Out of the darkness, brighter than a thousand suns

di 365feelings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stuck in the infirmary ***
Capitolo 2: *** You owe me at least three days ***
Capitolo 3: *** I'm staying ***
Capitolo 4: *** Have you seen the decor? ***
Capitolo 5: *** You pushed yourself away ***
Capitolo 6: *** You’ll all be welcome at Camp Jupiter ***
Capitolo 7: *** Skeletal butterflies ***
Capitolo 8: *** Just a healer ***
Capitolo 9: *** Stubborn and aggravating ***
Capitolo 10: *** Electric current ***
Capitolo 11: *** That's the trick ***



Capitolo 1
*** Stuck in the infirmary ***


Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale, missing moments
Avvertimenti: flash fic, spoiler!
Note: in quale follia mi sono mai cacciata. Una raccolta solangelo. Si salvi chi può.
Andiamo per punti, che è meglio.
  • Che cosa sappiamo di Will? Che ha il senso dell'umorismo e che è anche un po' nerd (se non vi ricordate rileggetevi i primi capitoli di The Lost Hero), che è un guaritore prima di essere un guerriero ma che una professione non esclude l'altra, che ha il coraggio (o forse è solo pazzo) di affrontare Clarisse, che è schietto e che dopo due giorni in infermeria diventa parecchio irritabile. E oh sì, è anche parecchio interessato a Nico. Detto questo spero di non essere andata OOC e che questo primo capitolo non faccia troppo schifo.
  • Che cosa sappiamo sui figli di Apollo e sui loro poteri di guarigione? Nulla mi pare, quindi ho inventato. Mi piace pensare che almeno i più potenti tra loro abbiano un legame abbastanza forte con il sole e che ne siano influenzati. Per quanto riguarda i poteri curativi, siccome non so come funzioni, fingiamo che basta posare le mani sulla ferita e questa per magia guarisce. Ali e Summer sono degli OC e sono assolutamente trascurabili (Ali però è mediorientale e Summer è una sorta di dottoressa Torres — Grey's Anatomy — bionda). Poi siccome non studio medicina non uccidetemi se ho sparato qualche cazzata.
  • Che cosa sappiamo sull'organizzazione dell'infermeria? Ancora nulla, mi pare. (Correggetemi se sbaglio, eh). Quindi mi piace pensare che da qualche parte abbiano scorte di medicinali e di cari, vecchi ago e filo; per le emergenze si intende. E chiaramente la battaglia contro Gea è un'emergenza. L'ambrosia scarseggia perché sì, altrimenti dove sta il bello?
  • Non mi pare di aver fatto grossi spoiler (per il momento). Voglio dire, Gea viene sconfitta: ne dubitavate per caso? Inoltre i ricoveri sono del tutto inventati.
  • Volevo scrivere una raccolta Mitchell/Nico e sono finita per iniziare una raccolta Will/Nico. Bene.
  • Il titolo è tratto da una canzone degli Iron Maiden.
  • Un po’ di pubblicità. Il campmezzosangue vi attende con una challenge e un nuovo contest, inoltre ci potete trovare anche su facebook.
 
 




 
 Out of the darkness, brighter than a thousand suns
 
 
«I've been stuck in the infirmary for, like, two days.
You don't come by. You don't offer to help».
[]
«You can't help out a friend? Maybe cut bandages?
Bring me soda or a snack. Or just a simple How's going, Will?
You don't think I could stand to see a friendly face?»
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 
 
Si è appena infilato il camice verde, ignorando la spalla dolorante, quando arrivano i primi feriti.
«Avanti, è un giorno perfetto per salvare vite».
 
I letti sono stati i primi a finire e anche le barelle sono quasi terminate. Fra poco non ci sarà più spazio e i semidei da curare non fanno che aumentare.
Will dovrebbe ingegnarsi e trovare una soluzione — è lui il capo — ma è troppo occupato a salvare vite per occuparsi dei problemi di logistica.
«Mettetelo lì, presto!»
Sono solo all'inizio.
 
«Tre costole incrinate» inizia l'anamnesi analizzando il torace del ragazzo «E un femore rotto» conclude guardandogli la gamba «Portatelo da Summer. Tutte le fratture da Summer, capito?» aggiunge, alzando il tono della voce per poter essere sentito al di sopra della confusione «Da me solo ferite!»
«Il prossimo! No, quella non è una ferita. Il prossimo!»
 
È un'infermeria sovraffollata, non una sala operatoria sterilizzata. Il solo pensiero gli fa venire i brividi, ma al momento Will non ha il tempo per preoccuparsi del dove intende curare i propri pazienti. Con un gomito libera il tavolo su cui di solito i suoi fratelli compilano l'inventario; fogli e cartelle cadono a terra, qualcuno li calpesta, si sporcano di sangue e terra.
«Qui mi serve una mano, tenetelo fermo» ordina mentre inizia ad estrarre delle schegge dalla schiena di un satiro.
 
«Tu cos'hai?» chiede al romano che avanza zoppicando, tenendosi una mano sul fianco «Una ferita da spada, profonda almeno dieci centimetri. Cosa aspettavi a venire, di morire dissanguato?»
 
C'è ancora molta confusione, troppa. Con un fischio richiama l'attenzione.
«I casi di avvelenamento non grave mandateli da Katie e Miranda, se ne occuperanno loro».
«Will, ci sono degli ustionati, cosa ne facciamo?» chiede Ali, indicando un gruppo di ragazzi ricoperti di bolle e vesciche. Si guarda attorno cercando qualcuno di libero a cui affidarli, ma i suoi fratelli sono tutti indaffarati.
«Possiamo occuparcene noi» interviene un semidio romano dall’aria stropicciata «Siamo figli di Esculapio e Apollo, possiamo aiutare».
 
Tra una ferita e l'altra, per qualche istante, Will riesce a pensare ai suoi amici. Non ne ha ancora avuto nessuno in cura e questo è un bene, vuol dire che nessuno di loro è così grave da necessitare delle sue attenzioni.
Lou Ellen è entrata in infermeria zoppicando, ma è anche uscita qualche minuto dopo. Cecil non lo ha ancora visto, ma vuole credere che stia bene. Di Nico nemmeno l'ombra e non sa se questo sia un bene o un male. Tuttavia non ha il tempo per preoccuparsene.
 
«Tu!» chiama un semidio romano accasciato in un angolo. Lo ha notato perché stava perlustrando l'ambiente alla ricerca di una zazzera corvina.
«Tu, fammi vedere cos'hai» ripete, dal momento che il ragazzo non gli risponde. Quando si avvicina per controllarlo, questo si scosta.
«Se non mi lasci vedere non posso aiutarti» insiste, ma il romano si ostina a non voler essere curato, non da lui almeno. Will intuisce il problema.
«Sono greco. Non ho la lebbra» continua senza successo «E va bene. Ti lascio morire, arrangiati».
Si allontana irritato — più per non aver ancora trovato Nico che per il comportamento del ferito — ma appena incrocia uno dei suoi fratelli romani lo indirizza verso il commilitone.
 
«Se dovessi morire...» inizia la ragazzina. Non può avere più di dodici anni e non l'ha mai vista al Campo, quindi probabilmente è romana. Non ha nemmeno il tempo di riflettere sulla rivalità tra i due schieramenti: da quando Gea è stata sconfitta ha curato sia greci che romani senza fermarsi un secondo. Sono stati nemici, certo, ma poi hanno combattuto fianco a fianco e ora stanno lavorando insieme.
«Nessuno morirà» la interrompe, guardandola dritta negli occhi prima di concentrarsi sulla sua ferita «Capito?»
 
Devono essere passate sette ore, al massimo dieci, dal primo ferito che ha curato. Lo sa senza guardare l'orologio perché avverte la posizione del sole nel cielo.
Altri semidei greci entrano in infermeria sorretti da soldati romani: sono tutti sporchi di sangue e terra.
Gli sembra di fare quel lavoro da una vita.
 
Quando Ali lo avverte che le scorte di ambrosia iniziano a finire, Will impreca. Sebbene ad intervalli più ampi, continuano ad arrivare ancora casi gravi e comunque ci sono centinaia di semidei feriti che un cubetto di ambrosia basterebbe a rimettere in sesto.
«Avvisa Summer, dille di usare le vecchie maniere» riferisce e se ha imparato a conoscere sua sorella, è certo che la figlia di Apollo gradirà raddrizzare ossa senza  l'aiuto dell'ambrosia. Per quanto gli riguarda, ha energie sufficienti per almeno altri dieci feriti, quindici al massimo, poi dovrà ricorrere all'ago e al filo e non è sicuro che l'infermeria ne sia dotata a sufficienza.
 
Dopo essere quasi inciampato in Lacy, Will la ringrazia e divora il panino che gli ha portato. La semidea è apparsa pochi minuti prima con un cestino di vivande che ha distribuito a tutti i figli di Apollo, regalando sorrisi e parole di incoraggiamento.
Per quanto apprezzi il gesto, avrebbe preferito che a portargli il panino fosse stato Nico.
 
Di notte lavorare è ancora più faticoso, un po' per le ore che si sono accumulate e un po' perché è il sole gli dargli la forza.
«Vai a riposare» gli dice Ali «Qui ci penso io».
Will guarda la gamba che dovrebbe curare, quindi fa un passo indietro.
«Non più di un'ora, poi torno» lo avverte e si libera dei guanti.
Sta raggiungendo l'uscita per andare nella sua Cabina dove i letti di certo non mancano, quando si sente chiamare. Il primo pensiero è Nico, ma la voce non corrisponde. Infatti è Cecil, che se ne sta su una branda con una fasciatura in testa e ha l'aria piuttosto annoiata.
«Ti lascio il posto».
Il semidio apre la bocca per protestare, ma l'amico non vuole sentire storie e un secondo dopo si ritrova al suo posto. Non appena appoggia la testa sul cuscino si addormenta.
 
È l'alba quando si sveglia e il suo primo pensiero è che lo hanno lasciato dormire un'ora di troppo. Ritorna in servizio dopo essersi cambiato il camice, appurando con sollievo che non ci sono state altri morti.
Di Nico nessuna traccia e in qualche modo sa che avrebbe dovuto immaginarselo, ma non può fare a meno di sentirsi ferito.
 
Il secondo è il giorno dei casi meno gravi e delle fasciature. Qualcuno trova persino il tempo per pulire un po' l'ambiente e cambiare le lenzuola dei letti.
Will si mette al lavoro concentrandosi sulle suture e sui cerotti per non pensare ad altro — per non pensare a Nico e al fatto che quel maledetto ragazzino non si sia ancora fatto vedere.
 
È quasi mezzogiorno quando Sherman fa il suo ingresso in infermeria e ogni speranza di unirsi agli altri semidei per il pranzo svanisce. Il ragazzo avanza sorretto da Mark e ha un aspetto terribile.
«Curalo» ordina il figlio di Ares, depositando il fratello sul tavolo con la delicatezza che userebbe per un sacco di patate.
«Cosa gli è successo?» chiede controllandogli gli occhi e il battito «E perché non lo hai portato subito qui?»
«Stavamo inseguendo una manticora» spiega Sherman, ghignando con aria strafottente nonostante il colorito pallido e il sudore freddo sulla fronte.
Will immagina come sia finita la loro caccia e non è per nulla interessato ai dettagli, quei gradassi dei figli di Ares non gli sono mai piaciuti, ma i due fratelli continuano a commentare le loro gesta.
«Avreste potuto farvi uccidere» li rimprovera «Che bisogno c'era di inseguire il mostro?»
Mark gli lancia una delle sue migliori occhiate alla cerchi rogne? e senza badargli un secondo di più riprende a vantarsi della propria bravura.
Sherman nel frattempo non sembra migliorare e Will si rivolge al ragazzino che lo sta affiancando, chiedendogli di chiamare Eugene.
«Eugene chi?» domanda Mark con sospetto e quando lo vede arrivare scuote il capo in segno di diniego e si frappone tra lui e l'altro figlio di Ares «Il romano non si avvicina a mio fratello».
«Lascialo passare. Mi serve il suo aiuto» sospira Will, ma l’altro non si muove e anzi stringe i pugni, in posizione d’attacco.
Quello che ci manca è giusto una rissa, pensa con esasperazione.
«Sherman è stato avvelenato. Se non lo curiamo rischia di morire. Eugene è bravo con i veleni, ha salvato dozzine di soldati ieri. Lascialo fare il suo lavoro» insiste. In momenti come questi vorrebbe avere la parlata ammaliatrice; anche un esercito di scheletri non sarebbe male. Mark continua a fissare con astio e sospetto Eugene, ma il semidio non abbassa lo sguardo – se ha paura non lo dà a vedere. Alla fine il greco fa un passo indietro, permettendogli di avvicinarsi al fratello e di curarlo.
«Hai detto che sei un figlio di Esculapio, giusto?» chiede Will a lavoro finito.
Eugene annuisce, lavandosi le mani.
«Ci farebbe comodo uno come te qui. Come puoi vedere, la progenie di Ares tende ad infortunarsi anche in tempi di pace».
«Lo stesso per i figli di Marte. Suppongo sia nel loro sangue».
 
