Eleonor

di MadeWithLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vigilia ***
Capitolo 2: *** Il test attitudinale ***



Capitolo 1
*** La vigilia ***


Ciao a tutti! Dopo aver letto Divergent mi è venuta in mente questa storia: inizia l'anno dopo che Tris è diventata Intrepida, e la rivoluzione non è ancora iniziata. La protagonista della storia è Eleonor, un personaggio inventato, sorella di Christina. 
Ho già scritto altre cose, ma è la prima volta che scrivo una fan fiction. Quindi siate buoni :) in ogni caso spero vi piaccia! 

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Il mio nome è Eleonor. Sono una Candida e vivo nel quartiere dei candidi con i miei genitori e mio fratello Peeta. Ho anche una sorella, Christina, ma lei l’anno scorso, alla Cerimonia della Scelta, ha scelto la fazione degli Intrepidi. Non la vediamo più molto, anzi mai.
Peeta invece è rimasto qua, con noi. Lui poteva scegliere e ha scelto di rimanere. A lui sta bene essere sempre sincero, dire sempre la verità, dire sempre quello che gli passa per la testa, non avere segreti. Anche io dovrei essere così. Non dovrei mentire, dovrei dire tutto quello che penso, non dovrei avere segreti. Non è così. Io non ci riesco, non sono come loro. Capisco la scelta di Christina. Ora tutti sono arrabbiati con lei perché se n’è andata, ma io no. La ammiro. È stata coraggiosa.

Tutti sembrano felici della divisione della città in 5 fazioni: Candidi, che rifiutano la menzogna e credono nella sincerità, Abneganti, che rifiutano l’egoismo e credono nell’altruismo, Eruditi, che rifiutano l’ignoranza e credono nel sapere, Pacifici, che rifiutano la cattiveria e credono nella fratellanza e infine gli Intrepidi, che rifiutano la codardia e credono nel coraggio. Io odio questa divisione. Perché devo scegliere? Perché devo essere solo una di queste cose? Io voglio essere sincera, altruista, intelligente, buona e coraggiosa. Non voglio essere solo una di queste cose.
Ma se non scelgo divento automaticamente un’esclusa, fuori dalla società, senza una fazione. Questo è peggio che essere solo una cosa.

“Eleonor” mi chiama Peeta “a cosa pensi? Sei incantata sul piatto da un bel po’.”
“A niente” mento.
Peeta mi guarda storto. Noi candidi siamo allenati a riconoscere le bugie e proprio per questo, dopo 16 anni, sono diventata bravissima a nasconderle.
“Eleonor, sei preoccupata per il test di domani?” mi chiede mio padre.
Annuisco.
“Tesoro, non ce n’è bisogno. Il test dà solo un indicazione su quale potrebbe essere la fazione migliore per te, ma tu sei libera di scegliere. Se anche ti dicesse che sei Abnegante, per esempio, nulla ti vieta di scegliere i candidi per restare con noi.”
Gli sorrido. Non hanno capito. Pensano che io abbia paura di andarmene. Io ho paura di rimanere. Ho paura che il test mi dica che sono Candida al 100% e che se scegliessi qualunque altra fazione non supererei l’iniziazione, diventando un’esclusa.
“Grazie papà” dico con un sorriso “Se non vi dispiace vorrei andare a dormire.”
Loro annuiscono e sorridono.
Mi alzo da tavola, prendo il mio piatto e lo metto nel lavandino. Senza guardare la mia famiglia salgo le scale. Quando sono a metà sento i miei genitori parlare.
“Certo che per essere una Candida è silenziosa”.
“Mamma, non l’hai ancora capito? Non è una Candida” dice Peeta.

