mio nome?” lo interruppi, alzando una mano all’altezza della sua bocca.
Oh andiamo, ti chiamano tutti così!” ribatté, quasi come se il mio non fosse stato altro che un capriccio.
E tu che cosa ne sai?” gli domandai scettica. Il biondo mi prese sotto braccio, allontanandosi di qualche passo da Ashton, e riprendendo poi a parlare. “Vedi, Ashton mi ha parlato parecchio di te e di quello che è successo tra voi.” In merito a questo non potrei avere il minimo dubbio, ma continuavo a non capire il perché di parecchie cose.
Così, quando siamo ritornati a Hornsby, gli ho proposto di riprovarci.” Sgranai gli occhi a quella sua affermazione, tuttavia ciò non sembrò turbarlo e riprese a parlare.
E visto che lui non ne era poi così pienamente sicuro, ha mandato me e con un po’ di fortuna ti ho trovata seduta su quel muretto.
Tu che cosa?” sbottai, ignorando completamente la parte finale della sua frase.
Mi sembrava un’idea carina” si giustificò, alzando le mani in segno di arresa.
Avvicinati” gli dissi e, afferrando il colletto della sua maglietta tra le dita, continuai: “La prossima volta che ti viene in mente un’idea carina da consigliare ad un amico, reprimila e fatti gli affari tuoi!
Secondo me cambierai idea riguardo a lui,” ribatté con tono tranquillo, sistemandosi alla bene e meglio il tessuto della maglietta.
Ecco un’altra cosa che non sai di me: io non cambio idea su niente e nessuno,” sbottai, sapendo di mentire.
Luke non proferì parola ed entrambi tornammo da Ashton, per poi avviarci verso il parco. L’idea di ritornare a scuola fu scartata quasi subito ed io mi ero fatta coinvolgere da loro a saltarla definitivamente.
 
Mentre i due ragazzi chiacchieravano tranquillamente seduti su una panchina all’interno di un parco non distante dalla scuola, io restavo in silenzio limitandomi ad osservare ogni movimento di Ashton. Dovevo riuscire ad ammettere a me stessa che ciò che provavo per lui non era cambiato di molto, ma ricordavo ancora troppo bene le sue parole e, in fondo, l’idea di Luke mi avrebbe fatto comodo.
 
 
{18 Novembre 2011}
 
“Ronnie, devo parlarti,” mi disse Ashton e quelle erano sempre state le parole che più temevo: semplici, ma dirette.
“Dimmi,” gli dissi abbozzando un sorriso, finto per l’appunto, cosa che lui non esitò a notare. Si staccò dall’abbraccio che ci avvolgeva, mentre eravamo comodamente sdraiati sul letto di camera mia. A fatica trovò il coraggio di guardarmi dritto negli occhi.
“Io… io non credo di voler continuare questa storia.”
Credevo di aver perso un battito o forse il rumore silenzioso che udii fu causato semplicemente da qualcosa che mi si stava frantumando dentro.
“Mi stai lasciando, Ashton?” biascicai con voce spezzata e lui, debolmente, annuì.
“Perché? Qual è il problema? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
L’idea di addossarmi in partenza ogni colpa era sbagliata, eppure non riuscivo davvero a capire cosa non andasse nel nostro rapporto. Io stavo bene con lui e così credevo fosse lo stesso per lui. Quando ero in sua compagnia non esitavo a ridere, ad essere spensierata, era la persona con cui mi ero trovata più a mio agio da praticamente tutta una vita e ora si stava sgretolando tutto come un castello di sabbia: difficile da costruire, fin troppo facile da distruggere.
“Non mi sento pronto ad andare avanti, non fraintendermi, non c’è nulla che non vada in te. Il problema sono io.”
“Ashton, stiamo insieme da quasi un anno e tu ora mi dici che non sei pronto? Potevo comprendere una cosa del genere dopo uno, al massimo due mesi dall’inizio della nostra relazione. Non dopo un anno!” ed ecco che le parole si facevano man mano sempre più sottili come la mia voce, che ora aveva iniziato ad interrompersi a causa di quei singhiozzi rumorosi.
Alcune lacrime iniziarono a rigarmi pesantemente il viso e, per quanto lo volessi, non riuscii a frenarle. Odiavo terribilmente il fatto di apparire debole davanti a lui, ma era ciò che mi rappresentava: la debolezza fatta a persona.
“Ronnie, mi dispiace davvero tanto ma è meglio per entrambi”
Chi erano gli ‘entrambi’? A me non sembrava che la situazione stesse procedendo tanto meglio per entrambi.
“D’accordo, allora vai,” mi affrettai a dire, spalancando la porta che solitamente tenevo serrata.
“Ronnie…”