Chiusa la parentesi Mark e Sherman, da sempre due grandi e grossi idioti, Will torna a fasciare braccia, gambe e addomi di semidei e semidee.
A dargli una mano ci sono i suoi fratelli, di entrambi i campi, e verso sera arrivano anche Lou Ellen e Lacy. Miranda e Katie distribuiscono tisane ai feriti, mentre Reyna va a trovare alcuni dei suoi soldati.
Travis e Connor irrompono con una scorta di garze e cerotti che si sono procurati chissà dove (Will sospetta che li abbiano rubati) e persino Chirone lo va a trovare.
L'unico a mancare è Nico.
 
È ormai sera quando si libera, ma di tornare nella propria Cabina non ha voglia.
«Summer, vai a riposarti. Qui ci penso io».
La semidea gli chiede se è sicuro — sono tutti stanchi — ma Will ha già iniziato le visite, controllando le condizioni di salute dei semidei ancora ricoverati.
Ora che il trambusto del primo giorno si è calmato, ora che si sono lasciati Gea alle spalle (o stanno provando a farlo) l'infermeria si è svuotata. A molti sono bastati dei punti o un po' di ambrosia per guarire e sono subito stati dimessi, altri hanno liberato i letti quella mattina, altri ancora se ne sono andati contro il parere medico, altri ancora dubita si siano fatti controllare da qualcuno. Percy, ad esempio, è certo di non averlo visto, ma considerando le proprietà guaritrici che l'acqua ha nel suo caso non se ne è preoccupato. Annabeth si è fatta medicare le ferite più gravi e poi si è dileguata, sicuramente per stare con il suo ragazzo e Will, in fondo, non se la sente di biasimarla. Piper e Jason si sono invece guadagnati due letti dietro il paravento, ma le loro condizioni sono buone; anzi la figlia di Afrodite era già in piedi per l'ora di pranzo.
Restano solo una ventina di semidei tra greci e romani e quasi tutti stanno dormendo: sarà una notte tranquilla.
Per tenersi occupato inizia a fare l'inventario delle scorte che restano — non che contare cubetti di ambrosia lo distragga poi molto da Nico di Angelo e dal fatto che a due giorni dalla fine della guerra non abbia messo piede in infermeria. Non una visita, non un ciao, come stai né un serve una mano? Ma cosa si aspettava davvero da Nico?
Mentre riordina le medicine decide che l'unico motivo scusabile per quella scortesia è la morte. Ma siccome lo esclude, tanto più che quando lo ha lasciato era in perfetta salute (ok, magari non in perfetta salute, ma stava bene — bene per quanto possa stare bene un figlio di Ade che è passato attraverso il Tartaro, un'impresa suicida e una battaglia contro il nemico più temibile che si possa mai immaginare) Nico di Angelo e il suo comportamento non sono per niente scusabili.
Glielo dirà la mattina successiva. Oh, eccome se glielo dirà.

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Capitolo 2
*** You owe me at least three days ***


Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale, introspettivo
Avvertimenti: one shot, spoiler!
Note: e siamo al capitolo due. Grazie tutti coloro che leggono, recensiscono, inseriscono tra i preferiti e le seguite questa raccolta :D
  • Andiamo di headcanon: mentre Bianca era in missione Nico è rimasto al Campo, giusto? Me lo immagino una mascotte-palla al piede. E immagino anche che all'epoca Will fosse già stato riconosciuto da suo padre, quindi ha ricordi di Nico bambino.
  • AIUTO QUESTA E' LA PRIMA VOLTA SCRIVO DI NICO sebbene i temi trattati siano piuttosto leggeri ho il terrore di essere andata OOC. Sono andata OOC, non è vero? ç____ç
  • Nico legge fumetti... Perché sì (E i numeri che Will si porta via, se li legge lui, perché pure il figlio di Apollo è un po' nerd).
  • Ovviamente non ho idea se i guaritori in Percy Jackson pronuncino il giuramento di Ippocrate, ma mi piace pensare che Will abbia dovuto recitarlo.
  • Sappiamo che i figli di Nike sono estremamente competitivi; vengono descritti come peggiori dei figli di Ares. Ho deciso quindi che gli incidenti tra le due Cabine saranno all'ordine del giorno.
  • Nel mio headcanon Lou Ellen viene da Salem, Massachusetts e porta i capelli tagliati corti, a caschetto, rosa.
  • Ho in progetto alcune AU. Ok, molte AU. Tra le quali anche una Hogwarts!verse e qui mi serve il vostro aiuto: Will è Grifondoro o Corvonero?
 
 
 
 
«You owe me at least three days of rest in the infirmary. Starting now».
The Blood of Olympus, Rick Riordan

 
 
   Giorno 1
 
«La maglia» ripete Will, riportandolo improvvisamente alla realtà. Immerso nei suoi pensieri, Nico non ha seguito una parola di quello che ha detto e non ha nemmeno idea di dove si trovi.
«Eh?»
Si guarda attorno, riconoscendo l'infermeria e rendendosi conto di essere seduto sul lettino delle visite. Che diamine ci fa lì? Ah, sì, ha promesso al figlio di Apollo tre giorni — via il dente, via il dolore.
«La maglia, ho detto. Ma mi stai ascoltando?» chiede il semidio con aria a metà tra lo scocciato e lo scettico.
«Cosa? Ah, no sì certo. Io stavo solo...» pensando che ho appena detto alla mia prima cotta che è carino, ma che non è il mio tipo.
Al pensiero di Percy e della propria rivelazione Nico si sente andare a fuoco — cosa gli saltato in mente di fare? — e il sangue affluisce al volto.
«Che c'è, ti imbarazzi?» chiede Will con un mezzo sorriso sulle labbra, salvo poi tornare serio e professionale «Sono il tuo medico, non ti devi preoccupare di nulla. Se vuoi prendo il paravento».
Il fatto che il ragazzo abbia frainteso fa arrossire Nico ancora di più. Con un movimento stizzito si libera della maglia, mostrando il costato smilzo e la linea delle clavicole e appallottolandola accanto a sé. Per la foga finisce a terra e Will si china a raccoglierla trattenendo un altro sorriso, una volta rialzatosi però non c'è traccia di divertimento sul suo volto.
Nico ha l'impressione che il figlio di Apollo lo stia passando ai raggi x e si ritrova a chiedersi come funzionino davvero le sue abilità di guaritore.
 
«Ahi» non può impedirsi di lamentarsi «Fa male».
«Lo so che fa male» gli risponde Will, per nulla dispiaciuto «Ma se fossi venuto da me prima, ora non avresti di che lamentarti».
Nico è pronto a rispondere — come si permette quel figlio di Apollo di rivolgersi così a lui? — ma si ritrova con una stecca di legno in bocca.
«Dì "ah"».
«Mi prendi in giro?» bofonchia mentre Will gli studia con interesse le tonsille.
«Affatto» replica serio «Ti sto visitando».
«Sono sicuro che le armate di Gea hanno fatto scempio della mia gola».
«Check up completo, Di Angelo. È il tuo giorno fortunato».
«Ne sono sicuro» commenta il figlio di Ade «Ora posso vestirmi?»
«Hai freddo?» chiede Will e Nico cerca di trattenere il brivido che lo attraversa. Probabilmente mi starà misurando la temperatura con lo sguardo, nient'altro.
«Un po'» mente. Non è che abbia davvero freddo e sa anche che quello del semidio è un interesse puramente medico, tuttavia non può fare a meno di sentirsi un po' a disagio.
«Ok, rivestisti. Andiamo a trovarti un posto».
 
Nico si rigira un'altra volta nel letto, chiedendosi per quale motivo quella mattina ha assecondato Will. Non era chiaramente lui — certe rivelazioni ne sono la prova.
«Non riesci a dormire?» chiede il figlio di Apollo in questione, trattenendosi a stento dal rimboccargli le coperte.
«Secondo te?»
«Vuoi che ti canti una ninna nanna?» domanda Will e non c'è malizia nella voce, tanto che Nico sospetta che non stia aspettando altro che un cenno di assenso. Lo farebbe davvero, realizza con imbarazzo.
«Sto dormendo» replica quindi, tirando il lenzuolo fin sopra la testa.
 
Alla fine si è addormentato davvero.
Quando si sveglia, una volta smaltito l'intontimento iniziale e abituatosi ai colori chiari dell'infermeria, si sente perfino un po' meglio.
Si è appena messo a sedere che nota una novità: sul comodino c'è un bicchiere che, prima di addormentarsi, non era presente.
«È la tua medicina» lo avverte una semidea che riposa ad un letto di distanza da lui. Ormai l'infermeria non è più sovraffollata e la maggior parte dei pazienti sono stati dimessi: c'è spazio a sufficienza per lasciare a chi resta un po' di privacy.
«Will l'ha messa lì poco prima che ti svegliassi» continua la ragazza «Ha detto di dirti che devi prenderla».
Nico allunga la mano sul comodino e si porta il bicchiere alle labbra; prima però annusa e storce il naso. L'ultima medicina che il figlio di Apollo gli ha dato faceva davvero schifo e questa non sembra promettere meglio.
«Ha detto anche di non fare il bambino e di berla senza fare storie».
 
Sa che è infantile e irragionevole, molto irragionevole, ma quando dopo cena Will mette piede in infermeria Nico non riesce a trattenersi dal mettere il broncio.
La prima cosa che gli verrebbe da dire è dov'eri finito?! o perché non sei stato qui con me?! Anche un alla buonora, in realtà, è stato sul punto di scappargli. Sceglie invece la via del mutismo e quando il semidio si ferma ai piedi del suo letto si rifiuta di guardarlo.
«Allora, com'è andata?» gli chiede e a quel punto ogni buon proposito di ignorarlo se ne va in fumo. Gli lancia uno sguardo assassino, uno di quelli che di solito tiene alla larga le persone da lui. Di solito. Perché Will sembra non avere alcuna percezione del pericolo e continua a fissarlo attendendo una risposta.
«Secondo te?» sibila.
«Non lo so» risponde con tranquillità «Per questo te lo sto chiedendo».
E poi ha il coraggio di dare dell'ottuso a me, pensa con stizza Nico, incrociando le braccia al petto.
«Alla grande» commenta a denti stretti. Ha passato il resto del pomeriggio a chiedersi dove fosse — perché non fosse lì a seccarlo — e ora che invece ce l'ha davanti vorrebbe che se ne andasse. «Posso tornare nella mia Cabina?»
«Tre giorni, Nico» gli ricorda il semidio «Non può essere così male».
«Beh io voglio essere dimesso. Il romano laggiù russa tutto il tempo, le tue medicine fanno schifo e mi annoio».
«Non se ne parla. Sei stato nel Tartaro, hai trasportato la statua per gran parte del tragitto e poi hai combattuto. Voglio tenerti sotto osservazione altri due giorni».
«Se intendi tenermi sotto osservazione come hai fatto oggi, beh, tanto vale che mi lasci tornare nella mia Cabina» risponde e non appena finisce di parlare si morte la lingua. Ha detto più di quanto intendesse dire e ora lo sguardo di Will si illumina di consapevolezza.
«Sei arrabbiato perché non sono stato qui con te?» chiede.
«Figuriamoci!» sbotta Nico «Sto meglio se non sei qui a seccarmi».
«Mi fa piacere, perché non dormivo da quasi quarantott'ore e non mi lavavo da giorni credo».
Il figlio di Ade fa una smorfia disgustata per distarsi dalla consapevolezza di essersi comportato in modo davvero infantile. Will aveva detto tre giorni in infermeria, non tre giorni insieme. Non che Nico voglia stare in sua compagnia.
«Ma non temere» continua il semidio biondo «Ti ho lasciato in buone mani. Ali è in gamba. Tutti i miei fratelli lo sono».
 
