Hold me tight, tonight

di Izumi_Sena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hold me tight ***
Capitolo 2: *** She loves you ***
Capitolo 3: *** Do you want to know a secret? ***
Capitolo 4: *** If I fell ***
Capitolo 5: *** Oh, darling! ***
Capitolo 6: *** The Past. Help! ***
Capitolo 7: *** Hey, Jude ***
Capitolo 8: *** Eight days a week ***



Capitolo 1
*** Hold me tight ***


Capitolo 1 – Hold me tight
 
~Jude~
Mi chiamo Jude, ho sedici anni. Ho un migliore amico, e penso che sia normale. Ci conosciamo da quando ho quattro anni. Insieme abbiamo fatto di tutto: siamo andati in campeggio, abbiamo fatto lo stesso sport, lui mi ha insegnato a guidare, perché ha un anno più di me, e andiamo nella stessa classe.
Ma ho un segreto, che ho dovuto imparare a nascondere. Ho dovuto imparare a dire che tipo di ragazze mi piacciono, sono dovuto uscire con qualcuna di loro, a volte, ma la verità è una: io ho sempre amato lui.
 
-E tu, Jude? Che aspetti a presentarci la ragazza?- mi dice Ryan.
-L’ha mollata.- risponde al mio posto Alec. Mi lancia un’occhiata, con un sorriso divertito sul volto –È molto selettivo.
-Non sai quanto.- sbuffo io con aria annoiata.
Ryan riparte alla carica: -Così non la troverai mai una disposta a stare con te.
-Non è un problema tuo.- ribatto sbadigliando.
-Non hai dormito?- mi chiede Alec. Annuisco.
-Vado a prendere un caffè.- e sento dei passi che mi seguono.
Mi volto solo accanto alla macchinetta.
-Cos’è, vuoi che ti offra qualcosa?- lui mi guarda sorridendo. Così irritante. Un sorriso, che per lui è il sorriso rivolto a un amico.
Si passa una mano fra i capelli neri e mi guarda con quegli occhi blu scuro. Il mio cuore fa una capriola. Bevo il caffè tutto d’un sorso, mentre lui mi fissa senza dire nulla.
-Stasera i miei non ci sono.- dice –Vieni da me a vedere un film?
-Certo.- getto il bicchiere nel cestino.
Dodici anni, dodici anni passati ad amarlo, e a vederlo amare altre persone. Tutte le sue ragazze, una lista quasi infinita. Anche se amare è un parolone: nessuna di quelle ragazze ha superato l’infatuazione. E ad ogni rottura mi dico che forse è il mio momento, ma poi non trovo il coraggio di fare nulla.
Sono terrorizzato da lui, e da me, da quello che potrei fare all’improvviso. Dichiararmi, baciarlo, o roba così.
Durante la lezione di matematica non riesco a concentrarmi.
Riesco solo a pensare a lui. Il più popolare. Molti gli chiedono perché passi del tempo con me, che sono tetro, nerd, adoro i manga e non faccio altro che sbuffare. Lui risponde che non lo sa, che mi adora, che per lui sono il migliore.
So che lo pensa davvero. Lo abbiamo sempre pensato l’uno dell’altro. Lui, il migliore negli sport, il più bello ai miei occhi e a quelli di tutti. Cosa vedrà in me? Mi sistemo gli occhiali e sospiro.
Un ragazzo così strano…
 
Mi mette davanti una lattina di birra. La apro con cautela e la assaggio, mentre lui ha già scolato metà della sua.
-Alec, non dovresti bere così tanto.- lo avverto, ma lui si è già avventato sulla seconda. Sospiro, anche perché so che non regge bene l’alcool, a differenza di quanto possa sembrare. Accende la musica e inserisce un cd dei Beatles, Please Please Me.
Well she was just seventeen, you know what I mean” canta John dallo stereo.
Adoro i Beatles, molto più di Alec, e gli ho regalato miliardi di cd.
“Se non altro” dice sempre “Ascolti musica decente”
-Questo film fa schifo.- dice con la voce già impastata dall’alcool.
-L’hai scelto tu.- gli ricordo –E abbiamo i Beat di sottofondo, che non c’entrano uno sputo.
-Non dici sempre che i Beatles c’entrano con qualunque cosa?
-Non questo album.- ribatto.
Alla fine è completamente ubriaco, e io un po’ brillo.
Si addormenta sul divano, quindi cerco una coperta e gliela poggio addosso. Non riesco a trattenermi dall’accarezzargli i capelli. Lui borbotta qualcosa e mi afferra la mano, poi apre gli occhi di scatto e mi abbraccia.
-Cosa fai?- e lui rotola giù, trascinandomi sul pavimento, sovrastandomi.
-Sei carino. Davvero, non l’avevo mai notato prima.- mi bacia, e io lo rifiuto con violenza.
-Sei ubriaco!- urlo –Smettila!
-Solo un altro…- si avvicina al mio viso.
Chi potrebbe rifiutare il bacio di qualcuno che hai amato per dodici anni? Io non ne ho la forza, in ogni caso.
Mi arrendo, e lui posa le sue labbra sulle mie. So che non mi ama, ma tutto questo crea una atmosfera che riesce un po’ a farmelo credere.
I should never never be blue!” canta John con una fantastica chitarra di sottofondo.
-Fa caldo.- dice, e si toglie la maglietta senza alzarsi, sempre sopra di me.
-Non è vero!- ribatto ancora –Sei ubriaco! Levati!
Gli osservo il fisico ben scolpito, e sento un sobbalzo nello stomaco.
Mi afferra le mani e le tiene ferme, mentre mi sbottona la camicia. Mi accarezza il torace, e il mio respiro si fa pesante.
-Ti batte forte il cuore.- accosta l’orecchio al mio petto –Lo sento. Senti anche tu.
Mi afferra la mano e mi fa sentire anche il suo battito. Lo so cosa sta per succedere, e io non l’ho mai fatto prima.
Mi bacia il collo, mi morde le labbra, mi succhia i capezzoli. È tutto dannatamente eccitante, e sto perdendo il controllo. Il controllo che ho avuto per dodici anni, perduto in un attimo.
Mi lecca il lobo dell’orecchio, ansima piano, sottovoce.
“Se sarà con qualcuno, sarà con Alec” mi sono ripetuto mille volte, pur sapendo che non sarebbe mai successo.
E ora, proprio ora, sta succedendo. Alec si sta sbottonando i pantaloni. Ma c’è un particolare: non gliene frega proprio niente di me, non in questo senso. È completamente ubriaco, eccitato, e probabilmente domani avrò perso per sempre la sua amicizia.
Ma tu lo ami, sussurra una vocina, è la cosa più importante, sentiti amato, per una volta.
Non ho modo di zittirla, quindi lo lascio fare, mentre mi posa le mani sul bozzo duro nei pantaloni, mentre si sfila i boxer e li toglie anche a me. Lo lascio fare mentre mi massaggia l’apertura, mentre lo infila dentro. Lo lascio fare mentre facciamo sesso.
So hold me tight, tonight, tonight, it’s you-uh-uh-uh, you, you, you-uh-uh” un intruso nella playlist. Penso che ricorderò questa canzone per sempre.
-Ti amo.- gli sussurro, sobbalzando. Non avrei dovuto.
-Anche io.- mi bacia, la faccia rossa e l’alito al sapore di birra.
 
