You are my super power

di Lory221B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno a scuola ***
Capitolo 2: *** Nuovi incontri e nuovi poteri ***
Capitolo 3: *** Fidati di me ***
Capitolo 4: *** Nude look ***
Capitolo 5: *** Caring is not an advantage Sherlock ***
Capitolo 6: *** Kiss Kiss ***
Capitolo 7: *** Mi fido di te ***
Capitolo 8: *** La stanza del pericolo ***
Capitolo 9: *** Vivi e lascia vivere ***
Capitolo 10: *** Quasi morire è noioso ***
Capitolo 11: *** Ragione e sentimento ***
Capitolo 12: *** Segreti e telepati ***
Capitolo 13: *** L'interrogatorio ***
Capitolo 14: *** L'assedio ***
Capitolo 15: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 16: *** Tu sei il mio super potere ***



Capitolo 1
*** Primo giorno a scuola ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffat Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento

Primo giorno a scuola

John si era svegliato controvoglia. Non era contento di dove stava andando né che fossero i suoi genitori a costringerlo.
Aveva sempre pensato di essere normale, il caro normale John Watson. Ma da quando si erano manifestati per la prima volta i suoi poteri niente era più stato lo stesso.
I suoi genitori avevano iniziato a guardarlo come un mostro, come qualcosa da temere. Sua sorella Harry, invece, era sconvolra ma incuriosita delle capaità che il piccolo John aveva manifestato.
John all'inizio sembrava contento, infondo era un bel potere e non comportava nessuna conseguenza sgradita. Non aveva cambiato colore, non gli erano cresciuti dei peli blu sul corpo come quel dottore che aveva visto combattere per i diritti dei mutanti alla tv né rischiava di uccidere qualcuno in un momento di distrazione, magari lanciando fuoco o qualcosa di appuntito.
No, poteva tranquillamente continuare la sua vita e nessuno se ne sarebbe accorto. Ma dopo "l'incidente" con i vicini i suoi genitori avevano deciso che non potevano fare diversamente, dovevano portarlo alla scuola per giovani dotati del prof. Xavier.

Ormai era tutto deciso, John prese le due enormi valige che contenevano tutta la sua vita e le trascinò lungo le scale fino alla macchina. Si voltò per un ultimo saluto triste verso la finestra dove sua sorella lo stava guardando lasciare, forse per sempre, la sua vita e salì in auto.
Arrivati alla scuola a John si contrasse le stomaco, ma ormai non aveva più niente da dire per convincere i suoi genitori. Suo padre trascinò le valige fuori dall'auto mentre John lo seguiva trascinando i piedi. Sua madre rimase in auto, gli occhi lucidi di tristezza e di vergogna.
Quello che successe poi fu molto confuso: John conobbe il prof. Xaver, gli insegnanti, una certa Kitty Pryde gli fece fare il giro della scuola, visitando le aule e i laboratori. Sembrava tutto molto bello e accogliente ma a lui andava solo di buttarsi a letto e non pensare a niente fino al giorno dopo, quando sarebbero iniziate le lezioni e avrebbe incontrato i suoi nuovi compagni.
Kitty lo accompagnò fino alla sua stanza - eccoci qui John, spero ti troverai bene qui con noi, vedo che sei un po' spaventato ma vedrai, entrare alla scuola di Xavier ti cambierà la vita, quindi sù con il morale! - lo esortò la giovane mutante.
- D'accordo, grazie. C'è altro che devo sapere? - Rispose mesto John.
- Direi di no, domani lezioni con la professoressa Jean Gray alle 8, mi raccomando puntuale - E se ne andò strizzandogli l'occhio.
John aprì la porta della sua camera, era più grande della camera che divideva con sua sorella e a quanto sembrava avrebbe avuto un compagno di stanza. Entrando vide un letto sfatto coperto di libri e su una mensola un telescopio e alcune misteriose provette. Probabilmente il suo compagno di stanza era appassionato di scienze o qualcosa di simile.
John aprì le valige e cominciò a sistemare le cose nella parte di armadio che non era occupata dalle camicie dell'altro abitante della stanza.
- E tu chi sei?-
Una profonda giovane voce dietro di lui lo fece sobbalzare.
John si girò trovandosi davanti un ragazzo pallido, magro con dei capelli ricci e mori e uno sguardo penetrante
- Emh..sono John Watson, e tu? - 
- Non credevo mi avrebbero assegnato un altro compagno di stanza, ma il prof Xavier è così no? Sempre molto fiducioso. - Replicò sdegnato il misterioso ragazzo.
- Sono Sherlock Holmes comunque -
Il ragazzo pigramente si sistemò sul letto, facendosi spazio tra i libri che avevo sparpagliato. - Così i tuoi non ti volevano più a casa, e direi che non vogliono nemmeno che tu ritorni - Affermò tutto ad un fiato, fissando John, incurante dello sguardo arrabbiato e ferito che si era dipinta sul volto del biondo.
- E tu che ne sai?- chiese infastidito. - Aspetta, è questo il tuo potere? sei un telepate?- Esclamò inorridito John, temendo di dover dividere la stanza con qualcuno capace di leggere tutti i  suoi pensieri.
- Ma figurati, ho solo utilizzato la mia intelligenza.  Hai circa 17 anni, i poteri mutanti si manifestano molto prima, impossibile che i tuoi genitori non se ne siano accorti. Probabilmente all'inizio hanno fatto finta di niente ma poi è successo qualcosa che li ha costretti a prendere questa decisione. O forse hai spaventato tuo fratello e hanno deciso di preferire il non mutante. Inoltre hai due valigie molto grandi, credo tu abbia messo dentro tutta la roba che avevi a casa, quindi non farai ritorno dai tuoi genitori; di solito tutti vengono per una settimana di prova e portano un trolley, non vestiti per tutte le stagioni. No decisamente sei qui per restare. -
John non sapeva se prenderlo a pugni o applaudire ma alla fine era talmente stanco e talmente stufo di nascondersi che decise di commentare chiedendo - come fai a sapere che...-
- Che hai un fratello? Elementare, la tua valigia ha le inziali H.W., che decisamente non sei tu John. Aveva un precedente proprietario. Sembra una valigia maschile, per cui tuo padre? no ha uno stile troppo giovanile e poi se ha deciso di parcheggiarti qui non penso gli interessi lasciarti qualcosa di suo. No deve essere di qualcun altro, qualcuno a cui mancherai. -
- Straordinario!- Si ritrovò ad affermare John senza rendersene conto.
- Davvero? Non me lo dice mai nessuno - esclamò stupito Sherlock.
- Se non sei un telepate qual è il tuo potere allora?- chiese curioso John.
- Tu devi avere un potere o molto banale o molto interessante invece - Continuò imperterrito Sherlock.
- Non riesci a dedurlo? -
- Non deve essere un potere violento o molto attivo perchè non hai bruciature o altri segni, tipici di chi non sa usare il suo potere. Ma non sei nemmeno un telepate, quindi cosa fai John?-
John sorrise, era la prima volta che qualcuno era genuinamente curioso del suo potere.
- Posso curare le ferite, mie e degli altri. Mi basta tendere la mano sopra la ferita, una volta sono riuscito anche solo guardando il polso fratturato di mia sorella a rimetterlo a posto -
-Sorella? -
- Si nessun fratello, solo una sorella -
Sherlock arrossì infastidito, non sopportava sbagliare.
- Curi le ferite, le fratture. Sorprendente John - Il biondo sorrise felice, come se per la prima volta fosse in grado di sorridere dopo tanto tempo.
- E tu cosa fai? -
Le labbra di Sherlock si sollevarono in un leggere sorriso compiaciuto, dopotutto poteva essere interessante avere un compagno di stanza.

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Capitolo 2
*** Nuovi incontri e nuovi poteri ***


cap 2 cap. 2 - Nuovi incontri e nuovi poteri

John  quasi non riuscì a chiudere occhio  durante la prima notte nella nuova scuola. Pensava alla sua casa, a Harry che lo svegliava a cuscinate, all'odore del caffè la mattina.
 La scuola non sembrava male e il suo eccentrico compagno di stanza quantomeno era un soggetto interessante ma di certo non si sentiva a casa. Si addormentò giusto un'ora, il tempo di svegliarsi e constatare che Sherlock non era già più nella stanza. Non gli sarebbe dispiaciuto fare due chiacchiere prima di andare a lezione ma in mancanza del moro non poteva fare altro che prepararsi ad incontrare gli altri studenti.
Si diresse svogliatamente verso la cucina ricordando le indicazioni di Kitty e vi trovò un ragazzo e una ragazza che parlavano fra loro.
- Ciao, sei quello nuovo vero? - chiese la ragazza - Io sono Sally e lui è Philip - disse facendo un cenno con la testa verso l'altro ragazzo seduto sullo sgabello.
- Si piacere, io son John Watson -
- Ah, sei il nuovo compagno di stanza di quel psicopatico di Sherlock! - affermò Philip malignamente.
- Psicopatico? Non mi sembra - si limitò a commentare John guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa di commestibile - anzi mi sembra davvero brillante!- aggiunse.
- Era il mio compagno di stanza, una mattina mi sono svegliato e avevo i capelli verdi! - quasi urlò il ragazzo.
- Oh, quindi è questo il suo potere? Può modificare la materia a suo piacimento? o solo i capelli?- chiese curioso John, visto che non era riuscito ad ottenere quella misteriosa informazione da Sherlock.
- Ahah ma cosa dici? Ha usato qualcosa di chimico per i capelli di Phil! Vuoi dire che non ti ha detto cosa può fare quel freak? Il suo potere è l'invisibilità - esclamò Sally.
- Un potere abbastanza inutile - aggiunse Philip.
- Mai quanto il potere di annoiare le persone a morte Philip - esclamò improvvisamente una voce a fianco a loro, che John riconobbe subito come quella di Sherlock, anche se non poteva vederlo - E comunque, sono un sociopatico ad alta funzionalità, informati! -
- Fatti vedere! - urlarono Philip e Sally.
Il corpo di Sherlock riapparve alla sinistra di John il quale non trattenne un sorriso di approvazione - Vedi John, Philip sa essere talmente noioso - sbuffò Sherlock - non ho potuto fare a meno di sperimentare alcune cose su di lui - .
Philip stava per ribattere ma venne bloccato dell'ingresso del professor Lestrade.
- Ragazzi, veloci con questa colazione, le lezioni vi aspettano - .li esortò il professore.
John non se lo fece ripetere due volte, afferrò al volo due pezzi di torta e uscì dalla cucina seguito da Sherlock che non dimenticò di voltarsi verso Sally e Philip con un sorrisetto di sfida.
- Simpatici vero? Sono tutti così accoglienti - scandì Sherlock sollevando eloquentemente un sopracciglio.
- E così sai renderti invisibile .E' pazzesco, puoi andare dappertutto, fare quello che vuoi, è incredibile! - esclamò entusiasta John.
- Tu non hai mai visto altri mutanti a parte te vero? - commentò ironicamente Sherlock.
- In effetti no, tranne quello che si vede alla tv -
- Bè avrai di ché restare stupito qui allora - Sorrise Sherlock scomparendo letteralmente dalla sua visuale, lasciando John solo e  imbambolato nel mezzo del corridoio.

John si recò alla sua lezione immaginando che Sherlock, di un anno più giovane, frequentasse lezioni diverse. All'ora di pranzo John iniziò a cercare il moro sperando di poter pranzare con lui. Non capiva perchè, ma era l'unico con cui si sentiva a suo agio.
- Scusate, avete visto Sherlock? - chiese John ad un gruppetto di ragazzi intenti a fissare un ragazzo che continuava a passare attraverso i muri al solo scopo di ricevere un applauso.
- No, ma sai, è difficile vederlo no? - gli  rispose strizzando l'occhio uno del gruppetto.
John sospirò,  pensando "umorismo da quarta elementare" ma di Sherlock non c'era proprio traccia e John dovette accontentarsi di rivederlo in camera la sera.
- Ti ho cercato tutto il giorno! - esclamò John entrando in camera.
- Perchè? - esclamò stupito Sherlock.
- Bè pensavo che potevamo pranzare assieme o fare due chiacchiere - rispose John sedendosi sul letto - Ti sembra tanto strano? -
- Un po', di solito nessuno vuole pranzare con me - esclamò incolore il moro, lasciando John un po' stranito e un po' dispiaciuto.
Rimasero a fissarsi qualche minuto finchè John non decise di rompere il silenzio - E così il tuo potere è l'invisibilità -
- Mi sembrava ne avessimo ampiamente parlato, è una tua abitudine ripetere l'ovvio? -
- E tu sei sempre così cordiale? -
Sherlock sorrise all'affermazione di John e lui di rimando gli fece un ampio sorriso che rallegrò il moro, lasciandolo stranito. Sherlock non era tipo da sorrisi e conversazioni amichevoli ed era abituato ad essere lasciato in disparte, come quello "strano". Ma John lo trattava come qualcosa di simile ad un amico.
Il biondo si alzò rendendosi conto che non aveva ancora finito di sistemare le cose nell'armadio. Forse solo ora si sentiva pronto ad accettare la nuova sistemazione. John spostava con una certa lentezza le cose dalla valigia all'armadio quando, involontariamente, inciampò nella cinghia della valigia rovinando verso un mobiletto e trascinando con sè qualcosa di legno che non riuscì a vedere e di cui, curiosamente, non sentì il tonfo.
Quando si rimise in piedi vide una cosa incredibile. Quella "cosa di legno" era in realtà un violino che era rimasto sospeso in aria protetto da un campo di energia.
- Oh mio Dio, sai fare anche questo? - Urlò John stupito guardando il moro.
Sherlock aveva la mano tesa verso il violino che scendeva dolcemente verso il pavimento, protetto dal campo energetico.
- Si, ecco, è una stupidata, non riesco a fare altro che questi piccoli campi di energia attorno agli oggetti. Sarebbe più utile attorno alle persone -  Esclamò mesto Sherlock.
- A me sembra fantastico, e poi i tuoi poteri devono ancora evolvere no? - Sorrise incoraggiante John.
Sherlock guardò John sorpreso e senza dire una parola prese in mano il violino e si mise a suonarlo, assorto nei suoi pensieri, facendo da colonna sonora al biondo che aveva deciso di continuare a riporre  le sue cose nella stanza.
John stava sistemando alcuni fumetti nella libreria quanto Sherlock smise di suonare.
- Comunque avevo da fare, è successa una cosa strana nella stanza del pericolo - Esclamò il moro tutto ad un tratto.
- Scusa cosa? - Chiese stupito John, non capendo che Sherlock aveva ripreso la conversazione iniziale.
- E' la stanza dove si simulano i combattimenti. Una ragazza è rimasta ferita, credo si chiami Mary. Ero curioso di capire se era successo per caso o...-
- Aspetta - lo interruppe John - C'è una ragazza ferita? Io posso curarla! Dove si trova adesso? -
- Tranquillo, il professore non ti chiamerà mica ogni volta che qualcuno si fa una taglietto o, nel caso della ragazza, si rompe una gamba. Non sei nemmeno sicuro di saper controllare il tuo potere, potresti peggiorare le cose,  Xavier non ti lascerà toccarla.  -
John non ascoltò il resto del discorso di Sherlock e uscì di corsa dalla stanza diretto all'infermeria. Se c'era un motivo per cui era contento di essere nella scuola era proprio per poter usare i suoi poteri per aiutare gli altri.

Angolo autrice
Ciao a tutti, un mega grazie a chi ha recensito e a chi ha messo la storia tra le seguite, ricordate, preferite e a chi ha semplicmeente letto.
Siamo appena all'inizio, ma spero la storia vi stia piacendo!
Piccola precisazione, per i poteri di Sherlock ho preso "in prestito" quelli di Violetta de Gli incredibili. Non me ne sono nemmeno resa conto all'inizio, ma mi sembrano adatti!

Un bacione e alla prossima.

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Capitolo 3
*** Fidati di me ***


Mary Cap. 3 - Fidati di me


John arrivò di corsa in infermeria. Non aspettava altro che poter usare il suo potere, poter dimostrare a tutti che non era un mostro, che i suoi vicini si erano sbagliati, che i suoi genitori non l'avevano capito. Voleva che qualcuno lo guardasse come una persona normale che poteva fare del bene.

La sua mente ritornò a quell'episodio di qualche mese prima. Sarah, la sua ragazza nonché vicina di casa, si stava arrampicando sulla grande quercia che aveva in giardino. John l'aveva vista da oltre la staccionata di casa e stava per raggiungerla allegro quando Harry lo aveva chiamato in casa. Di malavoglia era rientrato per sentire quale fosse l'urgente problema  della sorella ma improvvisamente aveva sentito un urlo provenire dal giardino dei vicini. John si era girato di scatto e si era messo a correre in direzione dell'urlo. Quello che vide poi lo pietrificò:  Sarah era a terra priva di sensi. Doveva essere scivolata mentre si stava arrampicando e aveva sbattuto violentemente la testa contro un sasso. La madre era corsa fuori appena aveva sentito la figlia urlare mentre il padre era rimasto in casa per chiamare l'ambulanza.
John aveva guardato la sua splendida ragazza a terra e non ci aveva pensato due volte prima di tendere la mano e provare a curarla con il suo potere. Quando la madre di Sarah, in ginocchio vicino alla figlia, aveva capito quello che stava succedendo e cosa John voleva fare lo aveva scansato violentemente - Allora è vero quello che si dice di te! Non toccare la mia bambina, mostro!-

- Io posso aiutarla, si fidi di me la prego - l'aveva implorata John,  tentando di concentrarsi nuovamente su Sarah.
- Vattene! - aveva gridato il padre di Sarah che era corso in giardino richiamato dalle grida della moglie. John lo aveva guardato supplichevole, iniziando a spiegare che era in grado di curarla e che poteva davvero aiutarla.
Il padre di Sarah lo aveva preso per un braccio trascinandolo verso casa di John, dove tutta la famiglia era accorsa a guardare immobile la scena - Vattene e non avvicinarti mai più a mia figlia!!! - aveva gridato ancora più forte tra i singhiozzi della moglie.
John voleva replicare ma era stato trattenuto dai suoi genitori - Basta John, hai già fatto troppi danni - 
Per John era stato come se lo avessero trafitto, solo Harry gli aveva fatto un abbozzo di sorriso e una carezza sulla spalla.
Era rimasto fermo in giardino a guardare l'ambulanza che portava via la sua ragazza e ogni speranza di una vita normale. Voleva solo aiutarla, perché non lo avevano capito? perché non si erano fidati di lui?
I genitori di John avevano smesso progressivamente di parlargli nei giorni seguenti; gli avevano detto di non fare mai sfoggio dei suoi poteri in presenza di estranei.
Non era quello che aveva fatto, non aveva fatto sfoggio di niente, voleva solo salvare Sarah! Ma nessuno gli aveva dato retta. Sarah venne dimessa un mese dopo e le venne proibito di rivolgere la parola a John. Non riuscì nemmeno a salutarlo quando fu caricato in auto alla volta della nuova scuola per giovani dotati.

Quando John entrò nell'infermeria vi trovò una ragazza bionda, distesa su un lettino, con la gamba ingessata. John si avvicinò con cautela, non voleva spaventarla né svegliarla di soprassalto. "E' proprio carina" pensò tra se guardandola.
- Sei venuto qui per fissare la ragazza con la gamba rotta? - esclamò lei che evidentemente non stava dormendo.
- Scusami, io non volevo..mi chiamo John -
- Mary - si tirò piano su la ragazza sorridendo incoraggiante.

Sherlock aveva guardato perplesso John uscire di corsa dalla camera. Aveva qualche limite nel capire i sentimenti degli altri e non riusciva a classificare la reazione di John. Era andato dalla ragazza perché gli piace salvare le fanciulle in pericolo? perché gli piaceva fare sfoggio dei  suoi poteri? o semplicemente perché voleva aiutare gli altri?
Sherlock propendeva per l'ultima ipotesi e una parte di lui, una molto nascosta, sperava non fosse la prima opzione. Incuriosito dalla situazione e dalla possibilità di parlare con la ragazza per chiederle l'esatta dinamica dell'incidente decise di seguire John, rendendosi invisibile.

Quando Sherlock arrivò in infermeria John stava chiacchierando con Mary. Anzi, come ebbe modo di osservare Sherlock, si stava comportando come quei ragazzi stupidi che cercano di sembrare simpatici e brillanti per fare colpo sulle ragazze. E dallo sguardo languido di Mary sembrava ci stesse riuscendo.
Sherlock trovò alquanto fastidioso il loro comportamento, in particolare quello di John, al punto che quando vide la mano di lui avvicinarsi "pericolosamente" alla mano di lei  finì per sbattere contro uno dei mobili dell'infermeria, con l'inaspettato esito che il biondo si voltò di scatto spostando la sua mano dalle dita di Mary.
- Sherlock? - chiese prudentemente John.

Il moro riapparve cercando di mantenere un'espressione gelida - Avevo pensato di seguirti per vedere se potevo fare qualche domanda a Mary - disse tutto ad un fiato, ricacciando in gola frasi come "per evitare che facessi il cascamorto con lei".

John lo squadrò sorridendo - Bè signor detective la prossima volta dovresti evitare di sbattere contro gli armadi, ti sei procurato un taglio in testa - disse il biondo indicandogli una ferita sulla fronte, appena nascosta da una ciocca di capelli.
- Vieni qui, ci penso io - gli disse John, con un tono divertito e dolce al tempo stesso.
Sherlock esitò un attimo, non si era mai fidato di nessuno e di certo non aveva mai fatto volutamente da cavia agli esperimenti di qualche giovane mutante ancora inesperto nell'uso dei suoi poteri, soprattutto dal momento che la ferita si trovava così vicina al suo prezioso cervello.
- Fidati di me Sherlock - quasi supplicò John, avvicinandosi lentamente.
Sherlock deglutì appena quando il biondo si posizionò a meno di mezzo metro da lui. La prossimità gli aveva sempre dato fastidio ma con John la cosa sembrava essere diversa, solo non capiva perché improvvisamente le sue mani avevano iniziato a sudare. Il biondo alzò la mano destra sopra la fronte di Sherlock mentre con la sinistra gli spostò la ciocca di capelli che copriva la ferita, sfiorandolo dolcemente. Sherlock trattenne il fiato quando sentì una sorta di calore sulla fronte. Per tutto il tempo tenne gli occhi a terra, incapace di guardare John negli occhi, tranne per un attimo, quando lo sguardo di ghiaccio del moro incontrò i profondi occhi blu del biondo.

