La naturale convivenza

di aki_penn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Aki_Penn parla a vanvera: Salve a tutti, sono nuova in questo fandom anche se è da un po’ che pensavo di voler scrivere qualche cosa su Percy e co. Spero davvero che i personaggi non siano OOC, cerco sempre di stare molto attenta, ma può sempre darsi che io abbia una visione un po’ distorta di loro. Quindi ditemi che vostre opinioni e sgridatemi se pensate che ce ne sia bisogno.
Tanto perché siate avvertiti: non è una storia impegnata, ma si parla di una banda di ragazzini con gli ormoni mossi che bevono, fumano e si fanno i piercing. Giusto perché sappiate a che cosa stiate andando incontro. >.> Si parla abbastanza di sesso, ma non credo che ce ne sarà di esplicito, quindi credo che per ora basti il rating arancione, ma potrei sempre decidere di cambiarlo in futuro.
L’intro è tratto dal secondo capitolo, non sentitevi ingannati!
Buona lettura, nel caso decidiate di continuare, grazie per avermi dato una possibilità.
(Odio questo titolo, ultimamente non me ne vengono in mente di decenti, tenete conto che se fossi colpita da un’idea geniale, potrei decidere di cambiarlo!)
 
 
La Naturale Convivenza
Capitolo Uno
 
Nico era abbastanza sicuro che il camping di avvicinamento alla natura fosse una boiata. Un’orda di ragazzini che vanno in campeggio insieme a cercar funghi (ma era stagione, poi?) e giocare ad acchiappa la coda, scortati da un omuncolo rissoso, somigliante a una capra in modo decisamente inquietante.
Era un’iniziativa di tutte le scuole della città e la moglie di suo padre aveva insistito perché si iscrivesse, anche se lui avrebbe preferito di gran lunga rimanere a casa a mangiare pop-corn e guardare film horror con la tapparella abbassata, come se fosse notte. Caso aveva voluto che la scuola di sua sorella si fosse organizzata per campeggiare poco più in là rispetto alla sua, ma comunque troppo lontana perché lui e Hazel potessero davvero passare del tempo insieme.
Come se tutto ciò non fosse bastato, si era anche beccato la varicella e aveva passato la prima settimana di vacanza a letto, mentre gli altri lo precedevano in campeggio e facevano amicizia, lasciandolo, come di consueto, escluso. Presentarsi con un trolley verde zebrato non l’avrebbe di certo aiutato a fare nuovi amici, perciò, mentre guardava l’accampamento, si era posizionato il più lontano possibile dalla propria valigia.
Suo padre e sua moglie se ne erano andati in vacanza portandosi via tutte le valigie monocolore che avevano a casa, lasciando a lui quella che il signor Dioniso aveva regalato per natale alla famiglia. Un uomo dai gusti discutibili, il signor Dioniso.
Probabilmente non ci sarebbe stato nulla di più imbarazzante di quel trolley, se solo, il giorno prima, sentendosi meglio e volendo approfittare dell’assenza di suo padre, non fosse andato a farsi bucare la lingua. Sul momento non aveva fatto male, ma dopo poco la lingua gli si era gonfiata a dismisura, rendendo difficile qualsiasi dialogo. Era stato faticosissimo spiegare al bigliettaio della stazione quale fosse la sua destinazione. La stessa scena si era ripresentata quando aveva dovuto spiegare al taxista, che aveva fermato alla stazione, dove voleva che lo portasse, con la doppia difficoltà data dal fatto che il luogo di ritrovo era disperso tra le colline e non aveva un vero e proprio nome. Con la scusa della perdita di tempo, gli aveva spillato un sacco di soldi extra.
Di certo, oltre che inimicarsi i taxisti, parlare come un demente non l’avrebbe aiutato a farsi nuovi amici.
Afferrò il trolley per il manico e avanzò un poco verso le tende, per poi fermarsi e allontanarsi di un paio di metri dalla propria valigia, sperando di non essere visto e riconosciuto come proprietario.
L’accampamento era stato scelto in discesa, decisione geniale, a parere suo, perciò le tende erano state montate su una struttura di tronchi a palafitta che permetteva di dormire in una comoda posizione orizzontale e di non rotolare a valle nel sonno. Lavoro che avrebbe potuto essere evitato tranquillamente se si fosse scelto un campo base piano, come avevano fatto quelli della scuola di sua sorella, gente più seria, probabilmente.
Percy, a metà settimana, lo aveva chiamato a casa, utilizzando la sua telefonata quotidiana destinata ai genitori per informarlo sulla situazione del campeggio. Sally Jackson non se la sarebbe presa a male, lo aveva rassicurato. Pareva che il coach Hedge li avesse fatti sgobbare parecchio con quella storia delle palafitte, Annabeth e Leo, come era sospettabile, si erano dati un sacco da fare. Percy non capiva molto il loro entusiasmo, ma si era adeguato.
La tenda di Leo aveva anche un lampione semovente incorporato che si spostava guidato da dei sensori di movimento. Forse era una tecnologia un po’ troppo avanzata per un campeggio di avvicinamento alla natura, che godeva a fatica di un gabinetto chimico, ma nessuno aveva avuto il cuore di dirglielo.
Aveva ricevuto una telefonata anche da Hazel, che campeggiava con la sua scuola, di fatto, qualche centinaio di metri più in là, sul piano. A quanto pareva, per loro, la costruzione era stata decisamente più facile. Avevano picchettato le tende e nessuno aveva sentito il bisogno di costruire stupide palafitte.
In ogni modo, non era stato difficile capire perché l’iniziativa scolastica avesse avuto così tante aderenze tra gli studenti: tutti speravano di approfittare delle notti fuori casa, senza avere i genitori intorno, e fare quello che pareva loro. O almeno, quello era assolutamente l’obiettivo di Percy e Annabeth agli inizi, Percy glielo aveva raccontato per telefono.
A quanto pareva, il piano era quello di passare del tempo insieme ad Annabeth, dato che a casa era impossibile avere un po’ di privacy, per colpa delle rispettive famiglie (in particolare si vociferava che Atena fosse una fautrice del niente sesso prima del matrimonio), e quella era già un’informazione della quale Nico avrebbe volentieri fatto a meno, ma Percy aveva poi aggiunto che il club dell’Amore, composto nella sua maggioranza dalle sorelle di Silena, aveva bucato tutti i preservativi del campeggio, apparentemente senza motivo, altra cosa che a Nico interessava molto poco, così, alla fine, Annabeth si era infilata di nascosto nella tenda di Percy e avevano finito per limitarsi a mettersi le mani nelle mutande, cosa che Nico avrebbe voluto tassativamente non sapere. Era una fortuna che Percy non avesse potuto vedere la sua faccia al telefono, perché sarebbe stata tutt’altro che accattivante.
Percy Jackson era una pettegola, di questo Nico ne poteva essere certo, dopo il dettagliato resoconto che gli era stato fatto della vita del campeggio, dentro e fuori le mutande di Annabeth.