   Giorno 2
 
«Ora della medicina!» esclama Will e Nico trova la sua voce estremamente irritante.
«Và via» mugugna rigirandosi sotto le coperte, deciso a tenere gli occhi ben chiusi. Forse se lo ignora se ne andrà. Ma il figlio di Apollo non demorde e insiste ed è talmente chiassoso che alla fine Nico si sveglia.
«Ma che ore sono?» chiede con disappunto e quando sente la risposta (le sei del mattino) sgrana gli occhi, oltraggiato.
«Avanti, la medicina» lo ignora il semidio biondo, allungando il bicchiere.
«Non potevi darmela tra qualche ora? Cosa cambia? E poi fa schifo» protesta Nico, arricciando il naso.
«Bevi e non fare storie. Devi stabilizzarti».
 
Inaspettatamente, subito dopo pranzo, scopre che c'è una visita per lui. Il primo pensiero è Hazel, ma la semidea è tornata a Roma, quindi si aspetta di vedere Jason.
Ad essere andato a trovarlo è invece Lou Ellen.
La ragazza si siede sul letto accanto al suo e in grembo tiene un sacchetto di caramelle gommose che mastica con concentrazione. Per descriverla, Nico userebbe la parola eccentrica. Tutto in lei è fuori dalle righe, ma in fondo non gli dispiace. Certo, da quel poco che la conosce sa che è chiassosa e ha una propensione per gli scherzi, però non è male.
«Ciao!» lo saluta con un sorriso dopo essersi gustata un coccodrillo rosa come i suoi capelli «Vuoi?»
«No, grazie» risponde Nico educatamente, cercando di trovare un motivo alla sua presenza «Cosa ci fai qui?»
«Passavo a trovare un amico» risponde la semidea scrollando le spalle e mettendo in bocca un altro coccodrillo, questa volta giallo.
«Spero non sia grave».
È così che si dice, no? Nico non ne è sicuro.
Lou Ellen alza gli occhi al cielo e borbotta qualcosa come lo aveva detto che era ottuso.
«Sei tu» gli spiega, indicandolo con la mano che tiene il sacchetto «Sono venuta a trovare a te».
«Oh» risponde senza nemmeno provare a nascondere l'aria stupita. Sospetta di non avere un'espressione molto intelligente e la successiva domanda non aiuta in questo senso, ma gli sfugge spontanea: «Perché?»
«Perché non ti sei fatto vedere dalla fine della guerra e non avevo idea di come stessi. Per quanto ne sapevo potevi essere morto o potevi essertene andato».
«Will ha detto niente più viaggi-ombra fino a nuovo ordine» replica con una smorfia.
«Giusto, l'ho sentito».
«Ordini del dottore» esclamano nello stesso momento, sorridendo poi.
«Comunque sto bene» aggiunge Nico qualche minuto dopo. Tiene lo sguardo basso, è a disagio. E aggiunge un frettoloso «Grazie».
Anche se non la sta guardando, è certo che Lou Ellen stia sorridendo ancora.
«Devo dare una mano con le ultime riparazioni. Ma stasera torno. Vuoi che ti porti qualcosa?»
«Dei fumetti» borbotta.
 
Se sta sudando e stropicciando le pagine del fumetto è tutta colpa del romano che russa sempre e che ha pure il coraggio di lamentarsi per la luce accesa.
Con le lenzuola tirate fin sopra la testa e una torcia stretta tra i denti, Nico legge l'ultimo numero di Batman che Lou Ellen gli ha portato.
Quando sente che il lenzuolo gli viene strappato, sobbalza: torcia gli cade e perde il segno.
«Le luci sono state spente un'ora fa».
«Altri dieci minuti» risponde; deve sapere come finisce quel numero, non può semplicemente mettere via tutto.
Nella penombra scorge il capo di Will muoversi in segno di diniego, poi sente una mano tastare il materasso e recuperare i due volumi di Batman con cui si era barricato.
«Avanti, alza la testa».
Nico prova a protestare, ma il semidio non vuole sentire storie e cerca sotto il cuscino, trovando Spiderman.
«Ridammeli!»
«Domani» promette Will «Ora dormi».
Il figlio di Ade mette il broncio anche se ormai non ci sono più luci accese e l'altro semidio se n'è andato. Non potrà mai addormentarsi dato che non sa come finisce il fumetto e, poiché non riuscirà a riposare quella notte, decide di aspettare l'ora della medica così, con il broncio.
Nemmeno dieci minuti dopo, però sta dormendo.
 
   Giorno 3
 
«Tieni, prendilo» gli dice il Coach e Nico non fa in tempo a dire meglio di no, grazie che si ritrova con Chuck tra le braccia. Per quanto non lo desideri, non appena sente il peso, si affretta a stringere il bambino a sé per paura di farlo cadere — Clarisse non glielo perdonerebbe mai.
«Cosa devo fare?» chiede, ma nessuno lo sta ascoltando. Il Coach e Will sono nel pieno di una discussione interessantissima su quale alimentazione sia migliore per il satiro e si sono dimenticati di lui.
A Chuck non sembra dispiacere essere in braccio suo, ma dopo i primi secondi di estatica contemplazione inizia a dimenarsi emettendo risolini e versi gutturali. La paura che possa cadere aumenta e mentre incassa una ginocchiata nello stomaco si chiede come il Coach si sia sognato di mettere la vita del proprio figlio tra le sue mani.
«Ecco il mio guerriero!» gorgheggia il satiro, riprendendosi il pargolo dieci minuti dopo — dieci minuti di troppo.
«Sì, un vero combattente» borbotta Nico, lieto di liberarsi di Chuck. Mentre si massaggia lo stomaco nota che Will lo sta guardando.
«Che c'è?» gli chiede, ma il ragazzo scrolla le spalle e risponde niente — un niente che assomiglia tanto a tutto.
 
Sono quasi le sei quando Will si lascia cadere sul letto accanto al suo e chiude gli occhi, massaggiandosi le tempie. Ha l'aria stanca e indossa ancora il camice, ai piedi però porta come sempre le infradito.
«Pomeriggio intenso?» chiede Nico dopo qualche minuto di silenzio, prendendo l'iniziativa. Di solito, infatti, è il semidio biondo a rivolgergli la parola.
Il figlio di Apollo mugugna una risposta affermativa. Sembra davvero distrutto, più di quando è andato a cercarlo per portarlo in infermeria, ormai tre giorni prima. L'incidente che si è verificato quel pomeriggio tra i figli di Ares e quelli di Nike deve averlo prosciugato dirle sue energie.
«La prossima volta li lascio morire» si sfoga «Va contro il mio giuramento, ma che gli Dei mi siano testimoni, se varcano un'altra volta la soglia di questa infermeria li uccido con le mie stesse mani».
«Giuramento?» chiede con curiosità. Si è reso conto di non sapere nulla sui figli di Apollo — su Will. Ad esclusione del fatto che è un gran rompiscatole, sa solo che è un guaritore eccezionale (ha salvato così tante vite; a distanza di giorni dalla battaglia ci sono ancora semidei che lo vanno a trovare in infermeria per ringraziarlo) e che è dedito al suo lavoro.
«Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e tutte le dee...» inizia a recitare «Il giuramento di Ippocrate. Sono un guaritore, no?»
«Credevo valesse solo per gli umani. E comunque non li lascerai morire né li ucciderai».
Dopo qualche minuto di silenzio Will sospira e risponde.
«Sì, è vero. Ma non sai quanto mi piacerebbe. Hanno sporcato ovunque, rotto un vaso e per tutto il tempo non hanno fatto altro litigare e provocarsi a vicenda».
«Un vaso?»
«Un regalo delle figlie di Demetra» spiega rapidamente e poi riprende «Austin si è preso un pugno sul naso nel tentativo di calmarli. Ho impiegato più tempo a separarli che a guarirli. Senza contare che Mark era in possesso di una spada di oro imperiale. Dove diamine l'ha trovata una spada di oro imperiale?!»
«I figli di Marte, credo. Immagino si siano scambiati dei regali prima di tornare a Nuova Roma».
«Splendido» commenta con sarcasmo «Ci mancavano solo i regali».
 
È appena passata l'ora di cena e Lou Ellen è tornata a trovarlo e con lei, oltre ad un altro pacco di fumetti, c'è Jason. Gli occhiali sono in bilico sul naso e come gli è già successo prova l'impulso di raddrizzarli, ma si trattiene.
«Domani è il gran giorno, ti dimettono» commenta il semidio, sorridendo felice. Nico teme che stia già pianificando la prossima caccia alla bandiera e tutte le altre attività nonostante gli abbia già detto che non intende unire i tavoli e tutto il resto.
«Così pare» replica, occhieggiando alla copertina di Thor appoggiata sul suo comodino.
«Vedrai, la vita al Campo ti piacerà» assicura Lou Ellen.
«Oh, non ne dubito. Di certo è movimentata».
«Ti riferisci a oggi? I figli di Ares amano menare le mani, non è una novità. Ma da quando i figli di Nike sono stati riconosciuti gli incidenti capitano sempre più spesso. Niente di grave, comunque. Nessuno è morto» risponde con un tono allegro un po’ fuori luogo «Non ancora almeno».
 
Quando Jason e Lou Ellen se ne vanno, non sono nemmeno le dieci di sera e Nico inizia a leggere i nuovi fumetti. Per fortuna il romano che russa è stato dimesso quella mattina e in infermeria oltre a lui c'è solo un'altra semidea a cui però la luce accesa non sembra dare fastidio.
Non si è neanche reso conto di essere stanco, il primo sbadiglio lo coglie di sorpresa. Al terzo si è già addormentato con il fumetto ancora in mano, senza aver avuto il tempo di realizzare che quella è la sua ultima notte in infermeria — qualsiasi cosa voglia dire.
Quando Will passa a controllarlo, lo trova così, con Thor numero 29 aperto sopra il lenzuolo e la lampadina dimenticata accesa. Ha l'aria tranquilla, sembra quasi sereno.
Se lo ricorda com'era Nico a dieci anni; pochi giorni ospite della Cabina di Ermes ed era diventato il rompiscatole preferito di tutti i semidei del Campo. Con in testa un elmo di almeno una misura più grande si intrufolava ovunque, faceva domande, si entusiasmava per nulla, rideva.
Mentre gli rimbocca le coperte, a Will sembra di rivedere quel bambino. Sorride.

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Capitolo 3
*** I'm staying ***


Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: flash fic
Note: capitolo di transizione e io non ho niente da dichiarare se non che omg devo studiare non scrivere solangelo. Ringrazio Tera (SunlitDays) per aver letto in anteprima e messo a tacere il miei dubbi (leggasi: sono andata OOC?).




«I hope you got over that nonsense about leaving Camp Half-Blood».
«I — yeah. I did. I mean, I'm staying».
The Blood of Olympus, Rick Riordan




Non ha ancora avuto il tempo di sistemare la Cabina, così quando si sveglia di soprassalto perché qualcuno sta bussando alla porta gli sembra di essere rimasto intrappolato nel vaso di bronzo in cui lo avevano rinchiuso i giganti. O forse è ancora da qualche parte nel Tartaro. Dura un istante, però, perché chiunque abbia disturbato il suo sonno insiste nel chiamarlo e Nico allora ricorda di trovarsi nella sua Cabina.
Passandosi una mano sul volto per scacciare incubi, brutti ricordi e soprattutto stanchezza, il semidio raggiunge l'ingresso muovendosi nel buio. Una volta aperta la porta, però, si affretta a richiuderla.
«Nico» insiste Will. Perché dall'altra parte c'è il figlio di Apollo, intenzionato come non mai a turbare le sue mattine. Che ore sono? Le cinque, le sei? 
«Che vuoi?» gli chiede riaprendo, decisione di cui si pentirà, se lo sente.
«Ti porto a fare un giro finché non c’è nessuno» spiega, con un gran sorriso. Vedendo però che il semidio non comprende aggiunge: «Ti mostro il Campo».
«Non ce n'è bisogno. Lo conosco già» replica Nico lapidario, intenzionato a tornare a letto almeno quanto l'altro è intenzionato a tenerlo lontano dal cuscino.
«Lo so, però questo è il tuo nuovo inizio, no? La guerra è finta, greci e romani sono amici, almeno per un po' le cose dovrebbero restare tranquille. Niente imprese, niente morti, niente sacrifici. Tu hai contribuito alla pace e hai deciso di restare» spiega e sono un bel po' di parole tutte insieme di primo mattino; Nico annuisce comprendendone solo in parte il senso. Will non si lascia scoraggiare dalla sua espressione e continua «È la tua seconda occasione, dobbiamo fare le cose per bene. Quindi ora ti vesti e io ti mostro la tua nuova casa, intesi?»
Una decina di minuti dopo il figlio di Apollo ha iniziato il suo tour in un Campo insolitamente silenzioso e nonostante Nico sia ancora piuttosto assonnato (unico motivo per cui non è riuscito ad opporsi) deve ammettere che Will è bravo con le parole. Anche Annabeth e Piper lo sono, ma Will ha un modo di raccontare le cose che cattura l'attenzione a prescindere dall'argomento. Gli sta raccontando del Campo, descrivendo i luoghi e le attività, le persone che vi abitano e non crede di esagerare dicendo che le sue parole sono vive, che in quelle parole riesce a vedere semidei e semidee alle prese con la vita di tutti i giorni: caccia alla bandiera e addestramenti, fuochi d'artificio e canzoni cantate attorno i fuochi — riesce quasi a vedersi mentre fa tutte quelle cose.
Quando finalmente giungono al termine della visita, Nico ha decisamente meno sonno ed è abbastanza lucido da poter rivolgere uno sguardo a metà tra l'esasperato e il divertito alla sua guida.
«E questo è il luogo in cui mangiamo» continua per lui «Devo fingere di non conoscere anche questo?»
Will allora ride e gli dice: «Benvenuto al Campo Mezzosangue, Nico di Angelo, figlio di Ade».

