The opposite shore

di Misukichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultimo giorno ***
Capitolo 2: *** Miami ***
Capitolo 3: *** Un brutto incidente ***
Capitolo 4: *** La grotta ***
Capitolo 5: *** Ferita nell'orgoglio ***
Capitolo 6: *** Disneyworld is not always just fun ***
Capitolo 7: *** Who are you? ***
Capitolo 8: *** Is it just the fever? ***
Capitolo 9: *** Qualcosa di losco ***
Capitolo 10: *** Notizia sconvolgente ***
Capitolo 11: *** Drama ***
Capitolo 12: *** The party - part 1 ***



Capitolo 1
*** L'ultimo giorno ***


 1. L'ultimo giorno

Sono le 8.30 e la mia sveglia non è suonata.
Apro gli occhi. Dopo aver lanciato una rapida occhiata alla sveglia mi rendo conto, inorridita, che avrei dovuto uscire da casa circa mezz'ora fa. Chissene frega, tanto è l'ultimo giorno di scuola o sbaglio? E' a questo che servono gli ultimi giorni di scuola. Ad arrivare in ritardo e non essere marcati assenti o in ritardo.
Mi guardo allo specchio e vedo la solita me, ragazza di media statura, capelli castani arruffati come ogni mattina prima di pettinarli, occhi leggermente lucidi e pelle perfettamente liscia. Ho il viso assonnato.
Dopo aver indossato i primi pantaloni trovati distesi sulla sedia, prendo borsa a tracolla, cappellino e skateboard e comincio a correre. Forse riesco ad arrivare prima della seconda campanella.
Arrivo che sono appena in tempo. Entro, e l'addetto all'ufficio, James, mi chiede come mai non sono in classe. Non ho tempo da perdere in inutili chiacchere, quindi mi sbrigo e mi dirigo verso il mio armadietto. La scuola si trova a poca distanza da casa mia, a Sunnyvale, paese in cui sono nata e in cui attualmente vivo, piccola ma bella cittadina in California.
Apro la porta della classe e la richiudo un po' troppo forte, con il cuore in gola e il fiatone a mille. Tutti si voltano a guardarmi e qualcuno di loro sghignazza, facendo commenti poco carini sul mio stato pietoso. Non ho bisogno nemmeno guardarli per capire che sono loro due quelli che più mi deridono: Jack e Selena. Per quanto riguarda questi due, c'è molto da dire. Lei si è trasferita qui quando ero una Freshmen e lei una Sophomore* e in breve tempo ha conquistato tutta la squadra di football con i suoi capelli biondi e il suo bell'aspetto. Tralasciamo la parte in cui parlo del suo carattere, perché si potrebbe andare avanti a parlare per ore e, credetemi, non sarebbe affatto divertente. Ovviamente, tra tutti i maschi carini e soprattutto intelligenti, con alti standard, che ci sono nella nostra scuola, lei è andata a scegliersi quello più stupido che, a mio parere, ma anche di qualche insegnante poco paziente, la Sun High School abbia mai istruito in tutti i suoi anni di vita. Jack è una cosa a dir poco scandalosa. Il suo essere idiota l'ha reso famoso in tutto l'istituto. Se l'idea che vi state facendo su di lui è quella di "bello e dannato", mi dispiace deviarvi, ma state sbagliando strada, tornate indietro. Lui è stronzo-idiota. Ogni scherzo demenziale che una mente umana, non-animale potrebbe pensare, probabilmente lui l'ha già messo in atto. Le vittime sono quasi sempre ragazzine come me, o peggio, ragazzine attratte dal suo aspetto fisico.

Il prefessor Dickons ci invita poco gentilmente al silenzio, interrompendo così quell'attimo di imbarazzo prima che io possa raggiungere il mio banco. I pettegolezzi del gruppo delle Cheerleaders della nostra scuola si fanno sempre sentire; Penso che l'istituto ne abbia fatto il pieno in questi ultimi anni, da quando è entrata Selena tra le Cheers e ha posto tutti sotto il suo comando dittatoriale.

In pratica, la nostra scuola è formata principalmente da quattro gruppi: Le Cheerleaders sono il primo, ma non per ordine di importanza anche se a loro piace pensarla così. Poi ci sono i giocatori di Football, o comunque di qualche tipo di sport che implichi cazzotti in pancia e occhi neri, e che attraggono l'attenzione del popolo scolastico; In terza fila vengono i Nerd, stereotipati come secchioni ma non solo, chiunque abbia una media di voti superiore alla media. Infine ci sono gli emarginati sociali, gli sfigati, i bruttini e quelli che nessuno considera, che spesso vengono presi in giro dalle altre tre categorie. Poi ci sono le persone come me, che non appartengono a nessuna categoria. Personalmente, io faccio parte della banda, ma non sono considerata in nessuna delle categorie che vi ho appena citato, perché qualsiasi membro di qualsiasi categoria vi è ammesso, ed è l'unica eccezione alla regola che ci permette di stare assieme. La nostra scuola vive di stereotipi.

Sono una ragazza semplice ma non affatto superficiale. Mi sono stati inculcati sin da piccola il valore del rispetto e della semplicità. Odio le mode e anche truccarmi tanto, non è il trucco che rende belle le persone. Su di me c'è poco da dire, infondo.

Mi siedo al banco lasciato vuoto davanti alla cattedra del Professor Dickons, il mio insegnante di matematica. E' intelligente ma troppo ossessionato dal lavoro, spesso mi chiedo se abbia una vita al di fuori dell'ambito scolastico.
«Jennifer, hai intenzione di giustificarti per il ritardo di stamattina?»
Ora capisco perché il primo banco è sempre libero, il professore sputa. Che schifo. Non rispondo ed apro il libro.

Passano dieci, venti minuti ed io sento ma non ascolto, la voce del professore sembra lontana mentre sono persa nelle mie fantasie: penso alla mia estate, che è ormai alle porte. Ho in programma di trascorrere un mese in Florida, lontano da tutto e da tutti, lontano da questa città che fino ad ora mi ha portato solo malinconia, e soprattutto lontano da quelle persone che non sanno apprezzarmi per quella che sono, (non che ce ne siano molte che invece lo facciano).
Ho intenzione di lasciarmi tutto alle spalle, per un mese.
Mancano solo 2 giorni, soltanto 48 piccole ore, e prenderò quell'aereo che mi porterà nella città che da sempre sogno di visitare: Miami. Ovvio che non riesco a seguire la lezione. L'esperienza per me sarà nuova, non mi sono mai spostata da sola e soprattutto non sono mai stata in Florida.
La voce stridula di Selena interrompe i miei pensieri felici catapultandomi nella mia scomoda realtà del momento: sono oggetto della sua attenzione e questa, vi assicuro, che non è mai una cosa positiva, mai.
«Ma guardatela la ragazzina che sogna il principe azzurro!» esclama ad un certo punto, cercando l'attenzione del suo pubblico.
«Silenzio, perfavore!» tuona il professor Dikons.
«Prima che tu abbia un ragazzo farà in tempo a cadere sia il sole che la luna» mi sussurra a bassa voce, provocatoria, scatenando l'iralità generale delle sue compagne di banco. Ignorale, Jennifer. So che puoi farcela, sembra un impresa non risponderle, ma d'altronde è quello che hai sempre fatto fino ad oggi. Due giorni, solo due.

Mi chiedo come faccia Jack a stare insieme ad una come lei; Lo guardo distrattamente, ma me ne pento all'stante.
«O forse sei già interessata a un ragazzo che non ricambia i tuoi sentimenti?» sorride nel suo modo maligno e malizioso che mi da sui nervi e si volta verso Jack. A quel punto gli sfiora le labbra con le sue, osservandomi con la coda dell'occhio.
Che faccia tosta, mi sa che qui c'è di mezzo qualche errore di fraintendimento.
«Mi sa proprio che hai sbagliato persona, Selena, quello che dite tu e il tuo ragazzo mi entra da un orecchio e mi esce dall'altro. Quindi, che ne dici di conservare le tue belle parole per usarle con qualcuno che ti ritiene intelligente e che voglia avere dialogo con te?» le rivolgo un ampio, falso sorriso e poi mi giro e cerco di seguire la lezione, che comincia a diventare sempre più lenta e noiosa, soprattutto con lo sguardo velenoso di Selena e di Jack puntato addosso. (Per favore, Signore, ricordami chi mi ha fatto scegliere di prendere Secondary Math III, ti prego... Ah già, è una classe richiesta per il diploma, altrimenti proprio non sarei qui.)

Finalmente la campanella suona. Non sto più nella pelle per la fine delle lezioni. Niente più compiti, niente più ritardi e sgridate da James, niente più prese per il culo da ragazze stronze, niente più professor Dickons che sputa sul banco, niente più Selena e Jack. Perchè le vacanze non durano in eterno? Sarei la ragazza più felice del mondo.

Quando arriva l'ora della mensa, sono già super-affamata, perciò mi affretto a restituire i libri all'insegnante e mi dirigo, svelta, verso la mensa, dove so per certo che Laura, la mia migliore amica, mi sta aspettando.
Quando la vedo la saluto, e lei mi rivolge uno sei suoi sorrisi smaglianti e contagiosi, «Allora, Jenny, cosa hai intenzione di fare ora che iniziano le vacanze?» mi chiede Laura con un sorriso.
«Te l'ho già detto, non ricordi? Tra 3 giorni parto per la Florida.»
Quando gliel'ho raccontato la prima volta, lei non credeva che i miei genitori mi avrebbero mai lasciato e si sarebbero sottomessi ai miei piani “assurdi e libertini”. Vorrei da morire che venisse con me, ma so che non può, ha da curare i fratellini più piccoli.

Laura è una ragazza molto gentile, sempre disponibile ad ascoltare, introversa ma molto simpatica. E' la mia migliore amica dai tempi delle elementari.

L'unico suo difetto, se si può definire tale, è che pensa troppo agli altri, distogliendo l'attenzione da se stessa; Così, cerca sempre di far star bene sua madre e i suoi fratelli e oltre a studiare non dedica nemmeno un attimo di tempo a sè.
«Ci vediamo fuori da scuola!» la saluto, quando ormai il nostro tempo in mensa è scaduto.
Mi preparò all'ultima ora di Biologia e comincio a ritirare tutti i libri dal mio armadietto, quando sento in lontananza delle risa. Sono i ragazzi del Football che si dirigono al campo per salutarsi e per giocare la loro ultima partita insieme. Non sono sicura di voler assistere.
Attraversano il largo corridoio e in quel gruppo di ragazzi riconosco solo Jack, che mi guarda e poi sghignazza con due dei suoi amici. Sì, insomma, non sono poi Miss Popolarità.
Jack è uno dei ragazzi più odiosi, ripugnanti, detestabili, abominevoli, antipatici, seccanti, fastidiosi – ok, penso di essermi fatta intendere – di tutta la scuola.
Ha quel fare da "Ehi-spostati-che-devo-passare-prima-io-perchè-io-sono-più-in-gamba-e-più-affascinante-di-te-che-sei-solo-una-sfigata".
Giuro che prima o poi gli tiro un pugno in faccia.

Alla fine della giornata saluto Jenny, prima di dirigermi verso il cancello.
«Buone vacanze Jenny, e prometti di chiamarmi dalla Florida!», contraccambio i saluti e poi schizzo via.
Percorro tutta la via della scuola, nonostante la giornata stressante e faticosa sono molto ma molto felice, infatti il mio sorriso rimane stampato sulla mia faccia per più di dieci minuti.

Lo zaino.
Subito mi ricordo che l'ho lasciato all'ingresso, quando l'ho appoggiato a terra per abbracciare Laura. Prendo lo skateboard e percorro tutta la strada per recuperarlo, quando sento in lontananza il rombo di un auto che sta per arrivare.
Sto avendo qualche difficoltà di manovra, mentre il mio piede scivola via dallo skateboard e si piega in un movimento strano.
Mi accorgo che al mio mezzo di trasporto si è rotta una ruota, fantastico.

La scuola è quasi deserta. Non è rimasto altro che quella stupida macchina rossa che sfreccia a manetta, sulla quale c'è Jack con Selena, quest'ultima mi saluta con la mano e ride come un'ebete. Bene, li ho incontrati 3 volte in meno di due ore, è il destino che mi vuole male?

Dopo venti minuti di strada sono finalmente a casa, fa caldissimo, così vado in casa ed accendo il ventilatore.
Sono a casa da sola, i miei genitori tornano tutti i giorni alle 6 di sera dal lavoro; Sono tutti e due medici e ogni tanto fanno anche i turni di notte all'ospedale.
Dopo una giornata abbastanza pesante e una lunga passeggiata fino a casa, mi sdraio sul divano e mi addormento.
Mi sveglio due ore dopo con un caldo assurdo, tutta sudata.
Vado al piano superiore e mi faccio una bella doccia rinfrescante e poi vado in camera a finire di preparare la valigia. All'interno di quel grosso, rosso baule vi è un po' di tutto: svariati vestiti, scarpe, qualche gioiello per la sera. Insomma, nessuno là sa che sono una sfigata totale, perchè non provare a dare una buona impressione?

La giornata si rischiara quando mio padre, la sera, mi mette sul letto il biglietto aereo con un fiocchetto e mia madre mi porta la cena in camera. Adoro la mia famiglia, anche se so che mi vizia troppo.


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Capitolo 2
*** Miami ***


2. Miami




Oggi la sveglia suona, eccome se suona!

Alle 9.30 sono in piedi, colazione a tavola e arzilla come un grillo, sono pronta per affrontare il mio primo viaggio ed essere responsabile, in bocca al lupo Jennifer!

Ora che tutto è pronto, mamma e papà hanno sistemato le ultime cose con i documenti e io ho caricato in auto la mia valigia, prendiamo la macchina e ci dirigiamo verso l'aeroporto della mia cittadina.

Il viaggio per Miami durerà circa cinque ore, ed è un volo diretto. L'unico per Miami di tutto l'anno, mio padre ha calcolato bene.

I miei genitori mi hanno prenotato una bellissima stanza nell'hotel migliore, o almeno uno dei migliori, in centro di Miami.

Alle 10.10 comincio ad andare in crisi.

«Che percentuale c'è di possibilità che il mio aereo precipiti?» mi rivolgo a mia madre, leggermente ansiosa.

«Stai tranquilla Jenny, che non succederà»

«ma comunque, che percentuale c'è?»

«Non lo so! penso pari all'1%» mi dice mia madre per tranquillizzarmi. «Lo sai che l'aereo è il mezzo più sicuro? Sembra strano ma è proprio così»

Il fatto è che se la sua intenzione è quella di tranquillizzarmi, non ci sta riuscendo per niente.

Arrivata in aeroporto la mia ansia aumenta.

«Ragazzi, forse è meglio che io vada, potrei perdere il volo.»

«Ma non dire sciocchezze, rimani ancora un po', non ti vedremo per un mese!» esclama mia madre, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto. Mia madre è una tipa molto affettuosa, mi vuole un gran bene, e il suo bene è completamente ricambiato.

Mio padre è un uomo forte e rotondetto, ma molto simpatico. Ho sempre adorato stare in sua compagnia, da quando ero bambina, anche se non sono sicura che abbia preso atto del fatto che sono cresciuta.

A parte questo, noi tre formiamo una famiglia e anche una squadra stupenda, che si aiuta a vicenda nel momento del bisogno.

«Ok, stanno annunciando il mio volo, adesso vado! Ciao mamma, ciao papà, mi mancherete tanto» piego la testa di lato e sorrido a quella coppia meravigliosa.

«Oh vieni qui, bambina» dice mia mamma con un tono di voce che lascia passare un velo di commozione. I miei mi abbracciano e mi augurano buona fortuna, mentre mi avvio con le mie due valigie verso il check in.

L'aeroporto è davvero gigantesco, mentre cammino posso sentire il mio cuore pompare forte per l'ansia e l'adrenalina di questo enorme passo della mia vita.

Li guardo per l'ultima volta e li saluto sorridendo.

Quando ho proposto per la prima volta ai miei genitori l'idea di questo viaggio, la loro risposta era secca e definitiva: No. Non c'era neanche da discuterne. Una delle mie migliori qualità, però, e posso assicurarvi che anche la mia prof. Di inglese ne è convinta, è la mia parlantina efficace. Sono stata io ad insistere sino a quando, mostrati loro tutti gli aspetti positivi e scavalcati gli aspetti negativi, mi hanno dato il loro consenso.

Ora, potete immaginare la mia felicità quando mi mostrarono tutti gli hotel e le spiaggie di Miami...

Non si può dire per niente che la mia famiglia è messa male economicamente, anzi!

Tiro un sospiro, testa alta e sguardo dritto, mentre l'eccitazione comincia a sostituirsi alla paura.

Il volo dura come previsto 5 ore. All'inizio del viaggio sto per conto mio, a sfogliare qualche rivista di gossip e a guardare fuori dal finestrino. Passata una mezz'oretta una ragazza si avvicina a me e mi saluta.

«posso sedermi qui? Questo posto è libero e io ho litigato col mio ragazzo là in fondo, non guardarlo però, altrimenti capirà che stiamo parlando di lui.»

Annuisco e le faccio cenno di sedersi accanto a me.

«Io sono Jennifer» sorrido.

«Piacere, sono Kandy» la sua voce è sottile e dolce.

«Sei anche tu in viaggio per trascorrere le vacanze a Miami?» le domando.

«Si, io e il mio ragazzo abbiamo prenotato una stanza al Miami Hills Hotel, volevamo trascorrere le vacanze ma già da ora ha cominciato a rompere.» risponde girando gli occhi.

«Anche io ho prenotato una stanza al Miami Hills! Significa che ci beccheremo di sicuro in giro.» le dico sorridendo.

Per fortuna, ora non sono proprio del tutto sola e abbandonata a me stessa, nel caso abbia bisogno di aiuto potrò chiedere a lei, mi sembra una brava ragazza e sembra anche di buona compagnia.

«Fantastico! Spero ti divertirai.»

«Lo spero anche io, sai, è la prima volta che viaggio da sola e ammetto che ho un po' d'ansia»

«Sei completamente sola?» mi chiede sorpresa.

Annuisco.

«Quanti anni hai?»

«Quindici, quasi sedici, e tu?»

«Io ne ho diciassette e anche lui» gira lo sguardo per poco verso il ragazzo dietro di qualche sedile, che distoglie lo sguardo evidentemente in imbarazzo quando si accorge di essere osservato.

Dopo un attimo lui la guarda e accenna un sorriso, in quel timido sorriso sembra offrirle un invito a tornare da lui.

«Come si chiama?»

«Luke, nel caso te lo stessi chiedendo, veniamo entrambi da San Francisco.» poi continua «Dai, ora vado a chiarire con lui, prima che decida di tenermi il muso per tutta la vacanza, ci vediamo... Jenny, giusto?» mi sorride e si avvia verso i sedili di dietro.

«Non ti preoccupare, probabilmente ti ha già perdonata» le sussurro, e lei ricambia il sorriso, con riconoscenza.

Mi giro e vedo che chiacchierano, poi dopo qualche minuto si scambiano un bacio veloce.

Io non ho mai avuto un ragazzo e non mi preme neanche l'idea di averne uno.

Tutti si baciano e festeggiano i loro anniversari, quando potrebbero essere single e godersi la propria adolescenza come faccio io, più o meno.

La verità è che io non ho mai avuto nessuno su cui poter contare veramente, a parte i miei genitori e Laura, ovviamente. Fin da bambina tutti mi hanno sempre preso in giro, o per la mia timidezza o per altre piccole cose.

Nella mia classe delle lontane elementari c'era chi trascorreva le sue giornate a mettere in giro voci su di me, e quando avevano finito perché nessuno li stava più ad ascoltare, decidevano che voci mettere in giro il giorno dopo, insomma, non ero mai lasciata in pace da nessuno.

Un giorno mi chiesero se era vero che avevo mangiato un serpente a sonagli dopo che mi aveva punto, roba da matti.

Io, comunque, ho passato gran parte della mia infanzia ad ignorarli; Non si potrebbe definire la migliore infanzia del mondo, ma almeno avevo Laura, la migliore amica che non sostituirei con nessuno. Anche se non ho molti amici, ho sempre pensato che è meglio la qualità alla quantità.

Per questo ho deciso di partire, voglio andare in un posto dove nessuno mi conosca e dove nessuno possa considerarmi una sfigata, un posto dove le voci di quei ragazzini degli anni passati non siano arrivate, e qual è il posto migliore se non la Florida? Miami, con le sue sfavillanti spiagge, i suoi incantevoli Hotel di lusso, gli straordinari negozi pieni di vestiti dove poter fare shopping, dove potersi distrarre dalla vita di tutti i giorni. Ah, questa si che è estate, questa si che è vita.

Metto la testa tra le due ginocchia e mi appoggio al finestrino.

Io ci credo al vero amore? Ormai quasi tutte le coppie si separano, il fratello di mia madre, la sorella di mio padre.

Io credo che l'amore esista, ma in pochi casi sia eterno. Anzi, l'amore eterno non esiste. Decisamente no. Questo perché le persone cambiano: due persone di una certa età, sposate da diversi anni, non sono come le due persone che si sono incontrate e si sono innamorate molti anni prima. E quando due persone cambiano a tal punto da non riconoscere nell'altra persona la propria "anima gemella", la storia d'amore finisce, si spegne come un fuoco d'artificio che ha già creato meravigliose luci nel cielo e si è esaurito. E se finisce, aimè, è per sempre. E' una cosa triste da un lato, per questo ho così tanta paura di affezionarmi a qualcuno tanto da essere capace di provare quel sentimento che tutti chiamano così. Amore.

E da ora comincia la mia vera e propria avventura in Florida, tra grattacieli elevati e palme, i raggi del sole caldo che mi accarezzano ovunque io vada.

E' bello sentirsi sperduti, in una città fantastica che non si conosce nemmeno un po' e soprattutto soli. Soli per la prima volta, in un certo senso.

Si prova quel brivido di potere, quella sensazione di adrenalina che ti scorre nelle vene, poi sorrido davanti a quello spettacolo e mi chiedo dove potrà mai essere il mio hotel, ma non me ne importa, perchè so che posso chiamare un taxi.

«Taxiiiiiiii» accidenti, mi guardo intorno sperando di non sembrare ridicola.

Ed ecco che un taxi si è già accostato, scende dall'auto e mi prende il bagaglio, caricandolo sul bagagliaio.

Sono davvero sorpresa.

«allora, la mia destinazione è... Miami's Hills Hotel, lo conosce?» domando.

Il taxista mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore e poi esclama: «Ma per chi mi prendi? Ovvio che lo conosco.» Io taccio. «Non sei di queste parti, vero?»
«ehm.. in effetti no, vengo dalla California»

«Mhm, interessante, da dove precisamente?» mi chiede interessato.

«Da Sunnyvale, vicino a San Francisco»

«Bellissimo posto, la California. Ci sono stato parecchie volte» poi continua «E' la prima volta che vieni qui? »

«Primissima; non sono mai stata in Florida, per di più sono sola, quindi devo arrangiarmi» gli dico.

«Quanti anni hai?» Ecco, ci risiamo. Ripeto la mia età al guidatore, scettica.

«Sei giovane, devi stare attenta! Qui a Miami è pericoloso, non siamo a Sunnyvale... siamo a Miami!» mi dice con un tono di rimprovero.

«Sì, lo so che siamo a Miami» rispondo.

«Ecco appunto, allora adesso facciamo il giro lungo, così ti mostro il meglio di questa città, se me lo permetti, ovviamente.»

Accetto entusiasta e ringrazio. Così, dal piccolo finestrino di un taxi, rimango abbagliata dalla grandiosità e meravigliosità di questa grande metropoli, di cui vedo solo una minima parte.

Mi spiega che Miami è divisa tra Miami, o Miami city, e Miami Beach. Il mio Hotel si trova in quest'ultima zona, la zona che si affaccia sul mare.

Il viaggio fino all'hotel dura circa un ora, per colpa del traffico. Mi mostra tutti gli Hotel di lusso e le ville sontuose dei miliardari della zona.

«....e là si trova uno dei quartieri più esclusivi e più ricchi della città, dove troneggiano sontuose ville, circondate da piscine, campi da golf, elitari club privati e luoghi per il relax dei miliardari: siamo nel cosiddetto “Miglio dei miracoli”, ragazza» ma come parla, questo qua?

Quando arrivo a destinazione sono ancora a bocca aperta, come poche volte sono rimasta nella mia vita.

Il taxista mi augura buona fortuna.

«Se ti perdi chiama il centralino, mi raccomando» mi sorride e dopo trentamila ringraziamenti da parte mia, se ne va.

Io prendo i miei bagagli e mi dirigo verso l'ingresso dell'hotel, che da fuori è davvero gigantesco.

Non appena entro in quella meraviglia mi sembra di essere entrata realmente in una favola, nella quale quell'hotel così grandioso è in realtà un maestoso castello.

La porta scorrevole è gigantesca, sormontata da una vetrata per lasciar vedere l'interno spettacolare ai passanti.

Noto che all'interno della Hall c'è una grande reception, dotata di personale anche carino, direi.

Mi avvicino e l'uomo al bancone mi fa un cenno.

«Salve» dico titubante e incerta mentre mi guardo in giro.

Ma poi vedo quella meraviglia di piscina all'esterno, il lusso e l'eleganza che mi circondano, e decido di andare dritta al sodo.

«Ho prenotato una stanza al sesto piano» mi rigiro verso l'uomo alto che porta una sottile barba e i capelli scuri pieni di gel all'insù.

Lui mi sorride, probabilmente dopo aver visto i miei occhi verdi incollati a quella piscina, «Ansiosa di cominciare, è? Quella piscina non è l'unica, ne abbiamo altre tre all'interno. Sono l'interesse di tanti ragazzi e ragazze come te.»

«Ce ne sono tante?»

«Sì, come ti ho già detto abbiamo tre piscine all'interno e due all'aperto, più le sale termali.»

«Come? No, intendevo di ragazze come me, tutte sole.»

«Sole? Uhm, non saprei, quanti anni hai?» Ok, sta volta me la sono andata a cercare.

«Quindici. In pratica quasi sedici, però.»

«E sei sola? » mi guarda anche lui sorpreso.

E' la seconda o forse terza persona che mi fa questa domanda nell'arco di due giorni, e sinceramente ne ho abbastanza di persone che non mi considerano all'altezza del programma che mi sono proposta, perciò decido di tagliare qui la conversazione, mi limito a riferire i miei dati, in attesa che il ragazzo mi dia la chiave della mia stanza.

Comincio ad essere davvero accaldata, non vedo l'ora di essere nella mia stanza, mi farò una bella doccia. Il viaggio e il fuso orario, anche se di sole tre ore di differenza, mi hanno spossata.

Mi dirigo verso l'ascensore, ampia e spaziosa, che sta trasmettendo una canzone di Michael Jackson.

L'ascensore annuncia tintinnando il mio arrivo al piano desiderato, lasciandomi nauseata dalla velocità con cui mi ha portato su.

Mi strascico verso la stanza giusta, apro la porta e metto i bagagli in mezzo alla stanza, dopodiché mi sdraio sul letto morbido e chiudo gli occhi per un secondo.

Mi sveglio due ore dopo con un po' di mal di testa.

Mi guardo intorno, la camera è molto grande, i mobili sono tutti bianchi e la stanza è ben illuminata. Un lampadario di lusso è calato in mezzo alla stanza, e un letto a baldacchino si trova da parte alla finestra. La stanza è arredata in stile moderno, ed è davvero elegante.

Esco sul balcone e mi si bloccano i pensieri, vedo solo tantissimo azzurro.

Una striscia lunghissima di azzurro chiaro e intenso, il mare. La luce del sole lo fa brillare, creando uno spazio di luce e brillanti disteso sulla superficie di quello spettacolo naturale.

Rimango meravigliata dal lungo tratto di spiaggia, dalla mia postazione si può vedere bene come crei un golfo.

Dall'altra parte del balcone invece vedo una via lunghissima e piena di negozi.

Non bado più al mal di testa, disfo velocemente la valigia, metto il costume e parto alla riscossa.


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Capitolo 3
*** Un brutto incidente ***


3. Un brutto incidente




La mattina dopo, sto leggendo l'ultimo messaggio che Kandy, la ragazza dell'aereo, mi ha inviato. Ci siamo incontrate ieri sera nella hall dell'hotel e abbiamo passato una serata in compagnia a bordo piscina.

Mi creo un piano ben strutturato per la giornata: la colazione sta al primo posto, poi un uscita in spiaggia e per ultimo un giro per Miami beach e le sue principali attrattive, se magari mi avanza tempo, andrò a fare un tour in pullman, completo di ombrellini per il sole.

A colazione ho tempo di ringraziare Harry della sua generosità di ieri, e saluto anche gli altri amici, declinando tutte gli inviti per quel giorno.

