La bellezza può essere una maledizione più grande di quanto si creda.

di blackings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le madri del destino. ***
Capitolo 2: *** Da un antico odio non può che nascere una forte amicizia ***
Capitolo 3: *** Di sirene e sveglie notturne ***
Capitolo 4: *** "La mia bellezza è il mio guaio più grande" ***
Capitolo 5: *** Una cosa che non vuoi (e non puoi) rivelare ***
Capitolo 6: *** NESSUNO deve sapere ***
Capitolo 7: *** Io sono colei che ha fatto soffrire tuo padre. Che ha fatto soffrire Harry Potter. Che ha fatto soffrire Hermione Granger. Perché io sono… ***
Capitolo 8: *** “E questo è quanto.” ***
Capitolo 9: *** “Bruceremo insieme, te lo prometto” ***
Capitolo 10: *** “Uno dei due deve morire.” ***
Capitolo 11: *** "Io non ti conosco." ***
Capitolo 12: *** Come diventare irriconoscibili. ***
Capitolo 13: *** “Due su due!” ***
Capitolo 14: *** “Avrei fatto meglio a scegliere lui” ***
Capitolo 15: *** “Avete una settimana, non un giorno di più” ***
Capitolo 16: *** I Malfoy non chiedono pietà. ***
Capitolo 17: *** “Ha deciso di togliersi la vita” ***
Capitolo 18: *** “Draco è stato forte a non morire, in questo inferno” ***
Capitolo 19: *** L’irruenza di Scorpius. ***



Capitolo 1
*** Le madri del destino. ***


Capitolo 1: Le madri del destino.
 
Hermione Granger stava piegando dei maglioni di Grifondoro impilandoli nel baule della figlia maggiore Rose. Di tanto in tanto, mentre sistemava gli indumenti con ordine, alzava gli occhi dal suo lavoro e li volgeva alla figura della figlia, avvolta in un candido accappatoio bianco sul suo letto, una tazza di te in una mano e un romanzo romantico nell’altra. Hermione, che era sempre stata una persona imperturbabile e lucida, spesso rimaneva turbata davanti alla bellezza sconcertante della figlia. Lunghi capelli rossi alla Weasley mossi ma non crespi le ricadevano morbidi incorniciando un viso di un ovale perfetto illuminato da due fulgidi occhi di due colori diversi: il sinistro dorato, come i suoi, e il destro azzurro, come quelli di Ron. Il fisico snello, le gambe lunghe e affusolate e un generoso metro e settanta di altezza la facevano risultare una delle ragazze più belle della sua età. Lei, Hermione, non era mai stata la più bella di Hogwarts, e nemmeno tra le prime: c’era Ginny Weasley, decisamente più attraente, con la dentatura bianca e splendente (e i denti di una misura normale), i capelli rossi liscissimi e degli occhi nocciola penetranti e maliziosi. Anche Luna Lovegood era più bella di lei, nonostante fosse un po’ bassina e stravagante, i suoi capelli biondi e lunghissimi che svolazzavano profumando di violette a ogni movimento le creavano attorno un’aura di misticità che non aveva attratto solo Neville Paciock in quei sette anni di scuola. Parlando di bellezze più convenzionali non c’era da sottovalutare Pansy Parkinson, mora seduttrice di Serpeverde, né Calì Patil, eccitante dietro i suoi costumi e le sue movenze orientali. Lei era solo lei, Hermione Granger, secchiona, non brutta, certo, ma non bella da risultare desiderabile. Ma Rose, Rose era un’altra cosa…
 
Ginny Weasley stava seduta al tavolo della cucina sorseggiando del caffè forte mentre i suoi tre figli le passavano davanti servendosi la colazione. James, con il suo metro e ottanta, era un Casanova con centinaia di ragazze ai suoi piedi, ragazze che avevano continuato a cercarlo via gufo per tutta l’estate. Albus, bassino e introverso, sempre all’ombra del fratello maggiore, e Lily, con i lunghi capelli corvini fino alle spalle e gli occhi verdissimi di Harry. La quindicenne stava appollaiata su uno sgabello alto servendosi una fetta di crostata alle more e una tazza di caffelatte. Indossava la divisa di Grifondoro con la camicia con tre bottoni slacciati e il maglione con lo scollo a V legato sulle spalle. Ginny osservò la figlia, le sue gambe magre e la pancia piatta. Pensò a quanto fossero simili i loro fisici (a parte il seno, Lily aveva doppiato Ginny da tempo) e a quanto però Lily assomigliasse a Harry, nel carattere, nei colori, in tutto (un paio di volte l’avevano anche sentita parlare in serpentese). La giovane Potter si alzò e sistemata la camicetta dentro la gonna plissettata si infilò il maglione. Ginny continuava a guardarla senza farsi notare, gli occhi che correvano dalle sue gambe affusolate fasciate dai collant ai capelli neri, lucidi e sottili fermati da un fermaglio rosso sulla tempia sinistra. Si alzò in piedi e, avvicinandosi alla figlia, prendendo come scusa quella di aggiustarle la gonna, cominciò a farle domande prettamente da madre:
“Hai preso tutto? Libri? Vestiti?”
“Sì, mamma: devi solo aiutarmi a piegare delle camicette, per piacere”
“Bene: hai parlato con Rose? Quando passano a prenderci lei e zia Mione?”
“Tra circa mezz’ora: ah, ricorda a Al di prendere il libro di pozioni dell’anno scorso, serve a Hugo”
“Detto fatto”
“Mamma?” chiamò Lily alla figura della madre che si allontanava oltre la porta.
“Dimmi, Lil” rispose Ginny sorridendo.
“Papà non è tornato?” chiese la ragazzina preoccupata. Quando suo padre era in missione con gli Auror stava sempre in ansia.
“No, non è tornato, cara” rispose Ginny, poi sorridendo malinconica alla figlia le disse “Ehi, Lil, guarda che tuo padre è quello che ha sconfitto Voldemort quando aveva solo un anno! Sopravvivrà a un gruppo di neo-Mangiamorte, te lo assicuro!”
 
Astoria Greengrass in Malfoy sedeva insieme alla famiglia al tavolo nella sala da pranzo al Manor Malfoy. Di fronte a lei suo marito Draco leggeva La Gazzetta del Profeta, alla sua sinistra sua figlia Agnes sorseggiava elegantemente del caffè nero da una tazzina di ceramica sottile, alla sua destra suo figlio Scorpius tagliava con forchetta e coltello della frutta e se la accompagnava alla bocca, guardando di tanto in tanto di sottecchi il padre. Avevano litigato di nuovo, la notte precedente. Draco lo aveva beccato a scrivere una lettera a una Corvonero dal padre neo-Mangiamorte (una specie che era tornata alla ribalta dopo i processi e le stragi a danno dei seguaci di Voldemort) e, portatolo nella sala dove tante volte il padre aveva punito lui, lo aveva frustato fino a farlo sanguinare e lo aveva rimproverato finché Agnes non era scesa dabbasso per fermare il tentato omicidio del gemello. Il padre inizialmenre se l’era presa anche con lei, poi aveva lasciato perdere ed era risalito sbraitando nelle sue stanze. Draco Malfoy non era una persona cattiva, non lo era mai stata, era una persona resa cattiva dalle circostanze, dagli eventi, era una persona che non voleva che i suoi figli incorressero nei suoi stessi errori, era una persona che ancora si svegliava urlando nel cuore della notte sognando Albus Silente che moriva davanti ai suoi occhi. Draco era un uomo a pezzi, e Astoria lo sapeva.
La famiglia Malfoy era, come molte delle poche famiglie purosangue rimaste, una famiglia all’antica. Una famiglia che non era stata invasa dai congegni elettronici babbani, in cui i figli venivano puniti severamente per un cattivo voto, in cui si leggeva ancora fino a notte fonda davanti al fuoco, in cui si sedeva attorno al tavolo e si salutavano con fredda reverenza i genitori. Ma era anche una famiglia molto unita, e come tale si supportava nel momento del bisogno. Agnes Narcissa Malfoy e Scorpius Hyperion Malfoy, gemelli, si volevano un bene inenarrabile e non era solo il sangue ad accomunarli, ma anche un’eterea bellezza. Entrambi vantavano capelli lisci e biondo platino come il padre, ma gli occhi di Agnes erano verdi come quelli di Astoria, quelli di Scorpius azzurri come erano state le iridi di suo nonno Lucius prima di lui. La somiglianza fisica dei due ragazzi a Draco era sconcertante, e forse era questa la cosa che li rendeva diversi dagli altri studenti di Hogwarts: quando i due gemelli passavano nei corridoi, intorno a loro tutti si spostavano lasciando attorno a loro un’aura di muto timore e rispetto nei confronti di Scorpius, e di palpabile ammirazione per Agnes. La ragazza era davvero una delle ragazze più belle di tutta Hogwarts, ma troppo presa dal desiderio di soddisfare anche le più sciocche esigenze di un padre padrone e una famiglia millenaria per accorgersene. 

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Capitolo 2
*** Da un antico odio non può che nascere una forte amicizia ***


Capitolo 2: Da un antico odio non può che nascere una forte amicizia
 
“Ciao zia Mione! Ciao Rose!” salutò Lily salendo sul suv magico di suo zio Ron.
“Ciao Lily, Ciao zia Ginny!” ricambiò Rose facendo posto alla cugina sul sedile posteriore.
“Ciao Hermione, grazie per il passaggio” salutò Ginny sedendosi accanto all’ex compagna dal lato del passeggero.
“Di niente, Ginny. Harry non è tornato?”
“No, non è tornato” rispose la rossa tristemente sfuggendo allo sguardo dell’amica.
“Dai Weasley, si risolverà tutto” le sorrise dandole una pacca sul ginocchio, poi girò la chiave nel quadro e la vettura si librò in aria aumentando di velocità.
Le macchine dei Weasley (Ron stava in un altro suv metalizzato con il figlio Hugo e i nipoti” sorvolarono King’s Cross fino al parcheggio delle auto magiche. Attraversando il passaggio sbucarono al binario 9 ¾, dove famiglie da tutto il mondo magico si affollavano intorno ai vagoni dell’Espresso per Hogwarts.
“Ragazzi, avete tutto? Vi servono soldi per il carrello?”
“No, grazie papà, io non prendo più niente dal carrello. La mia compagna Angela è ancora al St. Mungo per indigestione di caramelle Tutti i gusti+1 dall’inizio dell’estate”
“Va bene, va bene. Comunque sono ancora le 10.30, abbiamo mezz’ora prima che parta il treno” rispose Ron avvicinandosi insieme alla moglie e alla sorella a una panchina. Rose prese Lily Luna sotto braccio e cominciarono a fare avanti e indietro lungo la banchina della stazione, fin quando una famiglia insolita non si parò loro davanti. Agnes e Scorpius Malfoy, accompagnati dai genitori, avevano appena attraversato il muro e si dirigevano verso il vagone dei Serpeverde.
“Buongiorno Agnes, signori Malfoy” salutò Lily sorridente passando accanto alla famiglia.
“Ciao Lily, Rose” ricambiò Agnes con un sorriso. Rose. Scorpius a quel nome drizzò il capo, che fino ad allora aveva ostinatamente fissato il pavimento. Rose Weasley. Dio, quant’era bella. Quant’era bella e apparentemente inconsapevole di esserlo. Era una Weasley, certo, ma pur sempre la ragazza più bella di tutta Hogwarts, a detta di Scorpius. Il giovane arrossì violentemente, attirando l’attenzione dell’innocente Rose che lo guardò con fare interrogativo.
I due si fissarono per una frazione di secondo, poi la rossa venne trascinata via dalla cugina e il contatto visivo si interruppe. Draco, che si era accorto di tale attrito, prese il figlio sotto braccio e, severamente, lo spinse verso l’entrata del treno.
“Non fare sciocchezze” gli intimò guardandolo salire.
“S-sì, padre” disse Scorpius, senza sapere se la balbuzia fosse dovuta alla vista mozzafiato di Rose o piuttosto alla paura che il padre l’avesse scoperto.
I gemelli salutarono i genitori con una riverenza e salirono sul vagone. Poco lontano Rose, Hugo Weasley e James, Lily e Albus Potter, dopo aver abbracciato i loro parenti, fecero lo stesso.
 
Giunti a Hogwarts, come al solito gli studenti non ebbero nemmeno il tempo di sistemarsi nelle camere che furono costretti a scendere nella Sala Grande. Quell’anno la preside McGrannit, che da sempre inaugurava l’anno scolastico con un banchetto luculliano, aveva superato se stessa: le tavolate delle quattro case erano talmente cariche di cibo che i poveri studenti avevano a malapena lo spazio per appoggiare i piatti, e i nuovi arrivati sgranavano gli occhi davanti a quella meraviglia. Le quattro case presero posto e il Cappello Parlante venne posto su un alto sgabello per il consueto messaggio di benvenuto.
 
Benvenuti anche quest’anno, orsù!
E che per lo spavento non vi tiriate le brache giù!
Hogwarts offre tante bellezze,
e per i bravi anche tante carezze!
Ma quest’anno incombe qualcosa di oscuro
Che non si può narrare adesso, fossi matto!
Ma posso garantire così, a muso duro,
Che tre meraviglie vedremo in atto:
Moro, biondo e rosso rubino:
è forse l’ora di cominciar il teatrino?
Ai nuovi arrivati, ordunque, posso garantire
Che Hogwarts è una scuola di matti da legare,
ma quante belle cose, quanti sortilegi avrete modo di imparare!
Quindi non siate tristi, e pazientate,
che le cose belle arrivano quando non le vedete arrivare!
 
“Il Cappello Parlante dev’essere proprio impazzito” sentenziò James Potter al tavolo dei Grifondoro “Adesso si mette a blaterare sull’apocalisse come la Cooman!”
“Mh” risposero in coro le due cugine, impegnate a scrutare la coppia di gemelli Malfoy al tavolo dei Serpeverde.
“Oooh, terra chiama Lily Luna Potter e Rose Weasley!” le richiamò James schioccando due dita davanti ai loro occhi.
“Smettila, James, siamo in osservazione!” ribatté Lily scacciandolo con la mano.
“Direi in adorazione, piuttosto: Scorpius Malfoy è diventato il vostro sogno erotico dell’ultimo momento? Quel pappamolle figlio di papà?” le canzonò James punto, quando si parlava di sua sorella e di sua cugina diventava geloso e iperprotettivo.
“Zitto, James!” lo zittirono le due alzando la voce, e il giovane Potter tornò al suo pudding.
 
La McGrannit si alzò dal suo scranno e si diresse al leggio dove ogni anno teneva il discorso di benvenuto.
“Buonasera a tutti, ragazzi, e bentornati ad Hogwarts!” un coro di applausi e fischi si levò dalla folla studentesca: la McGrannit era sempre la loro preferita. “Vorrei informarvi di alcune novità di quest’anno. Come avrete notato arrivando qui, l’acqua del Lago Nero è salita vertiginosamente, allagando il dormitorio femminile di Serpeverde, che si trova, appunto, nei sotterranei. Pertanto le ragazze di questa casa verranno smistate come situazione di emergenza nei dormitori delle altre case, non possiamo fare altrimenti. Si alzino coloro che chiamo:
cominciò ad elencare una ventina di nomi fin quando non pronunciò un nome che fece drizzare le orecchie a molti studenti: “Agnes Narcissa Malfoy!”
La giovane Malfoy si alzò lanciando un’occhiata rassicurante al fratello e nella sala silenziosa si diresse verso la preside, che scorse l’elenco che aveva in mano: “Sarà in camera con Weasley e Potter, signorina Malfoy, la loro compagna è in ospedale per…”
“Indigestione da caramelle TuttiGusti+1, professoressa” completò Lily Potter.
“Ah, già, perfetto allora ragazzi, siete congedati, domattina puntuali alle lezioni!”
 
La sala venne sgomberata in fretta e le case si ritirarono nei loro dormitori. Rose e Lily salirono ridacchiando lasciando indietro gli altri, giungendo in camera prima di Agnes che, disorientata, si muoveva tra i Grifondoro che la guardavano chi con ammirazione, chi con disprezzo. La Malfoy, giunta davanti alla sua nuova camera, bussò timidamente.
“Avanti!” rispose Rose mentre tirava fuori i maglioni piegati dalla madre.
“Ciao, Agnes!” la salutò Lily prendendole dalle mani il borsone e scaraventandolo sul letto accanto al suo baule.
“Ciao Lily,  ciao Rose” rispose un po’ inibita la Serpeverde “mi dispiace arrecarvi disturbo, ma sapete, con i sotterranei in quelle condizioni…”
“Non ci pensare nemmeno!” esclamò Rose prendendole le mani e trascinandola al centro della stanza “Sei una di noi, ora!”
“Lo vorrei tanto, Rose, lo vorrei tanto…” mormorò Agnes torcendosi le mani.
“Qualche problema?” chiese Lily interrogativa.
“No, no, assolutamente! Io sono felicissima di essere qui! Ma sapete, quando mio padre verrà a sapere che sono in camera con le figlie di Harry Potter e Ronald Weasley…” rispose la ragazzina allusiva.
“Ah, certo, capisco” risposero in coro le cugine. “Ma da un antico odio non può che nascere una forte amicizia!” concluse Rose sfoderando uno dei suoi sorrisi mozzafiato.
 
“Dannazione!” urlò Draco Malfoy sbattendo il pugno sul tavolo e facendo sobbalzare la moglie.
“Draco, per le mutande di Merlino, calmati! Non puoi fare nulla per impedirlo” rispose Astoria tentando di calmare la furia distruttrice del marito.
“Lo so, Astoria, lo so…” disse Malfoy calmandosi e sedendosi a una delle sedie di legno della sala da pranzo, in mano la lettera della McGrannit che annunciava lo spostamento di camera di sua figlia “Non vorrei che la Potter e la Weasley le raccontassero cose…”
“Draco, quel che sei stato sei stato, lo siamo stati tutti, e i ragazzi lo sanno” Draco sussultò “Ma sanno anche che sei cambiato, che siamo cambiati”.

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Capitolo 3
*** Di sirene e sveglie notturne ***


Capitolo 3: Di sirene e sveglie notturne
 
“Creature affascinanti, le sirene” commentò il professor Hagrid alla lezione di Cura delle creature magiche con il sesto anno. Gli studenti, assonnati, presenziavano, chi con più chi con meno voglia, alla lezione, sulle sponde del Lago Nero “Sono capaci di ucciderti nel giro di pochi minuti, e di una morte assolutamente agonizzante”. Un paio di Serpeverde ridacchiarono: da quando lo zoticone si abbandonava a riflessioni romantiche su creature normali? “Come ben sapete, le sirene escono a largo solo quando la luna è piena, ma non sono parenti stretti dei licantropi, state tranquilli. L’origine di questo maleficio è da ricercarsi in tempi molto antichi. Nell’antica Grecia si credeva che la Luna fosse abitata da un dio altezzoso e dispotico che voleva tutto per sé. Beh, si dice che questo dio si fosse innamorato di tre ragazze di una bellezza eterea e sovrumana, e che queste, non volendo sottomettersi alla sua volontà, furono maledette: il dio le costrinse al mare e condannò loro e la loro stirpe a salire in superficie ed ammirarlo a ogni notte di luna piena. Ora, la ragione per cui le sirene salgono in superficie cantando in modo ammaliato non è tanto il loro essere di sirene stesse, quanto la loro bellezza. Le sirene sono state condannate dalla loro stessa bellezza.”
“Balle!” esclamò Alex Zabini fissando la superficie del Lago Nero come ammaliato e avvicinandosi come fosse in trance. Rubeus Hagrid ebbe appena il tempo di afferrarlo per il bavero del mantello che una testa di una sirena scontenta emerse per poi rituffarsi nel fondo degli abissi.
“Ora, ragazzi, dovete sapere che nelle ore che precedono il plenilunio l’attività marina è piuttosto movimentata: le creature degli abissi sono capaci, anche se non ancora all’apice della loro forza, di trascinarvi nel fondo del Lago e tenervi lì fin quando non siete completamente morti affogati. Non hanno ancora la forza di uccidervi loro stesse, ma aspettano il momento in cui siete già belli e finiti per divorarvi”
“Hagrid, basta, la prego, sembra un racconto horror da quattro soldi” inveì Nicholas Howl, Serpeverde.
“Vorrei tanto che lo fosse, Howl, lo vorrei tanto: ma sai, con queste birbone non si può proprio scherzare, no no, e il mio compito è quello di assicurarmi che nessuno di voi inciampi mai in una di queste bellezze”
 
“È una mia impressione o siete rimaste turbate dalla lezione di Hagrid, ragazze?” chiese James mentre addentava una coscia di pollo.
“Non proprio, James, non proprio: stiamo solamente tentando di capire com’è che la bellezza possa diventare una maledizione” rispose Rose.
“Bah, secondo me sono balle, l’ho detto a Hagrid quando ce l’ha spiegato, l’anno scorso, leggende per spaventare i superstiziosi”
“E lui che ti ha risposto?”
“-Sei tale e quale a tuo padre, James: una grandissima testa di calderone!”
“Non dovresti prendere in giro Hagrid, James: papà non sarebbe contento” lo riprese Lily bevendo del succo di zucca.
“Andiamo, Lil, scherzo! Nemmeno papà, né mamma, né zio Ron né zia Hermione hanno mai condiviso a pieno le idee di Hagrid”
“Tu cala la cresta comunque” tagliò corto Lily Luna Potter, alzandosi dal tavolo insieme alla cugina.
“Merlino, quant’è bella…” sbavò Sean Green appena le ragazze si furono allontanate, ricevendo una gomitata violenta e un “Non ci pensare nemmeno” da James.
 