“Ciao Ashton,” lo interruppi e così varcò la soglia di quella stanza che per molto tempo restò abitata solamente da me.
 
 
Ronnie? Ronnie, mi stai ascoltando?” continuò a ripetermi Ashton ed io tornai a seguire il discorso di cui avevo perso gran parte delle parole. “Sì, scusami. Dicevi?
Questa sera Luke darà una festa nel suo appartamento, non abita molto distante da qui e mi farebbe piacere se tu venissi.
Un tonfo, sordo per lo più, che inconsapevolmente riuscì a percepire. Ed ora? Cos’avrei dovuto rispondergli? Un altro miserabile no?
No, non ce l’avrei fatta a rifiutare l’invito, come non sarei riuscita a rifiutare lui.
D’accordo,” sorrisi. mi limitai solo a quello.




 


 

Spazio Autrice

Evviva i tuffi nel passato e i sentimenti che (forse) non cambiano.
Ma è ancora presto per dirlo.
Questo era l'ultimo capitolo 'pronto' che avevo, per cui d'ora in poi dovrò davvero cimentarmi scriverne di nuovi e spero che questo non influisca con il regolare tempo d'aggiornamento.

Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e aspetto i vostri commenti :)


Alla prossima!
Much Love,
Giulia 


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Se avete domande, ask me


 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei. ***


 



 


 

Capitolo Sei.

 

Non ero riuscita a ritornare a casa prima del tramonto, come speravo, e mi erano rimaste soltanto un paio d’ore prima che l’orario della presunta festa arrivasse.
Fissavo l’interno dell’armadio da ormai dieci minuti e, dopo aver fatto passare quasi tutti i vestiti appesi, ne scelsi due: uno nero a fascia ed uno blu a maniche lunghe.
Li posai ripetutamente davanti al petto e sospirai quando, notando il mio riflesso nello specchio, mi ritrovavo sempre più indecisa.
Sentii la porta di camera mia aprirsi e con la coda dell’occhio inquadrai la figura di mia sorella, intenta a fissarmi con aria interrogativa.
Esci?” mi domandò, facendo capolino all’interno della stanza ed andandosi a sedere sul letto.
Sì,” risposi atona, ripetendo per l’ennesima volta lo stesso gesto. Non riuscivo a decidere.
Vai ad una festa?
Annuii e mi voltai poi verso di lei. “Nero o blu?” le chiesi di rimando.
Ci andrai con Ashton?
Ignorò completamente la mia domanda e ciò mi fece improvvisamente avvampare. Distolsi lo sguardo dal suo e sventolai energicamente i due abiti davanti al suo viso.
Nero, decisamente. Il blu non ti sta affatto bene, credevo di avertelo già detto,” rispose con nonchalance, accavallando le gambe e dedicandomi un’occhiata di sufficienza.
Spalancai la bocca, ma non proferii parola, sbuffai e posai l’abito blu nell’armadio.
Non hai risposto alla mia domanda,” insistette e le sue labbra si curvarono verso l’alto, formando un ghigno soddisfatto.
Sì, ci andrò con Ashton e con suo amico,” sbottai scocciata, evitando d’incrociare il suo sguardo.
Mmh.
Che significa quel verso?
Se c’era una cosa che non sopportavo del carattere di Emily era il suo costante bisogno di estrapolarmi le parole di bocca. Nessuno meglio di lei sapeva com’era finita la storia con Ashton e mi stupii del fatto che, proprio lei, volesse istigarmi così tanto nel riportarla a galla.
Nulla,” disse semplicemente, volendo far cadere il discorso, ma le dedicai un’occhiata fulminea che non ammetteva bugie.
Sospirò e si strinse nelle spalle. “È semplicemente strano il fatto che tu abbia deciso di andare con lui,” ribatté, sottolineando con fermezza le ultime due parole.
Non vado di certo in veste di accompagnatrice. È una semplice festa alla quale mi ha chiesto di partecipare e, inoltre, ti ricordo che ci sarà anche un suo amico. Non resterò sola con lui.” Alzai di qualche tono la voce, rendendomi conto che, forse, avrei dovuto dire quelle cose principalmente a me stessa.
Per quanto mi riguarda, puoi fare quello che vuoi. Non sono io a chiederti di rimanergli così ostile.
C’è una ragione per la quale mi comporto in questo modo e lo sai.
Sollevò le mani in segno di resa e si alzò dal letto. “Come vuoi, la scelta è tua, ma ti conosco fin troppo bene e so che questa farsa durerà ancora poco.
Seguii i suoi movimenti, fissandola con gli occhi sbarrati fino a che non lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi nuovamente sola.
 