Dopo pranzo Will lascia il perimetro del tiro con l’altro per raggiungere gli altri capocabina nella Casa Grande per la prima, vera riunione post Gea.
Rigorosamente in infradito, supera l’arena e costeggia alcune Cabine, godendo del sole che illumina il cielo azzurro e ricambiando il saluto di alcuni semidei. Sta pensando a Nico, al fatto che quella è in assoluto la sua prima riunione, quando lo vede (sta raggiungendo anche lui la Casa Grande e indossa una delle sue magliette nere; mentalmente si appunta di procurargli quella del Campo) e senza esitazione lo raggiunge.
«Agitato?» chiede dopo averlo salutato e il ragazzo gli rivolge uno sguardo interrogativo e anche un po’ assonnato. È quindi vero che i figli di Ade non sono persone mattiniere, riflette, prendendo mentalmente nota.
«Io ero agitato» gli rivela, ricordando la propria esperienza «Il giorno della mia prima riunione come capocabina ero terribilmente agitato».
Nico gli rivolge uno sguardo che non sa (ancora) interpretare: è interessato o lo sta annoiando? Will ha scoperto di voler conoscere tutto di Nico Di Angelo, ma ha anche capito che deve avere pazienza e fare un passo alla volta se non vuole spaventarlo.
«Un gruppo di semidei che discutono delle attività del Campo? Penso di riuscire a sopportarlo» gli risponde salendo i gradini di legno della Casa Grande dal cui interno provengo le voci di Katie e Travis (sembra stiano litigando come al solito). «Spero solo non duri troppo. Ho almeno due ore di sonno da recuperare, io».
Non è sicuro, ma quello forse è il modo di Nico di dirgli che in fondo ha gradito la visita che gli ha organizzato quella mattina.
«Allora, vieni?» aggiunge il semidio che ormai ha già superato l’ingresso. 
Solo allora Will si accorge che di essersi fermato davanti il portico e con un sorriso si affretta a raggiungerlo.
Un passo alla volta, sì, sembra proprio un buon piano.

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Capitolo 4
*** Have you seen the decor? ***


Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale, commedia (?)
Avvertimenti: one shot
Note: aggiornamento rapido quindi non vi annoierò troppo con i miei sproloqui. Potrebbero inoltre essermi scappati degli errori: correggetemi.
Per le tappe del viaggio e i tempi di percorrenza google maps docet.
 
 
 
 
«[…] Tha Hades cabin needs a head counselor. Have you seen the decor? It’s disgustig. I’ll have to remodel».
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 


Ristrutturare la Cabina senza potersi avvalere dell'aiuto degli zombie (ordini del dottore) è un lavoro faticoso. Più di una volta è tentato di lasciare tutto così com'è: covo del vampiro o meno, ridipingere e cambiare arredamento non sono lavori per lui. Se non ha ancora rinunciato è perché intende rendere la Cabina confortevole per Hazel.
È stato tentato perfino di rivolgersi ai figli di Atena, ma l'unica persona che conosce della Cabina è Annabeth. Annabeth che ora è a New York alle prese con la scuola e la vita normale e non gli sembra il caso di disturbarla per un motivo simile. Soprattutto perché la semidea lo aiuterebbe e Nico non vuole distrarla da qualsiasi cosa stia facendo.
Quindi ci sono lui e quell'arredamento pacchiano. La cosa positiva è che Hazel non tornerà a trovarlo prima di diverse settimane, forse mesi, dunque avrà tutto il tempo per capire come liberarsi delle fiaccole, dei tendaggi, del mogano e delle inferiate di ottone.
Col senno di poi realizza che forse sarebbe stato meglio chiedere aiuto. A Jason, ad esempio.
La prima volta infatti che finisce in infermeria per aver cercato di sistemare la sua Cabina è perché levando le tende si è tagliato con un gancio e non trova nemmeno Will (non che lui lo cercasse, ovviamente). All'uscita però incrocia Jason, che gli chiede come sta e ammicca in direzione della struttura che si sta lasciando alle spalle, facendolo arrossire.
La seconda volta invece è perché ha provato a togliere le inferiate e a fasciargli la mano è Will (sospetta che Kaya o Kayla, non è bravo con i nomi, abbia fatto la spia).
«Cosa stai combinando?» gli chiede sospettoso, ma Nico non fa in tempo a rispondere che Jason, uscendo, lo vede e si avvicina.
«Credevo avessi intenzione di rinnovare la Cabina, non di trasferirti in infermeria» scherza e il figlio di Ade arrossisce un'altra volta.
Alla terza (riesce infatti a bruciarsi la mano con una delle fiaccole), Will gli suggerisce di lasciar perdere con i lavori di ristrutturazione che evidentemente non fanno per lui oppure di farsi aiutare.
«Basta chiedere, sai?» gli dice «Scommetto che Lou Ellen e Cecil sarebbero volentieri disposti a darti una mano. Inoltre credo che Jason abbia già iniziato a sistemare il tetto».
Nico sobbalza, a disagio, e se ne esce con qualcosa che suona molto come un «Chi gli ha detto di toccare il mio tetto?».
«È tuo amico, vuole solo aiutare» commenta Will «Non mi sembra una brutta cosa».
«Suppongo di no» borbotta pensieroso il semidio. Non è che la cosa gli dispiaccia, semplicemente non ci è abituato e una piccola, antipatica parte di lui si chiede quanto possa durare tutto ciò.
«Se ti fa piacere potrei darti una mano anch'io» propone Will e nel momento in cui finisce la frase Nico si rende conto che sperava di sentirsi rivolgere quell'offerta.
«Suppongo si possa fare» risponde «Se non ti distrae troppo dall'infermeria».
«Qui dentro possono cavarsela anche senza di me. Non che ci sia molto lavoro da fare. I figli di Ares se ne sono stati stranamente buoni e questo mi spinge a credere che tra poco ci sarà una carneficina, ma fino ad allora la priorità va alla tua Cabina» lo rassicura «Hai già deciso come sistemarla una volta che ci saremo sbarazzati dell'arredamento vampiresco?»
«A dire la verità no» ammette Nico «Però pensavo di trovare un paravento per Hazel, uno di quelli belli. È una persona riservata e sotto certi aspetti deve ancora adeguarsi al ventunesimo secolo».
«Il padre di Lou Ellen vende oggetti di antiquariato, ha un negozio a Salem. Potremmo cercare lì. Sono sicuro che Chirone ci permetterà di prendere in prestito il pulmino dato che ormai non ci sono molti mostri in giro» propone Will e poi gli rivolge una domanda inaspettata: «Tu, invece, ti sei adeguato?»
 
Vedendo Will accanto al furgoncino del Campo, Nico ha un déjà-vu, ma si affretta a cacciare il ricordo e a salire occupando il posto accanto a quello del guidatore.
«Allacciate le cinture, si parte!» annuncia Will accendendo il motore e salutando Chirone che li osserva dal portico della Casa Grande.
«Come lo hai convinto a lasciarci andare?» chiede Lou Ellen sporgendosi tra i due sedili, sul volto un sorriso raggiante.
«Gli ho detto che a Nico serviva una gita per prendere confidenza con il mondo moderno. Quindi al nostro ritorno, se chiede, tu digli che hai scoperto le meraviglie del ventunesimo secolo e che l'uscita è stata molto istruttiva» spiega, guidando tra i campi che circondano il Campo «Gli ho poi assicurato che vi avrei tenuto d'occhio: per cortesia non morite finché siete sotto la mia responsabilità. Che avrei guidato in modo prudente facendo almeno cinque pause. E che ci saremmo tenuti lontano dai guai».
«Prima che mi dimentichi» esclama a quel punto la ragazzina «Cecil mi ha dato una lista di cose da comprare».
 
Deve essersi assopito, perché all’improvviso stanno percorrendo la Statale 95 e non ha idea di come ci siano arrivati. Nell’abitacolo risuona il chiacchiericcio allegro dei suoi compagni di viaggio, che quando si accorgono del suo risveglio gli augurano il buongiorno.
«Stavamo parlando di suo padre» lo aggiorna Lou Ellen «E del fatto che alcuni dicono che potrebbe prendere il posto di Mr D. al Campo».
«Spero vivamente di no» commenta Will, senza staccare gli occhi dalla strada.
«Ma perché? Secondo me è un tipo simpatico» continua imperterrita la semidea «Molto meno brontolone di Mr D.» e poi si affretta ad aggiungere «Con tutto il rispetto».
I due continuano a dibattere sui pro e i contro dell’avere il dio del sole, della poesia e della medicina come direttore per almeno altri venti minuti, fino a quando Nico non si inserisce nel discorso.
«Io una volta ho viaggiato con Apollo» rivela, stupendo i suoi interlocutori e se stesso.
Attraverso lo specchietto retrovisore vede gli occhi di Lou Ellen sgranarsi di meraviglia e le labbra si increspano in un timido sorriso.
«Racconta! Voglio sapere!»
 
Hanno da poco superato New Haven quando la figlia di Ecate chiede che venga accesa la radio. Will la accontenta, saltando di stazione in stazione fino a sintonizzarsi su una frequenza che gli piace.
«Alza, alza!» esclama Lou Ellen, non appena si diffondono le note di una canzone che Nico non riconosce.
Ancora una volta Will obbedisce e la musica improvvisamente inonda l’abitacolo, strappando un gridolino di gioia alla ragazzina. Qualche secondo dopo il semidio sta cantando e Nico sa che, essendo figlio di Apollo, ha una bella voce. Resta comunque sorpreso dal timbro; Will canta sempre davanti i fuochi alla sera, ma lo fa con gli altri suoi fratelli e in precedenza non ha mai avuto modo di sentirlo esibirsi da solita.
Ben presto anche Lou Ellen si unisce e lo invita a cantare con loro Sweet child  o’mine. Nico si rifiuta, ma poi si complimenta con Will.
«Avresti dovuto sentire Lee» gli risponde e all’improvviso ha l’aria malinconica «Lui sì che aveva una voce bellissima».
«Non lo conosco» commenta Nico, apparendo più freddo di quanto avesse intenzione e pentendosene immediatamente.
«È stato Capocabina prima di me e Michael».
«Oh» replica sentendosi improvvisamente stupido «E che fine ha fatto?»
«È morto».
 
Fanno una pausa all’altezza di New London e poi a Warwick, prima di Providence, per un pranzo veloce.
«Fatto tutto quello che dovevate fare?» chiede Will prima di mettere in moto il furgoncino «Conto di arrivare a Salem tra due ore, traffico permettendo».
Di Lee non hanno più parlato e Nico si chiede quante cosa ancora non sa del ragazzo. Non ha idea di chi sia sua madre, né se ha la ragazza o quali sono i suoi gusti musicali, qual è il suo piatto preferito: la lista potrebbe continuare all’infinito e Nico si rende conto che vorrebbe davvero sapere tutto di Will.
 