Verso mezzanotte la luna piena era alta e illuminava il lago, i suoi raggi argentei che si riflettevano sulla superficie scura dell’acqua fredda. Scorpius Malfoy, come da sua abitudine, camminava lanciando sassolini nell’acqua, ripensando alle parole intimatrici del padre, e alla bellezza della mozzafiato Rose Weasley. Merlino, quanto gli piaceva. Ma non si sarebbe mai dichiarato, mai: in fondo, lei era una Weasley, una traditrice del suo sangue! Quante volte aveva sentito suo padre sussurrarlo a sua madre, quasi vergognandosi: cosa non sapeva del passato dei suoi genitori? Conosceva le dinamiche della guerra magica, a grandi linee, del fatto che la sua famiglia si era sempre schierata con Voldemort. Sapeva che suo padre era tormentato dai fantasmi di un passato troppo cattivo per essere raccontato, ma non sapeva che cosa nascondesse. Perché non volesse che lui avesse degli amici. Perché era così geloso di Agnes. Cosa c’era sotto? Mentre era tormentato da questi pensieri, un canto ammaliante gli fece rizzare il capo: realizzò cosa volesse dire che fosse sulla riva del Lago Nero in una notte di luna piena, ma non venne attratto dall’acqua, né spaventato. Una visione attirò la sua attenzione.
Rose Weasley.
Rose Weasley e Lily Luna Potter.
Rose Weasley, Lily Luna Potter e Agnes Narcissa Malfoy.
Rose Weasley, Lily Luna Potter e Agnes Narcissa Malfoy camminavano fluttuando nelle loro camicie da notte candide, come fantasmi, verso il Lago. Quando entrarono nel fascio di luce lunare aprirono gli occhi di scatto e si voltarono, in trance, verso l’acqua. Rose, prima del drappello, cominciò a intonare una cantilena, e così le fecero eco le altre. Scorpius la guardava stupito e un po’ spaventato, quando notò che le ragazze erano ormai giunte sulla riva e i loro piedi erano ormai immersi nell’acqua. La superficie del Lago si increspò, e una mano squamosa ne uscì, avvicinandosi alla caviglia di Rose. Per Scorpius fu un attimo: scattò in piedi brandendo la bacchetta e si diresse in direzione delle ragazze. “Stupeficium” gridò, e la mano venne schiantata, insieme al corpo a cui apparteneva, dall’altro lato del Lago. Rose, Lily e Agnes erano ancora immobili sulla riva, come se non fossero presenti. Scorpius le afferrò e, trascinandole lontano dall’acqua, dove si stava scatenando una battaglia contro lo stesso Malfoy per aver colpito la loro sorella, fin quando non furono al sicuro tra le mura del castello. Lì l’incantesimo, come se fosse comandato da un interruttore, svanì.
“C-cosa succede?” chiese Rose stropicciandosi gli occhi.
“A saperlo…” rispose Scorpius passandosi una mano tra i capelli per il nervosismo.
“Ho tanto freddo…” continuò Agnes accovacciandosi per terra con le ginocchia al petto. Scorpius volò al suo fianco stringendola per riscaldarla “Scor, che cosa è successo?” chiese la giovane Malfoy in un sussurro.
“Non lo so. Ero sul Lago e vi ho viste arrivate. Eravate come in trance”
“In trance?” chiese Lily stupita, la sua sicurezza scalfita da un muto terrore che l’incantesimo le aveva lasciato addosso.
“Proprio così. Avete anche cantato”
“Cosa?” esclamò Rose sgranando gli occhi.
“Già: voi e le sirene”
“È impossibile” disse Agnes.
“Dobbiamo parlare con la McGrannit” continuò Lily.
“No. Non ci crederebbe mai” concluse Rose.
“Conosco io l’unica persona che ne sa più della McGrannit in fatto di magia oscura”
“Chi, Scor?”
“Nostro padre, Agnes”. 

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Capitolo 4
*** "La mia bellezza è il mio guaio più grande" ***


Capitolo 4: La mia bellezza è il mio guaio più grande
 
Caro Padre,
Vi scrivo perché non sappiamo chi meglio di voi potrebbe aiutarci. La scorsa notte mia sorella Agnes, insieme alle sue due nuove compagne di stanza, Lily Luna Potter e Rose Weasley, è stata vittima, crediamo, di un sortilegio. Dalla mia finestra nel dormitorio ho potuto vedere come, durante il plenilunio, le ragazze si siano dirette all’aria aperta, e abbiano camminato fino alla superficie dell’acqua, cominciando a intonare una nenia non appena entrate nel fascio di luce lunare. Una volta toccata l’acqua, una mano squamosa di una sirena si è levata dal Lago e avrebbe quasi afferrato le ragazze se non l’avessi schiantata. In fretta sono uscito dal castello per soccorrere mia sorella e le sue amiche, le quali, però, sono rimaste come sotto incantesimo fin quando, giunti al chiuso, non sono tornate in loro. Non ricordavano nulla dell’accaduto, come fossero state in trance. Di cosa si tratta, Padre? Qua siamo tutti molto preoccupati. Non abbiamo informato la preside perché pensiamo che un vostro giudizio possa essere più lucido e esaustivo.
Per sempre Vostro,
Scorpius
 
Draco Malfoy stracciò la lettera e la buttò nel fuoco. Cosa voleva dirgli suo figlio? Che da ex Mangiamorte qual era ne sapeva più della McGrannit di magia oscura? Quando l’avrebbe visto l’avrebbe sgridato per bene. Ma dopo un po’… cosa stai dicendo, Draco? Pensi davvero che il tuo giovane figlio potrebbe rinfacciarti il tuo oscuro passato? Lui ha bisogno di te, e tu pensi solo a fuggire dai tuoi demoni. Sei una cattiva persona, Draco, ma non per quello che hai fatto in passato, per quello che continui a fare adesso: continui a punire i tuoi figli per cose che hanno nella loro natura, che anche tu avevi nella tua natura a sedici anni… dimentichi la tua tresca con la Granger…
No, basta. Doveva smetterla di pensare a se stesso. Doveva smetterla di pensare che tutto girasse intorno a lui e Voldemort. Suo figlio gli chiedeva aiuto. Sua figlia era in pericolo, e così, suo malgrado, le figlie dei suoi più acerrimi nemici dell’adolescenza che però si erano rivelati i suoi più grandi alleati nell’età adulta per discrezione e perdono.
 
“Cosa ha risposto vostro padre?” chiese Rose la mattina seguente nella Sala Comune.
“Ci vuole tutti al Manor per il week-end. Ha già parlato con la McGrannit, che ha acconsentito”
“Perfetto” annuì Lily, ricevendo un’occhiata stupita dalla cugina. Perfetto? Con quale stratagemma avrebbero ottenuto il permesso di passare due giorni a casa Malfoy?
“Scusa Scorpius, ma non credo che i nostri genitori sarebbero d’accordo” ribatté Rose.
“La McGrannit ha parlato con tua madre, Lily, e con tuo padre, Rose. Dice di averli convinti”
“Ci sarà stato lo zampino di zio Harry” disse ammiccante Rose.
“Non credo mio padre sia tornato” controbatté Lily alzandosi dal tavolo della colazione mettendosi sotto braccio i volumi di pozioni.
“Vediamoci alle sei nella Sala Comune dei Grifondoro, arriveremo a casa con la metropolvere” disse Agnes alle due cugine che stavano scappando a lezione.
“Ok. Alle sei lì. A dopo” rispose Rose con un sorriso a Agnes e uno sguardo timido e passionale a Scorpius.
“Ma che ti prende?” le sussurrò Lily una volta che furono nel corridoio, stupita che la sua pudica cugina cedesse alle palesi avance del giovane Malfoy.
 
I ragazzi si incontrarono nella Sala Comune alle sei precise, ognuno recando un piccolo bagaglio. Rose aveva preparato il borsone con estrema cura, selezionando un paio di capi sobri ma eleganti adatti per l’occasione: sapeva quanto i Malfoy tenessero alla forma. Scorpius prese dal sacchetto un pugno di polvere volante e, entrando nel camino spento, la lanciò per terra scandendo: “Malfoy Manor!”
Scorpius atterrò nel salotto di casa sua seguito da Rose, Lily e Agnes, che chiuse il cerchio. I ragazzi si guardarono intorno spaesati, fin quando Draco, vestito di un paio di pantaloni neri e una camicia bianca che ne esaltavano i muscoli scolpiti, fece il suo ingresso nel salotto.
“Padre” salutarono in coro Scorpius e Agnes con una riverenza, seguiti dalle due stranite e un po’ timorose Rose e Lily.
“Buonasera, ragazzi. Signorina Potter, signorina Weasley” e detto questo fece un breve baciamano alle due “È straordinario come le figlie di Harry Potter e Ronald Weasley abbiano accettato di presentarsi in casa mia. Questo è il vero progresso”
“Siamo state onorate del suo invito, signor Malfoy” rispose Rose arrossendo un po’.
“Dovere, mie care, dovere” continuò l’uomo con un sorriso “Allora” aggiunse “Volete spiegarmi cos’è successo ieri notte?”
 I ragazzi si accomodarono sulle poltrone disposte a semicerchio attorno al tavolino da tè davanti al camino e cominciarono a raccontare.
“Come vi ho detto per lettera, ieri notte mi sono svegliato e, guardando fuori dalla finestra, ho notato che Agnes, Rose e Lily camminavano come in trance verso il Lago, cominciando a intonare una nenia alla luna, come fossero, ora che ci ripenso, delle sirene” iniziò Scorpius, non volendo tuttavia rivelare che si trovava sul Lago di sua spontanea volontà “Sono corso fuori, temevo che si sarebbero fatte del male. Mentre procedevo verso la riva, una mano squamosa è uscita dall’acqua e stava quasi per afferrare il piede ormai immerso di Rose, quando sono riuscita a schiantarla. Ho chiamato le ragazze per nome, hanno spostato la loro attenzione su di me e, come ipnotizzate, mi hanno seguite dentro il castello”
“Mmh” commentò Draco “Tu che mi dici, Agnes? Non ricordi nulla?”
“Vi giuro, padre, che se Scorpius non mi avesse detto ciò che era successo non mi sarei accorta di nulla”
“Ma non provavate nulla, dopo essere state “risvegliate”?”
“Io sentivo molto freddo, di un freddo penetrante, e avevo paura. Molta paura”
Draco sollevò gli occhi grigi in uno sguardo preoccupato verso la figlia.
“Ci sono dissennatori a Hogwarts?”
“No, signor Malfoy. Ci avevo pensato anch’io” rispose Lily fissando ipnoticamente il fuoco.
“Hai mai provato il bacio di un dissennatore, Potter?” chiese Draco, notando con disappunto che si era rivolto alla figlia di Harry come si rivolgeva a suo padre.
“No, signore. Ma mio padre me ne ha parlato, e al terzo anno abbiamo fatto una simulazione”
“Tuo padre i dissennatori li conosce molto bene. Purtroppo ci ha avuto a che fare più di una volta”
Un attimo di silenzio imbarazzato seguì le ultime battute, poi Rose disse timidamente:
“Signor Malfoy, è possibile che questa nostra ipnosi sia dovuta alla luna piena?”
“È sicuramente così, Rose: non avete studiato le sirene?”
“Sissignore, ieri stesso”
“Ecco, Hagrid vi avrà parlato della loro maledizione: la cosa che le condanna ad adorare la luna non è il loro essere sirene…”
“…ma la loro bellezza” concluse Scorpius, realizzando, guardando le ragazze, che aveva davanti a sé le tre streghe più belle di sempre.
“Non credo che il nostro aspetto possa aver causato quello che è successo ieri notte, Scorpius” controbatté Agnes, imbarazzata.
“Io credo di sì, invece, Agnes” disse il giovane fissando Rose che, arrossendo, volse gli occhi altrove.
“Lo penso anch’io, figliola” si intromise Draco “Ma datemi del tempo per riflettere. Andate a cena, spero di potervi dare delle risposte più esaustive domattina”
I ragazzi si ritirarono ognuno nella propria camera, dove era stato portato un vassoio carico di cibo e bevande. Rose bevve un po’ di succo di zucca ma non riuscì a mangiare niente e, per niente stanca, si svestì indossando il pigiama. Mentre vagava per la stanza torcendosi le mani, sentì un timido bussare alla porta, che aprì con un rapido alohmora. Davanti a lei uno spaesato Scorpius stava in piedi fissandola seriamente.
“Posso?”
“Certo, entra pure”
Il giovane Malfoy entrò “Non riesci a dormire?”
“Ho paura che, se mi addormentassi, succederebbe ciò che è successo ieri notte”
“Neanch’io riesco a dormire, ho troppa paura per mia sorella e per voi”
I due ragazzi rimasero in silenzio per un po’, poi Scorpius si avvicinò a Rose e le prese le mani tra le sue, avvicinando le labbra al suo viso perfetto e baciandola. La ragazza rispose con passione e, sotto la spinta impetuosa della sua bocca si sedette sul letto, trascinandolo con sé. Continuarono a baciarsi, sdraiandosi, le mani ancora intrecciate. Scorpius si accorse che Rose stava piangendo solo dopo un paio di minuti, quando le lacrime inumidirono i loro visi.
“Cosa succede?”
“Ho paura, Scorpius”
“Ci sono io qui con te. Io ti amo, e tu… tu sei bellissima”
“E, a quanto pare, la mia bellezza è il mio guaio più grande”
Rimasero svegli tutta la notte accovacciati sul letto nella stanza di Rose, senza nemmeno coprirsi nonostante gli spifferi gelidi che filtravano dalle vetrate del balcone, traendo il calore l’uno dal corpo dell’altro e inspirando l’aria che l’altro espirava. Quando il sole sorse sul Manor, avrebbero voluto che uscendo dalla loro piccola oasi, scendendo da quel letto, tutte le preoccupazioni si fossero dissolte. Ma erano solo all’inizio. 

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Capitolo 5
*** Una cosa che non vuoi (e non puoi) rivelare ***


Capitolo 5: Una cosa che non vuoi (e non puoi) rivelare
 
Da qualche parte, nella brughiera.
 
Un castello, nella brughiera.
Un castello fatiscente, nella brughiera.
Un castello fatiscente che si regge su uno scheletro di ragnatele, nella brughiera.
Una donna in un castello fatiscente che si regge su uno scheletro di ragnatele, nella brughiera.
O meglio, il fantasma di una donna.
Il fantasma di una donna che ghigna malvagia per la sofferenza altrui.
La bocca sdentata che si trasfigura in un sorriso cinico e soddisfatto.
Il capo ormai ricoperto solo da una lanugine bianca che si piega all’indietro sotto l’impeto della risata.
Le mani scarne sui braccioli della poltrona.
Gli occhi vitrei ormai privi di qualsiasi ardore giovanile infossati nel cranio ossuto.
L’odio l’ha logorata, e continua a farlo, in un lento e doloroso processo di autodistruzione.
 
Al Manor
 
Draco Malfoy camminava avanti e indietro facendo rimbombare i passi sul pavimento di marmo della biblioteca. Doveva pur esserci una soluzione. Doveva pur esserci una soluzione a quello che lui aveva sempre ritenuto irrisolvibile. Avrebbe dovuto dire tutto ad Astoria anni e anni prima, e accettarne le conseguenze. Ora era troppo tardi. Come avrebbe fatto a convivere con la consapevolezza che il suo stupido orgoglio aveva mietuto l’ennesima vittima, la vittima che lui non avrebbe mai voluto che colpisse, sua figlia? Come avrebbe spiegato a Scorpius che non poteva salvare la sua sorella gemella, a cui era tanto affezionato? Come sarebbe sopravvissuto a quest’ultimo colpo?
Diamine, Draco, smettila di pensare.
Ormai ciò che è fatto è fatto, non puoi rimediare.
Puoi solo alleviare il dolore nel poco tempo che resta loro.
E accettarne le conseguenze.
Non puoi salvare tutti, Draco.
Non puoi salvare tutti, e non tutti possono essere salvati.
Devi solo capire che questa è una cosa che non vuoi (e non puoi) rivelare.
 
Scorpius sgattaiolò fuori dalla camera di Rose poco dopo l’alba. La ragazza, ancora stordita, si alzò e si fece una lunga doccia calda, poi con un incantesimo si asciugò i capelli rossi e indossò una gonna nera e un maglione rosso mattone, dei collant color panna e le bamboline. Si osservò nella grande specchiera della camera, stropicciandosi gli occhi che, per quanto si sforzassero, non riuscivano a mettere bene a fuoco l’immagine riflessa. Sarà la stanchezza, pensò prima di scendere a colazione.
 
Lily si alzò dal letto a baldacchino e, dopo essersi lavata, prese dal borsone una camicetta color prugna e una gonna di velluto verde. Si vestì e pettinò la lunga chioma corvina, poi strappò dalle setole della spazzola i capelli che erano stati tirati e li gettò nel cestino della spazzatura. Alcuni fili canuti scivolarono lentamente fuori dalle sue mani.
 
La sveglia suonò e Agnes scattò in piedi, intontita dallo stato di dormiveglia in cui era stata per tutta la notte. Sfregò le mani gelide… un momento. Le mani. Gelide. Le sue mani erano sempre gelide quando si svegliava, era una caratteristica che aveva preso da sua madre. Ma quella mattina… Agnes appoggiò una mano sulla stufa in ceramica dentro la quale ardeva un fuoco allegro. Non sentì nulla. Si pizzicò un dito con un ago, e nulla. Era come se avesse perso la sensibilità delle mani. Che stava succedendo?
 
