Storia di un amore proibito

di Mewpower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dark Night ***
Capitolo 2: *** Spring ***
Capitolo 3: *** His death, her death ***
Capitolo 4: *** Their first unknown meeting ***
Capitolo 5: *** Cemetery ***
Capitolo 6: *** Suicide in the river ***
Capitolo 7: *** Saved! ***
Capitolo 8: *** Let me... ***
Capitolo 9: *** Red clouds ***
Capitolo 10: *** The death won't win ***
Capitolo 11: *** Bad boy or not? ***
Capitolo 12: *** Flight ***
Capitolo 13: *** My friend ***
Capitolo 14: *** Life ***
Capitolo 15: *** Has he changed life? ***
Capitolo 16: *** A slow rebirth ***
Capitolo 17: *** I can't forget you... ***
Capitolo 18: *** ...but I must do it! ***
Capitolo 19: *** Flying away ***
Capitolo 20: *** A new pain ***
Capitolo 21: *** Miracle... ***
Capitolo 22: *** Happy bithday ***
Capitolo 23: *** I need you... ***
Capitolo 24: *** Who are you...? ***
Capitolo 25: *** Because I want you... ***
Capitolo 26: *** Divine light ***
Capitolo 27: *** Feeling ***
Capitolo 28: *** I'm better now ***
Capitolo 29: *** I'm yours ***
Capitolo 30: *** Love ***
Capitolo 31: *** See you soon ***
Capitolo 32: *** Promise ***
Capitolo 33: *** The dress ***
Capitolo 34: *** Our bed of snow ***
Capitolo 35: *** My choice ***
Capitolo 36: *** My first and last kiss for you ***
Capitolo 37: *** Our happy ending ***



Capitolo 1
*** Dark Night ***


Dedicata alla mia cara amica Diletta.
Auguri.





L’oscurità avvolgeva completamente il villaggio, la notte più tenebrosa, la nottata più nera…
Tacciono tutti, animali compresi. Dormono, senza emettere alcun rumore. Neppure un mormorio…
Una strana malinconia e tetro terrore si era impossessato della vegetazione sempreverde là intorno; mentre i primissimi boccioli venivano soffocati dalla morsa notturna e li dipingeva di nero...
Anzi no, un grigio perlaceo.
La notte è così. Non si può togliere quell’ansia, quell’inquietudine che ti fa voltare in continuazione quando percorri le cupe strade per nulla illuminate, quella sensazione di paura infantile nascosta…come se il lupo cattivo e famelico fosse pronto ad assalirti in qualsiasi momento…
Aspetta solo te…


Basta un chiarore per risollevare l’animo impaurito. Una piccola fiammella d’orata che splende, la luce di una candela: infonde sicurezza, calore, allontana il male secondo molti…
La piccolina voleva brillare il più possibile, far risplendere tutta la stanza in cui si trovava…
Ma era rischioso.


Uno scricchiolio proveniente dal lungo corridoio nero fu ben avvertito dalle orecchie di lei.
Era evidente che qualcuno era ancora sveglio e calpestava il pavimento di legno molto lentamente, con passo leggero, ma il vecchio rivestimento lo faceva sembrare pesante, secco, un passo chiaramente di un uomo. Era logico: dentro quella casa non c’erano altro che uomini.
Solo lei, era rimasta l’unica fanciulla.
L’unica signora…perché presto lo sarebbe diventato…sarebbe diventata una vera donna.
La tradizione vuole che, quando ci si marita, la moglie si trasformi nella “signora” della casata dello sposo.


Si destò dal letto tremando tutta. Le mani ancorate al soffice materasso vibravano freneticamente alla ricerca di un appoggio, di un sostegno… Temeva, sentiva il pericolo avvicinarsi…Stavolta l’avrebbero scoperta. Il passo però si faceva sempre meno percepibile, sempre più lontano: chiunque stesse passeggiando a quell’ora della notte, ora se ne era andato. Tirò un respiro di sollievo profondo cercando con lo sguardo il motivo della sua agitazione, colui che stava correndo il suo stesso rischio, che azzardava come lei, ma che non ne era preoccupato. I suoi occhi erano chiusi, dormiva…un meritato riposo reso più gradevole da quelle lenzuola che profumavano di lei, della sua pelle dolce e vellutata. La ragazza lo fissò intensamente, scrutando le profonde occhiaie che marcavano il suo pallido viso, segni che però non cancellavano la sua bellezza, la piacevolezza della sua pelle… E scorrendo in giù osservava il petto nudo, virile, la sua forza, la sua sensualità tutta raccolta lì…su quel torace robusto, attraente anche per i leggeri brividi che segnavano il suo corpo, dovuti alla frescura di quella stanza… La primavera era alle porte, ma non era ancora giunta. L’irresistibile voglia di poterlo toccare prevalse sul suo animo innocente e candido e lentamente, quasi con paura di svegliarlo si chinò su di lui e spostando poche ciocche di capelli corvini dalla fronte la baciò teneramente sfiorando con i polpastrelli gli addominali ben lavorati.
Al solo calore delle sue labbra lui aprì gli occhi incontrando quelli di lei: due colori, uno chiaro e l’altro scuro, due tonalità completamente diverse si fondevano ogni volta che si fissavano a vicenda. Il nero degli occhi del ragazzo avrebbero trasmesso timore a chiunque: troppo profondi, celavano troppo mistero, sembravano essere in grado di scorgere tutto, anche ciò di più velato. Ma gli occhi della fanciulla riuscivano a riportare l’equilibrio: il suo chiarore, quel misto tra il rosa e il lilla, due boccioli di fiori di ciliegio capaci di illuminare qualunque cosa, anche i due tetri abissi del moro. Solo unendoli si creava armonia, solo immergendo un colore nell’altro si generava un’omogeneità indissolubile,  in questo modo l’uno diveniva l’altro, l’uno era risucchiato nell’altro, l’uno era completato dall’altro…
Udire la sua voce poi lo rinvigoriva tutto, gli donava un’incredibile pace interiore che credeva non sarebbe mai più riuscito a raggiungere. Quella volta, però, si trattava di parole di ammonizione, per la sua eccessiva calma, indifferente a cosa sarebbe potuto capitare se lo avessero trovato lì.
- Sai, qualcuno poco fa avrebbe potuto scoprirci…-
A dir la verità quella frase aveva più il tono di un’affermazione piuttosto che di un rimprovero: lei non era mai stata capace di rimproverare, tanto meno di arrabbiarsi. La sua indole innocente l’aveva sempre contraddistinta, una qualità che a lui piaceva moltissimo, una caratteristica angelica che la rendeva irresistibile.
Per tutta risposta lui sorrise e le accarezzò una guancia. Le ricordò che lui non aveva paura, non gliene importava nulla, voleva continuare a correre quel rischio, aveva bisogno di stare con lei… Dette quelle tenere parole si rizzò leggermente dal letto per poter raggiungere la sua bocca e baciarla dolcemente. La ragazza non rifiutò il gesto d’affetto e si fece trasportare dalla seduzione di quelle labbra finendo sopra di lui, entrando in contatto con sue gambe sinuose che si infilavano con cura fra le sue e si massaggiavano insieme, provando una sensazione di momentanea calura, ma di affabile piacere. Solo in seguito il sonno prevalse nuovamente facendo addormentare lei appoggiata al suo nudo petto.


Forse era stato il vento… All’inizio pensò questo, vedendo la finestra della sua camera spalancata e osservando come l’aria facesse muovere le fini tendine di seta decorate. Ma poi scorse il sole, i cui raggi erano ancora flebili, l’alba era sorta da poco. Si strofinò gli occhi un po’ doloranti cercando lui, sperando di trovarlo ancora…e invece no. Anche quella volta se ne era andato, fuggito dalla finestra come al suo solito. Sapeva bene che non poteva fare altrimenti, nessuno sapeva di quegli incontri notturni, nessuno conosceva la verità e nessuno doveva conoscerla, non adesso che stava per compiere quel passo importante. Si trattava di una scelta compiuta dagli altri per lei, una decisione troppo seria, ma riguardo la quale lei non era stata per nulla consultata. Questo l’aveva fatta star male, resa angosciata…lei non voleva sposarlo! Scosse la testa per allontanare quella preoccupazione, avrebbe dovuto trovare una soluzione, ma non sapeva se ne avrebbe avuto la forza…Almeno in quel momento, però, non voleva pensarci, voleva avere la testa altrove, libera, la mente occupata da altri pensieri…come pochi anni prima, quando era ancora una genin, quando andava ancora in missione, quando ancora c’era il suo Naruto… Diventare maggiorenne le aveva procurato solo dolori, eccessivi affanni, troppe lacrime…
Si alzò dal letto abbandonando le soffici lenzuola dalle quali era coperta e si avvicinò alla finestra con l’intento di chiuderla. Si accorse che nuovamente le aveva lasciato un messaggio, un biglietto di carta avvolto intorno ad un fiore, cosa che l’allietava e la faceva sorridere. Srotolò il foglietto leggendo quelle parole di una promessa fatta, di un giuramento fatto con il cuore:

“ Scusami se me ne vado ancora, ma tornerò presto e insieme troveremo la soluzione per non separarci mai più. Non piangere per me, perché io non ti abbandonerò”

Strinse quel biglietto forte a sé, come per assorbirne ogni singola parola e ripeté a voce bassa quella promessa che l’aveva fatta commuovere tante volte e alla quale credeva, sperava che si realizzasse…sì, sarebbero riusciti a stare insieme.
Prese poi il fiore che le aveva lasciato: ancora una volta un giglio, fiore dai mille ricordi, tristi e di tormento, ma pure di gioia e d’affetto… Erano i sui fiori preferiti, lui lo sapeva bene e dopotutto piacevano pure a lui…perché gli ricordavano lei, pura e delicata come i petali di quel fiore, il suo profumo inebriante, la lucentezza del suo sorriso… Hinata.
La ragazza rimirò il fiore ancora una volta: era selvatico, era uno dei primi di quella stagione, doveva averlo raccolto nei pressi della foresta, in quel campo da entrambi conosciuto, da entrambi ben ricordato… Si trattava di uno spazio di notevoli dimensioni, ma comunque simile al suo giardino per quanto concerne la pianta coltivata…Infatti il cortile di casa Hyuga era ancora costellato solo dai primi boccioli, ma che si sarebbero schiusi presto, appena in tempo per poter celebrare l’anniversario del loro incontro, come anche la ricorrenza per un giorno alquanto grigio…un giorno di vita e un giorno di morte.

      
La luce dei suoi occhi si offuscò nuovamente al ricordo di un giorno buio,
quando l’amato passerotto fuggì dalla sua gabbietta…
Iniziò così la pena della povera principessa,
troppo grande da esser sostenuta…





Salve a tutti! Per chi non mi conoscesse, io sono Mewpower. Piacere.
Nonostante sia in corso la pubblicazone di un'altra mia fanfiction non ho resistito a pubblicare il primo capitolo di questa nouova storia...diciamo che si tratta di un regalo per un'amica che mi ha fatto capire quanto fosse entusiasmante questo paring...Hinata and Itachi. Grazie Diletta!
Anche da parte dei non amanti di questa coppia, mi auguro di ricevere tante recensioni (me già immagina una massa di commenti negativi, perché non sono affatto brava) e che dire se non...buona lettura e ci vediamo presto!  

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Capitolo 2
*** Spring ***


Giornata di primavera, giornata di vita e di profumi. I primi boccioli che si schiudevano regalavano gioia a chiunque li osservasse, simboli della rinascita di una natura creduta morta, segni evidenti dell’opera di un buon Dio, un ciclo tanto grande quanto meraviglioso che si ripeteva ogni anno. L’odore dei germogli rinvigoriva gli animi stanchi e stressati dopo un lungo inverno, un filtro inebriante di cui non si poteva fare a meno. E poi tutti quei colori, dal rosso al viola, dal verde al bianco…Tonalità vive, sgargianti, allietavano gli occhi di coloro che fino ad allora avevano dovuto sopportare quei toni cupi e orridi, quali il nero della fatica e il bronzo della terra bagnata d’acqua e di pianto…
Quel giorno, il primo giorno primaverile doveva essere il più bello, il più felice, il migliore…
Hinata si era appena svegliata e mirava con gli occhi semichiusi le rondini posate sull’albero poco distante dalla finestra: gli uccellini erano impazienti di darsi da fare, dovevano costruire il loro nido, la loro bella casetta per trascorrerci tutta la stagione… Fremevano alcune, svolazzavano qua e là come per festeggiare il loro ritorno in un luogo già conosciuto, desiderose di rivedere i loro vecchi amici, con i quali si erano dati appuntamento proprio lì, nel Villaggio della Foglia. Sorrise nell’osservare quelle docili bestiole così entusiaste, riflettendo sul fatto che anche lei era ansiosa come loro, desiderava rivedere una persona a lei molto cara. Purtroppo era ancora in missione,  quella volta gli avevano affidato un compito assai duro e pericoloso; erano trascorsi diversi mesi, un tempo troppo lungo da non essere preso in considerazione , ma per il momento sembrava non voler tornare… Si stava facendo prendere dall’agitazione di nuovo, quando pensava a lui tutto il suo corpo entrava in subbuglio… Cercò di allontanare la sua immagine dalla testa, ripetendosi nuovamente che tutto sarebbe andato bene, lo avrebbe rivisto presto. Naruto aveva una missione da compiere: riportare al villaggio l’amico che se ne era andato, voleva ricondurlo a casa a tutti i costi, voleva riuscirci, per questo non avrebbe mollato facilmente ed era per questo che non aveva ancora fatto ritorno…non era un compito facile rintracciare Sasuke.
Si stirò tutta allungandosi il più che poté, portando la testa all’indietro ed espirando tutta l’aria che aveva in corpo. Osservò per un attimo il prato che fronteggiava la sua camera, prima di recarsi a fare colazione: la buona stagione subentrata proprio quella mattina si era già messa al lavoro, aiutando i primi boccoli di quel cortile a sbocciare, infatti qualche giglio già faceva capolino tra le prime candide gemme nate, infondendo un flebile odore zuccherato all’aria fresca. Teneva molto a quei fiori, candidi come lei, senza macchia,solo bianchi, un colore semplice, che però amava.
Andava di fretta quel giorno, doveva sbrigare diverse commissioni e doveva muoversi per non ritardare all’allenamento. Corse su e giù per il villaggio senza mai fermarsi, finché non riuscì a raggiungere il bosco nel quale era solita incontrare i suoi compagni di squadra. Incurvò le ciglia e si guardò intorno quando non vide nessuno. Stranamente non c’era anima viva; che l’avessero aspettata a lungo? Che si fossero arrabbiati? Non le sembrava possibile, dopotutto dovevano allenarsi pure loro. Una misteriosa angoscia cominciò a invadere il suo cuore, tanto da farlo battere freneticamente, con una foga fuori dall’ordinario. Deglutì con sforzo, la gola le si era seccata all’improvviso e un leggero bruciore iniziò a tormentarle la faringe. Si voltò, ma era davvero sola. Solo qualche insetto le faceva compagnia. Pensò che la cosa migliore da fare fosse andare a casa loro, magari li avrebbe trovati lì. Scendendo dal bosco e rientrando così nella zona abitata, notò un cambiamento: prima non ci aveva fatto caso, ma in quel momento si rese conto che la gente che la circondava era avvolta in un telo malinconico , qualcuno era davvero giù di morale, altri parlavano mantenendo la voce bassa, come se avessero paura, come se si trattasse di un segreto… Cercò di ottenere una risposta di quel comportamento fissando qualcuno negli occhi, gli specchi di ogni anima, ma tutti schivavano il suo sguardo, nessuno sembrava voler mostrare i propri pensieri agli altri, nessuno se la sentiva…
La ragazza era confusa, ma una cosa era chiara, il fatto che fosse capitato un fatto grave, sconvolgente, troppo duro per poterne parlare direttamente… La scelta migliore le parve quella di recarsi da Sakura: lei era vicinissima all’Hokage, lei avrebbe saputo darle una risposta. Tremolante, ma convinta di ciò che doveva fare, si recò all’ospedale. Il bruciore alla gola non le era per niente passato e più camminava più sentiva le gambe cedere. Non stava bene, eppure non era stanca… forse una reazione all’arrivo della nuova stagione, oppure c’era qualcosa altro. Tremava, le mani vibravano senza una ragione. Lei stessa era preoccupata, non capiva cosa le stava succedendo, un comportamento insolito, troppo…forse dovuto a quella stranissima sensazione che ancora non l’aveva abbandonata, anzi cresceva sempre più e sempre più aumentava il suo battito cardiaco.

Pensò di accelerare il passo, vagando per i corridoi dell’ospedale alla ricerca del ninja medico. Svoltando l’angolo rimase un po’ sbigottita al vedere Kiba e Shino che camminavano senza meta, con un’espressione buia, per non dire…funeraria. Sorridendo si avvicinò loro, chinando il capo in segno di scusa per non essersi presentata in orario. Come risposta Kiba la afferrò immediatamente per un braccio guardandola sconvolto:
- Hinata, cosa…sei qui per…?-
La ragazza rimase perplessa per quello strano comportamento, se non turbata. Il ragazzo le stava facendo male, le unghie affilate quasi non penetrarono la carne oltrepassando l’indumento che portava addosso. Prontamente Shino afferrò per una spalla il compagno, costringendolo a lasciare la presa. Lo fissò attraverso i neri occhiali, con uno sguardo di rimprovero, talmente intenso da poter valicare quelle lenti scure, che mai fino ad allora avevano fatto trasalire l’espressività dei suoi occhi. Kiba intuì di essere stato impulsivo, ma non era pronto ad affrontare l’amica: fu per questo che decise di allontanarsi da lei in fretta abbassando la testa, senza aggiungere alcuna parola. L’altro si limitò a rivolgersi alla ragazza così:
- Torna a casa…-
Mirò la sua ombra fino a che non si dissolse a causa della forte luce solare che rifletteva sui lucidi pavimenti della clinica. Hinata era nel panico: cosa era successo? Cosa doveva fare? Perché… Con passo ancor tremolante proseguì la ricerca della rosa, nonostante l’animo continuasse a spingerla a seguire il consiglio di Shino: “Torna a casa”
Quelle parole rimbombavano nella sua testa con forza, rendendola ancora più nervosa, facendola sentire ancora peggio… doveva essere capitato qualcosa…ma perché tenerla all’oscuro?
Dopo vari minuti di ricerca la dolce Hyuga pensò di uscire da quell’edificio, intriso di malinconia e dello zuccherato sapore di medicine, che però non era affatto gradevole. Se ne andò utilizzando la porta di servizio: l’ingresso principale le sembrava talmente distante da raggiungere e avvertiva l’assoluta necessità di respirare, perché in quella gabbia di vetri e sale operatorie non le era stato possibile, le pareva di non riuscire a farlo, ciò che si respirava là dentro non era aria, bensì qualcosa che invece sembrava appesantire l’ inspirazione e bloccare l’espirazione. L’aria di una prigione della sofferenza, l’aria irrespirabile del dolore altrui; tutto quel bianco, nonostante fosse il suo colore preferito, non le trasmetteva alcun raggio di speranza, di vitalità…solo vuoto. Un infinito angosciante. Già si sentì molto meglio scorgendo il sole in parte nascosto dalle nubi e il vento leggero accarezzarle la pelle.
La quiete innanzi la tempesta…
Le brillarono gli occhi nel solo accorgersi di aver finalmente trovato colei che cercava.
Ingenuamente andò incontrò alla verità…
Sedeva su di una panchina in legno addossata ad un muro dell’edifico. Isolata da tutto e da tutti, forse voleva star sola. Ma il bisogno di chiederle spiegazioni, per quello strano clima, per quelle chiacchiere come soffocate della popolazione, era troppo forte…e lei sapeva bene che l’amica era in grado di risponderle. Notò una stranezza, la posizione in cui era: incurvata la schiena e rannicchiata in sé stessa, come per rendersi il più piccola possibile e le gambe addossate l’una all’altra come se avessero freddo…tutto il suo corpo figurava infreddolito. Lo percepì meglio quando le fu a due passi: i brividi sulle braccia e sulle cosce scoperte in quel punto mostravano chiaramente l’agitazione del suo animo, la turbolenza delle emozioni l’aveva presa tutta rendendola rigida. Le mani sudate e tremanti stringevano con brutalità i capelli rosei, quasi a strapparseli, ma il volto rimaneva in gran parte coperto, impedendole di mirare gli smeraldi che la contraddistinguevano. Le rivolse la parola, con tono preoccupato, la sua vocina avrebbe rasserenato chiunque, ma non in quel caso. Stava per peggiorare le cose.
L’inizio della fine.




La fanciulla tormentata chiese aiuto,
continuando a domandare alla sua anima il perché di quella fuga.
Giunse l’ancella che la scena aveva veduta,
il passerotto non sarebbe mai più tornato…









E rieccomi di nuovo con un altro capitolo tutto per voi!  
Mi auguro sia stato di vostro gradimento.
Hinata è ritornata con la mente al passato…e sta per scoprire una verità per nulla piacevole…Ma non voglio anticiparvi nulla!!!  Adesso vorrei passare ai saluti:

_Faziooosa: Sono felice che la coppia Itachi e Hinata ti piaccia e farò del mio meglio per continuare la storia nel migliore dei modi. Baci.

_Keru: Ehi, ma ti trovo dappertutto o sbaglio? Eheh, scherzo ovviamente, anzi mi fa molto piacere che abbia commentato anche questa mia storia! Grazie mille per il sostegno e a prestissimo!

_sorelline xsv: Un ringraziamento super per aver recensito il primo capitolo e mi auguro che non sia l’ultimo! Ciao, ciao!

_ thembra: Wow, che entusiasmo! Sono contenta che tu adori questa coppia e mi raccomando…continua a sostenerla!!! Kisses.

Va bene, che dire se non alla prossima! (la scuola mi ruba tempo, ma cercherò di fare il possibile per aggiornare presto ^__^) E ancora un grazie per gli incoraggiamenti e i complimenti!       

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Capitolo 3
*** His death, her death ***


Sentiva la necessità di rincuorarla: l’amica era afflitta, aspramente angosciata, aveva notato le lacrime che erano cadute numerose, ma che si arrestarono di colpo al solo pronunciare:
- Sakura-chan…-
La ragazza smise di tremare, il che rese ancor più timorosa l’altra. Allentò la presa della chioma rosea facendo scivolare le mani lungo le guance arrossate. Hinata la osservò molto attentamente, shockata per il suo aspetto abbattuto, con il cuore che batteva a mille.
- Cosa ti è successo…?-
Sakura continuava a tenere la testa bassa, non aveva il coraggio di guardarla in faccia, si sentiva troppo male, non avrebbe retto e avrebbe di sicuro ricominciato a piangere. La giovane Hyuga non sapeva come comportarsi. Dove era finita la vitalità e la forza della compagna? Non era lei.
Sobbalzò al solo vederla ritornare a versare lacrime, accompagnate da singhiozzi che uscivano strozzati, tentativi di resistenza contro quella pena che non sarebbe andata via facilmente… L’Haruno non avrebbe mai voluto mostrarsi così, ma la sofferenza che provava era eccessiva anche per una personalità forte come la sua. Solo pochi istanti dopo cominciò a placarsi stretta da un tenero abbraccio della compagna, sedutale a fianco.
 Lei ignorava tutto, ecco perché era calma. Se era lì, significava solo una cosa: il destino aveva dato a lei il compito di informarla, di trasmetterle così quel pesante dolore, di renderla triste a vita, perché lei la conosceva bene, ma soprattutto era al corrente di quanto tenesse a lui. Sapeva quanto sarebbe stato duro e temeva che il suo cuoricino non avrebbe retto…   
Provò a cominciare la frase tenendo sempre il capo basso, ma i singhiozzi smorzavano ogni suo sforzo. Si diede della stupida e cercò di riprendere coraggio. Doveva avere la forza di andare avanti. Si morse il labbro con ira e alzò di scatto la testa mostrando il segno più marcato della sua sofferenza: la luce dei suoi occhi era fioca e le lacrime offuscavano chiaramente la sua vista; leggere occhiaie poi segnavano il viso, segni del pianto eccessivo che mai fino a quel momento era riuscita ad arrestare. Però, convinta di ciò che stava per compiere, afferrò la mano della compagna stringendola con energia, per infonderle più coraggio possibile.
Stranamente le nuvole cominciarono ad addensarsi, la luce solare venne meno…
- I nostri compagni…non torneranno…-
A chi si riferiva? La confusione prese il sopravvento e l’ansia iniziò a renderla nervosa.
- Naruto…-
Il pronunciare quel nome le fece spalancare gli occhi e la mano che stringeva quella della rosa cominciò ad abbandonare la presa. Le cose si stavano per chiarire.
-Il Team che è partito con Naruto per recuperare Sasuke...-
Il respiro si faceva affannoso, anche lei ora era cosparsa da brividi freddi ovunque.
- Ce l’avevano fatta, stavano per riportarlo da me…-
Stava facendo frasi disconnesse l’una dall’altra, ma non riusciva a fare di meglio e ciò che era peggio non riusciva ad arrivare al dunque. Hinata aprì leggermente pure la bocca come ad aiutare la compagna a trovare le parole giuste. Soffriva per l’agitazione…cosa doveva dirle? Cosa era successo? La rosa stava per scoppiare nuovamente, ma se avrebbe ricominciato avrebbe soltanto peggiorato la situazione.
Ora colei che soffriva di più era Hinata.
Con sforzo fece un respiro profondo e disse con forza, direttamente al suo incredulo viso, il motivo della sua pena:
- Tutti! Sono morti tutti! Li ho visti! Li ho toccati con queste mani!-
Fiumi di lacrime tornarono a bagnarle il viso, ripensando ai loro corpi, alla strage che era stata compiuta. Mai in una missione era state riportate tante vittime. Ecco perché tutti ne parlavano. Ecco il motivo di quella strana atmosfera. Si spiegava tutto..
Stinse poi con entrambe le mani la mano candida della Hyuga, abbassando di nuovo il capo, credendo di fare così solo del male alla sensibilità della compagna, ma era più forte di lei…aveva perso una caro amico e pure il suo più grande amore… La piccola mano di Hinata sembrava morta al tatto: fredda, molle, non un minimo segnale di movimento. Sakura smorzò il suo pianto a fatica, quando avvertì un mormorio proveniente dall’altra:
-…Cosa…?-  
Spaesata e sbigottita, fissava il vuoto alla ricerca di un appiglio. I piccoli occhi di Hinata si spalancarono talmente tanto da far quasi impressione e nonostante la sua pallida carnagione il colpo infertole la fece sbiancare ancor più, rendendola come esanime. Il cuore smise di battere per un nanosecondo, frazione troppo minuta per portare alla morte, eppure per lei interminabile: tutto ad un tratto si sentì investire da una folata di aria gelida che la rese rigida, immobile; i lineamenti del suo viso, ma pure l’intero corpo, rimasti indeclinabili la rendevano una bambola di porcellana che però non era affatto gradevole da guardare. Il trauma, il terrore si leggeva bene in quegli occhi spenti e vaghi, la boccuccia rosea divenuta leggermente violacea e lasciata semiaperta e le sue membra avvilite, incapaci di reagire a qualsiasi stimolo esterno…segni chiari che portarono Sakura a battere con una mano la guancia dell’amica e ad incitarla a parlarle, a rimanere in sé, vedendo bene gli inequivocabili presagi di un immane mancamento. Al solo sentirsi percuotere la ragazza si mosse di scatto, alzandosi dalla panchina, divenuta un rovere di spini e l’esigenza di allontanarsi da lì era irrefrenabile… La vicinanza dell’ospedale le dava ribrezzo, voglia di rigurgitare tutto… Con uno scatto si allontanò dalla compagna, da una parte stupita per quel lampo di forza che aveva permesso alla Hyuga di reagire, ma dall’altra afflitta più di prima per aver dovuto dirle la verità…
I capelli corvini della ragazza dondolavano con impeto, sbattendo di qua e di là contro il suo fragile corpo, ma rimanendo uniti e compatti grazie al laccio che li teneva legati. La pesante felpa che indossava affaticava ancor maggiormente la sua corsa verso l’ignoto, una disperata fuga senza una meta. Anche quelle larghe maniche ciondolavano a ritmo con la sua andatura, eppure non facevano altro che ostacolarla, la rallentavano, un po’ le davano noia, ma erano gli unici mezzi che le permettevano di nascondersi. Solo così il suo corpo veniva ben coperto e celato, tentava di occultare, cancellare le sue forme, ma la pubertà è inarrestabile, impossibile bloccare questo sviluppo, questo continuo crescere e modificare dei fianchi, del seno, future prede dell’altro sesso, ambizioni per cui avrebbero lottato…ma chissà chi avrebbe vinto…  
Si arrestò solo dopo essere sicura di non essere scorta. I brividi freddi non se ne erano ancora andati, nonostante il sudore gocciolasse da tutto il suo corpo e la forte umidità penetrasse in tutti i pori della sua pelle e rendesse i capelli lievemente mollicci. Curvò la schiena appoggiando le mani tremanti sulle gambe che imploravano pietà; respirava affannosamente, a volte il respiro le si bloccava in gola, ma deglutendo fortemente riusciva a riprender fiato, artigli felini che raschiavano la sua faringe con impeto, rendendola ancora più bruciante di quanto non lo già fosse. Le sue membra stavano per cedere, la sua mente era annebbiata dall’orrore di quelle parole, morso dopo morso il suo cuore era stato quasi del tutto consumato dalla disperazione e l’angoscia unita alla fatica gravavano su di lei togliendole persino la parola…
Nuvole agghiaccianti e cariche di pioggia si preparavano a dare inizio allo spettacolo…

Primavera non significa solo fiori e colori …
Gioia e festa…
Ma anche fatica di ricominciare, per poter andare avanti…
E la prima pioggia della stagione avviava questo percorso…
Fatto di sofferenza e colpe…
Contribuendo però a dare un minimo di sollievo…
A coloro che si vergognavano di piangere.
Perché la pioggia si sarebbe mescolata alle lacrime.

Hinata si drizzò tutta appena avvertì cadere sopra di lei qualche goccia fresca. In contemporanea dal suo viso scesero pesanti lacrime che contribuirono ad annaffiare l’erba verdeggiante del bosco. Strinse i pugni e poi i denti. Si morse le labbra cercando di resistere, di opporsi alla debolezza, perché gli aveva promesso che sarebbe stata forte in qualsiasi situazione…lei si era allenata duramente, il suo corpo e la sua anima si erano irrobustite, ma niente poteva fermare quel pianto. Trattenne i singhiozzi, ma faceva solo peggio. Tentò di asciugare le lacrime, ma la pioggia rendeva tutto più difficile. Non doveva, non voleva, ma era troppo per lei. Stava affrontando un dolore troppo grande, il più grande…al quale non era pronta…non poteva vincerlo… Tenendo la testa bassa corse fino alla fine del bosco, da dove si poteva scorgere tutto il villaggio dall’alto. Fermandosi in quel punto, levò il capo e tirò fuori tutta l’anima, tutta la sua afflizione concentrata in una sola parola:
- NARUTO!!!-
Il suo urlo fu accompagnato dal rombo di un fulmine sceso poco prima là vicino: un’accoppiata che metteva i brividi, terrore e disperazione insieme, due forze straordinarie che avrebbero fatto tremare chiunque, la natura e l’uomo riunite dal fato come alle origini di tutto…
La ragazza stremata cadde in ginocchio sul suolo bagnato oscurando gli occhi con le mani curvate dando libero sfogo a tutta sé stessa. Non bloccò né le lacrime, né i singhiozzi e neppure i lamenti che fuoriuscivano continuamente dalla sua bocca. Invocò più di una volta il suo nome, come fosse quello di un dio, sperando di richiamarlo, di poterlo scorgere da lontano o solamente per rivederlo un’ultima volta e confessargli tutto il suo amore. Lo amava più di prima, lo desiderava con tutto il cuore, non poteva vivere senza di lui, non ce l’avrebbe fatta…
E intanto la pioggia batteva sui tetti delle case, sugli alberi, sui primi fiori sbocciati, sulle persone che rientravano di corsa nelle loro case, sugli animali e sulle strade. Ma anche sulla povera Hinata, distrutta da quel dolore, allietata in quel momento solo dallo scrosciare di quella pioggia che pareva consolarla, versando pure lei lacrime di disperazione.



La principessa al sol sentir quelle parole corse lontano,
piangendo amaramente.
Soffriva, non voleva veder nessuno,
voleva restar in disparte con il suo dolore.







Ta-dan! Ecco un nuovo capitolo tutto per voi! Scusate se aggiorno solo oggi, però il tempo che trovo per le mie fanfiction è sempre meno! Ma impegni o non impegni farò il possibile per aggiornare il prima possibile! Mille grazie vanno a coloro che leggono la mia storia e in particolare a:   

_Faziooosa

_Keru

_ masychan

_sonny

_sorelline xsv

_thembra

_ _videl_

Tengo in maniera particolare a questo capitolo e mi farebbe piacere sapere quel che ne pensate ^ ^.
Bacioni a tutti e alla prossima!

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Capitolo 4
*** Their first unknown meeting ***


Dicono che i giorni passano talmente velocemente che nemmeno ce ne rendiamo conto…sono gli anni che trascorrono lenti, inesorabili, snervanti… A me sembra ieri, il ricordo di lui su questa terra è ancora fresco, indissolubile… Il suo sorriso, la sua allegria è ancora viva nel mio cuore il cui battito si affievolisce ogni volta che ripenso alla sua scomparsa… La felicità che mi trasmetteva ora è divenuto vento…un’emozione che non avverto più da molto…oramai la sola memoria di quella vivacità non mi conforta più. Tutto è finito con la usa scomparsa, quando la sua anima si è staccata dalle membra, giovani, bellissime…una grave perdita, troppo grande…soprattutto per me.
Ma la vita continua…
Tutti mi ripetono queste parole continuamente, notando l’evidente tormento che mi perseguita, che non mi fa dormire la notte, che pare non volermi lasciare.
Fatti forza…
E dove dovrei prenderla? Prima c’era una ragione per cui lottavo, per diventare più forte. Me l’ero ripromessa,  un impegno al quale non avrei mai rinunciato…lo facevo non tanto per me…ma per lui.
Non piangere…
Eppure il giorno dei funerali tutti piangevano…perché io non dovrei farlo? Lacrime, su lacrime. E poi la pioggia anche quel giorno, come se pure le nuvole stessero male e si disperassero per tutte quelle vite innocenti. Povere e infelici.
Dieci jonin, quattro chunin, un genin. Il migliore tra i genin. Non ha avuto neanche il tempo di diventare chunin, il mio Naruto. Se ne andato lasciando qui i suoi amici, i suoi sogni…amareggiato e sconfortato.
Come ti senti…?
Sakura è gentile a chiedermelo a spesso. Eppure ogni volta io mi sento ancor peggio. Cerco di star meglio, ma ripiombo subito nella tristezza, in un baratro talmente profondo che risulta difficile scavalcare. La luce che indica l’uscita mi sembra così lontana…non ce la faccio proprio. Non ne ho più forza, se non piangere… di nascosto do sfogo a tutta me stessa. E piango, piango, giorno e notte, queste dannate lacrime non sembrano finire mai. Mi inzuppano il viso e arrossiscono i miei occhi, rendendoli chiari segnali del mio sconforto… Non voglio far impensierire gli altri, solo perché soffro io non è giusto che si preoccupino anche loro. Cerco di celare queste lacrime, ma non è facile. Combattere la mia debolezza, la mia sensibilità…oramai lo reputo impossibile.
…Il fatto è che ho perso parte di me.
Lui era parte integrante del mio vivere. Era lui che mi sosteneva, che mi incoraggiava ad andare avanti anche nelle condizioni peggiori…è lui che mi ha insegnato ad affrontare l’esistenza in maniera ottimista e mi ha sempre confortata…bastava soltanto che mi sorrideva ed io prendevo forza. Però ora ho scoperto che senza vederlo, senza sentire la sua voce…tutta quella grinta e la fiducia in me stessa che credevo di aver acquisito sfuma con lui, era la sua immagine, il sapere che mi era vicino mi dava coraggio. Adesso lui non è più accanto a me. Non lo sento. Non lo vedo. Dove è il suo spirito? Veramente è lassù? Esiste ancora da qualche parte…oppure è svanito per sempre? Io non sono più convinta di niente.
Naruto, amore mio, io non ti sento.
Per questo piango.
Perché tutto di te ora non esiste più.
Mi manchi. Ti rivoglio. Ma se non puoi tornare voglio almeno sapere se continui a vivere.
Qualcuno me lo dica
Perché se non vivi più allora non voglio vivere neppure io.       


La rugiada mattutina brillava su quei fiocchi cotonati, batuffoli di nuvola, gigli da tempo sbocciati.
Sorridevano alle prime luci dell’alba, dondolando tra l’erba di quel giardino profumato, un piccolo prato costellato da gemme nivee, nobili di origini, degni di un’alta casata. La residenza degli Hyuga appariva così ancor più regale, sfoggiando quei gioielli brillanti che quasi destavano invidia ed erano oggetto di desiderio dei passanti. Erano bellissimi, graziosi e delicati, anche troppo per esser considerati semplici fiori. Ornamenti di un’abitazione divina che la coronavano e la aromatizzavano, come per prepararla ad un incontro speciale…
Poteva sembrare uno spreco, un insulto, il solo cogliere quei fiori. Sradicarli dal suolo fertile e sacro, via dal loro nutrimento, da ciò che avrebbe loro permesso di vivere molto più a lungo.
Eppure una ninfa dai lunghi capelli ne stava staccando uno ad uno, con il viso impallidito dallo sconforto e dalla compassione, con il cuore piangente per quei minuti corpicini che sottraeva dalla madre terra. Però non era uno spiritello cattivo, era un’appartenete a quella casata, costretta a far ciò solo perché spinta da un fattore maggiore: il dolore per una persona mancata, la rimembranza doveva essere celebrata con il dono migliore, con le offerte più preziose, voleva regalare ciò che amava di più, a cui si occupava con profonda dedizione ogni giorno…
Era passato un anno e tutti sembravano aver dimenticato. Un anno cosparso di ferite e di scie di sangue, di sofferenza e di tormento per il suo animo, di conforti e singhiozzi trattenuti…
Accostò il mazzo niveo al petto, cullando quei piccolini che guaivano per la lontananza dal luogo natio, consolandoli e accarezzandoli sussurrando parole dolci, una melodia che usava per placare pure l’angoscia che vacillava su e giù per il suo corpo, deperito e stanco di tutto. La sua unica forza rimasta gli permetteva di percorrere quel sentiero di ghiaia continuamente, tutti i giorni, sempre da sola, sempre con quella fitta al torace sinuoso che le toglieva il fiato. Ma quel dì, era particolare. Ecco perché i fiori erano così numerosi, ecco perché aveva colto i suoi gigli…mai avrebbe ucciso i suoi bambini, se non per chi amava con tutta sé stessa.

Per il suo angelo biondo dagli occhi color del cielo.

E durante quel lungo tragitto lei lo ricordava in tutto il suo splendore, con quella luce di allegria che sempre gli contornava il sorriso, con quell’ impacciato modo di svincolarsi dai pericoli, con quella forte determinazione che un giorno gli avrebbe permesso di coronare il suo sogno…

Levò lo sguardo fino allora tenuto basso al solo contatto dei raggi solari sulla propria fronte. Gli alberi si erano diradati, dando il benvenuto alla ninfa nella reggia della desolazione.

Aveva attraversato il bosco che separava la parte viva da quella morta, il Villaggio dal cimitero dei ninja.  

Con passo lento e solenne passò innanzi alle altre tombe, sfilando con tutta la sua leggiadria e la sua  compostezza mentre pregava per quelle povere anime in pena. I petali più delicati cadevano a terra segnando il suo cammino.

Per una volta non erano le lacrime che finivano al suolo. Doveva essere forte.

Si avvicinava e il cuore si comprimeva tutto. Frustrato da quel quotidiano stress che riceveva, desideroso di smettere di pompare sangue. Il battito si affievoliva ogni qual volta scorgeva di lontano quella nuda pietra, vuota di senso e di valore, se non per le incisioni su di essa scolpite.

Arrivò poi lì, dove l’angelo dormiva beato…o almeno questo era ciò che sperava.
Si accucciò posando con cura il mazzo floreale, un dono che magari poteva allietarlo…
Baciò i polpastrelli della propria mano, con la bocca tremolante per l’ ansia e per lo sconforto.
Toccò quindi quelle lettere che marcavano la lapide un po’ annerita in alcuni punti. Le sfregò affettuosamente seguendo ogni rilievo, ogni scanalatura, sentendo ogni volta che si allontanava dai singoli caratteri una fitta acuta, come se volessero punirla per quell’abbandono…non doveva andarsene…non doveva fuggire da quel nome e lasciarlo nuovamente solo…cosa che neppure lei avrebbe voluto. Ma sarebbe tornata presto, diceva loro, li avrebbe rincontrati la mattina seguente, prima di cominciare la giornata…perché non sarebbe mai riuscita ad affrontare il giorno dopo senza prima esserlo andato a trovare…quella era la sua unica gioia.

Un soffio improvviso di vento, caldo, carico di umidità, investì la ragazza facendo smuovere con impeto i suoi capelli dalle tonalità color blu e viola che brillavano, facendosi notare. Con loro anche qualcos’altro si scosse con violenza, un particolare che non era giunto agli occhi della Hyuga. Un tessuto nero come la pece si dimenò aspramente, percuotendo il suolo arido e polveroso, creando un leggero alone fastidioso che però non fece distogliere lo sguardo alla ragazza.

Troppo concentrata a resistere al pianto.

Tante onde ribelli si crearono su quel telo scuro, tori in corsa che scomparivano una volta giunti all’estremità dell’abito.

Ma lei era raccolta in sé e provava a soffocare i singhiozzi.

Il movimento di quella veste si placò molto lentamente in sincronia con la forza del vento, tornando ad essere piatto e muto, come la persona che lo indossava e che sostava dinnanzi la lapide a fianco di quella dell’Uzumaki.

Si morse il labbro con decisione, proprio non era capace di sopportare quel peso.
La ragazza si portò una mano alla bocca, facendo tacere quei minuti sussulti provenienti dal petto e che intendevano uscire dall’interno, trasformati in lamenti. Le calde lacrime che fuoriuscivano dai suoi occhi bagnavano quelle dita così esili, infiltrandosi tra di esse e arrivando quindi anche al palmo, inumidito dal respiro affannoso e carico di tensione. Sibilò il nome dell’amato, ancora una volta, come oramai faceva sempre ogni volta che lo andava a visitare, credendo forse di chiamarlo in suo aiuto, sperando che giungesse sul posto per consolarla. Ma lui non veniva e lei proseguiva a tormentarsi.

Una nuova raffica d’aria investì quel luogo, scuotendo nuovamente i suoi capelli, facendo ancora muovere il mantello di quel tizio che non si era mai mosso, sembrava non respirare, solo quelle folate parevano conferirgli un po’ di dinamicità.

I gigli lì distesi si agitarono con vigore, solo loro le fecero distogliere l’attenzione dalla sua afflizione: qualche petalo si staccò dalle splendide chiome volteggiando di fronte al suo viso e poi volando via, verso l’alto, danzando con eleganza, ma abbandonando il luogo dove era stato stabilito che rimanessero. La Hyuga si rese conto del tentativo di fuga e quasi non gridò contro di loro affinché tornassero indietro… Poiché quando alzò il capo incontrò la tunica funeraria di chi la fiancheggiava, notando l’aura tetra e spettrale che avvolgeva quel tizio, coperto interamente di nero. Sgranò per un attimo gli occhi, intimorita da quella strana figura, ma dovette poi subito rannicchiarsi di nuovo in sé, ricordandosi delle lacrime infuocate che le marcavano chiaramente il viso. Stette ancora un altro minuto a contemplare la lapide, però poi si rese conto di non poter fare a meno di fuggire…quella figura le aveva messo una strana inquietudine addosso, un amaro gusto di terrore che stava rendendo il suo corpo tempestoso,cosparso di brividi e di ansia sfrenata.
Si destò da terra non staccando gli occhi da quel letto pietroso di morte, con una gran vergogna addosso per dover lasciare il suo Naruto solo perché intimorita da una losca ombra, con tanta tristezza nel cuore sapendo di dover aspettare una giornata intera prima di poterlo rimirare, al farsi dell’alba del giorno seguente…
Si voltò di scatto versando una scia cristallina e luccicante che ancora non intendeva arrestarsi, scappando da quel posto inanimato e dalla morte, rimasta imperturbabile a rimirare la tomba dell’Uchiha scomparso, ora decorata da una rosa bianca in più.


La principessa non sapeva come comportarsi
di fronte a quell’ animale.
Era nero, coperto da una tetra pelliccia, mai visto…
Era un lupo, bestia del bosco e quindi sconosciuta ai suoi occhi regali.  







Ecco a voi il quarto capitolo! Mi auguro vi sia piaciuto. Consideratelo il mio regalo di Natale! A proposito sfrutto questa occasione per fare a tutti voi gli auguri di buone Feste (non so se riuscirò a pubblicare un nuovo cappy per la fine dell’ anno) e un saluto particolare a:

_Faziooosa

_Keru:

_sorelline xsv

_thembra


Grazie mille per le recensioni che lasciate!!! Quindi non mi resta che dirvi…

Buone feste!^^
...e a prestissimo!
Mewpower

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Capitolo 5
*** Cemetery ***


Percorreva le strade del Villaggio come un vagabondo alla ricerca di pane e acqua. Barcollava un po’ con il corpo deperito e con gli occhi lucidi e privi di qualsiasi vitalità. La gente cercava di non guardarla, perché se ci avessero provato non sarebbero più stati in grado di distogliere da lei lo sguardo. Era troppo spossata, troppo debole, pareva un cadavere che tentava di continuare a vivere, nonostante in verità fosse morto, senza alcuna speranza, oramai incapace di proseguire nel cammino della vita… E faceva loro pena, quella povera ragazza, che tanto aveva sofferto da piccola, tanto aveva lottato e patito…ma mai come in quel periodo. Era da circa un anno che non la vedevano più sorridere…o scambiare una parola con qualcuno… C’era solamente una persona con la quale sembrava intrattenere un buon rapporto e anche in quell’occasione fu lei a portarla via dall’attenzione di tutti, afferrandola per un braccio, facendo finta di sorridere. La rosa la trascinò per un buon tratto facendola poi sedere su di una panchina, fuori dall’ospedale dove lavorava e dove sarebbe dovuta essere…ma sapeva quale giorno fosse quello e poi conosceva bene l’amica…
- Ehi, stai su!- tentava di sorridere il più che poteva, mostrando la felicità che un tempo era capace di trasmettere, ma ora non più, neppure lei si era totalmente ripresa.
Hinata accennava un riso sperando di rincuorare il medico, ma la tristezza quel giorno era più forte di lei…non riusciva proprio a nascondere l’angoscia.
- Nessuno ti vuole vedere così, reagisci e sii forte!-
Facile a dirsi, ma lei non ci riusciva. E provava a sorridere nuovamente, però le lacrime erano esattamente sull’orlo di fuoriuscire…un altro movimento verso l’alto delle gote e le avrebbero inondato il viso.
Sakura sapeva bene il dolore che stava provando, quel masso al petto lo aveva pure lei e la convinzione di riuscire un giorno a toglierlo era debole. Eppure tentava i tutti i modi di confortare l’amica, di farla reagire…temeva che tutta quella sofferenza avrebbe potuto portarla alla follia.
- Sei andata a portargli i fiori anche oggi…?- disse poco dopo accarezzandole la testa per metterle a posto i capelli.
- Già…- fece un respiro profondo, parlare era diventato un fenomeno inconsueto, raro e quindi riprendere a comunicare risultava un po’ pesante – E tu non vai, Sakura-chan?-
- Sì, più tardi vado anche io. Purtroppo il lavoro mi assilla e non ho mai un attimo di tregua…anzi ritorno subito in ospedale, se si accorgono che mi sono allontanata ancora dovrò sorbirmi l’ennesima ramanzina!-
- Allora sbrigati…non voglio che tu perda tempo con me…-
Si levò così da sedere seguita dall’altra ragazza e mentre stava per voltarsi:
- Ehi, Hinata…- le sue braccia cinsero il collo della Hyuga e i due petti entrarono in forte contatto, una stretta affettuosa che trasmetteva un calore intensissimo – Ci sono sempre io qui…non dimenticarlo-
- Grazie…- qualche goccia uscì birichina sfuggendo al controllo di entrambe le amiche che stettero per un po’ abbracciate, rincuorandosi  a vicenda per la grave perdita subita…


Le luci della residenza Hyuga si spensero l’una dopo l’altra, a partire dai piani più alti, procedendo fino a quelli inferiori. Un solo chiarore ancora rendeva luminosa una delle numerose stanze di quell’abitazione, oramai tramutatasi in una prigione dove trascorrere la nottata. Restare chiusa all’interno di essa, la rendeva nervosa e angosciata. C’era qualcosa nell’aria che non prometteva che male, poteva avvertirne la vicinanza, ma non capiva di cosa potesse trattarsi.
E rimaneva a sedere sul soffice letto profumato di fiori a ragionare su quello strano presentimento, su quella morsa famelica che prima o poi si sarebbe avventata su di lei e avvertiva un respiro umido che le sfiorava il collo, l’alito di una belva che aspettava soltanto il momento più propizio…
Scosse la testa rannicchiando le gambe al petto e appoggiando sulle ginocchia fragili la testa divenuta pesante per quell’orrido pensiero che ogni sera l’avvolgeva.

E sentiva il bisogno di vedere lui…

Non riusciva proprio a prendere sonno, oramai era diventata un’abitudine passare la notte in bianco.

Aveva la necessità di sentirlo vicino, il desiderio pareva irrefrenabile…

Si destò dal letto percorrendo il tratto che la separava dalla finestra della sua camera. Mirò fuori; la luna splendeva vivacemente…non avrebbe avuto problemi.
Indossò la prima cosa che si ritrovò fra le mani e scavalcò la finestrella, finendo nel giardino.
Nessuno si sarebbe accorto di nulla, nessuno doveva scoprirla.
Diede il via ad una corsa esasperata, composta da tanta ansia per quel gesto fuggitivo, come se si trattasse di un ladro evaso dal campo di reclusione. Eppure vi era anche tanta gioia e soddisfazione, perché avrebbe potuto stare con il suo amato, stargli vicino per tutta la notte, avrebbe così forse trovato pure lei la pace per dormire…almeno il minimo indispensabile per andare avanti.
La luna mirava la folle scattare da una parte all’altra con tutta la foga che l’animava, quell’ energia che le permetteva a malapena di stare in piedi, che l’aiutava a resistere al pianto, che la tratteneva a comportarsi da scellerata… e tentare il peggio.
Dopotutto la vita le si stava scagliando contro con tutta la sua crudeltà e con tutta la sua ingiustizia. Dopo la morte di Naruto, Hinata aveva perso tutta la sua convinzione, la voglia di far del proprio meglio per diventare più forte, la voglia di combattere e di farsi valere. Ciò risultava evidente nelle missioni che le venivano affidate, le quali si concludevano con un fallimento o con perdite ingenti per i troppi errori commessi… L’Hokage non poteva fare finta di niente e non mancò di avvertirla che di quel passo avrebbe potuto rischiare di perdere il suo titolo di chunin… uno dei pochi obiettivi che era stata in grado di raggiungere, al quale teneva particolarmente.
E questo non fece altro che avvilirla sempre più, a farle perdere anche quel minimo raggio di ottimismo che le era rimasto, a farla turbare anche nel sonno, a farle perdere l’appetito…un’altra pena che proprio non riusciva a tollerare, anche perché ve ne era un’altra che l’opprimeva già fin troppo…l’origine dei suoi pianti e dei fallimenti che stava riportando.

Senza di lui era come una pianta senza più radici…aveva perso l’unico sostegno che la sorreggesse e che le desse nutrimento.

E correva spedita, ansimando e vedendo sempre più nero. Le fronde più basse sbattevano addosso a lei e a volte i capelli slegati si impigliavano tra i rami costringendola a rallentare. Ma lei non si voleva fermare e strappava con forza le ciocche che rimanevano avvolte, gemendo lievemente per il dolore, mantenendo comunque la convinzione di agire in quel modo. Il cuore cominciò a far segno di cedimento dopo aver scalato la collinetta che separava il Villaggio dal cimitero: pompava sangue a stento, adoperandosi il più che poteva, privando della più piccola traccia rosea la sua pelle oramai cadaverica e spossata.
Però aveva raggiunto la sua meta. Là, di fronte alla sua presenza si mostrava il cancello d’entrata,  colorato di una scura tonalità, ma che non poteva essere paragonata al buio tetro di quella notte. Si innalzava verso il cielo, fine ed elegante, ma con i chiari segni della vecchiaia addosso. Le estremità della parte superiore erano punte aguzze decorate da un sottile strato di muschio, secco e imbrunito, che cospargeva pure la parte più inferiore dell’inferriata, donandole un leggero aroma che richiamava la stagione invernale, oramai conclusa.
Sorrise soddisfatta e avanzò con le gambe tremolanti.
Superate le prime lapidi, sempre più vicina alla sua.
La voglia di vederlo cresceva ad ogni passo, ma la stanchezza le impediva di accelerare.
Il solo buio la circondava, tutte le tombe parevano uguali nella loro miseria e nella loro santità. Eppure secondo lei la sua era l’unica che in quel momento brillava, l’avrebbe riconosciuta tra mille, aveva quell’aura di lui, del suo viso radioso, che la circondava tutta…sbagliarsi sarebbe stato impossibile.
Lo salutò.
La terra pareva innevata, poiché cosparsa di tutti quei gigli portatiglieli la mattina, ed era fredda, rigida come lo è d’inverno. Le ginocchia furono assalite da innumerevoli brividi al solo contatto, ma lei restò inchinata comunque accostando le mani al mento, unendole per sussurrare parole di preghiera. La debolezza la investì definitivamente al solo provare a rialzarsi e pensò bene di rimanere accucciata, così pure da poter rimanere più vicina al suo amato, proprio stretta stretta, abbracciata a lui, l’uno accanto all’altra.

Come l’amore è indissolubile pure dopo la morte.

Pose la sua testa a ridosso della lapide. Stava scomodissima, le ginocchia erano congelate, la notte metteva paura, il cimitero trasmetteva tanta malinconia…
Ma fu proprio in questa maniera che riuscì a trovare il sonno, a socchiudere gli occhi e finalmente a riposare davvero. La ragazza si addormentò accostata a quella durissima pietra, infreddolita e un po’ affamata, sfinita da tutta quelle pene, ma almeno in quel momento serena perché stava dormendo con il suo Naruto, cosa che desiderava perdurasse…magari in eterno.


Come un morto può smuovere la terra.
Può uno zombie percorrere tranquillamente le vie di un cimitero?
Può farlo, certo. Ma non è questo il caso.
Si trattava di un’ombra, nulla di ultraterreno. Semplicemente una figura, semi sbiadita che a notte fonda vaga per il campo santo alla ricerca del riposo, di quella pace ottenibile solo una volta morti. Ma lui ancora non lo era…
E si domandava il perché, quale fosse la motivazione…
Magari era per carità di Iddio, per suo amore nei suoi confronti, perché era una sua creatura… mph, ma a chi voleva darla a bere…
E girovagava ancora, sempre più confuso, sempre più amareggiato per quella diavolo di esistenza che era costretto a vivere…
Era quella la sua punizione, credeva questo.
Si spostava lentamente, strisciando i pesanti piedi cosparsi di stanchezza e ferite, strascinando quella lunga tonaca infernale, il suo nascondiglio, ciò che lo rendeva tutt’uno con la notte.
Lui era la notte.
Solo un’immagine di color contrastante risaltava su quello sfondo di tenebre.
Bianca e fresca, chissà dove, chissà quando l’aveva colta.
Una rosa candida pareva essere la sua lanterna, l’unica luce che lo illuminava, unico elemento di purezza che lo legava ancora a quel mondo, l’unico simbolo di umanità che gli restava.
Lui era inumano.
E la teneva stretta, facendola sbucare fuori da quel mantello, all’interno del quale di celava il suo corpo giovanile, ma maturato dall’esperienza della guerra, irrobustito dalle sofferenze della sua anima, afflitto da tutto quel dolore che aveva sempre dovuto nascondere…
Sbatté un fianco su di una lapide, posta troppo in là, ma senza lamentarsi.
Poco dopo un altro colpo, stavolta per nulla debole, sempre di un fianco.
In questo caso borbottò qualcosa, ma non per il male, solo per quella sua disgraziata e nuova incapacità, un handicap nato da poco, un altro motivo per essere infuriati con il cielo, un’altra ragione per desiderare di farla finita… Essere privati di ciò che lo rendeva imbattibile.
Giunse al punto prefissato o almeno così credeva.
Se ne accertò.
Già, toccando la pietra scolpita tastò le esili rientranze di quelle lettere che componevano il suo nome, percorrendone una alla volta.
Sa…su…ke.
La persona che aveva preso il suo posto nell’aldilà. Colui che doveva vivere.
E invece il destino aveva voluto il contrario. Aveva bisogno dell’anima più giovane, necessitava di sangue più fresco, di un animo meno imbrattato.
Maledisse la causa di quella morte così precoce, maledisse la perdita di tutto il suo potere e di tutte le sue forze che gli aveva impedito di agire in quel giorno di strage, che anche in quel momento lo faceva sentire una nullità, una stupida presenza non più umana che non aveva più una finalità a quel mondo… Era per questo che si sarebbe ammazzato, la mattinata seguente, se non quella notte stessa, tanta era la voglia di raggiungere quella persona, infinito era il desiderio di dar fine alle sue pene.
Piantò con forza il fiore nella terra, offrendogli l’ultimo dono, ancora una rosa, un gesto d’amore fraterno e di scusa profonda per non essere stato in grado di salvarlo, per aver abbandonato l’unico che egli stesso voleva sopravvivesse…

E ragionava al modo più rapido per farla finita, credendo che forse le ferite e il sangue che perdurava a colare avrebbero pensato a svolgere tutto il lavoro senza che lui si adoperasse in alcun modo… No, doveva agire, non ce la faceva ad attendere ancora. Quegli orrendi squarci che lo segnavano grondavano sangue da tanto tempo, eppure non sembravano voler essere loro la causa della sua fine. Improvvisi mal di testa lo prendevano di tanto in tanto, ma erano solo segnali di cali di pressione e dell’abbandono lento e  pigro delle sue ultime energie. Aveva persino smesso di mangiare ultimamente, ma il fisico era più che abituato ad affrontare lunghi periodi di digiuno… lasciar fare alla natura era stato un grosso sbaglio, doveva occuparsi lui del suo corpo, nessun altra cosa sarebbe riuscita a portarlo alla morte, nessuno poteva sconfiggerlo…se non lui medesimo, colui che possedeva la chiave del suo spirito, della sua leggendaria fama, della sua temibile scia di ricordi…
Fece per andarsene, non intendeva rimirare il sole di quel mattino, voleva che tutto si concludesse nell’oscurità e nel silenzio.
Intendeva poi lasciar riposare in pace la creatura che si era appisolata lì di fianco, una bestiola crebbe che fosse, un animale della foresta che inspiegabilmente aveva trovato comodo il letto di morte di un defunto… Il suo respiro era troppo leggero, troppo delicato per appartenere ad un uomo, eppure c’era uno strano profumo nell’aria che si mescolava all’intenso aroma floreale di quella moltitudine di fiori che ricoprivano la lapide su cui riposava…
Qual motivazione aveva di accostarsi a quella massa? Banale curiosità, caratteristica insolita in un tipo del genere…egli stesso si meravigliò, eppure decise di soddisfare quell’insensato ultimo desiderio di capire cosa era…
Piegandosi lievemente cercò di sforzare ad aprire gli occhi.
Tentativo sciocco e inutile: sapeva benissimo che non ne era più in grado…
Avvicinò il piede e tastò: grande, non si trattava di un animaletto, si era sbagliato… che diavolo era allora? Si abbassò reggendosi a stento sulle gambe oramai destinate allo sfascio: viva era viva, dormicchiava con piacere, o almeno così pareva.
Nuova ipotesi che andò in frantumi, quando il soggetto analizzato cominciò a sussultare e a emetter strani gemiti.
Si destò all’istante.
Cavolo, era una donna.
Singhiozzava, tremava, sentì chiaramente che invocava un nome, agitata, intimorita…
Che ci faceva ancora lì? Cosa gliene importava? Eppure si avvicinò alla nuda pietra posta accanto e scoprì che si rivolgeva a lui…
“Uzumaki…”
Sapeva quale era stata la sua sorte, ma non immaginava che fossero stati seppelliti l’uno accanto all’altro…
“Questa donna piange per te…”
Fece scivolare la mano pesante dal masso grigiastro, invocando la pace anche per quel ragazzo, nonostante tutto…
E si allontanò stavolta sul serio con tanta malinconia nell’animo, impietosito da quella figura che non aveva potuto scorgere, riflettendo sulla brutta sensazione che gli aveva trasmesso, inebriato da quel profumo per nulla esagerato, attirato un po’ dal fatto di volerne conoscere il viso…stupida e insensata curiosità!