Seguendo le indicazioni di Lou Ellen si immettono nel traffico cittadino e per le due e mezza del pomeriggio sono al negozio di antiquariato di suo padre.
L’uomo, un metro e ottanta di abiti curati, capelli biondi e occhi scuri, li accoglie con un saluto caloroso e offre loro del tè.
«Restate per cena?» chiede.
«Grazie, signore» risponde Will mentre Nico si guarda attorno «Ma non ci possiamo fermare».
Il negozio ospita alcuni pezzi rari e particolarmente pregiati: cassapanche di mogano, candelabri d’argento, un Budda rivestito di foglie dorate, alcuni arazzi e perfino un’armatura.
Tra un armadio e una poltrona stile impero, Nico trova un paravento giapponese dalle delicate tinte pastello. Più avanti ce n’è un altro raffigurante un’allegoria della primavera. Avanzando nel negozio il semidio avverte la sensazione di essere entrato in un tempio sacro fatto di cimeli e reliquie, oggetti antichi e preziosi che paiono possedere un’anima. Si sente addirittura rimpicciolire mentre prosegue la sua ricerca tra i mobili che sono sopravvissuti al naufragio del tempo. Sa che è solo una suggestione data dalle luci soffuse e l’ampio soffitto a botte, ma Nico inizia a capire cosa abbia attratto Ecate.
Non sa esattamente quanto ci ha impiegato, ma ad un certo punto lo vede, è lui. Il paravento di manifattura cinese è aperto davanti alla statua di una venere a cui manca un braccio e con le sue incrostazioni d’avorio e corallo sembra creato apposta per Hazel.
Il padre di Lou Ellen insiste per fargli uno sconto e li aiuta a caricarli nel furgoncino.
Will sorride nel notare lo sguardo soddisfatto e sereno di Nico.
«Tua nonna avrebbe piacere di vederti» la informa l’uomo, mentre saluta la figlia «Non ti sente da mesi ormai».
«Appena arrivo al Campo le mando un messaggio Iride, promesso» assicura Lou Ellen baciandolo sulla guancia.
«Peccato non avere il tempo per un giro turistico» commenta poi quando stanno lasciando la città «Ci sarebbero così tante cose da vedere».
 
Al ritorno Will canta Snow dei Red Hot Chili Peppers e poco dopo la semidea si addormenta.
Sono le cinque e mezza e mancano almeno tre ore di viaggio quando fanno una deviazione. L’idea è del figlio di Apollo perché «Non esiste che io ti riporti al Campo senza averti fatto vedere l’Ikea» e ovviamente Lou Ellen lo appoggia, prendendo l’elenco di Cecil dalla tasca dei jeans.
Nico deve ammettere che quel posto ha il suo fascino; ha visto almeno cinque soluzioni per il reparto notte che gli piacciono e tre cucine di cui non ha bisogno ma che comprerebbe ad occhi chiusi, per non parlare degli accessori.
Lou Ellen che deve avere quindici anni (non ne è sicuro, non glielo ha mai chiesto perché gli hanno insegnato che è maleducato chiedere l’età ad una ragazza) ne dimostra almeno cinque di meno e passa da un divano ad un letto saltando sui cuscini e sui materassi senza che nessuno le dica nulla e Nico sospetta che possa aver giocato con la Foschia.
Alla fine esce dall’edificio con una lampada verde che fa le bolle (Lou Ellen gliel’ha praticamente messa in mano), un plaid e una scatola.
 
Da Bridgeport a Norwalk giocano a nomi di cose, persone e animali e Will vince quattro volte si fila; Lou Ellen giura che con lui non ci giocherà mai più.
Alla fine raggiungono il Campo alle nove di sera, dopo altre due soste per mangiare e fare benzina in cui il figlio di Apollo ne aprofitta per sgranchirsi le gambe.
Quando arrivano, Jason aiuta Nico a portare il paravento nella sua Cabina, mentre Lou Ellen consegna a Cecil le scatole, le palline da tennis e le viti che le ha chiesto (e di cui nessuno vuole sapere l’uso) e Will restituisce le chiavi del furgoncino.
 
Sono le dieci e l’attività all’interno del Campo va scemando quando Nico va a cercare Will. Non trovandolo in giro decide di intercettare uno dei suoi fratelli.
Trova Ali fuori dall’infermeria e si rivolge a lui, scoprendo che il semidio si è addormentato vestito non appena si è seduto sul letto.
Non gli resta quindi che tornare nella propria Cabina finalmente un po’ più confortevole e lo fa con l’accenno di un sorriso sulle labbra.
Lo ringrazierà il giorno dopo.

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Capitolo 5
*** You pushed yourself away ***


Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: angst, malinconico
Avvertimenti: oneshot, spoiler!
Note: urgono alcuni chiarimenti
  • Alla fine di BoO Will dice chiaramente a Nico che se continua con i viaggi ombra e tutto il resto finirà per essere divorato dall'oscurità (circa; non ho voglia di citarvi il pezzo preciso, sono pigra). Una cosa del genere a mio avviso non si sistema con tre giorni in infermeria, ma si protrae nel tempo e soprattutto non svanisce per magia, soprattutto se Nico fa Nico e non comunica i suoi problemi. Tanto più se ci metto dentro un po' di stress post traumatico è una sana (?) dose di "oh se solo Bianca fosse qui". Il risultato è che Nico si ritrova in un baleno nuovamente in balia dell'oscurità anche se certe cose sono sicuramente cambiate; infatti riesce ad uscirci, circa. La strada per Nico (e per la coppia Will/Nico) a mio avviso è ancora molto lunga, fatta di ricadute e momenti di scoraggiamento e brutti ricordi – per entrambi.
  • Alcune parti di questo capitolo sono state un parto, altre invece sono nate da sole; spero che il risultato finale non faccia schifo. Nel mio headcanon ciò che accade in questo capitolo è importante perché da qui in poi il rapporto tra i due si farà progressivamente più intimo.
  • La storia della torta: dovete sapere che ho un headcanon per Lee, Michael e Will, un headcanon angst che piano piano uscirà anche in questa raccolta/long. Perché non so voi, ma pensare ai tre capocabina di Apollo mi rende molto triste. Prima o poi ci farò una storia a sé; nel frattempo infilo accenni qua e là (nel precedente capitolo infatti c’era l’accenno a Lee).
  • Ringrazio Tera per il supporto e la pazienza <3
  • Nella descrizione della raccolta/long ho deciso di cambiare da angst a malinconico perché in realtà c'è molto meno angst di quanto avessi in programma. Sarà per un'altra volta.
 
 
 
 
 
 
 
«Oh, please» Will sounded unusually angry «Nobody at Campo Half-Blood ever pushed you away. You have friends – or at least, people who would like to be your friend. You pushed youreself away […]».
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 

Ci sono giorni in cui l'oscurità sembra tornare a reclamarlo, in cui le ombre si allungano solo per lui e non importa quante persone gli sorridano, la verità è che quello non è il suo posto — allora qual è? Esiste?
Ci sono giorni in cui il ricordo di Bianca lo assale. L'unica che lo abbia mai accettato, la prima a lasciarlo. Bianca egoista che parte per un'impresa e non fa più ritorno, Bianca che non lo aspetta e passa oltre. Una ferita ricucita da un chirurgo maldestro e mai completamente rimarginata; basta poco a farla sanguinare — una risata, una frase, una Cabina vuota.
Ci sono giorni in cui semplicemente è più facile smettere di opporsi e scivolare nell'ombra.
 
Un incubo.
Nico resta sdraiato sul letto sfatto ad ascoltare il battito del proprio cuore mentre il respiro torna ad essere regolare. Nel silenzio della sua Cabina ogni suono è amplificato, dal cinguettio degli uccelli sul tetto alle voci di alcuni semidei che si preparano alla giornata.
Ripensa al suo incubo, alla sensazione di soffocare che ha provato, ai ricordi del Tartaro che tornano sempre più spesso e a ciò che ha fatto a Bryce Lawrence; dovrebbe parlane con qualcuno. Hazel sicuramente lo ascolterebbe o Reyna o anche Jason. Dovrebbe, davvero.
Si gira su un fianco e tira la coperta fin sopra la testa.
 
Sono quasi quattro giorni che non parla con nessuno: ha iniziato evitando le chiacchiere di Lou Ellen e i saluti di Will, ha proseguito riducendo le visite al coach e le interazioni con Jason.
Se ne rende conto nella solitudine della propria Cabina dopo l'ennesimo incubo che lo ha svegliato nel cuore della notte trovandolo madido di sudore in un letto sfatto. Sa di non poter continuare così, non è rimasto al Campo per ricadere nell’oscurità, eppure la porta sembra così lontana. La sua stessa voce si rifiuta di farsi sentire, le parole bloccate da qualche parte nella gola.
È quando sente per caso i programmi di alcune figlie di Atena e arriva a pensare che anche a Bianca piacerebbero – se solo fosse qui – che capisce di dover fare qualcosa, qualsiasi cosa.
 
Stringe la presa sull'elsa ed è come riabbracciare una vecchia amica.
Non ci sono mostri da combattere, solo una caccia alla bandiera da vincere ma Nico si rende conto che gli è mancata la sua spada e quasi si pente di non aver accettato prima la richiesta di alleanza di Jason. Soprattutto perché il semidio gli ha affidato un lavoro da svolgere in solitario: ci sono solo lui e il perimetro del bosco da sorvegliare.
In lontananza si sentono le voci di alcuni semidei occupati nei combattimenti, ma la zona è tranquilla. Non c'è traccia della squadra avversaria ed è un po’ deluso: niente azione per lui. Ma soprattutto niente Will.
Ha passato gli ultimi giorni ad evitare il ragazzo e allo stesso tempo a desiderare di incontrarlo e come tutte le volte in cui ha le idee poco chiare si ritrova ad essere arrabbiato con se stesso. E un po' anche con Will, perché quel semidio lo sta scombussolando più di quanto gli piaccia ammettere.
Anche in quel momento non può fare a meno di pensare a lui e al fatto che, per quanto non desideri parlare con nessuno, gli piacerebbe ascoltare Will parlare, non importa nemmeno di cosa, solo sentire il suono della sua voce. Sta cercando di capire cosa questo significhi quando si accorge dell’ombra che si allunga sul terreno davanti a lui. È rapido a reagire, ma nel momento in cui si volta con la spada in pugno accade qualcosa di inaspettato e terribile. Forse ha sottovalutato gli incubi e i loro possibili effetti collaterali, forse semplicemente doveva accadere prima o poi ma non appena fronteggia l'avversario (non ha nemmeno il tempo di vederlo in faccia) qualcosa scatta — qualcosa di oscuro e doloroso.
I ricordi dei successivi minuti si fanno confusi e bui e freddi. L'unica cosa di cui è certo è che senza volerlo è ricorso ai propri poteri — quelli che aveva giurato non avrebbe mai più usato.
Le parole muoiono nella gola dell'altro semidio e si trasformano in grida che raggiungono anche Nico, ovunque stia precipitando, e lo riportano indietro. Nello sguardo spaventato del ragazzo riconosce Cecil ed è forse questo che gli dà la forza di riprendere il controllo delle ombre e di allontanarle da lui.
 
Ha detto di non averne bisogno, ma quando Jason lo ha trovato svenuto non ha voluto sentire storie e quasi di peso lo ha portato in infermeria dove già si stavano prendendo cura di Cecil.
Adesso, dietro ad un paravento, Nico attende il suo turno per essere visitato. Se mai un figlio di Apollo vorrà verificare il suo stato di salute. Dopo quello che ha combinato non è sicuro di essere ancora voluto al Campo, lui stesso non si vorrebbe lì.
Quando vede qualcuno avvicinarsi si agita sul lettino, senza sapere cosa aspettarsi, e nel momento in cui da dietro il paravento compare Will è allo stesso tempo terrorizzato e sollevato.
Per la prima volta vorrebbe parlare, dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma rimane zitto, lo sguardo che non riesce nemmeno a sostenere quello del ragazzo.
Quando il semidio lo tocca, trasale. Le sue stesse emozioni devono averlo tradito, perché l'altro sembra leggerlo come un libro aperto.
«Non voglio farti del male» gli dice cautamente «Ho solo bisogno di visitarti».
Nico annuisce, restando fermo questa volta mentre Will gli prende la mano ed esamina le sue condizioni.
«Nessuno ti vuole cacciare» aggiunge poco dopo, mentre aggiorna la sua cartella e scrive "il paziente versa in uno stato di shock; consigliato riposo". Entrambi sanno che non è solo questo, che sotto la superficie c'è molto altro: Nico però al momento non se ne cura, ci penserà più tardi a chiedersi perché Will lo abbia coperto. Al momento c'è solo Cecil che ha rischiato di morire.
«Ma io —».
«È stato un incidente e nessuno è rimasto gravemente ferito».
«Se non mi fossi fermato...» inizia, coprendosi poi il volto con le mani mentre ricorda la fine di Bryce Lawrence.
«Ma lo hai fatto e ora grazie a te Cecil è ancora vivo. Un po' spaventato, certo, ma vivo. Anzi credo che tutto ciò gli abbia fatto bene. Gli ho sempre detto di non avvicinarsi in quel modo alle persone».
 