La comitiva si riunì al tavolo della colazione, sul quale erano disposti piatti pieni di pancakes, frittelle e uova al bacon, caraffe di caffè nero e teiere di porcellana pregiata. Le tre ragazze si sedettero una accanto all’altra su un lato del tavolo, Scorpius di fronte a loro, i coniugi Malfoy ai due capotavola.
“Avete dormito bene, ragazze?” chiese Astoria alle ospiti.
“Il lettto era comodissimo, signora Malfoy, ma sa… non sono riuscita a prendere sonno, temevo che l’episodio si potesse ripetere: la luna non è ancora calata” rispose Rose.
“Lo stesso vale per me” continuò Lily.
Agnes, intanto, tentava di afferrare la tazza del tè, senza riuscirci: le mani le formicolavano e tremavano violentemente. Quando finalmente riuscì a prenderla, il liquido bollente le si riversò sulla gonna e la tazza si infranse per terra.
“Agnes!” esclamò Draco scostandosi per non essere schizzato dal tè.
“Che succede?” chiesero in coro Astoria e Scorpius.
“Le mie mani…” rispose Agnes parlando più a se stessa che agli altri commensali “NON SENTO PIÙ LE MANI!”
Draco si alzò di scatto, prendendo le mani della figlia tra le sue e sfregandole con forza. Astoria provò a farle sollevare un cucchiaino, ma nulla.  Agnes non sentiva nulla.
“Che cosa significa, padre?” chiese la ragazza in lacrime.
“Non lo so, Agnes, non lo so…” rispose Draco nel panico. Possibile che fosse già in uno stadio così avanzato?
“Chiamo il medimago” disse Astoria alzandosi.
“No” la fermò il marito “è inutile”
“Che significa inutile?” esclamò Scorpius spaventato.
“Che non si tratta di una disfunzione fisica. Questo è puro segno di magia nera” e detto ciò voltò le mani delle figlia, mostrando le macchie nere che stavano spuntando sui palmi.
“Che succederà?” domandò Agnes terrorizzata.
“Non lo so, piccola mia, non lo so” rispose il padre cingendole le spalle e abbracciandola, in uno slancio di affetto del tutto inusuale che stupì lui quanto la stessa Agnes.
L’orologio della sala suonò le undici.
“Dovete tornare a scuola” disse Astoria.
“Io non la lascio in questo stato” ribatté Scorpius.
“Tranquillo, Scorpius. Agnes verrà a Hogwarts, è inutile che resti qui. Io cercherò una soluzione” rispose Draco lasciando andare la figlia, un po’ tranquillizzata.
“Andate” disse con un triste sorriso Astoria, mentre i quattro ragazzi entravano a uno a uno nel camino e si smaterializzavano nella Sala Comune dei Grifondoro.
“Posso restare qui con voi?” chiese Scorpius a Rose mentre Lily aiutava Agnes a salire in dormitorio.
“Certo, Scorpius. Sei l’unico che può davvero aiutarla”. I due ragazzi raggiunsero le compagne nella camera, che chiusero e imperturbarono, per dedicarsi pienamente alla povera Agnes.
 
La mattina seguente, un urlo lacerò l’aria ferma del dormitorio femminile. Lily Luna Potter stava in piedi davanti allo specchio, in mano la spazzola, nell’altra una ciocca di capelli bianchi.
“Che succede?” si svegliò di soprassalto Rose.
“I miei capelli!” urlò la ragazza osservando la chioma chiazzata da grosse ciocche canute.
“Io non vedo nulla” rispose la cugina alzandosi dal letto stropicciandosi gli occhi e avvicinandosi a Lily.
“È impossibile non vederlo, Rose! Ho i capelli bianchi come nonna Molly!”
La Weasley strabuzzò gli occhi, faticando a mettere a fuoco le immagini, la stanza avvolta da un velo che le faceva distinguere solo le forme più nitide. Appena si avvicinò alla cugina, questa emise un grido di terrore e si scansò.
“Che succede adesso?”
“I tuoi occhi…”
“I miei occhi che? Parla, per le mutande di Merlino!”
“I tuoi occhi sono diventati trasparenti!”

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Capitolo 6
*** NESSUNO deve sapere ***


Capitolo 6: NESSUNO deve sapere
 
Rose si specchiò e, dopo aver realizzato che le sue pupille di due colori diversi erano diventate bianche come il latte, cacciò un grido di terrore e per poco non svenne. Scorpius, ancora addormentato, scattò in piedi e, accorrendo, la afferrò per le spalle per non farla cadere, facendola sedere sul bordo del letto.
“Che succede?” chiese Agnes, spalancando gli occhi.
“N-non ci vedo”
“Cosa?” domandò di nuovo la Serpeverde stupita.
“N-non vedo quasi più nulla. Le forme sono quasi sparite, e i colori appena distinguibili”
Agnes si voltò verso Lily e urlò: “Diamine, Lily, i tuoi capelli!”
“Che cosa significa?!” esclamò Scorpius, furioso e preoccupato, camminando su e giù per la stanza “Se scopro chi è il responsabile di tutto questo…”
“Calmati, Scorpius. Non ci aiuti per niente innervosendoti” lo riprese Agnes, che non tollerava l’impulsività del gemello.
“Cosa dovrei fare? Starmene qui con le mani in mano? Tu non riesci a muovere le mani, Rose è praticamente cieca e i capelli di Lily stanno diventando bianchi come quelli della nonna Narcissa! Dovrei lasciar correre?”
“Fermo, Scorpius. Ha ragione Agnes” lo zittì Rose, confusa “NESSUNO deve sapere”
“Credete di poter venirne fuori da sole?”
“No, ma non penso che nessuno dei nostri familiari possa aiutarci. Di conseguenza nessuno deve saperlo, servirebbe solo a complicare le cose. In particolare, c’è una persona che ne deve restare completamente all’oscuro…”
“…James” concluse Lily.
“James? Perché proprio James?”
“James ci vuole troppo bene per vederci in questo stato, Scorpius. Si sente sempre in dovere verso di noi, per tutte le volte che l’abbiamo tirato fuori dei guai, ed è iperprotettivo. Non permetterei mai che gli accadesse qualcosa. MAI” spiegò Lily con le lacrime agli occhi.
“È il miglior cugino che si possa avere, e il miglior amico. Ma è una grandissima testa di cazzo. Non voglio nemmeno pensare cosa si inventerebbe se lo sapesse” concluse Rose.
“E come pensate di nasconderglielo, di grazia? Vi ricordo che andate nella stessa scuola”
Rose e Lily si guardarono e sorrisero con intesa.
“Mai sentito parlare di tintura e lenti a contatto?”disse Lily con un mezzo sorriso, agitando la bacchetta e facendo apparire l’occorrente davanti a lei.
“Scorpius, mi sa che sei l’unico completamente sano qui. Pertanto, per piacere, vedi di spalmarmi questa tinta sui capelli”
“IO?!?”
“Fammi pensare, Agnes non si può muovere, Rose non ci vede e io da sola non ci riesco, quindi sì, tu”
“Uff, ok”
Lily si sedette su una poltrona mentre Scorpius, con un pennello, le spalmava la tinta sulle ciocche bianche, partendo dalla radice fino alle punte.
“Questa roba puzza” si lamentò il ragazzo.
“Zitto, Malfoy, preferisci finire sotto i pugni di James Sirius Potter?”
“No”
“E allora spalma”
Appena ebbe finito, Lily si alzò e agitando la bacchetta fece asciugare la tinta, poi prese le lenti a contatto e, avvicinandosi a Rose, le disse: “Forse bruceranno un po’…”
“Fa niente, Lily: mettile”. La cugina obbedì, posizionando la lente dorata sull’occhio sinistro e quella azzurra sul destro.
“Ti danno fastidio?”
“No, non sento nulla”
“Meno male”
“Scusate ragazze… con Agnes che si fa?” chiese Scorpius.
“Che vuoi fare, Scor? Non posso muovere le mani, non sono completamente paralitica”
“Come glielo spieghi a Lumacorno che non puoi fare le pozioni perché sei vittima di una maledizione?”
“Chi dice che debbo spiegarglielo?” e detto ciò Agnes si alzò dal letto e, aprendo con il piede il baule, indicò una pergamena e una piuma “Scrivi, Scorpius”
“Che devo scrivere?”
Io sottoscritto Draco Lucius Malfoy esonero mia figlia Agnes Narcissa Malfoy dalle lezioni
“Ma sei pazza? Se nostro padre lo scopre mi frusta fino a quando non ha più fiato in corpo!”
“Hai un’idea migliore?”
Scorpius guardò la sorella e poi, con un nodo in gola, prese la pergamena, la piuma e l’inchiostro e cominciò a scrivere, tentando di imitare la grafia del padre.
“Hai finito?” chiese Lily che, ansiosa, aveva guardato l’orologio, accorgendosi che mancavano cinque minuti all’inizio delle lezioni.
“Sì”
“Bene, scendiamo. Rose, dammi la mano, e ricordati di sbattere le palpebre di tanto in tanto”
“Certo”
“Se qualcuno chiede di Agnes ha la febbre alta”
“Ok” disse Scorpius, riaccompagnando la sorella a letto e baciandola sulla fronte.
“Sto bene, Scorpius” le sussurrò la ragazza con le lacrime agli occhi.
“Lo so” rispose lui, per poi scendere seguendo le cugine.
 
“Rose! Lily!” chiamò James correndo nel corridoio.
“Ciao, James” salutarono le due.
“Ma dove siete state tutto il weekend? Volevo andare ad Hogsmeade a fare compere con voi!”
“Agnes ci ha invitate a casa sua”
“Cheeee?”
“Hai capito benissimo” rispose Lily pungente.
“Volete dirmi che avete passato un weekend intero dai Malfoy? E mamma e papà lo sanno?”
“Certo, brutto somaro: secondo te chi ci ha autorizzate, Merlino?”
“Ehi, calmati Lily, ma che hai? Sembri strana. Anzi, sembrate strane… Rose, ma sei con noi?”
Rose, infatti, si era incantata con lo sguardo fisso sul pavimento, senza nemmeno accorgersene.
“Ehm, sì James, ero sovrappensiero”
“Mmh, comunque vorrei sperare che la cotta per Scorpius Malfoy vi sia passata”
“Perché?”
“Ah, non so se lo sapete,  ma un paio di miei amici che stanno in Serpeverde l’hanno sentito parlare nel sonno come una checca, discorsi come sirene, luna piena e Rose… non smetteva di ripetere il tuo nome, Rose”
“Allora non sarà poi tanto checca, non credi?” rispose la Weasley per le rime, poi le cugine si allontanarono stizzite.
“Oh cazzo” esclamò Rose appena furono fuori portata d’orecchio “Qualcuno sa di noi!”

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Capitolo 7
*** Io sono colei che ha fatto soffrire tuo padre. Che ha fatto soffrire Harry Potter. Che ha fatto soffrire Hermione Granger. Perché io sono… ***


Capitolo 7: Io sono colei che ha fatto soffrire tuo padre. Che ha fatto soffrire Harry Potter. Che ha fatto soffrire Hermione Granger. Perché io sono…
 
Rose e Lily rimasero inquiete per tutta la mattinata, l’una tentando di vedere qualcosa oltre la patina bianca che le oscurava la vista, l’altra passandosi nervosamente la mano tra i capelli e mangiandosi le unghie diligentemente smaltate di blu notte. Quando la campanella che annunciava l’inizio del pranzo suonò le due ragazze si alzarono di scatto dal loro banco nell’aula di incantesimi e scapparono al dormitorio. Non avevano fame, volevano vedere come stava Agnes e parlare a lei e a Scorpius di quello che James aveva detto loro.
Salirono gli scalini a tre a tre, la mano di Rose in quella di Lily per evitare di cadere dalle scale che, proprio quella mattina, sembravano essere particolarmente movimentate. Saltarono dentro il ritratto della Signora Grassa e, attraversando la Sala Comune deserta, entrarono nel dormitorio femminile. Nella loro stanza Agnes, ancora in camicia da notte, non avendo potuto vestirsi, camminava avanti e indietro, vittima della noia.
“Rose! Lily! Che bello che siate venute, cominciavo a morire qua dentro!”
“Ma cosa fai, Agnes? Rimettiti seduta, non vorrai cadere!” esclamò Lily apprensiva.
“Tranquilla, le gambe mi funzionano, sono le mani che non vogliono decidersi a muoversi”
“Ma ti fanno male?” chiese Rose sedendosi a tentoni sul letto.
“No, è come se non le avessi più”
“Idem per me. Non ho sentito nemmeno un leggero formicolio quando Lily mi ha messo le lentine, e anche toccando sulla palpebra l’occhio non riceve stimoli”
In quel momento un trafelato Scorpius spalancò la porta introducendosi nella camera da letto.
“’Giorno, ragazze”
“Ciao, Scorpius. Com’è andata con Lumacorno? L’ha bevuta?” chiese Agnes.
“Sì, sì, ma non possiamo andare avanti per molto: alla seconda giustificazione chiamano i genitori per sicurezza”
“Ci inventeremo qualcosa”
“Voi come state? Rose?”
“Bene, credo, se non fosse che non vedo assolutamente più nulla: è tutto bianco”
“Lily?”
“Bene, in fin dei conti sono quella a cui è andata meglio”
Ci fu un momento di silenzio e poi Rose, alzandosi in piedi, dichiarò: “Qualcuno sa di noi”
“Cheee?” esclamarono in coro i gemelli Malfoy.
“È così” continuò “James ci ha detto che i tuoi compagni, la notte della maledizione, dopo che ci hai salvate, ti hanno sentito parlare nel sonno…”
“…e nominare Rose” concluse Lily.
Scorpius sgranò gli occhi sconvolto e si accasciò mollemente sulla poltrona. Se non fosse stato un Serpeverde, e se non fosse stato un Malfoy, probabilmente avrebbe cominciato a piangere e avrebbe mandato all’aria tutto.
“Stai bene, Scorpius?” chiese Agnes accostandolo.
“I-io non capisco” il ragazzo si schiarì la voce “Non so come sia potuto accadere”
“Stai tranquillo, per ora i tuoi compagni pensano solo che tu sia una checca isterica” puntualizzò Lily sfacciata.
“LILY!” la riprese Rose alzandosi e muovendosi a tentoni verso Scorpius, fin quando non gli arrivò vicino e mise le mani nelle sue.
“Che c’è? È la verità. Qua non ci stiamo mica per dirci cazzate. Se vogliamo risolvere questa cosa dobbiamo essere uniti, come nemmeno i nostri genitori lo sono mai stati, Rose”
“Ciò non significa insultare come fa quel cafone di James!”
“Non ho mai detto che mio fratello sia un esempio di finezza, ma Scorpius e Agnes devono sapere le cose come stanno”
“Lily ha ragione” si intromise Scorpius alzandosi dalla sedia liberandosi delle mani di Rose che stringevano le sue “E se i miei compagni mi considerano una checca, tanto meglio: penseranno che io stia delirando. Adesso la vera domanda è come fare a risolvere tutto questo. Proposte?”
“Tornare da papà è escluso, lo faremmo solo preoccupare inutilmente” disse Agnes.
“In biblioteca?” propose Rose.
“Nessuno ha mai risolto i problemi in biblioteca, nemmeno tua madre, Rose” ribatté acida Lily.
“Eliminiamo a priori l’ipotesi di parlare con la McGrannit?” chiese Scorpius
“Sì” risposero in coro le ragazze.
“E allora che dovremmo fare? Cavarcela con le sole nostre forze?” disse il ragazzo.
“È l’unica opzione che abbiamo: quando avremo le idee più chiare potremo rivolgerci a qualcuno” rispose Agnes sedendosi sul letto.
Dei passi nel corridoio attirarono l’attenzione dei quattro amici.
“James” soffiò Lily riconoscendo la risata del fratello “Nasconditi, Scorpius: non voglio che ti trovi qui”. Scorpius scivolò nel bagno appena prima che James Sirius Potter aprisse la porta baldanzoso.
“Ah, siete qui? Non vi ho viste a pranzo”
“Non avevamo fame” rispose Rose evasiva.
“Che hai, Agnes? Stai male?”
“Un po’ di febbre, James, niente di che”
“Uhm, meno male. Ah, Lily, è arrivata posta: papà è tornato”
La giovane Potter scattò in piedi strappando dalle mani del fratello la lettera del padre, che lesse avidamente fino all’ultima riga. Quando ebbe concluso si portò la missiva al petto e si sedette sospirando di gioia: si era appena liberata di un peso.
“Grazie, James”
“Figurati. Ci ho parlato stamattina dal camino, era molto contento che foste andate dai Malfoy”
“Te l’avevo detto”
“Ha detto che è decisamente soddisfatto che non vi facciate buttare giù dalle aspettative e dalle superstizioni altrui”
“Sono contenta”
Implicitamente congedato, James se ne andò. Scorpius uscì dal bagno e, salutando le ragazze, sparì oltre la porta, non volendo essere sorpreso negli appartamenti dei Grifondoro. Rose e Lily avevano concluso le loro lezioni e, dato che gli allenamenti di Quidditch erano stati annullati a causa della tempesta che imperversava all’esterno, poterono tranquillamente restare in camera con Rose per il resto del pomeriggio.
 
Era notte fonda quando Scorpius Malfoy si alzò dal suo letto e, sonnambulo, sgusciò fuori dalla porta del suo dormitorio e salì fino al portone principale del castello. La porta si aprì magicamente, cedendogli il passo verso un parco devastato dalla tempesta che soffiava sulle torri di Hogwarts sollevando la terra e scuotendo i rami degli alberi. Sempre in trance uscì all’aria aperta, lasciandosi alle spalle la scuola. Camminò per un po’, fin quando non fu nel mezzo della bufera. Lì si svegliò, aprendo gli occhi di scatto e subito costretto a schermarli con le mani a causa del forte vento. Una presenza, nel cielo sopra di lui, sghignazzava.
“C-chi sei?” urlò il ragazzo senza sapere bene a cosa rivolgersi.
“Strano che tu me lo chieda, Scorpius, quando sei sangue del mio sangue”
“C-che vuoi d-da me?”
“Da te niente, mio caro nipotino, piuttosto cosa voglio da tua sorella e dalle sue amichette”
“Lasciale andare! Dimmi chi sei o io…”
“…o tu? Io sono già morta, mio caro, non puoi fare niente” e seguì un ghigno da fare accaponare la pelle.
“Allora lasciami andare… LASCIACI ANDARE!”
“Oh, Scorpius, non capisci quanto sei importante tu per me? Per lo scopo della missione? Noi potremmo avere l’immortalità, Scorpius, e tutto questo se mi aiuterai a far cadere quelle tre squillo delle tue amichette”
“Non potrei mai volere l’immortalità dalla morte di altri: il mondo fa così schifo che non la vorrei comunque”
La bufera si acquietò un momento, poi riprese più forte di prima.
“Allora ne pagherai le conseguenze, mio caro nipotino, perché io sono colei che ha fatto soffrire tuo padre. Che ha fatto soffrire Harry Potter. Che ha fatto soffrire Hermione Granger. Perché io sono BELLATRIX LESTRANGE!”
Un viso bianco e scavato, ricoperto di una sottile lanugine bianca, apparve in cielo come in un lampo, poi sparì, accompagnato da una stridula risata.  
                                  

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Capitolo 8
*** “E questo è quanto.” ***


Scorpius si risvegliò confuso nel suo letto. Possibile che avesse sognato? No, era tutto troppo reale per essere frutto della sua immaginazione. Si alzò e facendosi luce con la bacchetta si vestì scivolando nella sala comune dei Serpeverde. Doveva vedere suo padre. L’orologio sulla mensola del camino segnava le due di notte. Tanto meglio: al Manor non dormiva mai nessuno. Prese un po’ di polvere volante da un sacchetto e lanciandola disse: “Malfoy Manor!”
 
