Metaworld

di MyShadow19
(/viewuser.php?uid=659917)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio Qualsiasi ***
Capitolo 2: *** Basi della Storia ***



Capitolo 1
*** Inizio Qualsiasi ***


Tutto iniziò così: con una tela. Una tela metà bianca e metà nera e due artisti. Due creatori. Uno bianco e uno nero. Un uomo e una donna.
Entrambi avevano la pelle chiara ma gli occhi dell’uomo erano malvagi e il suo sorriso era sornione, mentre gli occhi della donna erano innocenti e il suo sorriso era sincero. L’uomo vestiva con abiti lucidi, appuntiti, svolazzanti e molto scuri. La donna vestiva con abiti opachi, morbidi, pesanti e molto chiari. Entrambi avevano un cappello: lui un tricorno nero e argentato, lei un cappello a cono di paglia bianco e argentato.
I due individui giacevano nella tela, all’interno di un mondo totalmente spoglio ed infinito, diviso in un semipiano nero e in un semipiano bianco. Nel semipiano bianco c’era l’uomo nero e nel semipiano nero c’era l’uomo bianco.
“Chi siamo? Dove siamo?” Esordì la donna bianca nell’istante zero del mondo.
“Il mondo ha appena cominciato ad esistere” Disse in modo atono l’uomo nero “Qualcuno deve averci disegnato, scritto, raccontato o recitato.” Dopo aver assunto un’espressione di sufficienza aggiunse: “Qualcuno privo di fantasia: l’ambientazione lascia alquanto a desiderare” concluse.
La donna stava girellando per saggiare la consistenza di quel mondo “L’Autore non è privo di fantasia. L’idea di un personaggio cattivo in un mondo bianco e un personaggio buono in un mondo nero è fantasiosa. Secondo me l’Autore ha molta fantasia ma ha una scarsa concezione pratica, che gli ha impedito di creare un’ambientazione più complessa.”
Disinteressato, l’uomo troncò il discorso: “Comunque siamo qui. Non è normale stare a parlare del senso di ciò che ci circonda. Presentiamoci. Io sono Kuro.” Allungò la mano oltre lo spazio bianco che a malapena si vedeva nello spazio nero.
La donna scosse la testa per correggerlo: “E’ normale invece. Si chiama filosofia, ad ogni livello di creazione lo fanno. Piacere, io sono Blanchette”.
L’aria da duro, indifferente ed imperturbabile, tornò sul viso di Kuro quando sentì il nome della donna. “Wow” Esclamò “Il mio nome significa nero e il tuo significa bianco. Davvero, davvero molto fantasioso. Dai retta a me: l’Autore sta solo producendo la prima storia che gli viene in mente. Oltretutto vedi? Io, che sono nero, ho un carattere negativo e tu, che sei bianca, hai un carattere positivo.”
Blanchette rise e rispose: “Dovresti essergliene grato, dato che ci ha permesso di vivere. Se ci avesse dato un carattere ambiguo in un’ambientazione complessa, avremmo dovuto aspettare il terzo, quarto o quinto capitolo della storia prima di avere un’identità vera e propria. Dandoci un’identità, anche banale, ma immediatamente, ci ha permesso di essere creature pensanti fin da subito.”
Kuro scosse la testa e si sedette scocciato. “Beh non m’importa quanto tempo ci mette un Autore per dare un’identità complessa alle sue creature, ma io voglio essere di più che lo stereotipo di un cattivo fuori luogo. Poi che si inventerà? Io che vengo dal lato oscuro e divento buono? Noi due che ci innamoriamo? Noi due che ci scambiamo le parti? Cosa si può mai fare con un personaggio banale come punto di partenza? Solo cose banali.”