Insomma, nulla di quel posto lo spingeva a voler restare, quella giornata era già uno schifo anche prima che una pallonata lo colpisse dritto in faccia e lo facesse cadere nel vialetto polveroso.
“Scusa bello, mi è scappata!” strillò Leo, dall’altra parte dell’accampamento.
Davvero, davvero una giornata del cavolo.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


La Naturale Convivenza
Capitolo Due
 

“Davvero, non pensavo che fosse la lingua. Avevo paura che la pallonata di Leo ti avesse rotto un dente” disse Percy, corrucciato, mentre, in attesa della cena, stavano seduti su un tronco. Il fuoco lo aveva acceso Leo, pareva che la cosa gli piacesse davvero molto, quindi era stato nominato fuochista ufficiale, per quello che valeva. Nico scosse la testa, niente dente rotto, gli sembrava già abbastanza una cosa da sfigato essere stato colpito in faccia da una pallonata dopo i primi dieci minuti al campo, ci mancava solo che riuscisse a rompersi anche qualche cosa in quel poco tempo.
“Me lo fai rivedere?” domandò poi l’amico, avvicinandosi un po’ a lui, strizzando gli occhi. Nico sospirò e alzò gli occhi al cielo, si sentiva un fenomeno da baraccone, poi –di mala voglia- tirò fuori la lingua.
“Diamine, la tua lingua è una cosa aliena! Sei sicuro che sia tutto a posto?” domandò, tirandosi indietro, vagamente spaventato.
Nico aggrottò le sopracciglia “È normale che si gonfi, smettila!” biascicò, risentito.
“Sei sicuro? Io ho sentito dire che il piercing alla lingua è particolarmente pericoloso. Con un’infezione non curata si rischia anche la morte” commentò Annabeth, che sedeva accanto a Percy, sul tronco dove stavano lui e Nico. Il ragazzo si guardò in giro alla ricerca di un pezzo di ferro da toccare. Non era superstizioso, ma non si era mai abbastanza sicuri. Ci mancava solo Annabeth che prediceva il futuro. A parer suo, bastava e avanzava Rachel Dare con la sua fissa per gli oroscopi. Proprio in quel momento, la rossa, stava leggendo a Silena il suo. A giudicare dall’espressione della ragazza, erano belle notizie.
“Davvero, quella lingua è davvero gigante. Mia cugina non ce l’aveva mica così. Comunque è sopravvissuta, se lo vuoi sapere” aggiunse poi. Talia fece loro la linguaccia dall’altra parte del fuoco e poi si rimise a mangiare la bistecca che Leo le aveva consegnato.
Beckendorf, che era stato nominato cuoco, portò a ognuno una bistecca messa su piatti di plastica, subito prima di prenderne una per sé e per Leo (aiuto cuoco) e mettersi a mangiarla accanto a Silena. A quanto aveva detto Percy, lui e Silena erano un’altra delle coppiette vittima del club dell’Amore. Annabeth e Percy si appoggiarono il piatto sulle gambe mentre, a qualche tronco di distanza, Grover si lamentava del fatto che fosse inconcepibile di come, durante un camping di avvicinamento alla natura,si usassero piatti di plastica usa e getta. “Qualche screanzato li butterà perfino in mezzo all’erba, invece che nel bidone della raccolta differenziata” aggiunse la sua ragazza, indignata.
Nico fissò la propria bistecca, cercando di capire se fosse mangiabile o meno, mentre Percy scambiava qualche battuta con un ragazzo seduto poco più in là e Annabeth assaggiava la sua.
Fece un sospiro e si disse che una bistecca non lo avrebbe ammazzato, ne tagliò un pezzo e se lo mise in bocca.
Percy fu richiamato da un rumore simile a quello che le aragoste producono quando vengono messe in pentola, solo che quel rumore era prodotto da Nico, seduto proprio accanto a lui. Lo guardò stupito, indeciso su cosa fare, non riusciva a capire se stesse ballando o avendo le convulsioni.
Si voltò verso Annabeth, spaesato, con uno sguardo che chiedeva devo chiamare l’ambulanza o un esorcista?
Annabeth guardò Percy, poi Nico e poi di nuovo Percy, prima di dire lentamente e un pochino angustiata “C’è il pepe, sulla bistecca”
*
Reyna aveva spodestato Dakota dall’inizio del campeggio, facendo scambio con lui per dormire nella tenda di Jason. Era abbastanza sicura che a Gwen, in teoria la sua compagna di tenda, non avrebbe fatto piacere ritrovarsi Dakota accanto, ma era anche convinta che fosse abbastanza grande e vaccinata per ridurlo alla calma a suon di calci.
Per evitare ogni problema, Octavian era stato direttamente isolato in una tenda singola, dato che parlava pure nel sonno e nessuno aveva voglia di sorbirsi il suo chiacchiericcio anche di notte. Octavian si era un po’ offeso, ma aveva subito riempito il vuoto con una marea di peluche, cosa che Reyna trovava un po’ inquietante, a dire il vero, ma l’aveva tenuto per sé.
Di certo, Octavian non era il suo problema più grosso. Il suo problema più grosso era altrettanto biondo, ma decisamente più piacente e si fingeva morto da  quando condividevano la tenda.
Quella sera, però, si stava decisamente esagerando. “Cos’è quella cosa che hai sulla faccia?” domandò, un po’ scocciata.
“Una mascherina per dormire, mi dà fastidio la luce” disse Jason, infilato nel sacco a pelo, con le mani incrociate sul petto. Sembrava la mummia di un faraone.
“Già, ho visto. È di raso e c’è scritto Sailor Jupiter con gli strass” fece notare. “È di mia sorella” disse lui, con una prontezza impressionante.
Sarebbe stata una scusa molto sensata, se Reyna non avesse conosciuto la sorella di Jason e fosse certa che l’unica persona alla quale quella mascherina potesse stare peggio che a Jason fosse Talia Grace. Si mise su un fianco avvicinandosi a lui e gli appoggiò la mano sul petto.
“Questo sono io. Cosa stai cercando? I fazzoletti da naso sono nella tasca sulla sinistra della tenda” disse lui, distaccato e super accorto, come suo solito. Reyna alzò gli occhi al cielo, Jason, con gli occhi coperti, non la vide. “Sto toccando esattamente dove voglio toccare” sentenziò. Probabilmente per quanto fosse geniale a scuola e nello sport, nei rapporti umani non era proprio un fulmine. La risposta si fece un po’ attendere.
“Mi fai il solletico” sentenziò poi, con voce atona, prima di mettersi a russare nel modo più finto che Reyna avesse mai sentito.
La ragazza sbuffò e si girò dall’altra parte, raggomitolandosi nel suo sacco a pelo: quello era decisamente un no.
