Ritrovato

di Mia Renard
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Era stato felicissimo di rivedere Charlie. Era come una figlia per lui, ora che Ben non c’era più. Si sentiva responsabile nei suoi confronti.
Aveva capito il suo bisogno di allontanarsi. Sarebbe stato inutile cercare di fermarla. Erano successe troppe cose: la morte del padre, la madre creduta morta e poi ritrovata, alleata con quello che lei aveva considerato il suo peggior nemico, la morte di Danny, la separazione da Jason, quando la porta della Torre si era chiusa e lui era rimasto bloccato fuori con suo padre.
Aveva avuto bisogno di staccare la spina, di lasciarsi tutto e tutti alle spalle, per ritrovare una stabilità mentale, una sorta di ordine interiore.  Miles era stato in pensiero per lei, ma lei non era più la ragazzina sconosciuta che era andata a cercarlo a Chicago. Gli eventi l’avevano resa dura, forte, una combattente. Sicuramente sarebbe stata capace di badare a sé stessa.
Ma ora che la stava riabbracciando si sentiva sollevato. Gli era mancata terribilmente. Ma non era tornata da sola. Si era portata dietro qualcuno.
L’aveva informato che esisteva una taglia sulla testa di Rachel, oltretutto da parte di quelli che si facevano chiamare patrioti, cha avevano appena preso possesso della città. Doveva avvertirla e capire perché, pur essendo ricercata e avendola trovata, ancora non avessero deciso di arrestarla. Cosa poteva esserci di più urgente?
Quindi si era stupito quando lei, prima di decidere di avviarsi verso casa, gli aveva detto:
-Vieni, voglio mostrarti una cosa.-
-Charlie, dobbiamo parlare con tua madre.-
-E’ importante- aveva insistito lei.
L’aveva condotto fuori città. Quando si trovò davanti la persona che la nipote aveva portato con sé, gli si gelò il sangue. Una stilettata nel petto, come una pugnalata, e un brivido lungo tutta la spina dorsale. Il battito del cuore gli era spaventosamente accelerato. Quando lui disse : -Miles- in segno di saluto, gli sembrò di impazzire. Nella sua mente esplosero mille scintille. Quella voce che pronunciava il suo nome. Dal momento che ancora non aveva avuto alcune reazione evidente ma la ragazza notò il panico e l’incredulità negli occhi dello zio, tentò di addolcire la pillola:
-Mi ha salvato la vita- dichiarò guardando Miles.
 
Era un posto malfamato, ma avrebbe davvero dovuto mangiare qualcosa. Era troppo che camminava senza sostentamento.
 Mentre era al bancone, era stata avvicinata da un uomo, che aveva tentato di adescarla con un viscido: - Mi piacciono le donne che reggono l’alcool. Te ne va un altro? Offro io.-
Lei si era guardata in giro. Nel locale, oltre a questo tizio, c’era un tavolo occupato da alcuni  altri individui, per niente raccomandabili, che la guardavano con interesse.
Ma lei non aveva il minimo timore, sicura di saperli gestire. Si era alzata:
-Ho un altro impegno- aveva affermato semplicemente.
Si era avviata verso l’uscita, ma la porta era stata chiusa con un lucchetto.
-Vi conviene lasciarmi andare- li aveva avvisati.
-Non ancora- aveva detto il primo uomo, avvicinandosi con i compagni, ignari del fatto che lei era una capacissima di difendersi.
In pochi attimi ne aveva stesi due. Si era voltata pronta ad affrontare il terzo e, improvvisamente, gli si era sdoppiata la vista. Non riusciva più a mettere a fuoco e la gambe non la reggevano. Aveva capito con orrore di essere stata drogata.
-Cosa mi avete messo nel vino?-
-Allora non reggi così bene l’alcool come credevo- l’aveva schernita il tizio.
In quel momento Charlie pensò di essere veramente nei guai.
Ma poi era successa una cosa che mai si sarebbe aspettata: la porta del locale era stata sfondata con un calcio e, sulla soglia, era comparso Bass Monroe. Doveva averla seguita. Con sguardo di fuoco aveva sguainato le spade ed in pochi minuti era riuscito, da solo, ad affrontare tutti i brutti ceffi e ad ucciderli uno per volta. Charlie lo guardò estrarre la lama dall’ultimo uomo, poi la vista le si annebbio e perse i sensi.
 
Miles non sapeva come reagire. Aveva liberato Bass quando era stato fatto prigioniero dai suoi uomini. Ma dopo l’aveva lasciato andare via da solo. Lui non aveva potuto seguirlo. Con tutto quello che era successo sperava solo che fosse in salvo e che stesse bene. Più volte aveva meditato di andarlo a cercare, di mollare tutto e concentrarsi solo sul modo di tornare a stare con lui, ma era come se non avesse mai trovato il momento giusto. Troppe responsabilità, troppa gente che contava su di lui.
E ora l’aveva davanti, l’uomo che amava. Una parte di lui avrebbe voluto mettersi a piangere dal sollievo: Bass era vivo, stava bene. Ma d’altra parte, sapeva che non sarebbe potuto rimanere lì. La città era stata occupata dai patrioti e lui era ricercato. C’era una taglia sulla sua testa.
-L’hai portato qui?- ruggì verso Charlie.
-Ci serve- si giustificò lei.
-Ho fatto molta strada per venire ad aiutarti- si intromise Bass.
-Vuoi aiutarmi? Allora vattene!- gli ordinò in malo modo.
Ma dentro di sé pensava : -Ho bisogno di sparti al sicuro. Non puoi rimanere qui. Io mi sono costruito un’altra identità ma per te è pericoloso.-
Tentava di nascondere l’angoscia con la rabbia. Non voleva che la nipote capisse che, in realtà, era in pena per l’incolumità di Bass. Comunque fu costretto ad ammettere, anche con sé stesso, che un alleato in più non poteva che fare comodo,  e lui era sempre stato un abile stratega e combattente. Ma portarlo in città era fuori discussione.
Gli trovarono una momentanea sistemazione in una vecchia costruzione fuori dalle mura. Lì, per il momento, le sentinelle non l’avrebbero trovato. Poi tornarono verso casa per informare Rachel delle novità.
Lei diede in escandescenze, più per avere accettato Bass come alleato che per aver saputo di essere ricercata. Quando si comportava così,  Miles proprio non riusciva a sopportarla. Non voleva altro aiuto? Bene, che lo trovasse lei un modo per venire fuori dalla situazione in cui si trovavano. Bass era una risorsa preziosa, la cosa migliore che avessero a disposizione.
Infatti, alcuni giorni dopo, diede prova del suo valore: una sentinella si era spinta un po’ troppo lontana, fuori dalle mura, in esplorazione. Gli era stato ordinato di fare un giro di controllo. Bass l’aveva sorpreso catturato e, il fine giustifica i mezzi, interrogato. Il malcapitato aveva rivelato piani, coordinate, nomi. Aveva scoperto più lui in due ore che tutti loro in pochi giorni.
Trascorsero alcuni giorni, giorni durante i quali Miles aveva mangiato poco e dormito ancora meno. La preoccupazione per l’incolumità di Bass lo stava consumando e il pensiero di averlo così vicino e comunque essere costretto a stargli lontano, lo faceva impazzire.
Anche quella notte non riuscì a prendere sonno. Si rigirava continuamente nel letto, inquieto. In casa regnava un silenzio assoluto, così totale da essere assordante. Riusciva a sentire persino il battito del suo cuore. Quel cuore che da anni non gli apparteneva più. Gli era stato portato via, rubato e mai più restituito. Il suo pensiero andò a Bass: il ladro in questione.
Ora che c’era lui tutto era cambiato, erano in grossi guai il peso di questi era più sopportabile, adesso che c’era Bass. Quante volte erano usciti da problemi ancora più grossi insieme. Con lui avrebbe sopportato di tutto.
La sua immagine perfetta gli balenò nella mente. Miles non aveva mai smesso di amarlo. Aveva provato ad odiarlo, a non pensare a lui, a soffocare il suo ricordo in fondo a sé stesso fino a dimenticare, ma aveva fallito miseramente.  Improvvisamente, il bisogno di averlo vicino, divenne urgente, doveva avere almeno la certezza che stesse bene. Lo immaginò addormentato, su quel materassi polveroso e bucato che avevano rubato da un deposito. I riccioli biondi scomposti, gli occhi chiusi, girato sul fianco sinistro, come si metteva sempre quando gli aveva dormito accanto. Solo, nel buio, indifeso. Respinto ed allontanato anche da lui, l’ultima persona che gli era rimasta.
Il senso di colpa e l’angoscia divennero macigni sui polmoni che gli impedirono di respirare. Miles si tirò su a sedere di scatto. Doveva andare dall’uomo cha amava, subito. Assicurarsi che fosse al sicuro e parlare con lui, chiarire le cose. Adesso. Prese anche un lenzuolo pulito e una coperta e li mise nella sua sacca. Poi si vestì più in fretta che poté. Dovevano essere circa le due del mattino. Sentinelle pattugliavano le strade e le mura erano sorvegliate, ma questo non lo fermò.
Silenzioso come un gatto aprì la porta e si inoltrò nella notte. Sfruttando le ombre più scure, appiattendosi contro le pareti delle costruzioni, raggiunse le mura e sfruttò l’angusto passaggio che avevano scavato sottoterra, per oltrepassarle. Corse più veloce che poté nel buio, verso la boscaglia che poteva nasconderlo.  Non perse tempo per riprendere fiato  e si lanciò a tutta velocità verso il rifugio di Bass. Si fermò in vista della casupola. Restò in ascolto con i sensi tesi. Tutto tranquillo. Miles avanzò di soppiatto, aprì di poco la porta ed entrò in punta di piedi. Dentro era buio pesto, solo qualche debole raggio della luna penetrava appena attraverso le fessure delle imposta chiuse.
Mentre aspettava, col fiato sospeso, che i suoi occhi si abituassero all’oscurità, un sussurro lieve ruppe il silenzio:
-Miles?-
 