Draco e Astoria stavano seduti nel salotto, il primo leggeva un libro, la seconda ricamava la federa di un cuscino. Un tonfo li distrasse dalle loro occupazioni, facendoli sbalzare dalle poltrone e accorrere al camino dove un dolorante Scorpius era appena atterrato.
“Scorpius! Che ci fai qui?” esclamò Astoria aiutando il figlio ad alzarsi e portandolo nella camera. Aveva le mani gelide.
“Perdonate l’intrusione, padre, ma devo assolutamente conferire con voi” disse il ragazzo allo sguardo severo e accusatorio di Draco.
“Lasciaci soli, Astoria” disse l’uomo sedendosi sulla poltrona, il figlio di fronte a lui “Che succede?”
“Stanotte ho ricevuto una chiamata che forse potrebbe svelare il perché di tutto quello che sta accadendo alle ragazze”. Draco sussultò: allora il figlio sapeva tutto?
“Parla: ti ascolto” rispose ostentando il nervosismo.
“In mezzo alla notte mi sono alzato e, come sonnambulo, sono uscito dal castello. Mi sono svegliato in mezzo a una bufera, nel cui frastuono si distingueva una voce, che mi parlava… diceva che se l’avessi aiutata a uccidere Agnes, Lily e Rose avremmo ottenuto entrambi l’immortalità… diceva che aveva fatto soffrire voi, il padre di Lily e la madre di Rose… diceva di chiamarsi Bellatrix Lestrange”.
Draco a quel nome scattò in piedi, si avvicinò al tavolino degli alcolici e si versò del whisky incendiario, che bevve tutto d’un sorso.
“Che succede, padre? Chi è Bellatrix Lestrange?” chiese il ragazzo alzandosi in piedi e fermandosi alle spalle di Draco.
“Siediti, Scorpius. È una storia lunga” padre e figlio si risedettero e il primo, tantando di sfuggire dallo sguardo del giovane, così simile al suo, cominciò a raccontare.
“Bellatrix Black Lestrange era la sorella di tua nonna Narcissa. Mia zia, Scorpius. È stata uccisa durante la battaglia di Hogwarts. Ma la cosa che la caratterizzava era il suo essere malvagio. Lei era più di un…” e qui la voce di Draco tentennò “…Mangiamorte. Lei era una vera e propria fanatica. Amava Lord Voldemort più di sé stessa, e avrebbe dato sé stessa e chiunque per la buona riuscita del suo lavoro. Successe che, mentre Harry Potter, Ronald Weasley e Hermione Granger erano in cerca degli horcrux, inciamparono in dei Mangiamorte che li portarono al Manor. I tratti del viso di Harry erano stati cambiati e quindi era irriconoscibile a chiunque, ma non a me: lo conoscevo troppo bene, Potter, era il mio peggior nemico e l’avrei distinto anche in una folla di maghi. Quando mia zia Bella mi chiese se era Harry Potter, io risposi di no. Non mi sembrava giusto quello che stavano facendo, la mia meschinità mi portava a non schierarmi né dal lato del bene né dal lato del male. Potter e Weasley vennero rinchiusi nelle segrete, ma la Granger no. No, lei era una mezzosangue, e doveva pagare. Doveva pagare e Bellatrix la fece pagare amaramente. La cruciò per molto tempo e quando fu allo stremo delle forze le incise sulla pelle la parola mezzosangue. Io non potevo sopportare di sentirla gridare: io amavo Hermione Granger, e non potevo pensare di vederla così. Feci dunque la cosa che la salvò, ma condannò me: consentii la fuga di Ron e Harry, che la portarono in salvo. Ma la zia Bella aveva capito tutto: non era stupida. Mi torturò per giorni, complici i miei, mi sequestrò la bacchetta e quando fui sfinito mi portò da Voldemort e gli esternò il mio tradimento. Rimasi isolato in una cella fredda e buia per mesi, fin quando il Signore Oscuro non decise che avevo espiato la mia pena e, in virtù della devozione dei miei, mi lasciò libero. Questo ci porta alla spiegazione di quello che lei ti ha detto, o almeno in parte: così ha fatto soffrire Hermione,  e me. Harry aveva già ricevuto la sua dose di sofferenza al quinto anno, quando Bellatrix aveva ucciso Sirius Black, suo cugino nonché padrino di Harry. E questo è quanto.”
“Ma questo cosa c’entra con noi? Perché vendicarsi solo ora, e sulle ragazze?”
Draco sospirò e appellando un altro bicchierino di whisky  si passò una mano tra i capelli biondi e continuò: “Bellatrix Lestrange è stata uccisa da Molly Weasley, nonna di Lily e Rose. Quando siete nati tu e Agnes, però, mi è apparsa, mentre ero in biblioteca. Ha detto che me l’avrebbe fatta pagare, che l’avrebbe fatta pagare a tutti noi: a me perché avevo tradito il mio sangue, ai Weasley per averla uccisa, a Potter per aver sconfitto il suo amato Signore. Le dissi che non mi importava nulla della mia vita, che ormai ero condannato alle fiamme dell’inferno. Decise allora di punirmi in un altro modo. Di punire tutti noi in un altro modo” Draco prese fiato, come se dovesse farsi tirare un dente, e concluse: “Decise di maledire le nostre figlie. Le uniche che potevano ridarle la sua giovinezza, la sua bellezza. Decise che, quando sarebbero state abbastanza mature, le avrebbe strappate dalle loro vite, prendendo cosa le serviva per tornare e vendicare l’Oscuro Signore: la capacità di muoversi, i capelli e la vista. Speravo sarebbe stato solo un delirio di un fantasma, ma non è stato così. Mi dispiace, Scorpius”.
Draco cominciò a singhiozzare, le braccia puntellate sulle ginocchia che gli sorreggevano il viso. Scorpius, sconvolto dal racconto, non sapeva che fare: non aveva mai visto il padre così apparentemente fragile e impotente, e penava per lui come per le ragazze.
“Cosa possiamo fare?” chiese quando l’uomo si fu ripreso e, rindossata la sua maschera di padre autorevole e imperturbabile Malfoy, si andò a versare il terzo cicchetto di whisky.
“Non possiamo fare nulla, Scorpius”
“Ma ci dev’essere qualcosa che risolva tutto! Padre, dovete aiutarle! Dobbiamo aiutarle!” gridò scattando in piedi e afferrando il braccio del padre. Draco, sconvolto, gli tirò uno schiaffò in pieno viso, facendolo retrocedere. Il ragazzo stava quasi per barcollare e cadere a terra, quando il padre lo afferrò e lo strinse a sé. Che cosa stava facendo? Allontanava persino suo figlio, che gli chiedeva aiuto non per sé, ma per le sue sorelle? L’immagine di una Hermione Granger torturata gli attraversò la mente, e non riuscì a reprimere le lacrime. Reprimeva persino suo figlio, pur sapendo che presto gli sarebbe rimasto solo lui.
 

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Capitolo 9
*** “Bruceremo insieme, te lo prometto” ***


Capitolo 9: “Bruceremo insieme, te lo prometto”
 
Il giorno seguente Scorpius, alquanto scosso, tornò ad Hogwarts. Insieme al padre avevano convenuto di non dire nulla alle ragazze, per non turbarle ulteriormente, ma appena ebbe varcato il portone della Sala Grande seppe che gli sarebbe stato impossibile mantenere il segreto. Si diresse con falsa nonchalance al tavolo dei Serpeverde, dove i suoi compagni lo attendevano in trepidante attesa.
“Dove sei stato, Scorpius? È tutta la mattina che ti cerchiamo!” disse con la solita fretta Alex Zabini, spostandosi per fare posto all’amico.
“Sono dovuto andare a casa mia per risolvere un problema” rispose elusivo il Malfoy sedendosi.
“Ahh… e l’hai risolto?” chiese ingenuo Zabini.
“No, Alex”
“Vabbè, dai, avrai altre occasioni. Ma che fine ha fatto Agnes? È un sacco che non la vedo!”
“Non sta bene”
“L’hai portata da Madama Chips?”
“Per le mutande di Merlino, Alex, la smetti di farmi il terzo grado? Madama Chips non può curarla.”
“Calmati, Scorpius, chiedevo soltanto…”
“Chi non può curare chi?” chiese impertinente James Potter passando vicino al tavolo dei Serpeverde.
“I cazzi tuoi mai, Potter?” inveì Scorpius alzandosi e spintonando James con una spalla per passare.
“Oooh, guarda guarda, il damerino che prende posizione! Che c’è, il tuo viziato padre ti ha dato una buona dose di frustate per curare la tua inutilità? Non sa che è incurabile?”
Scorpius gli sferrò uno schiaffo in pieno viso, e ricevette di rimando una scarica di pugni nello stomaco.
Da dietro la schiena di James, sedute al tavolo dei Grifondoro, Rose e Lily avevano sentito tutto. La Weasley, in preda all’ira nei confronti del cugino, scattò in piedi e, a tentoni, si aggrappò al braccio di James per evitargli di colpire  di nuovo il povero Malfoy.
“James, basta! Così lo ammazzi!” gridò in lacrime. Ma il giovane Potter, vittima della stessa irruenza che aveva caratterizzato suo padre prima di lui, si scrollò di dosso la cugina con una tale forza che il suo corpo esile cadde a terra e, sbattendo contro la panca, le causò una piccola ferita alla testa, che però fece fuoriuscire un rivolo di sangue caldo, bagnandole i capelli rossi. Scorpius, alla vista dell’azione di James, lo atterrò con un calcio e, scostandolo, soccorse la Weasley.
“Rose! Rose! Tutto bene?” urlò Scorpius gettandosi accanto a lei.
“S-sì, Scorpius… d-devo solo u-uscire da qui”
Malfoy sollevò la giovane e di peso la portò fuori dalla Sala Grande, mentre lei, inebriata dal suo profumo di menta e tabacco, si stringeva come un agnellino al suo petto.
Scorpius la tenne stretta a sé mentre, procedendo per i corridoi, imboccò le scale che conducevano alle segrete. Giunto ai dormitori dei Serpeverde la scostò da sé quel tanto che bastava per guardarla in quegli occhi ciechi e la baciò con passione. Rose, facendo scorrere le mani sul suo petto, ricambiò con furore, assaggiando tutti i centimetri di quelle labbra familiari, perquisendo il suo corpo con le dita inesperte. Scorpius la condusse su uno dei letti di ebano intarsiati del dormitorio e, facendola sdraiare, continuò a baciarla, le sue mani nei capelli ramati di lei e la sua bocca sempre più contro le sue labbra che si gonfiavano.
Rose, alla cieca, prese tra le dita i bottoni della camicia del ragazzo sopra di lei e, a uno a uno, lentamente, cominciò a sbottonarli, facendo scorrere le mani sui muscoli scolpiti del petto. Scorpius, bruciante di desiderio, la trasse a sé, sfilandole la gonna e la camicetta, lasciandola solo con la biancheria intima. Ad un tratto, però, l’ombra di ciò che sapeva ma non le aveva rivelato gli attraversò la mente e il ragazzo si incupì, sottraendosi al bacio.
“Cosa succede?” chiese Rose, delusa.
“Non ti ho detto tutto quello che so sulla maledizione, Rose”
La ragazza si sollevò e, stringendosi a lui, gli sussurrò un debole “racconta”.
Scorpius disse tutto ciò che era accaduto la notte precedente, ciò che aveva scoperto, ciò che il padre gli aveva rivelato, compreso l’amore di Draco per Hermione, l’ennesimo filo che lo legava a Rose. Rimasero zitti per un tempo che parve interminabile, quando il giovane, non potendo più sopportare quel silenzio assordante, si voltò e, prendendo le mani di Rose, le disse con trasporto: “Perdonami se la mia famiglia ti ha causato dei guai. Perdonami se adesso sei condannata a un triste destino. Perdonami se non faccio altro che chiedere di perdonarmi, so di essere imperdonabile, che tutti noi lo siamo, ma senza di te anche quel poco che ci resta non avrebbe senso.”
Il ragazzo si alzò trattenendo a stento le lacrime, pur consapevole che la ragazza non poteva vederlo pensava che avrebbe percepito le sue debolezze, prese da terra la camicia e fece per rinfilarsela quando una Rose nuda, fredda e bianca alla luce soffusa e ai riflessi che l’acqua del lago proiettava sulle pareti della stanza, gli si avvicinò e, seria, gli disse.
“Se sono condannata a essere dannata, voglio esserlo insieme a te. Se siamo condannati a bruciare, bruceremo assieme. Non posso affrontare questa cosa da sola, e nemmeno tu puoi. Siamo tutti nella stessa barca. E se proprio devo morire, voglio morire donna, e donna grazie a te”. Rose si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulle labbra umide dalle lacrime. Scorpius la sollevò, le gambe di lei allacciate intorno ai suoi fianchi, e ricominciò a baciarla con passione. La fece distendere sul letto, pronto a provare un’emozione che non aveva mai provato prima, pronto a diventare uomo, e far diventare donna la ragazza che amava. Non che non avesse paura che qualcosa andasse storto, che ci sarebbero state delle conseguenze. Non che non avesse paura di non soddisfare i desideri di Rose, di andare contro le convenzioni purosangue che lo volevano casto da ogni tipo di rapporto con i mezzosangue. Ma decise di farsi forza, per Rose. La sua Rose, che nonostante tutto e tutti era sempre pronta a combattere per la sua salvezza. Decise di essere forte, in nome della ragazza ormai donna che amava, e la baciò con forza.
“Ti amo” sussurrò Rose.
 “Bruceremo insieme, te lo prometto” rispose il ragazzo.
                                                            

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Capitolo 10
*** “Uno dei due deve morire.” ***


Capitolo 10: “Uno dei due deve morire.”
 
Bellatrix Lestrange sogghignava, avvolta nel velo di incolumità che circonda tutti i fantasmi, seduta sulla poltrona del suo castello nella brughiera. Era rimasta delusa da quel suo discendente, il figlio del suo diletto e stupido nipote. Ma sapeva come fargliela pagare, e sarebbe stato peggiore di come avesse pagato suo padre. Non poteva colpirlo direttamente, era un Malfoy, un purosangue, e nelle sue condizioni non poteva permettersi di attaccare un altro suo pari. Ma poteva danneggiare le mezzosangue, e distruggerle… e Scorpius, Scorpius sarebbe calato a picco con loro.
 
Rose Weasley si svegliò di soprassalto urlando. Soffriva da tempo di incubi, quand’era piccola le capitava spesso di averne, ma erano solo causa della paura del buio, e aprire gli occhi e ritrovarsi davanti la luce la facevano sentire subito meglio. Ma quella notte, quella notte non c’era nessuna luce. Aperti gli occhi, il buio era ancora più nero. Ancora più buio.
“Rose, Rose, calmati!” gridò Lily svegliandosi e avvicinandosi al capezzale della cugina per soccorrerla.
“È buio, Lily, è buio!”
“Lo so, Rose, lo so che è buio, so che hai paura, ma ti prego, smettila di urlare, o svegliamo tutti”
Rose, improvvisamente consapevole della sua debolezza, trasse le ginocchia al petto, come per bloccare il suo dolore contro se stessa, e si zittì. Agnes, che nel frattempo era riuscita ad accendere la luce armeggiando con le dita dei piedi intorno all’ abat-jour , si alzò e, accostando le cugine, tentò di tranquillizzare Rose.
“Sto bene” rispose lei “Sto bene”.
“Cos’hai sognato?” chiese curiosa Agnes, accarezzandole i capelli rossi.
“Niente… niente”.
Rose era una persona troppo forte per svelare le sue paure e i suoi rimorsi. Si sentiva in colpa per averlo fatto con Scorpius, senza nemmeno vederlo in viso, ed era spaventata, spaventata dalle conseguenze delle sue azioni, che presto sarebbero arrivate. Quel sogno le aveva dato il colpo di grazia. Era sdraiata sul letto, Scorpius sopra di lei. Lo sentiva, lo vedeva. Il ragazzo le aveva appena raccontato della visita di Bellatrix, e della sua intenzione di non appoggiarla, ma improvvisamente l’atmosfera era cambiata: quella che prima sarebbe stata tra le prime cinque serate migliori della sua vita si era trasformata nel suo incubo peggiore. Le pupille color tempesta del suo ragazzo erano diventate improvvisamente rosso sangue, iniettate di odio. “Credevi davvero che ti avrei lasciata vivere, che il sangue di una sporca mezzosangue valesse di più dell’immortalità di un purosangue, di un Malfoy?”
“Ma, Scorpius, che dici… io ti amo…”
“Certo, come potresti non amarmi? In fondo sei sotto di me, e non hai mai visto niente di meglio… e non vedrai mai niente di meglio” il ragazzo aveva estratto la bacchetta e gliela puntò contro.
“Scorpius, che vuoi fare?” aveva chiesto Rose, appiattendosi contro il materasso.
“AVADA KEDAVRA!” aveva gridato il ragazzo. Poi, la morte.
 
La mattina seguente, Scorpius la sorprese nel corridoio mentre usciva dall’aula di pozioni accompagnata da Lily. La sollevò di peso e, appoggiandola al muro la baciò con passione.
“Allora, siete passati al livello due, voi?” li canzonò la Potter, non sapendo che avevano già superato con successo il terzo.
“Si direbbe” rispose Scorpius scostando una ciocca di capelli rossi dal volto della ragazza “Ciao, amore”
“Ciao” rispose Rose, ma la voce le si strozzò in gola.
“Qualche problema?”
“No, niente”
L’orologio dell’aula di pozioni suonò e le due cugine lasciarono solo Scorpius, sommerso da domande che lo assillavano.
“Che ti prende?” chiese Lily mentre si allontanavano, sconvolta dalla freddezza della cugina.
“Niente”
“Perché ti sei comportata così allora?”
“DIAMINE LILY, TI HO DETTO CHE NON HO NIENTE!” urlò Rose attirando l’attenzione di tutti gli studenti che si trovavano nel corridoio.
“Va bene, va bene, ti credo. Andiamo…” e le due salirono per la Sala Grande.
 
Quel pomeriggio Rose si sedette su una delle balconate che davano sul chiostro, le gambe penzoloni sull’erba, in attesa di Lily, che era andata a procurarsi dell’acqua per sé e del succo di zucca per la cugina. Delle mani familiari le si posarono sulle spalle, e ebbe appena il tempo di girarsi che la sua bocca incontrò quella ben più calda di Scorpius.
“Ciao!” disse gioioso il ragazzo.
“Ciao!” rispose lei, tentando di risultare meno fredda della mattina.
“Che ci fai qui da sola?”
“Aspetto Lily, è andata a prendere da bere”
“Capisco…” asserì Scorpius, poi non riuscì più a trattenere la domanda che tanto gli premeva e la disse lì, tutta d’un fiato: “Senti…è successo qualcosa dopo, beh, dopo ieri?”
“No, assolutamente” si affrettò a rispondere Rose, che non voleva rivelargli il suo sogno, non voleva mostrarsi debole e ingrata nei confronti di un ragazzo che la accettava così com’era, cieca e in punto di morte.
“Perfetto allora” e il giovane Malfoy tornò a saziarsi delle sue labbra.
 
“Io non lo lascio andare! Io non lo lascio!”
“Bene, allora sarà lui a lasciare te” rispose Bellatrix spingendo sempre più Scorpius sull’orlo del precipizio.
“Stai ferma! Stai ferma o ti ammazzo!”
“E come? Non sai nemmeno dove sono, lurida mezzosangue! Non puoi vedermi! Povera Rose, pensa cosa direbbe tuo padre, cosa direbbe tua madre, la tua sporca buttana madre mezzosangue!”
“Non oseresti ucciderlo. Non oseresti uccidere un tuo consanguineo!”
“Lui? Lui è solo un traditore, come suo padre. E uno dei due deve morire, o tu o lui”
“Vengo io!” gridò Rose Weasley svegliandosi di soprassalto.
 
Come sonnambula, Rose attraversò la scuola deserta e si spinse fuori da una delle finestre che dalla Sala Grande si aprivano sul parco. Scavalcò il davanzale e, in equilibrio sul cornicione, camminò per un paio di minuti, aggirando il castello e giungendo in linea d’area sul Lago Nero. Scorpius camminava malinconico sulla riva del Lago, torcendosi le mani, come non faceva dalla notte in cui per la prima volta si era manifestata la maledizione. Un’ombra attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo, e una Rose bianca alla luce della luna in bilico sul cornicione si mostrò a lui.
Rose si lasciò cadere dolcemente. Scorpius ebbe appena il tempo di estrarre la bacchetta e urlare, nella confusione che si faceva largo nella sua testa: “Finite incantatem!”
La ragazza si accasciò piano tra le sue braccia.
“Rose! Rose! Stai bene?!”
“Non puoi proteggermi per sempre, Scorpius: non possiamo stare insieme. Se stiamo insieme, uno dei due deve morire.”. 

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Capitolo 11
*** "Io non ti conosco." ***


Capitolo 11: “Io non ti conosco.”
 
“Loving you was the most exquisite form of self destruction.”
 