Presa la borsetta, il telo da mare, il cappellino e gli occhiali mi avvio per il lungo mare: un bel giro per la costa è proprio ciò che mi ci vuole.

L'aria è straordinariamente fresca, sta mattina.

I lidi della spiaggia sono diversamente quasi vuoti, decido di godermi al massimo la passeggiata. Mi osservo intorno, in lontananza, nella parte al limite d'estremità del golfo pieno di lidi scorgo un bellissimo ramo di scogli che si spinge in un punto più lontano dalla spiaggia.

Decido di andarci, sono curiosa poiché non sono mai salita su degli scogli, voglio osservare i colori della spiaggia da lontano e il panorama che i colori degli ombrelloni formano.

La strada è parecchio lunga, arrivo perfino in un punto completamente isolato, sono sola, poi ritorna la spiaggia piena di lidi e poi di nuovo sola; finalmente ci arrivo. Gli scogli sono più lontani di quanto avevo calcolato prima della partenza, ma adesso non voglio arrendermi così facilmente.

Comincio a saltellare su quella moltitudine di sassi caldi conficcati nella pietra, quelle spesse rocce color grigio misto al verde delle alghe.

Quando dopo un pochino di tempo mi giro indietro, mi accorgo di essere andata davvero molto al largo; Gli ombrelloni si vedono piccoli come lo spessore di un dito, il leggero venticello mi accarezza i capelli castani, sciolti, lunghi.

Osservo l'effetto che la luce crea a contatto con il mare, al largo: un trilione di brillantini splendono sulla superficie, sembra un mare di cristallo. Voglio toccare l'acqua con un dito, all'estremità degli scogli mi sporgo un attimo, mi sembra quasi di volare. E' una sensazione bellissima, di libertà, adrenalina, pericolo.

Il sangue pulsa e il cuore batte, sono immersa nelle sensazioni di piacere che mi invadono dalla testa ai piedi. Il grosso cappello che fino ad adesso mi ha coperta e protetta dal sole vola via.

Prima che mi scappi via, mi sporgo più del dovuto dallo scoglio su cui mi sono appostata per godermi lo spettacolo naturale, afferro il cappello e... perdo l'equilibrio.

Lancio un urlo e precipito in acqua, picchiando una gamba e un braccio contro alla parete dello scoglio.

Non penso a niente, vedo solo una forte luce e una stretta allo stomaco mi fa piegare dal dolore.

Sono in preda all'ansia, con gli occhi chiusi, stretti, mi sento cadere in acqua ed è come se tante lame fredde mi attraversassero il corpo. L'acqua è profonda, non tocco, affondo e poi riemergo in superficie.

Vado in confusione, apro leggermente gli occhi e l'ultima cosa che vedo, sfocatamente, è un ragazzo con i capelli scuri e gli occhi brillanti che sta per cadere dagli scogli, anche lui come me.

Vorrei aiutarlo, ma non riesco nemmeno ad aiutare me stessa...

-

«Ma che diavolo.. è assurdo! Ci mancava solo questo!» E' una voce forte, un po' infantile, da ragazzo a svegliarmi. La mia bocca è pastosa e gli occhi bruciano, come dopo la fine di una maratona al sole, il mio corpo fatica a muoversi, è tutto raggrinzito.

Apro gli occhi. Cos'è questa sensazione di gelo, di freddo?

Alzo la testa, ho una gamba fasciata e nell'altra vedo un grande ematoma nero. Un ragazzo che non conosco sta per mettermi sopra del ghiaccio, io urlo dal dolore.

Ho mal di testa, mi fanno male entrambe le gambe e, quando mi osservo bene, scopro di avere anche un braccio pieno di sangue e tagli.

«Cosa succede?» chiedo in preda all'ansia. Non riesco a ricordare gli eventi delle ultime dodici ore.

«Sei caduta dallo scoglio, cosa vuoi che sia successo?» la voce è parecchio seccata e stranamente familiare.

«Chi sei?»

«ah ah ah, divertente» mi guarda storto, non capisco.

Lo guardo meglio, metto a fuoco... e quasi desidero cadere ancora dallo scoglio piuttosto che credere a quello che i miei occhi stanno vedendo.

Non ci credo, non ci voglio credere. Ho appena connesso il cervello agli impulsi che i miei occhi hanno ricevuto. Avrei preferito sul serio morire cadendo dagli scogli, qualche ora fa.

«Ma dove sono? E tu che ci fai qui?» cerco di non pensare troppo alla situazione, di non vederla così tragica. Spero con tutto il mio cuore di non essere in California, di nuovo.

«Vorrei farmi la stessa domanda, cosa ci faccio qui? E per rispondere alla tua prima, ti trovi nella mia stanza. Dopo essermi buttato nell'acqua per recuperarti ti ho portato all'ospedale, devo dire che è stato uno shock vedere che sei tu, ma di sicuro non potevo lasciarti affogare. Così ti ho portato e me ne sono andato, ma la sera i medici mi hanno chiamato e mi hanno detto di portarti a casa, così ora sei qui, e io in questo momento potrei essere in giro a divertirmi con gli amici, ma no. Devo fare la mamma. » la voce di Jack è parecchio irritata, direi quasi, furiosa.

«Intendevo, cosa ci fai a Miami?» mi guarda storto.

«Sì da il caso che abbia deciso di passare le vacanze qui» risponde come se paresse ovvio.

«Ora mi chiedo, che ci fai qui tu invece?» mi chiede sarcastico.

«Sono qui per lo stesso tuo motivo»

«Ah fantastico allora. La prossima volta potresti essere un po' meno masochista ed evitare di lanciarti da uno scoglio se nemmeno sei capace di nuotare, che ne dici?»

Mi metto a sedere e lo guardo torva, i suoi toni mi hanno stancata.

«Senti tu, guarda che non sei obbligato a tenermi qua rinchiusa in questa stanza, ora che sto bene posso benissimo andarmene.»

«Grazie Santi, per aver ascoltato le mie preghiere!» mi risponde e si alza dalla sedia.

La stanza è al buio, fuori si vedono le stelle e i grattacieli alti. La camera da letto è molto grande e un po' disordinata, deve essere sicuramente di Jack.

Io sono sdraiata su un letto matrimoniale, è sicuramente il suo perché il cuscino ha il suo profumo.

«La vuoi smettere di spogliare la mia stanza con gli occhi? Non è un Hotel. Non dovresti nemmeno essere qua.»

«Scusa eh, ma ti vuoi calmare un attimo? Capisco che ti sto rovinando una serata, però potresti essere anche un po' più gentile! Va be, non mi interessa. Adesso chiamo Kandy così mi viene a prendere e non avrò più niente a che fare con te per il resto della giornata. Volevo dire vacanza. Anzi, vita!»

«Ti porto a casa io.»

«Toglitelo dalla testa, dov'è il mio cellulare?»

«Ti porto a casa io, non posso lasciare una bambina quindicenne in giro con sconosciuti.»

«Sconosciuti? E' una mia amica, sei più sconosciuto tu di lei. Non sono una bambina.»

Si avvicina al comodino e prende il mio affarino digitale, poi me lo butta sul letto e io lo prendo.

Sul display sono segnate 34 chiamate perse, oddio.

«Non avranno mica avvisato i miei genitori dell'incidente, vero?»

«Sei minorenne, non pretendere di risolvere i tuoi problemi da sola.»

«Ah, tu invece sei grande? Guarda che hai due anni in più di me!»

«Tre anni in più di te, in settimana ne compio diciotto, e sarò maggiorenne, altrimenti non mi avrebbero scassato per riportarti a casa. Sarebbe stata una fortuna, in effetti.»

«Io quest'anno ne compio sedici!» rispondo alterata. Chissà i miei genitori come saranno preoccupati, vorranno riportarmi a casa.

«Va bene, comunque non hanno avvertito i tuoi genitori.» mi risponde.

«Ti diverti a farmi preoccupare?» prendo il primo cuscino che trovo e glielo scaglio in faccia. Questo lo prende al volo e lo posa sulla sedia.

«Basta chiacchiere.» si gira per andarsene e trattiene una risata.

Sono rossa dalla rabbia. Che lunatico!

Una discussione da bambini di 6 anni.

Io, intanto, cerco il numero di Kandy tra i miei contatti.

Ma che diavolo. Perchè a me? Lo scopo della mia vacanza...

Kandy risponde: «Jenny! Ma dove diavolo sei finita? Avevi detto saresti passata stamattina sul tardi» la sua voce è veramente preoccupata; In sottofondo si sente la voce di Luke.

«Hey Kandy, è successo un casino, ti spiego tutto quando saremo in Hotel, ora ho da chiederti un favore enorme.»

«Dimmi tutto, vuoi che ti venga a prendere da qualche parte?»

«Esattamente.»

«Ok, dimmi dove sei»

«Sono.... non lo so dove sono! Aspetta...» rispondo mentre scendo dal letto, ho indosso ancora i vestiti della sera prima, asciutti però.

«Come? Non sai dove sei?» il suo tono di voce si è alzato di qualche ottava.

«No, sono sotto una specie di sequestro da parte di un cretino.»

«Che stai dicendo?»

«Ti spiego tutto più tardi.»

Intanto Jack è rientrato nella stanza con un mega panino farcito ripieno di... qualche cosa.

«Non sai nemmeno dove siamo, non è buffo?» parla con la bocca piena.

«No, non è buffo per niente. Ti hanno mai insegnato a non parlare con la bocca piena?»

«Sì, mamma.»

«Ok, va bene, hai vinto, cosa devo fare per sapere...»

«Ti porto a casa io» vengo interrotta bruscamente.

«Sei proprio u-un...»

Ride e mangia il panino. «Ne vuoi un po'?» Ho fame, ma non accetterei un panino da lui neanche sotto tortura, se significa dargliela vinta.

«Kandy, non mi vuole dire dove sono, temo che dovrò farmi portare a casa da lui.» riprendo a parlare al telefono.

«Ma sai almeno chi è?»

«S..sì, più o meno, è uno che conosco da parecchio tempo.»

«Va bene, sappi che se non sei in Hotel tra mezz'ora chiamo la polizia.»

«No... Kandy, non c'è... »

« invece, siamo a Miami, ricordalo, e tu hai quindici anni.»

«Va bene, mezz'ora!» attacco, la mia amica è iperprotettiva a differenza dell'idiota che ho davanti.



«Jack riportami a casa subito, abbiamo mezz'ora!»

«Altrimenti che succede se non rispetto i tempi?» mi guarda con aria di sfida che mi mette in agitazione e mi stimola i nervi.

Ora sta davvero esagerando.

«Che cosa succede... Primo, Kandy chiama la polizia, secondo, la polizia non farà neanche in tempo a trovarti perché ti avrò già spaccato la testa e ti troveranno morto in un bosco! Ecco che succede!»

«Ok, vedo che non ho molte alternative.» sorride.

«No, infatti.»

«Andiamo allora, sempre che tu riesca a reggerti in piedi.»

Lo seguo attraverso qualche stanza, vedo che prende le chiavi della macchina e poi scendiamo le scale, che presumo portino al garage.

«Perché sei così?»

«Che vuoi dire?» risponde senza guardarmi, continuando a scendere.

«Odioso? Antipatico? Sarcastico? Lunatico! Potrei andare avanti tutto il giorno.»

«A sì? Vai avanti allora.»

«Lasciamo stare, facciamo così: non parliamoci per tutto il viaggio così magari almeno i miei nervi li riesco a proteggere, sono già ferita abbastanza.»

«Per me va bene.» risponde, finendo i resti del suo panino e facendo l'indifferente.

«Perfetto.» dico.

Il garage si apre, mettendo in mostra tutta la bellezza della sua auto sportiva rossa, rimango a bocca aperta.

«Ma sei così ricco?»

«Mica non dovevi parlarmi?» sorride sarcastico, con aria di vittoria.

Il suo sorriso è perfetto, lo ammetto.

Non è un brutto ragazzo, anzi. Peccato che il suo carattere lo freghi.

Non rispondo, trattengo un sorriso.

Salgo sul posto anteriore, di fianco al suo.

Partiamo e appoggio la testa sul finestrino, chiudo gli occhi.



«Jennifer!» una voce in lontananza mi chiama.

Apro gli occhi. Devo aver sonnecchiato per tutto il viaggio.

Vedo che la macchina è parcheggiata nel parcheggio del mio Hotel.

«Kandy!»

«Esci dalla macchina, cosa ci fai lì dentro?»

«Dov'è Jack?»

«Chi?»

«Jack, il ragazzo che mi ha portato qui.»

«E dov'è?» si guarda intorno, poi continua a guardare all'interno della macchina.

«Quello che mi sto chiedendo... Come sarebbe? Mi ha lasciata qui?» rispondo, odiandolo come non mai.

«Mi sa.» mi guarda, poi cerca di aprire la portiera, non riuscendoci.

Poi continua: «be dai, almeno ha chiuso a chiave le portiere, dai esci.»

Apro la portiera dall'interno e come avevo previsto si apre.

Esco, mi gira un po' la testa, certamente il ragazzo sarà andato a manetta.

«Allora, Kandy, che si fa? Lasciamo qua l'auto?»

«E dove la vuoi portare?»

«Ma, come faceva a sapere che questo è il mio hotel?»

«Non gliel'hai detto tu?»

«No, non mi sembra di aver mai menzionato neanche il fatto che stavo in un hotel, per lui potevo benissimo stare a casa di alcuni miei parenti.»

«La storia mi puzza, Jenny».


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Capitolo 4
*** La grotta ***


 

4. La grotta




Improvvisamente, dal bar davanti all'Hotel escono dei ragazzi, quattro che non conosco, e Jack. E' diverso, la maglietta di tuta che aveva addosso è stata sostituita da una camicia bianca. Sta ridendo con i suoi amici e quando mi vede un guizzo di divertimento scorre nei suoi occhi. Quasi di sfida. Mi guardo. Non mi sembra di far ridere. Eppure evidentemente a lui faccio ridere. Sono seccata.Lo guardo torva mentre viene verso di noi.
«Che fine hai fatto?»
«Non vedi, sono uscito con i miei amici» nel frattempo i suoi amici si sono disposti di fianco a lui, con una faccia tra il minaccioso e il divertito. Anche se di solito non giudico senza conoscere, questi ragazzi sembrano tutti dei bulli, a mio parere.

I loro occhi sono posati su di me, non posso fare a meno di provare soggezione, ma anche un così forte impeto di rabbia che mi permetterebbe di tirargli un pugno in faccia ad ognuno di loro.

«...E ti sei guardato bene dal svegliarmi, vero?»

«Be, avresti sicuramente rovinato la festa» i suoi amici ridacchiano e lui si finge mezzo serio.

Hanno bevuto, si sente odore di alcol.

«Andiamocene Kandy, non dovremmo nemmeno sprecare del tempo con questi».

«Abbassa i toni ragazzina» vedo con mia sorpresa che è Harry a parlare, il ragazzo che ho conosciuto ieri, la sua voce è alterata dall' alcol.

«Avete bevuto tutti quanti, siete sbronzi»

«E allora?» mi chiede jack.

Non ho altro da dire, alzo i tacchi e faccio per andarmene...

«Hey Jen, quelli sono tutti amici di Luke» Kandy li guarda con aria sospetta.

«E'? Dici sul serio?» le rispondo.

«Lo giuro»

«Bè, chiunque siano non voglio sprecare nemmeno un altro minuto con loro».


 

Sono stanca, ci metto un attimo ad arrivare in stanza.

La prima cosa che faccio è buttarmi sul letto mentre ripenso a tutti i fatti accaduti nel corso della giornata. Mi viene da piangere, mi sento presa in giro. Sento che tutto quello per cui avevo lavorato in cinque mesi sia andato in fumo in meno di una giornata, un orribile giornata...

La caduta nel mare; il salvataggio di Jack; la casa di Jack; e infine il brutto incontro di stasera. Non sarebbe potuta andare peggio.

No. Non sono la tipa che si arrende facilmente. Non mi farò abbattere per la sola presenza di Jack.

Una lacrima traditrice sintomo di frustrazione mi scende su una guancia.

In quel preciso momento ricevo una chiamata, penso che sia Kandy, invece quando apro il telefono la scritta "Papà cell" mi fa dimenticare per un attimo tutte le brutte avventure e un sorriso mi spunta sul viso.

«Papà!» quasi grido per la felicità.

«Hey piccola, come mai così tanta allegria? Ti stai divertendo?»

«Uhm... Sì, davvero molto» dentro di me so di star mentendo in parte, ma comunque non me la sento di farlo spaventare raccontandogli dell'accaduto. La mia voce dietro uno stupido apparecchio telefonico non tradisce nulla, così ci casca.

«Com'è Miami? Bella? Sai io e tua madre oggi ci siamo messi a sfogliare le foto di quando tu eri bambina e... Adesso sei così grande! Viaggi da sola. Non è che presto deciderai di andare via di casa, vero?»

«Ma no papà! ho solo quindici anni, questo viaggio è semplicemente un premio per il mio buon andamento scolastico e un modo per dimostrare la mia autonomia» Sì, autonomia. Sono già svenuta e fatta aiutare dall'ultima persona sulla terra che avrei voluto mi aiutasse.

«Hai ragione, allora, sei stanca?»

Parlo a mio padre della grandiosità della città visitata in taxi, della meraviglia delle spiagge, del lusso dell'Hotel, fino a quando non sono stanca e chiudo la chiamata.

Dopo la doccia mi addormento quasi subito.


 

La notte che passo è una delle più brutte che abbia mai passato in tutta la mia vita.

In fondo, non ammetto nemmeno a me stessa che tutto ciò è stato procurato da una grande nostalgia di casa e dal grande sballottamento subìto.

Insomma, lo so che tutte le adolescenti come me sognano di visitare una grande città, come Miami o Los Angeles, o andare in una di quelle spiagge tropicali soleggiate a crogiolarsi al sole dalla mattina alla sera e fare tutto ciò che vogliono, ma, datemi retta, una volta che intraprendete questa scelta le conseguenze non mancano. Nel mio subconscio più profondo comincio a pensare che forse avrei dovuto aspettare qualche anno per dimostrare la mia maturità, e che forse mio padre me l'abbia permesso solo per farmi imparare la lezione. Però, di sicuro non mi ha mandato ignorando le possibili conseguenze delle sue azioni.

Di fatto mi sveglio più volte durante la notte, sudata.

La mattina dopo, nonostante la brutta nottata mi sento bene e dopo una bella doccia fresca e una dolce colazione sono in forma.

Guardo il cellulare. Il display è vuoto. Non vuol dire che Kandy mi abbia dimenticata.

Digito frettolosamente sui tastini del mio Galaxy: "Hey Kandy, che si fa oggi?"

La risposta non arriva immediata, dopo qualche secondo il beep si fa sentire.

"Raggiungici nella hall tra 5 minuti, K. xxx" è questa la risposta.

Secondo il mio calcolo mentale ho due minuti per finire la mia colazione al tavolo, altri due per salire e lavarmi i denti e un ultimo minuto per prepararmi e scendere.

Dopo cinque minuti esatti nella hall dell'hotel, Kandy mi corre incontro con Luke ed Harry.

Sta volta è Luke a parlare per primo: «Jenny, lo so che sei confusa per ieri ma dacci il tempo di spiegarti bene e vedrai che si risolverà tutto»

«Luke, non so di cosa tu stia parlando» lo guardo sinceramente confusa.

«Ti vorrei spiegare, solo che io Harry e Kandy oggi abbiamo in programma una gita fuori città, in un boschetto vicino ad un lago, appena fuori da Miami City, ci fermiamo per un picnic e poi torniamo in Hotel...»

«...E ci stavamo giusto adesso chiedendo» continua Kandy interrompendo il discorso del suo ragazzo «se avessi voglia di venire con noi».

«Certo, mi piacerebbe. Grazie ragazzi» sono davvero sollevata, non avrei sopportato l'idea di stare un altro giorno sola, dal momento che l'ultima volta che lo sono stata ho fatto brutti incontri.

«Perfetto, il biglietto del pullman costa 4 dollari, perché ci porta fuori città, se li dai a Kandy adesso va a prendere i biglietti» dice Luke cortesemente.

«Bene, ora mi spieghi?» dico seria e impaziente, porgendo a Kandy i miei dollari.

«calma, calma, ragazzina»

Ci risiamo, un altro che mi da della "ragazzina". In fondo non abbiamo tanti anni di differenza, 1 massimo 2. Poi mi ricordo di quando in aereo al nostro primo incontro, Kandy mi disse che lui aveva diciassette anni, proprio come lei.

Devo avere proprio una faccia scettica perché Luke mi sta guardando seriamente preoccupato.

Ha degli occhi davvero bellissimi, verde puro, mi ricordano la primavera. Sono in sintonia perfetta con i suoi capelli, di un biondo scuro, quasi ramato.

Mi ci vuole un attimo per riorganizzare i pensieri. E se ci fosse anche Jack?

«Stai bene?»

«Scusa, mi sono distratta un momento, mi sono improvvisamente ricordata una cosa, lascia stare»

«Va bene» poi continua «Comunque aspetta di sistemarci in pullman, poi ti spiego»

Mi giro e vedo Kandy che sta tornando verso di noi con i biglietti in mano e un aria evidentemente molto soddisfatta.

«Ho comprato i biglietti alla prima edicola che ho trovato lungo la strada, indovina un po' Jenny? Ho trovato un vestito stupendo che risalterebbe i tuoi occhi verdi! Devi assolutamente...» so che sta parlando a vanvera e anche velocemente ma non ne capisco il motivo.

Viene interrotta da due colpi di tosse falsi. Mi giro e vedo... Jack.

«Che storia è questa?» lo guardo. I miei occhi schizzano da lui a Luke, che mi guarda piuttosto imbarazzato, e poi a Kandy che guarda Luke con aria accusatoria.

«Potreste spiegarmi che ci fa il ragazzo che ieri sera mi ha chiuso in una diavolo di macchina?» mi guardano dispiaciuti dalla mia reazione, tutti tranne Jack che se ne sta tranquillamente appoggiato al cofano della sua auto sportiva rossa; Devo avere un aria furibonda.

«Questa non è una macchina qualunque!»

Eh no. Stavolta non lo guardo, sarebbe come accettare il suo gioco. Decido di ignorare completamente Jack.

«Allora? Spiegate, che ci fa lui qui»

«Ecco, aspettavo giusto...» cerca di giustificarsi Luke tra sè e sè guardando in basso.

«Jenny, adesso ti spiegano, anche io non lo volevo fra noi ma comunque, ormai è qui».

Saliamo sul pullman e Luke mi spiega che Jack è uno dei loro amici e fa parte del gruppo. Questa notizia mi sconvolge. Cerco di non pensarci e mi concentro sul logoro sedile graffiato e sul finestrino macchiato di indelebile, vittima probabilmente della gioventù del ventunesimo secolo.

«Ora, Jack si è offerto gentilmente di venire per chiederti scusa, non è così Jack?» lo guarda e nonostante sia girato rispetto alla mia posizione capisco che lo sguardo è di rimprovero.

«E'?... Oh, sì sì» nemmeno stava ascoltando quel ritardato mentale.

Lo guardo. Tutti lo guardiamo. Improvvisamente si accorge di essere osservato e guarda Luke, con aria di chi non ha proprio capito cosa deve fare.

«Chiedile scusa» risponde Harry, che per tutto il tempo è stato con le cuffiette e l'ipod.

«Devo proprio?» risponde seccato.

«Jack...»

«Scusami se ti ho abbandonata nella mia favolosa macchina, anche se in realtà dovresti ringraziarmi perché non capita a tutti di...»

«Jack!» Luke è spazientito.

«Okay, mi dispiace di averti abbandonata sulla mia macchina perché non me ne fregava niente di te. Le mie sentite scuse. Va bene, ora?» dopo aver pronunciato il suo intenso ed emozionante monologo, non guardandomi neanche negli occhi.

«Bene» dico. So benissimo che mi hanno invitato qui solo per le scuse di Jack come so bene anche che queste ultime non si possono considerare tali, soprattutto se dette in quel modo.

«Un' ultima cosa,» mi rivolgo a Luke «fate in modo che non debba avere a che fare con questo, perché credo che non abbiate capito che razza di persona è».

Sinceramente? Jack lo conosco, lo conosco bene dopo dieci anni di continue prese in giro da parte del suo patetico gruppo.

«Dai, Jenny, capiamo benissimo che ti sei sentita ferita ad essere stata trattata in quel modo, va bene. Ma alla fine è stata solamente una sera. Ieri sera, so che vi siete conosciuti nel modo più sbagliato che potesse esserci, ma non ti dimenticare che Jack ti ha salvata, potevi morire, questo lo sai vero? Se non ci fosse stato lui tu non saresti qui. Probabilmente non ti avrebbe visto o sentito nessuno. Ci ha raccontato tutto, sappiamo che eri andata a cacciarti nella zona più lontana della spiaggia New Beach e sappiamo anche che lì nei dintorni non ci sono molti lidi, e quelli che ci sono, sono ancora chiusi. Quindi potresti anche perdonarlo e.... ringraziarlo della sua "gentilezza" per averti salvato la vita» tutti mi stanno guardando e sembra che siano tutti d'accordo con ciò che Kandy ha appena detto.

Non lo reggo. Tutti stanno cercando di farmi capire che Jack è dalla parte della ragione, ma non è questo il punto. Il punto è che loro non sanno.

«E' proprio questo il punto, voi non sapete. Davvero pensate che il mio unico problema sia l'incidente di ieri sera? Ah, se fosse per questo...» sto implodendo ...Dai Jenny, non ora, non è il momento di tirare fuori la parte fragile di te. Potrai farlo più tardi, al sicuro nella tua stanza e lontana dagli sguardi indiscreti. Non ora, e soprattutto non davanti alla causa di tutti i tuoi problemi.

«Il mio problema è che lui non avrebbe dovuto trovarsi qui. Sono venuta qui, ho scelto di allontanarmi dalla mia città solamente per allontanarmi dalla gente come lui! ...E da lui! Lo so, sembrerebbe ridicolo. Ma credo che voi non abbiate mai passato un intera vita tormentati dalla gente come loro, gente che si crede "fighetta" solo per la roba che indossa o per la gente che frequenta, o addirittura perché si sente superiore a voi. Ho passato tutti gli anni di scuola superiore e media presa in giro da lui, e dalla sua patetica ragazza» mi giro verso Jack e vedo che i suoi occhi girano a vuoto «...anche se non ho mai capito che cosa io abbia di diverso da loro» non ce la faccio, è la mia unica occasione, o adesso o mai più...o adesso o mai più...o adesso...

Osservo Jack con disprezzo «Sai una cosa, non me ne frega più niente, adesso che mi sono sfogata puoi fare quello che vuoi. Torna a scuola a raccontarlo a tutti, magari aggiungici anche delle foto» il cuore mi batte forte, ma almeno il dolore è passato.

«Ok Jenny, basta così» mi fa Kandy mettendomi un braccio sulle spalle e tirandomi a sé in un abbraccio.

Tutti non sanno cosa dire, lanciano rapidi sguardi verso Jack che se ne sta contro il sedile senza dire una parola con lo sguardo basso.

Più che pentito penso che si senta semplicemente annoiato, ma io non lo voglio biasimare, non voglio avere più niente a che fare con lui e nemmeno fargli pena.

Mi giro avanti con Kandy mentre tutti stanno zitti, evidentemente la mia dichiarazione ha creato scalpore, tensione ed imbarazzo.

Il pullman è mezzo pieno, eppure la gente sembra non accorgersene, qui sono tutti abituati ad avere tanta gente e chiasso intorno.

Il viaggio dura una mezz'oretta in cui ognuno si fa i fatti suoi, io mi metto le cuffiette alle orecchie e cerco di ignorare la presenza di Jack. Comunque sia mi riprendo dalla scenata di prima, ho la consapevolezza di essere stata infantile, ma non me ne pento. Ho sempre avuto la tendenza ad esserlo, ma secondo i miei amici e i miei genitori su di me non è affatto un difetto.

Scendiamo davanti ad un grande punto di ristoro per i pullman e gli autisti.

«Bene, l'aria per me si è fatta pesante, vado a prendermi un caffè» e Jack si allontana.

Luke si avvicina a me e mi sussurra «faremo in modo che in questa giornata tu ti diverta, ti basterà ignorarlo, Jennifer» ma nota che non lo sto nemmeno ascoltando. Sono rimasta completamente incantata dal panorama che ho davanti.

Non ho mai visto tutta questa natura insieme, sono abituata all'aria del mio paesino desolato.

Corro verso l'inizio del bosco, che si innalza da subito appena finita la strada, ma Luke mi ferma dicendo che ci saremmo inoltrati tutti insieme e che io non conosco la strada.

L'idea di entrare in quell'universo di verde mi eccita non poco.