*
“Che fine ha fatto la tua mascherina per dormire?” chiese Annabeth, mentre lei e Piper si mettevano a letto nella loro tenda sopraelevata. Le tende erano tutte da due, il coach Hedge si era premurato che le femmine stessero con le femmine e i maschi coi maschi, ma poi, dopo la ronda delle undici e mezza se ne andava a guardare le partite di baseball nella su tenda -Leo gli aveva installato una parabola-, così Annabeth era sempre sgattaiolata nella tenda di Percy senza che nessuno la vedesse.
Piper sbuffò “L’ho buttata, era brutta. Non so mia madre cosa pensasse quando me l’ha regalata”
“Effettivamente” concordò l’amica, infilandosi i pantaloncini con i quali dormiva e sfilandosi il reggiseno da sotto la canottiera.
“Certe volte è davvero imbarazzante. Ha insistito per farmi lei la valigia e l’ha riempita di cose inutili: crema idratante, vestiti eleganti, un set di trucchi che farebbe impallidire un truccatore e nemmeno un paio di scarpe da trekking. Siamo in montagna, santo cielo!” sbottò. Annabeth la guardò comprensiva. “Dai su, non fare così, fa del suo meglio…” cercò di indorarle la pillola.
Piper sbuffò più sonoramente e si voltò sulla pancia, guardando l’amica negli occhi “Quando le telefono mi aggiorna sempre sulle sue stramaledette telenovele, sai Carlos ha finalmente fatto colpo si Adelina…”
“Chi cacchio sono Carlos e Adelina?”domandò Annabeth, che stava perdendo il filo del discorso.
“Non ne ho idea!” sbottò l’amica “I protagonisti di una delle sue soap opere, suppongo. E poi mi ha chiesto di te e Percy, lo sai che dice che siete tanto carini e sono anni che spera che vi mettiate insieme? Ti pare normale? Ha anche voluto sapere di Chris e Clarisse. Questo è un po’ imbarazzante, lo sai che, da giovani, mia madre e suo padre se la intendevano? È una cosa che mi fa quasi paura!” buttò fuori, tutto d’un fiato. Annabeth annuì, comprensiva e decisamente turbata da che razza di telefonate Piper si dovesse sorbire.
“Nemmeno una domanda su come sto io in campeggio, se mi piace il posto o se ci sono troppe zanzare” fece un sospiro e affondò la faccia nel sacco a pelo. Dopo essersi sfogata stava un po’ meglio. Sapeva che anche Annabeth aveva i suoi problemi con i genitori, ma aveva davvero bisogno di lamentasi un po’.
Quando rialzò la testa, l’amica stava sdraiata sulla schiena e guardava fuori dalla tenda aperta con aria assente.
“Questa sera vai da Percy?” domandò. La ragazza annuì, distratta. “Anche se c’è Nico?” aggiunse. Annabeth annuì di nuovo e la guardò negli occhi, grattandosi la testa. “Sì, credo che questa sera potremmo fare due chiacchiere tutti insieme. Mi fa piacere chiacchierare un po’ anche con Nico”
“Vuoi venire anche tu?” domandò.
“No, questa sera passo. Verrò a fare baldoria un'altra volta” ridacchiò. Annabeth le sorrise di rimando.
*
Nico fu il primo a salire sulla tenda-palafitta che divideva con Percy. Per arrampicarcisi sopra era stata messa a disposizione una scala a pioli  fatta di pezzi di legno assicurati con della corda annodata stretta. Inizialmente era un po’ scettico, ma la struttura sembrava reggere. Fece giusto in tempo a mettersi il pigiama che Percy apparve dal buco della tenda.
“Ehi!” esclamò, allegro. Nico gli fece un sorrisetto un po’ impacciato e si infilò dentro il proprio sacco a pelo.
Percy gli sorrise ancora e si arrampicò al suo posto, togliendosi la maglietta a voltandosi di spalle per cercare il suo pigiama. La tenda era un casino, quando Nico c’era entrato. Non ci voleva un genio per capire che Annabeth aveva tentato di sistemare, ma il casino di Percy si era espanso senza tregua per tutta la tenda. Nico aveva semplicemente spostato tutte le magliette e le cose di Percy sul suo sacco a pelo e, avendo così ripulito il proprio spazio, ci aveva steso il proprio e messo il temibile trolley zebrato. Per fortuna, Percy non sembrava aver notato il cattivo gusto che quella valigia emanava.
Si voltò dall’altra parte, ma poi si rivoltò di nuovo a guardare la schiena dell’amico.
Aveva tatuato un tridente dietro al collo, Nico poteva vederlo mentre si deformava mentre il ragazzo spostava la testa a destra e a sinistra, alla ricerca del proprio pigiama.
Nico lo seguì con lo sguardo mentre si alzava e si rimetteva seduto, alzando il sacco a pelo per vedere se qualcosa era finito sotto. Sul polpaccio ne aveva un altro, a forma di civetta stilizzata. Nico avrebbe potuto scommettere un occhio (o magari la lingua, perché no? Tanto ormai era inutilizzabile) che fosse un preciso richiamo ad Annabeth. Chissà se lei lo sapeva e approvava.
Da quella posizione non lo poteva vedere, ma sapeva che ne aveva anche un altro su un fianco, a forma di pegaso rampante, particolarmente tamarro, per i suoi gusti. Mise la testa sulle mani e si mise a guardare la tela verde della tenda.
Il pegaso e il tridente erano per suo padre, gli aveva spiegato una volta Percy, a quanto pareva, il suo padre biologico, non Paul, il marito di sua madre, gestiva un agriturismo sul mare con stalla annessa e organizzava cavalcate sulla spiaggia e uscite di pesca in barca. Nico trovava che il padre di Percy avesse un lavoro davvero interessante, di certo dire che il proprio padre gestiva un agriturismo con maneggio era molto più bello che spiegare che tuo padre ha un impresa di pompe funebri, per quanto remunerativa la cosa potesse essere.
“Anche con le crisi economiche noi abbiamo sempre da lavorare! La gente mica smette di morire” diceva spesso suo padre. Sua moglie era d’accordo, ma si guardava bene dall’unirsi al lavoro. Preferiva stare in giardino a curare i propri fiori, e Nico un po’ la capiva.
I due non si odiavano, ma nemmeno andavano troppo d’accordo. I loro dissapori venivano, per la maggior parte, dal fatto che Nico continuasse a pestarle i suoi fiori. Questo non sarebbe successo se lei si fosse limitata a piantarne nelle aiuole e non sul vialetto ma, a quanto pareva, era una questione difficile da risolvere.
Nonostante, in gioventù, suo padre avesse seminato figli a destra e a manca, l’unico che doveva sopportare la convivenza con Persefone era proprio Nico, da quando sua madre e sua sorella erano morte in un incidente d’auto. Nonostante questo, c’era da aspettarsi che presto anche Hazel si sarebbe unita alla famiglia. Era abbastanza convinto che Marie Levesque sarebbe stata arrestata piuttosto presto. A quanto aveva capito, vendeva unguenti magici e filtri d’amore. Quando aveva chiesto ad Hazel se quella non fosse definibile come truffa, lei aveva alzato le mani e scosso la testa, come per dire “Non so e non voglio sapere”.