Si sveglia con voce impastata, ancora sul pavimento. Io sono avvolto nella coperta, sul divano. Dopo averlo fatto, si è addormentato, quindi gli ho rinfilato pantaloni e boxer, poi sono scoppiato in lacrime. Non piangevo così tanto dalla morte della madre dei miei gatti.
Mi volto dall’altro lato, non voglio vederlo, non voglio sapere cosa mi dirà.
-Perché non ho la maglietta?- chiede come se sia il problema più grande.
-È lì.- tiro fuori un braccio e gliela indico.
-Ho fatto casino come sempre? Non ti ho fatto dormire?- domanda come se sia la cosa più naturale, e lì intuisco che non ricorda nulla.
-Il tuo solito.- rispondo annoiato –Hai urlato, ti sei spogliato e hai tentato di buttarti dalla finestra con un lenzuolo come paracadute.
Scoppia a ridere, poi si alza e va in cucina tentando di cucinare la colazione.
Mi alzo traballando e raccolgo le mie cose. Piego la coperta, e mi dirigo alla porta.
-Io vado.- dico, e faccio per uscire.
-Di già?- viene alla porta, e mi guarda negli occhi. Un brivido mi sale lungo la schiena.
-Sì.- gli sorrido –Ciao.
-Ciao.- mi sorride anche lui.
Hold me tight, tonight

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Capitolo 2
*** She loves you ***


Capito 2 – She loves you
 
~Jude~
Non riesco a pensare a molto, tranne a lui.
Sarà una notte lunga, mi dico, disteso sul letto, con gli auricolari nelle orecchie. Ho messo i Beatles, perché ormai non riesco a pensare più a nulla, fuorché a quella notte.
She loves you, yeah yeah yeah, she loves you yeah yeah yeah” le note si arrampicano sulle sottili funi bianche fino al mio apparato uditivo, mentre la canzone tenta di rassicurarmi sui sentimenti di Alec, un Alec ubriaco che ha ammesso di amarmi, mentre era mosso dall’alcool come un burattino.
Mi sfioro il petto, che ancora brucia, sotto il ricordo del suo tocco.
Le labbra fremono ancora per ogni bacio all’aroma di birra.
Hai ottenuto quello che volevi, visto? Hai avuto quello che hai sempre voluto senza pagare nessun prezzo.
-Che valore ha il corpo di una persona, senza la sua anima?- mi chiedo, soffocando le parole nel cuscino che ho sopra la faccia.
Non dire che non lo volevi, il calore della sua carne, i suoi baci…
Sospiro.
Sono davvero un essere così spregevole da sentirmi soddisfatto per aver fatto sesso con il ragazzo che amo da ubriaco?
Stringo la coperta fra le dita, e nelle orecchie mi rimbomba il rumore di una notifica, che sovrasta la musica.
Dovevi farmi una foto mentre cercavo di buttarmi ahahaha
Un messaggio di Alec.
Se ti avessi fatto una foto ora non saresti qui ^.^ Prova a ricordare ahahaha
Mi rendo conto di quello che ho scritto solo quando ho ormai inviato il messaggio. Con orrore spero che non faccia caso all’ultima parte.
Ricordare cosa? Lol
Il salto ahahahah xD
Penso di aver rimediato, più o meno. Tutto sommato mi rendo conto che quello che è successo non è una cosa molto comune, e di starmi preoccupando per niente.
Ora come ora ho solo voglia di dormire, ma il sonno a quanto pare ha deciso di non venirmi a trovare, tanto per cambiare.
-Jude!- urla mia madre –Smettila di mugugnare! Stiamo cercando di dormire.
-‘kay.- mormoro girandomi dall’altra parte, e finalmente, dopo un’altra ora di silenzio totale, scivolo nel sonno.
La mattina desidero non svegliarmi, non ho voglia di vedere Alec a scuola, ma poi realizzo che è domenica e che non fa niente.
Mi alzo, scendo al piano di sotto e torno su con una riserva di caffè per tutta la giornata. Mi siedo alla scrivania e afferro il primo manga che mi capita sotto tiro.
Bakuman.
Dice il titolo scritto cubitale. Il mio preferito. Scritto dagli autori del ben più famoso Death Note, Bakuman rimane un manga abbastanza di nicchia, pur avendo il suo ben consistente manipolo di fans. È stato leggendolo che ho capito quale fosse la mia strada, cosa volevo veramente fare.
Sono sempre stato bravo a disegnare, fin da piccolo, ma non avevo mai pensato che mi sarebbe servito. Così, quando ho letto Bakuman., ho visto chiaro e tondo il me futuro, seduto a una scrivania a disegnare manga.
Prendo l’album, scorro i tantissimi disegni già finiti, appena abbozzati o solo da inchiostrare. Ne prendo uno a caso fra questi ultimi, afferro un pennino a inchiostro e comincio a lavorare.
Vengo interrotto bruscamente dalla vibrazione del cellulare.
Che fai?
Ancora lui. Non mi hanno mai dato così fastidio, dei messaggi, né messo così in ansia, solo per la paura di poter rivelare qualcosa.
Disegno
Subito, senza un secondo di attesa, arriva la risposta.
Foto ^W^
La scatto in fretta e furia e gliela invio, poi lancio il cellulare sul letto per evitare altre interruzioni.
Osservo bene quello che sto disegnando. È il complicato disegno di un ragazzo con in mano una gigantesca spada nera, e un paio di ali da demone sulla schiena. Non ricordo se l’ho copiato o meno, ma poi osservo la particolare curva delle spalle. È mio.
Lo lascio aperto per farlo asciugare, e sospiro. La giornata è solo appena iniziata, e causa della mia decisione di non vedere Alec, non ho alcuna idea di cosa fare.
 
~Alec~
Tutto questo non è da Jude. Mettersi a disegnare senza inviarmi foto ogni cinque secondi per mostrare che “Ho sbagliato l’ombra! Tutto da rifare!”, e soprattutto quel piccolo messaggio.
Prova a ricordare
È solo una sensazione, ma ho il presentimento di aver qualcos’altro da ricordare, oltre al salto. Lui darebbe qualsiasi cosa pur di una mia foto per ricattarmi. E poi, quel suo modo strano di camminare, come se non si reggesse in piedi.
Ho la sensazione di aver fatto a botte con lui, o di avergli detto qualcosa di veramente brutto, se si comporta in questo modo.
Jude, Jude, Jude, Jude.
L’unica costante nella mia vira, ora che ci penso.
Tutte le ragazze, tutti gli amici, perfino i miei genitori, che sono sempre fuori, sembrano entrare e uscire dal sipario.
Mentre lui c’è sempre. A volte è sotto i riflettori, a volte dipinge la scenografia, a volte è semplicemente seduto in poltrona. Ma è lì.
Questi discorsi sentimentali non sembrano esattamente mascolini, ma questa è la prima volta che sparisce. Non è da nessuna parte, se n’è semplicemente andato, come fanno tutti, prima o poi.
C’è chi pensa che essere popolare significhi avere tanti amici ed essere felice. Non è affatto vero. Non significa avere amici, ma essere circondati da persone che fingono di esserlo, interessati solo ai vantaggi che possono trarre da te. Le ragazze ti vogliono solo perché hai un bell’aspetto. La tua personalità non importa a nessuno.
Ma Jude non è così. Jude è l’unico che mi conosce davvero.
Cosa ho fatto?

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Capitolo 3
*** Do you want to know a secret? ***


Capitolo 3 – Do you want to know a secret?
 
~Alec~
Mi siedo accanto a Jude sul tetto della scuola. Accendo una sigaretta, e soffio una nuvoletta di fumo grigiastro. Gli finisce in faccia, e tossisce.
-Sei strano.- gli dico, e gli sfioro il collo. Lo sento fremere, e allontana la mano con un gesto nervoso.
-Che hai?- gli chiedo –Sei strano, da quella sera. È per il paracadute?
-Sono solo stanco.- si alza e senza dire un’altra parola va via.
Mi chiedo se abbia davvero fatto qualcosa quella sera. Devo averlo fatto arrabbiare. Forse qualcosa sul suo aspetto? Non penso direi mai cose come quelle, soprattutto a lui.
Io… adoro veramente quel ragazzo. È intelligente, più di me, mi sta simpatica anche quell’aria da nerd che si trascina dietro.
E nonostante sembri sempre annoiato, alla fine va sempre tutto bene. Ma questa volta… stavolta no. Devo aver combinato qualcosa di tremendo.
Finisce che non ci parliamo per tutta la giornata, e quando lo riaccompagno a casa, in macchina, non spiccica parola. Si limita a canticchiare.
-Hold me tight…- mormora torcendosi una ciocca di capelli.
Hold me tight?, le parole mi rimbombano in testa, facendomi venire un forte mal di testa.
-Ciao…- mormora continuando a cantare canzoni dei Beatles.
A casa, mi butto sul letto, e in men che non si dica, mi addormento.
 