Il lupo la annusò con un briciolo di curiosità,
non intendeva farle del male.
Anzi si allontanò subito dopo,
lasciandola nei suoi incubi, senza che lei si accorgesse di nulla.


Ciao a tutti! Ecco un altro capitolo (davvero allegro :P) tutto per voi! Fatemi sapere cosa ne pensate! Un saluto grandissimo a tutti coloro che leggono la mia fanfiction e in particolare a:

faziooosa 

fenix of innocence

masychan

sonny

 sorelline xsv

 thembra

Grazie mille! Siete troppo gentili. Comunque vi dico che Itachi e Hinata si incontreranno molto presto! E chissà se non nel prossimo capitolo... Bacioni.

Mewpower
  

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Capitolo 6
*** Suicide in the river ***


…Vago senza più una metà, tentennando il corpo e tenendo lo sguardo fisso al suolo.
Mi chiedo da dove provenga questo barlume di energia che mi permette ancora di stare in piedi e di percorrere questi sentieri…per me bui e indefiniti. Non c’è più luce, non la percepisco più. La mia vista se ne andata piano piano, accompagnata dalle poche motivazioni che mi portavano a continuare ad esistere. Ma alla fine dei conti la luce intorno a me non vi è mai stata: non un minimo chiarore che mi allietasse, che mi sostenesse…ma si è trattata di una mia scelta, sono io che ho deciso quella via di morte e di male, si è trattato di un gesto volontario, compiuto da me, con questa testa…
Le tenebre mi sono sempre state accanto permettendomi di nascondere e di attaccare di soprassalto, mi hanno facilitato i lavori più sporchi e le missioni più pericolose, tutte andate a buon fine, tutte conclusesi sempre con un versamento di sangue.
Già, quella sostanza che riempie il nostro corpo rendendolo una sacca molle, così plastica, talmente fragile, che può essere bucata con un semplice gesto… E fuoriesce tranquillo, veloce o lento, sotto gli occhi del morente o di chi ne ha provocato la rottura…
Io ne ho visti tanti…di tonalità differenti che andavano dal più chiaro al più scuro, da quello che si coagulava più rapidamente a quello che permaneva liquido per più tempo…ma non ho mai goduto la loro vera lucentezza, anche perché mi capitava di osservarlo solo di notte…
Quando tutto è opaco…
E ne rimembro l’odore, talmente nauseante da spingermi a coprirmi il volto, quando nessuno mi era vicino, quando lavoravo da solo… difficile nascondere una debolezza del genere di fronte a quel colosso di un pesce, sempre invogliato a trucidare anche quando non ce ne era la necessità…
Il sangue non mi è mai piaciuto, eppure è sempre rimasto con me, addosso alla pelle, ai vestiti, nella mente…nel cuore.
Compagno fastidioso della mia vita, che mai si è voluto distaccare…neppure adesso…
Lo sento ancora e provo uno strano peso, come se si trattasse delle tante anime di quelle vittime che ho eliminato e che continuano a perseguitarmi, a tenersi ancorate alle mie caviglie, ai miei fianchi,  perché rivogliono indietro quelle macchie di liquido che per lungo tempo mi hanno sporcato, ma che ora sono state assorbite dall’epidermide diventando tutto uno con il mio di sangue.
Ho cercato di togliere via questo orribile fetore di cadavere, ma non ci sono mai riuscito, anche perché una volta conclusasi una lotta, ne iniziava un’altra. E ancora una strage, più sangue, più fetore.
Eppure quello che ora scorre dalle mie braccia e dal mio petto non mi dà alcun fastidio. Anzi è piacevolissimo sentirlo fluire, il massaggio che mi procura è veramente rilassante.
E sono felice, poiché persiste nel colare su queste mie membra che sanno di putrido e di dolore, poiché rappresenta un evidente segnale della riapertura dello squarcio alla spalla e all’addome, un’emorragia che ha ricominciato la sua attività dopo un periodo di blocco e che spero mi porterà alla morte.
Quello che più aspetto.
Ma poi si ferma ancora, il sangue si arresta nuovamente, come se avesse paura di uscire.
No, proprio non Vuole che muoia.
E mi accosto ad un tronco cercando di togliere il sangue già coagulato intorno alla ferita.
Magari ricomincia a scorrere…
Un piccolo accenno di ripresa, ma poi si frena, lasciandomi amareggiato ancora una volta…
Mi sarebbe piaciuto che fosse il ciclo naturale delle cose a provocare la mia fine…
Avrei sofferto per molto…
La mia pena sarebbe stata lunga…
Solo così sarei riuscito a lasciare questo mondo con il sorriso…
Ma proprio non deve essere così…
E da circa un anno che attendo pazientemente…
Che mi Voglia risparmiare?
Per quale motivo? Io…responsabile di tanti omicidi, devo vivere?
…Io voglio soltanto raggiungere mio fratello e i miei genitori…non chiedo altro.
Per questo farò a modo mio, accelererò la mia fine con le mie stesse mani, ho deciso.

Finalmente lo sento: il fiumiciattolo che scorre. Le sue acque veloci mi porteranno via…e una volta giunto alla cascata, l’impatto sarà decisivo.
Le tempie hanno ricominciato a bruciare…che stanchezza…ecco, sarà questo il mio letto, dove riposerò in eterno…
Mph, ricorrere al suicidio non mi va giù…ma che ci posso fare se ho la pellaccia dura!    


Il primo raggio solare che si fece avanti fu leggerissimo, quasi impercettibile. Eppure lei sembrò risvegliarsi proprio per quella delicatissima fonte di luce che le colpì la fronte semicoperta dai capelli che componevano la frangetta. Si stiracchiò con sforzo, rattrappita per la posizione scomoda in cui era rimasta per tutta la nottata, un po’ infreddolita per la frescura di prima mattina, ancora con le lacrime agli occhi dopo un lungo e bruttissimo sogno…
Si massaggiò gli occhi indolenziti e desiderosi di godere un vero sonno, cosa ritenuta oramai impossibile, alla quale aveva rinunciato da tempo; si destò su e accarezzò con cura la lapide dell’amato.
-Buongiorno…- sussurrò con dolcezza quella forma di saluto, accennando un riso per farsi vedere lieta di fronte all’immagine di lui che immaginava di vedere dietro a quel rigido blocco di pietra. Ma subito dopo riemerse la malinconia, data dal non scorgerlo concretamente, provocata da non ricevere una risposta…causata dall’insensatezza di quell’ esistenza che oramai non le trasmetteva più alcuna allegria… 
- Scusa, ma…devo andare-
Non era più nemmeno in grado di rivolgersi a lui senza far riaffiorare le lacrime, tanto era la tensione che la affiggeva e lo stress di quella vita senza più la sua presenza, priva del motivo principale della sua gioia…
Partì spedita, chissà per quale luogo, ma sicuramente non verso la sua abitazione. Non se la sentiva di presentarsi in quello stato, scomposta, un po’ impolverata, chiaramente abbattuta e con i segni del pianto ancora freschi.
Sicuramente si erano accorti della sua scomparsa, la sua fuga aveva probabilmente fatto inquietare il padre che ora era in collera e che l’attendeva per ammonirla…un duro rimprovero che l’avrebbe fatta sentire solo peggio…aveva la necessità di prendere tempo e di prepararsi alla punizione che le sarebbe toccata…
Ma se non fosse più tornata…?
Si bloccò, lasciando fisso lo sguardo al suolo.
Se avesse abbandonato tutto, magari…
Si tastò una tempia che pulsava incredibilmente così come anche il suo cuore al solo pensiero…
Se potesse troncarla lì, abbandonare la vita terrena potendo così rivedere lui?
Alzò la testa al cielo come a cercare un pilastro che reggesse quella sua ipotesi…
Naruto…
Ma avrebbe in questa maniera lasciato tutti i suoi amici, i suoi familiari…cosa avrebbero pensato? Come avrebbero reagito? Come poteva provocare un dolore del genere a chi realmente tenesse a lei? …Se c’era qualcuno a cui veramente importava qualcosa di lei…
Dopotutto era sempre stata causa di tante preoccupazioni, fonte di problemi, matrice di guai nelle ultime missioni…
Sono solo un peso…
E immaginava la faccia del padre, marcata di stanchezza e di delusione nei suoi confronti.
Per lui non sono niente…
Rimembrò il suo sguardo indifferente, che mai aveva visto brillare di fierezza per i suoi miglioramenti…
Non valgo niente per lui…
Per quell’amore paterno mai avuto e che magari in quel momento avrebbe tanto potuto aiutarla…
Basta! Non ce la faceva più a vedere quell’aria cupa e insoddisfatta, tinteggiata di amarezza e di rimorso per aver contribuito a generare una figlia talmente debole…
Per questo voglio farti felice…almeno una volta…papà.
Trovò la motivazione. Avrebbe dato fine a tutto per lui, perché sapeva che questo sarebbe stato un sollievo, l’epilogo della vergogna per la casata Hyuga…ne era convinta.
Nuove scie di pianto le solcarono il viso, ma non era triste affatto… Anzi sorrideva coprendosi gli occhi per arrestare quell’impeto di lacrime, pensando che quella fosse la scelta giusta per frenare ciò che costituiva il supplizio per il padre e anche per lei… Quella possibilità era nata da tempo nella sua anima, ma mai fino a quel momento era stata più viva e sicura… 
Avrebbe ritrovato un affetto in cielo e ristabilito la pace in terra…
Quale gioia maggiore…
E si incamminò con passo moderato verso il fiume che poco distava dal cimitero, quel corso d’acqua fresca e limpida si sarebbe trasformato nel suo letto di morte…ignorando che era già stato predestinato da qualcun altro per rivestire la stessa funzione.


La piccola principessa era afflitta dal dolore
e la malinconia si era oramai impossessata della sua mente.
Il passerotto fuggito le aveva lasciato un vuoto
che il debole cuoricino non poteva più sopportare.

Ciaooooooooooooo!!!! Finalmente sono riuscita a liberarmi da quella montagna di libri che mi teneva rinchiusa in camera (...ma ci sono pure ora!) Comunque mi auguro che la storia vi intrighi sempre più e se vi va lasciate qualche commentino!
Saluti a tutti voi che mi seguite!!!!

Mewpower

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Capitolo 7
*** Saved! ***


Tentennava con il corpo e avanzava con passo incerto: quell’idea suicida l’animava come non mai, eppure temeva e si preoccupava. Un pensiero per nulla candido, un gesto che avrebbe portato altra sofferenza…stava per compiere una pazzia…la sua coscienza diceva bene, ma per una volta la giovane faceva finta di non udire quella vocina e continuava a percorrere quel sentiero seppur a stento, oppressa dalla stanchezza e per la rigidità delle membra. Nuovamente nella sua mente rimbombavano quelle parole di avvertimento, la parte di lei ancora in se tentava di farla ragionare… e pareva riuscirci: Hinata si fermò un paio di volte, ritornando a riflettere sulle motivazioni che l’avevano portata a giungere a quella conclusione, pensando a ciò che avrebbe comportato la sua morte… riflettendo su come Sakura… Neji e i suoi amici avrebbero potuto reagire.
Levò il capo al cielo di nuovo non più convinta di quel che stava per fare…
Ma poi le tornò in mente lui…
L’amore nei suoi confronti era immenso, dannatamente più forte di tutto e di tutti… Naruto era il suo chiodo fisso, la persona per lei essenziale, l’unica in grado di permettere alla sua anima di sorridere…
E lei voleva ritornare a farlo: non ce la faceva più a soffrire, a non dormire la notte, a versare quotidianamente lacrime per la sua assenza…non era più capace di gestire la sua vita se non vi era lui che la tenesse per mano…lui era come un padre…quel genitore che non ha mai avuto e il cui ruolo, riusciva incredibilmente ad adempiere…  
“Perdonatemi tutti…”
Era un’egoista a pensare unicamente alla sua felicità, ma allo stesso tempo credeva di far felici pure gli altri…
“Così non dovrete più preoccuparvi per me…”
Povera ingenua principessina…
Riprese il suo cammino con passo tremante e con tanti dubbi in corpo, ma la presenza dell’amato si faceva sentire sempre di più e il desiderio di rincontrarlo diventava di conseguenza irrefrenabile.
Lo scorrere di quelle acque giunse all’orecchio attento della chunin come evidente segnale del raggiungimento della meta. Si guardò intorno, ma non vi era nessuno.
Respirò profondamente cercando di togliere la tensione che opprimeva la sua anima, preoccupata per il fatto di compiere quell’atto impuro.
Si recò sulla riva specchiandosi: il suo pallido viso si mischiava con la limpidezza di quelle acque rendendolo parte integrante di quello straordinario segno dell’incontaminato. Immerse la mano, cancellando quell’immagine che non riconosceva, che reputava orribile, non più guardabile dopo l’azione che avrebbe commesso.
Ma fu a quel punto che l’acqua si fece rosata.
Con sorpresa e per impulsività ritirò la mano contemplando ciò che stava osservando: venature rosee sfilavano con leggiadria per quel fiume, erano fini eppure ben visibili, inquietanti, quasi inverosimili. La ragazza stentò nel credere che si trattasse veramente di ciò che balenava per la sua mente…com’era possibile?
Temeva che qualcuno fosse in grave pericolo, il suo animo solidale e da grande ninja le impedì di far finta di nulla: cominciò così a percorrere la riva verso la direzione in cui provenivano quegli strani segnali terrificanti, mantenendo un passo accelerato, ma incapace di correre…
Era proprio sull’orlo di svenire…
Si bloccò istantaneamente e divaricò le gambe come per estendere il piano di appoggio per le esili gambe tremanti, che altrimenti sarebbero crollate al solo mirare la scena dinnanzi: intorno ad un masso incastrato al centro del fiume, si era venuto a formare un ellissi carminio che si diramava poi in varie direzioni seguendo il ritmo dei piccoli vortici d’acqua, mulinelli che giravano in senso orario ed altri in quello opposto. L’intensa macchia aveva origine dalla massa nera, non chiara da quella distanza, che si trovava accostata alla roccia. Hinata strizzò gli occhi, assumendo un’espressione angosciosa al solo riconoscere che si trattava di una persona. Con prontezza si immerse senza pensarci: il livello delle acque arrivava fino al suo naso e la violenza della corrente tentava di trascinare via il suo corpicino, ma lei lottava con tutta sé, stringeva i denti, mai e poi mai si sarebbe tirata indietro nel salvataggio di chi era in difficoltà…
Vinse la natura, recuperando il corpo. Sputò acqua e fece lunghi respiri inchinata a terra e con il capo chino. Solo dopo aver preso il fiato sufficiente si voltò verso chi veramente stava male: sgranò gli occhi nel momento in cui si rese conto di chi aveva tratto in salvo: quella figura, la morte nera di poco tempo prima, quell’ombra che in quell’occasione l’aveva spinta a fuggire, tanto era l’inquietudine e l’apprensione che le aveva trasmesso… In quel momento,  però, si limitò a rimanere per qualche secondo a bocca aperta e poi scuotere la testa dopo aver notato come invece fosse umano quel personaggio: ovvero si convinse del fatto che lo fosse solo osservando la mano, innaturalmente contorta, quasi raggrinzita, irrigidita…apparentemente morta. Si destò velocemente e seppur a stento lo tirò su portando un suo braccio intorno al collo. Il cappuccio gli copriva il volto, ma la ragazza non era interessata a vederlo in faccia. Intendeva solamente portarlo in un posto sicuro, fare il possibile per aiutarlo, non poteva lasciarlo morire…
Trascinò a lungo il suo corpo superficialmente esanime con fatica, ma tanta era la volontà e il desiderio di fare qualcosa… bastarono questi due elementi a darle forza.
Con sorpresa scorse un cespuglio che tentava di celare qualcosa…un nascondiglio, una modesta caverna semi nascosta dalla vegetazione, luogo più che adatto per prestare le prime cure. Sorridendo nel cuore, lo pose sul terreno, cercando di capire da dove provenisse quell’ondata rossastra che a stento era visibile sulla veste scurissima. Con la vergogna che rifletteva sul suo viso, ma con atto deciso ne strappò una parte scoprendo il petto indossante una fine retina tipica del…
- Un ninja?-
Fu stupita per un attimo da quella rivelazione, ma ciò che la fece sobbalzare fu altro: uno squarcio color terra e impregnato di sangue solcava la spalla e il pettorale sinistri e tanti più minuti graffi facevano da cornice a quella raccapricciante visione. Si mise una mano di fronte alla bocca, patendo tanta sofferenza per lui, motivandosi a mettersi sotto e a procedere.
“Non è una ferita fresca, eppure guarda come sanguina…” e continuava a dolersi, immaginando il dolore che doveva aver provato e quello che tutt’ora stava provando…se ancora viveva…
“ No, no, deve farcela!” si ripeté questo motivetto a lungo mentre tamponava la ferita con una lunga benda ottenuta strappando parte dei suoi lunghi pantaloni…
“Non voglio che altre persone muoiano…La morte non può vincere sempre…” oramai questo era divenuto il suo chiodo fisso, dopo l’incubo di un anno prima…
Fasciato il corpo con precisione, pose una mano sul petto e poi anche l’altra: non sentiva il cuore, la rigidità del busto e il freddo che trasmetteva la portarono a pensare al peggio.
- Per favore, no…- mormorò con un filo di pianto e tanta amarezza in gola  – Non…eh!- sussultò all’improvviso spalancando gli occhioni lucidi. Il busto del ragazzo si era mosso e un flebile respiro affannato era giunto alle orecchie della Hyuga.
- Per fortuna…- poche gocce calde le uscirono lentamente accompagnate da un sorriso di pura gioia. Ma subito dopo la sua espressione mutò nuovamente al solo ammirare una novella scia scarlatta macchiargli il viso: i suoi occhi serrati perdevano sangue. Il ragazzo arricciò il naso e si morse il labbro: bruciavano terribilmente, come carbone acceso, e il mal di testa che seguiva a quell’usuale versamento pareva schiacciargli le tempie che pulsavano freneticamente. Hinata capì che la situazione era veramente seria, non era in grado di salvarlo da sola, necessitava la presenza di vera medici. Perciò si alzò immediatamente senza distogliere lo sguardo su quella figura, sui suoi occhi, sulle sue mani che raschiavano con veemenza il terreno arido…

Perché tanta sofferenza?

Ma nel momento in cui fece per voltarsi sentì chiaramente una presa, la sua caviglia era stata afferrata. Una voce maciullata dalla stanchezza e roca dal continuo sputare sangue si rivolse a lei, con atto di supplica:
- Ti prego… non…chiamare nessuno…-
La poverina rimase impietrita da una simile richiesta, confusa e sorpresa da quanto fosse stato rapido nello spostarsi e nel riuscire ad afferrarla.
- Perché non dovrei…?- domandò lei intimorita
E lui rispose con l’ultimo filo di voce che aveva, per poi riappoggiare la testa a terra e riprendere il sonno dal quale sperava non risvegliarsi mai più…
- Voglio solo…morire…-
Un sussulto dal suo cuore guidò nell’aria quella frase che rimbombò a lungo nella sua mente, trattandosi dello stesso pensiero formulato da lei poco tempo prima…

Perché c’è solo morte?

Immediatamente distese di nuovo il suo corpo al suolo, notando che di già il sangue aveva iniziato a scorrere più lentamente … Oramai però tutte le fasciature erano intrise di rosso e non poteva di certo sperare che le emorragie si fermassero da sé; il ragazzo aveva bisogno di aiuto e lei lo avrebbe sostenuto…non poteva lasciarlo in preda alla morte, neppure se quella fosse la sua volontà.
Fu a quel punto che prese una decisione: se veramente non voleva nessuno, lei e solo lei si sarebbe occupata di lui, ma avrebbe fatto il massimo, si sarebbe trasformata in una vera e proprio equipe medica, avrebbe studiato medicina se fosse stato necessario, non avrebbe mai permesso che un’altra anima abbandonasse quel mondo… e neanche lei lo avrebbe fatto… prima doveva occuparsi di quell’animaletto ferito, perché lui non aveva alcun diritto di soccombere…
Sentiva che nascondeva qualcosa dentro di sé, una forza strana che occultava tanta angoscia, tanto buio, ma anche tanto amore… Era intenzionata dunque a difenderlo e soprattutto a capire il perché voleva morire…perché anche lui…

Perché ti vedo come parte di me?

Si rizzò nuovamente e corse verso il centro della foresta dove sapeva bene avrebbe trovato particolari erbe utili per la sua guarigione, segno di speranza per lui, ma anche per lei.
Ascoltò il rumore dei suoi passi farsi sempre più lontano e la sua presenza sparì dietro alla fitta vegetazione. Itachi aveva ripreso il controllo dei sensi, ma il movimento di tutti i suoi arti era bloccato dal peso greve della malattia e dalle ferite, dalle quali oramai zampillavano le ultime goccioline rossastre, decise ancora una volta ad arrestarsi lì per poi riprendere in chissà quale momento. Pure gli occhi sembravano aver smesso di piangere sangue e si limitavano a pulsare leggermente procurando un dolore sopportabile. Il ragazzo si chiedeva come diavolo era ancora in quel mondo, come era riuscita quella lì a metterlo in salvo, ma soprattutto si domandava sul perché lo avesse fatto…
“ Ci mancava soltanto l’eroina del momento…”
E imprecava ancora contro il cielo sperando di ottenere la collera di qualche dio, affinché la sua vendetta di riversasse sul suo povero corpo che ormai era sull’orlo del precipizio.
- Dannazione… Ma per quale motivo…-
Un flebile spostamento d’aria permise al moro di avvertire un aroma familiare, ma a cui non aveva fatto caso prima, troppo occupato a tormentarsi del proprio dolore… Un aroma di fiori noto al suo olfatto, delicato e leggero, soffice fragranza di quella notte al cimitero.
- Era lei…-
Capì di aver ritrovato la bestiolina del giorno antecedente, quell’esile creatura che pativa il freddo, che riposava a stento addossata alla lapide del biondo defunto, colei che penava pure nel sonno…
- Il suo profumo…-
La curiosità invase ancora la sua mente, una stranissima attrazione verso quella presenza, quell’aura positiva, quasi tendeva a rinvigorirlo…
- Perché mi ha salvato…-
E rimase con quel pensiero, solo come voleva, lontano da tutti, ma sapendo che lei sarebbe tornata…
- Voglio solo morire in pace…-



La principessa salvò il lupo dalle acque mortali,
ignorando il suo vero desiderio
e seppur avesse paura
decise che l'avrebbe accudito fino alla sua completa guarigione.












Ciao a tutti! Ecco qua un nuovo capitolo tutto per voi! Mi auguro vi piaccia e se avete commenti, fate pure! Un saluto a tutti voi che leggete questa mia fanfic e in particolar modo un salutone a:

_AliDiPiume
_faziooosa
_masychan
_sonny
_sorellinexsv
_thembra 

Alla prossima! Baci da...
Mewpower

 


 

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Capitolo 8
*** Let me... ***


Il sole primaverile iniziava a diventare sempre più rovente al solo avvicinarsi del pomeriggio. Itachi avvertiva bene lo scorrere inesorabile del tempo sulla propria pelle: infatti dei minuti raggi solari riuscivano a filtrare tra le fessure di quella caverna e piano piano si spostavano da una parte all’altra del suo corpo, dal basso verso l’alto, passando sopra ogni ferita. Quel tiepido calore lo allietava, ma improvvisi brividi freddi poi giungevano in scena  rovinando quel momento di piacere. La febbre iniziava a farsi sentire ancora e con lei pure quelle atroci emicranie che mai lo avevano lasciato riposare un attimo in pace. Tentò di voltarsi su di un lato, così da provare a prendere sonno, ma la fatica gravava su di lui rendendolo paralitico.
Sospirò fortemente lasciando intuire al cielo una nuova imprecazione che stavolta si limitò solo a pensare, stanco di continuare a parlare ad un muro che tanto non lo stava ad ascoltare.
Il rotolare di un paio di sassolini fece si che la sua attenzione ritornasse al mondo terreno.
“Tks, di nuovo lei…”
Il passo esile della ragazza giunse all’orecchio dell’altro, che però fece finta di nulla e ritornò nel suo cosmo fatto di dolore e di rimorso. Ma fu il sentire di una voce che troncò nuovamente i suoi pensieri:
- Come va…?- un’interrogazione un po’ titubante, se non tremolante anche nel suo pronunciare.
Risposta di lui…nessuna.

Hinata si gli inginocchiò accanto, tirando fuori dalla sua sacca una serie di erbe aromatiche.
- Ho…fatto come mi hai detto…non ho chiamato nessuno-
Credeva che gliene sarebbe importato qualcosa? E poi quando si riferiva al nessuno…intendeva pure lei!
- So che sei sveglio…- la voce tremava più che mai…Aveva paura di lui?
Rifletté sull’idea, non capendo allora cosa la spingesse a fare tutto quello. La sua meditazione in questo caso filò dritta e senza interruzioni. Chissà, magari si era finalmente arresa e aveva deciso di andarsene. Scelta saggia. Ma dopo quel lungo silenzio eccola nuovamente:

- Non ti muovere…- e posizionò sopra i suoi occhi una nuova benda intrisa di un liquido frutto della macinazione delle spezie raccolte.
Avrebbe voluto ribellarsi e anche fuggire da quelle mani angeliche che volevano tanto salvargli la vita, ma gli mancava la forza.

- Brucerà un po’, ma è una buona cura…-

E desiderava tanto domandarle il perché di tutto quel lavoro, di tutte quelle premure…ma questo non doveva importargli. Il suo unico scopo era quello di scappare e di farla finita una volta per tutte.

- Vai via…- il tono serio e cupo non impedì alla ragazza di rispondere istantaneamente:

- Questo non lo posso fare – ritirò subito le mani una volta concluso l’appoggio della pezza medica, addossandole al petto, strette l’una all’altra.

- Se hai voglia di fare qualcosa di giusto è meglio che mi lasci da solo – la sua voce era talmente ferma da gelarle il sangue

- Perché dici così?- glielo domandò flebilmente, mentre stringeva sempre più forte le sue tenere mani per scaricare tutta la tensione – io…voglio solo aiutarti…-

- E io non desidero che morire – di nuovo quel tema tanto acuminato, fonte di legame tra lei e lui: entrambi bramavano a farla finita, un sogno realizzabile e di cui erano convinti. Doveva proprio avere un validissimo motivo per volerlo fare…forse doveva permetterglielo…Ma non appena concluse quella frase il corpo del moro sobbalzò di colpo lanciando un chiaro segno di dolore, non espresso a parole, ma più che evidente da come tentava di mascherarlo. Nuovo sangue cominciò a colare dai suoi occhi, macchiando la novella fascia bianca appena posizionata e il suo ventre iniziò a contorcersi su se stesso come se qualcosa lo stesse raschiando dall’interno. La poverina rimase per un attimo immobile a fissare impressionata, ma si svegliò poco dopo e si avventò su quel corpo malato tentando di risolvere quella strana reazione…

Dormiva ancora. Dopo quelle convulsioni era ripiombato in uno stato di sonno, ma che non lo gratificava affatto. Pareva che fosse proprio in quei momenti che il dolore si facesse sentire maggiormente, però all’esterno questo non appariva…era in grado di celare tutto, anche l’emozione più alta, per lui, Itachi Uchiha, questo era diventato un nonnulla. Lui non provava niente. Lui non ha sentimenti… non ha più un cuore. Sì, che batteva invece e anche chiaramente sotto quello strato di cartilagine e di epidermide: il suo suono rimbombava con veemenza e senza timore di farsi udire, forse un tentativo di far capire agli altri che qualcosa di umano ancora c’era in lui…eppure la sua mente, la sua fama, i suoi atteggiamenti intendevano far intuire tutt’altro. Egli era un criminale, paventato da tutti, senza un’anima e privo di scrupolo.
Il demonio che aveva sterminato tutto il proprio clan solo per brama e dimostrazione di potenza.
Ovviamente nessuno conosceva la verità e si meravigliava di come un bravo e gentile ragazzo come lui fosse diventato un mostro degli inferi.
Però il suo obiettivo era proprio quello: farsi odiare e disprezzare da tutti. Solo così avrebbe fatto del bene a suo fratello, solo così si sarebbe sentito appagato…meritava di essere rinnegato come essere umano.

Tentennò il capo sgranchendosi il collo. Doleva pure lui. Ma nessuna smorfia di dolore, alcun segno della sua debolezza…solo una nuova maledizione lanciata al firmamento, che ancora non aveva intuito quale fosse la sua volontà. Adesso che Sasuke non c’era più, ora che l’Akatsuki era stata annientata, per quale motivo doveva ancora rimanere in quel mondo?
Provò a rizzarsi inutilmente e a quel punto la benda sui suoi occhi scivolò lentamente da una parte. Pochi secondi e subito si sentì appoggiare nuovamente quel drappo a posto, avvertendo un veloce tocco della fronte da parte di un qualcosa di fresco…le sue mani.
- Sei ancora qui?- le rivolse ancora la parola con il tono piatto che lo caratterizzava.
- Sì…- rispose lei, lieta di non avvertire più alcun segnale di freddezza in quel che aveva detto.
- Non hai proprio intenzione di andartene, vero?- non era arrabbiato, era semplicemente stanco e annoiato.
- Ti ho già detto che non voglio…-
Lui non disse niente altro e tacque da lì in poi fino a che la giovane si accorse che si era veramente fatto tardi. Pomeriggio inoltrato, aveva lasciato il villaggio la notte prima, suo padre doveva essere infuriato…non poté far altro che alzarsi all’istante, intenta a tornare indietro:
- Io devo andare…-
Come se gliene importasse qualcosa…
- Ma domani…spero di riuscire a venire -
A lui non interessava…
- Purtroppo devo tornare a casa…anche se preferirei partire per sempre…- quell’ultima affermazione colpì l’Uchiha, intuendo la gran tristezza che animava quelle parole - …ma non lo farò. Voglio almeno riuscire a salvare te…- e corse via trattenendo le lacrime che volevano uscire, lasciando il ragazzo con un piccolo quesito che lo faceva quasi sorridere:
“ Anche tu…?”



La principessina e il lupo,
uno il curatore, l'altro il malato,
divisi dalla luce e dalle tenebre,
ma uniti dallo stesso desiderio.







Eccomi!!! Un nuovo capitolo per voi lettori! Scusate se pubblico la storia sempre con un certo ritardo, ma gli impegni scolastici sono infiniti! Va beh, un saluto a tutti coloro che hanno la mia fanfction tra i preferiti:
1 - AliDiPiume
2 - arisa_14 
3 - faziooosa 
4 - masychan 
5 - sonny
6 - sorelline xsv 
7 - thembra
...e in particolare a:

_AliDiPiume: Eheh^_^"" Scusa se pubblico non molto spesso ma, come ho già spiegato, la vita da studentessa grava su di me! Oddio, sto per cedere...*vengo schiacciata* Ok, questa potevo risparmiarmela... Comunque cercherò di fare il possibile e grazie per i complimenti! Un ultima cosa: sinceramente la storia del lupo e della principessa è frutto della mia testolina...ma non so se qualcuno ci ha pensato prima di me...forse è così, ma non so^^. Bye!

_ The fenix of innocence: Grazieeeeeeeee!!! Sono felice che questa storiella ti piaccia! E mi auguro che sarà sempre così! Ciao, ciao!    


Mewpower

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Capitolo 9
*** Red clouds ***


Il tonfo rimbombò per un po’, nonostante si trovassero in uno spazio aperto. Teneva il capo chino, toccandosi la guancia colpita e leggermente arrossata. La sua fragilità non le permetteva più nemmeno di resistere ad uno schiaffo, ma si trattava di un colpo che racchiudeva non solo collera, anche tanta delusione…come sempre.
Rimase a contemplare il duro parquet ancorata a terra, aspettando che le dicesse qualcosa, il rimprovero che meritava. Ma l’uomo preferì tacere e voltandosi si limitò a sospirare, un lungo e profondo sospiro che chissà quale significato avesse.
Hinata non aveva neanche potuto spiegarsi: appena tornata a casa aveva incrociato lui.
Ma anche se non lo avesse immediatamente incontrato, forse non avrebbe detto niente comunque. Le sue parole non erano niente per lui, semplice suono che volteggiava nell’aria e che a volte scambiava per quelle della defunta moglie, tanto simile erano le due…
Il capofamiglia sembrava quasi titubante, incerto se andarsene senza aggiungere nulla, ma dopotutto era sua figlia, doveva conoscere il motivo di quella fuga…eppure non lo fece e rimanendo girato le rivolse contro un’ammonizione che sapeva di stanchezza e tanta incomprensione.
Lui non riusciva a capirla.
- Non fare più una cosa del genere – e si mosse a quel punto verso la porta più vicina scomparendo una volta attraversata.
È normale che un padre si preoccupi per la figlia, quello poteva dimostrarsi un normalissimo segno di affetto nei suoi confronti, ma per la ragazza quello era sembrato tutto altro: a lui in verità non importava niente… ingenua era stata a pensare che forse la sua morte lo avrebbe reso triste… sicuramente se si fosse uccisa avrebbe davvero fatto la cosa migliore per entrambi…
Rimuginò su questo mentre continuava a massaggiare la guancia dolorante rimanendo sempre a terra e con lo sguardo nel vuoto, fin che si sentì oscurare da un’ombra che la fronteggiava e alzando il capo la prima cosa che mirò fu la sua mano:
- Ti aiuto…-
Neji era lì, pronto a sostenere quel corpo tanto fragile, come un fratello, come un angelo che intendeva salvare quell’anima sorella alla quale ora voleva bene.
Lei voleva sorridergli, ma i muscoli facciali parevano voler fare l’inverso: si destò tenendo gli occhi bassi e la bocca contratta per fermare i singhiozzi. Si vergognava di farsi vedere in quello stato, credeva che il cugino stesse ridacchiando dentro di se per l’insulso essere che era diventata, oppressa dal dolore e incapace di reagire… e invece…
- Perché fai così…?- delicatamente le pose quella domanda, con un tono che trasmetteva tutta la sua apprensione.
Lei aveva allora alzato la testa e fissava i suoi occhi…identici ai suoi, ma di una luce diversa.
- Naruto non vorrebbe questo…- aggiunse il ragazzo.
Fu così che capì quanto lei si sbagliasse: Neji era preoccupato; allora forse c’era veramente qualcuno in quella casa che si interessasse a lei… Ed era per questo motivo che non doveva farsi vedere in quelle condizioni, non voleva essere fonte di angoscia, cosa che più temeva.
- Non ti preoccupare…- e si allontanò pochi passi da lui in direzione della sua stanza e prima di svoltare l’angolo usufruì di tutte le sue forze per lanciargli un sorriso - Io sto bene! – e svanì procedendo a passo accelerato, valicando la porta della sua camera e dando sfogo alle ultime lacrime che impregnavano il suo animo prima di addormentarsi sulle soffici coperte bianche.


Passarono le ore, lente e pesanti sulle sue membra, aspettando l’oscurità per allontanasi nuovamente da casa e tornare dal trovatello ferito. Non poteva abbandonarlo, mai se lo sarebbe permesso: lui non poteva morire, nessun essere umano anche se tra i più malvagi e spietati aveva il diritto di troncare la sua vita così, con la stessa semplicità di uno schiocco di dita, tramite il suicidio. E neanche lei lo avrebbe fatto…non intendeva dare l’ennesima soddisfazione a quell’orco nero vestito di un tetro mantello, che spiava la docile fanciulla pronto a portare via con se un’altra anima nel suo regno…
Occorreva che fosse forte per salvare lei medesima e pure coloro che la circondavano.
Spalancò la finestra della sua camera e un venticello le andò contro smuovendo i lunghi capelli. La oltrepassò finendo nel giardino di gigli che la salutarono in coro piegandosi in avanti accarezzati dalla brezza primaverile. La principessa sfilò di fronte a loro, ma non con la calma di sempre: temeva di esser vista, pensava che le tenebre non fossero in grado di nascondere quella nuova trasgressione tanto si sentiva illuminata dalla luce lunare che quella sera pareva brillare intensamente solo per intralciare i suoi piani.
E correva, correva come una lepre stringendo al petto un gracile corpo bianco contenente ciò che le serviva per aiutare il lupo lasciato riposare nella grotta.
Sorrise il suo cuore al solo vedere che era ancora lì…o forse avrebbe dovuto piangere, poiché tanto doveva essere il dolore che provava il suo corpo non essendo riuscito a fuggire da colei che voleva troncare il suo piano di suicidio.
Aprì la bocca, ma non fiatò: ci ripensò all’ultimo minuto credendo di disturbare il suo sonno leggero. Si accucciò accanto a lui srotolando il rotolo di benda che aveva portato. Le fasciature agli occhi erano più che necessarie e anche il torace aveva bisogno di nuove garze. Si interrogava su come fosse stato in grado di ridursi in quello stato:
“Non può che essere un ninja…” e strinse più che poteva la prima fascia inumidita intorno agli occhi “…deve aver combattuto molto…”; gli toccò la fronte sudata nonostante la temperatura per nulla mite “Ha ancora la febbre”; come una mamma al suo piccolino iniziò a tagliare in spicchi la mela con se portata poggiandone uno ad uno sulle sue gambe.
-Ah, giusto, il ventre…- si ricordò di una parte che aveva trascurato, ma anche essa ferita e bisognosa di soccorso. Timidamente scostò da un lato il mantello nero che costituiva il suo unico abbigliamento insieme ad un paio di pantaloni dello stesso colore e una maglia a rete semi strappata che rivestiva il suo petto; strappò la benda vecchia con i denti rimuovendola con delicatezza; fissava il color vermiglio che aveva assunto mentre la raccoglieva tra le sue mani tremolanti. Si apprestò a fasciare la parte oramai non più sanguinante di quelle membra rovinate dalla guerra, ma le occorreva scansare un’altra parte di mantello.
- Oddio…- non c’era nulla per cui diventare rossa, ma sì sa, Hinata è fatta così… per questo in quell’operazione tenne sempre il capo piegato fissando il soprabito nero di quell’individuo…lo osservò, lo fissò a lungo…si accorse di un particolare a cui non aveva fatto caso prima… Un'altra tinta copriva quello sfondo monocolore, una tonalità che le ricordava altro sangue, ma che si fece più nitida una volta che inquadrò la figura…
- U…una nuvola…?-
Tante nuvolette rosse componevano l’interno della veste.
- Ma queste…?- trattenne il fiato quando le ritornò in mente ciò che Sakura le aveva detto…

-L’Akatsuki…Se non fosse stata per quella maledetta organizzazione ora forse Naruto…Sasuke… sarebbero ancora qui…-

Si allontanò di pochi millimetri dal suo corpo…

- La signorina Tsunade mi ha parlato di loro: si trattava di un gruppo di assassini che intendevano riunire a sé tutti i cercoteri…hai capito Hinata-chan? Pure Naruto aveva uno di loro dentro il proprio corpo…-

Il suo sguardo era immobile a mirare quella nuvola che sapeva di morte…

- Andavano vestiti tutti alla stessa maniera… Mantello nero con tante nuvole color rosso sangue…-

Fece strisciare la sua mano a terra alla ricerca di qualcosa…

- Sono deceduti tutti dopo una violenta esplosione… L’aveva generata uno di loro… Si sono uccisi con le loro stesse armi…-


Impugnò quel che cercava e l’avvicinò a sé…

- O almeno spero che siano veramente tutti morti… Come pure…quel bastardo di un Uchiha…-

Hinata aveva capito. Tra le sue mani aveva un membro dell’Akatsuki. All’inizio non aveva avuto l’occasione di analizzare chi aveva di fronte, tanto era impaurita e pronta a soccorrerlo… Era con uno di quelli che in un modo o nell’altro avevano fatto sì che il suo Naruto la abbandonasse… E il caso aveva proprio voluto che si incontrasse con lui…con il peggiore di tutti… lui non poteva che essere Itachi Uchiha.


La principessa entrò nel panico
dopo quell’immediata agnizione.
Non credeva che esistesse realmente:
lui era proprio il lupo cattivo delle fiabe.





Ed eccomi nuovamente qua! Allora che ne pensate di questo nuovo capitolo? Ora che Hinata si è accorta di chi ha di fronte, come pensate che reagirà? Beh, qualcosa è già stato accennato *risatina maligna* ma sarà veramente come sembra? Eh, eh le risposte sul prossimo cappy ^__^
Un grandissimo saluto va a tutti coloro che hanno inserito la mia fanfiction fra i preferiti.

AliDiPiume

 arisa_14
 bella95
 faziooosa
 masychan
 sonny
sorelline xsv
thembra
yury_chan

Inoltre un mega saluto va a:

_AliDiPiume: Wow!!! Mi piacciono un sacco i commenti che lasci! Continua così perché mi fanno molto piacere (Hinata che diventa “la spirale”…mi sembra anche me che siamo connesse alla stessa frequenza XD) Comunque mi auguro che questa storia rimarrà sempre tra le tue preferite! Alla prossima!
Ps: No, Itachi non capisce che Hinata si vuole suicidare nel momento in cui la incontra al cimitero (altrimenti farebbe il preveggente ^_°), ma solo alla fine del capitolo precedente!

Ok, ciao a tutti!!!

Mewpower

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Capitolo 10
*** The death won't win ***


Come se un masso le si fosse incastonato in gola, il suo respiro era affannato e cercava di riprendere il normale ritmo respiratorio deglutendo il maggior numero di volte possibile, toccandosi il collo che aveva cominciato a sudare freddo. Hinata lo fissava imperterrita, sconvolta, stralunata. Non poteva credere di avere di fronte a lei uno di quegli assassini, coloro che tanta morte avevano portato nei Villaggi, così come pure nel suo cuore. Naruto non era più lì e la colpa era tutta la loro. Pensava ancora al plurale…ma ora dinnanzi a lei vi era solo uno di quelli…l’unico che doveva esser rimasto… Ripercorrendo vecchi ricordi, sfilarono nella sua mente immagini che credeva aver dimenticato, tanto era il terrore che le avevano suscitato: le ricerche dei ninja di Konoa su quella famigerata organizzazione, le impressionanti cifre di vittime a loro ricollegate, le ricostruzioni degli aspetti fisici dei componenti…e tra quelle c’era anche la sua.
Itachi Uchiha.
Come aveva fatto a non riconoscerlo prima? Si diede della stupida. Forse sarà stato per gli occhi che era impossibilitato a riaprire, quegli occhi tanto simili a quelli del fratello, tanto profondi da far paura, iniettati di sangue dallo Sharingan… Lei lo ricordava solo per aver visto i suoi occhi… il resto era stato tutto cancellato.
Dal mantello poi fissò il viso di lui: già, lo aveva proprio eliminato dalla sua mente, però ora era riaffiorato e con lui pure l’ansia inspiegabile che il suo sguardo aveva fatto sorgere quella volta, di pochi anni prima.
Deglutì e strinse ancor più ciò che stava afferrando con la mano destra.
Era l’ora di pagare il conto.
Il battito cardiaco accelerava ogni secondo in più che passava.
Lui era uno dei responsabili.
Impugnò il manico pure con l’altra mano.
Doveva soffrire come avevano sofferto pure i suoi compagni.
Chiuse gli occhi per fermare le lacrime e alzò la lama sopra di sé.
Vendetta…voleva vendetta.
E mordendosi le soffici labbra abbassò con colpo secco il coltello.


- Perché…?-
Il ragazzo era sveglio fin da quando era arrivata. E sapeva che ora lei era a conoscenza della sua identità…
- Perché…tu…?-
La fanciulla piangeva ininterrottamente coprendosi il volto con entrambe le mani. Tremava, tremava come se fosse stata lei vittima di quel gesto assassino, ma giustificabile dal grande amore che provava per il ninja defunto della Foglia.
- Perché non lo hai fatto?- il suo tono era stanco, ma soprattutto rattristato. Credeva che quella fosse la volta buona.
- Perdonami…- tra le lacrime sibilò le prime paroline – io non voglio…io non posso…- ma tra i singhiozzi e il tremore non fu capace di dire altro.
Dovette passare qualche minuto prima che la ragazza riuscì a tornare in sé. Asciugò le ultime gocce rimaste ancorate alle ciglia restando con il capo basso, vergognandosi di quell’atto di debolezza così vivo.
- Sai chi sono…?- stranamente fu lui il primo a parlare una volta che capì che la ragazza si era calmata
- Fai parte…dell’Akatsuki-
Seguì un altro momento di silenzio in cui nessuno dei due fiatò.
- Sei Uchiha Itachi, ho indovinato?-
Sbuffò:
- Questo nome…se sei un ninja è strano che tu non mi abbia riconosciuto subito…-
- Come sai che…?-
- Portarmi in salvo da quella corrente e saper soccorrere in maniera così rapida ed efficiente una persona, non è abilità da tutti…-  
Lei abbassò nuovamente il capo e si azzittì.
Ma lui non intendeva troncare il discorso a quel modo…voleva conoscere il motivo…
- Perché…- nell’aria risuonò ancora quell’interrogazione a cui lui non era stato in grado di dare una risposta – eri così vicina al tuo obiettivo…-
- Io…- la flebile voce di Hinata frenò quella di lui – ti ho promesso che non saresti morto…nemmeno se sei un ricercato di livello S…-
- Eppure devo aver commesso qualcosa che prima stava per farti cambiare idea… – la stuzzicò credendo di riportarla nuovamente sui suoi passi
- Ero confusa…- si giustificò timidamente come una bambina presa con le mani del sacco dalla propria mamma – e mi dispiace.-
- Avresti fatto la cosa migliore invece – e si voltò di un lato usufruendo delle poche forze che era riuscito a mettere da parte in quella nottata.
Lei si sentì in dovere di lasciarlo solo. Intuendo che era capace di muoversi, seppur a stento, gli posò accanto gli spicchi di mela che poco prima aveva preparato e si alzò.
- Ricorda solo una cosa: io non permetterò mai alla morte di avere il sopravvento…-
Si avviò verso l’uscita, ma il suo cuore non era in pace.  


La notte era ormai finita per tutti, per le persone così come anche per gli animali della foresta che cominciavano a muovere i primi passi fuori dalle loro tane. I primi uccellini svegliatisi cinguettavano freneticamente desiderosi di ricevere la colazione dalla mamma che frettolosamente svolazzava da tutte le parti, intenta a localizzare il cibo che essi richiedevano.
Hinata rientrò in camera sua superando la finestra, proprio in tempo per poter rispondere al bussare alla sua porta:
- S…sì, sono sveglia!-
Neppure quella volta la principessina era stata in grado di dormire e ancora più profondi diventavano i segni di quelle ore di sonno perdute.
- Ehi, Hinata-chan… va tutto bene?- Sakura sapeva bene che l’amica si trascurava e tentava di farglielo capire.
- Sono solo un po’ stanca…ma non è nulla per cui devi preoccuparti-
Le due sedevano su di una panchina fuori dall’ospedale e scambiavano quattro chiacchiere sfruttando l’ora di pausa del ninja medico.
- Comunque ti vedo meglio rispetto a qualche giorno fa…- si riferiva all’anniversario della tragedia, giorno che aveva sempre passato con tanta tristezza e in solitudine -…sembri anche più bella!- sorrise, credendo di farle piacere con quel complimento.
- Ma cosa dici, Sakura-chan…- arrossì e si alzò subito dicendo – però mi sento davvero bene questa mattina…- e il motivo le era chiaro: essere riuscita a controllare se stessa e a infliggere una prima sconfitta alla sua nemica acerba la notte avanti. Eppure era solo un piacere che sentiva essere destinato a scomparire presto, prestissimo.
- Sono felice per te! …e sono certa che anche Naruto lo sia…-
La rosa non aggiunse altro; abbassò il capo e si levò anche lei. Hinata intuì a cosa stesse pensando, i suoi smeraldi non comunicavano altro, se non la gran malinconia che a colpi rapidi e improvvisi la brandiva quando ripensava ai loro corpi, quelli che lei stessa aveva dovuto visitare prima della sepoltura.
“ So che stai soffrendo…” la giovane Hyuga mascherò un sospiro di pietà per l’amica e pure per se stessa “Se solo sapessi: mi sto prendendo cura di colui che tu odi più di tutti” e cercava di eliminare la fantasia che balenava nella sua testa, la possibilità di un loro incontro “No, che vado pensando”; a quel punto disse accorgendosi dell’ora:
- Io devo andare adesso… ci vediamo!- e corse via, diretta a casa.
- Ciao.- sussurrò l’Haruno e prima di ritornare con la mente al suo lavoro un ultimo pensiero per l’amica “ So che stai soffrendo…”.

La principessa non riuscì ad abbandonare il lupo,
dopotutto non era detto che fosse stato lui a mangiar il suo passerotto;
e combattendo contro quel pregiudizio,
rafforzò in sé il desio di aiutar il povero animaletto.








Un altro capitolo fresco fresco per voi! (me: ci voleva proprio con questo caldo! ^_^ ; tutti: … =_=…; me: va beh! occorreva una battutina per tirarvi su, dopo un nuovo capitolo malinconico ^_^’’; tutti: …-__- ah!) Ok, dopo questa sarà meglio passare ai saluti XD!
_AliDiPiume: Ehehe, in effetti se prendessimo in considerazione un parametro di giustizia,come dici tu, Itachi sarebbe dovuto morire in questo capitolo…ma così non è accaduto. Hinata ha in mente una concezione diversa di giustizia, che non è quella consistente nel farsi giustizia da sola. Comunque la storia è ancora lunga e i dubbi sono tanti… Aspetto con ansia un tuo prossimo commento! Ciao!!!

E poi un salutone anche tutti gli altri!!!

1 - AliDiPiume
2 - arisa_14
3 - bella95
4 - faziooosa
5 - masychan
6 - sonny
7 - sorelline xsv
8 - thembra
9 - yury_chan
Alla prossima!!!

Mewpower

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Capitolo 11
*** Bad boy or not? ***


Dieci, dodici, quindici… A casa Hyuga il tempo sembrava non passare mai. Lo sguardo del padre a tavola congelava qualsiasi tentativo di comunicazione, l’indifferenza della sorella ghiacciava ogni prova di aprir bocca, solo la presenza del cugino pareva mitigare quell’atmosfera da brivido che regnava nella sala da pranzo. Strano a dirsi, ma colui che all’origine era fondamento delle sue paure, in quel momento era l’unico che le trasmettesse tranquillità. L’ultima pietanza servita sancì la fine di quell’incubo:
-Io ho finito…con permesso-  la serietà e la formalità di quegli atti rendevano l’idea di una prigionia, una gabbia di cristallo che da fuori poteva sembrare degna di lode, segno della regalità e della finezza di una così alta casata, ma che in realtà necessitava di essere demolita.
Nonostante la grandezza, pareva di soffocare…
Hinata sfilò di lato ad Hanabi fissando dritto, di fronte a se, ma avvertì nettamente lo sguardo acuminato dell’altra che trasmetteva un unico sentimento: odio. Il perché le era sconosciuto, nulla capiva del comportamento freddo dei suoi famigliari, ignorava l’eccessiva rigidità che riversavano nei suoi confronti, ma oramai aveva perso tutte le speranze di comprenderli.

“Sono una seccatura e mi dispiace”

Chiuse la porta della sua camera e frettolosamente aprì la finestra. L’ora di pranzo era giunta per tutti, pure per il suo infermo che non poteva non aver fame.
“Chissà se avrà mangiato la mela di ieri”
Stavolta comunque era riuscita ad accumulare di più, si era organizzata meglio.
“Andiamo!” e con un balzò finì nel suo bel giardino fiorito accolta dai candidi gigli profumati “e poi si va da Naruto” pensò guardandoli.


Era già di fronte alla grotta semicoperta dalla vegetazione. Avanzò lentamente e incerta. Blocco totale. Il solo pensiero del gesto impulsivo della notte prima la paralizzava. Non sapeva neppure lei se si trattasse di vergogna o di paura di ricommettere una follia simile, fatto sta che non aveva più una gran voglia di entrare. Si mise a fissare i sandali un po’ anneriti dal fango e rimase a riflettere per qualche minuto…
- Basta, Hinata!- dopo un altro schiaffo morale si fece avanti, velocizzando il passo al solo sentir tossire - Ehi, tutto bene? -
- Sei di nuovo tu?- ancora non aveva capito…o meglio, non voleva capire
- Certo, te l’ho già ripetuto più di una volta che non ti avrei lasciato- posò i medicamenti e il cibo a terra, si tirò su le maniche pronta al cambio di fasciature – Come…hai passato la nottata? -
Lui non rispose. Esitò prima di porgli una seconda domanda:
- Hai sentito ancora dolore? -
Cercò di voltarsi da un lato, non voleva ascoltarla.
- Per sicurezza…ti applico nuove bende - il tono della sua voce era sempre più debole, tanto era la paura di una sua reazione.
Il ragazzo tentò di muoversi per ostacolare le mani curatrici del ninja, ma la debolezza gli permise di fare ben poco
- Vedo che riesci a spostarti seppur poco – accennò un sorriso, felice di vedere i frutti del suo lavoro - con altre cure e un po’ di cibo sono sicura che ti riprenderai – e afferrò la scatoletta contenente qualche manicaretto – girati, ti ho portato del riso…-
- Come posso convincerti a lasciarmi morire in pace?-
La domanda echeggiò crudelmente del tenero cuoricino della Hyuga che si sentì scuotere tutta.
- Ho commesso un sacco di reati, saccheggiato villaggi, sterminato persone, eppure sei ancora preoccupata a salvarmi la vita…perché non la smetti?-
Si sentiva pietrificata dalla tonalità piatta e tetra della sua voce, ma soprattutto per il ripetersi di quel quesito. Il motivo glielo aveva già ben spiegato, ma lui sembrava voler sentirsi dire qualcosa altro.
- Ammetti la verità – sembrò quasi sogghignare – tu vuoi soltanto che io soffra-
L’affermazione la stroncò.
- C…cosa?-
Possibile che in realtà stesse facendo di tutto per prolungare la sua agonia?   
- Questo…è quel che penso -
Sentiva le tempie pulsare nervosamente.
Il suo inconscio in realtà voleva questo?
La confusione stava per prendere il sopravvento.
- Che ti succede…? Ho forse indovinato?- il moro accennò un risolino che non fu però notato dalla ragazza che oramai non vedeva più. Si sentiva persa nel dubbio.
Veramente il suo scopo era quello?
Un nuovo, spettrale silenzio invase la grotta buia, seppur il sole fosse alto. Il lupo stava rannicchiato aspettando di sentire la risposta della principessina impaurita, ma questa sembrava non arrivare mai. Solo dopo un singhiozzo chiaramente frenato, lei parlò:
- No…-
Tutta la sincerità raccolta in una parola. E lui la avvertì nettamente.
- Ne sono convinta…- le semplici e pure lacrime che sfiorarono la mano di lui erano una conferma – Lo faccio solo per salvarti, faccio quello che non ho potuto fare con il mio Naruto – riemerse così ancora il dolore di quella perdita che per un breve lasso di tempo pareva essersi affievolito.
Aveva capito quanto lei tenesse al biondo ninja di Konoa a cui aveva dovuto a lungo dare la caccia. Non si trattava di un comune affetto, bensì di qualcosa di molto più grande.
- Ti riferisci a Uzumaki Naruto…- provò a parlarle ancora così da frenare in qualche modo il suo pianto
- Già…- con rapido gesto si asciugò gli occhi bagnati
- So cosa gli è successo… è stata una strage…-
A quel punto Hinata si sentì di domandargli:
- Tu…in quell’occasione…non c’eri?-
- Stavo per giungere sul posto per fermarlo…sapevo quali erano le intenzioni di quel maniaco di esplosioni…-
- Ma perché lo ha fatto? –
- C’era pure Sasuke. Deidara voleva farlo fuori a tutti i costi… non gli importava niente della presenza dell’Uzumaki…e poi a noi…anzi a loro, occorreva vivo-
- Hai detto…a loro?
- Io non ho mai fatto parte di quell’organizzazione… il mio obiettivo era un altro…non volevo che morisse nessuno -
Sembrava sincero alle orecchie della fanciulla che però vedeva la faccenda ancora poco chiara. Era spinta a fargli altre domande, ma fu lui a troncare il discorso:
- Il riso puoi lasciarlo pure lì…- e si voltò nuovamente su di un lato, fingendo di prender sonno. Hinata lo fissò ancora per qualche attimo prima di alzarsi e di ritornare a casa: il breve racconto dell’Uchiha aveva fatto nascere in lei un piccolo lumino che le sussurrava un’idea su quel personaggio semisconosciuto:
“Allora, non sei così cattivo come tenti di mostrare…”


La principessina era quasi convinta:
non era stato lui a mangiare il suo passerotto,
perché lui non era cattivo…
questo era ciò che sentiva.