Anche Blanchette si sedette, non perché fosse stanca, ma solo per imitarlo. “Ma una storia non è fatta solo dai personaggi e dall’ambientazione. Una storia è fatta da creature che vivono. Non dovresti meta-pensare così tanto. Nel suo mondo noi due non esistiamo, siamo solo i personaggi di una storia, ma noi esistiamo nel livello di creazione immediatamente sotto. Noi esistiamo, per questo il nostro destino è nelle nostre mani.”
Kuro guardò Blanchette con biasimo, come se avesse detto una blasfemia. “Sei fuori?! E’ lui che scrive quello che facciamo! Non c’è libero arbitrio qua.”
Blanchette non rispose con altrettanto biasimo ma con un sorriso. “Devi riflettere di più, Kuro. Il concetto di libero arbitrio è relativo, non assoluto. Il libero arbitrio vale in un livello di creazione ma non attraverso più livelli. In ogni livello soltanto gli esseri viventi hanno libero arbitrio e non le parole di un libro o il tessuto di una tela, ma nel livello sottostante quelle parole o quel tessuto possono prendere vita. Non devi immaginare di essere manipolato da un dio. Devi immaginare di poter vivere la tua vita in questo mondo perché così come noi non esistiamo per lui, lui non esiste per noi.”
Kuro, scocciato, sputacchia verso Blanchette. “Non ti seguo. Rifletti troppo.”
Blanchette si spiegò meglio: “Mi spiego: anche lui avrà un Autore sopra di lui no? Qualcuno che venera come un dio.” Kuro mugolò indecifrabilmente. “Lui non può sapere cosa c’è sopra di lui perché il suo Autore, o il suo dio, è imperscrutabile come lui lo è per noi. L’Autore del nostro Autore, allo stesso modo, non saprà mai nulla su ciò che c’è sopra di lui. Allora possiamo dannarci in eterno a risalire l’albero nella speranza di trovare una radice che non è detto che esista, oppure vivere le nostre vite nel nostro livello in cui abbiamo libero arbitrio, per quanto ciò sembri assurdo per il nostro Autore. Capisci?”
Kuro sembrò risollevato da quella visione delle cose, seppur difficili da comprendere. “In pratica mi stai accusando di ragionare come il nostro Autore.”
Blanchette ricambiò gli sputacchi: “In pratica sì!”
Kuro si guardò intorno, in cerca di qualcosa che non fosse la piatta monotonia dell’ambientazione minimalista in cui viveva. Non trovando nulla di suo interesse, si scoraggiò: “Spero che l’Autore del nostro Autore abbia più fantasia di lui. E’ un egoista: se è stato in grado di scriverci o dipingerci deve avere almeno una tela, un foglio, o un qualsiasi altro strumento per farlo. Invece di impegnarsi a creare per noi un mondo altrettanto dettagliato ci ha relegato in uno spazio bicromo e tanti saluti.”
Blanchette si avvicinò al confine e prese le mani di Kuro: “Oh Kuro, si sa, nel momento in cui nasce la vita nascono anche le grandi domande: qual è il senso della vita? Perché il mondo è ingiusto? Eccetera. Non importa quanto dettagliato sia il nostro mondo, queste domande esisteranno sempre. L’Autore è stato minimalista, è vero, ma non ci ha fatto mancare una cosa essenziale: la compagnia.”
Kuro allontanò le proprie mani da quelle di Blanchette. “E che me ne faccio della compagnia?”
Blanchette gliele prese di nuovo per dispetto: “Perché è un mezzo, anzi, il mezzo fondamentale per diventare dei creatori a nostra volta. Se siamo in due possiamo raccontarci storie. E questo mi basta!”
Kuro fissava il vuoto: aveva ricevuto risposta alle sue più grandi domande.