Quando tutti sono andati in bagno e si sono riforniti di vivande siamo pronti a partire: Kandy porta il suo zaino pieno di panini e Luke lo zaino delle bevande, sembra tutto ben organizzato. E questo mi fa sentire stupida, dato che sono stata avvisata per ultima e non ho niente da mangiare con me.

Noto che alla nostra gita si aggiungono altri due ragazzi che non mi pare di aver mai visto, così ora siamo in sette: io, Kandy e Luke, Jack ed Harry e i due ragazzi appena arrivati che scopro chiamarsi Sam e Mike.

«Bene ragazzi, ora che ci siamo tutti possiamo partire. Vi dico che la strada sarà lunga e abbastanza faticosa, perciò se qualcuno si sente stanco o ha bisogno di fermarsi lo dica non appena sente di averne bisogno» dice Luke.

Vedo Jack che mi guarda di sottecchi. Scopro di essere la più piccola del gruppo; hanno tutti 17 anni, mi sento un po' isolata ma tutti vengono da me a chiacchierare e mi sorridono, sono davvero simpatici.

«Ti chiami Jenny vero? » mi sorride il ragazzo di nome Sam che si è appena accostato a me.

E' piuttosto alto, dai capelli biondi e occhi color lapislazzulo. Indossa una canottiera bianca senza maniche che lascia in mostra i possenti muscoli sulle braccia. Si nota subito che è un tipo palestrato e davvero attraente.

«Sì» gli rispondo cortesemente.

«Allora, pronta a vedere il paesaggio più bello che tu abbia mai visto?»

«Ci sei già stato?»

«Sì, un bel po' di volte, e devo dire che non mi stanco mai» sorride come estasiato «siamo solamente a un quarto della strada, ti senti stanca?» mi domanda vedendo che il mio respiro comincia a diventare irregolare e affannoso mentre cerco di salire su una roccia.

«Sto bene, grazie» ho solo bisogno di un goccio d'acqua e una rinfrescata.

Passa un'altra mezz'ora di strada e arriviamo ad un lago, la cosa che lo rende speciale è una bellissima cascata che scende dalla cima di quello che dall'alto sembrerebbe un dirupo, mi tolgo le scarpe da ginnastica che avevo messo la mattina e bagno i piedi in quella fresca e limpida massa d'acqua che si rivela essere ghiacciata, perciò lì tiro indietro quasi subito. Mi guardo intorno, siamo completamente circondati dal verde e completamente isolati dentro al bosco. Se non ci fosse nessuno che ci è già stato, perdersi sarebbe stato facile come respirare. Solo delle piccole strisce di cielo si notano sopra gli alberi, che si innalzano coprendo quel azzurro intenso quasi interamente.

Una cascata di dimensioni notevoli si tuffa nel laghetto di acqua fredda, non riesco a vedere da dove viene l'acqua perché il rialzamento di quelle rocce è davvero alto, non riesco a vedere nemmeno cosa ci sia dietro a quella cascata.

Gli alberi sono così tanto fitti e vicini che non si riesce a vedere in nessuna direzione oltre ad essi, siamo isolati e in mezzo alla natura; Non c'è un solo mozzicone di sigaretta per terra. Questa zona non è molto conosciuta dalla gente. Sam e Mike mi spiegano che questo posto è stato scoperto da loro durante una gita nella quale si erano persi, e che da quel giorno ci tornano spesso per godersi la solitudine e la tranquillità della natura.

«E' fredda?» una voce alle mie spalle, mi giro e vedo che è proprio come avevo pensato, non era frutto della mia immaginazione o del mio scarso udito. Jack sta proprio parlando con me e mi sta persino sorridendo con nonchalance, cercando di dissolvere la tensione creatasi tra noi.

«Sì, è molto fredda» rispondo io tesa e stizzita da questo suo cambiamento di umore. Ho sempre sostenuto che fosse lunatico, io non sbaglio mai sul giudizio della gente.

Vedo che si toglie la maglietta mettendo in mostra il suo bel fisico con carnagione abbronzata e poi si tuffa in acqua.

Rimango sbalordita. «Ma che fai? Vuoi ammalarti o peggio?» lui fa una risata e mi guarda mentre nuota. «Il segreto è muoversi veloce, se non ci pensi non soffri il freddo, vuoi buttarti?» mi grida da qualche metro di distanza. «No, grazie» gli urlo di rimando.

Vuole morire? non è un problema mio, anzi, mi levo qualche impiccio. Ok, questa era cattiva, Jenny.

«Come vuoi» si gira e nuota verso la splendida cascata.

Tutt'un tratto sparisce come inghiottito dalla cascata, mi sporgo per vedere meglio dove possa esser finito e lo vedo ritornare al di fuori.

«Cosa c'è laggiù?» gli chiedo. La mia curiosità supera le contese.

«Vieni a vedere tu stessa» mi dice serio.

«Non ci pens..» prima di finire la frase scivolo sulla roccia in cui mi ero appostata e precipito nell'acqua ghiacciata ed è come se tante lame mi passassero attraverso il corpo, di nuovo. Riemergo in superficie e vedo che di fianco a me c'è Jack.

«Vedo che hai l'abitudine di scivolare dalle rocce e finire in acqua, cos'è una specie di rito?»

«ah ah ah, divertente» gli rispondo in malo modo tremando tutta come una foglia.

«Muoviti, vedrai che ti riscaldi, a proposito: visto che ora sei dentro non vuoi vedere cosa c'è al di la di quella cascata?»

Non faccio in tempo a rispondere che mi afferra per una mano e nuota verso la fonte di acqua pura. Io mi dimeno e sciolgo la sua mano dal mio braccio. Lui si ferma e mi guarda.

«Non è che se perché mi parli io sono tua amica»

«Certo, lo so, non mi aspettavo di certo che ci saremmo incontrati in vacanza e nemmeno tu, è stata una sorpresa per tutti e due ma visto che ora siamo qua non possiamo lasciare da parte le divergenze e goderci questo spettacolo naturale mozzafiato? Dimentichiamoci di tutto per una giornata, ci stai? Io non ti tratto male e tu non mi odi, almeno per un giorno» mi guarda, impassibile, in attesa di una qualsiasi reazione. Lo guardo negli occhi, sembra sincero con me, per una volta nella sua vita. Rifletto, intanto che mi muovo cercando di riscaldare i muscoli.

Dai Jenny, cosa ci perdi? In fondo ormai sei qui, con o senza voglia mi tocca trascorrere il resto della giornata in sua compagnia, tanto vale rischiare.

Ci penso un attimo e poi rispondo «Hai ragione, facciamolo, ma sappi che finita questa giornata non sarà cambiato nulla e tu mi lascerai in pace»

«Non potrei chiedere di meglio, dai, ora vuoi venire che ti mostro la meraviglia che c'è di là?»

«Va bene, mi hai convinto. Di che si tratta?»

«Vieni e lo vedrai da te» nuotiamo tutti e due spediti verso la cascata d'acqua, ormai mi sono ambientata all'acqua e il freddo non è più uno dei miei problemi.

Vedo Jack che nuota attraverso la cascata e sparisce una seconda volta al di là di essa, io osservo quell'acqua cristallina dal basso verso l'alto, non ho il coraggio di attraversare il getto d'acqua.

«Vuoi muoverti o devo venirti a prendere?» dice Jack con aria seccata quasi gridando per superare il rumore dell'acqua che cade.

Infilo un braccio nella cascata aprendo così uno spiraglio sotto di esso in modo da poter vedere l'altra parte, non faccio nemmeno in tempo a rendermi conto di quello che succede che Jack mi ha afferrato il braccio e mi ha tirato dall'altra parte, i miei capelli ora sono completamente bagnati.

Apro gli occhi e vedo Jack che mi fissa «Hai paura dell'acqua?»

«No» rispondo in fretta.

«E allora perchè...?»

«Non ho paura dell'acqua» taglio corto.

Mi guardo in giro. «Siamo in una grotta?» gli chiedo. «Sì, bella, vero?» il riflesso celeste dell'acqua illuminata è riflesso sulle pareti alte della roccia, sembra uno di quei film dove ci sono le grotte nei laghi o nel mare.

«Non c'è un passaggio? Vorrei vedere cosa c'è dall'altra parte» dico.

«Quale altra parte? Non c'è nessun'altra parte, è tutto qui»

«Come sei privo di fantasia, c'è sempre una parte nascosta che non si può vedere, vedrai che c'è» poi continuo «Non mi sto semplicemente inventando le cose, la vedi quella luce laggiù, se non ci fosse un qualche altro spiraglio, sarebbe impossibile che ci fosse luce»

«Mi dispiace deluderti ma...» non lo sto a sentire e mi immergo nell'acqua con la testa, apro gli occhi e guardo di sotto il fondale non si vede nonostante la luminosità dell'acqua.

Trattengo bene il poco ossigeno che ho nei polmoni quanto basta per immergermi più che posso, la mia vista è sfocata ma riesco a vedere uno spiraglio più chiaro in un punto del fondale, si vede evidentemente che c'è un buco dove la luce può passare. Mi dirigo verso di esso sempre più in profondità e, quando lo raggiungo, vedo con mia grande soddisfazione che c'è un canale che si apre nella roccia, e che porta non so dove. Vi entro ma quando arrivo a più o meno ad un quarto di esso mi accorgo che ho finito l'ossigeno e che l'aria nei miei polmoni non mi è più sufficiente. Cerco allora di tornare indietro ma sono sempre più affannata e nuoto con fatica, sto per andare in seria agitazione, così chiudo gli occhi ed è tutto come la volta precedente, le sensazioni di paura e di panico sono le stesse, anche la sensazione di mancanza di ossigeno.

Sento delle mani che mi afferrano la vita e mi tirano, apro leggermente gli occhi e poi li richiudo, mi sforzo di nuotare nella direzione in cui mi sta tirando.

L'aria mi manca così tanto che respiro, sento l'acqua che mi entra un poco nei polmoni ma finalmente riemergo in superficie. Un attacco di tosse mi prende all'improvviso e sputo tutta l'acqua che i miei polmoni hanno inalato.

«Ma che cavolo hai cercato di fare? Vuoi davvero morire?!» sento Jack che mi scuote e mi sgrida. Subito dopo mi porta vicino ad una grande roccia larga e mi ci sdraia sopra.

Io tossisco e mi riprendo. E' davvero furibondo con me, non gli ho dimostrato niente, anzi, gli ho dimostrato che mi ci vuole poco a morire.

Fantastico, mi sono fatta salvare già due volte, ora sarò in debito con lui.

Mi sento davvero afflitta e frustrata e credo che lui l'abbia capito poiché abbassa la voce e cambia argomento.

«Allora, mi sa che alla fine hai vinto te, c'è davvero un passaggio, ci stavi per morire dentro»

«Sì, l'ho visto, voglio vedere cosa c'è dall'altra parte» mi giro verso la cascata.

«Non hai pensato che forse non ti sarebbe bastata l'aria che avevi?»

No, in effetti non ci avevo pensato.

«Davvero vuoi andarci di nuovo?» mi guarda.

«Sì, perché no?» dico per non far brutta figura, anche se la realtà è che ho paura.

 

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Capitolo 5
*** Ferita nell'orgoglio ***


5. Ferita nell'orgoglio



La realtà è che ho paura, ho paura di fare una figuraccia ai suoi occhi. Non lo so perché mi importi tanto ma ho sempre pensato di deludere la gente che mi sta intorno. Sta volta però è diverso, non si tratta di deludere nessuno di importante, e poi, anche se dovesse succedere non è che sia poi quel grande problema. Eppure mi importa tanto del suo giudizio.

Inspiro tutta l'aria che riesco, mi immergo nelle profondità di quel limpido e fresco lago. So che Jack è di fianco a me perciò mantengo la calma, non c'è niente che possa succedermi, Jack mi ha salvato una volta non vedo perché, in casi estremi, non debba salvarmi un altra volta.

Mi sembra di viaggiare nel tempo, infatti quando riemergo dall'altra parte non ho la minima idea di dove sia capitata e non ho la minima idea di dove sia Jack.

La grotta è sempre la stessa, almeno credo, sono semplicemente in un altro punto.

Jack però non c'è.

Guardo sott'acqua. Niente. Nessuna traccia di quel ragazzo.

«dove diavolo si è cacciato?» mi sa che è un esperto in ambito "sparire senza lasciare traccia".

La grotta dove mi trovo è simile a quella di prima, solo che l'unica via di uscita è ritornare dalla parte opposta. E' semibuio, la poca luce è quella riflessa dall'acqua limpida sulle pareti rocciose, sembra di essere in un paradiso naturale.

C'è una parte di grotta dove la roccia sporge e crea una specie di rialzo sulla quale mi siedo in attesa di Jack.

Passano diversi minuti ma ancora di lui non c'è traccia.

Deve essere tornato di là, avrà avuto paura, penso con un sorrisetto sotto i baffi.

Prendo un gran respiro e ritorno da dove sono venuta, riemergendo qualche centimetro più indietro della cascata. La sorpasso e nuoto verso la riva.

I ragazzi sono lì, tutti in cerchio, stanno riunendo alcuni bastoncini per il falò del pranzo.

Io sono li imbambolata, quasi stralunata. Loro mi guardano in altrettanto modo, soprattutto Kandy.

«avete visto Jack?»

«era con te due minuti fa!»

«lo so, è sparito nella grotta»

«cosa?»

Mi giro e ritorno indietro verso la grotta, entro e lo vedo li disteso sulla roccia.

La luce che proviene dal fondo del lago lo illumina, è beatamente sdraiato e non sembra preoccuparsi di nulla.

«Jack, ma dove diavolo ti eri cacciato?»

«Io? sono sempre stato qui»

«due minuti fa non c'eri, sei almeno venuto dall'altra parte?»

«si, certo, sono tornato indietro e ti stavo aspettando, allora, com'è?»

Rimango lì incerta su cosa dire, sono sicura di non averlo visto seguirmi dall'altra parte. Jack mi nasconde qualcosa.

«Non lo so, dimmelo tu?» stavolta andrò a fondo.

So di aver fatto centro con la mia supposizione, perché non risponde.

«Allora ammetti di non essere venuto?»

«no» si gira dalla parte opposta «non ammetto proprio niente».7


 

Il resto della giornata passa veloce, tra il falò, il cibo, le nuotate e quel poco di sole che riesce a penetrare fra i folti rami verdi che sembra tocchino il cielo.

Non so più cosa pensare a proposito di Jack, così mi limito a non pensare nulla.

Mi abbronzo leggermente il viso; sono sdraiata pancia in giù e il sole che mi scalda la pelle è davvero piacevole.

Sento vicino a me un rumore di passi, volto la testa e vedo che è Sam, il ragazzo dagli occhi color lapislazzulo.

Mi sorride, «posso?» mi domanda. «Certo»

Non ci posso credere, si sta davvero sdraiando di fianco a me? Devo metterla tra la lista di cose da dire alla mia migliore amica su questa vacanza.

«Senti, so cosa è successo con Jack, Luke me l'ha raccontato dal momento che ti ho vista turbata per gran parte del tragitto, spero che non ti dia fastidio.»

E così adesso tutti mi vedono come la poppante della situazione, bene, benissimo.

«Ascolta, se sei venuto a farmi la ramanzina, risparmiatela» dico senza nemmeno preoccuparmi di nascondere la mia disapprovazione per quel commento inopportuno.

Mi guarda evidentemente confuso.

«Eh? no... ehm, io ero solo venuto a dirti che se ti fai mettere i piedi in testa da un imbecille allora lo sei più di lui. Jennifer tu sei una bella ragazza e... »

Non ci credo, mi sta davvero guardando in quel modo? Ma sta succedendo davvero o è Jack che mi sta tendendo una trappola?!

No aspetta... l'ho davvero pensato? Sono così ossessionata da quel ragazzo che sto andando in paranoia? Oddio. C'è davvero qualcosa che non va in me...

«.......Jennifer! Stai bene?» Sam mi scruta con aria preoccupata.

«Io? Si!! Si si sto benone» gli sorrido con il sorriso più ebete che potessi fare.

Mi sorride. Il suo sorriso è un incanto, così come i suoi occhi color..

«lapislazzulo!»

«Jenny! Non stai bene!» ora Sam mi scuote.

«Eh?»

«Stai blaterando parole a vanvera!»

«No, ho detto lapislazzulo.»

«Appunto»

«... è il colore dei tuoi occhi»

Mi sorride.
Quel sorriso è la cosa più bella delle mie ultime 24 ore.

                                                                                                                 ***

 

OK, sembra facile dimenticarsi di uno sguardo, la verità è che è tutto fuorché facile.

E' la prima esperienza, la prima volta che ho provato qualcosa di così magico. Non so nemmeno cosa è stato. Probabilmente una scossa. Con lo sguardo, di Sam. I suoi occhi non li dimenticherò mai, lo sento.


 

Mi sveglio con un aroma di Waffle intorno.

Sono nella mia stanza.

Mi alzo da quel morbido lenzuolo che mi chiede inconsciamente di rimanere per sempre al suo fianco, guardo l'orologio: le 10.

Nonostante i due giorni passati sento ancora il dolore alle caviglie, il percorso di ritorno dalla gita mi ha sfiancata parecchio. Subito ricordo di aver ordinato la colazione in camera la sera precedente, quattro Waffle deliziosi sono appoggiati sul vassoio sopra il mio comodino.

Ne prendo uno e lo assaggio, che delizia!

Siccome non ho programmi per la giornata accendo la televisione, che è più grande di me, poi vado in bagno.

Non sono ancora del tutto abituata alla grandiosità di questo posto, di questa città; il solo bagno è grande più o meno come la cucina di casa mia.

Mi guardo allo specchio e tiro un sospiro. E' stato divertente ieri, decisamente. Ma mi aspettavo qualcosa di diverso prima di venire qua.

Innanzitutto non ho ancora visitato nulla, solo la spiaggia e il lago delle cascate.

Poi non ho ancora trovato il tempo di dedicarmi un po' alla mia abbronzatura, anche se credo proprio che stare in hotel non sia una cattiva idea, vista la fragilità del mio corpo dopo il colpo di sole. Perciò decido di scendere in piscina, piena di crema.

Decisa e contenta del mio nuovo programma per la giornata mi metto in costume e ciabatte, prendo la borsa e finendo i miei Waffles mi dirigo verso l'ascensore.

Appena esco mi accorgo che nonostante siano solo le 10 fa già davvero caldo, ammiro le piscine, sono una cosa strabiliante; sorrido e contemporaneamente un bambinetto su tuffa dal trampolino.

Sono sdraiata sotto una palma, gli occhiali da sole.

Mi sento in paradiso, finalmente.

Per la prima volta da quando sono qui desidero non tornare più a casa, il rumore degli schizzi e dei bambini, il sole che mi accarezza la pelle e mi riscalda, il profumo di cornetti appena sfornati al bar; cosa c'è di meglio?

A casa queste cose si vedono solo nei film.

Casa... che brutti ricordi in questa parola. Casa mi ricorda Sunnyvale, Sunnyvale mi ricorda la gente che ci abita, la gente che ci abita mi ricorda... Selena. E Jack.

A proposito di Jack, chissà che fine a fatto. Quel lunatico che non ha nient'altro di meglio da fare che tormentare la gente come me, che non ha nessuno di più grande o di più forte che la difenda. Probabilmente la spavalderia di queste persone in realtà è solo paura. Il buffone prima o poi verrà lasciato solo, l'unico problema è che Jack oltre ad essere spavaldo è anche carino. O almeno, non è uno di quei ragazzi che si può definire cesso, insomma ha il suo fascino.

Ma è solo l'aspetto, chiariamoci. E' l'aspetto che fa la sua parte, purtroppo le ragazze di oggi mirano solo a quella, la bellezza, il fisico. Oddio... che tristezza a pensarci.

Non posso dire di essere diversa, io, che non mi sono mai innamorata in vita mia, non ho avuto mai nemmeno una piccola cotta, se non del prof di matematica in terza elementare, perciò non posso sapere se m'innamorerò di un ragazzo per la sua bellezza esteriore o altro. So solo che non sarò mai una di quelle... tipe un po' particolari... come le ragazze del gruppo di Selena.

E a proposito di Jack, spero proprio che anneghi in piscina.


 

Prima un forte Splash e poi io tutta bagnata sulla mia asciugamano.

«Ma che diav..?!» Mi asciugo alla meglio la faccia e metto al sicuro i miei occhiali da sole.

Guardo contro luce per vedere il volto di quello che ha appena compiuto l'atto fatale e che ora è uscito dalla piscina ed è chinato, sta ridendo guardandomi.

Che mi venga un colpo! Chi potrà mai essere...

Il tale soggetto è in piedi accanto a me e si fa improvvisamente serio.

«Idiota che non sei altro!»

«Ehm.. ascoltami ora, lasciamo da parte le ramanzine per dopo, c'è Luke che mi ha chiesto, visto che sapeva che oggi non avevi visto Kandy ed eri qui tutta sola, se avevi tempo per venire a bere qualcosa alle sei da Burneys, quel localino che ha appena aperto di fronte al centro commerciale, però se non vuoi venire non farti problemi, anzi, non che io non voglia che vieni, perchè credimi, la cosa mi è alquanto indifferente, quindi se mi dai una risposta così...»

«Venire o andare?» lo interrompo spazientita.

«Che?»

«Venire o andare? Muoviti a rispondere, e levati dal sole che mi devo asciugare!»

«In che senso venire o...»

«Andare significa insieme a loro, venire significa insieme a VOI, vuol dire che ci sei anche tu!»

«Ah... suppongo venire»

«Ho di meglio da fare»

«Bene, allora... » fa il gesto di andarsene.

«Esattamente, hai capito al volo» rispondo secca.

«Cos'è, hai dormito male?» mi guarda con aria di sbeffa.

«Non sono affari tuoi, poi sei tu con il tuo carattere a rendermi antipatica, ora sparisci.»

Sbuffa, si gira e se ne va.

Strazio. Uno non riesce nemmeno a prendere il sole in pace, era proprio necessario quel tuffo? Ovviamente no. Pff.

Mi sarebbe piaciuto andare a bere qualcosa al bar con i miei nuovi amici.

Nel frattempo, dopo quello spiacevole incidente mi è passata la voglia di stare sul bordo piscina, prendo l'asciugamano e me ne torno in stanza.

Mi guardo in giro, sono imbarazzata, spero che nessuno mi abbia vista fare quella figuraccia.

Sono all'ingresso dell'hotel, pigio il bottone per andare di sopra e sono lì lì per aspettare l'ascensore quando sento arrivare qualcuno da dietro.

Mi giro e vedo che è ancora Jack, malgrado io l'avessi intimato di levare le tende.

Mi sta guardando con un misto di indifferenza e di determinazione, il suo sguardo pungente mi fa paura.

Decido di evitarlo, nonostante non sia il tipo di persona che si nasconde dalle cose che le incutono un certo timore.

Lo guardo, sta camminando verso di me. Nonostante non conosco molto di lui, lo conosco abbastanza da essere in grado di decifrare quello sguardo così determinato.

Entro in ascensore e le porte si chiudono appena in tempo per evitarmi una spiacevole discussione, lasciandomi li ammutolita, davanti allo specchio con una canzoncina in sottofondo.

Appena arrivo in cima il tintinnio dell'ascensore indica che devo scendere, le porte si aprono e purtroppo accade quello che speravo non accadesse, Jack è in piedi davanti alla porta della mia camera.

Non capisco perché è lì, non so ancora cosa mi deve dire, ma già sento che non sarà una cosa piacevole. Ma quali sono le cose spiacevoli che un ragazzo come lui potrebbe dirmi? Probabilmente quelle che mi sentivo dire ogni giorno fino a neanche una settimana fa, quindi dovrei essere abituata. Ma sentirmi dire qualcosa di pesante da lui così vicino, davanti a me, durante la mia vacanza-sogno non aiuta per niente la mia autostima, rovina solo i miei piani.

«Jack, che cosa vuoi da me? Dimmelo ti prego, perché io non ce la faccio più»

«Che cosa vuoi che ti dica?»

«Il motivo per cui ti trovi qui, davanti alla porta di camera mia.»

«Ti devo parlare» mi sento rispondere da una voce seria, del tutto diversa da quella che ho sempre sentito, da quella di Jack.

«Probabilmente» continua «ti sembrerà assurdo che una persona come me ti possa dire queste cose, è solo che non mi sembra giusto...»

Vedendo che si è bloccato decido di intervenire «che cosa non ti sembra giusto? »

Lo guardo, mi blocco.

Per la prima volta in vita mia Jack sembra in difficoltà a parlare con me, sembra quasi... in imbarazzo. Ciò mi suscita una certa compassione.

«Jack, dimmi qual'è il problema, io ti sto ascoltando» lo guardo come non l'ho mai guardato sino ad ora, tra i miei sentimenti vari e confusi si nasconde anche un velo di dolcezza e delicatezza. Ma giusto un velo. Quasi invisibile.

«L'altro giorno ti ho mentito.»

«Che intendi dire?»

«Intendo dire che non sono sceso con te nella caverna sconosciuta.»

«Non mi stupisce affatto, ho visto che non mi hai seguito. Se era solo per questo perché tentenni? Perché mi hai seguito fino a qui, davanti a camera mia, solo per dirmi che mi hai mentito?»

«Ti ho mentito perché ho notato che mi stavo avvicinando a te, che stavo prendendo confidenza con te quel giorno al lago. E me ne sono accorto nel momento in cui ti ho salvata per la seconda volta, quando ti mancava il respiro nel tunnel sotto alla grotta.»

Ora mi ammutolisco.

Alcuni bambini escono dalla stanza di fronte alla mia e corrono ridendo verso l'ascensore, placando per un attimo la tensione che si era creata nel corridoio di ghiaccio.

«Perciò voglio dirti che non importa che tipo di rapporto c'è tra te e Kandy, o tra te e Luke, tu per me rimarrai sempre "il nessuno" e voglio che per te io rimanga nessuno.»

Non so cosa dire, Jack mi fa un cenno con la mano e si gira per andarsene, io non muovo un muscolo.

«E' ovvio che per me rimarrai sempre nessuno!» gli grido.

E' stato l'ennesimo colpo allo stomaco che sento tutte le volte. Con la differenza che sta volta mi trovo ad una distanza ravvicinata con il soggetto.

Jack ha imboccato ormai il corridoio che porta all'ascensore ed io non lo vedo più.

Sto ferma con tutta la mia amarezza stretta nello stomaco, che si comprime, si comprime, si comprime sempre di più. Finirà per scoppiare, il mio stomaco non sarà più in grado di contenerla tutta, e allora non so cosa potrà accadere.

Entro in camera mia in assoluto silenzio, l'unica cosa che sento è il freddo della lacrima che mi sta per scendere sulla guancia. Non posso fare a meno di piangere quando il sogno di una vita, la vacanza perfetta, comincia a cambiare strada, comincia a diventare una vacanza imperfetta.

Le parole di Jack sono lì, in una parte di cuore che ormai ha già tanti segni ed ammaccature.

Non è cambiato nulla da prima, solo un graffio in più, ma poi guarisce. A meno che l'emorragia è troppo forte e mi uccide.

 

 

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Capitolo 6
*** Disneyworld is not always just fun ***


7. Disneyworld is not always just fun





«Jenny! Finalmente ti fai sentire! Come stai?» la mia migliore amica è raggiante.

«Sto bene» la mia voce è ancora giù di qualche tono, cerco di fare la finta felice quando in realtà non lo sono. Vorrei esserlo, ma non lo sono. Non è questa la vacanza perfetta che cercavo. Non lo voglio ammettere, non voglio ammetterlo con nessuno.

Tanto vale stare al gioco.

Peccato che la mia migliore amica sa bene con chi sta parlando.

«Jenny? che succede? Perché hai pianto?»

«Cosa? No. Nono, non ho pianto»

«Si che hai pianto, hai la voce nasale e pronunci male la esse quando hai pianto, ti ho scoperta. Andiamo, dimmi che è successo.»

«Niente»

«Dai, Jennifer» la sua voce mi riempie di una sicurezza che mi mancava da quasi due settimane, di colpo mi sento più forte.

«Laura, la mia vacanza non sta andando bene...»

«Che vuoi dire?»

«Voglio dire che... ti ricordi il motivo che mi ha spinta a venire, il perchè volevo a tutti i costi fare questa vacanza da sola?»

«Volevi allontanarti dai soliti chiacchiericci e da quelli che continuano a rompere l'anima con i loro insulti provocatori di tutti i giorni eccetera, eccetera.....» mi dice assumendo tono di una che ha sentito queste cose tante volte.

«Esatto, insomma... voglio dire, l'andata in aereo è stata tranquilla, mi sono rilassata, ho conosciuto due tipi simpaticissimi che sono tutt'ora nel mio hotel, il problema è quando sono arrivata. Luke, il ragazzo che ho conosciuto insieme alla sua fidanzata Kandy, mi ha presentato la sua compagnia per uscire assieme e indovina chi c'era fra loro? Ti assicuro che è stato un colpo basso per me, e lo sarà per te.»