Anf,anf! Eccomi! Anf,anf! Dopo una corsa stratosferica ho pubblicato un nuovo capitolo! Ho il fiatone XD Comunque, mi auguro che vi sia piaciuto e visto che la scuola è ormai agli sgoccioli vi assicuro che aggiornerò più spesso (lettori: sarà meglio per te! è___é ; me: aiuto!*fugge* )
Dunque un saluto a coloro che hanno la mia fanfiction fra le storie preferite:


AliDiPiume
 arisa_14
 bella95
 faziooosa
masychan
 sonny
sorelline xsv
 The fenix of innocence
 thembra
 yury_chan

e in particolare :

_AliDiPiume: Ciaooooo^__^  Eheheh, ok, cercherò di sforzarmi a pubblicare più frequentemente…Il fatto è che ho ancora una fanfiction da finire di pubblicare (si sta per concludere T.T) e poi se pubblico troppo velocemente succede che finisce subito…:P  Comunque mille grazie per i commenti che lasci (li adoro perché sono ben fatti) e alla prossima!!!

Ancora ciao a tutti!!!!!!

Mewpower


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Capitolo 12
*** Flight ***


Le giornate si allungavano, eppure i giorni parevano volare veloci dinnanzi agli occhi della tenera Hinata, che più convinta che mai, non esitava un solo giorno nel recarsi dal trovatello ferito per portargli cibo, cure e qualche raggio di voglia di vivere. Per quell’attività che la coinvolgeva tutta le capitava di dedicare meno tempo allo svago, alla propria vita, ma lei neanche se ne accorgeva: l’importante era riuscire a dedicarsi a lui; e poi c’era anche il suo Naruto che non poteva per alcun motivo lasciare in secondo piano. Anche quella mattina si era recata al suo letto di morte con il solito mazzolino di gigli, gli ultimi oramai…
- Ciao per adesso…- fece scivolare la sua mano lungo la fredda lapide socchiudendo gli occhi per evitare che qualche lacrima potesse uscire così, inaspettatamente.
Si allontanò di corsa tenendo stretto un fagottino contenente il pranzo e le bende per l’animaletto malaticcio. Il sole la fissava dall’alto, infuocandole i piedi e il corpo pesantemente coperto da quegli abiti troppo ingombranti per la stagione estiva che era alle porte. Rallentò una volta che intravide l’antro, il quale fortunatamente manteneva una temperatura fresca all’interno che avrebbe magari contribuito a far soffrire di meno colui che vi abitava… ripensandoci bene in quei giorni le condizioni del ragazzo non erano state delle migliori: la ferita al ventre, ma soprattutto i suoi occhi avevano iniziato nuovamente a sanguinare con veemenza, cosa che la stava facendo preoccupare.
“Speriamo stia meglio oggi…” disse a sé stessa la chunin che entrò nella grotta e scorse subito il mantello dell’Uchiha - Buongiorno…- lo salutò con un tono che cominciava a non esser più tremolante – Come va og…?!-
Il respiro le mancò improvvisamente, la bocca rimase semi aperta per qualche secondo.
Fece un rapido scatto fino al punto in cui solitamente l’Uchiha dormiva, ma lui non c’era più. Solo il suo mantello nero con quelle sue spettrali nuvolette color sangue giaceva a terra insieme al coprifronte, nascosto tra l’indumento e la terra inumidita. La ragazza afferrò con mano tremolante il mantello accostandolo a sé, come se volesse esaminare più da vicino le rosse decorazioni su di esso. In realtà era sconvolta, non capiva come fosse potuto accadere…dopotutto era stanco, spossato dalle ferite…era malato…in quelle condizioni come era riuscito ad alzarsi? E poi perché…? Un brivido le attraversò la schiena con una rapidità tale da farle trattenere il fiato e spalancare gli occhi: lei il motivo lo sapeva più che bene…il suo desiderio di farla finita una volta per tutte le era ben noto e non poteva affatto dimenticarlo… in fondo era stato lo stesso anche per lei fino a poco tempo prima… Ma come lei era stata in grado di trattenersi dal farlo, ora doveva riuscire ad impedirlo anche a lui! Lasciò cadere ciò che teneva in mano e corse fuori dalla grotta. Il sole era fortissimo per i suoi occhi, ma non si arrestò per questo. Si guardò intorno; non poteva essere andato molto lontano; si diresse rapidamente presso il fiume; che si fosse buttato là? Il pensiero se ne andò all’istante quando scorse delle impronte fresche lungo la riva:
“ Ha camminato…” le seguì continuando a spostarsi velocemente “deve essersi spostato durante la notte…” le orme mostravano chiaramente la pesantezza del corpo indebolito “speriamo che non sia troppo tardi…” un singulto proveniente dal cuore le fece accelerare il passo.
Non c’era, non si scorgeva da nessuna parte. La povera chunin girava oramai da un po’, eppure ancora nessuna traccia. Muoveva la testa da una parte all’altra in continuazione, tanto è che i lunghi capelli iniziavano a scompigliarsi, liberandosi dal candido nastro che li teneva uniti. Contorceva le mani a ridosso del suo petto formoso, agitata, impaurita:
“Non so più dove cercare…” ripeteva dentro di sé  “non so…non so…” e riprese la sua corsa al solo balzar nella sua testa una nuova idea per quelle ricerche “ti troverò…non posso permettere che tu…” non poteva neppure pensarci.


Un leggero venticello fece spostare un ciuffo di capelli di fronte agli occhi della ragazza. Con gesto lento e un po’ annoiato li spostò, lanciando un lieve sospiro al cielo turchino. Sakura era seduta da circa un quarto d’ora in attesa di incontrare l’amica:
“Ma che cosa starà facendo, Hinata?” si chiedeva oramai da un pezzo la rosa.
Eppure le era sembrato di essere stata chiara: quella stessa mattina si sarebbero dovute incontrare davanti casa sua per recarsi insieme al mercato del Villaggio…
“Forse se ne è scordata…” e rifletteva su ciò ripensando alla situazione della giovane “Povera Hinata…” e soffriva per le sue condizioni, si struggeva al solo immedesimarsi in lei, ma alla fine non c’era la necessità di immaginarsi nulla: anche lei aveva sofferto tanto, aveva pianto per giorni interi, con le mani tra i capelli, con le immagini dei suoi compagni di avventura nella sua mente, i loro corpi stracciati da tanta forza distruttiva, quelle lapidi così lugubri, ma così fresche… Socchiuse le palpebre per un attimo, tentando di cancellare quei ricordi terribili. Seguì un nuovo alito di vento, più forte del precedente, che la spinse ad alzarsi da quel muretto di muschio secco:
- Adesso vado a casa sua…- disse volgendosi in quella direzione, ma non fece tempo ad affermare ciò che intravide lui, il cugino – ah, Neji!- esclamò sollevando un braccio per attirare la sua attenzione. Lo Hyuga deviò lo sguardo su di lei, il suo solito sguardo vuoto:
- C’è qualcosa che posso fare per te? – chiese con un tono quasi annoiato
- Ecco…hai per caso visto Hinata? Dovevamo incontrarci qui, ma…- non terminò la frase, come volesse che quest’ultima fosse continuata da lui.
- La troverai senz’altro al cimitero…- rispose poco dopo con un sottile filo di rassegnazione, che giunse strano alla rosa – come ogni mattina…-
Sakura non domandò altro:
- Ah, giusto. Probabilmente è come dici tu! – si sforzò di sorridere e corse via salutandolo.
La presenza di Neji provocava dentro di lei uno stato di confusione stranissimo, non sapeva mai come comportarsi di fronte all’atteggiamento serio e schietto del ragazzo, si sentiva sempre in imbarazzo, fuori luogo. Quell’incontro generò in lei una nuova riflessione: la situazione della famiglia Hyuga; di come Hinata fosse in grado di vivere con il cugino nonostante il passato, nonostante quel suo comportamento così gelido…e si rese conto che anche quel contesto famigliare non poteva che peggiorare la sua condizione interiore:
“ Ma forse mi sbaglio…” diceva a sé stessa “possibile che…si comporti sempre così?” tuttavia l’ipotesi c’era e…sentiva di non sbagliarsi - Povera Hinata…- mugugnò ancora una volta “mi dispiace tanto per lei…” e si domandava se fosse possibile aiutarla “Poverina…”.


Ansimava. Alla fatica si sovrapponeva l’ansia, un’apprensione che le stava divorando il cuore, pezzo dopo pezzo. Non poteva credere di aver perso le sue tracce, non poteva essere andato lontano in quello stato, eppure ancora non lo aveva trovato. Avrebbe voluto gridare il suo nome, quel nome da ricercato, ma d’altronde comune; chi poteva immaginare che si trattasse del famigerato Uchiha traditore? E poi chi mai avrebbe potuto udirla in mezzo a quel bosco? Tuttavia sapeva che sarebbe stato inutile, lui non le avrebbe risposto.
-No…- lo emise con tanta amarezza – non può essere…- e a ciò si aggiunsero le prime lacrime – che sciocca! Avrei dovuto essere più previdente…-
Ma fu a quel punto che un rotolare di rocce la fece voltare di scatto: lo aveva sentito distintamente, dietro alla folta vegetazione, un rumore prolungato di qualcosa che ruzzolava. Si diresse immediatamente in quel punto e scoprì un fossato artificiale per il raccoglimento dell’acqua del fiume, però non più utilizzato da tempo. Scese con una certa fretta, impaziente di capire cosa fosse stato quel rumore e con una gran speranza addosso:
- Fa che l’abbia trovato…- implorava il cielo stringendo con forza con una mano la felpa che indossava e intanto proseguiva l’esplorazione.
Fu alla prima diramazione terrosa che decise di accelerare il passo: avrebbe potuto percorrere l’una o l’altra strada, le possibilità erano fin troppe per lei e il tempo sempre di meno… Però se il destino desidera che qualcosa si realizzi, questo non può non accadere: sta di fatto che presa la biforcatura sinistra, Hinata se lo ritrovò ai piedi, disteso completamente con la testa rivolta ad un lato. Un profondo sentimento di gioia le fece accelerare di colpo il cuore, ma il solo vederlo in quello stato fece nascere in lei nuova preoccupazione e la necessità di portarlo via all’istante.
“Presto!” disse a se stessa mettendoselo in spalla.
Il tragitto che la separava dalla caverna sembrava essere divenuto ancor più lungo di quanto non fosse: teneva la testa bassa, concentrando tutte le sue forze unicamente al peso alla schiena, ma la alzava frequentemente credendo di essere arrivata a destinazione, però la sua convinzione spariva all’istante e maturava dentro di sé l’illusione che quel sentiero fosse stregato, che l’avrebbe fatta vagare per l’eternità in quel bosco…quando si è presi dall’agitazione si pensa di tutto!
Finalmente scorse un cespuglio amico, proprio quello che quasi nascondeva interamente la caverna e con un ultimo sforzo lo sorpassò ammirando con serenità la rientranza rocciosa. Entrando sentì le tenebre divorarle la carne e uno strano presentimento la fece tremare tutta mentre appoggiava il ragazzo al suolo:
“Respira a fatica…” intinse un panno in una bacinella d’acqua fresca “…e le ferite hanno sanguinato ancora…” e poi glielo posizionò sugli occhi chiusi “Se solo sapessi cosa fare di preciso…” Hinata si sentiva impotente di fronte al malato, dopotutto non aveva né la destrezza né l’esperienza che possedeva un ninja-medico “…se solo mi potessi far aiutare da qualcuno…”.
Detto fatto.
- Hinata?- avvertì il suo nome echeggiare per quelle nudi pareti pietrose – Sei tu, Hinata?- e quella voce era familiare.
La giovane si alzò di scatto dirigendosi verso l’entrata:
“E adesso?” pensò intravedendo colei che la chiamava – S…Sakura!- esclamò senza celare la sua sorpresa – cosa ci fai qui?-
- Vorrei farti la stessa domanda!- disse la rosa inarcando le ciglia – Ti sei dimenticata che avevamo un appuntamento?-
La Hyuga accostò una mano alla bocca:
- Oh, è vero! Perdonami, ma ero così presa dal…- si bloccò immediatamente.
Non poteva dirle nulla, non una parola: gli aveva promesso che non avrebbe chiamato nessuno, non poteva proprio, dopotutto una promessa era una promessa. Lui non voleva essere curato da alcun esperto; lei, seppur conoscesse le sue intenzioni, non intendeva venir meno alla parola data e poi, se lo avesse portato al villaggio…forse ci avrebbe pensato la corte giudiziaria a porre fine alle sue sofferenze…i crimini da lui commessi erano fin troppi. E invece lei desiderava che continuasse a vivere, voleva infrangere il sogno pazzoide del ragazzo e realizzare il suo: riuscire a sconfiggere almeno in quell’occasione colei che le aveva portato via ciò a cui teneva di più e magari, così, trovare un minimo di pace interiore che il suo animo necessitava da tempo.
- Comunque…- fu Sakura a interrompere quell’attimo di silenzio appena creato – come mai sei qui? Neji mi aveva detto che ti eri recata al cimitero…-
- Io…- ebbe qualche difficoltà, ma dovette per forza mentire all’amica – passeggiavo…ma tu mi sei venuta a cercare?-
- Beh, cosa avrei dovuto fare? Temevo che fosse successo qualcosa. Mentre mi dirigevo al cimitero mi è caduto l’occhio da questa parte intravedendo qualcuno da lontano, ma non immaginavo che fossi veramente tu!-
Un rotolio di sassi echeggiò per quello sfondo buio e desolato.
- Mh? Ma c’è qualcun altro con te?-
Hinata sbiancò:
- Ma no! Sono qui da sola!-
- Va beh, allora possiamo andare adesso!-
- Ecco…io…non posso…-
La faccenda si faceva poco chiara agli occhi del ninja-medico:
- ?...C’è qualcosa che devi dirmi?-
Un improvviso colpo di tosse proveniente dal buio fece gelare il sangue alla mentitrice:
- Ma…allora c’è davvero qualcuno!- fece istintivamente un passo in avanti, però a quel solo movimento l’altra le si parò di fronte:
- No!- esclamò senza nemmeno pensarci
- Si può sapere cosa ti prende? Cosa mi nascondi?-
La giovane Hyuga non sapeva più cosa dire:
- Perdonami Sakura…- disse alfine con gli occhi bassi – ma non puoi andare.-
- Perché?- domandò seria mettendo una mano sulla spalla dell’altra
Non ce la fece più:
- Perché glielo ho promesso…-
La rosa la fissava stralunata, ma non chiese altro; si limitò a discostare la mano da lei, continuando ad osservarla. Aveva intuito che l’amica stava per confidarle tutto.


Il lupo aveva  provato a  ritornar della buia foresta,
ma l’attenzione della principessina fece in modo di sopprimere  tale tentativo.
Sfortunatamente la levatrice udì un suon sospetto nella camera regale
intuendo che la fanciulla intendeva nasconder qualcosa all’interno.


Buongiorno a tutti voi! Tutto bene? Sicuramente sì, a coloro che hanno terminato la scuola (un po’ meno per coloro che hanno gli esami ^^) e che finalmente hanno potuto leggere un nuovo capitolo di questa fanfiction! Scusate ancora il ritardo, però ora non ho più scuse e continuerò a pubblicare con regolarità!! Bene, fatemi sapere che ne pensate di questo cappy… Come reagirà Sakura alla confessione di Hinata? Ma soprattutto, Hinata le dirà la verità sul serio?? Eheheh, lo scoprirete presto!
Saluti a:
AliDiPiume
 arisa_14
 bella95
 faziooosa
masychan
 sonny
sorelline xsv
 The fenix of innocence
 thembra
 yury_chan
Ma un bacione in particolare va a :

_AliDiPiume: La prego, non mi uccida! XD Ok, lo so , ho ritardato pure questa volta, ma non accadrà più!!! Mi perdoni! :P Va beh, adesso ritorno seria... Grazie mille per le recensioni e volevo poi aggiungere che sono d’accordo con ciò che tu pensi: una recensione dovrebbe essere ben formulata ed esprimere chiaramente le emozioni provate dal lettore come pure le critiche che di solito non vengono mai esposte…per questo mi fanno molto piacere le tue! Mi sembra di essere sotto analisi di un esperto critico letterario^^  Comunque devo dire che pure le recensioni più semplici mi rendono allo stesso modo felice…sono la prova che veramente i lettori sono entusiasti, dunque non mi lamento. Però tu continua così! Un abbraccio.

_The fenix of innocence: Graaaaaaaaaaazie! Non so più come esprimermi! Sono felice che ti piaccia, ma se hai qualche critica da fare, vai!!! Voglio che sia il massimo!^^ Baci.

Mewpower

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Capitolo 13
*** My friend ***


Il silenzio era tornato inesorabile all’interno di quella grotta, tra quelle pareti oscure e lugubri. Solo qualche spiraglio di luce riusciva ad entrare, seppur a fatica, ma in quel momento vi erano altre due figure che in qualche modo erano in grado di trasmette una certa luminosità a quell’ambiente cupo non solo grazie ai vestiti di color chiaro, quasi interamente candidi quelli di Hinata e una veste tra verde acqua e celeste quella di Sakura, ma soprattutto per mezzo del loro respiro; il solo fatto che respirassero era segno di vita, rappresentavano dunque le uniche forme di vita in quel posto senza rumori e senza altri esseri animati…d’altronde, però, ce n’era anche un terzo, il cui respiro oramai era quasi impercettibile, si stava a poco a poco affievolendo.
- Hinata…- fu nuovamente la rosa a spezzare quell’atmosfera di calma assoluta – se c’è qualche cosa che ti affligge, puoi confidarla a me…siamo amiche, no?- il tono dolce e sincero fece alzare lo sguardo dell’altra. Si sentiva in colpa per aver mentito poco prima all’amica, ma non poteva far altrimenti. E poi se avesse saputo che laggiù, in fondo, si nascondeva lui, l’Uchiha traditore, nemico di Sasuke e su cui Sakura aveva riversato tutto il proprio odio, forse sarebbe corsa subito al villaggio sollecitando la giustizia a compiere il proprio dovere, oppure, ancora peggio, si sarebbe fiondata verso il punto indicatole e lo avrebbe ucciso in quello stesso momento, di fronte a lei, con le proprie mani. L’idea le fece scuotere il capo e le impedì di aprire bocca. Ma fu proprio in quell’istante che un nuovo, più acuto del precedente, colpo di tosse la fece sussultare tutta e a convincerla che da sola non poteva farcela.
- Chi c’è là…?- domandò ancora con tono serio mirando verso il fondo nero.
- Ascoltami, Sakura…- cominciò lei – mi devi aiutare…-
Fece una piccola pausa per impostare le idee alla meglio e per cercare di fare in modo che la rosa non capisse chi fosse in realtà il soggetto del suo discorso:
- Ho salvato un ragazzo poco tempo fa…- fece un respiro profondo –ma è in gravi condizioni ed io non so cosa fare…-
- Ma perché non lo hai portato subito al villaggio? – chiese senza capire
- Lui non vuole…-
- Che discorsi sono?! Avresti dovuto costringerlo…e poi per quale assurdo motivo non vorrebbe?-
- Lui non può…- abbassò la testa e con essa pure la voce – se lo portassi al villaggio lo arresterebbero senz’altro…-
- Un criminale…- affermò Sakura capendo di aver fatto già fin troppe domande – comunque sia…è necessario portarlo all’ospedale, se è vero che è malato…-
- Ma no! – levò il capo immediatamente – Sakura… gli ho promesso che ci avrei pensato solo io a lui e poi se lo portiamo a Konoa…-
- Capisco che tu voglia mantenere la parola data – le sorrise ripensando al povero Naruto – questo è da vero ninja…però se lo lasciassimo qui morirebbe… –
- Se lo portiamo via, morirà!- disse di getto, preoccupandosi solo pochi secondi dopo di che cosa avrebbe pensato la rosa.
- Allora…è davvero un ricercato pericoloso…- il cuore di Hinata tremava tutto, sentiva che ora l’amica avrebbe senza ombra di dubbio chiamato qualcuno per farlo portare via e lei non avrebbe potuto fare nulla. Un altro, interminabile lasso di tempo trascorse senza che nessuna delle due aprisse bocca. Era snervante tale situazione, appesantita ancora di più dal pensiero del lupacchiotto morente, che dopo quell’attacco di tosse aveva smesso di farsi sentire.
- Non vedo altre soluzioni…- disse Sakura facendo spalancare gli occhi della Hyuga – ci penso io a visitarlo!-
Per un attimo il cuoricino di Hinata si sentì meglio al solo avvertire cadere una delle tante lance che lo avevano colpito: Sakura aveva per fortuna accantonato l’idea di far ricorso ai medici del villaggio, però ora si presentava un altro problema. Se le lo avesse visto, avrebbe senz’altro riconosciuto immediatamente il fratello di Sasuke, la loro somiglianza era abbastanza evidente e poi c’era il mantello dell’Akatsuki, il coprifronte lacerato nel mezzo, tutti segnali che le avrebbero permesso di chiarire la sua identità…e la sua voglia di vendetta l’avrebbe senza dubbio spinta all’omicidio.
- Forse…è meglio di no- intervenne così Hinata – sai, potrebbe reagire in chissà quale maniera…vedendo che io ho raccontato a qualcuno di questa storia, potrebbe decidere di fuggire…o magari…di farla finita sul serio…-
- Credi che ne sarebbe in grado? – domandò stupita – Mi sembra un po’ esagerato… non credo che desideri morire…- aggiunse quasi accennando un sorriso per la follia di un tale pensiero.
Hinata fissò gli smeraldi dell’altra con serietà, facendo trasudare la sua preoccupazione. Sakura percepì cosa voleva dire con tale sguardo, ma continuò ad insistere:
- Però devi capire che ha bisogno di una visita…dopotutto lo hai detto pure tu che non sai cosa fare. Io potrei medicarlo come si deve e capire quale sia il vero problema e…- quelle parole fluttuavano nella mente della Hyuga con una svogliatezza tale da farle venir voglia di tapparsi le orecchie: il fatto era che conosceva benissimo la necessità che Itachi aveva di farsi vedere da un esperto, la sua malattia sembrava troppo grave, lei non ce l’avrebbe fatta…Insomma quelle esortazioni che ora l’amica le faceva erano le stesse con le quali la sua coscienza fino a poco tempo prima aveva cercato di spingerla a portarlo in un centro specializzato e cosa c’era di meglio che l’ospedale di Konoa? Ma lei, in quel momento doveva far capire alla compagna che non poteva avvicinarsi a lui, le doveva essere assolutamente vietato.
- Lo so, lo so…- disse annuendo – sta veramente male: gli occhi sanguinano e così anche gli squarci al petto e alle spalle…è orribile il solo pensarci…però, Sakura, tu non…-
Un tonfo netto e improvviso fece voltare le due che rimasero immobili per poco, inchiodate con gli occhi verso l’oscurità totale.
- Accidenti!- pronunciando queste parole il ninja-medico avanzò sorpassando l’amica con passo veloce, ma improvvisamente, dopo qualche metro, si sentì afferrare il braccio da dietro – Che fai, Hinata?-
La ragazza le teneva il braccio, guardandola supplichevolmente:
- Non…non è possibile…-
- Ma cosa ti prende? Lasciami! C’è il rischio che stia davvero male! – la fiamma che l’animava ogni qualvolta vi era qualche malato da soccorrere, o quando solo avvertiva l’odore di sangue che a stento là dentro si cominciava a fiutare, la stava bruciando e il dovere di medico la chiamava insistentemente da quella parte; ma c’era quella mano che la fermava:
- Ti ho detto che non si può...- riabbassò la testa, mordendosi il labbro
- Vuoi che muoia? Andiamo!!- e si protesse in avanti per scappare da quella presa, ma notò che il suo braccio veniva stretto sempre di più e che cominciava a dolerle – Hinata…?!- sussurrò il suo nome un po’ incredula per tale forza e anche, una volta girata, per lo stupore di vederla piangere.
Già, piangeva continuando a reggerla e mantenendo lo sguardo fisso a terra.  
- Scusami…- mormorava lasciando cadere delle grosse lacrime al suolo.
Sakura le toccò la mano che la stringeva e questo fece sollevar il viso alla Hyuga. La guardava sorridendole gentilmente, sperando di riuscire a calmarla.
- Scusami…- disse ancora asciugandosi gli occhi con quella mano che aveva appena lasciato il braccio dell’amica – ma non posso spiegarti nient’altro…-
Seguitò a sorriderle e annuendo lievemente disse:
- D’accordo. Spiegami quali sono i sintomi. -
Hinata cercò di nascondere la felicità per la decisione presa dalla rosa e con precisione le descrisse i problemi dell’Uchiha. Sakura annuiva ad ogni sua affermazione e dopo una rapida riflessione, ricordandosi del tonfo preoccupante di poco prima, le spiegò cosa doveva fare:
- Allora, adesso corri subito a vedere cosa è successo! Io, intanto, vado subito all’ospedale a prendere qualcosa che credo ti saranno utili! Vai, adesso!-
Le due corsero in direzioni opposte il più velocemente che potevano.
Hinata giunse al fondo della caverna dove qualche foro al soffitto da lei realizzato le permettevano di orientarsi meglio in quello spazio buio:
- Ehi!- esclamò un po’ impaurita – Cosa hai tentato di fare?- lo vide ancora disteso a terra, ma diversamente da come lo aveva lasciato lei “Probabilmente ha tentato di alzarsi” pensò accostandosi a lui. Misurò i battiti; il respiro era affannato e toccandogli la fronte capì che la febbre era ritornata. Gli riposizionò un panno sopra gli occhi e si rincuorò appena, accorgendosi che le ferite non sanguinavano al momento…
Vari minuti dopo Sakura era tornata. La udì avvicinarsi e per questo le corse incontro:
- Ecco: ti ho portato questi impacchi da fare per gli occhi e qualche medicinale per disinfettare le ferite. Per ora ho potuto portarti solo questo perché l’ospedale è sempre controllato attentamente dalla sorveglianza, ma non temere: di notte la faccenda si semplifica!-
- Io non so come sdebitarmi…questo poi è pericoloso per la tua carriera…non vorrei che…-
- Ma no! Non ci pensare! Sono provvidente, io!- e le lanciò un grande sorriso facendole capire che non c’era da preoccuparsi – Ah, credo che avrai bisogno di qualche lezioncina di infermieristica…non vorrei che facessi delle fasciature sbagliate!
- Sì, senz’altro!- disse prontamente
- E poi dovrai informarmi quotidianamente dei miglioramenti e dei peggioramenti del paziente...se ho intuito la situazione, non sarà un lavoro molto leggero…Te la senti?-
- Non mi tirerò indietro! Farò di tutto!-
La determinazione e la voglia di fare dell’amica fece rasserenare il cuore della rosa: era convinta che quella nuova occupazione avrebbe fatto distrarre la ragazza dal peso della vita familiare e dall’atroce perdita del suo amore più grande, l’avrebbe fatta maturare e se fosse riuscito a salvarlo, magari, avrebbe ritrovato la gioia di vivere che non brillava più nei suoi occhioni lucidi.
- Ok, cominceremo da domani le lezioni!-
Prima di salutarsi, Hinata si scagliò su di Sakura abbracciandola fortemente e trattenendo un nuovo pianto la ringraziò:
- Grazie mille, Sakura! Senza il tuo aiuto, non ce l’avrei fatta in futuro…-
Sakura la strinse a sé accarezzandole i capelli:
- Farei qualsiasi cosa per un’amica…- era lei una delle ultime cose più preziose che le rimanevano e sentiva che dopo quest’ultima esperienza la loro amicizia sarebbe diventata indissolubile, nulla le avrebbe mai e poi mai divise – ma ora vai da lui…Potrebbe aver bisogno di qualcosa!-
Si separarono; mentre Hinata rientrò nella caverna, Sakura rimase un altro po’ lì, a guardare l’antro. Pensava ancora a quel suo bizzarro comportamento, al perché le volesse impedire di incontrare quel tipo. La faccenda era misteriosa, ma al momento non voleva preoccuparsene:
“Sarà come dice lei…però che strano!” e si allontanò così, mirando le nuvole immobili nel cielo.

La principessa  spiegò alla cara levatrice che aveva soccorso un animaletto,
ma non poteva confessarle che di trattava di un lupo.
Perciò la scongiurò di non entrare e di mantener il segreto;
suo padre non doveva venirlo a sapere.











Un respiro di sollievo per la nostra principessa. Dopo tanta tensione è riuscita ad impedire alla compagna di visitare il malato...ma sarà davvero finita? Sakura riuscirà poi ad aiutare l’amica con le cure? Ed ora che ha tentato la fuga una volta...Itachi ci proverà ancora? O Hinata lo convincerà definitivamente a non farlo mai più? A voi scoprirlo!
Un saluto a tutti voi che mi seguite:
 
AliDiPiume
 arisa_14
 bella95
 faziooosa
masychan
 sonny
sorelline xsv
 The fenix of innocence
 thembra


Ma in particolare vorrei ringraziare:

_AliDiPiume: Ehilà!!! Bene, anzi benissimo direi, visto e considerando che condividiamo una stessa idea...la “poca simpatia” per Sakura! Esatto, non è uno dei miei personaggi preferiti e devo ammettere che mi da un po’ il nervoso per la sua mania di “Andiamo a riprenderci Sasuke!”. Non posso dire di odiarla, però non mi va molto a genio... Ok, fammi sapere cosa ne pensi anche di questo capitolo e...non perderti il prossimo! Ciaooooooooooooooooooooo^__^

_The fenix of innocence: Sigh! Me sempre più felice per il solo fatto che questa fanfiction ti piaccia! E so perfettamente che non vedi l’ora che Itachi e Hinata si mettano insieme...ma dovrai ancora aspettare un po’ (Sai come è, mi piacciono le storie complicate!). Dunque pazienta ancora un pochetto e...alla prossima!


Mewpower

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Capitolo 14
*** Life ***


 Dopo aver salutato l’amica, Hinata era rientrata correndo nell’antro scuro. Ma prima di giungere presso il ferito si era arrestata per un secondo, mettendosi a fissare il terreno con sguardo perso nel vuoto: rifletteva sul suo tentativo di fuga, ancora con le lacrime agli occhi, con il cuore agitato per la tensione, con tanta voglia di convincerlo a lasciar perdere la strada dell’autodistruzione…
Riprese il cammino verso di lui asciugandosi gli occhi. Il passo era lento, ma deciso; non aveva più la stessa espressione di poco prima, supplichevole e triste, bensì manifestava qualcosa di diverso, una sicurezza che mai aveva avuta prima di avvicinarsi alla bestia della grotta.
Eccolo lì, disteso su di un fianco; fingeva come al solito di dormire.
- Perché…- domandò senza esitare -…hai tentato di fuggire?-
Il ragazzo non intendeva rispondere. Odiava ripetere i medesimi concetti.
- Perché non ti decidi di smetterla? Perché non pensi ad altro che a morire?-
Sospirò; si girò mettendosi nuovamente con la pancia rivolta verso l’alto:
- Non merito altro…- disse flebilmente
- Non…non è vero!- gli gridò lei accostandosi a lui – Nessuno merita la morte…- disse dolorosamente calmandosi di getto
- Ma questa prima o poi arriva…- stranamente sembrava voler continuare il discorso – dunque, è inutile ritardare i tempi.-
- Non mi pare che sia un ragionamento razionale…- gli si inginocchiò a lato, sperando che da lì le sue parole potessero essere recepite ancor meglio.
- Ma in fin dei conti è questa la verità.- rispose lui subito dopo
- Sì, ma non dobbiamo essere noi stessi a decidere il quando!-
Il buio e il nuovo silenzio creatosi dopo quell’ennesima affermazione si diffondevano per quel luogo lentamente, infilandosi tra i corpi dei due giovani, strisciando tra le rocce delle pareti, invadendo pure i meandri della loro psiche. Il ricordo di Sasuke per lui e quello di Naruto per lei li fecero ammutolire per un po’: perché il destino aveva voluto questo?
Fu Hinata a riprendere la parola, con tono veramente angustiato:
- Là fuori – indicò con l’indice l’uscita, seppur lui non potesse vederla – ci sono tanti banditi che hanno commesso delitti, saccheggi, violenze…eppure sono ancora in vita…-
Voleva fargli capire il vero concetto di vita umana, non poteva accettare il fatto che egli la pensasse in quel modo.
- Questo è prova dell’ingiustizia…che dilaga su questo mondo. - riprese l’Uchiha con tono fermo, apparentemente - Meriterebbero tutti di essere decapitati all’istante, o come minimo di essere puniti fino alla fine dei loro giorni. Nessuno escluso e me compreso. E poi…-



Non proseguì. Il tempo in quel momento sembrava essersi fermato. Si scoprì che un pipistrello viveva ormai da qualche giorno in una fessura lì vicino: a quel suono aspro il poverino non poté fare a meno di scappare, sbattendo con rapidità le ali e andando incontro alla luce. La sua più acerrima nemica, ma che in quel caso rappresentava l’unica via di fuga.
Lei lo guardava con tanta disperazione negli occhi, quegli occhioni che erano tornati di nuovo lucidi, però la sua espressione era dura, arrabbiata. Ma presto ritornò serena…soprattutto attonita. Lui aveva il viso girato verso la sua destra; la benda prima saldamente posizionata sui suoi occhi era nuovamente a terra. Lo schiocco aveva colpito entrambi: lui sulla guancia e lei nel cuore.
- Scusa…- disse con un filo di voce, ma realmente dispiaciuta.
Nessuno, mai nessuno prima di allora gli aveva dato uno schiaffo…così diretto e pieno di foga. Non vi era mai stato il bisogno, nemmeno nella sua infanzia: Itachi era sempre stato un ragazzo ubbidiente, rispettoso degli altri; i suoi genitori non ebbero mai un’occasione neanche per sgridarlo a parole. Poi era cresciuto, era diventato un membro dell’Akatsuki; era conosciuto e temuto da tutti, nessuno avrebbe mai osato sfiorarlo e i suoi nemici non ne hanno mai avuto il tempo. Lei, una ninja, una donna…anzi no, una ragazza quasi della sua stessa età gli aveva inferto uno schiaffo…
-…Ma devi capire che ciò che dici è folle…la vita è senz’altro il bene più prezioso che ci è stato offerto…non possiamo sprecarla, anzi occorre viverla pienamente, sfruttare ogni minimo secondo…e tu puoi ancora farlo…come…anche io…-
Abbassò il capo, cercando di non rattristarsi con quei continui flash-back della sua vita insieme a Naruto. Attese un attimo per sentire una risposta, ma lui pareva proprio non dire nulla. Se si era arrabbiato era più che normale: non aveva alcun diritto di mollargli uno schiaffo del genere! Per questo pensò bene di andarsene:
- Sarà meglio che vada…- disse quasi con lamento.
Sperava in qualche sua parola mentre si dirigeva verso l’uscita, ne sarebbe bastata una o due… “Mi dispiace”, “Hai ragione”; ecco, le bastavano affermazioni del genere, che dicessero che egli aveva capito il messaggio di quel colpo, che rinunciava alla sua mania suicida, che si sarebbe sforzato di vivere…seppur il rimorso fosse tanto; sperava, sperava, ma era di già uscita dalla grotta senza alcuna risposta udita. Si mirò intorno per poi chinare ancora il capo. Uno scatto in avanti e già si era inoltrata nella foresta che conduceva al villaggio.

Nella caverna Itachi aveva rigirato il viso. Aprì lievemente la bocca per cercare di favorire la respirazione, con il naso inspirava, con la bocca espirava… Era da qualche giorno che aveva quel nuovo problema: il petto gli doleva in prossimità del cuore e faticava a respirare. Le sue condizioni non andavano molto migliorando, anche se si erano pressoché stabilizzate, ma in certi momenti avvenivano ricadute come questa. Dopotutto non c’era da meravigliarsi: cosa credeva di fare quella ninja da sola? Come pensava di vincere contro gli effetti autodistruttivi dello Sharingan? Certo, però, la determinazione non le mancava… Alzò lievemente la spalla e con essa il braccio; fu dura, ma ce la fece e pian piano riuscì ad afferrare la candida benda cadutagli lì vicino. Con gesto lento la riposizionò sugli occhi facendo poi scivolare con debolezza la propria mano fin sulla fronte. Cominciò a riflettere sulla sua situazione, l’incontro casuale con quella ragazza, prima al cimitero e poi al fiume, le parole, i pensieri venuti a galla e infine quello schiaffo… Non sapeva come reagire moralmente a quel colpo così istantaneo; non gli era mai capitato di assaggiarlo e di avvertire in quel solo attimo tutte le emozioni che animavano la giovane… e che erano state in grado di sfiorargli il cuore. Lei credeva veramente di riuscire a salvarlo e non solo ne era convinta, ma lo desiderava ardentemente. Pareva tener più a lui che a se stessa.
“Perché proprio lei…?” e si rimembrò della sua medesima aspirazione a morire, probabilmente dovuta alla perdita di colui che aveva di più caro “Naruto Uzumaki…” ; non poteva essere lui medesimo nuova causa di amarezza per la poverina “ quella ragazza ci teneva proprio a te…”; doveva almeno tentare di farsene una ragione, sforzarsi di vivere  - Non sarà facile – mormorò per poi provare a prendere sonno. Solo un ultimo sussurro prima di cadere preda di un nuovo incubo:
- Possano perdonarmi tutti… - si riferiva non solo alle vittime della sua furia omicida, ai genitori, al suo fratellino, ma anche a tutti quei banditi che come lui erano ancora in vita e dei quali aveva discusso con la Hyuga – non ho mai sperato nella vostra fine e non lo farò mai…-

Non era mia successo prima,
eppure quel giorno la principessina sgridò l’animaletto,
atteggiamento insolito per la sua regalità,
ma voleva veramente far capire al lupo che tentar la fuga era sbagliato.   











Eccomi!!! Scusate tanto se non ho aggiornato prima, ma anche la mia testa è partita in vacanza! Insomma...me ne ero dimenticata! (ma come si fa!?) Comunque, mi auguro che vi sia piaciuto e che tutto in questo capitolo sia stato chiaro! Come avete letto, sembra proprio che Itachi non sia il cattivo di turno, in verità non lo è mai stato...Hinata ne è sempre stata convinta, ma lui pare aver paura di mostrare il suo lato umano...ehehe, lo so, non vedete l’ora che quei due inizino ad andare in giro stretti l’uno all’altro, ma...l’amore è un sentimento davvero complesso e che si matura un po’ alla volta. Per rendere la storia più veritiera possibile è necessario procedere un passo alla volta, no? Vi consiglio quindi di attendere ancora un altro po’ e sono certa (credo...) che non rimarrete delusi *.*. Ok, saluti a tutti voi che mi seguite e che mi lasciate recensioni e tanti tanti grazieeeeeeeeeeeee!!!  Continuate a seguire questa storia!  

Mewpower

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Capitolo 15
*** Has he changed life? ***


Cimitero e poi subito dal lupo della caverna. Oramai era diventato questo il tragitto quotidiano che percorreva tutte le mattine la giovane Hyuga e anche quel giorno fece lo stesso. Non poteva farne a meno, né di far visita al suo più caro cucciolo addormentato, né di tornare presso l’altro cucciolo col fine di impedirgli di non farlo cadere in quello stesso sonno. L’ansia, ogni qualvolta si accostava a quell’antro spettrale, le faceva sussultare il cuore: non si sapeva spiegare una reazione del genere, forse l’aura cupa di quel rifugio, forse il pensiero di trovarsi vicino ad un membro dell’Alba… eppure credeva di aver superato quella fase di smarrimento interiore, di aver accantonato quel pensiero che le diceva di star lontana da un criminale… Ma come fidarsi di qualcuno che brama la morte altrui? Già, probabilmente erano state le parole del giorno avanti che le avevano rimesso in circolo nella sua testa quella vena di timore. Tuttavia in quel momento era più convinta che mai a rientrare nella grotta, di rivederlo e di curarlo; la volontà può abbattere anche la più dura paura.  
Avanzò dunque, decisa a controbattere ancora le sue affermazioni di odio verso il mondo intero, se solo le avesse risentite e pronta a cercare nuovi mezzi per persuaderlo a cambiare idea.
“Sei veramente così crudele come tenti di dimostrare?” e con quell’idea da tanto tempo insita nella sua mente arrivò finalmente presso di lui. Al solo rivederlo, là, a terra, la sopraffece un gran senso di pietà e di voglia di aiutare.
- Stai bene?- nemmeno lo salutò quella volta tanto era immenso il dolore che provava nel vederlo in quel modo.
- Non proprio…- rispose lui con stanchezza, rigirando la testa verso l’alto dopo che aveva sonnecchiato con il capo volto da un lato.
- Vediamo…- si avvicinò subito a lui toccandogli la fronte – hai ancora la febbre – scottava ed era chiaro che aveva passato una nottata infernale dal troppo sudore che bagnava l’intero viso.
- Sei fredda…- mormorò mentre alternava lunghi respiri profondi
Hinata rimase un po’ perplessa, non sapeva neppure lei il perché, però quell’affermazione suonava di un qualcosa di lieto, un’adorabile constatazione. Eppure all’interno della caverna la temperatura era ottima, anzi probabilmente un po’ troppo rigida (ma non di molto) e lui aveva provato piacere per quel tatto fresco alla fronte. Forse fraintendendo o forse per non aver capito il senso di quelle parole  tolse immediatamente la mano arrossendo lievemente.
- Io…ritorno fra poco.- e si destò di scatto per non perdere altro tempo: doveva andare da Sakura poiché per quel giorno l’amica le aveva promesso nuovi medicamenti e soprattutto dovevano cominciare le lezioni di infermieristica, di primaria importanza.
- Va bene…- sussurrò lui senza farsi sentire e ascoltò i rumori dei passi della ninja fino a che non scomparirono per l’aria.

Due ore e quaranta minuti. Era trascorso troppo tempo. Hinata credeva che le lezioni non sarebbero durate più di tanto e invece si sbagliava. Doveva correre, sì, sbrigarsi nel raggiungere il malato che necessitava delle cure appropriate e con esse pure di cibo. Si diede ancora una volta della stupida mentre sfrecciava tra gi alberi sempreverdi della foresta. Prima di andare via doveva almeno portargli qualcosa da mangiare! Come aveva potuto scordarsene? Ma finalmente arrivò e senza perdere tempo si inginocchiò subito di lato a lui quasi invocando venia per una grava colpa commessa:
- Mi dispiace per il ritardo! – disse ansando e facendo trasudare tutto il suo dispiacere.
Lui si limitò a sospirare e mentre lei cercava frettolosamente le nuove bende all’interno della sua borsa bastò una sola parola di lui per bloccarla, per farle riprendere il normale battito cardiaco:
- Calmati…- disse con tutta tranquillità.
Hinata lo mirò per qualche secondo immobile per poi tirar fuori la scatoletta contenente la colazione e continuare la ricerca delle bende, stavolta con ritmo più lento:
- Scusami ancora…- disse nuovamente riuscendo infine a trovare ciò che cercava – Allora…ti va…di mangiare qualcosa?- tremolava leggermente la voce, di solito a quella domanda seguiva sempre la stessa risposta, ma in quel caso fu diverso:
- D’accordo…-
Non poteva crederci. Restò perplessa, osservandolo con occhi meravigliati come quando un bambino mira per la prima volta il mare. Avvicinò la mano semichiusa al proprio petto avvertendo che il cuore batteva più gioioso che mai. Lui voleva mangiare. Fino a quel momento si era sempre rifiutato. Aveva sempre dovuto costringerlo… Ma non doveva rimanere a riflettere, imbambolata, proprio in quel momento! Il malato doveva mangiare!
- Pronto?- domandò lei proprio come una mamma al suo piccolino stringendo le bacchette e accostandogli il cibo alla bocca.
Dopo una prima esitazione, Itachi aprì la bocca. Entrambi erano leggermente imbarazzati: lui nel fare il bambino, lei nel fare la mamma, lui nel sentirsi tornar fanciullo, lei nell’immedesimarsi in una vera donna. Comunque i due giovani ricoprirono perfettamente i loro nuovi ruoli, fino a che il cibo non finì. Avrebbe voluto dirgli “Bravo!”, ma si trattenne…anche se la sua felicità era sul punto di sfociare rivelandosi in quel modo.
Pochi secondi dopo e Hinata si trovava già con le bende in mano.
- Non hai perso sangue…però sarebbe meglio che facessi nuove fasciature…-
Lui non ribatté.
Ancora con tanta dubbiosità addosso la ragazza tolse i vecchi bendaggi e dopo aver disinfettato le ferite accuratamente, passò alla fase successiva. Prima di concludere il lavoro fu sorpresa da una nuova affermazione del giovane:
- Le hai strette da vero medico…- già, proprio quella mattinata l’amica le aveva insegnato dei buoni metodi di fasciatura… e l’allieva sembrava aver imparato. Ma non poteva parlargli di Sakura, né tanto meno del fatto che le aveva confidato tutto. O quasi.
- Beh, non esagerare…- disse lei guardando le proprie mani al lavoro, ma sbirciando di tanto in tanto con la coda dell’occhio il ferito. Proprio non sapeva cosa pensare.
Concluso il suo compito, pensò di ritornare a casa.
- A più tardi- esclamò con un semi sorriso, però lui non rispose.
“Che strano…” pensò ancora “anche se…che abbia riflettuto su…?” e poi comparve l’idea di una sua possibile “conversione”; aveva finalmente deciso di cambiare? Non poteva esserne sicura, ma il solo pensiero le faceva rasserenare il cuore “Chissà se è veramente così…” e con quella speranza nel profondo dell’animo si diresse in direzione della sua reggia, la sua maestosa abitazione simbolo evidente della sua appartenenza ad una famiglia importante; sempre adorna di fiori nel cortile in primavera, ma oramai  decorata principalmente da arbusti verdeggianti, che esibivano le loro foglie di color intenso. I caldi raggi solari tipici della stagione estiva cominciavano a farsi sentire, sulle piante e sulle pelli umane. Hinata stessa poteva avvertirlo bene nonostante si muovesse rapidamente, con scatti felini, saltando da un punto ad un altro; pure nonostante il venticello che in mezzo la foresta temporaneamente si levava. Insomma, il caldo non si separava mai dal suo corpo; sentiva sempre il sole picchiarle forte in testa…Lo stesso anche quando entrò nel Villaggio, lo stesso pure una volta superata l’entrata di casa sua; ma fu là, in mezzo al corridoio ligneo, il quale conduceva alla sua stanza, che improvvisamente si gelò tutta: accanto alla porta si ergeva il padre immobile, casualmente passato da quella parte, il cui sguardo cadde verso la figlia appena arrivata. Quei suoi occhi, che la fissavano stranamente con insistenza, sembravano volerle comunicare qualcosa. Un messaggio per nulla piacevole…un’ osservazione che in quell’attimo trovò la sua conferma. Hinata ignorava i pensieri del padre, ma avvertiva chiaramente un timore appena nato; aveva una strana sensazione. E al solo muovere un passo nella direzione da cui proveniva, il padre sussurrò:
- Cresci in fretta…- e si allontanò con lentezza, lasciando la giovane Hyuga con un lieve turbamento addosso.
- Papà…- mormorò, poi, una volta che la figura paterna scomparve tra le dure pareti di quella prigione illusoria.



La principessa non era ancora del tutto certa

che il lupo avesse imparato la lezione,
ma nel suo cuore aleggiava un rassicurante pensiero.
Ma una novità, ancora però lontana, stava per scuoterla di nuovo


Piano, piano, ci avviciniamo...già, Hinata sta andando incontro al suo destino un passo alla volta e presto si troverà di fronte alla realtà. Comunque, tutti noi ci auguriamo che l'amore sbocci il più in fretta possibile^__^ (e io so quando *.*), ma abbiate pazienza! Poi, visto che aggiornerò ogni settimana, questa storia correrà più veloce (e quindi finirà prima T^T) e quindi il momento che tutti aspettano arriverà ancor prima! Con tutta la speranza che questa fanfic vi emozioni sempre di più,  mando un saluto particolare a:

1 - AliDiPiume 
2 - arisa_14 
3 - bella95 
4 - EroSennin425 
5 - faziooosa 
6 - masychan 
7 - sonny
8 - sorelline xsv
9 - The fenix of innocence 
10 - thembra
...ma pure a tutti gli altri che la leggono! XD
Mewpower

 

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Capitolo 16
*** A slow rebirth ***


La notte era di nuovo giunta, seppur con un lieve ritardo. Ormai il sole faticava a tramontare presto dietro le armoniche colline di Konoa: percorreva i visi in roccia dei cinque hokage del villaggio, per poi scivolare lungo il resto della parete sassosa e poi accarezzare casa per casa, persona per persona, animale per animale. Tutti rientravano, tutti si sedevano a tavola, infine tutti si coricavano dopo una faticosa giornata di lavoro. Anche ad Hinata sarebbe piaciuto sdraiarsi sulle soffici lenzuola del suo letto, ma il suo lavoro doveva ancora essere portato a termine: doveva ritornare da lui, minimo due volte al giorno doveva andare in quella grotta, almeno per i pasti, almeno per controllare nel migliore dei modi l’andamento delle sue condizioni fisiche. E poi aveva un gran bisogno di vederlo. Strano a dirsi, però era così. Dopo quelle due parole, quelle due semplici constatazioni da lui fatte la mattina stessa le avevano fatto piacere…Di solito era sempre taciturno, apriva bocca solo per ritornare al discorso dell’insignificante sua vita; del meritar o meno la morte… parole lugubri, parole insensate… Invece dopo quella diurna visita era tornata a casa con una stravagante leggerezza nel cuore e un pensiero balenate in testa che diceva “Ha cambiato idea…”. Non poteva esserne sicura…ma poteva accertarsene quella notte stessa.
E di già, senza accorgersene nemmeno, aveva sorpassato il giardino che si apriva fuori della sua stanza, purtroppo quasi del tutto spoglio dei meravigliosi gigli che lo ornavano: dopotutto la stagione di fioritura era pressoché terminata, i pochi rimasti avevano perso i delicatissimi petali bianchi e la maggior parte erano stati strappati dalla terra materna per continuare a vivere accanto al letto di morte di Naruto.   
E di già aveva attraversato la foresta fino a giungere al rifugio segreto:
“ Dimmi che è come penso…” mentre procedeva chiedeva aiuto al cielo, pregandolo affinché il suo presentimento fosse giusto “Dimmi che non vuole più morire…”
Giunse, alla fine, presso il suo corpo disteso che si mosse tutto al su arrivo:
- Ciao - disse lei con un filo di voce, impregnato di una certa dolcezza
- Ciao…- rispose lui senza nascondere lo sfinimento che lo ghermiva, a cui lei, però, non fece molto caso: era troppo impegnata ad esultare all’interno di se, a festeggiare la missione che aveva portato a termine, infliggendo una clamorosa sconfitta alla nera nemica. Quel saluto era stata la conferma che aspettava.
- Ti ho portato del cibo…- era sicura ora, sapeva che non le avrebbe detto di no…
- Mh, io sono qui…-  sbuffò con tono piatto – purtroppo non posso quasi muovermi.-
- Ci sono io! – continuò lei sorridendo – Ci sarò sempre io a darti una mano!- e afferrò le bacchette prendendo un gran boccone di cibo.
Conclusosi il pasto:
- Hai sentito altro dolore oggi?-
Doveva parlarle di quel nuovo problema nella respirazione:
- Beh – cominciò con un po’ di incertezza – a dire il vero, ultimamente faccio fatica a respirare. E se mi sforzo mi assale un dolore in corrispondenza del cuore…forse un po’ più a sinistra del cuore…-
- Mh, vedrò cosa potrò fare…- e sigillò quelle parole nella sua mente; il giorno seguente ne avrebbe parlato a Sakura…
Ancora qualche minuto, poi giunse l’ora di ripartire. Per la prima volta uscì dall’antro senza le lacrime agli occhi, senza alcun dolore che la facesse soffrire, libera dalla preoccupazione di una sua nuova fuga…ora lui si era avviato verso la strada più corretta da seguire. Ma prima che facesse in tempo ad allontanarsi di qualche passo, lui la fermò… lui doveva sapere…
- Ehi!- la richiamò così, facendole percepire un timbro di voce diverso dal solito – Non mi hai ancora detto il tuo nome…-
- Il…mio nome? – chiese un po’ stralunata; ma dopotutto era vero: lui, il suo nome, non lo conosceva – Mi chiamo Hinata!- disse poi lanciandogli un sorriso -…piacere, Itachi!- e si mosse ancora con la stessa espressione di gioia fino all’uscita, senza dimenticarsi di augurargli la buona notte…
Lui era nuovamente solo, ma con qualcosa in più che gli teneva compagnia: la voce della sua salvatrice sapeva di felicità, era riuscito a recepirlo bene; quel senso di malinconia che fino a qualche ora prima la possedeva sembrava essersi in parte dissolto.
“Perspicace…” conosceva il motivo di quel cambiamento, ne era lui stesso la causa “e anche di gran cuore” impossibile pensarla diversamente… la sensibilità e l’altruismo della ragazza non potevano non essere oggetto di ammirazione… “Hinata, ha detto…sa di fiori primaverili” quel nome risuonava stranamente nei meandri della sua testa, comunicandogli una dolcezza profonda che non provava più da molto tempo, una serenità racchiusa in quelle poche lettere che lo faceva rilassare…
- Tsk, ma che vado pensando – ma dopo che si rese conto di quanto aveva detto a se stesso, sbuffò con rassegnazione voltandosi da una parte – Almeno così è contenta… almeno lei -. Era difficile andare avanti, però non poteva tirarsi indietro.



Estate. Il solo nominarla pareva trasmettere a tutte le persone una gran voglia di fare, di mettersi alla prova, di partire per chissà quali luoghi, godendoseli completamente, sfruttando le tipiche e bellissime giornate di sole, dunque, per rilassanti passeggiate, gite sulle acque, esplorazioni in alta montagna, avventure in mezzo alle più pericolose foreste… Si trattava di un fenomeno strano, ma che da tempo Hinata aveva notato. Tutti gli abitanti del villaggio venivano colpiti da questa stravagante mania di viaggi alla ricerca di un’esperienza elettrizzante o di semplice tranquillità… non solo ninja, ma soprattutto intere famiglie decidevano, durante il periodo estivo, di partire per posti semi sconosciuti…La spiegazione probabilmente doveva essere una sola, ovvero il fatto che per Konoa si era aperto una lunga fase di tregua, di pace assoluta con tutti gli altri villaggi e questo non poteva essere che un bene. E gli abitanti non potevano non sfruttare l’occasione di spostarsi e di godersi qualche paradiso esotico magari neanche troppo distante, per distrarsi dai problemi quotidiani e dal lavoro. Anche alla nostra ninja sarebbe servito qualche giorno di pausa, di distacco dal continuo e faticoso “lavoro” che svolgeva ogni dì, però lei non ci pensava neppure. Mattina presto dal suo Naruto, subito dopo da Itachi, poi da Sakura per le lezioncine di infermieristica, ritorno a casa, poi ancora da Itachi… e sempre la storia proseguiva così. Chiunque probabilmente si sarebbe stancato, chiunque avrebbe desiderato di abbandonare almeno per qualche tempo quella stressante routine; eppure Hinata era sempre pronta e ogni giorno sempre più motivata a darsi da fare.
- Buongiorno – anche quella mattina lo salutò con dolcezza, un sentimento che allo stesso tempo comunicava una certa solarità
- Mh? Ciao…- e lui rispondeva sempre al suo saluto, con un po’ di svogliatezza a volte…ma l’importante per lei era almeno il sentirsi rispondere
- Hai fame?- le domandò già predisponendo la colazione a fianco di lui
- Abbastanza –
- Come hai passato la nottata?
- Bene –
-E le ferite, ti hanno più fatto male?
- Non molto-
- Certo, che sei un tipo di poche parole… - accostò la mano in prossimità della sua bocca come per voler mascherare il tenue sorrisino che le si era disegnato sul viso, gesto dopotutto inutile trovandosi di fronte ad un lupo cieco, ma la timidezza che la caratterizzava la spingeva a gesti del genere.
- Comunque adesso bisogna cambiare le fasciature…-
E dopo di ciò se ne andò come di consueto. Sakura la aspettava.
- Ehilà, buongiorno, Hinata-chan!-
- Buongiorno –
Le due amiche si incontravano sempre davanti all’ospedale per poi appartarsi in prossimità del bosco per procedere alle lezioni.
- Come sta il malato?-
- Beh, ieri sera le ferite al torace avevano nuovamente ricominciato a sanguinare. Però questa mattina mi è sembrato in forma…-
- Forse bisognerebbe procedere anche con degli impacchi per quei tagli…sì, mi sembra la cosa più sensata da fare. Meglio non correre altri rischi…-
- Tu credi…che le sue condizioni stiano peggiorando?-
- No, non temere. È normale che continuino a perdere sangue se si tratta di veri e propri squarci…occorrerebbe operare, mettere dei punti per rimarginarle completamente… i medicinali a cui lo stiamo sottoponendo aiuteranno la rigenerazione dei tessuti e limiteranno anche le possibilità di infezione…ma come sai occorre tanta meticolosità e attenzione… se non si interviene rispettando i tempi la faccenda potrebbe degenerare irreparabilmente-
Hinata deglutì. Conosceva i rischi, conosceva la sua grande responsabilità. Dopotutto erano ormai passati circa quattro mesi da quando aveva assunto l’incarico di occuparsi dell’animaletto in fin di vita; eppure l’apprensione che la scuoteva nel momento in cui sfiorava con le sue mani quel corpo così debole, così malato, non l’aveva ancora abbandonata. La paura vi era sempre.
- Non ti avrò mica intimorita? – chiese la rosa, vedendo un po’ preoccupata l’altra – Lo sai che non devi arrenderti…-
- E mai lo farò!- disse subito dopo Hinata, risvegliatasi da quel minuscolo incubo che di tanto in tanto la trasportava in un'altra dimensione – Io non mi faccio spaventare da nulla, Sakura-chan. Non posso permettermelo.-
- Brava, così ti voglio- e le sorrise, mentre il suo cuore ardiva di speranza e allo stesso tempo di convinzione: la sua amica stava rinascendo, piano piano, ma stava rinascendo.  
 




