Trust is a flexible word

di DiDiGlee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Scusatemi ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Hey there! Ho trovato questa FF su Fanfiction.net e ho deciso di tradurla con il dovuto consenso.
Premesso che faccio schifo con le presentazioni, io sono Ronan. 
La FF è completa di diciannove capitoli. Gli aggiornamenti dovrebbero essere settimanali, il più regolarmente possibile. 
Detto questo, non rompo più.
Enjoy.
Link al capitolo originale: https://www.fanfiction.net/s/8905275/1/Trust-Is-A-Flexible-Word 

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“Blaine! Sono qui!”

Blaine sentì il suo nome e si girò istantaneamente in direzione dell’urlo acuto.

“Blaine Warbler! Qui!”

Una piccola figura bruna venne correndo verso di lui attraversando la strada, quasi investita da un taxi giallo, con le braccia tese e un grande sorriso sul suo viso.

Blaine aprì le braccia per prenderla e farla girare, compensando il suo slancio.

“Blaine! Non posso crederci, sei qui! È così bello vederti! Benvenuto a New York!”.

Rachel quasi lo fece annegare in un fiume di parole, mente lo abbracciava esuberantemente.

“Grazie, Rachel. È bello anche per me vederti!”, Blaine le sorrise calorosamente, felice di essere ricevuto con un così tanto affetto che sentiva di non meritare affatto.

Per un momento si sorrisero a vicenda, mentre tutte le parole non dette ruotavano nelle loro teste. Era passato circa un anno, in cui si erano tenuti in contatto a malapena.

Blaine l’aveva contattata di nuovo solo quando aveva ricevuto la sua lettera di accettazione e aveva saputo di andare a vivere a New York, e non si era aspettato un così caldo

benvenuto.

“Comunque,” Rachel lo prese a braccetto per trascinarlo. “C’è questa piccola, accogliente caffetteria e devo portatrici! Dio, abbiamo così tanto di cui parlare. Non posso credere

che tu sia finalmente qui! Sembra come ai vecchi tempi!”

“Sì, è vero”, Blaine si morse le labbra. Le era mancata. Tutto di lei, inclusa la sua pazzia e la sua personalità opprimente. Solo ora che la vedeva di nuovo realizzava quanto gli

era mancato parlare con lei e, realizzandolo, gli venne voglia di piangere. Se lui non le avesse mandate all’aria, le cose sarebbero andate in modo diverso ora.

“Grazie per avermi voluto incontrare”, disse camminandole al fianco, non vedendo la città per davvero. I suoi occhi scrutavano il pavimento davanti ai suoi piedi e la piccola mano

di Rachel che gli stringeva il braccio.

“Sono qui solo da una settimana e mi sento già oppresso da tutto questo. Intendo, wow, New York!”, tese il braccio libero per catturare la vastità della città.

Rachel sogghignò. “So cosa vuoi dire”, gli assicurò. “Sono stata anche io oppressa da tutto questo, ma non ti preoccupare, te la mostrerò io! Presto ti sentirai a casa!”

Rachel lo spinse in una piccola caffetteria, mettendo la sua giacca su uno sgabello libero vicino alla finestra, per salvare il posto e andando alla cassa a ordinare i loro caffè.

“Un cappuccino medio per te, Blaine Warbler?” gli chiese con un luccichio felice negli occhi.

Blaine alzò le sopracciglia. “Sai come prendo il caffè?”

“Alcune cose non cambiano mai, vero?” rispose, e un altro sorriso triste scalfì i suoi lineamenti. Era diventata più bella, notò Blaine. Era sempre stata carina, ma non si poteva

confrontare con il vedere quando fosse sbocciata, vivendo a New York.

Si sedettero vicino alla finestra e si sorrisero l’un latro per un momento, entrambi ancora eccitati di essersi visti e non sapendo da dove cominciare. Blaine aveva paura che lei

rifiutasse di vederlo; dopo tutto, era ancora la migliore amica di Kurt. Ma eccola ancora lì, con le braccia aperte e un caldo, tenero sorriso, facendo sentire Blaine il benvenuto.

Parlarono della NYADA e della Juilliard per un po’, fino a che non divenne ovvio che stessero soltanto girando intorno alla questione veramente importante.

“Come sta Kurt?” trovò finalmente il coraggio di chiedere Blaine. Ed eccolo di nuovo, il triste e sconfitto sorriso sulle sue labbra e i suoi occhi diventarono lucidi per nessun’altra

ragione apparente se non per il rimpianto del pasticcio che era diventata la loro vita condivisa.

“Bene”, rispose con una piccola alzata di spalle. “Sì, sta bene. Beh, considerate le circostanze.”

Blaine aggrottò le sopracciglia. “Quali circostanze?”

“Beh”, Rachel si scostò una ciocca di capelli dietro la spalla. “Per prima cosa, il fatto che abbia smesso di cercare di entrare alla NYADA. Gli ho detto che avrebbe potuto

continuare a provare, ma dopo due rifiuti ha rinunciato”.

Le energie di Blaine si spensero, a sentire quella notizia. Kurt aveva rinunciato alla NYADA?!

“Ma beh, d’altra parte ama lavorare per Vogue ed è super impegnato lì, è un vero e proprio stacanovista!” rise, ma non suonava molto convinta.

“Inoltre, ha un nuovo ragazzo”, aggiunse con un piccolissimo sorriso, facendo smettere di battere il cuore di Blaine.

“Veramente, sono stata io a incoraggiarlo a ricominciare a uscire”, gli confessò. “Era rimasto in una terribile depressione per mesi, dopo la vostra rottura. Non avrebbe mai

pensato di vedere qualcun altro, ma sono davvero felice per lui, adesso.”

Blaine si schiarì la gola e guardò in basso, verso la sua tazza.

“Sono contento di sapere che è felice”, provò a dire, e lo intendeva sul serio, anche se faceva male. Non avrebbe voluto ammetterlo ad alta voce, ma parte del motivo per cui era

venuto a New York era stata la speranza di poter riconquistare Kurt, in qualche modo, anche se non si erano parlati per più di un anno.

“Sì, Kurt è molto felice”, confermò Rachel un po’ troppo ardentemente, mentre tamburellava le unghie sul tavolo, irrequieta. “Il suo nuovo ragazzo è come un sogno che si avvera.

Si chiama Andrew, è una sorta di pubblicitario e, apparentemente, ha molto successo”.

Andrew. Blaine odiò istantaneamente quel nome.

“E’ divertente e affascinante”, Rachel continuò la sua lista di aggettivi sul nuovo ragazzo di Kurt. “Non posso dire proprio nulla di male su di lui”.

“Suona come se non fosse reale”, disse Blaine, provando a contenere la gelosia nella sua voce.

“Oh, sì, è troppo bello per essere vero! Da quello che è sentito ‘è magnifico in ogni tipo di aspetto’!” alzò le sopracciglia teatralmente, ma poi sembrò ricordarsi con chi stesse

parlando.

“Scusami.”

“E’ ok.” Blaine si rigirò piano il suo caffè tra le mani e guardò la sua amica con affetto. A discapito del suo discorso entusiasta, Rachel non sembrava essere realmente felice del

nuovo ragazzo di Kurt.

“Lui non ti piace?” suonava più come un’affermazione, che una domanda.

Rachel lo guardò sorpresa, sentendosi smascherata. “Non è che non mi piaccia”, spiegò cautamente. “E’ solo… il modo in cui Kurt è cambiato da quando sta con lui..”

Blaine aggrottò di nuovo le sopracciglia. “Cambiato come?”

Rachel sospirò in modo drammatico. “Partendo dal fatto che non ha più tempo per vedere me. Ho la sensazione che si stia allontanando da me di proposito, ed è andata

sempre peggio da quando è andato a vivere con lui.”

E’ andato a vivere con lui?!” chiese Blaine, preso totalmente alla sprovvista. Kurt stava vivendo con un ragazzo. La gelosia eruppe come fuoco nelle vene. Aveva sempre

sognato di vivere con lui.

“Quando.. perché.. come?”

“Tre settimane fa”, gli disse Rachel. “Andrew gli ha chiesto di andare ad abitare con lui, proprio così. Ho implorato Kurt di stare con me perché non voglio dover cercare un altro

coinquilino, ma ha detto di volerci provare. Cosa potevo dirgli? Dopo tutto, è stata una mia idea. Intendo, ho convinto Kurt a ricominciare a uscire, quindi ora non posso

lamentarmi, no?!”

Era chiaro a Blaine che Rachel aveva il cuore spezzato perché non aveva più potuto vedere Kurt. Apparentemente, tra il lavoro e il suo convivere con Andrew, non aveva

abbastanza tempo libero per vedere lei.

“Pensi che accetterebbe di vedermi?” chiese Blaine. “Vorrei tanto vederlo e provare ad essere di nuovo amici.”

“Posso chiederglielo, se vuoi che lo faccia”, offrì Rachel.

Blaine annuì. “Sì, ti prego.”


 
 
 Due giorni dopo Blaine era seduto sul suo letto nel dormitorio, cercando di lavorare su un saggio e, grazie al cielo, il suo noioso coinquilino era fuori.

Il suo cellulare squillò. Guardò il nome e congelò immediatamente quando vide che a chiamare era Kurt. Un milione di pensieri corsero nella sua mente. Era spaventato, ma

anche molto felice di quella chiamata.

“Pronto?” rispose provvisoriamente.

“Ciao”, la voce di Kurt risuonò nelle suo orecchie. Suonava allegro e un po’ esuberante. “Rachel mi ha detto che sei in città. Ho pensato di chiamarti per darti il benvenuto a New

York.”

“Grazie”, disse Blaine, ancora scioccato da quella chiamata inaspettata. Non parlava con Kurt da.. da sempre. Sentire la sua voce lo fece rabbrividire.

“Quindi, se alla Juilliard? È fantastico.”

“Sì, è così”, ammise Blaine e voleva schiaffeggiarsi, perché non sapeva cos’altro dirgli.

“Okay, è fantastico”, ripeté Kurt. “Ascolta, devo andare. Volevo solo dirti ciao e che è bello averti qui. Ciao!”

“Kurt, aspetta!”Blaine chiuse gli occhi e strinse il telefono. Prese un profondo respiro e pregò di trovare il coraggio.

“Che ne diresti di andare fuori per un caffè, qualche giorno?”

“Uh, sì, certo”, rispose Kurt, ma suonava diffidente. “E’ solo che sono estremamente impegnato con il mio lavoro.”

“Che ne dici della pausa pranzo di domani?” chiese Blaine, cercando di suonare casuale, anche se il suo cuore batteva all’impazzata nel suo petto alla possibilità di vedere

Kurt, il giorno dopo.

“Non faccio pause pranzo”, rispose Kurt.

Blaine rimase in silenzio. Era ovviamente un rifiuto. Kurt non voleva realmente vederlo. Questa chiamata non era nulla se non un gesto formale.

“Capisco”, disse Blaine.

“Ma a volte vado a prendere un caffè in quella caffetteria dove ti ha portato Rachel l’altro giorno”, disse Kurt lentamente. “Magari possiamo incontrarci lì? Domani pomeriggio

verso le quattro?”

“Sì, va bene!” si affrettò a rispondere Blaine.

“Ma non posso farti promesse”, disse Kurt. “Non so quanto sarà delirante domani, al lavoro, quindi non offenderti se non mi faccio vedere.”

“Va bene”, gli assicurò. “Andrei a prendermi un caffè in ogni caso. Sarebbe bello vederti lì.”

“Okay, quindi, a domani. Forse.”

“Ci vediamo.” Blaine mise giù e si stese nuovamente sul materasso. I suoi occhi erano pieni di lacrime.

Gli era mancato così tanto sentire la sua voce.

“Grazie per avermi chiamato, Kurt”, sussurrò nel silenzio, stringendosi forte il telefono al petto.


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Ovviamente, essendo solo l'inizio, tutto deve ancora evolversi. Spero che vi abbia incuriosito almeno un po'.
Per suggerimenti, commenti, consigli, qualunque cosa, scleri su quanto Chris sia un figo/cucciolo/gfrhdgwhd e tutto il resto, io sono qui, non mi muovo.
Dimenticavo! Sono ancora incerta riguardo il rating, perché non ho finito di leggerla, ma il rating dell'autrice è M, so.. al limite lo modificherò

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Ehy there, I'm back! 
Innanzi tutto, vorrei ringraziare le otto persone  che seguono, quella che preferisce e quella che ha recinsito. Capisco bene che leggendo solo il prologo non ci si possa esprimere. Spero solo che andrete avanti per darmi un parere! Grazie a tutti!
Enjoy the chapter c:

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Blaine era seduto nella caffetteria, sorseggiando il suo, ormai freddo, caffè e passando dal fissare l’orologio al fissare fuori della finestre e scorrere le

facce dei passanti.

Era arrivato alle tre e mezza, in caso Kurt fosse arrivato presto. Ma in quel momento erano le quattro e mezza, e Blaine aveva smesso di sperare che

Kurt si sarebbe fatto vedere. Non era arrabbiato con lui. Solo incredibilmente triste.

Non sapeva neanche che cosa si fosse aspettato. Aveva davvero sperato che Kurt entrasse e si innamorasse di nuovo di lui?! Sì, giusto.

Blaine sapeva di aver mandato tutto all’aria; voleva soltanto finalmente una possibilità di riconciliarsi con Kurt. Anche se non lo avesse mai perdonato

e non fossero mai tornati insieme, Blaine sperava in un posto come amico. Gli era mancato Kurt nella sua vita, durante l’anno passato, e ora che era

a New York non voleva perdersi la possibilità di tornare in contatto con lui.

Con un ultimo sospiro, era pronto ad alzarsi e lasciare la caffetteria, quando la porta si aprì ed entrò un nuovo cliente. Blaine si abbassò di nuovo al

suo posto alla vista del suo ex ragazzo.

Kurt era meraviglioso. Era sempre stato bello, ma adesso era perfetto. I suoi capelli erano acconciati in modo elaborato, a testimonianza della sua

devozione per lo stile, e pieni di così tanti prodotti che avrebbero facilmente sfidato il forte vento che soffiava intorno agli alti edifici delle strade di New

York. Le sue guance erano arrossate per la corsa e i suoi occhi spalancati mentre si guardava intorno.

Un sorriso apparve sulle sue labbra quando finalmente vide Blaine al tavolo vicino alla finestra.

Kurt attraversò il negozio a passi veloci, i suoi occhi che mai lasciavano quelli di Blaine, facendo sentire quest’ultimo tutto a un tratto estremamente

cosciente. Non poté fare a meno di portarsi una mano tra i capelli pieni di gel e assicurarsi che fossero ancora lisci e in ordine.

“Ciao”, lo salutò allegramente mentre si sedeva di fronte a lui, come se si fossero incontrati proprio in quel posto tutti i giorni.

Come se non fosse passato più di un anno dall’ultima volta che si erano visti.

“Scusami, hai aspettato molto?” disse Kurt, controllando l’orologio. “Non ho potuto uscire prima. L’ufficio è un delirio!” Kurt roteò gli occhi e posò la

giacca sulla sedia vuota accanto a lui. Stava indossando un dolcevita blu, che risaltava il colore dei suoi occhi perfettamente.

“Penso che prenderò un espresso. Ho bisogno di qualcosa di forte”, proseguì subito e si alzò per prendere il suo ordine dalla cassa. Blaine non

aveva ancora detto una parola; aveva solo guardato il suo ex ragazzo e resistito all’urgenza di abbracciarlo, e baciarlo, e ringraziarlo per essere così

meraviglioso, per comportarsi come se tutto fosse normale quando assolutamente non lo era.

Tuttavia, Blaine sapeva di non poter continuare a giocare a lungo questa sciarada. Non poteva comportarsi come se l’anno passato non fosse mai

esistito. Non poteva comportarsi come se fossero dei normali compagni di scuola che per caso si erano ritrovati a vivere nella stessa città.

Kurt tornò con la sua tazza di espresso e un grande biscotto al cioccolato.

“Speravo lo dividessi con me.” Spezzò il biscotto in due metà e ne spinse una con un tovagliolo sul tavolo, verso di lui.

“Grazie”, disse Blaine, schiarendosi la voce. Era difficile pensare a qualcosa di coerente da dire quando le uniche parole che gli ruotavano in testa

erano ‘Ti amo, per favore, prendimi indietro, voglio stare con te, per favore, perché non mi perdoni?’

“Quindi, come ti sembra New York, finora?” chiese Kurt, guardandolo.

Blaine provò a controllare il suo cuore, che stava andando come un pazzo nel suo petto e arrangiò un sorriso. “E’ un po’ opprimente. Tutto è così

grande e rumoroso..”

Kurt annuì e morse il suo biscotto. “Presto la amerai”, promise.

“Sì, Rachel mi ha detto la stessa cosa”, disse Blaine. Tolse il coperchio dalla sua tazza e inzuppò buona parte del biscotto nel suo, ormai freddo,

caffè.

“Dovresti rimanere attaccato a Rachel”, lo avvisò Kurt. “Conosce tutti i posti e tutte le feste a cui andare. Sono sicuro che potrebbe già presentarti a

qualche celebrità di Broadway. È una star, alla NYADA e ho sentito che ha anche ammiratori alla Juilliard.”

“Che mi dici di te?” chiese Blaine. “Pensavo che Vogue fosse solo temporaneo, per te.”

“Sì, beh, Broadway non è per me”, scosse la testa. “Era solo un sogno infantile. Devo essere più realista. La moda è il mio mondo, adesso.”

Blaine era sconcertato da queste asciutte affermazioni. “Quindi hai davvero rinunciato ai tuoi sogni?” chiese incredulo. “Ma Kurt, tu sei un meraviglioso

talento! Ho sempre amato sentirti cantare e guardarti mentre ti esibivi.”

“Quello era il liceo, Blaine.” Kurt alzò un sopracciglio. “La vita non è un grande sogno che si realizza per tutti.”

Rimasero zitti per un momento, entrambi mescolando i loro caffè e mangiucchiando i loro biscotti.

Blaine si schiarì la gola, preparandosi per un altro grande argomento.

“Rachel mi ha detto che stai vedendo qualcuno.”

“Uh, sì”, rispose dopo qualche secondo di esitazione. “Si chiama Andrew. È un vero Principe Azzurro. Mi tiene sempre la porta, mi dice che sono bello

almeno dieci volte al giorno.. sai, cose così.”

Kurt fece spallucce, come se non fosse un poi così grande affare.

“Sono felice per te”, disse Blaine, intendendolo davvero, ma con il cuore dolorante perché continuava a volere essere l’unico a rendere Kurt felice. La

cosa peggiore era che Kurt non sembrava realmente felice; perlomeno, mancava il bagliore nei suoi occhi. Blaine pensò che questo fosse

probabilmente perché la sua presenza stava riportando a galla brutti ricordi.

“Quindi, da quanto vi frequentate?” Blaine non poté fare a meno di chiedere, anche se aveva già saputo la risposta da Rachel.

“Più o meno tre mesi, adesso.” Kurt si portò il bicchiere alle labbra. “Che mi dici di te? Stai vedendo qualcuno?”

Blaine scosse la testa. “No, non da quando..” si schiarì la gola di nuovo. “No, non sono mai stato con nessun altro, dopo.”

Kurt non disse una parola per che intendesse che aveva capito. Solo fissò fuori dalla finestra, come se fosse interessato nel guardare le persone che

passavano.

“Quindi, questo Andrew”, Blaine riprese la conversazione e non aveva ancora capito perché si stesse torturando in quella maniera. “Ho sentito che è

un sogno che si avvera in ogni tipo di aspetto.”

Sapeva che non avrebbe dovuto dire quello che aveva detto con un tono così provocante. In effetti, stava solo imitando Rachel, perché le sue parole

continuavano a bruciare. Tuttavia, realizzò il suo errore quando Kurt si voltò a guardarlo con gli occhi spalancati.

“Che cosa vuoi dire?!” chiese Kurt.

“Io… uhm…” Blaine balbettò, sapendo che aveva oltrepassato il limite, e forse fatto sfumare le sue possibilità, parlandogli così.

“Ti ho appena detto che sto uscendo con Andrew da tre mesi e tu pensi che io abbia già dormito con lui?!” gli sibilò dall’altra parte del tavolo, tenendo

la voce bassa per non attirare l’attenzione su di loro.

Blaine fu preso alla sprovvista dall’ovvia mortificazione di Kurt.

“Ho solo pensato… intendo… Rachel mi ha detto che sei andato a vivere con lui!” argomentò in sua difesa.

“Non sono io la sgualdrina a questo tavolo!” sparò contro di lui, e le sue parole andarono a segno.

Lo sguardo di Blaine vacillò.

Eccolo lì, tutto il dolore e la rabbia e il disappunto, freschi e vivi come se fosse stato solo ieri. Tutti i loro irrisolti problemi seppelliti a fondo, che

riaffioravano in superficie come se non fossero mai affogati.

Blaine annuì piano; era un sì di dolore e di appello al perdono. Hai ragione, sono io quello che ha tradito, sono io quello che ha rotto in pezzi tutto

quello che avevamo.


Sì, forse lo meritava. Ancora, faceva male.

“Mi dispiace”, Kurt prese immediatamente la sua mano sul tavolo, la sua dura voce ora era dolce e dispiaciuta.

“Non volevo dire quello che ho detto, Blaine. Davvero, mi dispiace.”

Blaine fissò la mano di Kurt sulla sua. Senza quel gesto Blaine sarebbe scappato. Ma era lì, la mano di Kurt che stringeva la sua rassicurante, come

così tanto tempo prima, indietro in un’altra vita. Blaine voleva stare lì seduto, a quel tavolo per sempre, con il tocco della mano di Kurt sulla sua.

Avrebbe voluto che Kurt gli urlasse contro, che lo chiamasse in tutti i modi possibili,  qualsiasi cosa piuttosto che il silenzio dell’anno passato.

“Ero solo sconvolto dal fatto che tu possa pensare davvero che potrei avere una relazione sessuale con qualcuno che conosco così poco”, disse Kurt,

lasciandogli la mano.

Blaine si morse le labbra, ancora digerendo l’insulto e le veloci, ma sincere scuse.

“Perché vivi con lui se, lo hai ammesso tu stesso, non lo conosci ancora così bene?!”

“Sono andato a vivere con lui per risparmiare”, rispose con noncuranza.  Inoltre, il suo appartamento è più vicino al luogo dove lavoro quindi risparmio

un sacco di tempo. Mi dispiace che Rachel debba trovarsi un nuovo coinquilino, ma devo pensare in modo pratico. D’altra parte, non penso che il

perché io faccia qualcosa sia di tuo interesse.”

“Scusa, mi sembrava strano, questo è tutto”, provò a riparare. “Ma sono felice che tu non abbia fatto.. intendo.. sono felice che non abbia provato a fare

niente con te..” Blaine lasciò goffamente che la sua voce si affievolisse. Non era uscito fuori per niente giusto. “Intendo, sono sollevato del fatto che

non gliela stai rendendo facile…” Blaine indietreggiò alle sue stesse parole e voleva davvero tagliarsi la lingua. “Lo sai, non dovresti buttarti via con

lui.. o nessun altro..”

“Quello che faccio o non faccio con Andrew o con chiunque non è davvero affar tuo”, lo interruppe con uno sguardo severo.

“Certo che no”, balbettò “Stavo solo dicendo che..”

“Questa è stata una cattiva idea”, disse Kurt, alzandosi dalla sua sedia e raccogliendo le sue cose. “Non penso che dovremmo vederci di nuovo”.

“No Kurt, aspetta!”, lo supplicò Blaine. “Per favore, rimani. Solo un altro minuto.”

Lentamente, molto lentamente Kurt si sedette, la sua faccia una maschera di pietra.

“Kurt, siamo stati migliori amici.. e siamo stati insieme”, disse, controllando le proprie parole. “Mi manchi”.

Blaine deglutì. Provò a leggere la mente di Kurt, ma il suo ex si rifiutava di incontrare il suo sguardo, mantenendo dritta la sua faccia da poker.

“Per favore, dammi la possibilità di conoscerti di nuovo, di essere amici di nuovo.”

Kurt non rispose nulla, ma non andò nemmeno via.

Per un lungo momento stettero entrambi seduti in silenzioso rimpianto, stringendo le loro tazze.

Finalmente, Blaine incontrò lo sguardo di Kurt e lo sostenne. Erano sempre stati bravi a comunicare senza le parole. Lo sguardo nei suoi occhi gli

disse che le cose non sarebbero mai state le stesse di nuovo, ma c’era già uno spiraglio di qualcos’altro. Era la speranza di poter essere di nuovo

qualcosa? Blaine mantenne quella speranza e provò a dire a Kurt che desiderava la stessa cosa. Doveva esserci la possibilità di qualcosa, perché

per quale altro motivo Kurt lo avrebbe chiamato, la sera precedente? Perché avrebbe accettato di incontrarlo? Blaine sperava che tutto quello

significasse che, alla fine, una parte di Kurt voleva che fossero qualcosa di nuovo. Amici, almeno.

“Non fa troppo caldo per indossare dolcevita?!” chiese Blaine quando il silenzio si fece troppo pesante.

Le mani di Kurt corsero a sfregare il tessuto blu che copriva il suo collo. “Sai com’è con un amore in fioritura”, gli fece un cenno con un imbarazzato

sorriso. Immediatamente, Blaine ricordò tutti i succhiotti che aveva lasciato sul delizioso collo di Kurt parecchio tempo prima. Bruciava, il sapere che

era qualcun altro a baciarlo, ora.

Il telefono di Kurt squillò.

Era poggiato sul tavolo, e Kurt lo stava guardando con un cipiglio; non sembrava troppo contento di vedere chi lo stesse chiamando. Probabilmente

lavoro. Per un momento pensò che non avrebbe risposto. Ma poi Kurt si morse le labbra, prese il telefono e mise su un sorriso falso.

“Ehi Drewsy.”

Drewsy. Blaine rabbrividì al nomignolo. Poteva sentire la voce forte del ragazzo di Kurt provenire dal telefono e fu sorpreso dalla sua acredine.

Perché ci hai messo tanto a rispondere?”

“Ti ho detto che sono ancora al lavoro”, rispose Kurt a bassa voce. “Sono a una riunione. Ti chiamo non appena lascio l’edificio.”

Blaine si accigliò. Non aveva mai sentito Kurt mentire, prima. Specialmente non al suo ragazzo.

“Sbrigati! Ho cambiato piani, per stasera?”

“Hai cambiato piani?! Lo sai che odio quando lo fai.”

“Tu fidati di me. Ti amo, piccolo!”

“Ti amo anche io”, tubò, ma suonava falso. Terminò la chiamata e rimise il telefono sul tavolo. Blaine inclinò la testa, perplesso. “Gli hai detto che sei

ancora al lavoro?!”

Kurt sbuffò. “Non sa che mi dovevo incontrarti.”

“Perché non glielo hai detto?”

“Perché avrebbe dato di matto se avesse saputo che stavo incontrando il mio ex.” Disse come se fosse ovvio. “E’ molto possessivo.”

Blaine alzò le sopracciglia. “Dovrebbe fidarsi di te.”

“Sì, beh, fiducia è una parola flessibile, in questi giorni”, replicò Kurt con un cenno sprezzante della mano.

Istantaneamente, Blaine si sentì colpevole. Era un colpo basso, ma Blaine sapeva di meritarselo. Solo che odiava il pensiero che Kurt non si fidasse

più di nessuno per colpa del suo stupido errore.

“Lo ami?” Blaine si pentì della domanda immediatamente dopo che ebbe lasciato le sue labbra. Continuava ad anticipare e a temere la domanda.

Kurt si prese un momento per rispondere.

“L’amore non è più quello che era prima.”

La sua voce era stanca e disillusa.

Blaine odiò vedere Kurt così.

“Mi dispiace,” disse con voce ovattata, sporgendosi verso Kurt per essere sicuro che sentisse quanto intendesse le sue parole. “Mi dispiace così

tanto per aver distrutto tutto ciò che avevamo.”

Kurt mise su un sorriso di perdono. “L’amore al liceo è condannato a spezzarsi. Fin dall’inizio non è stata altro che una dolce, dolcissima fantasia.”

“No, non lo era”, replicò determinato e con forza nella voce per sottolineare le sue parole. “Era reale, Kurt. Lo è ancora per me.”

Kurt si accigliò e gli lanciò un’occhiata con pieni di compiacenza. “Non sei venuto a New York per me, vero? Perché sarebbe uno sbaglio.”

“Vorrei soltanto che fossimo di nuovo amici, amici stretti.”

Un sorriso comparì sulle labbra di Kurt. “Non sei cambiato per niente, Blaine Warbler.”

Per un momento, Blaine si perse nei suoi occhi e tutto tra di loro sembrò essere come era prima. Blaine sentì il suo cuore straripare di amore

represso per Kurt, e seppe che anche Kurt poteva vederlo.

Quindi, come se qualcuno avesse coperto il sole, un’ombra oscurò il volto di Kurt. “Devo andare.”

Agendo d’istinto, Blaine si alzò e strinse il braccio di Kurt per impedirgli di sparire.

“Ahia!”

Blaine fu perplesso di vedere Kurt trasalire al suo tocco. “Cosa è stato?” chiese con preoccupazione, perché non aveva stretto il suo braccio così forte.

“Niente, ho solo… sono solo andato a sbattere contro la porta e il braccio mi fa ancora male. Stupido me.” Kurt ruotò gli occhi con una piccola risatina.

“Scusami.”

“No, è tutto a posto.”

“Quando ti rivedrò di nuovo?” Blaine non voleva suonare così bisognoso, ma semplicemente non poteva controllare la sua voce.

Kurt esitò, ma poi i suoi occhi si addolcirono. “Ti chiamo io.”

Dal tono di voce del suo ex, Blaine seppe che non era una bugia.

Guardò Kurt lasciare il negozio.

Non si guardò indietro nemmeno una volta.

Blaine si prese un momento per permettere a se stesso di sentirsi sollevato. Kurt non era andato a letto con quel ragazzo. Ancora. Non che avrebbe

avuto importanza,  se lo avesse fatto. Ma aveva dato a Blaine la speranza.

Kurt non ama quel ragazzo, Kurt non lo ama, non ama quello stupido Andrew.

Blaine ripeté quelle parole ancora e ancora nella sua testa, stordito dalla speranza e dalla gioia. Sapeva che non avrebbe dovuto essere così felice di

quello. Avrebbe dovuto desiderare che Kurt amasse di nuovo. Lo faceva. Solo sperava che sarebbe stato lui il fortunato ragazzo che avrebbe fatto

innamorare Kurt di nuovo.

Una seconda opportunità. Era tutto quello che chiedeva.

Ancora, le parole di Kurt gli echeggiarono in testa per tutta la giornata.

Fiducia è una parola flessibile, in questi giorni.

L’amore non è più quello che era prima.

 
 
 
Era passata la mezzanotte dello stesso giorno, e Blaine era di nuovo steso sul suo letto quando il suo telefono squillò.

“Spegni quella merda”, si lamentò il suo coinquilino dall’altra parte della stanza buia.

Blaine si girò a prendere il telefono dal comodino, domandandosi chi diavolo avrebbe potuto chiamarlo così tardi.

Era Kurt.

Il cuore di Blaine mancò un battito. Non si era aspettato che Kurt lo chiamasse così presto. Poteva essere un cattivo segno.

“Ciao”, rispose a bassa voce, per non disturbare il suo coinquilino.

“Ciao, scusa se ti chiamo così tardi.”

“Va bene”, lo rassicurò, il cuore che gli batteva nel petto, temendo la ragione della telefonata.

“Spero di non averti svegliato.”

“No, non avrei potuto dormire comunque”, rispose onestamente.

“Io nemmeno”, rispose Kurt, suonando stanco e triste.

“IO STAVO DORMENDO, ASINO!” lo chiamò il suo coinquilino, dimostrando il suo disappunto coprendosi la testa con un cuscino. Blaine non gli

prestò la minima attenzione.

“Quindi, che succede?” Blaine si sentiva umiliato per le sue stesse stupide parole. Che succede? Sembrava Finn.

“Volevo solo scusarmi di nuovo”, disse a bassa voce, quasi inudibile.

“Scusarti?!” ripeté Blaine, non sicuro di aver capito. “Per cosa?!”

“Lo sai”, mormorò Kurt. “Per come ti ho chiamato oggi. Sai che non lo intendevo davvero, sì? Avevo solo paura che tu potessi pensare a me in quel

modo.”

Blaine tornò a stendersi, una mano sul petto. “Non ho mai pensato a te in quel modo, Kurt”, lo rassicurò. “Mi dispiace per aver insinuato che fossi già

andato a letto con lui. So che non sono affari miei, mi dispiace davvero.”

“Ascolta”, continuò con voce ovattata. “E’ davvero difficile per me vederti di nuovo, okay? Dammi un altro po’ di tempo, va bene? Vorrei che fosse più

facile essere di nuovo amici, ma non lo è.”

Blaine deglutì. “Capisco.”

“No, non capisci.” Disse Kurt, suonando stanco. “Non sono nemmeno sicuro di capirmi io. È tutto così complicato, e penso che un giorno potremmo

parlarne ma non molto preso, perfavore. Non mi sento come se potessi parlare di tutto così presto.”

Blaine annuì piano a se stesso e si strofinò una mano sugli occhi per ricomporsi. “Dimmi solo una cosa, Kurt, perfavore.”

“Cosa?” la sua voce suonava diffidente.

“Ti manco, almeno un po?”

Kurt ridacchiò. “Come se non conoscessi la risposta alla domanda”, disse con un sospiro.

Piccolo?”

Blaine sentì una voce maschile chiamare da dietro Kurt.

“Chi è al telefono?”

“E’ Rachel”, rispose normalmente, coprendo il telefono con una mano.

“Dille di andare a dormire e torna a letto” gli disse la voce, che apparentemente apparteneva a Andrew.

“Qualcuno qui deve svegliarsi preso, Gesù!”

“Non volevo svegliarti”, disse Kurt.

“Pensi che non noti quando sgusci fuori dal letto?” la voce era più vicina, adesso. Blaine suppose che Andrew fosse proprio di fronte a Kurt, adesso.

“Mi manca il tuo calore, piccolo.”

“Dammi un minuto.”

“Lei sta bene?”

“Sì, sta bene.”

“Bene, riattacca”, disse e urlò nel telefono. “Buona notte, Rachel!”

“Devo andare”, disse Kurt. “Buonanotte.”

“Buonanotte”, rispose in un sussurro prima che Kurt attaccasse.

“BUONA NOTTE, DANNAZIONE!” urlò il suo coinquilino, smorzato dalle coperte.

Blaine non riuscì a dormire, dopo la chiamata. La sua mente era occupata da immagini di Kurt che tornava a dormire con quel ragazzo. Blaine si

domandò come Andrew fosse e cosa aveva fatto per piacere a Kurt.

Anche se non era amore, doveva essere qualcosa. Qualcosa che Kurt trovava attraente.



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NoteDiRonan: ho cambiato il rating da rosso ad arancione, perché leggendo la FF, non c'è niente che possa giustificare un rating rosso. C'è violenza e linguaggio sporco, ma nulla di eccessivo. 
La storia è completa  di circa 20 capitoli, e dovrei riuscire a tradurne uno a settimana. Detto questo, l'autrice sta scrivendo il sequel, che penso di pubblicare, insieme ad altre storie della stessa autrice.
So.. that's all for now, bye! 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Hey there! 
Ce l'ho fatta! Erano due giorni che mi ripromettevo di finire di tradurre e postare!
In ogni caso, questo è un capitolo che, a mio parere, comincia a delineare meglio la trama, so, enjoy! 
R.

Link al capitolo originale: https://www.fanfiction.net/s/8905275/3/Trust-Is-A-Flexible-Word

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Capitolo 3
 
“Vedrò Kurt stasera”, disse Rachel durante la loro pausa caffè. Avevano cominciato questo rituale di vedersi per il loro caffè mattutino a

quell’accogliente caffetteria dove Rachel lo aveva portato la prima volta, visto che era a metà strada tra i loro college.

“Portami con te”, la pregò immediatamente. “Per favore, ho bisogno di una scusa per essere lì.”

Era passata una settimana da quando Blaine aveva incontrato Kurt alla caffetteria e parlato con lui nel bel mezzo della notte. Kurt non lo aveva

richiamato, e Blaine aveva paura che, nel tempo passato, Kurt si fosse semplicemente dimenticato di lui.

“Ho bisogno di vederlo di nuovo, Rachel”, la sollecitò, “e voglio dare un’occhiata a questo Andrew.”

“Per controllare la competizione?” Rachel ghignò. “Va bene. È un karaoke bar, quindi dirò che ti ho portato perché voglio cantare un duetto con te. Kurt

sa che non potrei mai resistere all’idea di cantare con te.”

“E’ un buon piano. Grazie, Rachel.”

“Intendo cantare davvero un duetto con te,” puntualizzò con insistenza, puntando il dito contro il suo petto. “Quindi sarà meglio che tu conservi la voce

fino a stasera.”

Blaine annuì, con la mente che già passava in rassegna l’armadio pensando a cosa indossare, visto che avrebbe visto Kurt. Pensando all’armadio

nel suo dormitorio, si ricordò di qualcosa che voleva chiedere a Rachel.

“Hai per caso già trovato un nuovo coinquilino?”

“No, non ho ancora davvero cercato qualcuno”, rispose con un sospiro. “Continuo a sperare che Kurt torni. Non è che voglio che rompa con Andrew, è

che non voglio affittare il posto a qualcun altro e poi dover chiudere la porta in faccia a Kurt se decidesse di tornare indietro.”

Blaine sorrise. “E’ davvero bello da parte tua, Rachel.”

Lei scrollò le spalle. “I miei papà hanno pagato l’affitto per i prossimi due mesi, quindi sono a posto, per ora. Ma dopo dovrò cominciare a cercare.”

“Che ne pensi di me?” chiese Blaine, come se gli fosse appena venuto in mente, anche se in realtà ci pensava già da un po’.

“Tu?” gli occhi di Rachel si spalancarono al pensiero.

“Sì, sarebbe divertente, no?! Non mi piace stare nei dormitori. Il mio coinquilino mi fa diventare matto. E, lo sai, se Kurt volesse tornare indietro io

potrei sempre andarmene. Non mi importerebbe.”

“In effetti è una buona idea”, disse Rachel toccandosi il mento con le dita, continuando a pensarci. “Posso non risponderti subito? Non voglio

prendere decisioni senza consultare Kurt. Intendo, è sempre il mio migliore amico e voglio assicurarmi che non si senza lasciato fuori se scoprisse

che ho deciso di vivere con te.”

Blaine sospirò. “Capisco.”

 

 

 

Non c’era bisogno di dire che Blaine fosse nervoso di rivedere Kurt. Era grato che Rachel fosse con lui, quella volta.

“Eccoci qua”,  cinguettò Rachel quando entrarono. Non era lo stesso posto in cui aveva cantato Teenage Dream più di un anno prima, ma era un

accogliente pub irlandese con molti separé e angoli bui.

“Ti piacerà questo posto”, gli disse e lui la seguì all’interno, guardandosi intorno nervosamente.

“Vediamo se Kurt è già qui.” Rachel camminò verso il bar, sorpassando l’angolo karaoke e quindi sorprese Blaine trascinandolo verso un tavolo.

Blaine sentiva che cominciavano a sudargli le mani alla vista di Kurt, seduto su uno sgabello di un alto tavolo, che sorrideva dolcemente a Rachel e la

abbracciava.

Blaine non sapeva come salutarlo. Voleva abbracciarlo, ma non si erano abbracciati nella caffetteria quel giorno. Inoltre, il ragazzo di Kurt era lì con lui,

quindi non sapeva cosa fare. Agitò un po’ la mano e sorrise salutandolo.

Andrew era alto e snello, gli ricordava un po’ Finn, ma con i capelli neri e il mento sporgente. I suoi occhi erano verdi e un po’ intimidatori. Sembrava il

tipo di ragazzo che sapeva che cosa voleva e se lo prendeva sempre. Blaine aveva appreso da Rachel che Andrew aveva appena ventidue anni e si

vantava di possedere un fantastico impiego nel centro di Manhattan.

Blaine guardò Rachel abbracciare Il Ragazzo e sedersi su uno sgabello.

“Questo è Blaine.” Lo presentò Rachel. “Si è appena trasferito a New York. Blaine, questo è Andrew.”

“Blaine?” Andrew annuì in riconoscimento, con un occhiata di traverso a Kurt. “Come Blaine Il bastardo traditore?”

“Drew,” disse Kurt in tono di avvertimento.

Blaine si sentì a disagio per via del modo in cui Andrew lo squadrava adesso, con un chiaro disgusto sul viso, come se fosse una sorta di insetto.

“E’ o non è il tuo ex? Quello che ti ha tradito?” chiese a Kurt, come per ottenere una risposta diretta.

“Drew!” Kurt piegò la testa e fulminò il suo ragazzo, dicendogli silenziosamente di stare zitto.

“Sono io”, disse con sincerità schiarendosi la gola. Non lo negava e non lo avrebbe spazzato sotto il tappeto*.

“Sono proprio quello.”

Sì, era il suo ex ragazzo, che lo aveva tradito in un momento di debolezza, ma era anche quello che rimpiangeva le sue azioni più di qualsiasi altra

cosa.

Andrew lo guardò sconcertato e con un ovvio rispetto per la sua brutale onestà. “Piacere di conoscerti.”

Blaine sostenne il suo sguardo e la sua voce era indifferente quando rispose: “Anche per me.”

“Sono felice che tu sia potuta venire, Rachel,” disse Kurt per spezzare la tensione, ma i suoi occhi erano sul suo ex con un caldo sorriso che disse a

Blaine che era il benvenuto.

Blaine si rilassò e gli restituì il sorriso.

“Sai che non mi sarei persa l’opportunità di farti cantare!” Disse Rachel eccitata. “Quindi andiamo, per favore! Scegliamo una canzone da cantare

insieme!” lo pregò, prendendo la mano di Kurt.

“Lo sai che non canto più”, rifiutò Kurt, sorridendo al suo inutile tentativo.

“Che vuol dire che non canti più?!” ripeté Blaine confuso. “Per niente? Perché no?”

Kurt fece spallucce. “Non lo faccio e basta.”  La sua voce era debole, apparentemente stanca di dover parlare di questo con Rachel ogni volta che si

incontravano e non volendo scavare più a fondo con Blaine.

Rachel alzò gli occhi al cielo. “Mi farai diventare matta con questo comportamento!” gridò lei. “Ma va bene, ho portato il mio personale partner di duetti,

non è vero?! Blaine, potrei avere l’onore di dividere il microfono con te?”

Blaine le si inchinò giocosamente. “Sarebbe un onore cantare con te.”

Rachel gli tese le braccia e lo spinse verso la zona karaoke, dove un ragazzo con una voce molto bassa e molto ubriaco aveva appena finito la sua

piuttosto sporca performance di “Fever”.

“Hai qualcosa di particolare in mente?” chiese Blaine mentre Rachel guardava la lista delle canzoni.

“Questa!”Rachel indicò una canzone e aggrottò la fronte. Si era aspettato che scegliesse un classico di Broadway. Non era preparato a un numero

pop.

“Perché questa?” chiese curioso.

Rachel lo guardò seria. “Perché parla di qualcuno che ne ha passate tante, ma continua a voler credere nell’amore. Penso che ci sia sempre

speranza per il vero amore e dovremmo condividere queste parole, non credi?”

Per un momento, la gola di Blaine si strinse e lui dovette evitare il suo sguardo serio. “Mi piace”, disse infine e gli fu permesso di cantare per

prossimi.

Rachel affermò il microfono e cantò i primi versi con voce rauca.

 

“I can’t believe this place I’m in
Everywhere and back again”
 
Blaine ondeggiava, schioccando le dita e entrando nel ritmo della canzone. Era impressionato dalla performance sexy di Rachel e dalla sua

confidenza. Sapeva di essere brava e, considerando il pubblico e gli altri concorrenti, era probabilmente la migliore performer della serata.

 
“Got my back against the wall
Wonder where I’ll be Tomorrow?
 
It’s hard to find a man,
they say it’s hard to achieve
but can’t a girl believe?”
 

Blaine era stato spazzato via dalla sua presenza scenica, ma aveva un buon feeling e poteva tenere il passo con lei. Non aveva mai rinunciato al glee

club e la sua voce era ben allenata. Tuttavia, quella sera era difficile per lui, perché Kurt era tra il pubblico. Quindi, quando afferrò il suo microfono,

trasferì tutto il suo cuore cantando il ritornello, così che, magari Kurt avrebbe potuto percepirlo.

 

“Is there somebody who still believes in love?
I know you’re out there
There’s got to be somebody
 
I search around the world
But I can’t seem to find
Somebody to love”
 

Non poté fare a meno di guardare Kurt furtivamente, che lo stava guardando con un’espressione illeggibile, il mento appoggiato sulla mano. Blaine

continuò la strofa con un freno nella voce,

 

“Baby, give me the key to your heart
I can give you what you want
 
When you’re waiting for love
And you’re lookin’ for someone
 
There’s got to be somebody
Somebody who still believes in love”
 

Rachel si unì a lui e cantarono il ritornello e gli ultimi versi insieme. Blaine era entusiasta di quanto fosse facile cantare con Rachel. Anche se non

avevano provato la canzone erano totalmente in sintonia.


“Is there somebody who still believes in love?
I know that you’re out there
There’s got to be somebody
 
I search around the world
But I can’t seem to find
Somebody to love”
 


Alla fine della canzone, Rachel prese la sua mano e si inchinarono davanti al pubblico. Blaine era sorpreso dall’applauso vigoroso che ricevettero,

ma non gli importava davvero. I suoi occhi erano fermi su Kurt che applaudiva, ma sembrava perso nei suoi pensieri. In quel momento Blaine avrebbe

dato la sua ultima bottiglia di gel per sapere a cosa stesse pensando.

Più di tutto, voleva sapere se Kurt continuasse a credere nell’amore.

Tornarono ai loro posti e Rachel si riordinò i capelli in disordine.

“Meravigliosa come sempre”, si complimentò Andrew. Non disse niente sulla performance di Blaine, ma questi non voleva che lo facesse. Era

interessato solo al parere di Kurt, ma il suo ex stava giocando con i cubetti di ghiaccio nella sua coca con la cannuccia.

“Amo cantare con Blaine”, dichiarò Rachel con serietà. “Sai, è davvero difficile trovare qualcuno che possa tenermi testa vocalmente.”

“E che possa darti in futuro dei bambini con tratti vagamente euroasiatici”, aggiunse Kurt con un sorrisetto, levando il bicchiere verso di lei.

“Cosa era quello?” chiese Blaine sconcertato, guardando da Kurt a Rachel, ma Rachel arrossì ridacchiando e baciò Kurt su una guancia.

“Fanno sempre così”, si lamentò Andrew. “Tutti questi stupidi giochi tra loro.”

Blaine non replicò. Continuò solo a provare a leggere nella mente di Kurt.

“Ma sai, Kurt,” disse Rachel, tornando seria un’altra volta e ignorando il fatto che Blaine e Andrew fossero lì, “per quanto lo possa adorare, c’è

qualcosa che io e Blaine non avremo mai,” fece una pausa e sorrise teneramente a Kurt prima di aggiungere: “e quella è chimica.”

Blaine alzò un sopracciglio alle sue parole. Non sapeva a che cosa fosse dovuto quello scambio, ma la sua osservazione fece perdere il controllo di

Kurt per un secondo, lungo abbastanza perché Blaine potesse cogliere che gli occhi di Kurt fossero diventati incredibilmente tristi, tanto da fargli male

al cuore.

“Fanno delle torte, per caso, qui?” chiese Kurt all’improvviso, suonando vulnerabile. “Amerei un cheescake adesso.”

“Vado a controllare,” si offrì Andrew, non notando il cambiamento di modi di Kurt. “Vuoi un’altra coca?” chiese, gli occhi su Kurt e bicchiere quasi vuoto

davanti a lui.

Kurt annuì. “Light, per favore. Grazie.”

“Anche a me, per favore!” intervenne Rachel, e scosse le sue mani in appello.

“Va bene, comprerò un giro”, si offrì generosamente. “Cosa vuoi, Blaine?”

“Sono a posto, grazie”, declinò Blaine, determinato a non prendere nulla da lui.

“Sei sicuro? Posso prenderti una birra sei vuoi.”

“No, grazie”, ripeté freddamente. Non avrebbe bevuto birra per poi tirare fuori tutto quello che provava per Kurt di nuovo.

Andrew scrollò le spalle e si diresse verso la cassa.

“Quindi, Blaine Warbler”, si rivolse a lui Kurt inaspettatamente, lasciando in attesa Blaine che, con gli occhi spalancati, si preparava a qualsiasi cosa

sarebbe seguita.

“Sì?”

“Niente papillon stasera?” chiese con un sorriso tenero.

Blaine fu sorpreso dalla domanda. Non indossava papillon da talmente tanto tempo che adesso non gli veniva in mente che la possibilità di

indossarli esistesse.

Il ricordarsene portò indietro un bel po’ di ricordi.

“Ho smesso di indossarli”,  rispose con una scrollata di spalle, e poteva vedere il disappunto negli occhi di Kurt, celato da un piccolo broncio.

La verità era che Blaine aveva smesso di indossarli perché, ogni mattina, quando se li allacciava, gli ricordavano che Kurt amava i papillon. Che Kurt

amava lui.

“E tu? Maniche lunghe di nuovo?” lo canzonò Blaine in risposta, visto che faceva caldo e Kurt stava di nuovo indossando un dolcevita a maniche

lunghe.

“Sai che odio l’estate”, rispose Kurt con un gesto sprezzante della mano. “Mi scotto così facilmente.”

“Ma non di notte, seduto in un bar”, disse Rachel con una risata, dando una gomitata al fianco di Kurt. Blaine avrebbe potuto giurare che Kurt avesse

fatto una smorfia al suo tocco. Inoltre, a Blaine non sfuggì il modo in cui Kurt mise una mano sul braccio di Rachel per tenerla a bada, per fermarla

dallo stare appiccicata al suo fianco. Lei stava chiacchierando così felicemente che non lo notò. Blaine sapeva che Kurt non era un amante del

contatto fisico, ma non aveva mai rifiutato l’abbraccio di un amico, prima. Perché stava sfuggendo al tocco di Rachel, adesso?

Andrew tornò con le loro coche e un’altra birra per se stesso. “Dolci per il mio dolce,” disse porgendo una tavoletta Snickers davanti a Kurt. “Scusa,

non avevano il cheesecake, ma so quanto ami le noccioline, quindi ti ho portato questa.”

“Grazie,” disse Kurt, ignorando deliberatamente l’inappropriata affermazione e scartando la tavoletta. Rachel lo prese in giro riguardo

quell’assunzione di zuccheri, ma Kurt semplicemente sogghignò. Per Blaine era chiaro che Kurt amava avere Rachel intorno, ma allo stesso tempo

manteneva le distanze.

“Amerai New York”, disse Rachel a Blaine per la centesima volta in un tono amichevole, “è una città così bella, non ti abituerai mai alla sua bellezza.

Anche dopo aver vissuto qui per più di un anno c’è ancora così tanto da vedere.”

“Potresti guadagnare soldi extra come guida turistica, Rachel,” scherzò Kurt ridacchiando.

“Che ne diresti di mostrarmi i tuoi posti preferiti, Kurt?” disse Blaine con tono innocente, mentre il suo cuore batteva all’impazzata alla prospettiva di

camminare per le strade di New York con lui.

“Un giorno, forse,” replicò quest’ultimo, suonando molto meno entusiasta. “E’ che sono davvero molto occupato al momento. Non posso farti

nessuna promessa.”

“Potresti venire con noi al Babylon,” offrì Andrew, con un ghigno impertinente sul viso. “Possiamo presentarti in giro.”

Blaine capì all’istante che di quel ragazzo non ci si poteva fidare. “Cos’è il Babylon?” chiese rivolgendosi a Kurt.

“E’ un bar gay,” disse questi scuotendo la testa. “Solo un posto dove ballare e strusciarsi.”

“Sì, giusto il posto perfetto per te, non è vero, Blaine?” disse Andrew con un altro ghigno. “Ti piace tanto strusciarti, giusto?!”

Blaine lo odiava di più ogni secondo che passava.

“Basta,” disse Kurt con voce affilata, con una mano sul braccio del ragazzo.

“Stavo solo dicendo,” continuò Andrew, scostandosi i capelli dagli occhi, “che non capisco come qualcuno possa tradire una persona così bella.”

“Drew!” Kurt piegò la testa e scoccò un’occhiata ammonitrice al ragazzo.

“E’ la verità, piccolo,” Andrew mise il braccio intorno alle spalle di Kurt e se lo portò più vicino, passando la mano sulla curva della sua mascella. “Sei

fottutamente bello, Kurt. Guardate questa faccia, tutti!”

Blaine dovette trattenersi per allontanare la mano di Andrew da lui.

“Non ha una pelle perfetta?” tubò passando il dorso della mano sulla guancia di Kurt. “Così morbida e senza imperfezioni.”

Kurt prese gentilmente la mano di Andrew e la portò sul tavolo. “Si chiama cura della pelle.”

“Lo sapevate che passa due ore ogni notte nel bagno?” Disse a Rachel e Blaine in un finto tono confidenziale. Rachel ridacchiò. Avendo vissuto con

Kurt, sapeva che Andrew stava esagerando.

“Non passo due ore a occuparmi della mia pelle,” protestò Kurt.

“E allora che fai per così tanto nel bagno tutte le sere?” chiese Andrew. “Mi fai aspettare, e aspettare, e aspettare..” Andrew si strofinò sulla curva del

suo collo. Kurt si allontanò leggermente da lui. “Penso che tu abbia bevuto un po’ troppo.” Disse alzando un sopracciglio in direzione del suo ragazzo.

“Vorrei avercelo io un ragazzo che non riesce a tenere le mani lontane da me”, disse Rachel ridendo e sorridendo al suo migliore amico.

Blaine si ritrovò a guardare Kurt ogni volta che questi non guardare verso di lui. Semplicemente non poteva togliergli gli occhi di dosso. Vederlo di

nuovo dopo tutto quel tempo portò indietro così tanti ricordi e gli ricordò tutte le cose che amava di lui. Il modo in cui socchiudeva gli occhi quando

rideva, il modo in cui contraeva il viso quando Rachel lo baciava sulla guancia, il modo in cui a volte inclinava la testa, prendendo le distanze, come

ascoltando una melodia nella sua testa o semplicemente sognando a occhi aperti.

Gli mancava così tanto che faceva male.

Tuttavia, osservò che il suo ex sembrava teso, non davvero rilassato e sembrava che non si stesse divertendo. Probabilmente, questo era dovuto alla

presenza di Blaine e, con lui, tutti i fantasmi che erano ordinatamente stati riposti via nei mesi passati.

Blaine sperò che a Kurt non importasse della sua intrusione. Voleva essere parte della sua vita di nuovo, nonostante non sapesse se avrebbe potuto

convivere con il fatto che Kurt era fidanzato con un altro. Era difficile guardarlo pensando che al Fidanzato era permesso parlare con lui, baciarlo,

toccarlo..

“Canterò per te, piccolo!” annunciò Andrew improvvisamente.

Il volto di Kurt era tirato. “Preferire di no.”

“Canterò per te. Che ti piaccia oppure no!” ripeté Andrew con un ghigno e si incamminò alla postazione karaoke. Si prese un momento per scegliere

la canzone, quindi andò dritto al microfono.

Blaine si scambiò uno sguardo con Rachel, chiedendole silenziosamente cosa aspettarsi. Lei semplicemente scrollò le spalle e prese a

sorseggiare la sua coca. Certo, Blaine aveva paura che questo ragazzo fosse un cantante meraviglioso. Forse, la ragione per cui Kurt non voleva che

cantasse di fronte a lui era il fatto che Andrew avesse una voce fantastica, con la quale nessuno poteva competere.

“Questa è per il proprietario del mio cuore,” disse Andrew al microfono, ricevendo qualche applauso. Blaine voleva semplicemente vomitare ogni

cosa sul tavolo.

Dopo che Andrew ebbe cantato i primi versi di “Amor”, Blaine seppe per certo che questo ragazzo aveva infatti una voce meravigliosa.

Meravigliosamente terribile. In nessun modo Andrew avrebbe potuto essere una minaccia, sul piano vocale.


“Amor, Amor, my love,
this word’s so sweet
 
That I repeat
It means I adore you
 
Would you deny this heart
That I have placed before you?
 

Blaine non poteva credere a ciò che sentiva e vedeva e, silenziosamente scosse la testa in diniego. Andrew si muoveva in modo provocante sulla

scena, tirando fuori le parole come uno sdolcinato cantante soul. Era così incredibilmente pessimo che non poteva essere reale. Non era nemmeno

divertente o buffo. Era completamente terribile. Della serie: seriamente?! Aveva scelto di cantare una canzone d’amore di così cattivo gusto?!

Chiaramente era solo uno scherzo.

Nel suo orrore, Blaine si guardò intorno e fu sollevato nel vedere che anche Rachel stava ridendo come una matta per la performance. Era chiaro che

nemmeno lei aveva preso seriamente quello schifo.