«Spara» dice lei, sull'attenti.

«Jack Pearson» C'è un minuto di silenzio, poi risponde sconvolta: «Oh oh... oh no»

«Oh si, invece! Laura non hai idea di quanto mi manchi, ho bisogno di averti qui accanto a me.»

«Non appena tornerai a casa ti prometto che ci rivedremo e tu ti sarai decisamente già dimenticata dello spiacevole incidente capitato, mi racconterai di tutte le cose magnifiche che hai visto e soprattutto mi parlerai di quanto è fantastica Miami!»

Le sue parole mi fanno tornare la motivazione, sono d'un tratto determinata a godermi questa vacanza, nonostante lo spiacevole inconveniente.

«Lui che reazione ha avuto quando ti ha vista?»

«Beh... diciamo che non lo so. Io ero svenuta.»

«C-cosa?» la mia amica scoppia in una risata che mi spacca il timpano.

«Non c'è niente da ridere» sospiro io.

«Sì invece, tu... s-sei svenuta davanti a lui?» sembra sul punto di rotolarsi.

«No...» dico io, incerta se raccontarle la verità ora, al telefono. «Sono caduta da uno scoglio e mi sono quasi ammazzata. Lui mi ha “salvata”»

Non sento più nulla dall'altra parte della cornetta, segno che Laura si ci è rimasta di sasso.

Ridacchio per il suo improvviso cambiamento.

«Stai scherzando, vero?» dice lei seria.

«No, quando mi sono alzata mi sono ritrovata nel letto di casa sua. Era piuttosto seccato di aver scoperto che quella che ha salvato ero io» dico con nonchalance, «magari si aspettava qualche affascinante donzella»

«Ma, non è niente di grave, giusto?»

«No, solo qualche botta»

Adesso lei è di nuovo stesa dalle risate.

«Non posso crederci che tu abbia combinato tutto questo» dice dopo essersi ripresa.

«Sì, non ci credo nemmeno io.. figurati tu!» ribatto stizzita.

**

Mi infilo Jeans e maglietta e alle 7.45 busso in camera di Kandy, trascinandola al primo bar che incontro nella via dell'hotel. Ora sono davvero determinata a lasciarmi tutto alle spalle. Perciò non ho fatto caso alla faccia sorpresa e preoccupata che ha assunto quando mi ha visto entrare in camera sua “con lo sguardo di una decisa a combinarne una delle sue”, come mi ha detto lei. Ci siamo preparate insieme, come due vecchie amiche, dopodichè siamo uscite. Ed ora eccoci qua, fuori da un disco bar di cui non so nemmeno il nome. Ma che m'importa?

Passo probabilmente la serata più movimentata che abbia mai passato, un po' bevendo qualche cocktail, un po' ballando. Io e Kandy perdiamo la cognizione del tempo e ci tratteniamo nel bar sino alle 2 di notte. Tutto questo grazie al fake ID che è riuscita a recuperare da delle conoscenze.

E' stata la prima volta, prima d'ora non avevo mai toccato alcool. Sono rintontita, ma non ubriaca. Il divertimento al primo posto!

Quando usciamo non ci pensiamo neppure a tornare a casa, vi assicuro che se per caso volete fermarvi una notte a Miami, i divertimenti non mancano. Giriamo vari locali e proprio in uno di quelli, uno fra quelli più alla moda vedo qualche attore famoso, ubriaco, o peggio. Non li biasimo per niente, devono avere una vita piuttosto difficile.

«Jenny» sento qualcuno chiamarmi mentre sono in uno di questi bar, dove la gente dimentica tutto, persino il proprio nome.

«Sì?»

«Sei bellissima» distinguo un ragazzo biondo che mi guarda meravigliato.

«Cosa? Chi è?»

«Sono Sam»

«Sam?! No. Ahhh si, ciao Sam!!» mi scappa una risatina stridula.

Certo che mi ricordo di lui, il ragazzo dagli occhi color lapislazzulo.

«Allora come te la passi?» ride «vedo che sei molto su di giri, quanti ne hai bevuti di quei cosi?» indica il bicchiere che ho in mano e che non pensavo nemmeno di avere.

«Ah, non lo so! ma chi se ne importa del bicchiere!»

Lo lascio cadere provocando un tonfo e mille schegge per terra volano di qua e di là, la gente non se ne rende neanche conto. La musica si è fatta più forte, i tavoli sono spariti, probabilmente sono stati spostati, e la sala è diventata una mini-discoteca.

«Ma.... era di vetro!» ride.

«Vieni a ballare» mi sembra di sentire, ma non ne sono sicura.

«Che cosa?» grido, la musica ha raggiunto livelli esageratamente elevati.

«Balliamo» E non faccio in tempo a rispondere che mi sento tirare via da quella massa di gente sudata. Mi porta al centro della sala, ci vedo poco ed ho i sensi assopiti. Io detesto ballare, ho sempre detestato ballare, la danza, le scarpette di cristallo della principessa. Io sono sempre stata da pallone da calcio, capriole nel prato verde.

Eppure ho voglia di ballare. Finalmente dopo tanto tempo mi sento diversa, felice. E un ragazzo mi ha appena invitato!


 

Siamo soli, io e Sam.

Siamo in una stanza, sembra un salotto arredato modernamente.

Anzi, sembra una stanza d'albergo. Non ricordo bene come ci sono arrivata.

Ho perso la ragione non appena sono partite le luci ad intermittenza che mi hanno confuso il cervello, credo di essere anche caduta un paio di volte.

Non mi importa di dove sono, mi giro verso il mio compagno. Mi sta guardando avidamente. Io lo guardo, i nostri sguardi si incrociano per un po' di secondi, poi si avvicina e le nostre labbra si uniscono.

Non c'è un modo chiaro per descrivere il mio primo bacio, posso solo dire che non è stato come me lo sarei aspettata qualche mese prima.

Tutto intorno a me si è dissolto e siamo rimasti solo io e lui, e le nostre labbra.

Ci siamo uniti, e io mi sono sentita diversa, più grande.

E' stato speciale, emozionante, lo rifarei 100 volte. La calamita si è fatta risentire, mi ha guardato ancora con quel suo sguardo dolce. Io mi sono sentita importante. Ma non nel modo in cui me lo sarei aspettata.

**

Apro gli occhi. La luce del sole mi invade le pupille e io capisco di essere nella mia stanza.

Una fitta di mal di testa non tarda a farsi sentire.

Ma cosa è successo?

Improvvisamente ricordo.

Sam. Il mio primo bacio. E' stato emozionante! Ho baciato un ragazzo! E che ragazzo...

Fremo dalla voglia di chiamare Laura ma la testa mi gira, quindi decido di stare un altro po' a letto e nel frattempo prendermi una pastiglia, attendendo che il dolore acuto passi.

Non sono pentita per niente della mia serata di ieri, anzi.

Prendo il cellulare che avevo dimenticato in stanza la sera prima, accendo il display e leggo sullo schermo un messaggio: "Eri stravolta così ti alle 3 ti ho portato nella tua stanza, buonanotte stellina." Firmato S.

Sam.

Una gioia nuova mi invade, Sam mi ha lasciato un messaggio e mi ha chiamato Stellina.

Non ha chiamato così Selena, o Laura, o qualcun'altra, ha chiamato così me.

Dopo qualche minuto sento bussare alla porta.

«Sì?»

«Sono Kandy»

«Kandy! Entra pure!» rispondo allegra. La pastiglia è ormai entrata in circolo e il mal di testa comincia a passare, io apro la porta e mi butto sul letto.

«Jenny! Che fine hai fatto ieri sera? Ti ho persa nei meandri della sala da ballo» mi dice allegra, sembra di buon umore.

«In effetti è così, oh Kandy sapessi quanto mi sono divertita! E' stato spassoso! Ma dimmi, Miami è sempre così di notte?» la guardo con gli occhi luccicanti.

«Altroché!» ride «sono contenta che ti sia divertita, e mi dispiace di averti lasciata sola per un po', ma ho dovuto raggiungere Luke» mi sorride esaltata.

Io la guardo già con interesse, «racconta dai!» le intimo rapita dalla curiosità.

«E' successo proprio quello che pensi» sorride.

«Intendi...sesso?» sono imbarazzata, in effetti Kandy non mi aveva mai parlato di queste cose prima d'ora, non che abbiamo avuto l'occasione di confidarci, ci conosciamo appena da una settimana e qualcosa... Figurati poi di parlare di sesso. A 17 anni credo non sia più una parola tabù. A parte che a scuola ci sono quelle che a 14 anni si danno già da fare.

«Sì»

«Era la prima volta?» chiedo, sperando di non essere invadente.

«Sì... è bellissimo. Cioè, Luke è bellissimo... credo di essere proprio innamorata» risponde lei con gli occhi luminosi.

«Tu invece? C'è qualcosa che dovresti dirmi?» mi guarda con la coda dell'occhio e con un sorriso furbo.

«Ti ho vista con Sam ieri sera, che stavate facendo?»

«Uhm...» le sorrido imbarazzata.

«Ti piace?» mi chiede.

«Non lo so» rispondo troppo in fretta.

«C'è stato qualcosa?»

«Ci siamo baciati»

Non nasconde un gridolino di approvazione.«Ebbrava Jenny!»

Ridiamo assieme e ci stendiamo sul letto sospirando, stiamo in silenzio guardando il soffitto per qualche minuto.

«So che all'inizio di questa vacanza hai avuto dei problemi, spero che da ora in poi non ne avrai più» afferma tutt'un tratto.

«Grazie, lo spero anche io»

«Non ti preoccupare, goditi la vacanza e non pensare al resto.»

Sorrido alla mia nuova compagna di avventure e di vacanze.

**

Due giorni dopo sono in piedi all'alba, mi tuffo nella vasca da bagno e non perdo occasione di depilarmi.

Ieri Kandy mi ha invitato al parco divertimenti di Miami, uno dei più grandi, di cui ora però non ricordo il nome.

Ci sarà anche Sam con noi. E' da due giorni che non lo vedo, non ne ho avuta l'occasione dopo la sera del mio primo bacio. E' stato strano, le sensazioni che ho provato erano di pura gioia, mentre lo baciavo il mio cuore era impazzito, però non era come me l'ero sempre aspettato, non so se sia una cosa negativa o positiva.

Mentre il mio cervello continua nelle sue riflessioni, prendo la trousse nuova di zecca che mi ha regalato mia madre per il mio quindicesimo compleanno e la apro. I trucchi sono completamente nuovi, non l'ho mai usata.

Ora che Sam mi guarda con occhi diversi, non posso fare a meno di pensare al mio aspetto, voglio essere perfetta, per una giornata che si preannuncia perfetta, o almeno spero.

Metto il cellulare nella borsa e raggiungo Kandy che mi ha appena bussato alla porta.

Prima di aprirle però metto un po' di olio per capelli, che ho piastrato.

Mi guardo allo specchio e mi sistemo il lucidalabbra, sono tutt'altra persona. Della persona che ero prima ci sono solo gli occhi, di mia madre.

Apro la porta e leggendo l'espressione di Kandy capisco che è rimasta senza parole.

«Ma chi diavolo sei tu?! Dov'è finita la mia amica Jennifer?» scherza lei assumendo un finto tono serio. Un colorito rosato divampa sulle mie guance.

«Accidenti, così però non avrai solo Sam, vuoi anche Luke eh! Non ti sai proprio accontentare» poi sorride, «sei davvero bellissima.»

«Grazie» rispondo imbarazzata.

Un'ora dopo siamo arrivati alla meta, «benvenuta a Disneyworld!» la voce di Kandy mi fa sobbalzare. Sono ancora la bella addormentata nel bosco, non ho mangiato molto per colazione, e per di più i miei pensieri vagano incerti.

«Ciao, bellissima ragazza» è la voce di Sam a farmi risvegliare.

Mi giro e mi perdo nuovamente nei suoi occhi di un azzurro intenso che mi fanno sentire calma. Se ieri non ero sicura di come si sarebbe comportato oggi, ora lo sono. Sappiamo entrambi che non si può cancellare quello che è successo, soprattutto io, che ho sperimentato con lui il piacere del mio primo bacio, le sensazioni di freddo e poi caldo, i brividi alla schiena. Sono un po' imbarazzata perché non so come comportarmi, perciò rimango zitta e non faccio commenti, piuttosto divento tutta rossa quando lo scopro osservarmi mentre Kandy mi parla.

Due ore dopo sono stanca, accaldata e rossa per il sole. Non vado spesso in questi posti perché non ce n'è nelle vicinanze del mio paese, ma la cosa che più di tutte me lo fa apprezzare è il fatto che sono con Sam, il ragazzo dagli occhi d'angelo. Proprio ora mi sorride e mi prende la mano. Sono felice, insomma, davvero felice! Come non lo sono da tanto tempo.

«Andiamo a prenderci una frittella» si gira di scatto e mi prende la mano, trascinandomi verso la bancarella, un profumo dolce si diffonde nell'aria.

Sam chiede alla ragazza dietro al bancone due frittelle alla nutella e me ne porge una non appena è pronta. Io le do un morso e scopro che è la frittella più buona che abbia mai assaggiato.

Il pomeriggio soleggiato da alla mia pelle un colorito più uniforme e so che domani sarò leggermente più scura, la mia pelle si abbronza facilmente.

Anche Kandy sembra divertirsi da matti, infatti non ci pensa due volte a svuotare la bancarella dei dolciumi.

«Ingrasseremo almeno di due chili!»

«Ne sono perfettamente consapevole, ma penso anche che certe volte bisogna fare qualche strappo alla regola» mi porge due caramelle mou e altre due caramelle con una specie di glassa blu sopra, le accetto volentieri, approvando la sua teoria.

«Dov'è Luke? Non lo vedo da tutto il giorno» ho passato il pomeriggio abbracciata a Sam e con Kandy, senza neanche accorgermi che Kandy non ha passato un secondo con Luke.

«Abbiamo pensato che non fosse una buona idea invitare la sua compagnia, lui aveva promesso che sarebbe andato con loro quest'anno, perciò sono andati per conto loro.»

«E perché mai non potevano venire con noi?»

«Beh, non ho per niente voglia di invitare con noi una persona che a te non va a genio Jenny, per rispetto nei tuoi confronti.»

Rimango in silenzio e rifletto: non posso credere a quello che ha appena detto.

Ha rinunciato alla compagnia del suo ragazzo per non dover invitare anche Jack.

L'ha fatto per me. Mi sento improvvisamente un verme, schifoso e brutto.

So che sono stata una vera egoista. Dato il rifiuto dell'altro giorno di uscire con loro per il solo fatto che Jack era presente deve aver fatto capire definitivamente a Kandy che tra me e Jack non ci può essere alcun tipo di rapporto di amicizia, così deve averci rinunciato. E così ho fatto dividere la coppietta del secolo, la più affiatata. Il tutto senza alcuna lamentela da parte loro, il minimo che possa fare è mostrare riconoscenza.

«Kandy non avresti dovuto farlo. Lo so che io e Jack siamo come gatto e topo, anzi peggio, ma ci sono cose più importanti che stare a litigare tutti i giorni.»

Solo ora mi accorgo dell'effettivo egoismo del mio comportamento.

«Kandy mi dispiace, è qui ora il suo gruppo?»

«Sì, ma...» Ma io non l'ascolto più.

Estraggo il cellulare dalle tasche e cerco nella rubrica il numero di Luke.

«Pronto?»

«Luke, sono Jennifer»

«Ciao Jenny, lo so chi sei» dice sarcastico.

«Bene, raggiungeteci davanti alla statua alta di pietra, più o meno all'ingresso del parco»

«Ma...»

«Kandy mi ha riferito il motivo per cui siamo divisi, vi ringrazio di cuore ragazzi ma è il momento di ricongiungersi ora» Non gli lascio il tempo di rispondere che subito riattacco salutandolo.

Già due minuti dopo vedo arrivare un gruppo di ragazzi fra cui c'è Luke.

«Grazie davvero» mi dice, abbracciandomi.

«E' il minimo» So che quello che sto facendo è la cosa giusta. Primo perché non è mio diritto dividere una vera e magnifica coppia, secondo perché ora che sto con Sam so anche che acquisterò un posto più rispettabile nella mente di Jack, non sarò più la sfigata di turno, sarò la sfigata di turno con un ragazzo, per di più un bel ragazzo.

Non appena ci raggiungono Luke abbraccia la sua ragazza e le da un bacio sulla bocca, li guardo soddisfatti, ho fatto la mia buona azione quotidiana.

Nel frattempo il mio bel ragazzo viene vicino a me, spinto da un impeto di tenerezza, probabilmente dopo aver visto i due piccioncini al nostro lato, e mi stampa un bel bacio sulle labbra.

Arriva anche Jack, che vede il bacio e sembra infastidito.

«Ma tutto sto romanticismo?! Se era una gita romantica potevate dirmelo che la lasciavo alle magiche coppiette e io me ne stavo a casa.»

«Chiudi il becco» dice Luke di rimando e io non posso fare a meno di sentirmi soddisfatta.

Decidiamo di rifare il giro delle montagne russe, dato che sono quelle che hanno riscontrato maggior successo fra entrambi i gruppi che sono ormai uno solo.

Sam e Mike, l'altro amico, decidono di andare a fare un giro a cercare un tipo di bancarella dove vendono le armi per il Softair, così rimaniamo noi quattro.

Il giro precedente ho evitato di salire sulle montagne russe, così al momento di salire sul vagoncino mi sale l'ansia, talmente alta da spingermi a sedermi di fianco a Jack, che mi guarda inizialmente storto ma poi non commenta, concentrandosi sulla cintura.

Cerco di farlo anche io per mascherare l'agitazione ma sfortunatamente lui lo nota, davanti a noi ci sono Kandy e Luke, per niente agitati, che ridono per una battuta di Luke che non ho afferrato.

Cerco di concentrarmi su qualsiasi altra cosa che sul giro della morte che mi aspetta tra pochi secondi.

«Potevi stare giù se hai così fifa» Jack guarda davanti a se impassibile, senza nessun segno di ansia.

Quando vede che non sono intenzionata a rispondere e sono letteralmente abbracciata alla protezione che è scesa e mi salda bene al sedile, guardando fissa davanti a me e respirando a fatica, si gira verso di me.

«Non vorrai svenire spero»

Tira un sospiro vedendo che non rispondo.

«Okay, oggi non sei di molte parole»

Io lo ignoro totalmente.

Il trenino comincia a muoversi e io sto letteralmente impazzendo dal panico, ormai non penso più nemmeno a nasconderlo.
«Stai tranquilla» mi dice stranamente preoccupato dopo aver visto la mia faccia pallida.

Ma a che gioco sta giocando?

Quando il trenino parte cominciamo a salire lentamente, l'ansia è alle stelle ma il panorama è magnifico.

Il tramonto si fa ammirare in tutta la sua bellezza e, guardando a destra si scorge l'oceano piatto e luccicante, illuminato dai raggi rossi del sole.

Anche Jack sembra colpito da quel panorama magnifico, così magnifico da farmi dimenticare perfino per un attimo tutte le mie paure.

In men' che non si dica il trenino scende in picchiata compiendo un giro della morte e poi un giro su se stesso, io tengo gli occhi ben serrati e, come è iniziato, finisce: in due secondi siamo fermi e la protezione si alza, non ci posso credere, ho vinto le mie paure! Ho scoperto che è meraviglioso sentire l'adrenalina che ti scorre nelle vene, la soddisfazione che si prova quando il "pericolo" è scampato è immensa.

Scendiamo tutti e quattro soddisfatti, soprattutto io, per aver vinto le mie paure e per aver visto una tale meraviglia.

Guardo con un misto di soddisfazione e riconoscenza per non avermi fatto salire sola, Jack.

«Cerchiamo gli altri» mi grida Kandy stringendo la mano di Luke, che si volta verso Jack.

«Dove han detto che andavano?»

«Cosa vuoi che ne sappia io, chiedi alla sua ragazza» dice Jack con nonchalance alludendo a me.

Non voglio intendere la sua frase in nessun modo, ne come provocazione ne come altro perciò rispondo semplicemente, rivolgendomi a Luke.

«Penso che siano alla bancarella delle armi per il Softair» rispondo con la stessa nonchalance. Beccati questa, stronzo.

Luke devia il percorso e ci fa tornare sui nostri passi, procediamo abbastanza rapidamente poiché secondo lui dovremmo metterci in moto tra meno di mezz'ora per arrivare in tempo per la partita di football che, a quanto ho capito, i ragazzi hanno in programma di vedere.

«Allora è vero quel che si sente» Jack è di fianco a me e procede alla mia stessa velocità dietro a Luke.

«Cosa intendi?» anche se avevo capito benissimo…

«Tu e Sam»

Non rispondo.

«Allora?» Jack si gira verso di me mezzo spazientito. Anche io lo sono.

«Ma saranno fatti miei! E comunque si... o forse no! Non lo so, però questo non ti deve in alcun modo interessare»

Per la verità sono stata così impegnata a tenere a bada la marea di emozioni che mi devasta che non ho pensato a quello che siamo diventati io e Sam. In effetti, non stiamo insieme, o almeno, non ufficialmente. E poi nemmeno lo conosco bene. Ma questo non lo ammetterei con Jack nemmeno se mi comprasse una macchina.

Da lontano si sentono i fucili a pallini che vengono caricati, sembra uno sport divertente, penso che dovrei aggiungerlo alla lista delle cose da fare.

«Ehm, io direi di no»

«Cosa?» rispondo alzando la testa verso di lui, incapace di comprendere la sua affermazione ambigua. Lui mi indica con la testa verso una piccola bancarella piena zeppa di fucili, dai più grossi ai più piccoli, ma non sono i fucili a colpirmi. E' un ragazzo alto, dai capelli biondi e gli occhi color lapislazzulo che sta ridendo con una ragazza bionda dal seno spropositato, spostandogli una ciocca di capelli dal viso.

Sgrano gli occhi dallo stupore e dallo smarrimento, mi avvicino per assicurarmi che sia davvero chi penso, la risposta è sì: non confonderei i suoi occhi con quelli di qualcun altro per nulla al mondo.

Rimango in piedi frustrata e senza forza alcuna, non mi muovo. L'unica cosa che voglio fare è guardare il mio... che cos'era? ma chi se ne importa, che circonda la vita di quella bionda con un braccio e la attira a se, lei gli sorride maliziosamente. Non riesco a vedere la sua espressione poiché lui è girato di spalle, ma riesco a vedere l'espressione di lei. Malizia e ironia sono dipinte sul suo volto rifatto, ma non solo, si vede che stanno flirtando. E' decisamente una bella ragazza, non ho alcuna possibilità di competere con lei.

Sento gli occhi di Jack puntati addosso come mirini di fucile, so di dover fare qualcosa, ma cosa si può fare in queste condizioni se non rimanere a guardare con le lacrime agli occhi, completamente spaesata e confusa?

Gli altri sembrano non essersi accorti di nulla, ridono e scherzano come se non ci sia nulla di dannatamente sbagliato nella vita, come se per loro gli ostacoli siano delle nullità, come se la vita sia una cosa fantastica, come se l'amore sia la cosa più bella che ci sia al mondo. Come possono vederci tutto chiaro in quel modo? Solo a me il cammino diventa buio? Una marea di pensieri si fanno largo nel mio cervello in tilt.

Mi risolvo a stare ferma per un altro po', fino a quando anche Luke e Kandy escono dalla loro bolla isolante ritornando alla realtà, cosa assai spiacevole. Si accorgono entrambi che qualcosa non va perché ci siamo fermati e ci guardano con aria interrogativa.

Quando incrociano il mio sguardo probabilmente distrutto e vi vedono un'amara delusione seguono il mio sguardo fino all'oggetto del mio dolore.

E' passato almeno qualche minuto e le lacrime non reggono più, si spingono a vicenda per uscire fino a quando non strabordano dagli occhi gonfi e rossi.

Appena ricevono le informazioni necessarie per capire quello che sta succedendo rimangono ammutoliti a guardare.

Siccome non reggo più a quel silenzio già troppo imbarazzante e doloroso, mi avvio verso quella direzione.

Quando arrivo ad una distanza ravvicinata mi vede, diventa pallido e viene verso di me.

Io sono immobile e lui è davanti a me, mi guarda, è improvvisamente sbiancato e ha un espressione da colto nel fallo.

«Lasciami spiegare...» Ma è davvero così stupido?

Uno schiaffo arriva dritto sulla sua gote. Mi prudevano le mani e ora mi sento meglio.

«Questo è per avermi preso per il culo...»

Un altro schiaffo lo colpisce sull'altra gote.

«...e questo è per avermi bruciato così il primo bacio, che avrebbe dovuto essere con una persona speciale. Và all'inferno.»

Mi giro furiosa e supero i miei compagni con la faccia più dura che potessi fare in quelle circostanze, non appena li supero e la mia faccia non è più sotto i loro occhi, la mia espressione si scioglie e lacrime calde sgorgano e mi scendono attraverso le guance, imperterrite.

Sento di voler essere lasciata sola e i miei compagni lo capiscono, vedo Luke e Kandy andare verso il traditore. Io mi siedo vicino alla prima panchina che vedo e cerco di frenare i singhiozzi, non mi sono mai sentita così, io, così lontana da casa e per di più sola.

«Così gliela darai vinta» una voce forte supera il rumore dei miei singhiozzi.

Alzo lo sguardo.

«Non ho voglia adesso, ti prego.» altri due singhiozzi mi interrompono «almeno per oggi puoi evitare di crearmi altri problemi, di prendermi in giro facendomi sentire più merda di come mi fai sentire di solito? Per favore...» Al diavolo l'orgoglio, tutto il mio sentimento ferito e accumulato in questi giorni, o forse anni, sprizza da tutti i pori insieme al dolore momentaneo provocato dal tradimento.

Quando apro gli occhi vedo un braccio teso verso di me.

«Vieni» lo guardo negli occhi e vedo tutta la sua pena.

«No, grazie» chino di nuovo la testa e la nascondo sulle ginocchia piegate.

«Vieni» ripete un po' più duramente.

Lo guardo, poi afferro debolmente la sua mano, non ho la forza per stare a discutere, nemmeno la voglia.

«Andiamo»

«dove?»

Vengo tirata per un braccio dal peggior nemico del mio cuore, che forse ora non è più il peggiore.

Mi trascina sino all'ingresso della ruota panoramica.

«No» dico istantaneamente.

Io mi sento uno schifo e quello che pensa lui è di andare a divertirsi? Egoista.

«Vieni» mi tira con più insistenza fino a quando non sono costretta a mollare la presa al paletto a cui mi ero aggrappata e lo seguo.

Jack si siede di fianco a me e mi guarda.

L'ansia che avevo manifestato sulle montagne russe è sparita, al suo posto ora ci sono soltanto lacrime e vuoto dentro.

La ruota è ancora vuota perciò so che dovremo aspettare.

«So come ti senti» dice Jack per rompere il ghiaccio e il silenzio carico di tensione che si era creato.

«No, non lo sai»

«Lo so invece. Ti senti vuota, è come se ti avessero svuotato della tua essenza. Ti vengono alla mente tutti i ricordi che avete vissuto, anche se è stato per pochi giorni nel tuo caso, ma sono pur sempre ricordi che terrai dentro»

Lo guardo smettendo di singhiozzare finalmente.

«Ma che ne sai tu di queste cose? Che la tua ragazza è una puttana senza cervello con cui ti sei messo solo per convenienza, per mantenere una posizione di popolarità all'interno della scuola!» le parole vengono fuori rapide come il vento, sprezzanti, accusatorie.

Jack ignora la mia cattiveria, la giostra è ormai partita e io non me ne sono nemmeno accorta. Sta salendo abbastanza velocemente.

«Ora smetti di parlare e ammira quello che ti sta intorno» mi dice.

Guardo davanti a me, il buio ormai ha sostituito il tramonto, le luci dall'alto si vedono piccolissime, sembra un sogno quello che vedo, non sembra reale. E' ancora meglio delle montagne russe.

Jack mi indica il mare: un immensa massa di nero in cui a spiccare sono le grosse barche luminose. La costa è altrettanto ricca di luci. Il centro della città si riconosce dalla moltitudine di luci tutte attaccate. Miami dall'alto è la cosa più bella che ho mai visto, ancora più bella del tramonto di prima.

Ho la gola secca e gli occhi serrati dallo stupore e dalla meraviglia.

Jack se n'è accorto e sorride soddisfatto.

«Quando voglio distrarmi e dimenticare qualcosa io salgo su una di queste, ti rilassa, no?»

Non rispondo, sono stupita dal fatto che mi ci abbia portato, ma soprattutto che per la prima volta Jack mi abbia mostrato una parte di lui non coperta dalla maschera del duro.

«Perché mi hai portato qua?»

«Perché so come ci si sente»

«L'hai provato sulla tua pelle?»