- Scusate, ci sarei anch'io -  esclamò Mary infastidita, seduta sul lettino intenta a fissarli.
Sherlock e John si ripresero come da uno stato di trance e Sherlock guardò Mary di traverso.
- Mi avevi detto che potevi curarmi la gamba e sto ancora aspettando - continuò lei.
John sembrava stranito ma ritornò da Mary, pronto a rietterle a posto la frattura.
- Non mi sembravi così convinta fino a qualche minuto fa - le disse John.
- Non ti avevo ancora visto all'opera - ammiccò lei.

Sherlock decise di interropere quello scambio di sorrisi facendosi serio.
- Cos'è successo nella stanza del pericolo? - chiese ponendo fine alla ritrovata alchimia tra Mary e John.
- Scusa? - rispose Mary.
- Nessuno di noi ragazzi si ferisce gravemente nella stanza del pericolo, mi spieghi cosa è successo? -
- Niente di ché - fece lei leggera - un'esplosione vicino a me, sono caduta ed ecco la frattura -

Una sola parola ruotava in testa di Sherlock: "bugiarda". Ma non fece in tempo ad approfondire perché il professor Lestrade entrò nell'infemeria. Si fermò un momento a guardare lo strano trio. Non era abituato a vedere Sherlock Holmes con altri compagni di scuola.
- Cosa ci fate qui?- 
- Niente, volevamo salutare Mary - affermò sbrigativo Sherlock, provocando  in Lestrade un' alzata perplessa di sopracciglio.
- Posso aiutarla con il mio potere, posso guarirla! - Intervenne John.
- Nessuno studente può usare i suoi poteri sugli altri ragazzi, soprattutto se ci sono di mezzo fratture Watson - Gli rispose pratico il professore - forza tornate nella vostra camera e non disturbate più la signorina Morstan, per nessun motivo - sottolineò Lestrade girandosi verso Sherlock.
John e Sherlock si scambiarono un'occhiata e si diressero fuori dalla stanza. Sherlock ignorò totalmente Mary mentre John la salutò calorosamente.

Arrivati nella loro camera Sherlock si mise disteso sul letto a riflettere; perché Mary aveva mentito? chi poteva aver modificato le impostazioni della stanza del pericolo? e perché John sembrava attratto da lei? no quest'ultimo pensiero non c'entrava.
- Tutto bene? - fece John interrompendo il filo dei suoi pensieri.

Sherlock rimase ancora un po' in silenzio, giusto per riflettere su quale era la cosa più appropriata da dire. - Credo che Mary nasconda qualcosa - affermò incolore.
- Non credo - rispose veloce John - comunque che potere ha? -
- Assorbe i metalli e li trasforma in proiettili che spara dalle mani - rispose Sherlock senza guardare il biondo. 
- Meglio non farla arrabbiare allora - rise John.
Sherlock gli lanciò un'occhiata infastidita che John non riuscì a vedere, impegnato a indossare il pigiama.
- Quella cosa che hai fatto prima, per me - disse Sherlock fissando il pavimento - Bè, ecco,  grazie - affermò quasi perplesso che quelle parole fossero uscite dalla sua bocca.
John gli sorrise allegro - Figurati, se posso essere utile...e grazie di esserti fidato di me -
Sherlock si girò a guardarlo soppensando quello che aveva detto. Si era fidato di John, questo fatto doveva essere catalogato da qualche parte nel suo mind palace. Perchè lo aveva fatto?

Sherlock si fermò a riflettere: non aveva mai avuto amici, erano sempre stati lui, il suo cane Barbarossa e il suo insopportabile fratello Microft, anche lui mutante con il fastidiosissimo potere della vista a raggi x. Cosa serviva poter diventare invisibile se tuo fratello poteva vederti in qualunque posto ti nascondevi? I loro genitori erano sempre stati incoraggianti, non si erano mai vergognati dei loro figli mutanti, anzi ne andavano orgogliosi. Se Sherlock andava nella scuola di Xavier era solo perché speravano potesse trovarsi più a suo agio. I suoi genitori erano dispiaciuti nel vederlo sempre solo e da quando Barbarossa era morto passava molto più tempo nascondo nell'invisibilità, come se il suo potere potesse fungere da corazza per proteggerlo dal resto del mondo.

- John, presumiamo che tu abbia ragione e che Mary dica la verità. No succede mai, la stanza del pericolo è progettata per non essere a rischio, sono simulazioni con il computer. Lei non è semplicemente caduta e si è fatta un taglietto, si è rotta la gamba. Dobbiamo parlare con gli altri che erano nella stanza con lei-  esclamò Sherlock uscendo dal suo mind palace.
- Chi sono? - fece John sbadigliando.
- Molly Hooper, Sebastian Moran e Ciclope -
- Dobbiamo "interrogare" anche un professore quindi? - rise John
- E' una cosa seria se qualcuno vuole fare del male agli altri John -
John sembrò colpito dall'ultima frase del moro - Ok ti aiuterò - 
Sherlock sperò davvero che fosse perché voleva aiutare Lui ed evitare altri incidenti e non perché qualcuno aveva attentato in particolare alla vita di Mary.

Angolo autrice
Sto aggiornando spesso perché ho qualche giorno di pausa, poi non penso di riuscire prima del prossimo week-end.
Come sempre grazie a tutti!!!

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Capitolo 4
*** Nude look ***


nude look Cap 4 - Nude Look

Sherlock non chiuse occhio, troppe informazioni vorticavano nella sua testa. Qualcuno aveva sabotato la simulazione nella stanza del pericolo, ma a quale scopo? Era effettivamente Mary il target o c'era qualcosa sotto? E perché Mary aveva mentito? Stava proteggendo qualcuno? O era troppo spaventata per dire la verità? Ma c'erano altre persone, perché nessuno si è accorto di niente?
Il moro non riusciva a far riposare la mente. E poi quel quasi contatto con John, quel qualcosa di stranamente intimo, era qualcosa che non aveva mai provato prima. Senza accorgersene le prime luci dell'alba spuntarono dalla finestra e un nuovo giorno iniziò.

Al contrario di Sherlock, John aveva dormito come un bambino. Si era sentito davvero utile; essere stato ringraziato da Sherlock lo aveva reso felice. Sentiva una sensazione di calore che mancava da tanto nella sua vita. Quando si svegliò si accorse che nuovamente il suo compagno di stanza era uscito senza svegliarlo. Non si stupì più di tanto, aveva capito che Sherlock era a dir poco asociale, finché vide l'anta dell'armadio aprirsi magicamente e un paio di boxer fluttuare nell'aria.

- Mmh...Sherlock?!? -
- Chi vuoi che sia, un attacco di mutande volanti?-
- E perché sei invisivile? -
- Non è evidente dal fatto che ho preso i boxer? Sono nudo -
John ebbe uno strano colpo al cuore e strabuzzò gli occhi, come se concentrandosi potesse riuscire a vederlo.
- Non che sia pudico - continuò il moro - ma non sapevo se per te era un problema è così ho optato per l'invisibilità -
- Non è un problema - disse John velocemente senza renderseno conto - Aspetta, ora che ci penso. Ti rendi invisibile anche quando sei vestito; Tu sei in grado di rendere invisibili anche i tuoi vestiti! -
- Non sei un acuto osservatore vero John? - ridacchiò Sherlock
- Straordinario! - concluse John ammirato. Sherlock riapparve arrossenso.
- Non è niente di ché, è il mio potere -

John non potè fare a meno di osservarlo in boxer, giusto il tempo di pensare che era magro ma con muscoli ben definiti, per poi distogliere lo sguardo velocemente. Ma cosa gli stava succedendo?
 Sherlock continuò a vestirsi mentre John prese le sue cose e si diresse verso il bagno, pronto a fare una doccia per  rinfrescarsi le  idee o almeno per smettere di osservare il suo compagno di stanza.

Quando arrivò l'ora di pranzo Sherlock constatò con sorpresa che John lo aspettava fuori dall'aula.
- Ho dato un'occhiata al tuo orario - buttò lì sorridendo.
Sherlock non potè fare a meno di sorridere e insieme si diressero verso  la sala da pranzo.
- Ecco quella è Molly -fece Sherlock indicando una ragazza con la coda di cavallo che stava seduta in disparte mangiando un panino. -Sediamoci vicino a lei!-
John aveva capito che voleva farle il terzo grado per sapere cosa era successo il giorno prima e lo seguì senza fare domande.
- Ciao Molly questo è John - disse Sherlock prendendo posto di fronte a lei.
- Ciao Sherlock - rispose in un sussurro Molly, diventanto rossa e guardando a terra. John capì subito che la ragazza doveva avere un debole per Sherlock ma dall'indifferenza con cui il moro la guardava aveva anche capito che lui non era interessato.
- Eri nella stanza del pericolo vero ieri? -
- Si ma...-
- Cos'è successo? come si è ferita Mary? - incalzò Sherlock. Il biondo avrebbe preferito che ci girasse un po' attorno, giusto qualche convenevole, ma non era questo lo stile di Sherlock Holmes.
- Un'esplosione vicino a lei, è caduta ed ecco la frattura - rispose decisa Molly.
Sherlock non disse niente ma per un brevissimo momento sembrò aver avuto un'illuminazione. La fissò per qualche minuto e poi di punto in bianco si alzò e si diresse verso il parco. John fece un cenno di scuse a Molly e gli corse dietro.

-Che ti prende? - chiese John trattenendo Sherlock per un braccio.
-Non hai notato? -
-Evidentemente no - fece John spazientito - ha detto esattamente quello che ha detto Mary -
- Precisamente - Sherlock sollevò compiaciuto un angolo della bocca. - Oh andiamo John, non capisci? Molly la conosco da tempo, è timida, non risponde mai in maniera decisa, ma in questo caso si. Era nella stanza del pericolo, c'è stato un incidente, dovrebbe essere un po' scossa, la Molly che conosco lo sarebbe. Invece ha risposto rapidamente, ripetendo quello che ha detto Mary! -
John continuava a guardarlo non capendo dove voleva arrivare - E quindi?! -
Sherlock sembrava stupito, di solito si confrontava con il fratello che deduceva tutto motlo più velocemente di lui, non si era mai messo a spiegare le sue deduzioni, e quando lo aveva fatto era sempre stato deriso da persone come Anderson e Donovan.
- Molly non mentirebbe capisci? Mi sono sbagliato, Mary non mentiva sull'incidente, nasconde qualcos'altro. In ogni caso è evidente che i loro ricordi sono stati modificati e c'è solo un mutante in grado di farlo qui. -
- Aspetta cosa? -
- Hanno detto la stessa cosa, senza sfumature, un ricordo preciso, un'esplosione e la rottura della gamba -
-Qualcuno ha "impiantanto" in loro un ricordo diverso? - John sembrava scosso - Stai parlando del professor Xavier? -
- Precisamente - fece Sherlock in maniera risoluta - resta da capire perché -
- Non dovremmo parlare anche con quel Moran? - chiese John.
Sherlock rimase in silenzio a riflettere.
- Chi è comunque? Non so neanche chi sia o se gli ho già parlato - continuò John.
- Gli hai parlato ieri, stava guardando Jim passare attraverso le pareti -
- Oh, mi stavi già seguendo? -
- Ero da quelle parti e ti ho visto, credevo facessi amicizia con i bulli della scuola -
I due si guardarono e sorrisero nello stesso momento.

Mentre camminavano per i corridoi della scuola Sherlock sembrò notare qualcosa e bloccò John.
- Ma cosa.. - chiese il biondo prima che la mano di Sherlock finisse sulla sua bocca. Il moro lo tirò dietro ad un angolo scivolando piano verso la porta di un ufficio socchiusa. John riusciva a percepire le voci di alcuni professori.
- Professor Xavier credo dovremmo indagare -
- Greg concordo con te che bisogna risolvere la faccenda ma non intendo entrare nella mente di ogni mio studente. Già cancellare i ricordi delle signorine Hooper e Morstan e del sig. Moran non è un'azione che ho fatto piacevolemente -
- Lo so, ma dobbiamo scoprire chi è stato. -
- Appena avrai degli indizi sufficienti interverrò, fino ad allora lo considereremo un guasto. E dopotutto non siamo neanche sicuri che non si sia trattato di questo -
- Un guasto? Lo sa anche lei che è un ipotesi remota -

Sherlock non smise fino a sera di parlare della conversazione origliata e delle possibili implicazioni. Una cosa era certa anche per John, qualcuno aveva sabotato i computer e anche i professori ne erano preoccupati.
- Forse qualcuno lo ha fatto per scherzo, uno stupido scherzo di uno stupido ragazzino - azzardò John.
- Non tanto stupido se è riuscito a riprogrammare il computer, non farsi beccare e tenersi abbastanza lontano dal prof Xavier in modo da non venire scoperto - affermò Sherlock.

Erano di nuovo in camera, Sherlock come al solito stava disteso sul letto mentre rifletteva su quanto scoperto quel giorno quando qualcuno bussò alla loro porta.
- E' aperto - gridò John.
Sherlock si mise seduto, di solito alla sua camera bussavano solo i professori, per rimproverarlo per il suo atteggiamento o per invitarlo ad essere più socievole. Con sorpresa non era un professore ma Mary.
La ragazza entrò aiutata da due stampelle su cui si reggeva con non poca fatica.
- Ciao ragazzi - cinguettò lei.
John sembrò ridestarsi e la invitò a sedersi per riposare la gamba.
- La mia offerta di rimetterla a posto è sempre valida - fece il biondo strizzando l'occhio.
- In effetti sono qui per questo, e per ringraziarti di esserti preoccupato per me. Dopotutto non mi conosci nemmeno -
John sorrise e si preparò a usare il suo potere.
Sherlock rimase in silenzio, era un ottima occasione per studiare Mary e dedurre quanto più possibile su di lei.
John sembrava emozionato, non aveva mai curato una gamba rotta. Tese la mano e si concentrò - sarebbe più facile se non avessi il gesso, crea uno scudo, ma ci proverò comunque - fece lui un po' nervoso.
Mary non sembrava tranquilla, non quanto voleva far vedere, pensò Sherlock, e solo quando John ritrasse la mano sembrò rilassarsi.
- Finchè non togli il gesso non sapremo se ci sono riuscito -
- A me sembra a posto, chiederò alla mia compagna di stanza di togliermelo, ha il potere adatto - fece lei.
- Stai attenta, nel caso in cui..-
- Oh tranquillo, mi fido di te - e gli schioccò un bacio sulla guancia. John non potè fare a meno di sorridere mentre Mary provava a caricare sulla gamba rotta. Era guarita o non ci sarebbe riuscita. Si voltò di nuovo verso John e lo salutò felice uscendo dalla camera.
John sembrava ancora imbambolato - hai visto? -
- Si, hai aggiustato una gamba, bravo- rispose Sherlock con un tono asciutto
- Hai una ragazza Sherlock? - 
Il moro si voltò di scatto, cosa c'entrava adesso? - No, non è la mia area -
- Oh, un ragazzo? -
Sherlock fece per ribattere quando nuovamente furono interrotti da Mary - visto? la mia amica ha fatto sparire il gesso, ti andrebbe di fare due passi fuori John? voglio mostrare a tutti quanto sei bravo -e gli tese la mano. John non se lo fece ripetere due volte, prese la sua mano e si fece trascinare fuori. Prima di aver varcato completamente la soglia si girò verso Sherlock -Vieni con noi? -
- Non mi interessa - rispose piatto.
John si fece trascinare via da Mary lasciando Sherlock infastidito, anche se non capiva del tutto perché.


Angolo autrice

Ciao a tutti i fedeli lettori, spero che la storia vi stia piacendo, se qualcosa non va fatemelo sapere.
Un bacione e un enorme grazie a Toru85 e bicci97 per aver recensito!!!

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Capitolo 5
*** Caring is not an advantage Sherlock ***


Cap. 5  - Caring is not an advantage Sherlock

Dopo tre settimane dal suo ingresso nella scuola John aveva cominciato ad ambientarsi davvero bene. Non sentiva più quella stretta al cuore ogni volta che pensava a casa sua, a Harry e a Sarah. Incredibilmente era felice, aveva dei nuovi amici oltre a Sherlock: aveva conosciuto Mike, un ragazzo del suo anno capace di mimetizzarsi con l'ambiente che lo circondava come un camaleonte e ovviamente Mary, la sua potenziale ragazza. Non era ancora successo niente ma John confidava che durante l'imminente festa che si sarebbe celebrata per Halloween avrebbe avuto la sua occasione.

Sherlock non aveva smesso di indagare sul sabotaggio nella stanza del pericolo ma nonostante le sue numerose visite al computer principale, spesso accompagnato da John, non era riuscito a trovare alcun indizio davvero rilevante. Sapeva che la pista conduceva in qualche modo a Mary ma non riusciva a collegare i fatti, e sentiva di non poterne parlare con John liberamente perché, preso com'era dagli ormoni, non sarebbe stato a sentirlo.

- Da cosa ti vesti per Halloween? - chiese John.
Sherlock gli lanciò uno sguardo interrogativo. Pensava davvero che avrebbe preso parte a quella buffonata? Fece per rispondere ma John continuò ridendo - Stavo scherzando, so perfettamente che non parteciperai ad un festa assieme a noi comuni mortali -
Sherlock sorrise per un attimo ma poi si rabbuiò, pensando che sicuramente John sarebba andato alla festa con Mary.
- Perché ci vai? Non capisco cosa ci sia di diventente in un mucchio di ragazzi che si ubriaca, balla scompostamente e... -Sherlock lasciò il discorso in sospeso come se non fosse sicuro di come continuare la frase.
- Si baciano? Pomiciano? Fanno sesso selvaggio? completò John ridendo dell'imbarazzo di Sherlock.
Il moro lo guardò sprezzante - Ma per favore! Ormoni, ecco come si chiama tutto ciò -
John scosse la testa, cominciava a chiedersi se Sherlock avesse avuto almeno qualcosa di simile ad una esperienza sentimentale.
- Quindi è questo che intendi fare?- riprese Sherlock.
- Spassarmela intendi? - chiese John tra il divertito e l'esasperato.
- C'è qualcuno che attenta alle vite degli studenti, mi sembra più interessante che fare quello che hai detto - 
- E' solo una sera, proprio per Halloween vuoi indagare? - chiese esasperato John, notando che Sherlock aveva evitato accuratamente di dire sesso o altri sinonimi.
Sherlock lo guardò torvo e si rimise a leggere il suo trattato di chimica.

La giornata trascorse tranquilla fino all'ora di pranzo. John stava camminando per il corridoio accompagnato da Mary che ormai non lo lasciava mai solo, salvo quando era impegnato nell'indagine di Sherlock che per il momento sembrava ferma ad un punto morto, quando sentì delle grida e delle risate provenire dal salone.
Quando arrivò quello che vide gli fece stringere i pugni e senza neanche rendersene conto aveva lasciato la mano di Mary ed era corso in mezzo alla zuffa. Sherlock era coperto di vernice circondato da alcuni bulletti, tra cui Sebastian Moran.
- Lasciatelo stare! - gridò John facendosi largo in mezzo agli altri ragazzi. Ma dove erano i professori quando servivano, pensò fra se.
Sherlock si voltò stupido, la vernice che colava dai capelli.
- Che diavolo è successo? - gli chiese John avvicinandosi.
- Niente che ti riguardi Johnny boy!-
John si girò e vide il ragazzo che il primo giorno aveva visto attraversare le pareti.
- Sono Jim, Jim Moriarty, non credo ci abbiano presentato -
John lo guardò con aria di sfida, la voglia di prenderlo a pugni era altissima e non riusciva nemmeno a capire perché era così agitato, di solito non era uno che si buttava in mezzo alle risse.
- Sai Johnny, stavamo solo dando una lezione di educazione a mister invisibilità, converrai con me che per vedere qualcuno che è invisibile un po' di vernice serve no? - continuò non curante della rabbia che stava crescendo in John, anzi con chiaro intento di provocarlo.
- Curioso - continuò Jim - che renda invisibile i suoi vestiti ma non la vernice, che poteri scarsi Sherlock! - affermò fissando il moro - Strambo e scarso non trovate? - concluse cercando l'approvazione dei ragazzi intorno.
Sherlock non fece in tempo a ribattere a tono che John si avventò su Jim, il quale era rimasto talmente stupido del rapido gesto che non aveva fatto in tempo a scansarsi. Tuttavia John non aveva considerato che era circondato da altri mutanti amici di Jim, tra cui Sebastian che aveva già trasformato il suo braccio in un pugno d'acciaio pronto a scagliarlo in faccia a John.
Ma quel pugno non giunse mai a destinazione. Nel silenzio generale rimase bloccato da una campo di energia. John mollò la presa da Jim e si girò a guardare la fonte di quel campo di energia: Sherlock era riuscito a controllare il suo potere e aveva creato una barriera tra John e Sebastian.
- Cosa succede qui?- La voce di Lestrade riportò tutti alla realtà. Sebastian abbassò il pugno e Sherlock abbassò le mani, eliminando il campo. - Allora? - gridè più forse Lestrade.
Nessuno gli rispose.
- Molto bene, Holmes vai a farti una doccia! Watson, Moriarty e Moran siete in punizione.
- Non finiamo dritti dal preside?- chiese sprezzante Jim.
- Per tua fortuna il prof Xavier è a Washington, quindi seguitemi. -

John ritornò alla sua stanza alcune ore dopo; aveva cucinato per tutti gli studenti e secondo Lestrade  era sufficiente come punizione. Stava per entrare quando sentì che Sherlock stava parlando con qualcuno, ed era una voce mai sentita.
- Non capisco come tu riesca sempre a metterti nei guai - stava dicendo la voce di un adulto, o comuque qualcuno più grande di loro.
- Ho solo detto quello che pensavo, perché deve essere sempre colpa mia? - sbuffò Sherlock
- Perché non sei in grado di tenere a freno la tua lingua! - 
- La mia intelligenza non ha l'interruttore Mycroft -
- Greg mi ha detto che i tuoi poteri sono inaspettatamente aumentati - 
- Lo chiami per nome adesso?- chiese ironico Sherlock.
- Curioso comunque, non hai mai creato campi di forza per salvarti dai bulli ma sei riuscito a farlo per evitare che picchiassero il tuo compagno di stanza, cosa devo dedurre da questo? -
Sherlock aveva capito benissimo dove suo fratello voleva andare a parare - Fatti gli affari tuoi! come va la dieta? -
- Non cambiare discorso Sherlock, come ti ho già detto una volta avere dei sentimenti non è un vantaggio e... - Microft si girò verso la porta incuriosito da un sospiro - E c'è qualcun che ci sta origliando! - affermò usando il suo potere per vedere attraverso la porta. - Venga pure sig. Watson! -
John aprì piano la porta in evidente imbarazzo- Chiedo scusa, ma...non volevo interrompervi. -
Mycroft fece un gesto teatrale a John invitandolo a sedersi. John guardò Sherlock per assicurarsi che stesse bene dopo la zuffa del pomeriggio e notò solo allora che aveva un labbro rotto.
- Ho detto siediti - riprese Mycroft.
- E se volessi stare in piedi? - chiese duro John.
Microft fece un sorrisetto infastidito mentre quello di Sherlock era decisamente ammirato.
- Dividi la stanza con mio fratello da parecchio tempo, com'è viverci assieme? -
- Non mi annoio mai - concluse John capendo finalmente chi era quel personaggio nella loro stanza.
Microft lanciò un'ultima occhiata di rimprovero a Sherlock e poi uscì dalla loro camera.