Alla principessa sembrò rinascere,

al solo notare che il lupachiotto si stava addomesticando;
e con l’aiuto della cara allevatrice
sperava veramente di trasformarlo in un autentico animale di corte.     











E termina così un altro capitolo! Più il tempo passa, più la faccenda si farà problematica per tutti i personaggi della storia e un esempio lo vedrete fin dal prossimo capitolo...di cui non posso accennarvi niente! :P  Mi auguro che continuerete a seguire questa fanfiction fino all’ultimo e che grazie ad essa possiate amare questo paring ancor più!  Vi saluto con un grande abbraccio!!!
Saluti particolari vanno a coloro che mi lasciano le loro recensioni (grazie mille!!! T^T) e che hanno la mia storiella fra i preferiti o fra le storie seguite!!  


Mewpower

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Capitolo 17
*** I can't forget you... ***


Inverno. Da poco, ma era incominciato l’inverno. Quasi non si era accorta la giovane Hinata di quanto fosse passato veloce il tempo. Solo quella mattina, aprendo la finestra della sua camera, si rese conto del suo giardino nudo, spoglio di quel candore con il quale la bella stagione primaverile lo rivestiva per intero, formato di un unico colore che racchiudeva, però, in sé tante tonalità di verde diverso. L’estate le era passata accanto senza sfiorarla minimamente; si era forse fatta sentire nel corpo, ma non le aveva dato molto peso; forse solo la sua psiche aveva percepito qualcosa di vago, la sensazione che qualcosa fosse mutato, ma in verità l’apprensione e l’interesse per quel corpo tanto malato, quel lupo rinchiuso nella sua tana e impossibilitato a muoversi, l’allontanavano dal mondo reale facendola immergere in quel piccolo universo composto da lei, lui e la caverna.
Mirando il cielo grigio e brontolante, si convinse del fatto che il freddo era arrivato, che la pioggia sarebbe giunta tra breve, che il suo nuovo animaletto aveva bisogno di cibo e che era dunque giunto il momento di avviarsi. Prese il fagottino che aveva preparato sopra il letto dalle soffici lenzuola e uscì dalla sua camera. Passò per il corridoio per recarsi alla porta d’ingresso e le capitò di far caso ad un piccolo calendario a cui non aveva mai fatto caso, ma che era là oramai da tempo, un po’ sgualcito ai lati, appeso da chissà chi…da chissà quando. Batté gli occhi come se fosse stupita da quel che vide: una x di color pece marcava un numero, la data del giorno avanti.
- Siamo già a dicembre…- mormorò la ragazza sfilando di fronte a quel blocco di fogli attaccati al muro, destinati ad esser tolti a breve, con l’arrivo del nuovo anno.
...
- Sei già qui?- sospirò il moro trasferendo con sforzo la sua mano dalla terra umida alla fronte bagnata
- Già…- rispose lei accennando un sorriso affettuoso – è mattino…-
Sospirò.
- Allora, non ho dormito per niente…- si rese conto di aver passato la notte in bianco, con la testa in moto per tutta la notte, che rifletteva e ricordava, e così il tempo era volato.
- Sei stanco?- gli domandò chiedendosi se fosse meglio lasciarlo riposare.
- No…ora ho solo bisogno di qualcosa di fresco sulla fronte-
Con l’inverno al povero animale era tornata la febbre che gli intorpidiva i sensi e lo rendeva ancora più debole. Hinata ci aveva fatto caso: ogni qualvolta che vi era un miglioramento fisico, sopraggiungeva qualcosa altro che lo sfiniva nuovamente. Ma lei non si faceva intimorire e lottava, lottava insieme a lui.
- Ci penso io, adesso – si adoperò così per riposizionargli una nuova fascia bagnata di acqua in fronte. E mentre procedeva con le altre cure, cominciò a parlare, rivolgendosi a lui, credendo di fargli del bene; dopotutto rimaneva da solo per così tanto tempo nel corso della giornata, chiuso in sé, nei suoi dolori fisici e psichici... dialogare lo avrebbe aiutato, magari, anche a sfogarsi, cosa che però fino ad allora non aveva mai fatto:
- Puoi soddisfare una mia curiosità?-
- …Di cosa si tratta?-
- Ecco…- ci pensò su: si trattava di una domanda che le era cresciuta spontanea e così… - quale è la tua età?-
- Quanti anni ho?- ridisse lui quasi non avesse capito – se non ricordo male…- da tempo oramai aveva rinunciato a contare i giorni, ritenendolo inutile, insensato; insomma non gliene importava nulla - …ne ho quasi ventidue…- ci rifletté su un attimo e poi – come mai questa curiosità?-
All’inizio non sapeva cosa rispondere, non se la sentiva di dirgli che era tutto un pretesto per farlo parlare, ma la risposta venne fuori dopo un flash di pochi secondi relativo a lei, in casa sua e insieme a quel calendario:
- Sai…domani è il mio compleanno…- con tanta tenerezza pronunciò quelle parole, come quando una bambina cerca indirettamente di farsi fare gli auguri in anticipo dal suo amico più caro    
- Davvero…?- l’interrogò non abbandonando il tono spossato che lo caratterizzava in quei giorni più che mai – Diciassette anni, dunque?-
- Sì…ma come fai a…? – non finì la frase, intuendo in quell’attimo il motivo per cui egli conosceva la sua età.
Naruto.
Probabilmente aveva dovuto studiare il ninja della Foglia, tutto su di lui, non aveva potuto farne a meno. Dopotutto era la meta più ambita dell’Akatsuki. Quindi gli era bastato fare uno più uno: essendo compagni di avventure non potevano non avere la medesima età.
Però quel pensiero, il nome di Naruto che le riaffiorò in testa la fece sobbalzare dando l’ultima stretta alla benda applicata.
- N…Naruto!- sbiancò ricordandosi del grave sbaglio commesso –Me…ne sono dimenticata- e si destò su di colpo fuggendo dal rifugio sassoso e buio, lasciando l’animaletto dolorante un po’ attonito, nuovamente da solo con se stesso e i suoi nuovi pensieri.
E lei correva, veloce, scattante, felina, senza pensare ad altro, se non al suo nome.

Naruto,Naruto!

E stringeva gli occhi, chinava il capo e si spingeva più che mai con le gambe, combattendo il vento contrario:

Arrivo!

Intanto il cielo continuava a rumoreggiare inquieto, stanco di resistere a quel gran peso che aveva in corpo:

Perdonami, perdonami!

Hinata non ce la faceva più, ma la sua mente le diceva di proseguire:

Non ti abbandonerò mai!

La distanza si riduceva progressivamente, ma a lei pareva che quel sentiero fosse eterno:

Come il suo amore per lui…

E nel frattempo il lupo famelico ragionava su quella principessina scappata, ancora troppo attaccata all’altro animaletto fuggito, ancora troppo persa nell’oblio del suo ricordo…

Lo ama più di sé stessa…

Non riusciva a giudicarla malamente, anzi la ammirava:

ma così finirà per distruggersi…

Non poteva non andare a finire diversamente:

Ha il cuore troppo grande…

E si fermò,così, a quel pensiero, spostando con lentezza la benda che aveva sugli occhi in una posizione migliore

È un animo troppo buono…non merita di soffrire.


Ruggì. Lanciando un sonoro urlo verso il basso, il cielo proclamò la sua resa. Le prime gocce di pioggia risultarono essere le più grandi e si fecero ben sentire sugli aghi degli alberi sempreverdi che componevano la foresta. Poi, a folle velocità,  sopraggiunsero le altre, più fini e leggere, ma erano troppe, eccessive e con la loro potenza sopraffacevano tutti gli esseri viventi, animali e uomini, che si trovavano all’esterno, costringendoli a rientrare nelle loro tane, nelle loro case. Ma lei non si fece intimorire, o meglio, non se ne rese neanche conto. Quando il temporale era cominciato lei aveva già superato il cancello ferroso ed era entrata nel cimitero di Konoa. Come una statua si ergeva di fronte a tutte le lapidi che la circondavano, rimanendo immobile con lo sguardo e con l’intero corpo. Impassibili gli occhi, ma tremolante il cuore, fece qualche passo e si ritrovò dinnanzi alla sua tomba. Le bastò abbassare leggermente la testa per mirare il suo nome e la pietra priva di fiori. Con la lentezza di un vecchio, accostò una sua mano sul bordo curvo e più alto della lapide. Tremava di freddo e di dolore, mentre le gocce la rendevano sempre più zuppa e affaticata. Si accucciò poi di fronte a lui e lo abbracciò tutto, mettendo a contatto la sua guancia con le lettere del suo cognome, sospirando qualcosa e poi…tornando a piangere. Era distrutta, stanca di tutto e di tutti; quella gioia accumulatasi negli ultimi mesi e quel vago allontanamento dal senso di dolore per la morte dell’amato svanirono in quel frangente come vapore, riprendendo la forma di un segreto sogno, di un desiderio nascosto.
- Scusami…- parole, parole, parole che un morto poteva forse sentire?... – Non volevo…non so come sia potuto accadere… - ...secondo lei, sì – Naruto-kun…ritorna da me…-
Un lampo illuminò i due abbracciati. Pochi secondi dopo un rombo devastò il campo santo facendo sobbalzare la fanciulla avvilita dalla disperazione, ma non si levò subito, attese ancora qualche minuto prima di ridire arrivederci al piccolo passerotto.
...
Mosse la testa prima portata da un lato. Ora era nuovamente puntata verso l’alto. Itachi aveva udito dei passi confusi. Era lei; il suo udito non poteva di certo sbagliare. Lui era pronto ad affrontarla, ma lei lo sarebbe stata? Sì, doveva, altrimenti la sua fine sarebbe giunta presto.

La morbidezza del pelo del lupo
le fece ripiombare in testa il ricordo delle sue piume bionde.
Tentò di resistere alla malinconia,
ma l’affezione nei confronti del passerotto perduto era ancora troppo viva in lei.











Bene...ok...ma no che dico!!?? La povera Hinata è nuovamente sofferente a causa del suo passato amore...pare proprio che non riesca a dimenticarsene. Ma ci penserà forse Itachi a convincerla in qualche modo a non soffrire più? Il lupo ha proprio iniziato a cambiare atteggiamento nei confronti della sua salvatrice, animato dalla gratitudine. Ehehehehehehe, nei prossimi capitoli la musica cambierà *.* e i colpi di scena, quindi, sono assicurati!
Mille baci a tutti voi che mi seguite e che mi incoraggiate ad andare avanti (e che avete pure pazienza!...Ma dovete sapere che mi piace rendere le cose il più complicate possibili e...poi con un po’ più di suspence la storia non è resa più avvincente?^_^ ; Lettori: ...No!!! è__é; me: Eheheh ^_^’)
E poi ancora mille grazie a coloro che mi lasciano recensioni! Mi fa sempre piacere!
Allora, alla prossima!
Mewpower

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Capitolo 18
*** ...but I must do it! ***


Sostava a pochi metri di distanza dal corpo dell’infermo e lo guardava. Gli occhi erano spenti e con essi pure la luce di poco prima; causa: tornare dal suo Naruto. Ciò l’aveva fatta affogare nuovamente nell’incubo della sua morte, nella convinzione che ora la sua vita non avrebbe più avuto un senso, in un pessimismo totale che in quel momento la stava facendo dubitare: sarebbe davvero stata in grado di salvarlo? Dunque continuava a fissarlo, cercando di trovare una soluzione alla propria esistenza cupa, nera, priva oramai di qualche possibilità di cambiamento e di ritorno alla pace. Decise però di avvicinarsi al ferito, abbassando il capo, osservando i singoli passi che compieva. Qualche goccia schizzò dai suoi vestiti al petto seminudo di lui, ma coperto in parte da una coperta color della terra.
- …Allora?- era il moro a parlare, stranamente…
- Eh?- lei sobbalzò aprendo leggermente la bocca  e ritornò nella dimensione terrena e facendosi sfuggire quella minuta interrogazione con un filo di voce.
- Sei tornata dall’Uzumaki?-
Si limitò ad arrossire lievemente e a chinare il capo.
- Proprio non ce la fai…- continuò cercando pian piano di incrociare le proprie braccia – a dimenticarlo, non è vero?-
Strinse le labbra la poverina senza smuovere lo sguardo dal basso.
- Lo ami…troppo…- affermò con delicatezza, cercando di sfiorarle appena il cuoricino sofferente per non farla patire ancor più – è questo il tuo problema…-
- Lo so…- dopo un po’ di titubanza prese anche lei la parola – sono una sciocca secondo te… correre dietro ad un morto…-
- La sofferenza è in grado di farci fare di tutto…così come pure l’amore…-
- Già…- sospirò cercando di controllarsi
- Anche io ho amato tanto…- fu così che sollevò un po’ alla volta la testa per poterlo mirare nel dire quelle parole – ma tutto si è rivoltato contro di me…-
- Non capisco…- strinse leggermente gli occhi come se una presa improvvisa di infelicità avesse colpito pure loro: sentiva che stava per raccontarle una storia dolorosa.
- Se solo non avessi pensato troppo al bene degli altri, ora tutta la mia famiglia sarebbe qui, tutti i miei parenti, tutti i miei amici…ma forse è meglio che non vada oltre-
- Perché dici questo…?- stava sull’orlo di piangere, però non voleva…
- Altrimenti potresti finire per odiare tutto il tuo Villaggio…-
- Questo è impossibile…- sentiva che dietro si nascondeva qualcosa di veramente importante e serio
- Sei sicura di voler conoscere la mia storia?- il tono della sua voce era terribilmente profonda, ma non si fece intimorire
- Sì…- era desiderosa di capire cosa lo avesse spinto a provare tanto odio nei confronti di se stesso, al punto di invocare la morte.
Sospirò. Ritornare ancora con la mente al passato, significava farsi pugnalare dritto al petto, voleva dire riguastare l’amaro sapore della collera del fratello, indicava provare nuovamente su di sé il sangue caldo dei propri conoscenti. Ma voleva comunicarle un insegnamento, sperava di riuscire a farla rendere conto di quanto possa essere dannoso un sentimento che è ritenuto dall’ umanità positivo, ma che è in grado di tramutarsi in un qualcosa di mostruoso, che è capace di degenerare nel completo opposto. Il giovane raccontò così della riunione alla quale era stato convocato insieme i più importanti uomini di Konoa; la spiegazione di una possibile rivolta del clan Uchiha; la drastica scelta che venne presa; l’incarico assegnato ad Itachi, l’unico di cui si potessero fidare; la notte di sangue; la fuga e ancor prima l’incontro con il fratello…
Tante frasi, tante scene, tante considerazioni e tanto tormento. Non gli era mai capitato di narrare la sua vicenda a qualcuno e di esporla con così tanta confidenza…quasi lei fosse l’angelo assolvente di tutti i suoi peccati; colei che non l’avrebbe mai detto a nessuno; colei che non giudicava, ma ascoltava e basta. Però lui voleva trasmetterle un messaggio. Amore non vuol dire attaccamento sfrenato, un’emozione che fa perdere il senno… amore vuol dire voler davvero bene, pensare alla felicità dell’altro…come a quella propria.
Hinata aveva spalancato gli occhi e osservava la bocca di lui muoversi. Non credeva che al Villaggio della Foglia si nascondesse un segreto tanto grande; non avrebbe mai pensato che egli avesse avuto un’esistenza talmente travagliata, piena di dure e folli decisioni, ricca di affetto e di soddisfazioni e poi privata di tutto.
- Capisci, quanta sofferenza ho causato?-
- V…volevi…- respirò più profondamente -...hai…hai risparmiato la vita di tuo fratello…per…?- vibrava la voce e gli occhi non erano più in grado di resistere
- Lui credeva che lo avessi risparmiato per un mio capriccio…- accennò un sorrisino come per ridere della propria falsità di quel momento lontano - …così gli ho detto: devi diventare più forte, devi avere i miei stessi occhi per ottenere vendetta…-
- E tutto questo…come…- le prime lacrime scesero dal suo viso per la commozione e la sofferenza di lui che riusciva a percepire in sé stessa -…come scusa per risparmiare almeno la sua vita…-
- Non potevo uccidere pure lui…non il mio fratellino…-
Hinata aveva ceduto alla disperazione, alla propria e quella dell’altro. Queste due si erano unite in un duro abbraccio, amalgamandosi insieme e costituendo un pesantissimo blocco d’angoscia che le si incastonò tra il cuore e la gola. Non aveva mai udito un racconto tanto drammatico, narrato con così tanta rassegnazione; egli accettava, cioè, quel che era successo celando il rimorso e la pena per un atto talmente assurdo.
- Ehi…- intervenne subito dopo lui accennando un movimento con la testa – non piangere…- non credeva che lei avrebbe reagito in quella maniera…non così pesantemente…
- Scusami…- si tappò la bocca per frenare i singhiozzi che intendevano uscire lì sul momento
- Sono io che devo scusarmi. Forse sarei dovuto stare zitto-
- No…hai fatto bene invece…- si asciugò le grosse lacrime con la manica della maglia – è un buon modo questo anche per sfogarsi…-
Tacquero entrambi, poi, dopo quell’ultima affermazione. Mentre il clima malinconico venutosi a creare in quel posto cominciava a scomparire poco alla volta, Itachi aveva rigirato leggermente il capo su di un lato riflettendo sulle sue stesse parole. La giovane Hyuga, ripreso il controllo, volle domandargli:
- Mi giuri che tutto ciò che mi hai raccontato…sia vero?-
Il moro sentì echeggiare a lungo questa frase nella sua testa avendo una strana impressione, come se quella fosse semplicemente un’ulteriore conferma della convinzione della ragazza…lei sentiva di potersi fidare di lui, ma aveva comunque la necessità di porgli quel quesito.
- Sì, è la verità…- rispose con lentezza, ma pure con decisione e fu a quel punto che…-…e tu mi giuri che non cadrai nel mio stesso errore?-
La ragazza avvertì un brivido improvviso che la fece destare da terra e si voltò, mostrandogli le spalle:
- Credi che possa spingermi a far del male a qualcuno…?- neppure lei capiva come il suo amore avrebbe potuto portarla al male, al tradimento, all’omicidio…non aveva senso…
- Sì…- disse poi il moro -…a te stessa…-
Abbassò il capo stanco la piccola principessina dai capelli ancora bagnati di pioggia: la sua vicenda non poteva affatto essere paragonata a quella dall’Uchiha, questo pensava, eppure il loro dolore pareva essere identico, della stessa misura…
- Io…- continuò dunque lei – …te lo prometto…- e socchiudendo gli occhi accennò qualche passo verso l’uscita e inaspettatamente udì gridare il suo nome:
- Hinata!!- la chiamò con un timbro insolito e per la prima volta umano – Ricordati di questa promessa…- e lei si voltò lievemente – anche perché mi avevi detto che non mi avresti mai abbandonato…-
Fu allora che spontaneamente le fuoriuscirono le ultime lacrime da quegli occhioni spenti, sorpresa da quelle parole, definitivamente convinta a mettersi d’impegno per guarire il povero lupachiotto ferito:
- D’accordo…- sibilò lei facendo un gran respiro – da oggi in poi sarai tu la mia unica preoccupazione.- e scappò via, salutandolo, pronta a recarsi dall’amica per le consuete lezioni giornaliere:
“ Devo smettere di soffrire…” e mentre sfilava rapidamente sotto la pioggia si ripeteva il suo nuovo obiettivo e la sua dura decisione “…e pensare principalmente a lui…”. Intanto le nuvole iniziarono ad allontanarsi le une dalle altre, mutando colore e perdendo la severa espressione di cumuli temporaleschi:
“Naruto, amore mio…” si arrestò accorgendosi che la pioggia era smessa “…è difficile ammetterlo…però non posso tornare da te…”. Uno spiraglio di luce molto fioca si fece avanti oltrepassando le nuvole grigiastre che fluttuavano con pigrizia per il cielo della stessa tonalità:
“Devo accettare la realtà e non più vivere nel dolore…” alzò la testa in alto come se si volesse indirizzare a lui che stava lassù “Ho fatto un giuramento non solo a lui, ma anche a me stessa…” e a quel punto riprese a correre veloce, con gli occhi chiusi, facendosi colpire freddamente dal vento “Io ti amerò per sempre, ma devo iniziare a distaccarmi da te e concentrarmi su di me stessa e sugli altri”.
Sarebbe stato difficilissimo allontanarsi dall’amato, però non poteva non essere così: doveva mantenere la parola data, ovvero occuparsi maggiormente di sé, occuparsi del malato e salvare così una vita in più che pareva preoccuparsi per lei…
“ E poi, Naruto- kun” lo avvertiva chiaramente “sono sicura che anche tu non voglia che io soffra…” lo faceva dunque, pure per questo: avrebbe lottato anche per la felicità del suo amato che aveva sempre amato osservare la felicità nei visi dei suoi cari.      
        
Incoraggiata dal lupo,
dai suoi colpi di lingua sul proprio viso,
la principessa si fece forza
e giurò di dedicarsi al nuovo animaletto con la stessa passione dell’altro.








XD XD Scusate tanto! Nn mi ero proprio accorta di non aver copiato il testo XD che vergogna (eppure è strano perché mi era sembrato di  aver fatto tutto come al solito...) Boh, va beh^^ comunque scusate ancora l'errore e mi auguro che vi sia paiciuto.... Ora la strada per Itachi è completamente spianata  e tutto sarà più semplice....a partire dal prossimo cappy! Bye, bye a tutti e un saluto particolare va a:

1 - AliDiPiume
2 - arisa_14
3 - bella95
4 - chandelora
5 - EroSennin425
6 - faziooosa
7 - masychan
8 - smivanetto
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10 - sorelline xsv
11 - The fenix of innocence
12 - thembra

Mewpower
 

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Capitolo 19
*** Flying away ***


Il freddo si intensificava…I primi raggi primaverili facevano capolino…ecco, era nuovamente giunta la primavera con i suoi vari colori, con le bellissime giornate soleggiate, con uno stravagante ottimismo che cresceva in tutti gli abitanti del Villaggio. E sorrideva pure la nostra Hinata, in compagnia dell’ amica infermiera, insieme all’uscita dall’ospedale dopo una nuova lezioncina di infermieristica.
- Allora, sembra che il malato stia di giorno in giorno migliorando…-
- Già, adesso muove perfettamente sia gli arti superiori che quelli inferiori. Peccato che non riesca a staccare la schiena da terra neppure di un millimetro…-
- Vedrai che un poco alla volta si riprenderà.-
- Speriamo-
Lanciò così un gran sorriso che la rosa non intendeva dissolvere…eppure aveva anche la necessità di domandarle:
- Sei già stata oggi al cimitero, Hinata-chan?-
Era, infatti di nuovo giunto il giorno dell’anniversario della loro morte, i loro cari compagni…
- Non ancora…è da diverse settimane che non ci vado più regolarmente… -
- Ti va…di andarci insieme più tardi?-
- Va bene…Ma ora scusami, il paziente mi aspetta.- e fuggì di corsa, lasciando la rosa con un leggero dubbio in corpo e con una speranza viva:
“Mi sembra che stia meglio… già il fatto che non ci vada più tutte le mattine significa che comincia a non averne più lo sfrenato desiderio…ma ho paura che ancora…”

Era arrivata alla caverna e lì chiacchierava con il ragazzo che intanto esercitava ad aprire e a chiudere la mano sinistra:
- Vedo che ormai la muovi bene-
- Pare di sì-
- E anche le ferite sono quasi interamente rimarginate. Ormai è da un paio di mesi che non sanguinano più.-
- Perché sei ancora qua?- una domanda schietta, mirata solamente verso di lei
- Perché dici questo?- era un po’ intimorita non conoscendo il motivo di quell’interrogazione
- Sbaglio o oggi ricorre l’anniversario della sua morte…-
Un battito più acuto degli altri si fece sentire nettamente.
- Sì, è vero…- istantaneamente sembrò abbattersi, curvando un po’ la schiena e abbassando il tono vocale.
- Strano che tu non ci sia ancora andata – curioso, era insolito il modo in cui si rivolgeva a lei: voleva semplicemente fare una constatazione o provocarla?
- Beh…adesso vado. Non c’è fretta…- e si alzò lentamente ricordando al ferito di finire il cibo che le aveva portato – Comunque fra un’ora dovrei essere di ritorno…-
- Non ci sono problemi…- e si voltò su di un lato fingendo di appisolarsi, ma subito dopo -Potresti…farmi un favore?-
Lei neppure si girò:
- Non temere…- e si allontanò lasciando un po’ stralunato il moro
Come non si potevano intuire i pensieri di un ragazzo desideroso di andare a trovare il fratellino defunto?
“Mph, non c’è che dire… è proprio perspicace”
Fatto sta che il tempo trascorse più veloce del previsto e Itachi rimase quasi stupefatto nel rivedere la curatrice:
- Eccomi…- la sua voce era più dolce del solito, probabilmente mitigata dall’atmosfera religiosa e di contemplazione che aveva sovrastato le due ninja durante la loro visita al cimitero.
- Non ti ci è voluto molto…-
- Dici? Eppure è passata più di un’ora da quando ci siamo salutati prima.-
- Sarà…-
- Ti volevo dire che ho pensato anche ai fiori per Sasuke…-
Lui non disse nulla. Fu lei a continuare:
- Sai, adesso nel giardino di fronte alla mia stanza sono nati de bellissimi gigli come ogni primavera… Sono i miei fiori preferiti e come a lui li ho anche messi sulla lapide di Naruto…-
Egli mosse, intanto, il proprio braccio per massaggiare l’ altro intorpidito:
- Il bianco mi ricorda lui…non so il perché…-
Poi voltò il capo verso il viso di lei o meglio dove avvertiva la voce della ragazza:
-Va beh, se non hai bisogno di altro io vado!- si levò da terra e face per andarsene, lanciandogli un ultimo sorriso. Ma poi dovette blocarsi, udendo la voce dell'altro:
- Hinata... –  gli piaceva chiamarla per nome, sì, doveva ammetterlo – te l’ho mai detto che profumi di fiori?-
Lei non seppe come reagire e voltandosi solo a metà verso di lui disse:
- S…saranno i gigli!- e se ne andò con un leggero rossore alle gote.
Ascoltò i suoi passi rimbombanti per quel nascondiglio cupo, buio quasi completamente pure in primavera. Itachi era rasserenato dal comportamento della fanciulla, ma non poteva dirle apertamente ciò che pensava: la sentiva tranquilla, finalmente in pace con la realtà circostante, avvertiva il calore del suo sorriso, modesto e a volte timido, avvertiva che la sua voce non tremava più al solo nominare quel nome: Naruto. E la prova a cui l’aveva sottoposta poco prima ne era stata una conferma:
“È serena…” pensò “ma forse sono stato un po’ maldestro…” non intendeva farla ancora soffrire, però aveva il bisogno di esserne certo “tsk, non è da me agire incautamente…”  si riposizionò per bene la benda sugli occhi prima di recuperare le ore di sonno perse durante quella notte “però ora mi sento soddisfatto…” e si fece vincere dalla debolezza e dalle tenebre dell’antro roccioso.

Quando non si hanno più preoccupazioni, quando si osserva il mondo con occhi non più lucidi dal pianto, quando la calma e la pace animano il cuore, la vita muta colore diventando rosata, diventando fresca e fragrante. Pure Hinata cominciava a vederla in quel modo, ad odorarne il profumo soave e a captarne la leggerezza… Ella sfilava saltando da un punto ad un altro di quel giardino variopinto da fiori, mirava il cielo turchino mentre qualche petalo floreale si staccava da quei corpicini tentando di volare in alto, di toccare le nuvole… Tutto appariva poco nitido, eppure la gioia che quel paesaggio trasmetteva si faceva ben avvertire e la fanciulla rispondeva con dei sorrisi indirizzati alla natura e al clima piacevole… Un colpo di vento le fece muovere i capelli in su, ma tornarono subito dopo a loro posto correttamente e anche le mani si rimisero nella loro posizione d’origine, lungo il proprio corpo, dopo essersi accostate al viso di lei quasi per timore dell’aria violenta di poco prima… Stranamente non si udivano suoni nei dintorni, non un fruscio di alberi, non uno spostamento di animali, solo lei e il vuoto, solo i fiori e il cielo… Ma poi risuonò una voce, angelica, soprannaturale, in quanto echeggiò a lungo per l’aere puro e pareva provenir dall’alto. E quell’entità conosceva lei, già, quell’esserino che correva laggiù in terra, poiché la chiamò per nome:

Hinata…

Con calma, senza fretta, scandendo ogni lettera di quel nome femminile che ben conosceva:

Hinata…

La ragazza si guardò intorno, non credendo che ci potesse essere in mezzo a lei una qualche divinità:

Ehi, sono qui…

La voce era vicinissima, ma lei non scorgeva niente:

Mi riconosci?

Percepì poi un alito familiare dietro di sé, una presenza che non avrebbe mai potuto dimenticare:

No…non è possibile…

La fanciulla si era voltata e aveva veduto l’impensabile:

Naruto-kun…

Proprio così: si ergeva sulle proprie gambe, nella sua magnificenza, nella sua solarità l’amato principe azzurro, adorno di luce intorno, un color oro che si confondeva con i biondi capelli da angelo:

Sei proprio tu?

Non ci credeva, non poteva crederci…

Ti vedo bene, Hinata, sono contento.

Sorrise. Quel sorriso bellissimo che da tempo non aveva più visto

Anche io, sono felice…

Tremava la voce e la parola. La commozione stava per impossessarsi di lei e sentiva bene che non sarebbe riuscita a placarla.

No, non lo fare…

E fu a quel punto che il ragazzo si avvicinò a lei, posizionando le proprie mani sugli occhi lacrimanti:

Non voglio vederti così e tu lo sai…

Lei si scosse tutta, spalancando appena gli occhi gonfi di pianto:

Non puoi star male per tutta la vita…

Questo lo sapeva bene, ma:

Però non so se sarò in grado di dimenticarti...non è semplice…

E spostando il suo sguardo dal basso verso il suo viso:

Mi sarebbe piaciuto venir via con te…

Lui non poteva guardarla con odio o con rimprovero:

Non dire questo. Pensa a quanto avresti perso e quanto avresti fatto perdere agli altri…

L’immagine dell’amica medico e del nuovo animaletto preso in cura le fecero nuovamente abbassare il capo. Però lui continuò:

Io sto bene.

Ecco, era questo che voleva udire.

Siilo anche tu.

E così fece scivolare le mani sulle guance della fanciulla accostando il suo viso al proprio e baciandole la fronte:

Non voglio lasciarti…

Mormorò lei al minimo contatto delle sue labbra tiepide ancora versando qualche lacrima:

Ma è necessario, purtroppo…

Si concluse con quell’ultima battuta il loro incontro, la loro storia, la possibilità di una vita insieme:

Mi dispiace, Naruto-kun…

Le mani del biondo abbandonarono il viso dell’altra e con esse pure il calore che il corpo illuminato emetteva. Egli si dissolse lentamente nell’aria, mescolandosi con il profumo dei fiori di quel giardino, mentre i suoi occhi si confondevano fra le nuvole del cielo sereno. Intanto lei ammirava questo sensazionale spettacolo che sapeva di fantasia e finzione, rimanendo piangente di fronte a quella figura che svaniva nel paesaggio, lanciando un ultimo saluto dal più profondo del cuore verso colui che aveva amato più di sé stessa, l’unica persona che aveva veramente amato…

Aprì gli occhi avvertendo uno strano liquido colarle dal volto. Fece subito passare una manica della sua felpa sopra di essi sgorganti di lacrime. Si rizzò a sedere, palpando con vigore le soffici coperte appena cambiate. Era sul suo letto. Si girò guardando la porta della sua camera chiusa. Era stato un sogno. E poi mirò la finestra lasciata, invece, spalancata, permettendo così a qualche fogliolina insieme a qualche petalo colorato di entrare nella sua stanza. Seppur fosse stato un sogno a lei era parso tutto reale: il cuore le palpitava ancora a mille dall’emozione e il pianto sembrava voler non smettere. Lo aveva visto, dopo tanto tempo aveva potuto rivedere il suo Naruto. Mai le era capitato di sognarlo. Mai dopo quello sfortunato evento di qualche anno prima. Mai il suo intelletto aveva osato riformulare quell’immagine di lui e di riprodurla virtualmente nella sua testa…Non ne aveva mai avuto la forza ed era convinta di non averne ancora a sufficienza. Per questo non poteva credere che fosse stato un sogno, una fantasia generatasi in pochi minuti di assopimento. Doveva esserci qualche significato nascosto, qualche intervento soprannaturale…sì, ne aveva avuto l’impressione, quello non era stata una visione normale. Vi era sotto qualcosa altro.
Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra. I gigli candidi si chinarono tutti verso di lei accompagnati dall’armonico venticello primaverile che faceva da sottofondo a quel momento di riflessione. Avrebbe tanto voluto una conferma dell’impressione che aveva avuto, della concretezza di ciò che aveva sognato, del messaggio provvidenziale che voleva esserle comunicato.
Naruto voleva che lei fosse felice…
Lei sapeva che Naruto stava bene…
Lei voleva ritornare a vivere…
L’altro non poteva vivere senza il suo aiuto…
Allargò le braccia inalando tutta l’aria che poté. La ragazza si convinse definitivamente, si tolse qualsiasi dubbio. Socchiuse le ante della finestra e tirò le tendine. Il sole era troppo forte quel pomeriggio, meglio far sì che la temperatura nella propria camera rimanesse mite.     





La principessina si svegliò da quel sogno

che le parve quasi reale
e fu così che il suo animo si rasserenò definitivamente;
oramai il suo passerotto era volato troppo lontano.





Eccomi!!!! Whaaaaaaaaaaaaaa, caro EFP quanto mi sei mancato!!! Allora, chiedo perdono a tutti coloro che seguono questa fanfiction e che per giorni e giorni non hanno potuto leggere il seguito!! (Tutti: guarda che non abbiamo sentito affatto la tua mancanza u.u)  Eh...eh.. mi dispiace, ma ho avuto dei problemi a casa, seguiti da problemi di connessione e poi... sono partita per il mare! Ma ora sono qui *.* (tutti: E' una minaccia?? O.O)
Dunque, vi annuncio ufficialmente che da questo capitolo in poi comincierà la parte forte.......quella che tutti volevano!! beh, ora che Naruto se ne è andato definitivamente dalla testolina della nostra Hinata, Itachi ha il campo completamente spianato... ma andrà davvero tutto liscio? Leggete il prossimo cappy se volete saperlo! ^^
Un caloroso saluto a tutti voi che seguite questa storia:


1 - AliDiPiume 
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Fatemi sapere cosa ne pensate!!!
Ciao a tutti! (Pubblicherò molto più rapidamente da ora in poi...^^)



Mewpower

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Capitolo 20
*** A new pain ***


Parevano fratello e sorella. Strano a dirsi; impensabile da parte di lui un paragone simile, eppure la ragazza sentiva che tra di loro si era istaurato un legame piuttosto solido, fatto di fiducia reciproca, di amicizia. Non sapeva se lui la pensasse allo stesso modo, ma le bastava soltanto una cosa: vederlo discutere con lei senza alcun timore, senza mostrare diffidenza. A volte era lei stessa a spingerlo, a forzarlo su argomenti che magari lui avrebbe preferito non toccare, discorsi relativi all’ infanzia, al proprio tempo libero; però il moro non poteva dirle di no, non voleva spezzare quel clima di familiarità che ormai da tempo non provava più. E che gli piaceva davvero. Così si sforzava, consapevole che in quel modo pure lei sarebbe stata contenta. Parlava per distrarsi dal dolore del passato, parlava per far piacere all’interlocutrice.
- Non immaginavo che fossi una Hyuga…- erano entrati sul discorso della propria famiglia di appartenenza per caso, passando per vie contorte senza che nessuno dei due se ne accorgesse – Si tratta di una casata tra le più importanti del Villaggio…-
- Già. … Ma anche il tuo clan a…aveva una gran fama… -
- Gia…-
-  Era…temuto…- sibilò lei ricordando la confessione di lui di qualche tempo prima, senza nascondere una vena di sconforto e il ragazzo intuì al volo la situazione creatasi.
- Stai pensando alla mia storia di nuovo?-
- Io?- chiese con un pizzico di inquietudine per la domanda imprevista
- Ho svelato una verità non facile da accettare…- si fermò levando la mano in alto per spostare la benda degli occhi quasi del tutto asciutta. Pure lei si azzittì, balenando un po’ tra le nuvole ripensando a quell’ inverno, al loro colloquio segnato dalle sue lacrime, ma anche al suo racconto, alla sua drammaticità quasi irreale, all’ipocrisia del consiglio di Konoa, alla loro crudeltà…
- Mi hai creduto?- rimbombò il suo quesito in quello spazio fatto di rocce, che trasmetteva ogni dì un’aurea di eterno e sconfortante scorrere del tempo
- Eh?- ancora più sorpresa di prima lo guardò con un po’ di ansia, inspiegabile, addosso
- Hai creduto veramente alla storia che ti ho raccontato?- stanco, il suo tono era ritornato stanco e annoiato – So che non ti è facile convincerti di questo, ma…-
- Io ti credo!- esclamò con sicurezza portando lo sguardo sulla mano destra dell’altro che si muoveva per sgranchirsi.
E lui quasi un po’ sorridente:
- Perché sei così certa che io non ti abbia mentito?-
- Sono…sono convinta e basta.- una risposta che lasciò entrambi stralunati, ma con una particolare leggerezza nel cuore – Mi voglio fidare – e gli lanciò un sorriso, uno fra i mille che in quei mesi gli aveva sempre indirizzato e che lui era sempre riuscito a captare, seppur avesse gli occhi chiusi, però il suo cuore non era cieco affatto.




Con una certa tristezza nel profondo dell’animo, la ragazza si dirigeva a casa ammirando le prime foglie ingiallirsi e gli ultimi fiori perdere i propri abiti colorati. Stare con l’animaletto pareva far scorrere il tempo con doppia velocità, anche quando non ci chiacchierava, anche quando lo fasciava o semplicemente lo mirava dormire profondamente… Era bello stargli vicino, le piaceva osservarlo respirare e sonnecchiare con serenità, ora che pareva non provare più pene, ora che lo sentiva più sollevato dal tormento corporale e interiore. Di lui aveva notato molti particolari, poteva dire di conoscerlo piuttosto bene. Era intelligente, era forte e astuto, ma allo stesso tempo era sensibile, comprensivo e di cuore nobile. Sorrise di quell’identikit che stava compiendo mentalmente. Comunque era ormai giunta alla conclusione che lui non fosse affatto un animaletto selvatico: fingeva, cercava in tutti i modi di apparirlo, aveva pensato di crearsi quella nuova maschera per i suoi scopi, obiettivi che non nascondevano nulla di malvagio, ma che, anzi, rispecchiavano il suo animo candido e gentile. È vero, aveva agito male, aveva fatto del male, ma tutto aveva un fine magnanimo… Però come poter considerare un uomo che a lungo aveva generato dolore e pianto, come una persona degna di essere lodata? Lui era buono, poi si era trasformato in un mostro, ma più tardi era tornato sulla via del bene originaria. Poteva forse accadere una nuova possibile riconversione? Poteva ridiventare il demonio assalitore di una volta? …Secondo lei no. Non aveva dubbi.
Superò l’entrata regale e attraversò il giardino verdeggiante. Senza sandali, percorreva il corridoio ligneo osservando i piedi nudi che cominciavano a presentare i primi brividi per la frescura di quel pavimento. L’autunno era alle porte. Dopo aver camminato un altro po’ si rese conto di qualcosa di insolito: il vuoto sovrastava la sua testa e l’intera abitazione. Sembrava che non vi fosse nessuno, tanto era silenzioso lo spazio circostante. Tremò. Era anormale l’assenza di tutti i membri della famiglia o del personale che ogni giorno animava casa Hyuga. Almeno un fruscio, almeno un minimo ronzio le sarebbe piaciuto udire. Nulla, invece, solo il nulla era percettibile.
Non le era mai capitato di rimanere sola in un luogo così immenso e per questo si sentiva persa. Ma non aveva paura, era soltanto un po’ smarrita. Una sensazione difficile da spiegare, ma Hinata la provava fortemente e chiaramente.
Poi uno sbattere e tutto si concluse lì. La calma si rimpossessò nuovamente di lei, distendendosi comodamente sopra il suo cuore e invadendo la sua mente. Ne seguì un sospiro. Si diresse verso il punto da cui proveniva il rumore e si ritrovò di fronte ad una delle tante porte scorrevoli rivestita di lino bianco. Dietro di essa due ombre leggere. Il tenue lume da poco acceso le rendeva a malapena visibili.
- Siediti - disse uno. Hinata riconobbe la netta voce del padre. Dura, inconfondibile.
L’altro si mise in ginocchio, a terra, di fronte a lui.
- Ti ho chiamato qui per una ragione importante…- la faccenda doveva essere seria, Hinata lo aveva recepito bene dal suo tono imperioso. Si mise, dunque di lato, per impedire di essere vista attraverso la copertura in tessuto leggera.
- I giorni trascorrono talmente veloci che non mi sembra ancora vero di doverti parlare di una questione così delicata. Si cresce, si matura e alla fine arriva il momento…- palpitava sempre più forte il cuoricino della Hyuga, senza capirne il motivo – Tra circa tre mesi sarà il compleanno di  mia figlia. Hinata compirà 18 anni – sbarrò gli occhi, rimanendo incredula. L’oggetto del discorso sembrava essere lei:
- Sarà maggiorenne, sarà definitivamente una vera donna…-
Dove voleva andare a parare? E poi con chi stava parlando?
- …e credo che non ci siano più motivi per cui aspettare oltre. –
Non capiva, proprio non comprendeva quelle parole…
- È pronta al matrimonio –
Nero.
Un ultimo battito cardiaco segnò la fine del nuovo periodo di tranquillità che le si prospettava davanti.
E poi vide nero.
Vide i muri vorticare brevemente e crebbe di cadere per lo shock. Ma si limitò a scivolare lungo la parete finendo sul pavimento liscio, ma rigido e freddo. Il cuore era incredibilmente rallentato, il numero di palpitazioni al secondo era sceso incredibilmente e le vene cercavano con sforzo di far riprendere la giovane, pulsando più sangue possibile, tentando di evitare uno svenimento, un crollo improvviso e così vibravano paurosamente.
- Ma io…- un filo di voce uscì fuori dalla boccuccia della Hyuga, stremata dal nuovo turbamento, ma si bloccò immediatamente, drizzando subito le orecchie una volta riudita la voce paterna:
- Oramai è grande a sufficienza, è responsabile e ho notato che ormai da tempo porta sempre a compimento le missioni che l’Hokage le affida, anche le più difficili. Si è finalmente ripresa ed è pronta per questo passo…-
No, lei non lo era. Se lo sentiva, lo sapeva. Perché, invece, lui pareva così convinto?
- E mi sono deciso, quindi, a convocarti e a parlartene, perché sei tu colui che ho scelto…-
“Scelto?!”
Suo padre aveva scelto per lei…
“Un…matrimonio combinato…?” come nel passato, come nell’antichità, come avveniva presso le casate più nobili; la storia di Hinata stava proprio trasformandosi in quella di una principessa costretta a sposarsi con un principe di un regno lontano a lei sconosciuto, una vicenda tipica delle favole più classiche, ma anche dei racconti più tragici…
- Mi serve solo una tua risposta. Anche se già posso immaginarla…-
“Come?”
Nel panico, Hinata era nel panico più totale. Ora era tornata a vedere, ma la razionalità ancora non aveva ripreso il controllo del suo io. Stava per agire impulsivamente, presa dalla frenesia di una notizia così drastica e decisiva per il suo futuro. Si sarebbe comportata come mai aveva fatto, mostrando la sua opposizione con la parola, ma soprattutto con le lacrime. La convinzione e il desiderio di ribellarsi era talmente forte che già avvertiva il sapore del pianto e il tepore della pena che stava per traboccare in un gesto disperato. Ma il tutto fu fermato così:
- Sono onorato…- e in quel caso il cuore accelerò paurosamente il suo ritmo, facendo nascere nella ragazza l’impressone che stesse per esplodere
-…non pensavo che avreste dato a me questa fortuna.-
Era lui, era lui, lui, lui! Non ci credeva, no, no,no! Scosse la testa ritenendo di aver udito male e mosse il capo leggermente contro la parete per osservare meglio quell’ombra, più minuta del padre, ma comunque virile, compatta, familiare… “Lui, è lui…lui…!” E lo vide chinarsi di fronte al capo, al suo maestro potremmo dire:
- Sono felice, figlio mio. Sono felice…-
Non poteva crederlo, la sua psiche non riusciva neppure a focalizzare una possibilità del genere. Loro due insieme…no, non potevano. Immediatamente dunque si levò da terra e con il suo passo felpato si allontanò di corsa senza farsi notare. Lontano da casa sua, lontano dal Villaggio, lontano da quella nuova verità. Non immaginava che lo avrebbe nuovamente fatto così presto, ripercorrere con quella tristezza soffocante di poco tempo prima quella nera foresta, illuminata solo a tratti da qualche raggio di sole durante il giorno, ma invasa interamente dal buio nella notte. Un minimo di chiarore era forse possibile scorgere tra quella fitta vegetazione anche al solo rimembrare la presenza di quell’animale, del lupachiotto ferito…ed era proprio lui in quel momento colui che le faceva da guida in quel rischioso percorso nella semi oscurità, quello sprizzo di luminosità che le indicava la salvezza e il conforto. Voleva andare da lui. Solo lì avrebbe trovato la pace. In che modo neppure lei lo sapeva, ma era convinta che una volta giunta a destinazione il suo senso di pianto avrebbe trovato fine…
Arrivò.
Ansimava e sudava freddo.
Il viso infuocato fissava il basso.
E lui sorpreso:
- Ehi, cosa è successo?-
Si bloccò e chiuse la bocca ansante. Ma il corpo aveva ancora bisogno di gettare via aria e di riprenderla con lo stesso vigore. Il naso non poteva reggere e le lacrime neppure. Ne seguì un colpo di tosse e la respirazione affannata poté continuare, mentre le prime gocce di pianto facevano da contorno alla sua bocca in parte coperta da una manina impallidita, come il resto del volto.
- Io…sono disperata.- disse con un filo di voce tentando di celare l’ennesimo suo cedimento
Un nuovo problema aveva colpito la fanciulla e cominciava a cibarsi del suo animo e della pace che aveva appena raggiunto. Itachi avvertiva chiaramente il dolore che trasudava da quel fragile corpo e le vibrazioni del suo fisico che giungevano fino al suo facendolo scuotere dalla suggestione:
- Ti va di parlarmene?- domandò quindi il giovane credendo che fosse la cosa migliore.
Lei, infatti, ne aveva assolutamente bisogno, anzi sperava proprio in una sua richiesta di tal genere…meglio ancora, aveva la sicurezza che ciò sarebbe accaduto…perché lui la comprendeva. Lui era l’unico che riusciva a farlo. Lei si sentiva sicura solo parlando con lui.
A quel punto si lasciò cadere accanto al moro, appoggiando le mani strette a pugno sopra le proprie ginocchia  e provando a spiegargli il motivo di quel suo stato.
Ma la debolezza era tanta e lei non voleva più mostrargliela.
Tacque così per vari secondi cercando di ritrovare la calma e l’equilibrio, però fu lui ad impedirglielo:
- Non trattenerti. Sfogati e basta…- il tono del ragazzo, serio e allo stesso tempo affettuoso, fu la goccia che fece traboccare il vaso, nel vero senso della parola. Una grossa lacrima fuoriuscì rispettivamente da entrambi gli occhi limpidi della Hyuga che corsero fino al mento e poi bagnarono la terra di quel luogo austero. E pianse, pianse ancora, oramai incapace di controllarsi, a tal punto da appoggiare la fronte sul petto di lui mentre con le mani si sforzava ad arrestare i leggeri singhiozzi nervosi, addossandole alla boccuccia.
Capiva che non era più in sé, capiva che non ce la faceva più a soffrire. Ora che aveva contribuito a frenare il suo tormento per l’amato scomparso, vedeva presentarsi un’altra fonte di turbamento, nera e assassina…chissà se al pari con quella precedente.
- Non può farmi sposare, non può!!- iniziò dunque il suo sfogo fatto di frasi sconnesse,ma che se unite davano chiarimenti su ciò che era accaduto – Non posso, non con Neji!-
Continuò a lungo, pianse per molto. Itachi non riusciva proprio a sentir piangere una donna, lo rattristava, lo rendeva pietoso. E poi il solo fatto che dovesse maritarsi così, senza una sua consultazione, senza che potesse decidere, senza alcuna libertà di esprimersi lo rendeva furioso nei confronti del padre e lo infuocava di giustizia… Già, si arrabbiava al suo posto, perché lei non lo era veramente. Era soltanto sconfortata, triste.
E lui non desiderava affatto che lo fosse.
Aveva un animo talmente gentile, buono, misericordioso…Le doveva la vita soprattutto e gli sarebbe piaciuto ripagarla. Per questo l’unica cosa che in quel momento fosse in grado di fare era starle accanto e rincuorarla. Trasportato da un senso profondo di solidarietà e fratellanza portò la sua mano fino a sfiorare una mano di lei sussurrandole qualche parolina dal dolce sapore:
- Va tutto bene…- come un fratello maggiore alla sorellina che ha appena avuto un incubo – non avere paura e reagisci…-
Lui sapeva che la ninja era forte: aveva combattuto a lungo così tante volte contro la sua voglia suicida, il suo folle amore che chissà a cosa avrebbe portato, contro lo stesso desiderio di lui di porre fine alla propria esistenza… Però aveva pure una grandissima sensibilità, un cuore fuori dal normale, qualcuno potrebbe crederlo un difetto, altri come un pregio… e lui in quella circostanza così intima si rese definitivamente conto di cosa ne pensasse. A lui piaceva il suo carattere. Come amava la sua forza, adorava pure la sua sensibilità.
…Parevano fratello e sorella.

 


La principessina udì un giorno il padre parlare con un servitore:

egli aveva intenzione di regalarle un nuovo animale,
un gatto di buona razza da tenere nella sua camera...
Ma ciò sarebbe stato impossibile...e lei era l’unica a saperlo.        

 
       










Povera Hinataaaa!!!  Mi dispiace tanto farla soffrire!! Ma...dopotutto se la storia è questa...O.o...Va beh, lasciamo perdere^^” Allora, come preannunciato qui a faccenda va proprio degenerando...ma in compenso sono proprio queste situazioni che sembrano permettere ad Itachi e Hinata di avvicinarsi... Mi auguro che questa fanfiction vi intrighi sempre più e salutandovi vi invito a leggere anche il prossimo capitolo!  (ps: muahahahahahahha, il prossimo cappy sarà....muahahaha *w*) ^^”
Tanti, tanti saluti a voi che seguite “Storia di un amore proibito” e in particolare saluto coloro che di tanto in tanto mi lasciano una recensione! Mi fanno piacere!!!

AliDiPiume
arisa_14
bella95
chandelora
EroSennin425
faziooosa
masychan
sabaku no sary
smivanetto  
sonny
sorelline xsv
The fenix of innocence
 thembra




Baci a tutti voi e...alla prossima!!!

Mewpower

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Capitolo 21
*** Miracle... ***


Attendeva la sua venuta ormai da un paio d’ore, ma ancora non udiva i suoi passi. Ciò era strano considerando la sua precisione negli orari. Non si poteva non notare con quanta meticolosità giungesse nell’antro ogni dì, ogni sera alla stessa ora. Lui riusciva a capirlo prendendo come riferimento il levarsi del sole, a seconda che fosse più o meno alto… La solitudine di quelle giornate non lo spingeva ad altro se non a contemplare lo scorrere delle ore o a immergersi nel profondo abisso dei ricordi, scoprendo a volte che ciò che aveva tentato di dimenticare era tornato a galla: tante scene di violenza e di sangue, vissute nel periodo in cui era un membro dell’Akatsuki disegnavano sul suo volto un’espressione di ribrezzo e di pentimento:
- Sono stato un folle…- si ripeteva ascoltando con attenzione l’eco della sua voce in quella grotta buia – avrei dovuto agire diversamente…non così da folle…-
Ma poi tentava di liberarsi da quei macabri pensieri e di ritornare al presente e capitava di ragionare sul futuro, immaginandolo più roseo e florido possibile…
“Già, devo decidermi…” si diceva dentro di sé “Non posso continuare più così…non più adesso…” e alzava in alto la mano aprendola e chiudendola senza più provare dolore.
Fatto sta che quella mattina il sole era già sorto da un pezzo e lei ancora non si vedeva. Era inverno, questo è vero, eppure il sole era ben percepibile in quanto i suoi raggi filtravano attraverso qualche fessura della parete rocciosa e si andavano a concentrare tutti insieme sopra il suo mantello scuro che lo ricopriva fino alle spalle… la temperatura, infatti, era piuttosto rigida, come è tipico della cattiva stagione.
Un leggero velo di preoccupazione lo avvolse all’improvviso quasi a volerlo soffocare: il respiro iniziò a farsi lento e incurvò le sopracciglia come se stesse male:
“Possibile che le sia successo qualcosa?” rendendosi conto che si stava davvero impensierendo per la ragazza, mai accaduto prima, scosse la testa “No…” e si voltò su di un lato decidendo di pianificare interiormente un’ idea che oramai balenava nella sua testa da un po’ di tempo…
Era in pensiero. Non lo poteva negare. Ma cercava di celarlo a sé stesso. E questo lo faceva ancor più inquietare. Dopotutto, però, chiunque avesse ascoltato la storia della povera Hinata e della sua casata, del loro passato e pure di ciò che stava per accadere non poteva non essere in pena per la fanciulla, che non solo aveva tanto dovuto patire precedentemente alla sua pubertà, ma avrebbe dovuto continuare a soffrire pure in seguito, anche dopo la maturità… Sposare un uomo che non si ama, legarsi per la vita con qualcuno senza il proprio volere, unirsi in matrimonio con un membro della stessa famiglia…erano cugini e questo bastava. Itachi compativa la ragazza e gli sarebbe proprio piaciuto intervenire: un’ unione coniugale senza vero amore non poteva avere senso, magari per il ragazzo sì, se davvero ne era innamorato, ma per lei sarebbe stato solo un inferno, una nuova spinta per disprezzare il fiore della vita, una nuova malattia che avrebbe potuto portare a chissà quali conseguenze… Il moro scosse di nuovo la testa; quelli non erano affari suoi; lui poteva limitarsi a consolarla, ma tutto doveva finire lì; doveva pensare ad altro, a quello che doveva essere il suo di futuro e lasciare da parte quello della Hyuga…
“Però lei non merita di soffrire ancora” e tornò dunque ai suoi progetti che prima o poi avrebbero preso forma, senza mai abbandonare il pensiero della ragazza ancora non arrivata.

Sapeva di essere in ritardo e una volta giunta all’ingresso lo chiamò a gran voce senza celare il fiatone:
- Eccomi! Scusa il ritardo… Ti ho portato la colazione…- si accasciò al suolo porgendogli il cibo collocato minuziosamente in un contenitore reso fresco dalla temperatura
Lui allungò le mani e lo prese. Non parlò subito, ma dopo qualche boccone sentì la necessità di domandarle:
- È successo qualcosa…?-
Hinata aprì un po’ la bocca, colpita dall’inaspettata interrogazione:
- No…- e sorrise abbassando il capo – va tutto bene…è colpa mia se ho ritardato…-
- Sicura?- pareva poco convinto e in effetti sentiva che c’era ancora in mezzo la questione del matrimonio, che come ritenevano entrambi, era una preoccupazione troppo grande da tentare di ignorare e che ogni giorno tormentava lei e pure lui ne era impensierito…poiché sapeva che lei ne era straziata.
- Mh…- esitò, perché, allo stesso tempo, lei non intendeva turbarlo con i suoi problemi
- Non aver paura di dar sfogo a quel che hai dentro…te l’ho già detto, no?- e fu a quel punto che si lasciò trasportare
- In verità, prima di venire qui ho tentato di parlare del matrimonio…con mio padre…- si venne a creare un’aurea di angoscia per quello spazio oscuro tanto forte da sovrastare persino il ragazzo che abbassò la scodella con la colazione sopra il suo ventre ricoperto – però…- continuò – non ce l’ho proprio fatta quando me lo sono ritrovato davanti…- tratteneva il dolore e la voglia di piangere che qualche tempo prima si sarebbero senz’altro riversati istantaneamente sull’interlocutore, ma che in quel momento erano perfettamente controllati dalla fanciulla, oramai divenuta più forte rispetto al passato – Vorrei tanto parlargli e spiegargli che ciò non mi sembra giusto…ma è difficile… e poi…prima vorrei che me lo dicesse lui, chiaramente voglio sentirmi dire quel che ha in serbo per me…quel che lui ha deciso…al posto mio –
- Certo…- sospirò l’Uchiha risollevando ciò che aveva tra le mani e accennando un movimento con il quale sollevare la propria schiena da terra – …è meglio averne l’assoluta certezza.-
A quel punto Hinata lo aiutò mettendogli una mano sul dorso per accompagnare quel gesto sforzato…senza sapere…
E con un bellissimo sorriso impregnato di una certa timidezza lo ringraziò dicendo:
- Sei…sei gentile a preoccuparti per me.- e seppur lui non rispose ricambiò il sorriso con un battito del cuore più forte degli altri.
Poi non aggiunse dell’altro poiché avvertiva che l’epiglottide intendeva farsi udire; la commozione pareva voler avere ancora il sopravvento, andando contro la forza di volontà della piccola Hyuga…e questo non poteva accadere.
- Ora è tempo che vada…- riuscì a sussurrare sollevandosi dal suolo – Ci vediamo stasera…sai, ho una missione che mi terrà impegnata tutta la giornata, ma per questa sera sono sicura che sarò di ritorno… –
La ascoltava e nel frattempo continuava a programmare.
– Ti ho già preparato sia qualcosa da mangiare per pranzo che per cena…te le lascio qui accanto.-
Perché lei ne era inconsapevole.
- Ci penseremo stasera alla medicazione…giusto disinfettare le ferite più profonde…fortunatamente non rischi più di avere emorragie, dunque non abbiamo da preoccuparci se per quasi un giorno non ci possiamo vedere -
Ingenua, illusa…
- Allora…ciao - e lo salutò con delicatezza fuggendo da lui e dal buio.
Il vento, pochi minuti dopo, iniziò a tirare più forte e i raggi solari a farsi più deboli. Le nuvole, infatti, venivano trasportate in massa per il cielo scolorito, coprendo il tiepido sole, decolorato anche esso, rendendo dunque lo sfondo nettamente invernale. Itachi, così, non avvertiva più calore sul suo corpo, ma solo aliti freddi che a tratti trovavano quiete per poi riprendere poco dopo… L’aria si arrestò definitivamente soltanto nel momento in cui l’umidità cominciò ad impregnare le membra del nero animale che tentava di riposare invano e le primissime gocce gelide colarono per le fessure della grotta sfiorando il suo viso e a volte centrandolo in fronte.
Era dura quella pioggia, quel dì il cielo voleva davvero sfogarsi e per questo batteva, batteva violentemente sopra il riparo naturale del lupo, con una forza impressionabile che fece intimorire tutti i minuscoli animaletti che si riunivano in quel luogo spingendoli a trovare rifugio nelle piccolissime cavità interne che facevano loro da casa.
Proseguiva la sua discesa comunque, senza badare alle piante o agli uomini, scuotendo le fronde degli alberi, percuotendo i ninja costretti ad andare avanti nel loro incarico fuori dal Villaggio. Troppo cattiva stava diventando, tant’è che finì per far straripare i fiumi più minuti e di far morire tante pianticelle appena nate, affogandole nell’ acqua, ricoprendole di fanghiglia.
Pure l’Uchiha criticava quel comportamento esagerato della precipitazione, interrogandosi sul motivo per cui si era tramutata in un mostro anche lei, cercando di capire se mirava a dar fastidio a lui soltanto o alla povera ninja in missione… Senza dubbio a lui stava dando molto fastidio: l’eccessiva quantità d’acqua aveva impregnato le rocce della caverna e filtrava con facilità,  fuoriuscendo prima da un punto e poi da un altro, scolando sotto forma di tante goccioline o come dei piccoli ruscelli di alta montagna… insomma non intendeva più rimanere là sotto a farsi inzuppare, faceva freddo e tutta quell’acqua addosso gli avrebbe senz’altro fatto prendere un malanno.
Non ora che era guarito…
Prima di spostarsi da lì, tolse con gesto istantaneo il panno dagli occhi avvertendo chiaramente che si era impegnato di pioggia e il liquido che non era riuscito ad assorbire gli si stava riversando su tutto il viso, cosparso dei primi brividi. La teneva con la mano destra, mentre con la sinistra si asciugò gli occhi, chiusi, malati…
Allontanò la mano dal volto.
Stava per ricollocare al suo posto la garza, ma si bloccò.
Bruciavano nuovamente e istintivamente ne strofinò uno con la mano opposta.
Li strinse e poi trattenne il respiro.
Perché aveva fatto una scoperta…
…di cui non si era mai accorto prima…
…perché il miracolo era avvenuto proprio in quell’istante…
…di cui non aveva potuto accorgersi precedentemente….
Ne rimase sbalordito…
…non poteva crederci…
…una speranza che aveva perso da tempo…
…e invece…
La bocca rimase semi aperta ancora per qualche secondo fino a quando non se ne convinse definitivamente.
Sorrise. Era un sorriso strano, non si sa se di gioia o di malignità, poco chiaro in cosa volesse significare, forse vi era nascosto anche un pizzico di dispiacere, ma non lo sapeva neppure lui. In quel momento solo un’ unica cosa era certa: Itachi Uchiha risorgeva!