                                      
 
Rose allontanò Scorpius. Sapeva che Bellatrix se la sarebbe presa con lui, dato che non era riuscita a far fuori lei. E non voleva che gli succedesse nulla. Si chiuse in un muto dolore, perennemente appollaiata sul davanzale della finestra della sua stanza, il vetro freddo a ridestarla dal suo triste torpore. Vegliava sul campo da Quidditch immaginando le squadre che giocavano, ed era un passatempo divenuto per lei così gradevole che se ne privava solo quando da Lily le giungeva la notizia che Serpeverde doveva scendere in campo, allora si ritirava sul letto, accovacciandosi stringendo le ginocchia al petto. Prendeva in mano l’iPod babbano che la madre le aveva regalato per Natale e accendeva la musica. Parole dolci che scorrevano dalle cuffie nelle sue orecchie e le ricordavano i tempi andati. Che le ricordavano Scorpius, nonostante i suoi vani tentativi di non pensare a lui.
 
Scorpius, se possibile, cadde in una forma di depressione peggiore di quella di Rose. Si chiuse in uno stanzino che dava sul Lago Nero, uno di quelli con le pareti di vetro che lo lasciavano osservare tutto ciò che accadeva di fuori. Vedeva coppie beate di Tassorosso, coppie brillanti di Corvonero, di impavidi Grifondoro, e giuste coppie di purosangue Serpeverde sedersi sotto i rami del salice che cresceva in prossimità del Lago e ridere, ridere di gusto e baciarsi. Pensò a come sarebbe stato bello se i capelli di Rose fossero stati biondi, se il suo sangue fosse stato un po’ più puro, se la sua famiglia fosse stata un po’ più ricca e millenaria. Piangeva per ore interminabili, incidendo con la punta di una forbice sul legno del pavimento del suo rifugio rose senza spine e cadaveri senza dolore, come avrebbe voluto fossero stati lui e Rose, fiori piacevoli da toccare e morte dolce da assaporare, ma lì c’era solo dolore, solo distruzione. Aveva dimenticato Agnes, aveva dimenticato Lily, aveva dimenticato persino Bellatrix. Si concentrava sulle parole di Rose, su quel “Se stiamo insieme, uno dei due deve morire”,  su quel “Non puoi proteggermi per sempre”, sputato lì con tanto odio, con tanta disperazione. Pensava a cosa avesse fatto di male, per meritarsi quel trattamento pessimo, in cosa avesse sbagliato. Si tormentava al pensiero che Rose l’aveva lasciato, che non ce l’aveva più fatta a tenerlo con sé. E ne soffriva.
 
Lily Potter non riusciva più a riconoscere la cugina: rifiutava di scendere a lezione, di indossare le lenti a contatto per mascherare la sua cecità, non mangiava e non beveva più nulla, lo sguardo sempre fisso in un vuoto colmo di domande senza risposte, a detta della giovane Potter. Dopo un po’ di quel supplizio, fece ciò che era inevitabile: si allontanò dalla cugina in difficoltà. Non poteva più sostenere quella situazione di attesa perenne, lontano dagli schemi e dalle convenzioni dettate dal tempo. Rose non era più la stessa. Scorpius aveva smesso di vorticare intorno al dormitorio femminile della casa dei Grifondoro. Avevano persino smesso di cercare una soluzione alla maledizione.
 
Agnes Malfoy, nel quartetto colpito dalla furia di Bellatrix Lestrange, era colei che era rimasta più lucida e imperturbabile. Non potendo lasciare il dormitorio studiava in camera, lo sguardo perennemente vigile su Rose, come un’attenta infermiera su un paziente terminale. Era una ragazza calma per natura, che la severa educazione e le rigide regole avevano formato con un carattere mite e riflessivo, ma non per questo stupida. Così, un giorno, circa due settimane dopo il quasi suicidio di Rose, si alzò nel cuore della notte e, attraversando in silenzio i corridoi di una Hogwarts addormentata, giunse davanti all’ingresso della Sala Comune dei Serpeverde. Recitò la parola d’ordine che le era stata svelata da Scorpius e entrò, facendosi largo tra i divani di broccato e i tavolini di mogano. Guidata da quel filo che unisce i gemelli, spalancò col piede la porta dello stanzino in cui stava rintanato Scorpius e lo osservò, la sua schiena nera alla luce della luna.
“Scorpius…” sussurrò, entrando e sedendosi accanto a lui. Nessuna risposta. “Scorpius… sono io, Agnes”.
All’udire quel nome, il ragazzo si girò e, buttando le braccia al collo della sorella, affondò il viso nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo e cominciò a piangere lacrime amare.
“Non mi vuole più, Agnes, mi ha lasciato! Mi ha lasciato per sempre!” singhiozzava. Agnes aspettò che si sfogasse e che, tornato in sé, riprendesse un po’ della sua dignità di giovane uomo Malfoy, poi intervenne.
“Non ti ha lasciato, Scorpius. Non credo che ti abbia lasciato”
“Beh, mi sa che dovrai ricrederti. Perché l’ha detto chiaro e tondo: non possiamo stare insieme”
“Una cosa è il non volere, una cosa è il non potere. E qualcosa mi dice che lei non abbia agito secondo sua volontà”
Scorpius ruotò la testa di scatto, fissando la gemella con sguardo interrogativo.
“Credo che tu non mi abbia detto tutta la verità, Scorpius. E credo che nostro padre c’entri qualcosa”. Agnes si raddrizzò sul davanzale della finestra e attese che il gemello parlasse.
Scorpius parlò. Parlò tutta la notte, non solo di ciò che Agnes gli aveva chiesto, ma anche di cose che, in quei mesi di lontananza, lei non poteva essere a conoscenza. Era la prima volta che nella vita dei gemelli Malfoy entravano degli elementi esterni così importanti, che li dividevano e li impegnavano. In quei mesi, con tutto il da fare per venire a capo di sì tanti problemi, non avevano avuto l’occasione di mancanza, ma allora, seduti contro il vetro freddo di una finestra che dava sul Lago Nero, tutta la sofferenza sfociava in un unico lago, e i fratelli si sentivano più distanti che mai, si mancavano più che mai.
Scorpius, da qualsiasi altra persona, si sarebbe aspettato un banale “perché non me l’hai detto?”, ma non da Agnes. Agnes non l’avrebbe mai posta in quel modo. E non lo deluse.
“Avevo ragione di credere che Rose non sia in sé. C’è stato un evento che potrebbe aver, in qualche modo, scatenato l’ira di Bellatrix nei vostri confronti?”
Scorpius si alzò, riluttante. Era la prima volta che provava vergogna nei confronti della gemella. Loro erano quelli che riuscivano a fare il bagno nella stessa stanza, nella stessa vasca, ancora a sedici anni; erano quelli che si raccontavano tutto, errori e buone azioni. Ma come avrebbe reagito Agnes alla notizia che aveva fatto l’amore con Rose Weasley? C’era solo un modo per scoprirlo. La prese da un polso e, in silenzio, la condusse nella stanza dove l’avevano fatto. Indicò il suo letto, il letto dove ormai non dormiva più da tre settimane, con le coperte intatte, ancora quelle dove una cieca e magnifica Rose era diventata donna.
“Ecco cos’è stato a farla scattare. Ha capito che con te non ha speranze, e ora che ha notato che sei così legato a lei vuole fare di tutto per distruggerla”
“Non l’avrà! Non l’avrà! Avrà la mia vita, avrà quella di papà, di Harry Potter e di Hermione Granger, ma non la sua!”
Scorpius uscì correndo dal dormitorio, inforcando le scale e salendole saltando gli scalini. Giunto alla torre di Grifondoro, spalancò la porta della stanza di Rose e, vedendola lì, finalmente, dopo settimane, perfetta alla luce della luna, si buttò ai suoi piedi, tremando per il pianto che gli scuoteva il petto, rabbioso come mai si era sentito prima.
“Rose! Rose! Sono io, sono Scorpius!”
“Chi sei tu? Io non ti conosco.”

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Capitolo 12
*** Come diventare irriconoscibili. ***


Capitolo 12: Come diventare irriconoscibili.
 
“Maybe tonight I’ll call you, after my blood turns into alchol”
 
 
 
“Io non ti conosco.” ripetè Rose a uno Scorpius inginocchiato davanti a lei in lacrime.
“Rose, io sono il tuo ragazzo, sono Scorpius, Rose!”
“Lily, mandalo via. Voglio dormire.” ribattè la rossa apatica rivolgendosi alla cugina e accomodandosi ai piedi del letto.
“Mi dispiace, Scorpius” obbedì la giovane Potter spingendo il ragazzo fuori dalla porta e chiudendola.
 
Scorpius si accovacciò in un angolo, vicino a una finestra della Sala Comune dei Grifondoro, lasciando che la tristezza fluisse fuori di lui come sangue da una ferita profonda. Rose, la sua Rose, non lo riconosceva più. Non solo aveva smesso di amarlo, aveva smesso persino di accorgersi della sua assenza. Aveva smesso, di vederlo, di considerarlo e infine se n’era dimenticato. Rimase lì per un tempo che gli parve eterno, fin quando il sole non sorse oltre le colline e illuminò la Sala Comune rosso-oro. Scese dal davanzale con un balzo e, scendendo i gradini a due a due, sbucò in una delle cucine e sedendosi su una sedia e chiese che gli portassero da bere. Holiday, un’elfa domestica dalle orecchie più piccole del normale e grandi occhi verdi, gli porse una tazza di latte ma, allo sguardo inceneritore del ragazzo, stappò una bottiglia di whisky incendiario e gliene versò un generoso bicchiere.
 
Agnes Malfoy, nel frattempo, era riuscita a farsi strada tra i corridoi deserti e a giungere nella sua stanza al piano dei Grifondoro.
“Che è successo?” chiese a una Lily sveglissima che vegliava come un angelo sulla cugina addormentata.
“Scorpius è stato qui”
“Lo so. Che ha fatto?”
“Ha tentato di parlare con Rose, ma lei non l’ha riconosciuto”
“Come temevo”
“Agnes, cosa c’è che non so?” chiese la giovane Potter passandosi una mano tra i capelli canuti.
Dopo che Agnes ebbe ricomposto i pezzi del puzzle, tra ciò che il padre aveva rivelato a Scorpius e ciò che lei aveva ipotizzato potesse essere la causa dell’allontanamento di Rose dalle loro vite, Lily si accasciò sconvolta sul letto.
“Ora tutto ha un senso”
“No, niente ha un senso, in realtà”
“Dobbiamo risolvere la situazione, Agnes: se ora Rose allontana solo Scorpius, tra poco potrà fare lo stesso con noi e diventare irrecuperabile”
“Dobbiamo andare al Manor” disse la Malfoy dando voce alla certezza che l’aveva assillata tutta la notte.
“Sono d’accordo. Quando si parte?”
“Subito”.
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
Scorpius era al terzo bicchiere di whisky incendiario e, da triste e malinconico che era, era diventato rabbioso e con una bruciante smania di distruggere tutto ciò che trovasse sul suo cammino. La piccola Holiday aveva ritenuto giusto allontanarsi da lui, lasciandolo a ubriacarsi in solitudine. Ingollò anche l’ultimo sorso della bottiglia, per poi frugare nelle scorte di alcolici e prendere un fiasco di idromene barricato. Lo stappò e se ne versò un generoso calice, battendo nervosamente un piede per terra. Sapeva che stava sbagliando, che si stava facendo del male, ma ormai che importava? Rose non si ricordava più di lui, e sapeva sarebbe stato definitivo, quindi meglio dimenticarla. Dimenticarla in fretta.
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
Agnes Narcissa Malfoy e Lily Luna Potter atterrarono reggendosi a stento in piedi nel camino del Manor, disturbando la colazione dei coniugi che, in silenzio, desinavano.
“Agnes, Lily! Che ci fate qui?”
“Perdonate l’intrusione, madre, ma le cose stanno degenerando” si giustificò Agnes avanzando verso Astoria che l’accolse a braccia aperte.
“Che succede? Dov’è Scorpius?” chiese Draco sempre più in ansia.
“A smaltire sé stesso, suppongo” rispose amara e malinconica Lily.
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
Rose Weasley alzò la testa dal cuscino.Non c’era nessuno in camera con lei, non c’era mai stato nesuno. Lei non ricordava nessuno.
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
“Scorpius, ma sei pazzo?” esclamò Alex Zabini entrando nelle cucine e notando le bottiglie di alcolici vuote accanto all’amico.
“Non immischiarti, Zabini”
“Invece mi immischio eccome! Vieni, ti porto in infermeria”
“Non devo andare in infermeria”
“Ma sì che ci devi andare, dai, Madama Chips ti darà una pozione per i nervi” insistette Zabini tirandolo per un braccio. Scorpius si liberò facilmente dalla presa e, prendendo in mano l’accendino che teneva nel porta sigarette d’argento accese la fiamma e lo indirizzò all’alcol sparso per terra.
“Dì un’altra parola e qua brucia tutto!”
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
“Quindi Rose non riconosce più Scorpius? E come mai all’improvviso?” chiese Draco dopo aver ascoltato la storia delle due ragazze.
“Crediamo che ci sia stato qualcosa che l’ha fatta scattare” alluse Lily, tentando di restare sul vago.
“Rose e Scorpius hanno fatto sesso, e il giorno dopo lei era strana e ha cominciato ad allontanarsi” rispose Agnes con precisione scientifica, ricevendo un’occhiata di rimprovero dall’amica, che aveva tanto il significato di un “però, che tatto!”.
Draco sospirò e, bevendo un sorso dalla tazza di caffè corretto che aveva davanti, si passò una mano sul viso.
“Rose sta bene?”
“Sinceramente? Mai stata meglio da quando la maledizione ha avuto inizio” rispose Lily amaramente.
“Eppure ha tentato il suicidio”
“Padre, ho ragione di credere che non sia completamente in sé”
“Pensi che Bellatrix abbia potuto manipolare la sua mente?”
“Ne sono sicura. Ha capito che non può distruggere Scorpius in prima persona, e ha deciso di colpirlo indirettamente: così prende due piccioni con una fava”
Draco si alzò in piedi, cominciando a camminare nervosamente su e giù per la stanza. Astoria, che fino ad allora era stata in piedi in un angolo, gli si avvicinò e, mettendogli una mano sulla spalla, gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
“È l’unica soluzione” sentirono rispondere Draco.
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
“Fermo, fermo!” urlò Zabini indietreggiando verso la porta della cucina “Non ti riconosco più, Scorpius. Non ti riconosco più” aggiunse prima di sparire nel corridoio.
Malfoy si sedette e si accese una sigaretta. Prese dalle scorte altre due bottiglie di liquore e, nascondendole sotto il mantello, uscì dirigendosi sul Lago Nero.
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
La ragazza si alzò dal letto e, indossando la divisa, scese dabbasso. Non si era nemmeno accorta di aver perso la vista, si muoveva con una disinvoltura palpabile, come se ci vedesse davvero. Giunta nella Sala Grande, si sedette e, quando suo fratello Hugo la accostò, gli rivolse un sorriso maligno e lo spinse giù dalla panca. Camminò fino all’aula di Trasfigurazione e, accomodandosi accavallando le gambe al suo banco, attese in trepidante attesa l’inizio della lezione. Quando sentì Sean McLaggen sedersi accanto  a lei, i suoi occhi si illuminarono brucianti di desiderio. 

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Capitolo 13
*** “Due su due!” ***


Capitolo 13: “Due su due!”
 
 
 
“Qual è l’unica soluzione, padre?” chiese Agnes sporgendosi in avanti sulla poltrona.
Draco prese il coraggio a due mani. Doveva davvero farlo? Aveva litigato tanto con Astoria su quella questione, su Hermione Granger, su Harry Potter, e ora… ora doveva per forza chiamarli in aiuto.
“Bisogna avvertire i genitori di Lily e Rose, in particolare Hermione e Harry”
“Sono d’accordo, signor Malfoy” rispose Lily, alzandosi in piedi, sollevata e speranzosa. Suo padre e sua zia avevano sconfitto Lord Voldemort, ce l’avrebbero fatta anche per una sua seguace integralista.
“Lily, manda una strilettera a casa tua, io scriverò a casa Weasley. Bisogna che la leggano subito”
La giovane Potter estrasse dalla sua sacca pergamena, penna e inchiostro e vergò velocemente:
 
Mamma, papà,
è urgente. Raggiungeteci a Malfoy Manor.
Lily
 
Draco prese una elegante carta da lettere color panna recante lo stemma dei Malfoy e scrisse con la sua grafia elegante e tagliente:
 
Mia cara Hermione,
so che sono anni che non ci vediamo, ma devo informarti di una triste notizia: tua figlia Rose, così come Lily Potter e i miei gemelli sono in pericolo. Ti prego di raggiungermi a Malfoy Manor.
Per sempre tuo
Draco Malfoy
 
Draco si risedette sulla sua poltrona, mentre Astoria si ritirava nella sua camera per schiarirsi le idee. Quando aveva sposato Draco, un Draco distrutto dalla perdita di Hermione e dalle torture di essere stato un Mangiamorte, avevano pattuito che la questione “Granger” non sarebbe più entrata nella loro casa e, in qualche modo, avevano imparato ad amarsi. Ma ora, ora la giovane, avvenente Mezzosangue rientrava silenziosamente nelle loro vite, facendo affondare definitivamente il relitto del loro amore.
 
Un’ora dopo bussò alla porta di Malfoy Manor il trio più leggendario della storia di Hogwarts: Harry James Potter, nella sua uniforme da Auror; Ronald Bilius Weasley, in una stropicciata camicia a quadri che usava per stare in casa durante le ferie; Hermione Jean Granger, in un elegantissimo tailleur da attivista del Wizengamot. Aprì loro Astoria in persona che, dopo aver rivolto uno sguardo di astio alla Granger, li introdusse nel soggiorno dove Agnes, Lily e Draco stavano aspettando.
“Papà!” esclamò la giovane Potter gettando le braccia al collo del padre, che la prese in braccio come quando era bambina mentre soffocava le lacrime nei suoi capelli canuti.
“Malfoy” salutò con odio Ron, stringendo a sé la moglie con un’espressione che significava molto un “è mia, non l’avrai mai”.
“Ron, Harry, Hermione, è un piacere vedervi, seppur in circostanze così infauste” li accolse Draco con affettata ospitalità, facendoli accomodare sui divani e appellando il vassoio del tè.
“Cosa succede, Draco?” chiese Hermione guardandolo fisso con i suoi grandi occhi dorati.
“Andrò al sodo” esordì l’uomo “Quando sono nate le nostre figlie, mi è apparsa Bellatrix Lestrange. Mia zia, sorella di mia madre, nonché assassina di Sirius Black, aguzzina di Hermione e morta per mano di Molly Weasley. Ha detto che l’avrebbe fatta pagare a tutti noi, e che ce l’avrebbe fatta pagare per interposta persona, prendendo come capro espiatorio le nostre figlie. Harry, lei vuole fartela pagare per aver distrutto Voldemort. Ron, vuole fartela pagare, a te e alla tua famiglia, per averla uccisa. A me, beh, a me vuole farla pagare per aver tradito, e aver permesso a voi tre di scappare da questa casa, al settimo anno” e detto ciò lanciò uno sguardo colmo di passione e rammarico a Hermione, che arrossì violentemente prima di prendere la parola.
“E allora? Come pensa di farcela pagare? Tagliala, Draco: che ha fatto alle nostre figlie?”
“Beh, Lily potete vederla voi stessi: ha i capelli bianchi. Agnes non riesce a muovere braccia e mani”
“E Rose? Dov’è Rose?” chiese Ron aggressivo.
“Beh, Rose forse ha avuto la peggio: ha perso la vista, i suoi occhi bicolore sono diventati bianchi e sembrano di vetro. Ma c’è dell’altro…”
“Cosa succede?” chiese Hermione apprensiva.
“Bene, sapete, lei e Scorpius… da quando lei e Scorpius…” seguì un silenzio imbarazzato, rotto dall’inveire di Ron, che scattò in piedi: “CHE DIAMINE È SUCCESSO A MIA FIGLIA, MALFOY?”
“Da quando lei e Scorpius l’hanno fatto abbiamo motivo di credere che, dato che non può contrastare un altro suo consanguineo, un altro purosangue, si sia avventata su Rose per farla pagare a entrambi. Rose ha perso la ragione…”
“…È come se fosse posseduta” concluse Agnes per il padre, che non riusciva a parlare per l’imbarazzo causatogli dalla presenza di Hermione.
“CHE COSA?!” urlò Ron scattando in piedi, brandendo la bacchetta e puntandola verso Draco “MIA FIGLIA È POSSEDUTA DA UNA STRONZA CONCUBINA DI VOLDEMORT PERCHÉ È STATA STUPRATA DA TUO FIGLIO?! MA IO GIURO CHE TI AMMAZZO, COME AVREI DOVUTO FARE ANNI FA!” e cominciò a recitare un anatema che Harry lo disarmò e, prendendo la sua bacchetta, se la cacciò in tasca.
“Sei impazzito, Ron? Calmati, non credo che Rose sia stata stuprata da Scorpius. Altrimenti non avrebbe senso il piano di Bellatrix. No, Malfoy?”
“Esatto, Potter. È da un po’ che i nostri figli, beh, come dire, si fanno il filo, e probabilmente è stato questo a mettere Bellatrix su questa strada, prima ancora del sesso” rispose Draco impallidito per mitigare il carattere del Weasley.
“Visto, Ron? Non trarre sempre conclusioni affrettate” lo rimbrottò la Granger continuando a fissare Draco.
“Ebbene, che dobbiamo fare?” domandò Harry raddrizzandosi sulla sedia.
“Innanzitutto recuperare i ragazzi. Con Rose useremo il legilimens, e poi, beh, di Scorpius mi occuperò io”. Un brivido percorse la schiena di Agnes: quando il padre si “occupava” di Scorpius il gemello aveva decisamente la peggio.
 