Le sue parole continuarono ad echeggiare nella mia mente come un disco rotto e, più rimuginavo, ripensando a quella situazione, più venivo a conoscenza che mi sarei fatta solo del male.
Ad interrompere quei tormentati pensieri fu la fastidiosa vibrazione del mio cellulare, posato accanto ai braccialetti in metallo sulla scrivania, i quali non fecero altro che aumentare il volume di quel ronzio.
 
Un nuovo messaggio da Ashton.
«Sono davvero felice che tu abbia accettato di uscire con me questa sera  :) »
 
Rilessi quel messaggio una seconda volta e, sospirando, lo riappoggiai sulla scrivania senza rispondervi.
Non riuscivo a trovare un lato positivo in tutto questo, sentivo di dover mantenere fede alla mia ostilità, perché una parte di me sapeva che mi sarei fatta solo del male a riprovarci. Non avevo idea di quali intenzioni avesse Ashton e, forse, non volevo nemmeno saperlo.
Decisi di accantonare quei pensieri almeno per quella serata: partecipare ad una festa indossando un broncio non era esattamente il miglior make-up.
Gettai un’occhiata all’orologio appeso alla parete e mi affrettai ad infilare all’interno di una pochette il cellulare e le chiavi di casa. Feci a malapena in tempo ad infilarmi le decolleté nere, prima che il suono del citofono giungesse alle mie orecchie, seguito dalla voce di Emily.
Buona serata, sorellina, divertiti!” esclamò Emily, dedicandomi un sorriso di scherno.
Certo, come sempre,” ribattei sarcastica, prima di chiudere la porta alle mie spalle ed iniziando a scendere le scale.
Prima ancora che potessi varcare il cancello alla fine del vialetto, incrociai gli occhi di Ashton, il quale era appoggiato alla portiera di una macchina nera, affiancato da Luke. Il suo sguardo restò incollato alla mia figura fino a che non li raggiunsi, sforzandomi di non pronunciare un ciao troppo biascicato o scocciato.
 