 

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Capitolo 2
*** Due ***


Bass spuntò fuori da dietro un angolo, col coltello in pugno. Si era nascosto appena aveva intravisto la porta aprirsi.
-Proprio eri l’ultima persona che mi aspettavo di vedere- continuò serio.
-Volevo solo portarti una coperta- mentì l’altro.
-A quest’ora della notte?-
-Ho pensato che avessi freddo. E poi dobbiamo ricoprire qual materasso logoro sul quale dormi- disse mostrando anche il lenzuolo.
Bass avanzò di qualche passo verso di lui. Miles vedeva quelle gemme celesti, incastonate nel volto dell’uomo che amava, brillare quando i raggi della luna le colpivano.
-E’ strano- osservò il primo facendosi ancora più vicino a Miles. –Tutto a un tratto ti importa qualcosa di me?-
L’altro fu costretto ad abbassare lo sguardo, per riprendere fiato, completamente indifeso davanti a quegli occhi meravigliosi.
-Mi dispiace di aver reagito male quando ti ho visto ma…- si bloccò tentando di rallentare i battiti del cuore perché erano talmente accelerati che gli impedivano di respirare liberamente. –Io so solo che ci servi- disse posando la coperta ed il lenzuolo. –E ora me ne devo andare- concluse avviandosi verso la porta, ma pentendosene una frazione di secondo dopo. Non era per quello che era andato da lui. Solo che ora non riusciva a riordinare i pensieri. Una parte di lui avrebbe voluto fuggire. Come diavolo poteva essergli venuto in mente di raggiungerlo. L’altra parte di lui non voleva andarsene.
Bass si parò davanti all’uscio prima che lui potesse arrivarci.
-Miles, siamo soli adesso. Non hai bisogno di mentire.-
Ma lui esitava, ed allo stesso tempo si chiedeva perché. Tanto era consapevole di non essere capace di nascondere i suoi sentimenti a Bass. Questo lo conosceva troppo bene. Era inutile fingere. Ma c’era qualcosa cha ancora lo bloccava, anche se, la lotta interiore che stava combattendo, cominciava ad intaccare le sue già scarse energie.
Fu Bass a rompere di nuovo il silenzio: -Sei il solito testardo, troppo orgoglioso per ammettere la tua vulnerabilità, vero?- Sospirò prima di continuare. –Va bene- si arrese. –Dal momento che sei intenzionato a restare lì a fissarmi senza dire una parola, comincio io. Non ho mai smesso un momento di pensare a te.- Attese, e notò che l’armatura di Miles cominciava a vacillare. –Dopo che mi hai liberato sono rimasto nei paraggi, nascosto. Ero convinto che, una volta sistemati i casini nella Torre, saresti tornato a cercarmi. Ti ho aspettato per diversi giorni, ma tu non sei mai tornato da me. Comunque capì il perché. Dovevi sicuramente essere rimasto invischiato nei tuoi innumerevoli doveri. Miles Matheson, che deve preoccuparsi di tutto e di tutti, tranne che di sé stesso. Ho una grande notizia per te: hai anche dei diritti. Ma questo non riesce ad entrarti in testa, vero? Io invece sono un egoista, preso solo dal mio di benessere e l’unica cosa che mi interessava era ritrovarti.-
Bass era stato costretto a colpire così a fondo . Aspettò qualche attimo e poi continuò: - Non ti sto chiedendo di giustificarti. Adesso non mi importa più. Sei fatto così. E forse è proprio perché sei così diverso da me che io ti amo così tanto.-
 L’altro ora tremava. Avrebbe voluto dargli mille spiegazioni, dirgli che lo amava come il primo momento e anche più profondamente e che l’unica persona della quale davvero gli importava era lui. Che aveva pregato ogni giorno che lui fosse al sicuro e che stesse bene. Era per confessargli tutto questo che si era recato da lui, nel bel mezzo della notte. Ma tutti i pensieri gli si erano ingarbugliati in testa e non era mai stato bravo con le parole. Fortunatamente, l’urgenza di fargli sapere quanto teneva lui, fu forte abbastanza di fargli dire in sussurro e tutto d’un fiato:
-Anche io ti amo, Bass. Così tanto che mi sembra di impazzire.-
Il cuore gli martellava nel petto che un martello pneumatico, le gambe minacciavano di cedere da un momento all’altro, gli girava la testa e non riusciva a ricominciare a respirare normalmente.
Il sorriso che vide illuminare il viso dell’uomo che amava gli fece perdere definitivamente il controllo. Le barriere, i dubbi, l’orgoglio…tutto crollò in quell’attimo. Miles lo attirò a sé e premette le labbra sulle sue. Lo strinse così forte da fargli male, baciandolo con passione. Aveva dimenticato cosa volesse dire tenere Bass tra le braccia. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva provato quella felicità così completa? Tutto scomparì, la guerra, i patrioti, i complotti texani…Tutto sbiadì.
Anche se lo avrebbe voluto lontano da lì, da tutti i pericoli che correva come ricercato, al sicuro dove nessuno sapesse chi Bass fosse in realtà, non avrebbe più potuto allontanarsi da lui. Non sarebbe stata vita un’esistenza senza quell’uomo.
Finirono sul materasso senza rendersene conto. Tutto avvenne in modo naturale ed istintivo. Nessuno dei due si preoccupò del fatto che fosse estremamente rischioso lasciarsi andare alle emozioni in quella situazione, abbassando la guardia. Contava solo amarsi ed al diavolo tutto il resto.
Mentre Miles lo abbracciava, un solo interrogativo martellava nella sua testa. Aveva evitato di pensarci, ogni volta che si affacciava in un angolo della sua mente, l’aveva respinto con decisione. L’aveva soffocato a lungo ma ora, liberato, urlava dentro di lui potente come un fiume in piena: come aveva fatto a sopravvivere mesi interi senza stringere a sé quel corpo perfetto, senza affondare le dita in quei riccioli biondi, senza perdersi in quegli occhi celesti, senza nutrirsi dei baci di lui? Si stava rendendo conto solo ora, in maniera allarmante, che senza l’amato aveva vissuto come un’ombra di se stesso, per inerzia. Senza Bass il vero Miles non esisteva. E adesso che l’aveva ritrovato, l’aveva riavuto, una parte di lui avrebbe voluto gridare per il sollievo e l’altra gridare di gioia.  Baciarlo di nuovo, toccarlo di nuovo, fu come un colpo di spugna. Cancellò tutto il dolore che aveva tenuto incatenato in fondo al cuore durante tutto il tempo che era stato costretto a stare lontano da lui. Un dolore che, a lungo andare, l’avrebbe sicuramente ucciso.