Non sto ad ascoltarli ed entro in camera chiudendomi la porta alle spalle. Non pensavo che Peeta avesse capito tutto. Credevo di mascherare bene le mie bugie, invece ogni volta se ne accorge e non dice nulla. Forse nemmeno lui è così candido come dice.
Mi tolgo i vestiti e li lascio cadere a terra. Mi butto sotto le coperte e chiudo gli occhi, sperando di addormentarmi subito. Ma non ci riesco. Sono nervosa ed agitata. Ho paura. Sento gli occhi riempirsi di lacrime e queste rigarmi il viso. Non so nemmeno io perché piango. Mi sento in colpa per odiare tanto i miei genitori e il loro modo di vivere. Loro sono sempre stati troppo sinceri con me: mi hanno sempre fatto notare ogni più piccolo difetto, ogni sbaglio, senza problemi. Così sono cresciuta vedendomi brutta, con il naso a patata e gli occhi troppo grandi, i capelli indomabili e la faccia rotonda, bassa, cicciottella e con le mani piccole. Odio sentirmi così. E quando sono con loro mi ricordano che è così che gli altri mi vedono. Mi sento di tradirli, ma questa non sono io. Se scegliessi i candidi passerei la vita mentendo e questo andrebbe contro l’ideale della fazione.

Ormai ho il cuscino bagnato, quando sento la porta della mia camera aprirsi. Resto immobile in silenzio e fingo di dormire, ma le lacrime continuano a rigarmi il viso e a bagnarmi il cuscino.
“Eleonor, non fingere, so che sei sveglia” sussurra Peeta.
Allora apro gli occhi, mi asciugo le lacrime con la mano e mi metto a sedere, appoggiando la schiena al muro. Peeta si siede affianco a me e mi stringe, senza dire nulla. Le lacrime ricominciano a scendere più copiose e io mi stringo a mio fratello, bagnandogli la maglietta. Peeta è la mia roccia, il mio migliore amico. Lo odio per aver scelto i Candidi. Se avesse scelto un’altra fazione non avrei avuto problemi: sarei andata dov’era lui. Invece so che lo abbandonerò. Non ho ancora fatto il test, ma qualunque sia il mio risultato so che non diventerò Candida.
“Perché piangi?” mi chiede, quando inizio a calmarmi.
La stanza è buia e riesco a vedere il suo volto solo in penombra. Noi candidi evitiamo sempre di parlare con le persone senza vederle in faccia: non riusciamo a capire dove sta la menzogna se non guardiamo l’altro negli occhi.
“Ho paura del test” rispondo in un sussurro.
“Hai paura di essere una Candida vero?”
Annuisco.
“Tu non sei una Candida, Eleonor. Non lo sei mai stata e mai lo sarai. Il risultato del tuo test non sarà questo.”
“E allora cosa sono? Io so di non essere una candida, ma non so cosa voglia dire essere un’abnegante o una pacifica. Non voglio essere un’esclusa.”
“Non diventerai un’esclusa. Passerai l’iniziazione della tua fazione.”
“Così non ti vedrò più.”
“Ti verrò a trovare ogni volta che mi sarà possibile, te lo prometto.”
“Peeta” mi interrompo un attimo per asciugare le ultime lacrime “posso chiederti una cosa?”
“So cosa vuoi sapere” mi dice ridendo.
“Allora dimmelo.”
“Il risultato del mio test non è stato Candido.”
“Allora perché hai scelto questa fazione?”
“Per mamma e papà. E per te e Christina. E perché a me piace sapere che le persone mi dicono in faccia ciò che pensano. Io credo davvero nell’ideale di questa fazione.”
Lo ammiro. Anche io vorrei credere così in un’ideale. Magari la mia nuova fazione mi dirà l’ideale giusto in cui credere.
“Io odio quando mamma e papà mi dicono che sono brutta. Odio che mi dicano quello che pensano su di me in quel modo.”
“Tu non sei brutta” mi rassicura.
“Ma loro mi fan sentire brutta e fuori posto, con le loro manie di dire sempre quello che gli passa per la testa. Sono 16 anni che mi fan sentire così.”
Peeta mi prende la mano e mi fa alzare da letto. Accende la luce e mi mette davanti allo specchio.
“Guardati” mi dice “sei bellissima. Non sei tanto alta, ma sei proporzionata. Sei magra, ma con le curve sui fianchi e sul petto. Hai un visto tondo perfetto, la bocca piccola, ma carnosa e il naso rotondo, ma non grosso. I tuoi capelli sono un po’ indomabili, è vero, ma hanno un colore spettacolare: castano, con riflessi che vanno dal rosso all’oro. Non ho mai visto nessuno con i capelli del tuo stesso colore. E poi i tuoi occhi sono il tuo punto forte: grandi, rotondi, color del miele. Sembrano quasi d’orati, è come se brillassero. E poi sei un ragazza forte, indipendente e molto intelligente. Perché pensi di essere brutta?”
Guardo il mio riflesso nello specchio. Prima mi guardavo attraverso i commenti dei miei genitori, che mi dipingevano come una piuttosto bruttina ed insignificante. Adesso, per la prima volta, mi guardo attraverso i miei occhi e riesco a vedermi davvero.
Scendono di nuovo alcune lacrime, ma contemporaneamente un sorriso mi si allarga sul volto.
Abbraccio Peeta.
“Grazie” gli sussurro “ma adesso, dopo quello che mi hai detto, sarà ancora più difficile lasciarti.”
“Vivi per te stessa, non per me.”
“Ti voglio bene.”
“Anch’io te ne voglio, tanto. Ma adesso dormi, che hai bisogno di riposare.”
Annuisco. Lui mi asciuga le lacrime e mi da un bacio in fronte.
Mentre mi infilo nuovamente sotto le coperte, lui va dalla porta e spegne la luce.
“Peeta” lo fermo “devo chiederti ancora una cosa.”
“Il risultato del mio test era stato Intrepido. Ma credo che ci voglia più coraggio a dire sempre la verità che a saltare da un treno. Buona notte, Eleonor” dice e poi chiude la porta, lasciandomi sola.