Il trio leggendario di Hogwarts, seguito da Malfoy, si smaterializzò a Hogsmeade e da lì, attraverso il passaggio segreto nella cantina di Mielandia, giunse dentro il castello. Non avevano voluto avvertire nessuno perché avevano appurato a loro spese che meno persone sono a conoscenza dei problemi, meno vittime ci sono (e comunque intrufolarsi dentro il castello clandestinamente li allettava non poco). Hermione e Ron salirono nella Sala Comune dei Grifondoro, mentre Draco e Harry scesero dritti nei sotterranei.
“Ehi, Malfoy, hai imparato a controllare l’erezione quando vedi Hermione?” lo canzonò l’ex Grifondoro.
“Piantala, Potter” rispose ridendo malizioso Draco, dandogli un pugno di scherno sul braccio.
Draco Malfoy sorrise malinconicamente e quando, giunto davanti all’ingresso della Sala Comune dei Serpeverde, fece un incantesimo di ricognizione per controllare dove fosse suo figlio, lo vide disteso per terra nella cucina.
“Per Salazar!” urlò, trascinando Harry su per le scale e poi svoltando in un corridoio secondario.
 
“Non mi piace come ti guarda quel Malfoy” borbottò Ron cedendo il passo alla moglie su per le scale che conducevano al dormitorio.
Quel Malfoy? Ne conosci altri?” lo rimbeccò Hermione, da sempre attenta a una buona grammatica.
“Non fare spiritosaggine, Hermione, sai a che mi riferisco” la rimproverò Draco. Seguì un silenzio pieno di allusioni.
 
“Scorpius!” urlò Draco non appena entrò nella cucina e vide suo figlio immerso nel liquore sparso sul pavimento.
“Padre!” salutò il ragazzo beffardo con una risata meschina “E Harry Potter! Beh, quale onore, signor Potter, lei e suoi amichetti hanno fatto fuori zia Bells e ora noi subiamo le conseguenze, eh?”
I lineamenti di Draco si indurirono, quindi estrasse la bacchetta e la puntò verso il figlio.  Scorpius brandì la sua e cominciò a pronunciare un debolissimo incendio  che Draco lo schiantò. Il ragazzo perse i sensi.
 
Ron e Hermione fecero irruzione nella camera della figlia, le bacchette alte in mano. Rose, seduta sul letto con la camicetta mezza sbottonata e i lunghi capelli rossi scarmigliati, stava seduta sul letto baciando McLaggen, che faceva scorrere la sua mano sulle cosce tornite sospirando di piacere.
“ROSE!” gridò Ron facendosi avanti e dividendo i due ragazzi.
“Rose, chi cazzo è questo vecchio?” chiese McLaggen scrollandosi di dosso la mano possente di Ron.
“Non lo so, Sean”
Hermione rimase interdetta: aveva perso la vista ed era posseduta, ma possibile che non riconoscesse loro, i suoi genitori?
“Rose, non mi riconosci? Sono io, tua madre, Hermione!”
“Hermione, Hermione Granger?!” si intromise McLaggen “Questa sì che è bella, mio padre parla sempre del ‘fascino intellettuale attizzante della Granger’”
“Frena la lingua, McLaggen” rispose snobbandolo Ron.
“Ahh, sì, ricordo, Hermione Granger” disse Rose “La bastarda Mezzosangue”.
 
Scorpius si alzò sghignazzando sotto lo sguardo preoccupato di Draco e Harry.
“Credevate davvero di avermi fatto fuori? No, non me, non un Malfoy. Dopotutto, me lo avete insegnato voi, no, padre? Mai perdere il controllo! Ecco, avete vinto: sono diventato come voi”. Attese un minuto, come pesando il silenzio che li attorniava, e il duello ebbe inizio.
Stupeficium!” urlò Scorpius scagliando l’anatema contro il padre.
Protego!” rispose Draco parando e sillabando un veloce “Expelliarmus”. Scorpius cadde a terra e, colpito da un conato di vomito, abbassò la guardia. Draco e Harry lo presero a braccia e lo riportarono verso il passaggio segreto. Una volta a Hogsmeade, si smaterializzarono.
 
Turbata, Hermione perse un battito. Non poteva crederci. Sapeva che era stata Bellatrix a parlare, non Rose, non la sua Rose, ma faceva male, faceva male lo stesso. Ron, per una volta conscio della tempesta che si stava scatenando nel cuore della moglie, prese Rose di forza e, insieme, raggiunsero Mielandia. Arrivarono al Manor senza dire una parola.
 
“RAZZA DI IMBECILLE!” urlò Draco scaraventando il figlio per terra e frugando in un angolo alla ricerca della frusta magica “HAI-LA PIÙ PALLIDA-IDEA-DI COSA-SAREBBE-POTUTO-SUCCEDERTI?!?!?!?!?!?!” gridò colpendolo ripetutamente fino a farlo sanguinare. Scorpius, inebriato dai fumi dell’alcol, dette prova di tutta la forza che aveva, alzandosi in piedi e tentando di contrastare l’ira paterna.
“Che cosa avrei dovuto fare, eh? Scrivere un trattato su quanto sia di merda essere lasciato dalla ragazza con cui hai scopato per la prima volta? Eh? O piuttosto ritirarmi nella mia casa secolare a fare i conti con un passato che non ha futuro?!”
“Non puoi ridurti ubriaco al punto di non saperti difendere, Scorpius! Sei crollato sotto un expellarmius, a sedici anni! Al sesto anno!” continuò a frustarlo, sul viso, sulle mani, sul petto, ovunque i suoi occhi accecati dalla rabbia potevano condurre la frusta.
“E voi? Eh? A quarant’anni vivete come un eremita, scappate dai vostri demoni e avete paura persino di farvi vedere al Ministero! Per non parlare della Granger, che siete riuscito a farvi fottere da quel troglodita di Weasley”.
La maledizione cruciatus giunse su Scorpius come una saetta su un bosco. Lo scosse in tutto il suo corpo, costringendolo a terra a chiedere pietà. Ma era proprio qui che sbagliava: i Malfoy non chiedono pietà.
Venne cruciato per un paio di minuti, poi Draco venne riscosso dalla voce di Hermione che lo chiamava allarmata e piangente. Si voltò un momento, interrompendo il contatto visivo,  a guardare la donna che amava, a ritrovare se stesso nelle sue pupille lucenti come oro liquido, ma ritrovò solo dolore, solo delusione. Che stava facendo? Stava uccidendo suo figlio, ecco cosa. Stava utilizzando la maledizione cruciatus, che aveva giurato non avrebbe più scagliato su nessuno, da quando era stato costretto a usarlo su Mezzosangue e Babbani innocenti durante la Guerra Magica… e ora ricadeva nella sua stessa paura, infliggendola. Per un attimo immaginò sé stesso sedicenne rannicchiato accanto al camino, ormai completamente appiattito contro il muro, e rivide il suo tirannico padre che lo frustava e lo cruciava ininterrottamente. Lui no, lui sarebbe stato diverso da Lucius Malfoy. Lui avrebbe guidato i suoi figli fuori dai pregiudizi e dalle cose indicibili che aleggiavano nell’aria di Malfoy Manor. Ma ormai era troppo tardi. Era già scappato nella sua stanza.
 
Rose, che mentre si smaterializzava aveva perso i sensi, venne messa distesa sul divano del soggiorno, attorniata da Harry, Hermione, Ron, Ginny (che nel frattempo era giunta), Lily, Agnes, Scorpius Astoria, che non aveva più sopportato di sentire le urla del figlio ed era scesa. Scorpius aveva rifiutato di farsi medicare fin quando Rose non fosse stata liberata e, ora che, reso sobrio dal dolore, aveva capito la realtà dei fatti, si sentiva più sciocco che mai e ringraziava suo padre per la drastica svegliata e punizione. 
“Che dobbiamo fare?” chiese il ragazzo dopo aver bevuto dell’acqua gelida per svegliarsi.
“Tuo padre voleva usare il legilimens su Rose, Scorpius” rispose Harry con il pragmatismo imparato in vent’anni di servizio da Auror “Ma adesso non credo che lui ne sarà in grado”
“Lo faccio io” esclamò Scorpius scattando in piedi.
“ASSOLUTAMENTE NO, SCORP, NON IN QUESTE CONDIZIONI!” inveì Agnes scattando in piedi con scarso equilibrio.
“E CHI ME LO IMPEDISCE, EH? SONO STANCO DI FARMI SEMPRE METTERE I PIEDI IN TESTA! SIAMO CRESCIUTI AGNES, E NON PERMETTERÒ A NESSUNO DI ‘DARMI CONSIGLI’ CONTRO LA MIA VOLONTÀ! FATTI DA PARTE UNA BUONA VOLTA!”
Agnes venne zittita in malo modo e tornò a sedere, accigliata. Era la prima volta che Scorpius la aggrediva in quel modo, e qualcosa le diceva che non sarebbe stata l’ultima: anche suo fratello stava crescendo.
Scorpius si posizionò davanti all’amata e, fissando con le lacrime agli occhi le palpebre innaturalmente chiuse della ragazza represse un singhiozzo. Pronunciò l’incantesimo a bassa voce, e non si era sbagliato: il dono di lettori dei Malfoy non saltava la sua generazione. La mente di Rose si schiuse a lui come il bocciolo di una rosa in estate.
 
Un tunnel, ecco com’era la mente della persona: un corridoio sul quale si aprivano innumerevoli stanze. Vide la sua nascita, il suo primo dentino. La prima comunione babbana, che la nonna Jean aveva voluto prendesse a tutti i costi. Il primo bacio, a un anonimo Grifondoro nella Sala Comune. Vide la prima volta che i loro sguardi si erano incrociati, in una stanza di rilievo rispetto alle altre, in un angolo della mente visitato, non polveroso come gli altri. Vide il loro primo bacio, il Lago, le notti passate a parlottare con Lily e Agnes prima della maledizione. Vide il momento in cui era entrato in lei. Ad un certo punto, il buio più totale. E una voce, di sottofondo, che diventava sempre più forte, fino a sovrastare i suoi pensieri.
Ti ho preso, Scorpius Malfoy!” gridava Bellatrix Lestrange “Ho preso anche te!
Scorpius, negli ultimi momenti di coscienza, tentò, dal limbo in cui si trovava, di pronunciare il primo contro incantesimo che gli venisse in mente. Sapeva di maghi che erano rimasti intrappolati nella mente di un altro, ma si trattava di casi rarissimi, di uno su un milione. E quell’uno sembrava proprio essere lui: come in preda ad uno scatto di epilessia, Scorpius rimase intrappolato nella mente di Rose, tormentato dalla voce penetrante di Bellatrix che ripeteva martellante “Due su due! Due su due!

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Capitolo 14
*** “Avrei fatto meglio a scegliere lui” ***


Capitolo 14: “Avrei fatto meglio a scegliere lui”
 
 
 
Il corpo di Scorpius, fino ad allora immobile, ebbe un violento fremito, come se avesse preso la scossa, e si accasciò al suolo contorcendosi in uno scatto di epilessia.
“SCORPIUS! SCORPIUS!” gridò Astoria accovacciandosi accanto a lui tentando di calmarlo.
Finite incantatem!” gridò Harry Potter sguainando la bacchetta, tentando, invano, di ribaltare l’incantesimo.
Hermione, paralizzata, fissava il ragazzo che si contorceva per terra con la bava alla bocca. Lo vide urlare per il dolore con una voce disumana e, in un attimo, spegnersi. Il salone sprofondò in un silenzio di tomba. Scorpius sembrava, in tutto e per tutto, morto.
“È-è morto?” chiese Agnes alzandosi in piedi a fatica con le lacrime agli occhi.
“Non saprei, tesoro” rispose Astoria alzandosi e cingendo le spalle della figlia con un braccio.
“Bisogna avvertire Malfoy” proclamò Harry guardando con uno sguardo pieno di sottintesi Hermione.
“NONONO!” inveì Ron scattando in piedi “NO CHE NON ANDRAI A PARLARE CON QUELLO DA SOLA!”
“Ron, ma sei diventato pazzo? Scorpius potrebbe essere morto o potrebbe morire da un momento all’altro!”
“Non me ne fotte un cazzo di quel lurido Malfoy! Sono riuscito a strapparti a un destino crudele con uno di loro anni fa, e non voglio che tu ricaschi come una buttanella nella braccia di quel despota platinato! Hai scelto me, Hermione, e sei mia moglie!”
“Sai che ti dico, quello è stato il mio sbaglio, AVER SCELTO TE! AVREI FATTO MEGLIO A SCEGLIERE LUI!” gridò Hermione liberandosi dalla stretta del marito che la strattonava per un braccio e correndo su per le scale. Ricordava bene quella casa, nonostante ci fosse stata solo da prigioniera, ricordava i suoi angoli bui e le sue alte porte di ebano. Ricordava gli arazzi argentei e i tappeti neri, i grandi pilastri di marmo bianco e il soffitto finemente affrescato. Ricordava gli odori dolci e intensi, così come riconobbe il profumo di Draco quando giunse, alla cieca, davanti a una porta in fondo al corridoio del primo piano. Tabacco, alcool e menta piperita. Appoggiò la fronte del legno, sussurrando al padrone di casa di uscire. Il legno sapeva di cioccolato, lo stesso cioccolato che una notte di tanti anni prima era giunto nella sua camera di caposcuola Grifondoro incartato in una confezione verdeargentea. Dio, quanto aveva amato quel ragazzo, e quante poche occasioni aveva avuto per dimostrarglielo.
“Draco…” sussurrò di nuovo bussando dolcemente.
“Hermione, vattene, non voglio farti del male”
“Non puoi farmi del male, lo sai”
“Non hai visto quello che ho fatto a Scorpius? Potrei farlo anche a te!”
“Draco, non ho più diciassette anni, ed è stato proprio in questa casa che sono stata cruciata, se ricordi bene. Posso entrare, dunque, nella stanza del padrone” sapeva di stare toccando un tasto dolente, e che Draco ne avrebbe sofferto, ma non aveva altra scelta: per quanto buono e comprensivo quell’uomo potesse essere, era pur sempre un Serpeverde e, come tale, testardo e orgoglioso.
L’uscio si schiuse e apparve il mezzo viso di Draco. Le sue lunghe ciglia bionde sfioravano le guance mentre fissava il pavimento.
“Cosa ti dice che non potrebbe riaccadere?”
“Stavolta nella stanza del padrone ci sei tu, e non tuo padre”
Risposta esatta. Draco spalancò la porta e accolse Hermione tra le sue braccia, avvolgendola nel suo odore di tabacco, menta, alcool e cioccolato. La baciò con passione e le sue labbra sapevano di miele come la prima volta, quella notte di tanti anni prima. La prese in braccio e la fece sedere galantemente sul bordo del letto, continuando a baciarla. Fu Hermione, come sempre, a fermarlo, prendendo dolcemente le distanze.
“Ho visto ciò che hai fatto” gli disse con sguardo allo stesso tempo severo e comprensivo.
Draco cercò di fuggire il suo sguardo, ma non ci riuscì: “Odio essere come lui” rispose, e bastò.
In quella frase Hermione rivide l’adolescenza violata di Draco, privato degli affetti familiari e succube di un padre troppo rigoroso e da un carattere troppo corrispondente ai sani principi dei Serpeverde e dei Mangiamorte. Rivide il ragazzo contorto per terra dal dolore della maledizione cruciatus, rivide le frustate sulla sua schiena bianca. Rivide sé stessa a sanargli le ferite. Rivide Bellatrix che gli chiedeva se Harry fosse Harry, e lui negare, e subirne le conseguenze. Rivide lo sguardo lacrimoso che aveva mentre cruciava suo figlio, e fu questo a spingerla, una volta per tutte, a dire la frase che Draco voleva sentire da quando era diventato padre: “Tu non sei come lui”.
Si fissarono per un tempo che parve loro infinito. Avrebbero voluto raccontarsi tutto quello che era successo in quei ventiquattro anni di lontananza, ma preferirono tacere e assaporare quel silenzio carico di significato: i loro sguardi parlarono per loro.
 

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Capitolo 15
*** “Avete una settimana, non un giorno di più” ***


Capitolo 15: “Avete una settimana, non un giorno di più”
 
 
 
Quando Draco e Hermione scesero dabbasso, l’atmosfera scottante di poco prima si era raffreddata fino a diventare quasi gelida. Ron stava seduto in un angolo accanto al tavolino degli alcolici scolandosi il terzo cicchetto di whisky incendiario, Agnes rimaneva compostamente seduta accanto ad Astoria che, da gelida madre purosangue qual era, fissava il figlio posseduto sdraiato sul pavimento senza muovere un muscolo; Harry era seduto sul divano con un braccio intorno alle spalle di Lily, che guardava apprensiva la cugina svenuta sul sofà alla sua sinistra.
Il Serpeverde e la Grifondoro scesero le scale tenendosi per mano, e le loro dita erano ancora incrociate quando, giunti nel salone, posarono gli occhi sui rispettivi coniugi.
“Sei venuto a capo di questa faccenda, Malfoy?” chiese Astoria con un ghigno sprezzante “Quando pensavi di dirmi che zia Bella aveva deciso di paralizzare mia figlia per le tue scappatine notturne?”
“Astoria, ti prego, non è il momento” la zittì gelidamente Draco, accovacciandosi accanto al figlio e tastandogli il polso. “È ancora vivo” decretò poco dopo, esaminandogli le mani e le vene sul collo; “Qualcuno può spiegarmi che è successo?”
“Ha provato a leggere la mente di Rose: sa che il potere di legilimens nella famiglia Malfoy è ereditario, e così ha voluto misurarsi, per la prima volta. Ho provato a fermarlo, ma non c’è stato verso. Per un po’ sembrava che tutto andasse bene, ma poi ha perso il contatto, o qualcosa del genere, ha avuto una crisi epilettica e non ne è più riemerso. Non risponde e, apparentemente, sembra assente” spiegò Agnes pragmatica.
“È intrappolato nella mente di Rose” decretò Draco alzandosi in piedi e rivolgendo uno sguardo in richiesta di conferma ad Harry “Non credi, Potter?”
“Confermo, Malfoy: capitava anche a me, talvolta, di non riuscire a svegliarmi dai miei incubi, quando Voldemort si impadroniva della mia mente. Ma era diverso: eravamo un aguzzino e una vittima, qui sono in tre, e, a quanto vedo, l’aguzzina in questione sta assorbendo le loro energie” e detto ciò indicò la pelle di Scorpius e dopo quella di Rose, che, da colorite e arrossate, diventavano sempre più pallide.
“Questo che significa?” piagnucolò Ron dal suo angolo.
“Che dobbiamo contrattaccare prima che succhi loro via tutta la forza”
“Sai cosa fare, Draco?” domandò Harry asciutto.
“Conosco un solo modo per sciogliere un incantesimo del genere, ed è trovare il mago che l’ha creato e distruggerlo. C’è solo un problema…”
“Quale problema?” chiese Lily alzandosi dal divano.
“Che non sappiamo dove si trovi Bellatrix.”
“I fantasmi non restano tutti nel luogo in cui sono morti?” domandò Agnes.
“Solitamente sì, Agnes, ma non possiamo dirlo con certezza” rispose Harry.
“Le loro anime si cristallizzano nel luogo in cui sono morti solo e quel luogo è un posto carico di energia magica, altrimenti vengono disperse” spiegò Hermione.
“Dov’è morta Bellatrix?” chiese Lily rivolta agli adulti presenti nel salone.
“Ad Hogwarts” rispose Draco correndo verso la porta d’ingresso.
“Malfoy, dove diavolo vai adesso?!” esclamò Hermione sbigottita.
“A salvare i nostri figli?”
“Sei pazzo? Non abbiamo nessun piano, non sappiamo come distruggere Bellatrix né tantomeno dove potrebbe trovarsi all’interno di quel castello!” urlò la Grifondoro fuori di sé.
“Quando mai uno dei nostri piani ha funzionato, Granger?” le chiese Draco con un mezzo sorriso infilandosi il cappotto.
“Vengo con te” rispose la donna dopo un secondo di esitazione, presa in contropiede.
“Col cazzo” si intromise Ron bruscamente.
“Ron, lascia stare: ormai non puoi fare nulla” lo zittì Harry rimettendolo al suo posto “Va’, Herm: salva tua figlia e le nostre” le disse dopo con un sorriso speranzoso. La ragazza corse verso di lui e gli gettò le braccia al collo, baciandolo su una guancia. “Grazie, Harry” sussurrò rioconoscente. In fondo, era sempre stato grazie all’amico se era riuscita a sopravvivere agli scatti d’ira di Ron.
 