Ricordava che spesso, la notte, si svegliava. Aiutata dal buio e dal silenzio, una sensazione di ansia e di angoscia scorreva dentro le sue viscere, scavava solchi profondi, provocandogli male fisico. L’immagine di Bass, che teneva seppellita in fondo al suo animo, gli divampava dietro le palpebre chiuse e gli stringeva il petto. E senza accorgersene cominciava a piangere, in silenzio, come se ogni lacrima lo aiutasse ad alleviare tutta quella sensazione di malessere, finche non si riaddormentava, ripromettendo ogni volta a sé stesso, che un giorno sarebbe andato a cercarlo. Al momento giusto, una volta sistemato tutto il resto. Bastava aspettare l’occasione propizia.  A costo di ribaltare l’intero pianeta, l’avrebbe ritrovato. Ma quel giorno non era mai arrivato.
E poi una concatenazione di eventi, la fortuna, il destino o chissà cos’altro, avevano fatto in modo che si riunissero.
Decise però di allontanare tutti questi pensieri per dedicarsi completamente all’uomo che amava.
Bass aveva indosso solo una canottiera logora e dei jeans scoloriti. Miles impiegò pochi attimi a toglierli dall’altro per poi abbandonarli sul pavimento. Lo baciò con foga e fu come riprendere a respirare dopo mesi di apnea. Si stacco dalle sue labbra solo per un momento, per ammirare quell’uomo meraviglioso, completamente nudo ed eccitato che lo guardava con gli occhi dilatati dal desiderio: il ricordo che aveva di lui, decisamente non gli rendeva giustizia.
Nonostante il tumulto di emozioni che si agitavano dentro di lui gli annebbiassero la mente, riuscì a considerare che si sentiva come un privilegiato. Vedeva se stesso sciupato, scavato, con occhiaie profonde e le spalle curve. Consumato da quel terribile mondo nel quale era costretto a viver ogni giorno. Ma Bass, pur avendo affrontato la fame, la vita da nomade alla quale la taglia sulla sua testa l’aveva condannato , il blackout, la guerra…era sempre bello come un dio. Niente riusciva minimamente a scalfirlo. Forte, determinato , sicuro di sé e, come se non bastasse, bellissimo. Lo ammirava riempiendosi gli occhi di quell’immagine perfetta.  Si mise a cavalcioni sopra di lui, senza staccare gli occhi da quelli celesti dell’amato, gli fece passare la mani tra i capelli, scendendo poi alla fronte, alla bocca, al collo, giù fino all’addome, lentamente, assaporando il contatto dei polpastrelli con la sua pelle liscia e calda, accarezzandolo come se fosse la cosa più preziosa del mondo.
Quasi senza fiato, col cuore che gli martellava nel petto, ansimò: -Ti amo, Bass…-
-Ti amo anch’io- rispose lui con un sorriso raggiante.
Miles si chinò sull’amato, ricalcando con le labbra l’itinerario percorso dalle dita pochi secondi prima, baciando, mordendo, leccando, dedicando maggiore attenzione ai punti più sensibili, beandosi dei leggeri gemiti dell’altro e dei piccoli scatti del suo corpo.
Poi si spogliò a sua volta, velocemente. Si risdraiò su Bass, facendo aderire i loro corpi, resi febbricitanti dall’eccitazione, continuando a baciarlo e toccarlo.  Un attimo dopo fu quest’ultimo a prendere il sopravvento: spinse Miles di lato e lo fece stendere sulla schiena. Ricominciò a baciarlo sulle labbra, scendendo poi sul collo, mentre lui piegava la testa all’indietro per lasciarlo esposto e facilitargli l’operazione , portando le mani sulla nuca di Bass. Lui continuò, risalendo poi verso il mento e proseguendo lungo la mandibola. Una volta arrivato all’orecchio gli sussurrò:
-Ti voglio, Miles. Subito.-
Gli lanciò un breve sguardo malizioso e si mise a cavalcioni sopra di lui. Senza dargli il tempo di reagire, afferrò il suo membro e si posizionò in modo da poterlo spingere dentro di sé, poco alla volta, piano, per abituarsi.
L’altro schiuse le labbra cominciando a gemere più forte mentre spingeva il bacino verso l’alto e afferrava i fianchi di Bass.
Entrambi raggiunsero l’orgasmo in pochi minuti, tale era l’eccitazione.
Bass si sdraiò accanto a lui e si fece più vicino per appoggiare la testa sul suo petto e ascoltare la voce del cuore che gli apparteneva da sempre.
-Erano mesi che aspettavo questo momento- disse lui stringendosi all’amato, Più rivolto a sé stesso che a Miles. Come una riflessione ad alta voce.
Rimasero così per un po’, con gli occhi chiusi, godendosi l’uno il contatto ed il calore del corpo dell’altro.
Fu Miles a rompere il silenzio: -E’ meglio che me ne vada, adesso. Devo tornare prima che qualcuno si accorga che mi sono assentato. Si chiederebbero dove sono.-
-Resta con me- supplicò l’altro stingendosi a lui e serrando una mano sul suo fianco per trattenerlo. –Ancora solo un altro po’. Ti prego, Miles. Mi sei mancato così tanto.-
-Tra poco albeggerà. Devo approfittare del buio -.
Con riluttanza ma con decisione si staccò dall’amato e si alzò, raccattando i suoi vestiti da terra e infilandoseli in fretta.
Bass lo guardava con espressione ferita, consapevole però che Miles aveva ragione.
-Tornerai domani notte?- chiese speranzoso.
-Non possiamo correre troppo spesso il rischio che scoprano che tu sei qui. Potrebbero seguirmi. Anche stasera, volevo vederti, avevo un assoluto bisogno di vederti ma forse…è stato da incoscienti venire fino a qui. Ti metterei in pericolo ogni volta-.
-Sono armato, capace di difendermi e tu lo sai.-
-Certo, contro un soldato, due ma se venisse ad arrestarti uno squadrone intero, cosa faresti? Non sei al sicuro- concluse abbottonandosi la giacca.
-Non lo è nessuno di noi, se è per questo- insistette lui.
-Tornerò appena posso- gli posò un leggero bacio sulle labbra. -Stai attento- aggiunse un attimo dopo.
-Anche tu- volle assicurarsi Bass.
Lo seguì con lo sguardo mentre Miles usciva e si inoltrava tra gli alberi, confondendosi con le ombre della notte.
 