Ha ragione: bisogna essere coraggiosi per essere come lui. Ma pensandoci bene lui sarebbe stato perfetto tra gli Intrepidi: è alto e grosso, molto forte e veloce.
I pensieri continuano ad affollarsi nella mia mente, ma dopo un po’ il sonno ha la meglio e mi addormento.

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Capitolo 2
*** Il test attitudinale ***


Ecco il nuovo capitolo! Spero che vi piaccia.. ma in ogni caso lasciate le vostre opinioni, positive o negative che siano, in modo che io posso migliorare! Grazie :)
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Oggi è il giorno del test. Ho una paura tremenda. Faccio colazione di fretta, senza quasi guardare i miei genitori.  Non voglio sapere quanto io sia sbagliata questa mattina. Non oggi.
Mentre bevo il mio latte caldo, Peeta scende le scale e il mio sguardo subito si pianta su di lui. Mi sorride, prende le chiavi della macchina e me le fa oscillare davanti agli occhi.
“Vieni, ti accompagno io a scuola” dice.
Mi alzo, con la bocca ancora piena, ed esco.
Durante il tragitto non parliamo molto, ascoltiamo solo un po’ di musica alla radio. Arrivati davanti alla scuola lui accosta. È un edificio enorme, fatto per lo più di vetro. È l’unico posto in cui le 5 fazioni si incontrano ed è per questo che qui mi sento un po’ più a casa.
“Allora Eleonor” dice Peeta, interrompendo i miei pensieri “il grande giorno è arrivato.”
Annuisco e abbasso lo sguardo sulle mie unghie mangiucchiate.
“Qualsiasi sia il risultato, qualsiasi fazione tu scelga domani, tu sarai sempre la mia sorellina e io sarò sempre tuo fratello, pronto ad aiutarti.”
 “Grazie Peeta” dico, aprendo la portiera della macchina “ti voglio bene.”
“Vai e fagli vedere chi sei!”
Guardo la macchina mentre si allontana. Peeta ha solo 20 anni, ma sembra molto più grande e maturo. La paura di allontanarmi da lui è forte, ma so che potrò sempre contare su di lui.