 
(NdA: Devo ad Alessandro, un amico, l’ispirazione ed alcune idee di questa storia. Ma proprio quest’ultimo fatto è la riprova di quanto ho scritto nelle ultime righe di questo capitolo.)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Basi della Storia ***


Le guglie insanguinate non lasciavano spazio ai sacerdoti per ammassare tutti i cadaveri che avevano prodotto durante la loro raccolta quotidiana. I frutti più acerbi erano stati colti affinché il loro sapore acido rendesse più sgradevole e maleodorante l’alta pira dei morti infelici. I denti simili a perle venivano strappati e usati come decorazione. Gli occhi simili a diamanti venivano tolti e usati al posto dei pomelli delle porte. In quel macabro luogo di preghiera tutto cioè che era stato vivo era diventato un mezzo, un oggetto, un tramite per qualcos’altro. Il rispetto per la vita cessava assieme alla vita stessa. La carne morta era considerata alla stregua del legno: il ricavato del corpo esanime di un essere vivente utile come materiale da costruzione. Per questa ragione uccidevano con la stessa leggerezza con cui tagliavano una pianta.
“Ehi ehi ehi fermati un attimo!” Blanchette interruppe i racconto di Kuro. “Che storia è mai questa? E’ orribile!” Kuro voltò la testa scocciato e sputò: “Tu sai fare di meglio?” Chiese poi. “Ci provo.” Rispose Blanchette.
Occhi di ghiaccio, capelli corti color platino, spettinati dalla foga con cui maneggia la sua spada. Lineamenti nobili, labbra sottili, pelle pallida, una camicia dello stesso colore di un cielo nuvoloso, ricamata finemente. Stivali bianchi imbottiti, pantaloni aderenti di seta, un drappo candido che pende dalla cintura e copre un fianco, per celare le sue armi nascoste. Il coraggio, la fierezza e soprattutto la spada: dall’elsa a mezzaluna e dalla lama di platino. Tutto questo, e molto altro, era Heron. Era lì, proprio lì, a due passi da Sky. Nascosta tra i cespugli, riparata dal tronco di una quercia, avrebbe voluto allungare una mano ed afferrarlo. Avrebbe voluto uscire allo scoperto e parlargli. Ma Heron non era a portata di mano. Heron era troppo lontano. Inerme nella sua condizione, soltanto il suo sguardo perso nell’amore poteva osare e raggiungerlo, ogni mattina, durante il suo allenamento quotidiano nella radura.
“Ti prego basta, una parola di più e mi verrà una carie.” Sdegnato Kuro assunse una smorfia di orrore. “Cosa sono tutte queste smancerie?”
Blanchette alzò lo sguardo sognante: “E’ la storia di un amore impossibile che combatte contro la violenza di un mondo crudele! Povera Sky! Non può parlare col suo Heron!”
Kuro si alzò e voltandole le spalle espresse parole di rinuncia: “Per carità dell’Autore, non voglio sentire una parola di più, preferisco mettermi in un angolino e scrivere storie sui miei sacerdoti della morte. Non collezionano cadaveri solo per i pomelli delle porte: hanno altri progetti da realizzare grazie alle loro uccisioni.”
Anche Blanchette si alzò di scatto, ma preoccupata: “No non devi commettere questo errore! Non devi isolarti.” Kuro alzò un sopracciglio con fare interrogativo. “Cos’è un mondo dove nessuno condivide le proprie creazioni? Cos’è se non un inutile tramite tra il livello che gli sta sopra ed il livello che gli sta sotto? Le creazioni devono essere confrontate, discusse, godute con altri esseri viventi del proprio stesso livello! Altrimenti che senso ha l’esistenza stessa del proprio livello? Condividendo le proprie creazioni con gli altri si possono migliorare altri mondi, conoscere altri Autori, correggerle! E’ grazie a questo meccanismo che l’albero della creazione diventa molto più che un elenco di mondi ed avvenimenti!”
Kuro non sembrava convinto: “Sarà, ma rimane il fatto che la tua storia non mi piace. Non voglio sentirla.”