 

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Capitolo 3
*** Tre ***


Il primo pensiero di Miles, appena aperti gli occhi la mattina dopo, fu Bass. Ma, a differenza di tutte le altre, questa volta la sua immagine nella mente non gli portò una stilettata di dolore, ma gioia ed euforia.
Avevano sistemato le cose, si erano ritrovati, si amavano.
Era da molto tempo che non si sentiva così: sereno, leggero, ottimista, libero di respirare senza avere un macigno sul petto. Tutto gli appariva migliore. Forse, a conti fatti, il mondo non era così brutto. Con Bass al suo fianco avrebbe potuto affrontare di tutto.
Non gli importava quanto tempo ci sarebbe voluto ma si sentiva certo che, prima o poi, le cose si sarebbero sistemate, e loro avrebbero finalmente potuto stare insieme.
Trascorsero alcuni giorni.
Miles aveva aspettato due notti ma la terza era tornato da Bass, incapace di poter resistere ancora senza vederlo. Avevano rifatto l’amore, avevano parlato, fatto ipotetici progetti, o per meglio dire, sogni per il futuro: una casa, un lavoro normale, una vita insieme.  Senza più problemi. Lontano da tutto e da tutti. Dove nessuno avrebbe mai potuto trovarli.
-Magari su un altro pianeta- aveva scherzato Bass, accoccolato tra le braccia dell’altro.
-Magari…- aveva riso Miles, prima di attirarlo di nuovo a sé.
Anche quella mattina, quindi, si era alzato con uno stato d’animo diverso. Per quanto flebile, esisteva la speranza che ci fosse una via d’uscita da tutta quella situazione. Ma, prima che finisse di formulare del tutto questo pensiero, sentì suonare la campana della città. Di solito non preannunciava niente di buono. Le novità positive non erano una cosa frequente.
-E adesso cos’altro succede- pensò tra sé.
Uscì in veranda.
Tutti erano voltati verso i cancelli di recinzione che si stavano aprendo.
Miles sentì una morsa gelida alla bocca dello stomaco. Aveva una strana sensazione, come un presentimento. Nulla l’avrebbe mai preparato a quello che vide. Stava entrando un carro. Trasportava alcune persone ed una gabbia, con all’interno un prigioniero che stavano conducendo appunto alle prigioni: Bass. Questo si guardava attorno, sostenendo lo sguardo dei presenti. Ma appena incontrò quello dell’amato, lo distolse immediatamente, per paura che qualcuno notasse qualcosa. Ma in quella frazione di secondo durante la quale i loro occhi si erano fissati gli uni negli altri, Miles aveva visto in quelli celesti di lui rammarico e rassegnazione. Come se avesse voluto dirgli –Mi dispiace.-
Le emozioni che esplosero nell’animo di lui, furono così intense che per poco non perse i sensi. Non riusciva più a respirare, come se i polmoni si fossero improvvisamente riempiti di catrame, le gambe minacciavano di cedere da un momento all’altro e in bocca sentì il sapore della bile. Si aggrappò alla ringhiera di legno per non crollare, stringendola fino a far sbiancare le nocche. Panico, terrore, disperazione, lo travolsero con la potenza di un tornado. Serrò le palpebre e strinse i denti, tentando di mantenere il controllo. Non poteva crollare adesso, non doveva.  Era indispensabile che mantenesse la lucidità. Bass si stava per trovare davanti ad un processo ridicolo ed un’esecuzione certa. Non poteva permetterlo! L’amore della sua vita, il suo unico motivo di esistere, sarebbe stato giustiziato. L’istinto gli stava urlando di impugnare la spada e di lanciarsi contro quel carro, aprendosi la strada verso di lui a suon di cadaveri. Di tentare di liberarlo. Anche a costo di morire nel tentativo, ma di dargli una lieve possibilità di scappare. Ma non l’avrebbe aiutato così. L’avrebbero ucciso per impedirgli la fuga e sarebbero morti entrambi per niente. Doveva ragionare, escogitare un piano. Si impose di non permettere alle emozioni  di prendere il sopravvento.
Non ce la fece. Scosso da tremori rientrò in casa, corse verso la sua stanza, anche se era solo, e si chiuse la porta alle spalle. Tirò alcuni pugni contro la parete, fino a farsi sanguinare le mani. Poi crollò a terra, seduto, facendo scivolare la schiena lungo la porta, portandosi la testa tra le mani. Ma concesse alla paura ed alla rabbia solo pochi minuti. Disperandosi non avrebbe trovato una soluzione, e neanche chiedendosi come avevano fatto a trovarlo. Forse era colpa sua, forse l’avevano individuato e seguito, e lui, non si era accorto di nulla. Aveva pensato più a sé stesso che all’incolumità dell’uomo che amava. Ragionandoci adesso però, stava solo perdendo tempo prezioso.
Ricomponendosi uscì dalla sua camera, dove trovò Charlie. Dalla sua espressione capì che era decisa ad aiutarlo a salvare Bass. Glielo doveva. Lui le aveva salvato la vita. Forte e determinata sarebbe stata una valida alleata.
 
Andò peggio del previsto perché non ci fu nessun processo. Bass fu condannato a morte per il semplice fatto che era considerato il ricercato numero uno.
Miles e Charlie avrebbero dovuto agire subito. Lei aveva inizialmente proposto di aspettare qualche giorno, di aspettare che si calmassero le acque, nella speranza che la sorveglianza su Bass si allentasse  un po’.  Ma l’altro non ne aveva voluto sapere. Non sopportava l’idea dell’amato chiuso nelle carceri della cittadina, solo e abbandonato da tutti. Inoltre, quello stesso pomeriggio, scoprirono di non avere tutto quel tempo. Miles era rimasto a casa per non destare il minimo sospetto. Doveva sembrare che non sapesse niente del nuovo prigioniero e che nemmeno gliene interessasse granché. La nipote invece era andata in piazza per l’annuncio dell’arresto di Bass, nella speranza di raccogliere qualche informazione utile per il loro intento. Quando era tornata con la notizia che l’esecuzione era stata fissata per la mezzanotte di quello stesso giorno, lo zio credette di morire, anche se non fu affatto sorpreso.  I patrioti non volevano correre il rischio di farselo scappare, quindi l’avrebbero ammazzato il prima possibile.
-Dobbiamo aspettare l’imbrunire. Poi ci avvieremo verso le prigioni, separatamente, facendo strade diverse. Farò il percorso più breve  e arriverò qualche minuto prima di te. Io apro la strada verso la sua cella, a te spetta la retroguardia. Ma dovremo essere assolutamente veloci e silenziosi. Se qualcuno riuscirà a dare l’allarme sarà finita- disse lui.
-E’ una follia. Avranno messo numerosi soldati  a guardia di Bass. Non puoi entrare da solo. In due avremo più possibilità. E lo sai che a sparare sono brava quanto te.-
-E’ troppo pericoloso. Tu stai dietro di me. Se le cose si mettono male, scappa. –
-E tu credi che me ne andrei senza di te? Miles…- tentò di obbiettare lei.
-E’ probabile che sia un suicidio, Charlie! Tu devi poterne uscire. Non voglio che tu sia coinvolta. Se la situazione degenera voltati e torna indietro, più veloce che puoi.-
-E tu?-
-Quelli lo uccideranno. Io devo tentare. Bass…- si interruppe cercando di trovare le parole adatte di calmarsi. La voce gli tremava: -…è importante per me. Non posso abbandonarlo. Non sopporto l’idea di perderlo- confessò infine con un sospiro.
-Lo capisco. Ed è anche per questo che voglio aiutarti. Ma su questo sono irremovibile : entreremo insieme ed usciremo insieme. Portando Bass fuori di lì.-
 
Aspettare la sera non fu facile per Miles. Cercò di tenersi impegnato in tutti i modi: pulì le armi, affilò la spada, ma il suo unico pensiero era l’uomo che amava, in mano ai patrioti. Era solo, rinchiuso in chissà quale buco ad aspettare la fine. Strinse i pugni. Non si era mai sentito così impotente. Non avrebbe mai dovuto permettergli di rimanere. Avrebbe dovuto immaginare che, prima o poi, l’avrebbero trovato. Era stato uno stupido. Perché si era lasciato andare ai sentimenti? Forse, se quella notte, anziché cedere, fosse riuscito a convincerlo che non lo amava più ma che lo odiava, come non aveva mai odiato nessuno, lui avrebbe abbandonato l’idea di restare per aiutarlo e se ne sarebbe andato.  Magari in un posto dove nessuno lo conosceva. Lontano da lui ma fuori pericolo. Era colpa sua. Bass sarebbe morto per colpa sua. Non poteva permetterlo, anche perché non se lo sarebbe mai perdonato.
 