Mi avvio verso l’ingresso e vedo venirmi incontro Sarah, la mia migliore amica, che mi saluta con la mano. Lei è molto più alta di me, ma ha il viso da bambina quasi. I suoi capelli biondi e lisci le incorniciano i suoi lineamenti eleganti. La parte di lei che preferisco sono gli occhi azzurri e limpidi e la sua bocca un po’ larga, con le labbra carnose.
“Ehi Ellie!” grida, come suo solito “Ti vedo preoccupata. Che succede?”
“è per il test” le dico, sincera.
“Ma dai, tranquilla! Tanto al 95% il risultato è della fazione di appartenenza, quindi.”
La sua affermazione non mi rassicura. Lei è una candida al 100%. Nessuno ha mai avuto dubbi su di lei, né io, né lei, né nessun’altro.
Le sorrido e camminiamo per i corridoi fianco a fianco.
Ci dividiamo per le lezioni, ma ci incontriamo di nuovo a mensa, al solito tavolo. Con noi sono seduti anche Daniel, il fratello di Sarah, e Max, un suo amico.
“Ciao Ellie. Come sono andate le lezioni?” mi chiede Daniel. Io gli piaccio. Lo so perché, da buon candido, non mi ha mai nascosto i suoi sentimenti nei miei confronti. Qualche mese fa mi aveva presa da parte e mi aveva detto che si stava innamorando di me e che avrebbe voluto essere il mio ragazzo. Aveva anche provato a baciarmi, ma l’avevo rifiutato. Gli avevo detto che non provavo nulla per lui. Avevo mentito, perché qualcosa c’era. Ma io non volevo iniziare una relazione sapendo che adesso, dopo la cerimonia della scelta, ci saremmo divisi.
“Tutto bene” rispondo “le vostre?”
“Fantastiche!” dice Daniel “Sei pronta per il test?”
“Non so come posso non esserlo, visto che non possiamo prepararci il alcun modo.”
“Ehi saputella, non è che sei un Erudita travestita da Candida?” chiede Max.
Rido e abbasso lo sguardo. E se fossi un’erudita? Passerei la mia vita a studiare.
“Voi siete tranquilli per il test?” chiedo, sperando che loro siano nella mia stessa situazione.
“Io si” risponde subito Daniel “perché sono sicuro al 90% di quale sarà il mio risultato. L’unica cosa che mi preoccupa sono i risultati degli altri. Non vorrei che tu cambiassi fazione e ti allontanassi da me, Ellie.”
La sua sincerità mi fa arrossire.
Sarah, che si accorge del mio imbarazzo, mi appoggia una mano sul ginocchio e mi sorride. Lei è una delle persone che più mi mancherà dopo la Cerimonia della Scelta. È stata la mia prima, unica e vera amica. È sincera con me, ma non nel modo spietato dei miei genitori. Dice quello che pensa, ma sa essere gentile e farmi stare bene. Mi è vicina quando ho più bisogno. E poi è capace di piccoli gesti, per farmi tranquillizzare.