Mentre Nico ripensava a Bianca, Percy si sdraiò sulla pancia in posizione contraria a quella dell’amico, con la testa fuori dalla tenda. Il ragazzo si rimise a sedere a gambe incrociate, capendo che non era ancora tempo di dormire. Alzò un sopracciglio mentre l’amico si rollava una sigaretta.
“Che fai?” biascicò a fatica, gattonando in avanti per raggiungerlo. Percy si girò un poco per guardarlo ridacchiando, il muscoli della schiena si mossero nella penombra, mentre il tatuaggio che aveva sul collo si deformava un po’.
“Dai, su, non siamo mica in un monastero e poi il coach ha già finito la sua ronda” disse, leccando il bordo della cartina, per chiuderla “E poi è solo salvia” precisò.
“Ti fumi la salvia?” domandò Nico. Tutto quello che usciva dalla sua bocca aveva un suono ridicolo, ma cercò di non pensarci. Percy sembrava non farci caso. Il ragazzo alzò le spalle e ridacchiò “Siamo a un camping di avvicinamento alla natura, no? Se vuoi qualche cosa che ti sballi devi chiedere a Grover, ma sappi che prima ti darà una dettagliata lezione sui molteplici utilizzi della canapa. Lui non fuma, ma sta cercando di farsi un paio di pantaloni, con quella roba. L’ultima volta che me ne ha parlato era un po’ in difficoltà” spiegò, accendendosi la sigaretta di salvia con un fiammifero.
Sbuffò fumo e poi guardò l’amico “Vuoi provare?” chiese. Nico scosse la testa e guardò in basso. Percy era appoggiato con i gomiti sulla struttura in legno della palafitta, era ovvio che non avesse trovato la maglietta del suo pigiama, dato che era ancora mezzo nudo e il suo angolo di tenda era un inferno. Si guardarono di nuovo. “Sei sicuro?” chiese con le sopracciglia aggrottate.
Nico sbuffò “Fammi provare” disse infine, prendendo la sigaretta dell’amico. Si mise a tossire subito e si sentì un’idiota, mentre Percy, accanto a lui, ridacchiava e si riprendeva la sigaretta.
“Non morire” gli chiese, faticando per non ridere.
“Bleah!” fece, tirando fuori la lingua, schifato. Percy la indicò, prendendo una boccata di fumo “A cosa devi stare attento con quella?” domandò. Nico fece una smorfia, cercando di guardarsi la lingua, cosa ovviamente impossibile, anche incrociando gli occhi.
“Niente cibi speziati, niente fumo, niente alcol e niente fluidi corporei…” disse Nico, appoggiando il viso sulla mano a coppa, un po’ abbacchiato. I capelli gli erano finiti davanti agli occhi, a forza di tossire. Percy soffocò una risata con un grugnito e appoggiò la fronte sulla struttura in legno, scosso dalle risa. Nico poteva vedere le sue spalle tremare. Quando si rialzò era rosso in viso e prese un'altra boccata di sigaretta. “Il cibo speziato l’hai già mangiato, la salvia l’hai fumata e, se non sbaglio, Clarisse nasconde nella sua tenda una discreta quantità di birre calde, se vuoi possiamo andarle a chiedere una lattina. Però gliela devi chiedere tu, noi non andiamo molto d’accordo” propose, divertito. Nico lo guardò con aria esasperata. “Poi sono certo che, nei prossimi giorni, troverai qualche ragazza pronta a scambiare fluidi corporei con te” assicurò l’amico.
“Non credo” sbuffò Nico, mettendosi a guardare il cielo. Percy gli diede una gomitata complice nelle costole, poi spense la sigaretta con due dita e la lasciò cadere per terra. “Non ti interessa nessuna?” domandò. Percy Jackson era una pettegola, Nico ne era sempre più sicuro.
“Nah, non mi interessa nessuna ragazza” rispose, un po’ scocciato. L’amico si strinse nelle spalle e disse, vago “Vedremo. Andiamo a dormire?”
Nico annuì ed entrambi rientrarono nella tenda, lasciando la cerniera aperta. Nico si infilò nel suo sacco a pelo e chiuse gli occhi, mentre Percy trovava finalmente la sua maglia e si metteva a dormire al suo posto, completamente scoperto.
Ci volle poco meno di un minuto perché il respiro del ragazzo si facesse più pesante e regolare. Nico avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi addormentare così in fretta. La lingua gli dava fastidio e il sapore di bruciato che aveva in bocca lo irritava. Si rigirò un po’ finché non trovò una posizione comoda per aspettare che il sonno arrivasse anche per lui.
Per un secondo gli sembrò quasi di essersi addormentato, non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato quando sentì la fessura della tenda fare il suo rumore viscido di nylon che sbatte contro nylon. Una figura familiare entrò a gattoni nella tenda, andandosi a mettere addosso a Percy, che mugugnò, un po’ indispettito e forse non del tutto sveglio.
Nico si sentiva fin troppo sveglio, era bastato un solo secondo perché il suo  cervello tornasse tristemente allo stato di veglia. Anche se aveva gli occhi spalancati, nella penombra non poteva essere visto.
“Percy?” chiamò la voce di Annabeth, in un sussurrò. Percy, sotto di lei, cercò di stiracchiarsi come poteva. I capelli della ragazza erano sciolti e Nico poteva vederla bene, con la luce della luna che entrava dalla fessura della tenda lasciata aperta che batteva sulla sua schiena.
Lei si allungò e gli diede un bacio a stampo sulle labbra mentre lui apriva gli occhi e la guardava assonnato.
“Annabeth” constatò, biascicando, più  meno come Nico, ma per colpa del sonno, non di un piercing.
“Ti eri addormentato?” chiese lei, sempre a bassa voce, ma con aria un po’ irritata. Percy mugugnò “Pensavo non saresti venuta” si scusò con la voce ancora assonnata ma, a giudicare dalla mano sul sedere di Annabeth, non doveva essere più tanto addormentato.
Annabeth gli diede un bacio decisamente più appassionato del precedente e Nico chiuse gli occhi per non vedere, ma i rumori umidi e i mugolii non poté evitarli.
Li riaprì istintivamente quando sentì Annabeth reprimere un urletto. La mano di Percy si era infilata dentro ai suoi pantaloni e l’altra le accarezzava la schiena.
“Non possiamo: c’è Nico. Andiamo fuori” disse lei, concitata e con la voce un po’ affannata. Percy, per tutta risposta, le stava un po’ sollevando la maglietta.
Nico chiuse gli occhi e sospirò profondamente.