Il sole era finalmente calato quasi del tutto. Al condannato rimanevano ormai poche ore. Miles e Charlie uscirono di casa in silenzio, avviandosi piano verso le prigioni.
Il passo lento, controllato, la testa china, le armi nascoste sotto ingombranti giubbotti.  La ragazza scorse negli occhi dello zio, una determinazione cos’ assoluta che mai aveva notato prima.  Dopo il black-out avevano affrontato di tutto, lei aveva perso il conto delle volte che avevano rischiato di morire, di tutte le volte che aveva pensato che ormai fosse finita, e lui invece era stato la sua forza, non si era mai dato per vinto.  Ma nonostante questo, a volte,  era riuscita a vedere, nella sua espressione, dubbio, paura, insicurezza, anche se lui tentava di nascondere tutti questi stati d’animo, travestendoli di distacco ed insensibilità. Adesso non ce ne era traccia.
Le strade erano deserte e silenziose. Il coprifuoco era stato revocato ma la gente preferiva stare al sicuro nelle proprie case. Fu per quello che sussultarono entrambi quando sentirono rumore di passi. Sembravano essere più persone. Il rumore di passi si stava avvicinando velocemente. Decisero che la cosa più prudente da fare era nascondersi dietro un angolo, appiattirsi contro il muro aspettando che il gruppetto passasse oltre. Anche per evitare domande. Trattennero il respiro vedendo che la strada veniva attraversata da un’intera squadra di soldati. Il cuore di Miles quasi gli saltò fuori dal petto quando notò che tra loro c’era Bass.  Aveva i polsi in catene e, due uomini armati, tenevano i fucili puntati verso di lui.
-Lo stanno scortando da qualche parte- bisbigliò alla nipote.
-Ma dove? Le uniche prigioni si trovano nella direzione opposta- osservò lei.
-Seguiamoli.-
Dopo alcuni minuti, Miles cominciò ad avere un sospetto. Si rese conto con angoscia che lo stavano conducendo alla vecchia banca.  Infatti fu lì davanti che si fermarono. Numerosi soldati rimasero di guardia all’entrata, gli altri condussero Bass all’interno.
-Dannazione- imprecò MIles.
-Che facciamo adesso?-
-Non possiamo farlo scappare da lì. Un solo ingresso, un caveau . E’ impossibile.-
-Ma perché l’hanno spostato? Non ce ne era motivo . Era mai successo prima che trasferissero un prigioniero?- chiese Charlie.
Il quel momento lo zio realizzò: -Sapevano! Sapevano che qualcuno avrebbe tentato di farlo scappare e l’hanno portato nel posto più inaccessibile che avevano a disposizione. Sono stati avvisati.-
 
Miles entrò in casa come una furia. Rachel era in cucina, gli dava le spalle. La afferrò per un braccio e la fece girare verso di lui in malo modo.
-Sei stata tu, maledetta!- tuonò strattonandola. –Eri l’unica a sapere che avremmo tentato di salvarlo.-
-Calmati- intervenne Charlie mettendosi tra loro. –Non è stata lei. Per quanto odi Bass non avrebbe mai fatto una cosa del genere.-
Sulle labbra dell’uomo comparve un sorriso amaro. Puntò di nuovo gli occhi sul viso passivo di Rachel.
-Tua figlia si fida di te- sibilò lui. -Dille che razza di vipera sei in realtà.-
-Smettila- tentò di nuovo la ragazza. –La stai accusando ingiustamente. E’ assurdo che…-
- Ha ragione- cominciò la donna con voce piatta. La sua espressione era indecifrabile. Come se a confessare il suo coinvolgimento nell’intera faccenda non provasse nessuna emozione. –Sono stata io a dirgli che vi sareste recati alla prigione per farlo scappare.-
Lei sostenne lo sguardo furioso di Miles.
-Mamma…-boccheggiò Charlie. –Non posso crederci. Come hai potuto fare una cosa del genere? Bass è dalla nostra parte e ci sta aiutando. Non è più l’uomo spietato di un tempo. Mi ha salvato la vita. Questo non t’importa?-
-No, per lei non fa alcuna differenza, non è vero?- ricominciò lui. –Tutto,  pur di riuscire a raggiungere i suoi scopi. Aveva già tentato una volta di ucciderlo. Un uomo che sta cercando di redimersi, che sta cercando il perdono delle persone che ha fatto soffrire. Riesci solo a farmi pena- disse scuotendo la testa. –Sei stata tu anche a dirgli dove era nascosto? L’hanno catturato grazie alle tue informazioni?- chiese lui.
-No. Non so come siano riusciti a trovarlo. Molto probabilmente hanno seguito te quando uscivi nel cuore della notte per andare da lui- affermò con tono di sfida. –Pensavi che non sapessi cosa c’è tra di voi?-
La nipote sgranò gli occhi. Improvvisamente le fu tutto chiaro.
Miles traboccava di rabbia. Gli ribolliva il sangue nelle vene, ma non per il fatto che lei sapesse del loro amore, ma per il fatto che, pur sapendolo, questo non l’avesse fermata.
Aveva fatto di tutto per lei, da quando Ben era morto si era preso cura di loro come aveva potuto, trascurando tutto il resto.
Incapace di controllarsi, spinse Rachel contro la parete con violenza, afferrandola con una mano per la gola e alzò un pugno a livello del suo viso per colpirla.  Si fermò a un centimetro dal suo zigomo.
-Non ti perdonerò mai per questo- bisbigliò al suo orecchio.  -Hai le mani sporche del sangue di Bass. Ricordati che sei ricercata. Quando ti cattureranno e ti condanneranno a morte, come hanno fatto con lui, non muoverò un dito per fermarli. E’ quello che ti meriti.-
Uscì di casa sbattendo la porta alle sue spalle. Non sapeva bene dove andare. Voleva solo allontanarsi da tutti.
Si trovò davanti ad un ufficiale : -Stavo cercando lei, signore. Il prigioniero desidera vederla.-
 
 
 