A tre giorni dall’incidente gli incubi sono peggiorati. In uno c’era addirittura Will; non ricorda molto, se non la presenza del semidio e la sensazione di angoscia con cui si è risvegliato.
Alla fine decide di contattare Reyna. Hazel si preoccuperebbe e lascerebbe Nuova Roma per accertarsi delle sue condizioni, mentre lui non vuole agitarla e distoglierla dalla sua nuova vita; Jason si turberebbe e coinvolgerebbe Piper quando invece Nico non desidera attirare l’attenzione. Reyna invece saprà ascoltarlo e consigliarlo senza forzarlo e senza fare troppo clamore.
Quando la contatta con un messaggio Iride, infatti, la semidea si dimostra attenta e seria. Sembra intuire che la storia non sia completa e che ci sia altro sotto, tuttavia si limita a rivolgergli un’occhiata penetrante, come a dire ti lascio il tuo spazio ma se non risolvi in fretta devo intervenire.
«Ti posso insegnare come controllare gli incubi da semidio» gli risponde «Ma questi sembrano incubi normali. Rivolgiti ad un guaritore e non aspettare che passi troppo tempo».
 
Will è arrabbiato. Nico lo capisce il pomeriggio del quinto giorno dopo l’incidente, quando del semidio non sembra esserci traccia.
Improvvisamente si rende conto della sua assenza: dove sono finiti lui e i suoi sorrisi, i saluti chiassosi e gli occhi azzurri che lo seguivano nelle sue attività? Perché Nico si è accorto dello sguardo di Will che spesso indugia qualche secondo di troppo nella sua direzione e ha scoperto che non gli dispiace: ora che non lo avverte più gli manca.
Non sa come sentirsi a riguardo, la stanchezza che lo assale da giorni rende le sue emozioni più confuse del solito. È triste, forse, e un po’ in colpa ma non capisce esattamente per cosa.
E mentre continua a cercarlo caccia il pensiero che se Bianca fosse lì saprebbe sicuramente aiutarlo.
 
Alla fine è proprio il ricordo di Bianca, sopraggiunto a tradimento durante la cena, a dargli l’idea. Quando erano piccoli non c’era nulla che una fetta di torta non potesse sui fratelli Di Angelo, lo sapevano loro e lo sapeva Maria.
Davanti ad un dolce non si può essere arrabbiati e Bianca spesso e volentieri ha giocato questa carta per riappacificarsi con lui o convincerlo a fargli fare qualcosa che non gli andava.
È una tattica a cui non ricorre da anni – da quando tua sorella è morta, gli ricorda una vocina fastidiosa a cui però per quella sera decide di non dare ascolto.
Non appena scorge Will lasciare il tavolo non ha tempo di pensare a cosa potrebbe piacergli, si limita a chiedere il dolce più richiesto dai figli di Apollo e con una fetta di torta al limone lo segue fino all’infermeria.
Lo chiama prima che possa entrare e quando lo vede girarsi per un istante si chiede se stia davvero facendo la cosa giusta. Scomparire nell’ombra sarebbe molto più facile e indolore, invece avanza fino a fronteggiarlo.
«Cosa c’è?»
Nico incassa il tono insolitamente duro con cui Will gli si rivolge porgendogli il dolce.
«Dobbiamo parlare» aggiunge e in un’altra situazione riderebbe (riderebbero entrambi) perché quella è decisamente una frase non da lui.
Insiste tendendogli la torta, tanto che il piatto finisce per premere contro il suo petto; si azzarda a guardarlo spazientito chiedendosi perché non si decida a prendere la fetta.
«Non mi piace» risponde Will alla sua muta domanda e a Nico non resta che tenersi il piatto, sentendosi un po’ idiota.
«Sei arrabbiato» mormora dopo un po’, trovando il coraggio per affrontare il ragazzo «Io… Io lo capisco. Ho usato i miei poteri nonostante tu me lo avessi proibito e ho quasi ucciso Cecil. E mi dispiace per la torta, credevo che in quanto figlio di Apollo ti sarebbe piaciuta».
Will sembra essere più arrabbiato e deluso di prima e Nico desidera non aver mai aperto bocca, non averlo mai seguito. Non sa perché lo abbia fatto: al Campo ci sono altri guaritori, sarebbe bastato rivolgersi ad uno qualsiasi di loro.
«Non sono arrabbiato per l'incidente o per la torta» inizia passandosi una mano sul volto «Sono arrabbiato perché mi hai evitato per giorni. E sono preoccupato, perché ti sei nuovamente chiuso in te stesso. Non hai tagliato fuori solo me, hai tagliato fuori tutti» fa una pausa; è agitato, Nico non lo ha mai visto così agitato «Se non vuoi parlare con me, bene, non farlo. Ma non ti isolare, ti prego».
Non è la risposta che si attendeva, lo sa lui e lo sa Will.
«Io non ti posso aiutare se non vuoi essere aiutato» sospira il ragazzo «Finché continui a tracciare confini e ad escludere gli altri non ne verrai mai fuori».
Nello sguardo del ragazzo c'è solo preoccupazione e il sincero desiderio di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per farlo sentire meglio. Nico non è abituato a tutto ciò e, sotto l'intensità di quegli occhi blu che sembrano vederlo dentro, il suo desidero di tenere gli altri lontani da sé vacilla pericolosamente.
«Credi che non veda, credi che non senta?» continua e c’è sofferenza nella sua voce «Sono giorni che l’oscurità non fa che crescere dentro di te, sono giorni che ti aspetto in infermeria, ma non ti sei mai fatto vivo».
«Io…» inizia, ma non sa come continuare; le parole gli si incastrano in gola e se ne resta con la torta in mano a sperare che Will comprenda e non se ne vada.
Dopo secondi o forse ore Nico ritenta e questa volta la voce si fa più decisa.
«Ho sbagliato» continua sostenendo lo sguardo dell’altro «Ho bisogno di aiuto».
Del tuo aiuto.
Non lo dice, ma lo sentono entrambi e l’espressione di Will si fa sollevata – come se restare arrabbiato con lui gli costasse fatica. Gli fa cenno di seguirlo e mentre entrano in infermeria gli chiede il piatto.
«Credevo non ti piacesse» commenta Nico, sentendosi un più leggero.
«Infatti» risponde, prendendo da un cassetto due cucchiaini (e il figlio di Ade non vuole sapere perché in infermeria tengano delle posate) «Era la torta preferita di Michael, mio fratello, e un giorno ne abbiamo mangiata così tanta che da allora nessuno dei due è più riuscito a sentirne anche solo l’odore senza avere la nausea. Ma questa è un’offerta di pace e non va rifiutata, anzi, va condivisa».
Vedendo che Nico non lo ha ancora raggiunto sul letto su cui si è seduto, gli fa cenno con la mano e aggiunge: «Avanti, guarda che devi mangiarla anche tu. Non si finisce mica da sola».
«Ordini del dottore?» chiede, stupendosi della facilità con cui gli risponde.
«Ordini del dottore» conferma Will con un sorriso radioso «Finiamo la torta e poi vediamo di fare qualcosa per quelle occhiaie».
A Nico sembra un ottimo piano.

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Capitolo 6
*** You’ll all be welcome at Camp Jupiter ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: malinconico, generale, commedia
Avvertimenti: one shot
Note: qualche spiegazione
  • di solito detesto creare OC, però Eugene mi serviva. Non credo lo approfondirò mai, però mentre scrivevo sono giunta alla conclusione che sì, la gelosia di Nico è motivata perché Eugene è davvero interessato a Will chi non lo sarebbe.
  • sempre il solito discorso: nulla accade all’improvviso, quindi i programmi di scambio non iniziano subito. Bisogna occuparsi dell’organizzazione e dei trasporti etc. Quindi diciamo che passano mesi quando finalmente Will decide di andare al Campo Giove per mettersi d’accordo con Eugene. E si porta dietro Nico perché sì. Con Jason non sarebbe stato altrettanto divertente XD
  • li ho fatti viaggiare in aereo perché con il furgoncino delle fragole ci avrebbero messo una vita e con i pegasi non sarebbe stato altrettanto bello.
  • l’organizzazione medica del Campo Giove è un mistero quindi ho inventato. E poi sicuramente a Nuova Roma hanno un ospedale, figuriamoci se non ce l’hanno. La brochure invece esiste, googlate. Ho inventato anche gli orari, però spero davvero che il sabato e la domenica li facciano alzare più tardi.
  • Will, Lee e Michael: vi ho detto che avrei inserito la loro brotherhood. Nel mio headcanon Lee era il ragazzo modello (bravo in tutto, bello, simpatico, altruista e chi più ne ha più ne metta) e Michael era il miglior arciere della Cabina e del Campo, però aveva un carattere po’ di merda. Will e Michael erano coetanei, amici-rivali, entrambi sotto l’ala protettiva di Lee che a uno dà le chiavi dell’infermeria e all’altro mette in mano un arco.
  • Will e Nico che battibeccano è una delle cose più belle della loro relazione e niente, era giunto il momento di inserire nuovamente qualche scena del genere. Nico viaggia senza niente perché al Campo Giove ha quello che aveva lasciato l’ultima volta ci era stato.
  • Un po’ di pubblicità: Demigod Exchange è la nuova iniziativa natalizia del campmezzosangue. Ci trovante anche su facebook.
 
 
 
 
 
 
«You’ll all be welcome at Camp Jupiter. We’ve come to an agreement with Chiron: a free exchange between the camps – weekend visits, training programs, and of course, emergency aid in times of need».
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 
«Se non sei pronto a lasciare l'infermeria possiamo anche non partire» gli dice Nico, appoggiato allo stipite della porta. Con sé ha solo la sua spada e sul volto un’espressione non particolarmente entusiasta.
«No!» risponde Will «Sono prontissimo. Solo... Ali, hai capito tutto?»
Il semidio alza gli occhi al cielo (e probabilmente prega perché un fulmine colpisca il fratello) e poi annuisce, assicurandogli che ha tutto sotto controllo. Will non sembra pienamente convinto, ma sono già in ritardo di mezz'ora sulla tabella di marcia e Nico inizia a spazientirsi. Non gli resta che prendere la sua borsa da viaggio e raggiungere il pulmino che li porterà in aeroporto.
 