“Nico sta dormendo. Non gli diamo fastidio. Possiamo stare qui piuttosto che andarci a nascondere nei cespugli come i conigli. ” disse, con aria divertita, la sua voce sembrava un po’ più profonda del solito. Nico non lo poteva vedere, ma sapeva che stava sorridendo. Annabeth si mise a cavalcioni su di lui e guardò Nico. “Non è irrispettoso?” domandò. Percy scrollò le spalle “Sta dormendo, cosa vuoi che gli importi” rispose lui, mettendole una mano sul fianco. Annabeth si grattò la testa, per un attimo dubbiosa, poi sospirò e si levò la canottiera larga che usava per dormire. Nico aggrottò le sopracciglia, era la prima volta che vedeva il seno di una ragazza e non sapeva bene cosa pensare. Si sentiva un po’ imbarazzato, a quella scena non avrebbe nemmeno dovuto essere presente.
L’occhio gli cadde poi sulla parte bassa della schiena di Annabeth. Quando si era chiesto se Annabeth approvasse la civetta che Percy aveva sul polpaccio, la risposta era probabilmente sì, dato che tra le sue fossette di venere c’era disegnato un tridente. Il disegno doveva essere nuovo, dato che intorno al segno dell’inchiostro erano presenti le croste della ferita. Si rivoltò sulla pancia e appoggiò la testa sul braccio, chiudendo gli occhi e cercando di costringersi a dormire. Annabeth lo guardò ancora, preoccupata, coprendosi il seno. “Percy, sei sicu…” non finì la frase perché il suo ragazzo le mise una mano dietro al collo e se la trascinò addosso.
Dopo meno di un minuto, Nico aveva riaperto gli occhi. Aprì la bocca per parlare, per dire che era sveglio e chiedere se, che cavolo, potevano lasciarlo dormire, ma si fermò, preso dall’imbarazzo.
Annabeth si era rialzata e Percy aveva la maglietta sollevata fin sul petto. Se ne stava sdraiato, appoggiato sui gomiti, mentre la ragazza gli sfilava i pantaloni. Nico chiuse di nuovo gli occhi prima che Annabeth lo liberasse anche delle mutande: l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere in quel momento era Percy nudo. Era la situazione più imbarazzante di sempre. Avrebbe voluto essere a dormire in tenda con Hazel, lì, almeno, sarebbe stato tranquillo. Strizzò gli occhi così tanto che le palpebre gli fecero male.
Quando sentì Percy iniziare ad ansimare piano si mise un braccio sull’orecchio scoperto, mentre l’altro stava premuto sul cuscino.
Nico aveva sentito dire che la signora Atena fosse assolutamente contro il sesso prima del matrimonio e lui non vedeva niente di male nel fatto che sua figlia fosse di tutt’altra idea. Sarebbe stato piuttosto carino però se lei e Percy gli avessero chiesto se stesse dormendo, invece che darlo per scontato, prima di darsi alla pazza gioia nel materasso accanto al suo.
Si voltò dall’altra parte fingendo di russare il più rumorosamente possibile, cercando di ignorare i mugolii e le paroline dolci. Una giornata iniziata male riusciva a finire soltanto peggio.
 
Aki_Penn parla a vanvera: Sì, lo so che sarete tutti a leggere BoO (o almeno, questo è ciò che stanno facendo i miei contatti di Facebook), ma io avevo voglia di pubblicare anche se non ho ancora finito di scrivere il terzo capitolo, ma tanto, una volta che mi inguaio con qualche cosa, posso farlo anche per bene. XD Spero che i personaggi non siano sembrati un’armata di acidi, ma sono circondati da dementi, poveracci, hanno bisogno di arrabbiarsi.
In particolare, spero che Jason e Reyna non siano sembrati troppo OOC, io me li sono sempre immaginati così, in un loro possibile incontro after Piper. >.>
Mi ero scordata di avvertirvi sui tatuaggi. Mi sento un po’ un’idiota ad aver tatuato Percy e Annabeth, ma mi piacevano e quindi… Nuove gioie per Nico, ovviamente.
Ultima cosa: ho aggiunto adesso la voce slash perché non voglio andare incontro a delle lamentele, ma sappiate, voi che avete aperto questa storia aspettando virili omaccioni che si danno alla pazza gioia, sappiate che avrete delle delusioni. U.U

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


 
La Naturale Convivenza
Capitolo Tre
 
Appena Nico iniziò a sentire Annabeth sussurrare qualche cosa nell’orecchio di Percy, si affrettò a schiarirsi la gola nel modo più rumoroso possibile.
“Oh, Nico, sei sveglio?” chiese Annabeth con voce dolce.
“Già” commentò il ragazzino, rimanendo girato di spalle. Scrollò il polso e guardò il quadrante dell’orologio che la sera prima non si era tolto. “E sono le…” mosse di nuovo il polso per vedere meglio le lancette “sei meno cinque. Tra meno di un quarto d’ora il coach farà la sua prima ronda. Ti conviene tornare in tenda subito, se non vuoi che ti becchi in giro”  consigliò, apatico, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla stoffa della tenda.
Annabeth aggrottò le sopracciglia “Hai ragione! Grazie Nico, sei un tesoro!” esclamò. Diede un bacio a stampo a Percy e poi si sporse sull’altro ragazzo e diede un bacio sui capelli pure a lui. Nico si sentì percorrere da un brivido, non si aspettava quella reazione e non era troppo abituato a ricevere baci. Si rannicchiò ancora di più e aspettò che Annabeth se ne fosse andata, prima di girarsi.
Percy era mezzo scoperto e indossava una maglietta bianca e i boxer della sera prima. Gli rivolse un sorriso un po’ ebete. “Buongiorno” salutò, con un filo di voce. Per qualche motivo Nico sentì lo stomaco contrarsi. I capelli di Percy erano arruffati dal sonno e dalle mani di Annabeth, ma quelli di Nico erano anche peggio.
“Come sta la lingua?” domandò il ragazzo. L’amico fece un rumore scocciato con le labbra “Come al solito” biascicò.
Percy si stiracchiò e poi si mise sdraiato su un fianco e gli sorrise ancora, in modo furbo. Nico capì che la domanda sulla lingua era solo di circostanza, non vedeva l’ora di dire altro.
Nico alzò un sopracciglio. 
“Ieri sera è venuta Annabeth” cominciò “e mi ha fatto…” non fece in tempo a finire la frase perché l’amico alzò la mano per interromperlo “C’ero anche io. Già lo so” disse, serio, di certo non voleva un riassunto di ciò a cui gli era toccato assistere.
Percy aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra. “Eri sveglio?” domandò contrito. Nico annuì stancamente e Percy strizzò gli occhi e digrignò i denti nascondendo la faccia nel cuscino.
“Sveglio, ero sveglio” biascicò Nico. Quella mattina gli sembrava di avere ancora più difficoltà del solito a parlare.
“Scusami!” esclamò e lo guardò sottecchi aprendo un occhio solo, ancora mezzo affondato nel cuscino. Fece un sorrisino che impediva a Nico di capire se fosse più divertito o dispiaciuto.