C’è Jude davanti a me.
Sta ancora cantando. Quelle parole non fanno altro che rimbalzare da un lato all’altro della mia mente e non capisco perché.
-Jude.- dico con voce soffocata.
-Che vuoi ancora?- tento di rispondere qualcosa, di chiedergli cosa sia successo, ma il mio corpo si muove da solo.
Gli vado incontro, e gli prendo il viso fra le mani. Lui si dibatte.
-Non ti basta quello che mi hai fatto l’altra notte? Lasciami!- dice con un tono arrabbiato che non gli avevo mai sentito.
-Cosa ti ho fatto?- riesco a dire finalmente, lasciandolo andare.
-So hold me tight, tonight, tonight, it’s you-uh-uh-uh, you, you, you-uh-uh.- canta, poi si allontana e sparisce.
 
Mi sveglio ansimando, e scendo al piano di sotto.
Riprendo in mano il dvd che abbiamo visto, ma non mi dice nulla.
Accendo lo stereo, e John Lennon canta di una diciassette che ha visto in una discoteca. Ma non è l’album di Hold me Tight, se no sarebbe cominciata It won’t be long per prima.
A differenza di quello che pensi Jude, i Beatles sono la mia band preferita. Il fatto è che non sono ossessivo come lui riguardo quello che mi piace.
Frugo in giro, tentando di capirci qualcosa, ma trovo solo un cartone di pizza e la sua sciarpa sotto il divano. Decido di portargliela, e di cercare di cavargli qualche informazione.
Ma mentre sto prendendo il cappotto dall’attaccapanni, ecco un elemento anomalo arrivare dallo stereo.
It feels so right now, hold me tight, tell I’m the only one, and then, I might, never be the lonely one
I versi mi regalano una nuova scarica di emozioni, il respiro si fa pesante, sento lo spettro di un abbraccio sulla schiena, e mi convinco ancor di più di dover capire quello che è successo.
Mi precipito in macchina, con la sciarpa stretta contro il petto, fra il maglione e il cappotto.
Non mi preoccupo nemmeno di suonare il campanello, perché a quest’ora i suoi non ci sono e lui sta probabilmente ascoltando musica a tutto volume in camera sua.
Prendo la chiave da sotto il vaso sul davanzale e corro fino alla sua stanza.
È steso lì, sul letto, gli occhiali ordinatamente poggiati sul comodino, sul pavimento una lunga scia di manga che non ho mai sentito nominare e il gatto Kuro sul petto. Si toglie gli auricolari senza preoccuparsi di fermare la musica.
-Jude!- esclamo, stremato dai gradini saliti a quattro a quattro –Ti ho portato la sciarpa. L’avevi dimenticata.
La poso sulla scrivania.
-Grazie.- dice assonnato come sempre. Mi rivolge un’occhiata mentre il gattino salta giù, mi saluta strusciandosi contro la mia gamba ed esce.
Io resto immobile come una statua.
-Jude- respiro –Cos’è successo l’altra notte?
Lui si alza, ma non si avvicina. Restiamo a tre metri di distanza.
-Lo vuoi sapere davvero?- mi chiede con uno sguardo che non gli ho mai visto.
-Sì!- esclamo convinto –Se ti ho fatto qualcosa voglio saperlo.
-Abbiamo fatto sesso.- dice come se niente fosse –Ed è stata tutta colpa tua.
 
~Jude~
Lo vedo sgranare gli occhi, guardarsi intorno spaesato.
-È uno scherzo, vero?- dice molto preoccupato, deglutendo, ma l’espressione nei miei occhi dice il contrario, a quanto pare.
Dalle cuffiette viene un dolce mormorio.
“Listen… doo-da-doo… do you want to know a secret?
-Va bene.- dice.
-Cosa?- chiedo ribollendo di rabbia.
Chiude gli occhi, allarga le braccia, e sorride, come sollevato.
-Prendimi a pugni.- il sorriso si allarga –Se mi fai abbastanza male penso che poi saremo pari.
Come se tutto si possa risolvere così! Con dei pugni. Io, che non ho mai picchiato nessuno.
Mi incammino verso di lui, lo afferro per il bavero del cappotto. Non fa una piega, non si toglie nemmeno quell’espressione, non apre gli occhi. Carico il pugno, ma alla fine non riesco a colpirlo.
Lo tiro verso di me, e lo bacio, per un momento. Non è un vero bacio, sono solo labbra poggiate a forza su quelle di un altro.
-Come se il problema fosse il sesso!- urlo –Non è questo! Il problema è che non volevo farlo mentre eri ubriaco, e il problema è che tu non mi ami, mentre io sì, da sempre!
Lo spingo, e lui, frastornato, cade a terra. Esco sbattendo la porta.
Mi rintano nella “sala dei giochi”. Da piccoli era ricoperta di lego e macchinine, ora c’è un gigantesco televisore e parecchi videogiochi, che abbiamo comprato noi, insieme, unendo i risparmi.
Mi raggomitolo in un angolo, e scoppio in lacrime. Non posso fare nient’altro.
-Sentimenti- mormoro così piano che a stento riesco a sentirmi –Vi odio così tanto.

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Capitolo 4
*** If I fell ***


Capitolo 4 – If I fell
 
~Alec~
D’improvviso tutta la questione del sesso diventa irrilevante.
Non sembra esserci nulla di più importante che la confessione di Jude.
Jude, il piccolo Jude che rompe con le ragazze dopo il primo appuntamento, che dice di volere solo ragazze con gli occhi blu, il piccolo Jude che da piccolo mi aiutava a fare i compiti. C’è stata una ragione dietro a tutto questo, e sento il cuore stretto in una morsa, perché non sono mai riuscito a capirlo.
E ancor di più mi rendo conto di quanto io sia riuscito a renderlo triste, solo ripensando a quante volte gli ho presentato delle ragazze, quanto volte gli ho consigliato con chi uscire.
E lui ha sopportato tutto quanto, con una volontà di ferro, per stare con me.
Mi infilo gli auricolari che la lasciato sul letto.
If I fell in love with you, would you promise to be true? And help me understand, ‘cause I’ve been in love before, and I found that love was more, than just holding hands!
E se davvero provassi?
In vino veritas, mi dico, nel vino la verità.
Se davvero mi piacesse Jude?
Quindi vado a stanarlo nel suo nascondiglio preferito, ridotto a una polpetta informe.
-Jude.- mormoro.
-Cosa vuoi?- dice, e intuisco che ha appena smesso di piangere a forza.
-Se provassi a innamorarmi di te, andrebbe bene?- lui in risposta comincia a scuotere le spalle. È sempre stato questo il suo modo di piangere, senza singhiozzi, in silenzio.
Gli poso una mano sulla testa, e lui alza lo sguardo appannato su di me.
-Non piangere.- gli dico –Non piangere più per me.
Lui sembra riscuotersi, e si trasforma in Jude, da quel burrito che sembrava.
Tira su col naso come un bambino e rimane fermo a guardarmi. Lo abbraccio piano, e lui, dopo un po’ di esitazione, ricambia.
Non so se baciarlo, perché questa situazione è un po’ strana. Alla fine non lo faccio.
Ma va bene così. Lo so che sarà difficile. So che dovrò fare fatica per accettarlo. Ma va bene così.
 