- Quello era tuo fratello? -
Sherlock annuì.
- Simpatico- fece John ridendo.
Sherlock non potè fare a meno di ridere con lui.
John si avvicinò piano a Sherlock sedendosi sul letto accanto a lui.
- Ti metto a posto il labbro?- chiese John facendosi ancora più vicino. Il cuore di Sherlock perse alcuni battiti, erano successe troppe cose quel giorno, troppe emozioni. Era stato accerchiato da quegli stupidi ragazzi, cosa che succedeva periodicamente, lo avevano deriso, aveva tentato di filarsela ma sta volta lo avevano bloccato senza possibilità di "svicolarsi". Era solo contro sei che lo spintonavano e prendevano a pugni e con un potere di mera difesa come l'invisibilità reso innocuo dalla vernice. Era abituato a queste situazioni, prima ancora di scoprire di essere un mutante era già "quello strano" per tutti, era sempre stato solo.  Questo finché non era apparso John, nessuno si era mai messo in mezzo per lui. E poi era accaduto l'inaspettato, non si era neanche reso conto di aver messo un campo energetico tra John e Sebastian, aveva solo pensato "devo salvare John, devo salvare John".
- Sherlock sei qui? - chiese John notando che Sherlock era completamente perso nel suo palazzo mentale.
Il moro si girò verso John e mormorò piano un grazie, che nascondeva tanti sentimenti che non era in grado di esprimere.
John alzò delicatamente la mano verso le labbra di Sherlock e rimise a posto la bocca gonfia a causa del pugno. John indugiò più di quanto avesse dovuto sulle labbra del moro, fissandole come qualcosa di incredibilmente attraente. Rimasero così alcuni secondi finché Sherlock decise di spezzare la tensione - Visto? hai conosciuto Sebastian alla fine -
John abbassò la mano e sorrise. Avrebbe voluto accarezzare i capelli di Sherlock e dirgli che adesso c'era lui e che sarebbe sempre stato dalla sua parte, ma dall'occhiata che si scambiarono capì che non sempre occorreva dire le cose ad alta voce.



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Capitolo 6
*** Kiss Kiss ***


Cap. 6 Kiss kiss

Sherlock era inquieto, continuava a fare ricerche sul suo portatile nella speranza di avere delle risposte. La domanda fondamentale che continuava ad assillarlo riguardava i suoi poteri. Perché non riusciva a controllarli con la ragione ma aumentavano a dismisura quando era preda dei sentimenti? Solo pensare alla parola "sentimenti" lo aveva scosso, un tremito di disgusto mentre si concentrava sull'importanza della fredda ragione che aveva sempre venerato. Doveva restare concentrato. Eppure aveva scoperto di potersi rendere invisibile solo a causa delle emozioni: da piccolo voleva isolarsi perché a scuola i bambini lo deridevano e quando tornava a casa non voleva che nessuno gli chiedesse come stava, o cosa era successo. Così un giorno era sparito nel nulla. Sarebbe rimasto nascosto per giorni se suo fratello non lo avesse individuato. Forse era stata l'unica volta che lo aveva visto davvero preoccupato. Incredibilmente anche Microft, ogni tanto, perdeva il freddo controllo.

E poi era successo l'incredibile, aveva salvato John. Niente di ragionato, solo pura emotività.

E questo lo portava alla seconda domanda: perché John aveva indugiato ad osservare le sue labbra dopo averle curate? Questa risposta richiedeva conoscenze che Sherlock non aveva, era completamente inesperto nel ramo "relazioni con altri esseri umani" e soprattutto nelle relazioni intime. Sherlock si chiedeva come sarebbe stato baciare John: dove avrebbe messo le mani? E la testa? Doveva inclinarla? Per forza, altrimenti i loro nasi avrebbero sbattuto l'uno contro l'altro. E gli occhi? Chiusi o aperti? Apparentemente vari forum trattavano l'argomento "primo bacio" e il "bacio perfetto" ma si limitavano a considerazioni prive di valore scientifico. Sherlock era ancora più confuso. Non capiva come fosse arrivato a consultare dei forum sui primi baci partendo dai suoi poteri.

Sbuffò una, anzi due volte. Poi si mise a guardare fuori dalla finestra. Il rumore della porta  che si apriva lo colse alla sprovvista e chiuse di scatto il suo portatile.
- Cosa combinavi? Erano piani segreti per la distruzione del pianeta? chiese John divertito.
- Certo che no, una ricerca - Fece Sherlock leggero, appuntandosi mentalmente di cancellare la cronologia di internet. - Già te ne vai ? chiese il moro con una punta di tristezza osservando John prendere un libro e dirigersi verso la porta.
- Si faccio due passi con Mary...vuoi venire anche tu? -
- No grazie -
Sherlock pensò che era inutile continuare a pensare a come sarebbe stato baciare John, non sarebbe mai successo. John avrebbe baciato Mary e fine della storia. E poi John non era gay.

Sbuffò nuovamente, ancora più stizzito e uscì dalla stanza.
- Bastardo! - sentì urlare la voce di Sally.
- Sally scusa io non capivo cosa facevo - ripeteva Philip.
Sherlock rise fra se, immaginava che prima o poi Sally avrebbe scoperto dei tradimenti di Philip. Ma non fu l'unica situazione strana. Diversi ragazzi sembravano come in trance.
- Sherlock! - urlò Mike - L'hai vista? -
- Non so di chi o cosa parli -
- E' stupenda - affermò trasognante.
Sherlock pensò che qualcuno aveva drogato i ragazzi, Philip era un'idiota ma Mike gli era sembrato sempre piuttosto tollerabile.
- Eccola, è una nuova studentessa, si è trasferita qui dal New Jersey - fece Mike indicando una ragazza dai capelli castani, vestita con un tubino bianco.
La ragazza passeggiava con movenze da sirena e lentamente di avvicinò a Sherlock - Irene Adler, e tu sei?-
Sherlock sogghignò -Stupito dall'idiozia dei miei compagni. Come funziona? il tuo potere è di incantare gli uomini? con cosa? con la voce o feromoni che liberi nell'aria? - Chiede il moro.
- Incredibile, pochi uomini riescono a resistermi - fece lei ammirata.
- La mia mente è molto superiore alla media -
- Non è solo questione di mente mr. Holmes - strizzò l'occhio lei. - Non è il mio unico potere, sono anche molto flessibile. Ti piacerebbe una dimostrazione pratica?- chiese lei facendosi sempre più vicino.
- Seduci gli uomini come dimostrazione di forza? Noioso -
 - Sono nuova qui e non conosco nessuno ma mi hanno detto che c'è una festa sta sera, non voglio uscire con qualche schiavetto, di quelli ne ho fin troppi, per cui mi accompagni tu? - continuò lei, non abituata a non essere venerata da ogni ragazzo.
- Non mi interessano le feste -
- Bene - Affermò lei sensale.
Sherlock fece per andarsene quando con la coda dell'occhio vide John passeggiare mano nella mano con Mary.
- D'accordo - rispose freddo.
- Come? -
- Ti accompagno alla festa -
Irene sorrise non troppo stupita e continuò ancheggiando la sua camminata per il corridoio.
Sherlock rimuginò fra se, lo faceva perché aveva bisogno di indagare in mezzo agli studenti per scoprire chi era stato a sabotare il computer, non perché voleva tenere d'occhio John.

Quando John tornò in camera vi trovò Sherlock che stava indossando una camicia color porpora e un completo.
- Esci? - chiese stupito.
- Vado alla festa - rispose con noncuranza Sherlock.
John si sentì come schiaffeggiato - Oh, ma cosa farai alla festa? -
- Che intendi? -
- Bè alle feste le persone parlano, ballano... -
- Forse è quello che farò -
Rimasero in silenzio a guardarsi. John non sapeva cosa dire che non sembrasse offensivo, come ad esempio "ma nessuno parla con te a parte me".
- Ok, bè allora ci vedremo lì, credo - concluse John imbarazzato.
- Problemi? -
- No -
- Sembri imbarazzato John -
Era vero ma non voleva portare la conversazione a loro due. Aveva passato troppo tempo a pensare alla sera prima quando aveva guarito il suo perfetto labbro tumefatto.
- Stavo solo pensando al fatto che non so ballare -buttò lì John, giusto per dire qualcosa.
Sherlock lo guardò incuriosito e poi decise di fare qualcosa di impulsivo, lo prese per un fianco e lo guidò in un valzer.
- Sherlock ma cosa?!? -
- Ti insegno a ballare, mi sembra ovvio -
- Non credo balleremo il valzer - commentò John che non riusciva neanche lontanamente a stare al ritmo leggiadro di Sherlock.
- Un,due, tre, Un due tre - scandiva Sherlock, cencando di far acquisire a John il ritmo.
Continuarono così, non stretti ma nemmeno tanto distanti, con il cuore di entrambi che perdeva qualche battito ogni volta che i loro sguardi si incrociavano. Il ché accadeva raramente dato che John era concentrato a guardarsi i piedi per evitare di pestare quelli di Sherlock.
- Speriamo non entri nessuno - fece scherzosamente John.

Quella sera quando Sherlock fece il suo ingresso nella sala della festa con al braccio Irene tutti si voltarono sorpresi. Chi perchè era stupito dal vedere Sherlock con una ragazza, credendolo del tutto asessuato, chi perchè era stupito che quella "sirena" avesse scelto il sociopatico della scuola. Solo John fissava la coppia con gli occhi sgranati per motivi diversi. Una strana stretta allo stomaco lo aveva colpito nel momento in cui aveva risconosciuto quella riccia testa di capelli.
- John tutto ok? - chiese Mary vedendo la faccia sconvolta del ragazzo.
- Come? Cosa? Ah scusa - rispose distrattamente John - Solo che, non so.. io.. -
- John riesci a fare un discorso coerente? -
John smise di guardare in maniera infastidita il suo compagno di stanza, prese Mary per un fianco e improvvisò qualche scoordinato passo di danza. Mary era perplessa ma credeva fosse il caso di assecondarlo.
Mentre volteggiavano per la sala John non smise di guardare a intervalli regolari cosa stava facendo Sherlock con la nuova ragazza. Niente di compromettente, ma la cosa comunque non gli piaceva.
- Devo credere che sei geloso di Sherlock Holmes? - chiese Mary ad un tratto - non fai che guardarlo -
- No, è solo che lui non... - John non sapeva come concludere quella frase - Non ha esperienza! Quella ragazza... - indicò Irene sdegnato - Potrebbe ecco...-
- John cosa stai dicendo? E' la prima vola che sento qualcuno preoccupato che una ragazza si approfitti di un ragazzo -
- Pensi che un uomo non possa essere sensibile? - chiese John quasi indignato.
- Ok si - fece cauta Mary - ma non un sociopatico -  
John rimase in silenzio a chiedersi perché era così nervoso quando vide Irene avvicinarsi a Sherlock e dargli un casto bacio sulle labbra. Sherlock non si era mosso, non aveva nemmeno spostato le mani ma questo era bastato per bloccare John in mezzo alla sala. Mary gli girò il viso con la mano, non capiva davvero quale fosse il problema.
Quando John riguardò nella direzione di Sherlock vide solo Irene, il suo compagno di stanza era svanito nel nulla.
- Scusa Mary devo andare - le disse John, i cui piedi avevano preso vita da soli e si dirigevano verso la porta.
Il biondo corse nel corridoio sperando di incontrare il suo amico quando sbatté contro qualcosa d'inaspettato e si trovò disteso per terra e sorprendentemente proprio sopra a Sherlock.
- Dovresti guardare dove corri - gli disse il moro fintamente infastidito.
- E tu non dovresti andare in giro invisibile -
John si spostò da sopra di lui, lievemente imbarazzato.
- Gentile da parte tua farmi compagnia -
- Dove stai andando? -
- Nell'ufficio del Preside, tutti sono impegnati con la festa, nessuno noterà se prendo in prestito qualche fascicolo -
- Cosa? -
Neanche il tempo di rimettersi in piedi che Sherlock stava correndo verso l'ufficio del prof. Xavier, seguito da John alquanto confuso. Entrarono piano, la porta non era stata chiusa a chiave. Sherlock si diresse direttamente verso gli schedari.
- Incredibile no? Tutto su carta - disse allegro Sherlock estraendo vari fascicoli.
- Che fascicoli prendi? -
- Moran, Moriarty e Morstan... stano vero? tutti i sospetti hanno il cognome che inizia con la M -
- Anche Mary? -
- Ho parlato con Molly, mi ha detto che non era il suo turno. Molly non avrebbe dovuto fare l'esercitazione quel giorno. Toccava a Moriarty. Ma lui si è fatto male durante una lezione e così hanno chiamato lei -
- Quindi? -
- Quindi dobbiamo capire che relazione c'è tra loro tre e cosa nascondono -
John non sapeva cosa pensare, Mary era quasi la sua ragazza e ora Sherlock l'accusava di complottare. Ai danni di chi poi?
- Mary è rimasta ferita! Non può c'entrare -
- Già, chissà se era lei il bersaglio o qualcosa è andato storto in mancanza di Moriarty - fece pratico Sherlock.
John prese la propria cartellina dallo schedario,  curioso di vedere cosa dicevano di lui  -Pazzesco - esclamò leggendo le valutazioni psicologiche.
- Cosa hai trovato? -
- Nella mia cartellina, dicono che sono inspiegabilmente attratto da situazioni e persone pericolose. Come possono dirlo? -
- Bè hai lasciato una festa di sbaciucchiamenti per venire qui con me... - strizzò l'occhio Sherlock mentre leggeva la scheda di Moriarty.
- Qui non è tanto pericoloso, al limite finiremo a lavare i piatti. E poi non ero io che sbaciucchiavo, o veniva sbaciucchiato- concluse offeso.
Sherlock lo guardò divertito e stava per commentare sarcastico quando sentirono un rumore proveniente dal corridoio.

Angolo autrice
Un po' di suspense.
Come sempre grazie millissime a tutti ;) Vi voglio bene..ma se recensite anche di più!!!

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Capitolo 7
*** Mi fido di te ***


Cap. 7 - Mi fido di te

Sherlock prese John per una manica e lo trascinò dietro la scrivania, tenendo ancora stretti con se i fascicoli.
- Sembra che i prof facciano la ronda - commentò a bassa voce John.
Sherlock annuì con la tipica espressione da "non occorre che sottolinei l'ovvio".
- Avremmo dovuto chiudere la porta, non lasciarla accostata - continuò John incurante dell'occhiataccia di Sherlock.
Poi qualcuno spinse la porta ed entrarono i professori Lestrade e Tempesta.
- Ho sentito dei rumori Greg - fece la professoressa.
Lestrade si aggirò per la stanza, camminando anche attorno alla scrivania, ma non vide niente.
- Qui non c'è nessuno Ororo - commentò Lestrade pratico, continuando a guardarsi intorno perplesso.
Alcune grida proveniente dal corridoio attirarono l'attenzione della professoressa.
- Vai pure, io controllo che qui sia tutto a posto - le disse Greg.
Tempesta uscì dall'ufficio pronta a riportare l'ordine nella scuola.
- Non sono un'idiota come pensi Sherlock, sentiamo dei rumori e poi non troviamo nessuno, so che sei qui. Hai intenzione di apparire o devo chiudere l'ufficio a chiave così sarai costretto ad uscire dalla finestra? Sarò comunque lì ad aspettarti - affermò Lestrade tra il divertito e l'esasperato.
Sherlock emerse da dietro la cattedra; quello che Lestrade non si aspettava era di veder apparire anche John. Il professore rimase a bocca aperta.
- Ehm salve - fece John notando lo sguardo stupito del professore il quale lo ignorò completamente e riprese a parlare con Sherlock - I tuoi poteri continuano ad aumentare - 
- Bene, ora abbiamo una chiara visione dell'ovvio - rispose Sherlock. John sogghignò, sapeva che non era educato ma Sherlock riusciva sempre a strappargli un sorriso.
- Spero non correrà a a dirlo a mio fratello - continuò il moro.
Lestrade rimase ancora a fissarlo poi concluse - Voi due siete in punizione, che cavolo ci facevate qui dentro? -
- Ci divertiamo a fare cose pericolose - intervenne John per evitare imbarazzanti domande sull'indagine di Sherlock.
Greg alzò un sopracciglio, sapeva che stavano mentendo ma per il momento preferiva non approfondire.
- Ok forza andare in camera vostra -

Sherlock e John si diressero silenziosamente vero la loro camera.
- Aspetta dove hai messo i fascicoli? - chiese il biondo all'improvviso.
- Li ho qui in mano - rispose Sherlock come se fosse evidente. E dal nulla riapparirono.
- Li hai resi invisibili? Straordinario! - affermò John.
Sherlock lo guardò perplesso - Prima ho reso invisibile anche te solo toccandoti la mano e adesso ti stupisci per dei fogli? -
John sorrise, era stata un'esperienza strana; un attimo prima cercava di "mimetizzarsi" con la scrivania, raggomitolandosi tra la sedia e il tavolo e due secondi dopo Sherlock aveva preso la sua mano e il suo corpo era sparito. John si trovò a riflettere sul fatto che Sherlock gli aveva preso la mano. Raramente Sherlock toccava qualcuno ma di tanto in tanto lo faceva con John: una mano, un braccio. E ogni volta era stata una sensazione strana, molto diversa da tutti i contatti che aveva avuto fino a quel tempo. Gli aveva solo preso la mano e gli era mancato il respiro.

Arrivarono alla loro camera e Sherlock si sedette a terra sparpagliando i fascicoli davanti a lui. John si sistemò sul letto ad osservare la mente del genio al lavoro.
- Perché il prof. Lestrade dovrebbe dire tutto a tuo fratello? Sono amici? - Chiese all'improvviso John.
- Quanto hai origliato quel giorno che è venuto a trovarmi Microft? - Rispose brusco il moro.
- Abbastanza da sentire che lo chiama Greg -
- Già, meglio non indagare oltre - sospirò platealmente Sherlock - Eppure Lestrade continua a chiamarlo Mr. Holmes, ridicolo -  concluse Sherlock. Solo allora gli venne in mente un'informazione che aveva scartato, anzi che non aveva proprio preso in considerazione e rimase come stupito da quello che aveva detto; si alzò di scatto iniziando a passeggiare per la stanza.
- Che idiota che sono -
- Che ti prende? - chiese John perplesso.
- Irene Adler- rispose Sherlock come se fosse ovvio
John lo guardò infastidito al solo ricordo. - Cosa c'entra adesso? -
- Non mi ero presentato e lei mi ha chiamato Mr. Holmes - gli rispose mettendo a posto un tassello. Aveva ingenuamente pensato di essere irresistibile e unico data la sua mente incredibile e l'apparente interesse di Irene per l'intelligenza. Aveva anche detto che l'intelligenza era "molto sexy" mentre la scortava alla festa e lui le aveva creduto. Non aveva capito di trovarsi davanti una vera e propria manipolatrice.
- Perché ti sei lasciato baciare?- chiese ad un tratto John.
- Cosa? - rispose stupito il moro. Aveva ben altro a cui pensare, perché John lo annoiava con quel genere di domande?
- Irene Adler, ti ha baciato. Credevo non ti interessassero queste cose, mi avevi detto che le ragazze non erano la tua area. Credevo intendessi che le relazioni non ti interessano o forse che ti imbarazzano - disse John tutto ad un fiato, sperando che Sherlock confermasse quel pensiero, almeno per quanto riguardava Irene, non in generale.
Sherlock lo guardò soppesando le parole di John - Perché ti da così fastidio? - chiese cercando di catalogare ogni espressione del viso del biondo.
John lo guardò riflettendo sull'effettivo perché, nemmeno lui lo sapeva. Ma non voleva più vedere quella Irene strusciarsi sul suo amico.
- Comunque avrai notato che sono immediatamente sparito - continuò pratico Sherlock - Non ero proprio a mio agio -
John sorrise, avrebbe voluto alzarsi e fare quella cosa che voleva fare da tanto: accarezzargli i capelli! Non sapeva perché ma voleva fare quel gesto da tempo. Ma poi all'ultimo ritraeva sempre la mano.
- Potevi comunque spostarti e non farti baciare, non mi sembra tu abbia opposto una strenua resistenza - continuò John sempre più coinvolto dal discorso.
- Credevo di voler provare, per avere un'esperienza pratica, ma poi ho pensato che non mi andava di andare oltre al contatto labbra su labbra e quindi me ne sono andato, contento? -
- Oh, quindi non ha mai baciato nessuno - pensò John riflettendo sul desiderio di Sherlock di avere un'esperienza pratica.
- Evidentemente no - rispose sempre più a disagio
- E quindi non vuoi baciare nessuno? - chiese John non sapendo se essere felice per il disinteresse di Sherlock per Irene o essere triste per il fatto che Sherlock non voleva approfondire quel tipo di contatto con qualcun altro.
- Non volevo baciare lei, tutto qui - disse Sherlock in evidente imbarazzo.
- E chi allora? - chiese John sempre più interessato.
- John, se hai finito con le chiacchiere da adolescenti possiamo tornare al punto?- affermò Sherlock spezzando il ritmo dell'interrogatorio di John - Lei mi conosceva già! -
- Credi sia interessata a te per qualche motivo? - fece John deluso di aver cambiato argomento.
- Mio fratello è nel Governo - rispose cauto Sherlock - Forse è interessata ad ottenere qualcosa -.