Il lupo era rimasto nella cameretta regale insieme alla principessa che di già dormiva.
Muoveva bene la coda, le zampe e le orecchie,
convincendosi di essere in grado di spostarsi come meglio voleva.
Era definitivamente guarito e pronto alla fuga.










Eheheheh...bene gente, qui la faccenda pare vada risolvendosi...o forse....va così peggiorando? O.o!?  Per scoprire davvero quel che accadrà non posso che dirvi di leggere il prossimo capitolo! (Tutti: *.* spoiler, please!!! ; me:. ehm...devo andare *fugge*)
Alla prossima! Ma prima (come al solito^^) voglio salutare tutti voi che avete inserito la mia fanfiction fra preferiti (Non finirò mai di ringraziarvi!!!)


1 - AliDiPiume
2 - arisa_14
3 - bella95
4 - chandelora
5 - EroSennin425
6 - faziooosa
7 - masychan
8 - sabaku no sary
9 - smivanetto
10 - sonny
11 - sorelline xsv
12 - The fenix of innocence
13 - thembra


 e un saluto particolare va a:

_Midblooorer_The_Joker: Ciao e grazie infinite per le fulminee, ma intense recensioni che lasci XD ...Eh? (me rilegge ultima tua recensione) Neji un pezzo di legno? ....mah, chissà! X°D


_ chandelora: Ciao anche a te! Ma soprattutto thanks per la tua recensione^^ ...Ps: Wow, non sapevo chh iIachi fosse un’agente segreto! XD  Che bello! XD   Ps2: ascolta,non prendermi per scema o pazza (tutti: pazza lo sei!! XD) ma...stanotte ho sognato di parlare con te...al telefono!! O_O Va beh, dopo questa ti avrò messo paura e smetterai di seguire la mia storia....T^T Nuooooooo!!!


  _faziooosa: Ma ciaooo!! E grazie anche a te per le tue recensioni^^ Povera Hinata, lo so, soffro anche io per lei... Ma si riprenderà! Questa è una promessa *w*


_AliDiPiume: Ehi, grazie anche a te per la tua nuova recensione^^  Beh, in effetti metere de animali così diversi e poco amichevoli l’uno contro l’altro non sarebbe la cosa gusta da fare...ma quel che accadrà è tutto un mistero *_* Ehehehe, alla prossima!


Grazie per le vostre recensioni! Lunghe o corte che siano mi fanno sempre piacere^^ Al prossimo appuntamento con “Storia di un amore proibito”.

Mewpower

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Capitolo 22
*** Happy bithday ***


Brontolava, stanco pure lui di tutta quella pioggia. Aveva, infatti, smesso il cielo di rigettare sulla terra tutta quell’acqua, che aveva indebolito il suolo e la vegetazione che lo ricopriva ed ora si limitava a rumoreggiare debolmente, accennando a volte di voler dare inizio a qualche nuova precipitazione, ma ciò si concludeva dopo un paio di gocce lasciate distrattamente cadere. Non ne aveva più voglia, desiderava solo trovar riposo.
Era notte dopotutto e come il sole si era ritirato dietro le colline spoglie di verde, pure lui intendeva rilassarsi facendosi cullare dalle piccolissime stelle e dal tepore lunare.
Anche Hinata non vedeva l’ora di riposarsi, di sdraiarsi sopra il suo soffice letto merlettato e di godere della nottata dopo una rapida, ma non semplice missione. Avanzava correndo, rallentando per qualche breve tratto il passo, temendo di dar fastidio agli animaletti della foresta, ai quali era veramente affezionata e una volta superate le loro tane riscattava come una lepre in direzione dell’abitazione di un altro animaletto.
Il suo preferito.
Giunse a destinazione intorno alle 24, lo intuì dall’altezza della luna da poco comparsa in cielo. Le nubi, infatti, si erano diradate da quel cerchio luminoso permettendo che il cammino della ragazza potesse essere ben illuminato, ma erano di nuovo pronte ad oscurarlo senza timore alcuno, non appena il vento avrebbe ricominciato a tirare…
Anche le nuvole amavano il chiarore della luna…
Comunque lei non aveva da temere il tempo atmosferico poiché era in possesso di un’abilità che le avrebbe permesso di scrutare il nero più infimo e di ricercare l’oggetto più minuto nelle tenebre più infernali. Fu infatti spinta, poco dopo ad attivare il Byakugan che le dava la possibilità di vedere, di leggere nell’oscurità il minimo movimento.
Si ritrovò a breve all’entrata dell’antro, ignorando che lui la aspettava, l’attendeva ormai da diversi minuti; ma lei non poteva saperlo, credeva piuttosto che stesse già profondamente dormendo.
In realtà il lupo non dorme mai…
Dunque avanzò con lentezza, una tranquillità quasi innaturale.
La principessina non aveva più timore della belva feroce, ormai l’uno si fidava dell’altro.
Si avvicinava sempre di più, però ancora non lo mirava.
Non aveva paura, se non del troppo buio.
Udì il rotolare di qualche sassolino; nulla di che, sarà stato qualche animaletto oppure il forte vento che avrà ripreso a scuotere il paesaggio con la sua veemenza.
E intanto lui attendeva.
Mentre lei si faceva sempre più avanti.
Un altro rotolio si ciottoli echeggiò nell’aura della caverna senza destare preoccupazione. Infine arrivò e poté averne la certezza.
Lui era là, questo pensava, di questo era convinta.
E invece non c’era più. Scomparso, dissolto nel nulla.
Non rimaneva niente della sua presenza, nemmeno il suo mantello, la sua veste, il suo coprifronte, neppure le sue impronte, nemmeno il suo sangue.
Rimase bloccata a lungo, fissando il vuoto, cercando in esso un appiglio, ma era impossibile. Fu poco dopo che scattò in avanti osservando con incredulità il suolo, incredula di fronte alla realtà, ritenendo che si stava sbagliando. Corse verso l’uscita e si guardò intorno. Le tempie pulsavano dall’apprensione, mentre le pupille scattavano da una parte alla altra seguendo i movimenti del volto, voltato a destra e a sinistra a lungo finché un ululato, un mostruoso ululato la rese rigida, di ghiaccio.
“Un…lupo…” sorpresa persino di udire il canto di richiamo di quel genere di animale; in effetti era cosa insolita in quel periodo, veramente strano…e senza alcun motivo si sentì in dovere di levare la testa al cielo scuro. Trattenne per un attimo il respiro al solo squadrare la fonte di luce che interrompeva quel tetro colore, il nero della notte, che, però, non la fece calmare affatto, anzi fu causa di nuova tensione e la confusione si impadronì definitivamente del suo animo.
“Perché …?” si interrogò dentro di sé spalancando più che poté gli occhi per riuscire ad osservare uno spettacolo talmente fuori dal comune: era davvero strano pure il mirare la luna di un colore di quel tipo, rarissimo poterla osservare con quelle tonalità vermiglie: era diversa da come solitamente di presentava, in quanto in quell’occasione aveva tramutato il suo candore angelico, in un rosso quasi infernale, un tono vermiglio che non trasmetteva nulla di buono e a cui Hinata non era per nulla abituata. Avrebbe dunque desiderato fuggire, avrebbe preferito ritornare nella tetra caverna anziché continuare a fissare quella sfera luminescente e appena tale idea le sfiorò la mente udì un ennesimo ruzzolare di sassolini:
“Cosa è stato!?” a quel punto di rigirò verso l’entrata e accedé senza pensarci due volte. Correva, volava, senza nemmeno rendersene conto, ma le si presentava dinnanzi sempre la stessa visione.
- No…- mugugnò rattristata – Uchiha!- gridò poi a gran voce – Uchiha!!- urlava per sfogare il dispiacere che provava, urlava affinché fosse la gola a dilaniarsi in quell’occasione e non più gli occhi, urlava perché voleva che la sentisse e che capisse – Ancora non sei in forze!- e si ammutolì di botto dopo quell’ultima affermazione avvertendo che la gola bruciava di pianto e i singhiozzi stavano per riaffiorare.

…- Non lo fare -…

Poi la speranza divenne reale una volta che riaprì gli occhi. L’urto contro la parete fu come il rumore della sveglia che squilla per un tratto finché non viene spenta e capendo che occorre svegliarsi si riaprono gli occhi. Pure lei li aveva chiusi per un secondo avvertendo che era stata afferrata ad una spalla e una volta subito l’impatto con la roccia li aprì nuovamente con lentezza e con paura. Il ragazzo era di fronte a lei, con la testa piegata a guardare i propri piedi, con una mano ben salda al suo corpo, con il respiro affatto pesante, assolutamente rilassato.
- Non piangere – le mormorò a quel punto alzando il capo lievemente ma senza giungere in corrispondenza del suo viso.
Lei non riusciva a smettere di tremare, un po’ in quanto presa dall’ansia, un po’ dall’emozione di ritrovarsi in quella posizione ed ancora incredula sorrideva nel più profondo osservando che lui, il malato, era in piedi, vestito per intero, aveva recuperato le forze e ora poteva muoversi… Perciò diede ascoltò al suo ordine e ritirò le lacrime che ancora però non erano fuoriuscite, ma stavano per farlo.
- Itachi, tu stai bene…- riuscì alla fine a sussurrare senza nascondere un forte deglutire.
- Da molto più tempo di quanto tu non pensi…- e fu dopo quelle parole che drizzò definitivamente il capo elevandolo più in alto di quello dell’altra, mettendo in evidenza la differenza di statura, facendola rendere conto di quanto fossero pericolosi i suoi occhi…
- Eh?! I tuoi occhi!?-
Sorrise e le disse addio.
Il moro li aveva aperti senza aggiungere altro mostrandole la loro profondità e il loro colore sconcertante. Quel rosso, quelle sfumature color del sangue dipinsero pure i suoi di occhi, macchiandoli di una tonalità impropria, inadatta per un angelo.
Erano gli stessi occhi che lei tempo prima aveva avuto l’occasione di vedere in foto, i quali le avevano già trasmesso tante sensazioni raccapriccianti, spiacevoli, lugubri. Aveva sperato con tutta sé stessa di non aver mai più l’opportunità di mirarli, di rivederli ancora, perché credeva che non sarebbe mai stata in grado di reggerli una seconda volta.
Erano troppo inquietanti.
In quel caso se li era ritrovati proprio a pochissimi millimetri dai propri, quasi a contatto con la propria pelle, quasi che quel mare di sangue volesse tingere il suo cielo purissimo, tendente al candore assoluto…e quel che era più strano era il fatto che lei non riusciva a ribellarsi, ma ne era rimasta incantata, imbambolata di fronte alla morte, arrendendosi dinnanzi a tale abisso in quanto senza una fine.
Non poteva fuggire, era in suo potere.
Si sentì perduta, non era in grado di pensare a nulla e non ce la faceva a muovere un muscolo. Accennò un lieve sorriso anche lei, chissà per quale motivo, forse perché aveva raggiunto il limite della sopportazione; e si lasciò cadere lungo la parete ruvida finendo a sedere, accompagnata dalle mani di lui, entrambe appoggiate sulle sue spalle. Allentò dunque la presa e si drizzò in piedi. Rimase a contemplare quel corpo gracile a terra, ragionando per un’ultima volta sulla propria scelta. Ma era convinto, era la cosa più giusta da fare. Seppur temeva che questo l’avrebbe fatta soffrire, seppur intimorito dalla reazione della fanciulla, seppur alla fin fine era gradevole la sua compagnia. Gli sarebbe piaciuto mirarla più da vicino, scrutare finalmente con soddisfazione il viso della sua salvatrice, però il tempo non glielo permetteva, era venuto il momento di partire.
Si accertò di avere con sé il coprifronte e si diresse verso l’uscita. Un ultimo sguardo alla bella principessina addormentata e le ultime parole a lei rivolte:
- Buon compleanno…- disse con dolcezza voltandosi. Il mantello volteggiò nell’aria sollevato dal vento freddo che si stava nuovamente alzando e tiratosi su il cappuccio invecchiato e sporco sparì nelle tenebre, accompagnato solamente dal chiarore lunare che era ritornato color del latte, candido come piaceva a lei.
Era il 27 dicembre e lui se ne andava.
Era il 27 dicembre anche il giorno del suo compleanno. La cara Hinata era maggiorenne. La povera Hinata era diventata una donna pronta al matrimonio.



La dormiente principessina ignorava che il lupo,
finalmente guarito,
fosse riuscito ad evadere dalla sua stanzetta.
Quando si sarebbe svegliata, non lo avrebbe più trovato.





Nooooooooooo!!! Itachi resta qua!! >.<  Non andare!! Io voglio che tu resti!!! ....ehm... ok, lasciate perdere il mio tentativo di.... Nooooo!!! Ti ho detto che devi rimanere!!! ...ehm..ok, mi riprendo^^ Eheh... Allora, pare che il nostro Uchiha abbia proprio intenzione di andarsene e di lasciare la nostra Hinata ancora da sola... Ci ripenserà? Scopritelo con il prossimo capitolo!! Eheheh *_*
Saluti a tutti!
Mewpower

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Capitolo 23
*** I need you... ***


Un nuovo alito di vento e poi la quiete totale. Non avvertendo più tale respiro la giovane si destò dal letto distendendo le braccia intorpidite. Si strofinò gli occhi pesanti, ancora annebbiati dalla dura notte passata, come era solito in quel periodo. Infatti, un’ansia terrificante l’ avvolgeva e si cibava della propria calma con un fare assai violento e talmente rapido che ad ogni morso lei si scuoteva tutta e rabbrividiva. Era maggiorenne da poco e la notizia del matrimonio si faceva sempre più vicina; ne era certa, ma allo stesso tempo non era sicura di quando tale comunicato le sarebbe stato annunciato e questa apprensione era quel che più la faceva star male. Non pensava ad altro, non aveva scelta, non c’era niente altro che le permettesse di distrarsi, non vi era nulla di più importante. Ora che pure il suo secondo animaletto era fuggito non aveva nulla a cui pensare, di cui occuparsi con cura, qualcosa di diverso che potesse renderla felice. Perché quel lupo, seppur nero, selvatico, sporco, carnivoro, le trasmetteva quotidianamente un gran senso di soddisfazione, di tenerezza; le aveva permesso di sfogarsi, di dimenticare i suoi drammi e di crescere insieme a lui. Ci si era affezionata; ma poi era fuggito, l’aveva abbandonata… Ci aveva sofferto, tutta quella sera, quella notte buia di fine dicembre, come pure i giorni seguenti, però alla fine si era convinta che quello prima o poi sarebbe dovuto accadere. Dopotutto lui era un animale della foresta, un solitario, un ricercato…lui era Itachi Uchiha, non poteva restare lì in eterno. E poi alla fin fine Hinata era contenta poiché aveva portato a termine il suo lavoro, aveva raggiunto la sua meta, cioè quella della guarigione, della salvezza, era riuscita a dissuaderlo da qualsiasi nuovo tentativo di suicidio…
“Ci sarò davvero riuscita?” Ma vi era sempre un dubbio, anche se infimo, un’incertezza che le contorceva il cuore e contribuiva ad accentuare quel senso d’ansia che l’animava. Così sperava, sperava, giorno e notte, affinché il suo obiettivo fosse stato realmente raggiunto e pregava di rivederlo, solo per accertarsene, voleva esserne certa, le sarebbe bastato intravederlo tra la folla, o udire il suo nome per bocca altrui.
“Itachi…” ogni mattina, quando scendeva dal letto, la sua mente era rivolta a lui, al nero lupo della caverna, e come per cercare il suo viso apriva la finestra e mirava il cielo “…non fare sciocchezze”.
Quel giorno il cielo era più limpido che mai, senza nubi, e il vento aveva smesso di soffiare. La primavera era nuovamente giunta senza che quasi nessuno se ne accorgesse, con i suoi primi profumi e i primi canti dei passerotti, i quali festeggiavano tale evento intonando inni di gioia. Già era vestita, già era pronta per andare al villaggio. Hinata prese con sé lo zaino e scappò di corsa senza ricordare a nessuno che quel dì sarebbe partita per una missione che l’avrebbe impegnata per un paio di giorni. Preferiva parlare il meno possibile con i suoi famigliari, di sfuggire alla loro attenzione, ai loro sguardi gelidi; voleva evadere da quella gabbia di cristallo troppo fredda per la sua pelle, troppo luminosa per i suoi occhi, troppo dura per il suo cuore. Eppure anche in quell’occasione le capitò di incrociarlo, di scorgerlo seppur di poco e di sentirsi trafiggere il cuore da quegli occhi vuoti, ma che in realtà erano intrisi di messaggi occulti, tutti indirizzati a lei, ma che si sforzava di non leggere, non voleva capire, perché temeva, aveva timore di quel che voleva dirle.
Neji si limitò a esaminarla da capo a piedi, intuendo quali erano i suoi piani e accennò con un movimento di capo un assenso, facendole capire che si sarebbe occupato lui di parlare con il padre. In questo modo lei cadeva in confusione, poiché rifletteva su quei suoi gesti, sui suoi aiuti, sulle sue gentilezze talmente toccanti, talmente fraterne… Quelle sue idee si collegarono così ancora al ricordo del moro fuggito, ai suoi atteggiamenti amorevoli, alla sua capacità di comprendere e di consolare…
Scosse la testa. Che le prendeva? Si rese, infatti, conto che quell’Uchiha balenava troppo frequentemente nella sua mente, era diventato uno spirito che pareva non volersi più allontanare da lei, che volesse seguirla all’infinito, che volesse starle vicino. Tutte impressioni, lei pensava questo. Era rimasta troppo scossa da quella sera, da quei suoi occhi, da come il tutto era accaduto troppo rapidamente. “Sono una sciocca”, si ripeteva e ragionava ancora qualche secondo sulla sua situazione, sui suoi problemi, su come potesse andare avanti. “L’importante è che stia bene”, infine era questa l’ultima frase che mormorava continuamente a bassa voce, temendo però sempre sulla sua sorte, desiderando sempre di poter avere sue notizie…solo per conoscere la sue condizioni fisiche, solo per accertarsi che il suo lavoro fosse davvero stato portato a termine…questo voleva…questo credeva…
Giunta al centro di Konoa con la sua squadra, la giovane Hyuga fu sorpresa da un colpo su di una spalla:
- Ma…Ciao, Sakura!-
- Ehi, partite?- la rosa passava da quelle parti con un mazzolino di gelsomini freschissimi
- Sì, ma staremo via per pochissimo. Si tratta di una missione di livello C. Non ci metteremo molto-
- Fortunatamente la guerra è finita e l’Hokage non ha più molti compiti da affidarvi.-
- Va bene, comunque. Ci accontentiamo. –
- Allora, mi raccomando: sbrigatevi a tornare, perché devi tornare in tempo per la festa.-
- Mh? Quale festa?-
- Ma sì, il festival di primavera! Quello che si organizza una volta l’anno per celebrare l’arrivo della nuova stagione! Ti ricordi: ti ho sempre proposto di andarci insieme, ma per una scusa o per un’altra mi sei sempre sfuggita! Ma quest’anno…-
- Ok, ci sarò questa volta- e sorrise vedendo l’amica con gli occhi di fiamma, per poi allontanarsi facendole segno – Ci vediamo!-
- Ah! Hinata!!- strepitò correndole vicino – E per il malato?- le sussurrò accostandosi ancora di più.
Sakura ignorava cosa era accaduto e doveva continuare ad essere così. Non se la sentiva proprio di raccontarle della sua fuga, anche se le sarebbe piaciuto ringraziarla tanto per tutto il suo aiuto e spiegarle che alla fine era stata in grado di guarirlo.
- Non ci sono problemi…- mascherò la sua angoscia con un tenero sorrisino e si allontanò lentamente – Non ha più bisogno della mie cure…e per il cibo ci ho già pensato…- per infine scomparire all’orizzonte.

........

- Ehi, Hinata-chan! Sono qui!-
Sakura chiamava l’amica muovendo energicamente il braccio alzato a pochi metri di distanza da lei. Le due si erano date appuntamento per recarsi insieme alla festa del villaggio, una celebrazione tradizionale, piena di divertimento e di bancarelle.
- Scusa per il ritardo…- disse la Hyuga ansimando una volta raggiunta la rosa – ma mi ero appisolata…-
- Non fa nulla. Dopotutto sei tornata dalla missione questa mattina. È normale che tu sia stanca – le sorrise con dolcezza facendole capire che non era per nulla arrabbiata, anzi era più felice che mai nel vedere la compagna lì, così bella, così diversa… - Wow, ma sei fantastica!- esclamò prendendola per le mani – Hai un kimono meraviglioso! E poi i capelli…ti sei persino truccata!-
Hinata era totalmente in imbarazzo, sommersa da quella miriade di complimenti, ed il suo viso si era colorito di un rosso vivo:
- Ma no…che dici? – aveva inoltre abbassato il capo rimanendo inchiodata con lo sguardo ai suoi nuovi sandali.
Sakura non aveva tutti i torti. L’amica indossava davvero un abito incantevole, impregnato quasi di un’aura di magia, di fiaba: il colore bianco metteva in splendida luce i suoi capelli scuri e la decorazione floreale cosparsa di tante piccole gemme in corrispondenza di una delle maniche la faceva brillare, dando l’impressione di trovarsi dinnanzi ad una sposa, una principessa ai piedi di un altare. Ed era bastato un filo di trucco per dare l’ultima pennellata a quel quadro già stupendo di per sé, ad esaltare il suo tenero visino, a renderla una vera donna.
- Tu sei fantastica, Sakura-chan! Il rosso ti dona proprio… - poi la ragazza riuscì a spiccicare qualche parolina dopo che la timidezza cominciò a venir meno.
- Grazie. Sai, questo kimono me lo sono fatto confezionare apposta per l’occasione... Ma ora andiamo! Ci sono un sacco di cose divertenti che potremmo fare!- e la trascinò in su per quella salita la cui fine segnava l’ingresso del gran festival di primavera.
Le due entrarono dunque nel clima dei festeggiamenti e della spensieratezza che già animava gran parte della popolazione. Tante bancarelle ai lati della via ornavano l’ambiente, profumi di donne e leccornie fluttuavano nell’aria, allietandola, mentre tante luci e colori la dipingevano rendendola ancor più lieta e gradevole. Incrociarono amici, conoscenti, tutti gli abitanti del Villaggio partecipavano e con loro pure gli animali, gatti e cani randagi, che gironzolavano qua e là alla ricerca di qualche patatina caduta o di qualche bibita versata. Quadrupedi, come pure bipedi e tra di essi vi erano due corvi, lassù, appollaiati su di un filo dell’elettricità che collegava due chiostri tra di loro. Non seppe neppure lei come fece a scorgerli, come fu in gradi di udirli, nonostante tutto quel chiasso, quel rumore composto di gridi, schiamazzi e risate, eppure li percepì chiaramente, sia il loro sbattere d’ali che il loro posarsi su quella cordicella piuttosto sopraelevata e una volta giratasi mirò quei due con i loro gracili corpi, i loro occhi di sangue, il loro becco affusolato. La fanciulla restò un attimo immobile a contemplare i due volatili, con una leggera apprensione addosso, con uno strano presentimento che le diceva di voltarsi e di proseguire in quella direzione. Fu poi un loro starnazzare, accompagnato da uno sbattere frenetico di ali, a persuaderla nell’andare avanti e non se lo fece ripetere una seconda volta.
- Va tutto bene?- chiese poco dopo la rosa rendendosi conto dell’espressione stralunata dell’amica
- Ah, sì! Va tutto bene. Solo che… c’erano due corvi…- e accennò un movimento del capo per essere sicura se si trovassero ancora dietro di lei
- Mh?! Ma dove?- Sakura si era completamente girata notando il gesto dell’altra – Non vedo corvi…- e in effetti non c’erano più.
- Che strano – mormorò la giovane Hyuga avvertendo che il cuore iniziava a battere più velocemente senza alcun motivo – ma forse mi sono sbagliata!- esclamò alla fine rivolgendosi alla compagna
- Forse hai le allucinazioni!- affermò scherzando e afferrandole delicatamente una mano la incitò a procedere.
Eppure lei era in ansia. Come seguita, come pedinata. Si sentiva una ladra, braccata da una squadra di agenti pronti a saltarle addosso non appena avessero individuato il momento più opportuno, non appena lei si fosse distratta o,chissà, una volta che si fosse allontanata dalla sua amica. Girarono ancora per molto, fino ad arrivare al punto in cui la sfilata di bancarelle aveva fine, in corrispondenza dell’immensa entrata di Konoha. Da lì in poi la strada proseguiva nel buio, le tenebre parevano divorarla, ma in realtà il sentiero proseguiva verso la foresta, il selvaggio non illuminato, in contrasto con le tante lanterne appese in aria fra i vari banchi dei venditori ambulanti che rischiaravano il villaggio. A quel punto:
- Ok, torniamo indietro, Hinata!-
- Sì…- le rispose flebilmente accennando un passo in avanti. Ma in quell’istante si sentì mancare il terreno da sotto i piedi, le gambe non risposero più. Il suo braccio fu inspiegabilmente proteso all’indietro contro la sua volontà e per tutta risposta lei voltò di scatto la testa.
Quel momento le parve composto di tanti, piccolissimi e interminabili istanti. Una scena che procedeva a rallentatore solo per la sorpresa che la colpì e per lo stupore di incontrare il suo viso.
Quel frangente, invece, volò rapidissimo di fronte agli occhi della rosa, che fece solamente in tempo ad avvertire uno spostamento d’aria prima di osservare che l’amica si stava allontanando da lei, trasportata da un fantasma nero, un’ ombra che si confondeva troppo con il buio di quella sera, ma che era comunque viva, in quanto mormorante qualche parola:
- Ho bisogno di te…-
E i due sparirono inghiottiti dalla fosca foresta, lasciando la ragazza sola, nella luce, ma nella solitudine. Non ebbe però paura di procedere senza di lei e non si preoccupò per quello pseudo rapimento. La Hyuga doveva conoscere quel tipo, non poteva non essere così. In quella frazione di secondo era stata in grado di scorgere solamente i suoi occhi, il resto era coperto dal nero più totale, un mantello probabilmente. E quegli occhi, non avevano nulla di umano. Erano rossi, demoniaci quasi, strani per un comune mortale.
A meno che…
Però erano dannatamente famigliari, li aveva già visti, le era già capitato.
E quella voce. Non era uguale alla sua, però…
Sgranò gli occhi puntando nuovamente la testa verso il sentiero aspro della foresta.
-Sasuke…- sibilò con incredulità avvertendo che il suo cuore era sul punto di scoppiare.



La principessina si meravigliò nello scorgere il lupachiotto
che aveva fatto ritorno
e presa alla sprovvista intimò la levatrice, fuori dalla porta,
ad attendere prima di entratre. E così glielo celò ancora.







Ciao a tutti!!!!! Eccomi tornata finalmente con un nuovo capitolo tutto fresco per voi!! ^^
Scusate l'attesa, ma...potete immaginare le cause! U.U
Allora, non saprei da dove cominciare......mmm....va beh, facciamo che stavolta non dico nulla XD
Mi limito solo a ringraziarvi ancora e a salutarvi per poterci rivedere alla prossima! XD
Dunque un caloroso ringraziamento a coloro che hanno collocato la mia storia fra i preferiti e cioé:



AliDiPiume
arisa_14
bella95
chandelora
EroSennin425
faziooosa
masychan
sabaku no sary
smivanetto
sonny
sorelline xsv
The fenix of innocence
thembra
yury_chan



Hinata_S_I_TT 4EVER: Ciao^^ Sono felice che questa mia storia ti sia piaciuta e mi auguro che continuerai a seguirla! Chiedo scusa per gli errori di punteggiatura o altro, ma il fatto è che a volte non rileggo i capitoli che scrivo perché sono di fretta! Cercherò di fare più attenzione in futuro^^ Fammi sapere, se ti va, che cosa ne pensi di questo nuovo capitolo!



chandelora: Ciau anche a te^^ Ehehe.....credo proprio che con quella tua ultima recensione tu sia stata molto...convincente! xD Comunque tante grazie per i complimenti e al prossimo capitolo!!




smivanetto: Hello!!!^.^ Sono felice che questa fanfiction sia di tuo gradimento e non ti preoccupare, succede anche a me di non sapere cosa scrivere agli autori delle storie che leggo^^ Sono davvero contenta, però, che alla fine tu abbia lasciato un commentino! Thank you and see you soon!




Mewpower

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Capitolo 24
*** Who are you...? ***


Avevano il fiatone entrambi dopo aver scalato tutta d’un fiato la salita che li avrebbero condotti ancor più lontano dal villaggio. Lasciandole la manica del vestito, egli si accucciò a terra addossando la schiena ad un tronco ricoperto da un muschio ormai secco. Lei, invece, rimase in piedi sospirando continuamente per la fatica, tenendo il capo basso e i pugni chiusi. Trascorsero pochi secondi e lui le rivolse la parola dicendo:
- I miei occhi…- e la fanciulla levò lievemente il capo mirando lo Sharingan di sangue – hanno ripreso a sanguinare…da questo pomeriggio…- continuava a scrutarlo per analizzarlo nei più minimi particolari, ora che ne aveva il tempo e la forza – Puoi fare qualcosa?- le domandò infine quasi con titubanza.
Hinata si allontanò comunicandogli di non muoversi e quando ritornò aveva in mano una bacinella e una boccetta. Era tornata a casa, aveva nuovamente fatto tutta quella strada solo per lui, per il medicinale ed ora era lì, per nulla affaticata, per nulla scompigliata, come se non si fosse mai mossa. Si inginocchiò di fronte a lui e in pochi istanti il gioco era fatto: il ragazzo portava un pezzo di tessuto intorno ad un occhio, l’unico che ancora continuava a sanguinare e lei stava rimettendo a posto il tappo della bottiglietta quando lui…
- Scusa…- alzò la testa dal suo lavoro, mentre lui fissava il basso, il braccio della ninja – scusa per il tuo kimono…- anche Hinata riabbassò lo sguardo osservando la manica sporca di sangue, segni di quando l’aveva afferrata e in parte strappata per poter ricavarne una benda.
- Era necessario…- sospirò lei – Purtroppo a casa non ho quasi più nulla per le medicazioni; è stata una fortuna che…-
- Scusa ancora…- la interruppe il moro con tono profondo e serio – Non voglio essere un problema – e si destò da terra elevandosi sopra la kunoichi e accennando ad andarsene.
- Uchiha!- anche il tono della Hyuga era grave, ma pure amareggiato – Spiegami il perché…-
Itachi non ebbe bisogno che andasse avanti nella frase, aveva già intuito cosa voleva sapere, il motivo della sua fuga così improvvisa.
- Se eri in grado di muoverti… perché non me lo hai detto? – sembrava che la sua voce stesse per tingersi di tristezza.
Rispose così dopo un piccolo momento di silenzio:
- Non voglio che tu soffra…- la ragazza levò il capo, sgranando gli occhi semi lucidi – Non voglio diventare un peso, né un pericolo per te…- le voltava le spalle cercando di farle capire che ormai era deciso ad andare per la sua strada – Hai salvato un assassino e continui ancora a farlo…potresti essere incriminata per questo…-
Fece una serie di passi in avanti, ma fu bloccato dalla sua voce.
- Itachi! – ora lo chiamava con il suo nome – Non mi importa di quel che mi accadrà…- quell’affermazione lo fece voltare lentamente mostrandole metà del viso e l’unico occhio libero dalla benda – L’importante è che tu stia bene…mi voglio accertare di questo. Ogni essere umano ha diritto a delle cure ed io voglio continuare a curarti!- la sincerità e tutta l’affezione che provava per quell’ animale malaticcio trasudarono da quelle parole in maniera chiara e lucente.
- Grazie…- sospirò l’altro fissandola intensamente. Anche lui in quel momento aveva l’opportunità di scrutarla per intero, ammirandone ogni particolare, seppur non eccessivamente bene a causa dell’oscurità, ma bastò la luce lunare a colorire quell’immagine, a mostrarla nella sua purezza e in tutto il suo splendore.  – Ma non merito tutte queste attenzioni…- continuò poi la frase rivoltando la testa, ma lei volle fargli una proposta:
- Posso domandarti di rimanere ancora qualche giorno qui?- quella richiesta si librò sopra i due con una leggerezza e allo stesso tempo con una rapidità allucinanti –Solo…solo per avere una conferma delle tue condizioni… credo che anche tu…vorrai esserne sicuro…-  voleva avere il cuore in pace e accertarsi di persona della sua salute. Era il suo ultimo desiderio prima di dirgli addio per sempre.
Itachi non sapeva cosa risponderle, ma intendeva farla felice, voleva soddisfare quel suo ultimo sogno:
- Hai un cuore troppo grande…- affermazione che la fece sobbalzare e accelerare ancor più il battito cardiaco - …d’accordo…- mormorò poi dopo qualche attimo e prima di scomparire nel buio, inoltrandosi nella foresta, le disse: - Basta che ritornerai qua ad ogni tramonto…poco prima che il sole cali…e mi troverai.- e a quel punto la sua voce si dissolse nell’aria, come pure la sua figura che si muoveva senza più tremare, trasmettendo una gran stabilità, facendole capire che il suo compito da curatrice era oramai giunto alla conclusione. Questo, però, non la rendeva triste, perché mai dopotutto? Era contenta di aver portato a termine la sua missione e di aver visto con i suoi stessi occhi il frutto del proprio lavoro. Mancava solo qualche ultima limatura e il capolavoro era completato.
Senza quasi accorgersene, si ritrovò nuovamente di fronte all’entrata di casa sua, stanca e un po’ sporca, ma vivacissima ancora nell’animo. Come se quel ragazzo le avesse trasmesso un raggio di solarità nel cuore, sorrise non appena si chiuse in camera, non appena scorse la luna in cielo, non appena socchiuse le finestre dopo un ultimo sguardo ai primi gigli che fiorivano nel cortile. Era felice, stranamente rallegrata per averlo rivisto. Ma lei neppure se ne rese conto veramente, sapeva soltanto che quella sera si sentiva serena, in pace con se stessa, senza più problemi o preoccupazioni…le era bastato rivederlo per ritrovare la tranquillità. Così, con la testa vuota e immersa in un’aurea di calma assoluta, si distese sul suo morbido letto innalzando in alto le braccia, distendendo le gambe tese, socchiudendo gli occhi sovraccarichi di sonno senza far in tempo ad udire un ultimo rumore, stridulo e poco piacevole, un gracchiare di uccelli neri appollaiati nei pressi del cancello di entrata alla residenza Hyuga.



Il giorno dopo Hinata si alzò dal letto di colpo ricordandosi di una sua dimenticanza: la sera prima lei era scappata, ovvero fatta trascinare di fretta e furia dall’Uchiha, scordandosi di tranquillizzare l’amica, il medico dai capelli rosa che era rimasta immobile e stralunata di fronte a quel “rapimento” talmente fulmineo e imprevisto… Non aveva avuto il tempo, né la prontezza, di dirle nulla, non una parola che potesse farle comprendere cosa stava succedendo.
“Chissà cosa avrà pensato…” rifletteva la ragazza mentre si strofinava gli occhi. Era comunque sicura del fatto che la compagna non si fosse preoccupata per lei, insomma aveva capito che i due si conoscevano, che il tizio “sequestratore” non era un nemico, qualcuno di cui la mora doveva aver paura, eppure Hinata aveva notato che Sakura ci era rimasta malissimo: era infatti restata lì, impassibile, senza pronunciare una parola o muovere un dito, con un’espressione quasi sconvolta, incredula di fronte a ciò che stava accadendo…
A quel punto le venne un dubbio: Itachi potava un cappuccio, era ben coperto, aveva solo mormorato una frase quasi impercettibile…ma forse la rosa doveva aver intravisto qualcosa del suo aspetto o riconosciuto qualche particolare che poteva ricondurla a Sasuke. I due, dopotutto, si assomigliavano e dunque quella possibilità c’era. Avvertì un brivido e sentì la necessità di correre immediatamente da lei, parlarle, scusarsi e capire… Voleva accertarsi che lei non lo avesse riconosciuto (in fondo lo aveva già visto pure lei in foto, seppur vario tempo prima), che non si fosse resa conto di niente, intendeva impedire il peggio e salvaguardare l’incolumità di lui, come anche la sorte dell’amica. Fu così che fece una colazione veloce e uscì di casa a passo rapido. Non faticò molto prima di scovarla, in quanto la vide di fronte alla clinica di Konoa, con il suo solito camice bianco, già con i guanti infilati e con lo sguardo deciso e pronto ad affrontare un’altra dura giornata di lavoro. Voleva parlarle subito, togliersi quella piccola, ma fastidiosissima spina che le iniziava a far male, un’ansia dettata da un dubbio atroce che si ingigantiva a mano a mano; per questo levò in alto una mano gridando il suo nome a perdifiato. A quel richiamo la rosa non poté che voltarsi e la sua seria espressione tramutò completamente, ma la Hyuga poté accorgersene solo quando le fu vicinissima, troppo tardi per poter tornare indietro. Infatti quando le fu presso si vide afferrare per le spalle: Sakura la teneva ben ferma e la fissava nei chiari occhi con sguardo ancora incredulo per ciò che era accaduto la notte precedente:
- Hinata-chan…- eppure bisbigliava, il tono era ben risoluto, ma nascondeva anche un non so che di timore e di profonda angoscia – Era il ferito di cui ti prendi cura, quello di ieri sera?-
La compagna sentendo il tono profondo di quel quesito e impaurita da tale situazione stentò prima di rispondere:
- Sì…era lui…- e così, il medico le tolse le mani di dosso, abbassando il capo terribilmente sovraccarico di confusione
- Hinata-chan…- cominciò a balbettare poi, rimanendo nella stessa posizione – io…sono diventata pazza…- era inquieta, tremendamente rigida e teneva i pugni talmente chiusi che iniziavano a tremare – mi era sembrato…di rivedere Sasuke in faccia…-
La Hyuga deglutì sonoramente, cercando però di celare la sua tensione:
- Non è possibile Sakura-chan…- mormorò poi con voce vacillante, guardandola più intensamente che poteva, come per ipnotizzarla e farle dimenticare quel che era successo il giorno avanti. Non intendeva che soffrisse, non voleva che fosse scoperta, si ribellava all’idea che l’amica potesse farsi giustizia da sola una volta venuta a conoscenza della verità, non poteva neppure immaginare cosa ne sarebbe stato della loro amicizia dopo tutte quelle bugie.
- Ma…a me è sembrato proprio così…- anche il suo timbro vocale cominciava a farsi a poco a poco tremolante; era sul punto di gridare, non sapeva neanche lei se per l’incredulità o per il terrore di quella visione; lei era certa di aver intravisto sotto a quel cappuccio color notte gli occhi del suo amore, perduto, defunto…eppure quelli erano i suoi occhi, ne era troppo sicura, irreparabilmente convinta.
- No, no…- Hinata aveva intuito che la rosa non avrebbe mai potuto dimenticare quel che aveva scorto e che sarebbe stato molto difficile farle cambiare opinione. Ora pensava che quello fosse Sasuke, ma non ci avrebbe messo molto per ritornare in se e fare due più due…l’incredibile somiglianza dei loro occhi l’avrebbe portata a giungere alla conclusione che quello non poteva che essere il fratello…colui che doveva morire al posto dell’altro Uchiha.
- Non ho dubbi…era lui…sono sicura!- aveva appena messo le mani tra i capelli e aveva iniziato a far dondolare la testa da una parte e dall’altra come se fosse lei stessa a cancellare quell’immagine dalla sua mente. Voleva dimenticare, voleva annientare quel dolore atroce che la colpiva ogni qualvolta pensava a lui, ogni qualvolta si ricordava di lui, ogni qualvolta lo andava a trovare sul suo letto di morte.
- No, Sakura…- ora era lei ad afferrarla per entrambe le spalle e a tenerla fortemente – Dimenticalo…devi dimenticare…- e poi non poté trattenersi dallo scongiurarla aggiungendo… - Ti prego, ti prego, amica mia…- e piegò anche lei la testa assumendo un’espressione tragica, addolorata per ciò che stava facendo.
- Sai una cosa…- il tono della rosa pareva essere tornato lineare e fluido, ma in realtà nascondeva ancora un filo di desiderio di pianto -…mi piacerebbe davvero incontrarlo questo malato- e alzò il capo incontrando la frangetta dell’altra
Per tutta risposta la giovane Hyuga spostò il suo sguardo immediatamente in corrispondenza con quello di lei sbarrando gli occhioni annebbiati dalla tristezza
-…ma ciò non è possibile, no?- continuò poi mirando altrove, lontano dall’espressione attonita di Hinata.
Aveva capito per fortuna ed era tornata in se. Quei due non potevano vedersi, come era impossibile che lei e il suo Sasuke potessero rincontrarsi di nuovo, almeno non in quel mondo. Le due amiche rimasero ancora per un po’ nel silenzio, ognuna fissata a contemplare i propri pensieri, ma alla fine tutto si risolvette con un abbraccio reciproco, un gesto di affetto che trasmise serenità e calore ad entrambe.
- Mi dispiace…- sussurrò Hinata all’amica afflitta da tanto dolore
- Non fa nulla- rispose l’altra mentre si allontanava dal corpo formoso di lei -…dopotutto è impossibile, come dici tu…-
Non pareva ancora molto convinta, ma l’importante era che almeno non fosse giunta ad alcuna conclusione riguardante Itachi…
-Ora vado. I miei pazienti mi aspettano...-
- Va bene…ti lascio andare…- le sorrise con tenerezza, intanto che Sakura la salutava con una mano -… e non ci pensare più, ok?- la rosa fece cenno di sì con la testa mentre si voltava verso le lattiginose porte principali dell’ospedale. In verità lei ci rifletté ancora per molto nel corso della giornata, sfiorando anche l’idea che quello in realtà fosse il famigerato Uchiha traditore...
“...Anche perché in questo modo si spiegherebbero molte cose...” però quel pensiero svanì quasi all’istante dopo un violento scuotimento di testa “No, Hinata non accetterebbe mai di curare un tipo come quello...” e ripensava a tutte le sue colpe, a tutte le pene che avrebbe dovuto ricevere, a tutto il dolore che aveva causato e che avrebbe dovuto incassare di conseguenza come punizione per i suoi misfatti  “No...è impossibile” continuava dunque a ripetere dentro se stessa “Hinata lo odia tanto quanto me!”














Finalmente, sono di nuovo qui! *^*  Ce l'ho fattaaaaaaaaaa! (tutti: ma nooooo....-__- ; me: T.T sì, lo so, anche voi mi siete mancati! ; tutti: o_O)
XD Comunque, rieccomi! Scusate tanto per l'attesa, ma...dire che ultimamente sono stata impeganta, è dir poco.
Ecco, probabilmente molti di voi avranno perso il filo dopo tanto tempo...ma mi auguro proprio di no, considerando che altrimenti sono costretti a rileggersi un bel po' di capitoli XD
Va beh, che dire?
Hinata e Itachi si sono nuovamente rincontrati  (non poteva essere altrimenti!) e ora sembra che continueranno a vedersi per un altro po'...ma quanto durerà?
Eheh, ci avviciniamo sempre più al punto clou...che emozione!
Hihi, ok, non dico niente!
Ci vediamo alla prossima e vi mando tanti "grazie" per il solo fatto che continuate a sopportarmi!
Ciaooooooooooooooooooooo!


Mewpower

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Capitolo 25
*** Because I want you... ***


Ritornò a casa intorno alle sei del pomeriggio, sbrigando le proprie commissioni. Il tramonto sarebbe giunto presto, dopotutto la primavera era cominciata da poco, e doveva essere pronta a tornare da lui senza che nessuno se ne accorgesse, rincasando appena in tempo per la cena, facendo sì che suo padre non si inquietasse con lei. Già, il cielo iniziava a tinteggiarsi delle prime sfumature rosee che gli conferivano una certa raffinatezza, un’aura di leggiadria e di eleganza che sarebbe poi stata completata dalle successive sfumature arancio che sarebbero comparse solo una volta che la sera si sarebbe fatta più vicina.
Queste le contemplava la ragazza dai lunghi capelli, che camminava con il viso rivolto verso l’alto, con un’espressione piuttosto rilassata, ma non del tutto tranquilla. Quel senso di non rilassatezza assoluta fu poi accentuata dall’ennesimo caso strano, un fatto che l’aveva già colpita in passato: all’entrata di casa sua vi erano una coppia di corvi, neri, magri, evidentemente cattivi. Lo crebbe non appena ne mirò gli occhi sanguinolenti, pronti ad individuare la preda e a massacrarla con le proprie unghie, per poi cibarsene pungendola con il becco a punta, color pece. I due la fissavano e lei si sentì quasi intimorita. A dispetto della sera precedente, ora i corvi erano due e parevano davvero infuriati, inquieti e pronti ad attaccare chiunque, anche un essere umano delle dimensioni di quella giovane. Eppure lei non li cacciò, dopotutto non potevano far male a nessuno. Erano solo uccelli. Sorpassò dunque l’ingresso accedendo definitivamente nella sua proprietà, mentre quei due continuavano a scrutarla attentamente. Si tolse le scarpe e salì sul parquet che componeva il corridoio. Non passeggiava nessuno, in quanto non si sentivano passi; forse era sola in casa, o forse erano tutti nelle rispettive camere. Fatto sta che passeggiò a lungo senza scorgere alcuno. Né il padre, né la sorella. Poi incrociò un’inserviente. Le disse che in casa non c’era più nessuno, a parte Neji nella propria stanza. Lei annuì e si diresse presso la sua di stanza. Non fece nemmeno a tempo ad entrare in essa che già si rese conto che era già tempo di uscirne. Il sole era calato velocemente e il tramonto era giunto con risolutezza, ma senza farsi sentire. Dopo aver preparato tutto il possibile occorrente in caso di peggioramento delle condizioni del ferito, uscì dalla camera posando per un attimo il proprio fagottino a terra. Aveva intenzione di comunicare a qualcuno che si sarebbe allontanata per qualche minuto, non voleva peggiorare la sua situazione, non intendeva far arrabbiare il padre... Così la fanciulla si avviò presso la stanza del cugino, con passo felpato, temendo di disturbarlo. Bussò alla porta e attese. Stranamente non rispose nessuno, ma non poteva aspettare oltre e per questo decise di sbirciare, facendo entrare la testa tra la porta per poi accedere con tutto il corpo.
- Neji – il suo nome rimbombò per l’ampia stanza, ma vuota, ricca solamente dei suoi libri, delle sue vesti e delle sue armi, tutto ben disposto e in ordine, tutto ben pulito e impeccabile. Avanzò ancora rimanendo a contemplare per un attimo ancora quello spazio a lei sconosciuto, poiché non vi ci era mai entrata, nessuno poteva senza il suo permesso. Ma non fece neppure in tempo a pensare che fosse tempo di andare, che se lo ritrovò alle spalle con le braccia semi conserte sulla soglia della porta – Oddio, scusami Neji!- era imbarazzata, non intendeva mettere naso nelle sue cose, non voleva che fraintendesse il motivo per cui era lì – Ero solo venuta a cercarti...non volevo crearti disturbo!- accennò un piegamento della testa in segno di scusa, prima una, poi due volte.
Lui era quasi più imbarazzato di lei di fronte a tante scuse senza motivo:
-Non fa nulla...- sospirò con tono tra l’impacciato e lo scocciato,ma lei sembrò notare solo quest’ultimo
- Scusami ancora...- disse alla fine riprendendo il controllo, ma continuando a rimanere rossa in volto -ero venuta solo per informarti che mi sarei allontanata per qualche minuto prima dell’ora di cena...- già, era di nuovo giunto il momento del pasto serale e lui non se ne era neanche accorto -...e questo è tutto- concluse la ninja avviandosi verso la porta con la testa bassa per la vergogna.
Prima che potesse raggiungerlo e poi superare la fermò. Voleva che restasse ancora qualche attimo, di fronte a lui, in quella stanza, voleva parlarle...
-Devo dirti una cosa...- avviò quel nuovo discorso in maniera improvvisa, senza che il suo tono di voce potesse sembrare sgarbato o prepotente, e quando lei udì tali parole si immobilizzò, divenne una pietra dura, un monumento femminile che non trasmetteva altro che staticità e paura, tanta paura, perché conosceva già i suoi pensieri, sapeva molto bene quale doveva essere il tema che riguardava solo loro due e nessun altro. Fu così che socchiuse la porta sfiorandola con un piede e si spinse lentamente verso la giovane con occhi fissi a terra e con un’aria dura e pronta a dirle tutto ciò che sentiva.
- Tuo padre probabilmente ti avrebbe informata a breve...- ecco, stava per parlarle di quel che temeva oramai da tanto tempo, dell’incubo che non avrebbe mai avuto fine, del matrimonio tra loro e della loro vita insieme... – Ma mi sembra più giusto che sia io a...- notò subito che l’altra aveva una strana espressione facciale, smarrita e angosciata; le sue labbra tremolavano con poca forza e i suoi occhi erano inchiodati al pavimento lucente, lievemente direzionati da una parte. E rimase inizialmente meravigliato quando lei mormorò qualche parolina, soffice e dondolante per il timore e il disagio; pure lei stessa rimase quasi sorpresa di essere riuscita ad aprir bocca:
- Lo so...vi ho sentiti poco tempo fa...- levò pian piano il capo dolorante e pesante per tutta quell’apprensione che lo sormontava, mirando per un istante i suoi occhi terribilmente profondi, veramente penetranti, ma pure troppo simili ai suoi. Solo un istante passò dopo quella frase, dopo che i loro sguardi si incrociarono, prima che Hinata si vide afferrare per le braccia e buttare all’indietro con violenza, un atto brusco, apparentemente crudo, ma che in realtà non fece provare alcun dolore fisico alla ragazza, in quanto quella presa era risultata soffice e la sua caduta ancora più morbida poiché si ritrovò sul letto di lui con le spalle e l’intera schiena appoggiate, mentre le gambe erano per di più fuori dal comodo giaciglio dello Hyuga, semi piegate,quindi, semi poggianti, ma fortemente rigide ed impaurite. Neji, intanto, era lì con lei, si era lasciato cadere con la cugina e la teneva, convinto, per le braccia in quel momento alzate, ben distese, che non opponevano resistenza. Era sopra di lei e la fissava con viso dolce e tanto, pazzamente innamorato. Hinata aveva, al contrario, chiuso gli occhi, stretti, serrati, impossibile penetrare all’interno senza la chiave, senza cioè la sua volontà. Lei non intendeva guardarlo. Aveva davvero paura, seppur lo sguardo del cugino non gli avesse mai trasmesso una vera sensazione di sgomento atroce, però in quel momento lui pareva essersi tramutato nell’orco maligno delle fiabe, un mostro che non desiderava altro che impossessarsi di lei, di farla sua, sposandola anche senza il suo volere, vivendo insieme a lei per sempre una volta scambiata la promessa di rispetto reciproco, di amarsi per l’eternità... O forse non intendeva aspettare oltre, non ce la faceva più ad attendere quel giorno tanto splendido, talmente sacro e allo stesso modo usuale: la desiderava, bramava di stringerla e toccarla, la voleva ora, subito, senza spendere altro tempo a contemplarla, a immaginarla fra le sue braccia. Ne aveva avuto l’occasione e dunque si era buttato, per la prima volta in tutta la sua esistenza aveva permesso che fosse il suo istinto ad agire, la parte animale che giace assonnata in tutti gli animi umani, e non la sua psiche, la sua intelligenza, la sua mente tutta ordine e serietà; aveva dato ascolto alle sole emozioni e al grande sogno che lo animava. Trascorsero diversi secondi, quando la fanciulla aprì gli occhi con molta fatica. Se lo vide vicino, vicinissimo, troppo vicino, smoderatamente vicino e si sentiva in fiamme, le bruciava la gola e il viso, e prima di veder nuovamente nero osservò che anche lui era arrossito, era la prima volta che scrutava del rossore sulle sue guance, della vita su quel pallido viso gelato dall’indifferenza. Sbarrò di nuovo gli occhi non appena avvertì un suo movimento: si destò, allentò la presa da lei e si diresse subito verso la porta della sua camera. Era tornato in se, nel suo guscio di freddezza e di poca confidenza con il mondo esterno. Pochi sussurri prima di andarsene:
- Scusa...- aveva capito di aver agito come un folle, impulsivamente, e ciò lo credeva stupido – Non accadrà più... il matrimonio innanzitutto...- e svanì da quel luogo chiuso, senza neppure permettere alla ragazza di rispondergli o di mostrare le sue idee.
Tanto che differenza avrebbe fatto...
Hinata sentì che il cuore era impazzito: batteva con veemenza, pulsava irregolarmente, si scuoteva tutto innaturalmente, come mai aveva fatto. Fino a qualche attimo prima esso si era dovuto fermare, aveva sentito il bisogno di arrestarsi in quanto era consapevole che quella dura esperienza non sarebbe mai riuscito a sopportarla. Avrebbe dovuto batter troppo velocemente, sarebbe dovuto uscirle dal petto per poter pulsare come voleva lui, con colpi netti, potenti e rapidi. Non se la sentiva proprio di sforzarsi in tale maniera e così aveva preferito chiudere gli occhi pure lui e di trattenere il respiro. Solo una volta che lo stressante episodio ebbe fine egli si convinse a riprendere il suo ritmo, ma ovviamente la tensione accumulatosi doveva trovare uno sfogo...
Insomma la giovane Hyuga si ritrovò ancor più agitata, si sentì ancor più male, una volta che lui si spostò da lei, dopo che se ne fu andato, quando il cuore riprese a battere con gran sforzo. Si mise una mano sulla fronte, respirando affannosamente: sudava freddo, mentre il calore del suo corpo andava a mano a mano diminuendo. Non si mosse dal suo letto ancora per qualche minuto, rivedendo nella sua mente quel tentativo, quel gesto istantaneo e imprevisto, talmente sconosciuto e mai saggiato su se stessa. Neji la desiderava sul serio...
Solo quando si accorse che l’oscurità iniziava a incunearsi tra le pareti della stanza, si levò di botto sbarrando gli occhi. Il suo animaletto la stava aspettando, anzi forse non l’attendeva più. Era dannatamente tardi. Si infilò i sandali, prese quel che doveva e si lanciò fuori di casa a perdifiato. Lei correva, ansimava e sudava ancor più di prima. Era seguita, non lo sapeva, e comunque non poteva accorgersene: era troppo preoccupata, troppo persa nei suoi pensieri, troppo addolorata e amareggiata. Era nel fitto bosco, buio e selvaggio, nessuna luce poteva aiutarla o rincuorarla. Si sentì quasi svenire una volta giunta a destinazione, lo stesso luogo in cui si erano rincontrati dopo vari mesi di lontananza, e non tanto per la stanchezza, ma soprattutto per la sua assenza. Infatti, lui non c’era.



La principessina rimase piuttosto colpita dalla reazione del suo gatto
che oramai soggiornava nella sua stanza con l'altro animale.
Sembrava mostrar una certa gelosia...
voleva avere le sue coccole tutte per sé...






Eccomi tornata!!! Allora, un bel capitolo tutto per voi, che mi auguro vi si piaciuto, prima della fine dell’anno!!
Tengo a questo capitolo perché il paring HinaxNeji non mi dispiace affatto…ma sappiamo tutti che questa storia non è di questo genere *W*
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate e…buon Natale e felice anno nuovo a tutti!!!
Un saluto speciale va a coloro che seguono la mia storia e che hanno messo tra i preferiti ^.^
In particolare vorrei ringraziare SeleneLifeLong per aver incominciato a leggere la mia fanfic e per i complimenti (troppo gentile y.y) Continua a recensire!
Bene, baci a tutti e alla prossimaaaaaaa!!