«Può darsi»

«Ti va di parlarne?» azzardo.

«No» Torna a guardare le luci e poi le stelle, il suo umore sembra essersi mutato in un secondo.

 

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Capitolo 7
*** Who are you? ***


7. Who are you?

 




Sono girata su un fianco, il braccio sotto il morbido cuscino fresco che ho appena rivoltato per non sentire caldo, la televisione è accesa ma io non ascolto nulla di quello che stanno dicendo due ragazzi, personaggi di una soap opera probabilmente.

Improvvisamente mi sento anche io parte di una grandissima commedia, dovrebbero intitolarla una cosa come "la regina delle sfigate", suona bene per me.

Socchiudo gli occhi e tiro un sospiro...

Cosa fare?

Lasciar correre?

Dimenticare?

Ma si può dimenticare il primo bacio?

Ho sempre sognato il primo bacio come un qualcosa di speciale, qualcosa di unico e indimenticabile.

Nel mio sogno baciavo il ragazzo di cui ero innamorata, non il bel ragazzo di turno che dimostrava di volermi. Probabilmente per altri fini.

Ho rovinato tutto, ne sono consapevole.

Afferro il telefono e chiamo Laura. Finalmente riesco a sfogarmi come si deve.

Le racconto tutto, mi soffermo su ogni dettaglio; La gita, i cambiamenti di umore di Jack, il tradimento di Sam e tutti i miei stati d'animo. Lei sembra capirmi, anzi, ne sono certa.

E' probabilmente l'unica che riesce a capirmi davvero.

Dopo una manciata di insulti da parte della mia migliore amica diretti a Sam, la saluto riconoscente; lei è la migliore, lo è sempre stata.

Una mezz'ora dopo sto meglio, mi sono sfogata e, dopo aver letto il messaggio di scuse di Sam, rido freddamente ed elimino immediatamente il messaggio. Poi, dopo un impeto di rabbia, getto il telefono sulla mensola, spento.

Al diavolo, i miei genitori mi chiameranno al telefono della stanza, se lo vorranno fare.

So di non essermi ripresa del tutto; indosso i primi vestiti che trovo sulla sedia ed esco dalla stanza a prendere un po' d'aria, senza nemmeno mettermi un po' di trucco.

Ultimamente il trucco è l'ultima cosa a cui penso.

Chiamo un taxi e vado in centro.

Un po' di sano shopping mi può far bene.

Controllo di aver dietro la mia carta di credito, poi, soddisfatta, entro nella via dello shopping più amata della zona.

Decine e decine di vetrine piene zeppe di vestiti, d'alta moda e non; ogni più misero dettaglio attira la mia attenzione, mi costringo a saltare qualche negozio, per lasciare un po' di soldi per quelli che devono ancora venire, ma alla fine ci rinuncio e li perlustro tutti, anche solo per pochi minuti, anche solo per dare un'occhiatina veloce.

Alla fine della mattinata esco con 7 sacchetti pieni di capi: la commessa dopo aver visto la mia Master Card è diventata un' altra persona, si è premurata di mostrarmi tutti i vestiti più belli, più vistosi, e decisamente del mio genere che potessero esserci in quel negozio, che di sicuro non dimenticherò tanto facilmente. Alla fine ho preso quasi tutto, malgrado i miei buoni propositi.

Ho lasciato quei teneri pantaloni verde acqua al loro posto, anche se mi piangeva il cuore, mi sono proprio sentita un insensibile davanti a loro, che mi guardavano con quell'aria sconsolata. Dovevo pur rifiutare qualcosa! Non posso fare la figura della spendacciona.

E poi magari li ritorno a prendere tra qualche giorno, se mi avanzano i soldi.



 

**


 

Sono seduta al tavolo del Mc Donald's e strabuzzo gli occhi; davanti a me c'è il mio nemico più stronzo: lo scontrino delle mie straordinarie spese che mi attende, immobile.

Ouch. Ho speso duecento dollari, solo nell'ultimo negozio in cui sono stata, però.

Sono un diavolo.

Mentre sono in fila alla cassa, mi vengono in mente le parole di Jack e rifletto.

Ma ci devo credere, che ha provato una cosa simile sulla sua pelle?

Lui. Jack, il ragazzo senza sentimenti a cui importa solo di football e di ragazze. Siamo sicuri che sia lo stesso Jack?

Improvvisamente mi prende una voglia strana; ripenso a quelle parole che mi hanno confusa.

Ho voglia di conoscerlo, più a fondo. Voglio capire il motivo di tutti quei cambiamenti d'umore.

Jack è sempre stato la persona che conoscevo bene per quello che dimostrava agli estranei, quella alla quale a scuola non dovevo mai rivolgere la parola per non sentirmi rispondere una marea di insulti o roba del genere.

Ora, invece sembra diverso. Ogni tanto sembra che una parte di lui voglia riemergere in superficie, per poi tornare seppellita nella parte di lui con il chiavistello. Quella che il Jack superficiale non vuole far uscire, quella tanto nascosta, per paura di essere conosciuta.

Comincio a sentirmi vagamente in colpa, senza un motivo.

Forse per aver avuto dei pregiudizi, per aver pensato che per lui non ci fosse speranza.

Ed ecco che di nuovo quella voglia strana mi assale, ho voglia di scoprire cosa si cela in quella parte di lui che sta cercando di tornare a galla e farsi conoscere.

Scuoto la testa davanti a simili pensieri. Sono proprio un'idiota, tutti questi anni non sono bastati a farmi capire che certe cose le devo proprio evitare, tipo farmi gli affari delle persone come Jack.

Mi accorgo che è il mio turno, la signorina al bancone mi agita la mano un po' spazientita e io ritorno improvvisamente alla realtà.

Ritorno seduta al tavolo di prima, poi mi concentro sul vassoio che mi ritrovo davanti.

La fame mi è passata quasi del tutto mentre sbocconcello qualcosa dal mio menù.

Prendo il panino con il grosso hamburger e dopo averlo infagottato con dei tovaglioli me lo metto in borsa, per quanto riguarda la coca: me la trangugio nello stomaco velocemente fin quasi a sentirmi male.

Prendo a correre per la via che in quel momento mi sembra la più trafficata della zona. Sorpasso qualche striscia pedonale, la fontana in mezzo alla piazzola e in lontananza vedo il mio Hotel.

Mi precipito dentro come se abbia paura che tutta la determinazione che possiedo mi potrebbe da un momento all'altro svanire.

Con mio stupore vedo che il ragazzo della reception è stato sostituito, al suo posto c'è una ragazza che sembra simpatica quanto il gatto della mia vicina di casa, che soffia anche alla mia ombra.

Mi avvicino cauta al bancone.

«Ha bisogno di qualcosa?»

«Sto cercando un ragazzo di nome Jack Pearson. Ho perso la sua via e il numero civico, mi potrebbe gentilmente aiutare?»

«Il suo nome, prego?»

Rimango indecisa se spingermi alla pazzia o no, alla fine le do il mio nome e un'altra signorina - probabilmente l'assistente - comincia a scrivere velocemente sulla tastiera del computer.

 

**


 

Una voce familiare risponde dopo aver bussato alla porta. Sono davanti a una miriade di villette a schiera, vagamente familiari. Ora ricordo perfettamente la zona.

Il verde qui non manca, visto che sono lontana dal centro della città.

«Sì?»

Mi blocco. Improvvisamente non so cosa dire. Tutta la mia spontaneità si è esaurita non appena ho sentito la sua voce. Ma che diamine mi è passato per la testa?

Mi giro per andarmene proprio nel momento in cui la porta si spalanca.

Un Jack nudo fuorché un asciugamano in vita mi si presenta davanti alla porta. E' piuttosto imbarazzato dalla mia presenza, probabilmente si aspettava chiunque al di fuori di me, ma l'imbarazzo non è l'unica emozione che traspare sul suo volto. Sembra infinitamente stanco, due occhiaie profonde gli solcano gli occhi, gonfi e rossi.

Un labbro gli trema per qualche secondo mentre strabuzzo gli occhi.

Mi mostro confusa, faccio finta di aver sbagliato casa, ma suona ridicolo perché è piuttosto strano che abbia proprio suonato alla sua. Non appena lui si gira per chiudere la porta lo blocco.

«Jack...»

Lui si gira, mi guarda. Sembra indeciso. Alla fine con un solo gesto mi indica l'interno di casa sua, invitandomi ad entrare. Senza una parola, con lo sguardo di uno appena tornato dal Vietnam.

Non sono più molto sicura di quello che sto facendo, ma perlomeno preferisco entrare che rimanere chiusa fuori dopo quel viaggio in taxi, tutto fuorché corto.

Nonostante non sia la prima volta che metto piede a casa sua, non mi sembra di riconoscere l'ambiente in cui mi trovo.

Dopo avermi chiesto di aspettarlo, evidentemente teso dalla situazione, si allontana sparendo da una porta.

Io mi guardo intorno, è tutto pulito e perfettamente in ordine.

Jack si starà chiedendo cosa diavolo sono venuta a fare di nuovo in casa sua, deve essere una spiacevole sorpresa per lui.

Nonostante questo, ora sono qui. E intendo avere delle risposte.

Voglio sapere a cosa sono dovuti tutti questi cambiamenti d'umore che mi spiazzano. Voglio sapere perché quel giorno si è preoccupato di portarmi a casa per poi trattarmi da spazzatura qualche giorno dopo alla grotta. Voglio sapere come diavolo facesse a sapere che stavo in hotel, il giorno dell'incidente.

E sono terribilmente curiosa di conoscere la sua storia.

Sto fissando le mie scarpe sul pavimento, sono seduta su un divano dalla fodera rossa, quando Jack ritorna nella stanza.

Mi alzo improvvisamente.

Indossa una maglietta a maniche corte e dei Jeans. I suoi capelli sono umidi, e anche gli occhi.

«Non volevo disturbarti mentre stavi facendo la doccia» è l'unica cosa che riesco a dire per rompere il silenzio.

Jack sembra non voler parlare. Rimane zitto, in piedi vicino ad un tavolo, sguardo basso.

Improvvisamente comincia a scrutarmi come se volesse leggermi nel pensiero, cosa che mi incute una certa ansia e imbarazzo.

Sostengo il suo sguardo per qualche minuto, sono rossa e imbarazzata, quando finalmente si decide a parlare.

«Bene... che ti porta qui da me? Sentivi troppo la mia mancanza?» sorride beffardo lui, senza nient' altro da aggiungere.

Ennesimo cambiamento di umore, che mi irrita.

«No, davvero, sei una cosa impossibile» dico con un velo di abbattimento. «Pensavo ci fosse speranza per te».

Mi guarda cercando di capire quello che intendo, come se fossi la persona più stupida di questo mondo.

«Che succede?» sono realmente sorpresa «che fine ha fatto il Jack che non ci pensa due volte a ribattere con cattiverie?»

Non sembra intenzionato a rispondere, così lo sprono mandando fuori qualche lieve insulto che sembra toccarlo. Riesco nel mio intento, ma mentre si alza per - probabilmente per spedirmi fuori da casa sua a calci nel sedere - crolla. Senza un motivo, si ritrova in terra, sudato. Solo adesso comincio davvero a preoccuparmi.

Lo chiamo forte, vedendolo seduto per terra.

Come risposta lui si nasconde il viso tra le mani, e rimane così per qualche minuto.

Non so cosa fare, sembra una situazione decisamente assurda. Sembra che i ruoli si siano invertiti. Sento qualche singhiozzo contenuto che esce a tradimento dalla sua bocca. Non capisco se stia male fisicamente o sia solo un crollo emotivo.

Tutta la tensione che ho contenuto fino a questo momento si sprigiona. Improvvisamente mi alzo e mi inginocchio accanto a lui. Gli prendo la faccia tra le mani e me la porto vicino al cuore.

Non sembra infastidito da quella presa. Si lascia stringere.

In questi casi la mia sensibilità supera ogni conflitto; lui lo sente e sembra riconoscente nei miei confronti. Forse anche perché non ho cominciato ad assillarlo di domande e non mi sono scandalizzata. Faccio la cosa che ritengo più giusta: aspetto che si sfoghi.

Lo aiuto ad alzarsi e lo faccio sedere sul suo letto, la fronte scotta.

«Dove tieni un termometro?»

Mi indica un mobile nero di fianco alla credenza. Apro tutti i cassetti e dopo aver trovato il termometro glielo passo.

Tiene ancora gli occhi chiusi, sembra volersi allontanare, chiudere in se stesso.

«Jack, se hai voglia di parlare con qualcuno....» lascio a metà la frase, sorpresa anche io dalle mie parole. Che cosa volevo dire? Che io per lui ci sono? Se lo merita proprio, direi. Penso con una punta di amarezza e di ironia.

La verità è che nemmeno io sono brava con le parole, in queste situazioni, ma mi sforzo.

«So di non essere la persona che vorresti qui a consolarti in questo momento...» faccio per continuare ma la sua voce mi interrompe.

«Selena mi ha mollato.»

Rimango zitta, sorpresa e spiazzata dalla notizia e dal suo modo di reagire.

«Ah» mi sento una stupida idiota.

Rifletto su cosa dire «in effetti non me lo sarei aspettata da lei. Voglio dire, è lei che ci ha perso. T-tu ci hai guadagnato.» Il suo sguardo è impassibile ora, non lascia trasparire alcuna emozione. Le mie parole devono suonare false, così lascio perdere.

«La ami?»

«No.»

«Allora perché ci stai così male?»

«Era l'unico appiglio che avevo, l'unica certezza. L'unica persona che cercava di capirmi, anche se un po' goffamente nei suoi modi, ma almeno lo faceva.»

«Wow»

«Che c'è?» ora è seccato.

«Non ti ho mai visto così combattuto per una ragazza. Mi correggo, non ti ho mai visto combattuto.»

Si toglie il termometro e lo guarda, poi geme.

Glielo prendo di mano e leggo 39 celsius. Non mi sono nemmeno accorta di quanto la febbre sia salita in questi pochi minuti.

«Stai davvero così male per lei da avere la febbre?»

«Non è solo questo.» Sospira e si gira verso di me, sguardo febbricitante e gote pallide.

«Hai voglia di parlarne... con me?»

«Non so. Hai tempo?»

«Sono già qui tanto»

Mi fissa.

«Va bene, ma solo dopo che mi hai preso un bicchiere di birra dal mio frigorifero, in cucina a sinistra» sogghigna debolmente.

«Hai la febbre. Niente birra.»

Mi fissa ancora. Torvo. Chissà a cosa pensa.

Vado in cucina che scopro essere ben pulita e in ordine - come il soggiorno d'altronde - e gli prendo un bicchiere d'acqua.

Quando ritorno si è già addormentato.

Il suo viso è pallido e scottante.

E' tutto sudato.

Però sembra felice adesso che dorme.

Sono venuta qui per capirci qualcosa. Anzi, non so perché sono venuta qui.

Un attacco di spudorata spontaneità mi ha assalito, poi mi sono lasciata trasportare. Non accadrà più.

Ora però sono qui, e capisco ancora meno di quello che capivo quando sono venuta.

Perché Jack sta male se non era davvero innamorato?

Mi guardo intorno, in cerca di qualcosa per farlo stare meglio.

Mi risolvo ad andare in cucina e prendere un po' di ghiaccio che trovo nel freezer, glielo avvolgo in un asciugamano e glielo appoggio in fronte.

Prendo anche il bicchiere di acqua che appoggio sul tavolino di fianco a lui.

Dopodiché mi siedo, sospiro e aspetto un qualche tipo di cambiamento.

Dopo una ventina di minuti sento che si agita, probabilmente sta per svegliarsi.

«Jack»

Si spaventa.

«Sono io, non me ne sono ancora andata» sussurro, senza spaventarlo.

«Grazie» si rilassa sul divano e prende l'asciugamano con il ghiaccio; la presenza di qualcuno sembra lo faccia stare meglio.

 

**


 

Chiacchieriamo.

Per la prima volta chiacchieriamo senza litigi, contese, vecchi ricordi, argomenti fastidiosi.

Chiacchieriamo come se fossimo vecchi amici, probabilmente a causa della sua febbre che gli inebetisce quel poco cervello che si ritrova e gli arti.

Chiacchieriamo della vacanza, del mare, degli amici, di Luke e Kandy. Chiaccheriamo sulla sua vita, i suoi genitori assenti, le sue “avventure” più comiche.

Ahimè si sofferma anche su Sam.

«Provi qualcosa per lui?»

«No»

«E allora perché hai pianto tanto quando ti ha lasciata?»

E' come prima, solo il contrario, noto.

«Perché ho pianto? Perché era la prima volta, cavolo. Non mi aspettavo che lui si comportasse così, mi sono presa male. Credevo che almeno per una volta potessi anche io essere felice. E poi... era il mio primo bacio» ammetto imbarazzata. Probabilmente questa notizia gli darà motivi in più per prendermi in giro.

Lui sta in silenzio, mi guarda pensieroso. Non dà segno di volermi deridere.

«Mi dispiace» dice infine.

«Anche a me, ma è passata. Un esperienza in più» dico amareggiata. «Come ti senti?» gli dico toccandogli la fronte.

Scotta ancora molto.

«ah.. lascia perdere. Sarà per stanotte, ho lasciato l'aria condizionata andare a manetta» tira un sospiro. L'aria felice che gli era apparsa sul viso mentre dormiva non c'è più. Al suo posto ora c'è una sfumatura di dolore.

«Hai voglia di parlare?»

Capisce che voglio farlo sfogare. Sa benissimo anche che io lo ascolterò. Ascolterò ogni sua parola, senza criticare. Senza commentare negativamente. La mia qualità migliore è quella di ascoltatrice. Io non parlo di me, io ascolto e basta.

Così dopo un inizio teso, si lascia andare. Sfoga tutto quello che ha dentro.

E io scopro una nuova parte di Jack.




Ciao a tutti! Ci tengo a ringraziare particolarmente giota123, _tribute__ & giuliisemmi per le recensioni. Davvero, per me è importante sapere cosa ne pensate della storia, che sia un impressione positiva o negativa. E' tanto tempo che lavoro e riscrivo questi primi capitoli che avevo cominciato un bel po' di tempo fa, ma non so se continuarla o no. Se so che ci sono anche quelle poche persone che la seguono e a cui interessa veramente allora non la interromperò, perchè ci tengo e ci sto mettendo tanta passione. Anche una o due righe bastano, da una o due persone. Vorrei sentire qualche opinione in più, tutto qui! Un bacio

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Capitolo 8
*** Is it just the fever? ***


8. Is it just the fever? 
 

POV Jack
 

Apro gli occhi, frastornato da un rumore in cucina.
Poi mi ricordo di lei, Jennifer. E' ancora in casa mia, da quel che ricordo. Deve essere lei a fare tutto quel casino...

Mi giro nel letto, sto decisamente morendo di caldo. Guardo l'orologio di fianco al letto su cui mi trovo, inspiegabilmente. Le 6.30 di sera. Mi tolgo le coperte e cerco di ricordare gli avvenimenti delle ultime 24 ore.

La prima cosa che ricordo è Selena, la mia ragazza. Voglio dire, ex ragazza.
Mi ha scaricato ieri sera, e poi ricordo anche di aver ricevuto una telefonata da mia madre, in ansia.
Poi i ricordi si fanno confusi, ricordo un bicchiere di vodka..
Ricordo anche di essermi dimenticato il fornello acceso, forse.

Poi è arrivata lei, Jennifer. La ragazza del mio corso di fisica. Si è presentata inspiegabilmente alla mia porta e io non avevo nemmeno la forza per rifiutarla.

Lei si è accorta subito del mio stato,prendendosi cura di me, per un pomeriggio. Cosa che io non sono riuscito a fare con lei, nemmeno il giorno in cui ha rischiato la vita.

Sento in cucina la televisione accesa...

Ero solo. Io odio la solitudine, e lei si è offerta gentilmente di rimanere, così ho accettato senza fare commenti.
Non la conosco bene, come ragazza, ma penso che sia la più brava ascoltatrice che conosca; le ho raccontato tutto, manco fosse la mia migliore amica.
«Da quando sono piccolo, da quando mio padre se ne andò di casa mia madre non ebbe più tempo per me. Sembra strano, ma sono diventato autonomo circa all'età di 9 anni. Andavo a scuola da solo, ho cominciato persino ad andare a fare la spesa.» lei mi ascoltava, per la prima volta dopo tanto tempo qualcuno mi ascoltava per davvero. Non fingeva.

«Mia madre era depressa. Non lo voleva ammettere nemmeno a se stessa, ma lo era. Passava pomeriggi interi a fissare punti nel vuoto, in casa. Dove prima c'erano le foto di loro, o qualsiasi altra cosa che le ricordava papà. Alla fine si è ripresa, ma ormai era troppo tardi. Fra di noi c'era la muraglia cinese, tanto eravamo distaccati.»
«Ed è per questo che odi la solitudine?»
«Si. Ed è per questo che sono stato con Selena. In un modo o nell'altro, mi sentivo meno solo. Anche se lei preferiva passare i pomeriggi d shopping frenato con le amiche che con me. Le servivo soprattutto per farsi notare a scuola. Ero quasi sempre un rimpiazzo. Non che io facessi il contrario, ci usavamo a vicenda per mantenere una posizione... credo.»

«Come se non lo sapessi già» mi ha detto lei, con un tono di rimprovero, anche se dopo mi ha sorriso.

«E che mi dici tu, di Sam?»

«Che c'è da dire?» mi ha risposto stando sulle difensive. Ma io ero troppo curioso. Mi chiedevo come avesse potuto cascarci, anche solo a guardarlo io ci vedo uno sfigato, in quello.
«Non ho mai avuto esperienze di questo tipo, era la prima volta. Non sono un esperta come Mr. principino del ballo della scuola.» si capiva dal tono di voce che alludeva a me.

Erano tante piccole frecciatine lanciate a non so quale scopo. Jennifer è così indifesa, e fragile. 

«Quando hai finito con le battutine fammi un fischio» le ho risposto io allora.
«Ma come? Non sei tu il ragazzo che ama tanto le battutine? O forse ti piace solo lanciarle e non riceverle?» la soddisfazione fatta in persona. Ogni volta che stavo zitto lei la prendeva come una resa. Era divertente vederla sogghignare, così mi sono messo a ridere, un paio di volte.
«Che cosa c'è di così divertente?» era seccata.
«Il fatto che ce l'hai così tanto con me. E anche il fatto che non sei ancora riuscita a superare le tue crisi da adolescente.»
«Ma quali crisi da adolescente?!»
«Dai lo sai. A scuola.»
Ad un tratto era diventata seria, io mi sono pentito subito di quello che ho detto.
«Non ho mai fatto nessuna scenata, Jack. Ho sempre mandato giù tutto, seppure fosse amaro. Mi hai mai vista piangere a scuola?»
«No»
«Sono meno debole di quanto tu pensi»
«Mhm.. sì, immagino. Intanto non mi hai ancora risposto»
«A cosa?»
«Cosa ci trovavi in Sam di così tanto forte da farti stare male? Hai detto tu stessa che non provavi nulla...»
«Ci sono rimasta male molto per via del primo bacio, e poi l'idea di ritornare da sola come prima non mi allettava, lo ammetto.»

Il resto del pomeriggio è passato veloce. Lei non mostrava fretta di dover'andare, così non l'ho forzata.

E' stato abbastanza divertente, fino a quando la febbre non ha cominciato a molestarmi di nuovo. Lei mi ha lasciato solo, così mi sono addormentato, di nuovo.

 

Il rumore in cucina persiste, così mi alzo dal letto e mi dirigo in cucina, dove trovo una Jennifer piuttosto indaffarata con le arance e i bicchieri.

«cosa stai facendo?»

Lei sobbalza. «Hey, sei sveglio. Ti sto preparando una spremuta, mostra riconoscenza.»

Sogghigno. «Lo vedi? Un momento prima mi attacchi, oppure ti metti a piangere facendomi fare una pessima figura in pullman con gli altri, la figura dello stronzo bastardo senza sentimenti. Un momento dopo ti preoccupi per me, e non solo rimani tutto il pomeriggio a casa mia, ma mi prepari persino una spremuta!»

Diventa tutta rossa, come un peperone.
«I-io non mi preoccupo per te!»
«Ah si? E allora cosa ci fai ancora qui?»
«Non lo so nemmeno io, guarda...» risponde. Dalla sua espressione non traspare alcuna emozione, lo sguardo impassibile.

Prende la borsa e si muove in direzione dell'ingresso ma io la tiro indietro.
«prima non vogliamo bercela, la spremuta?» faccio un mezzo sorriso, sperando che non se la sia presa troppo.

Alla fine resta un altra ora, aspettando che la febbre scenda.

Probabilmente non lo sa neanche lei, o non lo vuole ammettere, ma è molto protettiva. Anche nei confronti delle persone che odia.
Questo suo atteggiamento nei confronti della gente la farà solo soffrire.
Un po' di compagnia però non guasta.

«E' meglio che vada ora... stavi per fare la doccia, prima che venissi.»
«Sì, ma non credo di riuscirci ora come ora. A meno che tu abbia voglia di lavarmi» ghigno io, aspettando una sua reazione: una cuscinata in faccia che non tarda ad arrivare.
«A parte che con l'età che dimostri di avere, potrei benissimo farti da balia» Che permalosa.

Ci zittiamo, lei sembra assorta da un qualche tipo di pensiero.

«Immagino che non sia più un problema se quando uscirai con gli altri ci sarò anche io, giusto?» le chiedo.
«Che cosa te lo fa pensare?»
«Il fatto che oggi sei venuta qui, e ci sei rimasta per ben...» guardo l'orologio. Cavolo. «...quattro ore e mezza.»

«Non riuscivi nemmeno a reggerti in piedi, Jack. Ad un certo punto ho dovuto sorreggerti per un braccio. E poi comunque non sopportavo l'idea di avere un conto in sospeso con te.»

Ah già. Riuscire a cacciarsi nei pasticci in meno di un paio di giorni.

«Ma perché sei venuta? Non potevi sapere come ero conciato, prima che venissi qui.»

«Sono venuta perché volevo avere delle risposte. Ed ero soprattutto curiosa, tu mi hai detto che avevi sperimentato sulla tua pelle il dolore di essere mollato, ma ora ho capito che ti riferivi a Selena.»
«Non solo.»
«Ma con quante ragazze sei stato?!»
«Ho perso il conto.» Sogghigno.
«Ma no Jack, non intendo le ragazze nel tuo letto. Intendo le ragazze di cui ti sei innamorato, o che almeno ti piacevano molto.» risponde ironica e pungente.
«Una sola.»
«Com'è finita?»
«Non è mai iniziata.»

**

Non sono mai stato innamorato, e infatti quello non fu amore...
Lei mi aveva accolto quando i miei genitori si erano separati. O meglio, quando mio padre era scappato con la cameriera.
Ricordo che ero distrutto, e mi ero rifugiato nel mio nascondiglio preferito. Al parco.
Avevo 9  anni, non capivo nulla.
Un paio di scappatelle nel mio nascondiglio dopo, avevo trovato quella ragazza nascosta sotto la siepe. Aveva invaso quello che allora chiamavo "il mio nascondiglio".

Da quel giorno cominciai ad incontrarla sempre più spesso, fin quando senza accorgercene diventammo amici.

«Fino ai miei quattordici anni, poi dovette andarsene, partì per il Brasile.»
«Che storia tragica» commentò Jennifer dopo avermi ascoltato.
«Non ero innamorato, ovviamente. Ero però molto affezionato. Avevo appena perso mio padre, lei era la mia unica fonte di sostegno morale.»
«Immagino che dopo di lei tu abbia cominciato a darti alla pazza gioia nei bagni di scuola, giusto?» sorride.
«ìCapita.» rispondo io con un mezzo sorriso.

Jennifer non è poi così terribile. E' un tipino particolare di ragazza. La guardo in viso, il suo sorriso è sgombro da ogni traccia di risentimento o di odio, anzi, penso che una persona come lei l'odio non l'abbia nemmeno mai provato. E' il sinonimo di freschezza e di purezza, quella ragazza. Niente in confronto a Selena.

Perché adesso la sto paragonando a lei? Selena ha una mente troppo perversa per potersi avvicinare a quella di Jennifer, così ingenua.

Mi chiedo come possa sorridermi così, pensando alla crudeltà che le ho fatto conoscere di me. Così come a tante altre ragazzine, a Sunnyvale.

 Ma cosa importa? pensa una voce dentro di me.  E' il mio carattere. Nessuno mi cambierà.

Guardando quel sorriso sincero, però, non posso evitare di sentire una spina nel fianco, che mi scava dentro, terribilmente piano.  Una punta di compassione forse? O forse semplicemente pena? E' stata anche lei appena scaricata, ne ha passate di tutti i colori, a scuola, e anche qua. Incontrando me. Eppure non smette nemmeno per un attimo di sorridere.
Sorride perfino a me.
La osservo mentre si alza e mentre dice che è ora che vada, per non perdersi la cena.