Ebbi la fortuna di prendere posto sui sedili posteriori, ma, nonostante questo, sentivo continuamente lo sguardo di Ashton addosso ed era un peso che ben presto avrei smesso di sopportare.
Dove si terrà questa presunta festa?” domandai, sovrastando il volume della radio e sporgendomi quanto bastava tra i due sedili anteriori.
Al Four Season, a Sydney. Un amico di un altro mio amico ha affittato la suite dell’ultimo piano per dare una festa e-
E tu non sei stato invitato, ma hai deciso di presentarti comunque?” lo istigai, ma dalla sua espressione capii di aver azzeccato.
Come fa a saperlo? Gliel’hai detto tu?” domandò a bassa voce ad Ashton, il quale scosse il capo divertito. “Te l’avevo detto che è intelligente.
Ashton mi lanciò un’occhiata dallo specchietto retrovisore, accompagnata da un sorriso che però non ricambiai. Distolsi lo sguardo, posandolo sul paesaggio che scorreva rapido al di là del finestrino, m’immersi in pensieri che, probabilmente, avrei fatto meglio ad evitare.
Iniziai a considerare la possibilità che a quell’imminente festa si verificassero avvenimenti che, sebbene soltanto in cuor mio, speravo capitassero, ma c’era sempre il minimo ripensamento che mi costringeva ad archiviare il tutto.
Erano trascorsi diversi mesi da quando la nostra storia era giunta al termine ed in quel lasso di tempo non avevo fatto altro che negare l’evidenza a me stessa. C’ero quasi riuscita, ero ormai prossima a far credere a chiunque – e forse anche a me stessa – che tra di noi non potesse esserci più niente, ma i miei sforzi divennero vani da quando la figura di Ashton si era ripresentata davanti ai miei occhi quella mattina.
Tanto lavoro per nulla, pensai.
Se aveva lasciato la città, era evidente che volesse dimenticare ogni cosa, anche me: quindi perché riprovarci?
 