                                     Mewpower

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Capitolo 26
*** Divine light ***


Si voltò diverse volte, si guardò intorno a lungo. Forse credeva che in tal modo lo avrebbe senz’altro trovato per quell’infausta vegetazione, in tutto quel verde che però in quel momento non era altro che nero. Una gigantesca e lugubre macchia di pece che dipingeva lo sfondo dietro alla fanciulla ansimante, ma che a brevi tratti era rischiarata dalla luce lunare, lieve e dolce per gli occhi, la quale donava a quell’impressionante chiazza scura svariate sfumature di tonalità smeraldo. Quasi brillavano le margheritine ai piedi di quegli altissimi arbusti, lanciando tanti sprizzi di lucentezza e di calore. Parevano delle perle, tante piccole perle perdute nei più profondi degli abissi, raccolte dalle mani degli animali e chissà se un giorno sarebbero state colte da mani umane...
La giovane Hyuga, però, non fece caso ai bellissimi fiori, né all’aura di profondo terrore che il paesaggio circostante emetteva. Era impegnata a cercarlo con la vista, ad individuarlo in quello spazio eccessivamente vasto, a pregare affinché non se ne fosse andato veramente, affinché non le avesse mentito o si fosse arrabbiato. Smise poco dopo di girare il capo da una parte all’altra come un’esasperata, credendo che non ci fosse più nulla da fare. La loro storia si era conclusa il giorno prima e non si sarebbero più rivisti. Era dispiaciuta. Voleva almeno dirgli addio. Sposto una piccola ciocca di capelli intorno all’orecchio e mirò per un ultimo istante il terreno incolto prima di girare i tacchi. Ma poi vi fu un fruscio proveniente da un cespuglio là vicino. Fu così che intravide un contorno umano, una figura che si fece a mano a mano maggiormente nitida.
-Ti ho fatto paura?- lo riconobbe appena udì la prima nota di quella domanda. Oramai aveva fissato tutto di lui nella sua testa.
 Lui l’aveva vista piuttosto agitata e persa, si sentiva in dovere di chiedere come stava.
-No, no, affatto- rispose con la voce un po’ tremolante, ma allo stesso tempo convincente. Era felice in cuor suo di aver sbagliato ancora e di vederlo di fronte a se. Avrebbe tanto voluto mostrargli il suo sorriso di gioia e di esprimergli la sua contentezza per il solo averlo incontrarlo un’altra volta... Ma crebbe che quella reazione sarebbe stata esagerata e alla fine si convinse pure lei che le sue emozioni fossero eccessivamente ingigantite...Perché tutta quell’esultanza? Beh, non seppe darsi una risposta, se non “...perché devo essermi affezionata!”
 Le piaceva la sua presenza... la faceva sentire al sicuro... – Mi dispiace, Itachi...- e si accorse definitivamente che il suo nome le piaceva -...se ho fatto tardi. –
Il ragazzo era sempre di più meravigliato da come quella ninja era in grado di trasmettere in così poche parole tutta la miriade di sensazioni che aveva nel cuore in quel momento: dispiacere, tristezza, come anche una strana felicità; e ne rimaneva sbalordito, ragionando su quale fosse la sua vera natura o se fosse una sua particolare abilità...
- Non temere, non ho fretta – la rincuorò così e a lei infatti bastava quel poco per sentirsi subito più sollevata – Mettiamoci alla luce, sarà più facile per entrambi...- e le indicò a pochi passi da loro un piccolo spazio privo di erba sul suolo, ma comunque circondato da una serie di abeti oramai privi di vera bellezza. Si sedettero entrambi: lui appoggiato di schiena ad uno di quegli alberi e lei di fronte con tutto l’occorrente. Disfece con cura la benda che portava solo intorno ad un occhio, cercando di non sfiorargli mai i capelli, di toccarlo il meno possibile, ne aveva sempre vergogna. Poi gli sorrise dolcemente non appena osservò quella pezza sfilata:
-Non hai perso più sangue, per fortuna- e sospirò fortemente per poi cadere di nuovo nell’imbarazzo accorgendosi che aveva ancora agito forse in maniera troppo accentuata...
- Certo che tu...- iniziò a parlare il bel moro fissandola -...non ce la fai proprio a nascondere i tuoi sentimenti...- la Hyuga rimase in bilico su quell’affermazione non sapendo se esserne compiaciuta o meno – Sei diversa...- e a quel punto si sentì ancora più confusa -...non sembri neanche umana...-
- I...io?- era un po’ intimorita da quelle parole e non capiva proprio a cosa volesse arrivare
- Sei come una creatura di un altro mondo che vuole portare il bene qua, tra noi umani...- continuava a fissarla nei suoi occhioni chiarissimi che brillavano ancor più sotto il chiarore lunare – Potresti essere un angelo, chissà...- giunse così un complimento che la fece sussultare e arrossire lievemente, ma non con eccessività. Si sentiva stranamente addolcita, rasserenata dopo quell’affermazione, vagamente soddisfatta dopo aver udito quelle parole non da un uomo qualunque, ma da Itachi Uchiha.
- Tu...esageri...- abbassò il capo mentre si adoperava a ripiegare il panno leggermente sporco
- Eppure...- riprese il discorso subito, spingendo la ragazza ad innalzare gli occhi verso i suoi -...gli angeli non dovrebbero piangere...- Si sentì colpire il cuore e il viso coprirsi di calore. Non sapeva neppure lei quel che le succedeva e si sentiva veramente immersa in un lago di vergogna, nel quale rischiava di affogare; ma arrivò subito lui che le porse una mano mettendola in salvo:
- Continui a soffrire e a piangere...- lui la guardava con intensità, sopraelevato a tutto e a tutti, mentre lei persisteva nel rimanere con lo sguardo saldo a terra come se fosse terribilmente attenta al suo lavoro con la benda medica, tutta piegata in se stessa e in progressivo rimpicciolimento. Tentennò prima di accennare pure lei qualche parolina:
- Non ce la faccio a smettere...c’è sempre qualcosa che grava sopra di me...- lui non poteva ribattere nulla, dopotutto sembrava davvero che i problemi si concentrassero tutti verso la poverina, come fanno le farfalle una volta trovato il polline.
- Sei stata male pure questa sera...- non suonava affatto come domanda, bensì come una vera e propria constatazione
- Sì...- alzò a quel punto la testolina, ma cercando di deviare lo sguardo la maggior parte della volte che le fu possibile fino a che lui non si protese verso di lei e le tocco la fronte con una mano:
- Hai sudato freddo...- come era riuscito a notarlo? -...ma sei stata forte e non hai pianto...- fece così allontanare la mano dalla fonte solo appena inumidita, sfiorandole la leggera frangetta.
- Sei...tu ora quello particolare...- iniziò a commentare la ragazza spostando dopo tanta indecisione lo sguardo verso di lui –Riesci sempre a stupirmi in qualche modo...- accennò un sorriso che l’altro non poté far a meno di ricevere e ne avvertì tutta la simpatia che lei aveva nei suoi confronti.
Un rapido soffio di vento permise a qualche fronda più alta di spostarsi, permettendo alla luna di rischiarare ancor più i loro visi e di illuminare la selvaggia boscaglia.
 - Vorresti tornare a sorridere almeno per un momento, questa sera?- le mormorò con un pizzico di tenerezza l’Uchiha, facendola quasi preoccupare. Ma lei aveva una strana fiducia nei suoi confronti e non esitò a fargli cenno di sì con la testa. A quel gesto, Itachi accostò due dita nei pressi della propria bocca socchiudendo gli occhi. Si stava concentrando, stava radunando parte della sua forza su due sole dita, per poi essere in grado di giungere al suo obiettivo e di vederla, sperava, sorridere. Hinata poteva avvertire il suo chakra seppur non avesse attivato il Byakugan, ne sentiva il calore e l’incredibile quantità, la strabiliante potenza di un solo individuo raggruppata tutta lì, chissà per quale motivo... Ad un certo punto il moro riaprì gli occhi e levò lentamente la mano al cielo. Un leggero soffio di vento gli fece muovere i capelli che gli scivolavano lungo il viso e dondolarono lievemente accarezzandogli le guance marcate da chiari segni di rimpianto e stanchezza. Al solo terminare di quel piacevole soffio, ebbe inizio un incantevole spettacolo naturale, diretto dal ragazzo il quale non smise mai di osservare il cielo, fino a che non le richiamò tutte...
Comparve dapprima solo una delle innumerevoli ballerine, forse lei in quanto la più graziosa o la più abile in quella danza. Portava uno splendido costumino color neve che tendeva a brillare sotto il riflettore che non emetteva altro che una flebile luce in quel momento, una luce candida come tutte loro, come tutte quelle piccole danzatrici che si fecero avanti una alla volta, solo quando, però, la prima ebbe a sufficienza volteggiato intorno alla giovane Hyuga che rimase imbambolata di fronte a tanta meraviglia, ad un’esibizione talmente incantevole. Così seguitarono le altre, tantissime e bellissime, ma che non potevano eguagliare la prima ballerina, che si fece sempre notare, sempre distinguere dal gruppo seppur assomigliasse alle altre. Infatti anche le ali delle seconde farfalle erano della stessa tonalità, anzi alcune avevano perfino delle sfumature colorate che risplendevano ancor più, in contrasto con tutto quel bianco, che però Hinata apprezzava moltissimo, forse maggiormente rispetto a quelle farfalline che avevano solamente qualche schizzo di candore sulle loro ali e nulla di più. Erano una decina, anzi no, non meno di venti farfalle, coloro che si libravano nella fresca aria selvaggia e buia, in quello spazio dove la ragazza non era altro che una semplice spettatrice, ma che godeva e si immedesimava perfettamente in tutti quei piccolissimi corpi fino ad avvertire lei stessa la loro leggerezza e l’incredibile gioia di libertà che esse vivevano. Inoltre erano belle, bellissime, tanti minuscoli cristalli che luccicavano senza alcun timore, mostrando interamente il loro fascino senza celar nulla, senza provar vergogna per quell’eccessivo esibizionismo. Anzi parevano sorridere e tentavano di far sorridere pure lei che le mirava ancora un po’ stralunata, che cercava di assorbire ogni minima piroetta aerea e di immagazzinarla nel cuore, così da aver qualcosa per cui provare gioia ed emozione, gli stessi sentimenti che anche in quel momento si stavano diffondendo nel suo animo. Alla fine, infatti, sorrise, mostrò il suo magnifico sorriso a tutti quegli animaletti sopra di lei e rise dolcemente socchiudendo pure un po’ gli occhioni lucidi, smisuratamente stupiti per quello stupendo sfoggio di bellezza dedicato tutto a lei, tutto realizzato per lei... Anche la Hyuga, seppur con timidezza alzò una mano verso il cielo come se volesse toccarne una e accarezzarla solo per dirle grazie per quella fantastica danza, per essere venute tutte per rincuorarla, per essere lì solo per farla star bene. Fu così che lei, la prima ballerina scese con eleganza verso la fanciulla, che la fissava oramai da tempo, e ancora girando su se stessa si esibì di fronte a lei e standole più vicino Hinata si accorse che non era neppure lei completamente bianca, anche lei aveva dei punti, non era completamente pura, non era perfetta. Però quelle che qualcuno poteva definire imperfezioni erano in realtà ciò che la rendevano ancora più bella, poiché differente dalle altre e comunque unica per quella proprietà, anche se nel resto del gruppo poteva essercene qualcun’altra con quella stessa caratteristica. Quella farfallina aveva delle sfumature scure lungo i bordi delle sue ali che ad una prima occhiata fecero star male la giovane spettatrice, in quanto parevano rovinare il suo vestitino, ma istantaneamente cancellò quel brutto pensiero dalla testa: le era piaciuta fin dall’inizio, ne aveva apprezzato i movimenti e la grazia, non doveva importarle un particolare del genere, anzi sentiva che quella particolarità forse era ciò che più apprezzava di lei e fu così che ne sorrise e tentò di sfiorarla; però lei aveva paura che quella mano potesse rovinale le ali, che si sarebbe fatta male e non volle rischiare, non volle rinunciare a poter volare per sempre, avrebbe tanto voluto allo stesso tempo carezzare la pelle umana, saggiare un qualcosa di così nuovo e affascinante, ma l’istinto e il terrore la fecero indietreggiare e ritornò verso l’alto insieme alle altre compagne che ora volavano a cerchio scintillando come mai avevano fatto, quella sera volevano proprio esibire tutta la loro bellezza. E fu così che il riflettore lunare emanò un chiarore più forte rispetto all’atto precedente, dopo che le pesanti nubi si discostarono da esso e in tale maniera fu in grado di illuminarle tutte, di permettere che i loro abiti sfoggiassero i loro colori, uniformati dal candore del tessuto di base, ma diversificati poi dalle minuscole sfumature e dettagli che li ornavano: strisce, puntini e piccole macchie dipingevano quelle vesti apparentemente uguali e in questa maniera Hinata si rese conto del loro vero charme e di quanto un piccolissimo animale potesse rivelare così multiformi qualità. Improvvisamente una scia brillante segno il cielo scuro, a mala pena illuminato dalle stelle: era ancora la prima danzatrice, la più gentile e graziosa che sfilava di fronte a tutte lasciando una polverina innocua per il corpo umano, e visibile solo in notti tetre come quelle, ma di un effetto strabiliante per il cuore, per la felicità di un animo angosciato, e tutto dedicato a lei, all’unica che applaudiva, la sola lì presente, ma in quel frangente non più triste. Senza che lei se ne accorgesse, Itachi le si accostò strisciando a terra, cercando di far il meno rumore possibile per non disturbare le giovani ballerine e per non rovinare il loro spettacolo. Doveva chiederle come stava, voleva sapere se finalmente fosse riuscito a risollevarla...ancora una volta...come anche lei aveva fatto più di un’occasione con lui...e dunque le si mise accanto e le mormorò:
- Ti piace ?- lei non volle distogliere lo sguardo da quella meravigliosa pioggia argentata, ma solo guardandolo negli occhi avrebbe potuto veramente esprimergli ciò che provava:
- Non ho parole...è bellissimo...- lo mirò intensamente e per la prima volta, dopo tutti i loro incontri, si sentì lui in imbarazzo.
- Adesso, l’ultimo atto...- le prese una mano e la fanciulla si voltò di scatto su di lui, presa dall’agitazione – Ora concentra più che puoi il chakra sulla tua mano...- lo fissò ancora un po’ perplessa, ma il suo sguardo rassicurante le diede un motivo in più per farlo. Si concentrò, spostò il suo chakra lì, come le aveva detto. Non fu difficile per lei, non poteva esserlo per uno Hyuga, e mantenne gli occhi chiusi e il capo abbassato fino a quando...fino a quando non si sentì accarezzare la mano, un bacino lasciato correndo, anzi no, volando. Hinata riaprì gli occhi e alzò nuovamente la testa, lassù dove il moro le aveva portato la mano; vide lei, quella bellissima ballerina dal tutù semi argentato che lei adorava, la quale svolazzava nelle sue vicinanze e le aveva toccato il palmo della mano. Si riavvicinò ancora, sfiorandole i capelli e poi il viso e alla fine non poté proprio resistere e dovette posarsi sulla sua tenera mano e fermare le ali, che dovevano ora riposarsi dopo tanti passi di danza. Hinata la guardò contentissima e l’accostò al suo viso. Come se le altre fossero un po’ gelose della compagna si avvicinarono ai due giovani, ma non si fermarono come l’amica, bensì perpetuarono a volteggiare, a saltare per l’aria a fare inchini e segni di saluto per la spettatrice così gentile che aveva assistito con gioia al loro spettacolino. Pure la prima ballerina le fece un lieve inchino e a quel punto dischiuse le ali, lasciando qualche traccia polverosa su quella mano. Poi si levò in volo, con delicatezza ed armonia, mostrando quella bravura che aveva faticosamente raggiunto e richiamando a se le altre che la seguirono in fila. I due rimasero a guardarle fino all’ultimo, fino a quando non scomparvero tra la vegetazione e il candore lunare lasciandoli di nuovo soli, ma entrambi cambiati, tutti e due erano finalmente soddisfatti e rasserenati. Si guardò il palmo prima di voltarsi verso di lui e ringraziarlo. Tante volte, tantissime volte doveva esprimergli la sua gratitudine, il suo gesto era stato davvero tenero e gentile, la sua sensibilità e la comprensione nei suoi confronti l’aveva davvero colpita. Si voltò verso colui che aveva di lato, già con il sorriso sulle labbra, solo per dirgli un affettuoso “grazie”... ma non ce la fece, almeno non subito. Incontrò dapprima i suoi capelli, neri come la pece, ma che brillavano nell’oscurità, avevano degli stani, però magnifici riflessi che la misero in ansia... sentì che il cuore batteva più forte del normale... pensò che quella non fosse altro che ansia. Poi si girò anche lui verso di lei e non poté così non incrociare pure i suoi occhi scuri, neri anche loro, ma stranamente seducenti, incredibilmente profondi, nei quali ci si poteva perdere. Lei pensava e lui pure. Si creò così un imbarazzante silenzio che finì una volta che le loro mani si sfiorarono per caso. Sobbalzò lei arrossendo, mentre lui si discostò fingendo di averlo fatto per alzarsi.
- Volevo...- balbettò levandosi pian piano pure lei da terra -...ringraziarti...Sei stato davvero carino con me...Itachi!- e gli sorrise tenendo il capo lievemente abbassato poiché sentiva ancora le guance piuttosto arrossite.
- Di nulla...- si grattò la testa cercando di assumere l’aria più seria che poteva –Io...volevo soltanto vederti sorridere...- a quell’affermazione la fanciulla avvertì un tuffo nel cuore, che la spinse a guardarlo direttamente in viso, ma che accentuò ancor di più il suo rossore –Cerca soltanto di resistere, di essere più forte che puoi, di...affrontare tutto ciò che c’è di più acre nella tua vita- nel frattempo aveva già direzionato i piedi in modo tale da far intuire che aveva intenzione di andarsene, però continuò a parlare prima di avviarsi -...ma soprattutto, non stare in pena per me...-  Aprì la bocca leggermente come se volesse dirgli qualcosa, in realtà era solo emozionata, in preda allo strepitare del cuoricino – Io sto bene...Hinata. – e per la prima volta (e si domandò se sarebbe stata anche l’ultima) lui sorrise, sì, fu un sorriso sincero dettato dalla felicità del suo animo, dalla semplice sincerità e da una vibrazione, un impulso d’affetto per quell’angelo. Lei rimase congelata di fronte a lui e spalancò così gli occhi, mentre la bocca era ritornata chiusa e immobile. Il viso dell’Uchiha, per di più, in quel momento era illuminato dalla luna, la quale non poteva perdersi una scena del genere e  rimase in quel momento lì, in quella posizione, in quella traiettoria solo per rischiarare quei due e rendere indiscutibile quali fossero le loro vere emozioni in quell’attimo, mettendo in luce i loro occhi, i loro volti, i loro corpi. Ma giunse il tempo di partire. Lui si allontanò con passo moderato e lei non seppe cosa fare. Sarebbe tornato il giorno seguente? Dovevano ritrovarsi in quello stesso punto? C’era ancora qualcosa che doveva dirgli? Avrebbe dovuto consigliargli un posto sicuro dove passare la nottata? Non seppe muover muscolo e neppure aprir bocca. La sua mente era completamente vuota, persa solamente in un mare di spensieratezza e di momentanea pace. Continuò a fissarlo fino a quando non lo vide più per la folta vegetazione, quando batté nuovamente ciglio e tornò nella realtà. Osservò a quel punto la propria mano, sporca un po’ di terra e ancora semi tremolante. L’accostò al petto, per poi mirare la luna, mostrando all’amica lassù tutto il suo rossore e quanto batticuore la scuotesse tutta in quel momento.
 Lui, invece, camminò diversi metri prima di arrestarsi e di riprendere coscienza della situazione. Si passò una mano sul volto dandosi del folle e cercò di tranquillizzarsi. Sentiva infatti, uno strano calore sulle gote che non gli piaceva affatto e pensò che gli fosse ritornata la febbre. Poi adocchiò l’altra mano che teneva in parte stretta e sempre tenendo la mano opposta sul viso la fissò, l’analizzò, fino a che non avvertì uno starnazzare: erano due uccelli, neri e cupi come lui. Sostavano su un ramo non molto distante dal giovane e lo guardavano intensamente ed immobili come se volessero sentirsi dire qualche cosa. Ad Itachi bastò ruotare lo sguardo su di loro e mormorare qualcosa che uno degli uccelli udì e con prontezza si levò nel cielo, starnazzando e battendo le ali freneticamente come se provasse dolore. Già, il dolore lo aveva provato, ed anche molto forte, al solo mirare gli occhi nuovamente insanguinati del padrone, agghiaccianti e penetranti, rossi di Sharingan. L’altro non si era mosso, non c’era bisogno che seguisse il compagno e per questo era ritornato nella sua tana, nella sua casa, la più sicura del mondo e che mai nessuno era riuscito ad usurpare. Infatti, si dissolse in un vortice nero, tornando in un altro mondo, nel suo mondo, quello illusorio dello Sharingan.



Il lupo spinse la principessina fuori,
sul suo giardino, fingendo di voler passeggiare...
Una bella sorpresa aspettava la fanciulla:
tante e piccole lucciole quella sera volevano danzare per lei.








Ciao a tuttiiiiiiiii!!! ^^ Come state?
Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto...sinceramente tengo a questo in maniera particolare perché è il primo e vero episodio romantico fra Itachi e Hinata...
Beh, fatemi sapere che ne pensate!^^
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono e in particolare coloro che lasciano recensioni...grazieeeeeeeeeeee!!

Mewpower

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Capitolo 27
*** Feeling ***


La mattina seguente Hinata non riusciva ad alzarsi dal letto. Era stata in grado si alzarsi una prima volta, di lavarsi il volto, di legarsi i capelli e di rifare il letto; ma poi, una volta mirato il sole alto, già infuocato di prima mattina, le venne un improvviso desiderio di tornare a sdraiarsi e di dormire. Non era stanca, era semplicemente stufa. Non sopportava più l’idea di dover convivere con quella pesantezza nel cuore ancora, di dover temere il giorno in cui sarebbe toccato al padre parlarle del grande passo matrimoniale ed era angosciata dal clima di tensione che sovrastava lei ogniqualvolta aveva Neji a fianco, conoscendo ciò che le aspettava con lui, e in più ripensando alla spiacevole situazione del giorno prima. Si era quindi distesa di nuovo sulle lenzuola profumate e fissava il muro. Cercava di fantasticare, di pensare a qualcosa di positivo che potesse rincuorarla: i gigli appena nati, i bei ricordi del passato con Naruto e i suoi amici, l’inizio della bella stagione e poi...poi le venne in mente lo stupendo spettacolo della sera avanti, la gioia e l’incredibile piacere provati nell’osservare quell’esibizione talmente meravigliosa e suggestiva, la luna luccicante nel cielo...e il loro tocco di mani... Sobbalzò destandosi subito dal letto e fuggendo dalla camera per andare a fare colazione. Fu istantanea, rapidissima nei movimenti. Fino a che non ebbe finito di mangiare e raccolti qualcuno dei primi gigli sbocciati, non aprì mai bocca e la sua testa rimase vuota, priva di pensieri, insomma bloccò qualsiasi tentativo di comunicazione con l’interno e l’esterno di se stessa.
- Io esco! Vado al cimitero! – gridò senza neppure aspettare una risposta e corse via con il mazzolino candido fra le braccia. Si arrestò solo qualche metro più tardi credendo di essere impazzita:
“Ma che mi prende?” pensò mettendosi una mano su una guancia, mentre con l’altra teneva  i suoi piccolini ben stretti a se. E fu così che si accorse di aver uno strano calore sulle gote, di cui prima non si era accorta, ma che probabilmente era stato il trampolino di lancio per quell’improvvisa vampa di energia che si era impossessata di lei poco fa, però ora stava pian piano svanendo.
Tutto era cominciato con il rimembrar colui che l’aveva fatta sorridere dopo tanto dolore, tutta la sua vitalità improvvisa era stata generata da un semplice ricordo, apparentemente lontano, ma in realtà molto, molto vicino...      
Scosse comunque il capo credendo di essere una sciocca, fingendo di capire quel che le era successo e continuò per la sua via, verso la sua meta, verso un posto che non visitava ormai con la stessa frequenza di una volta, ma dal quale non avrebbe mai potuto allontanarsi perché lì giaceva il suo primo amore, il suo più grande amore, il quale però aveva necessariamente dovuto abbandonare per poter essere felice...per far sì che anche lui fosse felice...per far felici pure chi le stava intorno... Quel giorno tuttavia ricorreva l’anniversario della sua scomparsa e come forma di rispetto nei suoi confronti, ma anche per puro desiderio di riaverlo per un attimo accanto dopo tanto tempo, volle ritornare sul suo letto di morte e salutarlo.
Quando giunse lì, dinnanzi alla sua lapide, rimase meravigliata e contenta in cuor suo di notare che già altri prima di lei vi erano già stati là a rendergli visita. Infatti, due mazzi di fiori di differenti e sgargianti colori animavano quel punto così tetro e desolato, rallegrando chi li osservava e chi li riceveva. Anche l’amico Uchiha aveva ricevuto dei graziosissimi fiori e sicuramente ne sarebbero arrivati altri sia per lui che per il biondo compagno di avventure... Ma quel che notò la giovane Hyuga fu una tinta in particolare fra quelle macchie di colore: era un colore che lei amava tanto, come pure il fiore che ne era dipinto in quanto credeva che esso raccogliesse in se tanti significati distinti e speciali, meravigliosi e profondi, che nessun altro tipo di pianta sarebbe mai stata in grado di eguagliare. Vide, infatti, una rosa che metteva in mostra i suoi petali eleganti e morbidi, addolciti da un angelico candore il quale la rendeva ancor più bella e regale e conferiva così a quelle dure pietre un senso di importanza e di nobiltà mai avuti e che senza di lei non avrebbero mai potuto sperimentare. La notò là, ben in vista e posizionata di fronte agli altri compagni floreali e alla base della lapide di Sasuke, ma la scorse anche sull’altra pietra, quella di Naruto, messa perfettamente in verticale, appoggiata ad un mazzolino anch’esso nella stessa posizione. Erano identiche, perfette entrambe, nessuna batteva l’altra, nessuna provava invidia o competizione verso la sorella. Erano fantastiche e luccicanti, fresche di primavera e di vita e sicuramente erano state portate dalla stessa mano, sì, secondo lei era così. Ci rifletté su un attimo e un improvviso flash le tornò alla mente. Sorrise con tenerezza mentre appoggiava il suo dono contro la lapide del suo angelo biondo e posizionando qualche fiorellino anche su quella dell’Uchiha gli sorrise e lo accarezzò.

“Non sei mai stato cattivo in verità...”

Il sole gli colpiva metà del busto e le gambe per intero. Era sdraiato con le mani dietro la nuca e fissava le poche nuvole lattiginose che si spostavano con lentezza nel cielo turchino. Stava comodo seppur il terreno fosse pietroso ed era lieto di trovarsi lì e di rilassarsi. Non pensava a nulla, o almeno tentava di non pensarci, ma a volte la parte irrazionale di lui emergeva talmente velocemente che non faceva in tempo ad agire e a bloccarla. Così, qualche volta, tornava con la mente alla sera prima e all’immagine di loro due insieme. La luna era stata perfetta per lo spettacolo che aveva progettato in quel momento e le farfalle erano state meravigliose. E lei brava a riuscire a toccarne una, ma per una ninja non poteva essere complicato... Sospirò. Credeva che forse non avrebbe dovuto aspettare oltre e che se ne sarebbe dovuto andare subito. Anzi sentiva che doveva fuggire proprio in quel momento senza aspettare oltre. Non temeva tanto per lui, quanto per l’incolumità di quell’anima, che profumava sempre di fresco e di fiori, come la sua mano...dopo quel tocco, quell’istantaneo, ma sentito sfioramento di mani che c’era stato; chissà come poi era successo, nessuno dei due ne era il responsabile... Seppur minimo, seppur così sfuggente il suo odore gli era rimasto impresso sulla pelle e lo odorava ancora, anche se non accostasse la sua mano al naso...
“Il suo profumo...” ne era dannatamente incantato, amava il suo profumo di primavera “...lo sento pure ora...” e fissò la mano indurita, gravante di tanto sangue versato, ma in quel caso purificata, ingentilita dal sapore di fiori.
Fu disturbato quel momento di pace e di intensa contemplazione dal suono della sua voce, delicata e soave come sempre:
- Me lo sentivo che non te ne eri andato...- gli sopraggiunse dinnanzi, con le mani timidamente strette l’una all’altra, con lo sguardo perso in chissà quale sogno.
- Come mi hai trovato?- le domandò nascondendo la sorpresa, mantenendo rigido e immutabile la propria espressione
- Tornavo dal cimitero di Konoa...- spostò il capo verso il lontano orizzonte come per indicargli la direzione -...e sentivo il bisogno di tornare qui, presso questa grotta...- I due, infatti, non erano altro che di fronte all’entrata di quella caverna che era stata per tanto tempo luogo dei loro incontri, rifugio per lui, speranza per lei, immagine di tanto dolore e pena, come pure collaboratore dello schiocco di un importante relazione che si era costruita pian piano.
- Come stai?- gli mormorò facendogli intuire la sua gioia nel vederselo accanto
- Bene... – mai nessuna altra parola più breve e coincisa poteva trasmetterle più sicurezza e tranquillità nell’animo.
- Allora, oggi non hai bisogno di me...- sorrise lasciando semi frastornato il moro. Non era abituato del tutto ad ammirarne il riso...non alla piena luce solare. Rimase comunque per qualche secondo ancora sdraiato a terra, ma poi provò una gran smania per la sua presenza e per il solo vederla lì, sopraelevata a lui. Sentiva l’irrefrenabile bisogno di discostarsi e di abbandonarla lì il prima possibile. Quindi si alzò, aiutandosi con una mano poggiata al suolo e raccogliendo il lungo manto nero dell’Akatsuki accostato ad un roccia fece per andarsene senza dir nulla.
- Parti?- chiese lei con un po’ di malinconia in fondo in fondo a quella parola
- Non posso restare...- rispose accennando un’occhiata piena di malavoglia, ma non aggiunse altro. Fu lei a continuare:
- Per quanto tempo rimarrai qui, al Villaggio?- nascondeva una vena di inquietudine che a fatica si incuneava tra le sue corde vocali facendo apparire la voce solo leggermente rattristata
- Forse ancora per qualche giorno... Devo prima occuparmi dei rifornimenti e di abiti nuovi. Poi partirò...- si allontanava sempre di più eppure gli pareva che la voce della giovane fosse sempre più vicina alle sue orecchie.
- Dunque, non c’è necessità che ti saluti oggi...- sorrise di nuovo, ma lui non volle vedere quell’ennesimo gesto di tenerezza nei propri confronti
- Sarebbe meglio che tu non fossi qui...- un’ affermazione che dava dispiacere, chissà a chi di più, chissà perché... Hinata vide un fulmine che istantaneamente divise lui da se stessa, un baglio che separava le loro vite per sempre e che li rendeva nuovamente soli, entrambi. Non fece trapelare nessuna emozione, non un gemito o un sospiro di sollievo, solo un nuovo intervento, dettato dal cuore e dalla gratitudine.
- Per non rischiare, allora... voglio dirti grazie di nuovo!- Un grazie davvero generalizzato, che poteva essere interpretato in tante maniere differenti, poco chiaro, quindi, eppure carico di molteplici significati. Lei intendeva proprio questo: ringraziarlo per qualsiasi cosa, per ogni momento passato insieme, per ogni loro discussione, per ogni piacevolezza, per ogni lacrima che le aveva aiutato ad asciugare, per averle fatto capire, per aver contribuito a portar fine ad ogni suo dolore, per esserle stato vicino anche se fosse in realtà ancora troppo lontano... Ma quel “grazie” avrebbe dovuto essere pronunciato da una persona diversa; toccava ad Itachi dirle grazie, magari stringendole la mano, magari con un nuovo sorriso, splendido e ricco di riconoscenza, bello come quello della sera passata. Egli, però, cercò di mantenere il sangue freddo, gelido, di troncarne quasi la circolazione, per impedire che il suo gracile corpo potesse agire troppo umanamente, troppo affettuosamente e lui non voleva illuderla. Non intendeva mostrarle più i suoi sentimenti come era già capitato in più di un’ occasione, non voleva più che le porgesse la mano e che lo sostenesse, in quanto tutto questo avrebbe implicato nuove preoccupazioni per la ragazza, nuovi problemi, perché la vicinanza con un assassino non poteva che portare sventura.
- Sei una sciocca...- si lasciò sfuggire, troncando il riso dell’altra – Non sei tu quella che deve ringraziare – era ritornato l’essere impassibile e demoniaco di una volta, crudele e pieno di collera per se stesso, o almeno intendeva farle credere così; lei non ci cascò.-Eppure in cuor mio sentivo di dirtelo...- la sua espressione era mite e luccicava di felicità.
Il ragazzo pensava che continuare a stare con lui non poteva che originare più sconforto e apprensione per la piccola ninja, però sembrava che lei fosse tutt’altro che angosciata... Per questo non resistette, il desiderio di comunicarle quel che aveva in mente pareva più forte di lui; forse un altro potere di quella creatura angelica era la capacità di rendere chi la circondava sincero e di spingerlo a togliersi qualsiasi peso che portava addosso, per consegnarlo sulle sue docili spalle. Poi ci avrebbero pensato le ali a purificare e ad eliminare quell’ingombrante e fastidioso fardello:
- Io...voglio soltanto che tu non corra pericoli...- il cielo tornò azzurro per la Hyuga; scomparvero infatti i fulmini e le nubi di tempesta e un solare sorriso comparve ancora sul suo volto, illuminando pure quello dell’altro
- Non devi stare in pena per me! Anzi per me è un piacere!- si sentì colpito da un altro “grazie” la cui luminosità lo spinse ad abbassare il capo. Si trovava di fronte ad una creatura troppo buona e generosa.

“Non sorridere per me...”

- Ti consiglio solo di fare attenzione – le girò le spalle e scomparve con passo veloce “E non affezionarti a me...” e poi giunse pure questo pensiero, seppur in ritardo e che si sarebbe dovuto trasformare in parole poco prima, ma non ce la fece proprio, era troppo anche per il suo cuore...
- Lo farò...- bisbiglio allora la giovane, aspettando di vederlo definitivamente sparire.



La principessina cercò di accostarsi al lupo
il quale continuava a mostrare una certa diffidenza.
Eppure lei sapeva che l'altro era buono e non ne aveva paura.
Anche lui sapeva che l'altra non voleva fargli del male...però temeva...temeva al suo posto.




Rieccomi tornata con un nuovo capitolo^^
Mi auguro sia stato di vostro gradimento....muahah....muahahahahahahhaha! Non vedo l'ora di pubblicare i prossimi...
Va beh, vi saluto e vi ringrazio tanto tanto per essere lettori di questa fanfiction...a presto!!


Mewpower

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Capitolo 28
*** I'm better now ***


Uscì di casa lentamente, guardando sempre dritta davanti a se. Hinata non aveva più avuto l’occasione di vedere il lupachiotto in quegli ultimi cinque giorni, il caso non li aveva fatti più incontrare, le loro vie sembravano non desiderare più incrociarsi. Ma quel pomeriggio, quell’afoso pomeriggio, la ninja aveva proprio il desiderio di vederlo, le bastavano due parole, voleva solo parlargli un attimo. Ne aveva bisogno. Non sapeva neppure lei se voleva sfogarsi o se intendeva semplicemente parlare dell’accaduto con qualcuno, comunque la prima persona che gli venne in mente e che le sembrò più adatta fu proprio lui, il moro Uchiha traditore. Impassibile, superò il cancello, la rigidità della sua espressione pareva quasi inumana, ma alla fine si sciolse, il sangue riprese a circolare e il fiato pure solo quando avvertì un gracchiare inquietante dietro di lei:
“Ancora?” quei due corvi lucidati di nero parevano aver fatto il nido proprio sopra il pilastro più alto che componeva l’accesso della residenza Hyuga; erano insomma sempre lì, con lo sguardo fisso su ogni passante, muti per tutta la giornata, tranne quando usciva lei; ci aveva fatto caso e la questione quasi le metteva timore. Non se la sentiva, tuttavia, di cacciarli. Dopotutto non avevano fatto mai del male a nessuno, ma il desiderio che se ne andassero un giorno di quelli non poteva non svolazzare per la sua mente. Fatto sta che si allontanò subito da loro, dirigendosi verso la foresta con quell’irrefrenabile bramosia di poterlo incontrare. E come se quella speranza proveniente dal cuore fosse giunta fino a lui se lo ritrovò davanti, all’improvviso, a diversi metri dal fiume che passava accanto alla sua ex tana.
- Ehi!- fu sorpreso quanto lei di incrociarla lì – Che cosa hai?- aveva corso e la stanchezza era evidente
- Che sciocca! Mi sono messa a correre con questo caldo!- si rese conto che tutta quella bramosia l’aveva portata ad agire senza pensare. Ma la notizia era grande.
- C’è qualcosa che non va?- si sedette sulla riva del fiume quasi in piena nonostante l’alta temperatura e il fatto che non piovesse oramai da parecchio.  
- Eh? No, no!- ora pareva in ansia e senza più il bisogno di spiegargli che cosa la rendeva in quello stato – Anzi, credo che oggi non potevo sentirmi meglio... mi sento così leggera!- si era seduta pure lei nel frattempo, ma mentre pronunciava quelle parole, Itachi si era accorto che quel che apparentemente poteva sembrare un viso gioioso, era in verità solo uno schermo, una maschera posizionata un po’ troppo storta e che non riusciva a celare nel migliore dei modi quel che vi era sotto...O forse era lui che aveva la vista aguzza, più magari della gente comune.
- Se lo dici tu...- sospirò mirando le acque cristalline, ma non seppe fingere oltre e notando che lei non apriva neanche bocca le chiese con tono tendente allo scherzare – Mi è sembrato strano che oggi tu non mi abbia chiesto come sto e così mi era sorto un dubbio-. Si voltò completamente verso di lei fissandola come se riuscisse con il solo sguardo a darle un colpicino al cuore e a farla veramente sfogare.
- Sei acuto...- appoggiò il mento sulle proprie gambe piegate e addossate al petto formoso; avvolgendo poi le braccia intorno a quei solidi, ma apparentemente gracili arti inferiori sospirò.
 – Mi sento meglio , è vero... però dovrei essere più disperata che mai...-
Itachi contemplava i suoi occhi divenuti bui direttamente, mentre lei cercava di sfuggire da quel suo sguardo mirando di fronte:
- Sono riuscita a parlare con mio padre. Ne ho finalmente trovata la forza...- la dura e triste storia di quel matrimonio folle ricomparve nella mente dell’Uchiha che abbassò lo sguardo, come se si fosse appesantito da quel indigesto ricordo – Gli ho spiegato che ne ero già venuta a conoscenza e che volevo parlare con lui prima della dichiarazione ufficiale... Temevo che non me lo avrebbe mai detto in tempo...temevo di ritrovarmi la sera prima del matrimonio a discutere sull’argomento...-
Itachi annuì riportando lo sguardo verso il viso della giovane, evidentemente afflitto, ma che si sforzava ad essere il più forte possibile:
- Volevo soltanto spiegare le mie ragioni, ma pure tentare di convincerlo, di...non… costringermi...- Itachi aprì leggermente la bocca per il timore, al solo vedere gli occhi della Hyuga cominciar ad annebbiarsi; aveva cominciato a soffrire pure lui, immedesimandosi in lei, aveva cominciato a capire come fosse difficile starle vicino e soffrire insieme -...insomma, ognuno ha il diritto di fare la propria scelta...sono grande ormai, no?- Voleva intervenire, voleva rincuorarla, ma in quel momento era solo impietrito di fronte a tanta tristezza – Però non mi ha ascoltata comunque, perché secondo lui era questa la scelta migliore... anzi perfetta, mi ha detto...- iniziava a tremolarle pure la bocca, che a quel punto strinse fortemente facendola colorire di un rosso venato di sfumature violacee.
- Purtroppo... capita che alla fine di una storia non sia sempre la cosa più giusta ad avere la meglio...- le mormorò cercando di starle con l’animo il più vicino possibile – Bisogna solo cercare di andare avanti...e di sforzarsi ad essere forti...-
Hinata levò la testa verso il cielo senza nubi facendo un gran respiro profondo, ma che fu silenzioso e soffice, privo del minimo accenno al pianto.
-Sono felice per questo...- disse allora rivolgendo lo sguardo di nuovo sereno al suo interlocutore -...solo perché in questo caso sono riuscita a dimostrami forte!- e accennò un sorriso che non volle essere esagerato, ma che era allo stesso tempo deciso e fermo, simbolo di quella piccola conquista, raggiunta...grazie a lui.                 
-Mi dispiace per questa tua situazione... Personalmente la trovo insensata e folle.- confessò accorgendosi che si era nuovamente aperto verso di lei senza timore –Mi piacerebbe aiutarti in qualche modo...- dopotutto avrebbe dovuto sdebitarsi con la sua salvatrice in qualche maniera -...ma non credo che possa fare qualcosa...- non si poteva combattere contro una decisione talmente autorevole e importante.
Hinata scosse il capo, affermando che accettava quel che il padre voleva:
- Sono sempre stato motivo di delusione per lui...anche se non ne ho mai capito la ragione!- ridacchiò quasi, cercando di sdrammatizzare – Se ciò lo rende felice...allora non mi tiro indietro.- anche perché non aveva altra scelta. Il moro si sentiva privo di forze e di mezzi utili per fare qualcosa. Lei era sempre riuscita a risolvere ogni suo problema, ogni suo tormento, a liberarlo da ogni freccia che gli aveva trafitto il cuore e invece lui non poteva far nulla. Si sentiva inutile.
- E comunque, sei stato molto gentile a rimanere ad ascoltarmi...ancora una volta, Itachi!- ma lei, in ogni occasione, in ogni caso, in ogni situazione che lui si sentiva perduto e privo di speranza,  proprio lei, quella piccola ed innocente creaturina, era sempre in grado di risollevarlo, di purificarlo dall’oscurità, di farlo rivivere e sorridere...come mai aveva fatto.
- Certo, che sei particolare... davvero particolare...- le disse per poi distendersi completamente, provando a resistere per infine lasciarsi sfuggire una risatina che durò per poco, ma che echeggiò a lungo nel cuore della fanciulla, incantata a guardare quell’abbagliante sorriso, più bello e caloroso di quel sole, in quel giorno di calda primavera.
- Almeno, ti ho fatto sorridere!- ribatté riflettendo ancora su quell’affermazione apparentemente normale, ma che in realtà nascondeva un messaggio profondo. Però subito dopo dovette passare ad un altro pensiero, quando lui riaprì bocca:
- Tutta questa situazione però...- sibilò appena, ritornando ad un tono di serietà e allo stesso tempo di disperazione che Itachi crebbe di nascondere, ma che in verità fu ben evidente alle orecchie della Hyuga che sentì il cuore nuovamente in subbuglio. Lui si alzò istantaneamente, mettendo quasi paura all’altra per un movimento talmente rapido; il fatto era che sembrava quasi arrabbiato, improvvisamente il suo umore era divenuto nero e impossibile da modificare. Ne ebbe paura la principessina e perciò non fiatò.
- Perdonami...- disse avvolgendo a sé il mantello messo ad asciugare, ma ancor inumidito, sulle spalle -...ma devo scappare!- ora la sua voce pareva tremare dalla frenesia di quella fuga, semi ansimante, come quando un uomo ha appena commesso un omicidio e non aspetta altro che andarsene e lavarsi del sangue dell’ucciso; eppure per lei quel suono rimaneva sempre profondo e affascinante. Era turbato, sì, ma non perdeva la sua attrattiva.
- Va bene...- disse quasi con lamento e tanta incomprensione, lasciandoselo sfuggire di nuovo, senza l’occasione di salutarlo.
Ad ogni passo della corsa dell’Uchiha, seppur sempre più lontano, seppur attutito dall’erba che lì cresceva vigorosa, Hinata si accorse che ogni battito del suo cuore corrispondeva ad ognuno di essi; pareva che volesse seguirlo ovunque, sembrava che volesse essere lì con lui anziché ancora incastonato nel petto della ragazza, si mostrava sempre agitato più che mai solo quando lui si allontanava, solo quando temeva di non rivederlo più.
Il suo cuore pareva volersi legare al suo...
Ed ignorava che anche quello di lui batteva forte, più vivamente che mai e non tanto per la corsa, non tanto per quell’assurdo desiderio di scappare, ma per il fatto di sentirsi assalire di nuovo da quel calore in viso, da quell’improvvisa bramosia che lo punzecchiava sulle gote, e da quel conseguente pensiero che gli faceva ogni volta scuotere il capo. Si fermò nei pressi della grotta e vi si appoggiò con una mano. Ansimava lievemente e si mutilava interiormente, cercando di riprendere il controllo:
“Che ti prende,Itachi? Piantala!” si mise l’altra mano sul volto, massaggiando poi gli occhi, mentre avvertiva il calore aumentare e l’affanno proseguire “Dannazione!” esclamò interiormente sentendo che aveva permesso alle guance di colorarsi ancora, ma per fortuna aveva evitato di farsi vedere “Non posso! Non devo! Maledizione!” si malediceva e si contorceva tutto piegandosi in avanti e fissando il suolo, ora tenendo entrambe le mani contro la parete rocciosa. Il sole picchiava forte e il sudore cominciava a grondare rapidamente dalla sua fronte: scendeva giù, superando le guance e incuneandosi verso il collo, mentre qualche goccia birichina andava ad oscurargli la vista, in quanto si buttava direttamente contro i suoi occhi, facendoglieli bruciare e appannare. Solo dopo qualche attimo, dopo essersi placato, dopo che il respiro riprese la sua normale corsa, egli si levò, con lentezza e con potenza, come se fosse un grande imperatore, come se avesse concentrato nelle sue mani tutto il potere di quel mondo, come se si sentisse finalmente padrone di tutto e di tutti; era sicuro di sé, controllato e placido. “Questo è stato il nostro ultimo incontro...” si disse senza provare alcun sentimento, né gioia, né infelicità “...abbi cura di te...”. Doveva dire a lei quelle parole, ma volle invece dirle al suo animo, per farlo rassegnare, per fargli definitivamente capire che era giunta l’ora di farla finita. Sapeva, inoltre, che lei non avrebbe sofferto oltre per lui, in quanto era consapevole, ne era certissima che lui era in gran forma, sapeva che non aveva più bisogno di nulla.
-Tu non hai bisogno di me...- sospirò all’aria pulita e aromatica di fiori, mirando il cielo dove iniziavano ad entrare in scena le primissime nuvolette color neve, ma intanto sentiva lo sterno dolersi tutto, avvolgersi e domandare pietà verso quel signore-padrone che fingeva al cielo e a se stesso.








La principessina permise all’animale di uscire,
sì, di tornare all’aria aperta decretando che oramai era guarito.
Credeva che sarebbe tornato però, pensava che oramai si fosse abituato alla sua cameretta.
…In realtà il lupo non intendeva più far ritorno. Lui non era un animale domestico.



Rieccomiiiiiii!!! Pardon il ritardo >.< *si inchina ripetutamente*
Ma ecco per voi un nuovo capitolo....hihihi *w* ( per una volta faccio uno "spoiler": ...preparatevi al prossimo! XD Lo so non è un gran che, però...XD)
Bene, vi ringrazio ancora per il vostor sostegno (continuate a recensire) e vi saluto augurandovi poi buona Pasquaaaaaaaaaa!
Baci




Mewpower

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Capitolo 29
*** I'm yours ***


Primo giorno d’estate. Mai stato più gelido. In realtà la temperatura era davvero alta, sia di giorno che di notte, per molti intollerabile, per altri quasi impercettibile. Tra questi ultimi vi era la giovane Hinata che a tutto pensava fuorché il caldo afoso di quella stagione, troppo persa nei suoi problemi e nelle sue ansie. Da molti giorni non vedeva più il suo animaletto, il caro lupacchiotto di cui si era occupata a lungo, ma che ora se ne era andato per sempre, senza neppure salutarla, solo dicendole scusa per doversi allontanare così di getto...una richiesta di perdono che in verità celava molto di più: una fuga definitiva e le tante preoccupazioni che aveva generato in lei. La ragazza non si era mai sentita oppressa da quel lavoro, da quelle cure, anzi erano ciò che lei amava di più fare: aiutare il prossimo, dare soccorso a chi è ferito...nulla di più bello. Ne rimpiangeva la partenza, ma non poteva non succedere. Se lo ripeteva tutti i giorni: “Non poteva non andare a finire così...” Quindi cercava di andare avanti e di esser forte, come del resto, lui l’ aveva sempre spinta a fare. Però era senz’altro dura e la fatica si faceva sentire sul debole corpicino della Hyuga che giorno dopo giorno avvertiva sempre più prossima la data delle nozze. Lei dopotutto cresceva, diveniva ancor più matura, si trasformava passo dopo passo in una vera donna, pronta al grande passo e avvertiva gli occhi del padre e del cugino fortemente puntati su di lei, terribili, infuocati e bramosi di veder realizzato il proprio sogno. Sapeva che entrambi non vedevano l’ora, conosceva i loro più infimi pensieri seppur non fosse capace di leggere le menti delle persone e per questo, quel giorno, si chiese per quale motivo dovesse ancora farli aspettare. Se il suo destino doveva essere quello, tanto valeva accelerare i tempi. Prima si sarebbe consegnata allo sposo, prima avrebbe potuto imparare ad amarlo. Prima si sarebbe sposata, prima avrebbe fatto felice il padre.
Sospirò scorgendo la luna piena di quella sera. Non soffiava per nulla il vento, solo pace e qualche grillo che fischiettava una melodia all’amata per i gigli fioriti nel suo giardino:
“Hai scelto proprio un bel posticino dove portare la tua amica...” pensò con tenerezza la fanciulla ammirando il meraviglioso mare candido che quei tanti fiorellini erano in grado di formare; poi mosse nuovamente gli occhi verso la luna, stupenda e luminosa come non mai, un gioiello della natura che non brillava altro che per lei e ne era lieta. Si chinò sul davanzale della finestra appoggiando i gomiti per poi posizionare il mento sulle mani che profumavano di fresco e di fiori, come sempre, ma in quell’occasione di più, essendosi da poco fatta la doccia, essendosi lavata con cura e a lungo, dovendo indossare la veste più bella e delicata che possedeva, pura e regale, che non doveva assolutamente essere portata da chi non fosse limpido fuori e dentro. Era una camicia da notte, meticolosamente confezionata dalla povera madre di Hinata. Prima di sposarsi aveva deciso di realizzarla, perché voleva che la prima figlia, semmai nata, la indossasse per la prima notte di nozze, per la prime dolci effusioni con il suo lui, un caro e amabile dono che voleva immediatamente realizzare, sentendosi già abbastanza debole, temendo di non poter mai veder sposare la propria figliola, preoccupandosi che la morte che avvertiva oramai prossima potesse colpirla all’improvviso e troppo presto. Doveva essere un ricordo di lei e un tenero augurio di felicità con il suo sposo. E Hinata, quindi, la voleva indossare quella notte stessa, seppur non fosse ancora sposata, però quella era la serata ideale, quella con la luna chiarissima in cielo, quella illuminata dall’incantevole Via lattea nel suo più immenso splendore, quella era la notte del primo giorno d’estate, il giorno in cui intendeva donarsi a Neji, al suo futuro marito. Era stata una difficile decisione, dettata da continui ripensamenti e tanta, tantissima voglia di fuggire, però alla fine si era data per vinta e aveva deciso di accettare la sua sorte. Sarebbe stata con Neji quella sera, sarebbero stati l’intera notte insieme. Si allontanò dalla finestrella decorata dalle tendine appena cambiate e sfilando per la sua stanza, raggiunse la porta; la aprì e diede un’ultima occhiata al suo letto, niveo e puro.
Da quel giorno in poi non lo sarebbe più stato...
Passeggiò per il corridoio in direzione della sua stanza. Era notte; chissà se dormiva, chissà se qualcuno era ancora sveglio; chissà se in questo modo andava contro il padre o le tradizioni; sicuramente quello era un gesto contro se stessa e sapeva che sarebbe stata questa consapevolezza a farle più male.

Intanto un’ ombra sostava nei pressi della residenza regale e scrutava con fare sospetto l’entrata offuscata dalle tenebre. Doveva essere quella la sua meta e quel che vi era dentro...

Giunse alla sua porta e il cuor iniziò a batterle rumorosamente. I piedi tremavano e fremevano per ritornare indietro, speravano di tornare a toccare un altro tipo di pavimento ligneo, comunque lontano dal gelo che avvertivano in quel punto. Ma la mente di Hinata era tutta propensa nell’entrare e a non dare ascolto a nessuna spinta che l’avrebbe allontanata da quella che era la cosa più giusta da fare; lei doveva incontrarlo. Non bussò, ma entrò con paura e lentezza, facendo prima avanzare la testolina e in seguito l’intero corpo con il quale poi richiuse la porta dandole una spintarella leggerissima ricadendo all’indietro, quasi uno svenimento non riuscito e che invece la ragazza avrebbe sotto sotto desiderato che accadesse. Non fece neanche in tempo ad avanzare, non un passo, in quanto al minimo accostamento della porta lo Hyuga aveva di già aperto gli occhi, però senza alcuna fretta. Aveva avvertito in quella stanza una presenza nuova, estranea, ma non per questo pericolosa, anzi ne avvertiva l’assoluta leggerezza e dolcezza, intuendo poco dopo che non poteva che trattarsi della giovane parente, poiché al suo naso giunse il suo meraviglioso profumo, un odore che era assolutamente naturale e che l’aveva contraddistinta fin dalla nascita. Gli sorrise il cuore avvertendolo, ma si stupì al solo vederla davvero lì, più bella che mai, vestita di un abito intimo talmente fine e raffinato. Le domandò se aveva un problema, con un tono sereno e veramente dolce, che arrivò strano alle orecchie dell’altra che fu indotta a pensare che il suo umore non poteva essere che buono, forse addolcito da quella stupenda luna argentata che illuminava con intensità la sua camera da letto, o che forse s fosse allietato all’istante, una volta vista la donna che amava e che presto sarebbe stata solo sua. Non udendo risposta e fortemente attratto da quella figura di alzò dal letto, scostando un leggero lenzuolo dalle sue gambe, e si avvicinò a lei con fare deciso. Rimase immobile a fissarle i capelli, non potendole guardare il viso che teneva basso e fermo, mentre la sua testa vibrava a mala pena, fino a quando non si arrestò, insieme al respiro, una volta che fu in grado di aprire bocca e di levare il capo:
- Neji, io...- ora era la boccuccia a tremolare tutta e il respiro che le si era troncato in gola, le fece assumere un’espressione ancor più mortificata e dolorante –io...vorrei...che tu...- balbettava senza riuscire ad esprimersi; ma non sapeva neppure lei cosa dire. Il suo scopo era semplicemente quello di buttarsi fra le sue braccia, o spingere lui ad afferrarla; doveva lasciarsi andare, doveva consegnarsi a lui, ma di farlo spontaneamente proprio non ci riusciva, non aveva abbastanza coraggio. Quindi attese qualche attimo prima di essere in grado di ritrovare il fiato perduto e di riaprir bocca, però fu lui stavolta ad impedirglielo, riuscendo pazzescamente ad intuire cosa nascondeva tra le sue labbra e il suo cuore. Le toccò le guance arrossate dal timore più che dalla vergogna e spostò il suo viso verso il proprio. Hinata aveva serrato immediatamente gli occhi non appena si era sentita premere le gote e ciò gli impedì di comprendere quale fosse il vero fine del ragazzo. Egli pose le sue labbra a contatto con la fronte della giovane, trasmettendole tutto il calore della sua passione, della sua voglia irresistibile di sentirla vicino; tuttavia non durò a lungo e la discostò da se senza lasciare la presa, solo per impedirle di deviare lo sguardo dai suoi occhi:
- Non ancora, Hinata...- lo diceva con tanta tenerezza, con un tono talmente soffice da offuscare il desiderio carnale che lo stuzzicava non poco, ma che era necessario placare, almeno fino al giorno delle nozze. Fu dopo quella affermazione che lasciò scivolare via il suo viso dalle proprie mani, sfiorandole quei capelli lunghi che le facevano da cornice perfetta e le aprì la porta verso l’uscita, di nuovo verso quel corridoio freddo e oscuro, ma che apparve agli occhi della giovane per la prima volta luminoso e accogliente. Lo sbattere lieve della soglia sancì la fine del batticuore frenetico di lei che riprese a respirare regolarmente, mentre le prime gocce di sudore provocate dall’ansia della situazione precedente cominciavano a scenderle per il collo, rapide e calorosissime.

Ma nel frattempo, l’ombra aveva già individuato l’entrata, la più comoda e la più facile, in quanto l’avrebbe portata direttamente ai piedi del bocconcino pregustato  che ,si accorse, non era ancora rientrato, ma dei  passi morbidi erano percepibili a poca distanza da lì e le  sue orecchie li captarono con prontezza e permisero alla macchia tetra di mettersi in posizione.