Siamo lì, davanti scuola, dopo la fine delle lezioni, con un consistente numero di persone attorno: il nostro gruppo di amici. Le ragazze mi circondano, e vanno avanti con il loro parlottare da oche.
-Dai, dicci con chi stai uscendo!- è da un paio di giorni che continuano a trascinarsi dietro questa storia, da quanto ho rifiutato una di loro perché “c’è un’altra persona”.
-D’accordo- dico sorridendo –è Jude.
Lui soffoca col caffè e lo rovescia a terra.
Le ragazze scoppiano a ridere.
-Siete proprio una bella coppia voi due!- Jude ne sembra irritato, e si alza.
-Dove vai?- gli urlo quando è già un po’ lontano.
-Caffè!- sventola il bicchiere ormai vuoto. Lo seguo, sorridendo.
La scuola è deserta, non c’è un’anima. L’unica bidella è all’ultimo piano.
Mi porto accanto a lui, e gli sfioro la mano.
-Che fai?- esclama. Anche se era lui quello innamorato di me, è freddo come al solito. O forse solo molto imbarazzato.
-Solo per un po’.- gli dico, e lui lascia che gliela stringa. Diventa rosso come un peperone, ma non molla la presa. È strano, camminare mano nella mano con un ragazzo per i corridoi della scuola, ma è lui, quindi va bene.
È passata più o meno una settimana dalla dichiarazione di Jude, e non pensavo che sarei diventato così in così poco tempo. Mi sto veramente innamorando di lui. Non pensavo sarebbe successo davvero.
Mentre infila i soldi nella macchinetta, mi sorge una domanda.
-Ci siamo baciati, quella notte?- arrossisce così tanto che quasi gli esce il fumo dalle orecchie.
-C-certo.- borbotta.
-Quante volte?- sento che rabbrividisce al ricordo.
-Tante.- sembra un borbottio più che una risposta –P-perché?
-No, così.- dico, e gli sorrido mentre beve il caffè. Ogni tanto mi guarda negli occhi, ma poi il suo sguardo scivola giù e colma di attenzione le sue converse consumate.
Mi avvicino per abbracciarlo. Lo sento tremare, fra le mie braccia, e si nasconde premendo la fronte sul mio petto. Gli intreccio le mani nei capelli, e restiamo così, senza parlare.
 
~Jude~
L’odore di Alec mi inebria. Sa di pulito, ma anche di menta, di fresco, di Alec insomma.
-Hai un buon odore.- sussurro, la voce che trema. Sento il suo respiro più forte fra i capelli.
-Anche tu.- e mi stringe più forte. Lui sta mettendo tutto da parte per me, e io non riesco nemmeno a spiccicare parola.
Sento dei passi che si avvicinano, così sguscio fuori e mi chiudo in bagno, il respiro pesante.
Accosto l’occhio alla serratura.
-Dov’è Jude?- è Sarah, una ragazza del gruppo.
-In bagno.- risponde Alec indicando la porta.
-Capisco.- dice sorridendo –Ti volevo chiedere… stasera sei libero?
Ho un tuffo al cuore. Solo perché io mi sia dichiarato non significa che lui non riceva più avance da altre persone. E se un giorno, una ragazza gli piacesse?
-No.- risponde, sollevandomi un po’ –Ma anche se lo fossi non potrei venire. Quella persona ci starebbe molto male.
-E vale la pena, quella persona?- chiede Sarah.
-Ha già sofferto troppo a causa mia. E sì, ne vale la pena.- mi sento cadere a terra, in ginocchio. Passi leggeri che si allontanano, quelli più pesanti di Alec che vengono verso la porta.
-Che ci fai così a terra?- chiede piegando le ginocchia fino ad arrivare al mio stesso livello.
-Sono scivolato.- mi alzo come se niente fosse, e lui mi stringe la mano di nuovo. È calda, è una bella sensazione. C’è una sorta di strana elettricità che ci attraversa.
-Ti va di fare qualcosa, stasera?- mi chiede.
-Stasera?- un brivido mi sale lungo la spina dorsale –Certo. Dove andiamo?
-Pensavo di mangiare qualcosa a casa mia e fare un giro, non so.- dice.
-I tuoi?- chiedo un po’ impaurito.
-Da una zia che non sta bene.- ride –Mia madre ha detto “non fare nulla di stupido! Voglio che ci sia Jude con te a tenerti d’occhio!”
Rido anch’io.
-L’ultima volta siamo stati più che stupidi…- mormoro fra me e me.
Mi stringe un po’ la mano.
-Se non fosse successo ora non saremmo qui… così.
 
Sono seduto su una sedia enorme. Mi guardo le gambe: indosso dei corti pantaloncini blu e un paio di calze alte fino al ginocchio.
-I vestiti di Ciel Phantomhive?- mi chiedo ad alta voce.
-Bocchan.- una figura nera viene verso di me, ma non è Sebastian, è Alec, in tenuta da maggiordomo.
-Alec?- chiedo semi-terrorizzato. Che sogno strambo.
-Bocchan, avete gradito il dolce?
-Quale dolce?- accanto a me vedo un tavolino, con sopra un piatto ed alcune briciole.
-Ne avete ancora un po’ sul viso, Bocchan.- mi passo la mano sulla bocca.
-Dove?- chiedo. Si avvicina, e mi lecca le labbra.
-Qui.
 
Mi sveglio soffocando un urlo. Mi alzo con calma, sistemo i manga sul loro scaffale e non faccio nulla fino a quando non mi accorgo che è quasi ora di andare, e io sono ancora in mutande con un’impressionante pila di vestiti sul letto.
-Geez, mi sento una ragazza.- e alla fine afferro un paio di jeans, una maglietta bianca e una felpa blu scuro. Mi infilo le converse, mi metto la sciarpa al collo e corro via.
Per fortuna non arrivo in ritardo, e suono il campanello con il cuore in gola.
Alec viene ad aprire, ed è vestito in modo piuttosto strano per lui: jeans strappati, anfibi militari di pelle e una maglietta nera.
-Andiamo.- dice, e forse è un po’ nervoso. Chiude la porta dietro di sé e mi butta un braccio intorno al collo, ridendo. Rido anch’io, e lui mi lascia, solo per prendermi la mano, anche se infondo dobbiamo andare solo fino alla macchina.
-Stai bene.- mi dice, lanciandomi una lunga occhiata accompagnata da un sorriso.
Si ferma davanti a McDonald’s, prendiamo i panini e ci sediamo.
-Ho fatto un sogno stranissimo.- dico soffocando una risata –Ero il protagonista di un manga. E c’eri anche tu.
-Io?- chiede sorpreso.
-Eri il maggiordomo.- questa volta rido –Ed eri tutto “Bocchan, avete della torta sulla faccia, lasciate che vi aiuti”
-A proposito…- mi toglie della maionese dalla faccia con il dito, e si guarda attorno. Siamo sulla terrazza, ed è presto: non c’è nessuno. Mi avvicina il dito alle labbra e lo guardo stranito.
Prima che possa allontanarlo lecco via la maionese dal dito. Lui mi guarda stupito, poi scoppia a ridere.
-Queste allusioni sessuali?- chiede appoggiando il viso alle mani.
-Senti chi parla- dico con ironia –il dito medio.
Ridiamo insieme, stavolta, e finiamo di mangiare parlando del più e del meno. Non siamo molto diversi dal solito, tralasciando la piccola parentesi… erotica.
 