Kurt si era coperto metà faccia con la mano, guardando il suo ragazzo con un sorriso divertito. Blaine sapeva che Kurt era un romantico senza

speranza e che probabilmente anche questo misero tentativo di serenata avrebbe potuto conquistarlo. Blaine continuava a non arrivarci. Che cosa

diamine ci vedeva Kurt in quel tipo?!

Arrivati a quel momento, Blaine semplicemente odiava ogni cosa del Fidanzato, partendo dal fatto che quello là era tutto ciò che Blaine non era: alto,

più di Kurt, con spalle ampie e capelli in disordine, maleducato e un pessimo, pessimo cantante.

Blaine notò il modo in cui Kurt rideva al tentativo di Andrew di cantare una canzone d’amore. Forse era proprio quello, realizzò Blaine: Andrew non era

perfetto, e Kurt non stava cercando un ragazzo perfetto.

 

Dopo essersi inchinato e aver ricevuto qualche fiacco applauso, Andrew tornò a sedersi al suo posto e mise un braccio sulle spalle di Kurt,

portandoselo più vicino. “Hey, bellissimo, ti è piaciuta la canzone?”

“Mozzafiato,” scherzò Kurt.

“Esattamente come te, piccolo,” tubò Andrew e di nuovo, Blaine sentì l’urgenza di vomitare.

Si ricordò quella volta in cui Kurt gli aveva detto che gli toglieva il respiro. Allora Kurt lo intendeva sul serio, per lui non era stato uno scherzo. Blaine

sperò che un giorno sarebbe stato capace di togliergli nuovamente il respiro.

Blaine guardò come Kurt si liberò gentilmente delle braccia di Andrew.

Troppo vicino, nessuno spazio per respirare. Lascialo respirare, idiota. Blaine continuò a ripeterselo nella mente. Kurt non era mai stata una persona

molto incline al contatto fisico. Forse lo era stato perché andavano al scuola in Ohio, ma anche il vivere a New York poteva cambiare le persone così

tanto. Era chiaro come il sole a Blaine che a Kurt non piacevano le mani di Andrew su di lui.

“Devo andare in bagno,” Annunciò Andrew. “Vieni con me?” disse ghignando a Kurt.

“Vai avanti”, disse Kurt accarezzandogli il braccio.

“Vieni con me,” lo pregò Andrew, tirandogli la manica.

Blaine dovette trattenersi dall’urlare. Ha detto di no, idiota! E smettila di stropicciare il tessuto della manica, lui lo odia!

“Preferirei rimanere con Rachel..” declinò Kurt e sembrò che volesse aggiungere “e Blaine”, ma ci ripensò.

“E’ in compagnia,” protestò Andrew.

Con un sospiro, Kurt si alzò e scoccò un’occhiata a Rachel. “Torno tra un minuto.”

“Prendetevi il vostro tempo!” Disse ghignando lei e alzando le mani.

Blaine guardò il modo in cui Andrew mise il pollice nella tasca posteriore dei pantaloni di Kurt mentre camminavano attraverso la stanza.

Si coprì il viso con una mano. Si sentiva miserabile.

“Rachel..”

“Sì?” Rachel lo guardò.

“Perché Kurt non mi ha dato una seconda possibilità?” chiese “Se solo mi desse la possibilità di provargli che continuo ad amarlo più di ogni altra

cosa e che quella.. quella stupida scopata non ha significato nulla per me..”

Rachel si morse il labbro, non sicura di cosa dire.

“Non ha mai voluto vedermi,” continuò lui, “o lasciarmi spiegare. L’anno passato è stato un inferno per me, Rachel! Non parlare con lui, non vederlo,

non sapere che cosa stesse succedendo nella sua vita. È adesso sta con.. quello!” la faccia di Blaine era disgustata, indicando il punto in cui erano

spariti. “Questo è ridicolo! Cosa ci fa con quello?!”

“Non credi che non avrebbe potuto vederti senza pensare a te con quell’altro ragazzo?!” disse Rachel, alzando la voce. “Hai totalmente distrutto la sua

autostima. Non è facile perdonare e dimenticare qualcosa del genere.”

“Lo so che non è semplice,” disse Blaine tristemente, “ma voglio credere che non sia impossibile.”

“Il punto è che tu hai detto a Kurt che era l’amore della tua vita,” disse Rachel piano, scuotendo la testa. “E un paio di mesi dopo lo hai tradito con un

estraneo a caso che avevi conosciuto su Facebook. Lo so che le relazioni a distanza sono davvero, davvero difficili, specialmente considerando

quanto vicini eravate, e lo so che Kurt ha fatto i suoi errori, ma andare con un altro ragazzo perché ti sentivi solo?! Blaine, questo fa credere che tu

abbia pensato che Kurt non valesse la pena di aspettare.”

“Non sono andato con quel ragazzo con l’intenzione di tradire Kurt,” scosse la testa. “Avevo solo bisogno di qualcuno con cui parlare, qualcuno che mi

prestasse attenzione, ma appena sono arrivato è diventato chiaro che Eli non volesse parlare. Ha cominciato a baciarmi e.. mi sono sentito bene. È

successo e io non l’ho fermato.” Blaine scrollò le spalle e si portò una mano sul viso.

“Rachel, posso fare sì che non sia mai successo?”

Rachel lo guardò con occhi pieni di pietà. Non aveva una risposta per lui.

Blaine prese un tremolante respiro e guardò verso il soffitto. “Non ho mai, mai, voluto ferirlo, Rachel.”

“Lo so, ma lo hai fatto,” rispose a bassa voce. “Le persone che ami hanno il potere di ferirti di più.”

“Tu non hai idea di quanto vorrei fare sì che tutto questo non fosse mai successo”, disse con voce rauca. “Vorrei non essere mai andato a casa di

quel ragazzo.”

Rachel annuì tristemente e gli si avvicinò per stringergli la mano. “Ti credo, Blaine Warbler, fammi mettere una buona parola per te e vediamo cosa

posso fare, va bene?”

“Grazie,” disse lui, avvolgendola con le braccia. “Pensi che abbia qualche possibilità?”

“Devi sapere una cosa”, Rachel avvicinò la sua testa in modo confidenziale. “Kurt è insicuro, è sempre stato insicuro, ma anche dopo tutto quello che

è successo, continua ad amarti.”

“Non sono sicuro di questo”, disse scuotendo tristemente la testa.

“Ma io lo sono”, replicò Rachel con un sorriso. “Non ha mai smesso di amarti. Ed è per questo che è così doloroso per lui pensare che tu lo abbia

fatto.”

Blaine annuì alle sue parole, determinato a lottare per l’amore di Kurt, ma non sicuro di come cominciare a seguire il suo consiglio.

 

“Perché ci mettono così tanto?” Blaine non poté fare a meno di controllare l’orologio e diventare inquieto per il tempo che Kurt ci stava mettendo a

tornare. Cosa stavano facendo in bagno per così tanto tempo?

“Vado a cercare Kurt”, disse alzandosi.

“Non farlo,” disse Rachel posandogli una mano sul braccio, ma Blaine scosse la testa in silenzio. Doveva seguirli. Non poteva pensare che Kurt

avrebbe permesso a quel ragazzo disgustoso di scoparselo nel bagno di un bar. Kurt era migliore di così. Meritava qualcuno che amasse ogni suo

passo e non che lo prendesse in pubblico.

La strada per il bagno, portava al piano inferiore, in un corridoio buio.

Blaine scese un paio di gradini, le sue scarpe leggere non facevano alcun rumore sulle scale di cemento, che lo conducevano alla girata di un

angolo.

Blaine si fermò di botto quando sentì voci concitate che venivano dai piedi delle scale. Proprio dietro l’angolo, poteva riconoscere due ragazzi, pressati

contro il freddo muro di pietra. Blaine dimenticò istantaneamente come respirare, era fin troppo sconvolto da ciò che vedeva.

Kurt era pressato contro il muro ed Andrew lo sovrastava, stringendo saldamente il suo braccio. La tensione tra i due era palpabile.

E non era tensione sessuale.

Andrew manteneva la presa ferrea sul suo polso mentre gli sibilava qualcosa. Dal suono minaccioso della sua voce, Blaine poteva immaginare che

non fosse un poema romantico.

“Ti ho chiesto qualcosa!” disse Andrew più forte, il suo viso vicinissimo a quello di Kurt.

“Non lo sono, Drew,” disse Kurt in tono basso e rassicurante. “Non lo sono, okay?! Non devi preoccuparti.”

“Lo spero,” ringhiò Andrew, spingendo un’altra volta Kurt contro il muro.

“Kurt?” lo chiamò Blaine, la voce un po’ scossa, mentre scendeva qualche altro gradino. “Che sta succedendo?”

Immediatamente, Andrew si allontanò, facendolo sembrare meno spaventoso di quello che era.

“Guarda chi c’è!” lo chiamò arrogantemente. “Il bastardo traditore!”

Blaine digrignò i denti. Sì, aveva tradito, e lo rimpiangeva ogni dannato giorno. Ma non aveva mai alzato una mano su Kurt.

“Togligli le mani di dosso,” disse a bassa voce.

“Che hai detto?!” disse ridendo e salì le scale per andargli incontro, raddrizzando le spalle.

“Ho detto di togliere le mani di dosso a Kurt!” ripeté Blaine, rimanendo fermo a metà scala.

“E chi sei tu per dirmelo?!” Andrew si avvicinò, il suo fiato sapeva di birra.

“No, Drew, lui non ne vale la pena.” Kurt si mise in mezzo, ponendo le sue mani sulla vita del ragazzo. “Mi hai sentito? Non ne vale la pena!”

Kurt tirò il suo ragazzo. “Andiamo a casa a guardare lo show di seconda serata via cavo, va bene? Penso che l’ospite di stasera sia Taylor Swift. Ti

piace, non è vero?”

“Oh, è una bambola,” ammise Andrew ponendo il braccio attorno alle spalle di Kurt. “Come te, piccolo.”

Senza guardarsi indietro, Kurt tirò il ragazzo su per le scale, lasciando Blaine indietro.

Questi crollò pesantemente contro il muro, provando a capire quello che era appena successo.

Lui non ne vale la pena!

Non ne vale la pena!

Blaine ricordò il giorno in cui avevano affrontato Karofsky insieme, sulla scalinata del McKinley. Kurt si era messo in mezzo a loro per impedire al bullo
di fargli del male.

Kurt si era messo in mezzo a loro adesso e aveva tirato Andrew via.

Aveva protetto Blaine.

Kurt lo aveva appena salvato.

Lo aveva salvato!

Perché lui valeva la pena.

La realizzazione fece raggelare Blaine in modo inquietante.

Primo, significava che a Kurt importava ancora molto di lui.

Secondo, significava che c’era un lato oscuro di Andrew da cui bisognava proteggersi.

Apparentemente, Andrew non era la figura del perfetto fidanzato, dopo tutto.




___________________________________________________________________________________________________________________

 
*traduzione letterale. In italiano dovrebbe voler dire che non si sarebbe nascosto.
Per una traduzione alternativa, contattatemi e sarò felice di correggere.

Ebbene, anche il terzo è andato. Vorrei ringaziare davvero tanto tutte le persone che leggono, preferiscono e seguono questa storia. Davvero. Spero di non deludere le vostre aspettative. 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Ehi there! Ok, giusto un paio di cosine inutili/precisazioni prima di lasciarvi al capitolo. Mi è stato chiesto se continuassi o meno le mie traduzioni. Lo faccio. State tranquilli, non mollo mai le cose a metà, anche perché a me per prima,  come lettrice darebbe fastidio. Anche se non mi è possibile aggiornare regolarmente a giorni fissi, avrete sempre almeno un capitolo a settimana.  Detto questo, quindi, passo a ringraziare le meravigliose venti persone che seguono questa FF, le tre che preferiscono e le tre che hanno recensito. Mi fa davvero piacere leggere i vostri commenti, di qualunque genere siano, anche se volete solo lanciarmi le patate, davvero!
Nella mia profonda scienza, ho capito come cambiare carattere, credo che così sia meglio c:

Detto questo, vi lascio al capitolo. 
Enjoy.
R. 
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“Non esiste, Blaine,” Rachel gesticolava violentemente. “Vuoi farmi credere che Andrew sta abusando di Kurt?!”

Erano seduti sul divano del loro appartamento, e avevano già bevuto la seconda enorme tazza di cioccolata calda. Forse Rachel aveva esagerato con

lo zucchero. Da quello che Blaine aveva imparato delle questioni femminili, Rachel era anche nel suo periodo, che l’aveva lasciata ancora più

appiccicosa e spaventata. Dopo che la serata al Pub Irlandese era finita così improvvisamente, aveva chiesto a Blaine di stare da lei per la notte.

“Devi ammettere che c’è qualcosa di strano in quel ragazzo.”

“Sì, è un ragazzo!” sottolineò Rachel. “Ho imparato dall’esperienza che i ragazzi sono idioti per la maggior parte del tempo. Nessuna eccezione! Ma

puoi chiaramente vedere quanto è preso da Kurt. Non lo lascia solo nemmeno un secondo.”

“Te l’ho detto, mi sono imbattuto in loro”, insistette Blaine. “Andrew aveva spinto Kurt contro il muro e, non appena mi sono fatto vedere, lo ha

lasciato all’istante, come per non sembrare sospetto.”

Rachel contrasse il volto. “Sei sicuro che non stessero solo pomiciando quando ti sei messo in mezzo?”

“Te l’ho detto, Andrew gli stava stritolando il braccio”, continuò Blaine. “E sembrava doloroso. In più gli stava parlando come se lo stesse

minacciando. Quando gli ho detto di togliere le mani da Kurt mi stava attaccando. Se Kurt non si fosse messo in mezzo mi avrebbe picchiato!”

“Sai, quando ho detto che dovresti combattere per Kurt non intendevo che dire venire alle mani con Andrew,” disse Rachel con un pesante sospiro,

accucciandosi sul fianco come un gatto.

“Non posso smettere di pensare a Kurt in un appartamento con quel mostro”, ringhiò Blaine. “Potrebbe stargli facendo qualsiasi cosa proprio adesso.”

“Mostro?!” Rachel rise, e Blaine poté sentire il suo corpo vibrare contro il proprio. “Andiamo, sei solo geloso.”

“No, non lo sono! Beh, okay, forse sono geloso. Ma non ha niente a che vedere con il fatto che ci sia davvero qualcosa che non va. Questo Andrew non

è così dolce e carino come sembra.”

Blaine è geloso, Blaine è geloso”, cominciò a prenderlo in giro lei, cantando una canzone da bambini, ridendo sulla spalla di lui. “Blaine è ancora

innamorato di Kurt, Blaine rivuole Kurt indietro!”


“Puoi chiamarlo, per favore?” la implorò Blane.

Rachel si sedette dritta e lo guardò come a dire: “Seriamente?!”

“Per favore, Rachel,” disse tirando fuori il suo sguardo da cucciolo. “Chiamalo e chiedigli se sta bene. Ti prego.”

“Sono sicura che sta bene,” disse, ma sembrava incerta. “Va bene, se ti fa sentire meglio..”

Si allungò per prendere il telefono dal tavolino e si risedette a gambe incrociate accanto a Blaine.

“Non dirgli che sono con te,” le disse. “E metti il vivavoce. Voglio..”

“..origliare? Sentire la sua voce? Dare di matto internamente perché tu non puoi chiamarlo, visto che sei un fifone?” lo prese in giro lei con un ghigno.

Blaine le scoccò un’occhiataccia, ma annuì sconfitto. “Sì a tutti i punti della tua lista. Adesso puoi chiamarlo, per favore!?”

“Va bene, va bene” mormorò lei schiacciò il pulsante di chiamata. Non passò molto prima che Kurt rispondesse con voce stanca.

“Rachel, è tard..”

“Sì, scusa,volevo solo… te ne sei andato così in fretta stasera. Volevo solo assicurarmi che stessi bene.”

“Scusami, non volevo farti preoccupare,” replicò Kurt a bassa voce. “Andrew voleva vedere un programma in TV. Se n’è ricordato all’ultimo minuto.”

“Oh, mi stavo solo domandando..” Rachel si morse il labbro, ignorando Blaine che gesticolava verso di lei. “Lo sai, Kurt, Blaine mi ha detto che vi ha

trovati sulla strada per il bagno..”

“Sì” Kurt si lasciò sfuggire una risatina. “Sì, quello è stato un po’ inopportuno.”

“Blaine ha detto che Andrew sembrava arrabbiato,” disse lei cautamente.

“Sì, a dir la verità, Andrew si è un po’ ingelosito, dopo aver incontrato Blaine, questo è tutto. Non preoccuparti.”

“Sei sicuro?”

“Smettila si preoccuparti per me, Rachel”, disse con una risatina. “Posso gestirlo quando ha i suoi periodi storti.”

Rachel si scambiò uno sguardo con Blaine prima di continuare. “Beh, sono solo triste che non abbiamo parlato molto, Kurt. Mi manchi davvero tanto.

Che ne dici se ci vedessimo, domani sera? Ci sono così tante novità che devo raccontarti!”

“Domani è venerdì,” le ricordò Kurt. “Il venerdì sera è la sera del Babylon.”

“Oh, certo. Solo uomini,” Rachel mise il broncio, ma poi i suoi occhi scattarono su Blaine e ghignò. “Ehi, perché non porti Blaine con te al Babylon?

Andrew lo ha invitato, non è così?! Magari potresti trovargli un ragazzo carino..”

Blaine le diede una gomitata. Ma che cazz..?

“Rachel,” sospirò Kurt. “E’ lì con te, vero?”

“No! Cosa te lo fa pensare?” esclamò lei teatralmente.

“Pensi davvero che non vi conosca, voi due?” ridacchiò lui. “Passamelo.”

Rachel fece una smorfia di scuse a Blaine e gli passò il telefono.

“Ehi Kurt, scusami…” disse Blaine mortificato.

“Puoi venire al Babylon con noi, sei vuoi.” Lo interruppe Kurt. “Quindi, domani sera. Stai da Rachel, giusto? Dovevo prendere delle mie cose da casa

sua in ogni caso, quindi passo a prenderti. Ci vediamo intorno alle undici?”

“Va bene,” disse Blaine velocemente, troppo meravigliato dalla proposta per essere in grado di elaborarla. Kurt voleva davvero portarlo in una

discoteca gay?! “Uhm, cosa devo mettermi?”

“Mettiti un paio di jeans neri.. hai ancora quelli stretti della Guess? E una camicia. Metti qualsiasi colore tranne il turchese o l’arancione,” lo istruì

Kurt.

“Non usare troppo gel, e ti prometto che ti ameranno, là dentro.”

“Grazie dei consigli,” rispose con un sorriso, tenendo per sé il fatto che non voleva essere amato da nessun altro al Babylon eccetto Kurt. “Mi

piacerebbe venire.”

“Bene. Ci vediamo domani,” disse Kurt, e Blaine desiderò di poter passare attraverso il telefono per essere capace di vedere il calore dei suoi occhi,

accompagnato dalla dolcezza della sua bellissima voce.

“Blaine?” disse dopo un momento di silenzio.

“Sì?” rispose, ancora paralizzato dal fatto che avrebbe visto Kurt la sera successiva.

“Puoi passarmi Rachel, per favore?”

“Oh, certo.” Blaine non gli disse che era comunque in vivavoce e che Rachel poteva comunque sentire tutto ciò che stavano dicendo.

Rachel prese il telefono cautamente e si rannicchiò contro Blaine per conforto, visto che si aspettava che il suo migliore amico le inveisse contro e si

infuriasse per il fatto che stesse complottando con Blaine contro di lui.

“Sì, Kurt?”

“Ti voglio bene, Rachel Berry,” disse con voce dolce.

Istantaneamente, Rachel scoppiò in lacrime. “Ti voglio bene anch’io,” cercò di dire con voce rotta.

“Sono felice di sapere che Blaine è con te e che non sei da sola.”

“Sì, anche io.” Si asciugò gli occhi. “E’ una persona fantastica con cui uscire.”

“Buonanotte, Rachel,” disse Kurt. Si schiarì la gola e aggiunse, con voce leggermente tremante: “Mi manchi anche tu, lo sai.”

Rachel sorrise apertamente, mentre una lacrima le scivolava lungo la guancia. “Buonanotte, a domani!”

 
 
 
 

“Parlami del Babylon. Com’è?” chiese a Rachel nel bel mezzo della notte.

Lei e Blaine stavano dividendo il letto, e Blaine le aveva permesso di circondargli il petto con le braccia e poggiare la testa sulla sua spalla. La sua

vicinanza gli fece pensare come si fosse addormentato con Kurt, un paio di volte. A come avesse ascoltato il battito del suo cuore e si fosse sentito al

sicuro e a casa. Non era successo abbastanza spesso. Essendo adolescenti e vivendo con il loro genitori, non avevano mai avuto la possibilità di

passare l’intera notte insieme.

Andrew non sapeva quanto fosse fortunato a dividere l’appartamento, il letto, la vita con Kurt.

“Non ne so molto. È esclusivamente un locale per uomini,” disse Rachel imbronciandosi di nuovo. “Ho provato ad entrarci, una volta, ma non mi

avrebbero nemmeno lasciato usare il bagno. Kurt non ne parla mai molto, tranne che dire che ama andare a ballare lì e che, apparentemente, ci sono

un sacco di ragazzi meravigliosi.”

Blaine provò ad immaginare il suo ex ragazzo ballare nel mezzo di un gruppo di bei ragazzo, divertendosi in mezzo alla folla.

Pensare a questo gli ricordò di quella notte allo Scandals, il modo in cui entrambi erano stati un po’ goffi, ma eccitati di visitare quel locale. Sentendosi

avventurosi e coraggiosi. Sentendosi cresciuti.

Ma, più di tutto, si ricordò della confessione che Kurt gli aveva fatto in seguito.

“Volevo essere la tua star da bar gay.”

Il modo in cui era arrossito, sorridendo malinconicamente, pensando di aver fallito.

“Ma per quanto mi sforzassi, sono solo uno stupido romantico.”

Blaine si morse il labbro, ricordando il bacio che avevano condiviso nell’auditorium, quella notte. Voleva baciarlo in quel modo di nuovo, più di

qualsiasi altra cosa.

 

“Perché non hai un altro ragazzo, Rachel?” chiese Blaine dopo un lungo e fallimentare momento in cui aveva provato ad addormentarsi.

“Potrei farti la stessa domanda, ma non devo. So cosa vuol dire trovare l’anima gemella, e anche tu.” Sussurrò lei nell’oscurita.

Scosse la testa lentamente, pressando la guancia sulla sua spalla. “Stavo per sposarmi, Blaine. Per parecchio tempo, Finn è stato il mio tutto. Non è

facile trovarsi semplicemente un altro quando il tuo cuore sta ancora guarendo per la perdita del primo.”

Blaine semplicemente la strinse, fingendo di non notare le lacrime che scendevano sulla sua maglietta.

 


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Beh, anche il quarto capitolo è andato. 
Ora, vi offendete se faccio un piccolo, piccolissimo spazio pubblicità?
Beh, se sì ditemelo. 
Se siete interessati, sto traducendo altre due autrici di Klaine, quindi se volete dare un'occhiata, qui i link: 

Hearts we hid up our sleeves
Fire with fire


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Scusate, scusate, scusate! Lo so che dovevo aggiornare sabato, ma davvero questo periodo è un inferno e ce la sto mettendo tutta per tenere il ritmo. Per chiunque segue le altre mie FF in corso sappia che a giorni pubblicherò i capitoli successivi, non appena trovo il tempo di tradurli e betarli. Giuro, farò in fretta.
Detto questo, vi lascio alla storia. 
Enjoy, R.
Link al capitolo originale: 
https://www.fanfiction.net/s/8905275/5/Trust-Is-A-Flexible-Word

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“Stai bene!” gli assicurò Rachel, standogli accanto di fronte allo specchio. “Non hai motivo di sentirti nervoso.”

“Certo..” disse Blaine con una risatina. Blaine nervoso era l’eufemismo dell’anno. Blaine era un disastro. In un paio di minuti,

Kurt si sarebbe fatto vedere per portarlo al Babylon. Un gay bar. A New York. Come poteva non essere nervoso?!

“Tutti quanti allungheranno il collo verso di te!” disse, dandogli una pacca sulla schiena.

“Non mi interessa di tutti,” sospirò Blaine, aggiustandosi le maniche del cardigan viola scuro.

“Lo so,” disse lei appoggiandogli la guancia sulla spalla. Stettero per un po’ a fissare i loro riflessi, provando a ricomporsi.

Il campanello suonò e Blaine si riscosse. Oh Dio, non era ancora pronto! I suoi capelli erano un disastro! E non aveva ancora

deciso quali scarpe mettere e..

“Kurt!” squittì Rachel, battendo le mani felicemente. Rachel aveva aperto la porta e aspettava che Kurt salisse i gradini.

“Oh, mi è mancata la tua continua eccitazione,” scherzò Kurt quando finalmente raggiunse l’ultimo gradino e non poté più

sottrarsi al suo abbraccio.

“Ho fatto una torta!” annunciò lei orgogliosamente e spinse il suo migliore amico dentro. Blaine si fermò goffamente al centro

della stanza, ancora una volta senza sapere come approcciarsi a lui, ed era la terza volta che incontrava Kurt da quando era

arrivato a New York.

“Ehi,” disse con un sorriso incerto mentre gli occhi di Kurt correvano su di lui.

“Ehi a te,” disse alzando un sopracciglio in apprezzamento.

“Stai bene, Blaine Anderson.”

“Grazie,” Blaine prese fiato e indicò il suo ex. “Anche tu.”

Kurt aveva acconciato i capelli, rendendoli più lucidi del solito. Erano tagliati corti sulla nuca e ai lati, ma li aveva tenuti lunghi

sulla cima, e Kurt aveva acconciato il ciuffo in alto rispetto alla sua fronte.

Indossava un cappotto lungo e nero, che tenne addosso mentre si sedeva sul divano, accavallando le gambe. “Crostata di mele!

La mia preferita!” disse mettendosi un grosso pezzo nel piatto.

“Blaine, devi provarla, è da morirci.”

Blaine si sedette di fronte a lui e non poté fare a meno di squadrarlo. Come sempre, Kurt era impeccabile. Il viso immacolato, i

capelli perfettamente in ordine e la postura aggraziata ma senza essere forzata. Gli stivali al ginocchio lo rendevano più alto di

quanto già non fosse e i jeans neri e stretti e il cappotto aderente glia abbracciavano il corpo. E fu proprio per quello che fu

sorpreso di vedere Kurt mangiare una torta.

“Stai in guardia, se hai intenzione di vivere con lei,” disse Kurt a Blaine, disse mettendosi una mano davanti alla bocca, come

per dirgli un segreto. “Non sa cucinare, ma sa fare delle torte buone da morire. Prenderai un bel po’ di chili senza

accorgertene.”

“A me non sembra,” disse Blaine, alzando un sopracciglio in direzione della figura snella di Kurt.

“Ballerò tutta la notte espellendo queste calorie dal mio corpo.” Kurt si pulì un po’ di crema dalle dita e prese un’altra fetta.

“Vorrei poter venire con voi,” disse Rachel con un sorriso triste. “Mi manca uscire con te.”

“Hai Blaine, adesso,” disse Kurt. “Scommetto che voi due vi divertirete molto, vivendo insieme.”

“Sì, Blaine e dolce e tutto,” rifletté Rachel, e Blaine sogghignò al modo in cui lei stesse parlando di lui come se non fosse seduto

accanto a loro. “Ma non posso davvero rivolgermi a lui quando non so cosa mettermi, giusto?!”

“Oh, potrebbe sorprenderti,” ribatté Kurt, puntando la forchetta verso Blaine. “Ha un buon gusto, se ci prova. E ha occhio per

l’abbinamento dei colori. È qualcosa, almeno.”

“Beh, grazie, immagino..” disse Blaine con circospezione.

“Ma stai attenta, Rachel, potresti finire a indossare cravatte a strisce rosse abbinante a un blazer blu scuro troppo grande,”

scherzò Kurt, mentre Rachel rideva ad ogni parola.

“Molto divertente,” replicò Blaine, stando al gioco. Aveva sperato di poter scherzare con Kurt in quel modo di nuovo. “Ricordo

che tu amavi da morire il blazer su di me,” aggiunse flirtando.

“Sì, è vero,” ammise con un’occhiata insolente rivolta al suo ex, flirtando a sua volta. “Ma amavo molto di più i tuoi papillon.”

“Oh, i papillon!” assentì Rachel felicemente. “Sentivo come di toccarli(*)”

“Sì, anche io,” rise Kurt.

Blaine sorrise scuotendo la testa. “Scusatemi, state ammirando il mio stile o mi state prendendo in giro?!” Rachel gli puntò il

dito sulla spalla. “Noi ti amiamo, Blaine Warbler! Non ti prenderemmo mai in giro!”

“Parola di lupetto!” aggiunse Kurt, alzando la mano all’altezza delle spalle e facendogli il saluto a tre dita.

“Sì, parola di lupetto!” disse Rachel copiando il movimento.

Blaine rise. “Almeno l’essere una scout spiega la tua bravura nel fare dolci, Rachel.”

“Non sono mai stato uno scout,” confessò Kurt. “Quando ero piccolo giocavo a prendere il the in giardino tutto il giorno.”

“Beh, allora vorresti un’altra fetta di torta, mio caro?” chiese Rachel giocosamente.

“Mia cara amica, come posso resistere?” disse Kurt stando al gioco. “E posso avere altro the alla frutta?”

Blaine ridacchiò al comportamento infantile, ma adorabile dei suoi amici.

“Dovremmo andare,” disse Kurt dopo un momento. “Il Babylon ci sta aspettando!”

Si mise in spalla il borsone con i suoi vestiti, preparato da Rachel e baciò quest’ultima su una guancia.

Blaine lo seguì fuori, eccitato, ma anche diffidente. Avrebbe preferito passare la notte sul divano con Rachel e Kurt, facendo gli

stupidi. Non era molto felice di incontrare Andrew di nuovo e ricordarsi che Kurt era già stato preso.

 

 
 
 
Kurt lo stava guidando verso il BMW nero del suo ragazzo, che era abbastanza impressionante. Tuttavia, non appena accese il

motore e la radio cominciò a suonare, apparentemente riproducendo l’ultima canzone del CD inserito, Blaine rabbrividì

visibilmente.

Era una forte, orribile schifezza elettronica. Ritmo veloce, voci distorte, testo senza senso, senza cuore o sentimenti. Venendo

da un ambiente da coro a cappella, Blaine disprezzava quel tipo di rumore elettronico che pretendeva di essere chiamato

‘musica’.

“Oh mio Dio, è terribile!” esclamò quindi, disgustato. “E’ quello che ascolta Andrew?”

“Sì,”  Kurt alzò la testa verso di lui. “E anche io.”

“Mi prendi in giro?! Hai un gusto decisamente migliore di questo schifo che ti riduce in pappa il cervello! Dio, non posso

nemmeno pensarci!”

“Mi capita di apprezzare il suo intorpidimento,” replicò con un sospiro. “Dopo aver lavorato per così tante ore ogni giorno, hai

semplicemente bisogno di qualcosa che ti faccia dimenticare le cose.”

“Preferirei ascoltare qualcosa di cantabile,” disse Blaine. “Ti da fastidio se accendo la radio?”

“Giù le mani dalla radio!” la voce di Kurt era affilata, il che sorprese Blaine.

“Scusa,” aggiunse Kurt in tono più dolce, “ma non ascolto più la radio.”

“Perché no?” chiese Blaine, sconcertato.

“Hai idea di quanto spesso certe canzoni siano ripetute ancora e ancora alla radio?!”

“Per esempio quali?” chiese Blaine, senza capire.

Kurt sospirò esasperato. “Per esempio quelle che non voglio ricordare.”

Blaine considerò la cosa. Da quando Kurt aveva rinunciato alla NYADA  e ai suoi sogni riguardo Broadway, non voleva più

ascoltare musica melodica, perché questa avrebbe potuto ricordargli tutto il resto. Inoltre, ascoltare musica pop era fuori

questione, perché molte canzoni gli ricordavano la loro storia. Dio, anche Blaine non ascoltava più Katy Perry da un anno,

perché faceva troppo male.
 
“Allora posso cercare un altro CD? Ci deve essere qualcos’altro qui.”

“Buona fortuna,” ridacchiò Kurt.

L’interno della BMW di Andrew era un abitacolo pulito e organizzato. Non si vedeva un granello di polvere da nessuna parte.

Ecco perché Blaine fu sconvolto quando aprì lo sportello e tutto il macello saltò fuori: centinaia di CD senza custodia, fazzoletti

di carta, gomme e caramelle scartate e pacchi di sigarette vuote.

“Adorabile,” commentò, mentre la maggior parte della roba cadeva ai suoi piedi.

Che cos’altro era nascosto sotto la superficie?

Prese una manciata di CD dallo scompartimento e lesse i titoli sul davanti, scritti in una calligrafia disordinata. Fu intrigato

quando trovò un CD con la scritta “La voce di Kurt”.

Curioso, lo fece partire.

Una melodia delicata partì da un pianoforte, sognante e lenitiva, e Blaine si rilassò all’istante. Ecco, questo era quella che lui

chiamava buona musica.

Kurt, d’altra parte, alzò lo sguardo terrorizzato. Istantaneamente raggiunse la radio e pigiò il pulsante eject. Il CD venne fuori.

“Lo sapevo!” esclamò arrabbiato. “Sapevo che lo aveva preso!”

“Che c’è che non va?” chiese Blaine, riprendendosi il CD. “Che c’è qui dentro?”

“Non è niente,” rispose l’altro fermamente. “Buttalo fuori dal finestrino.”

“Cosa?!” Blaine assottigliò lo sguardo.

“E’ un mio CD,” spiegò Kurt mentre apriva il finestrino di Blaine premendo il bottone dal suo lato. “Non voglio che Andrew lo

abbia. Buttalo fuori, adesso.”

Blaine si rigirò il CD tra le mani, riluttante, non sicuro di cosa fare. Voleva sapere cosa ci fosse in quel CD di così speciale che

Kurt non voleva farlo avere ad Andrew.

“Blaine che stai facendo?” chiese lui impaziente. “Buttalo via, per favore!”

“Tieni gli occhi sulla strada,” disse Blaine, mentre faceva accidentalmente cadere a terra il CD. Sporgendosi in avanti per

raccoglierlo, velocemente lo scambiò con un altro, intitolato “I miei top 100” e buttò quest’ultimo fuori dal finestrino,

mettendosi di nascosto l’altro in tasca.

“Grazie.” Chiuse il finestrino con un sospiro. “Ora, potresti rimettere la schifezza annulla pensieri?”

“Preferirei non ascoltare nulla,” disse Blaine.

“Dolce nulla sia, allora.” Confermò Kurt con un sorriso.

Blaine lasciò vagare lo sguardo alla deriva sulla figura notturna della città, senza davvero pensare a niente. Tutto quello di cui

era consapevole era la presenza di Kurt, il modo in cui teneva gli occhi puntati sulla strada e le dita strette sul volante.



Kurt guidò fino a un parcheggio vicino alla discoteca e parcheggiò in uno spazio libero. Si slacciò la cintura, ma invece di uscire

dalla macchina, si sporse verso il lato di Blaine per prendere una piccola borsa da trucco dallo scompartimento disordinato.

“Che stai facendo?” chiese divertito Blaine, mentre Kurt estraeva un eyeliner nero dalla trousse.

“Mi preparo per il Babylon,” rispose spensieratamente, aggiustando lo specchietto retrovisore e mettendosi l’eyeliner in modo

esperto in modo che seguisse l’ombretto argentato che aveva applicato con un piccolo pennellino.

Blaine lo guardò affascinato. “Ho bisogno anche io di quella roba?”

“Non preoccuparti,” ghignò lui dolcemente. “Non hai bisogno di niente per attirare l’attenzione.”

“Nemmeno tu, Kurt.”

“Beh, mi piace aggiungere quel tocco extra di mistero,” disse ammiccandogli, e Blaine era attonito nel constatare quando Kurt

fosse diverso soltanto aggiungendo un po’ di trucco sugli occhi. 

“Aspetta, sembra che tu abbia bisogno di un po’ di questo.” Prese un tubetto dalla sua trousse e lo aprì. Spremette un po’ di

fondotinta sulle dita e si avvicinò per metterne un po’ sulle guance di Blaine. Questi rimase fermo e lo lasciò fare. Stava

trattenendo il respiro e non poteva togliergli gli occhi di dosso. Il suo ex era così vicino e gli occhi di Kurt era fissi su di lui, beh,

sul suo mento, ma buon Dio, avere l’attenzione di Kurt lo faceva ancora sentire dannatamente bene.

Le dita di Kurt volavano sul suo viso, e Blaine dovette ficcarsi le unghie nei palmi delle mani per sopprimere un gemito, così

come il desiderio di afferrarlo e baciarlo solo per vedere cosa sarebbe successo.

“Beh, ci sei,” annunciò con tono sognante quando ebbe finito. “Di nuovo perfetto.”

“Davvero lo pensi?” chiese Blaine con aria mortificata.

Kurt lo guardò dritto negli occhi e un sorriso triste fece capolino all’angolo della sua bocca. “Sei sempre stato perfetto ai miei

occhi, lo sai.”

Blaine sentì di stare per piangere e cercò di ingoiare il groppo che aveva in gola. “Vorrei esserlo stato,” tentò di dire con voce

rotta.

“Andiamo,” disse Kurt, affrettandosi ad uscire.

Blaine lo seguì lentamente. Non gli sarebbe importato di rimanere in quella macchina per sempre.

“Ad Andrew non dispiace che io sia venuto?” chiese mentre uscivano dal parcheggio e attraversavano la strada verso la

discoteca.

“Veramente, non vede l’ora di farti l’interrogatorio,” lo avvertì Kurt. “Tieni la bocca chiusa, ok? Non dirgli nessuna fottutissima

cosa riguardo me.” Disse accigliandosi. “Perdona il mio linguaggio, temo che venga fuori da solo. Quello che volevo dire è: per

favore non dirgli niente riguardo me.”

“Perché dovrebbe chiedermi cose su di te?” chiese Blaine confuso.

“Solo per imparare cose su di me con cui darmi fastidio.” Disse con una risatina. “Può essere un vero palo in culo, a volte.”

“Wow, suona davvero vero amore,” disse Blaine deridendolo, prima di poterselo impedire. Diede una veloce occhiata a Kurt,

che si era improvvisamente teso alle sue parole e si era fermato nel bel mezzo della strada, fregandosene di eventuali macchine

che avrebbero potuto investirlo.

“Kurt?” chiese girandosi verso di lui, leggermente terrorizzato dal suo rimanere fermo in mezzo a una strada trafficata. Gli fece

cenno di muoversi, ma Kurt lo fulminò.

“Non osare parlare di vero amore con me, Blaine Anderson.” Disse puntandogli contro il dito, la voce carica di rabbia e dolore.

“Non posso davvero credere che tu possa prenderti gioco di me!”

Blaine gli andò vicino, nel tentativo di evitare il traffico intorno a loro. “Non volevo prendermi gioco di te.”

“Lo hai fatto,” sbottò Kurt. “E non starò a guardarti ridere di me.”

“Non lo faccio,” gli assicurò Blaine, pregandolo con gli occhi. “Kurt, voglio che tu sia felice e che ami più di ogni altra cosa. Solo

non penso che Andrew sia la persona giusta per darti tutto questo.”

Kurt sembrò considerare le sue parole mentre continuava a guardarlo furioso.

 
Blaine non sapeva se fosse abbagliato per le luci intermittenti e i semafori o per il trucco attorno agli occhi di Kurt o se fosse il

segno delle lacrime che inumidivano i suoi occhi blu ma, improvvisamente, si sentì morire. Niente al mondo importava più.

Aveva bisogno del perdono di Kurt e del suo amore.

“Qualsiasi cosa Andrew sia o non sia capace di darmi non è affar tuo, Blaine,” disse Kurt a bassa voce.

“Ma lo è!” protestò Blaine ferocemente. “Perché mi importa di te, Kurt! Mi importa davvero, davvero molto di te.” Blaine pregò

con gli occhi che Kurt si fidasse di lui di nuovo.

Improvvisamente, un macchina passò talmente tanto vicino da far scattare Blaine e afferrare le braccia di Kurt con forza.
“E adesso voglio entrambi salvi dall’altra  parte della strada!” esclamò.

Le sue labbra si curvarono e un sorriso si aprì sul suo volto.

Blaine alzò lo sguardo sorpreso quando Kurt lo prese per mani e lo trascino zigzagando nel traffico di New York, facendo segno

alle macchine di fermarsi per loro e ignorando i clacson impazienti.

Blaine gli stette dietro e, con la mano di Kurt che stringeva fermamente la sua, Blaine si sentì speranzoso e al sicuro.

 
 
__________________________________________________________________________________________________

(*)la frase originale è: “I felt like touching them”, e non sapevo assolutamente in che altro modo tradurre. Fatemi sapere se avete idee. 


And that's all for now!
Ringrazio molto quelli che hanno recensito, seguono, preferiscono e ricordano, ma anche solo chi legge. Grazie davvero.
Beh, questo è tutto. Fatemi sapere se vi è piaciuto, please, un commento piccolissimo, davvero.
Un bacio, Ronnie.  
Se vi va passate a leggere le mie altre FF ---> 
 


 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Eeee sono di nuovo qui con un capitolo lunghissimo! (almeno per me, da tradurre.)
Non ho molto da dire, se non che ultimamente ho davvero pochissimo tempo e tantissime cose da fare, quindi non ho molto tempo di controllare le traduzioni, quindi per eventuali errori, vi sarei davvero grata se me li segnalaste.
Also, un grazie enorme alle persone che seguono, preferiscono e ricordano questa FF e alle persone che hanno recensito. Davvero, non sapete quanto potete rendere felice una persona.
Detto questo, non vi annoio ulteriormente. Se vi va, date un'occhiate alle altre traduzioni che seguo:

Trust is a flexible word
Fire with fire

Un bacione,
Ronnie. 

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Kurt lasciò andare la mano di Blaine non appena raggiunsero l’altra parte della strada. L’entrata del Babylon era a qualche passo.

Incontrarono Andrew lì vicino. Stava fumando una sigaretta, che buttò velocemente via quando vide Kurt avvicinarsi. Era con altri due ragazzi molto

belli, che salutarono Kurt baciandolo sulle guance. Andrew fece per baciare Kurt, ma questi lo spinse via.

“Drew, non voglio baciarti quando puzzi come una ciminiera!” sbottò.

Gli altri risero fragorosamente. “Farai meglio a stare attento, Drew! Kitty Kurt ha tirato fuori gli artigli, stasera!”

Kurt ignorò i commenti e gli presentò Blaine. Lui strinse loro le mani, ma dimenticò i loro nomi all’istante. Non dimenticò, tuttavia, lo sguardo che gli

lanciarono.

Questo è il tuo ex?!” chiese uno di loro a Kurt, suonando negativamente sorpreso. Gli altri due lo squadrarono dall’alto in basso, il giudizio

chiaramente visibile sui loro volti. Blaine capì che Andrew dovesse aver detto loro della sua natura da traditore. Inoltre, sentì che si stessero

domandando per quale motivo sulla terra fosse stato possibile che un perfetto, meraviglioso e sexy ragazzo dai tratti elfici come Kurt avesse potuto

avere una relazione con un piccolo, impacciato hobbit come lui.

“Non dimenticare la tua carta d’identità, ragazzino.” Disse Andrew con un sorriso accondiscendente, passandone una falsa a Blaine. Aveva ventinove

anni ed era uno studente portoricano. La foto mostrava un ragazzo dalla pelle color cappuccino con i capelli ricci e neri e la barba.

“E’ l’unica che ho potuto recuperare che ti somigliasse,” disse Andrew dandogli una pacca sulla spalla.

“Non mi assomiglia affatto!” Protestò Blaine.

Kurt prese la foto ed eruppe in una risatina. “Bene, perché tu fossi davvero così, non ti farebbero entrare.” Incontrò gli occhi di Blaine con un sorriso

dolce. “Non preoccuparti, funzionerà.”

“Entriamo,” disse Andrew, spingendoli verso l’ingresso. “Siamo giusto in tempo per l’happy hour. Le bibite sono a metà prezzo fino a mezzanotte.

“Io non bevo,” annunciò Blaine.

“Buon per te,” ripeté Andrew, scrollando le spalle.

C’era parecchio rumore, e faceva caldo, all’interno. Blaine poteva già sentire il ritmo della musica proveniente dall’interno che vibrava sul pavimento

dell’ingresso.

Blaine seguì il piccolo gruppo al guardaroba, dove lasciò la giacca a un membro dello staff. “Per favore, trattatela con cautela,” disse, preoccupato per

il CD di Kurt nella tasca interna.

“Ehi bellezza,” disse uno degli amici di Andrew, fermandosi accanto a lui. “Volevo solo dirti che se tu fossi il mio ragazzo ti perdonerei ogni cosa. Un

consiglio? Fai sempre una cosa a tre, così il tuo ragazzo non si sentirà mai tagliato fuori.” Disse facendogli l’occhiolino. “Vuoi che ti mostri i bagni,

dopo?”

Blaine sorrise politicamente. “Grazie, ma sono sicuro di riuscire a trovare la strada da solo.”

“Oh sì, sono sicuro di sì,” disse il ragazzo ridacchiando. “Ma se hai bisogno di una mano, la mia offerta è ancora valida.”

Blaine si girò e vide Kurt scrollarsi di dosso la giacca e, di nuovo, Blaine fu meravigliato di quanto incredibilmente perfetto lui sembrasse. Indossava

una maglietta argentata a maniche lunghe, che gli abbracciava il corpo come una seconda pelle, luccicando sotto le luci dell’ingresso. Insieme con

l’eyeliner nero e l’ombretto luccicante, il suo outfit lo rendeva misterioso e inarrivabile.

Una sciarpa con i teschi d’argento intorno al collo e un gilet nero con una spilla a forma di forbice completavano l’insieme.

“Amo quella spilla,” si fece scappare Blaine prima di poterselo impedire. “E’ la stessa che indossavi quando abbiamo avuto quello stupido litigio fuori

dello Scandals e di quando ci siamo baciati in auditorium.”

Ed era stata anche la notte in cui avevano fatto l’amore per la prima volta.

“Davvero?” disse Kurt sbattendo le palpebre, come se non ricordasse.

“Sì, davvero,” rispose Blaine. “Come non puoi ricordartelo? Continuo a ricordare ogni cosa di quella notte.”

Gli occhi di Kurt ora erano spalancati e lo guardavano come a dirgli di tacere.

“Di cosa state parlando?” disse Andrew intromettendosi.

“Della prima del nostro musical scolastico,” spiegò Kurt con una scrollata di spalle.

“Musical scolastico?” ripeté lui. “Cosa avete fatto?”

“West Side Story,” disse Kurt con voce annoiata.

“Figo. Che parte hai fatto?” chiese mettendo un braccio intorno alla sua schiena.

“Io non ero parte del cast,” mentì Kurt.

“Ha fatto una fantastica interpretazione dell’Agente Krupke,” disse Blaine, allo stesso tempo.

Andrew rise. “Oh sì, questo spiega tutto! Kurt ama urlare ordini, non è vero, piccolo?!” fece per baciarlo di nuovo, ma Kurt girò il viso.

“Non ne abbiamo già parlato cinque minuti fa?” disse Kurt, suonando annoiato. “Ti do un suggerimento: fumare e baciare.”

Andrew lo guardò con una faccia da cane bastonato, poi scrollò le spalle. “Va bene, che ne diresti se mi facessi passato l’alito che sa di fumo con

l’alcool?”

“Qualsiasi cosa,” rispose Kurt muovendosi verso l’interno. Andrew gli afferrò il braccio. “Aspetta, Krupke!”

“Drew!” disse Kurt puntandogli il dito contro. “Se cominci a chiamarmi in quel modo..”

“Sto solo scherzando, piccolo,” disse ridendo. “Dovresti lasciare il gilet,” riprese. “Ti fa sembrare paffuto.”

Alzando gli occhi al cielo, Kurt si tolse il gilet lasciandolo al guardaroba.

“Direi che è lui che comanda,” osservò Blaine in un sussurro.

“Sa solo come sto meglio,” replicò Kurt. “Essendo un dirigente pubblicitario ha occhio per la bellezza.”

“Sì, ce l’ho.” Disse passandogli un braccio intorno alla sua vita e portandoselo più vicino. “E tu sei il mio accessorio preferito.”

Kurt rise, ma la verità era che la maglia argentata lo faceva veramente risaltare in mezzo alla folla. Tutti girarono le teste per lanciare un’occhiata al

diamante splendente in mezzo a loro.

Dentro, il volume era più alto. Blaine provò a non storcere il naso: la musica era semplicemente terribile. Non così terribile come quella che aveva

sentito in macchina, ma ancora parecchio terribile. Come si supponeva che la gente ballasse sul quel thumpa-thumpa-tumpa?!

Blaine non sapeva come arrivare a fine serata con la prospettiva di guardare Kurt ridere alle stupide battute di Andrew e, allo stesso tempo, di essere

assordato da quella musica senza senso. Passarono da una spessa tenda rossa di tessuto scadente ed entrarono nella sala principale del Babylon.

Blaine non sapeva cosa aspettarsi da quel posto, ma le sue aspettative furono istantaneamente superate.

Quel posto non aveva niente a che vedere con il piccolo e limitato Scandals di Lima. Era enorme, rumoroso e sovraffollato, con bellissimi ragazzi in

vestiti attillati. Tutti che squadravano tutti. Blaine poteva praticamente sentire occhiate affamate trapassarlo, il che gli dava un senso di inquietudine.

Come poteva Kurt essere così rilassato in mezzo a quella folla? Ma appena lo guardò, Blaine ebbe la risposta. Kurt era diventato una super star da bar

gay. Si era semplicemente amalgamato alla folla. Molti lo salutavano baciandogli le guance o con una piccola stretta. Blaine spariva in confronto alla

presenza e alla confidenza di Kurt.

Andrew li condusse attraverso la folla verso il bar e, mentre aspettavano che il barista li notasse, il DJ mise una versione mixata di ‘Peacock’ di Katy

Perry, facendo ballare la folla urlante e facendola cantare a pieni polmoni.

Blaine storse il naso. ‘Peacock’ non gli era mai piciuta, ma si infilò comunque in mezzo alla folla.

Andrew si rivolse a lui, gridando per sovrastare la musica. “E’ come se il DJ sapesse che tu sei arrivato!”

Blaine gli restituì uno sguardo confuso. “Scusami?”

Andrew gli passò un braccio attorno alle spalle. “Tu ami Katy Perry, no?”

“Come lo sai?” chiese Blaine irritato. Non gli piaceva averlo così vicino, inoltre non gli piaceva che Andrew pensasse di conoscerlo dentro quando in

realtà non sapeva assolutamente niente di lui.

Andrew indicò Kurt con una risata. “Parla parecchio, quando è ubriaco!”

“Io non mi ubriaco,” protestò Kurt, in piedi alla sinistra di Andrew. “Continuo a ricordare benissimo tutto, il giorno dopo, a differenza delle altre

persone.”

“Se lo dici tu, piccolo,” lo prese in giro Andrew. “Continui a ricordare quella volta in cui hai vomitato sulla pista da ballo mentre suonavano un’altra

canzone di Katy Perry?”

“Non ho vomitato,” ribatté Kurt un’altra volta, colpendo il suo braccio. “E non c’è bisogno di raccontargli quella storia. È imbarazzante.”

“E’ divertente, invece!” Andrew ammiccò a Blaine in maniera confidenziale. “Stavamo ballando, quando all’improvviso parte questa canzone e Kurt si

sente male proprio in pista. Non ha fatto neanche a tempo ad arrivare in bagno!” adesso Andrew stava ridendo apertamente.

“Ero stato male tutto il giorno,” chiarì Kurt. “E’ stato il sorso della birra disgustosa che stavi bevendo a farmi vomitare, non qualche stupida

canzone.”

“No, sono sicuro che fosse la canzone,” disse Andrew. “Mi ricordo che mi hai detto di odiare quella canzone e che volevi uscire dal club. E, uscendo, ti

sei sentito male. Pensi che possa dimenticarmi lo starti appiccicato in un cubicolo del bagno mentre tu vomitavi l’anima?! Ehi, se non è amore, non so

cosa sia!”

“Ti odio per averlo detto, Drew,” ringhiò Kurt.

“Lo so,” rispose lui ghignando.

“Perché non lo scrivi sul tuo blog, così tutti potranno leggere quanto sono disgustoso?!”

“E’ un’idea fantastica! Penso che dovrei farlo, tesoro,” lo prese in giro Andrew ponendogli un bacio sulla guancia. “Vado a salutare alcuni ragazzi.

Posso lasciarvi da soli per un minuto?”

Kurt semplicemente roteò gli occhi.

 
“Non dire una parola,” lo ammonì Kurt alzando una mano.

“Non volevo dire nulla,” replicò Blaine. Non pensava che fosse divertente che l’ascoltare ‘Teenage Dream’ lo facesse stare male, letteralmente.

“Posso offrirti da bere?” improvvisamente c’era un ragazzo biondo e alto che stava davanti a Blaine, chiaramente puntandolo.

“Io.. uhm..” Blaine divenne rosso, fissando la canotta rosa che il ragazzo stava indossando.

“Non è interessato,” lo freddò Kurt, avvicinandosi a Blaine.

“Non stavo parlando con te,” disse l’altro, inclinando la testa in direzione di Kurt, ma rivolgendo a Blaine uno sguardo interrogativo.

“No, grazie,” balbettò quindi.

“Te l’ho detto,” ghignò Kurt al ragazzo appoggiandosi al bancone.

Il ragazzo rivolse a Blaine un ultimo sorriso. “Magari più tardi, dolcezza.”

 
“Grazie,” disse Blaine a Kurt non appena il ragazzo non fu più visibile, in mezzo alla folla.

“Il modo migliore per rendere un ragazzo interessato e fare il difficile,” gli disse, facendogli l’occhiolino. “Scommetto che ti starà intorno tutta la

sera.”

“Grande,” borbottò Blaine. Non era lì per flirtare in giro.

“Te l’ho detto, sei un catalizzatore d’attenzioni.” Disse Kurt.

“Io?” disse Blaine, seguendo Kurt che si allontanava da bar. “Tutti quanti fissano te.”

Kurt rise.

Ma Blaine aveva già stabilito che fosse vero. Sì, Kurt era diventato una super star da bar gay. Era meraviglioso e bellissimo, era un diamante

splendente in quel mondo glitterato. Tutti gli occhi erano su di lui, ma nessuno osava puntarlo, perché la sua perfezione era intimidatoria.

“Dai, balliamo.” Kurt afferrò il braccio di Blaine e lo spinse in mezzo agli altri.

Intrappolato in mezzo a centinaia di persone che ballavano e si strusciavano, Kurt lasciò andare Blaine e portò le braccia sopra la testa, ondeggiando i

fianchi al ritmo della musica. La musica era così alta da rendere ogni conversazione praticamente impossibile, così Blaine si concentrò a guardarlo,

anche se non avrebbe potuto togliergli gli occhi di dosso comunque. Cercò di seguire il ritmo, ma non riusciva a muoversi in un modo così fluido

come faceva Kurt.

Presto Blaine si ritrovò a sorridere alle stranezze adorabili di Kurt, come il modo in cui scuoteva le spalle e muoveva le mani. Era felice di vedere

come alcune cose non cambiassero mai.

“Hai visto qualcuno che ti piace?” chiese Kurt, dopo un po’, mentre i suoi occhi scrutavano la folla alla ricerca di bei ragazzi.

“Sì,” rispose Blaine, non distogliendo lo sguardo da lui.

Kurt cercò di capire a chi Blaine si riferisse.

“Dove?” chiese mentre gli occhi di Blaine erano ancora su di lui.

“Proprio qui!” rispose Blaine.

Quando Kurt finalmente capì il senso delle frecciate, abbassò la testa, sorridendo di un sorriso per cui Blaine sarebbe felicemente morto.

“Sei ancora un cavaliere.” Gli disse con un ghigno.

Il DJ li sorprese mettendo un pezzo lento: una dolce canzone pop, facendo rallentare tutti. Le coppie furono formate per annegare l’uno negli occhi

dell’altro mentre si stringevano.

Due di loro, però strusciavano i piedi a terra, imbarazzati, non sapendo cosa fare, senza il ritmo incalzante della musica. Kurt si guardò intorno, come

se cercasse qualcuno, il quale, probabilmente, era Andrew.

Prima che Kurt potesse trovarlo e abbandonarlo sulla pista, Blaine fece un passo avanti e gli porse la mano.

“Posso avere questo ballo?”

Si sentì coraggioso per essere riuscito a chiederglielo, più di quando al ballo del penultimo anno aveva offerto la mano a un Kurt che indossava un kilt

e una corona, un Kurt che era appena stato abbandonato da Karofsky sulla pista, un Kurt che si era sentito umiliato e che continuava a camminare a

testa alta.