Hinata aveva sentito la necessità di dirigersi con prontezza nella sua stanza, senza aspettare, per impedire di essere vista da qualcuno, ed entrò in camera sua, sbarrando la sua porta con entrambe le mani tremolanti. Affannata era la sua respirazione, come se avesse corso con foga e il cuoricino aveva ricominciato a battere rumorosamente, oppresso ancor più di prima da un’ansia indescrivibile e da uno strano presentimento. Al sol sentire una folata di vento alle sue spalle si voltò verso la finestra che aveva dimenticato di chiudere, pensando:
“La finestra!”
Fu un movimento che le apparve inspiegabilmente lento e che invece sarebbe dovuto essere istantaneo, immediato. Forse era il suo cervello che non voleva materializzare quel che la fronteggiava, che non intendeva credere lui stesso di quel che la giovane stesse osservando. Vide, pensando di sognare. Non poteva essere veramente lì, tutto ciò non avrebbe avuto senso. E invece, un’ ombra famelica, con due occhi iniettati di sangue, la fronteggiava tutta rannicchiata, posizionata come un vecchio gufo malato e stanco sulla cima del ramo più alto fra tutti, e la fissava con forza, minacciosa apparentemente. Lei rabbrividì per quegli occhi tanto agghiaccianti, ma non poté non avvertire un gran soffio di felicità sulla sua pelle, rivedendo colui che doveva essersene andato per sempre. Provò a sorridere, ma la tensione e l’avvilente terrore che l’attanagliava la facevano solo tremolare e continuare ad illudersi dentro di se che ciò che vedeva non era altro che un’illusione. Solo quando quel volatile nero scese dal davanzale e tornò a terra dispiegando le ali, la fanciulla fu in grado di parlargli e di trasmettergli tutta la sua sorpresa:
- Come hai fatto a trovarmi...?- non riusciva proprio ad arrestare quel fremito che la sovrastava e si sentiva debole, confusa e stupida. L’agitazione aumentò nel momento in cui udì un gracchiare familiare, di corvi, che vide poco dopo posarsi in prossimità della finestra. Erano loro due, quegli uccelli che da tempo svolazzavano e scrutavano la sua abitazione, quasi a volerla analizzare o quasi per farle la guardia e vedendoli insieme, loro e lui, le parve che si assomigliassero, avevano lo stesso colore nero e gli stessi occhi paurosi.
“Sono forse i suoi...” considerò allora, cercando di allontanare dalla sua mente l’ipotesi che quelli fossero veramente suoi compagni...o sue spie. Intanto si accorse che il moro non aveva ancora fiatato e che proseguiva a mirare dritto, di fronte a lui: guardava lei. Deglutì e attese ancora. Quell’inquietante silenzio non faceva altro che peggiorare la situazione e la luna, semi nascosta fra quelle poche nubi innocue, rendeva tutto più difficile e imbarazzante in quanto neppure un raggio riusciva a penetrare in quelle quattro mura, non un minimo chiarore che potesse rincuorarla. Era nero, tutto nero; l’oscurità era la vincitrice. E quel senso di sconfitta, la metteva ancor maggiormente paura, incentivato pochi secondi dopo da un suo passo.





La principessa passò giorni interi pensando a lui,
a quella bestiola che l’aveva ferita e fatto male con la sua fuga.
Eppure lei sperava ancora in un suo ritorno
e la sua speranza stavolta non fu delusa.  

   






Whaaaaaaaaaa >-<  Pardon, sorry, entschuldigung, scusate!! ...per il ritardo.
Mi dispiace davvero di non aver  potuto pubblicare prima questo capitolo, ma...la storia è sempre quella!
Con la promessa di essere moooooooolto più rapida e di non farvi aspettare così tanto, ci vediamo alla prossima!
Please, fatemi sapere cosa pensate nel nuovo capitolo (come dico sempre le recensioni positive o meno sono sempre ben accette!) Mi raccomando ^^
Ciaociao



Mewpower



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Capitolo 30
*** Love ***


Il ragazzo aveva iniziato ad avanzare, pian piano, con calma, senza mai staccare il suo sguardo ipnotizzante da lei, senza che l’altra reagisse, in quanto pietrificata da quell’espressione, congelata dal freddo della tensione. No, non poteva essere lui, non era il suo animaletto, non era il lupo da lei curato, doveva essere qualcun altro, qualcuno che gli assomigliava, una copia, una...illusione. I suoi pensieri si sciolsero ed evaporarono nell’aria come neve al sole non appena la cara luna si fece avanti per aiutare l’amica, la piccola umana terrorizzata: scavalcando quelle cattivelle nubi giocherellone, ritornò ad occupare lei il centro del cielo e a riprendere il controllo sulla notte buia che voleva rubarle la scena. Splendente come non mai, riprese ad illuminare la fitta foresta, poi le case del villaggio ed infine la stanza della Hyuga dove nel frattempo l’Uchiha si era fermato a pochi centimetri da lei e proseguiva nell’osservarla senza batter ciglio. La luce lunare rischiarò dapprima il viso di lui e poi quello di lei che ammirò con ancor più stupore il volto del ragazzo, riconoscendoci il lupo.
Era lui, era davvero lui.
E continuando quell’interminabile gioco di sguardi, si accorse che la serietà che marcava la faccia se ne stava andando poco a poco, fino a che non raggiunse un’espressione rammaricata, quasi supplichevole, come se stesse per implorare il suo perdono.
E la sua impressione poté essere confermata poco dopo, appena egli aprì bocca:
- Mi dispiace...- sospirò facendo sbarrare gli occhi all’altra – Io non dovrei essere qui...- e fu a quel punto che il suo viso mutò nuovamente, facendo venir fuori quel che teneva celato; in quell’attimo le comunicò cosa sentiva, quale fosse la sua più forte emozione, quale fosse la potenza di quel pensiero che vagava da tempo nella sua testa e nel suo cuore,  le fece provare quanta bramosia doveva essere sfogata in quel momento senza più aspettare, senza titubare.
Ora o mai più.
Se avesse continuato a portarlo dentro sarebbe esploso. Almeno questo credeva e a volte aveva il timore che le conseguenze sarebbero state ancora più distruttive. Quindi si gettò. Quindi si espresse, seppur sapeva che non avrebbe mai dovuto farlo...
- Mi dispiace – le mormorò ancora e lei provò uno strano brivido freddo solo dopo aver fatto un istintivo passo all’indietro inquieta per quell’ennesima scusa, quando si rese conto di trovarsi addossata alla porta della sua camera, con le spalle al muro e lui davanti, vicino, attaccato...
Itachi non fece a tempo a socchiudere le labbra per quelle parole che dovette distenderle nuovamente. Infilò una mano fra i capelli di Hinata che le discendevano lungo il viso, stringendoli con leggera forza e così toccò pure la sua guancia arrossata e ancora tremolante. L’altra non ebbe l’opportunità di usarla: ci pensò una sua gamba a impedirle di muoversi, la gamba sinistra per la precisione, la quale fu posizionata un po’ per sbieco, ma comunque infilata a dovere in mezzo alle gambe di lei. Avvicinando così a sé il suo volto la baciò con passione, facendo entrare in contatto il più che poteva le sue labbra con le sue; forse poteva apparire come un gesto troppo feroce ed egoistico, ma non poteva più resistere, non poteva attendere qualche altro secondo in più, altrimenti il desiderio di quel contatto l’avrebbe fatto diventare folle, se non stroncargli il cuore. Quindi aveva agito in tale maniera solo per gustarsi una volta per tutte quel momento, un bacio che doveva rimanergli nell’animo per sempre e che sarebbe stata la sua linfa di vita, ciò che gli avrebbe permesso di tirare avanti e di ripensare alla dolcezza di quell’evento, quando lei non sarebbe più stata al suo fianco, quando lui sarebbe partito lontano, quando lei lo avrebbe odiato per quell’interminabile bacio rubato. Sapeva perfettamente di essersi comportato male, da vero prepotente, ignorando i sentimenti dell’altra, pensando che in quel modo avrebbe fatto star bene lui, ma avrebbe fatto soffrire due volte lei: oltre quel bacio, pure la sua immediata fuga. Ripensandoci su in quel frangente, non poté non staccarsi da lei, rimanendo con una mano ancorata alla sua guancia, restando ancora a contemplarla da vicino per qualche secondo, prima di togliere quella sua gamba fra le sue e di lasciarla libera. Notò che aveva tenuto gli occhi chiusi, serrati strettissimi, e aveva il viso in fiamme, accalorato, segnato da qualche goccia di sudore. Le sembrò impaurita, terribilmente scossa e preoccupata e per questo si sentì un verme. La sua natura animale aveva preso il sopravvento e quel dannato istinto aveva portato nuova amarezza a quel giovane angelo, che l’aveva sempre aiutato, che le era sempre stato accanto. Quel bacio doveva essere stata una vera pugnalata a pieno petto per quella sensibile e pura fanciulla, che si era vista sporcare dalle labbra di un assassino. Si sentì male e si pentì di aver dato retta alla sua smania di piacere.
- Perdonami...- le ripeté con voce rattristata, allontanandosi pian piano tenendo la testa bassa per poi  proseguire a fissarla fino a quando non giunse ai piedi della finestra, camminando all'indietro. Hinata sentiva il cuore che pulsava paurosamente. La sua principale preoccupazione era quel ritmo pericoloso, mai saggiato prima. Teneva il capo basso e scrutava con gli occhi che bruciavano il pavimento ligneo come per trovare in lui una spiegazione di quell’irregolare acceleramento. Era emozionata e deliziosamente compiaciuta e per ciò si meravigliò lei stessa. Le guance colorite iniziarono a spegnersi a poco a poco, mentre la sua testolina rifletteva e cominciava a comprendere. Non ne era rimasta scossa, non aveva avuto paura. Quel che si era impossessata di lei in quel frangente di passione era tanta commozione e incredulità. Quel gesto voleva dire tante cose e quelle scuse pure.
Si toccò la bocca, pure lei non più tremolante, come tutto il suo corpo e sentendone il calore e il sentimento lasciato dal moro, si convinse definitivamente. Seppur le pareva incredibile...
- I...Itachi...- volle chiederglielo -...perchè mi hai baciata...? – voleva sentirlo dalla sua voce.
Il ragazzo, che stava per sorpassare la finestra, si bloccò fulmineamente, voltandosi verso la ragazza al solo udir quel quesito con tanta calma e profondità:
- Io...- Itachi si rese conto di non aver mai provato un sentimento talmente grande, di non aver mai potuto assaggiare un bacio così piacevole, di non aver mai pronunciato quelle parole che gli innamorati si sussurrano nelle orecchie ogni volta che si incontrano. Era imbarazzato e per la prima volta in tutta la sua vita avvertiva il cuore che non procedeva con regolarità: singhiozzava, per poi accelerare, poi si fermava bruscamente per riprendere a ritmo spedito. Ma oltre all’imbarazzo lui, il più temuto tra tutti gli Uchiha, aveva paura. Sì, tremava di fronte ad una reazione di lei, ad un suo “no”, ad un suo rifiuto, ad un sua reazione infuriata che lo avrebbe definitivamente cacciato da quella casa e dalla sua vita. Ma dopotutto se lo sarebbe meritato, dopotutto poi non aveva nulla da perdere e alla fine si decise a parlare dopo qualche attimo di esitazione.
- Non intendevo procurarti un altro fastidio così...- si era completamente girato verso di lei e teneva i pugni chiusi, fermo con il corpo, ma non del tutto con la voce -...Ma volevo soltanto che tu sapessi...- Lei lo guardò con aria quasi infelice mentre osservava i lineamenti del suo volto che si contorcevano dal senso di colpa -...che ti sono debitore...Mi hai salvato la vita e con le tue attenzioni...mi sono sentito rinascere.-
Vagava con gli occhi alla ricerca di qualcosa a terra, però quando sentì di avvicinarsi a ciò che vi era di più importante in tutto quel discorso, destò gli occhi verso quelli della ragazza, che lo ascoltava con attenzione, senza abbandonare quegli strani segni sul suo viso che indicavano sconforto:
-...Poi con il tempo tutto è degenerato...ma non potevo permettermelo, non potevo fare nulla...- tali parole avrebbero potuto suonare in maniera incomprensibile alle orecchie di un estraneo, ma per Hinata tutto era ben limpido e le pareva quasi di sognare, considerando chi aveva di fronte -...Ho sempre cercato di nascondermi da te, seppur tu mi eri sempre più vicino...e ciò anche se mi faceva piacere, non poteva che essere un male per te...e io non...non volevo che tu rischiassi, non volevo metterti in pericolo! –. Il suo timbro di voce salì di colpo, come volesse sfogare quel pensiero di preoccupazione e di attaccamento verso la ninja, ma ritornò basso subito, non appena si ricordò dove si trovavano. – Ma...quando mi hai aiutato anche quella sera di inizio primavera, dopo che ero fuggito, dopo che ti avevo lasciata sola...ho consolidato dentro di me quel pensiero che avevo sempre controllato e tenuto buono...Era diventato intollerabile e in questi ultimi nostri incontri è continuato a crescere e a diventare sempre più difficile da arrestare...- i loro sguardi cominciarono a fondersi pian piano senza che nessuno dei due se ne accorgesse – Hinata... volevo dirti...che mi sono innamorato di te.-
Cadde inesorabilmente sulle sue docili membra, tale affermazione così toccante e profonda. La fanciulla di sentì scuotere completamente e i suoi occhioni iniziarono a riempirsi di nuove lacrime, che non caddero subito, bensì rimasero a lungo sui bordi, sostenute dalle ciglia sottostanti. Il moro notò quella reazione e gli sarebbe dannatamente piaciuto avvicinarsi a lei per poi asciugargliele con le proprie mani e poi abbracciarla, sentirla ancora a contatto con se stesso, odorarne il profumo e magari baciarla nuovamente sentendosi dire lo stesso... Ma sognare non era tipico dell’Uchiha e perciò tornò immediatamente con i piedi per terra, rimanendo immobile a fissarla, stavolta tutta, dalla testa ai piedi, per bloccarsi qualche attimo in più su quella magnifica camicia da notte, così ben ricamata e preziosa ad una prima occhiata, rimanendo incantato da come quegli esili merletti brillassero sotto la tenue luce lunare, a dispetto di lei, Hinata, che era perennemente lucente, durante l’intera giornata, anche quando la notte tentava di assalirla; pure quando era triste, anche quando si sentiva a pezzi, lei appariva sempre bellissima, sempre dolce, sempre un prezioso merletto ricamato a mano. E poi il tessuto talmente fine metteva finalmente in mostra il suo corpo, le sue stupende forme, la sua esilità, il suo portamento, la sua regalità.
Intanto lei rimaneva immobile, senza sapere come dovesse reagire. Uno strano miscuglio di emozioni si scontravano nel suo petto, facendole tornare rosso il viso e facendola sentire impotente, confusa, nuovamente debole ed era sull’orlo di piangere. Il ragazzo non voleva che piangesse, non sopportava vederla soffrire e così pensò che la soluzione migliore fosse quella di scappare per scomparire definitivamente dalla sua vita.
Ignorandone i sentimenti...o forse facendo finta di non vedere per non peggiorare le cose...
Fatto sta che le girò di nuovo le spalle mormorandole un “Addio” che sapeva di lacrime e di tanta, tanta disperazione. Ma la loro storia non avrebbe mai potuto funzionare, anche se lei avesse ricambiato i suoi sentimenti, anche se lui avesse tentato di convincere il padre a non farla sposare; tutto era già stato scritto e loro due non potevano far altro che seguire il loro destino. Crebbe davvero che fosse finita e che fosse giunta l’ora di lasciare Konoha per sempre, ma un tuffo dal più profondo del cuore lo fece arrestare immediatamente e lo lasciò senza fiato. Sgranò gli occhi senza avere il coraggio di guardare. Era bastato un semplice tocco, anzi una presa, per fermare il battito dell’Uchiha, una toccata sofficissima, ma allo stesso tempo ben sentita, sicura. Era incredulo e credeva che avrebbe fatto meglio a non girarsi per non illudersi; non poteva essere lei...Ma altrimenti chi? Rimase voltato ancora, guardando la finestra spalancata che avrebbe segnato la sua uscita di scena e nel momento in cui si decise a fare un altro passo in quella direzione udì la sua voce e la netta stretta al proprio braccio:
- Non...non andare via...- cercò di essere più lucida possibile in quella situazione, riuscendo abilmente a non far tremare la voce seppur le lacrime avevano iniziato a solcarle il faccino sconfortato – ...per favore, Itachi.-
Il cuore gli si strinse in una morsa soffocante che gli impedì per qualche secondo di reagire. Lei gli aveva chiesto di restare nonostante quello che lui credeva un disonore per una fanciulla del suo genere, nonostante tutto il dolore che anche in quel momento pareva provare...però in realtà lei non era triste, era semplicemente tanto, terribilmente felice di vederlo lì, talmente contenta di aver sentito quelle parole, veramente commossa per l’immensa sensibilità del giovane...
Hinata ad un certo punto allentò la presa dal suo braccio: sapeva che non poteva costringerlo, sapeva che se aveva fatto una scelta occorreva rispettarla; era finalmente consapevole dei propri sentimenti, ma sapeva anche che non sarebbe riuscita ad esprimersi, non almeno in quel momento: l’agitazione, lo stupore, la gioia erano talmente amalgamate l’una con l’altra da creare tanti singhiozzi nella sua gola al punto da bloccare l'uscita della voce e la timidezza, che la contraddistingueva, avrebbe poi contribuito ad impedirle di raggiungere la sua meta. Quindi rimase zitta non appena lasciò il guinzaglio che legava l’animale a lei e tenendo il capo basso fu solo in grado di sussurrargli qualche parolina:
- Non voglio che tu te ne vada...- tanto pianto celavano quelle parole, ma furono talmente ben scandite e affatto balbettanti, che sembravano fuoriuscire dalla sua bocca con naturalezza e leggiadria, nonostante in verità moltissime lacrime le scendevano dagli occhi. Il moro parve udire quel che l’animo della fanciulla volesse gridargli: lo avvertì seppur il suono era piuttosto lontano, ma non gli parve che fosse un’allucinazione, sembrava davvero la sua voce. Non esitò allora, pensò che solo guardandola avrebbe capito. Si girò senza fretta e incontrò quei chiari fiumi disperati. Egli assunse un’aria ancor più triste e come trasportato dal vento aprì bocca e aprì il suo cuore senza finalmente alcun dubbio:
- Non voglio vederti piangere...- dolce, fu dolce come il miele quell’affermazione dell’Uchiha e dannatamente profonda, appassionata e attraente. Tutto l’attraeva di lui, già, ne fu certa solo una volta vederlo nuovamente così vicino, veramente accostato a lei, di nuovo tendente verso la sua bocca... Itachi si chinò su di lei ed ella rimase ferma a contemplarlo mentre scendeva verso le sue labbra. Non ebbe bisogno di reggerla, di tenerla ferma, di costringerla a rimanere lì, di fronte a lui; la ragazza era immobile, era pronta ed era desiderosa di riceverlo ancora; non temeva un nuovo bacio, in realtà non lo aveva mai temuto. Le loro labbra vennero nuovamente in contatto e uno splendido calore avvolse entrambi, facendo strepitare i loro cuori, spingendoli l’uno contro l’altra. Fu a quel punto che Itachi ebbe l’assoluta brama di ritoccarle il volto; gli bastava sfiorarlo, gli sarebbe bastato quello, ma poi il caldo che si era impossessato di loro aumento terribilmente e anziché allontanarlo, lo portò ancor più ad accostarsi a lei e a toccarle un fianco. La fanciulla avvertiva il suo respiro su di se, sentiva il sapore delle labbra e ciò faceva nascere in lei una passione che non credeva possibile, inimmaginabile conoscendosi. Fu lei comunque a staccarsi da lui dopo quel bacio interminabile e mirò i suoi tetri occhi che non le comunicavano più paura, ma solo tanto, tanto ignoto che voleva imparare a conoscere.
- Itachi, io...- mentre sussurrava quelle parole con tante lacrime e tanto rossore, lui si riavvicinò alle sue labbra, girando intorno a loro con desiderio, ma attese, attese quel che doveva dirgli, sperando con tutto se stesso di venir ricambiato -...io ti amo...- fu fatale quel colpo che spinse l’Uchiha a lasciarsi andare e a baciarla con passione, un atto d’amore che non sapeva di brutale né di eccessivo, era solo segno di tanto, tantissimo affetto represso nell’animo e che ora doveva trovare sfogo, ora ne aveva l’occasione. Hinata non credeva che sarebbe mai riuscita a baciare qualcuno con tanto sentimento e non immaginava quanto potesse essere bello essere baciati con altrettanta tenerezza. Erano candidi entrambi, si scambiavano effusioni amorose con una delicatezza indescrivibili; furono due baci, l’uno dietro l’altro, veramente densi di significato, davvero ricchi di amore. Non riusciva a staccare le labbra da lei, erano troppo invogliate a continuare quel contatto, voleva che si impregnassero del profumo di lei, voleva pensare a lei ogni qualvolta se le passasse con la lingua e desiderava che anche per l’altra fosse identico. Si separarono un attimo, giusto per riprendere il respiro, ma poi la temperatura salì di nuovo e l’attrattiva riprese con forza spingendo ciascun corpo verso l’altro senza alcuna esitazione. Itachi la prese per i fianchi, mentre lei fece scivolare con timidezza le sue braccia intorno al suo collo. Il moro avanzò di qualche passo verso di lei e la giovane, ogni qualvolta sentiva il suo corpo addossarsi al proprio, pareva volersi ritirare, pareva voler scappare da tanta bramosia di contatto fra i loro ventri, ma quando giunse al bordo del proprio letto, non poté più tirarsi indietro ed un nuovo tentativo del ragazzo di farsi avanti la costrinse ad inciampare e a cadere sdraiata insieme a lui sulle soffici coperte. Non aveva più vie di fuga, non poteva fuggire oltre. Ancora con le braccia ancorate al suo collo lo fissò negli occhi addolciti da tanto amore e lui affogando negli occhi limpidi dell’altra si fece trasportare definitivamente con lei, finendole sopra con morbidezza. Prima di un nuovo bacio, prima di un seguito appassionato, Itachi volle dirle la stessa frase che aveva pronunciato, superando l’emozione, poco prima:
- Hinata...- sospirò quel nome trasmettendo il grandissimo sogno che aveva di poterlo pronunciare sempre, per tutta la vita, quando richiamava a se la sua amata -...ti amo...- un tenero verbo fatto di tantissima voglia e profondità, un mormorio percettibile dalle orecchie di lei appena in tempo prima di dissolversi per l’aria afosa di quella sera, ma sarebbe durato fino alla fine, oltre quella notte, oltre quel momento, oltre quei loro sguardi. La baciò nuovamente accarezzandole i capelli con la stessa intensità di quell’appoggio di labbra e la nottata continuò  a quel ritmo, con schiocchi di morbidi baci e di sospiri d’amore.



Piena di timore per le sue zanne,
ma troppo lieta per averlo di nuovo con sé,
la principessina non poté che riaccoglierlo con tanto affetto,
quel lupo che intendeva voler rimanere con la sua salvatrice.





...Sìììììììììììììììììììììììììì!! >.<
Scusate, ma...finalmente il mio capitolo preferito è giunto!
Mi auguro sia stato di vostro gradimento e...aspetto i vostri commenti.
Ciao ciao e a presto con il prossimo capitolo!!

Mewpower

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Capitolo 31
*** See you soon ***


Era sorto il sole: caldo e amorevole, brillava ancora con leggiadria quella mattinata, stuzzicando i ramoscelli e i fili d’erba freschi di rugiada, allietando il risveglio dei primi uccellini e dei primi contadini, i quali, nonostante ci fossero abituati, facevano comunque fatica a svegliarsi così presto e  ad abbandonare i morbidi letti, non potendosi godere un minimo di rilassamento neppure nella bella stagione, quando il sole era appena nato e il venticello di prima mattina lo coccolava con tenerezza. Era senz’altro quella la parte migliore della giornata, quando ancora quella stella non ardeva con tutta la sua forza, quando ancora era semi addormentata e non del tutto riposata, in quanto quell’ultima notte era passata rapida, fulminea quasi...
Il tempo vola quando si è in piacevole compagnia...
Fu più che altro il venticello a far aprire gli occhi a quella ragazza che dormiva sopra il suo letto complessivamente ben fatto, eccetto qualche piega qua e là che andava rovinare quel candido mare di lenzuola. Aprì gli occhi con poca voglia e si alzò a sedere strofinandoli. Aveva avvertito l’aria sfiorarle la schiena, coperta dalla leggerissima camicia da notte un po’ raggrinzita, e la sua frescura l’aveva cosparsa di brividi che si moltiplicavano poco a poco. Si rese conto di aver lasciato la finestra aperta tutta la notte, ma ad un primo momento crebbe che fosse stata una sua svista. Poi, però, voltando la testa da una parte, sobbalzò arrossendo fortemente. Si mise una mano di fronte alla propria bocca coma per esprimere tutto il suo stupore, l’incredibile sorpresa di avere un uomo accanto a lei. Ne focalizzò l’immagine e tutto fu chiaro. Lei quella notte l’aveva passata con lui. L’impossibilità, l’irrealtà di un avvenimento come quello era sembrato talmente assurdo alla giovane Hyuga che lo aveva ritenuto un sogno, pensava che quel che aveva visto, quel che aveva provato fosse stata solo una pazzesca illusione creata dalla sua testolina appena fuggita da un incontro notturno col cugino... Lo shock e l’emozione provata, riteneva, dovevano averla portata ad immaginare tutto...Invece, lui era davvero lì, sdraiato sopra le sue lenzuola, intento a godersi un dolce riposo in compagnia della donna che amava.
“È vero...lui ieri sera era lì...” rifletté mirando la finestra e le tendine che si muovevano con poca energia. Era ancora un po’ confusa e si sentiva strana, con una vorticosa percezione al livello del petto. Rimanendo ancora seduta sul suo letto, si toccò il seno, alzando lievemente la fine veste per cercare di coprirlo il più che poteva, avvertendo ancora in viso molto rossore, provando tanto, tanto imbarazzo. Mentre, poi, tentava di ripercorrere attimo per attimo, tutti i loro passi di quella nottata, si sentì sfiorare i capelli, per poi passare ad un vero e proprio contatto in corrispondenza di un braccio. Si girò senza fretta e incontrò i suoi occhi, perdendosi nuovamente in essi:
- Buongiorno...- le mormorò con tono limpido e con un pizzico di sensualità.
- B...buongiorno!- gli rispose con la faccia completamente avvolta dalle fiamme.
Lui le sorrise e quel calore parve spegnersi lentamente, come se quello fosse stato un getto di acqua fresca su di lei. Era dannatamente bello, i suoi occhi color pece non le incutevano più il minimo timore, i capelli della stessa tonalità le sembravano sempre al loro posto seppur in quel momento fossero un po’ scarmigliati, ma quei piccoli ciuffi birichini non facevano altro che renderlo ancora più misterioso e ancor più affascinante. Si era incantata a fissarlo e per questo lui rise di nuovo.
- Che c’è? Sei sorpresa di vedermi qui?- in verità lo era ancora, però pian piano si stava convincendo di quel che era stata in grado di fare
- Hai...hai dormito qui, tutta la notte?- le chiese notando le sue scarpe ai piedi del letto insieme al mantello
- Certo. Avevi dubbi?- le domandò senza abbandonare quel riso che gli decorava il volto. Lui sapeva oramai quasi tutto del carattere di quella fanciulla; la sua sensibilità e timidezza era forse la parte che più adorava di lei e ci giocherellava, divertito da quella sua espressione frastornata e impacciata. Lei, contemporaneamente, cercava di capire quel suo inusuale sorriso, come se fosse contento di tutta quella situazione. Raramente aveva potuto vederlo sorridere, perciò era nel profondo del suo animo rallegrata da quel segno di felicità, ma per esso era anche in preda all’agitazione per quella semplicità nel risponderle e per quella situazione che aveva sconvolto solo lei.
- Oddio, che vergogna!- gli diede le spalle, tenendosi le guance fermamente, nonostante tutto il rossore se ne fosse già andato e fissava il pavimento ligneo con gli occhioni ancora stupiti. Si destò pure lui a sedere sul letto, mettendosi così a fianco di lei. Era felice, per una volta dopo tantissimo tempo di tormento e incubi aveva ritrovato la serenità e la gioia nel vivere. Poi aveva ritrovato l’amore, dopo aver perso quello della famiglia, il suo cuore era riuscito ad ancorarsi ad un’altra figura, un’estranea, una persona così differente da sé, così pura e candida, ma che era stata disposta comunque ad aiutarlo e a macchiarsi di lui, a sporcarsi di nero, senza provar ribrezzo, senza rimaner contaminata da tanto desiderio di morire. Aveva scoperto un amore profondissimo, fatto di tanto tormento interiore e di insopportabilità, che alla fine era dovuto farsi avanti e sfociare in tutta la sua potenza, seppur con il timore di non essere mai ricambiato. Il cielo, però, aveva voluto che lui, il tetro lupo della foresta, fosse finalmente liberato da quel peso e che dopo tantissimo tempo potesse ricominciare ad amare e ad essere amato.
Le si accostò col viso, baciandole una guancia semi nascosta fra i capelli e lei, dopo un po’ di esitazione, tolse le proprie mani dal viso per poi voltarsi a guardarlo. Si era svegliata dal sogno che li teneva lontani ed era tornata in quel mondo fatto solo di lui e di lei, retto dalla consapevolezza che il loro amore era reciproco e indissolubile. Ma vi era pure quella piaga, quel fastidiosissimo impedimento che faceva male a tutti e due, difficile da ignorare, impossibile da eliminare. Ripensando al suo problema, Hinata assunse un’espressione addolorata e i suoi occhi iniziarono ad offuscarsi. Itachi parve sobbalzare, afflitto da quella visione che lo rendeva paralizzato dal dispiacere, per subito dopo farlo rendere conto che quel loro gesto era stato folle. Lui aveva sempre lottato contro quel dannato pensiero passionale, quell’amore che cresceva di giorno in giorno, perché sapeva quale era la situazione della ragazza, conosceva inoltre la propria, era consapevole di quali conseguenze tutto ciò avrebbe potuto comportare...Ma alla fine non aveva saputo resistere e le aveva confessato tutto, ignorando che anche per lei fosse lo stesso. Già, se lei lo avesse cacciato, lui se ne sarebbe andato e non avrebbe creato problemi...
- Itachi...- la fanciulla bisbigliò il suo nome, osservando il suo viso sconvolto, preoccupandosi di quello sguardo perso nell’oblio. Lui all’udire la sua voce spalancò gli occhi come se si fosse appena svegliato da un incubo e si grattò il capo con lentezza.
- Che diavolo ho combinato?- disse, mostrando i lineamenti del volto rigidi e lo sguardo cupo. Con quell’interrogazione pareva colpevolizzarsi con tutto sé stesso, si sentiva profondamente turbato e non provava altro che tanta amarezza per quello sfrenato desiderio che alla fine era riuscito a soddisfare. Sì, ma dopo cosa sarebbe cambiato? Nulla. Il problema persisteva ugualmente: la ragazza si sarebbe dovuta maritare lo stesso e lui sarebbe dovuto fuggire comunque. Per questo, per il fatto che nulla era stato cambiato, si sentiva nauseato e nuovamente addolorato per quell’illusione di amore eterno, per quel piacere momentaneo, per quella nottata d’affetto che era volata via in un lampo –Perdonami...- le disse mentre spostava la mano dalla testa al viso -...così...non ho proprio risolto niente...-.
Lei lo guardava rattristata, mentre razionalizzava che lei non sarebbe mai stata sua, che nonostante quella notte lui non era ancora suo; non sarebbe mai diventata la sua donna e vedeva dai suoi due abissi neri l’irrefrenabile volontà di averla per sé, leggeva chiaramente dalla contrazione della sue labbra che Itachi avrebbe tanto desiderato baciarla di nuovo, di dormire con lei nello stesso letto,di  fare l’amore con lei per sempre... ma che per voler del destino ciò non sarebbe mai potuto divenire realtà. Entrambi ne erano consapevoli, tutti e due rimpiangevano la loro sfortuna, eppure la sera prima avevano accantonato questa faccenda, avevano chiuso gli occhi entrambi nonostante tanto timore all’inizio e si erano lasciati andare, non sopportando più quelle catene che li tenevano inchiodati a due muri l’uno opposto all’altro, impedendo loro di toccarsi... neppure potevano sfiorarsi...
- Io sono stata bene...- disse ad un certo punto la Hyuga tenendo il capo chino -...io non mi pento di nulla...-. Il moro spostò lo sguardo sul suo tenero visino colorito, non più annebbiato dalla tristezza, ma semplicemente lieto e tanto innamorata. Trasudava evidente l’affezione che la principessina aveva nei suoi confronti, bastava notarlo dalle gote o dal puro sguardo che brillava ogni qualvolta indirizzava una timida occhiata su di lui.
- Lo sai anche tu che questo non potrà che crearti problemi in seguito...- disse allora il ragazzo fissandola intensamente e lei annuì con la testa
– Ma non me ne importa...perché io sono felice solo quando sto con te...- quelle parole dolci e delicate come una nuvola di zucchero gli giunsero fino al cuore, facendolo tornare a sorridere.
- Davvero?- glielo chiese quasi con le lacrime agli occhi, ancora incredulo che quell’angelo così puro fosse veramente innamorato di lui. E lei le rispose sorridendogli. Il loro cuori battevano all’impazzata tornando ad essere impazienti di sentire l’uno il calore dell’altro, possibile solo se avessero nuovamente riaccostato i loro petti, solo se si fossero lasciati andare ancora; ma il sole iniziava a farsi sentire e il venticello fresco di poco prima stava mutando in un’aspra e afosa aria quasi insopportabile. Il ragazzo si rese improvvisamente conto che non poteva più restare là, doveva scappare. Si levò dalle lenzuola senza dire una parola. Non ce ne fu bisogno poiché lei capì immediatamente.
- Itachi!- fece echeggiare il suo nome per la camera senza temere che qualcuno la sentisse – Torna, ti prego...- istantaneamente i suoi occhi erano tornati nuvolosi
- Non ti preoccupare... vedrai troveremo la soluzione per rimanere insieme per sempre...per non separarci mai più...-  due lacrime birichine fuoriuscirono dai suoi specchi annebbiati mentre lui le sfiorò il mento con una mano -...aspettami...e non piangere per me...- non sopportava proprio vederla piangere, vederla in quello stato lo faceva sentire una nullità, perché era lui il motivo di quel pianto. Prese rapidamente il mantello coprendosi interamente e lanciandole un ultimo sguardo intenso scomparve nel giardino in un batter d’occhio. Hinata si asciugò le lacrime e si accostò alla finestra per chiuderla. Aveva lasciato un segno scuro sul davanzale, era la terra delle sue scarpe. Ne osservò l’impronta con attenzione, ma non la cancellò. Voleva che restasse in quella camera un segno di lui, un piccolo segnale che le ricordasse che da lì era entrato ed uscito. Quella doveva essere sempre il suo ingresso, doveva perciò sempre restare aperta. Così si convinse ad avvicinare un’anta sola e di lasciare l’altra spalancata. Sarebbe bastata una semplice folata di vento per aprirla, sarebbe bastato un suo nuovo ingresso per renderla nuovamente felice.





Così il lupo tornò ad essere il suo animale da compagnia
e all'insaputa di tutti tornò ad occupare la sua cameretta.
Il suo ritorno, comunque, non aveva cambiato nulla,
il loro sarebbe continuato essere un pericoloso e proibito gioco.







Ecco per voi un altro capitolo, seppur più di transizione che di altro... eheh ^^
Mi auguro comunque che vi sia piaciuto e che vi tenga compagnia durante l'attesa per il prossimo!
Un saluto a tutti voi e alla prossima!!


Mewpower

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Capitolo 32
*** Promise ***



Passò l’intera giornata e volò rapidamente la notte. Già un giorno era passato dal loro ultimo incontro, da quell’intensa nottata fatta di dichiarazioni ed effusioni d’amore; già era svanito dalla sua camera da letto il suo profumo, ma l’impronta terrosa alla finestra no. Hinata mirava quelle magnifiche sfumature color cobalto che fluttuavano verso l’orizzonte, spostando lo sguardo di tanto in tanto su quelle piccole nuvolette a  pecorella che saltellavano per il cielo. Erano graziosi quei batuffoli di goccioline di pioggia, però al tempo stesso davano l’impressione di non essere lì per trasmettere allegria, bensì per combinare qualche bello scherzetto, magari proprio per quella stessa sera che si faceva vicinissima. Suonò, infatti, il pendolo posizionato in un angolo di casa Hyuga alle ventidue esatte e le prime gocce d’acqua cominciarono a cadere sui gigli in fiore con ritmo, ma con un’iniziale leggerezza. La ragazza era appena andata nella sua stanza quando si rese conto della pioggia e rimase un po’ incantata nell’osservarla, meravigliata che il suo presentimento si era trasformato in qualcosa di concreto. Aprì definitivamente la finestra sporgendosi lievemente: era fine, delicata sulla pelle e così si rasserenò al pensiero che i suoi fiori non avrebbero sofferto, ma anzi tutta quell’acqua li avrebbe senz’altro allietati dopo un’altra dura e afosa giornata estiva. Rimise la testolina all’interno della cameretta e per sbaglio i suoi occhi furono deviati verso l’alto, oramai scuro. Per un attimo perplessa, li sgranò immediatamente una volta vista la luna che nonostante tutte quelle nuvole si faceva largo per il cielo, con una grinta e luminescenza quasi innaturale. Ma la Hyuga era principalmente stupefatta dalla lucentezza, un colore inusuale, ma di cui di tanto in tanto si dipingeva: era rossa anche quella sera, segnata da lunghi fili vermigli che la facevano apparire quasi rugosa, ma non per questo meno bella, soltanto leggermente inquietante. Pareva essere arrabbiata; quelle venature sembravano le grinze che si formano sul viso ogni qualvolta si è infuriati, quando si sta per urlare; insomma, la luna in quella occasione pareva tutt’altra cosa, non era più il dolce e tenero cerchietto luminoso che coccolava la fanciulla e i suoi gigli ogni notte.
Deglutì. E poi strizzò gli occhi. Solo perché aveva cambiato chiarore ciò non significava che non fosse più lei. Le voleva bene, l’apprezzava davvero molto e non poteva provarne ribrezzo o cercare di evitarla. Perciò la guardo con molta intensità e si accorse che tutte le sue convinzioni su quell’apparente terrore che le aveva comunicato non era altro che una bugia, una falsità materializzata nella sua mente senza un fondo di sensatezza. Ne sorrise, pensando che quella tenue paura doveva essere legata a qualche ricordo dell’infanzia o forse a qualche tetra storiella che le era stata raccontata tanto tempo fa... Chinando la schiena, appoggiò il mento tra le proprie mani guardando quel singolare fuoco lassù in alto con un’espressione mutata e un vago pensiero iniziò a svolazzare fra i meandri della sua testa:
“Mi sembra di vedere i suoi occhi...” la mente era tutta indirizzata verso di lui che non era lì vicino a lei, ma di cui avvertiva la presenza; non sapeva dove di preciso, però non era di sicuro lontano, non di molto e credendo di fissare lo Sharingan del suo amato si rivolse all’amica luna:
- Non ho più alcun timore di quel sangue...- e addolcì lo sguardo come a voler dire che in realtà ora era forse quel rosso vivo ciò che più bramava.
Si alzò un lieve venticello che fece piegare i fragili fiorellini della residenza e per goderne tutta la frescura la giovane socchiude gli occhi e respirò a pieni polmoni. Quando li riaprì rimase quasi a bocca aperta accorgendosi che la pioggia non cadeva più e che di fronte a lei era appena apparsa un’ombra nera che era a poco più di un metro di distanza dalla sua finestra. Non fece nemmeno in tempo a drizzarsi che già quella figura le era vicina e la salutò con leggero imbarazzo levando una mano:
- Itachi...- sgranò gli occhi per poi spalancare la bocca e mostrare il suo sorriso
- Come stai...?- le mormorò grattandosi il capo quasi si vergognasse di essere lì
- Bene...- sussurrò lei arrossendo lievemente.
Quei due, l’uno davanti all’altro parevano due sconosciuti al loro primo appuntamento, entrambi emozionati e persi nell’ascoltate il proprio battito che accelera ogni secondo di più. Bastò, comunque qualche attimo di silenzio per ridare ad tutti e due la possibilità di riprendere il controllo e di tornare sé stessi.
- Visto...te l’avevo detto che sarei tornato...- le disse con tenerezza rispondendo al sorriso di poco prima
- Sì...e ti ringrazio!- rimasero a contemplare quella serata di luce rossastra ancora per qualche minuto, lui in piedi sul prato bagnato e lei appoggiata al davanzale, fino a quando non fu la stessa Hinata ad aprire bocca:
- Vuoi entrare...?- deviando lo sguardo verso l’interno, gli sibilò quella domanda massaggiando un braccio per scaricarci sopra l’agitazione.
A lui bastò fare un cenno di assenso per mascherare l’ansia di quel nuovo incontro notturno e il desiderio di poter starsene da solo con lei di nuovo. Stettero sul lettone candido per molto parlando e parlando della loro giornata, dei loro pensieri e del loro amore:
- Ci sono novità?- le chiese ad un certo punto indirizzandole un’occhiata sofferente. Lei sapeva bene a cosa si riferiva e scosse la testa aggiungendo:
- Non mi ha detto più nulla. Né lui e neppure mio padre...- fissava sconsolata i suoi occhi color pece cercando di immergersi completamente in essi solamente per distogliere la sua psiche da tutto quell’affanno, da tutta la realtà. Il moro la guardava allo stesso modo, con un’intensità passionale che aveva sempre posseduto e di cui forse non si era mai reso conto; e fu proprio quello a far scattare una piccola molla la quale spinse la Hyuga ad avvicinarsi di più a lui, mentre l’altro rimaneva immobile ancora preso da quegli occhioni inumiditi:
- Troveremo un piano...qualcosa per convincerlo...- si rivolgeva all’altra con tono calmo e convinto di quel che affermava, seppur nel frattempo il suo cuore si scuoteva con forza e iniziò a vibrare al solo veder accostare a sé la ragazza. Intanto lei raggrinziva le labbra e dondolava il capo con stanchezza e rassegnazione ritenendo che oramai era impossibile cambiare quel che era stato deciso, sarebbe stato assurdo il solo tentare; conosceva il padre e la sua autorità non le avrebbe permesso di aprir bocca. Quando la scorse talmente avvilita le fece forza toccandole una guancia e poggiando il pollice sulle labbra tremolanti:
- Invece ti dico che possiamo...basta solo farsi avanti...- e dicendole così si protesse verso di lei, tenendo quella mano salda sul suo visino, e la baciò con affetto, con amorevole dolcezza, ma poi quel bacio mutò in qualcosa di più, trasformandosi in una stretta del fianco da parte di lui e un appoggio del petto formoso di lei su quello dell’altro. Quell’atto d’amore si trasformò presto in un segno di accesa passione, bastava osservare le labbra accalorate e i corpi dei due amanti che si scuotevano, eccitati da brividi di desiderio nascosto e tenuto a bada da entrambi. Le afferrò le mani stingendole alle sue e la fece distendere sulle coperte non più immacolate, non più limpide da qualsiasi impurità; era stata la notte prima a sporcarle e ora ritornavano ad essere inzuppate di eros, di tanta, tanta sensualità.
Solo dopo vari minuti, quel frenetico strisciare di corpi l’uno sull’altro fu bloccato da un sospetto rumore, una sorta di scricchiolio proveniente da fuori di quella stanza, che li fece arrestare e rimanere immobili, fissi ognuno sullo sguardo dell’altro in maniera da far rabbrividire tutti e due, tanto era lo spavento per quello cigolio che avrebbe potuto segnare la fine per entrambi. Attese un secondo rumore dello stesso tipo prima di decidersi ad alzarsi: Hinata era in quel momento seduta sul letto e mirava con gli occhi sgranati la porta in legno. Itachi le teneva una mano, mentre fissava l’ingresso di quella stanza, anche lui seduto. Si alzò, alla fine, la fanciulla con passo tremolante e dischiuse la porta con lentezza, mostrando a mala pena il faccino, sbirciando con un occhio se vi fosse qualcuno. Analizzò la situazione e scorse una donna, un’anziana signora che si dirigeva verso l’uscita della residenza con la sua sacca in mano e ancora con il grembiule sporco della cena di quella sera. Ella si accorse del topolino che aveva messo il muso fuori dalla sua tana e dunque non poté non fare a meno di salutarla:
- Signorina Hinata, io vado...- le disse con tono basso la donna che si occupava frequentemente dei pasti e delle pulizie in quella casa.
- D’accordo...va bene...- le disse la ragazza con voce un po’ vacillante
- Ma state bene, signorina...?- l’ anziana raggrinzò le ciglia, osservando l’interlocutrice con un po’ di fiatone e leggermente tremolante, per poi decidere di avvicinarsi maggiormente per capire se avesse qualcosa che non andava
- Sì...sì. Il fatto è che sono solo un po’ stanca.- le mostrò un sorrisino che non avrebbe convinto mai nessuno della verità di quelle parole, ma la vecchia signora era molto affaticava e non desiderava altro che andare a casa
- Ah, allora vi consiglio di andare subito a letto...Avete uno strano colorito.- con quell’ultima affermazione e con mezzo inchino partì da lei piano piano. La fanciulla sospirò e rimise il viso all’interno della sua stanza solo quando vide sparire definitivamente quell’ombra in mezzo alle altre  di quel lugubre corridoio buio. Chiuse la porta addossando il suo corpo contro di essa e poi spostò lo sguardo sul ragazzo che era rimasto seduto, ancora visibilmente inquieto per quell’inaspettata visita notturna.
- Ehi...- le mormorò guardando il suo viso bagnato di sudore freddo ed arrossato, ma senza poter aggiungere niente altro
- Sì, sto bene...- gli disse sorridendo con timidezza e con ancora un po’ di ansia -...ma per un attimo ho temuto che ti avrebbe visto...-
Lui abbassò il capo ripetendosi nuovamente che quella che stavano facendo era una follia, però si ricordò immediatamente delle parole che lui stesso aveva pronunciato poco prima e si decise a farsi la croce sul cuore, di giurarle apertamente che lui avrebbe fatto di tutto, avrebbe trovato un’idea per fare in modo di poter vedere realizzato il loro amore:
- Non devi preoccuparti, perché presto o tardi riusciremo a trovare il modo di rimanere insieme senza più doverci nascondere...- suggellò quella promessa sulla sua stessa anima, mentre la fissava con sguardo convinto e pronto a qualsiasi difficoltà e lei si limitò ad annuire con debolezza, credendo a quella promessa, sperando che potesse alla fine concretizzarsi, ma ciò che più l’animava in quel momento era soltanto tanta malinconia e un velato pessimismo che la stava mortificando.
- Spero che sarà così...- abbassò le palpebre in preda ad una gran voglia di piangere, ma celò le lacrime per non far star male l’altro, sapeva che lui non voleva vederla soffrire...







Dopo una breve passeggiata i due tornarono nella camera;
era ora di dormire.
Bastò un rumore fuori dalla stanza, comunque, a far tremolare entrambi.
Tant'è che preferirono riposare l'uno accanto all'altra per il resto della nottata.



Ecco, a voi un altro capitolo da gustare....da soli o in compagnia XD ahah
Ok, vi esorto ancora a lasciare vostri commentini e a seguire questa storia che...ormai è agli sgoccioli!
Prima di salutarvi, rispondo rapidamente ad un' osservazione che è stata fatta la volta passata:  già, a volte Itachi può apparire un po' OOC... però io lo immagino così! Penso che il lato "buono", quello opposto al lato da membro dell'Akatsuki sia proprio così! (o forse è Hinata a trasformarlo!) E' l'impressione che ho avuto dal manga...ma non dico nulla o faccio spoiler >.<
Però se a volte esagero (e scusatemi perchè non ci faccio caso >__<) fatemelo notare, mi raccomado..... ah, e grazie per i complimenti che fate, ma siete troppo buoni <3
Allora, alla prossima!!!
 


Mewpower

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Capitolo 33
*** The dress ***


Dopo quella sera, i due innamorati avevano deciso di incontrarsi il meno possibile nei pressi di casa Hyuga, per fuggire dagli sguardi e dalle orecchie sospettose della famiglia e di possibili individui girovaghi in quei dintorni. Avevano così ripreso a vedersi nel bosco, in quella foresta dove avevano passato il tempo insieme in varie occasioni; però la loro gratitudine e la loro affezione era principalmente rivolta a quella grotta seminascosta tra i cespugli e i rovi di quella stessa selva, quella situata non molto distante da quello che era stato destinato come “letto di morte” da parte di entrambi, il fiume di Konoha, ma che poi era divenuto tutto altro: era stato colui che aveva incrociato i loro destini e che li aveva fatti incontrare. Quindi i due ragazzi avevano ripreso a frequentare quel rifugio che a lungo aveva ospitato il lupo malaticcio e nonostante fosse stato in diverse occasioni troppo freddo o troppo buio, ora era fortemente amato da entrambi, adoravano rimanere lì al fresco e contemplare le nuvole all’entrata. Quella mattina si erano dati l’ennesimo appuntamento e Itachi l’attendeva sdraiato a terra con le mani dietro la nuca. Fissava il cielo, con le gambe accavallate, e ad ogni fischiettio degli ultimi uccellini che giravano da quelle parti muoveva a ritmo il piede. Durante quell’ esame attento dello spostamento delle nubi, si meravigliò di come il tempo volasse rapido: l’autunno era appena cominciato, dunque quei due si frequentavano oramai da un po’ senza che nessuno se ne fosse accorto, ma nonostante tutto quel tempo lui non aveva ancora trovato la soluzione che ricercava, quella che avrebbe loro permesso di vivere felicemente insieme per sempre. Borbottava e malediceva la propria condizione; non aveva ancora trovato nulla che potesse andar bene. Però dopo aver riflettuto per circa una ventina di minuti sulla sua tragica situazione, parve come svegliarsi e tornare con la mente rivolta verso la sua amata: perché ancora non arrivava? Era sempre stata un tipo preciso...possibile che se ne fosse scordata? Gli balenò subito per la testa l’idea di recarsi a vedere se c’era qualcosa che non andava e le gambe non attesero molto prima di rizzarsi e di correre verso il villaggio, dove nel frattempo Hinata era occupata, un imprevisto richiamo l’aveva costretta a lasciare da parte il suo animaletto per concentrarsi unicamente su se stessa e su quello che in quel momento aveva di fronte...
Pochi minuti prima dell’ora che era stata programmata dai due per incontrarsi, il padre si era parato dinnanzi alla fanciulla con il suo solito sguardo imperioso e cupo; affianco a lui c’era la figlia, la sorella della nostra Hinata, che impassibile e fredda rivolgeva un’occhiata alla maggiore. Tale padre, tale figlia; quei due si assomigliavano in una maniera raccapricciante da far gelare il sangue. Hinata sembrava, se accosta al padre, un’estranea o forse una parente, ma occorreva lavorar di immaginazione...Lei era più simile alla madre, i loro capelli e il loro visino era pressoché uguale.
- Hanabi...- seppur continuasse a guardare l’altra figlia, l’uomo si indirizzò alla minore con tono solenne -...conduci tua sorella in quella stanza dove siamo appena stati.-
Hinata rimase immobile a quelle parole e pure quando l’altra ragazza si mosse nella direzione opposta alla loro con passo moderato; non appena anche il padre fece un passo, ma verso la Hyuga maggiore, lei parve destarsi dal suo mondo, sebbene crebbe di sognare quando vide dipingere sul volto del genitore un mite sorriso:
- Vai, io vi raggiungo dopo-
La ragazza si trattenne dallo sgranare gli occhi per lo stupore; vedere il padre sorridere era piuttosto inconsueto e in verità, neanche lei si ricordava se in tutta la sua esistenza aveva mai visto sorridere il padre in quel modo. Tanto è che non volle indugiare oltre e con un cenno del capo si avviò, allontanandosi da quel riso che le gettò inquietudine, solo timore e niente di più.
La sorella si fermò ad un certo punto di fronte ad una porta che da molto tempo era rimasta sbarrata e di cui la giovane si era quasi dimenticata l’origine, come pure la funzionalità della stanza che quella aveva sigillato. Stava per rivolgersi alla ragazzina per domandarle spiegazioni, ma non fece in tempo a tirar fuori il fiato: di già Hanabi aveva spalancato con un leggero sforzo quell’ingresso cigolante che nascondeva un’ampia camera buia, piena di polvere e di ragnatele. L’odore di chiuso e di vecchio inondò le due che a stento riuscivano a sopportarlo; solo dopo aver aperto le ante della finestra semi arrugginita dagli anni e dalla pioggia filtrata, le ragazze poterono tirare un respiro di sollievo: Hinata lo fece apertamente, l’altra solo dentro di sé...non le piaceva mostrarsi umana alla presenza della sorella. Fu così che anche la luce entrò, rendendo tutto meno spettrale e più accogliente. Vi erano una moltitudine di mobili accostati su di un lato della stanza e dietro di loro lo scheletro di un letto, fornito ancora della rete per appoggiarsi il materasso, ma sennò completamente spoglio e arrugginito anche esso. Doveva trattarsi di un letto a baldacchino, antico e impreziosito da rifiniture precise e ben lavorate, ma che pian piano era andato rovinandosi, in quanto nessuno se ne era più preso cura. L’attenzione della maggiore di casa Hyuga rimase principalmente rivolta a quel monumento di bellezza purtroppo deteriorato; però ci pensò la minore a disturbarla e a farle comprendere il motivo di quella chiamata:
- Guarda, è questo...- Hinata non si era ancora voltata completamente verso di lei quando Hanabi scoprì un manichino color muffa da un lungo telo: uno scintillio quasi divino la ipnotizzò subito e la shockò allo stesso tempo; sbarrò gli occhi e distese il viso in maniera impressionante, tanto è che le sue guance scomparvero, mentre un biancore preoccupante le dipinse il volto. Aveva dinnanzi a sé un meraviglioso abito da sposa, niveo, ma forse ancor più della neve, lunghissimo e pieno di merletti finissimi che luccicavano stranamente alla luce solare; dotato di un velo altrettanto lungo che però aveva una tonalità meno appariscente, il suo bianco si avvicinava di più al colore della panna, ma non per questo era meno apprezzabile e meno bello. Era talmente incantevole che non poté ricevere tutti i complimenti possibili dall’incredula Hinata e ne fu così emozionata che quasi si commosse di fronte a quella veste da sogno; però l’evento a cui era collegato non le permise di piangere dalla gioia e neppure di arrossire dalla trepidazione, anzi avvertiva ad ogni occhiata in più che gli rivolgeva una nuova e fitta pugnalata che le stava facendo sanguinare il cuore. Chiuse la bocca attonita cercando di non farla tremare dal pianto e rivolse lo sguardo verso la sorella come per cercare un appoggio a tutta quella massacrante e avvilente situazione. Ma l’altra non fece nulla che potesse risollevarle l’animo, anzi le indirizzò un’occhiata gelida e odiosa che trasmetteva tutta la sua ira e la sua invidia...perchè lei non era che invidiosa, gelosa di quella sorella incapace che nonostante tutti i suoi difetti, tutta la debolezza e la sua inutilità era riuscita ad ottenere il cuore dello Hyuga più forte, più bello e perfetto...a dispetto di lei. Immediatamente le girò le spalle e con tono indifferente a quell’evidente tristezza che l’attanagliava, se ne andò dicendole:
- Papà vuole che lo provi e devi dirgli se ti sta...-
La lasciò sola, socchiudendo la porta. La fanciulla non si mosse da quella stanza per qualche minuto, impietrita nell’osservare quella camera sconosciuta...ma vagamente le sembrava di rimembrare qualcosa...; tuttavia sapeva che non poteva disubbidire e che quindi avrebbe dovuto provarlo, ma non lì, in camera propria, davanti al suo specchio, davanti ai suoi figlioletti coltivati con cura, davanti alla vera luce e all’odore del presente.
Scivolò per il corridoio con quel manto candido, reggendolo con una delicatezza quasi si trattasse delle ali di un angelo e giunse alla meta con il batticuore e con qualche goccia d’apprensione sul mento. Esitò a lungo, guardando il vestito appena disteso sul letto; camminò di su e in giù senza mai togliergli gli occhi di dosso, per infine decidere di aspettare qualche minuto in più, ricordandosi del suo appuntamento ormai dissoltosi nel vento; aveva tempo per provarlo, anche poco prima dell’ora di pranzo, tanto oramai Itachi doveva essersene andato e probabilmente era partito alla ricerca di qualcosa da mangiare... Invece non dovette aspettare oltre per avvertirne la presenza alle spalle, ansimante e ritto aspettò che si voltasse prima di aprire bocca e così...:
- Ehi...cosa è successo?- sussurrò talmente piano che la ragazza non riuscì neppure a sentirlo, ma lui proseguì nonostante lei non gli avesse risposto – Pensavo che fosse successo qualcosa...- l’aria spaventata dell’Uchiha fece fremere il suo piccolo cuoricino abbattuto e la gran voglia di buttarsi da un precipizio per porre fine a quell’incubo la spinse  a gettarsi fra le sue braccia:
- Itachi...aiutami....-  fu in grado solo di mormorare questo; il tremore delle labbra le impedirono di aggiungere altro. Il moro ne avverti subito l’oscillazione del suo petto, un movimento che proseguiva senza mai cambiar velocità e ciò lo preoccupava.
- Calmati...- le baciò la fronte mentre la stringeva il più forte che poteva contro di sé cercando in quella presa di trasmetterle più fiducia e tranquillità possibile -...ci sono io qui...-
Rimasero a lungo in quella posizione fino a quando lei non si rilassò del tutto e riprese l’autocontrollo. Il calore che gli trasmetteva l’aveva rincuorata e la sua presenza in quel momento la stava rinvigorendo lentamente, facendole riacquistare tanta speranza per un futuro con lui sempre l’uno vicino all’altro. Pure lui avvertì che quel tremolio si era oramai placato e si tranquillizzò anche egli sentendole il respiro non più affannato; ma voltando il capo per sbaglio notò quel candore che si distingueva dalle lenzuola nivee, seppur bianchissime; il brillio dei pizzi era ammagliante e quasi non arrossì pensando che quella veste era dell’amata; un pensiero che fu annerito poco dopo non appena ritornò alla realtà, non appena ricordò che colei che stringeva fra le braccia non era sua, era di un altro; lei non gli sarebbe mai appartenuta veramente, a meno che non l’avesse rapita o avesse eliminato colui che la voleva tutta per sé...
- Grazie per essermi sempre vicino...- durante quegli ultimi pensieri lei aveva alzato il viso dal suo petto e lo guardava con riconoscenza. Lui le sorrise e scosse il capo lentamente:
- Ci sarò sempre...- le disse con tenerezza e non poté far a meno di baciarla per ritrovare in quella maniera anche lui il controllo e di cancellare così l’assurda idea di spargere altro sangue innocente.




La fanciulla era ansiosa e preoccupata
Il gatto pareva voler fare da padrone, minacciava il lupo ed occupava i suoi spazi con presunzione.
La situazione si stava facendo intollerabile,
chissà se presto tra i due animali sarebbe scoppiata una lotta inarrestabile...


E
ccomi arrivare alla velocità della luce!!! >_< chiedo perdono per il ritardo...temo di avervi fatto attendere troppo a lungo...
Ma è anche vero che ci stiamo avvicinando alla fine, siamo proprio agli sgoccioli.
Hinata è sempre più vicina al matrimonio ed Itachi sembra essere destinato ad uscire dalla sua vita... cosa succederà?
Scopritelo con il prossimo capitolo!
Vi chiedo ancora perdono per la lentezza, ma vedrò di velocizzarmi... e visto che anche oggi vado di corsa, vorrei che perdonaste la presenza di errorini per questo capitolo (lo avevo riletto tempo fa, ma di solito lo ricontrollo sempre più volte...)
Allora, che dire se non commentate se potete >.< e ci vediamo alla prossima!