Una voce dall’altoparlante annuncia che i test iniziano tra 10 minuti. Ci chiameranno 10 per volta, 2 per fazione. Sarah e Daniel sono prima di me.
Mentre iniziano a chiamare i primi nomi, mi alzo per mettere a posto il vassoio del pranzo e Daniel subito mi segue.
“Ellie, ti devo parlare” mi dice “So che per te non è lo stesso, ma spero che da domani ci ritroveremo nella stessa fazione.”
Deglutisco, anche se non ce n’è bisogno, e provo ad evitare il suo sguardo.
“Ellie, guardami!” mi dice prendendomi un braccio “Io ho paura di perderti. Credo di essermi innamorato di te e sapere che da domani potrei non vederti più mi uccide.”
“Daniel, io…”
“Se vuoi dirmi che non provi nulla per me, per favore, per una volta…”
“Daniel, non è come credi” lo interrompo “tu mi piaci. Tu mi piaci tanto. L’altra volta avevo mentito perché avevo paura e credevo che da domani non ci saremmo più visti. Mi dispiace averti mentito, ma non volevo lasciarti sapendo che non conoscevi i miei veri sentimenti e…”
Non mi lascia finire la frase e mi bacia. Questa volta non lo rifiuto: gli cingo il collo con le braccia e mi metto sulle punte dei piedi, per arrivare meglio alla sua bocca. Quando stacca le sue labbra dalle mie, ci guardiamo negli occhi e ridiamo.
“Grazie per avermelo detto, Ellie.”
“Sarà difficile non vederti più, ma almeno il mio ultimo ricordo sarà questo bacio.”
“Non hai ancora fatto il test e sai già di non essere una Candida?”
“Al 90%” rispondo, sorridendo.
L’altoparlante chiama il nome di Daniel e di Sarah. Lui mi da un ultimo bacio sulle labbra e raggiunge sua sorella. Lei, mentre si avvia verso il corridoio che porta alle sale in cui fanno i test, si volta a guardarmi e mi fa l’occhiolino.
Ho sbagliato, non dovevo dirgli che mi piace, dovevo tenere il segreto per un altro giorno e poi non sarei più stata tentata di rivelarlo. Non avremmo dovuto baciarci. Adesso sarà difficile lasciarlo e dimenticarlo. Penserò ai suoi capelli biondi e ai suoi occhi azzurri ogni sera prima di addormentarmi. Ripenserò a questo bacio, al calore della sua pelle, alle sue mani grandi e forti sui miei fianchi.
Mi siedo al tavolo, di fronte a Max, e stiamo in silenzio aspettando Sarah e Daniel. L’attesa mi sembra estenuante.
Dopo una decina di minuti vedo le loro teste binde ricomparire in mensa. Gli occhi di Sarah sono bassi e scuri, non tristi, quasi rassegnati. Daniel invece è tranquillo. Sicuramente il risultato è stato quello che si aspettava.
Vengono a sedersi con noi. Tengo lo sguardo fisso su di loro, aspettando che uno dei due dica qualcosa, ma non fanno in tempo ad aprire bocca che l’altoparlante chiama il mio nome. Il suono della voce metallica che pronuncia il mio nome mi gela il sangue nelle vene. Una goccia di sudore scende sulla mia fronte.
Mi alzo, do un’ultima occhiata a Daniel e mi avvio verso il corridoio.

Entro nella stanza del test: è una stanza piccola, con le pareti fatte di specchi, al centro una sedia reclinabile e affianco un computer. Ad aspettarmi c’è una donna vestita di grigio, un’Abnegante, che mi sorride e che china il capo per salutarmi appena entro.
“Tu devi essere Eleonor Jay” dice con voce gentile la donna “io sono la signora Prior, la tua esaminatrice. Siediti pure su questa sedia e mettiti comoda.”
Io mi siedo e appoggio la testa. Lei subito, quasi in automatico, mi attacca alcuni elettrodi sulle tempie e poi fa lo stesso su se stessa.
“Bevi questo” dice porgendomi una boccetta di liquido giallo.
“Cos’è?” chiedo.
“è il liquido che rende possibile la simulazione del test. Non ti farà male. È molto raro che succeda” risponde con un sorriso rassicurante.
Se questa è la gentilezza che aleggia tra gli Abneganti forse potrei scegliere loro.
Bevo tutto il contenuto della boccetta e chiudo gli occhi.