Sherlock rimase in silenzio a riflettere sugli ultimi eventi, entrando nel suo palazzo mentale e isolandosi dal resto. John prese in mano il fascicolo di Mary, tanto valeva scoprire se Sherlock aveva ragione di sospettarla.
Il biondo lesse attentamente ogni informazioni finché non vi trovò una strana discrepanza. Non vi era alcuna informazione su Mary per un intero anno: tra quando aveva compiuto i 15 anni e la data in cui era entrata alla scuola. Non aveva frequentato nessun liceo e non aveva vissuto a casa con i genitori. Non risultava alcuna residenza, niente.
John prese i fascicoli di Moran e Moriarty e notò che il buco temporale si ripeteva per entrambi e per il medesimo lasso di tempo. Poteva essere un caso oppure era l'elemento comune che li univa.
- Ti sei accorto dell'anno mancante? - chiese Sherlock riemergendo dai suoi pensieri.
- Si, pensi voglia dire qualcosa? -
- Sicuramente! Dobbiamo scoprire cosa hanno fatto in quel periodo -
John continuò a fissare la scheda di Mary, Sherlock aveva avuto ragione fin dall'inizio su di lei.
- Non ti crucciare, hanno mandato Mary a sedurre te e Irene a distrarre me - concluse Sherlock fissando gli occhi blu di John.
- Dici che era voluto? -
- Credo proprio di si. Forse non da subito, a questo punto non so se hanno intuito che saresti corso a rimetterle a posto la gamba oppure hanno sfruttato il tuo interesse. Odio non sapere - sbuffò Sherlock.
John si sedette a terra accanto a lui, appoggiando la schiena sul letto del moro.
- Tu mi credi? - chiese ad un tratto Sherlock, temendo la risposta di John. Aveva una folle paura che dicesse che era uno psicopatico paranoico che vedeva complotti ovunque. Praticamente quello che gli dicevano tutti da quando era nato.
John lo guardò intensamente e solo allora capì quanto era fragile quello spocchioso e presuntuoso sedicenne che si comportava come se non gli importasse di niente e nessuno. Aveva creato un muro per proteggersi, anzi, pensò John, creava campi di energia per proteggersi e diventava invisibile per sparire da tutte le persone che lo avevano ferito.
 - Certo che ti credo, mi fido di te - disse dolcemente John - E sarà sempre così - concluse, accarezzandogli finalmente i capelli.  Sherlock deglutì due volte, improvvisamente la sua bocca si era fatta molto secca.
- Dobbiamo studiare un piano per incastrare le tre M - Affermò Sherlock, spezzando nuovamente l'atmosfera che si era creata tra loro.
John annuì appoggiando la testa sul materasso e pensando che la faccenda si stava facendo sempre più ingarbugliata, e non si riferiva al complotto delle tre M ma a quello che stava provando e dove lo avrebbe portato.


Angolo autrice

Ciao a tutti, un mega grazie ai nuovi recensori FrancyBorsari99 e lululove92 e ancora grazie alla fedelissima Toru85 e come sempre grazie a chi legge ;)
Spero la storia continui a piacervi!!! Ho scritto questo capitolo di transizione in modo da aggiornare più spesso almeno nel week end!
Un bacione.

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Capitolo 8
*** La stanza del pericolo ***


Cap. 8 . La stanza del pericolo

Quando John si svegliò la mattina dopo aveva una strana sensazione, aprì piano gli occhi e si rese conto che non solo si era addormentato seduto a terra, schiena al letto di Sherlock, ma anche che il suo riccio compagno di stanza stava dormendo con la testa appoggiata alla sua spalla. John rimase un po' stupito, non erano mai stati così vicini come in quel momento; non voleva muovere nessun muscolo, aveva troppa paura di svegliarlo ma la spalla cominciava a dargli una fastidiosa sensazione di formicolio e voleva cambiare posizione. Aveva cercato di fare più piano e lentamente possibile ma Sherlock non doveva aver gradito il movimento perché si mise a mugolare qualcosa nel sonno e poi si fece ancora più vicino a John, spostando il braccio attorno alla sua vita.

Il cuore di John si mise a battere all'impazzata, anche se tecnicamente Sherlock lo stava usando come suo Teddy Bear personale e non aveva alcun significato erotico quell'abbraccio. A John venne da ridere a quel pensiero.
Stava ancora pensando a quanto era carino mentre dormiva e a come avrebbe voluto restare così ancora per un po' quando il rapido e brusco aprirsi della porta svegliò di soprassalto Sherlock che spalancò gli occhi sorpreso.
John girò la testa verso la porta e vide il mutante che meno si sarebbe aspettato di trovarsi in stanza.
- Emh salve professor Logan -
- Sai che odio essere chiamato professore - fece Wolverine perplesso, fissando i due ragazzi.
Sherlock intanto si era messo a sedere composto e guardava Logan infastidito da quella sveglia non richiesta - E' venuto qui per qualche motivo? -
- Si, Lestrade mi ha detto di dirvi che pomeriggio vi eserciterete nella stanza del pericolo -
Si fissarono qualche altro secondo e poi Wolverine uscì dalla stanza.
- Uomo di molte parole non trovi? - rise John.
- Hai sentito cosa ha detto? Stanza del pericolo -
- Bè non ci sono mai stato, era anche ora -
- Tu ricordi che c'è qualcuno che ha sabotato il computer? -
- E tu non pensi che ora saranno mlto più attenti? Ci sono state altre simulazioni da quel giorno e nessuno si è fatto male -
Sherlock giunse le mani sotto il mento nella sua tipica posa riflessiva e John decise che era ora di farsi una doccia, fredda, e preparsi  per la giornata.

A pranzo John prese posto accanto a Mike; Sherlock stava tardando ma avendo lezione con Lestrade immaginava che era stato trattenuto per discutere della visita all'ufficio di Xavier del giorno prima e della relativa punizione. In attesa dell'arrivo di Sherlock John per la prima volta aprì la guida della scuola che gli era stata consegnata il primo giorno e lesse il paragrafo in cui era descritta, tra le altre cose, la stanza del pericolo:
La Stanza del Pericolo è stata progettata a fini didattici per preprare gli studenti ad affrontare i pericoli ed originariamente era piena di trappole e pericoli meccanici. Per garantire la sicurezza dei ragazzi, un professore dalla cabina di controllo  gestiva i meccanismi della stanza e supervisionava l'esercizio. Negli anni la stanza è stata più volte aggiurnata fino all'ultima evoluzione curata da Charles Xavier e dal dottor Hank McCoy i quali riprogettarono i pericoli utlizzando la tecnologia olografica aliena di luce-solida.
John era stranamente eccitato dalla simulazione e non era così così preoccupato dalle manomissioni alla macchina come lo era Sherlock.
- Mike posso farti una domanda? - chiese improvvisamente John quando il pensiero di Sherlock gli era apparso nella mente.
- Spara - ripose pratico Mike mentre mangiava il suo hamburger.
- Ti è mai capitato di sentirti..ecco..attratto da una persona inaspettata? Qualcuno che mai avresti detto sarebbe stato oggetto delle tue attenzioni? -
- Mmh, non saprei. Di chi stiamo parlando? -
"Del mio compagno di stanza che inaspettatamente è un maschio, a differenza di tutte le mie relazioni precedenti" pensò John, ma si limitò ad un laconico - Lascia stare -
- Ma Mary? -
John fece spallucce e continuò a leggere la guida della scuola. Qualche minuto dopo arrivo Sherlock. Lanciò un'occhiata perplessa a Mike seduto al loro tavolo ma evitò ogni lamentela dato che aveva urgenza di parlare con John.
- Ho chiesto a Lestrade della stanza del pericolo, siamo solo noi due e Logan -
- Bene - fece John allegro - 
Sherlock sbuffò non riuscendo a capire come John poteva essere così tranquillo. In realtà Sherlock non era preoccupato per se stesso ma proprio per John.
- Ok, quando saremo nella stanza stammi sempre vicino - fece Sherlock.
- Scusa perché? - chiese stupito John.
- Io posso creare un campo di energia...tu non puoi fare granché in attacco -
John rimase muto, quest'ultima affermazione lo aveva offeso, sapeva comunque cavarsela in ogni situazione, aveva anche pensato di iscriversi all'accademia militare prima di scoprire di essere un mutante.
- John, hai mai provato a usare il tuo potere al contrario? -
John lo guardò senza capirlo.
- Intendo, potresti usare il potere sprigionato dalle tue mani per rompere le ossa, creare ferite...quello che ti viene in mente. Stupiscimi -
- Non intendo fare una cosa del genere e non credo nemmeno di avere tale potere -
- Lo scoprirai nella stanza del pericolo, alla fin fine è a quello che serve - affermò pratico Sherlock - Concentrati e vedi se funziona -
- Tu come hai fatto?- chiese all'improvviso John - I tuoi poteri sono aumentati esponenzialmente negli ultimi mesi, l'hanno detto tutti. Anche tu ti lamentavi dei piccoli campi di energia e adesso crei scudi, rendi invisibili cose e persone. Come hai fatto a concentrarti? - 
Sherlock non avrebbe mai ammesso che la sua vicinanza era stata determinante, né che in buona parte era una questione di incanalare le proprie emozioni. Quando Irene si avvicinò al loro tavolo Sherlock fu contento di non dover più rispondere.
- Ciao Sherlock, mi è dispiaciuto non passare la serata con te ieri. Dove sei andato? - chiese lei suadente.
- Non sono affari tuoi - intervenne duro John.
- Oh scusate non avevo capito di essermi messa in mezzo a un triangolo. Dov'è Mary? - chiese con impertinenza.
Sherlock rise - Perché non glielo chiedi tu? Scommetto che per un periodo, circa un anno fa, eravate grandi amiche -
Irene lo guardò sorpresa e John sorrise impercettibilmente. Anche Jim si avvicinò al loro tavolo - Irene non litigare con Sherlock e il suo cucciolo - fece Moriarty cingendo Irene per un fianco. Notando il gesto John guardò subito l'espressione di Sherlock, ma fortunatamente non vide nessun segno di gelosia, semmai di trionfo dato che i tasselli si stavano ricomponendo davanti ai loro occhi.
- Ho sentito che siete della stanza del pericolo pomeriggio - continuò Jim con un ghigno - Buon divertimento allora! - concluse portando Irene via con sé.
Sherlock e John si scambiarono una rapida occhiata, poi il biondo si rivolse a Mike che aveva assistito in silenzio a tutta la scena - Se ci succede qualcosa avvisa tutti che è stato Moriarty -

Sherlock si alzò si alzò si scatto e, al solito, John gli corse dietro.
- Dobbiamo parlare di nuovo con Molly -
- Perché? -
- I ricordi modificati non durano in eterno, potrebbe ricordare qualcosa, è passato abbastanza tempo, e noi abbiamo bisogno di sapere cosa ci aspetta -
Molly era seduta nel parco, stava leggendo un libro di anatomia sotto una quercia, quando vide Sherlock avanzare di gran passo seguito da John che faticava a stargli dietro.
- Che succede ragazzi? -
- Abbiamo bisogno che tu ti concentri e ricordi la stanza del pericolo -
- Ancora? Ma Sherlock -
- E' importante - intervenne John. I due ragazzi si sedettero accanto a lei e Molly chiudette gli occhi come aveva fatto le altre volte che aveva parlato di quello che ricordava.
- Molly dall'inizio e con calma! -
Molly ripensò a quello che era successo, ma non ricordava nulla di nuovo.
- C'era qualche odore particolare? - chiese Sherlock tentando di stimolare i ricordi in lei.
Molly si concentrò ancora - Ora che ci penso, si c'era odore di fumo, si c'era tanto fumo -
- Fumo? -
- Si non riuscivamo a vedere niente, poi abbiamo sentito delle esplosioni. So che erano olografiche ma sembravano così vere. Una quasi faceva saltare in aria il professor Summer -
- Mary e Sebastian dov'erano? -
Molly cercò di concentrarsi ancora di più - Non lo so, erano nascosti dal fumo - rispose - poi come ti ho detto c'è stata un'esplosione e l'abbiamo trovata con la gamba rotta -
Sherlock non disse niente, si alzò e camminò rapido verso la scuola.
- Emh grazie Molly - fece John correndogli nuovamente appresso.
-Cosa significa? -
- Che fumo ed esplosioni non facevano parte della simulazione -
- Ma se il computer crea immagini olografiche, come possono essere vere? -
- E' tecnologia complessa John, sono sicuro che con una programmazione diversa potrebbe rendere reale l'ologramma. -

Sherlock e John si diressero verso la stanza del pericolo dove c'era Wolverine ad attenderli.
- Pronti? - chiese pigramente Logan.
I due ragazzi entrarono nella stanza. Sherlock fissava ogni angolo cercando possibili vulnerabilità mentre John si guardava attorno perplesso, vedendo solo muri grigi.
- La stanza si trasformerà attorno a noi? - chiese curioso a Logan.
- Si potrebbe diventare qualunque cosa, uno scenario bellico o...-
- Un tetto di un palazzo di dodici piani - concluse Sherlock mentre la stanza iniziava il programma. Si trovavano sopra un tetto di un palazzo di Londra. Da dov'erano avevano una perfetta visuale della cattedrale di St. Paul. Neanche il tempo di guardarsi attorno che furono subito attaccati da diversi guerriglieri virtuali.
- Stai attento se diventi invisibile - gridò Logan - Potremmo colpirti per sbaglio -
Ma Sherlock raramente ascoltava i consigli pertanto si aggirava per la stanza invisibile, usando i capi di energia per proteggere John ogni volta che veniva attaccato. John se la cavava comunque inaspettatamente bene, era forte nel combattimento corpo a corpo ed era in grado di schivare ogni pericolo che la stanza produceva. Logan principalmente sorvegliava i due ragazzi, fiutando l'aria preoccupato di qualcosa che sentiva che stava per accadere.
Gli eventi poi si evolsero rapidamente, Sherlock aveva notato qualcosa di strano, non sapeva dire cosa, poi si alzò il fumo e fu impossibile vedere al di là di un metro, "proprio come aveva detto Molly" pensò Sherlock. Il moro non ebbe il tempo di riflettere su cosa sarebbe accaduto che uno sparò squarciò l'aria e un proiettile gli trapassò il petto. Riapparve di colpo e senza rendersene conto inciampò e cadde al di là del parapetto.
Gli sembrò di precipitare per ore, sentendo solo un urlo alle sue spalle - Sherloooooooooock - poi il buio.


Angolo autrice
Inizio scusandomi con i fan dei fumetti marvel. Per chi avesse visto la stanza del pericolo solo nel terzo film della serie non dovrebbero esserci particolari incongruenze; per i fan dei fumetti invece, ammetto che sono passati anni dall'ultimo numero di X-men che ho letto e potrei aver scritto qualche "castronata". Per la descrizione della stanza devo ringraziare wikipedia, che ho "parafrasato" per voi :-P
Mi scuso anche per la scarsità di azione, le scene action non sono il mio forte.

Come sempre mille grazie a chi legge e un benvenuta a Tsuzuki88 tra i recensori!!!

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Capitolo 9
*** Vivi e lascia vivere ***


Cap. 9 - Vivi e lascia vivere

Gli sembrò di cadere a rallentatore, sapeva che non stava cadendo davvero, che era solo finzione olografica, ma la sensazione era reale come lo era le ferita, quel proiettile che gli aveva trapassato la carne e macchiato la sua divisa. Non poteva finire così, non doveva finire così: tante, troppe volte era stato vicino alla morte, tutte le volte che aveva usato, anzi abusato della cocaina. Per un attimo gli venne quasi da ridere al pensiero di Microft che lo credeva più al sicuro chiuso nella scuola che in giro a sperimentare nuovi pericolosi modi per non annoiarsi. In quei pochi secondi di lucidità prima dello schianto la sua mente si rifugiò nel suo mind palace  in cerca di una soluzione per restare vivo.

Sherlock si guardò attorno nel suo palazzo insolitamente silenzioso.
- Eccolo qui il mio fratellino, stai per morire - "Non così silenzioso se è apparso Mycroft" pensò Sherlock..
- Non sono ancora morto - constatò in maniera fredda ma  spaventata la mente di Sherlock.
- La pallottola ti ha trapassato, è uscita, ma l'emorragia? Come farai? - chiese in maniera canzonatoria il fastidioso Jim che era apparso nella sua testa.
Sherlock sentiva freddo e sapeva che la fine era vicina, che il Jim nella sua testa aveva ragione, non sarebbero mai riusciti a portarlo in tempo all'ospedale, sarebbe finito tutto. Sentiva che stava tremando in maniera incontrollata, era sopraggiunto lo shock. Improvvisamente si rese conto che non stava più cadendo, doveva aver toccato terra, "in realtà ho toccato subito il pavimento, è realtà virtuale"si corresse da solo. Si chiese come erano riusciti a sparargli nonostante fosse invisibile, ma poi si rese conto che il fumo era stato determinante, sicuramente il suo passaggio creava una scia, un vuoto nel fumo che lo rendeva individuabile.
Non poteva fare niente, tutta la sua intelligenza sarebbe stata sprecata; gli avevano sparato, era caduto, stava perdendo sangue. Si sentiva impotente come mai prima di quel momento. Presto anche la ragione lo avrebbe abbandonato.
Tante cose gli sarebbero mancate dopotutto, mai come in quel momento si rese conto che alla fine una parte di lui era "umana" e lo trovò fastidioso. Anche in prossimità della fine non voleva ammettere di poter avere dei sentimenti umani, non voleva ammettere che gli sarebbe mancato il suo insopportabile fratello, che gli sarebbero mancate le attenzioni quasi asfissianti dei suoi genitori, che gli sarebbe mancato trascinare John in giro per la scuola  nelle sue indagini per poi addormentarsi sulla sua spalla. Gli sarebbe mancato John e basta, l'amico che si fidava di lui, che era sempre al suo fianco. Forse aveva cominciato solo nelle ultime settimane a vivere davvero e non a esistere pigramente considerando inferiori tutti quelli con cui aveva a che fare, ad esplorare un mondo che lo avrebbe reso vulnerabile ma anche felice, come non lo era mai stato,
- Non tutto è perduto - intervenne Molly - c'è ancora una speranza Sherlock, devi fidarti -

Sherlock capì a cosa si riferiva la Molly nella sua testa quando sentì gridare il suo nome dalla voce del suo migliore amico; aveva quasi perso conoscenza del tutto ma prima di svenire si rese conto che era disteso sulla schiena nel freddo pavimento della stanza del pericolo, ogni ologramma era scomparso e John era in ginocchio accanto a lui, le mani verso la sua ferita e gli occhi blu del biondo che incontravano i suoi semichiusi. John stava parlando ma Sherlock non riusciva a capire una sola parola, gli sembrò di aprire la bocca e far uscire qualche suono, ma in quelle condizioni non poteva essere niente di coerente. Chiuse gli occhi stanco e debilitato fidandosi completamente, John lo avrebbe salvato come aveva sempre fatto da quando era entrato nella scuola.

Sherlock si svegliò alcune ore dopo, era disteso in un letto dell'infermeria. Come in un flashback ricordò tutto, lo sparo, la pallottola che lo trafiggeva causandogli un dolore indescrivibile, la sensazione di cadere nel vuoto. Se la caduta era solo frutto della simulazione del computer unita al suo stato di shock, la pallottola era vera, lo aveva quasi ucciso. Poi era intervenuto John. Guardò verso la ferita, o meglio dove doveva trovarsi la ferita, ma non c'erano né cicatrici né bende. John aveva fatto un ottimo lavoro. Sorrise debolmente, riflettendo sul fatto che pur curando la ferita il dolore era stato troppo forte, per questo si trovava in infermeria.
Si guardò intorno e trovò il pallido volto di suo fratello che lo fissava preoccupato.
- Ci sei andato vicino questa volta -
- Non così tanto - sorrise pigramente Sherlock.
- E' stata arrestata la signorina Morstan, ha confessato di essere entrata nella stanza e averti sparato - Solo Sherlock poteva apprezzare che il fratello gli rivelasse quelle informazioni in quel momento e non in un momento successivo, con calma, dopo che si era ripreso e magari aveva mangiato qualcosa.
- Mary? Perché? - chiese il minore degli Holmes.
- Sono certo che è stata lei a spararti - affermò Microft quasi infastidito dalla curiosità del fratello.
- Cosa sta succedendo Microft? -
- Niente Sherlock, Mary Morstan non è un tuo problema, è stata prelevata e portata via -
Sherlock e Mycroft restarono a fissarsi, c'era qualcosa che il fratello gli stava nascondendo, era evidente. -Bene - continuò Mycroft - visto che posso riferire a mamma e papà che stai bene la mia visita finisce qui -
Sherlock lo salutò con un cenno del capo mentre ragionava velocemente su cosa era successo. Quando Microft arrivò alla porta si girò un'ultima volta, come per dire qualcosa, ma poi tirò la maniglia ed uscì.