Blaine si sentì coraggioso, come se in quel momento fosse tornato indietro a quel ballo, con l’unica differenza che quella sera Blaine non temeva il

rifiuto della folla circostante, ma quello di Kurt.

Kurt si girò verso di lui con uno sguardo di sconforto e un bagliore di comprensione lo illuminò.

Quindi si fece più vicino.

“Sì,” disse con un sorrisetto che riportò indietro Blaine nel tempo più di qualsiasi altra cosa. “Sì, puoi.”

Prese la mano che Blaine gli offriva, e questo mise la mano sinistra sul suo fianco. Ma la sua posizione standard sembrava essere fuori luogo in una

discoteca. Kurt proruppe in una risata. “Aspetta, metti..” guidò entrambe le mani sui suoi fianchi, quindi circondò le spalle di Blaine con le braccia.

“Così. Ora va meglio.” Disse sorridendo a labbra chiuse.

“Molto meglio,” concordò Blaine.

 
Alla long it was a fever
A cold sweat hot-headed believer
 

Blaine riconobbe la canzone come ‘Stay’ di Rihanna, ma era un remix, che era perfetto, visto che, come al solito, i remix erano più lunghi delle

canzoni originali. Adesso che lo aveva tra le braccia, voleva che quel momento continuasse per sempre.

 
I threw my hands in the air
I said show me something
He said, if you dare come a little closer
 

Si muovevano lentamente, guardandosi negli occhi cautamente, come se avessero paura di cosa avrebbero potuto vederci dentro, ma anche

speranzosi di trovarci qualcosa che avrebbe potuto riconnetterli. Finalmente Blaine si rilassò, trovando davvero facile tenerlo tra le braccia, come se

esistessero solo loro al mondo.

 
Round and around and around and around we go
Oh now tell me now tell me now tell me now you know
 

Si muovevano sul posto, girando in tondo lentamente.

“Ti ricordi il ballo?” chiese Kurt. Blaine stava fissando le sue labbra, amando il modo in qui si muovevano.

“Scusa?” disse Blaine oltre la musica, cercando di ascoltare le parole di Kurt.

Kurt si avvicinò tanto che i loro corpi si toccavano, cosa che a Blaine non dispiaceva affatto.

“Quello sui dinosauri” disse lui più forte, una mano che indicava i capelli di Blaine. “Ti ricordi?”

Blaine ridacchiò. Come se avesse mai potuto dimenticarlo. Indietro a quei tempo in cui la sua più grande unica paura era quella che Kurt potesse

vederlo senza gel e correre via urlando.

“E’ cominciato come un incubo, ma mi hai salvato,” gli disse Blaine, sorridendo. “Perché mi amavi anche con i miei capelli da Medusa.”

“Sì, lo facevo,” rispose con un sorriso sognante, stringendogli più forte le braccia al collo e giocando con i suoi ricci.

 
Not really sure how to feel about it
 

Blaine si schiarì la gola. “Mi mancano i giorni in cui il mio unico timore era quello di farmi vedere da te senza gel.”

“Anche a me,” confessò Kurt con un sorriso triste.

Blaine alzò lo sguardo, sconcertato. “Davvero?”

“Le cose erano più semplici, prima,” rispose, la voce seria e mesta. “Non così complicate.”

“Non devono essere complicate,” disse Blaine, la voce carica di speranza. “Possono essere semplici di nuovo.”

Kurt non rispose.

Rimasero semplicemente così, occhi negli occhi e, quando diventò troppo, troppo doloroso, Kurt si appoggiò a lui, rompendo il contatto dei loro

sguardi e nascondendo il viso sulla spalla di Blaine, la sua guancia contro quella dell’altro, continuando a ballare lentamente e in modo sognante.

 
Something in the way you move
Makes me fell like I can’t live without you
 

Blaine era distratto dalle dita di Kurt che giocavano con i suoi ricci e gli carezzavano la pelle della nuca. Si domandava se Kurt fosse consapevole di

quello che le sue dita stavano facendo.

 
It takes me all the way
I want you to stay
 

I loro corpi si toccavano, dalle gambe al petto, muovendosi lentamente in circolo uno contro l’altro mentre ballavano. Kurt era così incredibilmente

vicino, ora, il suo respiro sul collo di Blaine che lo faceva rabbrividire.

 

Not really sure how to feel about it
Something in the way you move
Makes me feel I can’t live without you
 

La mano destra di Kurt carezzava ancora il collo dell’altro, le dita lunghe tra i capelli, e Blaine non voleva nient’altro che arrendersi al tocco di Kurt.

Portarlo da qualche parte e fare l’amore con lui. Baciarlo fino allo sfinimento, baciarlo ovunque, baciargli via tutti i dubbi e le paure dell’anno

passato.

 

It’s not much of a life you’re living
It’s not just something you take, it’s given
 

“Mi dispiace,” mormorò Kurt improvvisamente al suo orecchio.
Aveva completamente smesso di muoversi. Stavano semplicemente fermi in quella posizione, abbracciandosi stretti l’un l’altro.

“Mi dispiace, Blaine, mi hai sentito?”

Blaine si tese. C’era qualcosa nella voce di Kurt che gli diceva che quest’ultimo non si stava scusando per avergli pestato un piede.

“Per cosa?”

Kurt lo strinse e pressò la sua guancia contro quella dell’altro. “Aver mandato tutto all’aria.”

“Di che cosa stai parlando?” Blaine provò ad allontanarsi per poterlo guardare negli occhi, ma Kurt glielo impedì, ancora rifiutando il contatto visivo.

 
Oh the reason I hold on
Oh cause I need this hole gone
 

“Hai detto che ti dispiaceva un milione di volte,” spiegò Kurt, il suo respiro caldo contro l’orecchio. “Ma io non mi sono mai scusato. Lo so di aver

fatto i miei errori. Non ero lì per te come avrei dovuto. Ho mandato tutto all’aria e voglio solo che tu sappia che mi dispiace.”

“Kurt tu non hai fatto..

“Shh,” lo zittì lui.

 
Funny you’re the broken one
But I’m the only one who needed saving
 
Becouse when you never see the lights
It’s hard to know which one of us is caving
 

Rimasero senza muoversi in mezzo alla folla danzante, abbracciandosi l’un l’altro come se fossero rotti senza stringere l’altro.

 
Quell’abbraccio era un ‘Ti amo’

Quell’abbraccio era un ‘Non lasciarmi andare, mai.’

Quell’abbraccio era tutto quello che Blaine aveva bisogno di sapere.
 

It takes me all the way
I want you to stay, stay
I want you to stay, ohh
 

La musica cambiò di nuovo, e fu come se la magia fosse morta all’istante. Tutti i loro pensieri sull’amore furono interrotti dal ritmo veloce della

musica.

Kurt liberò il collo di Blaine dalle sue braccia e scivolò via dall’abbraccio.

Blaine sentì che il suo intero corpo non era ancora pronto per tutto quello, quindi afferrò il braccio di Kurt per attirare la sua attenzione e gli fece

cenno di allontanarsi, ma nel momento in cui le sue dita si chiusero sul polso di Kurt, questi si tese e si strinse tra le braccia in modo protettivo, i suoi

occhi spalancati e in preda al panico per un secondo, prima di rilassarsi di nuovo.

Blaine lasciò la presa sul polso e aggrottò le sopracciglia. “Scusami!” urlò per farsi sentire. “Non intendevo..”

“Non fa niente”

“Andiamo di là a parlare. Parliamo.” Dirigendosi fuori dalla pista, ma Kurt fece cenno di no con la testa.

Proprio in quel momento apparve Andrew, avvolgendo il petto di Kurt da dietro, mentre teneva in mano due bicchieri.

“Bevi con me,” tubò questi.

“E come ci torniamo a casa, se siamo ubriachi?” chiese Kurt, guardandolo da sopra la spalla.

“Prendiamo un taxi.” Suggerì Andrew. “Posso venire a prendere la macchina domani.”

“E’ liquore alla ciliegia?”

“Con la cannella. Il tuo preferito,” confermò Andrew.

“Grazie. Salute!” Kurt prese il bicchierino e lo mandò giù in un sorso, storcendo il naso per quanto fosse alcolico.

Andrew bevve con lui, quindi afferrò il ragazzo e lo baciò, passando la lingua sulle labbra di Kurt.

Prima che Blaine potesse cominciare a sentirsi male alla vista del suo ex che baciava un altro, Kurt spinse via Andrew.

“Drew!” lo fulminò. “Ti ho detto di non baciarmi sulla pista.” Disse puntandogli il dito contro, per tenerlo a bada. Andrew afferrò il suo polso, e Kurt si

ritrasse.

“E io ho detto comunque sia,” replicò ghignando, sicuro della vittoria.

“Ti ricordi anche che cosa ti ho detto dopo?” Kurt lo guardò con espressione inflessibile e si ritrasse dalla stretta di Andrew.

Blaine era irritato dalla tangibile tensione tra loro, mentre continuavano a fissarsi.

Andrew alzò le mani in difesa. “Scusa, piccolo. Andiamo, era solo divertimento.”

Provò a toccargli il sedere, ma Kurt si fece indietro.

“Giù le mani, Drew, sul serio. La tua vita non è un fottuto episodio di ‘Queer as folk’!”

“Va bene, va bene, come vuoi!”

Sbuffando, Kurt si allontanò, sparendo in mezzo alla folla.

“Dio, è una tale puttana!” disse a Blaine  con una risata, dopo che Kurt se ne fu andato.

Blaine alzò un sopracciglio, disgustato. “Lui lo sa che lo chiami così alle sue spalle?!”

Andrew rise. “Oh, lo chiamo in modi molto peggiori in faccia!”

“Adorabile.” Disse Blaine scuotendo la testa.

“Andiamo al bar,” disse Andrew mettendogli un braccio intorno alle spalle. “Certo che sei davvero basso! Com’è la vista da là sotto?”

“Molto divertente.”

Blaine lo seguì riluttante. Continuava a guardarsi attorno, ma Kurt era sparito. 





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And that's all for now, al prossimo aggiornamento (che dovrebbe essere tra circa una settimana, se Zeus me lo permette)

Un bacione!

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Ehi there!
Ce l'ho fatta ad essere puntuale! 
Beh, qualche parola su capitolo che state per leggere: e un po' corto, e possiamo defenirlo un po' di passaggio, ma sono dette alcune cose che a mio avviso sono importanti, quindi non è pesante nella lettura, anzi. In ogni caso non temete, perché nei prossimi capitoli cominceranno a smuoversi un po' le acque.
Anyway, passo a ringraziare la ragazza che ha recensito lo scorso capitolo e tutte le persone che seguono, preferiscono e ricordano. GRAZIE. Also, se qualcuno vuole che gli mandi gli aggiornamenti della FF via MP, basta che me lo chieda, sarò felice di farlo. 
Vi lascio i link delle traduzioni che sto seguendo, dateci un'occhiata, se vi va. Per chi già le segue, saranno aggiornate entro la fine della settimana, prima 
Fire with firepoi Hearts we hid up our sleeves
Detto questo vi lascio. Un bacione, Ronnie. 

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Blaine seguì Il Fidanzato al bar, dove si sedettero su due sgabelli. Andrew ordinò una birra, e alzò un sopracciglio scettico quando Blaine ordinò una

Diet Coke.

“Quindi, per quanto tempo tu e Kurt siete stati insieme?” chiese Andrew, sedendosi più vicino a Blaine e guardandolo attentamente. “Più di tre mesi?”

Blaine si preparò all’interrogatorio che stava per avvenire, proprio come Kurt aveva predetto.

“Sì,” rispose. “Molto più di tre mesi.” L’esatto numero di meravigliosi mesi, giorni e ore che aveva passato con Kurt non era cosa che doveva

interessare l’altro.

“Ok, allora dimmi una cosa,” disse, avvicinandosi maggiormente. “Ho davvero bisogno di saperlo, e visto che tu sei l’unico con cui sia stato prima di

me, perlomeno se quello che mi ha assicurato Rachel è vero, beh, sembra che tu sia l’unica persona a cui possa chiederlo, giusto?”

Blaine mise su un’espressione indifferente, giocando con la cannuccia della sua Coca Cola. Non gli avrebbe detto nulla di personale su Kurt. Anche se

Kurt non gli avesse detto di non spifferare i fatti suoi, Blaine non avrebbe parlato del suo ex con il suo nuovo ragazzo. Però era curioso di sapere di

che cosa Andrew fosse così interessato.

“Va avanti.” Disse, facendo un cenno con la mano.

Andrew prese un altro sorso di birra e posò la bottiglia, prima di guardare l’altro negli occhi, la voce bassa, come se non volesse attirare orecchie

indiscrete.

“Kurt era così pudico e frigido anche con te?”

Blaine aggrottò le sopracciglia, dando all’altro un occhiata circospetta. “Che cosa intendi?”

“Lo so che è ancora vergine. Non che io voglia uscire con una puttana che è passata attraverso centinaia di mani, ma a volte..” emise un sospiro

frustrato. “Intendo, andiamo, qualcosa può anche andare bene, sai, un pompino, o una sega, qualsiasi cosa. Tutto quello che facciamo è baciarci, ma

non abbiamo mai pomiciato per più di dieci minuti, prima che scappasse via con qualche stupida scusa. Sono un amante paziente, lo sono davvero,

ma a volte mi domando che cosa diavolo ci sia di sbagliato in lui.”

“Non c’è niente di sbagliato, in lui,” rispose Blaine con una scrollata di spalle e un sorriso sornione. “Semplicemente non è attratto da te, magari.”

Blaine sogghignò tra sé e sé, mangiando qualche nocciolina per nascondere quanto fosse attonito per via delle sue parole. Kurt non aveva mai toccato

Andrew? O giorno di gloria! Blaine non poteva dire, esattamente, perché quel pensiero lo rendesse incredibilmente felice, fatta eccezione che per una

questione di gelosia ed egoismo, ma il sapere che Kurt rifiutava di fare qualsiasi cosa con Il Fidanzato lo faceva cantare dalla gioia. Forse era perché

questo significava che Kurt non si fidasse di Andrew ancora abbastanza da entrare in intimità con lui. E certo che Blaine era felice, se Kurt non era

sentimentalmente coinvolto con qualcun altro.

Ma il suo comportamento era un po’ strano. Per prima cosa, Kurt non era vergine. Avevano condiviso la loro prima volta, e moltissime altre volte,

dopo quella. Avevano amato esplorare i propri corpi a vicenda, toccandosi e baciandosi ovunque. A Kurt piaceva qualsiasi cosa lui facesse, quindi

perché non aveva voluto esplorare lo stesso tipo di piacere con il suo nuovo ragazzo?

“Nah, non penso che sia per quello,” disse Andrew, stringendo le labbra sovrappensiero. “Immagino che sia solo incredibilmente timido. Era così

anche con te?”

“Scusami, ma decisamente non condividerò nessun dettaglio della nostra vita sessuale con te,” disse Blaine con un ghigno.

“Quindi c’era una vita sessuale.” Scavò a fondo l’altro.

“Eravamo adolescenti, ed eravamo il primo ragazzo l’uno dell’altro. Tu che cosa pensi?” disse Blaine con una risata e un ampio sorriso. Così tanti

ricordi felici su quei momenti gli stavano attraversando la mente.

All’inizio della loro relazione, era stata un’idea di Blaine quella del non viaggiare a sud dell’equatore, perché non voleva mettere fretta a Kurt. Aveva

ancora in vividamente impresso nella memoria  il suo adorabile discorso su ‘un tocco delle dita è la cosa più sexy a cui si arriva’ ma, una volta che

ebbero superato quella fase, era stato meraviglioso. Avevano sviluppato un’insaziabile fame l’uno dell’altro: il corpo di Blaine aveva cominciato a

fremere per il tocco dell’altro, e Kurt era diventato così impaziente di passare ogni possibile momento insieme, che Blaine spesso lo prendeva in giro.

Alcune persone avrebbero potuto dire che erano stati soltanto due adolescenti in preda agli ormoni e al desiderio, ma Blaine sapeva che non era

vero. Il sesso con Kurt era stato speciale, aveva sempre significato qualcosa, perché c’erano troppo amore a fiducia coinvolti. Una fiducia che Blaine

aveva tradito.

Vedere Kurt di nuovo non aveva fatto altro che radicare più a fondo in Blaine la convinzione che fossero fatti l’uno per l’altro. Anche dopo tutti quei

mesi in cui erano stato separati, il suo amore per Kurt era ancora forte, e cresceva ogni volta che lo vedeva, quindi Blaine non era stato affatto

sorpreso dallo scoprire che il suo desiderio per l’altro era ancora vivo, tanto da bruciare.

“Che cosa hai fatto per farlo sciogliere un po’?” chiese Andrew curiosamente. Blaine alzò un sopracciglio sconcertato. Il Fidanzato stava chiedendo a

lui consigli per far eccitare Kurt?!

“Tu non mi stai seriamente chiedendo consigli, non è vero?!”

“Oh giusto. Voi due vi siete lasciati, quindi probabilmente non è una buona idea, chiedertelo,” ponderò Andrew, passandosi una mano sul mento.

“Perché hai tradito Kurt, comunque? Posso capire che tu possa esserti sentito frustrato, se dovevi implorare per il sesso ogni volta, ma non ho una

grande simpatia per i traditori. Se ti eri stancato del tuo ragazzo potevi semplicemente lasciarlo prima, e poi guardarti intorno. Era l’unica cosa giusta

da fare.”

“Non è stato per il sesso,” disse Blaine sulla difensiva. “Kurt si era appena trasferito a New York, e stavamo provando questa cosa della relazione a

distanza, ma ho fallito. Mi sono sentito bloccato, mentre lui era lì fuori a esplorare un mondo nuovo ed eccitante. Sì, gli ho detto io di andare per la

sua strada, ma non avevo considerato che mi sarei sentito come se lui stesse semplicemente andando avanti con la sua vita e io fossi solo un banale

spettatore, e non facessi più parte di tutto quello. Mi sono sentito così solo senza di lui. Lo so che non ha senso il fatto che lo abbia tradito, quando

non c’era nulla al mondo che volessi di più che stare con lui e..”

Blaine smise di parlare. Era stanco di tutti quei sensi di colpa che minacciavano di sopraffarlo un’altra volta, inoltre dovette mordersi le labbra per

impedirsi di aprire il suo cuore proprio davanti ad Dannato Fidanzato, tra tutte le persone.

“Mhh,” rispose Andrew, e sorseggiò la sua birra.

“Odio le relazioni a distanza,” disse ancora. “Non mi fido di nessuno, quando si tratta di rimanere fedeli l’uno con l’altro, e quando c’è mezzo paese di

distanza, in mezzo. Immagino che questo spieghi perché Kurt abbia così tanti problemi di fiducia,” continuò Andrew, dando voce ai suoi pensieri,

quindi rise. “Beh, almeno so che non sta facendo qualcosa da qualche altra parte, ma posso dirti che non è molto divertente masturbarsi da soli nella

doccia con una bellezza del genere intorno.”

Lo stomaco di Blaine si chiuse.

“Quindi, ha qualche strana preferenza sessuale?”

Blaine alzò un sopracciglio. “Scusami?” disse con tono per niente amichevole.

“Tipo, gli piaceva violento?” specificò l’altro.

“Ok, smettila di parlare così, va bene?” Blaine alzò le mani e scosse la testa, disgustato. “Non mi piace che tu parli di lui come se fosse un pezzo di

carne. Kurt è la persona più sensibile e compassionevole che abbia mai incontrato. È attento, e dolce, e adorabile, e..”

Andrew cominciò a ridere fragorosamente.

Blaine voleva strangolarlo. “Che cosa c’è di così divertente?!”

“Sei sicuro che stiamo parlando della stessa persona?” chiese Andrew con un ghigno. “Il Kurt che conosco io ha una boccaccia insolente, un

comportamento da stronzo ed è un totale pazzo isterico. Lo adoro! Amo così tanto la sua pazzia. Dio, deve essere assurdo, a letto! Non vedo l’ora di

scoprirlo.”

Per un momento, Blaine perse l’uso della parola.

Kurt era qualsiasi cosa, eccetto che violento, o aggressivo, o esigente. Kurt era sempre stato dolce e gentile quando stavano insieme, ma anche

insaziabile nell’esplorare i differenti modi di trarre piacere che erano capaci di darsi l’un l’altro. Si erano preso in giro a vicenda, ma sempre in modo

scherzoso. Qualsiasi cosa avessero fatto insieme, era sempre così intrisa di felicità, e fiducia, e amore. Kurt era un romantico, non un pazzo.

“Mi stai dicendo che stai con Kurt solo perché vuoi scoprire com’è a letto?” chiese, scuotendo nuovamente la testa. “E che mi dici del dopo? Hai

intenzione di scaricarlo?!”

“Ragazzo, non c’è bisogno di scaldarsi,” rise l’altro alla sua reazione. “Non fraintendermi. Sono davvero interessato a lui, e mi piacciono i misteri. Con

lui, non so mai cosa gli passi per la testa. È così divertente prenderlo in giro solo per vedere come reagisce, ma vorrei che si aprisse un po’ di più. Sai,

io sono un libro aperto, e lui è questo puzzle che non riesco a mettere insieme.”

Blaine aggrottò le sopracciglia. Aveva conosciuto Kurt a fondo, avevano parlato di qualsiasi cosa fin dall’inizio, erano stati migliori amici e confidenti,

prima di fidanzati e amanti, avevano condiviso sogni e paure, avevano condiviso ogni cosa.

Andrew ordinò un’altra birra e un cocktail colorato con un piccolo ombrellino. Prese il bicchiere e sorrise maliziosamente a Blaine. “Scusami, ma

devo trovare il pezzo mancante del mio puzzle.”

Andò dunque dritto su per le scale che portavano al piano di sopra.

Blaine lo seguì con gli occhi e trovò Kurt su per le scale. Il suo ex stava salendo le scale, chiacchierando con un ragazzo alto, biondo  dinoccolato che

indossava degli occhiali e uno sciocco, ma felice sorriso.

Blaine alzò le sopracciglia, sorpreso, perché Kurt sembrava star parlando felicemente con quel ragazzo. Infatti, Kurt sembrava totalmente a suo agio,

in sua compagnia. Chiunque fosse quel mezzo nerd con il cardigan verde e i pantaloni a scacchi, a Blaine già piaceva, e già lo invidiava, perché era

capace di far ridere Kurt.

Blaine guardò come Andrew si fosse avvicinato a Kurt da dietro, porgendogli il cocktail da sopra la spalla e abbracciandolo allo stesso tempo.

Immediatamente, l’espressione di Kurt cambio, e diede leggermente le spalle al suo amico.

Il ragazzo con gli occhiali si fece da parte senza lamentarsi, come se fosse abituato a quelle interruzioni.

Andrew non sembrava nemmeno conoscerlo.

“Solo?”

Blaine saltò dallo spavento. Era così perso nei suoi pensieri riguardo al comportamento degli altri sulle scale che non aveva notato il ragazzo che gli si

era avvicinato.

Blaine si girò per vedere lo stesso ragazzo con la canottiera rosa di prima. Sembrava che Kurt avesse avuto ragione riguardo al farsi seguire per tutta

la sera..

“Scusami, non volevo spaventarti,” disse Canottiera Rosa con una risata. “Ti va di ballare, adesso?”

“No, grazie,” disse Blaine con un sorriso di scuse.

“Sei sicuro?” chiese Canottiera Rosa, inclinando leggermente la testa. “Sembra come se avessi bisogno di qualcuno che ti prenda per mano.”

Blaine sospirò. Rachel lo aveva avvisato di stare attento al suo non intenzionale aspetto da cucciolo. ‘Non fare come se fossi un cucciolo sperduto’, gli

aveva detto lei. ‘O i lupi saranno tutti su di te!’. Non lo faceva deliberatamente, ma Rachel gli aveva assicurato che era così che appariva, per la

maggior parte del tempo.

“Sto bene, grazie,” replicò quindi. “Sto aspettando un amico.”

Alzò lo sguardo di nuovo e vide che Kurt ed Andrew erano spariti. Istantaneamente Blaine cominciò a passare la folla al setaccio, ma senza risultato.

Tuttavia, il ragazzo nerd con cui Kurt stava parlando era ancora in piedi sulla scalinata, e guardava giù in direzione della pista da ballo.

“Posso farti compagnia, mentre aspetti,” si offrì Canottiera Rosa, passando un dito sul colletto della maglia di Blaine. “Posso aiutarti a farlo

ingelosire.”

“Grazie per l’offerta, ma ho bisogno di recuperare la sua fiducia,” spiegò Blaine, e si staccò bruscamente dall’altro. “Non succederebbe niente di

buono, per me, se mi vedesse andare in giro con un bel ragazzo accanto.”

“Oh grazie, dolcezza,” tubò il ragazzo biondo premendosi una mano sul cuore.

Blaine corse verso le scale. 


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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Ebbene sì, lo so e vi chiedo perdono, ma sono davvero incasinatissima. 
Anyway, ci siamo. Preparatevi, perché c'è ancora un po' di impasse, prima che tutto cominci a smuoversi. 
Enjoy, e vi chiedo scusa per il ritardo. 

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Di sopra, la musica non era così assordante come in pista.

Il piano consisteva in una serie di piccoli separé e divani sparsi ovunque.

Kurt non si vedeva da nessuna parte, e Blaine si avvicinò al ragazzo con gli occhialoni.

“Ciao, scusami, mi stavo domandando..”

“Grazie, ma non sono interessato,” disse il ragazzo, senza lasciarlo terminare la frase, e Blaine allargò gli occhi. “Non mi concedo a scopate, mi

dispiace.”

Gli occhi di Blaine si spalancarono, quando realizzò che cosa il ragazzo stesse pensando.

“Uhm no, veramente non intendevo quello..”

“No?” chiese il ragazzo, sorpreso ma, allo stesso tempo, visibilmente sollevato. “Intendo, non che riceva molte offerte del genere, ma cosa altro

potresti volere, da me?”

“Che ne dici di parlare?” rispose Blaine con un sorrisetto.

“Wow, questa è nuova,” disse il ragazzo, ora rivolgendogli completamente la propria attenzione con un brillante sorriso. “I ragazzi, qui, solitamente

non sono interessati a parlare.”

“Scusami, non conosco ancora l’etichetta. È la mia prima volta, al Babylon,” spiegò Blaine. “Ti ho solo visto parlare con Kurt Hummel, e mi stavo

domandando se lo conoscessi bene.”

Istantaneamente, il ragazzo si tese, gli occhi che lo guardavano con sospetto. “Sì, lo conosco, ma sarebbe meglio che non ci provassi con lui. Ha un

ragazzo.”

“Sì, lo so. Sono un amico di Kurt, vengo da Lima, da dove viene anche lui,” spiegò Blaine.

Oh mio Dio!” esclamò l’altro, afferrando entrambe le braccia di Blaine, saltellando su e giù. “Tu sei un amico di Kurt? Stavo morendo dalla voglia di

incontrare qualcuno che lo conoscesse! Intendo, ovviamente ci sono un sacco di persone che lo conoscono, ma non lo conoscono sul serio, e volevo

disperatamente incontrare qualcuno dei suoi amici dell’Ohio. D’altra parte, non puoi farti dei veri amici, in questo posto. Qui vieni semplicemente per

strusciarti in giro e mostrati. Dio, scusami se parlo troppo forte. Tendo a cominciare a strillare, quando sono emozionato per qualcosa.”

“Va bene,” replicò Blaine con un sorriso timido, leggermente scosso per la sovraeccitata reazione dell’altro. “E’ bello vedere che ci sia qualche

persona normale, qui dentro. Normale nel senso di sentirsi impacciato e irritato per tutto il sesso che c’è nell’aria. Sono Blaine, comunque.”

“Oh, piacere!” il nerd con gli occhialoni prese la mano di Blaine e la strinse, anche se sarebbe più giusto dire che strinse l’intero suo braccio. “Sono

Chandler.”

“Tu sei.. tu sei Chandler?” chiese l’altro nello stupore più completo, una strana sensazione che lo assaliva. “Come conosci Kurt, se posso chiedere?”

“L’ho incontrato in un negozio di musica a Lima, più di un anno fa,” spiegò l’altro. “Vengo dall’Ohio anche io, sai? Dio, incontrare Kurt è stato amore a

prima vista. Beh, per la mia, di vista. Lui è così meraviglioso! Sono un grandissimo fan della sua incredibile voce e del suo grande senso dello stile.

Voglio fondare il suo fan club ufficiale, quando diventerà famoso!”

Blaine sorrise. Ci aveva preso. Chandler era un ammiratore del talento di Kurt, e voleva supportarlo nel raggiungere i suoi sogni, non diventare il suo

ragazzo.

A dir la verità, Blaine non aveva mai visto una foto del ragazzo del negozio di musica che aveva flirtato con Kurt, bombardandolo di messaggini. Nella

sua testa si era sempre figurato questo alto, fantastico musicista. Qualcuno come Andrew, insomma, e le ripetute affermazioni di Kurt sul fatto

che Chandler non lo aveva mai interessato, in quel senso, non lo avevano mai rassicurato del tutto.

Finalmente, incontrare il ragazzo dei messaggini fece sentire Blaine come un’idiota geloso. Il Chandler reale era molto meno avvenente del rivale che

Blaine si era figurato nella sua testa.

“Vieni qui spesso?” chiese blaine.

“Nah, il Babylon non è davvero il mio posto. Vengo qui solo per vedere Kurt,” confessò lui, quindi i suoi occhi si spalancarono. “Oh, questo mi fa

sembrare come un inquietante stalker! Non sono innamorato di lui. Okay, forse un pochino, intendo, come è possibile non essere innamorati di lui?! È

meraviglioso!”

Blaine annuì in assenso, e si aprì in un sorriso. “Che ne dici di sederci da qualche parte?”

“Sì, assolutamente. Ho bisogno di parlarne con qualcuno!” disse, e lo spinse in una zona libera. Si sedettero uno di fronte all’altro su due poltrone,

separati da un tavolino basso.

“Quanto bene lo conosci?” chiese, tirando fuori la prima domanda. “Siete buoni amici?”

Blaine si adombrò. “Mi piace pensare di conoscerlo molto bene,” rispose. “Ma non ci siamo sentiti per più di un anno, quindi mi sono perso un bel po’

della sua attuale vita.”

Chandler annuì, l’espressione severa e la fronte aggrottata.

“Abbiamo ricominciato a sentirci solo un paio di settimane fa,” spiegò Chandler. “Vedi, quando l’ho incontrato per la prima volta, abbiamo

cominciato a scambiarci messaggini, ed era davvero divertente, ma poi mi ha detto di smetterla, perché il suo ragazzo era diventato geloso. Poi, circa

tre, quattro mesi fa ho ricominciato, solo per sapere se era riuscito ad arrivare a New York, e come stesse andando. Mi ha risposto solo

occasionalmente, e si è rifiutato più di una volta di incontrarmi.. beh, aveva sempre una scusa pronta per non farlo. Quindi mi ha detto che il suo

ragazzo non lo avrebbe lasciato incontrare altri ragazzi da solo, e ho pensato ‘bene! Sta ancora insieme a quell’idiota geloso!”

Si lasciò andare a un sospiro drammatico, quindi continuò a sputare parole come una cascata, senza dare a Blaine la possibilità di processare tutte le

informazione che stava ricevendo.

“Hai mai incontrato il suo ragazzo?” chiese a un certo punto, e quando Blaine annuì continuò: “E’ uno stronzo, non sei d’accordo? Ho cominciato a

venire al Babylon solo perché Kurt mi ha detto che viene qui ogni venerdì sera. Il suo ragazzo mi ha anche procurato una carta di identità falsa, ma mi

ignora totalmente. Andrew, non Kurt. Magari non sono abbastanza interessante per essere una piacevole perdita di tempo.” Alzò gli occhi al cielo.

“Fortunatamente, non gli importa se parlo con Kurt. Chiaramente, non vede tutto questo come una minaccia. Dio, spero soltanto che Kurt prima o

poi lo lasci, ma quante sono le probabilità che succeda? Intendo, sono stati insieme per così tanto, e adesso vivono insieme.”

“Aspetta,” lo interruppe Blaine, alzando le mani. “Pensi che l’attuale ragazzo di Kurt sia lo stesso con cui stava a Lima?”

“Sì, quell’idiota che non voleva nemmeno che gli scrivessi. Apparentemente, si sono trasferiti a New York insieme.”

“Uhm no. Veramente, l’idiota geloso di Lima sono io,” ammise  Blaine.

“Eh?” ora era confuso.

“Ero io il ragazzo di Kurt, ai tempi di Lima,” spiegò Blaine, “Sono quello che ha dato di matto quando ha scoperto che vi scrivevate. Ma noi.. noi

abbiamo rotto, non molto tempo dopo che lui si è trasferito qui.”

“Oh,” disse Chandler, sembrato un po’ a disagio. “Mi dispiace, non intendevo chiamarti..”

Blaine ghignò. “Beh, è esattamente quello che ero. A dire la verità, ero spaventato al pensiero di perderlo, e sono andato nel panico, perché lui stava

per trasferirsi e.. quando ho scoperto che si stava scambiando messaggi con te ho semplicemente tirato fuori tutta la frustrazione che provavo.” Disse

stringendosi nelle spalle.

“E poi cosa è successo?” chiese l’altro, affascinato dal suo racconto. “Non vi siete lasciati a causa mia, vero?”

“No,” disse Blaine sobbalzando, evitando lo sguardo dell’altro. “Non ha niente a che vedere con te.”

“Bene, ne sono felice. Che storia! Pensavo che fosse Andrew il primo amore liceale di Kurt.”

Blaine scosse la testa. “Da quello che so, escono insieme solo da circa tre mesi.”

“Oh, non è così tanto,” rimarcò Chandler. “Adesso che ci penso, Kurt non avrebbe potuto incontrarlo al liceo, visto che ha già circa venti e qualcosa

anni. Ha procurato anche a te una carta falsa?”

“Sì,” disse mostrandogliela. “Apparentemente, ha pensato che la foto fosse divertente.”

L’altro rise alla foto, e prese la sua. “Guarda la mia. È una foto in bianco e nero di Buddy Holly, ed Andrew afferma che ci sia un’eclatante somiglianza,

tra noi.”

“Non mi piace per niente, quel ragazzo.” Sbottò Blaine. “Andrew, cioè. Non Buddy Holly.”

“Benvenuto nel club,” disse l’altro con un sospiro.

“Quindi, vedi Kurt solo qui?”

“Sì, ogni venerdì sera, da cinque settimane,” confermò, poi si avvicinò in maniera confidenziale. “Posso parlarti apertamente?”

“Certo,” rispose Blaine, avvicinandosi a sua volta.

“Sono preoccupato per Kurt,” disse con occhi sinceri.

Immediatamente, Blaine si tese. Poteva capire, dalla voce dell’altro, che non era qualcosa del tipo ‘sono preoccupato del fatto che Kurt sia coinvolto

con qualcuno che fornisce false carte d’identità’.


Era qualcosa di serio.

“Ti ascolto,” lo incalzò Blaine, visto che l’altro non andava avanti.

“Non so bene come dirlo,” cominciò, stropicciando il tessuto del cardigan con le mani. “E’ come.. quando parla con me suona sempre felice ed

eccitato, ma è come se fosse una farsa, e penso che non faccia altro che fingere, perché la verità è che è totalmente infelice. Capisci cosa intendo?

Inoltre, continua a mentirmi riguardo la sua vera situazione.”

“Situazione?” lo interruppe Blaine aggrottando le ciglia.

“Sì, ad esempio continua a dirmi di essere una stella della NYADA, ma ho scoperto che non è neanche uno studente. Intendo, continua a dirmi tutte

quelle meravigliose storie riguardo quali canzoni ha provato, e quanto è bello, lì, ma so che è una bugia.”

“Ti ha davvero detto di essere uno studente della NYADA?” Blaine ora era confuso. Perché Kurt avrebbe dovuto inventarsi una cosa del genere

quando affermava a tutti che aveva rinunciato a tutti i suoi sogni su Broadway?!

“Sì,” confermò, elencando alcuni aneddoti che Kurt gli aveva raccontato. Blaine riconobbe tutti i compiti e i progetti come cose di cui Rachel non

faceva altro che parlare. Sembrava che Kurt avesse ripetuto tutto quello che stava succedendo nella vita di Rachel facendola passare per la sua.

“Quando ne parla è così appassionato e felice, e posso vedere i suoi occhi brillare. È per questo che non gli ho ancora detto che so che sia tutto una

bugia.” Chandler si strinse nelle spalle. “Non so cosa fare, o come approcciarmi, con lui, e non c’è nessuno con cui possa parlare delle mie

preoccupazioni, perché non so nemmeno dove vive o chi sono i suoi amici.

Non è nemmeno su Facebook. Ed è per questo che speravo di incontrare qualche suo amico. Qualcuno che lo conoscesse e che potesse dirmi di

smettere di preoccuparmi.”

Disse, e indicò Blaine. “Quindi adesso è il tuo turno di rassicurarmi, di dirmi che va tutto bene, e che mi sto solo preoccupando inutilmente.”

Blaine si morse il labbro inferiore. “La verità è che non lo so,” ammise. “Spero davvero che vada tutto bene, ma anche io sono preoccupato per lui.”

L’espressione composta dell’altro si sgretolò. “Merda. Temevo una risposta del genere. Hai qualche idea di come possiamo aiutarlo, o almeno riuscire

a fargli dire che cosa lo affligge?”

“Brutale onestà.” Disse Blaine, molto più a sé stesso, che per rispondere alla domanda di Chandler.

“Che intendi?”

“Fallo uscire allo scoperto dalle sue bugie,” suggerì Blaine. “Non è il tipo da mentire. Odia i bugiardi. Non so perché abbia cominciato a farlo, ma non è

affatto da lui. Dovremmo semplicemente chiederglielo.”

“Lo fai sembrare così facile,” disse l’altro. “Ho paura che possa allontanarsi da me, e che si rifiuti di parlarmi di nuovo.”

“Se vogliamo aiutarlo, dobbiamo correre il rischio,” disse Blaine, suonando molto più sicuro di quanto davvero non fosse. Tuttavia, dopo il modo in

cui Kurt aveva ballato con lui, prima, Blaine era sicuro che Kurt non lo avrebbe tagliato fuori dalla sua via di nuovo, se Blaine avesse insistito per

rimanere.

“Correre il rischio per cosa?”

Blaine sobbalzò visibilmente, mente Kurt faceva la sua apparizione al loro tavolo.

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And that's all for now. 
Un bacione, al prossimo aggiornamento!
Ronnie

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


“Chi sta correndo il rischio di fare cosa?”

Kurt era in piedi, proprio accanto al loro divano. Un braccio sul fianco, afferrandosi il gomito sinistro, e casualmente tenendo un

bicchiere da cocktail.

Gli occhi blu sembravano un po’ annebbiati, mentre guardava da Chandler a Blaine, inquisitorio.

“Onestà,” rispose Blaine sinceramente. “Stavamo parlando del rischio di essere onesti.”

Con un sopracciglio scettico inarcato, Kurt fece scorrere lo sguardo da Blaine a Chandler, e poi di nuovo. “Voi due non state giocando a

Obbligo o Verità, non è vero?!”

Blaine ridacchiò al pensiero. “No.”

“Bene! Vi dispiace se mi unisco a voi?” chiese farfugliando visibilmente. Era indubbiamente brillo.

Si sedette sul divano accanto a Blaine, vicino, braccia e gambe in contatto, avvicinandosi. Accavallò le gambe, tenendo il bicchiere in

una mano, mentre l’altra riposava casualmente sul ginocchio di Blaine, mentre parlava.

“Ho visto che hai incontrato Chandler,” disse con un sorriso. “Lui è il ragazzo che voleva la mia voce come suoneria!”

“La voglio ancora!” protestò Chandler, ghignando.

Kurt si profuse in un suono di tenerezza. “Sai che sono un parassita, quando si tratta di tenerezza, Chandler.”

“E’ facile farti complimenti, perché sei perfetto,” replicò lui con voce ammirata. “Non sarò mai talentuoso, o affascinante come te.”

“Ogni momento della tua vita è un’opportunità per la moda!” dichiarò felicemente, allargando le braccia in modo studiato, e facendo

accidentalmente cadere un po’ della sua bibita sui pantaloni di Blaine.

“Ops, scusa, amore.” Kurt afferrò un tovagliolo da un contenitore vicino, e cercò di pulirgli la gamba.

“Va tutto bene, Kurt,” disse Blaine, prendendo la mano di Kurt nella sua, per farlo smettere di muovere le mani.

“Diamine, sono davvero maldestro,” disse Kurt, guardando le loro mani intrecciare per un lungo secondo, prima di liberare la sua

mano dalla presa di Blaine. Afferrò il tovagliolo e lo gettò sul tavolo. “Sparatemi e basta, per favore.”

“Nessuno di noi lo farà!” dichiarò Chandler accoratamente, come se stesse stabilendo delle regole molto importanti.

Kurt ridacchiò alle sue parole, e si pressò maggiormente contro Blaine.

Di nuovo, Blaine sentì le vertigini a quel contatto. Per distrarsi, si concentrò sul fissare gli stivali di Kurt, rimanendone incantato.

Erano gli stivali al ginocchio più alti che avesse mai visto, che riuscivano a coprire perfettamente le ginocchia, e quando Kurt le

accavallava, la pelle formava un triangolo. E i lacci, buon Dio, c’erano così tanti piccoli ganci che Kurt ci avrebbe dovuto impiegare

almeno un’ora, per allacciarli.

“Sai, sono sorpreso nello scoprire che Blaine sia stato il tuo ragazzo,” esordì Chandler all’improvviso. “Quello che ti aveva detto di

smettere di mandarmi messaggi. Non sapevo che fosse un ragazzo così carino e dolce.”

“Sì, è anche più impressionante, dal vivo!” disse Kurt fieramente, e gli diede una pacca affettuosa sul ginocchio.

Blaine deglutì, e provò a non leggere più di quello che davvero c’era, nel comportamento di Kurt. Non significava nulla che Kurt gli

sedesse così vicino, o che la sua mano fosse ancora posata sul suo ginocchio. Non significava nulla, non importava quanto volesse che

significasse qualcosa. Kurt si stava comportando in modo casuale, visto che era ubriaco.

“Quanti cocktail hai mandato giù, Kurt?” chiese Blaine, suonando paterno, anche se non intenzionalmente.

“Mai abbastanza!” replicò in modo infantile. “Andiamo, provalo! È dee-lizioso.” Disse offrendogli un sorso dal suo bicchiere.

Blaine esitò, ma poi prese un sorso. Era eccessivamente dolce, ma con un bel po’ di alcool, che gli fece arrossare il viso.

“E?” insistette Kurt.

“E’ fin troppo dolce,” replicò stringendosi nelle spalle.

“Oh,” tubò l’altro, piegando la testa. “Proprio come te.”

Il cuore di Blaine perse un battito. Kurt stava flirtando con lui? Di nuovo?

“Quindi, di cosa stavate parlando, voi due?” chiese Kurt, guardando Chandler.

“Beh, a dire la verità,” esordì questi, guardando Blaine negli occhi per un secondo, prima di continuare. “stavamo parlando del fatto che

tu non sei uno studente della NYADA.”

Blaine si fece piccolo piccolo. Chandler doveva proprio andare dritto al sodo?! Quando avevano parlato di mettere Kurt di fronte alla

verità, intendeva farlo con attenzione e gentilmente, non attaccandolo in quel modo.

“Oh, grande!” esclamò questi con una risata. “Non riesci proprio a tenere la bocca chiusa, Blaine, non è vero?! Prima dici ad Andrew di

quello stupido ruolo che ho recitato in West Side Story, e ora dici a Chandler che non studio alla NYADA. C’è nient’altro che ti vada di

spifferare? È la tua occasione! Di’ a tutti che razza di perdente io sia!”

Emise una piccola risata, scuotendo la testa, e prese un altro sorso dal suo bicchiere.

“Non sei un perdente, Kurt,” replicò Blaine, sorpreso che Kurt pensasse quello di sé stesso. “Hai recitato splendidamente, come Agente

Krupke, e sono sicuro che saresti riuscito a entrare alla Julliard, o in qualsiasi altra scuola d’arte, se solo avessi fatto domanda, e non

rinunciato.”

“Blaine non mi ha detto nulla,” lo aiutò Chandler. “Lo sospettavo già da un paio di settimane,” confessò con una scrollata di spalle. “Non

mi importa se mi hai mentito, al riguardo. Volevo solo sapere perché.”

“Mi dispiace di averti mentito, Chandler,” disse in modo confidenziale. “Quando ci siamo incontrati eri così entusiasta e convinto che

fossi entrato. Non ho semplicemente potuto dirti la verità, e vedere il tuo disappunto. Non volevo che pensassi che fossi un fallimento.

Beh, adesso lo sai. Mi dispiace di aver finto di essere qualcosa che non sono. È stato bello vivere una fantasia, e farti credere di essere

speciale. Beh, non lo sono.”

“Ma tu sei speciale, Kurt,” disse Chandler accorato. “Non sei entrato alla NYADA, e allora?! Non vuol dire che tu non sia un talento

meraviglioso. Sono loro che ci perdono. Perché non fai domanda alla NYU? Hai un grande programma di musica e teatro.”

“Grazie, Chandler, sei molto dolce, ma quel capitolo della mia vita è chiuso.” Disse Kurt, scolandosi il resto del bicchiere.

“Allora perché continui a fantasticarci sopra?” puntualizzò Blaine. “A me sembra che tu voglia ancora inseguirli, quei sogni.”

“Perché ti importa su cosa fantastichi oppure no?!” sbottò. “Non mi è concesso di sognare a occhi aperti, almeno un po’?!”

“Dovresti concederti molto più di quello,” rispose Blaine. “Vorrei che i tuoi sogni diventassero realtà. Vorrei che ricominciassi a

combattere di nuovo!”

Kurt rise. Prima una leggera risatina, poi più forte, poi alquanto istericamente.

“Respira, Kurt, respira!” Chandler afferrò un paio di fazzoletti, cominciando a sventolarli vicino al suo viso per fargli aria.

Kurt si avvicinò, nascondendosi il viso tra le mani, mentre il suo intero corpo tremava.

“Kurt, stai bene?” Blaine gli batté una mano sulla schiena, e sembrava che il suo ex fosse davvero sotto shock.

“Nessun problema, sta solo avendo un attacco di ridarella.” Disse Chandler apprensivo. “Troppi bicchieri, giusto, Kurt?”

Kurt scosse la testa, tossendo e sputando.

 
“Kurtsy, piccolo, alza il culo e vieni con me!” disse Andrew, avvicinandosi al loro tavolo,facendo segno a Kurt di seguirlo.

Kurt si sedette dritto, prese un respiro profondo, e aggrottò le sopracciglia annoiato, rivolgendosi al suo ragazzo. “Sono molto comodo

dove sono, Drewsy.”

“Laggiù c’è il fotografo che volevo incontrassi,” insistette Andrew. “Quello di cui ti ho parlato, che si sta occupando di una campagna

per un giornale, e cerca nuovi volti.”

“Ti ho detto che non volevo una stupida sessione di foto. Chi è che vorrebbe vedere il mio viso su un giornale, in ogni caso?!”

“Andiamo, ti amerà!” lo pregò Andrew.

“In caso non lo avessi notato,” farfugliò Kurt, cercando di mantenere gli occhi puntati sul suo ragazzo. “Non sono realmente nelle

condizioni per affrontare un incontro d’affari.”

“Non avrai bisogno di parlare, piccolo. Sorridi con quel sorriso meraviglioso che ti ritrovi, e il lavoro è tuo.”

“Dannazione, ha detto di no!” sbottò Blaine, fulminando Andrew con lo sguardo.

Andrew incrociò le braccia al petto, restituendogli l’occhiata.

Kurt cominciò a ridacchiare. “Oh, dolcezza. Non ho davvero bisogno che tu combatta le mie battaglie per me.” Strinse il braccio di

Blaine, quindi si alzò imprecando. “Va bene, gigolò, sto venendo con te per incontrare questa Persona Veramente Importante,” disse

Kurt in tono canzonatorio.

“Questo è il mio piccolo!” disse mettendogli un braccio attorno alla vita.

Blaine li guardò dirigersi verso un altro uomo, che li salutò calorosamente.

“Wow, Kurt è ancora innamorato di te,” rimarcò Chandler, non appena Kurt fu andato via. “Intendo, è così ovvio.”

Blaine alzò lo sguardo, sorpreso dalle sue parole. “E’ soltanto un po’ ubriaco.”

“Un po’? non l’ho mai visto bere così tanto, prima,” rimarcò Chandler. “Inoltre, non l’ho mai visto comportarsi nel modo in cui si

comporta intorno a te con il suo ragazzo, prima.” Puntualizzò alzando un sopracciglio. “La maggior parte del tempo lo passa a spingere

Andrew via, perché Andrew lo infastidisce. Ma sembra che gli piaccia essere così vicino a te.”

“Eravamo migliori amici,” spiegò Blaine. “E’ per questo che è così a suo agio, con me.”

“Magari è così, ma il modo in cui ti guarda dice molto, anche se ha un po’ gli occhi all’indietro, al momento.” Ghignò. “Se me lo chiedi, è

ancora innamorato di te.”

Blaine si morse l’interno della guancia. Amava quello che l’altro stava dicendo, ma non voleva permettersi di sperare fino a quel punto.

Chandler non sapeva nulla della loro storia, e della ragione per cui avevano rotto.

Si girò un po’, abbastanza da essere in grado di guardare Kurt circondato da un gruppetto di uomini, uno dei quali, apparentemente,

era un famoso fotografo. Uno di loro aveva portato un vassoio con almeno una dozzina di bicchieri pieni di liquido verde. Stavano

brindando e bevendo, sbattendo poi violentemente i bicchieri vuoti sul tavolo, prendendo il prossimo.

Blaine tenne il conto di tutto quello che Kurt bevve, e dopo un paio di minuti ne aveva già mandati giù quattro. Blaine aveva saputo

che Finn si era sentito male dopo aver bevuto cinque bicchieri in meno di un’ora. Se Kurt avesse continuato in quel modo, si sarebbe

facilmente ritrovato in coma etilico.

“Non mi piace, tutto questo.” Borbottò Blaine.

Dopo qualche minuto, Kurt si appoggiò pesantemente addosso ad Andrew. L’incontro non era durato così a lungo e, presto, Andrew e

Kurt stavano tornando verso il loro tavolo.

Kurt intravide le loro figure, e si fermò. Disse qualcosa all’orecchio di Andrew, e Il Fidanzato lo lasciò, mentre Kurt barcollava verso di

loro con un enorme ghigno sul viso.

“Ehi amici! Avevo quasi dimenticato che tu fossi sul serio qui, Blaine Warbler.”

“Che vuoi dire?” chiese questi, confuso.

Kurt si sedette sul bracciolo del divano, ma perse l’equilibrio e cadde sul grembo di Blaine.

“Woah! Stai bene?” Blaine sorresse Kurt per la vita, per trattenerlo dal cadere sul pavimento sporco.

“Oh, diamine, scusa!” Kurt si scrollò la sua presa di dosso e si spostò accanto a lui sul divano, la gamba ancora sul suo grembo.

Kurt si tenne la testa con entrambe le mani, emettendo un gemito.

“Adesso ammetti di aver bevuto troppo?” lo prese in giro Chandler, con un ghigno amichevole.

Blaine sorrise al suo ex ubriaco, e gli accarezzò con la mano la pelle liscia dello stivale. “Sembra che qualcuno abbia un disperato

bisogno di un massaggio,” disse, perché era quello che solitamente diceva quando Kurt gli si spalmava addosso con un enorme mal di

testa, o semplicemente esausto. Kurt amava essere massaggiato dalla testa ai piedi. Blaine emise un sospiro. Avrebbe amato portare

Kurt a casa, spogliarlo e farlo sentire meglio.

Kurt tese una mano, come se fosse cieco, fino a che Blaine non la afferrò, e Kurt strinse forte le dita.

“Aiutami ad alzarmi,” lo istruì.

“Non stai per vomitare, vero?” chiese preoccupato.

“Nessun problema, i tempi in cui ho vomitato sulle scarpe della Pillsbury sono lontani,” mormorò.

Blaine si accigliò. “Hai vomitato sulle scarpe della Pillsbury?” chiese incredulo.

“Non te l’ho mai detto? Giusto, perché avrei dovuto parlare al mio ragazzo della volta in cui ho vomitato su un’insegnante?! Dio, te l’ho

detto davvero?” si coprì nuovamente il volto con le mani.

“Non mi piace vederti così perso,” disse Blaine dolcemente. “Questo non sei tu, Kurt.”

“Cosa? Mi stai giudicando?” ridacchiò Kurt. “L’ultima volta in cui siamo stati in un gay bar insieme eri tu quello andato, ricordi? Eri

ubriaco e ballavi con Sebastian Smythe. Tutta. La. Notte.” Disse puntando le dita sul petto di Blaine. “E quando ho cercato di portarti a

casa hai provato a scoparmi nella macchina! Tu mi volevi,” l’espressione divenne sognante. “E ti volevo anche io! Dio, quanto ti volevo

nel retro di quella macchina.”

Blaine alzò lo sguardo, sorpreso. “Kurt..”

“Ma ero così geloso, e ho odiato Sebastian così tanto, quella notte, perché aveva completamente attirato la tua attenzione, quando io

volevo essere.. volevo essere la tua..”

“La mia star da bar gay.” Lo aiutò, e Kurt annuì, sorridendo tristemente.

“Wow,” disse Chandler, alzando gli occhi al cielo, sedendosi sulla punta del divano. “Questo è molto più interessante di ‘Gossip Girl’.”

Kurt si guardò intorno, come se si fosse appena svegliato, e avesse realizzato il posto in cui si trovava.

“Devo andare.” Disse alzandosi.

“Aspetta, Kurt, aspetta!” Blaine lo seguì, preoccupato del modo in cui Kurt sbandava, incapace di camminare in linea retta.






Spero che vi sia piaciuto, se ci siete ancora..
Un bacio a tutti. Ronnie.  

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Losolosolosolosoloso! Sono in ritardissimo! Lo so. Mi prostro in ginocchio ai vostri piedi, chiedendovi perdono. Scusatemi davvero.
Anyway, questo capitolo è stato un parto. Spero che vi piaccia!

 

“Aspetta Kurt!” Blaine accelerò il passo per corrergli dietro e raggiungerlo, così da poterlo stringere tra le braccia e offrirgli supporto. Aveva paura che potesse farsi del male, ubriaco com’era.
 
“Posso camminare da solo!” insistette l’altro, respingendo le sue braccia. Tuttavia, il movimento forzato lo fece barcollare.
 
“Davvero?” chiese con un sopracciglio inarcato.
 
Kurt gli lanciò un’occhiata eloquente, in risposta.
 
“Posso camminare da solo,” ripeté, riprendendo lentamente a camminare verso le scale.
 
Blaine gli stette dietro, assicurandosi di essere capace di prenderlo, nel caso avesse ceduto di nuovo.
 
Kurt scese le scale lentamente, con tutta la grazia di cui poteva disporre da ubriaco, mentre Blaine fu lasciato indietro ad ammirarne le movenze feline nei vestiti stretti. Il top d’argento luccicava delle luci della discoteca, e i jeans scuri da soli facevano venire l’acquolina in bocca, visto il modo in cui avvolgevano il didietro di Kurt, tanto che era impossibile distogliere lo sguardo.
 
“Mi dispiace, non posso accompagnarti a casa,” disse Kurt da dietro la sua spalla.
 
“Scusami?” Blaine aveva perso il filo del discorso, perché il volume aumentava ad ogni passo.
 
“Ho detto-” Kurt si girò, ma il movimento affrettato fu troppo per lui. Barcollò pericolosamente, afferrando il corrimano giusto in tempo, mentre Blaine si lanciava su di lui, tenendolo tra le braccia.
 
“Per favore, siediti,” disse Blaine, avendo paura che potesse cadere.
 
“Non posso accompagnarti a casa, perché, beh, per ovvie ragioni,” mormorò sotto voce, gesticolando con la mano e sedendosi sul gradino.
 
“Va bene,” replicò Blaine, sedendosi accanto a lui. “Sei sicuro di non stare per sentirti male?”
 
“Dammi giusto un minuto, fino a che il mondo non la smette di girare-” disse abbracciandosi con un braccio, mentre appoggiava la fronte contro il metallo freddo del corrimano.
 
“Non mi piace, questo posto,” mormorò Blaine con un sospiro. “E non mi piace la musica, e non mi piace Andrew.”
 
“Ti sembra che mi importi qualcosa di ciò che ti piace o no, Blaine?” disse Kurt, puntando i suoi tristi occhi blu su di lui, e Blaine seppe che era una bugia, perché le sue azioni parlavano più forti delle parole, e Kurt si comportava in modo dolce con lui, tanto che Blaine sapeva che a Kurt importava ancora.
 
“Beh, giusto per completezza, non mi piace nemmeno vederti sprecare la tua vita,” disse Blaine con un sospiro, aggiungendo velocemente: “E non ti sto giudicando, sono solo preoccupato.”
 