La Granger e Malfoy si smaterializzarono fuori dai cancelli di Hogwarts e entrarono usando un incantesimo che veniva fornito solo agli impiegati del Wizengamot. Attraversarono il grande ingresso in un turbinio di uniformi nere che scendevano a cena e, tenendosi per mano (un po’ per non perdersi nella confusione, un po’ per sfruttare al massimo quei pochi attimi di vicinanza loro concessi) procedettero in direzione della Sala Grande. Giunti all’entrata sfilarono tra due ali di tavolate e, sotto lo sguardo sbigottito della McGrannit, si arrestarono davanti al tavolo dei professori.
“Professoressa McGrannit, dobbiamo assolutamente conferire con lei” disse Draco con eleganza.
“Granger, Malfoy, che succede?” chiese la preside che, essendo una delle poche all’epoca a conoscenza della tresca (li aveva beccati a “darsi da fare” nel chiostro oltre il coprifuoco), era piuttosto stupita a vederli di nuovo insieme.
“La vita dei nostri figli è in pericolo” disse sinteticamente Hermione “e la persona che li sta distruggendo è all’interno della scuola”
Per niente stupita del pragmatismo della Granger, ma piuttosto allibita della sua  apparentemente ingiustificabile drammaticità, la preside si alzò da tavola e scortò i due nell’ufficio che, dopo essere stato di Silente, era diventato il suo. Il ritratto addormentato dell’ex preside vegliava ancora sulla scrivania ordinata della McGrannit, e il trespolo vuoto di Fanny non era stato mosso. Tutto sembrava come molti, troppi anni prima.
“Qualcuno mi vuole spiegare che sta succedendo?” chiese la professoressa sedendosi alla scrivania.
“Le nostre figlie sono vittime di un incantesimo, maledette da Bellatrix Lestrange. Agnes ha perso l’uso delle mani, Rose la vista e i capelli di Lily Potter sono diventati completamente bianchi. Negli ultimi giorni, in particolare, la mente di Rose è manipolata dalla stessa Bellatrix. In un momento di follia, per colpa della mia distrazione e sconsideratezza, mio figlio Scorpius, nel tentativo di salvarla, ha deciso di utilizzare le doti di legilimens della nostra famiglia sulla ragazza: adesso sono entrambi intrappolati, Scorpius nella mente di Rose, sotto il giogo malvagio di Bellatrix. E l’unico modo che conosco per sciogliere un legilimens del genere è risalire al mago che l’ha creato” spiegò Draco.
“Ma Bellatrix Lestrange è morta!” esclamò la McGrannit.
“Già. Venne uccisa da Molly Weasley, mia suocera, nella Sala Grande. Le anime restano sulla Terra solo se sono i loro proprietari sono stati uccisi in un luogo con una grande concentrazione di energia magica. Il fantasma di Bellatrix deve essere qui ad Hogwarts, da qualche parte” rispose Hermione accademica.
“I fantasmi sono stati mandati via da Hogwarts dopo la Guerra Magica, lo sanno tutti!” esclamò la McGrannit “è impossibile che una cosa del genere sia sfuggita al mio controllo!”
“Non neghi l’evidenza, professoressa” tentò di convincerla Hermione con tono supplichevole.
“Non nego l’evidenza, Granger, sto solo sfatando una tesi che avete elaborato basandosi sulla testimonianza di quattro adolescenti e che non ha alcuna prova!” e detto ciò la McGrannit si alzò in piedi e, armeggiando nervosamente con una sigaretta, se la portò alla bocca e la accese con la bacchetta. Un forte colpo di tosse testimoniò la poca dimestichezza della donna col fumo, ma quella continuò imperterrita ad aspirare agitatamente “E adesso fuori! Non voglio sentire una parola di più su questa storia!” urlò aprendo la porta con un colpo di bacchetta.
“PITON SAPEVA! LO CHIEDA ALLA SUA ANIMA! SEVERUS AVREBBE CAPITO!” inveì Draco chiudendo la porta di botto e poggiando i pugni sulla scrivania, le nocche bianche.
“Ma Piton non è preside, Piton è morto!” urlò di risposta la McGrannit, cieca davanti all’evidenza “Io ho una scuola da proteggere, degli studenti. E fin quando non avrò una prova della reale presenza di un fantasma qui, non darò l’autorizzazione ad  alcun tipo di caccia”
“Ci dia una settimana, professoressa” disse Harry Potter emergendo dal camino “Dopotutto, chi può rintracciare un fantasma meglio di un auror, una strega brillante e un suo, ehm, parente?”
Il sorrisetto sbarazzino di Harry ebbe sulla McGrannit lo stesso effetto che aveva ai tempi della scuola, quello che lo aveva portato a essere il suo preferito per anni.
“Essia, Potter” acconsentì la preside “Avete una settimana, non un giorno di più”.

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Capitolo 16
*** I Malfoy non chiedono pietà. ***


Capitolo 16: I Malfoy non chiedono pietà.
 
 
 
 
Intanto, al Manor
 
Ron camminava su e giù per la stanza che gli era stata assegnata, accecato dall’odio, lanciando schiantesimi a destra e a manca sordo alle urla della sorella Ginny, accorsa sotto richiesta della figlia.
“Ron, apri questa porta, cazzo, parliamone! Mi spieghi che diamine è successo?”
“HO SPOSATO UNA LURIDA SQUILLO, ECCO CHE SUCCEDE!” urlava il Grifondoro oltre la porta con rabbia.
“Ron, ti prego, apri! Apri o chiamo George, e vediamo come ti fa uscire in quattro e quattr’otto!”
L’uscio si schiuse con stizza e ne emerse una montagna d’uomo di un metro e novantacinque di muscoli, una cespugliosa zazzera rossa appena brizzolata, un paio di occhi azzurro slavato e un viso contratto dalla rabbia e dal dolore. Ginny riusciva a ricordare solo un’altra volta in cui l’aveva visto così arrabbiato, ed era stato quando il nome di Harry era stato estratto dal Calice di Fuoco. Suo fratello non era un tipo iracondo, testardo sì, e anche possessivo, ma non capace di provare odio per qualcuno. O almeno così credeva, prima di allora.
“Posso entrare?” chiese con tono permaloso. Ron si allontanò dalla porta per farla passare e la guardò riparare i danni fatti alla camera con un colpo di bacchetta. Ginny si sedette sul bordo del letto a baldacchino e gli fece segno di accostarla; il fratello le andò vicino e, sedendosi con sgarbo, cominciò ad armeggiare con un sigaro che aveva in tasca.
“Ora puoi dirmi che succede?”
“Rose è posseduta da quella lorda troia della Lestrange perché è stata stuprata da Malfoy”
Ginny, che aveva ricevuto una descrizione decisamente più attendibile dalla figlia, sorrise bonaria, come si farebbe con un bambino testardo alla materna, e chiese calma “Non ti passa nemmeno per l’anticamera che forse Rose non è stata stuprata, che forse ama quel ragazzo, vero?”
“E come sarebbe possibile? È una Weasley, una Grifondoro! Quello è un lurido conservatore Serpeverde, odiante dei Mezzosangue!”
“Ti ricordo che è già successo, in passato, Ron” lo riprese con un sorriso carico di malinconici sottintesi.
 
Hogwarts, Stanza delle Necessità
 
“Ci serve un catalizzatore, e l’unico posto dove possiamo trovarlo è qui” disse Harry, che, arrivato da poco con una buona idea, stava spalancando le ante del portone impolverato che era comparso davanti a lui sul muro del corridoio.
“La Stanza della Necessità?” chiese Draco perplesso, entrando nella camera buia e carica di oggetti ammassati che non vedeva dal suo settimo anno.
“Esatto” annuì Harry facendo spazio e appellando un tavolo e tre sedie “Madame” disse galante a Hermione avvicinandogliene una. La donna si sedette e, estasiata, continuò a guardarsi intorno: erano passati tantissimi anni, ma il fascino di quel luogo suscitava in lei le stesse emozioni.
“Parla, Potter: che cosa cerchiamo?” chiese pragmatico Draco.
“Dobbiamo evocare un incantesimo di localizzazione, e Merlino solo sa quanto è difficile localizzare i fantasmi: serve un oggetto magico che faccia come catalizzatore della magia e la forza di più di un mago. Dal catalizzatore si leverà un fascio di luce che, in notturna, ci porterà da Bellatrix”
“Perfetto, cosa usiamo?” domandò Malfoy stiracchiandosi sulla sedia.
“Non ho idea… Hermione?” chiese Harry prima che l’amica estraesse dalla fantomatica borsa a perline il medaglione di R.A.B.
“Tu sei completamente pazza!” inveì Harry per niente ironico “Sai cosa significa? Quel maledetto coso potrebbe succhiarci via tutta l’energia magica e creare Dio solo sa quali allucinazioni! Non ricordi cos’è successo l’ultima volta? Ron stava per morire, per Merlino!”
“Harry, è l’unico modo!” rispose Hermione in punto di lacrime.
“Alt alt alt, qualcuno vuol spiegarmi cos’è quel ciondolo?” sbottò Draco.
Quel ciondolo” rimarcò Hermione “È uno dei sette horcrux di Lord Voldemort da noi distrutto”
 
La mente di Rose
 
“Non resisterai a lungo, lurida bastarda!” urlò Scorpius dall’angolo in cui era legato “Tu sei morta!”
Una risata malefica precedette le parole taglienti “Si darebbe il caso, Scorpius, che io stia prendendo la forza proprio dalle vostre menti elette… voi non resisterete per molto!”
“Tu sai che non è vero!” urlò Scorpius privato delle sue convinzioni fissando la Rose stesa, sempre più blu, davanti a lui.
“Ahahahahah, mio piccolo nipote… io so che è vero, ma tu, tu sai che non lo è?”
Scorpius si sottrasse dalla mano gelida della zia che si chiudeva sul suo mento. Ringhiò come un cane e morse quelle dita sottili e adunche, ricevendo uno schiaffo in pieno viso.
“Ahah, Scorpius, non si fa… sai come dev’essere, sei un Malfoy, ne hai avute di punizioni”
“No, zia Bella, vi prego, non nella mente di Rose… ne morirà!” piagnucolò il ragazzo terrorizzato.
“Ahhh, vedo che sei stato attento ad incantesimi, Scorpius… stai tranquillo, non morirà… non potrei mai ucciderla prima di assorbire tutto il suo potere… ma sono abbastanza forte da punirti come meriti” Bellatrix impugnò la bacchetta e la puntò al cuore del nipote “Crucio!
 
Hogwarts, Stanza delle Necessità
 
“Trovato qualcosa, Herm?” chiese Harry alla Granger che stava rientrando dalla biblioteca con una decina di volumi polverosi sulle braccia affaticate.
“Abbiamo due opzioni: o un semplice incantesimo di localizzazione, come un incantesimo di appello, o l’incantesimo radius loci, un raggio che ci indicherà la direzione. Secondo me è il più indicante, un appello potrebbe far sì che Bellatrix si accorga che la stiamo cercando: lei non si aspetta niente.”
“Perfetto, cosa aspettiamo?” domandò Malfoy.
“Che scenda la notte” rispose Harry.
 
La mente di Rose
 
Crucio!” urlò per l’ultima volta Bellatrix, respirando a fatica per lo sforzo ma comunque sghignazzando. Scorpius si accartocciò come una foglia. Non aveva mai provato tanto dolore in vita sua, e l’essere cruciati davanti a una Rose priva di sensi era ancora più doloroso, ancora più devastante. Un paio di secondi, un ultimo grido represso, e svenne.
I Malfoy non piangono.
I Malfoy non urlano.
I Malfoy non chiedono pietà.

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Capitolo 17
*** “Ha deciso di togliersi la vita” ***


Capitolo 17: “Ha deciso di togliersi la vita”
 
 
Malfoy Manor
 
“Madre, vi serve qualcosa?” chiese Agnes entrando nella stanza della madre, immersa nella penombra.
“No, Agnes, grazie” rispose bruscamente la donna senza voltarsi. Aveva lo sguardo perso nella vista della brughiera bianca e grigia che appariva desolata come il suo cuore. 
“Scorpius non si è mosso” continuò la ragazza tentando di scalfire la corazza di ghiaccio della madre.
“Non mi interessa” la zittì Astoria raddrizzandosi la cintura del vestito.
“Madre, se non si riprendesse…” disse Agnes cominciando a piangere.
“Non mi interessa, Agnes: non mi interessa niente di nessuno di voi. Sei grande ormai, mi sono seccata di farti da balia: se tuo fratello morirà perché non si è saputo tenere il cazzo nei pantaloni, saranno fatti suoi e di suo padre. Io non c’entro niente con questa famiglia: non ci sono mai entrata nulla”.
 
Hogwarts, Stanza delle Necessità
 
“Quanto manca al tramonto?” chiese Draco impaziente bevendo del succo di zucca che gli era stato portato da Gazza all’ingresso della Stanza.
“Ancora due ore, Malfoy, e smettila di chiederlo” lo rimbeccò Harry sbuffando.
“Uff, che palle…” disse il biondo alzandosi e prendendo per mano Hermione “Noi andiamo a fare un giro” annunciò e, senza chiedere l’opinione della riccia, la trascinò fuori.
I corridoi deserti di una Hogwarts a lezione li accolse, e le mani di Draco la guidarono dall’altro lato del chiostro, in uno stanzino delle scope pieno zeppo di roba. Hermione sapeva bene cosa rappresentasse la scelta di quel posto.
Draco la introdusse e, chiusa la porta, la baciò dolcemente.
“Ti ricordi di questo posto?” le chiese in un soffio.
“Certo, è qui che l’abbiamo fatto per mesi… è qui che ci hanno scoperti…” rispose Hermione ricambiando i baci.
“Shh, per ora voglio ricordare solo la prima parte” disse Draco dolcemente, premendo le labbra sulle sue e allacciando le sue gambe ai fianchi.  Lentamente cominciò a spogliarla, sbottonando la giacca del tailleur e facendo scivolare la zip della gonna attillata. Quando si ritrovò solo in intimo, anche Hermione cominciò ad armeggiare con la cintura di pregiato cuoio, e, facendolo fremere di desiderio come ben sapeva fare, sbottonò a uno a uno i bottoni della camicia bianca. Entrambi in biancheria, si sdraiarono sul pavimento polveroso dello sgabuzzino, Draco scivolò su di lei e in un attimo la fece sua.
Hermione.
Draco.
Da due corpi erano diventati uno.
Da due menti, erano diventate una sola.
Si amarono dolcemente come solo i vecchi amanti sanno fare, ma con la passione di giovani intrepidi.
Si amarono parlando, sussurrando parole e versi di poesie.
Si amarono riprendendo tutto quello che in quei ventiquattro anni si erano negati.
Hermione ritrovò la femminilità che pensava di aver perso insieme a Draco.
Draco ritrovò la speranza che pensava di aver lasciato a Hogwarts insieme a Hermione.
E alla fine, entrambi erano giunti alla fine della loro ricerca.
La mente di Rose
 
“Scorpius! Scorpius!” gridò la piccola Rose chinandosi sul corpo privo di sensi del ragazzo.
“Non può sentirti, sgorbietta. Non può sentirti così come tu prima non potevi sentire lui”
“Cosa? Scorpius mi ha chiamata? Ma io sono qui, sono sempre stata qui!”
“Sì, tu sei sempre stata qui, e lui è sempre stato lì, ma non potete incontrarvi… sai, era così disperato che ha deciso di togliersi la vita. Ha deciso di togliersi la vita perché tu non potevi sentirlo, tu che gli hai giurato amore eterno e ora non ti sei nemmeno curata di quello che faceva lui!”
“NON È POSSIBILE! NO! SCORPIUS! SCORPIUS!” Rose si accasciò accanto al corpo del ragazzo. Le lacrime cominciarono a scendere amare.
Bellatrix si allontanò ostentando un ghigno: indebolita Rose, avrebbe avuto la strada spianata.
 
Hogwarts, stanzino delle scope
 
“Malfoy! Granger! Che diamine ci fate qui?” la voce della McGrannit si fece amaramente strada nella loro intimità, così come diciannove anni prima “Io vi do il permesso di indagare su una cosa di vitale importanza e voi mi ripagate approfittando dei miei locali per il vostro sporco tornaconto? Uscite subito di qui, luridi bastardi!” gridò Minerva prendendo a calci Draco che, appellando i suoi vestiti, si era ricomposto in pochi secondi.
“Professoressa, la prego, non facevamo niente di male” gridò Hermione: davanti a lei si stava figurando la stessa scena di ventiquattro anni prima. Un Draco ben più acerbo ma comunque ben piazzato che veniva strappato da lei dalla McGrannit e da Piton, che lo schiaffeggiava violentemente prima di portarlo altrove. Il ragazzo era sparito per una settimana, quando era tornato non le parlava più, aveva perso una taglia e il viso era scavato dalla fame e dal dolore… e dalla Cruciatus.
“Granger, ormai siete entrambi adulti responsabili, non mi interessa cosa fate quando siete insieme, ma questa è una scuola, e io sono la preside: dovete lasciare Hogwarts. Non mi interessa quanto sia importante per voi salvare i vostri figli, io devo innanzitutto provvedere agli studenti ancora sotto la mia supervisione”
“Ha ragione, professoressa, ce ne andiamo subito” si lasciò sfuggire Malfoy, appena prima che Harry, accorso, capisse l’accaduto e potesse intercedere: San Potter aveva sempre avuto un certo accondiscendente sulla McGrannit.
“Cos’è successo?” chiese l’auror rivolto ai tre.
“Lo chieda ai suoi amici, Potter: vi voglio fuori di qui”.
 