Il ragazzo non rimase a lungo solo con i suoi pensieri, qualche minuto dopo l'uscita del fratello qualcuno bussò alla porta dell'infermeria. John entrò timidamente guardando verso l'amico, disteso sul letto nella tipica posa di riflessione che tante volte gli aveva visto fare.
- Ciao John- salutò allegro Sherlock.
John si avvicinò piano al letto e poi inaspettatamente lo abbracciò. Il biondo lo strinse forte, lasciandolo senza parole e cercando di godersi lo stupore del suo migliore amico. Sherlock era indeciso se abbracciarlo a sua volta o rimanere fermo nella sua posizione: decise per una via di mezzo, utilizzando il solo il braccio destro per circondare la schiena dell'amico. Per un attimo Sherlock tremò, non aveva mai avuto un contatto del genere. Era talmente concentrato sulle sensazioni di quell'abbraccio che si era trovato con gli occhi chiusi a riflettere su quanto era piacevole stringere John. Anche il biondo aveva gli occhi chiusi, avrebbe voluto spostare la testa dall'incavo della spalla di Sherlock per girarsi verso di lui e baciarlo, almeno sulla guancia, ma c'era ancora qualcosa che lo bloccava. Erano talmente presi da quell'abbraccio che non si erano accorti che la porta si era aperta nuovamente ed era entrato Logan che li fissava tra lo stupito e il divertito.Wolverine diede un colpo di tosse per palesare la sua presenza e John si staccò di scatto imbarazzato.
- Tranquilli, il mio motto è vivi e lascia vivere - fece pratico - salvo che non si tratti di un combattimento - aggiunse.
John sentiva di dover ribattere che non era quello che pensava ma non era del tutto sicuro che si trattasse di un fraterno abbraccio innocente.
 - Volevo solo  controllare come stava il nostro ferito, ma direi bene. John sei in gamba, il tuo potere è davvero utile -.
John sorrise tra se soddisfatto, voleva dire qualcosa, anche un banale grazie, ma Logan era già uscito dalla stanza con un "vi lascio soli" che sembrava sottointendere molte cose.
John si voltò di nuovo verso Sherlock - Allora stai bene? -
- Si, e credo di doverti ringraziare - fece con un sorriso.
- Sempre disponibile - strizzò l'occhio John.
- Bene, adesso raccontami esattamente cosa mi sono perso -
John sospirò rassegnato, doveva immaginare che Sherlock si sarebbe rimesso subito ad indagare e nemmeno per un secondo avrebbero parlato di quello che si erano detti mentre John cercava di guarirlo, anche se non era del tutto sicuro che il moro ricordasse qualcosa.

John prese una sedia e sistematosi comodo iniziò a raccontare del fumo, che aveva sentito uno sparo, che lo aveva visto cadere nel vuoto. John non poteva dimenticare la fitta al cuore quando aveva visto la scena, in quel momento non gli era stato possibile distinguere la realtà dalla finzione olografica, aveva solo visto Sherlock riapparire subito dopo lo sparo e una chiazza rossa sporcargli il torace;  pochi secondi dopo  Sherlock era caduto nel vuoto. John non si era mai sentito così inutile, se avesse avuto un potere attivo avrebbe potuto aiutarlo, volare da lui o correre alla velocità della luce, invece lo aveva visto precipitare impotente.
Poi gli ologrammi erano spariti, lui si era gettato su Sherlock mentre Logan aveva atterrato qualcuno, ma in quel momento a John non era importato molto chi fosse, voleva solo salvare Sherlock e così aveva fatto, il suo potere aveva guarito una ferita da proiettile, non era mai stato così felice.
Nonostante il repentino salvataggio Sherlock era comunque svenuto a causa del dolore, così mentre John lo stringeva forte, quasi ad evitare che cadesse di nuovo, Logan minacciava con gli artigli la persona che era entrata nella stanza e aveva sparato, l'unica che possedeva il potere di assorbire i metalli e tramutarli in proiettile che sparava dalle mani.
John non riusciva a crederci, aveva visto finalmente chi era la persona nella stanza oltre a loro: Mary era stata atterrata da Logan che sembrava altrettanto sorpreso che la colpevole fosse un'adolescente; lei intanto piangeva e chiedeva, anzi supplicava, di non essere uccisa, che avrebbe confessato tutto.
John raccontò poi a Sherlock quello che aveva appreso dalle chiacchiere nei corridoi della scuola, Mary era stata portata dal professor Lestrade che l'aveva chiusa nel suo ufficio e interrogata finché non  erano arrivati un gruppo di agenti capeggiati da Microft e l'avevano portata via. Di quanto avesse confessato si sapeva solo che lo aveva fatto come atto di ribellione nei confronti della scuola, ma la motivazione sembrava piuttosto scarna e molte voci avevano cominciato a girare su presunte affiliazioni di Mary con gruppi sovversivi.

Alla fine del racconto John non poté evitare di sentirsi idiota per essersi interessato a Mary quando Sherlock aveva capito dall'inizio che qualcosa non quadrava, ma mai avrebbe pensato una cosa del genere. Alcuni studenti, Anderson in particolare, avevano suggerito che Mary era gelosa del tempo che John passava con Sherlock e per questo aveva tentato di farlo fuori. John sperava davvero che non fosse lui la causa di tutto questo, non voleva sentirsi ancora più in colpa e stupido.
- Tu non c'entri John - affermò Sherlock.
-.Scusa? -
- Ti stai chiedendo se Mary mi ha sparato per colpa tua e la risposta è no -
- Ma come hai..?! - fece John, ma poi lasciò perdere, non aveva mai capito come Sherlock riuscisse a dedurre i suoi pensieri e si era arreso di fronte all'evidenza.
- Mio fratello c'entra invece, Mary è stata portata via velocemente, nessun contatto con altri professori, strano non trovi? Almeno il professor Xavier avrebbe potuto interrogarla. Ma avranno giustificato l'azione con "sicurezza nazionale" o qualcosa di simile. E poi era evasivo, qualcosa non va, Mary non ha fatto tutto da sola, Moriarty è sicuramente coinvolto -
- L'ho detto a Logan e a Lestrade, ma Moriarty ha un alibi, era molto lontano dalla stanza -
- L'avrà sabotata prima o l'ha fatto Moran, o Mary stessa. Quale alibi comunque? -
- Mike, l'ha visto in biblioteca -
- Ragioniamo, sappiamo che Mary, Jim, Sebastian e Irene si conoscevano da prima della scuola e presumibilmente sono parte del medesimo piano. Ora Mary si è consegnata, non sappiamo se qualcosa è andato storto o era intenzionale ma lei è fuori dal gioco -
- Quindi? -
- Quindi il gioco è iniziato John!!! Aspettiamo le prossimo mosse, fino ad adesso sono stati sempre un passo avanti a noi ma ora hanno commesso un errore -

Angolo autrice
Ciao a tutti, forse un po' breve ma altrimenti non sarei riuscita ad aggiornare. Un abbraccio a tutti e alla prossima!!!



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Capitolo 10
*** Quasi morire è noioso ***


Cap. 10 - Quasi morire è noioso


John alla fine si era addormentato su una sedia dell'infermeria lasciando Sherlock nel suo mind palace, intento a riflettere. Quando John si svegliò la mattina dopo rimase sorpreso di vedere il moro ancora sveglio.
- Non hai mai dormito? - chiese John stropicciandosi gli occhi.
- Come si può dormire quando c'è un caso così interessante? - chiese Sherlock stupito.
- Dovresti riposarti, sei quasi morto! - ribatté stancamente John
- "Quasi morire" è noioso - gli rispose Sherlock in modo teatrale.

John sorrise, era felice che il suo amico fosse lì. Temeva che Microft lo avrebbe portato via, che non lo avrebbe lasciato in una scuola di potenziali killer. Invece Sherlock era lì.
Improvvisamente gli tornò in mente che non avevano ancora affrontato una conversazione a cui teneva particolarmente.
- Sherlock, senti, ti ricordi che mentre ti guarivo hai parlato?-
Il moro lo scrutò perplesso - Ho detto qualcosa di stupido? Scusa John ma straparlavo, pensa che mi sembrava di sentire la musica del mio violino -
- Non c'era musica Sherlock - si rabbuiò John. In realtà non sapeva se preferiva che Sherlock ricordasse oppure no.
- Già lo immaginavo, bè cosa ho detto? - chiese spazientito.
John aprì la bocca per rispondere ma poi la richiuse e si mise a fissare un "interessante" punto fuori dalla finestra.
Sherlock stava per chiedergli che problema avesse quando la dott.ssa Jean Grey entrò per visitarlo. John approfittò del momento per salutarlo e andare a lezione; Lestrade gli aveva detto che era esonerato dalle lezioni per tutta la settimana ma preferiva di gran lunga dover ascoltare qualche professore che venire a patti con quello che provava.
Quando si sedette in classe avvertì una strana sensazione, gli sembrava che tutti lo stessero fissando. Non poté fare a meno di voltarsi in direzione di Moran che lo guardava divertito. John sentiva che non  sarebbe riuscito a trattenersi a lungo e che alla fine avrebbe preso a pugni Sebastian o Jim, giusto per scaricare tutta l'angoscia delle ore passate in attesa che Sherlock si riprendesse.

Passò il resto della mattina a disegnare scarabocchi sul quaderno finché una voce alle sue spalle lo fece riemergere dal suo personale palazzo mentale, che era di gran lunga più piccolo di quello di Sherlock.
- C'è chi disegna fiori, che intreccia cuori..tu disegni chiavi di violino? - chiese Moran guardando gli scarabocchi di John.
- Non credo siano affari tuoi Sebastian -
- Uuuh scusa soldatino - rispose ghignando - salutami l'uomo invisibile -
John non si era neanche reso conto di essersi alzato, di aver buttato a terra il quaderno e di aver sbattuto con forza il pugno sul naso di Moran che era caduto a terra sanguinante. Non si era accorto nemmeno che il professor Summer lo aveva trascinato fuori e rimproverato. Non capiva come tutti fossero così ciechi da non vedere quello che per Sherlock e per  lui era ovvio.

John fu mandato a parlare con Lestrade che lo accolse nel suo ufficio con un tè già pronto e dei biscotti.
- Credevo volesse rimproverarmi - fece John fissando la tazzina di tè fumante. Lestrade gli fece cenno di sedersi. John non riusciva a capire cosa potessero avere in comune Lestrade e il fratello di Sherlock per essere amici. Lestrade era sbrigativo e diretto mentre Microft era teatrale e misterioso. In effetti la descrizione poteva adattarsi anche a lui e Sherlock.
- Credo tu sia un po' provato, ti avevo detto di non andare a lezione - gli fece Greg, passandogli lo zucchero che John rifiutò infastidito.
- Voi non volete ascoltare né me né Sherlock ma non potete pensare che Mary sia l'unica colpevole - sbottò John che teneva dentro i suoi pensieri da tutta la notte.
- John non ci sono prove di quello che dici - gli rispose comprensivo il professore.
John sbuffò sonoramente
- Inoltre - continuò Lestrade - dimentichi che tengo alla vostra sicurezza -
- Perché non interroga Moriarty e Moran? - incalzò John. Cominciava  a capire il fastidio che provava Sherlock quando nessuno lo capiva.
- L'ho fatto - rispose stanco Greg.
- E il professore? Charles Xavier potrebbe usare il suo potere...- continuò il biondo.
- Li ha interrogati! -
John si sentì come schiaffeggiato.
- Capisci adesso perché non credo siano stati loro? - concluse Lestrade sperando di aver convinto John a desistere.

John si sentiva confuso, si alzò dalla sedia senza salutare e si diresse nella sua stanza. Quando vi entrò si stupì di trovarvi Sherlock seduto alla sua scrivania.
- Cosa ci fai qui? -
- Sto bene John, mi hanno dimesso -
John si sedette sul letto senza sapere cosa dire. Qualcuno aveva cercato di uccidere il suo migliore amico e avrebbe potuto rifarlo visto che nessuno gli credeva. Non avevano prove e nonostante tutto ciò Sherlock era seduto alla sua scrivania con un sorrisetto stampato in faccia che quasi  infastidiva John.
- Cosa c'è che non va? - chiese il moro notando il cipiglio di John.
- Moriarty e Moran sono stati interrogati dal professore - esalò John, immaginando che la cosa avrebbe scosso anche il suo amico.
- Immagino non sia riuscito a ricavarne niente - affermò Sherlock sempre con l'aria di uno che la sapeva lunga.
- Esatto ma come? -
- Ci torneremo.. Forza John, prova a dedurre. I miei metodi li conosci, cosa può essere successo? -
- Intanto Sherlock smettila di fare quella faccia, mi infastidisce -
- Quale faccia? -
- La faccia di uno che ha capito tutto. Mi infastidisce perché non ho capito niente onestamente -
- Forza John, provaci almeno - gli rispose Sherlock con un tono misto tra lo spazientito e l'incoraggiante.
- Ok, cosa sappiamo? Sappiamo che Jim, Sebastian, Mary ed Irene sono stati un anno insieme. Doveva trattarsi di qualcosa di non proprio legale se non ci sono tracce della loro attività - affermò John.
- Esatto, continua - Gli fece Sherlock sorridendo.
- Sono arrivati tutti nella scuola contemporaneamente, tranne Irene. E le due ragazze hanno fatto finta di non conoscere Jim e Sebastian. Sappiamo poi che tuo fratello è al corrente di quello che sta succedendo e ha fatto sparire velocemente Mary, prima che potesse dire qualcosa..credo -
- Si anche su questo ci ritorneremo - gli rispose sbrigativo Sherlock, appuntando qualcosa sul suo tablet.
- Il fatto che tuo fratello sia coinvolto non dovrebbe fermarci? E' nel Governo, saprà quello che fa - gli chiese John.
- Non se non sta guardando il quadro generale - affermò Sherlock facendo sembrare la cosa evidente anche a un asino.
- Cosa? - chiese John arrendendosi all'evidenza che non sapeva cosa stava succedendo.
- Io credo che le cose stiano così: i nostri quattro sospettati hanno lavorato per il Governo, per questo un anno della loro vita non risulta da nessuna parte. Insomma, chi potrebbe far sparire queste informazioni? Probabilmente lavoravano sotto copertura. Ma qualcosa è andato storto  -
- Quale errore hanno commesso? - chiese improvvisamente John ricordando le parole di Sherlock.
- Intanto per cominciare era meglio per loro farmi fuori - rise il moro con non poca superbia - Ma soprattutto ho capito che sono stato un'idiota, volevo che tutto fosse intelligente: sabotaggi del computer, ologrammi reali. Niente di tutto ciò. Hanno agito da dentro.- concluse Sherlock.
- Jim! Lui passa attraverso i muri - quasi grido John alzandosi in piedi, contento della deduzione.
- Precisamente. Poteva entrare e uscire e studiando la sala si sarà accorto che c'è un angolo cieco che non è coperto da telecamere. Ha utilizzato il suo potere per portare Mary nella stanza. Chissà se ha sparato davvero lei o se è stato lui -
- No aspetta, Mike l'ha visto in biblioteca - affermò tristemente John
- Già, altro errore. Quanto bene credi di conoscere Mike? - chiese Sherlock scrutandolo.
- Cosa? -
- Un'altra M, che vita noiosa ha chi non crede nelle coincidenze - fece leggero Sherlock alzandosi in piedi a sua volta.
- Ma tutto questo a quale pro? - chiese John.
- Distrarci? -
- Da cosa? -
- Questa è la domanda! -

Sherlock e John si fissarono intensamente. A volte gli capitava, si solo guardavano e nessuno diceva niente, anche se avrebbero avuto molte cose da dirsi. Ma John continuava ad avere in testa la voce di sua madre e suo padre, non si era mai accorto quanto lo avessero condizionato i suoi genitori; lo avevano convinto che nella vita bisognava restare nella normalità: trovare un buon lavoro, sposarsi, comprare una casa con uno steccato bianco, fare dei figli, non immischiarsi negli affari altrui, comportarsi come tutti.
Ma lui non era così ordinario come credeva. Non era nemmeno eccezionale come il suo migliore amico ma non così ordinario.
Quanto era cambiato in poco tempo? Da quando conosceva Sherlock aveva colmato un vuoto, aveva sempre sentito che tranquillità e normalità non facevano per lui ma solo l'arrivo nella scuola glielo aveva fatto capire. Non era fatto per stare in periferia con una monovolume e il prato da tagliare. Era fatto per vivere l'avventura e con Sherlock la stava vivendo. Mentre pensava a tutto questo si era pericolosamente avvicinato al moro che era rimasto paralizzato a guardarlo, incapace di muoversi.
John trattenne il respiro poi si guardò attorno e corse fuori dalla porta a respirare, lasciando Sherlock disorientato e solo.

Sherlock non sapeva cosa pensare, il comportamento di John era quantomeno bizzarro. Avrebbe voluto chiedere consiglio a qualcuno, ma chi lo avrebbe ascoltato?
- Sherlock? - fece timidamente Molly entrando nella sua stanza - Stai bene? Ho sentito quello che è successo -
- Molly, stavo giusto pensando a te - Affermò Sherlock.
La ragazza ebbe un fremito ma poi capì che stava pensando a lei perché aveva bisogno di aiuto - Dimmi tutto -
- Non riesco a capire il comportamento di una persona -
Molly lo guardò attenta.
- Prima mi...cioè prima questo ragazzo abbraccia un'altra persona e questi due soggetti in precedenza avevano anche dormito uno appoggiato all'altro. Poi questo ragazzo, senza alcun motivo apparente,  fugge o evita di guardare l'altra persona o lascia i discorsi a metà. Non capisco -
Molly comprese che si stava riferendo a lui e John ma evitò di metterlo in imbarazzo - Forse il ragazzo deve ancora capire i suoi sentimenti, magari è una situazione nuova per lui. Non c'è niente di razionale e catalogabile nei sentimenti Sherlock -
- Ecco perché non mi faccio coinvolgere di solito - rifletté ad alta voce Sherlock.

Sherlock salutò Molly e si mise a vagare per i corridoi chiedendosi cosa passava per la testa di John. Tutto questo pensare a lui lo stava distraendo dalla sua indagine e la cosa non gli piaceva affatto. Quando voltò l'angolo si trovò davanti Irene.
- Stupita di vedermi vivo? - chiese  Sherlock  senza guardarla, continuando a camminare.
- No affatto, ci speravo - gli rispose suadente - niente è come sembra Sherlock. Mary è solo rimasta in mezzo, troppe cose si stanno muovendo nell'ombra -
 Se Irene voleva incuriosirlo c'era riuscita. Sherlock si voltò a guardarla interessato. Fino a quel momento aveva concentrato tutti i suoi pensieri su Moriarty senza soffermarsi sul ruolo della Adler.
- Spiegati meglio - chiese il moro avvicinandosi ad Irene.
- E' come pensavi tu, ci conoscevamo da prima di entrare nella scuola Mary ed io. E conoscevamo anche Moriarty e Moran.-
- Lavoravate per il Governo - affermò Sherlock.
- Si un programma segreto -
- Perché me lo stai dicendo? - chiese il moro curioso. Non riusciva a capire se stava dicendo la verità o se lo stava manipolando. Era impossibile per lui capire cosa c'era dietro il trucco, i bei vestiti e la voce suadente e non gli era mai capitato di non riuscire a dedurre una persona.
- Fino ad adesso credevo di essere al sicuro, so troppe cose e se venissi uccisa i segreti verrebbero pubblicati - rivelò lei.
- Ora cosa è cambiato? -
- E' cambiato chi manovra i fili. Rifletti: prima hanno preso quattro ragazzini con un Q.I. elevato e niente da perdere e li hanno mandati ad infiltrarsi in un gruppo di terroristi - continuò lei incoraggiata dal fatto che ora aveva tutta l'attenzione del ragazzo.
- E scommetto che uno di voi ha cominciato ad annoiarsi ed avere smanie di potere. E così mio fratello ha chiuso il programma e po vi ha spediti qui perché vi tenessero d'occhio? - la interruppe Sherlock.
- Molto stringato ma sì, questo è il senso. Ma nessuno ci tiene d'occhio, il programma non è mai esistito ufficialmente, siamo solo orfani - fece lei avvicinandosi sempre di più.
- Mary è stata portata via perché non parlasse del programma, mio fratello non ha idea che c'è altro sotto vero? - affermò Sherlock.
Irene gli accarezzò un braccio e se ne andò con un sorriso di trionfo dipinto sul volto. Sherlock era talmente eccitato delle ultime rivelazioni che non aveva notato che John lo aveva osservato per tutta la conversazione.

Angolo autrice
Chiedo perdono del ritardo, sono state due settimane intense.
Spero di non avervi incasinato troppo..si capisce tutto? incrocio le dita..
Un grosso benvenuta a Night Angel tra i recensori. Mi fa sempre piacere leggere le vostre recensioni!!!
Alla prossima :-*

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Capitolo 11
*** Ragione e sentimento ***


Cap. 11 - Ragione  e sentimento

John era uscito di corsa dalla sua stanza sentendosi un perfetto idiota. Quale era il suo problema? Perché si ritrova a fissare Sherlock senza sapere cosa fare? Si chiese perché non potesse semplicemente accettare quello che evidentemente stava provando: aveva una cotta delle proporzioni dell’ego di Sherlock, cioè enorme, per il suo migliore amico.

Si appoggiò al muro sentendosi ancora più stupido perché non solo non sapeva cosa aspettarsi da un’eventuale dichiarazione a Sherlock ma non era neanche sicuro di volerlo sapere. Se il moro gli avesse detto di no, che a lui le relazioni non interessano, che preferisce mille volte buttarsi in una folle indagine piuttosto che iniziare una relazione con lui, come l’avrebbe presa? John Watson non era un sentimentale, romantico certamente ma non sentimentale. Eppure sentiva che qualcosa in lui si sarebbe spezzato.

Si sentiva ancora più sciocco, era completamente illogico perdere la testa così. Sorrise fra se pensando che buttarla sulla logica era più da Sherlock che da lui. Forse stava lì la soluzione, se avesse ragionato come Sherlock, "poniti un problema e trova razionalmente la soluzione", avrebbe saputo cosa fare. Assodato che lui provava qualcosa per Sherlock, cosa provava il moro per lui? Sherlock era sembrato vagamente geloso quando stava con Mary, quasi insofferente. Ma John aveva pensato che Sherlock si sentisse un po' solo, che non essendo abituato ad avere amici e un pubblico gli mancasse la sua compagnia come gli sarebbe mancato un cucciolo. E quello che aveva detto da incosciente? Non era proprio una dichiarazione ma forse nel folle mondo di Sherlock poteva esserlo.
Non aveva concluso molto, si era solo posto domande senza risposta. Era meglio affidarsi al metodo Watson "agisci d'istinto".