“Non preoccuparti, mio caro, è soltanto un altro tipico venerdì sera al Babylon,” biascicò Kurt, cominciando a ridere di nuovo.
 
“Oh mio-” mormorò l’altro
 
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo seduti qui? Proprio dove siamo ora,” disse battendo la mano sul piccolo spazio tra di loro. “Mi hai chiesto perché stessi facendo tutto questo, e io non avevo una risposta.”
 
“Kurt, è la prima volta che vengo qui,” gli ricordò dolcemente. “Non ci siamo mai seduti qui, prima.”
 
“Non il te reale,” replicò Kurt, agitando la mano. “Quello che mi segue continuamente in giro.”
 
Blaine aggrottò le sopracciglia, avvicinandosi all’altro. “Di cosa stai parlando?”
 
“Se me lo chiedessi di nuovo, stasera, continuerei a non sapere cosa risponderti,” disse Kurt, con aria assonnata. “Perché non ho assolutamente idea di quello che sto facendo.”
 
Si prese il volto sulle mani, i gomiti poggiati sulle ginocchia, sospirando pesantemente.
 
“Conosco la sensazione,” disse Blaine. “Non so cosa sto facendo di me stesso per la maggior parte del tempo, specialmente dal giorno in cui sono andato con quel ragazzo- non so onestamente perché ho fatto quello che ho fatto. Io- non mi è nemmeno piaciuto, Kurt. Solo- mi sono sentito così incredibilmente solo che avevo bisogno di fare qualcosa, sentire qualcosa, e avevo bisogno di andare in un posto in cui fossi il benvenuto, anche se era la casa di un ragazzo gay a caso e- so che non vuoi sentire tutto questo.”
 
Blaine scacciò le lacrime. Non era giusto fare la vittima, quando era stato lui, a distruggere tutto. Prese un profondo respiro per ricomporsi.
 
“Hai detto qualcosa di strano, prima,” disse, cercando di capire cosa stesse succedendo. “Hai detto che avevi dimenticato che fossi qui per davvero. E che ti seguo in giro, in qualche modo. Che cosa volevi dire?”
 
“Oh, giusto,” sospirò l’altro. “Perché non umiliarmi ulteriormente, facendomi ammettere che ti immagino al mio fianco ovunque vada? Parlare con te, mostrarti cose? È stupido, lo so.”
 
“Non è stupido,” rispose con un tremolio nella voce. “Praticamente faccio la stessa cosa. Non posso smettere di pensarti, Kurt. Tu sei con me ovunque vada.”
 
“Sì, certo,” sbuffò.
 
“E’ la verità,” insistette.
 
“La verità? Che importanza ha la verità, quando non riesco più a fidarmi di te?” replicò l’altro mestamente. “Non da quando hai rotto con me.”
 
Blaine lo guardò a bocca aperta. “Io- io non ho mai rotto con te, Kurt.”
 
Kurt fu preso nuovamente dalle risate, al limite dell’isteria. Blaine gli accarezzò la schiena, sentendosi inutile, e guardando le lacrime che gli erano sfuggite.
 
“Scusami,” disse cercando di calmarsi. “Divento orribilmente incostante, quando bevo.”
 
Si tenne lo stomaco, prendendo un paio di profondi respiri. Finalmente, riuscì a calmarsi abbastanza da riportare la sua attenzione su di lui.
 
Strinse le labbra, poi disse in un sussurro: “Mi hai detto che eri stato con un altro, e mi hai incolpato di averti fatto sentire solo. Sembrava davvero come se stessi rompendo con me.”
 
Il dolore visibile nei suoi occhi lo stava uccidendo.
 
“Non è mai stata mia intenzione,” disse Blaine con voce spezzata. “Avevo bisogno che mi perdonassi.”
 
Kurt scosse lentamente la testa. “E pensi che perdonare sia così semplice?”
 
“Lo so che non è semplice,” ammise. “Come potrebbe esserlo, quando io per primo non riesco a perdonare me stesso? Vorrei soltanto che mi dessi una seconda possibilità, per provarti quanto significhi per me. Kurt, mi odio per aver fatto questo a te, a noi. Mi sono odiato ogni singolo giorno da allora.”
 
“Vorrei soltanto che tu avessi parlato con me di quanto solo ti avessi fatto sentire,” disse Kurt con voce rauca, sembrando disperato. “Lo so che ci hai provato, ma ero troppo impegnato ad essere eccitato per tutto quello che mi stava accadendo. Avrei fatto qualsiasi cosa, Blaine, qualsiasi cosa, se solo mi avessi detto quanto fossi infelice.”
 
“Kurt,” disse Blaine, “Mi dispiace così tanto di averti incolpato di non esserci stato, e di aver fatto sembrare che fosse colpa tua e-”
 
“No, tu hai ragione. È stata colpa mia, se ti sei sentito solo, e mi dispiace per non averlo visto,” disse l’altro, tremando. “Solo non capisco perché non mi hai dato la possibilità di essere migliore. Avresti potuto avvertirmi, avresti potuto urlarmi contro! Avresti potuto prendermi a calci, dirmi che fidanzato orribile fossi stato, e come ti avessi buttato giù. Invece tu hai fatto questo! Hai scopato con un altro ragazzo, mi hai fatto sentire come un completo fallimento, rendendomi impossibile perdonarti, o avere di nuovo fiducia in te.”
 
E poi successe la cosa peggiore di tutte.
 
Kurt cominciò a piangere.
 
Si nascose il viso tra le mani, appoggiandosi alle scale, singhiozzando rumorosamente.
 
Senza dire una parola, Blaine lo prese tra le braccia, e Kurt immediatamente si arrese, spingendosi nel suo abbraccio, poggiando il capo sulla sua spalla.
 
Il mondo attorno a loro smise di girare.
 
La musica cessò, le persone svanirono, c’erano solo lui e Kurt, che tremava contro di lui, nella più totale disperazione. Blaine non lo aveva mai visto piangere così, prima, nemmeno la notte in cui gli aveva confessato il suo tradimento. Beh, quella sera non aveva bevuto. Vederlo così gli spezzò il cuore.
 
Le persone continuavano a passargli attorno, incuranti, senza dargli una seconda occhiata. Apparentemente, Kurt era soltanto uno dei tanti cuori spezzati che piangevano sulle scale, il venerdì sera al Babylon.
 
“Mi dispiace così tanto, Kurt, per favore, per favore, non piangere.” Blaine ingoiò le sue stesse lacrime. Almeno lui doveva rimanere lucido.
 
Kurt stava ancora singhiozzando, così forte da non respirare. Il suo eyeliner gli colava lungo le guance, mentre le lacrime gli solcavano il viso.
 
“Prendi questo,” disse offrendogli un fazzoletto.
 
Kurt lo prese e si strofinò gli occhi, rovinandosi il trucco ancora di più, e soffiandosi il naso.
 
“Respira, Kurt,” gli disse Blaine.
 
Kurt ora stava tossendo, cercando di respirare profondamente, suonando così spezzato.
 
“La tua sciarpa è troppo stretta,” disse Blaine, allentando la sciarpa che lo stava strozzando. La sciolse del tutto, così che Kurt potesse respirare, ma non era preparato, a quello che quel gesto rivelò.
 
C’erano evidenti lividi viola, su tutto il suo collo. Blaine sapeva che aspetto avevano i morsi scambiati durante il sesso, ma quelli decisamente non erano succhiotti. Erano lividi lasciati da qualcuno che gli aveva messo le mani attorno al collo, strangolandolo.
 
Blaine non riusciva a distogliere lo sguardo, anche se lo faceva sentire nauseato. Era per quello, che Kurt indossava sciarpe e maniche lunghe in piena estate.
 
“Che cosa ti ha fatto?” chiese a bassa voce, troppo piano, perché Kurt lo sentisse.
 
Questi era ancora in lacrime, la testa pesantemente appoggiata su una mano, gli occhi chiusi, non realizzando cosa Blaine stesse facendo, o lo avrebbe fermato, così che non vedesse quello che stava guardando.
 
Con timore, Blaine raggiunse la stretta manica che gli copriva il braccio, alzandola gentilmente, rivelando il polso di Kurt. Emise un gemito strozzato, sentendosi male. Si portò una mano sul viso, per impedirsi di piangere.
 
Il polso che stava stringendo era ricoperto da lividi violacei.
 
“Oh mio Dio, Kurt, che cosa ti sta facendo?” disse con orrore.
 
Gli occhi di Kurt si spalancarono, come se fosse ora completamente conscio. Si liberò dalla sua presa, abbassandosi poi la manica, gli occhi fiammeggianti.
 
“Kurt, parlami,” lo implorò Blaine, ma Kurt era di nuovo in piedi, barcollando, ma determinato ad arrivare in fondo alle scale.
 
“Aspetta, ti prego!” Blaine voleva fermarlo, ma non osava tirarlo per le braccia. Chi sapeva quanti lividi nascondeva, sotto i vestiti?
 
“Drew!” lo chiamò Kurt, non appena entrò nel suo campo visivo. “Drew!”
 
“Kurt, no!” Blaine si fermò davanti a lui, coprendogli la visuale, e afferrandolo per la spalle, incontrando poi i suoi occhi. “Vieni con me! Ti porto a casa da Rachel! Non tornare da lui.”
 
“Lasciami solo,” disse Kurt, spingendolo via.
 
“Che sta succedendo?” chiese Andrew, comparendo all’improvviso accanto a loro. “Stai piangendo, piccolo?”
 
“Portami a casa,” ordinò Kurt. “Adesso! Portami a casa subito!”
 
“Non andare con lui, Kurt,” lo pregò Blaine, prendendogli la mano. “Non puoi andare con lui!”
 
“Ehi, qual è il tuo problema?” Andrew gli mise una mano sulla spalla, allontanandolo da Kurt.
 
“Tu sei il mio problema!” urlò Blaine.
 
“Hai dannatamente ragione, sono il tuo problema, coglione!” urlò l’altro di rimano. “Stai lontano da Kurt! Fallo piangere di nuovo e ti spacco quel naso orribile che hai!”
 
“Drew, vai a chiamare un taxi,” disse Kurt, richiamando l’attenzione del ragazzo alle cose pratiche. “Dammi il tuo numerino, prendo le giacche.”
 
“E che mi dici di lui?” chiese indicando Blaine.
 
“Posso gestirlo,” replicò seccamente. “Potresti semplicemente andare a chiamare un taxi, per favore?”
 
Con un’ultima occhiata minacciosa a Blaine, Andrew corse fuori.
 
“Kurt, ti prego!” Blaine lo seguì al guardaroba. “Non lasciarti trattare in quel modo!”
 
Ignorandolo, Kurt diede al personale i loro numeri, prendendo le giacche.
 
“Non dimenticarti la giacca, Blaine.”
 
Stando accanto a lui, Blaine pose il suo numerino sul bancone.
 
“Kurt, ti prego, parlami,” mormorò insistentemente. “Qualsiasi cosa stia succedendo, puoi fidarti di me. Ti aiuterò.”
 
“Non sta succedendo niente,” replicò Kurt con una risatina. “Non saltare alle conclusioni solo perché hai visto qualche livido.”
 
“Allora dimmi che non è lui il responsabile. Dimmi che non sta abusando di te, Kurt.”
 
Kurt prese le giacche, porgendole a Blaine con un sopracciglio inarcato, guardandolo inquisitorio.
 
Blaine lo aiutò con i suoi vestiti, poi la giacca. Più e più strati a coprire la verità, mentre Blaine voleva solo spogliarlo, non importava cosa avrebbe potuto vedere, e baciare ogni centimetro del suo corpo perfetto.
 
Abbottonata la giacca, Kurt riprese a camminare, ma si fermò barcollando, imprecando maledizioni sotto voce.
 
“Lascia che ti aiuti.” Disse Blaine, porgendogli il braccio.
 
Con un sospirò, Kurt prese il suo braccio, e lasciò che Blaine lo guidasse all’uscita.
 
“Vedi, accettare aiuto non è così male,” scherzò Blaine, ma con un significato ben preciso, nelle sue parole. Kurt non aveva ancora risposto alla sua domanda, e sapeva che non lo avrebbe fatto, perché a volte un ‘sì’ poteva essere davvero duro, da dire.
 
“Vieni con me, solo per stanotte,” gli offrì ancora. “Possiamo mangiare altra torta di mele fatta da Rachel e guardare un DVD, o qualunque cosa tu voglia.”
 
Kurt rimase in silenzio. Arrivato fuori, lasciò il braccio di Blaine, cercando Andrew.
 
L’aria notturna e fumosa fece tossire Blaine, che ancora tremava. Questo non poteva stare succedendo. Kurt non poteva stare andando con quel mostro.
 
“Kurt, correndo il rischio di sembrare un disco rotto, per favore, lascia che ti porti da Rachel. Va bene se non mi vuoi intorno, posso andare a dormire nel mio dormitorio, ma non voglio che tu vada con lui. Voglio che tu stia con qualcuno di cui puoi fidarti.”
 
“Correndo il rischio di sembrare un disco rotto anche io,” replicò con un sorriso finto Kurt, “Fiducia è una parola flessibile, tesoro.”
 
Con sua grande sorpresa, Kurt prese dei soldi dal suo portafogli, porgendoglieli.
 
“Prendi un taxi, per favore. Non voglio che tu prenda la metro a quest’ora.”
 
“Non prendo soldi da te.” Protestò Blaine.
 
“Non fare l’idiota, so che non sei lucido, quindi prendili, per favore! Voglio che tu prenda un taxi, è troppo pericoloso prendere la metro di notte.” Disse Kurt, infilandogli i soldi nella tasca davanti della camicia. “Promettimi che lo farai. Chiamerò Rachele, e le dirò di controllarti.”
 
Blaine scosse la testa. “Non capisco perché tu voglia andare con lui.”
 
“Non c’è bisogno di preoccuparsi per me,” lo rassicurò. “Ho tutto sotto controllo.”
 
“Sotto controllo?” ripeté con una risata priva di allegria. “Come puoi controllare una merda del genere?”
 
“Tu non sai cosa sta succedendo, Blaine.”
 
“Allora dimmelo tu, che cosa sta succedendo!”
 
“Sto bene,” disse Kurt, sporgendosi per dargli altri soldi, ma Blaine gli afferrò la mano.
 
“Che cosa devo fare, Kurt? Cosa vuoi che faccia, per farti cambiare idea? Non posso lasciarti andare con lui. Non posso e basta.”
 
Prima che Kurt potesse rispondere, un urlo arrabbiato li interruppe.
 
“Togligli le mani di dosso!”
 
Senza ulteriori avvisi, Andrew si gettò su Blaine, prendendolo per il colletto e spingendolo contro il muro.
 
“Ascoltami, piccola merdina,” gli disse. “Voglio che tu lasci Kurt in pace, mi hai capito? Ne ha abbastanza di te.”
 
Andrew allontanati da lui!” Urlò Kurt, afferrandogli il braccio.
 
“Gli sto solo insegnando le buone maniere, piccolo,” replicò con nonchalance, sbattendo Blaine di nuovo contro il muro.”
 
“Allontanati, Drew, sono serio!” lo ammonì Kurt.
 
“Non fare così tanto la diva, Kurt,” Andrew lasciò andare Blaine con una risatina. “Non gli ho fatto male. Non troppo.”
 
“Non puoi trattare i miei amici in questo modo!” esclamò Kurt, chiaramente indignato.
 
Anche Blaine era intimidito, da quanto furioso sembrasse Kurt. Anche se era meraviglioso vederlo battersi per lui.
 
“Quindi, siete di nuovo amici? Scommetto che non è quello che lui vuole”
 
“Non ti riguarda chi decido di frequentare,” sbottò Kurt.
 
“Si che mi riguarda, quando si tratta del tuo disgustoso ex ragazzo traditore,” sbottò lui di rimando, aggiungendo poi: “che mi ha detto tutto sulla vostra vita sessuale, e su come tu amassi stare sotto di lui, comunque.”
 
Gli occhi di Kurt si spalancarono, e impallidì. “Tu gli hai detto cosa?”
 
“Non ho mai detto cose del genere!” obbiettò Blaine all’istante.
 
“La tua reazione è davvero divertente, piccolo” disse Andrew, ridendo di nuovo. “Quindi è vero che stavi sotto? Mi hai detto di essere totalmente vergine, mai visto un cazzo prima, e io ti ho creduto. Ma viene fuori che sei un bugiardo, proprio come tutti gli altri lì dentro.”
 
“Non azzardarti a paragonarmi a una di quelle troiette del Babylon. Non ti ho mai mentito. Sapevi in che situazione ti stessi cacciando fin dall’inizio. Ti ho detto di non voler fare sesso, e tu lo hai rispettato, ma hai solo pensato che io fossi vergine, e io non ti ho mai corretto. Ti ho detto fin dall’inizio che ero materiale inutile, ma eri così preso dal mio bel viso che non ti è importato.”
 
“Come vuoi, Kurt,” disse Andrew stancamente. “Entra nel taxi e andiamo a casa.”
 
“Lui rimane,” si intromise Blaine, avvicinandosi a Kurt. “Non verrà con te.”
 
“E chi lo dice?” Andrew si girò verso di lui. “Lo stronzo che lo ha fatto piangere un minuto fa?”
 
“Almeno, io non lo picchio,” ribatté Blaine.
 
“Fanculo!” il pugno di Andrew fu così veloce che nessuno lo vide. Colpì il mento di Blaine, facendogli perdere l’equilibrio. Blaine cadde di schiena, vedendo le stesse davanti agli occhi. Si sedette, sentendosi tramortito, e con la coda dell’occhio poté vedere Andrew venire verso di lui, ma Kurt lo fermò.
 
“Toccalo di nuovo e ti uccido!” urlò Kurt.
 
“Cosa? Quel pezzo di immondizia è finalmente nel posto che gli appartiene,” disse Andrew, scrollando le spalle.
 
“Taci, Drew!” disse avvicinandosi a Blaine. “Stai bene?”
 
Blaine annuì, anche se riusciva a sentire il sapore del sangue, toccandosi poi la mascella con circospezione.
 
“Vieni o no, Kurt?” chiese Andrew, annoiato.
 
“Dammi un fottuto secondo!” urlò di rimando. “Entra in quel dannato taxi e aspettami.”
 
“Ehi, nessuna rissa, davanti al Babylon,” intervenne il buttafuori del club, facendo un passo verso di loro. “Se dovete rompervi le ossa a vicenda, portate il litigio dall’altra parte della strada.”
 
“Ce ne andiamo tra un attimo,” rispose Andrew, dirigendosi verso il taxi che aveva chiamato.
 
Blaine era felice di vedere che Il Fidanzato stava andando via, e prese la mano di Kurt,
 
“Non andare con lui.” lo pregò, ormai prossimo alle lacrime.
 
“Posso gestirlo,” replicò Kurt, suonando davvero un disco rotto, in quel momento. “Non preoccuparti per me.”
 
“Ehi ragazzi, che succede? C’è qualcosa che posso fare?” Chandler si avvicinò cautamente. “Blaine, sei ferito? Ho visto Andrew colpirti, e sono leggermente sconvolto. Devo chiamare un’ambulanza?”
 
“Chandler!” Kurt lo guardò con puro sollievo, come se fosse il suo salvatore. “Per favore, porta Blaine a casa! Prendi un taxi e accompagnalo a Bushwick. Non lasciarlo da solo, promettimelo.”
 
“Va bene,” ripeté solennemente. “Puoi fidarti di me.”
 
“Lo so,” disse Kurt con un piccolo sorriso. “Grazie.”
 
“Non andare, ti sto implorando, Kurt,” disse Blaine, ancora una volta, non lasciando la sua mano. “Non andare.”
 
“Ti chiamo domani,” promise Kurt, sciogliendo le sue dita dalla presa dell’altro.
 
Un finto sorriso su un viso sconvolto dalle lacrime, con l’eyeliner nero che gli solcava le guance, fu l’ultima immagine che Blaine vide di Kurt quella notte. Poi se ne andò, e Blaine fu lasciato alla dolorosa verità.
 
Andrew abusava di Kurt. C’era un’enorme differenza tra il sospettare qualcosa e il sapere che la cosa peggiore che avessi immaginato fosse vera. Blaine si piegò su sé stesso, raccogliendosi le ginocchia e respirando profondamente. Gli veniva da vomitare.


 
And that's all for now. Come al solito, ringrazio tutti coloro che leggono, seguono, preferiscono e ricordano questa FF. Un grazie a tutti. 
Alla prossima, 
Ronnie. 
   

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Eccomi qua! Oh well, questo capitolo mi fa sempre stringere il cuore. A voi i commenti!
Enjoy.



“Stai bene, Blaine?”

Kurt si inginocchiò accanto al suo ex. Sentiva le vertigini, e non solo per l’impressionante livello d’alcol che aveva nel sangue, ma anche per aver visto Blaine a terra in quel modo. 

Mentre stringeva disperatamente la sua giacca, Kurt fu catapultato nel passato. 

Era la battaglia di Bad, insieme agli Usignoli. Fu colpito da una granita indurita grazie al sale per colpa di uno stronzo; faceva qualche differenza con il presente? Blaine era ferito, e come era stata colpa di Kurt quella sera, lo era anche adesso. 

Se Kurt non fosse stato ostile e stronzo con Sebastian fin dall’inizio, la Dalton non si sarebbe mai sentita incoraggiata ad agire in quel modo contro di lui. Avrebbe dovuto mostrare un po’ di fiducia nella sua relazione con Blaine, invece aveva scritto su tutta la faccia “Per favore non portarmi via il mio ragazzo” ogni volta che Sebastian era intorno, e quel dannato figlio di puttana si era approfittato delle sue insicurezze. 

Se non fosse stato per il modo in cui Kurt parlava di Blaine, Andrew non avrebbe mai fatto una cosa simile. Se non avesse mai menzionato Blaine, Andrew non avrebbe nemmeno saputo che Blaine era il suo ex fidanzato traditore, ma Kurt non era stato capace di tenere la bocca chiusa, aiutato dall’alcol e da quei sentimenti di miseria e dolore. Rimpiangeva di avergli detto tutte quelle cose su di lui. Rimpiangeva di aver parlato di Blaine, e pensato a lui, e sognato di lui, e continuato a piangere per lui. 

“Non andartene con lui, Kurt,” gli stava dicendo Blaine, prendendo le sue mani. “Non andare!”

Per un secondo, Kurt fu tentato. Voleva arrendersi, prendersi cura di lui, stringerlo tutta la notte, consolarlo e baciarlo fino a quando non fosse riuscito ad allontanare tutte le sue paure. Voleva credere che potessero essere di nuovo qualcosa, insieme, e che il passato non dovesse più importare. 

Ma importava. Eccome se importava. Se così non fosse stato, allora perché avrebbe dovuto fare così male? Un dolore del genere era impossibile da ignorare. 

“Kurt, ti sto implorando, non andartene con lui.”

Sentiva Blaine che lo pregava, ma non registrava sul serio le sue parole. La mente di Kurt era occupata da un solo pensiero. Andrew avrebbe pagato per quello. Kurt non lo avrebbe lasciato perdere come aveva fatto con Sebastian. 

A quei tempi, quando andavano ancora al liceo, Kurt aveva disprezzato la violenza. Si ricordava perfino di aver parlato con Santana di quanto volesse picchiare Sebastian, ma non poteva accettare un occhio per occhio. Letteralmente. 

Il modo in cui Kurt stava gestendo le cose, nel presente, era un po’ diverso. 

La violenza non era molto più che un modo per sfogare la frustrazione. Bisognava tirarla fuori in qualche modo, giusto?

Blaine mosse cautamente la mascella, controllando i danni, e Kurt, vedendolo, dovette resistere all’urgenza di cullarlo e passare un dito sulla ferita che aveva sul mento. 

Invece, controllò velocemente che Blaine stesse bene. Colpito e ferito, sì, ma non seriamente. Non c’era bisogno di andare al pronto soccorso. Però non poteva nemmeno lasciarlo da solo. 

“Ehi, ragazzi, c’è qualcosa che posso fare?”

E grazie al cielo Chandler era lì. Se c’era ancora un po’ di buono nel mondo, Chandler Kiel ne era la personificazione. Era come un cane felice, a volte un po’ troppo fuori dalle righe. Kurt ancora non capiva cosa spingesse Chandler ad andare al Babylon ogni venerdì sera, ma era grato che lo facesse, perché a un certo punto parlare con lui era diventata l’unica cosa che Kurt aspettava per tutta la settimana, anche se era tutto basato sulle sue bugie. 

A volte si ha semplicemente bisogno di un amico che possa guardare oltre tutto lo schifo che ti circonda ed esserci per te, indipendentemente da tutto. 

La presa sulla sua mano si rafforzò. Kurt guardò il suo ex e si ritrovò perso nelle profondità di quegli occhi color caramello. Blaine era spaventato da quella situazione, e vederlo così gli spezzava il cuore. Aveva già dovuto fare i conti con tanta violenza nella sua vita – il ballo alla Sadie Hawkins, la granita degli Usignoli. Non era necessario aggiungere anche le scenate di gelosia di Andrew alla lista. 

Tentò un debole sorriso, cercando di parlargli con lo guardo. Non avere paura, tesoro. Non c’è niente di cui avere paura. Starai bene. 

Blaine scosse lentamente la testa. No, non ci credeva. 

“Ti chiamo domani,” promise. Era tutto quello che Kurt era capace di dargli, al momento. La promessa di una chiamata. La prospettiva di stare in contatto, anche se sapeva che era probabilmente la cosa sbagliata, e che non avrebbe dovuto volerlo così tanto. Ma voleva ancora Blaine nella sua vita, per quanto facesse male. Forse un giorno avrebbe finalmente imparato ad affrontare tutto il dolore, oppure a conviverci. 

Fino a che non avrebbe trovato il modo per lasciarne andare un po’. 

Gentilmente si liberò dalla sua presa, e si alzò in piedi. Lasciarlo in quel modo era più difficile di quanto pensasse, ma c’era abbastanza rabbia in circolo dentro di lui da carburarlo. Si sarebbe assicurato che Andrew non alzasse mai più una mano su di lui. 





Entrò nel taxi, chiudendo violentemente la porta e facendo alzare un sopracciglio all’autista. 

“Vai!” disse Andrew, poi si appoggiò allo schienale mentre la macchina si immetteva nella strada. 

Kurt strinse i pugni nel tentativo di non tremare mentre fissava le luci della città e cercava di tenervi lo sguardo puntato, nonostante si sentisse così perso. 

La colpa e la preoccupazione lo travolgevano. E se Blaine non fosse stato bene? Avrebbe potuto avere qualche tipo di ripercussione. Avrebbe potuto essere sotto shock. Avrebbe potuto avere qualche problema non visibile a prima vista. Kurt si maledì per non averlo portato subito in ospedale per farlo controllare. 

Tirò fuori il cellulare per mandare un messaggio a Rachel, ma le dita gli tremavano troppo violentemente. Ripose il telefono nella tasca, poggiandosi poi le mani in grembo perché non voleva che l’altro lo vedesse tremare. Avrebbe potuto contattare Rachel più tardi e poi, se Blaine non fosse stato bene, Chandler avrebbe sempre potuto chiamare un’ambulanza, e Rachel si sarebbe presa cura di lui. Lo avrebbe notato, se ci fosse stato qualcosa di serio.

“Oh, ragazzo, avrai un mal di testa allucinante domani,” predisse Andrew con una risatina. 

Kurt alzò la testa, senza guardare il suo ragazzo. “Non parlarmi!” disse digrignando i denti. 

“Cosa?” chiese lui divertito. “Sono nei guai?”

“Aspetta che arriviamo a casa,” lo minacciò Kurt. 

Andrew ridacchiò. “Andiamo, cos’hai che non va? Sei davvero arrabbiato perché ho spinto il tuo ex?”

“Sì, è esattamente questo che non va,” replicò Kurt. “Ho un fottuto mal di testa, e tu che fai per farmi sentire meglio?! Ti metti a picchiare i miei amici!”

“Amici?” Andrew esplose in una risata. “Tu stai davvero chiamando “amico” l’idiota traditore?!”

“La mia storia con lui non è affar tuo!”

“Lo è,” ribatté Andrew, alzando le mani, “perché fin da quando il tuo fottuto ex è arrivato in città ti stai comportando come un pazzo.”

Kurt incrociò le braccia. “Non è comunque una buona ragione per fare del male a lui!”

“Mi stava stancando,” scrollò le spalle. “Ti ha fatto piangere.”

“Ho pianto perché volevo piangere,” dichiarò Kurt. “Non ho bisogno che Blaine mi faccia piangere!”

“Bene, perché non vale nessuna delle tue lacrime.”

“Non piango per lui,” negò Kurt con una risata priva di umorismo. 

“E allora per cosa stavi piangendo ieri notte?” chiese Andrew. “Sai com’è, non è facile addormentarsi accanto a qualcuno che respira con la bocca perché ha il naso tappato.”

“Certo, prendimi in giro!” abbaiò Kurt, gettando un’occhiata all’autista che teneva lo sguardo sulla strada. Sicuramente, non era la prima lite che ascoltava. 





Kurt contenne a malapena la sua rabbia durante il viaggio in macchina. Guardò Andrew parlare con l’autista fino a che non arrivarono al loro appartamento. 

Una volta arrivati, Kurt sbottò. Sbatté la porta, poi raggiunse la prima cosa che riuscì a trovare – una ridicola statua di bronzo a forma di pene che lo aveva perseguitato sin da quando era arrivato – e la scagliò contro il muro. 

“Ehi!” gli urlò contro l’altro. “Sei matto? Quella era costosa.”

“Mi prendi in giro? È spazzatura,” replicò sbuffando. “Esattamente come te!”

“Non capisco perché tu sia arrabbiato con me!” sbuffò Andrew, andando a recuperare la statua. “Sono io quello che avrebbe tutto il diritto di essere furioso. Mi stavi mentendo sin dall’inizio, e non sono sicuro di poter perdonare il fatto che tu abbia tradito la mia fiducia.”

“Fiducia? Come se tu avessi mai riposto della fiducia in me. Tu non ti fidi di nessuno, Drew. È la prima cosa che ho imparato di te, ricordi?” replicò Kurt. “Tu credi solo a quello che vuoi.”

“Okay, quindi mi hai mentito sul non essere vergine, e chi se ne frega?” disse Andrew. “Una volta che lo avrai fatto con me non vorrai andare con nessun altro ragazzo, comunque.”

“Oh, tu sei così fantastico, non è vero?!” sbuffò di nuovo. 

“Vuoi che te lo provi?” Andrew si fece più vicino, puntando la statua contro il suo petto. 

“Col cavolo che voglio che tu mi tocchi!” disse disgustato. Strappò la statua dalla presa dell’altro e la strinse forte, facendolo stare indietro mentre lo minacciava di scagliarla di nuovo. “Voglio che tu ti scusi.”

“Per cosa? Aver colpito lo gnomo? Andiamo!” rise Andrew. “Il tuo ex ragazzo è un patetico cucciolo in cerca di coccole, ed è ancora così pazzo di te. Avresti dovuto sentirlo mentre parlava di te come se tu fossi un angelo mandato dal Paradiso,” ghignò. “Mi fa chiedere se lui abbia mai visto il tuo lato cattivo.”

“Promettimi che non lo colpirai di nuovo, Drew!” insisté Kurt, alzando la statua più in alto. “Perché giuro che faccio a pezzi questo posto, se gli metti anche solo una mano addosso. Sono stato chiaro?”

“Piccolo, sei davvero eccitante quando sei arrabbiato e tutto il resto,” disse con un mezzo sorriso, avvicinandosi e cercando di togliergli la statua dalle mani. 

Kurt spinse Andrew via e scagliò la statuetta contro una teca di vetro. Con un suono rumoroso, l’anta andò in mille pezzi, spargendo pezzi di vetro su tutto il pavimento. 

Entrambi sobbalzarono. 

“‘FANCULO!” urlò Andrew, fissando i vetri incredulo. “‘Fanculo, Kurt! Che cazzo c’è che non va in te?”

“Tu! Questo! Tutto!” urlò a sua volta istericamente, puntando un dito accusatorio contro di lui. “Le cose mi stanno sfuggendo di mano! Non ho mai voluto tutto questo!”

“Ma di che cazzo stai parlando?”

“Non voglio che tu faccia del male ai miei amici!” gli urlò di nuovo. “Come fai a non capirlo?”

“Non riguarda i tuoi amici,” rispose Andrew. “Riguarda lui, non è così? Pensi che io sia stupido? Pensi che non veda come ti comporti con lui? Il modo in cui avete ballato insieme? Pensi che io non lo veda?”

Per un minuto, Kurt fu a corto di parole. Divertente, mentre ballava con Blaine aveva semplicemente scordato tutto il resto. Aveva voluto scordare tutto il resto, e lasciare semplicemente che la sua mente vagasse in un posto più bello. 

“Sì, ho ballato con il mio ex. E allora?” Kurt si strinse nelle spalle. 

Andrew rise senza umorismo e si avvicinò lentamente a lui, mettendolo all’angolo. 

“Piccolo, si sta prendendo gioco di te, e tu sei abbastanza stupido da permetterglielo. Sta probabilmente ridendo di te proprio in questo istante, riguardo a quanto sia stato facile metterti di nuovo le mani addosso. Ci stai davvero cascando grazie ai suoi trucchi da quattro soldi?”

“Tu non sai niente di lui,” replicò debolmente, sbattendo le palpebre per scacciare le lacrime mentre si abbracciava il corpo. 

Si sentì improvvisamente male, e il suo stomaco fu preso dai crampi. 

“Giusto,” confermò Andrew. “E non voglio sapere niente di lui. Mi dà già abbastanza fastidio che sia un traditore. Ma mi dà ancora più fastidio vedere quanto tu ancora lo idolatri. È un patetico stupido, ma tu lo tratti come se fosse una stella.”

“Io non-” cominciò Kurt. 

“I traditori tradiranno sempre, piccolo,” disse Andrew. “Sta facendo l’impossibile per fare sì che tu ti fidi di lui, ma saresti uno stupido a credere a quello che dice, non importa quanto voglia impressionarti combattendo contro di me.”

“Sta solo cercando di essermi amico,” spiegò stringendosi nelle spalle. “Ed è sempre stato molto protettivo con me.”

Andrew sbuffò. “Beh, scommetto che non si sente tanto eroico, dopo che gli ho fatto assaggiare La Furia!” Andrew alzò il pugno ghignando. 

Per un breve secondo, Kurt lo fissò e basta, senza sbattere le palpebre, lo shock scritto su tutta la faccia. Una volta, in un momento di debolezza, gli aveva detto di quei brutti momenti passati con Karofsky al liceo, ed era così che lo stava ripagando. 

“‘FANCULO, DREW!”

Con un pianto strozzato, Kurt si scagliò contro di lui. Andrew parò l’attacco, ma Kurt continuò a tirargli pugni fino a che non riuscì a colpirlo. Andrew fece un verso sorpreso, poi imprecò. 

Afferrò Kurt per le spalle e lo spinse contro il muro. “Smettila Kurt, davvero! Ti stai comportando come un maniaco!”

Per un secondo, il mondo di Kurt gli passò davanti agli occhi – che fosse per il suo senso di perdizione o per l’impatto contro il muro, non aveva la minima importanza. 

Andrew lo tenne premuto contro il muro, inveendo contro di lui, ma Kurt non lo ascoltava più. Tutto suonava allo stesso modo, come un eco nella sua testa. 

Kurt odiava quando Andrew lo faceva. 

Ma stranamente, allo stesso tempo, ne era felice. 

Essere premuto contro un muro gli ricordava i tempi in cui era costantemente spinto contro gli armadietti. Alimentava la sua furia, ma allo stesso tempo la leniva, perché quel tipo di dolore era familiare. Qualcosa a cui era abituato. 

Andrew gli chiuse una mano attorno alla gola per tenerlo fermo. “Hai finito di comportarti come un pazzo, adesso?” gli chiese, ma Kurt continuò a combatterlo, dimenandosi contro di lui e facendogli stringere la presa sulla sua gola. 

“Non ho intenzione di lasciarti andare fino a che non mi prometterai di comportarti come si deve,” disse con aria superiore. “E mi ripagherai la teca, mi hai sentito?”

Kurt incominciò a impallidire, provocando una reazione immediata nell’altro. “Oh no, no, no! Tu non ti sentirai male sui miei tappeti!” Lo prese malamente, trascinandolo lungo il corridoio prima di chiuderlo nel bagno. 

Kurt si diresse verso il gabinetto, poi si inginocchiò. La stanza cominciò a girare intorno a lui, e un senso di malessere gli avvolse la gola. Cercò di non vomitare, ma combattere quell’urgenza stava diventando anche peggio. Finalmente, si sporse sul gabinetto e rimise. 

“Sei disgustoso, lo sai?” disse Andrew, stando sulla porta. “Non sembravi così pazzo all’inizio, ma più ti conosco, più mi fai venire voglia di rinchiuderti in un manicomio.”

Kurt non rispose. Stava abbracciando il gabinetto e sentiva il sapore del proprio vomito in bocca.

“E comunque, se non riesci a reggere, non dovresti bere così tanto,” disse Andrew. 

Kurt si pulì la bocca con la carta igienica e si sedette contro il muro. “‘Fanculo,” mormorò, guardandolo male. 

Andrew sparì e Kurt appoggiò la testa all’indietro, sentendosi più che esausto. 

Gli occhi volevano chiudersi. Sarebbe stato più facile dormire e dimenticare tutto, ma doveva ancora chiamare Rachel. 

“Drew, portami il telefono,” lo chiamò debolmente. 

Ma quando Andrew tornò non stava portando il suo telefono. Invece, gli gettò addosso un cuscino. “Tu dormi qui. Ne ho abbastanza dei tuoi drammi. E poi puzzi.”

Kurt non protestò. Era troppo stanco. 

Stiracchiandosi, prese il cuscino e si sdraiò su tappetino. Fu soltanto quando sentì il suono di una chiave che veniva girata che la sua mente ricominciò a funzionare, ma il suo corpo era troppo stanco per collaborare. Avrebbe chiamato Rachel tra un minuto. Aveva solo bisogno di chiudere gli occhi per un secondo.

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


Sono in un ritardo osceno, lo so. A mia discolpa posso solo dire che la scuola mi sta uccidendo, e che davvero non ho più nemmeno il tempo per respirare. Spero vi piaccia. Da questo capitolo in poi, le carte cominciano ad essere messe in tavola. 
Enjoy, se ancora ci siete, e scusatemi!

 



Il ragazzo con gli occhiali da nerd e il cardigan verde si inginocchiò accanto a lui, riportando Blaine alla realtà.
 
“Sì,” rispose Blaine automaticamente e si toccò cautamente il mento con le dita. Era già gonfio.
 
“Amico, Andrew ti ha conciato proprio bene,” continuò l’altro con leggerezza, tendendogli un tovagliolo. “Non ho mai visto niente del genere, nella vita reale, prima! Pensavo che questo genere di risse accadessero solo nei film.”
 
Blaine prese il tovagliolo, passandolo sul mento e sulle labbra. Non c’era sangue, anche se ne sentiva il sapore sulla lingua. Probabilmente l’aveva morsa quando Andrew lo aveva colpito la prima volta.
 
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese Chandler, poggiandogli goffamente una mano sulla schiena, cercando di confortalo.
 
“Un telefono,” mormorò portandosi la mano alle tasche. “Ho bisogno del mio cellulare.”
 
Blaine lo trovò nella tasca interna della giacca, proprio accanto al CD di Kurt, che fortunatamente non si era danneggiato a causa dei pugni ricevuti.
 
Chandler gli offrì la mano, aiutandolo a mettersi in piedi. Blaine mosse un paio di passi avanti verso il locale, premendo nel frattempo il pulsante di chiamata, e chiamando l’unica persona che sperava potesse aiutarlo, arrivati a quel punto.
 
“Blaine Warbler, che sta succedendo?” Rachel suonava stanca e, considerato l’orario, probabilmente era già andata a dormire. “Per favore, non dirmi che hai bisogno che ti venga a prendere, perché sono già in pigiama.”
 
“Ho solo bisogno che tu mi dica dove vive Andrew!” urlò Blaine, cercando di farsi sentire oltre il rumore del traffico.
 
“Cosa? Perché?” Rachel sembrava totalmente confusa.
 
“Ho bisogno di andare lì e portare via Kurt!”
 
“Ma- pensavo che tu fossi al Babylon con lui-”
 
“Ci eravamo, ma abbiamo litigato, in un certo senso, e Kurt è andato via con Andrew. Ho bisogno di seguirli!”
 
“Io- io non so dove Andrew viva,” ammise lei.
 
“Che significa che non sai dove abiti?!” sbottò Blaine. “Come puoi non sapere dove Kurt abiti?!”
 
“Mi dispiace, ma non me lo ha detto,” replicò sulla difensiva, ma con stupore crescente. “Vive lì solo da un paio di settimane, e non ci sono ancora stata.”
 
“Dannazione!” imprecò Blaine ad alta voce, camminando avanti e indietro per la strada. “Avrei dovuto prendere un taxi e seguirli! Ormai sono lontani!”
 
“Che sta succedendo, Blaine?” chiese lei con voce scossa, suonando confusa e scioccata. “Mi stai spaventando!”
 
“Andrew è un violento pezzo di merda, ecco che cosa sta succedendo!” rispose Blaine, incapace di calmarsi. “Mi ha appena picchiati, e non avrebbe smesso, se Kurt non si fosse messo in mezzo.”
 
“Blaine, ti avevo detto di non provocarlo!” rispose lei. “Non posso credere che tu ti sia fatto trascinare dalla rabbia!”
 
“E’ solo che ho visto-” singhiozzò, e dovette prendere un paio di profondi respiri, prima di calmarsi, “Rachel, ho visto dei lividi intorno al collo e alle braccia di Kurt. Lui gli sta facendo del male, Rachel,” singhiozzò nuovamente. “Andrew gli sta facendo del male.”
 
“Sei- sei sicuro?” chiese lei, chiaramente scossa. Blaine poteva sentire che lei gli credesse, ma lei non voleva dovergli credere.
 
“Quando Kurt ha notato che li avevo visti ha provato a nasconderli,” raccontò Blaine, girandosi e guardando la strada. Era nel bel mezzo della notte, ma c’era ancora parecchio traffico. Vide Chandler a un paio di metri di distanza che cercava di fermare un taxi.
 
“Quando gli ho chiesto se Andrew fosse il responsabile, Kurt non ha negato,” andò avanti, passandosi una mano sul viso. Sentì gli occhi gonfi e colmi di lacrime. “Lui non lo ha negato, Rachel,”
 
“Lo chiamerò,” promise lei. “A me risponderà. Ti richiamo quando lo avrò sentito.”
 
“Okay, aspetterò qui, e quando avrà detto l’indirizzo andrò a prendermelo e a portarlo il più lontano possibile da quello stronzo.”
 
“No, tu non vai da nessuna parte, stanotte,” disse Rachel, pragmatica. “Tu adesso vieni a casa, Blaine.”
 
Discussero per un po’. Lui insisté per rimanere dove fosse fino a che Rachel non avesse scoperto l’indirizzo di quel mostro, in modo da poterci andare immediatamente, ma Rachel gli disse che non voleva che lui andasse lì, furioso com’era.
 
“Per favore, vieni a casa,” ripeté insistentemente. “Penseremo a cosa fare quando sarai qui, va bene?”
 
“Va bene,” si arrese l’altro. “Chiamalo adesso, okay? In questo istante.” Riattaccò.
 
Non voleva sprecare altro tempo a parlare con lei. Il suo compito ora era quello di controllare che Kurt stesse bene.
 
“Il taxi sta aspettando.” Chandler era in piedi davanti a lui, indicando il taxi in attesa con la testa.
 
“Grazie per il tuo aiuto,” disse con un sospiro stanco. “Mi dispiace di averti trascinato in tutto questo. Non c’è davvero bisogno che tu venga con me.”
 
“Au contraire,” ghignò mettendosi le mani sui fianchi. “C’è bisogno eccome che io venga con te, perché ho promesso a Kurt di portarti a casa sano e salvo, ed è quello che intendo fare.” Fece un cenno in direzione del taxi, inchinandosi teatralmente. “Il nostro taxi è in attesa, se vuoi seguirmi.”
 
Non sapendo cos’altro fare, Blaine lo seguì, sedendosi accanto a lui sul sedile posteriore. Lo guardò con la coda dell’occhio, mentre tamburellava le dita sulla gamba. In fin dei conti, era una buona cosa che Chandler fosse con lui. Aveva bisogno di qualcuno che lo sostenesse, che confermasse la sua versione dei fatti, prima che Rachel pensasse che stesse esagerando.
 
Per un po’ osservò fuori dal finestrino, osservando le luci della città che scorrevano, ma tutto ciò che riusciva a vedere erano i lividi sulla pelle di Kurt, e la profonda tristezza ben visibile in quegli occhi color oceano. Desiderò di non averlo mai lasciato andare. Né in quel momento né mai.
 
“Prendi questo,” gli disse Chandler porgendogli un altro tovagliolo. Solo in quel momento registrò di stare piangendo. Lo prese mormorando un ‘grazie’, e si asciugò gli occhi e le guance.
 
“Perché Kurt stava piangendo, sulle scale?” chiese Chandler debolmente, mantenendo un tono di voce basso per non disturbare il conducente. “Non che siano affari miei,” aggiunse velocemente. “Ma quei lividi sul collo-Dio, se Andrew gli ha davvero fatto questo-”
 
“Tu hai visto i lividi?” chiese Blaine alzando lo sguardo sorpreso. Perfetto, quello era perfetto! Chandler ora era anche un testimone oculare. Rachel avrebbe dovuto credergli.
 
“Ti ho seguito giù per le scale,” confessò tirando su con il naso. “Ma poi Kurt ha cominciato a piangere, così sono rimasto in disparte. Non volevo disturbarvi. Quando gli hai tolto la sciarpa è stato difficile non vedere i lividi sul collo e sui polsi-” deglutì pesantemente. “Pensavo che queste cose succedessero solo nei film dell’orrore. Non posso credere che stia accadendo a Kurt- voglio dire, lui sembra così forte, e io lo ammiro così tanto per questo- non capisco-” la voce gli si spezzò, e scrollò le spalle scoraggiato.
 
“Conosci Andrew da più tempo di me,” gli disse Blaine, “cosa pensi che stia succedendo tra di loro?”
 
“Ti ho detto che Kurt non è propriamente uno zuccherino, attorno a lui- gli urla sempre contro, e lo tratta male. Ho avuto più volte l’impressione che fosse stanco di lui, e che stesse finalmente per lasciarlo, ma stanotte-” si mosse sul sedile a disagio. “Non ho mai visto Andrew comportarsi così. È spesso geloso di Kurt, ma non aveva mai fatto realmente del male a qualcuno, e-” fece una pausa, togliendosi gli occhiali e pulendoli con il lembo del maglione. “Non avrei mai pensato che Andrew potesse fargli del male,” continuò scuotendo la testa. “Kurt è così forte, e odia il bullismo. Lui mi ha salvato, una volta in cui dei ragazzi mi stavano minacciando. È il mio eroe, e semplicemente non riesco a immaginare che abbia potuto lasciare che Andrew gli mettesse le mani addosso senza lottare-” rimasero in silenzio per il resto del viaggio. Blaine pagò l’autista con i soldi di Kurt, e ne offrì a Chandler per tornare a casa.
 
“Ti dispiacerebbe se restassi con te, per un po’?” chiese questo esitante. “Non sono davvero dell’umore per tornare al mio dormitorio e rimanere da solo per il resto della notte a preoccuparmi per Kurt. Posso rimanere, almeno finché non abbiamo la certezza che Kurt stia bene?”
 
“Certo,” rispose Blaine, facendogli cenno di uscire dal taxi. “Vieni con me.”
 
 
 
 
Riponendo le chiavi, Blaine condusse il suo ospite nell’edificio, e poi su per le scale, nell’appartamento di Rachel. Aprì velocemente la porta ed entrò, chiamandola a gran voce. Trovò la ragazza rannicchiata sul divano, il volto rosso e gonfio a causa delle lacrime.
 
“Gli hai parlato?” gli chiese Blaine ansiosamente, precipitandosi da lei.
 
“Non mi risponde al telefono,” disse lei, singhiozzando e gesticolando. “Qualcosa non va.”
 
“C’è più di qualcosa che non va.” Assentì Blaine, sedendosi accanto a lei sul divano. “Ma a cosa ti stavi riferendo?”
 
“Abbiamo giurato di rispondere sempre alle chiamate dell’altro, non importa dove siamo, o che ore siano. Ha giurato! E ora non mi risponde! Non mi risponde!”
 
Era sul punto di gettarsi tra le sue braccia, in lacrime, quando con la coda dell’occhio scorse Chandler nell’ingresso, a disagio.
 
“Chi sei tu?” chiese asciugandosi gli occhi e scrutando il ragazzo biondino vestito di verde con enormi occhiali e un sorriso timido.
 
“Sono Chandler Kiehl, felice di conoscerti.” Le tese la mano, ma il suo sorriso era imbarazzato. “Scusami, per l’intrusione.”
 
“Ti sei portato qualcuno a casa?” Rachel alzò la voce incredula, ignorando la mano che l’altro gli tendeva. “Non posso credere che tu possa pensare al sesso mentre Kurt è in mezzo ai guai!”
 
“Io non- Chandler non è-” balbettò Blaine, fermando Rachel dalla sua corrente di pensieri sbagliati. “Ti ricordi il ragazzo che Kurt ha incontrato da Belle note?”
 
Sì, ma questo che c’entra?”
 
“Questo è lui.” indicò il suo ospite.
 
Tu sei Chandler?” chiese lei sorpresa, alzando e abbassando lo sguardo. “Il ragazzo misterioso con cui Kurt flirtava per messaggi? Sei stato tu a scrivergli tutte quelle cose carine, come ‘dovresti essere un’astronauta, perché il tuo sorriso e fuori dal mondo’?!”
 
“Una linea un po’ banale, da seguire, lo so, ma sembrava funzionare così bene con lui.” scrollò le spalle.
 
“Pensavo che fossi più- uhm alto.” Scrollò le spalle a sua volte, e prese un fazzoletto dalla scatola, soffiandosi rumorosamente il naso. “Non ha importanza.”
 
“Kurt mi ha detto di assicurarmi che Blaine tornasse a casa e che fosse tutto apposto, quindi eccomi qui.” Spiegò lui. “Quindi, anche tu sei un’amica di Kurt?”
 
Rachel annuì, ma non rispose, perché il suo volto era nuovamente rigato di lacrime, mentre cominciava a singhiozzare disperata. “Abbiamo fatto un giuramento! Un giuramento con i mignoli!”
 
Blaine le accarezzò la schiena gentilmente. “Calmati, Rachel, andrà tutto bene.”
 
“Giusto un momento fa mi hai detto che Kurt viene picchiato da Andrew!” urlò lei.
 
“Non lo so,” confessò ricadendo sul divano. “Non ho di certo le prove di quello che sta succedendo. Proviamo a chiamarlo di nuovo, va bene?”
 
“Uhm, credo che sia meglio che me ne vada..?” disse Chandler, non volendo disturbare. “Capisco la situazione.”
 
“No, puoi rimanere, se vuoi,” disse Blaine, dopo aver silenziosamente chiesto a Rachel.
 
“Vuoi un pezzo di torta di mele?” chiese, indicando la torta posta sul tavolino da caffè. “E’ la preferita di Kurt-” lei parole furono soffocate da un altro rumoroso singhiozzo. Compose il numero di Kurt, provando nuovamente a chiamarlo, e continuando a mormorare qualcosa sui giuramenti.
 
“Perché vi siete promessi di rispondere sempre alle chiamate dell’altro?” chiese Chandler, servendosi un abbondante pezzo di torta.
 
“Perché si sentiva in colpa per non aver risposto alle chiamate di Blaine,” rispose Rachel, asciugandosi le lacrime.
 
Blaine alzò lo sguardo. “Cosa?”
 
“Mi ha detto di non aver risposto al telefono, la sera in cui hai chiamato per dirgli di aver vinto le elezioni studentesche,” spiegò lei. “Era a una festa con Isabelle e ha rifiutato la chiamata. Poi se n’è pentito davvero. Dopo che avete rotto, non ha parlato altro che di quello per settimane, fino a che non gli ho suggerito di imparare dai suoi errori. Così abbiamo giurato di rispondere sempre alle chiamate dell’altro, non importa che cosa stia succedendo intorno a noi.”
 
“E’ una cosa dolce,” disse Chandler, la bocca piena di torta. “Vorrei avere un amico così. Dovete essere molto uniti.”
 
“Veramente, ci siamo un po’ allontanati, ultimamente,” confessò Rachel, il telefono ancora pressato contro l’orecchio. “Gli voglio un bene indicibile, ma sento come se si stesse allontanando da me, e non so il perché. È andata sempre peggio, da quando ha cominciato  a uscire con Andrew.”
 
Blaine aggrottò le sopracciglia, poggiandosi il mento sulle mani, e passandosi le dita tra i capelli. Si sentiva così male. Tutte le volte in cui Kurt aveva ignorato le sue chiamate si era sentito così ferito e perso che voleva urlare, e arrabbiarsi con lui, ma non gli aveva mai detto una parola. A sentire, in quel momento, che Kurt si era reso conto dei suoi errori, e capito di averlo ferito, non rispondendo al telefono, gli fece male al cuore. Se Kurt si era sentito colpevole, allora perché non aveva detto niente? Perché aveva punito Blaine con il silenzio per tutto quel tempo?
 
Fin da quando Kurt si era trasferito a New York, le loro conversazioni avevano cominciato a diminuire e, anche se parlavano al telefono, o su Skype tutti i giorni, Blaine aveva la sensazione che lo stessero entrambi facendo per una sorta di dovere.
 
Kurt!” Rachel quasi saltò dal divano, quando finalmente ricevette risposta.
 
Blaine si tese immediatamente, guardando Rachel attentamente, mentre lei attivava il vivavoce.
 
“No, sono io,” disse Andrew. “A cosa dobbiamo l’onore di una telefonata alle tre del mattino?” chiese scocciato.
 
“Voglio parlare con Kurt!” rispose lei risoluta. Blaine era impressionato dal modo in cui era passata dall’essere un disastro singhiozzante all’amica forte.
 
“Temo che sia indisposto, al momento,” rispose Andrew, ma c’era qualcosa, nella sua voce, che mise immediatamente Blaine sull’attenti.
 
“Non mi interessa. Voglio parlargli. Adesso.” Insisté.
 
“Va bene,” rispose sbuffando. “Vedrò quello che posso fare.”
 
Blaine spalancò gli occhi, sentendo il distante suono di colpi ripetuti, provenienti da dovunque  Andrew fosse. Il rumore crebbe d’intensità, mentre Andrew evidentemente si avvicinava. Blaine poteva anche sentire una voce soffocate, ma chiaramente arrabbiata... la voce di Kurt? Che cosa stava succedendo?
 
Lo sentirono anche gli altri, cominciando a scambiarsi sguardi confusi. Chandler aveva anche smesso di masticare, come se non volesse perdersi un singolo secondo.
 
“Ehi, la tua amichetta ti vuole al telefono!” urlò Andrew, e poi ci fu un altro forte rumore, come se qualcuno stesse picchiando contro una porta. “Hai intenzione di calmarti, adesso?”
 
“Lasciami uscire da qui, Drew!”
 
I tre si tesero, mentre ascoltavano le urla furiose. Rachel strinse forte il ginocchio di Blaine, e Chandler posò il piatto, senza nemmeno provare a inghiottire il pezzo di torta che aveva in bocca.
 
“Soltanto se prometti di comportarti bene,” ripeté freddamente Andrew. “Puoi farlo?”
 
“Fammi uscire e dammi il mio fottuto telefono!”
 
Blaine stava trattenendo il respiro, ascoltando una serratura che scattava, e un fruscio. Poi la voce di Kurt si fece più forte. “Lasciami in pace, Andrew! Dico sul serio! Lasciami parlare con Rachel. Da solo.”
 
“Dille che non può continuare a chiamare a quest’ora della notte!” sbottò l’altro. “Le persone decenti vogliono dormire!”
 
“Lei può chiamarmi quando vuole!” replicò Kurt. “E tu sei lontano dall’essere decente, Drew. Le persone decenti non cominciano una rissa per strada come un qualunque Neanderthal che non può controllare i suoi istinti.”
 
“Come vuoi,” rispose Kurt. “Fottiti, Kurt. Io vado a dormire.”
 
E poi finalmente Kurt rispose, la voce rauca, a causa delle urla. “Rachel? Mi dispiace così tanto, Rachel, non volevo ignorare le tue chiamate. Il telefono era in un’altra stanza, e credo di essere svenuto, per un po’.”
 
“Kurt, Andrew ti ha rinchiuso da qualche parte?” chiese con orrore.
 
“Solo uno dei suoi stupidi scherzi,” disse lui.
 
“Beh, non è divertente!” Rachel era fuori di sé. “Non può rinchiuderti!”
 
“Era solo preoccupato per la tappezzeria,” replicò Kurt, come se quello spiegasse tutto.
 
“La sua- cosa?!” Rachel non riusciva a seguire la sua logica.
 