Nel giro di pochi secondi mi ritrovo sola, in piedi in una specie di stanza fatta di specchi e vetri. Mi guardo intorno: è un labirinto. Inizio a camminare, cercando un’uscita o qualcosa che mi possa aiutare. Inizio ad agitarmi. Stai calma, Eleonor, penso. È solo una simulazione. È un’allucinazione. Non è reale.
Continuo a girare per il labirinto quando sbatto contro una parete di vetro. Mi volto e davanti a me ci sono due oggetti: una pistola e una borraccia d’acqua.
“Scegli” dice una voce femminile.
Mi guardo intorno, ma non c’è nessuno.
“Scegli!” ripete la voce.
Io chiudo gli occhi. Non è reale, mi ripeto. Non è reale, non è reale.
Li riapro e gli oggetti sono spariti. Davanti a me c’è un uomo senza volto che mi si avvicina, trascinando la gamba destra.
“Ho sete” dice “Ho sete. Dammi da bere.”
Io mi allontano, ma subito sbatto le spalle contro la parete di vetro. Mi spaventa.
“Non ho nulla per te” gli dico, gridando.
“Ho sete” continua a ripetere “Ho sete. Ho sete.”
Mi si avvicina e mi mette le mani al collo. Mi strangola. Sento l’aria mancarmi. Cerco di togliergli le mani, ma è troppo forte per me.
Chiudo gli occhi e le lacrime mi bagnano il viso, mentre boccheggio.
“Tu non sei reale” dico, con la poca aria che mi resta.
Non è reale. Continuo a pensare, per calmarmi. Non è reale, non è reale.
Quando riapro gli occhi, l’uomo allenta la presa e si allontana di un passo. Io cado a terra e cerco di riprendere fiato.
Alzo lo sguardo per guardarlo. È Peeta.
“Peeta” grido, e subito corro ad abbracciarlo, ma a separarci c’è una parete di vetro.
Lui sta fermo li, senza dire nulla, immobile, a guardarmi. Dietro di lui compare un altro uomo, di nuovo senza volto, che solleva la pistola e la punta alla testa di Peeta.
“Peeta, dietro di te!” grido, sbattendo i pugni contro il vetro.
Ma lui resta immobile, a guardarmi.
Ho solo due possibilità: posso chiudere gli occhi e fingere che non stia accadendo nulla, o rompere questo vetro e salvare mio fratello.
Sbatto i pugni sempre più forte sul vetro, finché questo non si rompe, ferendomi braccia e mani. Senza pensarci, mi lancio sull’uomo con la pistola e lo spingo via, ma mentre cade un colpo parte e un proiettile mi colpisce la spalla. Cado a terra, emettendo un grido strozzato. Chiudo gli occhi e mi stringo la spalla con la mano.
Non è reale, penso tra le lacrime. Non è reale, non è reale.
Il dolore però non accenna a passare. Riapro gli occhi ed mi ritrovo da sola in una stanza vuota dalle pareti grigie. Le mie ferite però continuano a sanguinare e a far male. Mi alzo e in un angolo noto due oggetti: una siringa piena di un liquido verde con scritto sopra ‘antidolorifico’ o un kit di primo soccorso.
“Scegli” dice la voce femminile di prima.
Non è reale.
Dietro di me sento il pianto di una bambina. Mi volto e c’è una ragazzina dai capelli neri, accucciata in un angolo, che piange, con una grossa ferita sulla gamba.
Senza pensarci un attimo afferro il kit di primo soccorso e subito l’antidolorifico scompare nel nulla. Vado dalla bambina ed inizio a medicarla. Prima le pulisco la ferita, poi metto del disinfettante, le applico alcuni punti e le fascio la gamba con le bende e le garze, in modo che le rimanga pulita.
“Stai tranquilla, vedrai che passa” le dico, accarezzandole la testa.
Lei alza gli occhi bagnati di lacrime e mi indica la spalla.
“Tu sei ferita. Devi medicarti” mi dice.
Mi guardo la spalla: continua a sanguinare, ma non fa più male.
“Non sono ferita, è finta” le dico, sorridendo.
Subito sento la pelle sulla spalla e sulle braccia riformarsi e chiudersi. Le mie ferite si sono rimarginate appena ho pensato che non ci fossero.
La bambina intanto ha smesso di piangere e mi guarda negli occhi. Il suo sguardo mi spaventa: sembrano gli occhi di un felino, pronto ad attaccare. Freddi e spietati, molto diversi dagli occhi spaventati che aveva poco fa.
“Adesso vai via!” mi grida, con una voce che non è la sua “Vai via!”
Grida così forte che mi fa spostare.

Mi risveglio sul lettino della sala del test.

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