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Capitolo 4
*** Quattro ***


Mentre seguiva il soldato verso la vecchia banca, nella testa di Miles vorticavano mille pensieri, ai quali difficilmente riusciva a dare un ordine preciso.
Era un’occasione d’oro, per aiutare Bass in qualche modo. Doveva per forza essere così, quella convocazione doveva avere un senso. Pensò che nulla accadeva per caso e che non esisteva il destino. L’importante era prendere  e tentare di sfruttarli a proprio vantaggio. O almeno, questo era quello di cui stava tentando di convincersi.
Calma si disse. Devo mantenere la lucidità per esaminare in breve tempo, tutte le opzioni disponibili.
Punto primo: individuare tutte le possibili uscite. Punto secondo: individuare le armi disponibili. Punto terzo: trovare l’entrata del caveau, anche se sperava che Bass non fosse chiuso lì dentro. Punto quarto: fare un rapido conto delle guardie armate per valutare la possibilità di fuga, senza farsi uccidere.
Ma appena arrivò a destinazione tutte le sue speranze andarono in fumo. Cosa si era illuso di poter fare da solo? Bass non era nel caveau ma a guardia dell’amato contò dieci soldati, tutti armati fino ai denti, dei quali due ai lati della stanza dove era tenuto prigioniero, con fucile carico pronto a sparare nel caso di guai. Qualsiasi tentativo di fuga sarebbe stato un suicidio, anche se ancora non riusciva ad accettare l’idea di perderlo.
Infatti, quando arrivò in vista della camera dove l’avevano rinchiuso, una pugnalata lo colpì al cuore. Era dietro una porta fatta con grate di ferro intrecciate, seduto per terra al buio, con la schiena appoggiata al muro. La testa china. Non l’aveva mai visto così indifeso. Lottò per mantenere la calma.
Appena gli occhi celesti di Bass si alzarono su di lui, un sorriso gli illuminò il viso e scattò in piedi avvicinandosi alla rete.
Il cuore di Miles batteva all’impazzata, avrebbe voluto mettersi ad urlare. Fece uno sforzo tremendo per mostrarsi distaccato a tutta quella situazione. Prese a due mani il proprio autocontrollo e assunse un’ espressione glaciale.
Fu l’altro il primo a parlare: -Questi bifolchi mi hanno concesso un’ultima richiesta ed io ho chiesto di te.-
-Cosa vuoi, Bass?- chiese Miles serio, mantenendo un’inflessione di voce piatta.
Ma l’amato vedeva chiaramente la sofferenza che gli attanagliava l’animo.
-Andiamo, Miles. Tutti gli altri vogliono che vada all’inferno. Tu no. Ed in fin dei conti è esattamente così che deve essere. Eravamo amici. Stringimi la mano e dimmi addio.-
-Vorrei rimanere da solo con lui.- disse Miles ai soldati.
-Non è possibile- rispose prontamente la guardia più vicina.
-Dove volete che vada? E’ chiuso qui dentro. E’ mio amico e state per ucciderlo. Ho il diritto di parlare un’ultima volta con lui, da solo- obbiettò, sentendo vacillare la calma forzata che si era imposto e sentendo insinuarsi a poco a poco dentro di lui di nuovo il panico.
Il soldato in questione si allontanò di qualche metro. Di più non riuscì ad ottenere.
Miles si avvicinò ulteriormente alla rete, per parlare con Bass senza essere sentito:
-Scordatelo. Non lascerò che ti uccidano. Quando ti riporteranno verso le prigioni per l’esecuzione, creerò un diversivo. Ho abbastanza tempo per posizionare degli esplosivi nei paraggi della strada che dovrete percorrere. Programmerò un timer per la detonazione. Basterà distrarli per pochi attimi. Charlie ed io saremo nascosti lì e spareremo sulla tua scorta. Tu tieni giù la testa e corri come il vento. Saranno troppo occupati e difendersi ed a rispondere al fuoco per badare a te.-
-Miles…-provò ad interromperlo l’altro.
-No, ascoltami. Devi correre alle mura. A poca distanza dall’entrata principale, a sinistra, c’è un varco che ho creato io per passare quando venivo da te. Nasconditi nella boscaglia appena fuori. Non ti troveranno col buio. Io ti raggiungerò lì e ce ne andremo per sempre…insieme.-
Bass abbozzò un lieve sorriso: - Apprezzo molto il fatto che tu voglia darmi qualche speranza. Ma sei consapevole quanto me che non funzionerà. Mi pianteranno un proiettile tra le scapole prima che io riesca ad allontanarmi di qualche metro.-
-Ma che ti sta succedendo? Non è da te tirarti indietro. Eri il primo a voler rischiare il tutto per tutto, anche con i piani più pericolosi. Fallo per me. Te lo chiedo per favore. Non ricordi i nostri progetti? Una casa col giardino, un piccolo orto, un divano a penisola…la nostra vita insieme? Io non voglio rinunciarci. Dobbiamo tentare.-
-Erano solo sogni. Non voglio che tu ti faccia uccidere per un’impresa senza speranza.-
-Perché? Tu credi che potrei andare avanti a vivere senza di te? Proprio adesso che ti ho ritrovato.-
-E’ quello che devi fare. Ho chiesto di vederti solo per assicurarmi che tu non facessi stupidaggini. E per dirti un’ultima volta che ti amo e ti amerò per sempre.  Anche dall’altra parte continuerò ad amarti e veglierò su di te. Vivi la tua vita, Miles. Domani è un altro giorno e, col tempo, il dolore si attenuerà. Magari troverai un’altra persona degna del tuo amore. Ti chiedo solo di non dimenticarti di me.-
Miles rischiò di crollare di nuovo. Barcollò aggrappandosi alla rete. Non riusciva a credere alle sue orecchie. Il suo amore si arrendeva al suo destino, accettava la morte. E rendersene conto mandò il suo cuore in frantumi.
-Bass…-tentò. Ma non sapeva cosa dire in realtà. Sentì le lacrime pungergli gli occhi. –Non mi lasciare. Non ce la faccio senza di te- bisbigliò, mentre la sua voce cominciava a tremare.-
-Si invece, ce la farai. Perchè è esattamente così che doveva andare a finire. In fondo, la sapevamo fin dall’inizio. E non mi importa di morire, adesso. Ci siamo riuniti, ti ho riamato, era solo chiarirmi con te e riavere il tuo amore che contava. Ora va tutto bene. Non ho paura e sono in pace con me stesso. Porto nel cuore i momenti più felici della mia vita. Quelli passati insieme a te.-
L’altro tentò di ricomporsi. Non voleva che l’amato lo ricordasse così. Puntò i suoi occhi scuri in quelli di lui, attese qualche attimo e poi disse l’ultima cosa che ormai contava: -Ti amo, Bass.-
Questo sorrise. E Miles tentò di imprimersi ancor più a fuoco nella mente quel sorriso. Perché sapeva che era l’ultima volta che lo vedeva.
-Era questo che volevo sentirti dire.-
Poi Miles si voltò ed uscì a grandi passo dalla vecchia banca. Era davvero finita, questa volta.
Dentro sé stesso giurò vendetta.






Bass rimase a fissare la schiena dell’uomo cha amava finche lui non fu uscito. Almeno era riuscito a dirgli addio.
Si risedette per terra nella sua improvvisata cella. Quanto tempo mancava a mezzanotte? In fondo non gli importava. Dopotutto aveva avuto una bella vita: era sopravvissuto a due operazioni ad alto rischio in Iraq, era stato generale a capo della milizia e, cosa più importante, aveva avuto la fortuna di provare quella cosa chiamata “vero amore”. Non tutti potevano vantarsi di questo.
Miles a Bass, da sempre: amici, fratelli, amanti. Era tutta la sua famiglia. Dopo che i suoi genitori e le sue sorelline erano morti, gli era rimasto solo lui. L’unico punto fermo, l’unica certezza.
Ripensò, con un lieve sorriso, alla prima volta che erano stati insieme. Si era accorto con orrore, di provare attrazione per il suo migliore amico. Era geloso delle sue eventuali amicizie, possessivo, lo pensava ogni attimo del giorno, lo sognava persino. E quando non erano insieme gli mancava terribilmente. Il pensiero di lui in compagnia di qualcun altro lo faceva impazzire. Poi Miles gli aveva confidato che provava la stessa cosa. Era stato lui il più coraggioso, il primo a farsi avanti. Si erano baciati, si erano toccati, ed erano finiti col fare l’amore. Subito, affamati l’uno dell’altro. Bass aveva avuto paura, di non essere all’altezza, di non essere capace, di sentire male, nonostante la piena fiducia in Miles. Ma poi era andato tutto bene, era stata una cosa naturale e bellissima.
Si aggrappò a questo ricordo per avere il coraggio di affrontare l’imminente morte. Proprio in quel momento sentì scattare la serratura. Un soldato entrò portando le catene.
-Monroe- disse freddo –è ora di andare.-
 