«Cosa vuoi che capiti all'infermeria, siamo in tempo di pace» gli fa notare Nico poco dopo, mentre il Campo rimpicciolisce alle loro spalle.
«Lo so» risponde il semidio tornando a fissare lo schienale davanti a sé e massaggiandosi il collo.
«È che sono tre anni che la gestisco» aggiunge poco dopo «Ne avevo tredici quando Lee mi ha dato le chiavi dell'infermeria. Gli ho promesso che ne avrei avuto cura, che non lo avrei deluso».
«Mi sembra che tu stia facendo un buon lavoro. Voglio dire, hai affrontato due guerre e salvato un sacco di vite».
Annuisce, ma non sembra convinto.
«Ho sempre l'impressione di poter fare di più, che dovrei fare di più» gli rivela «Guarire più persone, salvare più vite».
«Will, quello che fai è già grandioso. Annabeth non sarebbe qui se tu non l'avessi curata durante la battaglia di Manhattan. Io non sarei qui» risponde «La morte è una fase della vita. A volte puoi ritardarla, ma non puoi mai sconfiggerla. Non dovresti pensare a chi hai perso, ma a chi hai salvato».
«Anche Lee mi diceva la stessa cosa» ricorda con un sorriso malinconico, ripensando al fratello che gli appoggiava la mano sulla spalla, lo guardava dritto negli occhi e lo aiutava a concentrarsi.
«Pensi che avresti potuto salvarlo?» gli chiede dopo un po’ Nico, con cautela, ma dallo sguardo sembra essersene pentito.
«Io...no» risponde «All'inizio ho pensato che sarei dovuto essere più veloce, che forse, se fossi accorso immediatamente, avrei potuto salvarlo. Per giorni, dopo i funerali, non ho pensato ad altro» fa una pausa, probabilmente allontana brutti ricordi, quindi riprende a parlare e Nico ha l’impressione che si stia liberando di un peso.
«Vedi, Lee si è preso cura di me. È stato un fratello maggiore e un padre, è stato il mio migliore amico e la mia guida. Mi ha dato un posto al Campo e mi ha aiutato a controllare i miei poteri. Quando è morto ho pregato nostro padre perché facesse qualcosa, qualsiasi cosa. Ma per quanto fossi stravolto dal dolore, non potevo lasciarmi andare: avevo l’infermeria da gestire e c’era una guerra e all’improvviso Michael si era ritrovato a dover occuparsi della Cabina, un compito che non ha mai desiderato. Michael era un arciere, era un guerriero, non un leader e aveva un carattere che a molti non piaceva, era irritante e fin troppo sicuro di sé. Mi sono concentrato su tutto questo, ho dovuto, e ho fatto del mio meglio per salvare il Campo. Poi anche Michael è morto e mi sono ritrovato io al suo posto, al posto di Lee. Così ho fatto quello che dovevo fare, mi sono preso cura dei miei fratelli e delle mie sorelle, ho cercato di tenerli in vita mentre i Sette affrontavano Gea, ho cercato di tenere in vita il Campo» gli rivela, raccontandogli più di quanto intendesse «Sì, all’inizio ho pensato che avrei potuto salvare non solo Lee ma anche Michael e che avevo fallito. Ma la guerra non mi ha lasciato il tempo per sentirmi in colpa. Immagino che l’infermeria mi abbia salvato».
Non appena termina il discorso, Will realizza contemporaneamente diverse cose: che non credeva di avere così tante parole incastrate in gola, che però aveva bisogno dir dar voce a tutto ciò, che ora si sente più leggero ed è una sensazione che non provava da molto tempo.
Accanto a sé Nico lo guarda dritto negli occhi e annuisce, Nico capisce e non c’è bisogno di dire altro.
«Scusami, non avevo intenzione di parlare così tanto» aggiunge però qualche minuto dopo, perché non è abituato ad essere ascoltato. Will ascolta i problemi degli altri, Will risolve i problemi degli altri; i suoi se li dimentica e li accumula in un angolo.
«È a questo che servono gli amici, no?» gli risponde Nico, sorprendendo entrambi.
 
«Rilassati» gli dice Will, comodamente seduto al suo posto, la cintura già allacciata e lo sguardo che vaga rilassato fuori dal finestrino.
«È facile parlare per te» replica Nico stizzito, agitandosi il sedile «Non è tuo padre ad essere il dio dell’oltretomba».
«Abbiamo compiuto i sacrifici in onore di Zeus, al Campo Giove hanno fatto lo stesso. I loro auguri hanno assicurato che i responsi sono favorevoli».
«Comunque non mi sento tranquillo».
«Sono solo sei ore di volo, non ci succederà nulla. Tempo di pace, ricordi?»
Nico lo fulmina con lo sguardo ed è più pallido del solito. Will sa che non dovrebbe trovare la situazione divertente, ma l’isteria del semidio (solitamente cupo e taciturno) lo fa sorridere.
«Puoi prendere la mia mano» gli dice mentre il pilota annuncia l’imminente partenza e le hostess terminano di illustrare le istruzioni di salvataggio.
«Non prenderò la tua mano» replica stizzito il ragazzo, ma non appena l’aereo decolla artiglia il suo polso. È così nervoso e agitato (terrorizzato) che nemmeno l’abilità di Will di calmare le persone ha pienamente effetto. Ugualmente, però, il figlio di Apollo trova la situazione divertente, soprattutto perché Nico non molla la presa per tutto il volo e non appena l’aereo raggiunge la pista di atterraggio è il primo ad essere pronto per scendere, tanto che non si stupirebbe se iniziasse a scavalcare le persone pur di toccare terra.
«Puoi lasciarmi ora» gli fa notare mentre aspettano che i passeggeri dei sedili davanti scendano «A meno che tu non preferisca continuare a tenermi il braccio, in quel caso non c’è nessun problema».
Nico lo fulmina con lo sguardo un’altra volta e lascia la presa come se avesse preso la scossa.
«Non è mai successo» sibila e Will non riesce a trattenere una risata.
 
Una volta raggiunto il Campo Giove, si dividono. Reyna, che aveva guidato la macchina dall’aeroporto di Oakland fino al Caldecott Tunel, torna ai suoi incarichi di pretore, raggiungendo Frank che nel frattempo l’aveva sostituita. Nico invece si allontana con Hazel e per qualche secondo Will resta ad osservare la sua schiena che si allontana lungo la via Praetoria, quindi si riscuote e presta attenzione a Eugene, il figlio di Esculapio che lo aveva aiutato in infermeria.
Il semidio veste abiti informali e indossa la maglia viola del Campo, gli sorride e gli mette una brochure in mano.
«Vieni» gli dice «Sarò la tua guida».
Will lo segue, guardandosi attorno con attenzione, ammirando le costruzioni e l’organizzazione romana. Alcuni semidei lo riconoscono e lo salutano, altri lo ignorano continuando a svolgere i propri incarichi; intento a svolgere i suoi compiti, incrocia anche lo sguardo di Michael Kahale.
«Stiamo ancora pensando a come ospitarvi durante gli scambi» gli spiega Eugene indicandogli le coorti «C’è chi suggerisce di costruire un’area apposita, altri propongono di farvi soggiornare a Nuova Roma. Per il momento nessuna decisione è stata presa, quindi in questi giorni condividerai la camerata con me e i miei commilitoni».
 
«Com’è andata?» chiede Hazel a cena. Al suo fianco Nico addenta un pezzo di arrosto e sembra felice: Will ha la certezza di aver fatto bene a chiedere a lui di accompagnarlo.
«Abbiamo abbozzato i piani di scambio» risponde Eugene, che siede con loro «E gli ho mostrato gli unicorni».
«Se tutto procede come stabilito, il programma di scambio potrebbe iniziare già il mese prossimo» continua Will «Resta solo da chiarire la questione degli alloggi, ma se ne sta occupando Jason».
Non vede l’ora di raccontare tutto ad Ali, è certo che sarà il primo ad aderire all’iniziativa. La recente amicizia tra i due Campi è la conseguenza migliore della guerra contro Gea. La possibilità di studiare le tecniche degli alleati è un’opportunità incredibile e Will, in parte, non riesce ancora a credere di essere a cena con i romani, nel loro territorio. Quel pomeriggio Eugene gli ha anche presentato alcuni dei loro migliori medici e gli ha spiegato alcune loro pratiche: si sente fortunato e grato. Ringrazia suo padre, ovunque si trovi.
«Voi invece cosa avete fatto?» chiede, riportando la propria attenzione su Nico (uno dei motivi per cui gli interessa confrontarsi con la progenie del dio della medicina: intende infatti fare il possibile per aiutarlo).
«Siamo stati ai templi» gli risponde il semidio «E poi sono stato un po’ con Frank».
«Hanno giocato a Mitomagia fino a dieci minuti fa» si intromette Hazel «A momenti non volevano nemmeno venire a cena per ultimare la partita».
«Hey» si difende il fratello «Era una partita importante».
«Se vuoi ti possiamo insegnare» propone Frank, rivolgendosi alla semidea, ma questa scuote il capo e declina l’offerta con una risata.
 
Will inizia a svegliarsi quando il sole fa capolino all'orizzonte, ma si alza che sono le sette. Si muove piano, cercando di non fare rumore perché nella brochure ha letto che il sabato e la domenica il Campo inizia le sue attività più tardi e non vuole svegliare nessuno prima del tempo.
Esce silenziosamente e nella tiepida luce del mattino inizia a svolgere gli esercizi di riscaldamento. È così concentrato che non sente la porta aprirsi alle sue spalle ed Eugene raggiungerlo, tanto che sobbalza quando lo vede accanto a sé.
«Scusami, ti ho disturbato?»
«Tranquillo. Stavo solo pensando che questa è la prima volta che mi sveglio in un posto che non è il Campo Mezzosangue o la casa di mia madre».
«È una sensazione strana, non è vero?» commenta Eugene, iniziando anche lui a fare degli esercizi di riscaldamento «L'ho provata quando il primo mattino dopo la battaglia contro Gea».
Will annuisce e l'altro aggiunge: «Sei da molto al Campo?»
«Da quando avevo dodici anni. Tu?»
«Ormai sono cinque anni. Immagino tu sia stato riconosciuto subito».
Il figlio di Apollo annuisce un'altra volta.
«Hai intenzione di correre? Perché se non ti dà fastidio posso mostrarti un ottimo percorso».
 
Arrivano giusti per la colazione, posticipando la doccia a quando avranno qualcosa nello stomaco, e mentre si avvicinano ai tavoli Will scorge Nico accanto a Hazel. Non ci presta troppa attenzione, ma improvvisamente il discorso di Eugene (con cui ha passato quaranta minuti molto piacevoli) diventa meno interessante e scusandosi raggiunge l'amico — è così strano pensare Nico in questi termini, ma lo ha detto lui, no? Sono amici.
«Perché hai delle scarpe da ginnastica e sei tutto sudato?» gli chiede il ragazzo, stringendosi con una smorfia contro la sorella per farlo sedere.
«Sono andato a correre con Eugene. Dovresti farlo anche tu. Libera endorfine e...»
«Solace, sono le otto del mattino. Taci».
 
«Non mi avevi mica detto che i romani avevano le terme».
«Sì beh, ora le stai vedendo» replica Nico scrollando le spalle e immergendosi. Will lo segue interrogandosi sul motivo del suo malumore; è da quella mattina che gli risponde in modo più acido del solito e dubita abbia litigato con Hazel o con Reyna, perché in loro presenza è sempre stato sereno. Deve essere altro e qualcosa gli suggerisce che potrebbe riguardarlo direttamente, ma non comprende di cosa si tratti e si ripromette di indagare più tardi perché adesso sono alle terme e ha appena avuto una bella giornata.
«Com'è andata la visita di Nuova Roma?» gli chiede Frank a qualche metro da lui.
La sua risposta, forse fin troppo entusiasta, è: «Avete un ospedale!»
«Voglio dire, è una città molto bella» aggiunge con un tono più pacato, mentre il figlio di Marte ride.
«Potresti lavorarci» interviene Eugene, rivolgendogli uno sguardo che suona molto come un non dirmi che non ci hai pensato anche tu. E mentre Frank annuisce, Will ammette a se stesso che sì, ci ha pensato. Quando ha visto la struttura, marmo e vetro e almeno cinque piani di reparti specializzati, ha desiderato poter lavorare nell'ospedale. Per quanto non ci pensi, sa che arriverà il giorno in cui dovrà lasciare la gestione dell'infermeria (a Summer o molto più probabilmente ad Ali) e fino a quel pomeriggio non ha mai riflettuto sul dopo. Il dopo è sempre stato lontano, sfocato, qualcosa da affrontare quando si sarebbe presentato e non lo avrebbe fatto per molto tempo. Ma ora Will riesce a vedere il futuro ed è rassicurante e stimolante e molto invitante.
Mentre risponde avverte lo sguardo di Nico su di sé e rabbrividisce.
«Sarebbe molto bello. Magari tra qualche anno».
 
Nico, realizza durante la cena, è infastidito dalla presenza di Eugene e non ne comprende il motivo, soprattutto perché l'altro non si mostra indisponente nei suoi confronti ma anzi è amichevole. Più ci pensa e più la risposta non può che essere una sola, anche se fatica a crederci. Perché Nico non può essere geloso del figlio di Esculapio. Non ne ha alcun motivo e la cosa è così assurda che Will vuole credere ci sia un'altra spiegazione, sebbene una parte di lui senta che Nico è geloso e non può nemmeno dire che gli dispiaccia.
 