“Ho bevuto troppo, stasera, e continuo a vomitare, così mi ha chiuso in bagno, va bene?”
 
“A che stavi pensando, Kurt? Mai sentito parlare di coma etilico?!” lo rimproverò lei. “Il professor Shue ce lo ha detto, durante la settimana della coscienza sull’alcool. Okay, eri alla Dalton, in quel periodo, ma era la settimana in cui ho dato la mia prima festa, e ho baciato Blaine, e quello dovrebbe darti abbastanza ragioni per immaginare che cosa l’alcool ti porta a fare. Pensa, prima di bere, Kurt! Le persone fanno le cose più pazze, quando sono ubriache!”
 
“Ehi, dammi una pausa!” sospirò Kurt. “Non sono un alcolizzato, Rachel. Ero solo nervoso perché Blaine era lì. È con te, adesso? Sta bene? Andrew lo ha ferito, Rachel!”
 
“Lo so,” rispose lei. “E’ seduto accanto a me. Sembra un po’ ammaccato, ma sta bene.”
 
“Devi essere sicura che stia bene, Rachel!” insisté. “Blaine è una di quelle persone che ti assicurano di stare bene anche quando stanno sanguinando ovunque, e Andrew lo ha colpito davvero pesantemente.” la voce crebbe di intensità, nuovamente arrabbiata. “In faccia, Rachel, lo ha colpito in faccia! Lo sa che il viso che una zona da evitare assolutamente.”
 
“Kurt, se ti importa così tanto, di lui, perché non te ne sei assicurato da solo?” chiese lei confusa. “Perché sei andato via con Andrew?”
 
“Perché mi sono reso completamente ridicolo. Blaine dovrà pensare che io sia davvero patetico. Volevo mostrargli quando sia diventato sexy, ma invece mi sono comportato come un maniaco. Dio, deve davvero odiarmi.”
 
Nessuno ti odio, Kurt!” disse Rachel risolutamente. “Noi ti amiamo, e vogliamo che tu sia al sicuro. Anche quel ragazzo, la tua cotta di Belle note, sta assistendo alla tragedia sul nostro divano. Infatti, i ragazzi stanno ascoltando, giusto perché tu lo sappia.
 
“Grandioso, solo- grandioso.” Sospirò, la voce tremante. “Chi altri si sta godendo lo spettacolo? Perché non lo condividi con la radio nazionale? La crescita e la caduta di un insignificante ragazzo gay dell’Ohio. Scommetto che entrerebbe nella top ten dei Chi Cazzo Se Ne Frega.”
 
“A noi importa!” rispose Blaine, avvicinandosi al telefono nella mano di Rachel. “E non ti odio, Kurt, non potrei mai odiarti. Ti ho implorato di rimanere! Come puoi pensare che volessi che tu andassi via con Andrew?” Provò a mantenere un tono di voce rilassato, ma temeva che la sua preoccupazione fosse ben udibile in ogni tremante sillaba.
 
“Siamo tutti davvero preoccupati, per te,” aggiunse Chandler, “perché non capiamo che cosa stia succedendo tra te e Andrew.”
 
“Non sta succedendo niente,” rispose Kurt con una risata, ma suonando sulla difensiva. “Viviamo insieme. Litighiamo. Tutte le coppie lo fanno. Che cosa c’è di così difficile, da capire? Perché non potete semplicemente farvi i vostri dannatissimi affari?!”
 
“Per favore, Kurt, dicci dove abiti,” Rachel prese il telefono e cercò di parlare il più tranquillamente possibile, tenendo la voce bassa e amichevole. “Dicci dove possiamo trovarti e saremo lì in un minuto, va bene?”
 
“Per cosa? Così che possiate urlarmi contro meglio e svegliare tutto il vicinato?”
 
“Oh, urlerò, ma non contro di te,” promise Rachel. “Ho qualche parolina da dire ad Andrew!”
 
“Non ce n’è bisogno. L’ho già fatto io,” rispose Kurt sbuffando. “Non si azzarderà mai più ad alzare una mano contro Blaine.”
 
“Bene, ma che mi dici di te?” chiesa secca. “Non voglio che ti faccia del male, Kurt.”
 
“Lui non-” cominciò, ma Rachel lo interruppe all’istante.
 
“E’ arrivato il momento di dire la verità, Kurt. Ti sto chiedendo di dirmela, per favore.” Il labbro inferiore le tremava, mentre si pressava il telefono contro l’orecchio. “Andrew ti ha fatto del male?”
 
Blaine fissò il telefono, pregando che Kurt lo ammettesse, così che avrebbero potuto aiutarlo.
 
“Che cosa importa?” rispose finalmente, prendendo un profondo respiro.
 
Che cosa importa?” rispose Rachel sull’orlo delle lacrime. “Sei fuori di testa?! Non ha nessun diritto di trattarti in quel modo. Tu te ne andrai da lì, mi hai sentito?! Non puoi rimanere con lui!”
 
“Rachel, ti stai comportando in maniera irragionevole. Non è Andrew il mio problema.”
 
“Oh, io mi sto comportando irragionevolmente?” sbuffò. “Per favore, Kurt. Se un ragazzo che ti picchia non è un problema, allora cosa lo è?”
 
“Chiaramente, io sono il problema.” Rispose.
 
“Di che stai parlando?” chiese lei. “Andrew ti ha fatto sentire male con te stesso?”
 
“Oh, andiamo, Rachel, sai perfettamente quanto io possa essere stronzo, e anche Andrew ha un caratteraccio. A volte litighiamo, okay? E quando si arriva alle mani ci si arriva da ambo le parti. È parecchio lontano dall’essere un vero abuso. Posso gestirlo. Sto bene, Rachel.”
 
“Stronzate! Non dirmi che stai bene!” sbottò lei, asciugandosi le lacrime. “Perché non mi hai detto niente? Perché mi hai mentito?”
 
“Sì, ti ho mentito, e mi dispiace,” disse Kurt stancamente. “Ora che abbiamo stabilito che sono un bugiardo, possiamo per favore parlarne domani? Ho un fottuto mal di testa, e tutto ciò che voglio è dormire.”
 
“Oggi è domani,” puntualizzò Rachel. “Sono le due del mattino passate.”
 
“Tutto ciò che chiedo sono un paio d’ore di riposo.”
 
“Okay,” disse lei. “Che ne diresti se ci dicessi dove vivi, così che possiamo venirti a prendere e portarti a casa con noi? Potrai dormire nel tuo letto! Come ti sembra?” tentò Rachel gentilmente.
 
“Non offenderti, ma non ho molta voglia di vedervi, in questo momento,” disse Kurt.
 
Rachel e Blaine si scambiarono uno sguardo confuso.
 
“Perché no? Siamo tuoi amici.”
 
“Sì, siete miei amici, Rachel, ma mi sento disgustoso e sporco, al momento, e non voglio che voi mi guardiate con la pietà negli occhi come se fossi un cucciolo perduto che avete trovato per strada. Ho davvero bisogno di dormire, fino a che mi dura il cerchio alla testa, visto che di solito devo usare i sonniferi, ed è così difficile addormentarsi e-” Kurt cominciò a singhiozzare. “Fa tutto semplicemente schifo.”
 
“Lo so tesoro, lo so,” disse Rachel dolcemente. “Abbiamo tutti quelle giornate in cui fa tutto schifo.”
 
“Ma non si ferma mai, Rachel. Continua a fare così male, semplicemente non riesco a farlo fermare.”
 
“So che fa male,” mormorò, di nuovo vicina alle lacrime. “Ma lo supereremo insieme, okay?”
 
Kurt non rispose, ma tutti potevano sentirlo piangere.
 
“Kurt, per favore non piangere,” disse Blaine, desiderando di poterlo stringere tra le braccia e non lasciarlo. Non poteva sopportare di sentirlo piangere. “Tu non sei disgustoso o patetico, Kurt. Tu sei bellissimo, e perfetto e- e così sexy, Kurt. Non ho potuto semplicemente toglierti gli occhi di dosso per tutto il tempo.”
 
“Io nemmeno,” aggiunse Chandler, ma poi, quando Blaine lo fulminò, arrossì e si tolse gli occhiali per pulirli sul maglione.
 
“Mi dispiace che Andrew ti abbia colpito, Blaine,” disse Kurt tirando su con il naso.
 
“Non preoccuparti per me, io sto bene.” Rispose toccandosi la ferita sul mento con cautela.  “Mi ha a malapena toccato. D’altra parte, mi prenderei qualsiasi pugno, se sapessi che se no sarebbe indirizzato a te.”
 
“Scusami per aver rovinato la tua prima sera a New York,” disse Kurt, la voce carica di emozioni.
 
“Non lo hai fatto. Non hai rovinato niente. Ho amato vederti, ho amato ballare con te,” disse Blaine, mordendosi il labbro, mentre ricordava quell’abbraccio meraviglioso che avevano diviso sulla pista. “Veramente, ballare con te è stata la parte più bella della serata. Grazie, per quello.”
 
“Anche a me è piaciuto ballare con te,” ammise Kurt.
 
Il viso di Blaine si aprì in beatitudine e dolore allo stesso tempo. Era così felice di sentirlo, ma allo stesso tempo faceva così male.
 
“Spero che tu sappia che non potrei vivere senza di te!” disse Rachel. “Per favore, non fare niente di stupido! Promettimelo!”
 
“Non essere melodrammatica, Rachel,” sospirò Kurt. “Se è il dramma che cerchi, chiedi a Chandler la sua collezione delle stagioni di Gossip Girl.”
 
“Kurt?” Chandler parlò di nuovo. “Ti ricordi quella notte al Babylon, quando sono venuto lì per la prima volta? Quando stavo andando via e quei ragazzi hanno cominciato a prendermi in giro, e tu sei arrivato a difendermi?”
 
“Certo che mi ricordo,” rise Kurt. “Indossavano le camicie più brutte su cui abbia avuto il dispiacere di posare gli occhi.”
 
“Ti ho mai detto di essere stato davvero, davvero spaventato, quella sera?”
 
“Non c’era bisogno che tu me lo dicessi, Chandler. L’ho visto. So che aspetto ha la paura, sul volto delle persone, credimi.”
 
“Ma tu non eri affatto spaventato, Kurt!” disse cominciato a gesticolare. “Erano enormi, e io ero solo, e dentro di me avevo già l’immagine di me stesso violentato e buttato nell’Hudson, ma poi sei arrivato tu. Mi hai guardato e li hai respinti solo grazie alle tue parole e ai tuoi comportamenti da stronzo. Nessuno aveva mai fatto qualcosa di simile per me, prima!”
 
“Quando vuoi,” rispose Kurt, cambiando poi tono di voce. “Noi Newyorchesi dobbiamo rimanere uniti, no?”
 
Chandler rise felicemente. “Tu sei meraviglioso, Kurt Hummel, e voglio solo farti sapere quando ti ammiri e ti voglia bene.”
 
“Oh, grazie, ti voglio bene anche io, Chandler.”
 
Lui arrossì. Pesantemente! Blaine strinse i denti irrigidendosi. Non sapeva perché, ma vedere le guance arrossate del biondo, e sentire quello scambio di effusioni lo aveva ingelosito parecchio.
 
“Bene, quindi andremo tutti a dormire, e domani ci vediamo alle dieci per colazione!” decise Rachel.
 
“Ugh, facciamo per l’ora di pranzo,” negoziò Kurt.
 
“Facciamo per un brunch.” Concesse Rachel, “Ci vediamo alle undici al Tic Toc Diner.”
 
“Fai alle undici e mezza e sarò lì.”
 
“Va bene,” replicò soddisfatta.
 
“E Blaine?” disse Kurt esitante.
 
Blaine praticamente saltò sul posto. “Sì?”
 
“So che mi hai rubato il CD. Non sei un bravo ladro, e come bugiardo sei anche peggio.”
 
“Oh, mi dispiace, io-” arrossì e balbettò. Si sentiva incredibilmente stupido, per l’essersi fatto beccare, dopo tutto quello che stava cercando di fare per dimostrare a Kurt di essere degno di fiducia. Rubare cose non avrebbe aiutato.
 
“Puoi tenerlo,” rispose con un sospiro. “Era per te, in ogni caso, anche se temo che abbia perso il suo significato. L’ho registrato parecchio tempo fa.”
 
“Okay, grazie,” ripeté. “Sono sicuro che mi piacerà, qualunque cosa sia.”
 
“Buona notte, ragazzi.” Disse Kurt, e gli altri gli risposero in coro, prima che chiudesse la chiamata.
 
“Oh mio,” sospirò, crollando sul divano. “Mi sento come se fossi appena scesa dalla più spaventosa delle montagne russe. Sono abbastanza sicura di aver attraversato più emozioni in questi cinque minuti che in una qualsiasi lezione di teatro. Mi sento così scossa, e nemmeno più sollevata.”
 
“Suppongo che Kurt si senta alla stessa maniera,” disse Chandler. “Sembrava abbastanza confuso. Diamo la colpa all’alcool, ne ha bevuto troppo, stasera.”
 
Blaine non disse nulla. Si alzò e prese il CD dalla sua giacca. Voleva ascoltarlo in privato, perché sentiva che anche Kurt voleva mantenerlo privato, ma ora che sapeva che Kurt lo aveva originariamente registrato per lui, Blaine aveva semplicemente bisogno di sapere che cosa contenesse, e non gli importava se Rachel e Chandler erano presenti.
 
Così lo mise nello stereo, preparandosi ad accettare il dolore che ascoltarlo gli avrebbe indubbiamente causato. Presuppose che dovesse trattarsi di una canzone d’amore, probabilmente cantata da Kurt prima che rompessero, e che poi ovviamente non gli aveva più dato.
 
 
Chiudendo gli occhi, prese un profondo respiro e premette il pulsante play.
 
Un pianoforte partì soffusamente, e poi Kurt cominciò con una voce lenta e triste.
 
“Many moons have come and gone
And this little heart’s still holding on
To what could be, maybe should be, baby
Crazu is all it’s making me
 
You’ve got four and twenty hours
Just one day to prove to me
That your love has got the power
Make me believe
That you’re the man for me, baby.”
 
Rachel si unì a lui, asciugandosi le lacrime. “Voleva spedirtela per il Ringraziamento.”
 
“Lui voleva spedirmela? Al Ringraziamento?” chiese sconvolto. “Lui ha registrato questa per me dopo che abbiamo rotto?”
 
“Sì, ed è stato combattuto per settimane sul mandartela oppure no. Poi ha deciso di non farlo, perché ha pensato che fosse arrogante, da parte sua, spedirtela. La canzone dice che avrebbe voluto darti una chance per provargli il tuo amore, ma credo che dopo un po’ abbia cominciato a pensare che fosse arrogante, da parte sua chiederti di dimostrargli il tuo amore, visto che anche lui ha commesso degli errori, e probabilmente era colpevole del fallimento della vostra relazione tanto quanto lo eri tu.”
 
Rachel si risedette sul divano, e Blaine la fissò.
 
“Posso avere una copia del CD?” si intromise Chandler, spaventando Blaine, che aveva quasi dimenticato che lui fosse ancora lì.
 
“Puoi andartene a calci nel sedere,” grugnì Rachel, suonando estremamente pericolosa, sotto il cuscino che stava abbracciando. Una ragazza stanza, sconvolta e in pigiama non era qualcuno con cui discutere.
 
Blaine scrollò le spalle. “Ti chiamo un taxi. Dovremmo tutti provare a dormire un po’.”
 
 
 
 
 
Blaine non riusciva ad addormentarsi.
 
Spostò la borsa del ghiaccio che Rachel gli aveva dato dal mento alla guancia. Poteva ancora sentire il sapore del sangue sulla lingua. Aveva messo il CD in un lettore portatile, e continuava ad ascoltare quella canzone ancora e ancora.
 
See the sands of the hourglass
Are slipping through your hands
Every grain has got to hurt you
Takes you further from your chance
 
See everyday I walk out of my front door
And I’ve been wishing and hoping
That today is the day that you’re gonna smile in front of my face
 
Tell me that you love me
Tell me you gonna be a man”
 
Si girò e rigirò, non potendo togliersi dalla mente gli avvenimenti della serata. Era già abbastanza duro pensare ad Andrew che baciava e toccava Kurt, essere vicino a Kurt, ma sapere che Andrew abusasse di lui era incomparabile. Blaine voleva così tanto provare a Kurt di poter essere quello che Kurt voleva che fosse.
 
You got one day
I will give you 24 hours, baby
That’s all you should need
 
24 hours should be enough for you, love
Just make me believe
That you’re the man for me, baby
 
I gotta believe you, baby
I’m gonna need more than flowers”
 
Più dei fiori..
 
Si, avrebbe dovuto fare molto di più dei fiori, molto di più di una semplice canzone. Era tempo di agire. Dopo tutto, le azioni parlano molto più forte delle parole.
 
“Four and twenty hours
It should be more than enough for you.”
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


So di essere in un ritardo imperdonabile, ma mi appello alla vostra grazia. E' l'ultimo mese di scuola, e ho dovuto interrompere qualsiasi altra cosa non fosse lo studio. I'm so sorry. Prometto che da ora fino a settembre gli aggiornamenti saranno una volta alla settimana/dieci giorni, salvo cause di forza maggiore. Ancora scusatemi. Godetevi il capitolo. 
PS: per qualsiasi cosa, aggiornamenti, avvisi e bla bla bla, questa è la mia pagina facebook ----> https://www.facebook.com/pages/Ronnie-traduttore-EFP/294415954055675. 
 



Non posso sopportare di essere lontano dalla persona che amo.
 
“E la cosa peggiore è che non esiste un minuto in cui non pensi a tutto. Tutte le cose che tu mi abbia mai detto non fanno altro che passarmi nella testa ancora e ancora. Come, ti ricordi quando mi hai detto di non poter sopportare di essere distante dalla persona che ami?” Kurt si lasciò sfuggire una piccola risata. “Non penso che lo intendessi letteralmente.”
 
Incrociò le braccia al petto, la voce improvvisamente tagliente come un rasoio. “Credo che quello che tu volessi davvero intendere è che tu non sei capace di stare da solo senza qualcuno, chiunque. Tu non hai bisogno di me, Blaine. Hai semplicemente bisogno di qualcuno su cui strusciarti ventiquattrore su ventiquattro.”
 
Kurt alzò il mento in segno di sfida. “Che cosa? C’è qualcosa che vorresti dirmi?” sibilò, guardando duramente la controparte. “Che ne dici di dirmi quanto tu sia infelice? Ma non tradirmi. Che ne dici, Blaine?”
 
La voce di Kurt non era altro che un ringhio arrabbiato, la rabbia a stento trattenuta a denti stretti. “Dimmi che sei infelice, ma non tradirmi! Dimmi che sei infelice, ma cazzo, non tradirmi!”
 
Kurt tirò un pugno allo specchio, facendo comparire una sottile crepa.
 
Kurt la fissò, gli occhi che si riempivano di lacrime.
 
Era solo una piccola crepa, ma avrebbe potuto espandersi, crescere sempre più ampia, per poi spezzare lo specchio in due.
 
Kurt alzò una mano per asciugarsi gli occhi, e poi lo vide: un rivolo di sangue che correva lungo il dorso della sua mano. “Oh, merda!” si portò la mano alla bocca e succhiò, controllando che non ci fossero frammenti di vetro. Solo in quel momento, la ferita cominciò a bruciare. È sempre dopo che fa male, pensò Kurt, lasciandosi sfuggire uno sbuffo.
 
Erano passate tre settimane dalla visita a sorpresa di Blaine, tre settimane dalla sua confessione. Tre settimane in cui Kurt si sentiva ancora morire, marcire dentro, mentre cercava di fare del suo meglio per apparire tranquillo, dal di fuori, perché…
 
“Kurt? Sono tornata!” lo chiamò Rachel, sbattendo la porta. “Sei a casa?”
 
“Sono qui,” rispose, e si ripulì velocemente il piccolo taglia sulla mano, prima di metterci un cerotto. Poi trasse un profondo respiro per calmarsi e guardò la sua immagine riflessa un’ultima volta. Era da un po’ che lo faceva, lanciando allo specchio tutte le imprecazioni che avrebbe voluto rivolgere a Blaine.
 
Quello era uno dei motivi per cui non aveva il coraggio di chiamarlo. Temeva che avrebbe finito per vomitargli tutte le parole che aveva raccolto nella sua testa. Temeva di dirgli che lo odiava, e più pensava quelle parole, più sapeva che non era vero. Non avrebbe mai potuto odiarlo.
 
Eppure a volte voleva davvero fargli male, causargli il dolore più grande, e si spaventava, pensando a quei desideri, alla voglia di vederlo soffrire quanto lui stesso stava soffrendo.
 
No, Kurt non riusciva a parlargli. Non ancora. Era così arrabbiato con lui che aveva paura che sarebbe riuscito soltanto a urlargli contro o a scoppiare in lacrime. Non voleva dirgli cose che in seguito avrebbe rimpianto.
 
“Cos’è successo allo specchio?” chiese Rachel, notando la crepa.
 
“Io.. lo stavo pulendo e ho strofinato troppo forte, scusa.”
 
“Va bene, ne compreremo uno nuovo,” tagliò corto Rachel, prima di lanciarsi in un eccitato monologo riguardo la sua giornata alla NYADA, mentre cominciavano a preparare la cena.
 
A Kurt non importavano le sue chiacchiere senza fine. Sapeva che aveva bisogno di qualcosa per distrarsi dalla sua rottura con Finn, e lui stesso non aveva voglia di compiangersi.
 
La prima settimana dopo la confessione di Blaine- passato l’iniziale shock- Kurt era stato in una condizione di negazione, vivendo in una finta bolla felice. Non voleva parlare con Blaine, perché non aveva proprio voglia di sapere che cosa fosse successo, perché lo avrebbe reso reale.
 
Blaine gli mandava ancora un messaggio al giorno, chiedendogli di parlare, ma Kurt non era pronto per quel tipo di discorsi. L’altro motivo per cui lo aveva evitato, era che non voleva doverlo salutare. Temeva una di quelle conversazioni che sarebbe finita con il classico ‘questo è tutto inutile, è meglio che la chiudiamo qui.’ Temeva che Blaine avrebbe voluto porre ufficialmente alle cose. Nessuno dei due lo aveva detto ad alta voce, ma Kurt sentiva che fosse questo, quello che Blaine voleva. Essere libero di uscire con qualcun altro, qualcuno che avrebbe potuto essere lì per lui, nel modo in cui Blaine meritava.
 
E no, Kurt non aveva davvero voglia di sentir parlare di Blaine che incontrava qualcun altro.
 
“Che ne dici di uscire, stasera?” gli chiese d’un tratto Rachel, e Kurt sbatté le palpebre, sorpresa.
 
“Uscire? Dove?” chiese, non molto entusiasta alla prospettiva di lasciare l’appartamento.
 
 “Beh, c’era quel gay bar davanti al quale siamo passati l’altro giorno, ricordi? Avevamo detto che prima o poi ci saremmo dovuti fermare. Che ne dici di stasera?” Rachel sorrise.
 
“Non sono sicuro,” sospirò Kurt.
 
“Non accetterò un ‘no’ come risposta. Penso che dopo una settimana di duro lavoro meritiamo entrambi di divertirci un po’!” disse Rachel, decisa. “Dai, cerchiamo di trovare qualcosa di elegante da indossare!”
 
Passare in rassegna il suo armadio e provare vestiti era sempre stato il modo migliore per lenire il suo dolore e tenere la mente lontana da certi pensieri. Fu solo dopo aver passato interminabili notti insonni a pensare a cosa fosse andato storto che Kurt realizzò alcune cose: prima di tutto, capì di essersi troppo concentrato su sé stesso e sulla sua nuova vita a New York, aveva voluto condividere tutte le notizie e gli avvenimenti emozionanti con Blaine. Il cambiamento era stato duro, e il McKinley aveva cominciato a parergli come una scuola materna.
 
Era diventato arrogante, e aveva messo la propria vita al di sopra di quella di Blaine, che non aveva alcun problema serio, se non quello di decidere quale papillon indossare al dibattito studentesco. ‘Tesoro, in realtà non importa quale indossi.’
 
Non gli era nemmeno passato per la mentre che Blaine avesse potuto avere problemi, o sentirsi triste. Dopo tutto, Blaine era ancora a Lima, e lì tutto era facile e familiare. Lui doveva soltanto superare un altro anno di scuola, benedetto dal successo e dalla popolarità. Che tipo di problemi poteva mai avere?!
 
Kurt non aveva visto quello che c’era sotto la superficie, né si era preso la briga di guardare. Ma la questione era che anche Kurt aveva bisogno di lui. Si era sentito incredibilmente solo, in quelle prime settimane a New York e, anche con Rachel attorno, a volte si era sentito così incredibilmente solo da non riuscire nemmeno a respirare. Aveva nostalgia delle loro chiamate notturne su Skype per tutto il giorno, e a volte era l’unica cosa che gli permetteva di trascorrere la giornata. Odiava il fatto di aver dovuto rifiutare le sue chiamate, in ufficio, e sentiva moltissimo la mancanza della sua voce.
 
Quando si parlavano su Skype, Kurt metteva su uno spettacolo in cui era sempre eccitato, iperattivo e felice di quanto tutto fosse fantastico. Era sempre allegro, ma si sentiva così solo quando parlava con lui, quando il suo volto appariva sulla schermo e tutti i problemi di Kurt sembravano piccoli, e insignificanti, e lontani, perché Blaine era vicino.
 
Blaine aveva così tanti successi di cui parlare, a differenza di Kurt. Era così popolare a scuola, e partecipava a così tanti club. E anche Kurt voleva dirgli tutte quelle cose meravigliose, voleva fargli sapere che aveva successo, anche senza essere entrato alla NYADA.
 
Non aveva detto a Blaine quanto veramente solo si sentisse, quanto fosse stato difficile abituarsi allo stile di vita di quella città, sentirsi a casa quando tutto invece era così nuovo e sconosciuto. New York non era stato un sogno divenuto realtà. Era stato duro lavoro, era ruvida e scostante, e molto diversa da Lima. Aveva bisogno di vederlo ogni sera per sentirsi amato e a casa.
 
Aveva dato Blaine per scontato. Molto semplice.
 
Aveva dato il loro rapporto per scontato.
 
Ma la colpa era la sua? Avevano già fatto così tanti progetti per il futuro che l’idea che avrebbero potuto mai rompere non gli era mai passata per la mente. Certo, sapeva che ci sarebbero stati degli ostacoli lungo il percorso. Era pronto a passare attraverso momenti difficili, sapendo che avrebbero vacillato e lottato, a volte, ma non aveva mai avuto dubbi sul fatto che avrebbero potuto farcela. Avrebbe perdonato a Blaine qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa, ma non il tradimento.
 
“Perché non lo richiami?” gli chiedeva Rachel, guardandolo rifiutare l’ennesima chiamata di Blaine.
 
“No, non ancora,” era sempre la risposta.
 
Prendere il telefono e chiamare Blaine? Questa era stata la cosa più difficile. Lui non era pronto, e si chiedeva se mai lo sarebbe stato. Alcune notti, era tentato di farlo e basta, di mettere da parte il suo orgoglio, disperato com’era, e supplicarlo di tornare da lui e perdonargli ogni cosa.    
 
Avrebbe potuto fissare il suo telefono per ore, pensando a cosa dire, creando intere conversazioni nella sua testa e domandandosi come Blaine avrebbe reagito, cosa avrebbe risposto, come sarebbe finita.
 
Ma Kurt era spaventato.
 
Aveva paura che un altro scontro avrebbe portato a una fine irrevocabile. Fintanto che erano in bilico, poteva fingere che fossero.. qualcosa, anche se non si parlavano.
 
Il suo telefono vibrò, segnalandogli l’arrivo di un messaggio.
 
Rachel infilò la testa nella stanza con sguardo interrogativo. “Cos’era?”
 
Kurt controllò il suo telefono, lasciandosi sfuggire un sorriso. “Un messaggio di Blaine.”
 
I suoi occhi si annebbiarono. “Che cosa ha detto?”
 
“Sempre la stessa cosa,” rispose Kurt, fissando le poche parole sul display.
 
Mi dispiace tanto, Kurt. Se solo tu mi lasciassi spiegare. Ti prego, chiamami in qualsiasi momento tu voglia parlare. –B
 
Kurt lesse il messaggio più e più volte. Cosa c’è da spiegare? Nulla può annullare il tuo tradimento, Blaine.
 
“Non hai intenzione di rispondergli?” chiese Rachel a bassa voce, quasi timidamente, ancora nascosta dietro la porta dell’armadio.
 
Kurt annuì, più a sé stesso che a lei. Fino a quel momento aveva ignorato i tentativi di Blaine di contattarlo, ma una parte di lui desiderava i messaggi di Blaine, traendo conforto dal pensiero che Blaine stesse ancora pensando a lui. tuttavia, ogni volta che vedeva il suo nome lampeggiare sullo schermo si sentiva vuoto, e non faceva altro che ricordargli ciò che aveva perso.
 
Così digitò una risposta, temporeggiando per un po’ con il pollice sopra lo spazio di invio, e poi, con una sola lacrima che scivolava lungo la guancia, spedì il messaggio.
 
Smettila di scrivermi. –K
 
 
 
 
 
Il debole suono della sua suoneria lo scosse dal torpore. Kurt tese le orecchie e si mise a lentamente a sedere, tutti i muscoli che gli dolevano per lo sforzo. Era il suo telefono che suonava ‘Don’t Rain On My Parade’, e Barbra gli stava dicendo che Rachel lo stava chiamando.
 
Si rimise in piedi e si diresse verso la porta, solo per trovarla bloccata. “Drew!” gridò, ma la sua voce era roca. Si schiarì la gola, poi cominciò a prendere a pugni la porta.
 
“Drew, fammi uscire! C’è Rachel al telefono! Drew!”
 
Non ci fu risposta.
 
Kurt si sedette sul coperchio del water, e si tesse la testa tra le mani per evitare la nausea. Si sentiva come se stesse per vomitare di nuovo.
 
Il suono cessò. Evidentemente Rachel aveva rinunciato.
 
Kurt inspirò profondamente attraverso il naso. Andava tutto bene. Avrebbe richiamato Rachel la mattina dopo. Poteva dirle di essersi addormentato. Kurt si allentò la sciarpa, che lo stava strangolando, e si slacciò i bottoni del gilet, lisciando la superficie con il pollice. Aveva voluto che Blaine lo vedesse. Aveva voluto che Blaine pensasse alla sera della loro prima volta. Sapeva che se ne sarebbe ricordato, ma non sapeva che cosa aveva voluto ottenere, facendo ricordare a Blaine tutto quello che avevano perso. Tutto ciò che aveva fatto era stato farlo sentire infantile, e fargli pensare di stare torturando Blaine, ripagandolo un po’ di tutto quello che lui stesso aveva dovuto subire.
 
Ma Kurt non voleva essere così. Solo e amareggiato.
 
Lasciò cadere la spilla nel suo porta accessori, e si arrotolò accuratamente le maniche fino a metà avambraccio, così da poter vedere il bordo di un nuovo livido. Kurt toccò il centro del livido con le dita, premendo per tutta la sua superficie. Faceva male, ma premette più forte, aumentando il dolore fino a che non dovette trattenere indietro le lacrime, mentre le dita scorrevano sulla pelle.
 
Poi controllò il danno al polso. Era peggiorato. La pelle era ancora dolorante, rossa e raggrinzita, a causa della stretta banda che usava. Le fitte erano sempre presenti, ma il minimo contatto le trasformò in dolore acuto.
 
Blaine aveva visto.
 
Kurt prese un profondo respiro.
 
In una sola notte, Blaine aveva capito praticamente tutto. Era solo questione di tempo, prima che dicesse a tutti che tipo di caso mentale Kurt fosse diventato.
 
Sì, Kurt era ben consapevole di essersi cacciato nei guai, e che forse aveva bisogno di aiuto, per uscirne, eppure non era pronto ad ammettere con nessun il casino che era. Ancora peggio, non era pronto a smettere di fare quello che stava facendo.
 
La sua immagine riflessa lo fece sentire ancora peggio.
 
Linee nere gli solcavano le guance- aveva dimenticato di togliersi il suo stupido eyeliner. Si strofinò via il trucco dal viso con un panno umido, e poi si costrinse a tornare a guardare il suo riflesso, in realtà guardando sé stesso. Cosa che evitava di fare da un po’.
 
Era come se stesse fissando qualcun altro. Una persona che conosceva appena. Doveva sforzarsi, per convincersi che questo era ciò che sembrava dall’esterno, e quello che vedeva era peggio dei suoi peggiori giorni di bullismo al liceo, quando finiva sempre per essere cosparso di lividi, a furia di essere sbattuto contro gli armadietti e gettato nei cassonetti.
 
Questo sono io, adesso, si disse, costringendosi a guardarsi. Se qualcuno mi vedesse così… non potranno mai saperlo. Tutto questo guarirà. Presto i segni se ne saranno andati, e non rimarranno cicatrici visibili. Nessuno lo saprà, se non io stesso.
 
“Guardatemi adesso,” canticchiò a bassa voce. “C’è solo uno spazio vuoto-”
 
Alzò lo sguardo verso le mensole, volendo concentrare la propria attenzione su qualcos’altro che non fosse il suo riflesso, e il suo sguardo fu catturato dalla sua collezione di prodotti per la cura della pelle e di unguenti, così allungò una mano.
 
Ogni sera, Kurt trattava i suoi lividi responsabilmente, strofinando lentamente gli unguenti, e controllando ogni singolo livido e il suo stato di guarigione. Sapeva esattamente come si era procurato ognuno di essi, sia quelli che si era fatto da solo, sia quelli di cui Andrew era stato la causa.
 
Ogni mattina si vestiva con cautela, tutto abbottonato, attento a non lasciare che nessuno potesse vederli, nemmeno Andrew. Aveva fatto in modo di abbottonarsi anche il pigiama, non lasciando mai che l’altro ragazzo lo vedesse nudo, ma sapeva che non avrebbe potuto ingannarlo per sempre. Anche se Andrew era un grande egocentrico, aveva cominciato a notare che Kurt si comportasse in modo strano.
 
E ora che Blaine era a New York le cose erano diventate anche più difficili.
 
Blaine cercava di riavvicinarsi a lui, e Kurt non poteva fare a meno di sentirsene attratto.
 
Andrew era sempre stato geloso, più o meno, ma con Blaine in circolazione, era diventato imprevedibile.
 
Kurt fissò ancora il suo riflesso stanco, vergognandosi di ciò che Blaine aveva visto quella notte: una forma miserabile di quello che era prima.
 
“Vorrei soltanto riuscire a farvi girare verso di me,” riprese a canticchiare a bassa voce. “Girarvi e guardarmi piangere. C’è così tanto che ho bisogno di dirvi-”
 
Ma come poteva parlare? Che differenza avrebbe fatto, se avesse detto qualcosa?
 
“E tu che torni da me è contro qualsiasi previsione,” la voce di Kurt diventò nuovamente amara. “Ed è questo che devo affrontare.”
 
Ma poi si ricordò di quando aveva visto Blaine, quel giorno nella caffetteria, per la prima volta da tanto tempo.
 
Parlandogli si era sentito come se il filo spinato stretto intorno al suo cuore si stesse allentando. Blaine era ancora così bello, i suoi occhi troppo intensi da guardare, i capelli ricci in modo così seducente, al tatto. Immediatamente, Kurt aveva sentito di rivolerlo nella sua vita, mentre allo stesso tempo non lo voleva. Aveva paura che il dolore non sarebbe mai andato via. E poi aveva cominciato a fare male comunque, ogni giorno, non importava se avesse visto Blaine o no, quindi perché non vederlo?
 
Andrew lo definiva sciocco, e forse lo era, ma Kurt sapeva di non poter andare avanti così. Si trattava o di prendersi gioco di sé stesso o di lasciarlo fare agli altri, ma forse era il momento di ricominciare a fidarsi, quindi perché non riporre un po’ di fiducia nella persona che era abituato a considerare la sua anima gemella?
 
“Ci sono così tante ragioni, per le quali tu sei l’unico,” mormorò Kurt, e si passò un dito lungo la curvatura della labbra, “a conoscermi davvero completamente.”
 
Nell’altra stanza, il telefono ricominciò a squillare, ricordandogli che Rachel era da qualche parte, lì fuori, e cercava di raggiungerlo. Era stata la sua roccia, negli ultimi mesi, lo aveva distratto dalla sua angoscia, anche mentre era lei stessa a soffrire. Non voleva farle sapere di aver fallito. Non voleva che lei pensasse che lui stesse tutt’altro che bene.
 
Con uno scatto, Kurt era alla porta, cercando la maniglia, per poi sbattere di nuovo i pugni.
 
“Drew! Fammi uscire! Mi hai sentito? Apri la porta! Ho bisogno di rispondere al mio telefono!”

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Pensavo di riuscire ad oggiornare prima, shame on me. Scusate. 
Enjoy

 








“E’ carino?”
 
“Il più carino.”
 
Il suo collega gli sorrise comprensivo e lo lasciò, mentre Kurt ancora fissava il mazzo di rose rosse e gialle.
 
E quello fu il momento che la consapevolezza lo colpì: sì, Blaine era il ragazzo più bello nell’intero Ohio. Come aveva mai potuto pensare di essere in grado di tenerlo per sé?!
 
Forse aveva sottovalutato la spinta di Blaine verso gli altri. Blaine era meraviglioso e popolare, perciò per forza dovevano esserci degli altri ragazzi a provarci con lui, proprio come aveva fatto Sebastian, ma Kurt era stato così sicuro che il loro amore era abbastanza forte e che  Blaine avrebbe resistito.. come aveva potuto essere così stupido? Il legame tra di loro era almeno reale? Poteva essere che Blaine non fosse mai stato così devoto alla loro relazione così come lo era stato Kurt? Poteva essere che, per il suo essere uno stupido romantico, si fosse immaginato tutto nella sua testa?
 
Nascose il volto tra le mani, mordendosi forte il labbro e provando a non scoppiare a piangere.
 
“Che c’è che non va, tesoro?”
 
Kurt alzò lo sguardo per vedere Isabelle in piedi davanti a lui con uno sguardo preoccupato.
 
Kurt non riusciva a rispondere: la sua  gola era troppo chiusa, ma Isabelle gli leggeva nella mente, e gli bastò dare un’occhiata ai fiori e allo stato in cui Kurt si trovava, per capire.
 
“Vuoi prenderti la giornata libera?” gli offrì.
 
Kurt considerò l’idea  per un secondo, prima di scuotere risolutamente la testa. “No,” disse, “no. Il lavoro mi aiuta a tenere la mente lontana dai pensieri.”
 
“Va bene, ma fammi sapere come va, okay?”
 
Lui annuì con un piccolo sorriso, guardandola poi andare via. I suoi occhi tornarono nuovamente sui fiori. Gialli e rossi. Amicizia e innamoramento. I suoi occhi si riempirono di lacrime, e dovette prendere un profondo respiro e deglutire, per provare a ricomporsi. “Agnes,” chiamò una collega che passava di lì. “Potresti, per favore, prendere questi?”
 
La ragazza lo guardò interdetta. “Le rose? Dove devo portarle?”
 
“Non lo so,” disse Kurt con una scrollata di spalle. “Regalale a un ospite. Non le voglio. Non posso sopportare il loro profumo.”
 
“Che  peccato,” disse lei, prendendo il mazzo dalla scrivania. “Sono bellissime.” Andò via con il mazzo di rose, e Kurt si accasciò, sentendo la colpa affiorare improvvisamente, come se avesse tradito Blaine, nel non accettare quel regalo di scuse. Ma poi alzò la testa. Che cos’era, rifiutare un mazzo di fiori, comparato a la loro intera relazione?
 
Kurt si assunse turni dei suoi collaboratori e si offrì volontario per il più alto numero possibile di straordinario, così da poter rimanere in ufficio. Temeva di tornare a casa, temeva le notti insonni. Odiava Rachel che gli parlava della NYADA e gli ricordava come gli stesse sfuggendo qualcosa che una volta aveva desiderato ardentemente. Amava Rachel, era la sua migliore amica e non sapeva cosa avrebbe fatto, senza di lei, eppure lei non riusciva a smettere di premere perché facesse nuovamente audizioni per la scuola.
 
Amava ancora cantare, certo, e a volte si ritrovava a canticchiare o a fischiare una melodia, ma Broadway era sempre stato per Rachel, e lo stare sotto i riflettori era quello che riusciva meglio a Blaine. Non gli era mai importato dei suo successo. Era sempre stato orgoglioso di Blaine, sia quando erano solo amici, che quando erano diventati fidanzati, partner, quando lui era l’amore della sua vita.. cosa erano adesso? Cosa avrebbero potuto essere?
 
Kurt amava disegnare abiti. Lo faceva da sempre e lo avrebbe sempre fatto, e ultimamente si era rivelato un’ancora di salvataggio. Poteva perdersi per ore in progettazioni. Non era ancora così bravo, quando si trattava di abbozzare le sue idee con carta e penna, ma era bravo ad immaginare e a portare in vita campioni di abiti con assortimenti di tessuti fuori dal comune, e con ago e forbice a portata di mano.
 
Isabelle gli permetteva di sognare, di lavorare sulle sue idee e di essere creativo usando gli avanzi del reparto di progettazione. Amava cucire, mettere insieme ritagli di tessuto e dare vita a qualcosa di nuovo, bello, audace, sgargiante. Riusciva a tenere la mente lontana, lo faceva sentire utile, e gli aveva fatto guadagnare anche la stima e le lodi di Isabelle. Sì, la moda era decisamente la sua cosa.
 
Non riusciva nemmeno a ricordarselo, un momento della sua vita in cui non aveva progettato abiti, creandosi da solo i vestiti, a volte.
 
Quando era bambino lo faceva insieme a sua madre, consigliandola su cosa indossare e su quali accessori abbinare, poi, quando lei era morta, si era tenuto occupato cominciando a farlo su sé stesso, cercando di sembrare al meglio che poteva.
 
Sarebbe rimasto nella stanza di progettazione di Vogue. Solo, senza radio o musica, solo il rumore del traffico di New York proveniente dalle finestre, il taglio delle forbici e il rumore della macchina da cucire. Non gli importava di rimanere solo per ore.
 
A volte Isabelle si era fermata per esaminare i suoi progressi, ammirando le sue idee e dandogli consigli.
 
Kurt era ancora in ufficio, a tarda notte, lavorando su un abito. Indossava un cuscinetto puntaspilli al polso e altri strumenti, in modo tale da averli a portata di mano e, anche se il cinturino era un po’ troppo stretto al suo polso, lui sembrava non badarci.
 
“Attenzione, tesoro,” disse Isabelle, indicando il suo polso. “Quel cinturino sembra terribilmente stretto, non vorrai mica che ti lasci i segni.”
 
“Grazie,” rispose Kurt, “Ci vediamo domani.”
 
Lei gli mando un bacio e se ne andò.
 
Kurt si tolse il cinturino, esclamando dal dolore. Non si era reso conto di quanto quest’ultimo fosse stretto, tanto da avergli tagliato la pelle, rendendola rossa e dolorante.
 
Faceva male e, solo quando Kurt fu arrivato a casa, occupandosi dei suoi usuali trattamenti per la pelle, e passando un unguento sulla pelle irritata, si rese conto che il dolore persistente al polso gli aveva permesso di ignorare quello del suo cuore.
 
Si sistemò sotto le coperte, piangendo contro il cuscino e non curandosi degli occhi gonfi che avrebbe avuto al mattino. Avrebbe addotto la scusa dell’allergia, come al solito. Solo che si sentiva così vulnerabile, patetico e colpevole.
 
Come si supponeva che superasse un dolore simile?
 
Come faceva una persona ad andare avanti e basta?
 
Kurt non aveva mai pensato di essere così facile, da sostituire. Naturalmente, per Blaine sarebbe stato facile trovare qualcun altro- era stupendo e popolare, ma quello significava che effettivamente il suo ex stava cercando qualcun altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le relazioni si basano sulla fiducia, e io non mi fido più di te.
 
Fece sentire Kurt male, vedere Blaine su quel palco come un angelo adolescente. Sì, Blaine era stato il suo sogno adolescenziale fin dall’inizio, e forse il problema era proprio quello.
 
Si era ubriacato della sensazione che gli provocavano le attenzioni di Blaine, attenzioni di un ragazzo che- affrontiamo la realtà- era del tutto al di fuori della sua portata. Certo che atri ragazzi ci provavano con lui. Kurt non era l’unico a vedere quanto meraviglioso fosse e, quando non c’era stato lui a ricordarglielo, Blaine aveva cercato l’apprezzamento di qualcun altro, e fine della storia. Giusto? Era davvero così semplice.
 
Non importava quante volte Blaine si fosse scusato, dopo il tradimento. Aveva tradito la sua fiducia e, più di tutto, aveva alimentato le insicurezze di Kurt. Ancora una volta, questi si era sentito come se non fosse abbastanza per niente e per nessuno.
 
Faceva male guardarlo sul palco mentre cantava, meraviglioso come sempre. Faceva male vederlo. Così tanto da togliergli il respiro.
 
Quando lo spettacolo era finito, Kurt era quasi letteralmente saltato sulla sua sedia, scappando via dall’auditorium, via da quel posto. Quel posto che era la sua casa e che ora non era altro che un posto di sfiducia e tradimento.
 
Era felice che Rachel fosse accanto a lui, anche se lei stessa stava lottando contro i suoi demoni. Quando Blaine gli si era avvicinato, Kurt avrebbe voluto soltanto correre via. Aveva paura del confronto, anche se era la stessa cosa ad averlo portato lì.
 
“Kurt, ho bisogno di parlarti,” aveva detto con quei suoi tristi occhi da cucciolo, come se fosse lui quello ferito, come se non fosse stato lui ad aver sbagliato.
 
“Non sono interessato,” replicò piantandosi le unghie dentro i palmi delle mani, pur di evitare di piangere e urlare. Era tutto quello che poteva fare per tenere la voce a un tono normale e apparire superiore, anche se dentro di sentiva piccolo e spezzato. Voleva almeno mantenere quel po’ di dignità che gli era rimasta, stando in piedi davanti a Blaine, ma era dura anche soltanto guardarlo negli occhi, così si girò e cominciò ad allontanarsi.
 
Blaine però lo seguì. “Non ti ho mai detto quello che è successo-”
 
Kurt non voleva sentire una parola, riguardo a Blaine e quel ragazzo. Non voleva conoscere nessun dettaglio, che poi non avrebbe fatto altro che richiamare alla mente, e non voleva sentirsi biasimato, o sentire Blaine che lo accusava, dicendogli che fidanzato orribile fosse stato.
 
Dicevano che l’offesa fosse la miglior difesa, così decise che non gli avrebbe dato l’occasione di dire nulla.
 
“Le relazioni si basano sulla fiducia, e io non mi fido più di te.”
 
Gli diede le spalle e corse.
 
Blaine si era davvero aspettato che fosse disposto ad ascoltare i dettagli della sua infedeltà?!
 
Ma non sapere lasciava la sua immaginazione a ruota libera, cominciando a torturarlo con immagini di Blaine e questo ragazzo senza nome, sexy, probabilmente molto più esperto ed eccitante di lui. Un altro Sebastian.
 
Che cosa aveva provato, Blaine, baciando quel ragazzo, toccandolo e facendosi toccare? Si era sentito diverso da come si sentiva lui? Quel ragazzo doveva essere un dio del sesso a cui era impossibile resistere,  per aver convinto Blaine a tradirlo.
 
Ma se invece fosse stato un ragazzo assolutamente comune?
 
Se si fosse semplicemente trattato di un ragazzo disponibile?
 
La loro relazione era veramente così instabile da permettere a chiunque di portargli via Blaine?
 
E più ci pensava, più diventava paranoico.
 
Smettila, si diceva, smettila di pensarci!
 
Aveva preso l’abitudine di indossare un elastico stretto attorno al polso, per ferirsi ogni qualvolta i pensieri diventassero troppi, svuotandogli la mente.
 
Una volta arrivati alla macchina, Rachel gli chiese se stesse bene. Lui annuì. Non poteva dire ad alta voce quello che gli stava passando per la testa, perché era buio, e triste, e pieno di odio.
 
 
 
 
 
 
 
Quando Kurt li vide seduti al tavolo, il suo primo impulso fu quello di girarsi e correre via di nuovo. Non voleva doverli affrontare ed essere sottoposto all’interrogatorio, ma erano suoi amici, erano preoccupati per lui, e meritavano di sapere che cosa stesse realmente accadendo.
 
Amava entrambi così tanto. Rachel era la sua roccia, la sua migliore amica. Blaine era stato il suo confidente e amante, la sua anima gemella. Entrambi lo conoscevano in un modo in cui nessun altro lo conosceva, il che rendeva anche più difficile il parlare con loro.
 
Aveva paura di deluderli, e frantumare il modo in cui loro lo vedevano. Li aveva, fino a quel momento, ingannati, specialmente Rachel. Che cosa avrebbero pensato di lui, una volta rivelata la verità? Non voleva che si sentissero a disagio o in imbarazzo, non voleva farli sentire in colpa.
 
Per un lungo secondo, Kurt rimase nascosto dietro una pianta, guardandoli in attesa.
 
I capelli di Rachel erano legati in una disordinata coda di cavallo, il viso serio e addolorato. Gli diede una fitta al cuore, vederla così. Era andato via, si era trasferito, per risparmiarle il dolore di vederlo così debole, ma lei lo aveva scoperto comunque.
 
Blaine sembrava stanco, ma sveglio e irrequieto. Le sue dita sfogliavano nervosamente il menù, ma i suoi occhi erano da tutt’altra parte.
 
Ed è ancora il più bello di tutti, pensò Kurt tra sé e sé.
 
Capì che era inutile fingere allegria, così non ci provò nemmeno. I suoi stivali sembravano pesanti, come se fossero fatti di ferro, mentre si avvicinava.
 
Rachel alzò lo sguardo con un’espressione di puro sollievo sul volto, e Kurt si sentì istantaneamente in colpa.
 
“Kurt! Sei venuto!”
 
Si sedette accanto a Rachel. “Certo, come promesso.”
 
“Stai bene?” le chiese lei preoccupata.
 
“A parte un mal di testa atroce, sto bene,” rispose, lanciando un’occhiata a Blaine, il quale aveva le labbra contratte in una linea, ma rimaneva in silenzio.
 
“Mi dispiace di avervi rovinato il venerdì,” disse, “non volevo farvi preoccupare. Posso capire, se siete arrabbiati con me.”
 
“Nessuno è arrabbiato con te, Kurt,” disse Rachel, la preoccupazione ancora evidente. “Ti dispiacerebbe toglierti gli occhiali?” gli chiese, indicandoli.
 
“Preferirei di no. Non ho il migliore degli aspetti.”
 
“Kurt, per favore,” lo pregò lei.
 
Esitante, Kurt li tolse, rivelando delle pesanti e livide occhiaie che gli cerchiavano gli occhi.
 
“Oh Dio, hai un aspetto orribile!” esclamò lei.
 
“Grazie mille,” replicò lui. “Vorrei ricordarti che le tue condizioni non erano migliori, dopo aver passato una notte a piangere dopo la tua rottura con Finn.”
 
“E’ stato un anno fa,” disse Rachel, poi alzò lo sguardo, come se avesse appena realizzato qualcosa. “E adesso che ci penso, non ho mai visto te piangere. Intendo, voi due avete rotto nello stesso periodo,” disse con un cenno verso Blaine.
 
“Beh, sarebbe stato un po’ troppo se entrambi avessimo passato tutto il nostro tempo a piangere, non credi?!” disse Kurt sulla difensiva. “Qualcuno doveva essere lucido abbastanza da aiutarti a passare oltre, Rachel.”
 
“Mi stai dicendo che tu ti sei fatto da parte per me?!” chiese Rachel sconvolta. “Oh mio Dio. Come ho fatto a non vederlo? Devi aver accumulato tutto, e adesso lo stai sfogando con un anno di ritardo.”
 
“Rachel,” provò ad interromperla.
 
“Mi sono semplicemente focalizzata sul mio cuore spezzato, invece di aiutare te,” andò avanti lei, “immagino di aver pensato che voi due sareste tornati insieme in un batter d’occhio.”
 
“Dobbiamo davvero discuterne adesso e qui, Rachel?” chiese Kurt lanciando un’occhiata significativa a Blaine.
 
“Se volete che me ne vada lo farò.” Si offrì quest’ultimo. Era la prima cosa che diceva.
 
Kurt si ritrovò a indietreggiare. Davvero Blaine era così preoccupato di mettere Kurt a disagio? Oppure stava cercando un modo per scappare via, non volendo restare lì? Chiaramente, doveva averne abbastanza dei suoi drammi.
 
“Puoi andartene, sei vuoi.” Replicò debolmente, odiandosi per quanto suonasse spezzato.
 
“No, voglio stare qui,” disse Blaine velocemente, dopo aver realizzato di essersi espresso male. “Solo non voglio che tu pensi che ti stiamo attaccando, perché non è così.”
 
“Siamo solo preoccupati per te,” confermò Rachel annuendo.
 
“Certo, capisco,” replicò Kurt con un piccolo sorriso. “E vi sono grato per la vostra preoccupazione. Ammetto di essermi cacciato in un bel casino, ma ci sto lavorando. Capisco che vogliate darmi una mano, ma il fatto è che ho bisogno di farlo da solo.”
 
“No, non devi.” Rachel scosse la testa con forza. “Noi ti aiuteremo. Puoi contare su di noi, Kurt.”
 
Coprì la sua mano fredda con le sue dita calde, facendolo tremare, e notando quanto fosse freddo. “Per favore, torna a casa. Non ti fa bene vivere con lui.”
 
“Non è Andrew il mio problema,” rispose Kurt gentilmente.
 
“Questo è quello che dici tu, ma è decisamente parte del problema,” intervenne Blaine. “Che dice tuo padre, su di lui?”
 
“Probabilmente non sa nemmeno di lui.” disse Rachel.
 
Kurt la fulminò. “Mio padre ha cose molto più importanti a cui pensare, che ascoltare me sulla mia vita sentimentale.”
 
“Sono sicura che almeno vorrebbe sapere che stai vivendo a casa di qualcuno il cui nome non è Rachel Berry,” disse Rachel con un sopracciglio alzato.
 
“E’ una minaccia, questa?” chiese Kurt, incupendosi.
 
“Non ce n’è bisogno, perché tu torni a casa,” disse lei risoluta.
 
Kurt si lasciò andare a un sospiro di resa. Aveva bisogno di riprendere il controllo sulla situazione, ma era difficile, quando la battaglia era contro Rachel.
 
“Io non credo,” disse testardamente. “Te l’ho detto, sto risparmiando soldi, e il mio ufficio è dietro l’angolo. Perché dovrei rinunciarci?”
 
“Okay,” disse Rachel, “Ti lascerò in pace se risponderai a una domanda.”
 
“Va bene, sto ascoltando.”
 
“Che cosa nascondi sotto la sciarpa?” chiese Rachel gentilmente.
 
Sentendosi nervoso ed esposto, disse la prima cosa che gli venne in mente. “Penso che tu abbia già visto un succhiotto, prima d’ora, Rachel.”
 
“Succhiotti sì,” replicò lei. “La lividi da strangolamento no.”
 
“Non so di cosa tu stia parlando,” rispose Kurt, evitando il suo sguardo.
 
“Allora cos’erano i lividi che ho visto ieri sul tuo collo?!” chiese Blaine cautamente.
 
Kurt sbuffò. “Non ho intenzione di parlare della mia vita sessuale con voi.”
 
“Una vita sessuale che non esiste, considerando che Andrew se n’è lamentato con me, ieri sera,” replicò Blaine.
 
Kurt strinse le mani a pugno, ma il volto rimase impassibile. “Non siete qui per attaccarmi, vero?!” disse seccamente. Fece del suo meglio per non accasciarsi sulla sedia. Sapeva  che non avrebbe dovuto sentirsi a disagio attorno a loro. Erano suoi amici, ma continuava a sentirsi come se fosse sotto interrogatorio.
 
“Kurt, per favore,” disse Rachel, gli occhi pieni di lacrime. “Non siamo qui per questo. Siamo qui per convincerti che la cosa migliore per te sia lasciare Andrew.”
 
La cosa buffa era che Kurt poteva dire con certezza che avessero provato quel discorso, prima. Sorrise per educazione. “So che le vostre intenzioni sono buone, ma dovete fidarvi di me, quando dico che so quello che sto facendo.”
 
Rachel scosse la testa, lentamente e tristemente. “Non posso fidarmi di te.”
 
“Ascolta,” intervenne Blaine. “Che cosa faresti tu, se Chandler avesse un ragazzo e questo abusasse di lui?”
 
“Chandler non ha un ragazzo,” rispose Kurt, testardo.
 
“Ipoteticamente parlando.”
 
“Gli direi di avere rispetto per sé stesso e di lasciare quello stronzo.”
 
“Esattamente,” disse Rachel, “Ecco la tua risposta, Kurt.”
 
“Ti dico e ti ripeto che non è così che stanno le cose,” rispose questi.
 
“Allora dicci che cosa sta succedendo, per favore,” lo pregò lei, ancora stringendo la sua mano.
 