“Avresti dovuto dirci qualche cosa”
“Era un po’ imbarazzante” ammise, poi aggiunse “comunque non ho visto niente”. Non era del tutto vero, ma gli sembrava un po’ brutto ammettere di aver visto le tette di Annabeth.
Percy si morsicò il labbro, riemergendo dal cuscino “Comunque è stato bello” continuò. Era evidente che l’imbarazzo non uccidesse la voglia di parlarne.
“Sì, ho potuto immaginarlo dal sonoro” commentò lui, apatico, sperando di smorzare l’entusiasmo. Non voleva iniziare la giornata a sentirsi raccontare di come il santo Graal si trovasse nelle mutande di Annabeth.
Percy però non sembrava per nulla imbarazzato “Non posso davvero credere che non riusciremo a fare sesso nemmeno in campeggio”
Nico lasciò cadere di nuovo la testa sul materasso gonfiabile, arreso. “Ma perché le sorelle di Silena hanno fatto tutto questo caos?” domandò il ragazzino, ormai obbligato a continuare quella conversazione.
Percy si sdraiò sulla pancia e sbuffò, intristito dalla questione. Mosse le gambe, come per stirare anche quei muscoli, dopo essere stato tutta la notte con il corpo di un’altra persona addosso. Nico guardò la civetta che aveva sul polpaccio allungarsi un po’ e poi tornare alle sue dimensioni normali.
“Oh, cosa ne so. Sono una specie di club della castità o qualche cosa del genere. Secondo me, il loro capo è Atena che vuole boicottare me e Annabeth” disse, abbacchiato. Nico sorrise, vagamente divertito, poi si fece di nuovo serio come solito e gattonò fino all’uscita dalla tenda, ancora in pigiama, lasciando Percy ai suoi sospiri d’amore.
Nonostante l’ora, al campo c’era una certa vita. Luke, che aveva montato la propria tenda su un albero dicendo semplicemente  “Mi piacciono gli alberi”, stava stendendo il bucato poco più in là. Percy, noto pettegolo, aveva detto a Nico che, secondo lui, Luke e sua cugina Talia se la intendevano. A Nico non interessava granché, bastava che non venissero a intendersela nudi nella sua tenda, poi potevano fare quello che volevano.
Si sedette sul tronco dove la sera prima lui, Percy e Annabeth avevano gustato la cena (lui, più che gustarsela l’aveva sofferta), il falò era spento e il sole era sorto da poco. Talia girava tra le tende con aria vispa, come se fosse già sveglia da un po’. Lui si sentiva ancora un po’ intorpidito e non aveva voglia di togliersi il pigiama. Se l’era messo deliberatamente al contrario per non far vedere il disegno di Pluto che c’era stampato sopra, con tanto di scritta ‘W Pluto’. Ovviamente era un acquisto di Persefone e Nico lo odiava. In quel modo era solo una macchia arancione su una maglietta bianca, con un’etichetta dalla parte sbagliata.
Mentre allungava le gambe per stiracchiarsi, Leo, per poco, non gli finì addosso inciampando, mentre correva come un matto da una parte all’altra del campo. Quel ragazzo era il più iperattivo che avesse mai visto. Di prima mattina era già sporco di carbonella e indossava una maglia rossa con su scritto ‘Sexy barbecue’.
“Pancetta e uova, questa mattina? Ho già la padella sul fornello. Beckendorf sta srotolando le salsicce alla finocchina, se ti piacciono” disse, mettendosi davanti a lui con le mano sui fianchi e le gambe divaricate, in attesa di responso.
Nico sbatté le palpebre, preso alla sprovvista. Solo a sentir parlare di quella roba, la lingua gli prese fuoco. “Non avete lo yogurt?” domandò incerto, un po’ spaventato da quell’entusiasmo culinario.
“Ma come, amico, una bella fetta di pancetta sarà ben meglio di uno yogurt!” esclamò Leo, deluso, mettendosi le mani sulle ginocchia e piegandosi un po’ in avanti per avere il naso alla stessa altezza di quello di Nico, che stava seduto. 
“Yogurt, preferisco lo yogurt” continuò Nico, aggrottando le sopracciglia. Leo fece una smorfia poi, di malavoglia, annuì. “E va bene, la ragazza che, in cambusa, tiene dietro al frigo è molto carina… ma sei sicuro di non volere una bistecca? Hai una pessima cera, hai dormito, ‘sta notte?” domandò raddrizzandosi e accennando ad andarsene. Nico scosse la testa “Poco e male. Percy e Annabeth si sono dati alla pazza gioia, ieri sera” spiegò, un po’ scocciato, dando un’altra occhiata al sole che si alzava. Non gli capitava spesso di vedere il cielo di mattina presto, amava dormire e stare al buio, la maggior parte del proprio tempo.
“Sì? Ero convinto che il club dell’Amore avesse fatto piazza pulita di tutto ciò che si trovava nel campeggio” fece Leo.
Nico fece un gesto piuttosto volgare che chiarì immediatamente la situazione, cosa che gli provocò anche piuttosto dolore alla lingua, tanto che dovette mettersi le mani sulla bocca e strizzare gli occhi, mentre Leo si sganasciava. Non avrebbe più mosso la lingua se non fosse stato strettamente necessario.
“Beata questa gente che si diverte, io al massimo mi devo dare al sesso-fai-da-te” disse, con un sospiro.
“Spero non nella mia tenda, mentre ci dormo io!” tuonò Beckendorf da poco distante, trascinando a braccia sei chili di salsiccia.
“Era per dire! E non riferire alla ragazza della cambusa quello che ho detto!” esclamò il ragazzino, sobbalzando e correndo in direzione della tenda che ospitava la dispensa e i fornelli.
Nico sperò di riuscire a ottenere uno yogurt e non una salsiccia alla finocchina, ma temeva davvero sarebbe stato complicato.
*
Reyna guardò Jason. Sembrava un Jason impagliato: era nella stessa posizione in cui era andato a letto, con la mascherina di Sailor Jupiter, il tocco di classe. Reyna non riusciva nemmeno a immaginare dove si potesse recuperare un articolo così trash. Lo fissò ancora per qualche secondo, completamente vestita, a gambe incrociate sul proprio sacco a pelo, poi si alzò in piedi con uno slancio e, sbuffando, uscì dalla tenda a passo di marcia.
“Risveglio muscolare!” urlò “Ragazzi, sono le sei e mezza, è ora di alzarvi!”
Una serie di ragazzini assonnati, intenti a stropicciarsi gli occhi, emerse dalle tende, l’unico fin troppo sveglio era, purtroppo, Octavian, intenzionato a rompere le scatole fin dal primo mattino.
“Reyna!” chiamò. La ragazza si voltò deliberatamente dall’altra parte, ignorandolo, anche se era impossibile che non l’avesse sentito.