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Capitolo 5
*** Cinque ***


Davanti all’ingresso delle prigioni, dove avevano allestito una stanza per l’esecuzione, si era radunato un grosso gruppo di persone.
Bass era scortato da diversi soldati, avanzava a testa alta, con lo sguardo fisso davanti a sé. Non si stupì di non vedere Miles. Questo non avrebbe sopportato il fatto di vederlo entrare, senza poter fare niente per aiutarlo. Riconobbe solo Charlie tra la folla , accanto alla porta. Fu commosso nello scorgere il rammarico ed il dispiacere nei suoi occhi.
-Prenditi cura di tuo zio- gli sussurrò appena passò accanto a lei.
Era una ragazza in gamba, l’amato si era conquistato il suo affetto ed era fortunato ad averla come alleata.
Lo condussero oltre la soglia dell’ingresso delle prigioni. Non imboccarono le scale che scendevano a destra, quelle che portavano al corridoio delle celle nel sotterraneo, ma proseguirono dritto, verso la sala che avevano preparato per l’esecuzione. Bass si rese conto all’improvviso di non sapere come sarebbe morto. Cosa avrebbero usato per ucciderlo? Gas, veleno, scossa elettrica? Sperava che non fosse una cosa troppo lunga e dolorosa. Si era sentito abbastanza calmo fino a quell’istante. Non sapeva ne come ne perché ma era riuscito a rassegnarsi all’inevitabile, con una certa pace nel cuore. Aveva un unico rammarico: di aver aspettato troppo per decidersi a raggiungere l’uomo che amava. Si dispiaceva poi di non avere avuto l’occasione di realizzare i loro utopici progetti. Quanto avrebbe desiderato una vita normale. Non avrebbe mai potuto godere di una simile fortuna. Nemmeno per un giorno. Avrebbe tanto voluto sapere cosa si provava.
Ancora un paio di passi e sarebbe entrato in quella stanza. Con sua somma sorpresa si accorse di cominciare a sentire la paura serpeggiare dentro di sé. Si sforzo di tenerla a bada. Non l’avrebbe aiutato, non gli sarebbe servita. Forse, le persone che ho ucciso, mi stanno aspettando, considerò. Ma questi pensieri potevano solo peggiorare la sua agonia. Si ricordava, prima del blackout, di avere visto un film nel quale aveva sentito una citazione del protagonista che l’aveva fatto riflettere a lungo e che lui aveva preso in considerazione tante volte davanti al pericolo. La battuta diceva così: “Non devo aver paura. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annientamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Non permetterò che mi penetri e che mi attraversi”.
Con un guizzo di divertimento, misto comunque a disperazione, penso che in questa situazione, non gli sarebbe servita proprio a niente. Il suo stato d’animo non avrebbe cambiato l’esito degli eventi. Riuscire o no a controllare la paura…sarebbe morto ugualmente.
Nella sala dell’esecuzione, riconobbe il capo dei texani e quello dei patrioti, seduti una a fianco all’altro. Erano venuti a godersi lo spettacolo. Si concentrò per mantenere il respiro regolare e l’espressione indecifrabile. Non voleva dar loro soddisfazione. Aveva i polsi ammanettati e, le catene alle caviglie, gli rendevano difficile la camminata, ma lui avanzò senza mostrare la minima esitazione.
A loto della poltroncina, stavano Rachel ed un uomo più anziano, il quale, non perse l’occasione di presentarsi, mente facevano sdraiare Bass.
-Sono il nonno di Danny. Ti posso assicurare che per me è un piacere vederti qui. La tua ultima tappa.-
Bass si voltò verso la donna , che avanzava verso di lui con l’iniezione letale pronta. Mentre infilava l’ago nel braccio di lui, questo riuscì a confessare : -Per quello che può valere…mi dispiace-.
Lei capì che era sincero.
Una sensazione di gelo si diffuse nel suo corpo, partendo dal braccio ed espandendosi piano. L’uomo tremò leggermente. La vita lo stava abbandonando. Durante gli ultimi attimi di lucidità pensò a Miles, al calore del suo abbraccio, al sapore dei suoi baci, ed alla lucentezza del suo sorriso e ringraziò mentalmente una divinità superiore, se davvero esisteva, per avergli concesso di provare quella cosa chiamata Amore. Poi tutto scomparve. I suoi occhi rimasero spalancati, fissi nel vuoto.
*
Miles entrò nel locale fatiscente. L’unica cosa definita bar della cittadina. In quale altro posto sarebbe potuto andare, adesso? Si sentiva svuotato, un involucro senza vita, un’ombra.
 Alzò lo sguardo: la sala era deserta, non c’era nessuno a servire, neanche dietro al bancone. Erano tutti andati fuori dalle prigioni, ad aspettare con ansia l’annuncio della morte di Bass. La buona notizia. L’attrazione del luogo. Si diresse da solo verso gli scaffali e prese la bottiglia di whisky. Era certo fosse annacquato, scadente. Ma niente ormai aveva più importanza. Erano comunque due giorni che sentiva in bocca solo il sapore della bile. Qualsiasi cosa sarebbe stato meglio. Si versò il primo bicchiere. Lo guardò con disinteresse, prima di buttarlo giù tutto d’un fiato. Considerò che, con un po’ di impegno, sarebbe riuscito ad ingollare tutte le bottiglie del bar e magari entrare in coma etilico, morire e raggiungere l’amato. Dopotutto non era una cattiva idea.
 Si buttò stancamente su una sedia e se versò ancora, e ancora.
Quante cose potevano succedere in poco tempo. Prima aveva aspettato il momento giusto per lasciarsi tutto alle spalle e partire per andare a cercarlo. Ma questo non era mai arrivato. Poi era stato grazie all’aiuto di Charlie che si erano riuniti. La gioia di averlo ritrovato, riavuto, riamato, non si poteva descrivere. E ora l’aveva perso di nuovo. Questa volta per sempre. Forse il destino esisteva davvero e non c’era niente che lui potesse fare per opporsi ad esso. Ma questa era una giustificazione troppo facile.
Bass non meritava la morte. Non era mai stai un uomo crudele. Non uccideva se non era inevitabile e non provava alcun piacere nel farlo. (Non si poteva dire le stessa cosa dei suoi carnefici.) Dietro quello sguardo di ghiaccio si nascondeva un grande cuore, capace di amare incondizionatamente in modo totale e completo. Miles, che era capace di vedere sotto la scorza esteriore, conosceva la sua sensibilità, il suo senso dell’onore, la sua forza.
Bevve ancora, aveva perso il numero dei bicchieri. Ma la sua mente, purtroppo, non accennava ad annebbiarsi. Ed il senso di colpa lo stava dilaniando. Non l’aveva amato abbastanza, non gli era stato accanto quanto avrebbe dovuto, non era stato capace di proteggerlo. Aveva dato la precedenza ad altre cose, mettendo da parte il loro rapporto. Avrebbe dovuto essere Bass il suo primo pensiero, la sua incolumità la sua prima preoccupazione. Come aveva fatto ad essere così stupido? Ed adesso era l’uomo che amava a pagare per i suoi errori.
Fu proprio mentre stava per portarsi alla bocca l’ennesimo drink che la campana cominciò a suonare, annunciando la morte di Bass.