­~Alec~
È davvero carino, stasera.
Lo penso davvero. Sembra diverso dal solito, i capelli dorati sembrano più soffici, gli lambiscono il collo, e la pelle sembra più morbida. Gli occhi color nocciola sono più luminosi, le sue labbra sorridono di più.
E poi quella cosa… non pensavo l’avrebbe fatto quando ho immaginato la scena. Forse sta acquisendo fiducia in se stesso, cosa che non gli vedevo fare dai tempi in cui era convinto di essere bravo perché disegnava le automobili.
O forse acquista fiducia in me.
Mi alzo e mi appoggio alla ringhiera, lui viene accanto a me.
-Non è andata male.- gli dico.
-No.- sorride con dei denti perfetti. Da piccolo portava sempre l’apparecchio, e lo invidiavo un sacco per questo.
-Jude.- mi volto verso di lui e gli prendo il mento fra le dita –Posso?
Lui mi lancia un’occhiata di assenso, dal basso verso l’alto.
Mi chino piano verso di lui, mi lecco le labbra, e con dolcezza le poso sulle sue.
Le sento tremare e fremere, calde. Gli cingo i fianchi con un braccio, e lo avvicino a me. Le sue mani mi salgono sulla schiena e afferrano il cotone della maglietta.
Piano schiudo le labbra, e lui, prendendo coraggio, mi imita. Le nostre lingue si sfiorano e mi sento invaso da un’elettricità mai provata prima.
È un bacio strano: romantico, timido, ma anche passionale.
-Andiamo.- gli dico, e lui mi segue con sorriso strano sul volto.
Entrati a casa, mi stringe la manica.
-Sei davvero carino.- gli dico –Tantissimo. Troppo.
Lo prendo in braccio, e salgo le scale  e lo poso sul letto. Lui sembra rimpicciolirsi, e fa un’espressione spaventata e felice allo stesso tempo. Mi metto a cavalcioni sopra di lui e mi chino verso il suo viso. Gli tolgo gli occhiali e li poso sul comodino.
-Tutto bene?- chiedo e lui annuisce.
Ma quando lo bacio trema.
 -Ti fidi di me?
-Ovvio. Sono stato il primo a salire con te in macchina quando non sapevi ancora guidare. Sono andato a fare il bagno al largo a cinque anni solo perché tu mi avevi detto che sapevi nuotare. Mi sono vestito da mummia perché mi avevi detto di essere certo che quella festa fosse in maschera.- dice, sbuffando.
-Fidati ancora una volta.
Gli tolgo la felpa, gli sfilo la maglietta, mi chino sul suo petto e gli lecco i capezzoli. Quando ne mordo delicatamente uno, Jude sobbalza e serra la bocca. Continuo fino a quando non giunge un  gemito dalle sue labbra arrossate.
-No, io non…- mormora, ma emette altri suoni quando la mia mano si stringe attorno alla sua eccitazione.
-Sei eccitante.- dico, baciandolo ancora.
-Cosa?- fa lui irritato –Io non…
-Ti dirò la verità.- gli dico, e lo lascio andare.
Lo fisso negli occhi, premendo i palmi delle mani sul lenzuolo.
-Quale?- chiede, il viso rosso dall’eccitazione e l’imbarazzo.
-Quando ti ho detto di voler provare a innamorarmi di te, non pensavo che sarei riuscito ad arrivare a questo punto. Pensavo solo che sarei riuscito a non farti soffrire troppo. Ma in una settimana eccomi qua, completamente cotto.- arrossisce ancora di più.
-Io…- mormora –Non sono bravo a parlare. Ma grazie.
Lo abbraccio ancora, e lo bacio. Scendo con le labbra verso il suo petto, e lecco l’ombelico. Rabbrividisce, e inarca la schiena come un gatto.
Serra gli occhi con forza, quando lo tocco lì. Si stringe a me mentre gli entro dentro.
-Tutto bene?- chiedo –Fa male?
-No.- risponde, poi precisa –Non troppo.
Sto fermo per qualche secondo, poi comincio a muovermi.
Lui geme, e ansima.
-Hey, Jude…- sussurro –Tutto bene?
Sorride, e lo bacio ancora.
 
~Jude~
È pericoloso. Pericoloso, pericoloso, pericoloso.
Perché sto cadendo sempre più in basso, sto toccando il fondo. Probabilmente non c’è niente di vero in tutto questo. Alec mi vuole bene, e tenta di non farmi soffrire, niente di più.
Ma quando mi abbraccia, non vedo, non penso più a niente.
-Jude…- mi sussurra nell’orecchio –Jude…
-Alec…

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Capitolo 5
*** Oh, darling! ***


Capitolo 5 – Oh, Darling!
 
~Jude~
Quando mi sveglio, sono le otto di mattina. È tardi, per me, che mi sveglio solitamente in piena notte preda di incubi. Accanto a me, Alec dorme ancora, tenendomi abbracciato. Non so se svegliarlo, andare a preparare la colazione o stare qui senza far niente.
Ma dopo pochi minuti si sveglia anche lui e mi fissa con quegli occhi color mare.
-Ciao.- dice, mi libera dall’abbraccio e si stiracchia.
-Ciao.- rispondo, arrossendo come mio solito.
-Hai dormito stanotte?- mi chiede.
-Per quanto me ne hai concesso.- rispondo sbuffando.
Lui sorride.
-Tutta questa audacia?
-Sta’ un po’ zitto, Alec.- lui alza le mani in segno di resa.
Alla fin fine non è cambiato molto. Parliamo come sempre, tutto sommato ci comportiamo come sempre. Ma in effetti non mi aspettavo nessun cambiamento drastico.
“Che pensi, Jude?” sussurra la vocina, che a quanto pare ha il passatempo di farmi sentire insicuro “Lo sai che non è vero. Non gli piaci, non in quel senso. Lo fa solo perché sei il suo migliore amico”
Mi giro dall’altro lato del letto tentando di non ascoltarla, ma non ci riesco. È come un tarlo che mi mangia il cervello, piano, piano.
Sento una mano fredda sfiorarmi il collo. Scatto in piedi e scendo al piano di sotto per preparare il caffè.
-Jude.- mi chiama, e io mi volto.
-Che c’è?- chiedo, e lui mi lancia qualcosa. Senza occhiali, non riesco a identificare bene.
-Le mutande.- mi sento partire a fuoco, come se avessi mangiato un peperoncino.
Mi precipito fuori dalla stanza e mi infilo le mutande in tutta fretta.
Mentre scendo le scale, suona il campanello.
Con uno scatto da centometrista, torno indietro e mi rifugio sotto le coperte.
-Merda.- dice Alec, che si infila un paio di pantaloni e la mia maglietta. Io inforco gli occhiali, afferro una maglietta completamente a caso e mi tuffo in bagno.
Mi accascio a terra, terrorizzato e imbarazzato. Dal piano di sotto si sentono i discorsi sommessi dei genitori di Alec.
-Non avete combinato niente, vero?
-No, mamma.
-Dove hai preso quella maglietta? Non te l’ho mai vista.
-La uso per dormire.
-Dov’è Jude?
-In bagno.
-Che avete mangiato?
-Panini.
-È andato tutto bene?
-Sì, mamma.
Poi sento dei passi che si avvicinano. Mi infilo la maglietta, che mi sentire come un sacco di patate.
-Perché hai la mia maglietta?- mi chiede Alec, guardandomi stranito.
-Qualcuno ha la mia.- lui se la sfila in fretta e me la porge. Mi imbarazza un po’ vederlo così, dopo quello che è successo stanotte, e distolgo lo sguardo.
Faccio per ridargli la maglietta, ma lui mi ferma.
-Ti sta bene.- sorride, poi sospira –Visioni erotiche…
Mi prendono a fuoco le orecchie.
-Io non…- mormoro, ma lui mi ha già abbracciato.
-Te l’ho già detto.- dice guardandomi negli occhi –Sei eccitante.
-Ci sono i tuoi…- mormoro, imbarazzato.
-Già.- dice come se niente fosse, ma mi lascia andare.
Mi rimetto i miei vestiti e lui mi accompagna a casa.
-A domani, Jude.- lo saluto alzando il braccio e sorridendo.
Entro a casa, e trovo i miei genitori intenti a guardare la televisione. Stanno facendo zapping fra vari telegiornali. Mi salutano senza prestarmi troppa attenzione.
Ad un certo punto la presentatrice del telegiornale comincia a parlare di un gay pride.
-Che schifo.- dice mio padre.
-I ragazzi di oggi non hanno più valori morali.- continua mia madre.
-Uomini con uomini, donne con donne, è il degrado.
Sono così da sempre, quei due. Insensibili fino all’impossibile e soprattutto omofobi fino al midollo.
“Grazie per il sostegno” penso con un sorriso ironico che mi nasce sul volto. Bevo del caffè in cucina, e mi sento rinato. Il cervello comincia a camminare, anche se a rilento.
-Jude.- mi chiama mia madre. Io vado nella stanza della televisione ancora assonnato.
-Sì?- chiedo.
-Sei caduto?- domanda –Cammini in modo strano.
-Io…- tento di inventarmi qualcosa –Sono caduto giù dal letto e ho dormito per terra senza accorgermene.
Loro sorridono. Sono convinti che io cada in continuazione e sia un imbranato pazzesco.
-Fai attenzione, la prossima volta.
Annuisco e mi rifugio in camera mia,gli occhi già pieni di lacrime.
Ancora una volta mi ha fregato, mi sono lasciato andare.
“Non deve succedere più!” mi dico rabbiosamente “Finirà male! E già lo sai…”
Accendo lo stereo al massimo in modo che la musica possa coprire il suono dei miei singhiozzi.
 