Rimasero in silenzio per un momento, nel quale Kurt cercò di trovare le parole per parlare di quello che gli stesse succedendo.
 
“Posso vedere il tuo polso?” chiese Rachel gentilmente, quando fu chiaro che Kurt non avrebbe parlato.
 
Kurt si alzò lentamente la manica. Notò come Blaine inspirò profondamente, preparandosi alla vista dei suoi lividi. Invece, Kurt rivelò una benda bianca avvolta strettamente attorno al suo polso e assicurata con una chiusura di metallo.
 
“Non c’è niente da vedere, davvero,” le disse. “Mi sono fatto male, ma sta già guarendo, e non ha niente a che vedere con Andrew.”
 
“Come ti sei fatto male?” chiese Rachel.
 
“Io-” strinse le labbra. “E’ stupido, davvero,” confessò. “E adesso lo so, ma all’epoca stavo solo cercando di fare qualcosa contro il dolore.”
 
Allarmata, Rachel alzò un sopracciglio. “Ti sei tagliato?”
 
“No, niente del genere.” Scosse la testa. “Indossavo un polsino, e in seguito una specie di filo.
 
Rachel spalancò gli occhi. “Perché lo hai fatto?”
 
“Io-” gli occhi di Kurt si spostarono da Rachel a Blaine, le sue guancie che si coloravano per la vergogna. “Non capiresti.”
 
“Mettimi alla prova,” rispose dolcemente.
 
“Non posso,” disse Kurt, scuotendo la testa. “Ma non è più successo. Non mi sto facendo del male, lo giuro.”
 
Kurt si accigliò quando Blaine prese la sua mano, passando gentilmente il pollice sul dorso e guardandolo con occhi sinceri.
 
“Ne usciremo,” disse con voce roca, come se fosse sul punto di piangere. “Insieme. Io sono qui per te.”
 
Kurt fissò la sua mano, paralizzato. Non riusciva a muoversi, oppure non voleva. Si sentiva prosciugato e svuotato, e voleva solo arrendersi.
 
“Va bene, è deciso,” dichiarò Rachel.
 
Kurt alzò lo sguardo, aveva perso il filo del discorso. “Cosa?”
 
“Vieni con noi,” disse lei decisa. “Ti portiamo a casa e poi andiamo a prendere le tue cose dall’appartamento di Andrew.”
 
“No,” disse Kurt, ritirando le mani dalla loro stretta. “Non oggi.”
 
“Perché no?” chiese Blaine, chiaramente interdetto dalla sua reazione.
 
“Andrew mi sta aspettando fuori,” spiegò, per poi alzarsi. “Mi porta a fare shopping. Devo andare, adesso.”
 
“Fanculo Andrew!” disse Blaine, alzandosi.
 
“Blaine-” Kurt lo guardò in quegli occhi color caramello per un lungo secondo, in cui entrambi trattennero il respiro. Poi si girò e si diresse verso la porta, rimettendosi gli occhiali.  

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Blaine rimase semplicemente lì, immobile, a guardarlo andar via.
 
Non sapeva cosa fare. Dannazione, non sapeva cosa pensare. Cosa era appena successo? Cosa Kurt aveva appena confessato? Era quello che Blaine pensava? Kurt  stava davvero ferendo sé stesso?! Stava permettendo ad Andrew di fargli del male?!
 
Voleva corrergli dietro, ma i suoi piedi sembravano incollati al pavimento, mentre i suoi pensieri ruotavano in circolo. Non era nella posizione per poter giudicare Kurt. Non erano più migliori amici. Dannazione, non erano niente. Poteva solo offrire la sua mano, ma non poteva far nulla per far sì che l’altro la prendesse. Ed era ovvio che Kurt non si fidasse di lui. Perché avrebbe dovuto ascoltare quello che aveva da dire?! Forse avrebbe semplicemente dovuto rapirlo e portarlo al sicuro da Rachel, ma Kurt avrebbe fatto fuoco e fiamme, e lo avrebbe ucciso, se ci avesse provato. Che cosa doveva fare?!
 
Il suo dilemma interiore durò giusto una manciata di secondi, prima che fosse riportato alla realtà da Rachel, che gli prese la mano e lo scrollò.
 
“Andiamo, non startene lì impalato,” gli mormorò, indicandogli l’uscita. Ancora una volta, fu grato per la sua decisione. Senza di lei, probabilmente avrebbe ponderato le sue decisioni per ore. D’altra parte, era la migliore amica di Kurt, ed era nella posizione di giudicarlo.
 
Lasciarono insieme l’edificio e, usciti, videro Kurt salire sul sedile del passeggero di una macchina che Blaine riconobbe come la BMW di Andrew. Di nuovo, prima che Blaine potesse pensare a cosa fare, Rachel stava già chiamando un taxi, spingendocelo dentro.
 
“Segua quella macchina!” ordinò al tassista. “la BMW nera.”
 
“Ma non si faccia accorgere,” aggiunse Blaine.
 
“Ignori i semafori, se deve.” Dichiarò Rachel.
 
Il tassista gli lanciò un’occhiata eloquente, rendendo chiaro che non poteva fregargliene di meno, dei loro problemi, e si immise lentamente nel traffico.
 
Rachel era seduta sul bordo del sedile, lo sguardo fisso sulla macchina.
 
“Blaine,” disse, la voce bassa e seria, mentre gli stringeva forte la mano. Solo in quel momento Blaine si rese conto di quanto stesse tremando. A discapito del suo coraggio, aveva ancora bisogno di un’ancora a cui appoggiarsi. “Le cose sono molto più serie di quanto avessi immaginato. Non avevo idea,” mormorò guardandolo negli occhi. “avevo notato che ci fosse qualcosa che non andava, ma non ho mai pensato che potesse essere nulla del genere.”
 
Blaine annuì. Capiva quello a cui si stesse riferendo, ma si sentiva stranamente estraneo, alla vicenda. Tutto sembrava surreale, come se fosse bloccato in un incubo. Non riusciva a pensare a quello che stava accadendo. Kurt, che era sempre stato il ragazzo più forte, e coraggioso, e a suo agio con sé stesse che avesse mai conosciuto! Certo, conosceva anche tutte le sue insicurezze e i suoi dubbi, ma tutti hanno giornate storte, non potevano trasformasi in settimane, o mesi.
 
“Non li perda di vista!” strillò Rachel, e Blaine tornò alla realtà giusto in tempo per vedere che la macchina aveva girato l’angolo, mentre loro erano bloccati nel traffico.
 
“Vada avanti! Si muova!” urlò ancora, ma il tassista si strinse nelle spalle, indicando le altre macchine.
 
“Ma vada sul marciapiede!” Gridò Rachel con rabbia, facendo saltare Blaine. Il conducente, però, non sembrava considerare ciò che Rachel gli aveva detto, e accese la radio.
 
“Bene, ce ne andiamo!” gettò un paio di banconote da un dollaro sul sedile anteriore e saltò fuori dalla cabina, per  continuare il loro inseguimento a piedi. Blaine doveva correre, per starle dietro. Girarono dietro l’angolo, e vide la macchina nera svanire all’interno di un garage.
 
“Grazie a Dio, il centro commerciale.” Disse Rachel , affrettandosi. “Stanno davvero andando a fare shopping. Li troveremo lì.”
 
“Rachel, aspetta,” disse Blaine, trattenendola per il braccio. “Che cosa faremo, dopo averli trovati?!”
 
Lei lo guardò, pura disperazione nei suoi occhi. “Non lo so,” rispose lei, scrollando le spalle. “Qualcosa. Qualsiasi cosa.”
 
Si avvicinarono all’ingresso dell’edificio, trovando i corridoi sorprendentemente affollati, per essere sabato mattina. “Turisti,” mormorò Rachel, cercando vi vedere sopra le teste delle persone che camminavano davanti a lei.
 
Ripresero a camminare, tenendosi per mano in modo da non perdersi, ma Blaine aveva ancora la sensazione che Rachel avesse bisogno di quel contatto fisico, al momento. Aveva bisogno di un amico, avendo perso Kurt. Blaine conosceva quella sensazione.
 
La stava guardando, quando tirò fuori il telefono con la mano libera e scorrendo i contatti.
 
“Che stai facendo?” chiese nervosamente. “Chi vuoi chiamare?”
 
“Ti sembro calma?” chiese nel panico, con il telefono sull’orecchio. “Ho bisogno di sembrare calma. Non posso chiamare, sembrando sul punto di andare fuori di testa.”
 
“Chi stai chiamando?” ripeté lui.
 
“Ciao, Burt!” disse Rachel al telefono, come se stesse entrando in iperventilazione. “Sono Rachel, come va? Accidenti, non ci sentiamo da secoli!”
 
Per una frazione di secondo, Blaine si era arrabbiato perché Rachel stesse trascinando il padre di Kurt in quel casino, ma poi si era reso conto che era l’unica cosa giusta da fare. Burt doveva sapere che cosa stesse succedendo a suo figlio.
 
“No, va tutto bene,” cinguettò lei. “Dimmi, quanto ci metteresti, per venire qui? No, non è successo niente, sto solo chiamando perché penso che Kurt abbia bisogno di te. Lui non lo ammetterebbe mai, e non ti chiederebbe di venire, ma credo che abbia davvero bisogno di vederti. Quindi, se potessi organizzarti per venire in un paio di giorni, sarebbe fantastico. E non dirlo a Kurt! È una sorpresa, va bene?”
 
Riattaccò, dopo aver sentito Burt dire di essere sulla strada. “Ti sono sembrava strana?”
 
“Penso solo che tu abbia spaventato Burt a morte,” sorrise Blaine, sentendosi completamente sollevato, ora che ne avevano parlato con un adulto. “Ma era la cosa giusta da fare, Rachel.”
 
“Beh, sta arrivando. È tutto ciò che conta.”
 
“Non posso credere che Burt non ne sappia niente,” disse Blaine, salendo su una scala mobile. “Voglio dire, come mai lui non sa nemmeno che Kurt è andato a vivere con Andrew?”
 
“E’ complicato,” disse Rachel, sbuffando. “Non sono nel loro momento migliore.”
 
Cosa!?” Blaine fissò Rachel totalmente incredulo. “Hai appena detto che Kurt e suo padre non si parlano?!”
 
“Beh, non più delle solite chiacchiere.”
 
“Che cosa è successo?” insisté Blaine, avvicinandosi a lei.
 
“Beh, le cose vanno abbastanza male, a dir la verità,” sospirò lei, passandosi le mani sui capelli.
 
“Pochi giorni dopo che voi due avete rotto, Kurt ha parlato con suo padre e, beh, a quanto pare Burt ha detto qualcosa sul fatto che voi due foste troppo giovani per essere seriamente impegnati, e che fosse naturale, guardarsi intorno, a quest’età. Ha detto che, prima di incontrare sua madre, ha avuto diverse ragazze. Kurt era davvero sconvolto, e gli ha risposto di non aver bisogno di andare con altri ragazzi, perché sapeva già che fossi tu quello per lui, e che se tu, al contrario, avessi sentito il bisogno di provare altri ragazzi, lui si rifiutava di essere la seconda scelta.”
 
Blaine rabbrividì. “Non è mai stato la seconda scelta,” mormorò. “Se l’andare con quel ragazzo mi ha insegnato qualcosa, è che Kurt sarà sempre l’unico.”
 
“Il fatto è che Burt ti ha difeso,” continuò lei. “Naturalmente era arrabbiato con te per averlo tradito, ma ha anche detto a Kurt che forse voi due avreste dovuto prendervi una pausa per capire le cose. E Kurt era così arrabbiato! Mi ha detto qualcosa riguardo al fatto che Burt una volta gli avesse detto di non buttarsi via in giro, e che adesso gli stesse consigliando l’opposto, ma che lui non volesse uscire con altre persone, soltanto per capire, alla fine, che l’unica cosa che vuole sei tu.” Fece una pausa, prendendo aria e guardandolo. “Il che, ovviamente, è una cosa che non ammetterà mai, con te, dopo quello che hai fatto.”
 
“Ma poi tu lo hai incoraggiato a incontrare altri ragazzi,” terminò Blaine, rassegnato. “E ha incontrato Andrew.”
 
“Come potevo sapere che razza di persona fosse?!” rispose lei, sulla difensiva, ma suonando comunque colpevole.
 
“Quindi Kurt non parla con suo padre da allora?” chiese Blaine, incredulo.
 
“Burt mi ha chiamato un paio di volte, perché Kurt ignorava le sue telefonate,” gli spiegò Rachel. “Sono riuscita a convincere Kurt a smettere di comportarsi da bambino e a parlare con suo padre, ma, per quanto ne so, non hanno mai più parlato seriamente. È solo un bla bla di cose poco importanti, ora come ora.”
 
“Quindi va piuttosto male,” disse Blaine, appoggiandosi a una ringhiera.
 
“Già.” Confermò Rachel. “Ecco perché spero che Kurt faccia cadere i suoi muri, una volta faccia a faccia. Ha bisogno di ricominciare a fidarsi di suo padre. A dir la verità, è da un po’ che sto pensando alla possibilità di coinvolgere Burt, ma non ho mai avuto una buona ragione per interferire. Adesso vorrei averlo fatto prima.”
 
“Pensi che Burt avrebbe potuto prevenire qualcosa di tutto questo?” disse Blaine, catturando con lo sguardo la gente che faceva compere sotto di loro, ma riferendosi, ovviamente, al disordine che Kurt aveva ammesso di avere in testa.
 
“Non lo so,” disse lei, stringendosi nelle spalle. “Ma quando mi sento triste i miei papà riescono sempre a farmi stare meglio, e Kurt ama suo padre, ma immagino che in questo momento stia spingendo tutti via.”
 
Blaine stava per replicare, quando colse con lo sguardo la giacca blu di taglio militare che Kurt stava indossando poco prima. Strizzo gli occhi, nella speranza di vederci meglio, e squadrò velocemente il ragazzo che la stava indossando- occhiali, capelli acconciati elegantemente e una palese faccia da poker. Era decisamente Kurt.
 
“Laggiù!” indicò a Rachel, afferrandole il braccio. “Corriamo, o rischiamo di perderlo nella folla.”
 
“C’è Andrew, con lui?” chiese Rachel, mentre si dirigevano verso le scale mobili.
 
“Non l’ho visto, ma è probabile.”
 
Certo che era vicino a Kurt, non allontanandosi mai più di dieci centimetri da lui, mentre si facevano largo nella folla. Blaine e Rachel gli tennero dietro, ma a distanza, nascondendosi velocemente ogniqualvolta Andrew si girasse.
 
Li seguirono dentro un negozio di abiti da uomo, nascondendosi dietro una rastrelliera. Blaine sapeva di starsi comportando come uno stalker, ma Rachel era con lui.
 
“Cosa stiamo facendo?” le mormorò all’orecchio.
 
“Stiamo aspettando che lo lasci solo,” replicò Rachel. “Non può stargli attaccato per sempre.”
 
Ma sembrava proprio il contrario. Andrew era una persona molto fisica, e sembrava che la sua mano fosse attaccata alla schiena di Kurt, o al suo braccio.
 
Blaine sapeva quanto a Kurt non piacesse essere costantemente toccato, o almeno non in pubblico, ma forse era così solo al liceo, o in Ohio. Forse a New York era diventato più rilassato, nel permettere quel genere di cose. Blaine desiderò di aver potuto fare quel genere di esperienze insieme. Aveva sempre desiderato di poter tenere la sua mano in pubblico, un giorno, ma non avevano mai avuto la possibilità di farlo, a Lima.
 
Kurt selezionò svogliatamente qualche maglietta, ma Andrew gliene passò delle altre, puntualizzando quanto sarebbero state bene su di lui. blaine si piantò le unghie nei palmi per impedirsi di urlare dalla frustrazione.
 
Dunque Kurt si diresse verso i camerini, e finalmente Andrew lo lasciò solo per cercare altri vestiti. Blaine colse l’occasione e si affrettò verso i camerini, intrufolandosi in quello di Kurt e tirandosi la tenda alle spalle.
 
Kurt urlò dalla sorpresa. “Blaine! Cosa-”
 
Ma Blaine era altrettanto pietrificato quanto Kurt, mentre fissava il petto dell’altro a bocca aperta.
 
“Che diamine stai facendo qui?” lo riprese Kurt, stringendosi addosso la maglietta che stava per indossare, come se si stesse nascondendo per timidezza. Ma era troppo tardi. Blaine aveva già visto i lividi che gli ricoprivano il petto pallido e le braccia. “Oh Dio, Kurt-”
 
Il volto dell’altro si trasfigurò in una maschera di pietra. “Esci, Blaine.”
 
“No, Kurt. È stato- è stato Andrew a farti questo?”
 
“Smettila di seguirmi, Blaine, è inquietante!” mormorò Kurt, stringendosi la maglietta al petto e rintanandosi nell’angolo del cubicolo. “E non azzardarti a giudicarmi!”
 
“Non ti sto giudicando,” gli rispose l’altro. “ma mi piacerebbe da morire mettergli le mani addosso, per quello che ti ha fatto.”
 
“Lui non-” cominciò per la centesima volta, ma Blaine lo zittì.
 
“Ti ha spinto contro il muro, afferrandosi così forte da lasciarti i lividi, ti ferisce fisicamente, Kurt. Questo è bullismo, e tu non puoi più nasconderlo. Ti sta facendo del male, e ho un perfetto ricordo di te che fai un discorso dove affermi di rifiutarti di essere una vittima, di rifiutarti di lasciare chiunque essere una vittima. Che ne è stato, di lui?”
 
“Non è bullismo, se tu vuoi quello che ti viene inflitto,” replicò a bassa voce, e per un secondo si fissarono a vicenda, entrambi scossi da quelle parole.
 
“Forse sono masochista, chi lo sa.” Proseguì stringendosi nelle spalle. “Tutto quello che so è che il dolore fisico mi distrae dal dolore che sento dentro.”
 
Blaine scosse lentamente la testa attonito, mentre le lacrime premevano per uscire. “Se sei tu a chiederlo- è autolesionismo.” Disse con un filo di voce.
 
Kurt aprì la bocca per dire qualcosa, quando sentirono una voce da donna cantare If My Sister’s in Trouble, da Sister Act.
 
Kurt alzò lo sguardo allarmato.
 
“E’ Rachel?” domandò Blaine, ma Kurt gli aveva già messo la sua giacca sulle spalle, spingendolo sulle ginocchia. “Abbassati,” ordinò, facendolo nascondere dietro una sedia.
 
Un secondo più tardi, sentirono la voce di Andrew provenire da fuori.
 
“Kurt, piccolo? Dove sei?”
 
Blaine si lamentò, ma Kurt si mise un dito sulle labbra, intimandogli di stare zitto.
 
“Sono qui,” disse, sporgendo la testa oltre la tenda, ma tenendola ferma, in modo tale che Andrew non potesse vedere all’interno.
 
“Guarda cosa ho trovato: è tutta glitterata. Ti piace?”
 
“Il colore non tanto,” rispose seccamente.
 
“Ti sei cambiato i jeans? Fammi vedere,” Andrew stava per spostare la tenta, ma Kurt la tenne ferma. “No! Non vuoi che le persone mi vedano mezzo nudo, non è vero?!”
 
C’era qualcosa, nella sua voce. Non era una sfumatura maliziosa, ma più una minaccia. ‘non vuoi che le persone vedano i lividi che hai lasciato sul mio corpo.’
 
Prese un paio di pantaloni dalla pila dietro di lui e li passò al ragazzo. “Puoi prendermi un paio di una taglia più piccola? E vedi se trovi una cintura che ci stia bene, ok?”
 
“Tutto, per te, piccolo.” Detto ciò sparì, e Blaine lasciò andare il fiato che stava trattenendo. Quando Kurt si era girato per parlare con Andrew, Blaine aveva potuto osservare i lividi sulle sue spalle, sulla spina dorsale e sui fianchi. Alcuni si stavano già ingiallendo, altri invece erano ben evidenti, nelle loro sfumature porpora, viola e blu, facendo sentire Blaine male, guardandoli.
 
Kurt si girò a fronteggiarlo, notando l’espressione sul suo volto.
 
“Girati,” gli ordinò e, quando l’altro non accennò a muoversi, lo fulminò con lo sguardo. “Girati e fammi rivestire.”
 
Esitante, Blaine fece come gli era stato detto. “Perché stava cantando?” chiese Blaine, ancora scosso.
 
“Oh, io e Rachel abbiamo un codice segreto.” Lo informò Kurt con una risatina. “Ogni canzone da Sister Act significa pericolo in agguato.
 
Blaine ridacchiò, ma più per i nervi e la tensione, che per il divertimento. “Perché proprio quel musical?”
 
“E’ una scusa come un’altra per cominciare a cantare senza motivo, ed entrambi amiamo Sister Act,” rispose Kurt, abbottonandosi la camicia, mentre Blaine ne spiava i movimenti con la coda dell’occhio. “Inoltre, mi ricorda Mercedes, e quanto lei sia forte, e mi incoraggia. La giacca, per favore.”
 
Blaine si girò e lo aiutò a indossare la sua giacca, ponendogli poi le mani sulle spalle e guardandolo attraverso lo specchio di fronte a loro. I loro occhi si incontrarono nel riflesso.
 
“Ti rivoglio indietro, Kurt.” Gli sussurrò all’orecchio. “Non voglio vivere senza di te; l’anno passato è stato un inferno. Ho cercato di rispettare il tuo desiderio e di non parlarti, ma mi sei mancato da morire. Ogni giorno era una tortura.”
 
“E’ tutto quello che anche io volevo, allora,” disse Kurt, la voce rauca. “L’unica cosa che volevo era stare con te, Blaine.”
 
“Allora dammi ventiquattro ore,” lo pregò. “per provarti che ti amo.”
 
Kurt lo guardò nello specchio, un sorriso che gli si formava sulle labbra. “Proprio come nella canzone?”
 
“Come nella canzone,” ripeté Blaine.
 
“Non sei cambiato di una virgola,” disse Kurt. “Sei ancora il ragazzo che mi ha conquistato cantando Teenage Dream, ma io sì. Io sono cambiato,” disse Kurt. “Non sono più la stessa persona.”
 
“Lo so,” disse Blaine, stringendogli le spalle. “E ti amo tanto quanto ti amavo allora, perché non importa quanto tu possa cambiare, nel profondo tu sarai sempre Kurt Hummel, il figlio di un meccanico che viene da una cittadina dell’Ohio. Sarai sempre il ragazzo con un sogno enorme e il bisogno di essere libero e di crearsi un mondo che fosse tutto suo.”
 
“Sono stanco di sognare.” Sospirò l’altro, girandosi e fronteggiandolo. “La realtà è una puttana, e i grandi sogni non sono altro che stupide illusioni.”
 
“Ventiquattro ore, è tutto quello che chiedo.” Mormorò, facendosi più vicino. “A partire da ora.”
 
Gli prese il volto con ambo le mani, ignorando il modo in cui Kurt sbatteva le palpebre, gli occhi spalancati e allarmati.
 
“Sto per baciarti,” gli disse in un soffio, e chiuse la distanza tra di loro, appoggiando le sue labbra su quelle di Kurt.
 
Kurt si lamentò, ma non si mosse, e Blaine incrementò la pressione sulle sue labbra, assaporando il suo sapore, mentre il suo corpo ricordava tutto ciò che c’era stato fra di loro. Poteva sentire Kurt cedere, arrendersi nel bacio, mentre ricordava.
 
La mano destra di Kurt andò a posarsi sulla guancia di Blaine, toccando e carezzando la pelle fino al mento come se non avesse voluto fare altro. Blaine si spinse verso la sua mano, amando il contatto, ma la mano si stava già allontanando, affondando tra i suoi capelli e tirandoli.
 
Blaine si pressò contro Kurt, respirando pesantemente e assaporando il modo in cui le labbra di Kurt si muovevano sulle sue, e il modo in cui le sue mani ora gli accarezzavano le braccia, le dita dolorosamente conficcate nella pelle, ma a Blaine non importava, fin tanto che il dolore era causato da lui.
 
Non lo lasciò andare, aspettando l’inevitabile momento in cui Kurt si sarebbe staccato per respirare. Aveva conquistato le sue labbra, ancora così familiari, con il loro meraviglioso calore e la morbidezza della sua lingua, con il modo in cui erano capaci di baciarsi per ore, perdendosi nell’esplorarsi a vicenda, non avendone mai abbastanza…
 
Kurt emise un lamento, allontanandosi da lui e spingendosi contro il muro, con uno sguardo negli occhi che era puro dolore.
 
“Kurt-” esordì l’altro, ma Kurt scosse la testa, quindi afferrò i suoi occhiali e li inforcò.
 
“Non lasciare che Andrew ti veda,” borbottò, poi scappò via.
 
Blaine lo seguì all’istante, non lasciandolo scappare così facilmente di nuovo.
 
Uscendo dai camerini, Blaine vide che Rachel stava trattenendo Andrew chiedendogli consigli per degli accessori. Prima che Andrew potesse girarsi e vederli, Kurt si girò e lo prese per le braccia, nascondendolo in un angolo. “Ti ho detto di non farti vedere,” ripeté affannato.
 
“Non ho intenzione di nascondermi ancora,” rispose l’altro testardamente. “Lascia che mi picchi un’altra volta, non mi interesse. Non mi faccio indietro.”
 
Kurt sbuffò. “Questo non è coraggioso, Blaine. È stupido. Hai già avuto un ricordo del vostro ultimo incontro sulla tua faccia.” Allungò la mano, come se volesse toccargli il piccolo livido sul mento, ma poi si fece indietro, allontanando la mano come se bruciasse.
 
“Non lascerò che tu vada via con lui.” insisté Blaine.
 
Si fissarono a vicenda, finché Kurt non emise un sospiro rassegnato.
 
“Non me ne vado, va bene?” promise. “Solo lascia che mi occupi di lui, così che non ci interrompa, ok?”
 
Blaine annuì. Era molto di più di quanto avesse osato sperare.
 
“Stai lì!” ribadì, come se Blaine fosse stato un cane, e lo fulminò con lo sguardo, mentre si avvicinava agli altri due.
 
“Rachel!” la salutò Kurt con un veloce abbraccio e un occhiolino. “Lo so, ti avevo promesso di aiutarti. Andrew, ti dispiacerebbe se andassi con Rachel per circa un’ora?”
 
“Affatto,” rispose Andrew con un sorriso accattivante. “Ma non mi unirò a voi. Senza offesa, Rachel, ma le cose da donne non mi allettano affatto.”
 
“Perché non vai avanti verso Starbucks e non mi prendi un caffè?” chiese Kurt. “Se non assumo caffeina, credo che presto mi addormenterò in piedi.”
 
Blaine osservò il gruppetto lasciare il negozio, poi Andrew girò a destra verso la caffetteria, mentre Kurt prendeva Rachel a braccetto e la guidava verso Victoria’s Secret.
 
Blaine attraversò velocemente l’atrio e li raggiunse, sentendo Kurt parlare a bassa voce a Rachel. “Per favore, smettetela di seguirmi, Rachel. Non voglio che vi facciate del male.”
 
“Non voglio che nemmeno a te venga fatto del male, Kurt,” disse Rachel, tirando su con il naso. “Sai che Andrew è capace di ferire le persone, ancora di più se stai con lui.”
 
“E’ la ragione per cui ho scelto di stare con lui,” confessò in un sussurro. “E’ l’unica cosa che mi ha portato da lui. Non vedi?! È tutta colpa mia, ma non voglio che faccia del male ai miei amici, e se tu e Blaine continuate così, finirete per farlo arrabbiare. Me ne occuperò da solo. Voglio che voi ne rimaniate fuori.”
 
“Non puoi seriamente aspettarti che noi ti lasciamo da solo, Kurt,” disse Blaine. “Ti aiuteremo. È questo che fanno gli amici.”
 
“Non avrei potuto dirlo meglio,” disse Rachel, facendogli un occhiolino cospiratorio.
 
Kurt si fece più dritto, l’espressione cauta. “E allora perché sento come sei voi due non mi steste aiutando affatto? Capisco che siate preoccupati per me, ma non è necessario. Andrew non mi fa del male, quando io non gliene do ragione.”
 
“Va bene. Quindi, per quale motivo lo fa?” gli chiese Blaine con aria di sfida. “Tipo quando dimentichi di comprare il dentifricio, o russi troppo forte?”
 
Kurt alzò il mento, l’espressione testarda sul viso. “No è più tipo quando scopre che ho baciato il mio ex ragazzo nei camerini.”
 
Gli occhi di Rachel si spalancarono per l’eccitazione. “Vi siete baciati?!”
 
“Rachel,” disse Kurt, irritato.
 
“Il punto è,” proseguì Blaine, mortalmente serio. “Non posso correre il rischio che ti venga fatto del male, Kurt. Non importa la ragione. Non posso lasciare che mi metta le mani addosso.”
 
Kurt alzò gli occhi al cielo, facendo del suo meglio per non sbottare. “Non essere così drammatico! Sentite, so che avete buone intenzioni, ma al momento state solo complicando le cose. Smettetela di farmi pressioni. Per favore! Sono davvero esausto. Non posso discuterne adesso.”
 
“Allora smettila di discutere e vieni a casa con noi.” Disse Rachel.
 
Kurt emise un respiro tremolante. “Non posso semplicemente scappare così,” disse. “Devo parlare con lui e affrontare i miei problemi.”
 
“Siamo qui per te,” rispose Rachel con la gola secca. “Sto per abbracciarti.” Disse stringendolo forte. Kurt appoggiò il mento sulla sua testa, ricambiando l’abbraccio.
 
“Ora devo parlare con lui, però,” mormorò tra i suoi capelli. “Devo dirgli che mi trasferisco. Ne sarà probabilmente grato, perché sono un pericolo per il suo portafogli, e non può permettersi di farmi rompere qualche altra cosa.”
 
“A una condizione,” disse Rachel, trattenendolo per un braccio. “Devi darmi l’indirizzo di casa sua. Ho bisogno di sapere dove devo mandare la polizia.”
 
Kurt ridacchiò. “Va bene, te lo dirò, ma niente polizia, Rachel. Non siamo in un film.”
 
Kurt digitò l’indirizzo sul telefono di Rachel e la abbracciò. “Ti chiamo dopo.”
 
“No, no, no,” li interruppe Blaine. “Tu non tornerai affatto da lui!”
 
“Non sarebbe giusto se sparissi e basta,” replicò Kurt. “E poi, sa dove abita Rachel, quindi devo parlargli.”
 
“No, non devi!” ribatté. “E chi se ne frega di cosa sia giusto, per una persona del genere?! Non serve a niente, parlare a una persona così! Va via e basta!”
 
“Basta, Blaine. Non sei tu l’eroe, in questa storia, e io non sono la damigella in pericolo. Non ho bisogno di essere salvato, specialmente non da te.”
 
Detto questo, Kurt girò sui tacchi e se ne andò. Blaine non poté fare a meno di seguirlo.
 
“So di non essere un eroe, Kurt!” lo chiamò. “Sono solo l’idiota innamorato che ha commesso un errore, e che comprende il tuo odio!” disse, una volta raggiunto l’altro, ma inconsapevole del fatto che la gente stesse cominciando a fissarli. “Ma non posso guardarti camminare dritto nella tana del lupo.”
 
Kurt si fermò per lanciargli un’occhiata irritata, ma quando guardò nei sinceri, preoccupati occhi dell’altro, il suo sguardo si addolcì.
 
“Io non ti odio, Blaine. Non ti ho mai odiato,” lo corresse Kurt, permettendogli di vedere tutta la sua vulnerabilità, “Volevo, ma non ho potuto. Immagino di averti amato troppo da poter essere capace di odiarti.”
 
“Quindi cosa? Invece di odiare me hai cominciato ad odiare te stesso?!” chiese Blaine, cercando di mettere insieme i pezzi.
 
Lo uccise vedere Kurt stringersi nelle spalle. Si passò le mani sul viso, come se stesse pensando, ma Blaine capì perfettamente che stava solo cercando di coprirsi il viso.
 
“Devo davvero andare, Blaine. Ne parliamo domani, va bene?” Kurt ricominciò ad allontanarsi, ma Blaine lo bloccò nuovamente.
 
“Come puoi ignorare il fatto che ti amo, Kurt?!” disse Blaine, le braccia spalancate, la disperazione udibile nelle sue parole. “Sono qui, in piedi davanti a te e ti sto dicendo che ti-amo e che sei la persona più importante nell’intero universo, per me. Come puoi semplicemente andare via?!”
 
“Lo dici soltanto perché ti faccio pena,” replicò Kurt, come se non fosse per niente toccato da ciò che Blaine gli aveva detto, ma la sua voce rotta tradiva la sua freddezza.
 
“No!” Blaine sospirò esasperato. “A dir la verità, in questo momento provo pena solo per me stesso, perché tu sei troppo testardo per credermi.”
 
La risposta arrivò inaspettata, e Kurt non poté far a meno di sorridere. “Sei davvero un idiota, Blaine Warbler,” rispose con un ghigno.
 
“Lo so,” rispose. “Sono un idiota e sono disperato. Sì, ho commesso un errore. Un errore enorme, ma ti sto implorando, Kurt. Non voglio che tu diventi soltanto qualcuno che una volta conoscevo.”
 
“Cosa vuoi sentirti dire, da me?!” chiese l’altro, esasperato. “Non posso farti nessuna promessa.”
 
Dammi una possibilità,” lo pregò. “Dimmi cosa devo fare per dimostrarti che sono serio. Qualsiasi cosa, Kurt! Ti prenderei la luna e le stelle, se me le chiedessi.”
 
Kurt incrociò le braccia al petto. “Non voglio la luna e le stelle,” disse, “Ma-”
 
“Sì?” Blaine sembrava un cucciolo.
 
“Ti ricordi la mia spilla a forma di ippopotamo?”
 
“Cosa? Certo, perché?”
 
“Riportamela,” rispose.
 
Blaine aggrottò le sopracciglia, confuso. “Cosa vuoi dire? L’hai persa?”
 
“Andrew l’ha presa e nascosta da qualche parte, perché pensa che sia brutta e non vuole che la indossi.” Spiegò Kurt.
 
“Va bene,” accettò l’altro. “Te la riporterò indietro.”
 
“Non preoccuparti,” disse seccamente. “Ho già cercato dappertutto, nell’appartamento. Non ho idea di dove l’abbia nascosta. Molto probabilmente l’ha già buttata nella spazzatura da tempo.”
 
“Suona alquanto impossibile, allora.” Disse abbassando il capo e aggrottando le sopracciglia.
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Non più impossibile della luna e delle stelle,” replicò dolcemente, e si diresse verso la caffetteria, dove Andrew lo stava aspettando.
 
Blaine voleva seguirlo, ma Rachel lo prese per un braccio. “Cosa facciamo, adesso?”
 
“Ho un piano,” disse Blaine lentamente. “Non un buon piano, non è nemmeno intelligente, ma è un piano.”

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


*si protegge dalle linciate*
Lo so che non pubblico da tantissimo tempo. Vi chiedo scusa. Sto cercando di fare il possibile, ma non sempre ho il tempo, anche se vorrei. Mi dispiace tantissimo :(


 

“Mi dispiace, ma tu non puoi entrare. È un locale per soli uomini,” ripeté seccamente l’uomo della sicurezza, incrociando le braccia per sottolineare la sua posizione.
 
Rachel sembrava infastidita.
 
“Solo uomini?! Che razza di regola stupida è questa?!” ribatté. “Mi faccia entrare o comincerò ad urlare!”
 
“Andiamo, Rachel, va tutto bene,” disse Kurt, abbracciandola per tenerla lontana. “E comunque non sono dell’umore per ballare.”
 
“E’ un peccato,” disse qualcuno dietro di lui.
 
Kurt e Rachel si girarono per dare un’occhiata all’uomo dalla profonda e piacevole voce. Era giovane e alto, i capelli castani e lo sguardo fisso su Kurt.
 
“Perché mi piacerebbe davvero tanto vederti ballare, dolcezza.”
 
Rachel squittì gioiosamente, ma in maniera altrettanto imbarazzante, per poi aumentare la presa sul braccio di Kurt e sussurrargli all’orecchio: “Dio, è carino!”
 
“Ehi ragazzi,” disse con nonchalance, facendo qualche passo verso di loro. “Sono Andrew.”
 
“Ciao,” sussurrò Rachel, sbattendo le ciglia.
 
“Questa è Rachel,” disse Kurt, indicando la bruna appiccicata al suo fianco. “Io sono Kurt.”
 
“Kurt? Davvero?” Andrew si lasciò sfuggire un lamento contrariato. “Che razza di stupido nome è ‘Kurt’?!”
 
Kurt si fece un po’ più dritto, fulminandolo con lo sguardo. “Scusami?!”
 
Andrew gli sorrise. “Non preoccuparti. Fatta eccezione per il nome antidiluviano, sei davvero sexy. Ti andrebbe di entrare?” chiese, indicando il Babylon con un cenno del capo.
 
“Non vado da nessuna parte, senza di lei,” disse Kurt, prendendo la mano di Rachel, ancora poggiata sul suo braccio.
 
“Oh, non preoccupatevi per me!” disse lei frettolosamente. “Vai, Kurt e divertiti, te lo meriti.”
 
“Ascolta la tua amica,” disse Andrew con un ghigno. “Posso presentarti qualcuno in giro. La prima volta al club può essere un po’ opprimente, specialmente per i provinciali.”
 
“Io non sono provinciale!” puntualizzò Kurt. Il ragazzo lo aveva già stufato ma, d’altra parte, era curioso di vedere il club, visto che, fatta eccezione per lo Scandals, a Lima, non era mai stato in un gay bar, prima. Ad ogni modo, non aveva nessuna intenzione di entrarci con un completo sconosciuto, quindi cercò di scusarsi alla svelta. “D’altra parte, non ho ancora ventun’anni.”
 
“Non è un problema.” Andrew tirò fuori un paio di carte d’identità dalla sua tasca, vagliando le alternative e alla fine porgendone una a Kurt.
 
“Ecco a te. Per stasera ti chiami Justin Beaver.”
 
“Devi stare scherzando!” gli strappò la carta di mano per dare un’occhiata. Per l’appunto, recitava la scritta ‘Justin Beaver’ e, con sua enorme sorpresa, il ragazzo nella foto gli assomigliava.
 
Impressionato, Kurt alzò un sopracciglio, ma non poté trattenere un commento pungente.
 
“Quindi dimmi, fai parte di un giro di traffici umani, oppure si tratta di un hobby, quello di avere sempre qualche carta extra con te?”
 
“E’ soltanto una questione di carità,” rispose con un sorrisetto, chiaramente puntando le labbra dell’altro. “Ho molto a cuore i ragazzi che vengono lasciati fuori.” Poi si avvicinò in modo confidenziale, aggiungendo con un occhiolino. “Ma solo per quelli più belli.”
 
Kurt strinse le labbra, scettico. Non era abituato ad essere definito sexy.
 
“E’ così eccitante!” disse Rachel. “Kurt, devi andare e raccontarmi tutto, dopo!”
 
“Non voglio lasciarti da sola, Rachel,” ripeté Kurt.
 
“Starò bene,” lo rassicurò con un sorriso. “E sembra che anche tu sia in buone mani.”
 
“Non preoccuparti, siamo tutti una grande famiglia.” Disse ammiccante. “Ci guardiamo le spalle a vicenda.”
 
“Quindi è tutto sistemato! Divertitevi!” poi si rivolse a Kurt. “Io andò a casa a leggere un libro.”
 
“Andiamo, Justin,” disse Andrew, per poi afferrare inaspettatamente la sua mano.
 
Per un secondo, Kurt rimase troppo interdetto per pensare di liberarsi dalla presa, e lasciò che Andrew tenesse la sua mano, seguendolo all’interno del locale. In qualche modo, era bello che ci fosse nuovamente qualcuno a tenergli la mano, ma lo faceva anche sentire a disagio, così fece in modo da divincolarsi dalla sua presa non appena furono all’interno.
 
“Rimani vicino a me,” gli disse Andrew e, anche se Kurt non voleva, fece come gli era stato consigliato, intimidito dalla folla. Non aveva mai visto così tanti giovani gay tutti insieme, ma più si guardava intorno, più rimaneva disgustato. Erano tutti alla costante ricerca, guardando chi fosse il migliore da puntare, avendo soltanto una cosa in mente, e cercando la prossima storia da una notte.
 
Si sentì all’istante esattamente come un ragazzo di provincia, e probabilmente Andrew non aveva fatto altro che considerarlo una preda facile. E poi di nuovo, Andrew era estremamente attraente, e poteva avere chiunque volesse, quindi perché sprecare tempo dietro qualcuno come lui? Forse era una sorta di sfida, oppure si era già passato tutti i ragazzi nella stanza e voleva provare qualcosa di nuovo?
 
Kurt rabbrividì ai suoi stessi pensieri. D’altro canto, non avrebbe mai lasciato che Andrew lo trattasse come l’ennesima storia da una notte da spuntare.
 
“Ehi, non alzare il mento così tanto,” gli disse sorridendo. “Ti fa sembrare uno stronzo arrogante.”
 
“Beh, io sono uno stronzo,” disse Kurt con noncuranza. “Meglio farci l’abitudine.”
 
Andrew rise. “Ragazzo, mi piace il tuo modo di parlare, Kurtsy.”
 
 
“Il mio nome è Kurt.” Lo corresse. “Non mi piacciono i soprannomi.”
 
“Oh, andiamo, sei troppo straordinario per avere un nome noioso come quello!” esclamò Andrew.
 
“Che cosa ti fa pensare che io sia straordinario?” Kurt alzò un sopracciglio. “Mi conosci da un paio di minuti.”
 
“Posso vederlo,” rispose con un mezzo sorriso. “Non sei come gli altri, sei esotico. Scommetto che ti piace essere avventuroso.” Si abbassò per respirargli nell’orecchio.
“Se rimani con me, posso prometterti una notte che non dimenticherai mai.”
 
“Sei il peggior abbordatore che abbia mai incontrato,” replicò Kurt, per nulla impressionato, ma parecchio divertito. “Fai sempre così con i ragazzi, per farti desiderare?”
 
“Woah, non stavi esagerando, quando hai detto di essere uno stronzo,” rise. “Lascia che ti presenti gli altri.”
 
Kurt si morse il labbro per nascondere un sorriso. Gli era piaciuto il discorso audace di Andrew, anche se conteneva solo stronzate. Non aveva colpito minimamente il suo modo di parlare, ma diceva ad alta voce quello che pensava, proprio come Kurt, dunque non doveva preoccuparsi di dire le cose sbagliate o di offenderlo.
 
Così seguì il ragazzo che si stava avvicinando a un gruppetto di ragazzi che indossavano camicie colorate e ghigni di chi la sa lunga.
 
“Ragazzi, questo è Kurtsy.” E di nuovo, Andrew gli passò un braccio attorno alle spalle per attirarlo a sé. “E’ nuovo, nella nostra piccola gaytown, ma io l’ho visto per primo, quindi che nessuno gli metta le mani addosso!”
 
“Enchanté,” disse un di loro, facendosi avanti per stringergli la mano.
 
“Piacere,” Kurt fece per prenderla, ma Andrew arrivò prima, intrecciando le sue dita con quelle di Kurt e tirandolo a sé. “Non sprecare tempo a imparare i loro nomi, piccolo. Non rimarremo con loro per molto.”
 
Kurt sbatté le palpebre, irritato, ma gli amici di Andrew sembrarono essere abituati a quel tipo di comportamento, perché a malapena reagirono alzando gli occhi a cielo e ridacchiando. “Sei un tale stronzo, Drew!” disse uno di loro.
 
Prima che Kurt si rendesse conto di quello che stava succedendo, Andrew lo aveva condotto in mezzo alla pista da ballo, dove erano stati inghiottiti dal colori dei corpi vicini a loro e dal ritmo assordante della musica.
 
Andrew non lasciò mai andare la sua mano, né ruppe il contatto visivo, mentre ballavano, gli occhi penetranti ferocemente fissi su di lui. Dopo qualche minuto, Kurt era tutto sudato, le mani, il collo, i rivoli di sudore che gli scendevano lungo la schiena. Era disgustoso, ma allo stesso tempo eccitante.
 
Ballare lì era abbagliante e confuso, era come ritrovarsi in uno dei più strani sogni di Kurt, che lo ritraevano come una star da bar gay. Sentiva tutti gli occhi su di lui, altrettanto chiaramente quanto sentiva le mani dell’altro che gli esploravano le braccia, la schiena, la vita…
 
Ed era troppo! Troppo vicino, troppo veloce!
 
Kurt si scansò, sgomitando alla cieca per uscire dalla folla, volendo scomparire e non essere più trovato. Non dal ragazzo, non da chiunque, per sempre.
 
Si fermò al banco, prendendo un profondo respiro e combattendo il panico che lo assaliva. Avrebbe voluto essere andato a casa con Rachel, che probabilmente si stava godendo una cioccolata calda sul divano, in compagnia di tv spazzatura. Si arrampicò su uno sgabello per dare un po’ di riposo alle sue gambe tremanti, raccogliendo i pensieri.
 
“Ciao, bellezza,” improvvisamente un ragazzo con i capelli neri, che vestiva di un gilet fin troppo grande per lui, apparve al suo fianco, appoggiando il sedere sullo sgabello accanto al suo. “Non ti ho mai visto prima.”
 
Prima che Kurt potesse dire a quella faccia di cazzo di togliersi di mezzo, qualcun altro aveva già pensato ad afferrargli quell’orrendo gilet dalle spalle e lo stava tirando, facendolo scivolare giù dallo sgabello e agitare le braccia per mantenere l’equilibrio. Kurt era sorpreso quanto lui.
 
“Questo posto è già occupato!” brontolò Andrew con voce severa, reclamando il posto accanto a Kurt per sé stesso, ignorando il ragazzo che aveva appena spinto e attirando l’attenzione del barista.
 
Kurt guardò l’altro allontanarsi, chiaramente non volendo guai, poi posò lo sguardo su Andrew, che ora sedeva accanto a lui, molto compiaciuto di sé stesso.
 
“Tratti sempre le persone così?” chiese Kurt con disapprovazione.
 
“No,” rispose l’altro con serietà, guardandolo dritto negli occhi. “Ma era pericolosamente vicino a qualcosa che voglio troppo, e non potevo permettergli di averla.”
 
“Giusto perché tu lo sappia, io detesto la violenza.” disse Kurt.
 
“Anche io,” rispose Andrew in fretta. “Ma a volte i fatti parlano più forte delle parole, e quella testa di cazzo non era degno di parlare con te.”
 
“Siamo già arrivati al punto in cui decidi chi mi debba parlare e chi no?!” chiese Kurt, a metà tra lo sconcertato e il divertito.
 
“No,” disse Andrew con calma, “ma meriti di stare con qualcuno che possa apprezzare la tua bellezza.”
 
“E quello saresti tu, vero?” chiese Kurt, cercando di nascondere il suo divertimento. A quanto pareva, la sua guida era brava con le parole.
 
“Almeno sono capace di riconoscere una perla, quando me ne capita una per le mani, e tu sei la più brillante che io abbia mai visto,” rispose, e in qualche modo era riuscito a dire una delle frasi più stupide del mondo suonando mortalmente serio. “Chiamala pazzia, chiamalo destino, a patto che mi chiami tuo.”
 
Kurt sentiva allo stesso tempo repulsione e attrazione per il suo modo diretto e fiducioso di agire, nei suoi confronti. Si conoscevano da circa un’ora, e già Andrew lo corteggiava come se Kurt fosse la stella più luminosa dell’intera stanza. Questo fece pensare a Kurt al modo in cui si era strutto per mesi, dietro Blaine, nell’attesa che quest’ultimo si rendesse conto che potevano essere più che amici. Era un ragazzo che sapeva ciò che voleva, e che lo voleva subito, anche se tutto quello di cui si trattava era una botta e via.
 
“Lascia che ti offra da bere,” disse. “I cocktail di qui sono davvero buoni.”
 
A Kurt non faceva propriamente impazzire, l’alcool, non dopo quel piccolo incidente che aveva coinvolto le scarpe della signorina Pillsbury, comunque, ma quella sera si stava lasciando il passato alle spalle. Era tempo di crescere e di fare tutto ciò che non aveva mai fatto, e Isabelle non faceva altro che parlargli delle bibite che si inventava. Non aveva ancora ventun’anni, e allora? Era solo un bicchiere.
 
“Cosa mi consiglia?” chiese, appoggiando il mento sulla mano.
 
“Sicuramente un Kir Royale, per te,” rispose Andrew. “Perché hai davvero l’aria di una persona dal sangue blu.”
 
“Davvero?” Kurt si lasciò sfuggire una risata, non nascondendo più il suo divertimento.
 
Andrew sorrise. “Sei bello ed elegante, e guardi tutti come se fossero un gradino al di sotto di te. Sì, decisamente regale.”
 
“Per quanto mi piaccia l’idea di essere messo a paragone con una tale perfezione come può essere quella di Kate Middleton, ho paura di doverti deludere,” rispose scherzosamente. “Non sono un principe in incognito.”
 
“Oh, lo sei,” disse Andrew, abbassando la voce ad un ringhio basso e seducente. “Solo che ancora non lo sai.”
 
“Va’ avanti,” ripose in tono civettuolo. Era bello avere qualcuno che gli facesse complimenti, anche se sapeva si trattasse di bugie.
 
Dopo il suo secondo cocktail, Kurt rideva a qualsiasi cosa che lasciasse la bocca di Andrew, non importava quanto stupido, scontato o noioso fosse. Era ancora seduto sul suo sgabello, ma ora era appoggiato al bancone di fronte alla folla danzante, mentre Andrew faceva commenti su tutto e tutti, facendolo sentire come se già conoscesse i segreti più imbarazzanti di tutti.
 
“Solo, guardali,” sbuffò Andrew, puntando la mano verso i suoi così detti amici che ballavano in pista. “Stanno sempre addosso ai fidanzati degli altri.”
 
“Non mi sembra che tu abbia molta fiducia in loro,” osservò Kurt.
 
“Io non mi fido di nessuno,” aveva risposto Andrew, scrollando le spalle. “Soprattutto non di queste puttane che si aggirano per il Babylon.”
 
“Senti chi parla,” disse Kurt, sorseggiando il suo terzo bicchiedere. Era troppo dolce, per i suoi gusti, ma allo stesso tempo delizioso.
 
Andrew sollevò un sopracciglio verso di lui. “Pensi che io sia come loro?” disse inclinando il capo per indicare la folla.
 
“Non lo sei?” lo sfidò Kirt.
 
“Ho gusto,” rispose Andrew. “Non vado semplicemente in giro a scoparmi chiunque.”
 
“Udite, udite,” disse Kurt, non molto impressionato dalla scelta di parole dell’altro.
 
“Mi scoperei te, però.” Dichiarò sorridendo.
 
“Questo è molto lusinghiero,” rispose Kurt freddamente, non prendendo sul serio le avance dell’altro. Quel ragazzo non era altro che un enorme coglione.
 
“Sai cosa avrebbe un aspetto magnifico, su di te?” Andrew si avvicinò, facendo scorrere un dito lungo la sua guancia, fino a quando Kurt non si ritrasse. “Un filo di eyeliner nero. Qualcosa per evidenziare gli occhi, perché sono incredibili, soprattutto con quello sguardo sporco che mi manda costantemente a farmi fottere.”
 
Un sorriso si aprì sul volto di Kurt. “Esattamente.”
 
“Vedi, ti ho appena conosciuto e già sono capace di capire i tuoi pensieri,” disse Andrew, la mano sinistra una volta di più appoggiata sul suo ginocchio.
 
Kurt alzò gli occhi al cielo. Era infastidito dalla sua insistenza, ma allo stesso tempo era piacevole passare il tempo con qualcuno che sapeva quello che voleva ed era abbastanza a suo agio con sé stesso da dirlo ad alta voce, a differenza di altre persone che di nome facevano Blaine Anderson.
 
“Mi stai facendo lavorare sodo, mi piace questo in un uomo.”
 
Kurt sbuffò. Lui non stava giocando a nessun gioco, no? Oppure stava in realtà flirtando con quel ragazzo? Se anche così fosse stato, non era serio. Certo, Andrew era bello, ma non era affatto il suo tipo.
 
Kurt non sapeva quanto tempo fosse passato quando, più tardi, si ritrovò in ginocchio nel bagno a vomitarsi le budella. Tutto quello che sapeva era che aveva ballato, ed era stato divertente perdersi tra la folla e la musica assordante, almeno fino a quando il dj non aveva messo su ‘Teenage Dream’. All’improvviso aveva sentito un profondo dolore allo stomaco, e tutto era venuto fuori all’improvviso, tornano da lui quando meno se lo aspettava. La mancanza, la colpa, il dolore e la pena, ma, soprattutto, il bisogno e il desiderio.
 
La voce di Katy Perry si trasformò in quella morbida ma forte da tenore di Blaine, e subito aveva sentito il bisogno che questo apparisse, gli prendesse la mano e ballasse con lui per tutta la notte.
 
Invece non c’era nessun altro, se non quel Newyorchese in agguato che guardava in cagnesco chiunque non perdesse l’occasione di toccargli il culo e dire qualcosa di squallido. Più di una volta, Kurt si era ritrovato a spingere Andrew, o a dargli un pugno per farlo smettere.
 
Lentamente, Kurt si alzò in piedi e lasciò il cubicolo con le gambe tremanti. Si lavò la bocca al lavandino, ignorando il chiacchiericcio costante di Andrew, che non aveva intenzione di lasciarlo solo nemmeno mentre stava vomitando.
 
Che bellezza! La sua prima notte in un locale gay ed era andata sprecata. Almeno, quell’Andrew sapeva cosa aspettarsi, e sicuramente non avrebbe voluto rivederlo di nuovo.
 
“E’ il Kir Royal o la mia presenza che ti fa vomitare?” chiese, ovviamente divertito.
 
Kurt guardò l’altro appoggiato contro la porta.
 
“Nessuno dei due,” rispose Kurt, asciugandosi la bocca con un tovagliolo di carta. “Non sopporto Katy Perry.”
 
“Katy Perry? Davvero? Perché?” Andrew era incuriosito. “Occhioni enormi, capelli blu, cosa c’è che non va?”
 
“Il mio ex la idolatra.” Sputò Kurt.
 
“Ah.”Andrew si avvicinò per guardarlo meglio. C’era qualcosa nei suoi occhi, comprensione e simpatia che sorpresero Kurt.
 
“Fanculo Katy Perry,” disse finalmente con un’alzata di spalle. “Fanculo lui.”
 
Per un secondo, Kurt ebbe voglia di piangere, la gola stretta e il bisogno di nascondersi da qualche parte e buttare tutto fuori. Ci volle tutta la sua forza di volontà per non crollare davanti ad Andrew.
 
“Qui, prendi un paio di mentine,” disse Andrew, offrendogli un pacchetto di caramelle alla mente piperita. Kurt le accettò con gratitudine.
 
“Lascia che ti porti a casa,” disse Andrew. “Penso di averne avuto abbastanza, per stanotte.”
 
“Grazie, ma posso prendere un taxi,” disse Kurt, avviandosi verso l’uscita.
 
“Dei tassisti non ci si può fidare,” disse Andrew. “Ti spillano troppi soldi, piccolo. Ti accompagno a casa, è inutile che ti opponi.” Andrew gli fece l’occhiolino, e Kurt era troppo stanco e insensibile per discutere.
 
Fu solo dopo cinque minuti buoni nella sua BMW- nuova di zecca! Ma chi è questo tizio?!- che Kurt realizzò una cosa. “Aspetta, fermati! Non puoi guidare, hai bevuto anche tu!” gli disse.
 
“Solo un paio di birre. Nessuno si ubriaca con un paio di birre.”
 
“Sicuro? Conosco qualcuno che potrebbe,” sbottò Kurt, rimproverandosi mentalmente subito dopo. Smettila di pensare a Blaine tutto il tempo!
 
Andrew continuava a parlare e parlare, ma Kurt non stava ascoltando. Non vedeva l’ora di arrivare a casa nel suo letto e dormire.
 
“Puoi fermarti, vivo lì.” Disse indicando un palazzo.
 
Andrew parcheggiò l’auto davanti all’edificio e si chinò verso Kurt. “E’ stata una bella serata,” disse Andrew, inclinando la testa come se fosse in attesa di qualcosa.
 
“Penso che domani rimpiangerò il terzo cocktail,” disse Kurt, sentendo le vertigini.
 
“La vita sarebbe noiosa se non facessi mai cose che in seguito rimpiangi,” rispose Andrew, e Kurt annuì, pensieroso. Aveva senso.
 
Poi però successe qualcosa che non aveva senso per niente: Andrew lo baciò, chinandosi e premendo la bocca sulla sua.
 
Kurt era troppo stordito per reagire. Non ricambiò il bacio, ma nemmeno lo respinse, anche se la sua testa gli stava suggerendo proprio quello, oltre che schiaffeggiarlo. Il suo corpo era troppo stanco per eseguire quel comando.
 