Blanchette esitò qualche istante per riflettere, poi si portò l’indice alla bocca e sussultò: “Ho avuto un’idea! Creiamo una storia insieme!” Kuro, incredulo, dapprima la fissò con biasimo e poi disse quello che pensava: “Oh certo, sarà un gioco da ragazzi conciliare dei riti negromantici con i capricci di una donna innamorata.” Blanchette girellava qua e là presa da una foga creativa: “Infatti sarà un gioco da ragazzi! Mi serviva giusto un’ambientazione per il mio amore impossibile!”
Kuro scosse la testa e tornò ai suoi scritti, bofonchiando: “Non funzionerà mai. Non potremmo mai metterci d’accordo sul finale. Non riusciresti a togliermi la soddisfazione di vedere la tua noiosa coppietta data in pasto ai miei sacerdoti delle vestigia.” Blanchette sapeva che Kuro non aveva tutti i torti: le ambientazioni si incastravano perfettamente ma non sarebbero mai riusciti a scrivere un intreccio insieme. Si mise così a riflettere, in cerca di una risposta. Kuro approfittò dei suoi dubbi per incalzare: “Lo vedi? E’ colpa del nostro Autore. Noi due siamo personaggi troppo banali, troppo privi di sfumature per poter scrivere una storia profonda. Noi due siamo capaci solo di scrivere storie d’amore spicciole o storie di sterile violenza.”
Blanchette calmò la sua foga, si sedette e rifletté attentamente sulle parole di Kuro. Dopo molto pensare arrivò ad una conclusione: loro due non erano proprio personaggi banalissimi. “Noi due saremmo personaggi banali se non fosse per una cosa: sappiamo meta-pensare. Siamo in grado di fare filosofia, cioè di riflettere sulla nostra stessa storia. E’ questo che ci rende originali, perciò è questa l’unica speranza che abbiamo di costruire una storia profonda. E’ inutile rammaricarsi su ciò che l’Autore non ci ha dato e prendersela con lui per i nostri difetti: sarebbe scaricare la responsabilità su di lui. Siamo artefici del nostro destino: troviamo qualcosa che possiamo fare.”
Nonostante il suo pessimismo, Kuro trovò la cosa interessante: “Quindi cosa vorresti fare?” Blanchette, uscita dal vortice di riflessiva calma in cui era appena finita, riprese a turbinare qua e là. “Pensiamo: cosa farebbero i nostri personaggi se fossero reali?” Kuro portò una mano al mento e rispose: “Immagino che le cose si svolgerebbero realisticamente, mossa dopo mossa, fino a che una delle due parti non avrebbe la meglio, i miei sacerdoti o la tua coppietta. Se fosse tutto vero non ci sarebbe un finale prestabilito, un intreccio da aggiungere o modificare, ma solo creature a tutto tondo che si muovono in un mondo ben delineato, si scontrano e realizzano i propri sogni o muoiono. Un po’ come nella realtà insomma.”
Blanchette, con un viso luminoso, confermò: “Esatto! Dobbiamo rendere il nostro mondo reale! Dobbiamo infrangere le barriere dell’albero della creazione! Noi stessi saremo parte del nostro mondo e lo renderemo reale! Dopodiché, chi vivrà vedrà… non dovremmo stabilire tutta la storia subito. Di capitolo in capitolo, di mossa in mossa cercheremo di realizzare i nostri sogni come se fosse la realtà e valuteremo quale sia la reazione più realistica alla nostra mossa. Cercheremo di essere più obbiettivi possibile con le nostre possibilità e con le conseguenze delle nostre azioni.”
Kuro era al tempo stesso esaltato e preoccupato. Sentiva che l’idea era grandiosa ma aveva paura che stesse per affrontare una sorta di legge cosmica, come se tentasse di superare i limiti metafisici dell’universo ed aveva il terrore che questo potesse comportare gravi conseguenze. “Ma non sarà pericoloso oltrepassare i limiti del nostro livello di creazione?”
Blanchette, più positiva, la vedeva invece come un’opportunità. “No, è quello che il nostro Autore ha voluto per noi… Kuro, sei pronto? Ho già il nome per la nostra storia…
si chiamerà… Metaworld!”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2868335