 Il bicchiere gli sfuggì di mano finendo a terra.  Il suo cuore andò in frantumi. Un dolore lancinante gli esplose nel petto. Il respiro gli si bloccò in gola. Adesso era davvero finita. Miles si piegò in avanti, portando la testa tra le mani. Finalmente lasciò le lacrime libere da sgorgare dai suoi occhi. Pianse, per la prima volta dopo tanti anni.
*
La luna piena rischiarava la notte, ma non abbastanza da non permetterle di confondersi con le ombre, tra gli alberi. Poi, per essere sicura che non ci fosse più davvero nessuno nei paraggi, attese ancora, contando comunque i secondi. Non poteva aspettare troppo a lungo. Il tempo era fondamentale, tanto quanto la segretezza. Col fiato sospeso, rimase in ascolto un paio di minuti. L’unico rumore era il frusciare delle foglie spostate dalla brezza notturna, e il frinire dei grilli.
Uscì dal riparo del bosco, entrando nulla radura. Individuò il punto preciso. La terra era ancora smossa. Rachel conficcò la pala nel terreno e cominciò a scavare.
*
Quante cose aveva affrontato? Da quante situazioni disperate era uscito indenne? Quante volte aveva creduto di stare per morire? Ma ce l’aveva sempre fatta. O perché Bass era con lui o perché doveva tornare da Bass. Lui, la colonna portante di tutto.  Ed era sicuro che senza questo, non sarebbe riuscito a sopravvivere. Miles non esisteva da solo. E niente e nessuno avrebbe mai potuto colmare il vuoto che sentiva adesso.
Il rumore dalla porta che si apriva lo riscosse. Quanto tempo fosse rimasto accasciato su quella sedia, non poteva dirlo. Sentì qualcuno parlare: un suono ovattato, un eco in lontananza. Sperò di essere morto. Ma sfortunatamente temeva che non fosse così perché la testa gli faceva male, gli occhi bruciavano terribilmente e lo stomaco gli stava urlando il bisogno di rimettere tutto l’alcool che aveva buttato giù. Con estremo sforzo alzò la testa e provò a guardarsi in giro. Aveva la vista appannata. Sembrava fosse giorno, entrava la luce dalla finestra, Delle persone stavano entrando nel locale, gli lanciavano una breve occhiata ma nessuno gli prestava particolare attenzione. Meglio. Non voleva più avere a che fare con l’umanità intera. Avrebbe voluto sparire in quell’istante. Smettere semplicemente di esistere.
Improvvisamente si senti scuotere per una spalla Sfortunatamente qualcuno doveva essersi accorto della sua presenza:
-Ehi, amico. Se non consumi non puoi stare qui.-
Perché qualcuno la stava infastidendo? Perché era costretto ad interagire con la gente? Perché nessuno la lasciava in pace?
-Non vedi? Sto consumando il tuo whisky schifoso- precisò versandosi un ennesimo bicchiere.
Stava per portarselo alle labbra quando qualcuno glielo sfilò dalle mani.
Una voce disse: -Grazie signore. Me ne occupo io. Adesso ce ne andiamo. Dai Miles, ti accompagno a casa.-
Una mano fresca lo afferrò per un braccio e, con fatica, lo costrinse ad alzarsi. Lui era troppo stanco per opporre resistenza. Si appoggiò alla persona che era con lui e si lasciò condurre fuori dalla topaia dove aveva passato la notte.
La luce del giorno gli ferì gli occhi. Se li coprì con una mano emettendo un gemito.
-Un momento- supplicò fermandosi. Aspettò di ritrovare stabilità sulle gambe ed aspettò che la testa smettesse di girare.
-Sei ubriaco, vero?-
Solo adesso Miles riconobbe la nipote.
-Charlie…che cosa vuoi? Voglio stare solo. Per favore, vattene. Non voglio vedere nessuno.-
-Invece verrai con me. C’è una cosa che devi vedere- insistette lei
-Io non ho niente contro di te ma forse avrai saputo che hanno appena ammazzato Bass- chiese in modo canzonatorio. Proseguì con tono duro: -Hanno ammazzato la persona che amavo più della mia stessa vita e tu pensi che qualcos’altro al mondo mi possa interessare? Non puoi neanche lontanamente immaginare quello che sto passando. L’unica cosa che vorrei fare è uccidere Rachel con le mie stesse mani. Purtroppo, essendo tua madre, sono costretto a fare un’eccezione. Ma, credimi. Se solo…
-No stai parlando sul serio. E’ vero, sei distrutto dal dolore e non posso neanche immaginare quanto ti stia soffrendo. Ma adesso devi fidarti di me. – Gli si fece più vicina e, stringendogli la  mano, come per infondergli coraggio, ripeté a voce bassa: . -Tutto si sistemerà. Davvero. Vieni con me.-
Il suo era un tono che non ammetteva repliche  e lo zio era troppo a pezzi per affrontare una discussione.  Possibile che la ragazza non capisse che ormai, per lui, più niente poteva contare qualcosa. Camminò dietro di lei come un automa. Tutto sommato, dirigersi verso casa era la cosa migliore da fare. Avrebbe raccolto le sue cose, rubato un cavallo e se ne sarebbe andato per sempre, lasciandosi tutto alle spalle. Avrebbe dovuto farlo già da tempo.
Entrarono e Charlie lo guidò fino alla camera da letto.  Quando aprì la porta, Miles sgranò gli occhi e il suo cuore si strinse in una morsa: Rachel era in piedi accanto al letto sul quale era disteso il cadavere di Bass. Il suo istinto fu quello di voltarsi di scatto, non voleva ricordarlo così. Ma non riusciva a staccare gli occhi da lui. Urlò fuori di sé: -Santo cielo, perché l’avete portato qui?Pensavo l’avessero già sepolto. Merita una degna sepoltura e…-
Le parole gli morirono in gola. Bass era coperto fino alla vita e notò che il petto nudo si alzava ed abbassava. SI ALZAVA ED ABBASSAVA! Stava respirando! Era vivo!
-…come…cosa…-rantolò prima di precipitarsi verso di lui. Gli prese la mano tenendola stretta tra le sue. Era calda. Incredulità, sollievo, gioia. Fu investito da queste emozioni con la forza di un fiume in piena. Quando l’altro aprì un poco gli occhi ed accennò un leggero sorriso, Miles  credette di rinascere. Era convinto che non avrebbe più rivisto quegli occhi e quel sorriso.
-Sei qui. Sono felice di vederti- biascicò Bass. Il suo corpo e la sua mente erano ancora intorpiditi.
-Anche io. Pensavo di averti perso per sempre.-
L’altro non rispose ma strinse leggermente la stretta nella sua mano.
Miles si voltò verso Rachel e chiese : -Cos’è successo?-
-All’ultimo momento ho cambiato idea. Ho sostituito la siringa ed invece del veleno gli ho iniettato una massiccia dose di barbiturici. Doveva sembrare morto. Ci metterà tre o quattro giorni a riprendersi del tutto. L’ho dissotterrato ed ho lasciato le terra smossa. Ma nessuno andrà a controllare. A nessuno importa visitare le tombe dei criminali uccisi.-
-Io…- balbettò l’uomo- non so cosa dire.-
-Non l’ho fatto per te. L’ho fatto perché me lo aveva chiesto lei- precisò con voce piatta facendo un cenno verso Charlie.
Questa sorrideva raggiante, nel vedere lo zio riacquistare colore in viso. Lui ricambiò il suo sguardo con smisurato affetto. Poi lo riportò su Bass.
Non l’avrebbe mai più lasciato. Niente e nessuno sarebbe più riuscito a separarli.
 
 
 
 

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