Ma oltre il primo impulso di ritrarsi e schiaffeggiarlo, Kurt non sentiva nulla. Cosa c’era di sbagliato in lui?! Un ragazzo molto sexy lo stava baciando e a lui non importava. In realtà si sentiva abbastanza intorpidito, il che lo spaventava, a dire la verità, ma era davvero troppo insensibile per dare di matto. Il suo cervello era confuso. Alcool? Oppure Andrew lo aveva in qualche modo drogato?
 
Un brivido inquietante gli attraversò la schiena. Come poteva essere stato così stupido da accettare alcool da uno sconosciuto?! Come aveva potuto salire sulla macchina di un ragazzo incontrato solo qualche ora prima? Mai fidarsi di un estraneo, dicevano! E perché si stava fidando di lui abbastanza da credere che lo avrebbe riportato a casa sano e salvo?!
 
Kurt si rimproverò, dandosi dell’idiota per essersi cacciato in tale situazione.
 
“Posso rivederti?” chiese Andrew, quando finalmente si staccò, lasciando le labbra di Kurt usate e formicolanti.
 
“Nei tuoi sogni,” rispose Kurt, non sapendo nemmeno da dove gli venissero le parole. Non lo disse in modo civettuolo, ma sputandolo tra i denti, disgustato dal suo approccio e dalla sua stessa stupidità.
 
Il volto di Andrew si aprì in un ghigno. “Sei un totale stronzo, Kurt, e questo mi piace.”
 
“Grazie per avermi accompagnato,” disse l’altro, lasciando l’auto. Era sicuro che non lo avrebbe mai più rivisto.
 
 
 
 
 
 
 
“Lo hai baciato?” Rachel era curiosa, naturalmente.
 
“Beh, sì- mi ha dato il bacio della buonanotte,” rispose Kurt con un’alzata di spalle, e Rachel strillò dalla gioia, abbracciandolo come se avesse appena vinto un Pulitzer. “Sono così felice per te, Kurt!”
 
Kurt aveva omesso di dire che non avrebbe voluto essere baciato da lui. O da chiunque, ma considerato quanto lei fosse felice per lui, e che non la vedeva felice da un bel po’, Kurt aveva mentito. E che cosa importava, averle detto di stare bene con lui, anche se era una bugia? E, a conti fatti, era una bugia? Si era divertito, dopo tutto.
 
“Com’è stato?” volle sapere lei. “E’ un buon baciatore? Vieni, voglio tutti i dettagli!”
 
“Non essere così ficcanaso,” le aveva risposto con una risata. “Un gentiluomo non parla mai di queste cose.”
 
“Quando lo rivedi?”
 
“Non lo so,” disse evasivo. Non voleva deluderla dicendo che non lo avrebbe più rivisto. Comunque, lei non lo avrebbe lasciato andare a dormire prima di averle raccontato tutto, così, lasciando fuori il vomito, le aveva raccontato di Andrew come il sogno di ogni uomo. Un vero principe azzurro.
 
“Oh, scommetto che farai dei bei sogni, stanotte,” aveva predetto Rachel, quando le aveva dato la buona notte, ritirandosi in camera da letto.
 
Ma nei suoi sogni, quella notte, Kurt poteva ancora sentire il delicato tocco di Blaine sulle sue braccia, le labbra di Blaine sulle sue palpebre chiuse, il bisbiglio calmante di Blaine nel suo orecchio. Sempre Blaine.
 
Nel cuore della notte, Kurt si svegliò a causa di un singhiozzo straziante, si sedette sul letto e si spazzolò i capelli con mano tremante. Un altro singhiozzo cercò di fuoriuscire, ma Kurt strinse le labbra, cercano di bloccare i ricordi agrodolci. Seppellì la testa tra le ginocchia, quando la realtà di quanto Blaine gli mancasse lo colse.
 
Le sue braccia erano deboli, mentre cercava di alzarsi dal letto, le gambe tremanti, mentre cercava di rimanere in piedi. Scivolò silenziosamente fuori dalla stanza, prima che Rachel potesse svegliarsi e vederlo piangere, poi si chiuse in bagno e tirò fuori silenziosamente tutti i singhiozzi che gli ferivano il petto e gli rubavano il respiro.
 
La gente dice che il tempo guarisce le ferite, ma a volte non è così. A volte il dolore peggiora sempre di più, ed è impossibile guarire con il tempo.
 
 
 
 
 
 
 
“Questa è Vogue.com; sta parlando con Kurt Hummel, posso aiutarla?”
 
“Che ne dici di un caffè, stasera?”
 
Kurt si sentì irritato per un secondo, poi riconobbe la squallida, ma abbagliante voce. “Andrew?”
 
“Non mi hai mai dato il tuo numero.” Dalla voce sembrava che stesse tenendo il broncio.
 
“E’ stato intenzionale,” rispose Kurt, ancora sconcertato dall’idea che lui lo avesse chiamato sul suo posto di lavoro.
 
“Ahi, questo fa male. Fai sempre in modo di incantare i ragazzi per poi lasciarli a sognarti?!”
 
Kurt ridacchiò. “Mi hai sognato?”
 
“Sì, non sono riuscito a togliermi il tuo sorriso dalla testa per tutto il weekend.”
 
Kurt rimase impressionato. “Come fai a sapere che lavoro qui?”
 
“Me lo hai detto tu. In realtà mi hai detto un sacco di cose, venerdì sera.”
 
“Come per esempio..?” Kurt non riusciva a ricordare niente.
 
“Incontriamoci in un caffè e ti dirò tutti i piccoli sporchi segreti che mi hai spiattellato.”
 
“Non credo proprio.”
 
“Sappi che ti richiamerò ogni ora fino a quando non mi dirai di sì, d’accordo?”
 
Kurt si lasciò sfuggire un sospiro esasperato, ma stava sorridendo. “Che posto mi consigli?”
 
 
 
 
 
 
Uscire con Andrew era divertente, Kurt non poteva negarlo, ma si rifiutava di considerare quelle uscite come appuntamenti. Aveva sempre pagato per i suoi caffè e insistito per tornare a casa da solo. Impara dai tuoi errori.
 
Andrew era un cretino arrogante, per niente il suo tipo, ma era divertente e piuttosto innocuo. Kurt non si aspettava di innamorarsi di quel ragazzo, quindi che male poteva fare un po’ di flirt senza pensieri? Se non altro, era una gradita distrazione. Era un idiota, ma almeno era divertente.
 
La prima volta che Andrew gli aveva fatto del male era stata un punto di svolta nel modo in cui Kurt lo vedeva.
 
Fino ad allora lo aveva sempre considerato un buffone, ma poi si rese conto che sapeva essere molto serio, arrabbiato ed esigente. Era stato durante uno dei loro primi appuntamenti in caffetteria, anche se Kurt ancora si rifiutava di chiamarli tali. Lui gli aveva afferrato strettamente il polso, non sapendo che fosse contuso, inviando una serie di scariche di dolore al suo braccio.
 
“Non giocare con me,” lo aveva avvertito. “Se c’è una cosa che odio è essere comandato a bacchetta.”
 
Kurt aveva silenziosamente scosso la testa. Nessun gioco. Quella era una cosa seria. Kurt non ricordava nemmeno più per cosa stessero discutendo, ma ricordava il modo in cui le dita dell’altro si erano chiuse intorno al suo braccio, scavando nella pelle, e il sibilo minaccioso della sua voce, così diverso dal modo in cui stava parlando fino a pochi secondi prima.
 
Kurt non sapeva perché avesse continuato a vederlo, dopo quell’incidente. Aveva avuto un chiaro avvertimento, e una altrettanto chiara previsione di quello in cui si stava cacciando, ma la cosa peggiore era che quella dimostrazione di rabbia era stata la cosa che aveva finalmente attratto Kurt verso di lui. Perché Blaine non aveva mai fatto così?! Parlare ad alta voce di ciò che lo turbava, impostare regole, linee guida per un rapporto solido?!
 
La prima volta che Andrew gli aveva dato un pugno, aveva completamente capovolto il suo mondo.
 
Sebbene lo avesse visto arrivare, Kurt non era preparato per la forza di quel colpo. Era forte, veramente forte, probabilmente anche più di Karofsky. Mai prima era stato colpito in quel modo; nemmeno David lo aveva mai apertamente preso a pugni. Lo aveva spinto dolorosamente contro gli armadietti, ma mai in quel modo.
 
La prima volta che Andrew lo aveva picchiato, Kurt si era seduto sul pavimento del bagno, abbracciandosi le gambe e tremando, ascoltando l’altro sbattere le ante degli armadietti della cucina. Aveva la pelle d’oca, ma non per il freddo. Era affascinato dal dolore irradiato dalle contusioni, che faceva contorcere tutti i suoi sensi sulla parte del corpo ferita e intorpidire il cervello.
 
Kurt aveva scoperto che il dolore gli piaceva. La forza dietro di esso era riuscita a spingere via tutti i suoi pensieri, lasciando il posto a una sensazione di intorpidimento. Sapeva che avrebbe potuto colpire a sua volta senza preoccuparsi di poter ferire l’altro, e naturalmente era consapevole del fatto che quel tipo di relazione fosse completamente malsano e sbagliato, ma era arrivato a un punto in cui non gli importava.
 
Tuttavia, aveva ancora cura del suo aspetto. Non poteva tornare a casa e far scoprire a Rachel che ci fosse qualcosa che non andava, così le aveva mandato un messaggio dicendole che sarebbe rimasto a dormire fuori, ricevendo indietro un “Buon divertimento! State attenti!”
 
La sua routine di cura della pelle si era estesa anche alla cura dei numerosi lividi che ricoprivano il suo corpo, soprattutto sulle braccia e sul petto, ma anche sulle cosce e sulla schiena. Aveva osservato il modo in cui questo cambiassero colore, nel corso del tempo, passando dal blu-viola, al rosso-arancio, fino al giallognolo. Con lo sparire dei lividi, anche l’intorpidimento passava, lasciandogli un senso di vuoto dentro.
 
Vivere con Rachel era diventato difficile. L’unica soluzione per mantenerla ignara era trasferirsi da Andrew. Odiava doverla lasciare, ma odiava di più l’idea di lei che scopriva tutto.
 
 
 
 
 
 
La fiducia era la cosa più strana.
 
Kurt aveva fiducia del fatto che Andrew non lo avrebbe colpito in faccia.
 
Si fidava del fatto che non gli avrebbe lasciato segni visibili, o che gli avrebbe fatto così male da costringerlo a vedere un medico, o andare in ospedale.
 
Si fidava che rispettasse i suoi confini, a livello sessuale.
 
Si fidava del fatto che non avrebbe fatto domande a cui non voleva dare una risposta.
 
In modo tale di non causargli più dolore di quello che lui stesso chiedeva.
 
Non chiamarlo con nomi con cui non si stava definendo internamente da solo.
 
Non scattare senza una determinata ragione.
 
Finché Andrew rimaneva nei limiti, a Kurt andava bene. Non permetteva a sé stesso di pensare a quanto sbagliata fosse quella relazione.
 
Ogni volta che l’altro lo baciava, Kurt cercava di goderne. Ci provava sul serio, ma era terribile. Niente era come baciare Blaine. Sapeva di non dover fare paragoni, che avrebbe dovuto dare ad Andrew una possibilità, ma lui non stava con Andrew per i baci, o la tenerezza. Non era innamorato di lui, non voleva essere baciato o toccato da lui. Non c’erano sentimenti coinvolti, a parte la necessità di essere spinto.
 
 
 
 
 
“Non sono un gran baciatore,” si scusò Kurt, sempre alla ricerca di una motivazione per non doverlo baciare.
 
“Non dirmi che sei ancora vergine!” rise Andrew.
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Va bene, non ti dirò che sono ancora vergine.”
 
 
 
 
 
 
Ogni giorno, quando varcava l’ingresso di Vogue.com, Kurt si sentiva come se stesse entrando nel suo santuario personale. Quello era il luogo in cui poteva essere sé stesso senza essere interrogato o criticato, dove nessuno metteva in discussione tutte le sue azioni, o interferiva con la sua vita sociale e le sue scelte.
 
Questo fino a quando le cose con Andrew non cominciarono a sfuggirgli di mano. Senza rendersene conto, aveva cominciato a mentire ai suoi colleghi. A Isabelle.
 
Una notte in particolare, Andrew lo aveva spinto contro il comò, e Kurt si era ferito il bacino così gravemente che il giorno dopo ancora zoppicava. Uno dei suoi colleghi lo aveva notato, chiedendo la causa del dolore, ma prima che Kurt avesse potuto rispondere, un’altra sua collega gli aveva fatto l’occhiolino e aveva detto: “Non lo sai che Kurt si è appena trasferito dal suo ragazzo?” e Kurt aveva sorriso.
 
“Scommetto  che non fanno altro per tutta la notte,” Kurt aveva sentito sussurrare. “Hai visto il suo ragazzo? È così sexy!”
 
A Kurt non importavano i pettegolezzi. Preferiva lasciar loro credere che stesse zoppicando per una notte selvaggia, che altro.
 
Era più facile non volere nulla, non aspettarsi nulla. Vivere tutto il giorno alla deriva, insensibile e indifferente.
 
Fino a che non aveva ricevuto il primo messaggio da Chandler Kiehl.
 
Ciao Kurt, mi stavo domandando se ce l’avessi fatta, a New York. Mi piacerebbe incontrarti e recuperare. Fammi sapere se hai voglia di una chiacchierata.
 
Leggendo quelle poche righe, Kurt si era reso conto di quanto gli mancasse avere un amico. Un amico con cui era facile uscire, che non avrebbe fatto troppe domande e con cui spendere qualche momento felice. Erano tutte cose che non poteva avere, con Rachel, perché lei lo avrebbe smascherato in un minuto, ma Chandler non lo vedeva da un po’, non avrebbe mai potuto capire quanto Kurt stesse mentendo.
 
“Chi è Chandler?”
 
Kurt alzò lo sguardo dall’ultima edizione di Vogue, sconcertato dalla domanda. Poi si accorse che Andrew stava tenendo in mano il suo telefono. Dopo un attimo di imbarazzo, si per la mente gli passò un vivido déjà vu.
 
“Perché stai controllando il mio telefono?” chiese Kurt, accigliandosi e mettendosi seduto dritto.
 
“Perché odio i traditori,” dichiarò con noncuranza, lanciando il telefono a Kurt, che lo afferrò con una mano.
 
“Non essere paranoico,” disse sbuffando. “Chandler è solo un mio amico di Lima, con cui avevo intenzione di prendere un caffè.”
 
“Non mi interessa chi sia,” aveva detto l’altro, assumendo un pericoloso tono di voce. “Non vedrai altri ragazzi.”
 
“Ti stai comportando in modo irragionevole,” aveva risposto Kurt, del tutto indifferente al comando dell’altro. “Chandler è solo un amico. Non lo vedo da secoli, e voglio recuperare.”
 
“Allora digli di venire al Babylon, dove posso tenerti d’occhio,” suggerì Andrew.
 
“Non lo faranno entrare. Non ha ancora ventun’anni.” Rispose Kurt senza nascondere la sua irritazione. “Inoltre, non credo proprio che sia il suo ambiente.”
 
“Gli faccio ottenere una carta,” offrì Andrew con una scrollata di spalle. “O lo vedi lì, con me presente, o niente.”
 
“Non ho mica firmato per questa gelosia di merda, Drew.” Borbottò Kurt. “Non mi piace che mi si dica cosa fare.”
 
“Puoi andartene, se non ti piacciono le mie regole.” Andrew fece spallucce, come se non gliene importasse nulla, e continuò a etichettare la sua collezione di CD masterizzati, seduto al tavolo da pranzo.
 
Kurt rimase in silenzio per un po’. Non voleva trasferirsi, ma non voleva nemmeno dargliela vinta.
 
“Il fatto che io viva a casa tua non ti da il diritto di dirmi con chi devo vedermi oppure no!” disse. “Fine della storia.”
 
In tre passi, Andrew era dall’altra parte della stanza, afferrando Kurt per il collo e il braccio e tirandolo giù dal divano con una forza inaspettata, prendendolo di sorpresa. Senza dire una parola, trascinò Kurt sul tappeto, impedendogli di rimettersi in piedi e, quando Kurt cercò di spingerlo via, l’uomo lo lanciò contro una scarpiera. Sentì il fiato abbandonargli il polmoni, quando la sua schiena si scontrò con il mobile, e un dolore acuto gli attraversò la spalle, facendolo trasalire. Non un suono, però, lasciò le sue labbra, mentre ancora cercava di riprendere fiato.
 
In silenzio, Andrew aprì la porta di ingresso, per poi tornare in dietro e chinarsi per prendere Kurt per il colletto della camicia, trascinandolo sul pavimento come un sacco di patate per tutto il corridoio, chiudendolo poi fuori e sbattendogli la porta alle spalle.
 
Disorientato dalle vertigini, e in stato si shock assoluto, per quello che era appena successo, Kurt rimase accovacciato sul pavimento. Dopo un minuto o due, fu di nuovo in grado di respirare, e si curvò per il dolore, una mano premuta contro la spalla, l’altro braccio avvolto attorno alla vita.
 
Non sapeva quanto tempo fosse passato; sembravano ore, ma probabilmente appena un paio di minuti, prima che riuscisse a rimettersi in piedi. Non importava niente, non voleva incontrare un vicino e ricevere domande, quindi, ignorando il dolore, si appoggiò allo stipite della porta, bussando insistentemente. “Drew! Fammi entrare! Drew, apri!”
 
Dovette chiamarlo diverse volte, inventando come scusa di essere rimasto chiuso fuori, quando i vicini lo guardavano incuriositi e, quando finalmente Andrew aprì la porta, aveva un sorriso compiaciuto, mentre faceva cenno a Kurt di entrare.
 
“Già tornato? Pensavo che saresti subito corso dalla tua amica ficcanaso, dicendole che razza di palo in culo io sia,” osservò con un sorrisetto. “Purtroppo, non letteralmente.”
 
Kurt gli passò davanti con grazia, nascondendo tutto il male che gli aveva fatto.
 
“Pensi di potermi impressionare giocando a fare il cattivo.” Gli aveva risposto con tono neutro. “Non ha fatto neanche male.”
 
Andrew si era mosso rapidamente, catturandogli il polso sinistro. “Ma questo fa male, vero?” aveva chiesto, mantenendo salda la presa.
 
Kurt fece una smorfia per il dolore, ma più che altro per la sorpresa.
 
Era stata la scintilla di malizioso piacere negli occhi dell’altro ad allarmarlo all’istante. Era diventato un gioco pericoloso, da giocare, specialmente considerando che Andrew avesse scoperto il piccolo segreto di Kurt riguardante il suo autolesionismo sul polso.
 
Senza abbassare la guarda, Kurt strattonò il braccio, liberandosi dalla sua presa, ma tenendo il mento in alto e continuando a guardarlo, anche mentre gli occhi si riempivano di lacrime non versate. Per un lunghissimo istante, i due si guardarono, poi Andrew sbuffò, voltandosi in direzione del televisore. “Saturday Night Live comincia tra poco.”
 
Kurt guardò l’uomo accasciarsi sul divano, gettando la copia di Vogue sul tavolino e afferrando il telecomando e, senza dire una parola, prese il telefono da dove era caduto, accanto al divano e andò in bagno, chiudendo la serratura e crollando sulle piastrelle. Si strinse le braccia al petto, appoggiando la testa contro la porta per un momento, cercando di raccogliere i pensieri.
 
Dopo pochi minuti, le sue mani smisero di tremare abbastanza perché lui potesse inviare un messaggio a Chandler.
 
Ti senti avventuroso? Incontriamoci al Babylon il prossimo venerdì sera. Ti faccio ottenere una carta d’identità.
 
Kurt era sicuro che Chandler non sarebbe arrivato al punto di accettare, pur di vederlo, ma sperava di sì. Il suo cuore fece una piccola capriola dalla gioia, quando lesse la risposta di Chandler, arrivata all’istante.
 
Ci sarò! :)
 
 
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Scusatemi davvero per il ritardo, ma, come potrete vedere, il capitolo è immensamente(?) lungo- sono ventidue pagine sul mio pc.. e ho i compiti delle vacanze da finire. Chiedo venia :(
Enjoy 


 



“Andrew, dobbiamo parlare.” disse Kurt a bassa voce, ma risolutamente,
 da dove si trovava appoggiato, contro la porta della cucina.
 
“Seriamente?” Andrew strinse gli occhi a due fessure, alzando lo sguardo su di lui dal suo sandwich. “Stai per cominciare la stronzata del ‘dobbiamo parlare’ con me?”
 
“Sono serio. Ho preso una decisione, Drew.” Kurt inalò profondamente, e aspettò che il più grande lo guardasse, prima di sganciare la bomba. “Me ne vado.”
 
Andrew continuò silenziosamente a prepararsi il suo panino, tagliando un pomodoro a fette, prima di chiedere con voce calma. “Ha a che fare con il tuo ex?”
 
“No,” rispose velocemente. “Non è per lui. Non è nemmeno per te, in realtà. Lo sto facendoo per me, Drew. Sono diventato qualcuno che non voglio essere. Ho pensato di voler essere così, ma no. Quindi, torno a stare con Rachel. Lei ha bisogno di me e io di lei. Ho bisogno dei miei amici attorno. Ho bisogno di ricominciare a prendermi cura di me stesso.”
 
“Tutto quello che sto sentendo è ‘me’ e ‘io’,” sbuffò Andrew. “Ma poi, sei sempre stato uno stronzo egoista, non è vero?”
 
“Me ne vado domani,” disse Kurt, ignorando l’accusa.
 
“Quindi si suppone che questo sia un addio? Questo è il tuo ringraziamento per tutto quello che ho fatto per te? Ti ho preso con me, quando ti sei sentito soffocare, nell’appartamento della tua amica, ti ho presentato i miei amici, ti ho dato un’opportunità per fare carriera.”
 
“E mi hai picchiato, Drew.”
 
“Sì, ti ho spinto un paio di volte. Andiamo, quello era niente! E non dimenticare che sei stato tu a chiederlo. Letteralmente.” Disse imprigionandolo con lo sguardo.
 
“Lo so che ti ho lasciato farmi del male, e questa è la parte peggiore!” replicò Kurt, scuotendo la testa. “Ma ho cominciato a pensare che Chandler abbia ragione. Tu mi devi un po’ di rispetto.”
 
“Rispetto?” Andrew rise senza allegria, girandosi a guardare Kurt, agitando il coltello in aria. “Intendi come tu rispetti me? Non è che mi piaccia, quando mi si da dell’idiota, o essere chiamato con tutti quei carini soprannomi che hai in serbo per me.”
 
“Lo so,” replicò Kurt velocemente. “E mi dispiace. Questa cosa deve finire. Come ho già detto, non voglio essere questa persona.”
 
“Sai cosa, carino?” Andrew si appoggiò al bancone, la voce tagliente quanto il coltello che stava puntando contro Kurt. “Tu sei quella persona, piccolo, che ti piaccia o no. Non ti ho trasformato io in quel pezzo di merda che sei. Ti hai semplicemente finto, in tutti questi anni, davanti ai tuoi amici, di essere una bella persona, ma non vedevi l’ora di essere libero e allontanarti da loro per essere finalmente quello che sei. E allora?! Sei uno stronzo crudele con la bocca tagliente, e ti piace essere trattato duramente. Non c’è niente di sbagliato, in questo.”
 
“Se pensi questo di me, è una prova sufficiente del fatto che non mi conosci per niente,” Replicò Kurt con voce tremante. “Non mi piacciono queste cose. Non mi piace niente di tutto questo. Ascolta, Drew, non è che ti stia accusando di niente. Ero in periodo orribile quando ti ho incontrato, e lo sai che mi stavo facendo del male. Ho bisogno di smettere. Voglio smettere. Rivoglio indietro la mia vecchia vita.”
 
Andrew annuì lentamente. “E non c’è posto per me, nella tua vita? È questo, quello che stai dicendo?”
 
Sembrava quasi ferito, il che prese Kurt di sorpresa. “Non pensavo che ti importasse poi molto.”
 
“Capisco. Ero abbastanza buono quando avevi bisogno di un posto dove nasconderti dalla tua noiosa vita; ero buono abbastanza per lasciarti guidare la mia auto e portarti alle feste- ma non ti lascerò prendermi in giro. Tu rimani qui.”
 
Kurt alzò gli occhi al cielo, sbuffando. “E cosa vuoi fare, rinchiudermi? Se comincio a non andare a lavoro, Isabelle chiederà di me. E così anche i miei amici. Rachel conosce il tuo indirizzo, e-”
 
“No, non ho intenzione di rinchiuderti, Kurtsy,” rispose con voce dolce, il che mise Kurt in allerta. Andrew si avvicinò a lui, guardandolo negli occhi e assumendo un’espressione crudele, il coltello ancora stretto in mano.
 
“Ma che ne diresti che ti colpissi in faccia? Andresti a lavoro con un livido, o preferiresti chiamare e avvisare di essere malato? Lasceresti che Rachel ti veda in quelle condizioni e che si preoccupi per te anche di più? Non credo. Penso che rimarresti proprio qui, tra queste mura, a nascondere la tua vergogna.”
 
“Mi stai minacciando?” Kurt rise e incrociò le braccia, cercando di mantenersi saldo, ma indietreggiando lentamente. “Vuoi davvero un ragazzo che rimane con te solo perché minacciato?”
 
“Oh, lo so che non mi ami. Non mi interessa. L’amore è solo una leggenda in ogni caso. Voglio che tu rimanga,” disse Andrew, seguendolo in soggiorno.
 
“A che scopo?!” Kurt scosse la testa risentito.
 
“A che scopo?” ripeté Andrew incredulo, scuotendo la testa. “Mi stai seriamente chiedendo perché voglio che tu rimanga?”
 
“Sì,” disse Kurt, mentre continuava ad allontanarsi lentamente, mai dando la schiena all’altro. Non era sicuro che Andrew fosse conscio di stare ancora stringendo il coltello, o se intendesse usarlo, a un certo punto. “Non pensavo che ti importasse, se fossi rimasto oppure no. Mi ricordo di essere stato trascinato per tutta casa e buttato fuori come se fossi un sacco di spazzatura.”
 
“Questo perché sapevo che non te ne saresti andato. Ero ancora importante per te, allora. Ero l’unico a cui potessi rivolgerti,” ammise Andrew, suonando all’improvviso vulnerabile e, per un secondo, Kurt si sentì in pena per lui, da dovunque quel sentimento venisse fuori. “Non so cosa è cambiato, ma, che tu ci creda oppure no, mi importa di te, piccolo, cazzo!”
 
“Davvero?” chiese Kurt freddamente. “Allora che ne diresti di lasciare da parte il coltello con cui mi stai seguendo?”
 
Andrew abbassò lo sguardo sulla sua mano, come se avesse appena realizzato di starlo ancora tenendo in mano. “Cosa? Pensavi che volessi usarlo contro di te?!” domandò rabbioso, gettando via l’oggetto in questione, che finì da qualche parte dietro il tavolino da caffè. “Chi cazzo pensi che io sia?!”
 
“Pensavo che avessimo detto di smetterla di fare così,” disse Kurt, cercando di calmarlo con un sorriso, non lasciandogli vedere il sollievo che aveva provato, una volta che il coltello era stato gettato via. “Questo include l’imprecare. Dovremmo controllare le nostre bocche e smetterla di ‘cazzo’ di qua e ‘cazzo’ di là.”
 
“Quindi il Principe Kurtsy ha deciso di fare tutto quanto l’innocente, per una volta?” Andrew ghignò. “Va bene, lavoreremo sulle nostre maniere, se è quello che vuoi. Se dici di voler essere una persona diversa da quella che è di fronte a me, allora voglio vedere l’altro te. Voglio vedere la versione non stronza di Kurt Hummel.”
 
“Non saresti interessato a lui,” dichiarò Kurt, appoggiandosi allo schienale del divano. “Sarebbe troppo noioso per te. Lui non andrebbe in posti come il Babylon, né berrebbe alcool. Non riderebbe nemmeno alle tue battute sconce, o si truccherebbe per piacerti. Lui è un ragazzo di una piccola cittadina, e lo sarà sempre. Con sogni troppo grandi perché diventino realtà.”
 
“Uh.” Andrew cominciò a misurare la stanza a grandi passi, come faceva sempre quando era arrabbiato o stava perdendo il controllo. “Il fatto è- mi piace davvero tanto la tua bocca larga e la tua stronzaggine, e non voglio vederti cambiare. Non mi interessa nemmeno se non vuoi fare sesso con me, il che è solitamente un bel problema. Vedi, questo è quanto mi piaci, perciò non vedo dove sia il problema. Sto rispettando i tuoi confini.”
 
Andrew si fermò di fronte a lui, guardandolo dritto negli occhi e aspettando una risposta.
 
Kurt rimase in silenzio per un momento, contemplando le parole dell’altro e cercando una risposta. Ma fu solo quando Andrew ebbe gentilmente alzato una mano per toccare il suo volto, e Kurt  si fu ritratto istintivamente, che ebbe una risposta. Si allontanò da lui.
 
“Sto espandendo i miei confini.” Disse Kurt. “Non posso più lasciarmi picchiare da te.”
 
“Va bene,” Andrew rimase in piedi, le braccia aperte in segno di resa. “Non ti farò più del male; non alzerò nemmeno un dito contro di te. Okay?”
 
“E che mi dici della tua mancanza di autocontrollo?” Gli ricordò Kurt. “Lo hai detto tu stesso che non riesci a controllarti, quando ti arrabbi.”
 
“Allora non farmi arrabbiare,” disse Andrew, come se fosse la cosa più semplice del mondo. “Quindi rimani? Andiamo, non puoi semplicemente andartene. Cosa farei io senza di te qui?”
 
La domanda sorprese Kurt. Non aveva mai avuto l’impressione che Andrew avesse bisogno di lui. Non poteva credere che Andrew lo volesse, e che desiderasse che lui rimasse con lui per nessun’altra ragione se non per la sua compagnia.
 
Per un breve momento, Kurt si domandò se Andrew avesse davvero qualcuno, nella sua vita. Certo, aveva un gruppo di amici al Babylon e un sacco di colleghi, ma, fin da quando Kurt lo aveva incontrato, non aveva mai saputo nulla di nessun membro della sua famiglia, o di un migliore amico che controllasse se lui stesse bene. Nessuno lo chiamava mai, o gli chiedeva di uscire; il campanello di casa non suonava mai. Andrew era bravo a fingere, ma Kurt cominciò a domandarsi se la verità non fosse che l’altro era solo. E quello era qualcosa che Kurt poteva capire bene.
 
“Piccolo?” disse Andrew, porgendogli la mano.
 
Kurt aprì la sua bocca per parlare, insicuro di cosa stesse per dire, ma sapendo già che non avrebbe preso quella mano. Quella mano che lo aveva colpito, e spinto, e ferito.
 
“Andrew-” cominciò Kurt, scuotendo la testa.
 
Il campanello suonò, ed entrambi alzarono lo sguardo, confusi.
 
“Stati aspettando qualcuno?” chiese Kurt.
 
“No. Tu? È la tua fastidiosa fidanzatina?” Sbottò Andrew.
 
“Non lo so,” disse Kurt onestamente. “Potrebbe. Non le ho detto io di venire, ma è leggermente insistente.”
 
Kurt andò ad aprire, ma Andrew lo fermò. “Vado io.”
 
Non era Rachel. Era peggio.
 
“Guarda un po’ chi abbiamo qui.” Le spalle e la figura di Andrew coprivano completamente la figura alla porta, non permettendo a Kurt di capire chi fosse, ma quando udì la voce dell’ospite, seppe che i problemi erano in agguato.
 
“Beh, dovresti saperlo che serve molto di più di un pugno fortunato, per mettermi al tappeto.” Blaine era in piedi sulla porta, un sorriso impertinente sul volto e  un pacco da sei di birre in mano.
 
“Mai sottovalutare i piccoletti, dicono, giusto?” replicò Andrew giocosamente.
 
“Che ci fai qui?” chiese Kurt, mentre si univa a loro nell’ingresso, gli occhi spalancato per l’orrore. Blaine colse lo sguardo di ammonimento negli occhi di Kurt immediatamente.
 
“Ho pensato di passare per chiedere scusa,” disse Blaine con noncuranza. “Accetti un paio di birre, Andrew?”
 
“Entra.” Disse l’altro, tenendo la porta aperta. “Non posso dire di no.”
 
Lo liberò del peso delle bottiglie e lo condusse nel soggiorno. “Sono fredde,” osservò Andrew con un sopracciglio sollevato in apprezzamento. “Appena tolte dal frigo, immagino.”
 
“Certo,” rispose Blaine, come se prendere birra fredda fosse quello che faceva ogni sabato sera.
 
“Come ti sei procurato la birra?” domandò Kurt, indifferente e con aria di rimprovero allo stesso tempo.
 
“Ho scoperto a che serve avere una carta d’identità falsa,” replicò Blaine.
 
Andrew gli diede uno sguardo d’approvazione. “Bravo ragazzo.”
 
“Grazie per essere passato,” disse Kurt, spingendo Blaine verso la porta.
 
“Andiamo, piccolo,” disse Andrew. “Lascialo rimanere. Ci ha portato la birra, prendine una.”
 
Blaine accettò una bottiglia che Andrew aveva appena aperto, mentre il più grande ne offriva una anche a Kurt, che scosse la testa disgustato.
 
Andrew e Blaine fecero scontrare i colli delle bottiglie, brindando, e poi presero ognuno un sorso.
 
“Bel posto,” disse Blaine con nonchalance.
 
“Grazie,” gli sorrise Andrew. “Gli ultimi cambiamenti sono ad opera di Kurt.” Indicò con la testa il vetro rotto della teca. “Ma a me piace avere un gatto che non si trattiene dal rompere oggetti. Mantiene basso il livello di polvere.”
 
Kurt notò il modo in cui Blaine lo stava guardando, controllando la sua reazione. Kurt tenne la testa alta e la bocca chiusa. Non avrebbe mostrato alcun segno di debolezza. Non di fronte ad Andrew. E assolutamente non di fronte a Blaine. Se Blaine era venuto per giocare, Kurt si rifiutava di prendere parte al gioco.
 
Ma le risoluzioni di Kurt si dissolsero, mentre guardava Blaine squadrare il posto, controllando con nonchalance i mobili e le decorazioni. I suoi occhi trovarono la statua di bronzo a forma di pene, che era tornata sulla mensola. Kurt si sentiva in imbarazzo per la sua mera esistenza. Cominciò a guardarsi intorno, cercando di guardare attraverso gli occhi di un estraneo- attraverso gli occhi di Blaine.
 
Per la prima volta, Kurt diventò consapevole delle due cornici rotte che erano rimaste in un angolo per terra, rotte in pezzi contro il muro e poi cadute, della lampada poggiata a terra di sbieco, rovesciata un po’ troppo spesso, delle ammaccature della porta del bagno, provocate da calci e pugni, della crepa nello specchio. Nella sua testa, Kurt passò in rassegna il bagno, asciugamani sporchi di sangue a causa di quella volte che si era tagliato con il vetro rotto, il cestino riempito fino all’orlo di bende di garza usate e flaconi vuoti, per non parlare di tutti i vari antidolorifici in bella mostra sullo scaffale.
 
Kurt osservò tutto con gli occhi di uno sconosciuto, e si sentì strozzato dalla visione. Quando era diventato quella persona distrutta?
 
“Sono venuto per chiederti scusa, per la scorsa notte,” disse Blaine ad Andrew con nonchalance. “Ero solo geloso, visto che Kurt è con un tale bel ragazzo e in una grande città, ora.”
 
“Comprensibile,” rispose Andrew, prendendo un altro sorso di birra. “Soprattutto se si considera da dove vieni. Suppongo che non ci siano molte buone compagnie in quella tua città di campagna. Avresti dovuto vedere Kurtsy la prima volta che è venuto a farsi un giro al Babylon. Stava praticamente sbavando.
 
“Non è vero,” replicò Kurt con un ghigno, ma fu ignorato da entrambi.
 
“Allora, Andrew, sembri ben allenato,” disse Blaine, mentre Andrew si avvicinava al tavolo. “Le tue braccia sono tipo- wow!”
 
Kurt girò bruscamente la testa per guardare Blaine, gli occhi che dicevano chiaramente “Ma che cazzo!?”
 
Andrew si lasciò sfuggire una risatina, e fletté il braccio per mostrare i muscoli. “Cerco di allenarmi almeno tre volte alla settimana. E tu? Vedo che nemmeno i tuoi bicipiti scherzano.”
 
“Tiravo di boxe, un paio di anni fa,” rispose Blaine. “Ecco perché non ti ho restituito il pugno, la scorsa notte.” Si strinse nelle spalle in modo condiscendente. Come semiprofessionista, sarei capace di ferirti seriamente, quindi devo stare attento a mantenere la calma.”
 
“Tu? Un pugile? Nella categoria peso piuma?” rise Andrew.
 
“Potrò anche essere basso, ma sono feroce.” Disse Blaine. “Non mi sottovalutare.”
 
“Braccio di ferro?” lo sfidò Andrew, indicando il tavolo.
 
“Certo,” rispose Blaine, accomodandosi davanti all’altro.
 
Andrew appoggiò il gomito sul tavolo, sfidando Blaine con un sorriso, e questi seguì il suo esempio, afferrando la mano dell’uomo che aveva di fronte.
 
“Bella presa,” si complimentò Andrew. “Kurt, vuoi fare gli onori?”
 
“I bambini possono giocare quanto vogliono, ma senza di me,” sbuffò Kurt.
 
“Va bene,” disse Andrew, sorridendo compiaciuto. “Uno, due, tre.”
 
Nel momento in cui entrambi fletterono i muscoli, tutto sembrò sospendersi per la tensione, fatta eccezione per qualche occasionale sbuffo o presa di fiato che rompeva il silenzio.
 
Kurt rimase colpito dalla resistenza di Blaine. Andrew era forte, non c’era dubbio, ma Kurt non sapeva che Blaine era davvero una sfida per lui. Non poteva fare a meno di lasciar vagare lo sguardo sul bicipite in flessione di Blaine.
 
Lo sguardo di entrambi gli sfidanti non esitò nemmeno una volta. Continuavano a guardarsi l’un l’altro, senza mostrare all’altro alcun segno di debolezza.
 
Presto, però, lo sforzo fu visibile su entrambi i volti tesi, ma in particolare su quello di Blaine, dove cominciavano a formarsi gocce di sudore. Il respiro era corto, e stava stringendo i denti per mantenere la posizione, anche se il braccio aveva già cominciato ad inclinarsi, e non ci volle molto tempo, prima che Andrew cominciasse a forzarlo verso il basso.
 
“C’è qualcosa che volete dimostrare, con questo?” chiese Kurt, suonando piuttosto esasperato, mentre stava in piedi accanto al tavolo con le braccia conserte.
 
“No, è solo per divertimento,” disse Andrew e, sorriendo, sbatté la mano di Blaine sulla superficie del tavolo. “Wo-ho!”
 
Blaine rise amichevolmente, facendo un cenno di apprezzamento, per la vittoria dell’altro, e scosse il braccio. “Bella partita,” disse. “Scommetto che i bulli della tua scuola hanno avuto momenti difficili.”
 
Andrew rise e prese un sorso dalla sua birra. “Mi lascio affrontare solo da ragazzi che mi piacciono,” disse facendogli l’occhiolino- e a Kurt non sfuggì il modo in cui Blaine ridacchiò, recitando la parte dello scolaretto schivo della quale Sebastian si era invaghito.
 
Kurt lo guardò con sospetto. Stava flirtando con Andrew? Non poteva essere vero. Che cos’era quella storia?! Era quasi impossibile, per Kurt, guardare la scena e rimanere calmo e composto.
 
“Piccolo, fai il bravo e portaci qualche snack, vuoi?” disse Andrew senza nemmeno guardarlo.
 
“Chi sono io, tua moglie?!” ringhiò Kurt, incrociando le braccia strettamente al petto e non muovendosi di un centimetro.
 
“Ti comporti certamente come qualcuno che improvvisa emicranie proprio prima di dormire,” replicò Andrew.
 
“Non ho intenzione di andarvi a prendere da mangiare, cosicché voi possiate fare gli amiconi nel frattempo!”
 
“Perché devi sempre fare lo stronzo per ogni cosa?” sospirò Andrew irritato. “Sto cercando di essere gentile con il tuo amico. Non è questo che volevi?” vedendo che Kurt non accennava a rispondere, Andrew si alzò in piedi. “Bene, farò io l’ospite, stasera.”
 
Mentre Andrew si allontanava verso la dispensa, Kurt si piegò verso Blaine. “Non so che stai combinando, con questo tuo stupido gioco,” mormorò con rabbia, “ma se non te ne vai all’istante con le buone, ti butto fuori a calci con le cattive. Ti avevo detto che mi sarei occupato di lui da solo.”
 
“Ehi, voglio solo conoscere meglio il tuo fidanzato,” spiegò Blaine a bassa voce, come se fosse ovvio.
 
“Blaine,” sussurrò Kurt in tono severo. “Non ho intenzione di tornare con te, una volta rotto con lui.”
 
“Lo so,” rispose Blaine. “Ho superato da un bel po’ il pensiero che le cose possano tornare le stesse di una volta, tra di noi.”
 
Il modo in cui lo aveva detto- in tutta serietà e con una nota di tristezza- fece sentire Kurt male, troppo. Un’improvvisa ondata di tristezza lo avvolse e, per quanto volesse mantenere le distanze da Blaine, ora che era lui a fare un passo indietro, Kurt voleva soltanto tuffarsi tra le sue braccia e ascoltare le sue dichiarazioni di amore eterno.
 
“Bene,” rispose con calma. “E’ importante, per me, che tu lo capisca.”
 
“Lo capisco,” disse Blaine, ancora una volta con questa determinata certezza nella voce che fece rabbrividire dentro Kurt, anche se era quello che voleva. Quante volte poteva spezzarsi, il suo cuore?
 
“Amici?” Blaine tese la mano a Kurt, il palmo verso l’alto.
 
“Amici,” confermò Kurt con un sorriso stirato, e prese la sua mano. Era bello anche solo quel tipo di contatto, con lui, e Kurt non poté fare a meno di stringere la sua mano più forte di quanto avesse voluto. Era liberatorio, avere qualcuno a cui aggrapparsi, e Kurt sapeva di aver bisogno di circondarsi nuovamente di amici veri.
 
“Mi dispiace interrompere questo momento di tenerezza,” disse Andrew, tornando e gettando un pacco di patatine sul tavolo.
 
Kurt ritirò lentamente la mano.
 
“Saresti così gentile da dirmi per cosa è davvero tutto questo, piccolo?” fu la volta di Andrew di incrociare le braccia. “Il tuo grande parlare del tuo bisogno di tornare te stesso, e del fatto che non abbia nulla a che vedere con lui? Sei un fottutissimo bugiardo, piccolo.”
 
“Smettila di parlare in quel modo!” disse Andrew, gli occhi ridotti a due fessure.
 
“Ah, dimenticavo! Tu sei il grande eroe di questa storia!” urlò Andrew in tono sarcastico.
 
“Non lo è,” replicò Kurt. “E’ un idiota, per essere venuto qui.”
 
“Concordo,” disse Andrew. “Grazie per la birra, leoncino, ma è meglio che te ne vada.”
 
“Non ho intenzione di andarmene, prima di aver ottenuto quello per cui sono venuto.” Disse Blaine, fingendo ancora di non avere paura. Kurt lo guardò e cercò di avvertirlo con lo sguardo, anche se già sapeva che sarebbe stato inutile. Blaine aveva una sola cosa in mente, qualunque cosa fosse.
 
“E cosa sarebbe?” chiese Andrew, più divertito che allarmato.
 
“Vendetta.” Dichiarò Blaine, appoggiandosi allo schienale della sedia, incrociando le braccia e inclinando la testa. Mi hai buttato in terra, la scorsa notte. Voglio una battaglia equa, adesso.”
 
“Smettila con le stronzate, Blaine!” disse Kurt, la rabbia e l’ansia che crescevano. Non voleva che la situazione degenerasse. Odiava perdere il controllo.
 
“No. Mi piacerebbe sapere se i tuoi pugni sono davvero così allettanti, Andrew.” Disse Blaine, continuando la recita e provocandolo. “Voglio dire, evidentemente Kurt li desidera.”
 
Ora Kurt spalancò gli occhi, sgomento, e sollevò una mano in avvertimento. “Faresti meglio a stare attento a quello che dici, Anderson! Tu non vuoi passare quella linea.”
 
“Sei bravo con le parole, piccolo uomo,” disse Andrew, avvicinandosi a Kurt e passando la mano con noncuranza sulla schiena di Kurt. “Ma non credo che tu abbia le palle per passare ai fatti.”
 
“Questo è da vedere,” replicò Blaine, alzandosi e facendo cadere a terra la sedia.
 
In un istante, Kurt era in piedi, le mani tese per tenere entrambi a bada. “Smettetela di comportarvi come degli uomini di Neanderthal, tutti e due!”
 
“Tu stanne fuori, piccolo.” Disse Andrew con un sorriso. “Il ragazzo vuole un po’ d’azione.”  Andrew e Blaine si stavano squadrando a vicenda.
 
“Non vi lascerò spaccarvi la testa a vicenda!” Kurt era arrivato a urlare, mentre spingeva via Andrew e si girava verso Blaine, gli occhi che ardevano. “Tu! Fuori!”
 
Blaine spostò lo sguardo su Kurt, mentre chiudeva lentamente i pugni. Kurt conosceva il suo ex abbastanza bene da sapere che la sua confidenza si stava sgretolando. Non era preparato a reggere a pieno le conseguenze di quello che stava provocando.  
 
E Kurt non voleva esporre Blaine a qualsiasi violenza. Sapeva quanto profondamente sfregiato Blaine era uscito dall’attacco subito durante quel famigerato ballo della scuola. Blaine disprezzava la violenza; non avrebbe mai capito perché Kurt si sentiva attratto dal dolore che Andrew gli stava causando. Ad ogni costo, Kurt voleva risparmiare a Blaine di essere testimone o di subire ancora violenza.
 
“Blaine, vattene! Adesso!”
 
La fermezza nella sua voce non lasciava spazio a discussioni. Blaine sapeva che fosse inutile insistere per far sì che Kurt venisse con lui.
 
Lentamente, si diresse verso la porta.
 
“Non è dolce? Ha paura che io possa farti del male.” Lo derise Andrew, poi improvvisamente alzò il pugno e si mosse come per attaccare, ma rise di nuovo, quando vide Blaine sussultare.
 
“Zitto, Drew!” ringhiò Kurt.
 
In una frazione di secondo, Andrew scattò e colpì Kurt in pieno petto. Kurt inciampò all’indietro, e Andrew lo afferrò per le spalle, gettandolo poi contro il muro con una confidenza che rendeva chiaro che non fosse la prima volta che lo faceva.
 
Kurt si irrigidì immediatamente, chiudendo gli occhi per l’impatto della sua testa contro il muro, e afferrò le braccia di Andrew, nel tentativo di tenersi in piedi.
 
“Tu, piccolo pezzo di merda!” gridò Andrew, il viso a un centimetro di distanza da quello di Kurt. “Non ti lascerò parlarmi così di fronte a lui!”
 
“Smettila!” urlò Blaine con voce sorprendentemente ferma, anche se le ginocchia gli tremavano. Era terrorizzato da tale cruda violenza. Non erano giocosi spintoni, questo era quello che aveva causato contusioni, ossa rotte e un sacco di lividi. “Lascialo andare!” urlò di nuovo, e questa volta la sua paura era udibile.
 
Andrew si voltò verso Blaine. “Oppure?” ridacchiò, sentendosi senza dubbio superiore. Spinse nuovamente Kurt contro il muro, e quella fu l’ultima goccia.
 
Blaine si lanciò contro l’uomo e lo tirò via da Kurt. Fu capace di farlo inciampare, e lo spinse a terra. Andrew era fu tanto sorpreso dall’attacco da immobilizzarsi per un paio di secondi, abbastanza per Blaine per assestare qualche colpo. Non faceva boxe per niente. Sapeva dove colpire in modo da causare dolore.
 
Blaine sentì Kurt urlare, dietro di loro, ma continuò a colpire. Tuttavia, il suo vantaggio non durò a lungo: presto la situazione si capovolse, e Blaine si trovò sulla schiena, il braccio di Andrew premuto sulla sua gola.
 
“Vaffanculo, nano!” sibilò Andrew, e spinse il braccio ancora un po’ più a fondo. Blaine tossì, in cerca d’aria, e tentò di spingerlo via. Andrew non poteva avere seriamente intenzione di ucciderlo, no?  Il cervello di Blaine si aggrappò alla possibilità che  Andrew non potesse ucciderlo sul serio, mentre i suoi polmoni combattevano e gli dicevano il contrario.
 
Ma poi Kurt fu addosso a loro, avvolgendo le braccia attorno al collo di Andrew e tirandolo via da lui. Caddero insieme sul pavimento, Kurt ancora aggrappato all’altro.
 
“Scappa!” urlò Kurt, ma Blaine era ancora troppo stordito e scioccato per fare qualsiasi cosa tranne che inspirare avidamente e testare la sua capacità polmonare. Cercò di avvicinarsi a Kurt, ma era solo in grado di strisciare sui gomiti e guardare impotente i due che lottavano sul pavimento.
 
Senza apparente sforzo, Andrew si liberò dalla stretta dell’altro e si voltò. Kurt si alzò a sua volta, sul punto di parlare, quando il pugno di Andrew lo colpì dritto in faccia. Kurt cadde sulla schiena, le braccia a coprirsi il volto e un gemito di orrore che sfuggiva dalle sue labbra.
 
Andrew stava per colpirlo di nuovo, ma Blaine gli saltò addosso, facendo ricadere entrambi per terra. Andrew spinse Blaine contro il tavolino da caffè, scrollandoselo di dosso. Il riccio si prese qualche secondo per respirare e ingoiare il dolore che si irradiava per la sua spalla, giù fino alla schiena.
 
“Ehi, leoncino.” Ringhiò Andrew, attirando la sua attenzione. C’era un coltello nella sua mano, e Blaine non sapeva da dove venisse, ma si congelò all’istante, troppo sconvolto per reagire.
 
Ancora in ginocchio. Andrew si spostò più vicino, indicando il coltello.
 
“Metti via il coltello!” urlò Kurt, strisciando verso di loro. “Andrew, per favore, tu non vuoi davvero ferire nessuno.”
 
“Divertente,” disse Andrew, lo sguardo che si spostava su Kurt. “Perché sembra che tutti pensino il contrario.”
 
Kurt tese la mano per prendere il coltello. “So che non lo fai, Drew,” disse piano. “Tu ed io siamo rimasti troppo coinvolti in questa storia; ci siamo fatti questo a vicenda, ma non dobbiamo coinvolgere nessun altro.”
 
“Eppure eccolo qui,” Andrew indicò Blaine con una risata amara, stringendo il coltello.
 
Blaine non mosse un dito; tutto quello che poteva fare era guardare il coltello puntato contro di lui.
 
“Me o lui, piccolo.” Disse Andrew a denti stretti. “E faresti meglio a scegliere con saggezza.”
 
“No.” Kurt scosse la testa. Stanco della situazione. “Né lui né te. Questo è per me. Non posso più rimanere qui, Drew. Devi lasciarmi andare.”
 
Si fissarono a vicenda per un momento, Kurt con occhi imploranti e Andrew con il volto contratto in una maschera di pietra. Fino a che la sua determinazione non crollò. Gettò il coltello, il quale scivolò sul pavimento, fermandosi sotto il divano.
 
“Non comportarti come se fossi un tesoro raro,” sputò Andrew, disgustato. “Ce ne sono tonnellate, di quelli come te, puttana.”
 
Andrew si alzò e si pulì i pantaloni. “Abbiamo chiuso, Kurt. Non voglio più vedere il tuo culo da traditore di nuovo!”
 
Si guardò intorno, come se non sapesse come procedere, poi scomparve nel bagno.
 
Kurt si diresse verso Blaine, che ora sedeva a gambe incrociate sul tappeto, fissandosi cupamente le mani.
 
“Blaine?” disse Kurt dolcemente. “Andiamo.”
 
“Sto sanguinando,” disse Blaine, guardando il sangue sporcargli la mano, dopo essersi toccato il volto.
 
“E’ solo un labbro rotto,” rispose gentilmente. “Starai bene. Lascia che ti aiuti ad alzarti.”
 
Blaine ingoiò un gemito e si alzò in piedi. Il fianco gli faceva malissimo, e non riusciva a girare la testa senza che un forte dolore si propagasse per la spina dorsale.   
 
Kurt si guardò un attimo intorno, poi si diresse verso la porta, mettendosi a tracolla la propria borsa e afferrando le chiavi della macchina di Andrew dallo scaffale.
 
Blaine lo seguì lungo il corridoio, verso l’ascensore che portava al garage sotterraneo.
 
“Andrew non si arrabbierà, quando scoprirà che abbiamo preso la sua auto?” chiese Blaine, guardandosi alle spalle, come se avesse paura che l’uomo potesse spuntargli alle spalle all’improvviso.
 
Kurt lo guardò esasperato. “Questo è quello che ti preoccupa?”
 
“Io non voglio-”
 
“Causare problemi?” lo interruppe Kurt, finendo la frase per lui. L’espressione colpevole sul viso di Blaine era abbastanza per capire di aver ragione.
 
“Allora hai bussato alla porta sbagliata, stasera.” Grugnì Kurt. “A che cosa pensati? Ho detto a te e a Rachel che avrei lasciato Andrew. Per cosa sei venuto? Per assicurarti che mantenessi la mia parola? Notizia dell’ultima ora, Blaine: non ho bisogno che tu combatta le mie battaglie!”
 
Salirono in macchina e Kurt accese il motore. Ancora arrabbiato, uscì dal parcheggio e si immise nel traffico.
 
“So che non hai bisogno del mio aiuto,” disse Blaine, cercando di trovare una posizione che non gli arrecasse dolore. “Ho solo pensato che potesse essere necessario un po’ di sostegno, o qualcosa del genere. Non mi fido di Andrew, e chissà come avrebbe reagito, quando gli avresti detto che volevi andartene.”
 
“Beh, hai ottenuto quello che volevi,” mormorò Kurt. “Andrew pensa che io sia un traditore e mi ha buttato fuori. Congratulazioni.”
 
“Volevo solo che tu fossi al sicuro!” rispose Blaine, sibilando, quando, nel tentativo di spostarsi, mosse male il fianco.
 
“Quindi la tua idea di sicurezza è andare nella tana del lupo provocando la bestia?” Kurt scosse la testa, guardandolo poi di sottecchi.
 
Blaine rimase in silenzio, guardando fuori dal finestrino.
 
“Ti sei fatto male, Blaine?” chiese Kurt sospirando. “Hai bisogno di vedere un medico?”
 
“No, sto bene,” disse Blaine, puntando i suoi tristi occhi nocciola su Kurt. “E tu? Ti ha colpito parecchio duramente.”
 
Kurt si guardò nello specchietto retrovisore e rabbrividì. Una macchia viola scuro si stava formando sul suo occhio sinistro. Era la  prima volta che Andrew lo colpiva in faccia, lasciando un segno che fosse visibile a tutti.
 
“Beh, mi conosci.” Ribatté sarcastico. “Volevo che mi facesse male. Più è, meglio è.”
 
“Non volevo dire che-” iniziò Blaine.
 
“Risparmiatela!” lo interruppe Kurt.
 
“Per favore, lascia che ti spieghi-” Blaine provò di nuovo.
 
“Non voglio ascoltarti.” Scattò Kurt, e Blaine si arrese, appoggiando la fronte contro il vetro freddo, cercando di non piangere. Fino a che non avesse pianto Kurt, non lo avrebbe fatto nemmeno lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Blaine?” chiamò Rachel assonnata, quando i due furono nell’appartamento. “Sei tu? Dove sei stato?”
 
“Sì, sono io,” rispose Blaine a bassa voce. “Kurt è con me.”
 
“Kurt? State bene, ragazzi?”
 
“Sì.” Sussurrò Kurt, attraversando la stanza. “Torna a dormire, Rachel. Ne parliamo domani.”
 
Blaine seguì Kurt nel piccolo bagno, dove si chiusero, accendendo la luce.
 
“Siediti,” lo istruì Kurt a bassa voce. Blaine era sollevato dal fatto che Kurt non sembrasse più arrabbiato con lui. obbediente, si sedette sul sedile del water e guardò Kurt frugare nel kit di pronto soccorso sotto il lavandino.
 
Kurt si piegò verso di lui, iniziando a disinfettare il labbro sanguinante di Blaine con un po’ di cotone. Blaine cercò di non gemere dal dolore, quando l’alcool arrivò sulla ferita aperta, e si concentrò sugli occhi di Kurt, che a sua volta fissava la sua bocca.
 
Blaine sapeva che aver incasinato tutto; le cose non erano andate secondo i piano- non che Blaine avesse un vero e proprio piano da seguire.. ma Kurt era lì con lui, e non avrebbe passato un’altra notte in quell’appartamento, quindi ne era valsa la pena. Si era preparato a prendersi un altro pugno, ma non aveva mai voluto che Kurt finisse coinvolto. Alla fine, per quanto riguardava Blaine, Kurt sarebbe sempre stato coinvolto.
 