~Alec~
Jude sbuffa, e si stende sul muretto.
-Che c’è?- dice Ryan alzando un sopracciglio –Problemi con le ragazze?
In risposta lui borbotta qualcosa, accigliato.
-Jude ha finalmente quella giusta fra mani.- dico io con un sorriso.
-Muori.- dice, e mi tira un sassolino.
-Le cose sono un po’ instabili fra loro.- continuo, incurante della sua espressione seccata.
-Già.- sospira lui.
“Già?” sono tentato di urlargli. Non penso proprio che le cose vadano male, anzi.
Quando mi alzo e vado in bagno, non mi segue.
-Si è stancato?- chiedo sottovoce al riflesso nello specchio, ma lui si limita a guardarmi senza far nulla –Ho sbagliato qualcosa?
Esco dal bagno, e lì davanti, c’è Sarah.
-Alec…- chiede –Hai un momento?
-Oh, beh, certo.- rispondo sorridendo. Lei mi guarda con gli occhi che sorridono, e mi bacia.
Ma la parte peggiore è che proprio in quel momento, dalla fine del corridoio, si va vivo Jude.
 
~Jude~
Sento le lacrime scendermi lungo le guancie nonostante non voglia piangere.
-No…- Alec spinge via Sarah, che cade a terra senza capire nulla –Io non…
Ma mi sono già voltato e ho cominciato a correre. Mi rifugio sul tetto, e mi addosso alla porta.
Mi accascio per terra, e comincio a piangere sul serio, mentre l’immagine di prima mi martella il cervello.
“Te l’avevo detto.”
“No, no, no, no!”
-No…- mormoro.
Dei pugni battono sulla porta, e tengo ferma la maniglia nel tentativo di non farlo entrare.
-Jude!- urla Alec –Jude!
-Vattene!- ma è più forte di me, e riesce ad aprire la porta. Mi afferra le mani, tenendomele lungo i fianchi.
-Jude…- sussurra prima di baciarmi la fronte.
-Non toccarmi.- dico con un tono così calmo che mi stupisco. Lui mi lascia andare.
-Jude, ti posso spiegare.- come se ci fosse qualcosa da spiegare. Si è solo avverato quello che mi dicevo dall’inizio.
-No.- lo fermo –Lo sapevo che non avrei dovuto dirti quello che era successo! Dopo un po’ mi sarebbe passato, e sarebbe tornato tutto come prima. Tu avresti dovuto far finta di niente, e invece io ci sono cascato come uno stupido!
-Jude…
-Cosa c’è? Pensavi che provare a farlo con un uomo sarebbe stato divertente? Perché con me? Lo sapevo che sarebbe finita così!- a questo punto sto urlando.
-Smettila!- esclama arrabbiato –Jude, è stata lei, io non ho fatto nulla.
-Sì, certo, non sono così stupido.
-Jude!- mi stringe i polsi di nuovo –Voglio stare con te! Lo so che magari non sono bravo come ragazzo, ma voglio farlo. Se tu fossi quello giusto?
Mi asciuga le lacrime con un dito, mi bacia le palpebre chiuse.
-Ma…- mormoro –Eri etero, io non voglio che tu…
-Non importa più!- esclama –Tutto questo è solo per te, capito? Solo per te.
Ci accasciamo a terra, l’uno nelle braccia dell’altro. Mi stringe, e le sua labbra non mi abbandonano nemmeno un attimo. Fronte, guancie, bocca, naso, collo. Sono sempre attaccate lì. Ma poi chiede: -Com’era quella canzone? Quella che dice “Se mi lasci, non ce la farò mai da solo”…
-Oh, Darling.- canto –Please believe me, I’ll never do you no hurt. Believe me when I tell you, I’ll never do you no hurt.
-Believe me Darling.-mi mormora all’orecchio, recitando una piccola strofa –Credimi.
-Te l’ho detto ieri.- dico, con appoggiando la fronte nell’incavo fra la spalla e il collo –Mi fido di te. Voglio fidarmi.                                             

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Capitolo 6
*** The Past. Help! ***


The past 1 – Help!
 
~Jude~
Avevo otto anni quando capii cosa significava innamorarsi.
Avevo otto anni quando capii di essere sempre stato innamorato di Alec.
Avevo otto anni quando capii cosa significava essere omosessuali.
A casa mia non si parlava mai di questo argomento, ne venni a conoscenza a un pranzo di Natale con tutta la famiglia.
Mio cugino Alan si alzò in piedi a metà pasto e con voce solenne annunciò:
-Sono gay.- poi prese cappotto, sciarpa e ombrello, e se ne andò. Non lo vidi più. Si smise di parlare di lui tutto d’un tratto.
E poi, qualche tempo dopo, trovai il coraggio di chiedere ai miei.
-Che significa gay?- loro boccheggiarono, come se non avessero più aria nei polmoni.
-È una malattia.- disse mia madre.
-Come un’influenza?- chiesi.
-No.- rispose –Non si può curare.
-E quali sono i sintomi?- chiesi. Ero nel periodo voglio-fare-il-dottore.
-Ai maschi piacciono i maschi e alle femmine piacciono le femmine.- sentii un tuffo al cuore.
Essere innamorato di Alec mi rendeva… malato?
In un primo momento fui tentato di dirlo, ma il buonsenso mi fermò.
Fu la prima notte in cui non riuscii a dormire. Da quel momento vissi nella paura di essere cacciato e dimenticato come Alan.
 
Avevo quattordici anni quando capii che non era una vera malattia.
Avevo quattordici anni quando capii che era solo sbagliato.
Avevo quattordici anni quando capii cosa significava essere autolesionisti.
Fissavo il riflesso nello specchio, domandandomi quello che mi chiedevo da sei anni.
“Perché sei così?” nessuna risposta.
“Lo sai che è sbagliato provare tutto questo per Alec?” nessuna risposta.
Mi misi a giocherellare con le forbici. Ne sfiorai la punta con il pollice.
“Fa male” constatai.
Non era forse quello che meritavo? Perché la cura era lì, fra le mie mani.
Da quel momento cominciai a cadere verso l’abisso.
I polsi cominciarono a riempirsi di tagli sottili e dolorosi.
Le mie parole cominciarono a riempirsi di bugie.
I miei occhi cominciarono a riempirsi di vuoto.
“Sono caduto” “Oh, non è niente” “Il gatto”
Cominciò la mia ricerca di oggetti sempre più affilati. Forbici, poi coltelli, poi taglierini, poi rasoi, poi temperini.
Fino a quando non commisi un errore.
L’errore più grande che uno come me può commettere.
Non era un giorno particolare. Ma era il giorno che avevo atteso.
Non mi preoccupai nemmeno di chiudere la porta del bagno, perché i miei erano in vacanza in California.
Ingerii una decina di pillole, poi mi accasciai a terra, con gli occhi chiusi, il polso che sanguinava e il primo sorriso di sollievo da mesi, aspettando di morire.
Non misi in conto un angelo. Non so esattamente cosa disse o fece, ma so che sentii dei rumori confusi e mi costrinsi ad aprire gli occhi.
Lui era lì. Mi stringeva il polso, era riuscito a fermare l’emorragia.
Mi parlava, ma sentivo solo rumori confusi, vedevo le sue labbra che si aprivano e chiudevano.
Scivolavo piano nel sonno.
“Morire è così.” mi dissi “Come dormire…”
 