Mewpower

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Capitolo 34
*** Our bed of snow ***


In quella fresca giornata primaverile, Hinata si svegliò con uno strano formicolio al petto che la rendeva inquieta. Si guardò intorno un attimo mentre tentando di trovare lo stranissimo e angustiante motivo di quel malumore insensato, ma la risposta non era lì e neppure dentro di sé. Si levò dal letto con fatica e si diresse ai piedi del grande specchio: rimase fissa a contemplare la sua immagine, toccandosi e ritoccandosi il viso che sembrava smorto, dandosi a volte qualche pizzicotto per ridare colore alle gote; eppure nulla, quella mattina pareva non essere proprio in forze. Prese la spazzola appoggiata lì a fianco e iniziò a pettinare i lunghi capelli sciolti e pesanti, tirandoli controvoglia e sospirando nel frattempo. Vestita e oramai completamente sveglia, fece per partire: doveva andare da Itachi perché glielo aveva promesso; si sarebbero incontrati ancora nei pressi dell’antro dai mille ricordi, il loro rifugio d’amore, e lì sarebbero potuti rimanere insieme l’intera mattinata, tanto né lei né lui avevano nulla da fare... Seppur stesse per vederlo, anche se sapeva che il moro le avrebbe fatto compagnia a lungo, lei si sentiva piuttosto avvilita e tanta malinconia la ghermiva con forza e la spingeva quasi a buttarsi di nuovo sul suo lettone e piangere, piangere finché le lacrime non fossero finite,o fino a quando non fosse giunto il suo salvatore... Però, non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento, poiché lui l’attendeva; poiché lei era forte e quindi doveva andare avanti; perché quella tristezza avrebbe presto trovato fine e lei doveva resistere. Un’ultima occhiata allo specchio e uscì di corsa, scordandosi di fare colazione, dimenticandosi addirittura di dar da bere ai suoi candidi fiorellini che iniziavano a farsi vedere tra l’erba bassa del suo cortile, mostrando i boccioli innocenti e delicati.
Fu un lampo a raggiungere la sua meta, ma non lo fu altrettanto ad entrare. Quella strana pesantezza addosso era ripiombata all’improvviso una volta avvicinatasi all’entrata e le stava dando fastidio; le seccava terribilmente il farsi sottomettere da un presentimento! Quello non poteva essere un dolore fisico o psichico, si trattava di una sorta di intuizione, nata chissà come, che la faceva contorcere dall’angustia e che le faceva sanguinare il petto. Scosse ad un certo punto il capo, credendo di impazzire e con un po’ di sudore che le scendeva dal collo si avventurò fra le tenebre della grotta, non scorgendo il suo amato proprio all’ingresso. Camminò e camminò, chiamandolo con una leggera angoscia che trasudava da quelle note vocali così deboli; senza riuscire a vederlo, senza percepire la sua presenza, ma ad un certo punto mirò una forte luce proveniente oramai dalla fine della caverna e corse laggiù per riuscire a capire cosa fosse: si rese conto che si era creato uno squarcio gigantesco che aveva fatto crollare quella parte della parete rocciosa, permettendo alla luce solare di accedere in quel luogo buio e di rischiararlo con la sua energia. Il buco permetteva perfettamente ad una persona normale di passare verso l’esterno e Hinata non esitò a farlo, pensando che il lupo potesse trovarsi proprio là fuori. Rimase sbigottita quando non si trovò ai suoi piedi il coprifronte dell’Uchiha, quello con il simbolo della Foglia tagliato in due, quello che aveva sancito il suo addio al villaggio natio, quello dal quale non si sarebbe mai separato perché gli ricordava il suo più grande sbaglio e tutta l’amarezza del sangue dei suoi parenti uccisi per amor di patria. Dunque, con gli occhi sgranati, la fanciulla lo raccolse osservandolo attentamente, quasi non volesse riconoscerlo, per poi deviare lo sguardo verso il paesaggio che gli presentava di fronte: tutto verde, tutti pini e abeti smorti, alberi in fiore e ricchi di frutti, la vegetazione del bosco di Konoa; insomma quella non poteva essere altro che una seconda parte di quella foresta che lei credeva aver esplorato tutta e Itachi non poteva che trovarsi lì, recatosi in quel luogo per un motivo a lei ignoto, ma con tutta probabilità che fosse in brutta compagnia...ecco come poteva spiegare quella strana sensazione! Comunque non volle perdere tempo e si gettò spedita in mezzo a quel verde, facendo piegare le piante che le erano d’impiccio, evitando le buche e i tronchi caduti a terra per i fulmini o per l’uomo, cercando di non pensare al peggio, ma preparandosi a fronteggiare chiunque provasse a far del male al suo ninja.
Si fermò quando si accorse che il terreno sprofondava verso il basso ed insieme ad esso pure gli arbusti, alcuni dei quali erano riusciti comunque a crescere lungo quella ripida discesa, ma si trattava di alberelli scheletrici, raccapriccianti, i cui rami parevano braccia di bambini sofferenti che chiedevano aiuto verso l’alto, che imploravano pietà, che cercavano di raggiungere la luce della salvezza...senza però riuscirci. Tuttavia Hinata non poté non distogliere subito lo sguardo da quegli strani alberi, attirata da un chiarore ancor più stravagante, ancora più ipnotizzante, che emergeva dal fondo di quella pendenza. Quel biancore l’attraeva fortemente, tanto da farla quasi tremare dall’ansia di capire cosa veramente fosse e perché la chiamasse. Scivolò con abilità lungo quel pendio irto pure esso di ostacoli di ogni tipo e frenando alla fine con una mano, cominciò a camminare con passo lento verso quel fenomeno sconosciuto, fino a che non arrivò proprio ai piedi di tutto quel manto niveo: fiori, stupendi fiori color latte brillavano sotto il sole allegro e riscaldante, dondolando ad ogni minima folata di venticello e sorridendo all’umana accorsa a vederli, tanto le erano grati e felici di avere un’anima simile a loro là, accanto a tutti quanti. La ragazza era rimasta a bocca aperta per quello spettacolo che le si presentava: non aveva mai visto un giardino di quelle dimensioni completamente decorato da tanti angioletti bianchi; neppure il suo cortile di gigli era così ben curato e rigoglioso a primavera...e si domandava il motivo di quell’eccessiva grazia e bellezza, in quanto era sempre stata dell’idea che i fiori selvatici non avrebbero mai potuto eguagliare la magnificenza di quelli che erano coltivati dagli uomini, credeva che senza una buona cura e attenzione da parte delle mani umane le corolle non avrebbero mai potuto mantenersi così lucenti, gli steli non avrebbero mai potuto crescere talmente dritti e forti e le foglioline ad essi attaccate non sarebbero mai riuscite a sopravvivere indenne a causa dei piccoli insetti affamati... Quel giorno si rese conto che si era sempre sbagliata: selvaggio non voleva dire imperfetto, anzi quel che nasceva e si sviluppava naturalmente era ciò che di più bello e perfetto poteva esistere, era quel che di meglio poteva esserci. Tutti quei fiori erano segno evidente della grandezza e della potenza della natura che non poteva essere uguagliata o riprodotta artificialmente, poiché l’uomo non è mai stato,non è e non sarà mai in grado di raggiunge la potenza della Natura, un mondo che la ragazza credeva di conoscere per intero, tanto era esperta in floricoltura, ma in quel momento si accorse che in realtà non ne sapeva ancora abbastanza...nessuno l’avrebbe mai capita per intero...
Fece qualche altro passo entrando in quel mare candido e luccicante che le stava facendo brillare gli occhi. Si muoveva con calma, temeva di far loro del male, di rovinare quelle magnifiche forme di vita che le parevano talmente docili e delicate che un lieve colpetto del suo corpo avrebbe potuto ferirli, strapparli dal terreno materno, ucciderli... Non lo voleva e perciò si accucciò ad un certo punto accarezzando i fiorellini a lei più vicini, sorridendo loro come una mamma benevola, sussurrando parole dolci e amorevoli... Erano così simili ai suoi, parevano dei veri gigli, avevano lo stesso colore, lo stesso profumo, ma i loro petali erano più spessi, più grandicelli; erano diversi, era vero, eppure sentiva che non potevano essere di una varietà molto distante da quella dei suoi piccolini e così fece loro conoscenza e il loro ricordo lo racchiuse nel suo cuore. Tutta presa da quella meravigliosa visione non si accorse di quel che la circondava, di tutto il resto, di quell’ombra che si stava facendo avanti nel prato e che l’ afferrò per i fianchi facendola sobbalzare dalla sorpresa: girò la testa in indietro e vide quel che più di qualsiasi altra cosa avrebbe voluto scorgere in quel momento, ciò che l’aveva messa in pena fino a poco prima e che in quegli istanti le stava facendo piangere il cuore per la contentezza:
-Mai abbassare la guardia – le disse sorridendole con un’irresistibile tenerezza
Lei lo guardò con tanto amore e con un velato senso di angustia:
- Mi hai fatto paura...- non si riferiva tanto a quel momento, bensì a quell’improvvisa scomparsa dal luogo prefissato per l’incontro, all’abbandono del suo coprifronte, a tutti quei segnali che non preannunciavano nulla di buono e che l’avevano messa in ansia.
- Scusami...- ne fu rattristato, intuendo a cosa si riferissero davvero quelle parole.
Hinata già non ci pensava più comunque e gli sorrideva teneramente, mentre lui osservava con la sua stessa luce negli occhi quel fantastico giardino:
- L’ho scoperto per caso: avevo notato una leggera crepa nel muro di roccia e scorgendo della luce mi sono domandato cosa ci fosse al di là... Visto che ritardavi credevo che avessi avuto un contrattempo e che forse non saresti venuta, ma per sicurezza ho lasciato il mio coprifronte a terra...per farti intuire la strada...-
- Capisco...- spostò anche lei lo sguardo verso quella meraviglia e inondata da un ulteriore senso di leggiadria tolse le proprie mani da quelle dell’altro, afferrategliele con una certa forza quando si era sentita prendere -...dimmi la verità: ti piacciono?-
Itachi mosse gli occhi verso colei che brandiva e la fanciulla fece lo stesso, avvertendo il respiro del ragazzo più vicino al suo collo:
- Sì, mi piacciono molto...non so bene il motivo...forse perché piacciono pure a te...- la sua voce si faceva sempre più penetrante e il tono scendeva dolcemente come quando un bambino si addormenta pian piano senza però smettere di parlare alla propria mamma -...ma forse credo che la ragione sia un’altra...- allo stesso tempo si accostava verso le sue labbra con una lentezza tale da permettergli di terminare la frase, ma con un fare dannatamente attraente che spinse la Hyuga a fare lo stesso -...forse perché il loro candore mi spinge sempre a pensare a te.-
Si baciarono con una grazia tale da far quasi invidia a quei fiorellini ondeggianti a causa del mite venticello. I due innamorati rubarono, in quel modo, la scena a tutte quelle corolle bellissime la cui piacevolezza non era mai stata battuta da alcuno, la cui delicatezza nei movimenti nessuno era riuscito ad imitare; ma quei due umani, quel ragazzo e quella ragazza insieme erano un’esplosione di solarità e di buoni sentimenti impossibili da debellare e da dividere.
Lei si voltò frontalmente verso di lui e si lasciò andare per intero in quel bacio che divenne appassionato e che finì per far scivolare le membra di entrambi a terra. Il loro corpi furono accolti da quei gigli selvatici che si disposero a formare un letto, simile a  quello della nostra ninja poiché quotidianamente niveo e morbido come tutti quei petali. Il moro riaprì gli occhi una volta lasciata la sua bocca e prendendola per una mano la fece distendere completamente senza mai perdere di vista i suoi occhi, quasi volesse ipnotizzarla e spingerla a sdraiarsi per intero. E lei, senza neanche accorgersi di aver fatto piegare sotto di sé tutto quello splendore bianco, che fino a poco prima aveva cercato di difendere, si sdraiò come lui voleva, come pure lei voleva e facendo entrare in contatto il suo seno con il petto dell’altro gli concesse un nuovo bacio, ancora più bello, ancor più sensuale del precedente. Restarono a lungo là, tanto erano pieni di passione e quando si fece ora di andare, lui non riusciva proprio a lasciarle la mano e la baciò nuovamente accarezzandole il capo morbido. La giovane lo convinse alla fine con la sua vocina d’angelo a lasciarla andare, seppur anche lei non avesse voglia di ritornare nella sua reggia fredda e piena di ombre; e avvertendo un gran desiderio di sentirsi scaldare lo invitò quella sera, quella notte a passarla con lei, di nuovo dopo tanto tempo. Era da molto che non si sdraiavano più insieme sulle soffici coperte del suo lettone e Hinata proprio quella stessa notte voleva ritornare a farlo, come la prima volta che si erano baciati. A lui bastò uno sguardo per farle ricordare quante volte avevano rischiato in quella maniera, ma oramai aveva già deciso e tra le tenebre di quella giornata che se ne andava stettero insieme, nella camera della Hyuga, stretti stretti, sudati e bramanti l’uno dell’altro, intimoriti nel più profondo di venir scoperti, ma eccessivamente vogliosi di fare l’amore come una vera coppia.        



Dopo una lunga passeggiata,
si fermarono nel mezzo dello splendido giardino reale.
Lì, si misero a giocare
per poi lasciarsi trasportare dalla stanchezza e dal sonno.



Pistaaaaaaaa!!!! >__<
1) Chiedo infinitamente perdono per la mia lentezza atroce! (cercherò di non farlo più ç-ç)
2) Considerando che anche oggi vado di corsa... ç-ç chiedo ancora perdono se troverete imprecisioni di battitura o simili (non l'ho ricontrollato a dovere...)
3) ...mi auguro che questo capitolo "d'intermezzo" sia stato di vostro gradimento! *_*
4) Commenti e critiche sono sempre ben accette! Quindi non esitate!
 
Alla prossimaaaaaaaaa

Mewpower

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Capitolo 35
*** My choice ***


Camminando per quell’agghiacciante corridoio ligneo, la giovane teneva stretto al suo petto quel fiore candido che l’amato le aveva lasciato, fantasticando sulla sua figura, su quel contatto rassicurante e piacevole dei loro corpi, su quelle labbra morbide e leggere che le lasciavano sempre un dolce sapore in bocca. Era rossa in volto, ma non poteva saperlo e quando il cugino la scorse, nel punto in cui si accedeva alla sala da pranzo l’ interrogò:
- Stai bene?- non la salutò neppure; la curiosità e la meraviglia erano tali da spingerlo a fare immediatamente quella domanda. La ragazza, scendendo bruscamente dalle nuvole, arrossì ancor più e salutandolo alla sfuggita lo rassicurò:
- Sì, sì...certo!- sfilò con rapidità di fronte i suoi occhi, cupi e attraenti che si straziavano nel vedere quell’esile figura ancora libera, leggera e candida, ancora senza un vero padrone e questo lo spingeva a bramarla ancor più, a desiderarla con tutto se stesso, a immaginarla già vestita da sposa e già distesa sul suo letto.

...

Fatta colazione la fanciulla si diresse verso la grotta, sapendo che  il suo lupacchiotto non poteva non trovarsi lì e con il sorriso che le splendeva sul viso fresco arrivò all’entrata dove si distingueva un’ombra fra tutte le altre:
- Ehi!- lo salutò lei, alzando un braccio
-Hinata...- lui si levò da terra, dove fino a quel momento era rimasto sdraiato intendo a fissare le nuvole – buongiorno...- le disse guardandola con intensità
-Buongiorno...- il suo sguardo comunicava la stessa tenerezza dell’altro e quel fiore addossato al suo seno conferiva maggior dolcezza a quel momento. Ma quell’atmosfera amorevole cominciò pian piano a sgretolarsi al solo imbrunire dei suoi occhi:
-Cosa c’è...?- dalla boccuccia di Hinata quelle parole filarono lisce e delicate, ma pure dannatamente intrise di preoccupazione.
Sospirò; il moro mandò via quell’improvvisa amarezza che attanagliava la sua anima con un semplice fiato, ma non dovette attendere oltre affinché tornasse...
- Ascoltami, Hinata...- il suo tono era serio, intriso di una malinconia pura che a stento riusciva a regolare dinnanzi a lei -...ho ragionato molto su di noi...e sono giunto alla conclusione che il rimedio a questa nostra storia non può che essere uno solo...-
La fanciulla trattenne il respiro, mentre continuava a guardare il suo viso, terribilmente angustiato. Egli soffriva per lei, perché sapeva che quel loro rapporto non danneggiava altri che colei che lo fronteggiava, lei e lei soltanto e questo lo faceva dannatamente stare in pena, lo faceva sentire un egoista...era lei che pativa, lei e solo lei! - Purtroppo è così...dovresti abbandonare il Villaggio, per poter stare con me...-
Fu a quel punto che la Hyuga sgranò gli occhi, seppur sentisse già dentro di sé quale doveva essere la sua risposta...
- Lasciare...il Villaggio...- non poteva che essere così dopotutto; doveva abbandonare tutto e tutti, la sua famiglia, i suoi amici, la sua casa, i suoi fiori... rinunciare a tutto quello per poter stare con lui, il più grande amore della sua vita. In quel momento Hinata aveva abbassato il capo e contemplava le proprie mani contorcersi e sudare dall’apprensione, mentre il suo cuore iniziava a battere sempre più forte, in quanto consapevole che quella decisione doveva essere presa presto, molto presto...o magari anche subito...
- Hinata...-  mormorò a quel punto Itachi togliendole un ciuffo di capelli che le copriva il volto, capendo come si dovesse sentire in quell' attimo -...ascoltami, io non voglio che tu stia male per me e che soprattutto tu rinunci a tutto quel che hai...- quelle sue stesse parole gli stavano maciullando il petto a poco a poco, però non poteva fare diversamente; anche se gli sarebbe piaciuto molto portarla via, strapparla da quel padre padrone e dal suo futuro sposo, poterla stringere forte a sé e sentirla solo sua...e di nessun altro...però lui non aveva alcun diritto di farlo, ma in più non ci sarebbe mai riuscito, sapendo poi che lei non sarebbe stata felice...  – Sappi quindi...- riprese allora -...che io ti starò sempre accanto, non ti abbandonerò mai...anche se dovessi rischiare di farmi prendere e...uccidere dal tuo stesso sposo...- strinse i pugni fissando anche lui il basso senza accorgersi che l’altra, invece, aveva rialzato il capo e lo guardava con le lacrime agli occhi.
Il moro fece un respiro profondo cercando però di non farsi udire da lei e riflettendo su quelle parole appena pronunciate volle ricordarle:
- Però se tu non vorrai, io smetterò di esistere per te...- a quel punto Hinata aprì lievemente la bocca, come se volesse controbatterlo, ma in realtà stette in quel modo per qualche secondo ad aspettare che continuasse  – Non voglio crearti problemi, te ne ho creati fin troppi...quindi se tu vorrai sposarti e vivere solo con lui, io andrò via e ti lascerò in pace...- ora teneva lo sguardo piantato da una parte, lontano da lei il più possibile, temendo forse che quei suoi occhi rammaricati le facessero pietà e la portassero a fare una scelta errata e avventata.
- Io...-  disse allora la Hyuga cercando con la sua voce di farlo tornare a guardarla -...come potrei separarmi da te?- strinse le labbra tremolanti e tentò di resistere al pianto smettendo di parlare.
“Non piangere, ti prego” avrebbe tanto voluto dirgli l’Uchiha che fingeva di non udirla, aspettando che aggiungesse qualcosa; infatti poi lei proseguì:
- Come potrei...stare con qualcuno che non amo davvero?- rivolgeva quelle domande a se stessa, non soltanto a lui, cercando di trovare il perché di quell’assurda situazione famigliare creatasi – Non ci posso proprio pensare...- si ammutolì di nuovo generando un silenzio inadeguato che incuteva solo più angoscia ad entrambi. Perpetuò a lungo, senza che nessuno si facesse avanti: lui provava a trovare parole rassicuranti per l’amata, lei invece aveva la mente completamente vuota e ricercava la maniera con la quale fuoriuscire da quel dramma, ritrovando la vera felicità e la pace.
Cinguettarono un paio di uccellini là, vicino alla caverna, e parvero salutare proprio quei due innamorati, passando loro accanto con qualche semplice battito d’ali; essi però non risposero al  saluto, bensì rimasero rigidi, immobili a contemplare quel silenzio interminabile, oppressi dai loro tormenti e dalla loro sfortunata vicenda...

-Vengo con te-

Fu un fulmine a ciel sereno. Bastò una sola frase per creare un terribile acceleramento del battito cardiaco dell’Uchiha che fissò la ragazza con paura, quasi, ma quei suoi occhi spalancati in realtà indicavano solo meraviglia, un’ incredibile meraviglia. Pensò di aver udito male all’inizio, ma poi si disse di no. Lo aveva detto, quella era la sua voce; seppur nel momento in cui aveva aperto bocca lui non la stava guardando, aveva ben ascoltato quel timbro vocale, quel suo tipico e lievissimo tremore, quella dolcezza e innocenza che le sue parole trasmettevano sempre...  Hinata era disposta ad andare con lui, a stargli vicino, ad allontanarsi da casa sua per sempre.
Allora volle esserne sicuro al cento per cento, vedere le sue labbra muoversi ancora per pronunciare la medesima frase, così da convincersi che non fosse stata un'allucinazione.
-Hinata...- mormorò il suo nome, posandole una mano sulla spalla; lui non volle, comunque, aggiungere nulla, spingerla a ripeterglielo, poiché se era davvero certa di fare quel che aveva detto, allora avrebbe trovato il coraggio di affermarlo di nuovo... o magari, per la prima volta, era l'Uchiha a non avere il coraggio di parlare...
-Sì...- la voce le tremolava con maggior forza e una lacrima, ma solamente una, le scivolò lungo una guancia; si vedeva chiaramente quanto volesse trattenersi dal piangere -Vengo insieme a te...- e senza più riuscire a muovere le labbra, si scagliò contro il suo petto, abbracciandolo forte.
Il moro stette in un primo momento impalato a fissare il suolo, a sbirciare i suoi capelli lunghi e la vibrazione del suo corpo.
Incredulo, commosso lui stesso, era pietrificato dinnanzi alla sua decisione, che aveva sempre mentalmente sognato, che aveva sempre desiderato con tutto se stesso, ma che non aveva mai osato pregare, affinché si avverasse, per non tornare a mostrarsi l'uomo egoista come aveva cercato di diventare in tutti quegli anni.
In seguito però avvertì i suoi singhiozzi, sentì i sussulti del cuore che batteva irregolarmente e le sue mani nel frattempo si inumidivano delle lacrime della ragazza che piangeva a dirotto, ma che tenace e sicura provava a calmarsi da sola, a vincere la sua debolezza, come lui le aveva insegnato.
-Hinata...- sospirò ancora il suo nome, ma gli piaceva così tanto da non riuscire a smettere.
Le cinse un fianco con un braccio e adoperò l'altra mano per appoggiarla sulla sua testolina, che accarezzò con affetto e tanta condivisione, perché capiva il suo stato, sapeva cosa significasse abbandonare tutto, era conscio del fatto che tornare sarebbe stato quasi impossibile e che comunque nulla sarebbe più stato come prima.
Appoggiò dunque il suo capo su quello della compagna e sospirò per un'ultima volta, socchiudendo i due abissi che aveva come occhi.
Il tempo trascorse rapidissimo mentre i due si abbracciavano, ma le gocce di tristezza e già di nostalgia per il passato cadevano lentamente ed abbondanti sia su lei che su di lui, entrambi uniti nell'amore come pure nella pena.




Accoccolati l'uno accanto all'altra nel suo giardino fiorito,
la principessa osservò il lupo alzarsi da terra.
Lui la fissò intensamente  per cercare di parlarle, indicandole col muso la foresta...
Lei sorrise tranquilla, capendo molto di più rispetto a quanto avesse tentato di comunicare.








...Sì, lo so.......... sono in un assolutissimo e ingiustificabilissimo ritardooooooooo! Perdono, perdono perdono!!  Non mi ero scordata di voi...e neppure di questa fanfiction, che è già bella e completa nel mio pc, ma il problema è che...argh,  non ho scuse se non sempre ed unicamente le stesse .__. Purtroppo gli impegni sono tanti e il tempo che passo in rete è sempre meno...tuttavia, oggi mi sono decisa di rimettermi sotto, mi sono riletta i capitoli per correggere eventuali errori e...ho pubblicato un nuovo capitolo!! Sono felice e mi auguro che anche voi lo siate... chiedo ancora perdono! Sicuramente a causa di questa mia negligenza avrete perso il filo o magari vi siete rassegnati e avete lasciato perdere la storia... avete tutte le ragioni del mondo >__< sigh sigh
Mi auguro comunque che dopo questo nuovo cappy a qualcuno sia ripresa voglia di scoprire gli ultimi passi della storia sentimentale tra Hinata ed Itachi...
Siamo agli sgoccioli, ma ancora non è detto che sia finita...uh uh chissà!
Vi lascio quindi (ma stavolta provvederò a prendermi l'impegno di finire di postare tutti gli ultimi capitoli!) augurando a tutti voi un felice 2012!! Baci


Mewpower

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Capitolo 36
*** My first and last kiss for you ***



Socchiuse la finestra, facendo sì che ancora qualche lieve spruzzo di freschezza mattutina potesse rendere più gradevole l'ambiente della sua stanza. Si voltò a contemplare lo spazio che la circondava: il letto, l'armadio, le tendine e l'abito da sposa appoggiato ad una sedia; lo aveva tirato fuori non appena sveglia e vi ci aveva appoggiato sopra una busta color panna, con le sue iniziali, quelle che avrebbe portato comunque anche se lontana...
Una giovane che aveva sudato e sputato sangue pur di farsi accettare come figlia del capo, una ragazza di soli 19 anni costretta a fare di tutto, anche a sacrificare ogni altra forma di amore per accoglierne una inesistente dentro di lei, una Hyuga che non avrebbe più fatto parte del prestigioso clan di Konoha per sua scelta... avrebbe buttato via tutto, avrebbe abbandonato ogni ricordo, ogni oggetto, ogni parentela, avrebbe sacrificato tutto, forse stoltamente, magari illudendosi, agendo come la signorina Hinata non avrebbe mai osato comportarsi; perché dopotutto lei era fatta così: seria, riservata, composta ed ubbidiente. Non si sarebbe mai comportata, per tutti questi motivi, come un'impulsiva ed egoista ragazzina di ricca famiglia... ora, però,voleva esserlo, ora voleva mettersi in gioco mostrando una parte di lei che non aveva mai sfoderato, che nessuno credeva esistesse...e che forse non esisteva davvero; ma pur di poter fuggire da quell'incubo, pur di non lasciarsi sottomettere ancora, a costo di dover soffrire e veder tutto frantumarsi davanti ai suoi occhi, la piccola Hinata voleva fare di testa propria, voleva finalmente prendere in mano le redini della sua vita, intendeva liberarsi dalla morsa di quella reggia e poter correre libera, insieme al suo cucciolo di lupo, insieme al suo vero amore.
Ammetteva di essere incerta ncora, aveva paura.
Sebbene la sua sacca fosse già stata riempita dell'indispensabile, pensava di rimettere tutto in ordine e di chiedere perdono per quel che ancora non aveva compiuto...era dura, durissima dover dire addio a quel luogo e a tutte quelle persone che lei non aveva mai disprezzato, nonostante l'avessero fatta soffrire in così tante occasioni. Eppure lei li continuava ad amare tutti. Profondamente.
Dopotutto lì c'era ancora suo padre, sua sorella, il cugino che la desiderava a tal punto da volerla in sposa; c'era la sua amica-medico di sempre, i suoi compagni di missioni, i suoi vicini, i suoi gigli in fiore; e poi c'era sua madre, il suo abito luminoso e chiaro come una stella e il suo Naruto, con la sua tomba, che tanto l'aveva aiutata e che per tanto tempo le aveva permesso di sorridere anche quando avrebbe dovuto piangere...
Ma lei era fuori dalla camera, fuori dalla sua casa, fuori dal mondo. Perché ad aspettarla c'era lui, Itachi, un Uchiha, un uomo che come lei aveva abbandonato tutto, aveva sacrificato tutto quello che aveva per amore di suo fratello, colui che adorava a tal punto da finire per sterminare un intero clan, ammazzare la sua intera famiglia e condannare l'anima all'eterno dolore.
Le loro vite erano differenti per certi versi, ma unite da un sottilissimo filo rosso, fatto d'angoscia e di tormento inappagabili, incommensurabili, ma che sarebbero riusciti a colmare solo attraverso lo stare insieme, solo se fossero stati vicini e se avessero potuto scambiarsi tra loro l'infinito amore che provavano l'uno per l'altra.
Era indescrivibile, era un sentimento più forte di qualsiasi pensiero savio che li avrebbe potuti riportare sulla retta via, facendo capire loro che una fuga d'amore non era del tutto conveniente...per  la Hyuga.
Ma per loro la decisione era stata presa, non ci sarebbe stato nulla o nessuno ad ostacolarli.
E così, lei si fece avanti, tenendo stretta a sé la sacca riempita di oggetti vari.
L'alba le illuminava metà volto e la frescura le aveva cosparso le mani di piccoli brividi; lui stava rigido a pochi metri da lei, a lato del cancello d'accesso all'abitazione. Coperto dell'usuale mantello nero, aveva il viso completamente coperto dall'ombra, come pure il resto del suo corpo, tanto da sembrare un triste mietitore davanti alla sua vittima.
La fissava, in effetti, assorto nei suoi pensieri, ancora rintontito per la stupenda visione che gli veniva incontro e sconvolto per l'incredibilità del suo gesto.
Era felice, ma la sua bocca sapeva ancora d'amaro; era finalmente dopo tanto tempo sereno, ma sentiva già il senso di colpa tormentargli il petto ed incitarlo a desistere, a fuggire.
Tuttavia la fanciulla era sempre più vicina e lui si sentiva sempre più ardere dal desiderio di poterla avere al suo fianco.
Peccato che ci fosse anche qualcun altro bramoso quanto lui. Un animale diverso dal lupo nero, un essere senz'altro più adatto ad una fanciulla, in quanto nobile e più semplice da tenere con sé; una bestia domestica tanto bella e piena d'affetto per la giovane quanto lo era lui; peccato solo che tra i due vi fosse una certa differenza di razza e carattere.
-Hinata.- la chiamò, secco, ma non imperioso.
Voleva solo che lo sentisse e che si voltasse; e in effetti ottenne tutto ciò.
La Hyuga si girò di scatto, udendo il cuore perdere un battito.
Era come vedersi ad uno specchio: vide i suoi medesimi occhi, i suoi stessi lunghi capelli, la sua stessa espressione confusa e persa.
Non mosse muscolo, né pensiero, la sua testa non ragionava più.
-Neji...- il suo nome le uscì di bocca spontaneo, quasi come dovesse essere quello il suo ultimo respiro.
I capelli ancora sciolti del ninja gli ricadevano sulle spalle insieme a qualche ciuffo, che correvano lungo le sue guance pallide; il respiro pareva quasi sforzato, come se la sua gola fosse bloccata da qualcosa che rendeva dura la circolazione dell'aria.
Ferma verso di lui, non aveva la forza neppure di guardarlo. Aveva, infatti, spostato i suoi occhi da un lato, mortificata, ma non meno convinta di ciò che stava per fare.
Il ragazzo, intanto, la contemplava pensieroso, ma neppure lui era in grado di fiatare. Aveva visto bene quell'ombra, quella lugubre presenza che come lui distanziava da Hinata di qualche passo. Non fu in grado di riconoscerne i lineamenti, non poté nemmeno vederne gli occhi e da lì capire veramente le sue intenzioni, ma ciò che era certo era che si trattava di un uomo, simile a lui.
Teneva i pugni stretti, ma la compostezza e la fermezza innate dello Hyuga gli permettevano di apparire molto più tranquillo e conscio dei fatti di quanto in verità non fosse.
Tentennò, rischiando quasi di abbassare lo sguardo anche lui, ma lui non era tipo da lasciarsi imbarazzare da una situazione del genere.
-Cosa credevi di fare?- le rivolse così le prime parole, una domanda, dal cui tono si poteva intuire, che pretendeva una risposta.
Inchiodata a terra da una forza superiore, avvertiva le corde vocali farsi di ghiaccio, rigide di fronte al cugino, il quale invece cominciò a sentirsi rivestire dalla calma, da capo a piedi, un poco alla volta.
Il silenzio infatti della ragazza lo spinse a fare il bonario, intenerito dalla sua debolezza.
-E' ancora presto, puoi anche permetterti di riposare un po' più.-
La voce assomigliava a quella di un padre affettuoso, tanto che Hinata trovò allora l'energia per rizzare il viso, giusto per guardarlo mormorare tali parole...
-Dai, andiamo...- e come se nulla fosse accaduto, come se preferisse ignorare il palese e strano tentativo di fuga della Hyuga, compì i primi passi in avanti, lenti, ma sicuri di volerla raggiungere   per poi  prenderla con sé.
Fatto sta che dinnanzi ad un simile tentativo Itachi fu portato a compiere pure lui dei passi in avanti istintivamente; sentì che doveva essere lui a prendere le mani della giovane e portarla dalla parte opposta.
Però ci fu qualcosa che lo bloccò, che gli permise di riacquistare l'autocontrollo e di arrestarsi, di tornare ad essere una statua di ombre e di attenderla, poiché sapeva che sarebbe giunta con i suoi stessi piedi da lui.
-No...- sibilò Hinata al contatto della mano dello Hyuga e la ritirò delicatamente a ridosso del petto.
Un breve silenzio, giusto il necessario per vedere gli occhi sgranati del cugino e per prendere un respiro, separò i due, prima della verità.
-Perdonami, Neji... ma non tornerò indietro... con te-  seppur fosse commossa dinnanzi alla sua dichiarazione, dal volto della Hyuga trasudava anche tanta sicurezza e serietà. Quella era stata una scelta importante, ben ragionata, perciò immodificabile.
-Io vado con lui – e si voltò a guardarlo, a ricercare i suoi meravigliosi occhi neri, a ritrovare tutti i motivi che l'attraevano verso l'esterno di quella vita e a crearne un'altra, ma con lui.
Ora, dopo tanto tempo, era Neji a fissare la terra, non più la piccola Hinata.
Il turbinio di sentimenti nel suo cuore era iniziato e oltre alla sorpresa, la confusione del momento lo faceva sentire fuori luogo, quasi insignificante dinnanzi ai due.
Era ovvio che non si sarebbe lasciato convincere, era naturale che non potesse permettersi di lasciarla scappare con un perfetto sconosciuto... infatti, chi era quel tipo? Come si era conosciuti? Che cosa li univa; cosa li aveva persuasi a prendere una decisione del genere?
Dire che non fosse preoccupato e che non fosse arrabbiato, rispettivamente con la cugina e lo sconosciuto, sarebbe stata la sua prima e più grande bugia.
Ecco, ora avrebbe chiarito tutto, avrebbe spiegato anche con le maniere forti all'uomo che non poteva fare una cosa del genere; avrebbe riportato la ragazza sulla retta via, verso quella di casa, facendosi spiegare il perché e il come di tutta quell'assurda faccenda; tutto sarebbe tornato sereno, come voleva lui.
Forse si rifiutava di capire quel che poteva essere già chiaro.
Magari era consapevole di ciò che si nascondeva dietro a tanta forza di reagire della ninja. Probabilmente conosceva cosa si celasse al di là del suo rossore...
Ma di certo sapeva che quella fuga era per causa sua...anche per causa sua.
Tuttavia lui sarebbe stato colui che avrebbe riportato l'ordine, che avrebbe ricondotto la pecorella al suo ovile e che l'avrebbe allevata con cura e amore...perché lui l'amava, la voleva egoisticamente e spudoratamente; non l'avrebbe lasciata, nemmeno se fosse stata lei a chiederglielo.
Era il suo sogno, il suo nuovo sogno e voleva che divenisse realtà, che entrasse nella sua vita interamente.
Aprì bocca per farle sapere cosa fosse veramente giusto, per educarla e convincerla, per esortarla e sgridarla, per imporle il suo sentimento e per scongiurarla di amarlo.
-Tu non puoi. Non posso permettertelo.- cominciò, quindi, trattenendo quel che un cuore innamorato avrebbe rischiato di lasciar andare: instabilità e debolezza.
-Siamo una famiglia, lo siamo fin da quando siamo nati. Non puoi spezzare un legame così forte e sacro.- deglutì, seppur impercettibilmente, per cui dovette fare un'altra pausa.
-Non ce la faresti neppure sforzandoti, neppure fuggendo. Sei una Hyuga e basta. Entrambi lo siamo, volenti o meno.-
Riallungò una mano, porgendogliela dapprima...
-Tutto ciò che è mio è tuo...-  ...finendo, poi, per portarla verso una sua guancia, che nel frattempo si era tinta di fiamme – ma per diritto, anche ciò che è tuo, deve essere mio.-
Tremolò appena, avvertendo come quella mano le passò dolcemente fino alla base del volto, scontrandosi amaramente con le parole così autoritarie del cugino.
Proprio come suo padre... non era altri che un'altra figura imperiosa pronta a tutto per sé, per il suo di bene...ma per quello del resto del mondo? Per il suo? Quanto gli importava davvero della sua più pura felicità?
Tante cose avrebbe voluto chiedergli, tantissime, però qualcosa la bloccava nel profondo e per una volta nella sua vita non era timore per quel ninja abilissimo, bensì si trattava di un sentimento che mai avrebbe pensato di poter provare per una personalità come la sua.
Con grande coraggio portò anche lei una mano verso di sé, finendo per prendere quella di Neji e con altrettanta delicatezza la discostò senza smettere di fissarlo.
La compassione la scuoteva dall'interno quasi a volerle suggerirle di lasciar perdere l'amore, quello vero, e di vivere quella vita che le era stata imposta fin dalla maggiore età, patendo e sopportando come sua madre aveva fatto, ma in compenso portando sempre alto l'onore e l'integrità di quella casata.
-Non posso. Non potrei mai rinunciare a tutto ciò che ho e consegnarlo nelle mani di un'unica persona.-   d'un fiato, ma senza correre, la Hyuga fu in grado di ribattere.
Finalmente, dopo tanto tempo, aveva l'opportunità di farlo.
-Posso donarne un po', quasi tutto se vuoi... ma non è umano, non è giusto rinunciare completamente alla libertà di vivere la vita che si vorrebbe... solo per un'unica persona...soprattutto se così si è destinati ad un'esistenza fatta d'inferno...-
Se non fosse stato per il visetto triste, afflitto di Hinata, Neji avrebbe pensato che quelle parole provenissero da tutt'altra persona, un'entità arrabbiata, incattivita dai soprusi di una famiglia che mai l'aveva apprezzata davvero...ma ciò che poteva leggere da quella espressione era... pietà? Provava pietà per lui?
-Forse hai ragione tu... non...non ho la forza per sfuggire dalle mie origini...però come futuro capo di questa famiglia... non mi puoi chiedere di smettere di vivere... perché...una vita con te, sarebbe solo una fine e non un inizio.- chinò quindi il capo, non riuscendo più a scrutare colui che stava colpendo con così tanta pseudo-grinta, vergognandosi di sé, della sua anima ribelle.
La sua natura era sempre stata pacifica, stentava ad emergere come una combattente e forse era per quella sua vocina sempre educata e rispettosa che la Hyuga credeva di non aver fatto molta presa sull'animo del cugino, nonostante in cuor suo lo sperasse tanto,
Itachi, invece, a pochi metri da loro, ascoltando tutto ciò che era riuscita a dirgli, si sentiva orgoglioso del solo fatto di conoscerla e di poterla avere al suo fianco.
Non era necessario usare la violenza nelle parole, anzi credeva che con tutta quella dolcezza, intrisa però di convinzioni e sicurezza, il cuore dell'altro ragazzo doveva esserne rimasto trafitto.
Se la conosceva veramente, ma soprattutto se la desiderava come aveva appena detto, non poteva non aver capito che le sue intenzioni erano serie e che nulla avrebbe potuto fermarla; nemmeno la sua forza da grande ninja o la sua autorità da capo di un clan.
In effetti la reazione dello Hyuga fu inaspettata.
Chi avrebbe potuto immaginare che lui, l'incrollabile Neji avrebbe tentennato di fronte a quel capo chino, di lunghi capelli?
Teneva le labbra semi aperte, pronto a sormontare il suo tentativo di ribellione come sempre aveva fatto in tutta la sua vita: superare chi per debolezza non sapeva stare al suo passo, scalare ogni cima che credeva di essere più imponente di lui, oltrepassare e se necessario calpestare chiunque avesse cercato di ostacolarlo o, peggio ancora, fargli del male... ma in quell'istante la presunzione e l'abilità fisica non sarebbero serviti a niente.
Non poteva fare nulla contro quella testolina di già inclinata sotto il peso di anni ed anni di sottomissione, di dolore, eppure così fermamente sicura, immobile e potente al di sopra del suo imperativo.
Gli parve degno di ammirazione il suo comportamento; era stata coraggiosa, nonostante non condividesse la sua decisione.
-Sei veramente certa di quel che stai facendo? -
Allorché due fiamme al posto degli occhi si unirono a quelli di ghiaccio del giovane che fronteggiava la fonte di tanto calore: Hinata lo fissava con una convinzione tale, seppur stesse in silenzio, da non rendere necessario che lui provasse a fare dell'altro.
Con quegli occhi, solo con la loro potenza, era riuscita a sconfiggerlo, almeno per una volta, ma in un incontro talmente decisivo che le conseguenze si sarebbero fatte sentire a lungo, per molto tempo, sul corpo dello Hyuga.
Sospirò in silenzio, allungando appena il collo verso il punto in cui l'altro spettatore se ne stava in attesa e dove l'entrata della residenza sanciva anche l'uscita da quel mondo della persona da lui amata, per sempre.
-Non potrai più tornare...te ne rendi conto?-
Sperava ancora nella possibilità di spegnere il suo entusiasmo per il punto conquistato, ma oramai la vittoria era già sua.
-Lo so. -
Era stato sconfitto sul serio purtroppo.
Per cui umilmente, come mai lo era stato, chinò il capo e la lasciò andare.
Itachi l'osservò giungere fino a lui, dopodiché l'accompagnò con una mano, indirizzandola verso la fine del viale.
Entrambi tacevano, entrambi guardavano lontano dai rispettivi sguardi.
Preferivano rimanere soli, con il proprio turbine di pensieri ed emozioni; soli per un solo attimo,  giusto quel che bastava per riflettere un'ultima volta sulle loro scelte, sui rispettivi comportamenti, su parole dette o meno.
Hinata non credeva di riuscire a fare quel che invece aveva fatto e neppure le parve possibile di essere riuscita a superare il confine di casa propria, senza nemmeno un ultimo saluto, o quanto meno un'ultima parola d'amore per quello che doveva essere suo marito, o verso suo padre, sua sorella, o sua madre...almeno lei avrebbe dovuto salutare per un'ultima volta con una carezza, o un fiore su quella fredda lapide...
Rinunciando alla sua vita futura là, aveva rinunciato pure alle sue origini, al suo passato.
Non sarebbe stata più una Hyuga, non sarebbe stata più nessuno, come Itachi del resto.
Tuttavia ora poteva sperare in qualcosa di vero, ad una vita nuova e...viva. Un'esistenza fatta di una vera soddisfazione: quella di donare amore per riceverne non un poco, non tanto quanto bastava, bensì tanto, tantissimo e chissà probabilmente anche di più rispetto a quel che immaginava.
Non sapeva cosa l'aspettava ma qualcosa in sé le assicurava che sarebbe stato molto migliore, rispetto a ciò che le sarebbe aspettato tra quelle quattro e nobili mura.
Però...
-Credi...che sia stata troppo crudele?- con un soffio, riuscì a muovere la prima parola dopo chilometri e chilometri di distanza dal suo villaggio d'appartenenza.
Si arrestarono entrambi; lei ancora fissava il vuoto, mentre lui era tornato a guardarla.
In lei vedeva quella luce che poteva salvarlo ogni volta dai suoi incubi, dal buio che lo circondava; ed in quel momento tale luce seppur fioca per la tristezza e il senso di colpa, sembrava più viva che mai.
Ora spettava a lui essere la sua luce, doveva farla uscire da quel vicolo oscuro nel quale si era perduta per colpa della sua anima troppo gentile. Ci sarebbe voluto del tempo forse, ma prima o poi sarebbe guarita da quel tormentoso sentimento che per lui era fin troppo noto: essere un traditore, probabilmente così si sentiva...
-No.- rispose allora lui sinceramente, scostandole una ciocca da davanti il viso e contemporaneamente accarezzandola.
Hinata si sentì obbligata ad alzare gli occhi plumbei e sconsolati verso il suo consolatore, quanto meno per ringraziarlo di esserle così vicina, nonostante fosse sciocco continuare a preoccuparsi anche ora che tutto aveva avuto fine...
-Ti sei comportata nella maniera più dolce e cara che potevi...e penso che mai nessuno al tuo posto, sarebbe riuscito a farlo così. - concluse facendo scivolare la mano fino alla fine del suo volto, abbandonandolo quindi col tatto, ma non con lo sguardo.
Itachi continuò a fissarla a lungo, sperando che quel visino tenero tornasse a sorridere, rinvigorito dalle sue parole; ma la fanciulla non aveva ancora voglia di inarcare le labbra.
Sperava solo che le sue parole fossero vere e che il gesto rivolto al cugino avesse potuto esprimere molto di più rispetto a ciò che non era riuscita a fare con la voce.
Vedendola riabbassare la testa, il moro pensò che l'unica cosa necessaria in quel momento fosse aspettare.
Solo il tempo l'avrebbe aiutata a dimenticare, o meglio, ad allontanare le brutte sensazioni e i cattivi ricordi.
L'accompagnò verso la retta via, appoggiandole una mano alla schiena; lei, per inerzia, si lasciò condurre.
Quel pensiero restò fisso nella mente della Hyuga ancora a lungo, per ore, per giorni.
Il fatto era che temeva di aver commesso un nuovo errore salutando suo cugino a quel modo...
Le parve che con quel bacio sulla guancia, fuggitivo e freddo, gli avesse fatto più male, terribilmente male, nulla in confronto alle sue semplici parole d'addio.



Seguendolo nella foresta, la principessa avrebbe perduto tutto:
il suo castello, i suoi abiti, il suo animaletto felino...
Si arrestò un attimo, scoprendo di avere paura di ciò che le si presentava dinnanzi.
Tuttavia vi era una luce, scintillante in quel buio, che le diede coraggio e le permise di proseguire.








Eccoci!! Finalmente un nuovo capitolo! Mi auguro che sia stato di vostro gradimento...
Oddio, non posso credere che sia finita, eppure in parte è così...dico in parte perché in verità questo non è l'ultimo capitolo seppur possa sembrare ;)
Per questo, vi invito ad aspettare un nuovo capitolo...che sarà pubblicato il più presto possibile!
Commenti, recensioni di qualsiasi tipo sono sempre ben accette! Soprattutto adesso che Itachi e Hinata sembrano essere riusciti a coronare il loro sogno... che carini! >.<
E così, vi saluto!! Alla prossima!! 

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Capitolo 37
*** Our happy ending ***


Prima di iniziare a leggere:
WAAAAAAAAAAAAA >O< chiedervi perdono ancora e ancora non servirebbe a nulla....ma lo faccio comunque: vi chiedo perdono! Sì perché chiunque di voi abbia seguito questa storia fin dall'inzio probabilmente ora, con questo ultimo capitolo, non capirà più nulla...forse...dato che è da molto che non pubblico più nulla!
Il tempo per scrivere per me è sempre meno... ma nonostante questo sono riusciuta a chiudere la storia con questo capitolo. Mi auguro che sia di vostro gradimento, che tutta la storia lo sia stato!!
Così la vostra Mewpower vi saluta...e vi prometto che, se mai scriverò qualche nuova fanfiction, lo farò con regolarità...perché sennò è solo una sofferenza per voi aspettare ed una sofferenza per me non trovare il modo di andare avanti con il racconto!! >______<
Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito e...commentate se volete!! <3 kiss









Sotto un cielo sereno d'estate, la natura viveva e passava il tempo in compagnia degli amici animali che si divertivano a correre spensierati tra erba e terra oppure a riposare sotto l'ombra fresca degli alberi più alti e ricci di foglie.
Il sole si limitava ad assistere alle loro allegre esistenze, immobile e scintillante sopra tutte quelle testoline pelose o meno che decoravano quel paesaggio fatto di sola pace e tranquillità.
Era da molto tempo che non si aveva una stagione del genere: il vento mitigava il clima permettendo agli esseri viventi di qualunque specie di non soffrire per il caldo; l'abbondante pioggia dell'inverno passato e i saltuari, ma docili, temporali dei giorni precedenti  aveva permesso il buon riempimento dei fiumi principali, i quali garantivano risorse d'acqua per gli animali ed i villaggi più sperduti tra quelle terre.
 In aperta campagna, non si poteva desiderare nulla di più per i propri campi e i propri bestiami;  l'immagine,quindi, che si presentava dinnanzi agli occhi di un qualsiasi spettatore risultava quasi idilliaca, come da favola.
Così, in effetti, sembrava anche per quelle poche persone che, ricercando in quei luoghi serenità e calma, si stabilivano là provvisoriamente o per sempre.
Era frequente notare delle coppie fermarsi per picnic pomeridiani all'aperto, oppure vecchi che con i loro bastoni amavano passeggiare per ore e ore in quei posti dimenticati da tutti, perché vuoti di case, di uffici o di botteghe che nel loro complesso finivano per trasformarsi in un villaggio.
Per raggiungerne uno sarebbero occorse ore e ore di cammino; per cui la gente che occasionalmente si scorgeva tra quelle lande floride, ma desolate, erano eremiti, o anziani che pur di non abbandonare la terra natia avevano preferito restare nella propria baracca e passare lì gli ultimi anni della loro esistenza, mentre figli e nipoti se ne stavano nei villaggi lontani, con le loro fatiche e i loro mestieri da portare avanti.
Chi voleva avere, quindi, una vita comune, oppure denaro, o trovare fortuna, aveva necessariamente bisogno di trasferirsi nei centri abitati; chi sperava invece in qualcosa di diverso, di pacato, della pura pace estrinseca dalla frenesia di appartenere ad un gruppo, amava rimanersene in solitudine, vivendo di quel che produceva la terra e il cielo; senza però malumori o invidia per coloro che credevano invece di aver trovato il branco di appartenenza.
Magari questo li faceva sentire migliori, o chissà forse solo più sicuri di sé.
Lavorando insieme, sostenendosi a vicenda, il singolo (forse con la propria famiglia) può sperare di sopravvivere ai troppi ed imprevedibili fattori che dall'esterno potrebbero intaccare la propria felicità...
Invece, coloro che vivevano isolati, fuori dal mondo, sembravano essere molto più sicuri e lieti al confronto dei comuni abitanti di quei villaggi lontani.
Forse non se ne rendevano conto davvero, forse alcuni di loro non pensarono mai di fare un paragone con gente così distante dalle loro scelte, ma se mai qualcuno arrivava a tale conclusione, di essere più felici standone da soli, non era per illudersi,né per stoltezza, né per cecità.
Al contrario, essi lo costatavano direttamente, guardando i prodotti che crescevano dal loro lavoro nei campi e nei boschi; osservando gli animaletti che allevavano con cura; o i propri piccoli “cuccioli”, i loro figli che crescevano spensierati e belli, giocando e imparando dalla natura;o ancora fissando le proprie mani sporche e la fatica pesante sul petto, ma sentendo al contempo il cuore battere forte per la soddisfazione di avere tutto il cibo di cui avevano bisogno, tutte le tegole necessarie e ben disposte sopra i loro tetti come riparo e quell'unica compagna che nonostante tutto aveva deciso di seguire quel “ lupo solitario”.
I lupi fanno così del resto: nascono in un gruppo, sono allevati da quel gruppo e crescono in esso, ma se poi sentono la necessità o l'obbligo di andarsene, non posso fare nulla contro quel loro istinto individualista.
Ognuno lo fa per un motivo diverso; non sempre comunque per motivi egoistici o futili.
Anzi, spesso si è pure cacciati dal branco, oppure si è costretti per forze maggiori, magari ingiuste, ad abbandonare quella vita che si amava.
I motivi possono essere molteplici, ma alla fine chi sa apprezzare ciò che si può raccogliere anche da esperienze così sconvolgenti, è colui che senz'altro guadagna di più e può infine nuovamente sorridere.
Così era successo a lui, a quell'Uchiha dai capelli lunghi e corvini che se ne stava in piedi, a braccia conserte, osservando i gioielli del suo lavoro e del suo amore.
-Ci sei quasi.- disse rivolgendosi a quel cucciolo che, arrampicatosi su quel pesco si sforzava con tutto sé pur di riuscire nell'impresa di meravigliare chi lo stava osservando.
-Solo un piccolo sforzo...- commentò allora a bassa voce credendo che ce l'avrebbe fatta a...
Ma qualcosa dovette andar storto, tant'è che l'esserino lassù in cima finì per sbilanciarsi e con un piccolo grido si ritrovò tra le braccia del ragazzo che lo afferrò al volo, senza problemi.
-Tutto a posto?- chiese quindi; e il bambino mordendosi il labbro rispose mostrando la pesca che aveva in mano.
-L'ho presa!- e ridacchiando contento sembrava aver dimenticato il volo di qualche metro appena compiuto.
Allorché Itachi non poté non sorridere a sua volta, contento di vederlo felice seppur con così poco.
-Bravo, non era facile arrampicarsi così in alto.- e poggiandolo a terra gli scompigliò i capelli scuri.
-Mi raccomando, però, non dire alla mamma che ti ho permesso di arrivare così in alto, mh?- aggiunse facendogli l'occhiolino e il bambino annuì.
Un richiamo a diversi metri di lontananza fece voltare entrambi e senza fiatare si apprestarono ad allontanarsi dal pescheto che ormai da qualche anno era divenuto florido e ricco di quei frutti che piacevano tanto a quel bimbo curioso.
-Dove eravate? Vi ho cercato ovunque.-
Hinata, anche lei col sorriso sulle labbra, portava con una mano un cesto vuoto e nell'altra una manina più piccola della sua, ma dotata dello stesso candore.
-Eravamo nel pescheto per controllare se ci fossero già pesche da cogliere. Ce ne sono diverse già mature, non è vero, Sasuke?-
Il piccolo fece di sì con la testa e porgendo il frutto alla bambina che era con Hinata esclamò:
-Hai visto, Sakura? L'ho colta da solo, senza l'aiuto di papà!-
Hinata sorrise appena, intenerita per l'entusiasmo del figliolo, caratteristica comune dopotutto per tipetti della sua età.
La risposta di colei a cui si era rivolto fu più loquace del previsto: si affrettò ad abbandonare la mano della mamma e con rapidità afferrò il frutto sfilandolo dalla presa del fratellino.
 -Allora non ti dispiacerà coglierne un'altra!-  e ridacchiando allegra si mise a correre con l'inevitabile seguito del fratello.
Ad un certo punto, comunque, i suoi occhi quasi cristallini si rivolsero nuovamente all'indietro verso i genitori.
-Dai, papà!- gridò la bambina, non appena raggiunse la staccionata che faceva da entrata al pescheto – Voglio cogliere anche io una pesca! Anche io sono capace ad arrampicarmi come fa lui!-
Seguirono così pure le parole dell'altro bambino, che girò a sua volta il suo sguardo, differente di quello della sorella, perché fatto di pece, ma non meno bello e luminoso:
-Sì, papà vieni! Cogliamone altre!-
Così entrambi si inoltrarono tra gli alberi verdeggianti, festeggiando l'abbondanza anche per quell'anno di così tanti frutti color dell'oro.
-Allora, sarà meglio che vada a “non dare una mano”.-  Itachi si rivolse alla Hyuga in questo modo, prima di accennare un passo verso la loro stessa direzione...
-Itachi...- ma ella lo trattenne un attimo, il che fece subito pensare al moro che il rimprovero fosse inevitabile. Non era stato saggio permettergli di arrampicarsi così in alto...dopotutto aveva solo cinque anni.
-Prendi questo. Vi servirà.- invece, lei non fece altro che dargli il cesto che si era preoccupata di andare a prendere sapendo che pure la piccola aveva intenzione di fare altrettanto insieme ai due uomini della famiglia.
Lui sorrise prendendolo con sé, ma volle accostarsi un poco per sfiorarle una guancia con le labbra.
-Sakura assomiglia sempre di più a te.-
Alché lei rispose al sorriso e con un lieve di rossore aggiunse:
-No, direi che assomiglia più a te.-
Rimase un po' titubante prima di rispondere ancora...
-Mh, pensandoci però hai ragione... -  ma infine capì quel che voleva dire ed in effetti non poteva darle torto.  -E' testarda come suo padre... mentre Sasuke... è spontaneo proprio come te.-  e allora le sorrise come mai fino a pochi anni prima sarebbe mai riuscito a fare e Hinata fece altrettanto salutandolo più con gli occhi che le brillavano piuttosto che con la voce.
Era compiaciuta delle sue parole, ma era evidente che ognuno di loro vedeva qualcosa dell'altro in quelle piccole creature, i loro bambini.
Si strinse nelle proprie braccia, guardando l'amorevole scena del papà che si apprestava a dare una mano prima ad uno, poi all'altro gemellino a salire verso l'alto e a raccogliere quel frutto tanto prelibato.
Ancora non le sembrava vero che tutto quello che stava osservando fosse realtà e non più fantasia o illusione...
Dopo anni di sofferenza e di travaglio, erano riusciti a coronare un sogno in comune, quello di trovare la tranquillità, lontani dalla caoticità del villaggio e della guerra,  la gioia di avere nuovamente una famiglia e la speranza che tutto ciò che stavano costruendo perdurasse nel tempo, all'insegna del loro amore.
-Spero che tutto questo non finisca mai...- mormorò quasi a sé stessa, quando invece il suo interlocutore risultava essere qualcun altro.. . -era proprio come dicevi tu: l'importante è non arrendersi mai...vero, Naruto-kun?-
I suoi occhi non erano rivolti verso il cielo, o verso una lapide come usava fare un tempo... ora fissava le sue mani, appoggiate ad un ventre rotondeggiante, gioioso nell'attesa di una nuova nascita imminente.



 
La principessa ora aveva una nuova casa,
meno bella all'esterno, ma piena di ricchezze affettive al suo interno.
Il lupo si era trasformato in tutto ciò che aveva sempre desiderato:
un principe che l'amasse e che le regalasse la gioia di diventare mamma.

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