Riprese fiato e voltò l’angolo trovandosi inaspettatamente a pochi metri da Sherlock e Irene. Lei come sempre era sensuale e attraente e Sherlock sembrava rapito. John rimase a guardarli senza capire di cosa stessero parlando; non riuscì  non essere infastidito, si chiese perché Sherlock le stesse parlando visto che faceva parte dei "nemici". Continuò ad osservarli in silenzio fino a quando Irene gli accarezzò un braccio e proseguì verso un’altra direzione. 

John sbarrò gli occhi. Come osava Irene toccare Sherlock, il suo Sherlock? John provava qualcosa mai provata prima. Di solito non si arrabbiava mai con Sherlock, sbuffava, roteava gli occhi ma alla fine lo assecondava sempre. Ma sta volta non sarebbe stato zitto. Gli avrebbe detto di non  lasciarsi più toccare da Irene, né baciare. Non doveva più parlarle, anzi nemmeno guardarla. Sono amici lui e Sherlock, no? Lo faceva per il suo bene, per salvarlo da una sirena manipolatrice e tentatrice. Lui avrebbe obiettato, sicuramente lo avrebbe fatto pensò John, ma in quel caso gli avrebbe detto di tacere,  per una volta sarebbe stato Sherlock ad ascoltare, senza distrarsi. E se avesse osato aprire bocca per dire qualcosa di saccente lo avrebbe zittito con un bacio. Ecco l’idea perfetta, “ogni volta che Sherlock dirà qualcosa di scortese, presuntuoso, saccente e accondiscendente lo bacerò così almeno starà zitto” rifletté John continuando a camminare nervosamente in direzione opposta rispetto al luogo dove Sherlock e Irene si erano incontrati per il loro meeting “ma guarda quanto siamo fighi e misteriosi”

-Vai a capire Sherlock Holmes - si trovò a dire entrando nel soggiorno della scuola.
- Scusa stavi parlando con me? - chiese Lestrade seduto su di una poltrona intento a leggere il giornale.
- No mi scusi, riflettevo a voce alta - rispose demoralizzato. Irene era bellissima, come avrebbe potuto l'ordinario John Watson competere con Irene Adler, misteriosa e sensuale. Lei e Sherlock sembravano fatti apposta per stare assieme.
- Se il problema è Sherlock non angustiarti troppo, non riuscirai mai a capirlo - gli rispose Greg bloccando il flusso dei suoi pensieri.
- Incoraggiante -
- Ma puoi aiutarlo, sai potresti essere la sua salv...no scusa, a volte ripeto quello che dice Mycroft senza accorgermene - sorrise Lestrade.
- Perché deve essere così complicato? - chiese John sperando che Greg gli desse una risposta definitiva e illuminante.
- Le cose complicate non sono le migliori? Stai attento con lui, ha appena scoperto di avere dei sentimenti e non sa bene cosa farne -
- Cosa intende? -
- Intendo che ha la maturità emotiva di un bambino, ha paura di rimanere scottato, anzi bruciato del tutto -
John non aveva mai pensato a Sherlock in quel modo. Che avesse ragione Lestrade? Magari Sherlock aveva più paura di lui di quello che stava accadendo tra loro.
- Lei lo conosce da tempo giusto? Pensa che lui potrebbe... - lasciò la frase in sospeso, sentendosi in imbarazzo.
Lestrade sorrise - Sherlock è abituato a nascondere tutto quello che prova dietro a una maschera di indifferenza. Si definisce un sociopatico perchè gli è più semplice nascondersi dietro un'apparente cinismo che dire a qualcuno che gli importa, che ha dei sentimenti. Mycroft non ha mai incoraggiato suo fratello ad esprimere ciò che sente, preferisce che Sherlock resti così, ha paura di quello che potrebbe accadere se venisse ferito. E' protettivo, ma nel modo sbagliato -

Sherlock, intanto, era tornato nella sua stanza. Le rivelazioni di Irene gli avevano dato la carica giusta per risolvere quel puzzle ma prima voleva sistemare il problema che lo distraeva continuamente. Non poteva deconcentrarsi, doveva risolvere il puzzle John Watson nell’unico modo che conosceva per risolvere i problemi: ossia razionalizzarli.
Aveva predisposto una lista sul sul Ipad dei pregi e dei difetti di John, in modo da capire perché lo attraesse tanto. La rilesse, aveva scritto che John aveva un aspetto piacevole, nonostante i maglioni, che lo faceva ridere, che gli preparava il tea anche quando si comportava da rompiscatole, che lo riempiva di complimenti e lo incoraggiava, che lo aveva difeso e curato, che aveva una capacità deduttiva nella media ma che comunque era adorabile (aveva davvero scritto adorabile?).

Sherlock si mise a riflettere su quello che aveva detto Molly, sul fatto che sentimenti non possono essere razionalizzati. Gli piaceva John e basta. E poi, a ben guardare, non aveva scritto nessuna critica nei confronti di John. E come avrebbe potuto? John era perfetto così com’era.  Ma questo portava alla domanda successiva, cosa provava John per lui? Aveva notato il suo battito accelerato e le pupille dilatate quando erano vicini, questa era una prova razionale che portava ad una sola conclusione: John era attratto da lui.
Contento di aver capito che non doveva passare altro tempo a riflettere sul perché gli piacesse John, prese in mano il suo violino e iniziò a suonarlo.

John cominciò a percorrere il corridoio in direzione della sua stanza, deciso a vuotare il sacco. Basta segreti, avrebbe parlato con Sherlock e...rimase fermo con la mano sulla maniglia. Sherlock stava suonando una melodia mai sentita prima ma meravigliosa. A John mancò nuovamente il fiato, mai come in quel momento temette di essere respinto ma doveva farlo.
Aprì piano la porta, Sherlock suonava il violino con la sua solita maestria, le dita delicate che sfioravano le corde e gli occhi chiusi lo facevano sembrare un essere di un altro mondo. Quando finì di suonare si accorse finalmente di John bloccato sulla porta intento a guardarlo.
- Eureka John - gridò Sherlock riponendo con cura il violino.
- Scusa? -
- Ho risolto il problema! - fece ancora più allegro il moro.
- Ah, ok...che bello - rispose John, pensando che Sherlock si riferisse alla congiura delle M.
- Ti ricordi quando ti ho detto che sentivo una musica mentre ero semi incosciente? Era questa -
- E' molto bella Sherlock, è incredibile che la tua mente componga anche in stato di shock - gli rispose John, ammirato e orgoglioso del suo migliore amico.
- Si vede che ero ispirato - sorrise guardando John il quale rimase in silenzio, come spiazzato.
 Sherlock cominciava davvero a trovare fastidiosi questi silenzi, se John fosse di nuovo uscito dalla porta l'avrebbe preso e legato da qualche parte.
- Sherlock ti devo parlare a proposito di quello che hai detto quando eri semi incosciente - fece risoluto John.
- Anch'io ti devo parlare ed è più importante - gli rispose Sherlock.
- Ma...-
- Zitto John, ho fatto una lista di motivi per cui ti trovo interessante e so per certo che tu sei attratto da me, quindi perché non superiamo questa fase di silenzi carichi di tensione sessuale e passiamo al prossimo step? - chiese Sherlock facendo sembrare tutto molto ovvio.
- Sai credo che questa sia la cosa meno romantica che abbia mai sentito. Hai fatto una lista? - chiese John stranito e infondo divertito.
- Bè si - rispose come spiazzato -E' una cosa sbagliata? -chiese con uno sguardo da cucciolo che fece sorridere John.
- No, non lo è - rispose semplicemente il biondo. Sapeva benissimo come era fatto Sherlock.

- Quindi adesso cosa succede? - chiese Sherlock titubante. John notò che la sicurezza e la razionalità di qualche secondo prima erano del tutto svanite.
- Mi dici come farò con te? Diventerò matto vero? - chiese sornione John, avvicinandosi al moro. Sherlock deglutì, le sue mani erano di nuovo sudate come quella volta in infermeria, quando John lo aveva sfiorato per la prima volta.
Sherlock fece per rispondere, sicuramente qualcosa di inopportuno, ma John lo zittì appoggiando delicatamente le labbra sulle sue. Sherlock istintivamente chiuse gli occhi e inclinò la testa, dopotutto non era così complicato come aveva pensato dopo aver letto tutti i forum sul bacio perfetto. John si avvicinò ulteriormente annullando la distanza tra loro e lo strinse forte a se. Per un attimo Sherlock fu percorso da un brivido, decisamente era tutto molto diverso da quando Irene lo aveva baciato. Decise di appoggiare delicatamente le sua mani sulla schiena di John, la cosa sembrava funzionare perché era particolarmente piacevole; mentre lo accarezzava John sentiva tutta la sua inesperienza e lo trovò ancora più adorabile.
John decise di andare oltre, di sentire cosa si provava a baciare il ragazzo che più gli aveva fatto battere il cuore e delicatamente iniziò a succhiargli il labbro inferiore fino ad approfondire il bacio. John sentì il battito di Sherlock correre all'impazzata e Sherlock stesso sentì il suo cervello andare in corto circuito.
Dopo quelle che sembrarono ore si staccarono e John gli passò una mano tra i capelli, come per tranquillizzarlo. Sherlock appoggiò la testa sulla spalla del biondo e sospirò. Aveva una moltitudine di sensazioni da catalogare nel suo mind palace, una stanza intera non gli sarebbe bastata.

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Capitolo 12
*** Segreti e telepati ***


Cap. 12 - Segreti e telepati


- Ma che diavolo?! Sherlock?!? -
John aprì gli occhi e trovò la stanza completamente immersa nel fumo, lo stesso fumo della stanza del pericolo. Non capiva cosa stava succedendo e non vedeva niente. Pensò velocemente a cosa poteva  essere successo: si ricordava di aver baciato Sherlock, il pensiero lo faceva ancora sussultare, di averlo abbracciato, di essere andato a dormire qualche ora dopo, tra parole non dette e sguardi languidi. Non era successo nient'altro. Che fosse stato drogato? Cominciò a pensare di non essere più nella sua stanza, magari lo avevano rapito nella notte. Un brivido lo percorse, magari avevano rapito Sherlock o peggio.

Poi la voce di Sherlock lo riportò alla "calma".
- Scusa John, esperimento non riuscito. O forse dovrei dire riuscito, ma non mi aspettavo tutto questo fumo - fece il moro facendo aria con la mano mentre a tentoni si dirigeva verso la finestra per aprirla - Speriamo che il fumo non si sia diffuso per tutto il corridoio, altrimenti tra poco riceveremo delle lamentele. E' noioso quando la gente si lamenta -

John per poco non lo strangolava. Erano soltanto le 5 del mattino, stava dormendo beatamente, ed essere svegliato dal fumo che lo aveva immediatamente riportato alla loro disavventura nella stanza del pericolo e a tutte le emozioni negative che aveva vissuto a seguito della quasi morte di Sherlock, non era il miglior modo di iniziare la giornata.
Respirò a lungo per evitare di sbraitargli contro e solo quando il fumo si diradò gli pose la domanda più ovvia - Sherlock, perché hai sentito l'impulso di alzarti prima dell'alba per fare esperimenti? -

- Sono giorni che penso a cosa non andava nella stanza del pericolo, c'era qualcosa di strano. Non ti sembrava che quel fumo ti avesse come attenuato sensi e poteri, non ti sentivi stordito? -
John ci pensò su, in effetti era tutto come ovattato, ma l'aveva attribuito a tutto quello che era successo - Vuoi dire che c'era qualcosa in quel fumo? -
- Esatto, quello che stavo testando - rispose pratico Sherlock.

John si avvicinò adagio - Quindi non è che ti sei messo a fare esperimenti perché ti sentivi..non so come definirlo, stranito forse? -

Sherlock lo fissò accigliato - Che intendi? -
- Che se vuoi parlarmi di qualcosa sono qui - rispose dolcemente John.
- Di cosa dovrei parlare? -
- Non lo so, forse del fatto che ci siamo baciati - rispose John esasperato.
Sherlock ebbe un sussulto - E' così che funziona? Adesso parleremo dei nostri sentimenti e cose simili? - chiese senza guardarlo negli occhi.
John scosse il capo, non sarebbe stato tanto facile comunicare con lui.
- Voglio solo dire che se ti senti strano perché è la prima volta che provi qualcosa di questo tipo...bè è normale. E se senti il bisogno di comunicarmelo... -.
- Perché mi parli come se avessi 10 anni? - chiese Sherlock infastidito.
- Perché ti comporti come con un bambino! Ieri parlavi di tensione sessuale e oggi sembra non sia successo niente - sbottò sentendosi ridicolo.
Sherlock rimase leggermente a bocca aperta - Scusa, preferivi essere svegliato da tea e pancake? - chiese dubbioso.
- Mi prendi in giro o sei serio? -
Sherlock sembrò ancora più confuso - Credevo le cose fossero a posto tra noi, no? Questo intendevo quando ho detto che non c'è niente di cui parlare, per me è stato... - e fece un gesto con le mani che nella sua testa avrebbe dovuto  far capire che era stato meraviglioso.
John rimase a bocca aperta ma decise che per il momento si sarebbe accontentato, per Sherlock erano già passi da gigante, così si limitò a scuotere nuovamente il capo e lo abbracciò

Sherlock indugiò più di quanto avrebbe voluto tra le braccia di John. Era vero, si era alzato alle 4 del mattino come stordito, non sapeva davvero cosa pensare, gli sembrava di avere tutte le sinapsi in tilt. Mai gli era capitato di sentirsi così felice come quella notte e al contempo così insicuro.
Era felice perché c'era John nella sua vita e mai avrebbe pensato di meritare qualcuno come lui. Tutta la sua vita era sembrata solo una pallida esistenza rispetto ai colori sgargianti che John aveva portato con sè quando era entrato per la prima volta in quella che adesso era la loro stanza. Eppure aveva paura, un senso di panico alla bocca dello stomaco. Ora la sua felicità non era legata a risolvere qualche terribile rompicapo o a dimostrare di essere più intelligente di Mycroft, ora la sua felicità dipendeva da un'altra persona e non era sicuro che la cosa gli piacesse.
Ecco perché era sempre stato lontano dai sentimenti, per le rischiose conseguenze. Come poteva essere certo che davvero John sarebbe stato sempre con lui? Sapeva di non essere una persona facile, a tratti esasperante, e magari questo avrebbe fatto scappare John, la cosa migliore che gli fosse capitata.

Poi un lampo di genio, era forse questo che aveva detto a John quando era tra le sue braccia? Che era la cosa migliore che gli fosse capitata e che mai se lo sarebbe aspettato? Gli sembrava di ricordare John che gli diceva che era il ragazzo migliore che avesse mai incontrato, ma erano ricordi vaghi. Forse, dopotutto, John aveva ragione, di qualcosa avrebbero potuto parlare, sentiva di poter dire a John tutto quello che pensava e che lui non lo avrebbe giudicato.

Dolcemente si separarono, John indossò i suoi vestiti e si diresse verso la cucina a prendere qualcosa per quella mattina che era iniziata troppo presto. Tornò con due brioche e quando entrò in camera vide Sherlock seduto alla scrivania con la sua solita espressione da genio.

- Ora è tutto chiaro! - disse a John sorridendo.
- Spiegati, dall'inizio ti prego - gli rispose il biondo mettendosi comodo.
- Mycroft aveva bisogno di qualcuno che si infiltrasse nel covo del nemico e qui sono entrati in gioco Mary, Jim, Sebastian e Irene. Forse anche Mike ma non sono sicuro, mi sembra più probabile che venga ricattato -
- Chi sarebbe il nemico? Magneto? - affermò John.
- No, un'altra M, Magneto è una cosa da X-men, qui parliamo di qualcuno di più subdolo. Qualcuno che legge le menti e sfrutta i segreti per pubblicarli sui propri giornali scandalistici -
- Intendi Magnussen? Il proprietario di quotidiani? E' un mutante? - chiese stupito John.
- Si, proprio Lui. Certo che è un mutante, un telepate per la precisione. Altrimenti come potrebbe sapere tutti i segreti delle persone?! Secondo me Mycroft ha preso questo gruppo di ragazzi disadattati ma intelligenti oltre la media e li ha spediti a fare uno stage nelle varie sedi dei giornali. -
- Ma Magnussen li avrebbe scoperti! Non gli avrebbe letto il pensiero? - chiese dubbioso John.
- Non proprio, sono anni che il Governo studia il modo di bloccare i telepati, ricordo che anche mio fratello aveva a casa dei sieri per bloccare intrusioni non richieste nel suo cervello - rispose Sherlock.
- Per questo Xavier non ha ricavato niente da loro -
- Bravissimo John! - rispose allegro Sherlock. Era incredibile vedere come fosse a suo agio e padrone di se  in questa situazione e così stranito nell'intimità. John non poté fare a meno di notarlo, si perdeva nell'ammirare la sua mente all'opera e lo trovava tenero nel suo difficile approccio con il mondo dei sentimenti.
- Ma allora poi cosa è successo? - chiese il biondo.
- Il programma è stato chiuso, il motivo è irrilevante. Forse Mycroft si sentiva in colpa a sfruttare dei ragazzi. Non avevano dove andare e li ha mandati qui. Ma aveva sottovalutato almeno uno di loro, -
- Moriarty - 
- Esatto - rispose Sherlock.
- Quindi ha fatto il doppio gioco e adesso lavora per Magnussen? -
- No affatto, adesso avresti dovuto dire Magneto. Inutile che sottolineo ancora la coincidenza delle M vero? -
- Moriarty lavora per Magneto? - chiese stupito John.
- Chi avrebbe interesse a creare scompiglio in questo modo? Magnussen ricatta, non si sporca le mani -

John si sentiva stordito, era passato dalla sua noiosa vita tutta normalità a un'avventura dietro l'altra, fatta di ricatti, spie, attentati, doppio giochi. Non si sarebbe mai stancato di stare con Sherlock.
- Quindi adesso mi spiegherai la stanza del pericolo - affermò John vedendo Sherlock fremere dalla voglia di spiegare tutto quello che aveva dedotto.
- Dovevano distrarre i professori, far vedere che la scuola è vulnerabile -
- Perché il professore non ci ha mandati a casa, dopo l'incidente con Mary? -
- Perché molti ragazzi non hanno dove andare, sperava nella buona fede di tutti e che davvero fosse una coincidenza. Non riusciva a percepire la presenza di colpevoli. - rispose pratico Sherlock - Certo prendevano un siero anti-telepate! - concluse fiero della sua deduzione.
- Ma tuo fratello? Perché non ha detto niente? - John era arrabbiato. Sherlock era quasi morto e tutto questo poteva essere evitato se Mycroft si fosse fatto avanti.
- Ammettere a Xavier, il più grande sostenitore dell'integrazione tra mutanti, che il Governo sta studiando come bloccare i suoi poteri? Top secret John - gli rispose Sherlock, stupito che John non ci fosse arrivato.

- E ci ha lasciato in pericolo? - fece John ancora più arrabbiato, non per il pericolo corso ma per la paura provata per Sherlock.

- Non penso avesse capito che i suoi ex ragazzi prodigio erano coinvolti. E sa che so cavarmela, che sarei stato utile -
- Ma Mary? Perché romperle la gamba? - incalzò John.
- Io penso che dovessero mettere in atto un sabotaggio e poi sei arrivato tu e Mary è diventata la vittima perfetta per il gioco di Moriarty-
- Cosa? - chiese John stupito.
- Moriarty si annoia, ma si diverte a sfidarmi. Ha capito che potevamo andare d'accordo, che saresti diventato mio amico, così ha colto l'occasione per allontanarti. Sapeva che saresti corso da Mary per curarla. Avrà letto il tuo fascicolo, sapeva che sei buono, che aiuti gli altri! - Concluse Sherlock sorridendo tra sé, era così fiero del suo John.
- Ok ma...perché lei si è prestata a questo gioco? - chiese scettico John. Non voleva giustificarla in alcun modo dopo quello che aveva fatto.

- Secondo me la ricattavano. Non credo volesse davvero spararmi, il piano era ridicolo, era ovvio che sarebbe stata presa. E' stata costretta a farlo da Moriarty, chissà cosa ha in mano su di lei -
- Già, ma perché ucciderti? - chiese John travolto da troppe informazioni.
- Non mi hanno ucciso, sapevano che c'eri tu pronto ad intervenire. E così hanno mandato un avvertimento a mio fratello. Mentre noi siamo qui, Mycroft sta decidendo come agire senza far scoprire segreti di Stato -
- E tutto questo per...-
- Penso lo scopriremo a breve - fece Sherlock - Il sipario sta per alzarsi -





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Capitolo 13
*** L'interrogatorio ***


Cap. 13 L'interrogatorio

John e Sherlock si recarono normalmente alle rispettive lezioni; non volevano destare sospetti in Moriarty e l'unica cosa che potevano fare era comportarsi come non ci fosse in atto un complotto volto a destabilizzare la scuola.
Sherlock era elettrizzato, "sembra Natale" aveva esclamato ad un perplesso John. Dal canto suo il biondo sentiva l'adrenalina scorrergli nelle vene e sventare il piano delle M lo caricava e preoccupava al tempo stesso. Sapeva che era pericoloso, molto pericoloso, più di qualunque altra cosa successa fino a quel momento. Jim era uno psicopatico ma in quel momento non gli sembrava così pericoloso come la prospettiva che un mutante potente come Magneto potesse essere dietro a tutti i recenti avvenimenti.

Passarono quattro ore in cui nessuno dei due ascoltò una sola parola detta dagli insegnanti; quando finalmente arrivò l'ora di pranzo Sherlock trascinò John in un tavolo lontano da tutti.
- John se vogliamo bloccare qualunque cosa stia per accadere dobbiamo essere preparati - fece Sherlock spostando bruscamente il proprio piatto, segno indicativo che non avrebbe mangiato un solo boccone finché quella storia non si sarebbe risolta.
- Ok - rispose John, riprendendo il piatto del moro e mettendoglielo nuovamente davanti.
- Bene, sono contento che tu sia d'accordo - rispose Sherlock ignorando del tutto il piatto di pasta fumante.
- A fare cosa di preciso?! -
- Ad interrogare Mike e Irene. Non possiamo di certo parlare con Moriarty o Moran! -
- Perché pensi che collaboreranno? - chiese John scettico.
- Perché Mike è stato messo in mezzo e Irene non credo le interessi la conquista del pianeta, le piace il potere e chi lo detiene - rispose con un sorrisetto finale che innervosì particolarmente John. A quel punto  la fame era passata anche a lui.
- Tu non vai a parlare con Irene, ci vado io. Tu parla con Mike - affermò John sostenendo lo sguardo stupido di Sherlock.
- Sai qual è il potere di Irene vero? Potrebbe farti fare quello che vuole. Io so resistere, mentre tu...-
John scattò in piedi e avvicinò il suo viso a quello di Sherlock - Saprò resistere anch'io. E poi sei sicuro che finora hai resistito al suo potere? Hai sempre fatto quello che voleva! - Concluse John in maniera provocatoria. Col cavolo che avrebbe lasciato di nuovo Sherlock ed Irene da soli.