Mi risvegliai in un ospedale.
-Che succede?- chiesi confuso. Un medico mi guardò accigliato.
-Sei in ospedale.- disse –Hai provato ad ucciderti, ieri.
Mi guardai attorno. C’era una sedia vuota accanto al letto.
-Quel ragazzo è andato a mangiare qualcosa. È stato lì tutto il tempo.- mi informò.
-Non lo dica ai miei genitori.- dissi –Mi ucciderebbero.
-Ragazzino…
-La prego.- guardavo in basso, verso i polsi rossi e bianchi per i tagli e le cicatrici.
-Perché non vuoi che i tuoi lo sappiano?- poi mi spiegò la domanda –Sono uno psichiatra.
-Io sono…- mi morsi le labbra.
-È il tuo ragazzo, quello?- indicò la sedia vuota. Scossi la testa, poi distolsi lo sguardo. Aveva capito.
-Non dirò niente.- mi sentii sollevato –Ad una condizione.
Appoggiò un biglietto sul mio comodino: -Devi venire a parlare con me, almeno una volta.
Annuii.
In quel momento entrò Alec, e il medico, con discrezione, uscì.
-Jude?- chiese.
-Sì?- mormorai guardandolo. Era sciupato, aveva un grosso paio di occhiaie sotto gli occhi blu, ed aveva i capelli scombinati. Non lo avevo mai visto così prima, nemmeno appena svegliatosi.
-Scusa.- sussurrò sedendosi –Avrei dovuto capirlo prima.
-Non puoi scusarti.- gli dissi –Tu non hai fatto niente.
-Sì.- sentii gli occhi che piano si chiudevano.
-Io potevo aiutarti prima.
Mi ritornò in mente una canzone.
Help, I need somebody, Help! No just anybody, Help! You know I need someone, Help!”
E poi mi addormentai.                               
 
Fui rimesso presto, prima che i miei genitori tornassero. Non andai a casa mia, ma stazionai un paio di giorni da Alec. La situazione era imbarazzante, ma quantomeno mi ripresi abbastanza presto.                                                                                                                    
Alec saltò la scuola e stette accanto a me tutto il tempo. Mi aiutava ad alzarmi, mi trattava come un fratellino.
Non mi chiese perché  l’avessi fatto, ma continuava a darsi la colpa come se fosse stata veramente sua.
Fatto sta che non ero stato innamorato di lui così tanto.
Ecco perché lo ami, mi dissi una notte, e smetti di farti tanti problemi. È così e basta.
E fu così che cominciò la mia risalita verso la vita.

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Capitolo 7
*** Hey, Jude ***


Capitolo 5 – Hey, Jude
 
~Alec~
La mia storia con il mio migliore amico è cominciata all’incirca due mesi fa, quando lui si è dichiarato.
Ora siamo a marzo.
Io ed Jude compiamo gli anni a esattamente un mese di distanza.
E dato che lui ha festeggiato un mese fa, oggi è il mio compleanno.
E siamo a Malibu, per festeggiarlo. Io, lui, Ryan, Sarah, Veronica e Luke.
Mio zio è proprietario di un albergo, e ci ha offerto tre camere doppie per il suo compleanno.
Adesso siamo al ristorante, e tutti parlano e ridono. Solo Jude sembra imbarazzato.
-Jude, tu cos’hai preso ad Alec?- chiede Sarah.
-Tre regali.- lo guardiamo tutti alzando un sopracciglio, poi parla ancora –Scherzo. Non avrei dovuto spendere nemmeno per un regalo, per questo imbecille.
Veronica si alza e trascina via tutti per prendere i regali e la torta.
Una ragazza mi si avvicina. È alta, carina e bionda.
-Ciao.- mi dice.
-Ciao.- rispondo.
-Posso?- indica una sedia e io annuisco.
-Quindi è il tuo compleanno?
-Pare proprio di sì.- sorride, e parla per un po’.
-Sei davvero carino.
-Non così tanto.- rispondo.
-Hai la ragazza?
-Già.
-Anche il ragazzo accanto a te, quello con gli occhiali, era abbastanza carino.
-Jude? Lo pensi davvero?- sento improvvisamente un’ondata di odio crescere per la ragazza.
-Sì. Anche lui ha la ragazza?- annuisco.
-È carina?
-Non così tanto, ma piace a tanta gente.
-E ha scelto lui? Cioè, sembra un po’… nerd.
-Oh, lo è.- rispondo –Ma ha un ottimo carattere. E come hai detto, è carino.
Sta zitta per un po’, poi dice ancora:
-Non mi inviti nella tua stanza?- chiede.
-La divido con Jude. Non sarebbe molto giusto.- le dico, e il suo sorriso si smorza.
-Oh.- lascia un bigliettino con scritto un numero –Nel caso ti venga voglia di fare qualcosa, sono qui.
Finalmente se ne va.
In quel momento i ragazzi ritornano, con le braccia piene di pacchetti e una torta enorme.
-Siamo solo sei.- ricordo.
-Io ho fame.- dice Jude.
Cantano la canzoncina, mettendomi piuttosto in imbarazzo, e mangiamo la torta. Jude ne mangia una quantità che si avvicina a quella che potrebbe ingerire un elefante.
Cominciano a passarmi pacchetti.
Ricevo una maglietta, un paio di auricolari nuovi, un libro e qualche stupidaggine inutile.
Jude alla fine mi porge un piccolo pacchetto.
-Hai detto che il tuo non funzionava più.
C’è un accendino dentro. D’argento, con le mie iniziali incise.
-Wow.- balbetto.
-Non fare scenate.- dice lui.
-Grazie.
 
-Allora, gli altri regali?- chiedo, sorridendo.
-Non c’è nessun altro regalo.- dice lui con fare scorbutico.
-Davvero?- lui fruga nel suo zaino e mi lancia un oggetto rettangolare. Sono disegni, legati fra loro da degli anelli, sulla sinistra. Il primo è una ragazza con un vestito di foglie secche, che poi vanno fino allo sfondo.
Li scorro tutti. Sono magnifici, dal primo all’ultimo.
-Da quanto tempo ci lavori?
-Un po’.- risponde arrossendo.
Lo abbraccio da dietro, sfiorandogli il collo con le labbra.
-E l’ultimo?
-Non c’è.- dice –L’ho perso da qualche parte.
-Una ragazza mi ha detto che sono carino, quando sei andato a prendere i regali con gli altri. Tu non me l’hai mai detto.
-Io ti ho detto che ti amo.- ribatte imbarazzato –Non conta di più?
-Sì.- rispondo –Ma non mi trovi carino?
-Ti trovo bellissimo.- dice tutto d’un fiato, poi sembra rendersi conto di quello che ha detto e diventa un peperone con la facoltà di muoversi.
-Anche tu sei bellissimo.- gli bacio i capelli, e lo sento borbottare imbarazzato.
-Allora, questo regalo?-lo lascio andare e lui si stende sul letto.
-Geez.- mormora serrando gli occhi –Fai quello che ti pare..
-Stupido.
 