 

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Capitolo 18
*** “Draco è stato forte a non morire, in questo inferno” ***


Capitolo 18: “Draco è stato forte a non morire, in questo inferno”
 
 
Fuori dai cancelli di Hogwarts
 
“Ragazzi, capisco che sono vent’anni che non scopate, ma dovevate farlo per forza facendovi  scoprire dalla Mc? E poi nello stesso posto di quando eravate ragazzini, dai, è palese che volevate farvi vedere mentre ci davate dentro!” scherzò Harry ridendo come un bambino appena usciti dai cancelli.
“Non fare lo stupido Harry, pensiamo piuttosto a cosa fare adesso” rispose secca Hermione mettendo su il broncio come una bambina.
“Ci accampiamo qui!” rispose giovale l’Auror.
“Che?!” rispose scioccato Draco.
“Lo so che per te è un po’ spartano, Furetto, ma qui ancora potremo controllare i movimenti all’interno del castello e, silenziosamente, entrare dove il fascio ci indicherà”
“Harry, come pensi di entrare nel punto esatto dove il raggio segnerà la presenza di Bella?”
“Smaterializzandoci, Herm, chiaro” rispose l’uomo estraendo una spilla dal taschino della giacca verde militare “Licenza da Auror”
“Hai sempre avuto un debole per l’inflazione delle regole, Potter” ghignò bonario Draco.
“Non mi pare che sia proprio ortodosso scoparsi una Grifondoro, mio caro Salazarino” lo canzonò Harry.
 
La mente di Rose
 
Non è possibile che si sia tolto la vita. Non è possibile che sia morto. È rimasto nella mia mente, lo so. Forse c’è rimasto troppo a lungo,  forse dev’essere liberato... Ma come liberarlo? Come scioglierlo da questa forzata prigionia? Non se ne andrà con la morte, la sua anima resterà qua dentro… e Agnes, mio dio, povera Agnes… come liberarlo? Come fare che almeno la famiglia possa dargli conforto nel freddo della morte? Ma sì, ma sì, forse l’unico modo per liberarlo, liberare tutti noi, è che la mente che ci ospita cada… che la mia mente cada, che io cada con lei… che io mi tolga la vita, che la mia mente cada, che cadiamo, insieme… che bruciamo. Amore mio… Bruceremo insieme, te lo prometto.
 
Malfoy Manor
 
“Si è mosso, Lily?” chiese Agnes scendendo le scale con la classica freddezza che i Malfoy assumevano dopo aver ricevuto una delusione.
“Negativo, Agnes: sbianca sempre di più, ma respira”
“Bene, per ora… notizie da tuo padre e gli altri?”
“No, ma mia madre e zio Ron sono ancora di sopra”
“Che stanno facendo?”
“Non lo so, mio zio ha dato di matto come sempre”
Agnes si sedette accanto all’amica puntando i suoi occhi sul corpo bianco del fratello. Se non fosse stata una Malfoy, probabilmente avrebbe pianto. Si limitò a rimanere immobile per un paio di minuti, fin quando Lily, temendo che stesse male, non si avvicinò ancora di più a lei.
“Tutto apposto, Agnes?”
“Sì, Lily, sì… sto bene”
“Ti porto qualcosa?”
“No, no, grazie… però fammi un favore”
“Che c’è?”
“Manda un gufo a tuo padre. Devono sbrigarsi: qua la situazione sta degenerando, io… non riesco più a vedere Scorpius in queste condizioni. Ma non posso chiamare mio padre, non posso, non posso…” Agnes si accasciò contro lo schienale del sofà in modo goffo e riprese a fissare il soffitto.
Lily la accostò. “Perché non puoi, Agnes?” le chiese scostandole i capelli biondi che le avevano coperto il viso.
“Non conosci le regole della famiglia Malfoy” rispose Agnes mettendo su un sorriso stanco. “Un tacito codice di leggi vige tra queste mura, e una è questa: i Malfoy non chiedono aiuto, e non lo ricevono. Ognuno deve sbrigarsela da solo. Scorpius mi ucciderebbe se sapesse che ho domandato aiuto a nostro padre per salvarlo: sarebbe un’onta troppo grande per lui, e mio padre, beh, mio padre probabilmente non lo aiuterebbe per ripicca. Hai visto come ha reagito davanti alla sua debolezza.” Una lacrima rigò la guancia sinistra di Agnes, per la prima volta nella sua vita, e Lily fece finta di non accorgersene.
“Tuo padre non è come voi lo conoscete, Agnes” disse Ginny Weasley che, scendendo le scale, aveva sentito la discussione tra le due ragazze “è un uomo fantastico, è stato un ragazzo fantastico. Gli errori che ha fatto, non sono stati dovuti a sue scelte, e gli errori che fa non sono dovuti a suoi difetti, ma a un passato di cui non riesce a liberarsi. Lasciatelo dire da chi da ragazza lo odiava, almeno fino al quinto anno: quando ha avuto quella breve ma intensa storia d’amore con Hermione, inizialmente ero confusa e incerta. Pensavo che la tenesse con sé solo per il sesso, ma quando ho visto quello che affrontava giornalmente per stare con lei, ho dovuto ricredermi. È forse l’uomo più forte che io abbia mai conosciuto, alla pari di Harry. Hanno forme di forza diverse: Harry ha avuto la forza di andare avanti nonostante nessuno credesse in lui, nemmeno lui stesso, Draco ha avuto la forza di restare fedele a un sistema che gli andava stretto per amore, per rispetto, per dignità. So che a voi potrà sembrare una stupida forma di egoismo, ma non è così: Draco è stato forte a non morire, in questo inferno”.
 
Fuori dai cancelli di Hogwarts
 
Hermione, dopo aver montato la tenda e eretto barriere di protezione intorno all’accampamento, si era seduta distante da dove i due uomini pianificavano il da farsi. Giocherellava con la sua storica borsetta a perline, estraendone boccette di varie pozioni e disponendole davanti a se in fila. Ordinare le cose l’aveva sempre aiutata a calmarsi. Non alzò gli occhi quando Draco la accostò e si sedette accanto a lei, facendosi sempre più vicino. Restarono in silenzio per un paio di minuti, poi lei voltò il viso di lui e lo baciò con passione.
“Her…mione… c’è Potter” disse Draco con palpabile stupore dopo aver ripreso fiato.
“Stai tranquillo, lui ha sempre saputo, è stato lui che ci ha coperto per mesi”.
Draco si voltò verso Harry, che alzò gli occhi e mise su un sorrisetto soddisfatto, per poi ritornare a fissare la Mappa del Malandrino.
 
 

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Capitolo 19
*** L’irruenza di Scorpius. ***


Capitolo 19: L’irruenza di Scorpius
 
When I was younger
 I saw my daddy cry
And curse at the wind
He broke his own heart and I watched
As he tried to reassemble it
 
 
Quattro anni prima
 
Scorpius non aveva mai visto suo padre piangere.
Non si era mai ritrovato nella situazione di doverlo osservare dall’uscio di una porta mentre singhiozzava.
Di solito succedeva il contrario: Scorpius veniva amaramente sgridato, cominciava a piagnucolare, veniva punito severamente e abbandonato in una stanza, in lacrime. Draco passava una tantum, fermandosi sulla porta a pugni chiusi per impedirsi di continuare la sua opera di punizione, negli occhi un misto di disprezzo e di disgustosa compassione. Lo osservava per un paio di minuti, poi se ne andava. Astoria era assente.
Scorpius non aveva mai visto suo padre piangere, ma quella notte era diverso.
Stava percorrendo uno dei corridoi bui del Manor, una di quelle parti della casa perennemente immerse nell’oscurità, che lo spaventavano ma allo stesso tempo lo intrigavano: era un Malfoy, amava il mistero e l’occulto. Camminava, quando aveva sentito qualcosa infrangersi. Si era appiattito al muro ed era scivolato fino alla stanza più vicina, lo studio di suo padre. Si era affacciato e aveva visto una scena che non avrebbe mai dimenticato: Draco Lucius Malfoy, inginocchiato per terra con le mani sanguinanti, singhiozzava, i vetri di un bicchiere che aveva scaraventato al muro sparsi intorno a lui. L’uomo muoveva la mano destra sul legno del pavimento nervosamente, raccogliendo talvolta le schegge che si conficcavano nella pelle una volta bianca del suo palmo. Quando Draco alzò un frammento più grosso degli altri e se lo portò alla gola, Scorpius scattò in avanti.
“Padre, fermatevi, padre!”
Draco si voltò di botto, guardando il figlio spaventato.
“Scorpius, sparisci, non voglio essere costretto a punirti anche stasera: non ti è bastata la dose di ieri?”
“Potete punirmi, padre, non mi importa, ma avete bisogno di aiuto. Alzatevi, chiamo mia madre.” A quelle parole gli occhi di Draco, prima pervasi da un muto stupore, mutarono la propria espressione in acceso terrore, e la sua mano insanguinata bloccò quella candida del figlio, che si voltò a guardarlo: era la prima volta che il padre lo teneva per mano, e quel gesto, seppur assurdo in una situazione così estrema, gli infuse una calda fiducia. Strinse la mano insanguinata del padre e lo fece alzare, poi Draco ritrasse la sua e si avvicinò al tavolino degli alcolici. Aprì una bottiglia di idromene barricato e se ne versò una generosa dose. Tremava come una foglia. Si accasciò sul divano di pelle nera, sprofondando nel cuscino morbido, e bevve lentamente il contenuto del bicchiere, fissando il figlio che, dopo la scarica d’adrenalina iniziale, adesso aveva puntato lo sguardo al pavimento maledicendo il momento in cui aveva avuto lo slancio di entrare nello studio paterno.
“Siediti qui di fronte a me Scorpius” gli disse Draco con tono imperturbabile e autoritario quando ebbe riacquistato il controllo di sé. Il dodicenne scivolò ubbidiente sulla sedia davanti al divano su cui era seduto il padre, guardandolo in viso ma fuggendo il suo sguardo penetrante. Aveva smesso di tremare, ma le mani giunte gli sudavano copiosamente.
“Perdonatemi, padre” soffiò dopo dieci minuti abbassando lo sguardo, contrito.
“Non devi chiedere il mio perdono, Scorpius” gli disse Draco “Devi solo promettermi che non dirai nulla di ciò che hai visto a tua madre, né a tua sorella. Tutto ciò che è successo non è mai accaduto”
Scorpius annuì.
“Puoi andare adesso” lo congedò Draco con freddezza osservandolo mentre si alzava.
Scorpius fece per uscire quando il sangue sul pavimento attirò la sua attenzione: il padre, muovendo velocemente la mano sul parquet, aveva vergato delle lettere tremolanti quasi indecifrabili, ma leggibili a un Malfoy.
“Padre, che significa?” chiese il ragazzo voltandosi un secondo prima che Draco lo atterrasse con un schiaffo in pieno viso: inebriato dai fumi dell’alcol, l’uomo si era infatti alzato e aveva agito di impulso.
“Non indagare oltre, Scorpius, e fila via se non vuoi passare la notte nella torre” gli intimò Draco.
Il ragazzo sgusciò fuori dalla stanza e prima di chiudersi la porta alle spalle gettò un ultimo sguardo alla scritta vergata col sangue sul pavimento dello studio di suo padre: a lettere scarlatte, il parquet era insanguinato dal nome HERMIONE.
 
La mente di Rose
 
“Ah, bene, allora anche Draco Lucius Malfoy ha un cuore!” sghignazzò Bellatrix Lestrange saltellando davanti al pronipote, che, svegliatosi, era stato legato e immobilizzato.
“Pagherai per questo, Bellatrix, la pagheremo tutti!”
“Tu la pagherai di sicuro, Scorpius, perché nella remota possibilità in cui dovessi uscire vivo da qui, tuo padre ti frusterebbe fino a ucciderti” ridacchiò la donna torcendosi le mani dall’impazienza.
Scorpius abbassò lo sguardo. Bellatrix aveva ragione. Draco gli aveva manifestato la sua fiducia una sola volta in tutta la sua vita, e lui non poteva onorarla. Se mai fosse uscito vivo da quella situazione, probabilmente si sarebbe tolto la vita per la vergogna.
 
Fuori dai cancelli di Hogwarts
 
“Hai escogitato un piano, Potter?” chiese Draco tornando alla tenda dopo una lunga passeggiata con Hermione intorno al perimetro della cinta muraria del castello.
“Magari se la smetteste di girovagare e vi applicaste riusciremmo a venire a capo di questo mistero!” li rimbeccò Harry scherzoso, assumendo il modo di fare saccente che aveva la stessa Hermione durante i loro anni a Hogwarts, ricordando quando la ragazza invitava pedantemente lui e Ron a stare in biblioteca invece di fare la spola tra il castello e la casa di Hagrid.
“Abbiamo detto che dovevamo aspettare la notte, ed è quello che abbiamo fatto: adesso siamo al tramonto e possiamo comodamente sederci qui ad ascoltare le tue filippiche” disse Hermione sedendosi accanto a Harry ridendo. Sembra rinata pensò il Potter, ma non disse nulla.
Draco si sedette di fronte ai due e, dopo aver frugato nella tasca dei pantaloni uscì un portasigarette di argento. Ne offrì una a Harry, che accettò volentieri, e fece quasi per richiudere la custodia quando Hermione, inaspettatamente, gliene chiese una.
“Non pensavo fumassi” gli rispose Draco come per scusarsi, accendendo la sigaretta che la ragazza aveva portato alla bocca con il suo accendino argentato recante lo stemma dei Malfoy, che era stato di suo padre e di suo nonno prima di lui.
“Non fumo infatti. Non fumo da…”
“…da quel pomeriggio sul lago” completò la frase Draco, e davanti ai suoi occhi si materializzò l’immagine di un’Hermione sedicenne, con nessuna dimestichezza col fumo, che gli chiedeva di provare una delle sue sigarette. Quant’era bella, immersa nella nuvola grigia che la sua tosse inesperta aveva creato, quant’era perfetta mentre rideva e restituendo la sigaretta a Draco decretava “Sono una frana, non fumerò mai”, quanto era candida mentre lui riprendeva l’arma di distruzione e decretava “Meno male amore, almeno la parte importante di noi due si salverà”. Quant’era bella adesso, anni dopo, mentre aspirava e gli occhi le si riempivano di lacrime causate forse dal fumo che le entrava in gola, forse per il fatto di aver quasi perso una figlia, chissà. Quant’era perfetta adesso, anni dopo, mentre orgogliosa continuava a fumare guardando Draco con sguardo di sfida, come a dire “Ce la faccio, sai?”, quant’era candida nel ricevere in risposta un altro sguardo, che le diceva “Lo so, ma voglio essere qui ad aiutarti a riuscirci”.
Harry si intromise involontariamente tra i due, aspirando con avidità dalla sigaretta e buttando il fumo mentre cominciava ad esporre il piano. I due amanti si fecero subito attenti e cominciarono a guardare la Mappa del Malandrino.
“Allora, mancano dieci minuti al buio totale, e quando l’oscurità sarà calata invocheremo il radius loci. Lo farai tu, Hermione, sei la migliore in incantesimi, te la senti?” la riccia annuì convinta e Potter continuò: “Bene, tu invocherai l’incantesimo e cominceremo a muoverci in direzione della luce. Draco, a te il compito di coprire Hermione da qualsiasi pericolo, starai alla sua destra, io alla sua sinistra. Tenteremo di individuare il luogo segnato dal raggio, ma se non ci riusciremo dovremo seguirlo fino alla fine. Non posso escludere che sarà necessario materializzarci nel castello. In quel caso, Hermione, non voglio che tu perda il contatto con il radius. Vi aggrapperete entrambi a me e io e Draco ci smaterializzeremo portando anche te. Qualsiasi cosa accada, non perdere il contatto. Pensa solo a quello, per il resto ci saremo noi. Una volta giunti sul luogo, beh… ci inventeremo qualcosa. Non so che forma possa aver preso Bellatrix, se sia ancora inconsistente come un fantasma o corporea come un umano. Non so dove il raggio ci porterà, quindi l’esperienza mi dice che non bisogna fasciarsi la testa prima di rompersela: arrivati lì, vedremo. Avete capito?”
“Cazzo, Potter: sei un Auror con gli attributi e non lo metto in dubbio, ma non perdi la tua disorganizzazione adolescenziale!”
“Lo prendo come un complimento, Malfoy” ghignò Harry, e un lampo di rinnovata gioventù gli attraversò i vispi occhi verdi.
 
Intanto, al Manor
 
“Notizie da Harry?” chiese Ronald Weasley scendendo le scale, senza voler nominare la sua ingrata moglie.
“Nessuna, Ron” rispose Ginny, che stava versando del the da una teiera di porcellana nera. Ne porse una tazza alla figlia e bevve un paio di sorsi dalla sua, scrutando oltre la tazza le due sedicenni che, sedute sul pregiato sofà del Manor, fissavano come ipnotizzate i due ragazzi distesi di fronte a loro.
Ron si avvicinò alla figlia e si accovacciò accanto a lei, prendendo tra le sue una delle sue mani fredde. Non erano mai stati troppo affiatati, ma si volevano bene, lui era un padre amorevole anche se testardo, lei una ragazza dolce anche se un po’ troppo precisa. Ma non pianse Ron, non quella volta, non davanti alla sua sorellina che lo trattava quasi come una madre tratta il suo figlio impulsivo e indisciplinato. Fissò le palpebre chiuse della figlia, quella figlia che aveva sottratto alle grinfie di McLaggen (contro cui, a proposito, stava già meditando vendetta), quella figlia così giovane che però aveva già vissuto tanto, aveva già fatto tanto. Si alzò prima che le emozioni potessero tradirlo, si sedette accanto a Ginny, traendo dalla tasca della camicia un sigaro e accendendolo con un rapido colpo di bacchetta. Aspirò a lungo, poi soffiò il fumo grigio lasciando che gli coprisse il viso.
 
Agnes Narcissa Malfoy salì in camera sua e chiuse la porta appoggiandosi al legno con tutto il suo peso. Si sedette sul letto e cominciò a guardarsi intorno: erano mesi che non passava una nottata tranquilla in quella camera, anzi, a pensarci bene, non l’aveva mai fatto: amava casa sua, la sua enorme magione buia e fredda, aveva qualcosa di macabramente accogliente, ma non vi viveva tranquillamente. Ogni volta che lei e suo fratello si trovavano al Manor, Scorpius trovava sempre il modo per cacciarsi nei guai al punto da farla vivere in un’ansia costante e malsana. Fissò la parete di fronte al letto, ricordando quando quella stanza la condivideva col fratello, prima che Draco decretasse che riteneva “sconveniente” far convivere i suoi figli in una stessa stanza, “inadatto a dei Malfoy”, “impudico”. Si alzò e si accovacciò, come spesso faceva, là dove una volta era posizionata la testiera del letto di Scorpius: era stato lui a essere spostato, dopo una notte in cui Draco li aveva trovati a dormire nello stesso letto, quello di Agnes, aveva preso il figlio appena decenne e lo aveva trascinato in una delle tante stanze da letto inutilizzate del Manor, lontana una decina di porte da quella di Agnes. Lo aveva frustato dopo averlo fatto appoggiare alla spalliera del letto e lo aveva lasciato lì, decretando che quella sarebbe stata la sua nuova stanza. Agnes aveva atteso fin quando Draco non era sparito in un’altra ala della casa, poi era accorsa a soccorrere il gemello. Appena entrata nella camera, la visione martoriata della schiena di Scorpius la aveva fatta inorridire ma non indietreggiare, e con la fierezza tipica di una Malfoy lo aveva accostato. “Vattene via Agnes” le aveva detto Scorpius prima che lei potesse proferir parola, “Non è conveniente che io e te condividiamo la stessa stanza da letto”.
In quel momento, Agnes Malfoy aveva avuto la certezza che suo fratello era cresciuto: da bambino era, prematuramente e bruscamente, diventato un uomo. Di questo avrebbe avuto la riprova altre dieci, cento, mille volte nel corso della sua vita, ma ancora, a sei anni dall’accaduto, Agnes non riusciva a concepire il fatto che suo fratello fosse cresciuto, stesse cambiando: lui era un uomo, lei una ragazzina. Per questo la reazione di quella mattina l’aveva sconvolta, ma non stupita: l’irruenza di Scorpius non era dovuta a un viziato infantilismo, ma a una graduale affermazione della persona che era diventato.
 

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