John si diresse spedito in cerca di Irene lasciando Sherlock seduto al tavolo a guardarlo. Non fu difficile trovarla, era in un'aula vuota circondata da ragazzi adoranti e anche una ragazza dai capelli rossi che le sorrideva maliziosa. Quando Irene vide John entrare nell'aula fece cenno a tutti di uscire e lo invitò a sedersi.

- Buongiorno John. Finalmente parliamo faccia a faccia. Ero un po' stufa di vedere il tuo sguardo infastidito puntato su di me -
John rimase stupito, non pensava che la Adler si fosse accorta dell'astio che provava dal primo momento che l'aveva vista appiccicata a Sherlock -
- Si ti ho visto mio caro! - Continuò lei come in risposta ai pensieri di John - Allora, qualche passo avanti col nostro Sherlock? - chiese curiosa.
- Non sono qui per parlare di lui - rispose John seccato, soprattutto dell'uso della parola "nostro" associata al "suo" Sherlock.
- No certo, vuoi sapere cosa sta per succedere. E sei venuto qui tu e non lui perché sei geloso, non sopporti nemmeno che mi parli? - chiese Irene con un sorrisetto dispettoso. Non c'era niente di più divertente per lei che stuzzicare qualcuno.
- Non mi farò trascinare in questa conversazione e sappi che i tuoi poteri non fanno presa su di me - affermò risoluto John. Non vedeva l'ora di concludere quella conversazione e soprattutto marcare il territorio, non voleva più vederla attorno a Sherlock.
- L'ho notato che i miei poteri non servono con te, davvero interessante. Sai su chi non funzionano? - chiese facendosi più suadente.
- Ti resiste chi ha abbastanza forza di volontà? - fece John come incoraggiato dal fatto che la ragazza stava confermando l'impossibilità di ammaliarlo.
- Quello serve solo per non farsi trascinare troppo, non potrei mai convincere un uomo a buttarsi da un ponte, un uomo intelligente si fermerebbe molto prima. Ma potrei comunque convincerlo a non mandarmi subito ad una scuola per mutanti ad esempio. -
- Mycroft? - esclamò stupito John, capendo il sottinteso di Irene.
- Oh ma che bravo! Si ci ha messo un po' per rendersi conto che l'idea di lasciarmi in un attico in centro gliela avevo suggerita io - sorrise soddisfatta di se.
- Allora da cosa dipende? -
- Dall'amore è ovvio! Banale? Le persone innamorate non si fanno ammaliare John! -

Restarono a guardarsi e John si sentì come messo a nudo dall'ultima affermazione della ragazza; scrollò la testa e riportò la conversazione sul piano di Moriarty.
- Voglio sapere cosa sta per accadere nella scuola. Magneto attaccherà o qualcosa del genere? -
- Mmh, Sherlock ha capito di Magneto - sorrise deliziata - Non ne ho idea comunque, Jim non si confida di certo con me -
- Ma tu potresti farlo parlare - incalzò John.
- Se lui se ne accorgesse, sarei una ragazza morta. Non sapevo nemmeno del piano per sparare a Sherlock, Jim ha capito che potrei avere un debole per il nostro detective e che mi sarei messa in mezzo per evitagli la morte.-
John la trafisse con uno sguardo, non era in grado si sedurlo ma sicuramente di fargli perdere la pazienza.
 - Oh, non guardami così, non te lo porto via. Certo che dovrai fare qualcosa per questa tua gelosia o impazzirai. Guarderai male Molly ogni volta che gli parla? E quella Janine tutta curve che lo saluta civettuola ogni volta che lo vede? -
- Chi? E comunque non sono affari tuoi! E se non puoi aiutarmi con Moriarty direi che è stato inutile parlare con te - concluse John seccato.
- Inutile? Sai di essere innamorato no? -


Sherlock intanto si era ripreso della reazione eccessiva di John ed era andato a cercare Mike in biblioteca.
- Ciao  -  fece il moro sedendosi al suo stesso tavolo.
- Sherlock - rispose il ragazzo senza alzare la testa dal libro. Evidentemente si sentiva in colpa per aver partecipato al piano per sparargli.
- Non giriamoci attorno, voglio sapere tutto quello che sai del piano di Moriarty, prima che qualcuno si faccia male davvero - affermò bruscamente Sherlock che non era disposto a perdere tempo.
 Mike fece per alzarsi e andarsene ma il moro lo trattenne per un braccio e lo costrinse a sedersi - Non posso Sherlock - gli rispose tristemente Mike.
- Me lo devi, hai coperto Moriarty quando ha cercato di uccidermi - fece duro Sherlock
- Mi dispiace -
Mike era sul punto di scoppiare il lacrime e Sherlock capì che i suoi modi bruschi non stavano aiutando il ragazzo ad aprirsi.
- Tu non sei come loro - fece cauto.
- Tu non capisci. Minacciano di uccidere la mia famiglia, hanno fatto lo stesso con Mary, le hanno detto che avrebbero ucciso sua cugina! -
- Mike morirà molta gente, e sarà anche colpa tua. I tuoi compagni moriranno, i professori anche. E questo che vuoi? -
Mike fece per ribattere ma poi crollò, non poteva sopportare tutto questo - Ci sarà un'irruzione nella scuola, ma so che stanno aspettando il momento giusto, l'arrivo di una persona. In quel momento scatterà il piano -
- A quale scopo? - chiese Sherlock.
- Non lo so davvero, te lo giuro -

Mike se ne andò velocemente, prima che Jim o qualcun altro potesse vederlo parlare con Sherlock. Il moro invece rimase seduto a riflettere. A questo punto, unendo tutti i puntini, la soluzione poteva essere una soltanto. Si alzò di scatto e corse per il corridoio, quando incrociò John che stava uscendo dall'aula dove aveva interrogato Irene, lo prese per una mano e lo trascinò con sé
- Sherlock dove stiamo correndo? -
- Dobbiamo dire tutto a Lestrade a questo punto, inutile far correre a tutti rischi inutili -

Sherlock e John entrarono nell'ufficio di Lestrade spalancando la porta. Ma Greg non era solo, c'erano Mycroft e la sia assistente Anthea seduti di fronte a lui. Quando Mycroft vide i due ragazzi entrare senza il minimo rispetto dell'educazione non poté che lanciare un'occhiata di rimprovero a Sherlock.
- Oh eccoli qui i nostri piccoli detective - fece infastidito il maggiore degli Holmes.
- Quando sei arrivato? - chiese brusco Sherlock.
- 10 minuti fa - gli rispose dubbioso, cercando di capire il perché di quello sguardo di paura, durato una frazione di secondo, negli occhi di Sherlock.
- Sei tu la persona - affermò Sherlock asciutto.
- Cosa? - chiesero in coro Greg e Mycroft.
- La persona che stavano aspettando per fare irruzione, non riuscirebbero mai a catturarti nella tua villa blindata o in ufficio ma qui... - spiegò velocemente Sherlock.
Lestrade guardò Mycroft e notò che anche lui, per un attimo, era stato attraversato da un'espressione di terrore e quasi di sconfitta che non gli aveva mai visto prima.

- Moriarty sapeva che saresti corso qui, sei venuto dopo che mi avevano sparato ma probabilmente non erano ancora ben organizzati. Anzi no, è perché eri venuto solo, ma oggi sei con la scorta e tutto il resto, farà molto più rumore se accade qualcosa - affermò Sherlock. Mycroft lo ascoltò senza fiatare, aveva ragione il suo fratellino, era caduto in un tranello.
- E oggi ci siamo solo io e Logan, tutti gli altri sono col Professore in missione - fece Greg che ormai aveva capito che la situazione era grave per preoccupare in quel modo l'imperturbabile Mycroft -
- Non poteva scegliere un giorno peggiore per farci visita - intervenne John rivolto a Mycroft che non suscitava le sue simpatie dato che a causa dei suoi segreti la scuola sarebbe stata attaccata.
- O gli X-Men sono stati indotti a lasciare la scuola. Questa è una trappola! - ribatté Lestrade. - Mycroft devi andartene subito! E anche tu Sherlock, non esiteranno a prenderti in ostaggio se vogliono arrivare a lui -
- Se mi chiami Mycroft la situazione è davvero grave - convenne il maggiore degli Holmes. Ma Greg non aveva voglia di ridere in quel momento.
Tutti si guardarono e Anthea fece per aprire bocca per illustrare le vie di fuga e sottolineare che comunque la scorta si trovava fuori dall'edificio pronta ad intervenire, quando un rimbombo squarciò l'aria. L'assedio era iniziato.

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Capitolo 14
*** L'assedio ***


Cap. 14 - L'assedio

I rimbombi si susseguirono sempre più velocemente al punto che tutta la scuola si mise a tremare sotto i colpi inferti. Sherlock pensò che molto probabilmente buona parte della facciata centrale dell'edifico era crollata a giudicare dal rumore e dalle urla. Fortunatamente l'ufficio di Lestrade era dall'altra parte dell'edificio, lontano da quella che sembrava essere la zona di pericolo.

- Dobbiamo studiare una strategia - fece Anthea rivolta al suo capo.
- Prima di tutto dobbiamo portare i ragazzi al sicuro, non voglio che quel pazzo tocchi i miei studenti - Intervenne Greg che aveva a cuore i ragazzi più di ogni altra cosa.
Sherlock fissò il fratello con una punta di rimprovero - Avrà scoperto che il Governo studia come rendere inoffensivi alcuni poteri mutanti Mycroft, per cui  farà qualcosa di dimostrativo -
- Non resterò di certo qui inerme mentre mette a ferro e fuoco la scuola a causa mia - rispose Mycroft, che nonostante si sforzasse di mantenere il controllo cominciava a sentire il terreno sgretolarsi sotto i piedi. Se fosse stato solo non avrebbe avuto paura, ma non poteva permettere che ci andasse di mezzo il suo fratellino.
- No, infatti, dobbiamo farti uscire - riprese Lestrade che a quel punto vedeva la fuga degli Holmes come l'unica soluzione per evitare un bagno di sangue. Magneto voleva Mycroft, non voleva uccidere altri ragazzini mutanti come dimostrazione di forza.

Greg prese il telefono per poter chiamare aiuto, le forze speciali o l'esercito. Sapeva di non potersi propriamente fidare del Governo ma essendoci di mezzo Mycroft sarebbero intervenuti. Tuttavia il bip ripetuto proveniente dalla cornetta gli fece perdere anche questa speranza.
- I telefoni sono staccati - 
- E i cellulari non funzionano. Probabilmente Magneto blocca il segnale con il suo potere - fece Anthea agitando il suo Blackberry.
John sbuffò e guardò Sherlock che a sua volta stava guardando ovunque tranne che nella direzione di John. Il moro sapeva che il panico aveva annebbiato la mente di tutti ma non quella di  John  ed era sicuro che il suo biondo avrebbe pensato ad una soluzione su cui non si sarebbe trovato per niente d'accordo.
- So che è necessario avere un piano ma stiamo perdendo tempo. Sherlock può rendersi invisibile e portare fuori suo fratello - affermò il ragazzo.
- John! - gridò Sherlock per zittirlo.
- Puoi farlo, è così - gli rispose John come per tranquillizzarlo.
Greg si sentì alquanto stupido a non averci pensato - Buona idea soldato, uscirete dal retro, verso il parco -
- Non lascio tutti qui - si infuriò Sherlock, riferendosi a John in particolare.
- Siete i due più a rischio, non perdiamo tempo - fece Anthea costringendo il suo capo ad alzarsi dalla sedia.
Sherlock sbottò - Non è vero, se Moriarty ha passato informazioni a Magneto sa che John è....il mio migliore amico, sa che voi due siete amici, non possiamo pensare di andarcene  e basta -
- Sicurezza nazionale Sherlock, voi due andate, John Anthea ed io vi seguiremo a ruota - concluse Greg.

Sherlock guardò  John indispettito per aver suggerito un piano che li avrebbe separati, non poteva perderlo per nessuna ragione; per una volta non voleva seguire la logica ma solo ascoltare quello che provava. Ma Mycroft lo stava già trascinando fuori dall'ufficio. Sherlock lanciò un ultimo sguardo in direzione di John prima di sparire mentre il ragazzo ricambiava lo sguardo come rassicurandolo che sarebbe stato tutto a posto.

- Bene John aiutami a bloccare questo inferno - fece Greg.
- Dobbiamo distrarre il nemico mentre Sherlock e Mycroft se ne vanno - convenne John.
- Esatto, vedo che hai capito -
Lestrade, John e Anthea si diressero verso i rumori, dove stava infuriando la battaglia e Wolverine era al centro della mischia. I mutanti mandati da Magneto sembravano burattini nel contrasto con Logan. Anche Molly stava combattendo lanciando palle infuocate mentre altri studenti aiutavano come potevano. In quel momento John capì cosa intendeva Sherlock sul fatto che avrebbe dovuto provare a usare i suoi poteri per attaccare altrimenti sarebbe stato inutile combattere, poteva solo guarire le ferite.
Nonostante il caos che regnava sovrano, notò subito che mancavano Moriarty e Moran e di Magneto non c'era traccia.
- E se Magneto fosse all'esterno, se non aspettasse altro che l'uscita di Sherlock e Mycroft? Potrebbero aver pensato come noi, di distrarci sul davanti per costringere Sherlock e Mycroft ad uscire da dietro - affermò John con una punta di panico nella voce.
- Non sono così stupidi i nostri Holmes, rimarranno invisibili anche fuori, finché Mycroft non riuscirà a mettersi in contatto con le forze speciali - E anche Greg si lanciò nella mischia diventando di roccia.
Riuscì a scagliare diversi colpi mentre Logan da solo riusciva a bloccare buona parte del gruppo nemico. John si guardò attorno cercando qualcuno da guarire o da aiutare quando vide Anthea venire lanciata attraverso tutta la sala da Mystica, che stava dirigendo l'attacco.
Corse verso l'assistente di Mycroft per vedere se era tutta intera, schivando diversi colpi; quando la raggiunse si accorse che aveva diversi lividi ma era illesa.
- Attento! -
Non fece in tempo a girarsi che qualcosa lo colpì.


Nel frattempo Sherlock e Mycroft stavano camminando per i corridoi in direzione dell'uscita sul retro; avevano incontrato pochi mutanti del nemico ed erano riusciti ad evitarli senza problemi. Tuttavia man mano che si avvicinavano all'uscita Sherlock rallentava il passo.
- Sherlock muoviamoci! Prima riesco a contattare l'esercito e prima metteremo in salvo tutti - gli sussurrò Mycroft infastidito.
Ma Sherlock non riusciva a pensare al fatto che Moriarty avrebbe sicuramente preso di mira John.
- Torniamo indietro! - fece il moro bloccandosi a metà corridoio.
- Non serve a niente Sherlock, l'unico modo per portare tutti in salvo è chiamare i rinforzi - rispose Mycroft cercando di far ragionare il fratello.
- Non servirà e lo sai, ti costringeranno a barattare le vite dei ragazzi con la tua -
- Quindi vuoi che mi consegni direttamente? - chiese ironico.
- No, che proviamo a contrastarli - rispose risoluto.
- Come? Con quali poteri? sono già riusciti a spararti senza problemi Sherlock. Devi restare razionale, non puoi farti trasportare, torna in te! -

Sherlock riprese a camminare ma la fuga non durò per molto; quando voltarono l'angolo e arrivarono nel salone scoprirono un'amara verità: Magneto e Jim presidiavano la porta sul retro, come consapevoli che gli Holmes sarebbero usciti da quella parte.
Mycroft e Sherlock si bloccarono, l'invisibilità non gli permetteva di vedere le rispettive espressioni né fare un qualunque gesto per decidere cosa fare; fortunatamente entrambi capirono che non potevano fare altro che arretrare il più silenziosamente possibile ma la loro strada venne sbarrata da Mike e Irene che giungevano da dietro di loro. Sherlock spinse suo fratello contro il muro in modo da lasciarli passare senza venire urtati.

- Nessuna traccia degli Holmes per il momento - fece Mike abbassando la testa.
- Non possono essere usciti, sorvegliamo tutto il perimetro - convenne Magneto.
- Non ho trovato della vernice Jim, ma ho portato della farina dalla cucina come mi avevi chiesto -
- Benissimo, se sono nascosti da qualche parte dovrebbe aiutare - rise Jim immaginando di coprire di farina l'invisibile Sherlock.
- E se gli X-men tornassero in tempo? - chiese Irene senza far trasparire la speranza segreta che quell'assedio avesse fine.
- Mystica e gli altri sapranno come bloccarli, voglio solo rivelare agli altri fratelli mutanti i piani che il Governo ha contro di loro. Molti si uniranno alla causa e la morte di Mycroft Holmes fungerà da esempio a chi vuole mettersi contro di noi - concluse Magneto.

Una voce risuonò dal corridoio - L'ho trovato! -
Sherlock trattenne il fiato, aveva un pessimo presentimento. Sebastian entrò nella sala trascinando con se John che già riportava diversi lividi. Il battito di Sherlock cominciò ad aumentare disperatamente, sapeva che se non si fosse calmato non sarebbe stato in grado di controllare il suo potere.
- Questo chi è? - chiese Magneto rivolto a Moriarty.
- E' John Watson, il cucciolo di Sherlock. E' molto semplice: se abbiamo lui presto comparirà Sherlock e quindi avremo Mycroft. E' una questione di punti deboli - 
John rise - Ormai sono usciti, avranno già chiamato le forze speciali, non c'è niente che possiate fare -
- Oh davvero?! - chiese Sebastian prima di mollargli un altro pugno nello stomaco.

Mycroft fece per trascinare Sherlock fuori dalla sala, la strada era libera e potevano trovare un'altra uscita ma Sherlock non si mosse.
Il maggiore degli Holmes prese a battere un dito sulla sua mano, usando il codice morse, ma non per dire quello che si aspettava Sherlock. Il moro era convinto che  suo fratello gli avrebbe detto che a quel punto rivelarsi non avrebbe salvato John  o qualcosa di simile. Invece picchiettò velocemente "Scappa e cerca Lestrade". Sherlock indugiò un secondo di troppo prima di capire che Mycroft stava per lasciare la sua mano e consegnarsi.
Mycroft aveva calcolato perfettamente i tempi, quando apparve erano tutti voltati verso John e nessuno si accorse che in realtà era già nella sala.
- Ho sentito che mi stavate cercando -


Nel frattempo la battaglia continuava; Greg cercava in tutti i modi di far uscire i ragazzi dalla scuola ma all'esterno c'erano ancora più mutanti ostili che all'interno, pronti a bloccare chiunque provasse a scappare.
- Non resisteremo a lungo - gridò Lestrade a Logan.
- Lo so, ma il professore e gli altri saranno presto di ritorno, dobbiamo solo resistere ed evitare le perdite -
- Dov'è John? - Greg si guardò attorno nel marasma, cercando una nuca bionda ma non riusciva ad individuarlo da nessuna parte -
- Abbiamo perso il piccoletto? -
Lestrade sperò che John si fosse solo nascosto ma sapeva che non era un codardo e non avrebbe lasciato i suoi amici nei guai. Era altrettanto sicuro che non fosse andato dietro a Sherlock perché non avrebbe rischiato di farlo scoprire. Continuò a guardarsi attorno quando vide Anthea cercare di alzarsi faticosamente in piedi tenendosi ad un tavolo; Greg corse ad aiutarla, incurante di laser, fuoco e di tutti i poteri che venivano scagliati contro di lui.
- Anthea, hai visto John? -
- E' stato colpito e portato via da un ragazzo - rispose a fatica.
Greg capì che come sempre aveva ragione Sherlock, avrebbero usato John per farli uscire allo scoperto. Wolverine arrivò alle sue spalle - Non è il momento per una pausa -
- No infatti, devo andare a cercare John, sperando che Mycroft e Sherlock siano già usciti -
- Controllo io la situazione qui -
Greg annuì distrattamente, l'aveva detto mille volte al Professore che in caso di attacco non sarebbero stati pronti.
- Non fare quella faccia, sono sicuro che i rinforzi stanno arrivando! -



Angolo autrice
Devo chiedervi scusa per la quantità di errori grammaticali del precedente capitolo: c'erano un sacco di parole con lettere mancanti e altre ripetute, un po' colpa del correttore un po' colma mia, per cui scusatemi.
Grazie a tutti quelli che continuano a leggere, a commentare ad aggiungere la storia tra le seguite e le preferite. Nel caso non riuscissi ad aggiornare prima di Natale vi auguro buone feste di cuore!!!

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Capitolo 15
*** L'inizio della fine ***


Cap. 15  - L'inizio della fine


- Ho sentito che mi stavate cercando -
Magneto fissò stupito Mycroft - Sei molto più giovane di quanto pensassi e più coraggioso, ma questo non ti salverà - Il mutante fece un gesto a Moran che prese Mycroft e lo trascinò davanti a Magneto.
John fissava tutta la scena stanco, si sentiva ancora più impotente di prima.
- Non credevo ti saresti fatto vedere, pensavo fossi corso via come un coniglio quale sei, Mycroft Holmes. Come puoi pensare di trattare i tuoi fratelli mutanti come cavie da laboratorio? -
- Nessuna cavia noi abbiamo solo ...-
- Silenzio! - Grido Magneto.
Moriarty intanto si guardava attorno disorientato e impaziente - Se lui è qui il fratellino invisibile non sarà lontano! -
- Non mi interessa suo fratello Moriarty, quella è una tua fissazione e preferirei la mettessi da parte, non siamo qui per giocare a chi è più intelligente - sbottò Magneto.
Moriarty sorrise sghembo ma non disse altro.