La mia mente però è altrove. E' a scuola dietro ai banchi, al momento in cui lei mi parlò per la prima volta.

«Ciao, come sei carino! Io mi chiamo Jenny. Ti va di giocare con me?» era un lontano giorno dei miei 9 anni. Il suo sorriso era uguale a quello di ora, solo che ora il sorriso non me lo merito. Allora avrei anche potuto accettarlo, peccato che presi una strada diversa. Ero già molto sotto stress per i problemi di famiglia, non avevo alcun modo di sfogarmi. Così decisi di farlo con lei, quella ingenua bambina che mi aveva gongolato di complimenti e che mi trovava carino.

«Non voglio giocare con te. Sparisci!»
Lei ci era rimasta male, aveva pianto. Io le avevo dato della piagnona.
Il sorriso di Jennifer mi è ripiombato in testa con tutte le mie consapevolezze,ora.
E' uguale a quello di quasi otto anni fa.

«Jennifer» dico, incontrando per la prima volta i suoi occhi sinceri «mi dispiace».
Lei capisce, perché annuisce senza fare domande. Si alza dalla sedia, prende il bicchiere della sua spremuta e lo mette nel lavandino. Poi prende la sua borsa ed esce da casa mia, come era venuta, silenziosamente, dopo un lieve cenno di saluto, lasciandomi la mente annebbiata e confusa... forse anche per colpa della febbre.

Ciao a tutti ancora una volta! Mi dispiace molto non aver aggiornato in fretta, sapete ad agosto com'è, vacanze, mare, sole, addio internet, e quindi adesso sono qui con un grande ritardo ma pronta a ricominciare come sempre! Questo capitolo è un po' particolare, è il primo scritto dal punto di vista di Jack, questa è la ragione che spiega il fatto che è più corto rispetto agli altri capitoli. Volevo ringraziare particolarmente: lulu_chan, Bluemuse_ , asuna200 e _tribute__ per le loro magnifiche recensioni; ripeto, se recensite per me è un segno di poter continuare la storia, e anche se avete qualcosa di negativo da dire, vi prego, ditelo! E' importante per me sapere cosa ne pensano i lettori e le prossime recensioni, se ci saranno, determineranno il futuro della storia. 
Un abbraccio,
Pim

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Capitolo 9
*** Qualcosa di losco ***


 
 
9. Qualcosa di losco



Sono scossa.
Mi sembra di ritornare in me stessa solo ora. Come ho potuto passare un pomeriggio di sole chiusa in casa con una persona che fino a questo momento non ha fatto nulla per meritarsi nemmeno uno sguardo? Nemmeno un sorriso?
Forse dovrei bussare alla porta di uno ospedale, sala psichiatria, mi farebbe bene!
Forse il mio cervello riceve strani impulsi.
Forse ho qualche problema serio!
Mi ha davvero chiesto scusa? Per convenienza o perché davvero sentiva una punta di rimorso? E soprattutto, per cosa? Si è scusato... per tutto?
I miei dubbi sono ancora tanti, l'idea originale era quella di venire per avere una risposta alle tante domande che affollavano la mia mente, ma il risultato è che se ne sono aggiunte delle altre.

Il cielo diventa a mano a mano sempre più arancione, le sfumature cambiano, è uno spettacolo magnifico per i miei occhi stanchi. Non ho voglia di chiamare un taxi subito, preferisco prendermi del tempo per pensare. Adoro pensare in solitudine.
Cammino per la via, forse l'unica via piena di verde, alberi, piante che ho visto fino ad ora in questa magnifica città, la via di Jack.


Jack. Sempre lui. Non lo sopporto. Non sopporto che sia lui a dettare le regole. Non sopporto di stare al suo gioco: un minuto prima è il ragazzo più strafottente dell'universo, l'attimo dopo quasi mi sorride.
Il suo comportamento mi confonde. Sono confusa da lui e dalle sue scuse improvvise, a ripensarci mi vien mal di testa, non saprei nemmeno se credergli a questo punto.
Però siamo comunque nella stessa situazione, siamo stati scaricati.
Non posso permettergli di farmi del male di nuovo, anche se dopo oggi il male me lo sono fatta da sola.
Almeno così non ho più alcun debito con lui. Da domani ricomincerà la vita di sempre, come prima, la mia vita tornerà alla normalità e la sua pure. Ognuno per la sua strada. Due strade divise che non s'incroceranno mai.
E' stata solo una stupida giornata. Non posso illudermi che sia cambiato da un giorno all'altro.
I pensieri mi accompagnano mentre il caldo opprimente lascia il posto ad un arietta fresca che smuove gli alberi, un attacco di stanchezza e di sonno improvviso mi rapisce. Mi siedo su una panchina vicino ad un lampione spento e penso.
Quando decido che per me è ormai ora di tornare in hotel e di chiamare un taxi, noto che nella mia borsa manca una cosa di fondamentale, il cellulare. Ricordo solo di averlo buttato da qualche parte in preda alla rabbia.
E mo che faccio? Non c'è l'ombra di un taxi. A piedi sarebbe troppo lunga.
Le alternative sono due: o restare li in attesa dell'arrivo di un taxi, cosa assai improbabile data la scarsa presenza di gente in giro, oppure tornare verso la casa di Jack.
Ma a quel punto lui potrebbe benissimo mandarmi al diavolo. Oppure potrebbe essersi addormentato.
Alla fine cedo alla stanchezza e ripercorro la strada da dove sono venuta, ritornando alla maestosa villetta di Jack.
Suono una volta, due volte, tre volte, ma di Jack nemmeno l'ombra. Si sarà davvero addormentato, la sua salute è instabile, penso.
Mi prende il panico.
Non so proprio cosa fare, decido di chiedere aiuto al primo che passa in macchina, oppure di suonare al campanello di qualcuno chiedendo il permesso di usare il telefono.
Mi accuccio ai piedi dell'albero, quello vicino all'ingresso della villetta di Jack.

Sono seduta a gambe incrociate appoggiata al tronco in attesa di qualche idea migliore, quando vedo dei fari in lontananza.
E' la mia fortuna.
Vedo avvicinarsi una bella auto sportiva, rossa, lucida, pulita.
Un momento...
Somiglia terribilmente alla macchina di Jack. No, anzi. E' la macchina di Jack.
Due ragazzi sulla ventina parcheggiano a qualche metro di distanza da dove sono io, scendono dall'auto e sbattono le portiere, venendo verso di me.
Io mi alzo, non sapendo cosa fare, e faccio finta di niente, quando dentro mi sto agitando e surriscaldando come una stufa elettrica.
I ragazzi mi vedono e mi chiedono se un tale Jack abita qui nei dintorni; io non so proprio cosa fare, se dirgli la verità o meno.
Questi due, di fiducia non ne ispirano nemmeno un po'.
Alla fine gli rivelo, mio malgrado, che la casa di Jack è proprio questa di fronte.
Il tipo con il giubbotto di pelle nero e gli stivali mi fissa, con la sigaretta in bocca, l'altro si muove subito verso il campanello della casa di Jack e suona in malo modo. Troppo inquietanti.
Ma chi si credono di essere?
«Scusate la domanda, chi sareste voi? » chiedo, mostrandomi quanto più indifferente possibile, per non destare alcun tipo di sospetto.
«Non ti interessa chi siamo» risponde l'altro secco «siamo qui per saldare un conto in sospeso con questo famoso Jack, che ha un debito nei confronti del nostro fornitore. Farebbe anche meglio ad uscire se rivuole il suo gioiellino» disse sempre quello con la sigaretta in bocca picchiando la mano contro la macchina.
Se Jack fosse qui gli avrebbe probabilmente già spaccato la testa, sapendo quanto adora la sua auto.
«Perché non risponde? Non è in casa?!» disse uno dopo aver provato a suonare e risuonare molte volte.
«Non ne ho idea» mento io, immobile vicino all'albero.
Questa è una delle tipiche situazioni in cui cervello e corpo sono scollegati.
Il cervello intima di scappare, di mettere quanta più distanza possibile fra me e quei due tipi loschi. Il corpo però è fermo, leggermente tremante, in attesa di un qualche evento.
«Ma tu che ci fai ancora qui? Sei la sua ragazza?»
«No, sono qui perché... anche io lo sto aspettando» mi scopro a dire.
Qualunque cosa Jack abbia a che fare con questi due qui, non è una buona cosa.
Fornitore aveva detto? Fornitore di che cosa?
Mi chiedono se so il suo numero di telefono, ma io ovviamente non lo so. E anche se avessi dietro il mio telefono, il numero di Jack non è memorizzato nella mia rubrica.
I due tipi cominciano ad agitarsi, non è un buon segno.
Ad un certo punto uno si risolve a scavalcare e ad aprire la porta.
Merda. Se Jack è davvero addormentato come penso, allora la porta è sicuramente aperta, non chiusa a chiave. La prudenza non è mai troppa, accidenti.
Il ragazzo che sta scavalcando fa così tanto chiasso che la luce della cucina di Jack si accende, lo vedo affacciarsi dalla finestra e non sono mai stata più felice di ora nel vederlo.
I capelli arruffati e la sua faccia assonnata dimostrano che stava dormendo.
Apre la porta ed esce, guarda prima me e poi loro ma sembra non capire, sembra non afferrare il nesso che c'è tra me e quei tipi minacciosi.
Io sto in silenzio, non saprei nemmeno cosa dire. So solo che voglio levarmi da tutto questo intrigo e tornarmene a casa. Stupida mente bacata che non ho altro. Se non avessi lanciato il mio cellulare in un momento di crisi...
Colpa di Sam, mi consolo.
«E voi chi siete, e che ci fate a casa mia?» dice Jack.
«Ci manda Swen, siamo venuti a riscuotere il tuo debito»
«E lei che ci fa qui?» indica me.
«Che ne sappiamo noi? Era già qui quando siamo arrivati. Ora però torniamo ai fatti concreti. Swen vuole i soldi, ha detto che non riavrai la tua macchina se non ce li consegni all'istante.»
Jack sembra incerto sul da farsi e su cosa dire, la sua espressione non è ben visibile ai miei occhi come vorrei, voglio capire se è nei guai.
Mi accorgo del buio che ormai incombe, ad illuminare la zona solo le luci delle case e dei lampioni, e lontano anche quelle della spiaggia e del centro della città.
Jack esce e si avvicina a noi.
«Non li ho i soldi, temo che il vostro Swen dovrà aspettare» atteggiamento strafottente, arrogante, di gran lunga peggiore di quello che conosco. Le vecchie abitudini sono dure a morire...
Il tipo con il giubbotto di pelle e la sigaretta, quello che sembra una specie di tamarro uscito male gli tira un cazzotto dritto in faccia prima che io possa rendermi conto della situazione.
Così non vale però! Jack non è in forma, non è in pieno possesso delle sue facoltà fisiche e mentali.
«Basta!» dico io che fino ad ora ero rimasta ferma sempre nello stesso punto vicino all'albero, attirando l'attenzione di tutti i presenti «Vi sembra il caso di trattare così una persona, che per di più non sta bene?» sbotto io.
«Bene o non bene non è affare che ci riguardi. Noi vogliamo i soldi» continuano imperterriti i due. Ok, sapevo che non avrebbe funzionato... Mi mordo il labbro mentre ragiono velocemente, pensando a qualche soluzione.
Giusto quando penso stiano per sferrare un altro cazzotto a un Jack già sanguinante, li fermo.
«Insomma, quanti soldi vi deve?!» sbotto io con voce stridula, abbastanza terrorizzata dalla situazione, aprendo la mia borsa e tirando fuori il portafoglio.
Jack lo vede, impegnato ad asciugarsi la fronte e il naso che ancora non aveva smesso di sanguinare, ma non dice niente, distogliendo lo sguardo.
«Trecento dollari» dice l'altro, messosi subito sull'attenti e avvicinandosi a me, vedendo il portafoglio aperto.
Per poco non mi va di traverso la mia saliva. Che cosa?! E io dovrei prestare trecento dollari a Jack?!
Maschero la mia reazione esternamente e tiro fuori impassibile i trecento dollari richiesti. Giuro che lo ammazzo, quel cretino. Non appena si rimette in sesto mi dovrà sentire, anzi, anche subito!
Porgo i trecento dollari al ragazzo più vicino a me, che comincia a contarli. Non appena finisce fa un cenno al compagno, che lancia le chiavi dell'auto per terra di fianco a Jack.
Benedetta me che sono andata a prelevarli per lo shopping, e benedetta me che alla fine ho usato comunque la carta di credito.
«Ringrazia la tua ragazza, che ti ha salvato la testa, e la macchina!»
«Non sono la sua ragazza» dico infastidita. I due però non ci fanno caso e si avviano verso un'altra auto che fino ad ora non avevo notato, nera, una ventina di metri lontana.
Ora che io e Jack siamo rimasti soli mi giro verso di lui e lo guardo nera «Quindi?!» mi esce spontaneo.
Lui fa finta di non sentirmi e continua a tamponarsi la ferita, sia fisica che morale, a questo punto.
Il naso non ha smesso di gocciolare sangue, così lo prendo per un braccio e lo trascino dentro casa sua. Chissene frega se non sono stata invitata, che cavolo!
Mi richiudo la porta alle spalle con un tonfo, giro la chiave che è già nella serratura e lo guardo, con aria assassina, pronta all'attacco.
«Mi spieghi che diavolo erano quei tipi e che cosa succede oppure devo chiamare direttamente la polizia?» mi scopro ad urlare.
In effetti, non so quanto la polizia possa aiutare visto che l'unica targa che ho notato è stata quella della macchina di Jack.
«Non chiamerai proprio nessuno» dice lui irritato, asciugandosi nuovamente il rivolo di sangue.
«Vieni qui» gli dico portandolo vicino al lavandino della cucina e bagnando di acqua fresca un fazzoletto di stoffa pulito che avevo nella mia borsetta.
Glielo appoggio sul naso, e dopo qualche minuto il sangue sembra smettere di scendere. Gli bagno anche la fronte, accaldata.
Sicuramente la febbre sarà salita.
Dopo qualche altro minuto lo sento ansimare, respirare con fatica.
«Jack, che ti succede?» il mio tono di voce tradisce la preoccupazione «Ti senti male?»
«Sto bene»

Sicuro, si vede lontano due metri che non è vero.
Faccio sdraiare Jack e mi procuro un po' di ghiaccio dal freezer che ho utilizzato solo poche ore prima.
Sembra passata una vita però. La scena di prima deve aver scosso molto anche me.
Jack è sdraiato sul divano, a petto nudo, sudato. Evidentemente malato.
Dopo venti minuti sospiro sfinita e mi butto sulla prima sedia che trovo; ho fatto tutto quello che potevo fare.
«Grazie» dice lui a bassa voce, con gli occhi chiusi.
Penso non sia facile per lui ammettere di avergli salvato il fondoschiena... e la macchina.
Sembra leggermente sollevato.
«I trecento dollari li voglio indietro!»
Gli tocco la fronte, che scopro fresca. Almeno una nota positiva, la febbre è passata.
Adesso il brutto è trovare il modo di tornare in hotel, che dista quattro o cinque chilometri.
«Jack, mi dispiace dirtelo così, come se niente fosse, ma temo di dover rimanere qui un po' più del previsto...»
«Rimani pure, se vuoi» dice lui, braccia conserte sul petto e occhi chiusi, finalmente rilassato, quasi sapendo che non ho alternativa «la mia camera è al piano di sopra e poi a destra, anche se credo che tu lo sappia già.»
La sua tranquillità mi mette i brividi, come se non fosse appena stato minacciato da due tipi loschi e pericolosi. Menefreghismo allo stato brado.
«E... e tu?»
«Cosa io?»
«Dove dormi?»
«Non lo vedi? Qui.» il suo comportamento impassibile, come se tutto sia ovvio, comincia a darmi seriamente sui nervi.
Mi rendo conto di non avere altra scelta se non quella di rimanere, l'orologio segna ormai le dieci. Sono stata fuori con quei due tipi per più di un ora.
L'idea di ripensarci mi sconvolge, così decido di andare a farmi una doccia rinvigorente.
«Le asciugamani le trovi in bagno, due stanze a sinistra rispetto alla mia camera» sembra mi abbia letto nel pensiero. «Stai tranquilla che non guardo.» Il suo solito ghigno compare di nuovo. La sua voglia di scherzare anche nei momenti meno opportuni mi rende nervosa.
«Ah Jack, avrei bisogno di un ultimo favore. Ho bisogno che mi presti il telefono per chiamare a casa, tra qualche ora i miei dovrebbero chiamarmi all'hotel se non li chiamo io prima. Non voglio che si preoccupino sapendo che non ci sono.»
«E' in camera mia» è l'unica cosa che risponde, prima di girarsi dall'altra parte, su un fianco.
Mi avvicino al divano e mi siedo su un bracciolo.
Il mio stomaco brontola e io mi ricordo del panino nella borsa, lo prendo e comincio a mangiarlo di gusto.
«Hai fame?» Nessuna risposta.
«Che cosa volevano quei due?» chiedo ancora abbastanza dolcemente, per non farlo alterare più di quanto non lo sia già.
«Pensavo fosse ovvio, visto che li hai pagati tu»
«Sì, ma per cosa?»
«Non sono affari tuoi, questi»
«Insomma, ho il diritto di sapere per che cosa ho dovuto sganciare trecento dollari! Hanno detto fornitore, quando non eri ancora uscito... fornitore di cosa?»
Jack apre gli occhi, un guizzo di sorpresa li attraversa. Fa il gesto di portarsi una sigaretta alla bocca. Qualcosa mi fa intuire che non si tratti di sigaretta.
«Ah bene, fantastico. Ho sganciato soldi per della droga. Wow. Ecco spiegata anche la tua salute attuale. Quanta ne hai fumata, di quella roba?»
«Non è droga. Ripeto... non sono affari tuoi. Va' a dormire Jennifer, non fare la grande che hai solo quindici anni»
Quest'affermazione mi ferisce. Non poco. Sono così stufa di sentire quel numero che quasi gioisco quando mi ricordo che tra pochi giorni ne compierò sedici.
Al diavolo.
«Avrò anche quindici anni, ma la mia età mentale supera la tua di almeno venti!»
Prendo la borsa e me ne vado, sbattendo la porta, di sopra. Stanca di tutto, di Jack, di canne, di soldi, di passaggi in macchina, di situazioni incoerenti e imbarazzanti, del destino inopportuno, che ce l'ha su con me e che me lo ha fatto incontrare pure in vacanza. Stupida sfortuna.
Salgo le scale e vado dritta a destra, la camera di Jack non mi è nuova. Ricordo bene l'incidente avuto una settimana e qualche giorno fa. Ora però è più in ordine. E profumata.
Appoggio le mie cose su quel materasso morbido ed esco alla ricerca del bagno.
Sono indecisa se farmi un bagno oppure la doccia, dato che ci sono entrambi, ma alla fine opto per la doccia fresca.
Mi sento in imbarazzo a spogliarmi in quella stanza, che non ha niente di familiare. E' la presenza di Jack al piano di sotto che mi rende tesa, nonostante sia al sicuro, e chiusa a chiave.
Alla fine faccio la doccia ed esco dal bagno fasciata da un asciugamano.
Entro in camera alla ricerca di una sua maglietta da indossare per la notte, prendo la prima che trovo, nonostante mi vada decisamente larga.
Di fianco all'armadio c'è un comodino dove c'è il telefono. Digito il numero di casa mia e sono felice di sentire una voce familiare in quella casa che dovrebbe essere l'ultimo posto in cui dovrei trovarmi.
Parlo con mio padre, maledicendomi mentalmente di nuovo per aver dimenticato il cellulare.
La mamma non è in casa, «aveva il turno di lavoro stanotte» spiega mio padre.
Gli racconto della giornata, omettendo ovviamente quello che c'è da omettere. Poi non resisto alla tentazione di chiamare anche Laura, anche se so che probabilmente avrà una reazione simile a quella dell'ultima volta.
Con lei non mi devo preoccupare di censurare niente, posso raccontare tutti i minimi e insignificanti dettagli che ad un genitore non avrei mai rivelato, come del breve episodio di Sam.
E infatti non appena le racconto di dove - guarda caso - mi trovo, devo aspettare almeno dieci lunghi minuti prima che si sia ripresa del tutto dallo shock.
«Oh Jenny, voi due siete proprio una bella coppia, non so chi sarebbe peggio, vedendovi insieme» ridacchia.
Delle volte mi chiedo cosa ci trovi di così divertente nelle mie situazioni così pessime.
«E domani cosa farai? Andrai giù a preparargli la colazione per ringraziarlo?»
«Domani mi alzerò presto e chiamerò Kandy per farmi venire a prendere, tutto qui» sospiro io pensando già alle spiegazioni da dare alla mia amica super protettiva.
«Guarda che sono gelosa, cos'è tutta quest'improvvisa confidenza? La conosci da poche settimane».

Dieci minuti dopo aver chiuso il telefono, tiro le tende e mi appoggio al cuscino, stanca come poche volte nella mia vita.
Inspiro e sento il suo odore sul cuscino. Mi addormento rilassata dopo pochi minuti.


Alle nove in punto vado giù, aspettandomi di trovare un ragazzo addormentato sul divano. Prendo dal frigorifero una bottiglia di succo d'arancia e me la vuoto nel bicchiere. Insomma, se mi ha ospitata qui non credo di fargli un torto facendo colazione.
Guardo fuori dalla finestra.
Jack è fuori in giardino, sta tagliando il prato. Senza maglietta...
Scrollo la testa come per cacciare quei pensieri disgustosi, infondo è sempre Jack, il solito Jack, addominali o meno.
Decido di affrettarmi a finire la colazione e poi andare a prendere la mia roba, Kandy sarà qui a momenti.
Difatti quando sono nuovamente giù una macchina è parcheggiata vicino al cancello e il tagliaerba di Jack è fermo in mezzo al prato.
«Te ne stai andando?» sobbalzo. E' entrato forse di soppiatto per non farsi sentire?
«Sì... Ah Jack, ti volevo ringraziare, per tutto. Per sta notte e per ieri.»
«Non c'è problema, grazie a te per ieri» dice lui con tono educato, senza affetto.
«Ah Jennifer, in quanto ai soldi, te li ridarò appena mi è possibile» mi promette.
E finalmente posso tornarmene a casa.
Per tutto il viaggio di ritorno Kandy non fa altro che lanciarmi sguardi eloquenti, e nonostante io faccia di tutto per ignorarli, capisco che probabilmente è stupita da tutto quello che è successo. Probabilmente a partire dal fatto che mi sono “offerta” di pagare quel misterioso debito, di cui le parlo non appena sono in macchina.
«Non c'era dubbio che fosse qualcosa di losco» mi dice lei.
«Ora cambiamo argomento, altrimenti rischio di ritornare là e rompergli una mascella.»
«Ultimamente tra te e Jack sembra ci sia una sorta di... tregua...» La piega che sta prendendo il discorso non mi piace affatto, così mi limito a rispondere che per quanto io odi Jack non avevo potuto fare a meno di rimanere da lui quella notte dato che non potevo spostarmi in nessun modo.
La sera Kandy mi porta a comprare un telefono nuovo, sostenendo di dover comprare pure il mio cervello, per evitare di dover rimediare a qualche mio altro casino. D'altronde la parola "Jack" è sinonimo di "guai".
«A comunque, odio dovertelo dire io e in queste circostanze ma... temo abbia chiamato Sam»
«Dove?» sono sorpresa.
Alla tua stanza d'hotel , deve essere riuscito in qualche modo a scoprire qual'è, ha lasciato un messaggio alla hall.
Io sospiro, ci manca uno stalker che mi perseguita, e addio. La vacanza più strana del secolo.
«A proposito di Sam, ha avuto pure il coraggio di scrivermi un messaggio di scuse, il vigliacco.»
Trascorro il resto della giornata così, fra le chiacchiere di Kandy, il gelato, i film, il gelato, le caramelle mou, il gelato, la musica, e ovviamente ancora il mio gelato. Un chilo di gelato nel mio stomaco in meno di un ora.
Quella che ci fa venire la carica di saltare sul letto e gridare, quasi fossimo ritornate bambine, e scatenarci come pazze, è la musica.
Fino a quando non bussano alla porta, a sera ormai inoltrata. Quando Kandy vede che è Luke non resiste alla tentazione di saltargli in braccio, completamente preda della sua pazza euforia.
Io invece perdo quasi un colpo quando vedo che dietro di lui c'è Jack. Insomma, non sono ancora abituata a vedermelo spuntare da ogni parte a tutte le ore del giorno, e pure della notte!
«Ti ho portato i tuoi soldi» dice lui. Lo guardo sorpresa.
«Come hai fatto ad esserteli procurati in così poche ore?» lo guardo accigliata.
«L'importante è che ora ce li ho e te li posso restituire presto, come avevo promesso.»


Luke è seduto sul divano, con in braccio una Kandy euforica quanto prima. Jack è seduto sulla poltrona, piuttosto imbronciato, e io fingo di leggere un libro, per non dovermi per forza intrattenere in una conversazione probabilmente forzata. Sono stanca.
«Non si direbbe tu sia presa molto da quel libro» rompe il ghiaccio.
«Come scusa?»
«Sei ferma su quella pagina da almeno venti minuti»
Chiudo il libro, seccata dalla sua accortezza. Che figura da scema, fantastico.
«E' che sono stanca, non riesco a concentrarmi»
Detto questo mi alzo e vado in cucina.
Questi giorni mi hanno veramente spossata, un'insieme indecifrabile di emozioni sconosciute dal mio cervello, in un linguaggio conosciuto solo al mio cuore, si sono insinuate piano dentro di me, aprendosi un varco profondo e lasciandomi sfinita.
Voglio solo riposare, appoggiare la testa sulle mie braccia conserte sopra il tavolo e tirare un sospiro di sollievo.
Il sospiro arriva quando sento delle mani calde posarsi sulle mie spalle e cominciare a massaggiarle, piano. Con una lentezza e leggerezza strana, quasi innaturale. Però spontanea e piacevole.
Chiudo gli occhi, pensando che non sia giusto che Kandy sia qui con me quando di là c'è un Luke innamoratissimo pronto ad aspettarla.
Solo dopo qualche minuto sobbalzo e mi accorgo che quel tocco non viene dalle mani di Kandy, eppure è così premuroso, così protettivo che subito la confusione ritorna ad annebbiare la mia mente rendendo ogni mio pensiero irrazionale. 


Hey ragazzi! Spero che non vi siate dimenticati di me! Questo capitolo è il mio preferito, ricordo di averci messo anche tanto a scriverlo, ricordatevi di lasciarmi due righe per farmi sapere cosa ne pensate, un bacione e alla prossima! 