“Reyna, il mio oroscopo dice che pioverà” esclamò, correndole dietro e rischiando di inciampare su un sasso. Per poco con caracollò per terra, ma continuò a correrle dietro, mentre lei aggirava il bagno chimico, dove il signor Termine e la sua nipotina Julia stavano lambiccando con dei picchetti e un cartello di plastica gialla con si scritto ‘Pavimento bagnato’.
“Octavian, per il meteo chiederemo al padre di Jason, come al solito, fa il metereologo, mi pare la persona più adatta a cui chiedere queste cose, ne abbiamo già parlato” dichiarò Reyna, senza nemmeno girarsi e procedendo a passo di marcia. Quella rivalità sul meteo andava avanti dall’inizio della vacanza e stava diventando insopportabile. Leggere gli oroscopi non avrebbe portato Octavian ad avere la carica di rappresentante d’istituto, una volta che fossero tornati a scuola, ma questo non pareva chiaro all’interessato.
Octavian le corse dietro, sorpassando distrattamente il cartello ‘Pavimento bagnato’, errore che gli fu fatale dato che, in un secondo, il signor Termine apparve accanto a lui, come se fosse stato sempre lì, e lo colpì con forza inaudita alla caviglia, con uno dei suoi paletti per la delimitazione, facendolo caracollare per terra.
“Non si sorpassa il cartello ‘Pavimento bagnato’, cosa credi che lo puliamo a fare il bagno chimico, io e Julia!? Julia, tiragli un pugno, io ho le mani impegnate!” ordinò poi, sventolando i picchetti per la delimitazione.
Julia gli tirò un calcio nelle costole che tolse il fiato alla sua vittima, già per terra dolorante. “Avevo detto un pugno, ma va bene lo stesso”. Il signor Termine ci pensò, poi gli tirò un calcio pure lui.
Reyna li ignorò e tirò dritto verso lo spiazzo dove i campeggiatori facevano il loro allenamento mattutino.
Poco più in là, i Lari (un’associazione culturale no profit che solitamente si occupava di organizzare toga party e rivisitazioni storiche), che si erano resi volontari per aiutare il campo, si premuravano di preparare la colazione.
Reyna aveva avuto quattro o cinque ragazzi in vita sua, uno era stato Percy Jackson, ma si erano solo baciati, nessuno di questi però era mai stato davvero serio, lei li considerava come una pausa piacevole dai propri impegni scolastici e sportivi. L’ultimo era stato Jason, qualche mese prima. Lei e Jason si erano piaciuti subito, lei lo trovava educato e intelligente, una bella persona con cui passare del tempo. Già al primo anno si erano meritati il posto di rappresentanti e poi avevano continuano a gestire l’istituto e il comitato studentesco come se fosse stata la loro missione, nonostante Octavian cercasse di mettersi in mezzo organizzando aste di peluche e altre stupidaggini simili.
Se lei e Jason funzionavano così tanto collaborando come rappresentanti scolastici e come amici non c’era motivo che non funzionassero anche come qualcos’altro. Non c’era nulla che non le piacesse di Jason, le piaceva stare con lui e a lui piaceva stare con lei. A un tratto era stato chiaro a entrambi che tra loro due mancasse qualche cosa e alla fine si erano chiusi nel deposito della palestra della scuola. Probabilmente, fare sesso in un ambiante scolastico era stata la prima e l’ultima infrazione di Jason, anche perché non avevano più avuto incontri così intimi.
Con Jason era stato diverso rispetto agli altri, Reyna era davvero sicura che con lui avrebbe voluto continuare con qualche cosa che andasse oltre al deposito dei palloni in palestra, ma Jason si era sempre più distaccato, fino a fingersi morto con una stupida mascherina, nella sua tenda.
Poteva accettare che tra loro non funzionasse, ma avrebbe almeno voluto una spiegazione, lei non gli piaceva? Aveva trovato un’altra ragazza? Era gay? Voleva entrare in seminario? Non aveva problemi ad accettare nessuna delle opzioni, solo, avrebbe voluto sapere cosa fosse cambiato, ma Reyna non era tipo che faceva piagnistei  e quindi se n’era rimasta zitta, se fosse venuto fuori il discorso ne avrebbero parlato, ma era improbabile se Jason continuava a nascondersi dietro una mascherina di strass.
In un attimo tutto il campo si radunò davanti a lei, compreso Jason, vestito di tutto punto e fresco come una rosa. Una rosa seria e compita. Reyna non era tipo che perdesse la pazienza, ma lo avrebbe volentieri spinto oltre il cartello ‘Pavimento bagnato’ del signor Termine.
*
Nico era stato tra i primi ad alzarsi ma, per qualche motivo, si era ritrovato nella fila per il lavandino dietro a un sacco di gente, tra cui Talia Grace, che lo precedeva di un solo posto.
In realtà, il lavandino non era un vero lavandino, ma un secchio appoggiato per terra con un ragazzo che, con una bottiglia in mano, versava acqua sugli spazzolini da denti.
Dietro di lui nella fila, Leo Valdez sfoggiava uno spazzolino con una grossa spruzzata di dentifricio rosso, che gli colava sulla mano.
Nico lo guardò preoccupato “È piccante, quella roba?” domandò. Leo scosse la testa “Nah, è dentifricio alla fragola. Vuoi un po’?” offrì, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni l’intero tubetto. Nico scosse la testa declinando l’invito, un po’ preoccupato.
“No, grazie, ho già il colluttorio per gengive sensibili” biascicò, alzando un poco la bottiglia di liquido verde per mostrarlo al suo interlocutore. Era ancora tremendamente a disagio per il fatto di non riuscire a parlare decentemente.
 “Come va la lingua, Nico?” domandò Talia, alla quale mancava un turno per potersi lavare i denti. Il ragazzino scrollò la testa “Normale, piuttosto, cos’è questo Acchiappa la coda a cui dobbiamo giocare con quelli dell’altro campo?” domandò, guardandosi in giro.
Leo alzò le spalle “Beh, il gioco lo conosci, vero? Noi abbiamo le code arancioni e loro hanno quelle viola, la squadra che torna al proprio campo base con più code, vince” spiegò il ragazzo.
Nico annuì, guardando l’erba ai suoi piedi, mentre Talia avanzava, al suo posto davanti al ragazzo-lavandino.
Il ragazzo si mordicchiò il labbro pensando che quello fosse il gioco più stupido di sempre e che doveva trovare un modo per non giocarci davvero, ma Leo ricominciò a parlare “Devi stare attento a Jason ed ad Octavian”
Nico si voltò di nuovo verso il ragazzo riccio e lo guardò dubbioso “Octavian? Non sapevo che fosse bravo in queste cose” si stupì. Aveva passato l’anno prima nella stessa scuola di Hazel, un istituto privato. Suo padre teneva particolarmente ad avere dei figli finemente istruiti, ma alla fine Nico l’aveva convinto a cambiare scuola e a mandarlo nello stesso istituto di Percy, anche se lui era molto più grande di Nico e quindi non sarebbero stati in classe insieme. In ogni modo, in un anno si era fatto una buona idea di chi fosse portato per gli sport e chi lo fosse meno, Octavian non lo era.