“Ha smesso di sanguinare,” disse Kurt, mentre ancora tamponava delicatamente il suo labbro inferiore.
 
Lentamente, Blaine allungò la mano per toccare la pelle gonfia sotto l’occhio di Kurt, che si ritrasse.
 
“Dovresti metterci del ghiaccio, su quello.” Disse Blaine.
 
“Non ce n’è.” Rispose Kurt, prendendo invece un panno dallo scaffale e pressandoselo sull’occhio, dopo averlo bagnato.
 
“Ti ha conciato piuttosto male,” osservò Kurt con un sospiro. “Ti faranno un sacco di domande, quando andrai a lezione, lunedì.”
 
Blaine scrollò le spalle- e grugnì dal dolore. Sembrava che la sua spalla fosse sul punto di cadere, e il suo fianco ancora bruciava, per tutti i pugni ricevuti.
 
“Togliti la camicia,” disse Kurt improvvisamente, e Blaine alzò lo sguardo, perplesso.
 
“Fammi vedere dove ti ha colpito,” spiegò Kurt, lasciando cadere il panno bagnato nel lavandino. Si avvicinò all’altro e lo aiutò a togliersi la camicia.
 
Blaine alzò le braccia, non potendosi evitare una smorfia, e Kurt gli sfilò piano l’indumento dalla testa. Poi mosse il suo braccio in circolo. Assicurandosi che la spalla fosse solo contusa, ma non slogata, passando dunque ad esaminargli il fianco, toccandogli le costole e lasciando vagare le mani su e giù per il petto.
 
Blaine quasi non respirava. Invece di rilassarsi, si era completamente irrigidito, sotto lo sguardo scrutatore di Kurt, il cuore che batteva all’impazzata per nessun motivo apparente che non fossero le mani di Kurt sulla sua pelle.
 
“Non sembra esserci niente di rotto,” concluse Kurt, il respiro caldo sul suo petto nudo, facendo rabbrividire Blaine e dimenticare del tutto il suo fianco dolorante.
 
“Questi ti daranno un po’ di fastidio, ma starai bene.” Kurt si alzò di nuovo. “Ho delle creme, ma non qui. Domani, quando vado a prendermi la mia roba da Andrew-”
 
“Vuoi seriamente tornare in quel posto?!” chiese Blaine, sgomento.
 
“Non credo che sarebbe così gentile da portarmi la mia roba qui, anche se glielo chiedessi,” rispose Kurt, cercando di alzare il sopracciglio con aria di sufficienza, ma si ritrovò a grugnire per il dolore che il movimento aveva causato al suo occhio contuso. Recuperò il panno e lo bagnò nuovamente sotto l’acqua fredda, prima di riappoggiarlo sull’occhio.
 
“Ok, allora ci vado io.” Si offrì Blaine.
 
Kurt si lasciò sfuggire una risata senza allegria. “Non credo proprio, a meno che tu non voglia finire in ospedale, tesoro.”
 
Blaine sospiro. Lo feriva di più sentire Kurt parlargli in modo fintamente affettuoso e condiscendente, che l’essere preso a pugni da Andrew.
 
“Volevo mostrarti come ci si sente a sapere che qualcuno di cui ti importa sta per essere ferito e tu non puoi farci niente. Non potevi sopportare di stare a guardare Andrew che mi picchiava, vero? Allora perché non capisci che Rachel, Chandler ed io non vogliamo che tu venga ferito? Non è diverso.”
 
“Allora sei venuto a darmi una lezione?” Kurt sbuffò. “Grazie mille. Hai centrato il punto, chiaramente.”
 
“Volevo dimostrarti che posso sopportare il dolore esattamente come lo fai tu.” Ammise Blaine. “Ho pensato che forse tu avresti pensato che fossi debole, e che non avrei mai capito che cosa stessi passando, perché non lo avevo passato a mia volta.”
 
“Questa è la cosa più stupida che abbia mai sentito, Blaine. Pensavo fossi più intelligente.”
 
“Nell’ultimo anno, mi sentivo come se stessi ferendo me stesso tutto il tempo,” disse Blaine all’improvviso, la sua voce sul punto di spezzarsi. “Pensi che io non sappia cosa si prova ad odiare me stesso? Senti costantemente come se mi meritassi di essere punito, per quello che ho fatto.”
 
“Ma non lo hai fatto. Farti del male.” Gli fece notare Kurt, la voce priva di emozioni.
 
“No, ma ho pensato molto. Ho solo- sapere che ti avrei rivisto mi ha ridato la forza e la speranza e- non ho mai voluto che tu mi vedessi così, quindi ho cercato di rimanere positivo.”
 
Kurt sbuffò di nuovo. “Così abbiamo stabilito che tu sei quello forte, mentre io sono quello debole, e che sono un casino-”
 
“Non è quello che sto dicendo.” Sospirò Blaine, guardando Kurt, dalla sua posizione seduta. “Sto dicendo che per tutto questo tempo tu sei stato il mio angelo custode. Pensare a te mi ha tenuto sano di mente, e mi ha fatto continuare a credere che un giorno mi avresti perdonato, e che saremmo tornati insieme. Tu, d’altra parte, non avevi nessuno in cui riporre la tua fede, perché ti ho dimostrato di non essere degno di fiducia.” Il modo in cui lo aveva detto, rendeva facile capire fino a che punto Blaine fosse disgustato da sé stesso per i suoi errori.
 
“Eppure mi fido ancora di te,” disse Kurt, rendendosi conto solo in quel momento che era vero. “Come amico. Almeno, so che le tue intenzioni erano buone, anche quando sei terribile, nel fare la cosa giusta. Suppongo che la fiducia sia una cosa davvero strana e flessibile, sai.”
 
Blaine non rispose, prendendo a fissarsi le mani, ed entrambi rimasero in silenzio per un po’.
 
“Vuoi metterti la camicia sulle spalle?” chiese Kurt infine.
 
Blaine ci pensò per un secondo, muovendo esitante le braccia, poi decise che sarebbe stato bene anche senza vestiti a impedirgli i movimenti.
 
“Voglio solo dormire,” rispose. “Permettimi solo di prendere il mio cuscino e vado a collassare sul divano.”
 
“Non essere stupido. Possiamo benissimo condividere il letto.” Disse Kurt risolutamente, precedendolo.
 
Non accesero le luci; entrambi sapevano come muoversi nell’appartamento, anche al buio. Kurt si tolse i jeans, ma tenne la maglia a maniche lunghe, mentre si arrampicava sul letto.
 
Non appena ebbe poggiato la testa sul cuscino, però, Kurt fu colpito da un’inquietante sensazione: il letto sapeva di Blaine. Il cuscino, le lenzuola, la coperta. L’odore era inconfondibile. Kurt sapeva di non dover essere sorpreso, visto che Blaine viveva lì già da un po’, eppure non si aspettava che fosse così intenso e meravigliosamente familiare. Riportò indietro un sacco di ricordi agrodolci di tutte le volte che avevano condiviso un letto, prima, per lo più a casa di Blaine.
 
Un desiderio improvviso si saldò nel cuore di Kurt, così come nei suoi lombi. Si girò sulla schiena, in attesa che Blaine si sdraiasse a sua volta sotto le lenzuola, ma il ragazzo rimase in piedi accanto al letto, esitante.
 
“Credo davvero che dovrei dormire sul divano, Kurt,” sussurrò Blaine, mentre si sporgeva in avanti per prendere il secondo cuscino. Kurt si mise a sedere, incontrandolo a metà strada. “Aspetta,” disse Kurt, e improvvisamente le sue mani erano sul petto di Blaine, accarezzando la pelle nuda.
 
Blaine si bloccò, un ginocchiò sul letto. “Kurt?” chiese, non osando sperare che Kurt gli stesse offrendo qualcosa di diverso dall’amicizia. Ma poi Kurt strofinò il naso contro la piccola cavità della clavicola di Blaine, piazzando poi un bacio a bocca aperta sulla pelle.
 
“E io penso che dovresti dormire qui,” mormorò Kurt, continuando a baciarlo e salendo verso il suo collo, assaggiandolo e riprendendo conoscenza con la dolcezza della sua pelle.
 
Blaine si lasciò sfuggire un sussulto di meraviglia e nostalgia. “Kurt!” lo abbracciò disperatamente, ed entrambi trasalirono al dolore improvviso che l’abbraccio aveva causato. Entrambi erano ancora doloranti, ma a Blaine non importava nulla. Gli importava solo di stare vicino a Kurt. Quest’ultimo si sdraiò sulla schiena, tirando Blaine con lui, il quale non sentiva più nient’altro che non fosse pura beatitudine, quando la bocca di Kurt si fu avvicinata alla propria, chiedendo di essere baciata. Era così bello essere di nuovo così con lui. Baciarlo di nuovo, sentire il suo corpo caldo sotto le sue dita e il desiderio tra le sue gambe. Kurt fece scontrare i suoi fianchi con quelli di Blaine, pretendendo di essere toccato, e Blaine obbedì felicemente.
 
Oh, era tutto così bello.
 
Kurt gemette sensualmente nel bacio, mentre le sue dita andavano a infilarsi tra i capelli di Blaine e si fermavano sulla sua nuca, per tenerlo fermo. Avere il corpo caldo di Blaine contro il suo era tutto quello che importava, in quell’istante. Kurt amava il suo peso sopra di lui. Il calore che Blaine irradiava era contagioso, infiammando anche di più l’improvviso desiderio che Kurt provava. La sua bocca aveva un sapore troppo buono per lasciarla andare, anche quando la ferita si riaprì sul sua labbro, e Kurt poté sentire il sapore del sangue mischiato ad esso.
 
Per un po’ tutto fu un baciarsi, e toccarsi, e stringersi, e strusciarsi, e Kurt fu in grado di lasciarsi alle spalle il passato. Questo era quello che sarebbe dovuto succedere, quella notte di tanto tempo prima, quando Blaine era venuto per la prima volta a trovarlo a New York.
 
“Kurt,” mormorò Blaine contro la sua pelle, mentre cominciava a baciargli i collo. “Oh Dio, mi sei mancato così tanto. Ti amo. Ti amo più di qualsiasi altra cosa, Kurt.”
 
Kurt sentì un improvviso nodo stringerglisi in gola, non appena ebbe realizzato di non poterlo dire a sua volta. Non amava Blaine allo stesso modo in cui faceva prima. Non era nemmeno sicuro di essere ancora capace di amare nessuno a quel modo. Voleva Blaine, sì, il suo intero corpo era disperatamente in cerca del suo tocco, ma il suo cuore era ancora sigillato.
 
“Cosa c’è?” mormorò Blaine, smettendo gli baciargli il petto. Aveva notato che Kurt aveva smesso di stringerlo o di accarezzarlo. Le sue mani adesso erano ferme attorno alla sua testa, sul cuscino, mentre Kurt fissava il vuoto.
 
Kurt non sapeva più cosa sentire. Nell’appartamento di Andrew, Kurt aveva sperato che Blaine gli dicesse che lo amava ancora, e che potevano innamorarsi di nuovo. Era quasi rimasto deluso, quando Blaine gli aveva offerto la mano in segno di amicizia; ora che invece Blaine gli aveva detto di amarlo, si sentiva vuoto. Kurt sapeva che le parole dell’altro erano sincere. Non dubitava affatto della sincerità di Blaine, in quel momento, ma in qualche modo Kurt sapeva di non poter essere parti di una coppia alla ‘vissero felici e contenti’. Non ancora. E non era giusto nei confronti di Blaine che fingesse di poterlo fare. E sì, anche dopo tutto quello che era successo tra di loro, a Kurt importava ancora abbastanza da essere sincero e giusto con lui, che lo meritasse oppure no.
 
“Non posso farlo,” mormorò Kurt, non fidandosi della sua voce.
 
Blaine sembrò incerto. “E’ per via di Rachel? Non c’è bisogno di andare fino in fondo, Kurt, solo- Dio, voglio solo baciarti, Kurt. Mi sei mancato da morire. Ti giuro, non c’è mai stato nessuno come te, io ti-”
 
“Non dirlo di nuovo!” Kurt spinse Blaine via e si sedette, portando le gambe sul bordo del materasso.
 
“Kurt? Dove vai?”
 
“Dormirò sul divano.”
 
Blaine si sporse e appoggiò la sua mano sul braccio di Kurt, non costringendolo con la forza. Era soltanto un soffice tocco, una mano calda contro la sua pelle che gli chiedeva di rimanere.
 
“Cosa ho sbagliato?” chiese Blaine, la preoccupazione palese nella sua voce.
 
“Tutto e niente.” Rispose Kurt, allontanandosi lentamente.
 
Blaine rimase fermo a guardarlo andare via, poi ricadde sul materasso, completamente perso, non sapendo come aggiustare le cose. Per un prezioso, meraviglioso momento, Blaine aveva pensato di aver riavuto Kurt indietro. Il suo ragazzo Kurt, la persona che amava e che gli mancava come se qualcuno gli avesse tagliato la mano destra; la persona che Blaine aveva sognato per oltre un anno, come se lo avesse perso per sempre. Blaine non aveva mai permesso a sé stesso di pensarla così, che avesse davvero completamente perso ogni speranza con Kurt per sempre, e che non sarebbero mai tornati insieme. Doveva solo credere che un giorno Kurt sarebbe stato pronto a perdonarlo e ad amarlo di nuovo.
 
Forse aveva sperato troppo e troppo in fretta. Sì, era troppo presto, disse a sé stesso. Quel rifiuto non significava niente. Era solo troppo presto, per loro, per essere di nuovo intimi.
 
Spaventava Blaine, però, vedere quanto profondamente spaventato e confuso Kurt fosse su tutto. Sapeva che sarebbe stato difficile riconquistare la fiducia di Kurt, e sapeva anche che c’era la possibilità che Kurt non fosse mai più capace di amarlo di nuovo, ma Blaine non poteva semplicemente arrendersi.
 
Quando Kurt gli aveva detto, quella sera a casa di Andrew, che non sarebbe stato il suo ragazzo di nuovo, Blaine lo aveva accettato, ma credeva di aver visto un forse un giorno, negli occhi di Kurt.
 
Per un lungo momento, Blaine rimase steso sul materasso, completamente immobile ad ascoltare l’oscurità. Poteva sentire il soffice respiro di Kurt- e quello di Rachel, un po’ più lontano.
 
Forse era egoista, da parte sua, ma Blaine non poteva dormire in quel letto così grande mentre Kurt era solo a qualche passo da lui. Lentamente, ma risolutamente, Blaine si alzò e prese un paio di coperte con sé.
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt sentì il peso della coperta che Blaine gli aveva posato addosso.
 
Poi Blaine si sdraiò a sua volta, scivolando delicatamente sotto le coperte e avvicinandosi lentamente a lui, fino a che non lo aveva abbracciato da dietro, tirandolo a sé. Il modo in cui lo aveva fatto era dolce e gentile. Circondò Kurt con le braccia e la coperta, abbracciandolo.
 
Kurt poteva sentire che anche Blaine stava tremando, mentre lo stringeva di più, pressando il suo corpo tremante contro il proprio. Non lo spinse via, questa volta, invece rimase lì, raggomitolato contro il calore del suo corpo e della coperta. Sentì le labbra di Blaine accarezzargli i capelli, i respiro sulla punta dell’orecchio.
 
Era passato più di un anno, dall’ultima volta che Kurt si era sdraiato così con qualcuno e, fortunatamente, Andrew non era mai stato il tipo da coccole che apprezzava quel tipo di abbracci a letto, però amava farlo quando guardavano la TV.
 
A volte, quando Kurt tornava a casa, era così stanco che semplicemente si buttava sul divano, accendendo la TV. Ad Andrew piaceva raggiungerlo, stendendosi a volte dietro di lui e passando un braccio attorno al suo petto. All’inizio, Kurt aveva pensato che fosse tutto quello di cui aveva bisogno, il semplice essere stretto da qualcuno, ma presto aveva cominciato ad odiare quella vicinanza, odiare il fatto che fossero le braccia di Andrew a stringerlo. Odiare quella vicinanza gli ricordava l’intimità che aveva condiviso con Blaine, così avrebbe semplicemente detto freddamente ad Andrew di lasciarlo stare, senza battere ciglio, ed Andrew avrebbe grugnito e lo avrebbe spinto giù dal divano, rispondendogli che, se avesse continuato così, si sarebbe preso un gatto, al posto suo.
 
Ironicamente, Kurt si era sempre sentito al sicuro, in presenza di Andrew. Sentimentalmente al sicuro. Sapeva che non si sarebbe mai innamorato di lui, e che per quello Andrew non sarebbe mai stato in grado di spezzargli il cuore- come Blaine aveva fatto.
 
In quel momento, Kurt cominicò a domandarsi se Andrew fosse stato più emotivamente coinvolto nella loro relazione di quanto lui si fosse aspettato. Poteva davvero essere che Andrew avesse dei sentimenti veri per lui? Poteva essere che in quello scenario fosse Kurt lo spezza cuori? Si sentiva in colpa, ad aver lasciato Andrew in quel modo; colpevole ed egoista, ma sapeva di dover essere egoista, se voleva tornare ad essere tutto intero. Non poteva più dipendere da nessuno, e questo includeva anche Blaine. Non poteva cominciare da capo con Blaine. Essere emotivamente coinvolto con lui di nuovo era un rischio- un rischio che Kurt non era ancora disposto a  correre. Non importava quanto i sentimenti di Blaine fossero sinceri.
 
Ma stando disteso nel buio con le braccia di Blaine che lo stringevano, Kurt si sentì al sicuro e a suo agio. Lentamente, si rilassò tra le braccia dell’altro. Essere così vicino al suo ex non era così imbarazzante come si sarebbe aspettato che fosse, ma non era nemmeno giusto. Kurt si domandò se mai sarebbe tornato ad esserlo, o se il suo cuore spezzato era permanente e irreparabile. Sarebbe mai stato capace di fidarsi Blaine in quel modo di nuovo?
 
Sapeva che le intenzioni di Blaine erano buone, non importava quanto sconsideratamente agisse, alle volte, non importava quante volte si fosse messo nei guai pensando di fare la cosa giusta. Quando si trattava di amore, Blaine era sempre stato ansioso di piacere, spesso senza successo- in un modo davvero adorabile.
 
E di nuovo, Blaine era onesto nel suo imbarazzante modo di esserlo. Era troppo onesto pure per i suoi standard, a volte, e sapere che Blaine non era il tipo da tradimenti aveva reso ancora più difficile per Kurt capire perché Blaine lo avesse tradito. Rendeva orrendamente semplice pensare che la colpa dovesse ricadere su Kurt.
 
A discapito della sua riluttanza ad accettare l’amore di Blaine, Kurt si accoccolò più stretto nel suo abbraccio, la mascella contro il petto dell’altro. Sentì il corpo di Blaine rilassarsi, e Kurt lo accarezzò, confortandolo e traendo conforto a sua volta e, in quel modo, si addormentarono.  
 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


ehi everyone! scusatemi per avervi fatto aspettare così tanto, ma con i compiti delle vacanze da finire e il rientro a scuola è stato un casino! Anyway, godetevi il capitolo, questo sarà l'ultimo salto indietro nel tempo, e mancano solo altri due capitoli alla fine :(
L'autrice sta scrivendo il sequel, ma non ho intenzione di tradurlo fino a che non sarà completo, nel caso fatemi sapere cosa ne pensate. 

Enjoy!

 



Quel venerdì sera, mentre Kurt stava in piedi di fronte all’armadio, scegliendo un outfit per il Babylon, il suo telefono squillò. Non dovette controllare, per sapere chi lo stesse chiamando. Suo padre aveva recentemente cominciato a chiamarlo tutti i giorni alle otto. Evidentemente, suo padre era ansioso di riportare il legame tra di loro a come era una volta, dopo un paio di settimane di silenzio.
 
Ma Kurt era ancora concentrato sul tenerlo a basa, perciò, ogni volta che lui lo chiamava, lui inventava una scusa diversa.
 
Kurt odiava il fatto che fossero diventati così distanti, e non per via della distanza fisica, ma per tutte le cose non dette. C’era il cuore spezzato di Kurt, in gioco, ma si sentiva anche colpevole.
 
Le prime settimane dopo la rottura con Blaine, Kurt era stato furioso con suo padre, proiettando tutta la rabbia che provava per il tradimento del ragazzo su suo padre, che si era azzardato a spezzare una lancia in favore del suo ex ragazzo, e lo aveva punito non rispondendo alle sue chiamate, né collegandosi più su Skype. Certo, Kurt aveva torto, ad ignorare suo padre, ma aveva sempre trovato il modo di giustificarsi, dicendo di essere troppo impegnato o troppo stanco.
 
Dopo un po’, però, era diventata un’abitudine, e più tempo passava, più si sentiva colpevole, e non sapeva cosa dire o fare. Prima che se ne accorgesse, erano trascorsi mesi, e Kurt aveva realizzato che tra sé e suo padre si fosse eretto un muro che prima non c’era mai stato- almeno, non dai tempi della sua cotta per Finn e del suo piano per far mettere insieme suo padre e Carole, che gli si era ritorto contro, lasciandogli un senso di abbandono, mentre suo padre si legava sempre di più con Finn.
 
Ora, ogni volta che parlavano al telefono erano solo brevi chiacchierate, in cui Burt cercava di fare conversazione raccontandogli di Carole e Finn. A volte, Burt aveva anche menzionato cosa Blaine stesse facendo, stando a ciò che diceva Finn. Nessuna sorpresa. Vivevano ancora tutti a Lima, la piccola cittadina dove tutti sanno gli affari di tutti, non importano le circostanze, e certo, Finn stava ancora parlando con lui, e Burt era capace di sapere tutto.
 
Ma perché suo padre doveva sempre sondare le acque nominando il suo nome in una conversazione? Si aspettava davvero che Kurt abboccasse e facesse ogni domanda possibile sul suo ex? Perché Burt stava provando a farli rimettere insieme? In quei momenti aveva solo voglia di urlargli: “Lui mi ha tradito! Perché dovrei perdonarlo e dimenticare? Perché mi devi far sentire in colpa riguardo a questo?! Perché è colpa mia?” ma non lo aveva mai fatto. Semplicemente, riattaccava.
 
Questo parlare ma non parlare era continuato, nei mesi successivi, e Kurt non sapeva nemmeno come fare per far sì che tutto tornasse come prima e parlare davvero con suo padre di nuovo. In più, Kurt non voleva che suo padre sapesse della sua relazione con Andrew, e questo costituiva un problema in più. Kurt avrebbe mentito e suo padre avrebbe visto attraverso le sue bugie come nessun altro. Quella era l’unica ragione per la quale Kurt evitava di tornare a Lima, perché se avesse dovuto affrontarlo faccia a faccia, Burt avrebbe capito in un istante che qualcosa non andava.
 
Kurt odiava avere segreti. Lo faceva sentire come se avesse nuovamente quattordici anni, spaventato a morte di fare coming out, non volendo che suo padre sapesse, ma avendo bisogno che lo sapesse. Non voleva, però, che sapesse di quanto stesse faticando per rimanere in piedi, di quanto fosse diventata dura la sua vita in un posto che per tutta la vita aveva considerato il suo unico rifugio. New York doveva essere la sua salvezza, ma era diventata il suo inferno personale. Non la città in sé, ma il suo posto in essa. Invidiava Rachel, che si trovava nell’esatto posto al quale apparteneva, ma lui che ci faceva lì? Perché viveva a New York, quando nessuno dei suoi sogni si stava realizzando? Fatta eccezione per Vogue; se non avesse avuto quel lavoro con Isabelle, si sarebbe sentito completamente perso.
 
All’inizio, Kurt aveva provato a impressionare suo padre, parlandogli dei suoi successi a Vogue, ma ovviamente era stato come se parlasse un’altra lingua. Suo padre era fiero di lui, nessun dubbio, riguardo a quello, ma Burt non capiva nulla di moda. Più tardi, Kurt aveva cominciato a parlare di moda ogni volta che volesse annoiare suo padre: era il modo più semplice per toglierselo di torno al telefono. Il momento in cui avesse cominciato a parlare di tavole di colori e tessuti, e dell’ultima novità del blog di Isabelle, suo padre avrebbe messo giù.
 
E ancora, non potendo parlare con suo padre di tutto quello, Kurt si sentiva isolato. Viveva a New York, la grande città dove nessuno conosceva il proprio vicinato e nemmeno se ne interessava, dove era soltanto uno dei tanti.
 
“Hai intenzione di rispondere a quel dannato telefono oppure no?!” gridò Andrew dalla stanza accanto, suonando alquanto irritato.
 
“Scusa!” rispose, prendendo il telefono e andando a sedersi davanti alla finestra.
 
“Ehi, papà,” disse Kurt, con la voce bassa e strana persino alle sue orecchie. “E’ un brutto momento, ora, ci sentiamo un’altra volta, va bene?”
 
“Ciao, figlio, io sto bene, tu?” disse Burt, ignorando il tentativo di Kurt di chiudere la chiamata senza nemmeno salutarlo.
 
“Papà,” Kurt sospirò. “Non voglio essere rude. Non solo stanco. Ho lavorato come un matto, oggi.”
 
“E’ quello che dici sempre,” replicò Burt, suonando a metà tra l’irritato e il preoccupato. “Sai quand’è stata l’ultima volta che abbiamo davvero parlato? Perché io non me la ricordo, Kurt.”
 
“Lo so, papà, e mi dispiace.”
 
“Dispiace anche a me, tesoro, anche a me.” Disse Burt con un sospiro, suonando così sofferente che Kurt sentì improvvisamente tutte le sue risoluzioni vacillare.
 
Per un secondo, Kurt considerò la possibilità di dirgli tutto. Avrebbe cominciato con l’ammettere di essere infelice. Gli avrebbe detto di quanto si sentisse solo e inutile, di quanto si sentisse un fallimento. Gli avrebbe detto di quanto sentisse la mancanza di casa, di una spalla su cui piangere, di quando gli mancasse quando suo padre lo chiamava ‘figliolo’ o ‘ragazzo’. Inevitabilmente, avrebbe cominciato a piangere nella cornetta, e suo padre avrebbe provato a consolarlo, maledicendo la distanza, perché avrebbe solo voluto abbracciarlo e dargli un bacio sulla fronte.
 
“E’ solo-” Kurt alzò lo sguardo, quando Andrew entrò in camera da letto, guardando Kurt con un’occhiata curiosa, chiedendogli silenziosamente con chi stesse parlando.
 
Kurt coprì il microfono del telefono con una mano, mormorando: “E’ mio padre.”
 
“Okay, ma sbrigati,” disse Andrew, dirigendosi verso il bagno. “Ci vediamo con i ragazzi, prima di andare al Babylon.”
 
“Con chi stai parlando?” chiese Burt.
 
“Cosa?” chiese Kurt a sua volta, sobbalzando.
 
“Chi c’è lì con te, Rachel?”
 
“Papà, devo andare. Posso chiamarti domani, okay?”
 
“Ascolta, Kurt, mi manchi,” disse Burt, non lasciando suo figlio riattaccare così facilmente quella volta. “Sapevo che, quando ti fossi trasferito, i nostri contatti si sarebbero ridotti, ma non pensavo che sarebbe mai potuto essere così. Non so più niente di te, Kurt, e vice versa. Ho accettato il fatto che non saresti tornato per Natale, ma mi avevi promesso che saresti venuto un’altra volta, e adesso è quasi estate. Non ti vedo da più di un anno, Kurt. Non pensavo che sarebbe stato così.”
 
“Ed è colpa mia?” chiese Kurt, alzando la voce, mettendosi sulla difensiva, ma sentendo la distanza e la perdita molto chiaramente anche lui. “Avresti potuto venire qui per vedermi, lo sai. Ma immagino che ci sia sempre qualcosa di più importante che succede a Finn o a Carole, o a chiunque altro. E io non ho colpa per questo. Dannazione, sto semplicemente cercando di vivere la mia vita, qui!”
 
“Che vuol dire che stai cercando?” chiese Burt, la voce rotta e sottolineando ogni parola. “So che sei frustrato per non essere entrato alla NYADA, ma c’è qualcos’altro, sotto?”
 
“Tu non sai niente, papà!” sbottò Kurt, irritato per l’essere il soggetto delle sue preoccupazioni.
 
“Già! Ed è esattamente quello il punto! Perché tu non mi parli!”
 
“Mi dispiace, ma devo andare.” Disse Kurt, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.
 
“Kurt, per favore, non farlo. Non riattaccare.”
 
“Ti voglio bene, papà.” Disse, attaccando, prima di scoppiare in lacrime. Si appoggiò contro la finestra fredda, seppellendo il viso tra le mani.
 
“Che succede?” chiese Andrew, entrando nella stanza e sorprendendolo in lacrime. Kurt si asciugò gli occhi velocemente. “Niente, ho solo avuto una conversazione spiacevole con mio padre.”
 
“Oh, fanculo i genitori. Anche io odio mio padre. È un fottuto ipocrita.”
 
“No, non odio mio padre, è solo-”
 
“Dimentica del tuo stupido padre. È venerdì!” lo tirò via da dove era appoggiato e lo fece girare. “Voglio vederti ballare, piccolo.”
 
Agendo solo per istinto e per bisogno, Kurt si strinse Andrew più vicino, abbracciandolo stretto. Il breve scambio con suo padre lo aveva lasciato traballante, e avrebbe ucciso per qualcuno che lo stringesse.
 
Andrew lo sorprese con un’affezionata tenerezza, ricambiando l’abbracciò e poggiando il mento sul suo capo. “Non ti preoccupare di niente, zucchero,” mormorò Andrew, passandogli le mani sulle spalle per stringerlo. “Non lascerò che nessuno si metta tra di noi.”
 
“Perché ti piaccio così tanto?” chiese Kurt, la voce a malapena più di un sussurro.
 
Andrew ridacchiò, e il suo corpo vibrò. “Perché non ho mai conosciuto nessuno, come te. Non lo so. Non so spiegarlo. Mi emozioni.”
 
Sobbalzando, Kurt lo spinse via per guardarlo. “Perché lo hai detto?” per un terribile secondo, si domandò se non avesse parlato ad Andrew della dichiarazione di Blaine in un momento di incoscienza, e se Andrew avesse appena usato quelle parole per ferirlo.
 
Perché è vero. Mi fai sentire cose che non ho mai sentito prima. Con gli altri è sempre stato solo sesso, ma tu hai i tuoi principi morali, e la tua adorabile modestia e la tua regola del niente sesso. Mi fa sentire come se fosse arrivato il momento di crescere e di guadagnarmi ciò che è mio. Sai che voglio dire?”
 
“Credo,” rispose Kurt.
 
Andrew gli accarezzò il viso gentilmente, abbassandosi per baciarlo. Kurt chiuse gli occhi, ricambiando il bacio, in un tentativo di sentire e di gustare qualcosa di diverso dal niente. Ma non provò niente lo stesso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Sei pronto per andare?” chi chiese Andrew dall’altra stanza, e Kurt sobbalzò all’improvviso suono della sua voce e per la sua impazienza.
 
“Un minuto!” rispose, e diede un’occhiata al suo riflesso nello specchio. Voleva sembrare al meglio, quella sera, ma sembrare ancora sé stesso. Non voleva che Chandler avesse l’impressione che lui si fosse trasformato in uno stronzo troppo vestito.
 
Così frugò nella sua collezione di accessori in cerca di qualcosa che desse di lui, fino a che non trovò la cosa perfetta: la sua buona, vecchia, spilla a forma di ippopotamo. Se la appuntò sulla maglietta, in ricordo del suo primo incontro con Chandler, il quale si era complimentato con lui per essa. Sperò che il suo amico lo apprezzasse.
 
Kurt era ansioso di rincontrarlo.
 
Per una volta, non voleva dire di non essere stato ammesso alla NYADA. Aveva paura che Chandler sarebbe rimasto deluso, o che avrebbe perso interesse nell’essere suo amico, se non fosse stato uno studente di una scuola d’arte.
 
D’altra parte, associava ancora il ragazzo con lo sguardo di tradimento sul volto di Blaine. Pensare a Chandler lo riportava indietro al tempo della loro prima crisi, indietro a quando non gli passava nemmeno per la mente che Blaine potesse pensare che Kurt potesse essere capace di tradirlo.
 
Quante volte, in seguito, Kurt si era dato dello stupido per non aver saputo gestire meglio la situazione? E soltanto avesse detto a Blaine di quel ragazzo che aveva incontrato fin dall’inizio. Avrebbero potuto ridere dei suoi tentativi di flirt insieme.
 
Kurt si era sentito bene, per le sue attenzioni. Blaine non aveva fatto altro che allontanarsi da lui, in quel periodo, e Kurt non sapeva perché. Avrebbe dovuto chiederglielo, ma aveva paura che Blaine avesse potuto dirgli che per lui le cose non erano più com’erano all’inizio. Con il passare del tempo, una parte di Kurt era sempre stata spaventata che Blaine avesse prima o poi potuto realizzare quanto Kurt fosse noioso; non era il ragazzo più interessante dell’Ohio, dopo tutto. Non quando c’erano ragazzi come Sebastian, in giro.
 
Kurt aveva voluto soltanto rendersi interessante e attraente di nuovo, ai suoi occhi; aveva voluto che Blaine lo notasse di nuovo, aggiungendo un’aria di mistero, dandogli l’impressione che un altro ragazzo avesse potuto essere interessato a lui. Se soltanto avesse saputo che Blaine  si stesse allontanando perché spaventato dall’idea di perderlo, non lo avrebbe mai fatto. Ma Blaine non aveva voluto parlargli delle sue paure, e Kurt non era riuscito a trovare il coraggio di chiedere al suo ragazzo cosa stesse succedendo. Parlare di quelle cose era sempre molto difficile. La domanda ‘ehi, perché ti stai allontanando da me?’ non era una di quelle che lasciavano facilmente la lingua di una persona. Ed era anche più difficile, considerando quale avrebbe potuto essere la risposta, o la discussione che avrebbe seguito.
 
Quando aveva parlato con Rachel, riguardo a lui e Blaine, che si comportavano come una vecchia coppia sposata, non si stava lamentando; era preoccupato e spaventato che Blaine avesse potuto dirgli ‘Beh, sì, Kurt, siamo diventato proprio come una vecchia coppia sposata, e sai, eri il ragazzo più interessante dell’Ohio, ma ora che so ogni cosa di te, è un po’ noioso. Perciò che ne dici di restare amici?’
 
Kurt non aveva mai pensato che Blaine avesse potuto reagire nel modo in cui aveva reagito, sentendosi tradito, ed era tutta colpa sua, per via del suo essere civettuolo con Chandler. Blaine era così arrabbiato. Kurt sapeva di essersi comportato male, e voleva rimediare. Non aveva mai voluto sentirsi un traditore. Anche se continuava a pensare che i suoi messaggi fossero del tutto innocui, visto che non aveva mai avuto alcuna intenzione verso Chandler, aveva solo fatto finta- se i ruoli fossero stati invertiti, probabilmente Kurt avrebbe pensato lo stesso di Blaine.
 
Dopo aver fatto pace, Kurt era assolutamente sicuro che lui e Blaine fossero fatti per durare.
 
Afferrò la lacca un po’ più forte, cercando di togliersi quei pensieri dalla testa. “Non lasciare che il passato di butti giù anche oggi.” Mormorò a sé stesso, mentre si sistemava i capelli, non permettendo ai suoi pensieri di sovrastarlo un’altra volta.
 
Come Andrew aveva dolcemente richiesto, si era dato una passata di eye liner, sbattendo poi le palpebre. Lo rendeva così diverso.
 
“Ciao, sexy,” disse Andrew, guardandolo mentre usciva dal bagno. “Sei davvero eccitante. Amo quegli stivali da puttana.”
 
“Grazie?” disse Kurt. “Nemmeno tu stai male.”
 
Kurt aveva indossato i suoi pantaloni neri preferiti, insieme a una camicia coloro porpora. Uscì dalla porta con i suoi nuovi stivali neri che gli arrivavano al ginocchio.
 
Un’ora dopo era in piedi di fronte al locale con un irritato Andrew che non voleva aspettare un secondo di più. “Andiamo dentro, piccolo. Questo tuo amico non ha intenzione di farsi vedere.”
 
“Ancora un minuto,” lo pregò Kurt. “Ha detto che sarebbe stato qui per le undici. Forse si è perso, non vive qui da molto.”
 
“Farà meglio a darsi una mossa,” grugnì l’altro impazientemente.
 
“Eccolo!” Kurt agitò la mano verso di lui, in modo da farsi vedere. Il suo comportamento infantile si guadagnò un’occhiata di disapprovazione da Andrew.
 
Dall’altra parte della strada, Chandler gli restituì il saluto, dirigendosi verso di loro. Indossava un maglione grigio scuro, dei pantaloni rossi e versi e un cappellino verde foresta che gli copriva le orecchie. Kurt amava quei cappelli, ma tristemente non andavano più di moda da un pezzo.
 
Questo è lui?” chiese Andrew, lasciandosi andare a una risata di scherno.
 
“Non essere cattivo, Drew,” disse con tono di ammonimento.
 
Fece un passo verso di lui, che non era cambiato per niente. Sembrava ancora esattamente lo stesso ragazzo, mentre si guardava intorno di fronte a Kurt. “E’ un piacere vederti di nuovo, Kurt Hummel! Grazie per avermi invitato a unirmi a te. Non sono mai stato in un posto simile, prima! È davvero emozionante!”
 
“Ciao, Chandler,” Kurt gli sorrise caldamente, facendo un cenno verso Andrew. “Lui è il mio ragazzo-”
 
“- che si sta annoiando a morte, qua fuori.” Lo interruppe Andrew. “Andiamo dentro.”
 
“Oh, ma non ho-” cominciò Chandler, ma fu interrotto da Andrew, il quale gli allungò una carta di identità. “Questa dovrebbe andare,” disse facendogli l’occhiolino. Poi passò un braccio attorno alle spalle di Kurt e fece strada.
 
Kurt guardò Chandler, che sembrava ovviamente impressionato e intimorito allo stesso tempo dalla folla e dall’atmosfera del locale. Si ricordò la sua prima volta al Babylone, e poté comprendere lo sconvolgimento di Chandler, evidente dai suoi enormi, spalancati, timidi occhi. “Rimani vicino a me e ne uscirai vivo,” scherzò Kurt, guadagnandosi un sorriso felice dal suo amico.
 
Mentre si immettevano nella folla, Chandler indicò il petto di Kurt. “Hai ancora quella spilla!”
 
“Certo,” rispose Kurt con nonchalance, ma con un sorriso.
 
“Sai, non avrei mai avuto il coraggio di parlarti, se non fosse stato per quella spilla!” ammise Chandler con un sorriso timido.
 
Kurt era incuriosito. “Perché.”
 
“Non avevo mai parlato con ragazzi che fossero, sai, belli. Solitamente mi mandavano a quel paese. Ma ho immaginato che qualcuno che potesse indossare una spilla del genere dovesse essere una persona fantastica!”
 
“Grazie,” disse Kurt, sorridendo. “Questa spilla mi ha sempre portato fortuna. L’ho indossata il giorno del mio colloqui per Vogue, e Isabelle l’ha amata.”
 
“Isabelle Wright ha apprezzato la tua spilla? O mio Dio, è fantastico!” disse con aria eccitata.
 
“Andiamo di sopra, ci sono i divani. Possiamo sederci e parlare un po’, ti va bene?”
 
“Mi piacerebbe,” disse Chandler, annuendo entusiasta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Quindi, com’è la NYADA?” e certamente doveva essere la sua prima domanda. Kurt prese un profondo respiro. Stava per ammettere di non avercela fatto, ma gli occhi di Chandler erano così carichi di aspettativa che Kurt avrebbe odiato essere una delusione.
 
“Fantastica,” disse. “Specialmente il programma di teatro, è impressionante.” Non era davvero una bugia, se non diceva esplicitamente di essere uno studente, giusto?” continuò a parlare per un po’, ripetendo soltanto ciò che aveva udito in precedenza da Rachel.
 
Era facile parlare con Chandler, maggiormente perché quest’ultimo parlava abbastanza per entrambi. Era divertente in un modo un po’ nerd con il quale Kurt poteva relazionarsi, e non era nemmeno crudelmente divertente, nel modo in cui lo era Andrew, facendo battute sul modo di agire degli altri. Essergli intorno era rinvigorente, e il suo entusiasmo riguardo tutto era contagioso.
 
“Com’è lavorare per Vogue.com? E Isabelle Wright? È come Miranda Priestley? Sai, Meryl Streep ne ‘Il Diavolo Veste Prada’?”
 
Kurt rise e, mentre lo faceva, divenne consapevole che fosse la prima volta in settimane che lo faceva in modo genuino. “No, affatto. Isabelle è una persona meravigliosa.” Per un po’, si perse nel raccontare aneddoti sul suo posto di lavoro e sui suoi colleghi, fino a che Chandler non lo guardò e disse: “Wow, sembra che tu stia passando molto tempo lì. Come fai a conciliare le ore di lavoro con le tue lezioni alla NYADA?”
 
“Oh, in realtà è piuttosto semplice,” Kurt evitò di rispondere esplicitamente, sorprendendosi di quanto facilmente la bugia gli fosse venuta fuori.
 
“Wow, io non avrei le energie per lavorare per qualcosa di così impegnativo. Già è abbastanza se riesco a consegnare i compiti in tempo. Hai almeno il tempo di respirare?”
 
“Sì, beh, ecco perché mi piace venire qui, il venerdì sera,” disse Kurt. “Semplicemente per togliermi ogni cosa dalla testa per un po’.”
 
Kurt era attonito, di fronte alle stranezze di Chandler. Non solo il ragazzo pensava sul serio che Kurt fosse la persona più perfetta che avesse mai incontrato, ma credeva in modo incredibilmente facile a tutte le bugie che gli raccontava, perché era semplicemente ciò che si aspettava che Kurt fosse. Era lusinghiero e mortificante allo stesso tempo.  Kurt sapeva di non poter soddisfare le sue aspettative in eterno. Era divertente, però, fare finta di poterlo fare e di essere la persona che avrebbe potuto essere. Ma non lo era, il che rendeva a Kurt difficile prendere in giro il suo amico. Chandler, però, sembrava volesse essere preso in giro o, almeno, questa era l’impressione di Kurt, perciò stesse al gioco.
 
Dopo un po’, Chandler si avvicinò a lui in maniera confidenziale. “Devo ammettere che ero nervoso, all’idea di rivederti, Kurt.”
 
“Davvero? Sono solo io.” Kurt chinò il capo. “Ma devo ammettere di essere stato nervoso di rivederti anche io, e so che questo non sia proprio il tuo genere di posto, ma sono felice che tu sia qui.”
 
“Ovunque, per te,” disse l’altro, diventando all’istante rosso fuoco e balbettando. “Intendo, sono davvero felice che tu abbia risposto al mio messaggio, perché ero davvero curioso di sapere  cosa stessi facendo, e mi piacerebbe che fossimo di nuovo amici.”
 
“Mi piacerebbe,” disse con un sorrise gentile.
 
“Eccoti qui, piccolo,” Andrew arrivò dietro Kurt e mise una mano sulla sua spalla. “Vieni con me, voglio presentarti alcuni ragazzi di Boston. Il tuo amico può sopportare di stare un paio di minuti senza di te, non è vero?”
 
“Uh, certo,” disse Chandler.
 
“Torno subito,” disse Kurt, ma alla fine Andrew lo tenne lontano per più di un’ora. Due degli amici di Andrew gli parlavano di moda, riferendosi alle ultime novità d Vogue, e Kurt perse la cognizione del tempo. Fu solo quando Andrew fu sparito per un po’, che Kurt cominciò a guardarsi intorno, trovando seduto al bancone a parlare con Chandler, ma, quando Kurt riuscì a raggiungere il punto in cui si trovavano, Chandler era andato via.
 
“Dov’è Chandler?”
 
“Chi?” chiese Andrew, passandogli un braccio attorno alla vita.
 
“Il mio amico.” disse  Kurt, irritato. “Quello con gli occhiali.”
 
“Oh, lui. L’ho mandato via.”
 
“Tu hai fatto cosa?!”
 
“Non ti darà più fastidio.”
 
“Non mi stava dando fastidio. È mio amico.”
 
“Tu vuoi frequentare quel ragazzo?! Seriamente?!” sbottò Andrew. “Pensavo di farti un favore.”
 
“Perché? Che ha che non va?”
 
“E’ noioso!” disse Andrew, come se fosse un dato di fatto. “Se almeno avesse un bel viso, mentre parla, e parla, e parla-”
 
“Immagino di essere solo questo, per te, giusto? Un bel viso.” Sbottò Kurt a sua volta.
 
“E un culo fantastico,” gli fece l’occhiolino.
 
“Sei davvero una testa di cazzo, Drew!” Kurt si divincolò dalla sua presa e si diresse verso l’uscita.
 
Fuori, per strada, Kurt vide il suo amico di spalle. Apparentemente, Chandler era in una situazione scomoda. Due ragazzi lo stavano placcando, spingendolo e tirandolo poi su dal colletto della maglietta, insultando ad alta voce i suoi vestiti.
 
Kurt non esitò un secondo.
 
“Lasciatelo in pace!” gridò Kurt, correndo verso di loro. “Toglietegli le vostre sudice mani di dosso!” disse con voce fredda, fermandosi in modo protettivo davanti a Chandler.
 
“Qual è il tuo problema?” chiese uno dei ragazzi. “Non sono affari tuoi.”
 
“Se insulti lui, insulti me.” Disse Kurt. “E tu non vuoi insultarmi.”
 
“Tu, bambolina? Pensi di poterci spaventare?” lo schernì uno dei ragazzi.
 
“So come mettervi in ginocchio, ragazzi. Un colpo ben assestato alla vostra parte del corpo preferita dovrebbe funzionare, e credetevi, non ci andrò piano. Li vedete i miei stivali?” disse indicandoli. “Sono fatti apposta per prendere la gente a calci in culo, e non vedo l’ora di usarli. Inoltre, posso urlare. Riesco a prendere un fa naturale, vuoi una dimostrazione? Ogni poliziotto in zona riuscirà a sentirmi.”
 
Senza discutere oltre, i due se ne andarono, non volendo finire nei guai.
 
Kurt si girò verso il suo amico, notando che stesse tremando. “Stai bene? Non preoccuparti di persone come loro. Sono tutto fumo e niente arrosto.”
 
“Mi dispiace, è solo-” Chandler esalò un singhiozzo. Era sul punto di scoppiare. “Ho pensato che volessero picchiarmi! Ero così spaventato! Non sapevo cosa fare! Se non fossi arrivato-”
 
Kurt si avvicinò e lo abbracciò. “Va tutto bene, sono andati via, non è successo niente. Solo, non uscire mai più da solo. Dove vai, comunque? Non mi hai nemmeno salutato.”
 
“Scusa,” mormorò Chandler contro la sua spalla. “Avevo la sensazione che non mi volessi attorno. Pensavo che fossi soltanto gentile.”
 
“Sbagliato,” Kurt lo lasciò andare, ma tenne una mano sul suo braccio. “Non so cosa ti ha detto il mio stupido ragazzo, ma io voglio esserti amico. Senti, io sono qui tutti i venerdì, se ti va di passare. Mi piacerebbe rivederti.”
 
“Davvero?” Chandler si illuminò. “Grazie.” Si abbracciarono, e Kurt si sentì apprezzato. In qualche modo, Chandler lo faceva sentire bene con sé stesso, e Kurt non si sentiva così da un po’.
 
“Eccoti!” improvvisamente, Andrew era dietro di lui, tirandoselo tra le braccia in modo indelicato. “Ti ho cercato ovunque! Lo sai che odio quando sparisci!”
 
“Scusa,” disse Kurt, scrollandoselo di dosso. “Stavo solo aiutando Chandler con dei ragazzi, e-”
 
“Non mi interessa,” lo interruppe con aria arrabbiata. “La prossima volta me lo chiedi, prima di uscire!”
 
“Sì, sì,” ripeté non molto convinto. “Qualcos’altro?!”
 
Questa volta, Andrew gli afferrò forte il braccio, scuotendolo. “Non parlarmi così, stronzo!”
 
“Ehi!” urlò Chandler, incapace di starsene a guardare ancora senza intervenire. “Fermati!”
 
Andrew lo lasciò andare, spingendolo in modo tale da fargli quasi perdere l’equilibrio, prima di girarsi verso il ragazzo con gli occhiali. “Hai nulla da dirmi?” chiese Andrew con aria di sfida.
 
Kurt guardò il modo in cui Chandler rimase congelato, deglutendo un paio di volte, anche più terrorizzato di quanto lo fosse stato prima, affrontando quei due stronzi.
 
“Va tutto bene,” disse Kurt, poggiando leggermente una mano sulla schiena di Andrew, cercando di tenerlo lontano dal suo amico. “Andiamo a casa.”
 
Andrew e Kurt si stavano giusto girando, quando Chandler cominciò a palare.
 
“In realtà, ho qualcosa da dirti!” era palesemente intimidito, e le sue guance erano rosse, mentre si torturava le mani. Comunque, aveva il coraggio per dire cosa aveva in mente.
 
“Penso che tu debba a Kurt un po’ di rispetto! Il modo in cui gli parli è inaccettabile.”
 
Andrew non disse nulla. Si fermò più vicino, cercando di intimidirlo. Chandler fece un passo indietro, ma continuò a parlare. “Perché Kurt è l’amico e la persona migliore  e più gentile che abbia mai incontrato, e dovresti sentirti fortunato a chiamarlo il tuo ragazzo, e-” Chandler deglutì. “Devi mostrargli più rispetto! È tutto quello che chiedo.”
 
Chandler stava nuovamente tremando, più di prima. Si stava esponendo per Kurt, non aveva importanza quanto avesse paura, e Kurt non sapeva cosa dire o cosa sentire. Si vergognava che le cose dovessero andare così; che fosse bloccato in quella situazione che faceva sentire Chandler in dovere di proteggerlo, non importava quanto insignificante fosse il contributo che poteva portare nel farlo, ma si sentiva anche fiero del fatto che Chandler fosse suo amico, e che lui pensasse così bene di lui e che avesse abbastanza coraggio da farsi avanti, anche quando a conti fatti stava arretrando.
 
“Va tutto bene,” disse Kurt, in un tentativo di rompere la tensione. Non voleva che la situazione degenerasse; non voleva che Andrew gli facesse del male. “Davvero, Chandler. Stiamo bene. Ogni coppia litiga, di tanto in tanto.” Kurt abbracciò il suo ragazzo per dimostrare che si appartenessero, e quel semplice gesto fu sufficiente a calmare Andrew.
 
“Già, andiamo a casa a fare un po’ di sesso riparatore,” suggerì questo scherzosamente, baciandogli la tempia. Kurt lo spintonò per gioco. In quel momento, Chandler doveva solo pensare che Andrew fosse un idiota che lo trattava male, ma Kurt non voleva che avesse la minima idea di quanto fossero serie le cose.
 
Mise su un sorriso finto. “Fammi un favore e prendi un taxi, Chandler,” aprì il portafogli e gli diede dei soldi. “Mai camminare da solo per New York!”
 
“Non serve che tu mi dia dei soldi,” protestò Chandler.
 
“Insisto.” Spinse i soldi nella sua mano, stringendola. “Buona notte, Chandler.”
 
Andrew gli passò un braccio attorno alla vita, e i due si diressero verso il garage. Kurt resistette all’impulso di voltarsi indietro. Non si permise di preoccuparsi di qualunque cosa Chandler stesse pensando riguardo alla sua relazione. Francamente, non erano affari suoi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando raggiunsero l’appartamento, Andrew era arrabbiato perché Kurt aveva passato la maggior parte del tempo con il suo amico, e Kurt era arrabbiato perché Andrew non aveva nessun diritto di essere arrabbiato, mentre lui ne aveva parecchi.
 
“Non farlo di nuovo, cazzo!” cominciò a urlare Andrew, non appena si fu chiuso la porta alle spalle.
 
“Che ho fatto?” chiese Kurt, per nulla impressionato dalle urla dell’altro. “Non ho fatto nulla di sbagliato. Oh, scusa, non sono stato attaccato al tuo braccio tutta la sera guardandoti con ammirazione, come se fossi il ragazzo più meraviglioso dell’intero pianeta. Invece, ho aiutato un amico nei guai senza chiederti il fottuto permesso!”
 
“Fanculo, Kurt! Sai esattamente perché sono arrabbiato.”
 
“E perché?” era in piedi con le braccia conserte, aspettando con un sopracciglio inarcato.
 
“Ogni volta che siamo insieme, tu mi ignori totalmente,” lo accusò. “E’ come se non te ne importasse niente di me. Noi dovremmo stare insieme, ricordi?”
 
“Stai solo mettendo il muso perché non è sempre tutto intorno a te,” sbuffò Kurt. “Non scaricare le tue frustrazioni su di me!”
 
“Forse non sarei così frustrato tutto il tempo se finalmente mi permettessi di scoparti!” replicò.  “Il che è probabilmente la stessa cosa di cui hai bisogno anche tu. Sai, il sesso è una cosa buona.”
 
Kurt scosse la testa, fissandolo con lo sguardo più disgustato che potesse formare. “Pensi che ti permetterei di –parole tue- scoparmi, mentre mi parli in quel modo?! Molto romantico.”
 
“Scusa, okay, mi dispiace.” Sospirò Andrew. “E’ solo che non capisco cosa tu voglia da me. Ti dico che sei perfetto tutto il tempo, ti amo, piccolo. Perché non è abbastanza? Che altro vuoi da me? Perché non è abbastanza, quando ti dico che ti amo?”
 
“Perché non riguarda l’amore,” rispose Kurt, come se fosse una cosa ovvia. “L’amore non è mai il problema. Ma la fiducia lo è.”
 
“Già, capisco che tu abbia problemi a fidarti,” disse, con un cenno della mano. “Ma pensavo che ti fidassi di me, ora.”
 
“Come potrei, se nemmeno tu ti fidi di me?” rispose Kurt. “Altrimenti non saresti così aggressivo vedendomi parlare con un semplice amico.”
 
“Sento come se tu stia aspettando qualcosa,” continuò Andrew, tenendo lo sguardo fisso su di lui. “Non sono sicuro su che cosa tu stia aspettando, o se io possa essere capace di dartelo- o chiunque, per quello che conta. Ma sono stanco di questa situazione. Devi andare avanti, piccolo. E se non sei capace di premere il pulsante play della tua vita, qualcun altro deve pur farlo.”
 
Kurt fece una smorfia. Odiava essere il soggetto di quella gentile e profonda attenzione. Fino a quel momento, si era sentito a suo agio in compagnia di Andrew perché non gli importava molto del suo passato e dei suoi motivi. “E tu vorresti aiutarmi?” constatò Kurt.
 
Senza preavviso, Andrew si avvicinò, afferrandogli la maglietta. Kurt si preparò per essere spinto, ma Andrew non lo colpì; invece, strappò la spilla a forma di ippopotamo. “Prima di tutto, questa cosa orribile deve sparire!”
 
“Come ti permetti! Ridammela!” cercò di divincolarsi, ma Andrew tenne la spilla fuori dalla sua portata.
 
“E buttare via la mia roba come dovrebbe essermi d’aiuto?” sbottò.
 
“Hai bisogno di lasciarti le cose alle spalle,” disse saggiamente. “Lascia indietro il passato- e gli accessori orribili.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt aveva pensato che Chandler non si sarebbe più fatto a vedere, dopo quel traumatico incidente e il comportamento ostile di Andrew, ma lo aveva fatto, e Kurt era grato per quel supporto silenzioso. Non si scambiavano messaggi, visto che Andrew gli controllava occasionalmente il telefono, ma Chandler sapeva dove trovarlo: al Babylon ogni venerdì sera.
 
Non parlavano mai della situazione di Kurt, anche se Kurt poteva vedere come a Chandler non piacesse, quando Andrew interrompeva le loro chiacchierate. Chandler non lo aveva mai giudicato, né gli aveva fatto domande sulle sue scelte. Era semplicemente lì, sempre in tempo come un orologio, diventando una calma costante, nella vita di Kurt, dove questa era un terremoto.
 
Quanto disperato era diventato Kurt, da aver bisogno di vedere Chandler soltanto perché aveva bisogno di qualcuno che lo riconoscesse? Come se lui fosse vivo soltanto perché lui lo vedeva respirare, qualcuno che lo conoscesse ancora dalla sua vecchia vita.
 
Nessun giudizio, né intromissione, né fastidi.
 
Era lì è basta, aspettando pazientemente con lui, mentre la sua vita era un casino. 

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Capitolo 19
*** Scusatemi ***


Per tutte le meravigliose persone che leggono questa ff, non ho deciso di lasciarla incompleta, il problema è che da un mese a questa parte il mio pc è in assistenza, e io non so davvero come fare. Purtroppo posso solo aspettare che me lo restituiscano. La traduzione sarà continuata non appena questo accadrà. Mi dispiace moltissimo, anche per non avervi avvisato prima, ma sono riuscita solo ora a chiedere in prestito il pc a una mia amica. Spero di tornare presto, scusate ancora, 
Ronnie, 

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