 

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Capitolo 10
*** Notizia sconvolgente ***


 

10. Notizia sconvolgente




Il fatto che abbia passato tutto il giorno dopo, e il giorno dopo ancora a pensare alle sue mani sulle mie spalle, lente, piacevoli e disarmanti non è una cosa positiva. Il fatto che per tutta la notte abbia pensato al suo tocco caldo e immaginato la scena mille e mille volte è ancora peggio. Voglio dire, perchè? Perché deve essere così dolce certe volte? Io non gli chiedo di esserlo, anzi, quasi quasi preferisco la sua versione stronza. Mi è più difficile odiarlo altrimenti.
Mi sistemo i capelli per l'ennesima volta, cercando di far stare al posto un riccio ribelle che tende a separarsi dagli altri. Non so, precisamente, il motivo di tutta la mia agitazione. Metto un filo di lucidalabbra e lo spalmo sulle labbra, incolore. Amo il colore pesca delle mie.
Dieci minuti dopo bussano alla porta della mia stanza, lancio un occhiata di traverso alla porta e mi affretto ad aprirla. «Buongiorno Jenny» sorride una Kandy un po' assonnata. La saluto con un abbraccio e ne approfitto per dare una sbirciata alle sue spalle, lungo il corridoio che porta all'ascensore. Non c'è anima viva, le nostre parole rimbombano sulle pareti. Faccio per chiederle dove sono gli altri, ma lei mi precede. «Mi sono dimenticata di avvisarti che il resto del gruppo arriverà in ritardo, sono andati tipo all'aeroporto a fare non-so-cosa per Jack.» Alza le spalle e fa un gesto con la mano come per intendere che le importa poco. Si siede sul divanetto di fronte al mio letto. «Allora» comincia, accavallando le gambe e guardandomi con aria eloquente. «A cosa è dovuta questa messa in ghingheri?»
«Uhm, niente di particolare.» Osservo la vernice del soffitto, improvvisamente molto interessante. «Jenny, c'è qualcosa che vorresti dirmi?» La guardo, confusa.
«Io? No. Perchè me lo chiedi?»
«Non sei più la stessa persona dopo l'altro ieri, vuoi spiegarmi cosa succede?»
«Sono la stessa persona, invece. Insomma, non posso di sicuro essere cambiata tanto in due giorni.» rido nervosamente.
«Ti sei acconciata come una principessa prima del ballo. E' da due giorni che sei suscettibile, paranoica, ti guardi spesso in giro e sei strana, alquanto strana. Le prove sono tante, ma potrei prendere come esempio il fatto che due minuti fa, quando sono entrata, mi hai abbracciata per poter guardare se ci fosse qualcun altro con me» sorride con aria superiore. Sa di averla vinta stavolta, mi ha davvero messa alle strette. Arrossisco fino alla punta dei capelli.
«Non ti preoccupare, è okay. Vorrei soltanto farti sapere che se hai bisogno di parlare io sono qui.»
«O-okay» la guardo confusa e imbarazzata. Insomma, non c'è nulla che le sto nascondendo. Non proprio. Non c'è nessun motivo per cui io debba nasconderle qualcosa. Una non può vestirsi e sistemarsi come vuole? Voglio dire, avevo voglia di farlo e l'ho fatto. Stop.
Sto chiacchierando con Kandy, quando sento dei passi provenire dal corridoio. Tendo l'orecchio, ma poi mi rilasso. Non può essere nessuno che conosco perché quello è il tipico rumore dei tacchi a spillo; li riconosco bene dato che sono stati la mia sveglia quotidiana per qualche tempo, quando mia madre non aveva ancora perso l'abitudine di andare all'ospedale con le sue scarpe preferite.
Sento bussare alla porta e faccio giusto in tempo a chiedermi che cosa ci faccia la donna delle pulizie già in camera a quest'ora che la porta si spalanca ed una ragazza in minigonna e giubbino entra con fare altezzoso.
«Mhm, qual'è il mio letto? Sono parecchio stanca, e tu, amore, sai perchè» rivolge un sorriso furbo in direzione di Jack. La cosa che mi lascia senza fiato e senza parole con in testa una tale confusione è il fatto che a pochi passi da me si trova Selena, in tutta la sua smagliante forma.
«Mi dispiace deluderti Selena ma questa non è la tua stanza, siamo passati prima a salutare un'amica. Lei è Jenny»
«Come come?» si gira verso di me con aria confusa, come se fosse una cosa insolita il fatto che i suoi desideri non siano ancora stati esauditi. Mi guarda per qualche secondo, strabuzzando gli occhi. Io sono incapace di pensare a qualsiasi spiegazione logica per cui quella specie di Barbie poco cresciuta si trovi qui in camera mia in questo momento.
«Scusate, qualcuno mi vuole spiegare che ci fa qui Jennifer La Sfigata?» si guarda intorno con aria interrogativa, poi guarda Jack in attesa di una risposta che non arriva.
«Si direbbe che questa è la mia stanza, quindi sono io che mi dovrei chiedere che cosa ci fai tu qui» rispondo io cauta.
«Non ho chiesto a te, sfigatella. Non credo che questo sia il posto adatto a te. Cos'è, i tuoi hanno rapinato una banca? Ce li hai i soldi per pagare questo hotel?» comincia a ridere di me guardando gli altri, in attesa di sentire le loro risate che però non arrivano. Nella camera cala il silenzio. Kandy mi guarda con aria strana, cominciando a capire chi lei effettivamente sia. La stronza che fa coppietta con Jack di cui le avevo parlato.
«Vi conoscete?» interrompe il silenzio Luke. Guardando prima lei, poi me, poi Jack. «Seriamente, amore. Con chi cazzo di gente stai uscendo?! Davvero, non ti riconosco più! Dov'è il Jack che conoscevamo? Il ragazzo che non si abbassava ad uscire con... le sgualdrine come lei!»
«Adesso basta!» Luke ha una faccia seria e severa. «Se non ti piace la gente con cui usciamo puoi anche levare le tende» continua Kandy sorridendole con faccia angelica.«Bene, è proprio quello che farò! Non ho intenzione di passare un minuto di più in camera con quella. Vieni, tesoro?»
Jack mi fissa. Dal suo sguardo non traspare nessuna emozione, i suoi occhi sono spenti, cupi.«Jack, mi stai ascoltando?! Ti ho detto, andiamo...» Selena sbatte un piede per terra, spazientita. I miei occhi non si scollano per un momento da quelli di Jack, cercano di scavare a fondo, trovare quella scintilla maliziosa sempre presente nel suo sguardo. No, ora è vuoto. Sembra di fissare una persona... vuota.
Il suo sguardo si stacca dal mio, io mi sento svuotata, non capisco.
Non so quello che sia successo, quello che so è che Jack è un'altra persona. Il suo sguardo non è più il suo.
Esce piano dalla porta, chiudendola. Per qualche minuto si sente l'eco dei tacchi a spillo e la voce stridula e altezzosa di Selena, lungo il corridoio.
Rimaniamo tutti e tre a fissarci, io, Luke e Kandy. Loro staranno domandandosi sicuramente cos'è tutta questa storia. Ma io non lo so, la mia testa probabilmente è più confusa della loro. Come mai Jack è con Selena? Ora non so più a cosa credere. Probabilmente mi ero illusa che una parte di Jack stesse cambiando, che si fosse accorto di aver... sbagliato. Mi ero convinta che il ragazzo con cui ho trascorso gli ultimi pomeriggi fosse un ragazzo completamente diverso dal ragazzo che era a scuola, dal ragazzo di Selena. Ora non so davvero più cosa pensare.
Sento Luke e Kandy bisbigliare, poi sento Luke uscire e chiudersi la porta alle spalle. Kandy si avvicina al bordo del letto e si siede, guardandomi come in attesa di qualcosa.
Io mi alliscio la maglietta sul davanti, pronta al discorso che seguirà.
«Jenny...» comincia lei, cauta. Non sa bene come proseguire. «Sai chi mi ricordi?» mi guarda sorridendo.
«Chi ti ricordo?» rispondo con voce rauca.
«Mia cugina.»
«Tua cugina?»
«Sì. Tempo fa mi ha raccontato la sua storia. Credo che tu le somigli.»
Quando vede che non rispondo più, prosegue: «Quando frequentava la High School era nella tua stessa situazione, anzi, forse peggiore. Veniva derisa dalle solite persone superficiali che ci sono in ogni scuola - purtroppo non possiamo sopprimerli tutti, sarebbe un genocidio» sorride. «Il punto è che un giorno conobbe una persona. Una persona che si mostrava superficiale, ma che in realtà era tutt'altro. Aveva solo bisogno di conoscere se stessa.»
Mi soffermo a riflettere sulle sue parole. Cosa centrerebbe questa storia con me? E chi sarebbe ipoteticamente questa persona? Selena? Jack?
«E perchè lei dovrebbe assomigliarmi?»
«Perchè penso che voi abbiate lo stesso carattere. Siete capaci di "curare" le anime delle persone. La tua bontà è tale e quale alla sua. Penso che tu sia speciale. E le persone speciali hanno sempre un compito speciale» mi fa l'occhiolino.
Non so perché ma le sue parole non mi convincono. Non mi aiutano a rialzare la poca autostima che ho di me e l'umore che ormai è scivolato ben più sotto delle suole delle mie scarpe.
«Cos'ho di diverso io da lei? Perché tutti quanti preferiscono quel tipo di ragazza, cosa c'è che va in lei che in me non va? Solo perchè non uso termini volgari dalla mattina alla sera e non vado in giro vestita come lei... o meglio, svestita.»
«Ora smettila, Jenny. Tu non hai niente che non va, mi stupisco che tu sia tanto sciocca da pensare queste cose. Ogni persona è perfetta a modo suo e credimi, tu hai tantissime qualità. Come ho già detto, credo che tu sia speciale.»

Un'ora dopo la mia crisi esistenziale dovuta all'arrivo di Selena e ai suoi insulti, sono sdraiata sul letto a riposare. Kandy è appena tornata in camera, e a quest'ora è davvero caldo, troppo caldo per uscire.
Bip, bip.
Il mio cellulare suona. Lo prendo in mano controvoglia e leggo:
"Ho bisogno di parlare con te. Jack"
Ah. Ah. Questa è bella.
Rimango a fissare il messaggio indecisa. Una parte di me vorrebbe cestinarlo, l'altra parte vorrebbe rispondere, fare chiarezza sull'accaduto, avere delle risposte. Siccome la parte di me più curiosa di me prevale, rispondo al messaggio: "Che avresti da dirmi?"
Non passano nemmeno 30 secondi che il cellulare suona nuovamente.
"Ho bisogno di parlare, so che sembrerà strano e inopportuno ma... tu qui sei l'unica persona di cui mi fido, ho davvero bisogno di parlare con te, ti prego, non rifiutarmi."
"Parla, anzi, scrivi. Posso risponderti anche qui per messaggio."
Beccati questa. Non ho intenzione di vederti e cadere in tentazione un'altra volta.
"Sono quasi davanti al tuo hotel."
Cosa? Ma perché deve sempre averla buona lui?
Non mi sembra di averti dato il permesso di venire a trovarmi. E comunque, non ho intenzione di lasciar entrare anche lei."
Se c'è Selena con lui giuro che lo ammazzo. Oh cavolo, ho il pigiama addosso!
"Tranquilla, è a casa. Non mi sembra di aver bisogno del permesso di nessuno, non ho 10 anni. ;)"
Sbuffo e mi infilo la prima maglietta che trovo. Due minuti dopo bussano alla porta.
«Ciao Jenny, carino quel completino» mi sorride divertito.
«Ciao anche a te, Jack» sospiro. «Cos'ha la mia maglietta che non va?» gli lancio uno sguardo truce.
«La tua maglietta di per sè non ha nulla che non va, è il fatto che l'abbia abbinato con quei... cosi» dice indicando i miei pantaloni.
Mi guardo e mi accorgo di aver dimenticato di togliere i pantaloni del pigiama. Lo guardo offesa, sbuffando mentre lui si siede sul bordo del mio letto.
«Insomma, invece di criticare ogni cosa di me, perchè non mi dici quello che mi devi dire e la facciamo finita una volta per tutte?»
«Come siamo permalose 'sto pomeriggio» mi guarda ironico.
«Quello che ti volevo dire è che...» ritorna composto in un secondo, si interrompe e abbassa lo sguardo. «Okay, non so neanche da dove cominciare. E' una storia così assurda che...»
La curiosità prende il sopravvento, facendomi passare tutto il resto e dimenticare le battutine di qualche minuto fa.
«Avanti, sentiamo» lo sprono a continuare, sedendomi vicino a lui e guardandolo negli occhi.
«Devo partire dall'inizio dei tempi oppure posso passare subito al sodo?»
«Mhm, direi che prima mi dici il sodo, poi io ti chiedo il resto.»
«Bene, ehm.. Selena è incinta.»
«Cosa?»
«Selena. E'. Incinta. Hai presente quando una donna ha il pancione.. no?» alza un sopracciglio.
«Oh Dio..» Ho troppa paura di pronunciare quelle parole. Non so perchè, ma il mio cervello non vuole avere una risposta. Mi faccio coraggio.
«C-chi è il padre?» lo fisso dritto negli occhi, seria, lui mi guarda di rimando. Rimaniamo così per qualche minuto, poi i suoi occhi si fanno cupi, umidi. Un vuoto e una tristezza implacabile prendono il posto di qualsiasi emozione positiva nel suo sguardo.


 

~

 

Dire che sono sconvolta è dire poco.

Cerco di calmarmi e di non guardarlo negli occhi. Ho troppa paura che possa leggerci i miei sentimenti.

Lo guardo in faccia, i suoi occhi sono gonfi, come quelli di qualcuno che non ha dormito da giorni. Continua a muoversi nervosamente, il silenzio nella stanza si è fatto pesante. La mia mente cerca di elaborare qualsiasi tipo di soluzione.

Pensavo si fossero lasciati, è per questo che Selena si trova qui, ora, a Miami?
E' venuta a riprendersi il suo Jack? Il ragazzo che l'ha messa incinta? Il padre del suo bambino? Quasi non riesco a pensarci. Gli occhi mi si riempiono di lacrime.

«Sarai un padre fantastico» dico con voce debole. Non so che altro dire.

Improvvisamente scoppia, si sporge verso di me, dalla poltrona in cui è seduto, e mi stringe forte. Sento le sue braccia forti stringersi intorno al mio busto, e le sue mani sulla schiena. Mi sento... protetta.

Sento che questo sarà uno degli ultimi momenti in cui potrò stare in sua compagnia. Probabilmente, ora che è successo quel che è successo, sarà costretto a tornare a casa, in California, a Sunnyvale.

Chissà se quest'esperienza, tutto sommato, lo cambierà. Chissà se sarà sempre lo stesso Jack di sempre il prossimo anno a scuola: arrogante, presuntuoso, menefreghista. Ora, che sarà costretto a stare con Selena, mi chiedo se chiuderà per sempre a chiave la parte di Jack che ho conosciuto durante questo periodo: sensibile, quasi... dolce.

«Come fai a essere sicuro che sia tu il padre?» dico tutt'un tratto.

«Di che diavolo stai parlando?» ribatte lui. «Pensi davvero che sarebbe capace di mentirmi su una cosa di questa importanza?»

«Magari gli date una diversa importanza. Non mi stupirei se mentisse.»

Okay, questa è pesante. Però conosco Selena, so quello di cui è capace.

«Non essere così superficiale.»

«Come scusa? Stai dando a me della superficiale quando tu non ti sei nemmeno premurato di usare un contraccettivo con la tua ragazza?»

«Falso.»

«Falso cosa?»

«Ho sempre usato il preservativo.»

«E allora com'è possibile?» chiedo, sempre più confusa.

«Potrebbe rompersi. Potrebbe essere stato bucato, senza che io me ne fossi accorto. Anche se sono sicuro di aver controllato tutte le volte. Sono molto responsabile, quando si tratta di queste cose.»

Arrossisco. Parlare di questi argomenti con Jack seriamente mi imbarazza. Fino a poco tempo fa non avrei mai parlato di niente con lui, e ora mi ritrovo a parlare di sesso, bambini e contraccettivi.

«Penso seriamente che tu debba parlare con lei. Andare in fondo a tutta questa storia.» dico, seria come non mai.

 

 

La sera stessa, al telefono con Laura, passiamo in analisi tutte le possibili opzioni che leverebbero Jack da un così grosso impiccio, o che comunque lo dimostrerebbero innocente.

«Secondo me non è lui, il padre. Mi hai detto che è sempre stato attento, no? Allora sicuramente quella stronza gli sta facendo il lavaggio del cervello.»

«Spero.»

 

 

Un bip mi sveglia nella notte.

Controllo l'orologio sullo schermo del mio cellulare: le 3.05.

Apro i messaggi, chiedendomi chi possa essere così tardi.

Jenny, sei sveglia?” il messaggio è da parte di Jack.

Ora lo sono, si può sapere che ti passa per il cervello a quest'ora?

Scusa, questo è l'unico momento in cui Selena non controlla i miei messaggi.

Penso a quanto difficile possa essere, ora, per Jack. Tutto quanto. Vorrei poterlo aiutare, vorrei poter trovare una soluzione, ma di soluzioni non ce ne sono.

L'unica cosa è accettare le proprie responsabilità, e provare ad essere un bravo padre. Lo so, che lui lo sarà. Prima di conoscerlo, prima di questa vacanza, quando tutto era normale, quando non mi rivolgeva la parola, se non per deridermi, non avrei mai pensato una cosa simile di lui. Ora però, malgrado tutto, sono affezionata. Sento di volergli bene, in qualche modo. Quando l'ho visto debole e indifeso, qualche giorno fa, sdraiato per terra nel suo salotto, con le mani sul viso, trattenendo i singhiozzi. Qualcosa è cambiato in me. Qualcosa è cambiato in quella che prima era l'idea che avevo di lui.

Dicono che quando un ragazzo piange, nasconda un anima sensibile. Non è debolezza. Lui si è sfogato davanti a me, sapeva che io non lo avrei mai giudicato. Sapeva che lo avrei ascoltato, e che non me ne sarei andata.

“Ti va di incontrarmi alle 10?”

“Che mi dici di Selena?” Vedo la nuvoletta con i puntini, segno che sta digitando una risposta, che ricevo quasi istantanea: “Sarà via.”

“Ne sei sicuro?”

“Sì. Ti aspetto.”

“Ci sarò.”

Appoggio il mio cellulare sul comodino, e punto la sveglia alle 9 in punto.

Dopo poco mi addormento.


 

Ciao ragazzi! Ringrazio hi_guys per la sua recensione dello scorso capitolo! Spero che anche a chi non si è fatto sentire sia piaciuto, nel frattempo eccoci con un nuovo capitolo. 
Un bacio
Pim

 


 

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Capitolo 11
*** Drama ***


11. Drama




La mattina dopo, mentre mi piastro i capelli, sto riflettendo su quello che Jack possa avere da dirmi.

Sono troppo impaziente, così chiamo un taxi e mi presento a casa sua con mezz'ora di anticipo. Non prendo neanche in considerazione l'idea che possa non essere a casa o che, situazione ancora più pericolosa, Selena possa essere ancora lì, così busso decisa alla porta. Nessuna risposta.

Dopo qualche secondo riprovo, ma l'enorme villa sembra desolata e spenta.

Il quartiere è piuttosto silenzioso, a rompere il silenzio sono gli uccellini che cinguettano, sugli alberi del vicinato, e un gatto che miagola e scappa via non appena mi vede.

Mi guardo intorno, non vedo Jack da nessuna parte. Non può essere lontano, dato che abbiamo appuntamento alle dieci e mancano circa... 35 minuti.

Ok, forse sono un pochino tanto in anticipo, ma non importa, posso aspettare.

Dopo un po' penso a quando quei due uomini sono venuti a cercarlo, con la sua macchina, per chiedere i soldi. Lui non aveva risposto alla porta, perchè era addormentato. Il suo sonno è piuttosto pesante.

Decido provare ad aprire la porta, se è aperta, è probabile che sia a casa, addormentato.

Come previsto la porta si apre, rivelando la bella cucina arredata a puntino. Mi guardo intorno, una pila di piatti sporchi è ammassata nel lavandino. Posso realizzare la presenza di Selena in quella casa anche solamente guardandomi intorno, il disordine regna sovrano, un paio di boccette di profumo giacciono di fianco al televisore. Una bottiglia di Coca-cola zero vuota è posata sulla mensola. Un profumo femminile aleggia nell'aria, ma non uno di quelli piacevoli, delicati. Un profumo forte, intenso e volgare. Un profumo di Selena, adatto a lei.

Passo al soggiorno, che è ridotto più o meno come la cucina. Il divano è perfetto e non ha lenzuola, il che significa che sia Selena, che Jack, dormono nel suo letto. Mi si stringe lo stomaco. Se Jack non è sul divano, e non è in cucina, allora sarà sicuramente in camera sua. Comincio ad avviarmi per le scale, ma poi mi domando se Selena possa essere lì con lui, e un ondata di panico mi prende. Sarebbe sbagliatissimo se mi sorprendesse qui. Potrebbe far su una di quelle sue storie, insomma andrei decisamente nei casini. Volendo riuscirebbe perfino a farmi mandare a casa, in qualche suo modo losco. Ma non posso tornare indietro ormai, guardo l'orologio attaccato alla parete, dietro di me, che segna le 9 e 40. Mi costringo a salire le scale, molto silenziosamente, attenta a non farle scricchiolare. Passo la porta del bagno, che è aperta, e mi dirigo verso quella della camera da letto di Jack. E' chiusa, e quando appoggio l'orecchio non riesco a percepire alcun rumore.

Sto ferma per qualche secondo, poi mi abbasso e guardo attraverso la serratura. Vedo il letto, disfatto. Le coperte ammassate in un punto. I vestiti di Selena, appesi nel armadio aperto, in ordine. Sono tantissimi, come se stesse pianificando di stare qua per tutta l'estate. Ma di lei, o del suo ragazzo, o ex ragazzo, o qualunque cosa lui sia per lei, non c'è nemmeno l'ombra.

Apro la porta, e mi appoggio sul letto, in attesa di qualcosa, pensando a cosa fare.

Tutt'un tratto spalanco gli occhi. Sento dei passi provenire dalla cucina, e non sono passi da uomo. Sono passi di qualcuno che indossa tacchi, possibilmente a spillo. Un attacco di panico mi assale, mi guardo intorno, veloce, non so cosa fare. I passi si fanno sempre più vicini, mi gira la testa a pensare alle conseguenze di quello che sta per succedere.

Corro verso l'armadio, spalanco anche l'altra anta, e mi ci ficco dentro, stringendomi il più non posso attaccata alla parete in fondo. Sono in un punto di completa oscurità, quindi anche se lascio l'altra anta aperta come l'ho trovato, nessuno sarebbe in grado di vedermi, da nessuna angolazione.

Rimango in attesa, cercando di respirare il più silenziosamente possibile, e di stringermi di più.

I passi sono ormai alla porta, sento una voce. E' la voce di Selena. Sta parlando al telefono, perchè nessuno le risponde a voce alta.

«Sì, la situazione è tutta sotto controllo. Non ti preoccupare.»

Entra in camera, si sdraia sul letto e mette il vivavoce al telefono. Questo mi permette di capire meglio quello che succede.

Una voce profonda, da uomo grande, circa venti, o ventun'anni, sta parlando dall'altra parte: «Come ha reagito quando gliel'hai detto?»

Selena ride, «Oh, avresti dovuto vedere la sua faccia, poverino, è sbiancata. Era seriamente bianco come un cencio.» mi sorprendo dal fatto che, nel vocabolario nella testa vuota di quella ragazza, ci sia la parola “cencio”. Non mi stupirei se non la conoscesse. D'improvviso, però, una cosa attira la mia attenzione.

Selena sta parlando di fatti privati, successi tra lei e Jack, e della sua situazione, con un altro uomo. Questo, Jack, vorrà sicuramente sentirlo.

Prendo il cellulare dalla mia tasca, silenziosamente, mi assicuro che sia abbastanza lontana da non vedere la piccola luce che si accende, e subito mi assicuro che la suoneria sia spenta e che l'illuminazione sia al minimo. Perfetto. Poi accendo il registratore.

 

 

 

Selena ha appena lasciato la stanza, o meglio, la casa.

Ho aspettato qualche secondo, prima di lasciarmi andare. Mi sono assicurata di sentire i passi allontanarsi, e la porta chiudersi. Ho sentito anche il rumore di una macchina partire, e quando non ho sentito più nulla, neanche un rumore, ho avuto il coraggio di aprire l'anta e sgattaiolare fuori dall'armadio.

L'adrenalina mi scorre ancora nelle vene per quello che ho fatto, non solo l'ho scampata liscia con Selena, l'ho appena incastrata.

Sono felice, sono veramente felice. Più che felice, sono sollevata. Non vedo l'ora di parlare con Jack. Voglio togliergli quell'espressione vuota, disperata dal viso. Voglio farlo sorridere, voglio che i suoi occhi brillino ancora, voglio vedergli quella nota sarcastica nello sguardo, quella scintilla, quella punta di orgoglio, ironia, con cui sono abituata ad associare Jack. Voglio vederlo vivere ancora, non sopravvivere, come sono sicura abbia fatto in questi ultimi giorni, dalla famosa notizia che gli ha sconvolto l'esistenza. Voglio essere io, a farlo. Voglio essere la responsabile, voglio che per una volta sia felice grazie a me.

Voglio dimostrargli di valere qualcosa.

 

Sono ancora sdraiata sul suo letto, quando dei passi, sta volta pesanti e sregolati, raggiungono la camera. So chi è, riconosco quel passo. Non ho neanche bisogno di guardare.

«Sei in ritardo.»

«Oh, merda!» la sua espressione poco fine mi fa ridacchiare. Mi alzo a sedere sul letto, i miei capelli sono ora impregnati del suo profumo. E' un odore delicato, piacevole.

«Sono le dieci e un quarto» gli rivolgo un sorriso raggiante.

Lui mi guarda, confuso.

Io mi alzo e comincio a spiegare, «la porta era aperta» dico, giustificando l'intrusione.

«Sì, ma spiegami che ci fai in camera mia! Perfino sul mio letto.»

Gli rivolgo un sorriso smagliante, poi butto lì: «Credimi, tu in realtà sei felice che io sia qui».

«Woah, okay. Ora mi stai spaventando. Che diavolo ti prende?»

Mi alzo, gli porgo il cellulare, e schiaccio Play.

La voce di Selena interrompe il silenzio.

Durante quei 13 minuti e 46 secondi di conversazione registrata, osservo attentamente il viso e le espressioni di Jack, dal confuso, allo stupito al riconoscere la voce di Selena, al concentrato, allo sconvolto; Infine lo vedo, quel luccichio nei suoi occhi. Finalmente è ritornata, quella scintilla di speranza, quel sorriso debole che gli vedo spuntare quando la registrazione sta per concludersi. Lo guardo estasiata. Mi è mancato vederlo. E' davvero bellissimo, in questo momento.

«Quella bastarda. Mi ha fatto credere di essere il padre!» ora sembra furioso, ma so che dentro, in realtà, è sollevato.

Io, calma, lo lascio sfogare.

«Tu non hai idea di quello che mi ha fatto passare. I miei ultimi giorni sono stati da incubo. Stavo impazzendo. Continuavo a chiedermi dove avessi sbagliato» comincia a camminare su e giù per la stanza, guardando per terra, alzando la voce.«Non ci posso credere. Sono...»

«Sollevato?» dico io, con un sorriso.

«Sì... sollevato. Leggero» mi guarda, un sorriso e una luce negli occhi che penso di non avergli mai letto nello sguardo. «E arrabbiato, incazzato nero!» Poi sembra d'un tratto ricordarsi di un particolare, e sul suo sguardo si forma una smorfia pensosa. «Ma tu quando diavolo hai registrato quella conversazione?» mi guarda, in attesa di risposte.

E io comincio a raccontargli tutto dal principio, da quando, questa mattina, non riuscivo a dormire, perchè stavo pensando a lui, e alle conseguenze delle “sue” azioni.

«Hai qualche idea di chi possa essere quel ragazzo?» gli chiedo alla fine.

«No, e nemmeno mi interessa saperlo. E' finita. Ho chiuso con tutto. Con lei e tutte le sue stronzate. Sono libero. Libero e felice.»

«Sono felice per te, e spero che non ritornerai a comportarti come un idiota alla ricerca della... hai capito.»

«Della?» mi incita, provocatorio.

Lo ignoro e gli faccio un pizzicotto.

 

Mi guarda con il suo solito sorriso furbo. Non riesco a fare a meno di fissarlo, i suoi capelli castani, il suo volto da finto perbenista. C'è qualcosa in lui che certe volte mi attrae così tanto che semplicemente rimango impnotizzata.

Si schiarisce la voce, «Ehm, senti...» si guarda intorno un po' spaesato, si gratta la testa, azione che ormai ho imparato a conoscere, è in evidente stato di imbarazzo, «...vorresti venire a prendere una cosa con me in spiaggia più tardi?»

«Una cosa? Che cosa?» lo guardo curiosa.

«Qualcosa.» Risponde lui, un po' impaziente.

«A cosa ti stai riferendo?» gli domando, anche se un'idea me la sto già facendo.

«Insomma vieni a prendere qualcosa da bere con me o no?» evita il mio sguardo, osserva un punto lontano alle mie spalle.

E' dolcissimo quando è imbarazzato.

Non avrei mai e poi immaginato di associare la parole “dolcissimo” a Jack. Mi fa quasi impressione pensarci.

Poco tempo fa eravamo come cane e gatto, ora un mare di esperienze ci hanno unito. Sembra quasi surreale, il tempo è come volato via e tra poco sarà già ora di tornare a casa.

Lo guardo e sorrido,«mi piacerebbe bere qualcosa con te, Jack.»

 

~

Dove sei?”

Tiro un sospiro, come avrei mai potuto pensare che mi stesse seriamente invitando ad uscire con lui? Quanto sono stata stupida?

Sarà il sesto messaggio che gli invio, sembra come sparito nel nulla.

Mi alzo dal tavolino e mi dirigo, arrabbiata e delusa, verso la strada.

Ho voglia di tornare in hotel, sono stata già abbastanza umiliata.

La verità è che le persone come lui non possono cambiare, se sei stronzo di natura, stronzo rimani. E io che pensavo che lo avessi aiutato a scoprire una parte migliore di sé, quante boiate.

Mi rode troppo il fatto che sia capace di manipolarmi in una maniera pazzesca, che riesca a controllare il mio umore, cambiare le mie decisioni, abbassare o alzare la mia autostima a suo piacimento; la mia vita, ultimamente, è dipesa troppo da lui.

E' il momento di staccare la spina.

Io e lui apparteniamo a mondi completamente diversi, non c'è possibilità di dialogo e nemmeno di amicizia, o qualsiasi altra cosa. Non che intendessi altro.