Quei malinconici pensieri mi accompagnarono sino alla fine del tragitto quando, davanti ai miei occhi, vidi ergersi in tutta la sua imponenza in Four Season. Rimasi attonita per alcuni istanti, una volta lasciato l’abitacolo, per ammirare quanto avevo davanti: le luci di ogni singola stanza erano accese ed illuminavano buona parte dell’area circostante, l’ingresso alla hall era preceduto da un lungo tappeto rosso ed il tutto sembrava così dannatamente lussuoso per dover restare solo a guardare.
A riportarmi alla realtà fu lo scatto sonoro della serratura della macchina, sobbalzai involontariamente e mi affrettai a raggiungere Ashton e Luke. Mantenni volutamente una certa distanza da entrambi, soffermandomi ad ammirare ogni singolo particolare dell’interno di quell’hotel.
Non avevo più proferito parola da quando lo sguardo di Ashton aveva incrociato il mio ed iniziavo a sentirmi a disagio.
Raggiungemmo l’ascensore e, una volta dentro, Luke pigiò il bottone che ci avrebbe portato sino al ventitreesimo piano. La tranquilla e delicata melodia proveniente dall’altoparlante dell’ascensore spezzava il silenzio, rendendo quegli interminabili minuti leggermente più sopportabili, ma lo sguardo di Ashton no. Era sempre fisso su di me ed io non sapevo più su cosa concentrare la mia attenzione per non guardarlo.
Finalmente il tintinnio metallico annunciò il nostro arrivo al piano e non esitai ulteriormente prima di fiondarmi fuori dall’ascensore. Non appena Luke ci fece strada, mi affrettai a seguirlo lungo il corridoio, sentendo il suono sommesso della musica farsi sempre più vicino a noi.
La porta della stanza 2321 era socchiusa, così Luke non si preoccupò di suonare il campanello o di bussare, ci lasciò passare come se quella fosse stata la sua camera. Una volta chiusa la porta alle sue spalle, tirò un sospiro e ci volse un largo sorriso.
Bene, che la festa abbia inizio!” esclamò allargando le braccia. Mi guardai attorno, incrociando le figure dei presenti e dei dettagli che arricchivano in modo lussuoso, ma non esagerato, la suite nella quale ci trovavamo.
Conosci almeno qualcuno dei presenti?” mi azzardai a chiedergli e Luke annuì, sebbene titubante.
Sì, una o due persone dovrei averle viste a scuola.
È quel dovrei che mi spaventa. Che cosa penseranno se ci vedono qui?
Sbuffò scocciato e mosse qualche passo verso di me, posando entrambe le mani sulle mie spalle e scuotendomi leggermente. “Ronnie, non importa un fico secco a nessuno di chi partecipa a questa festa. Tra meno di un’ora saranno tutti così ubriachi da non ricordare nemmeno dove stanno di casa. Non preoccuparti di queste cose così irrilevanti. Pensa a divertirti.
Fui ben poco convinta dalle sue parole, ma prima ancora che potessi ribattere, lui ed Ashton erano già diretti verso la terrazza, già gremita da una decina di persone.
Li seguii dopo qualche istante d’indecisione, evitai d’incrociare lo sguardo dei presenti e lasciai che l’aria fresca della sera mi solleticasse il viso, regalandomi una sensazione di sollievo.
Non so voi, ma a me è venuta sete. Vi porto qualcosa?” ci domandò Ashton, dedicando una strana occhiata a Luke.
Una birra, grazie,” rispose il biondo.
Per te, Ronnie?
Nulla,” biascicai, scuotendo leggermente il capo.
Non appena Ashton si allontanò, mi voltai, appoggiandomi alla ringhiera del terrazzo e squadrando lo skyline della città. I profili dei palazzi, arricchiti dalle centinaia di luci, rendevano quello spettacolo degno di essere ammirato per ore ed ore. Tuttavia, la voce di Luke m’impedì di farlo.
Allora, Ronnie…
Sai, potrei anche decidere di non risponderti se continui a chiamarmi in quel modo,” ribattei con fare acido. Lo vidi alzare le mani in segno di resa, dopodiché imito la mia posizione, appoggiandosi con i gomiti sulla ringhiera.
Però ad Ashton permetti ancora di chiamarti così.
Voltai di scatto il capo verso di lui, ricevendo in tutta risposta un’occhiata divertita.
Ho toccato un tasto dolente, vero?
Serrai gli occhi per un paio di secondi e sospirai profondamente, volgendogli un cenno d’assenso di cui poco dopo me ne pentii.
Senti, so che probabilmente non vorrai più saperne, ma gli importa ancora di te.” Tutto d’un tratto era diventato serio, non sorrideva più, né tanto meno aveva più quel ghigno beffardo dipinto in volto.
Sì, hai ragione,” ammisi e vidi accendersi nel suo sguardo un barlume di speranza.
Non voglio più saperne,” continuai schietta.
Oh, andiamo, non riesco a credere che tu sia passata oltre.
Lui lo ha fatto tempo fa, perché dovrei restare ancorata al passato?
Cercai di apparire più sicura che potei, ma non sarei riuscita ad ingannare neppure me stessa. Detestavo portare avanti il discorso, avrei quasi preferito che Ashton ricomparisse con la bibita di Luke piuttosto che dover riesumare certi ricordi.
Forse perché non hai esattamente l’aspetto di una che si è lasciata una storia del genere alle spalle.
Tu non sai nulla di me.
Vero, ti conosco pochissimo, non posso giudicare. Anzi, ad essere sincero, non ti conosco neppure, so soltanto ciò che mi ha raccontato Ashton. Per quanto mi riguarda, avrebbe potuto dirmi solo un sacco di stronzate, non lo scoprirò mai.” Si strinse nelle spalle e ritornò a guardare il profilo della città.
Ti ha davvero parlato così tanto di me?” mi azzardai a chiedergli, sapendo che mi sarei pentita di conoscere la risposta.
Ogni singolo giorno.



 


 

Spazio Autrice

Che novità, sono in ritardo, però vi avevo 'avvisato' che dallo scorso capitolo in poi non avrei più avuto le parti già pronte. Per cui stasera mi sono decisa e ho concluso ciò che avevo scritto qualche tempo fa.
Siccome ho spezzato il capitolo e non mi va di farvi aspettare inultimente, continuerò con l'episodio della festa a breve, promesso :)

Spero davvero che la storia vi incuriosisca, fatemi sapere che ne pensate!


Alla prossima!
Much Love,
Giulia 


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