~Jude~
Lo sento chinarsi su di me, e mi bacia. Una strana sensazione mi passa sulla schiena mentre le nostre lingue si sfiorano e giocano.
Mi sbottona la camicia bianca, mentre sento già il mio corpo in subbuglio.
Mi posa una mano sul cavallo dei pantaloni., già stretti.
-Siamo eccitati, eh?- dice scherzoso.
-No, io… è colpa tua…- balbetto imbarazzato.
Toglie la mano e sento qualcosa di duro premere contro la mia erezione.
-È così che mi fai sentire.- mi mormora all’orecchio –Ti amo.
-Anche io.- mi partono letteralmente a fuoco le orecchie.
Mi canta la prima strofa di Hey Jude all’orecchio mentre mi sfila i pantaloni.
-Fermo.- gli dico.
-Ti ho fatto male?- chiede preoccupato, mentre si tira su e si siede a gambe incrociate.
-No.- mormoro, poi faccio la cosa più imbarazzante della mia vita. Mi chino fra le sue gambe e comincio a succhiare.
-Non devi farlo per forza, Jude.- mi dice con voce affannata.
-Lo so.- mormoro.
Continua a parlarmi tutta la notte, mormorandomi parole dolci, mentre facciamo l’amore e anche mentre siamo semplicemente abbracciati.
Ad un certo punto prende un bigliettino dal comodino.
-Quella ragazza mi ha dato il numero della sua camera.- dice. Poi prende l’accendino e lo brucia.
La cenere cade a terra, lentamente.
-Perché l’hai fatto?- chiedo.
-Per dimostrarti che tu bruci tutto il resto. Tutto quello che c’era prima è solo cenere adesso. Ti amo, Jude.- mi stringe ancora di più.
-Anche io.- dico –Te l’ho già detto.
-Non devi dimenticarlo mai.
Poi scivoliamo nel sonno piano, lentamente, come due frammenti della stessa anima.
 

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Capitolo 8
*** Eight days a week ***


Capitolo 7 – Eight days a week
 
~Alec~
Jude è chino sulla scrivania, silenzioso.
Se gli parlo risponde, ma per il resto è il più completo mutismo.
-Come sta andando?- chiedo con un sorriso.
-Uno schifo.- risponde secco, mentre a terra rotola una matita. La raccolgo a appoggio le mani sulla scrivania, come a circondarlo. Mi affaccio dalla sua spalla.
-A me sembra bellissimo.- lui mi indica un dettaglio completamente insignificante.
-È sbagliato qui.- cerchia l’area “errata” attento a mantenere la penna bene in aria –Le ombre sono dalla parte sbagliata.
-E come si corregge?
-Non si corregge.- risponde –Dovrei rifarlo tutto da capo, ma proprio non ho voglia.
Posa un momento la penna a china, e in qual momento gli bacio il collo. Lui sobbalza, e con uno scatto si volta verso di me.
-Alec…- senza dargli il tempo di ribattere, lo bacio. Ma sembra non reagire, come se non contasse nulla.
-Jude…- sono tentato di dirgli qualcosa, ma mi mordo la lingua all’ultimo secondo. Gli scocco un altro bacio sulle labbra, lo saluto, poi prendo armi e bagagli e torno a casa.
Jude sta frequentando un corso di disegno, uno di quelli seri, per intenderci. E da quando l’ha cominciato, sembra ignorarmi completamente.
“È questo quello che provava?” mi chiedo “A vedere la persona che ami ignorarti?”
L’occhio mi cade su un ripiano della mia libreria. C’è la sciarpa di Jude.
Nonostante ribadisca in continuazione quanto ami quella sciarpa, non fa altro che dimenticarla ovunque.
La afferro e me la premo contro il viso.
Profuma esattamente come lui, di quel suo sapone fresco, con un leggero retrogusto d’inchiostro.
Me la stringo al petto. Jude, il mio Jude.
 
Mi sveglio a notte fonda, cercando di ricordare il sogno che stavo facendo, invano.
Accendo la luce, e noto che sul comodino accanto a me c’è il blocco con i disegni che Jude mi ha regalato. Lo sfoglio pigramente, notando un sottile rigonfiamento sotto il disegno di un lupo. Passo il dito lungo il bordo, e i miei sospetti sono confermati: due pagine sono incollate, e c’è qualcosa in mezzo. Le separo, e fra di loro appare un foglietto spiegazzato e piegato in quattro.
In un angolino dell’interno di una pagina c’è scritto “grazie per tutto”.
Apro il foglietto.
Alec.
Riconosco la scrittura di Jude.
Grazie, per quello che hai fatto per me in tutti questi anni. Mi spiace provare questi sentimenti per te. Lo so che sono sbagliati, che io sono sbagliato.
Senza che ci sia scritto nulla, capisco a quando risale.
Sto leggendo il biglietto d’addio di Jude. L’unico biglietto che abbia mai scritto, lo indirizzava a me.
Scusami, ma devi sapere. Voglio che tu sappia che ti ho amato per tutto questo tempo.
Qui la scrittura comincia a ondeggiare, ci sono sbavature e cerchi più scuri lungo tutto il foglio.
Stava piangendo, mentre mi dava quello che doveva essere il suo ultimo saluto.
Alec.
Non farti alcuna colpa. Lo devi giurare, su tutto quello che hai.
La colpa è solo di tre persone: i miei genitori, e io.
Genitori che mi hanno convinto di essere sbagliato, per quello che provavo.
Io, che ci ha creduto.
Addio, Alec. Sei stato la cosa migliore che mi sia mai capitata.
Il mio migliore amico, il mio amore segreto.
Addio.
Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, ripensando a quel pomeriggio.
Se fossi arrivato solo qualche minuto dopo, l’avrei trovato morto, e non per il taglio sul polso –quello non era così grave- ma per l’overdose di medicinali.
Se fossi arrivato solo qualche minuto dopo, adesso starei leggendo questo biglietto come ultimo ricordo del mio migliore amico.
Torno a dormire, il cuore stretto in una morsa.
 
Il giorno dopo mi sento come un medico in sala operatoria, lo sto perdendo, e mi decido a fare qualcosa.
Sapendo che lui è al corso, vado a casa sua e mi piazzo sulla sedia della sua scrivania, capendo perché ci stia sempre incollato: è davvero comoda.
In tasca sento il frusciare del biglietto d’addio di Jude, che per fortuna non ho letto in quella circostanza.
Jude entra, e sobbalza nel vedermi seduto lì.
-Gesù.- dice –Mi hai spaventato. Che ci fai qui?
Mi alzo e gli sventolo il foglietto sotto il naso.
-Dov’è il ragazzo che ha scritto questo?- chiedo –Dov’è il mio Jude?
-Che stai dicendo?- mi strappa il foglietto dalle mani e lo scorre con gli occhi, che si riempiono di lacrime.
-Questo… questo…- comincia a piangere, questa volta ogni tanto si sentono dei singhiozzi confusi.
-Jude… Jude!- lo abbraccio, e gli accarezzo i capelli –Va tutto bene.
-Io… l’ho scritto mesi prima di provare ad uccidermi… volevo che tu sapessi, che ti amavo…- mi si stringe addosso, e sento le sue lacrime bagnarmi il petto.
-Perché mi ignori?- chiedo a bruciapelo.
-Io non ti ignoro.- borbotta fra i singhiozzi –Ma questa cosa è importante.
Si libera, e con espressione triste toglie le cuffie dall’MP3 e sceglie con cura una canzone.
Eight days a week, I love you, Eight days a week, it’s not enogh to show I care”
-Ti serve sapere altro?- chiede con un sorrisetto.
-No.- rispondo, e lo abbraccio, stringendolo con forza.
-Non respiro.- mormora.
-Non mi interessa. Non ti lascio.- lo bacio, con foga, e lui ricambia con trasporto.
-Alec…- dice, respirando affannato, un attimo dopo.
-Zitto.- intimo, e in un momento lo spoglio, poi lo butto sul letto.
-Possono tornare i miei.- dice spaventato dall’idea.
-Non mi interessa.- gli rispondo –Ormai sono così, ed è colpa tua.
Il suo sguardo scivola, timido, verso il cavallo dei miei pantaloni, e arrossisce fino alle orecchie.
Gli bacio la punta del naso.
-Hey.- mormoro, sbottonando i pantaloni, troppo stretti.
Indugio sulla pelle vicina alla sua eccitazione, gli bacio l’interno coscia.
-Alec…- mormora, il respiro pesante.
-Cosa vuoi che faccia?- chiedo.
-Muoviti!- dice, stringendo gli occhi.
Lo accontento, e lui si mordicchia le labbra.
-Ti prego, non mi lasciare.- mormora con voce rotta dal piacere.
-Mai.

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