Controllo il cellulare non appena sento una vibrazione appena accennata nella mia tasca dei Jeans. Sono ormai in camera d'hotel ed è passata un ora da quando io e Jack dovevamo incontrarci sulla spiaggia. Tiro fuori il telefono con una punta d'ansia. Rimango completamente delusa quando noto con dispetto che sullo schermo appare il nome di Sam. Ancora non mi sono ricordata di eliminare il contatto, anche se ora che ci penso così conosco il numero e posso sempre ignorare ogni sua chiamata.

Non mi ritieni degno nemmeno di scusarmi? Ti sto offrendo la possibiltà di confronto, non è quella che hai sempre voluto? Smettila di comportarti come una persona egoista, vieni al bar della spiaggia per piacere.”

Cosa? Io, egoista?

Ora sono doppiamente infuriata. Sia per Jack che per Sam. Mi infilo velocemente la chiave della stanza e il cellulare in tasca ed esco.

Dieci minuti dopo sono in spiaggia, alla ricerca di Sam. Sta volta è la volta buona che lo uccido.

Mi guardo intorno, la prima persona che vedo è Selena. Che diavolo stia facendo ancora qui non lo so.

Quando Sam mi vede si alza, sorpreso, e viene verso di me.

Lo guardo in viso, ancora non riesco a credere di essere quasi stata con uno così. Voglio dire, cos'ha di speciale? Gli occhi azzurri? A me è sempre piaciuto un sacco il verde. Gli occhi di Jack sono verdi ora che ci penso.

Dev'essere proprio una coincidenza stana, vero Jennifer?

Da quand'è che la mia coscienza ha una voce? Zitta tu.

 

«Sei venuta.» mi guarda, un sorriso ammaliante. Peccato che con me non funzioni. Quantà falsità.

Tossicchio. Ho solo voglia di prenderlo a pugni ma mi sto trattenendo.

«Jennifer...» mi prende la mano. Ma che diavolo?! Faccio per scansarmi e arrestargli un pugno nelle costole ma poi mi accorgo di un piccolo particolare;

Al bar, cinque metri più in là, un ragazzo alto che altri non è che Jack ci sta fissando. Faccio finta di non averlo visto e mi concentro su Sam. Dio solo sa quanto mi faccia schifo, ma ancora una volta il mio puro orgoglio ha la meglio su di me. Mi lascio prendere la mano.

Con la punta dell'occhio continuo a tenere d'occhio Jack che non smette un attimo di fissarci.

«...vieni a bere qualcosa con me» sento che sta dicendo Sam, per la verità non lo sto nemmeno ascoltando. Lo seguo senza proferire parola e passiamo di fianco ad un Jack stupito ed ammutolito.

Ci sediamo ad un tavolino, Sam si mette alle sue spalle, che è comunque troppo lontano per riuscire a sentirci.

So che sta ancora parlando, ma io non ascolto nulla di quello che dice. Mi limito ad annuire tutto il tempo. Il mio sguardo è lontano. Sono delusa e amareggiata dal comportamento di Jack. Non appena il barista si è avvicinato, lui si è allontanato, svanito nel nulla. Lo vorrei ammazzare. Forse per il fatto che non sia geloso nemmeno un po'.

Anche se, in realtà, non avrebbe nessun motivo per esserlo. Essere gelosi di una persona che non è importante?

Sam sta dicendo qualcosa a proposito di... spade? Crocifissi? Alzabandiera? Mi scappa una smorfia, simile ad una risatina. Non ho la minima idea di quello che abbia appena detto e lui mi sta fissando come in attesa di una risposta.

«Ehm... sì?» dico speranzosa.

«Sì?» dice lui, gli occhi gli si illuminano di gioia e si alza.

O diavolo. Che cosa ho detto? Che cosa mi ha chiesto?

«Lo sapevo...» continua lui. Mi prende per le braccia e mi tira su, le sue labbra si avvicinano alle mie, mi prende in contropiede.

Mi aspetto che le sue labbra tocchino le mie in pochi millesimi di secondo ma... nulla.

Adesso c'è Jack davanti a me, vedo che lo prende per un braccio e lo tira indietro, facendolo cadere.

«Ma che diavolo fai, coglione?!» gli grida, spingendolo sulla sabbia.

Ma come ha fatto a materializzarsi qui? Alla faccia della velocità! A meno che non sia sempre stato qui nei paraggi.

Lui lo guarda, prima confuso, poi arrabbiato.

Si rialza in piedi: «Che diavolo vuoi tu Jack. Ora la stai allontanando da me?! Quando finalmente ha trovato qualcuno che la può rendere felice?» lui lo guarda senza dire una parola. Lo fissa con tale odio.

Io guardo la scena, immutolita e arrabbiata, al limite dei nervi. «Tu? Rendermi felice?» gli rido praticamente in faccia. «Tu non sei nessuno per me.»

Poi mi giro, verso l'altro, che, nel frattempo, alza un sopracciglio nella sua direzione, come a sottointendere: visto?

Lo guardo con sdegno, «E tu. Per favore. Non ti credere migliore. Tu mi fai schifo anche di più.» La cattiveria, la brutalità con cui sputo fuori quelle parole velenose, come un serpente aggressivo fissa la sua preda e poi l'attacca. Il mio sguardo è nero. Sono arrabbiata, stanca di essere presa in giro. I ruoli sono cambiati, come prima ero quella indifesa, sempre pronta ad essere ferita, ora sono io il felino e lui la preda. E' una vittima. Mi guarda, un lampo negli occhi.

Non riesco a leggere nessuna emozione nel suo sguardo. E' la prima volta che lo lascio senza parole in questo modo. Spero di averlo ferito.

 

Volto le spalle a tutti.

Ho chiuso;

Con tutto questo drama da teatro. 


Ciao ragazzi! Scusate il ritardo, sono veramente veramente veramente dispiaciuta. L'inzio della scuola mi ha portato via tempo e voglia, sono andata un po' in crisi.
Spero che questo nuovo capitolo vi piacerà, come sempre, e spero che non abbiate smesso di seguirmi.
Se vi interessano le storie di fantasia/amore vi consiglio di andare a dare un'occhiata all'altra mia nuova storia. Ringrazio tutti i nuovi lettori in particolare coloro che hanno speso qualche minuto in una piccola recensione;
Un bacione grande grande e alla prossima,
Pim

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Capitolo 12
*** The party - part 1 ***


12. The party - part 1




Cammino su e giù per la mia stanza d'albergo. Ho già mandato via la cameriera due volte.

Respiro profondo.

Sono contenta di aver finalmente fatto capire definitivamente a Sam che di lui non mi importa più nulla, mi dispiace solo averlo usato per qualche giochetto losco contro Jack. Mi sembra di essermi posta al suo stesso livello, accidenti.

Jack.

Perché sono così presa da lui ultimamente? Perché non riesco a farmi gli affaracci miei e a non essere coinvolta nella sua vita? O a non coinvolgere lui nella mia?

Il fatto che mi abbia presa in giro brucia ancora, non riesco proprio a capacitarmi del fatto che abbia deciso di essere così stronzo con me, dopo tutto quello che ho fatto per lui. Non ho bisogno di essere invitata a uscire da qualcuno per pena.

Perchè è sicuramente quello che lui prova per me, pura e semplice pena per una verginella sfigata.

Sono arrabbiata, ferita e frustrata. Per esserci cascata, un'altra volta.

Un bussare alla porta frenetico mi ferma improvvisamente, smetto di camminare su e giù per la stanza. «Chi è?»

«Apri questa cazzo di porta.»

Jack. Che diavolo ci fa qui adesso. Non può semplicemente sparire dalla mia vita per sempre?

Non è questo il motivo per cui sono venuta qui, tenermene alla larga? E perchè sono sempre dentro fino al collo in tutto quello che fa?

«No.» dico secca. Sta volta non avrà quello che vuole.

«Jennifer, non farmelo ripetere un'altra volta. Apri questa dannata porta o la sfondo.»

«La ripaghi tu dopo?» sorrido, so che non mi può vedere, ma da quando ho cominciato a tenergli testa è quasi divertente rispondergli per farlo arrabbiare ancora di più.

Ormai l'ha perso il potere di farmi sentire inferiore a lui.

Sento un lamento roco. Mi scappa un risolino e una scarica di adrenalina mi attraversa.

«Cosa si prova a non poter fare nulla, Jack?» gli dico, eccitata dalla situazione.

«Me ne vado.» dice.

Cosa? Ma come, è già finito?

E io che pensavo si sarebbe infuriato un po' di più.

Mi siedo sul letto e rimango in ascolto, in attesa di qualche rumore.

 

«Pensavi di essere più furba di me?»

Ma che diavolo?!

Caccio un urlo. Jack è dietro di me, nella mia stanza.

Mi mette una mano sulla bocca. «Vuoi calmarti, dannazione?»

«E tu la pianti di imprecare? Come cavolo sei entrato?!» cerco di ricompormi.

«Dal balcone, stupida. Hai lasciato la porta finestra aperta.» alza le sopracciglia, in segno di vittoria.

«Sta di fatto che non hai il permesso di stare qua, vattene subito prima che chiami la sicurezza.» faccio per avvicinarmi al telefono, ma lui mi tira per un braccio contro di lui. Inciampo e gli finisco addosso.

«Tu non farai proprio nulla. E ora rispondi alla mia domanda. Che ci facevi là con quello?» pronuncia l'ultima parola quasi gli facesse schifo.

«Non mi sembra di doverti alcuna spiegazione dato ch-»

«Invece me la devi. Ti ho invitato io a prendere qualcosa al bar, e poi ti trovo con Sam?» mi guarda negli occhi intensamente, mi toglie le parole dalla testa, non so più cosa dire. Sono troppo ipnotizzata dal verde dei suoi occhi. La nostra vicinanza mi fa arrossire.

«N-Non c'eri. Ti ho aspettato per più di mezz'ora.» lo guardo, vorrei sembrare dura e menefreghista, come fa lui alcune volte, ma credo che il fatto che sia ferita traspaia sul mio viso.

Mi fissa, «in ogni caso, che ci facevi con Sam? E' questo il tuo modo di vendicarti?» mi sputa.

Il suo tono secco mi ferisce. Perchè non capisce che mi sta facendo del male? Che mi ha sempre fatto del male? Perché è così sadico?

«Continuava a scrivermi, sono tornata alla spiaggia per dirgli che doveva starmi lontana, smettere di scrivermi.»

«E come pensavi di fare, sentiamo? Prendendo un drink con lui e facendoti tenere la mano pensavi di ribadirgli il concetto? Mi fai ridere.» mi guarda come se facessi schifo.

Ma che problemi ha?

Cosa cambia a lui, se ho preso o non ho preso un drink con Sam. Se gli tenevo o non gli tenevo la mano.

Che gli importa?

Prendo le mie distanze.

Adesso gli faccio vedere che non sono così scema. Che non mi faccio mettere i piedi in testa da lui. Che non temo più i giudizi delle persone tali e quali a lui.

«Mi vuoi dire cosa te ne importa?» gli urlo, al limite della pazienza.

«Mi importa perché se dopo quello ti fa qualcosa sono io a doverti venire a salvare il culo, sono io a dover andare a spaccare le palle a quel porco e fargli capire una buona volta come stanno le cose. Tu non ne sei capace, cazzo!»

«Pensi che io non sia capace di difendermi da sola?!»

I toni si sono alzati tremendamente e io sto tremando. Sono all'orlo delle lacrime.

«Sei perfettamente capace di difendere il tuo orgoglio, quello di cui non sei capace è difendere i tuoi sentimenti! Pensi che non lo sappia? Pensi che non ti abbia vista quella sera a Disneyland?! Se solo ci ripenso vorrei... vorrei cavargli gli occhi e strappargli ogni singolo capello!»

Rimango spiazzata.

Completamente.

Ha appena detto che...

Caverebbe gli occhi a Sam, per me.

Gli strapperebbe ogni singolo capello? Per me...

 

Perchè?

 

«Jack, calmati ora.»

Il suo viso è rosso e la mascella è contratta.

«Posso sapere perchè?» gli chiedo subito dopo.

«Perchè cosa?» il suo tono si è abbassato, cerca di ridarsi una compostezza e ritegno, benché sia ancora totalmente incazzato.

«Perché faresti questo per me?» i nostri occhi si incrociano nuovamente. Non capisco più nulla. Mi sembra di essere finita in un universo parallelo.

«Perché tu per me ci sei.» mi guarda, ora fermo, più addolcito. «Sempre.»

Le sue mani sono sulle mie spalle, non so nemmeno come ci siano arrivate fin lì. Il suo sguardo è serio, sincero.

Un guizzo.

Rimaniamo nella stessa posizione, tocca a me rispondere. So che sta aspettando una reazione, una risposta. I suoi occhi mi scrutano dentro. Non riesco a distogliere lo sguardo.

Ogni mio centrimetro di corpo è immobile, mi sento esposta, in balia delle mie emozioni. Mi sento una sua preda, sento di non potermi muovere, sento che mi ha presa, mi sta rendendo prigioniera.

Quegli occhi...

Decido di smorzare la tensione in modo stupido perché so che Jack è in imbarazzo.

E quando Jack è in imbarazzo è capace di tirar fuori di tutto pur di mascherarlo, e rimangiarsi ogni minima cosa. Ormai lo conosco.

«S-stai dicendo che mi vuoi bene?» lo guardo con una faccia angelica, pronta ad aprire le orecchie ad una sua risposta. L'ha capito che sono ironica, l'ha capito che voglio sentirmi dire ciò che lui non ha intenzione di dirmi.

«Sei una furbetta.» mi sussurra. Ci sorridiamo. Poi mi stringe a sè.

 

3,2,1. Bip.

Ritorno in me stessa, apro lo sportello del microonde che emana un odorino delizioso di pop-corn croccanti.

Jack è seduto, o meglio, sdraiato sul mio letto intento a cambiare canale della televisione per trovare qualcosa di interessante.

«Ma perché questo maledetto telecomando non funziona?»

Gli lancio un occhiata e sorrido raggiante, «magari sei tu che non lo sai far funzionare?»

«Oh, vieni qui Miss saputella. Vediamo cosa riesci a fare tu.»

Tiro fuori i pop corn, la bacinella scotta e mi brucio un dito.

Perché sono sempre così distratta in sua presenza?

Salgo sul letto e mi accomodo dalla mia parte, la bacinella in mezzo a noi.

Prendo il telecomando e cambio canale.

«Lo stavi tenendo al contrario, idiota.»

«Al contrario? Ma che stai dicendo. Idiota a me, poi?» inarca le sopracciglia, io lo ignoro osservandolo di soppiatto. Gli tiro una gomitata in un fianco.

Optiamo per una commediola per ragazzi, che io non seguo poi tanto.

Sono ancora troppo presa dall'assurdo di questa prima volta. Una prima volta insieme che non sia in mezzo ai litigi, nè per costrizione, nè per coincidenze strane della vita, nè per nessuno strambo incidente. Siamo qui, in questa camera, come due persone che vogliono passare del tempo assieme, come due amici che decidono di passare un pomeriggio in compagnia. Io e Jack, amici. E' troppo strano, è quasi... sbagliato? Forse perché siamo stati abituati ad essere nemici per tutto questo tempo. E' quasi incredibile come in poche settimane possano cambiare le cose così in fretta.

Un cellulare sul comodino suona, non fa neanche in tempo ad girare la testa che io l'ho già afferrato.

«Hey, dà qua.» mi dice lui.

Ho notato che il messaggio è di Selena. Sullo schermo vi è l'anteprima: "Allora sta sera ci sarai non è così? Ti..."

Poi si interrompe.

A cosa si riferisce?

Jack nota che ho letto il messaggio, si sporge verso di me e me lo ruba dalle mani, stizzito.

«Non ti hanno mai insegnato a rispettare la privacy degli altri?» chiede, secco.

«A cosa si riferisce Selena in quel messaggio?» gli chiedo.

«Che ti importa?» mi guarda lui.

«Niente, pensavo solo che dopo la ramanzina che mi hai fatto su Sam saresti stato coerente. A quanto pare mi sbagliavo. Continua a farti influenzare da persone come lei.»

«Di che diavolo stai parlando adesso?» si volge interamente nella mia direzione. Non ho voglia di dargli una spiegazione, men che meno di cominciare a litigare.

«Cavolo Jenny! Lo so che hai letto, ti da fastidio che una stupida bugiarda come lei mi abbia mandato un messaggio?»

«Ovvio che no, tranquillo, sapevo già che tu miri solo a quello. E' la tua unica ambizione, il sesso. Vai a scopartela, stasera. Divertiti. Non venire a cercare me se dopo la metti incinta.» sono calma e secca. Spengo la televisione. Di colpo questo pomeriggio non è più così perfetto come credevo che fosse.

«Non ci posso credere. Dopo quello che ti ho detto un ora fa hai ancora il coraggio di venire a rinfacciarmi queste cose? Dopo che ti ho rivelato che ci tengo a te, pensi ancora che tutto quello di cui mi importa sia il sesso?»

«Scusa se sono sempre stata abituata ad essere presa in giro da te e da persone come te. Scusa se adesso ho imparato a non fidarmi!» mi esce troppo in fretta.

«Stai dicendo sul serio?» mi guarda. E' arrabbiato.

«Ad ogni modo, perché con Selena?» focalizzo l'argomento su un altro punto.

Segue un silenzio imbarazzante.

«Non dirmi che sei gelosa...» mi guarda, improvvisamente realizzando, una luce diversa negli occhi.

Lo guardo, mi sale un groppo alla gola.

«Ma che diavolo vai blaterando, Jack?»

Il cuore mi batte forte nel petto.

Perchè, Jenny, hai paura di essere scoperta? Hai paura che Jack scopra la verità, non è così?

Quale verità?

La conosci la verità. Ormai non puoi più nasconderti.

Mi libero delle voci nel mio cervello.

«Non potrei mai essere gelosa di una persona così stronza, manipolatrice, bugiarda e ipocrita come te.» gliela butto fuori come niente.

Non so, sinceramente, perché l'ho fatto. Infatti me ne pento all'istante.

Sono cose che non penso di lui, o almeno, non più.

La paura di essere scoperta, guarda cosa ti porta a fare...

Zitta.

Le reazioni sul viso di Jack cambiano, prima la sorpresa, poi l'incredulità.

Si alza velocemente dal letto. «Wow.» dice soltanto.

«L'unica cosa che mi chiedo, a questo punto, è il perché tu stia passando una giornata con una persona così disgustosa come hai descritto.» Si volta, mi da le spalle. Si sta mettendo le scarpe.

Non posso lasciarlo andare via così.

Sei un'idiota. Una completa, inutile, totale idiota.

Lo so.

«Jack, lo sai che non intendevo dire questo...»

«Invece era esattamente quello che volevi dire.»

«Jack, ti prego... Guardami...»

Continua a darmi le spalle, ad ignorarmi.

«Jack ti prego parlami!» butto fuori.

Sono disperata, non so più cosa fare.

Jack esce dalla porta della mia stanza, senza degnarmi di uno sguardo.

 

**

 

«Lo so, ho combinato un casino.» abbasso la testa. Kandy mi scruta, imperturbabile.

«Perché gli hai detto quelle cose, Jenny?»

«I-io... non lo so. Non sapevo ancora del ballo, pensavo che volesse intrattenersi con Selena. Pensavo che non fosse cambiato per nulla.» cerco di trovare scuse, una scusa plausibile che non mi faccia sembrare una pazza psicopatica agli occhi di Kandy e una stupida idiota ai miei.

«E perciò lo hai ferito così?» Kandy mi guarda con aria esterrefatta.

«Lo so che ho sbagliato. Ne sono perfettamente consapevole. Non so che diavolo fare ora, però.» La guardo con una faccia da cucciolo bastonato.

Lei mi abbraccia.

So che sta solo cercando di farmi sentire meglio. In realtà mi sento proprio una pezza per lucidare le scarpe in questo momento, e me lo merito.

Mi sta facendo i capelli con il ferro. Quando Jack se n'è andato, sono andata a bussare alla camera di Kandy che mi ha subito avvisata che stasera saremmo andate a una festa a bordo piscina, nel nostro hotel. Allora ho collegato tutto, dal momento che Selena, da quando è stata cacciata da casa di Jack, soggiorna al nostro stesso hotel, deve aver saputo della festa. Era questo ciò a cui alludeva.

Jack non me l'ha detto. Ha preferito che credessi a quella menzogna, a quella stupida ipotesi.

Stupido orgoglioso.

«Stasera sarai bellissima, vedrai, e andrai a chiedergli scusa. Vedrai che rimarrà senza fiato.»

«Kandy, non so se non l'hai capito, ma tra me e Jack non c'è nulla in quel senso.» le ripeto io, un'altra volta, come per ripeterlo a me stessa.

 

«...Comunque, non può trovarti bella? Non ti devi fare bella per forza per lui, voglio che stasera ti trovi un bel cavaliere per il lento di mezzanotte.» esclama entusiasta lei.

«E'?» esclamo sbigottita.

«Non ti preoccupare, non sarà nulla di che! Vedrai!»

«Non so ballar-»

«Ahs. Non si discute.»

Sospiro, combattuta.

 

**

 

Due ore e mezza dopo sono tutta agghindata. A mio parere, sono troppo truccata, troppo acconciata, troppo sbrilluccicata, troppo... troppo.

Ma per Kandy sono perfetta, perciò ho deciso di non oppormi.

Indosso un vestito da cerimonia lungo — Kandy mi ha praticamente imposto di indossarlo, “dato che sul volantino dice esplicitamente di vestirsi eleganti!” Parole sue — di un color verde turchese piuttosto forte e scuro. Secondo lei, si combina perfettamente con il colore dei miei occhi. E' un suo vecchio vestito dell'Homecoming di qualche anno precedente.

Indosso orecchini abbastanza pesanti, argentati e pendenti, e un fermacapelli altrettanto argentato con qualche brillantino che spunta. Sono truccata leggera, a dispiacere di Kandy, che sa quanto io odi il make-up. Eppure, per questa volta ho fatto un eccezione e mi sono fatta incipriare il naso e gli zigomi; gli occhi sono colorati con un leggero ombretto del colore del vestito e, accidenti a me, mi sono lasciata mettere persino matita e mascara. E' un record.

Mi guardo allo specchio.

Wow. Sono senza parole. «Non sapevo fossi in grado di trasformare i brutti anatroccoli in piccole principesse.» sorrido raggiante. Sembro davvero una principessa.

«La bellezza è la tua, Miss Jenny. Guardati, sei un raggio di sole.»

Davvero, non è un'esagerazione, stasera sono carina. E' la prima volta che descrivo il mio aspetto in maniera positiva. E' davvero un miracolo.

 

Stiamo aspettando gli altri, sono agitata. So che ci sarà Jack, so che dovrò affrontarlo.

Non so cosa potrò dirgli per farmi perdonare, non so se lui avrà intenzione di parlare di nuovo con me oppure mi pianterà in asso.

Alle otto in punto scendiamo al ristorante. E' un salone veramente grande ed elegante, ma stasera è veramente un'altra cosa. E' completamente addobbato ed elegantissimo, i lampadari decorati e un atmosfera fantastica. Non ricordo di essere mai stata a mangiare in un posto simile.

Ci facciamo strada tra i tavoli fino a quando la voce del cameriere sovrasta il rumore dei biccheri e delle posate, e ci indirizza a un tavolo verso la fine della sala, uno dei migliori a mio parere, con vista sulla spiaggia illuminata. E' semplicemente meraviglioso.

Dopo poco tempo che passo a sfogliare il menù e ad ammirare il panorama esterno, arrivano i ragazzi. Sam è accompagnato da una ragazza bionda che non ho mai visto, Harry — l'altro amico di Sam e Luke — è solo, Luke si fionda subito dalla sua ragazza e la riempie di baci.

E' tutto qui? Non c'è più nessuno.

Di colpo mi passa l'appetito.

«Dov'è Jack?» chiede Kandy, lanciandomi un occhiata veloce.

«Non so, ha detto di aver avuto di meglio da fare che venire “ad un ballo di finti ipocriti”» lo deride Luke.

Quest'espressione mi ferisce. Sono quasi sicura che si riferisca a me, solo a me.

Ovvio. Lui è superiore a tutti noi, come al solito. Mi domando cosa starà facendo.

Tutt'a un tratto mi sale una tremenda voglia di esserne sicura, tiro fuori il cellulare e digito: “sono io l'ipocrita, vero?”

Metto via il cellulare subito dopo, quasi non voglio neanche vedere la risposta. Mi sento male, mi sento un verme. Il mio umore è a terra e sono all'orlo delle lacrime. Parlo il meno possibile, cercando di evitare discorsi lunghi a tavola. Non ho voglia di intrattenermi. Eppure sembrano tutti così felici, è la loro serata... Tutta la sala è animata. Sono l'unica fuori posto.

Alla seconda portata Kandy mi fa un pizzicotto alla coscia e mi intima di seguirla, sottovoce.

«Noi andiamo in bagno!» sorride a tutti, poi mi trascina con sé.

Mi alzo, di malavoglia, e la seguo.

E' quasi incredibile come anche il bagno sia di una pulizia, di un eleganza assoluta. Voglio dire, il bagno. Se fossi in un altro contesto, probabilmente sarei tutta emozionata. Ma oggi non ho proprio l'umore adatto.

«Si può sapere che ti prende?» mi chiede lei, scuotendomi un po'. «Dai, su con il morale! Questa è l'unica serata che passeremo così! E' un lusso. Non vedi?»

Non riesco a spiegare nemmeno a me stessa il fatto che io sia in un tale stato pietoso.

«Scusami, Kandy, è solo che oggi non è giornata.» abbasso il viso, non voglio che scorga, effettivamente, tutto il mio turbamento.

Segue un momento di silenzio.

«Quanto aspetterai ancora ad ammetterlo a te stessa?» mi domanda lei, a un certo punto.

«Ammettere cosa?» le chiedo io.

«Che ti sei presa una cotta per Jack.»

«C-che cosa?» la guardo io, inorridita.

«E non ti preoccupare, perché neanche tu gli sei indifferente. Ho visto come ti guarda quando siamo in compagnia. Non ha occhi che per te. Vi ho visti quando ti massaggiava le spalle, l'altra volta. Per quanto ancora vi nasconderete a vicenda che siete attratti l'uno dall'altra?» chiede, concisa. Dritta al punto.

«I-io.. perché sostieni che sono attratta da Jack?» le chiedo, presa in contropiede.

«Perchè lo sei, i messaggi che lanci col corpo quando sei in sua compagnia, il fatto che ti agiti sempre, che ti vedo strana, ultimamente, non è più solo divergenza. Quella divergenza di cui parlavi qualche settimana fa si è trasformata in attrazione.»

Improvvisamente scoppio a ridere.

«Mi sembra di parlare con uno psicanalista» e ricomincio a ridere.

All'inizio Kandy si indispettisce, poi comincia a ridere anche lei.

Ridiamo fino a che sento il dolore ai polmoni. Rido perché mi risolleva il morale, rido come metodo antistress. La consapevolezza della pseudo-verità di Kandy mi ha spiazzata, ma ora non ci faccio caso. Penso solo a ridere. Poi ci abbracciamo.

Il rapporto tra me e Kandy è migliorato un sacco, tanto che posso considerarla quasi al pari di Laura. E' la seconda persona di cui io mi fido ciecamente, so che non mi farebbe mai del male.

«Forza, ora andiamo. E ti voglio di quest'umore, hai capito? Non costringermi a riportarti in bagno per un secondo lavaggio del cervello.» ribadisce lei, con un finto tono minaccioso.

Usciamo dalla porta, sto un po' meglio.

«Oh-oh» Kandy si ferma improvvisamente e io le vado contro.

«Si può sapere perchè ti fermi così all'improvviso?» le chiedo, ancora col sorriso sulle labbra.

Lei però non sorride affatto, «...te la senti?» mi chiede.

«Di fare c-» lo sguardo mi si perde alle sue spalle, metto a fuoco una figura in smoking nero, alta, non appena gira la testa i miei timori vengono confermati. Jack.

Ok. Mantieni la calma e respira. Devi solo parlarci. Devi solo affrontarlo.

Ma perché ora che ho la consapevolezza di essere attratta da lui mi faccio tanti problemi? Non mi pare di averne mai avuti con Sam. O almeno, non fino a questo punto.

Inspiro profondamente. No. Non deve cambiare nulla. Io sono io, sono sempre la solità ragazza. Non comincierò di certo a farmi problemi ora.

Supero Kandy incamminandomi verso al tavolo, decisa.

Poi mi giro indietro verso di lei, «quello che siamo dette rimane tra di noi.»

Dopo il suo cenno di assenso, mi rigiro decisa e mi dirigo verso il mio posto, al tavolo.

Sarà una serata divertente, penso ironica.

 

 

 

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