Mycroft manteneva fiero la sua solita freddezza, di certo non avrebbe dato la soddisfazione di dimostrare paura - E precisamente quale sarebbe il suo piano sig. Erik Magnus Lehnsherr? Mi ucciderà per dimostrare cosa? Sono un mutante anch'io, non crede che gli altri mutanti potrebbero avere qualcosa da ridire? - fece il maggiore degli Holmes per prendere tempo in attesa che qualcuno come il Professore o Greg intervenisse.
- Mi credi così stupido? Prima confesserai davanti alle telecamere i tuoi crimini: gli studi per eliminare i poteri mutanti, i sieri per bloccare i telepati, ogni cosa che il Governo ha fatto contro di noi. Solo dopo ti giustizieremo - rispose Magneto schifato dal rivolgere la parola a Mycroft.
- Bè se dovete uccidermi comunque perché dovrei tenere una conferenza sui piani del Governo? - rispose annoiato.
- Perchè se non lo farai allora si che cercheremo il tuo adorabile fratellino e ti assicuro che non sarà divertente - intervenne Moriarty stanco di essere tenuto in disparte.
Magneto lo guardò torvo. Sherlock dall'angolo dove stava osservando la scena sorrise debolmente, pensò che dopotutto anche Magneto aveva giudicato troppo frettolosamente Jim come aveva fatto suo fratello, considerandolo soltanto un ragazzino sveglio e non  un genio psicopatico.
- Non ti intromettere mai più chiaro? - fece Erik rivolto a Jim, il quale lo trafisse con uno sguardo assassino che Sherlock non gli aveva mai visto fare.
- Inoltre - continuò Magneto - c'è una bomba nella scuola, con il timer già impostato. Se non ti muovi a fare il discorso tutta la scuola salterà per aria, studenti compresi-
- Non ti fai scrupoli a sacrificare altri mutanti, non capisco perché c'è tanta gente stolta che ti segue - convenne Mycroft sostenendo lo sguardo di Magneto.
- Preparate le telecamere - fece Erik rivolto agli altri - E tu leggerai il discorso o il primo a rimetterci sarà il piccolo Watson. -
Anche John sostenne lo sguardo di Magneto senza dimostrare paura, non era molto sicuro che se la sarebbe cavata ma nemmeno lui voleva dare la soddisfazione di tremare davanti al nemico.

Nel frattempo Sherlock si era lentamente spostato dall'ingresso verso il centro della sala, in modo da poter intervenire in caso di necessità e stando ben attendo a non emettere il minimo rumore per non insospettire Jim. Riflettè sul fatto che correre da Lestrade sarebbe stato inutile e a quel punto doveva già essersi accorto della sparizione di John e della mancanza di Magneto.

Mike e Jim si misero a sistemare le telecamere in attesa di iniziare con il comunicato mentre John, ancora a terra, si guardava attorno sicuro che Sherlock si trovava nella stanza; non poteva essere altrimenti, lo conosceva abbastanza bene da sapere che non avrebbe abbandonato né lui né suo fratello. Avrebbe preferito sapere Sherlock in salvo all'esterno piuttosto che bloccato con lui e senza nemmeno poterlo vedere, ma la sua presenza, anche se invisibile, gli dava qualche coraggio.

Mycroft di controvoglia si sedette sulla poltrona; non poteva fare altrimenti, non avrebbe rischiato la vita di tutti e sapeva che Sherlock era ancora nella stanza; con la sua vista a raggi X lo aveva visto muoversi  e a stento si era trattenuto dallo sbuffare perché non aveva seguito il suo "ordine" di cercare Greg.
- Allora, traditore dei mutanti, pronto a leggere? - chiese Erik porgendogli un foglio. Mycroft lesse velocemente quello che avrebbe dovuto comunicare al Mondo intero, molti dati top secret che anche se fosse riuscito a salvarsi gli avrebbero comunque comportato una lunga pena detentiva. Si sentì molto stupido, aveva peccato di superbia, non aveva pensato che Moriarty fosse davvero così intelligente e abile da recuperare tante informazioni e che le avrebbe usate in questo modo; senza contare che l'idea di mandare tutti alla scuola di Xavier era stata sua, confidando che il Professore, Lestrade e anche suo fratello li avrebbero tenuti d'occhio. Di certo non pensava un'alleanza con Magneto.

In quei pochi secondi pensò che forse aveva dedicato  troppo alla sua carriera e non gli era rimasto più tempo per altro; in un attimo gli tornarono in mente tutte le ore passate a studiare come un forsennato per diventare il più giovane laureato che l'Università di Oxford avesse mai avuto e di conseguenza lo scarso tempo che aveva dedicato a Sherlock, prendendolo in giro per quanto fosse "lento" rispetto a lui e a Greg che era l'unico amico che aveva al Mondo, o forse qualcosa di più.

Sherlock fino a quel momento aveva evitato di guardare negli occhi il fratello, sapendo che sicuramente gli sarebbe scappata un'espressione di rimprovero che rischiava di essere intercettata da Jim, ma non riuscì a non fissarlo mentre seduto a leggere quel proclama diventava sempre più pallido. Non avrebbe lasciato che Mycroft si sacrificasse per tutti senza nemmeno provare a salvarlo, per cui decise che la cosa più intelligente da fare fosse cercare la bomba togliendo al nemico almeno un'arma di ricatto.

Mycroft, intanto, sospirò e si preparò alla sua condanna definitiva, che sarebbe arrivata o da Magneto o dal Governo, quando Lestrade fece il suo ingresso nella stanza.
- Mi stavo giusto chiedendo se era qui la festa -
Greg si trasformò immediatamente in roccia e corse verso Magneto il quale non riuscì a bloccarlo nonostante il suo potere di controllare i metalli, anche quelli presenti nelle rocce.
- Oh scusa, so che sembra roccia ma è una sostanza particolare, senza metalli - fece Lestrade scagliando un pugno in faccia a Magneto.
Nel caos che seguì  Mycroft prese John per un braccio e lo trascinò via dal pericolo. Altri ragazzi avevano seguito Lestrade, Molly compresa, ed ora stavano dando battaglia.
Mycroft fu raggiunto da Anthea che cercò di convincerlo ad uscire e chiamare i rinforzi, prima che Magneto prendesse di nuovo il sopravvento.
Nel caos generale i presenti sentirono un jet atterrare: gli X-Men erano tornati.
- E' la tua fine Magneto! - Gridò Wolverine unendosi alla "festa".

John era ancora acquattato dietro ad una poltrona indeciso su come agire quando qualcuno gli prese una mano.
- Cosa diavolo aspetti a curare le tue ferite? - chiese Sherlock ricomparendo.
John sorrise, non era il momento ma decise comunque di abbracciarlo quando la poltrona dietro cui erano nascosti venne scaraventata contro il muro.
- Ma come siete carini - fece Sebastian in compagnia di un altro mutante, Pyro, capace di controllare le fiamme e pronto a lanciarle addosso ai ragazzi. Sherlock, ormai padrone del suo potere, con le mani creò uno scudo attorno lui e John, bloccando ogni proposito incendiario. Pyro alimentò le fiamme con ancora più potenza in modo da distruggere lo scudo creato da Sherlock il quale cominciava a cedere sotto la forza del potere dell'altro, quando John prese la mano del moro. Il solo contatto gli diede un'emozione così forte che riuscì a creare un scudo di una tale potenza che scagliò contro il muro tutti i mutanti che si trovavano nelle vicinanze.
Sherlock si guardava le mani attonito, incapace di credere che quel potere fosse scaturito da lui. Si voltò verso John che a stento si rimetteva in piedi.
Il biondo rise e gli strizzò l'occhio - Non occorre che dici niente, so di essere il tuo super potere -
Sherlock non potè che ridere di rimando.

Nel frattempo anche gli X-Men erano giunti nella scuola capitanati dal professor Xavier e stavano riportando l'ordine mettendo in fuga il nemico.
- Dov'è Moriarty?- chiese Sherlock guardandosi attorno.
- Quel vigliacco sarà fuggito - rispose John.
- Non credo - fece Sherlock. Nella mischia aveva visto Jim correre fuori dalla sala ma non all'esterno. E c'era ancora la bomba da disinnescare prima che fosse troppo tardi.
- John fai evacuare la scuola se non ci pensa mio fratello - E poi divenne invisibile e corse via, sicuro di aver compreso dove si trovasse Jim.
John non fece in tempo a capire in quale direzione era andato Sherlock che si trovò atterrano da Moran.
- Ok adesso basta - gridò John usando il suo potere come aveva suggerito Sherlock. Sebastian rotolò a terrà con un braccio rotto, piangendo dal dolore.
- Così va meglio - fece John guardandosi attorno nella speranza di vedere il moro, ma non c'era nessuna traccia. John avrebbe voluto strangolarlo, perché Sherlock credeva che la sua vita valesse meno di quella del biondo al punto che si preoccupava sempre che John fosse al sicuro e poi senza problemi si buttava nel pericolo?
- John dov'è Sherlock? - chiese Mycroft  giungendo alle sue spalle.
- Non riesce a vederlo? - chiese speranzoso.
- Evidentemente no - rispose seccato.
- Credo sia andato a cercare Jim o la bomba..o entrambi -
Mycroft fece cenno alla sua assistente e subito dopo si misero a far uscire tutti dalla scuola, mentre i nemici se la davano a gambe, Magneto compreso, probabilmente conscio che la bomba sarebbe esplosa a momenti.

Nel frattempo Sherlock era corso sul tetto della scuola, sicuro che Jim sarebbe stato lì.
- Ciao Sherlock, sapevo che avresti capito - fece affabile Jim, seduto sul parapetto.
- Bè sono già caduto da un tetto virtuale, ora vuoi che cada da uno vero? - chiese Sherlock camminando lentamente in direzione di Jim.
- Bè onestamente cominci a infastidirmi e c'è una bella vista qui su -
- Per quale motivo dovrei farlo? -
- Non lo so, forse perché c'è una bomba nella scuola e se non lo farai salteremo tutti per aria? Che tristezza vero? Tutta questa fatica e il piccolo John e il tuo caro fratello moriranno -
- Come faccio a sapere che non menti, che non la farai esplodere comunque? -
- E' già attivata - fece Jim  - Ma se ti butti provvederò a disinnescarla, non ho tutta questa voglia di morire ma non ne ho nemmeno paura, curioso no? -
Sherlock guardò il vuoto sotto di lui e poi rivolse nuovamente lo sguardo a Jim.
- Tic tac il tempo scorre. Allora Sherlock saltiamo tutti in aria o muori solo tu? Sta a te la scelta -


Angolo autrice
Buona Vigilia!!!
Siamo in dirittura d'arrivo per cui restate con me per il gran finale!
Un bacione e alla prossima, per l'ultima volta in questa ff.

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Capitolo 16
*** Tu sei il mio super potere ***


Cap. 16 - Tu sei il mio super potere

- Visto che abbiamo ancora qualche minuto potresti fare come tutti gli psicopatici e raccontarmi quanto sei intelligente. Dopo far esplodere la scuola che piani hai? - Chiese Sherlock passeggiando vicino al bordo del tetto incurante della bomba, del suono delle ambulanze che stavano arrivando per curare i feriti della battaglia e di qualsiasi altro rumore che non riguardasse Moriarty.

Jim fece un ghigno -Tu sicuramente morirai, io dipende dal tuo tempismo nel saltare per cui tanto vale scambiare quattro parole. Si la scuola era solo l'inizio, ma non sono d'accordo con Magneto, l'Homo sapiens è una razza inferiore ma nemmeno lui è intelligente quanto me. Non mi interessa la guerra, mutanti che ambiscono a dominare il Mondo. Chi tira le fila nell'ombra ha il vero potere ed è a questo che miro; Magneto era solo un tramite, un modo per conoscere altre persone utili come Moran o persone manovrabili come Mary - Jim fece una pausa, scrutò il moro, la sua nemesi, l'unico che poteva stare al suo livello - Tu mi starai sempre tra i piedi vero Sherlock? E non posso permetterlo, per questo siamo sul tetto e per questo salterai. -

Sherlock rise fra se - Pensi che io sia tanto intelligente e nonostante ciò credi che salterò? Chi è un passo indietro questa volta? -

Jim lo fissò interrogativo, odiava non capire le cose quanto lo odiava Sherlock - Stai forse prendendo tempo in attesa che arrivi qualcuno? Non arriverà nessuno, stanno evacuando la scuola se non te ne sei accorto -

Sherlock guardò sotto di lui e vide che effettivamente stavano uscendo tutti, sperava di vedere John correre fuori ma non riusciva ad individuarlo in mezzo a quella moltitudine.

- Allora Sherlock, ti butti? Ancora un passo e sarà tutto fin... -

Moriarty non fece in tempo a finire la frase che venne atterrato da John. Il biondo era arrivato di corsa intuendo il possibile epilogo di quella situazione.

- Non sognarti di buttarti di sotto Sherlock! - fece John non mollando la presa su Jim il quale non stava facendo nulla per resistere alla morsa del biondo.

- Guarda Sherlock, è arrivato il tuo cucciolo - Neanche il tempo di dirlo che Moriarty aveva usato il suo potere per attraversare il pavimento del tetto e finire nella stanza sottostante, lasciando John a  bocca aperta.

- Non che non apprezzi il tuo affetto John ma hai fatto un mezzo casino - affermò Sherlock con una punta di fastidio.

- Non volevi buttarti? - chiese John stranito - Sai non dovresti pensare di dover fare tutto da solo per proteggermi, voglio aiutarti! -

Sherlock sorrise, era vero, non era più solo.

- Certo che non volevo buttarmi, forza andiamo a recuperare Moriarty - rispose Sherlock trascinando John in piedi e procedendo giù per le scale a grandi passi.

- Ma la bomba? - fece John cercando di correre alla stessa velocità del moro.

- Almeno che mio fratello non si sia rimbecillito del tutto dovrebbe averla già individuata, la vista a raggi x serve a qualcosa ogni tanto -

- Oh, e sa disinnescare le bombe? -

Sherlock si fermò a guardarlo perplesso - Certo che no, userà l'interruttore -

- L'interruttore? Nei film le bombe non hanno mai l'interruttore, di solito si taglia il filo rosso -

Sherlock sorrise fra se, quanto era adorabile il suo John?

Quando arrivarono nella stanza proprio sottostante il tetto constatarono che ovviamente Moriarty non si trovava più lì, molto probabilmente era già uscito dalla scuola ma c'era sempre la speranza che qualcuno lo avesse intercettato. I ragazzi decisero di tornare nel salone dove trovarono Mycroft intendo a parlare con Lestrade. John si guardò attorno sconsolato, la scuola aveva riportato numerosi danni e sicuramente sarebbe stata chiusa il tempo delle riparazioni. Quella che ormai era diventata la sua casa stava cadendo a pezzi sotto i cuoi occhi.

- Eccovi qui - fece Mycroft sollevato vedendo arrivare i due ragazzi.

- Avete trovato la bomba vero? - chiese John ancora perplesso dall'idea che le bombe potessero avere un interruttore.

- Certo,  mi sembra ovvio. L'uomo ghiaccio l'ha congelata prima che esplodesse - rispose pratico Mycroft.

- Ah niente interruttore - fece John sollevando eloquentemente le sopracciglia in direzione di Sherlock.

Poi fu un attimo, stavano sorridendo allegri quando un rumore alle loro spalle attirò l'attenzione del biondo. John si era voltato, aveva visto Moriarty venire nella loro direzione brandendo una pistola e sparare verso Sherlock. John non si era neanche accorto di essersi messo davanti al moro a fargli da scudo. La pallottola lo aveva trapassato ma non era uscita e il biondo era finito tra le braccia di Sherlock che lo aveva sorretto al volo. Tra le urla era già intervenuto Wolverine bloccando Moriarty e Lestrade era corso fuori dalla scuola a fermare una delle ambulanze, sperando non fossero già tutte piene.

- Perché cavolo lo hai fatto?! Se avesse preso me potevi guarirmi - chiese Sherlock tremando incontrollabilmente mentre adagiava la testa di John sulle sue ginocchia, la mano era subito corsa a tamponare la ferita.

- Non sono stato molto a pensare, non sono io quello intelligente della coppia - rispose sorridendo con difficoltà il biondo.

- Curati! -

- Non ne sono capace Sherlock, ho troppe poche forze - fece John accarezzando una guancia del moro già umida di lacrime - Non fare così -

- Curati ho detto e non dirmi cazzate che non ce la fai. Non puoi lasciarmi, ho bisogno di te, sei il mio super potere no? -

- Finalmente ti sei ricordato cosa mi hai detto quel giorno sotto shock - rise debolmente.

Sherlock stava andando in iperventilazione, continuava a guardarsi attorno sperando in un miracolo ma le poche persone che si trovavano ancora nella scuola non potevano aiutarlo in alcun modo, solo la corsa in ambulanza poteva salvarlo e Lestrade non era ancora tornato con la barella.

- John guardami - fece Sherlock avvicinandosi alla faccia di John - Tu adesso ti guarirai soldato e questo è un ordine - e gli prese una mano - Ti prego, a me è bastato che mi toccassi per scatenare i miei poteri -
John aveva il respiro sempre più debole e il polso si stava rallentando. Sherlock tentò un ultimo disperato tentativo e lo baciò sulle labbra, mentre dai suoi occhi continuavano a cadere tristi lacrime al pensiero che poteva essere l'ultima volta che accadeva. Non si mosse da lì, non sapeva neanche lui quello che stava facendo, finché non sentì il respiro di John più regolare, alzò lo sguardo sul biondo e il miracolo che stava aspettando si verificò davanti ai suoi occhi. La pallottola incastrata nel corpo di John  fuoriuscì da dove era entrata e piano il foro si richiuse.

John tossì a fatica mentre Sherlock riprese piano a respirare regolarmente.

- Sei più bravo di me, non sei nemmeno svenuto - fece piano Sherlock.

Lestrade arrivò di corsa con la barella e Sherlock lasciò che i paramedici caricassero sopra John. Guardò l'ambulanza che si allontanava non trattenendo un sospiro di sollievo. Era per evitare una situazione simile che non aveva voluto che John lo seguisse, sapeva che non avrebbe retto ad una cosa del genere.

- Come siamo diventati sentimentali Sherlock - fece Mycroft osservando il fratellino.

- Sbaglio o prima stavi per sacrificarti per tutti? -

Mycroft sorrise leggermente prima di riprendere la sua solita espressione seria - Se vuoi seguirlo all'ospedale Lestrade ti darà un passaggio -

- Non mi dire, lo chiami di nuovo per cognome?  Sei senza speranza -

- Vuoi un passaggio o no? - rispose Mycroft infastidito.

Sherlock non disse niente ma scosse la testa e si diresse verso l'auto di Lestrade girandosi all'ultimo per salutare il fratello, dopotutto un saluto se lo meritava.

John non rimase molto tempo in ospedale e comunque Sherlock gli teneva compagnia tutto il tempo, al punto che le infermiere avevano telefonato ai suoi genitori perché venissero a recuperarlo. Il moro aveva risposto che non avrebbe lasciato l'ospedale senza John e così la famiglia Holmes aveva deciso di ospitare il ragazzo finché la scuola non fosse stava ricostruita. Per John fu un sollievo non dover ritornare a casa, non sapeva se avrebbe mai perdonato i genitori per come lo avevano trattato e comunque aveva avvisato Harry che poteva venire a trovarlo dagli Holmes.

I genitori di Sherlock erano inaspettatamente ordinari e affettuosi, così diversi dai figli che non facevano altro che battibeccare tutto il tempo; John era stato sistemato nella vecchia stanza di Mycroft ma avrebbero fatto prima a metterlo nella stanza di Sherlock visto che il moro gli entrava in camera a tutte le ore del giorno e della notte e spesso si fermava a dormire con lui nel letto singolo.

- Sicuro che ai tuoi non da fastidio? - chiese ad un tratto John cercando di girarsi nel letto per guardare in faccia Sherlock senza farlo cadere.

- No, sono contenti che tu sia qui. E' la prima volta che vedono un mio amico, probabilmente ti faranno delle foto e le esporranno sopra il caminetto -

- Scemo, intendevo il fatto che dormiamo assieme o che stiamo assieme..insomma glielo hai detto no? -

- L'hanno intuito -

John sospirò tra se - Ai miei non andrebbe bene, -

- Cioè gli va bene che tua sorella sia lesbica ma non che tu stia con un ragazzo? -

- Come fai a sapere di mia sorella? Non te l'ho mai detto -

- L'ho capito la volta che è venuta a trovarti - E John rise tra se, dimenticando che stava parlando con la persona più intuitiva al Mondo e poi si addormentò abbracciato a lui, ripensando a quanto si sentiva solo e incompreso appena qualche mese prima e quanto era felice adesso. Non sapeva cosa sarebbe successo in futuro, se sarebbe diventato un X-men o se si sarebbe adattato ad una vita ordinaria, opzione ovviamente impossibile con Sherlock, ma era certo che pur dovendo affrontare mille difficoltà sarebbe stato felice; gli bastava affrontare tutto con Sherlock, il resto non gli importava più.

The end

Angolo autrice:

Che brutto chiudere ma eravamo agli sgoccioli con questa storia. Spero abbiate apprezzato anche il finale e se posso chiedervi un regalino di Natale in ritardo o della Befana in anticipo apprezzerei tantissimo le vostre recensioni.
Ringrazio come sempre tutti quelli che hanno letto e recensito e sono giunti fino a qui. Un grazie particolare a Toru85, Tsuzuki88 e lululove2 per avermi tenuto compagnia e incoraggiato con le loro recensioni per quasi tutto il corso della storia e a bicci97, FrancyBorsari99, Night-Angel, _MrsKarev_,  Chappy_,  YanginRuya, SmileGiveMeFive, xaki e MerlinxSherlock per le belle parole.

Vi devo lasciare, un'altra ff mi attende, questa qui se qualcuno fosse interessato: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2962895&i=1 Sempre Sherlock ma di un genere completamente diverso.
Un bacio grande e Buon anno!!!

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