“Oh, infatti Octavian…” iniziò a dire Leo, per poi essere interrotto da un ruggito che veniva dal fondo della fila: “Octavian lo asfalto io! Non provate nemmeno a toccarlo!”
Ci fu un po’ di brusio e poi tutti si rimisero a chiacchierare come prima, mentre qualcuno rispondeva a tono, ma la conversazione si perdeva nel chiacchiericcio generale.
“Clarisse ci tiene a prendere a calci personalmente Octavian. È un po’ ingiusto, dato che tutti vogliono menare Octavian, ma cosa vuoi farci, se provi a rubarglielo poi finisci per andarci in mezzo anche tu. La settimana scorsa, lei e Percy si sono picchiati” raccontò, annuendo, poi aggiunse “I voglio tante code per far colpo sulla ragazza della cambusa”
“Khione?” domandò Nico, piattamente. Aveva intravisto la ragazza della cambusa, una tipa che stava seduta su una sedia pieghevole tra il frigo e il freezer con un ventilatore puntato addosso –in barba all’avvicinamento alla natura- e guardava tutti come se fossero pidocchi, non riusciva bene a capire cosa Leo ci trovasse in quella.
Leo si strinse nelle spalle “Non so se funziona, come metodo, però lo spero, se no dovrò di nuovo cercare di conquistarla con la pancetta alla griglia. Poi non c’è solo lei, c’è anche la ragazza di intercultura e la ragazza che si occupa del basilico e delle altre piantine” disse, pensieroso.
Nico assottigliò gli occhi cercando di ricordarsi le facce di quelle due “La ragazza di intercultura è quella che non parla la nostra lingua e ripete quello che dici?” domandò. Leo annuì “Eco sembra molto carina” disse, e Nico si immaginò le conversazioni interessati alle quali avrebbe potuto assistere. “E l’altra è Calipso” aggiunse, per chiarezza Leo.
Nico lo guardò sottecchi “Oh, quella che ha baciato Percy” constatò con una smorfia annoiata.
“Percy? Ma non sta con Annabeth?”
Nico si strinse nelle spalle “Sì, ma è successo anni fa. Annabeth non è mica l’unica ragazza che ha baciato. Ci sono anche lei, Reyna e Rachel. Anzi, Rachel gli ha fatto anche qualcos’altro” disse, contando sulle dita della mano il numero delle interessate. I due si guardarono di nuovo e Nico si domandò perché diamine gli toccasse essere così informato su certe cose. Realizzò così che Percy era stato un pettegolo da sempre.
Intanto dietro di loro, le urla si facevano più forti “Jason lo prendo io!” sbraitava Clarisse.
“Ah, allora possiamo mandare te da sola contro quelli dell’altra scuola? Tu occupati di Octavian, dato che ti piace tanto, a Jason ci penso io!” le stava rispondendo a tono Percy. Grazie al cielo c’erano trenta persone in fila a separarli, ma la conversazione si stava facendo sempre più accesa e Nico passò avanti ringraziando che fosse il tuo turno, mentre Talia si allontanava asciugandosi la faccia.
“Ciao Nico” salutò il ragazzo-lavandino, che teneva una bottiglia in mano, in corrispondenza di un secchio appoggiato per terra.
“Ciao Will” salutò lui, piattamente, lanciando un’altra occhiata preoccupata a Clarisse e Percy.
Allungò lo spazzolino e lui ci versò sopra un po’ d’acqua.
“È Pluto, quello?” domandò il ragazzo, accennando alla maglietta di Nico.
“No” rispose l’altro, perentorio, ficcandosi lo spazzolino in bocca.
“Sembrava Pluto” continuò Will, prima di voltarsi a sua volta a guardare i toni accesi dei due litiganti. Leo aveva perso la voglia di chiacchierare di Khione e stava osservando a sua volta la scaramuccia.
“Ah, due begli sbarbatelli che fanno rissa. Proprio un bello spettacolo sareste, voi due. Le ossa le spacco a te e poi a lui” ruggì Clarisse, brandendo lo spazzolino in aria come se fosse un’arma.
Chris, dietro di lei, non sapeva bene se e come intervenire per quietare gli animi.
“Come sei finito a fare il ragazzo-lavandino?” domandò poi Nico, distogliendo lo sguardo. Ne aveva abbastanza di quella roba imbarazzante. Percy stava rispondendo a tono dicendo di non accomunarlo a un perfettino come Jason.
Will fece un sospiro, forse grato di avere una distrazione “Ah, abbiamo tirato a sorte a inizio campo. C’è a chi è andata peggio, per esempio, il bagno chimico è di…”. Il ragazzo non fece in tempo a finire la frase perché venne interrotto da un urlo proveniente dalla fine della coda “Mi stai prendendo in giro perché a me è toccato il cesso?”
L’attenzione di Clarisse aveva trovato un altro centro, Percy era passato in secondo piano e tutti stavano guardando il ragazzo-lavandino quando, il poveretto, venne centrato in piena fronte da una mela lanciata da un’arrabbiatissima Clarisse.
Nico pensò che quell’avvicinamento della natura era un po’ troppo violento e repentino, sputò il dentifricio nel secchio e se ne andò via, i gargarismi col colluttorio per gengive sensibili li avrebbe fatti nascondendosi dietro la tenda della cambusa.
 
Aki_Penn parla a vanvera: Ed ecco il terzo capitolo! Dovevo pubblicarlo ieri ma, d’un tratto, mi sono sentita malissimo, quindi eccomi qui adesso (detta così sembra che mi sia sentita male per colpa della storia). Mi sono resa conto che, fondamentalmente, in questo capitolo non succede granché. In teoria avrebbe dovuto raccontare più cose ma, come di consueto, soffro di dissenteria verbale e allungo un sacco le cose che scrivo, così sono stata costretta a tagliare. Nonostante la trama non sia proprio ricca di colpi di scena, spero vivamente che abbiate trovato qualche cosa che vi abbia fatto sorridere, più che altro, l’intento di questa fic è quello.
Mi sono presa alcune libertà, sono consapevole che certe cose siano un pochino OOC, ma spero che non siano troppo disturbanti (la stizza di Reyna e Percy che risponde in quel modo a Clarisse non sono del tutto in linea coi personaggi di Riordan, spero che mi perdonerete).
Per quanto riguarda ‘Pluto’, beh, sto leggendo ‘La casa di Ade’ in inglese dove Plutone viene chiamato Pluto, appunto, e io sono una mente semplice che fa associazioni mentali semplici. Non ho potuto resistere. (Nico scusami)
Ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno letto, commentato e messo tra i preferiti/seguiti/ricordati, mi fate davvero tanto piacere. Grazie grazie grazie! 

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