«Non riesco ancora a credere che l’unica cosa che tu ti sia portato sia stata la tua spada» commenta Will subito dopo aver superato il controllo dei metal detector. Come all’andata la Foschia ha operato sulla vista umana celandola perfino alla strumentazione elettronica.
«Non riesco ancora a credere che tu invece non abbia portato con te alcuna arma» replica Nico, allacciando la spada dietro la schiena.
«Mi pare che i mostri non siano più un problema».
«Per il momento» risponde «La sconfitta di Gea li ha scoraggiati, ma torneranno e fidati, non vorrai farti trovare disarmato».
«Sempre ottimista, mi pare».
«Non si tratta di ottimismo, ma di realismo».
«Quando si faranno avanti li affronteremo e al momento mi sembra che la situazione sia stabile, quindi io dico di approfittarne. Inoltre l’andata è stata tranquilla e…» Will si interrompe perché a quindici metri di stanza, confusa tra la folla, c'è una dracaena che sembra essersi appena accorta di loro.
Nico l’ha individuata a sua volta e ha già la mano sull'elsa, nello sguardo una luce combattiva.
«E quella è una dracaena, ottimo» termina con un sospiro e rivolgendosi all'amico aggiunge «Niente poteri dell’oltretomba» ma il semidio si è già mosso, avvicinandosi al mostro passando attraverso una profumeria e usando gli scaffali per non essere visto.
Will controlla il tabellone che conferma il loro volo alle undici e questo significa che hanno venti minuti di tempo per liberarsi del mostro. Il che non dovrebbe essere un problema, se non fosse che in realtà non sanno se la dracaena è da sola. Quando ormai Nico è a tre metri dal mostro con la spada sguainata, questo fa una cosa inaspettata: scappa. Anche se in fondo Will sente un po' di capirlo: se fosse un mostro, anche lui scapperebbe sapendo che il figlio di Ade lo vuole morto.
Il semidio si lancia all'inseguimento, mentre Will se ne resta a fissare il tabellone: hanno annunciato il gate. Siccome di perdere l'aereo o essere arrestato (perché chissà cosa stanno vedendo i mortali) non ne ha per niente voglia, studia velocemente la mappa dell'aeroporto appesa al muro e decide di intervenire. Taglia per un negozio di scarpe e un bar, quindi spunta alle spalle della dracaena contro cui Nico ha iniziato a combattere incurante della gente. La Foschia sta facendo il suo lavoro, perché nessuno sembra accorgersi delle reali sembianze della donna-drago, ma i viaggiatori gridano e si scansano, alcuni chiamano le guardie.
Mentre degli uomini in uniforme si avvicinano rapidamente dalla zona est dell’aeroporto, una voce metallica annuncia il loro volo.
Will allora afferra il primo oggetto appuntito che trova e sebbene prediliga le armi da lancio e faccia pena con le spade, trafigge alle spalle il mostro, facilitando a Nico la sua eliminazione; non che il ragazzo avesse davvero bisogno del suo intervento.
«Hai colpito una dracena con un ombrello».
«Ti ho detto che so difendermi».
«No, non lo hai detto».
«Beh, lo dico ora» replica Will, sbrigativo, iniziando a camminare velocemente per non essere seguito dalle guardie «Andiamo, abbiamo un aereo da prendere».

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Capitolo 7
*** Skeletal butterflies ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: malinconico, generale
Avvertimenti: one shot, spoiler
Note: lo so che non aspettavate altro che leggere i miei sproloqui
  • Mi sono resa conto che inavvertitamente sto facendo come Rick che non mette riferimenti cronologici precisi così poi io divento matta. Quindi vi dico io che indicativamente sono passati almeno quattro mesi dalla battaglia contro Gea. I primi tre capitoli sono cronologicamente vicini, negli altri i tempi si dilatano: almeno una settimana prima che Nico inizi a riarredare la Cabina, una mese di alti e bassi che termina con un avvicinamento tra Nico e Will (cap 5), altre settimane prima di andare a Nuova Roma. Fate conto che adesso è passato un altro mese e tra una cosa e l’altra siamo sotto Natale. I prossimi capitoli, invece, torneranno ad essere cronologicamente più vicini sebbene tra questo e i successivi aggiornamenti passeranno fate conto qualche mese. Sempre perché nel mio heacanon ci mettono del tempo prima di arrivare al lieto fine.
  • Per quanto riguarda la signora Solace, all’inizio volevo creare un OC che non avesse nulla a che fare con il mondo della medicina. Poi però mi serviva una scusa per fare restare Will al campo, quindi la signora Solace è diventata un chirurgo dedito al suo lavoro.
  • Percy prima o poi sarebbe dovuto spuntare.
  • Volevo evitare di parlare di Leo, per ridurre gli spoiler ma soprattutto perché non la consideravo la storia giusta per iniziare a trattare l’argomento. Invece è venuto fuori da solo, scusatemi #feelings
  • Si capisce che Bianca non mi è mai piaciuta troppo? Se non si capisce ve lo dico io, ma non mi dilungo troppo sui motivi che non la fanno rientrare tra la mia lista di personaggi preferiti. Vi basti sapere che tra le due io scelgo Hazel ed ero così triste per lei quando, ne Il figlio di Nettuno, Nico continuava a chiamarla Bianca e a pensare alla sorella morta.
 
 
 
 
 
 
 
Nico felt like a hundred skeletal butterflies were resurrecting in his stomach.
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 
 
Mancano due settimane a Natale e mentre il Campo si svuota il ricordo di Bianca torna a bussare alla sua porta. Questa volta però non ci sono rabbia e risentimento. Il dolore resta, certo, ma ha finalmente trovato rifugio in un angolo del suo cuore e lì si è assopito, nutrendosi di ciò che resta di Bianca (l’eco di una risata, la consistenza delle sue carezze e la morbidezza dei suoi abbracci, il suono della sua voce). Quella che invade Nico in quei giorni è nostalgia; ogni tanto gli inumidisce gli occhi, ma il più delle volte accende di malinconia il suo sguardo.
 
«Non torni a casa?» chiede, mentre Will ha in braccio un albero di Natale di piccole dimensioni e si sta dirigendo verso l’infermeria.
«È dal 2005 che passo le feste al Campo» gli risponde, ringraziandolo con un cenno quando Nico gli apre la porta. Non deve essere la prima volta che porta un albero di Natale in infermeria, perché si muove con sicurezza tra i letti e lo deposita accanto ad Ali. Il ragazzo sta leggendo (dalla copertina sembra un libro di preghiere) e non alza nemmeno lo sguardo.
«Mia madre lavora» continua poi a spiegarli senza astio o risentimento nella voce «È un chirurgo e la vita dei pazienti viene prima di un arrosto. Non mi sono mai lamentato di questo, ma potendo scegliere, preferisco restare con i miei fratelli».
«A proposito, Ali, tu cosa fai?» aggiunge.
«Resto» risponde senza distogliere lo sguardo chiaro dalle pagine.
«Ottimo. E tu Nico, cosa fai?»
«Non ci ho pensato».
«Se non trovi niente di meglio da fare puoi stare con noi. Austin è andato a chiedere a Mr. D se anche quest’anno può esserci la neve, prevedo innumerevoli battaglie nel prossimo futuro».
 
Percy arriva che manca una settimana a Natale e porta con sé aneddoti divertenti riguardanti la sua vita scolastica. Salvare il mondo, ripetutamente, gli ha lasciato poco tempo per gli studi così ora si ritrova sommerso da cose da recuperare. Per fortuna ha una ragazza che dislessia o meno riesce ad essere la prima della classe e che ha promesso a sua madre che lo avrebbe fatto diplomare.
 
«Quindi tu e il figlio di Apollo...?» gli chiede il secondo giorno da che è tornato al Campo per una visita veloce. Conta infatti di ripartire l’indomani. Vedendo l'occhiata confusa del semidio continua: «Voglio dire, state insieme?»
Dopo mesi che non si sentono, Percy se ne esce con una domanda simile e Nico si chiede come abbia potuto, un tempo non troppo lontano, essere innamorato di un simile idiota. Arrossisce e si guarda intorno per accertarsi che nessuno li stia ascoltando, quindi scuote con decisione il capo, negando.
«Vi frequentate allora?» insiste Percy, con aria sinceramente interessata.
Nico apprezza che il ragazzo lo abbia cercato e non abbia ancora accennato alla sua rivelazione di qualche mese prima. Tuttavia quella discussione sta diventando sempre più imbarazzante.
«No. No!» risponde «Tra me e Will non c'è nulla» e poi aggiunge, sospettoso «Qualcuno ha detto qualcosa? Chi...?»
Ma sa bene chi può essere stato: Jason. O Piper. Uno dei due sicuramente e poi ha capito come funzionano le cose con i Sette: non hanno più la scusa che "l'Argo è una nave piccola, le voci si sentono" ma continuano ugualmente a passarsi informazioni. Sono delle pettegole, tutti, dal primo all'ultimo.
«Ne sei sicuro?» chiede Percy, perplesso e glielo si legge in faccia ciò a cui sta pensando (strano, a me hanno detto diversamente) «No perché mi è sembrato di vedervi molto affiatati».
Nico arrossisce ancora e si chiede quando abbia imparato il termine affiatati; c'entra sicuramente Annabeth.
«Siamo solo amici» risponde cercando di darsi un contegno «E mi sta aiutando con gli incubi. Pare che io stia soffrendo uno stress post traumatico o una cosa simile. Sostiene che ho uhm, diversi sentimenti negativi che rendono la guarigione più lenta. Cose legate all'essere figlio di Ade».
Percy gli posa una mano sulla spalla prendendosi una confidenza che non ha mai avuto ma che in fondo a Nico non dispiace: «Ne so qualcosa di stress post traumatico. Ci siamo passati sia io che Annabeth e ha aiutato essere in due. Ci siamo dati forza a vicenda. Fai bene a parlarne con qualcuno e Will sembra un bravo ragazzo».
Nico sospira, dubitando che Percy abbia davvero ascoltato le sue parole.
 
L'imbarazzante chiacchierata con Percy conferma quello che già sapeva: il figlio di Poseidone ha avuto un ruolo fondamentale nella sua vita e sicuramente continuerà ad averlo, ma quel capitolo ormai è chiuso. Quando gli ha appoggiato una mano sulla spalla non ha avvertito un nugolo di farfalle scheletriche agitarsi nel suo stomaco, come certamente sarebbe accaduto anni prima.
Questo lo spinge inevitabilmente a riflettere su un’altra questione ben più spinosa. Perché ora quella sensazione la avverte in presenza di Will, quando il ragazzo gli sorride o gli parla. Anche quando lo ha invitato a trascorre le feste con lui e i suoi fratelli l’ha provata.
A Percy ha assicurato che sono solo amici, ma la verità è che non ha idea di cosa ci sia tra loro e da un po' di tempo non ha che domande senza risposta. Sa che prima o poi dovrà parlarne con qualcuno – con Will – ma la sola idea di esternare i propri dubbi e i propri sentimenti lo fa arrossire.
Cosa siamo? Siamo buoni amici? O ci stiamo frequentando? Ho fatto davvero bene a restare al Campo? Hai mai desiderato baciarmi?
 
«Se sei qui per parlarmi di Solace» inizia non appena apre la porta della sua Cabina e si ritrova Percy davanti.
«No, niente del genere» risponde ma poi aggiunge, un po’ in difficoltà «Cioè se ne vuoi parlare io sono qui, ti ascolto e –».
«Percy, smettila di parlare» lo interrompe «Stai solo peggiorando la situazione. Dimmi cosa vuoi».
Il ragazzo sorride, sembra sollevato dell’idea di non dover sentire i suoi problemi sentimentali, ma Nico non si offende; lui per primo non vorrebbe ascoltare i propri di problemi – o quelli degli altri. Inorridisce inoltre al solo pensiero di Percy che gli parla di come vanno le cose tra lui e Annabeth; bene, deduce comunque, da come sorride ogni volta che qualcuno gli chiede di lei e dalla frequenza con cui la inserisce nei suoi discorsi. Sebbene non abbia ancora compreso il motivo della visita al Campo. Immagina però lo scoprirà a breve.
«Sì, volevo chiederti cosa conti di fare questo Natale» gli dice «A me, Annabeth e mia madre piacerebbe molto averti a cena».
«Will» inizia, preso contro piede. Perché tutto si sarebbe atteso, ma non un invito in casa Jackson. O meglio, Jackson-Qualcosa, perché se non ricorda male Sally dall’ultima volta che l’ha vista si è sposata.
«Certo, Will» replica Percy con uno sguardo ammiccante che lo fa arrossire.
«No, hai frainteso!» si affretta a dire «Solace mi ha solamente proposto di trascorrere le feste con i suoi fratelli, ma non gli ho ancora risposto. Chi c’è comunque oltre ad Annabeth e tua madre?»
«Jason e Piper» risponde «Frank e Hazel e verso sera farà un salto anche Tyson. Se preferisci stare con Solace non c’è niente di male, capiranno».
Nico lo fulmina con lo sguardo.
 
«Vai» gli dice appena lo vede arrivare, prima ancora che possa parlare.
«Come fai… Lo sapevi?»
«Lo sospettavo» risponde scrollando le spalle.
«Perché non me lo hai detto?» chiede, ma mentre parla realizza un’altra cosa che lo lascia confuso «Lo sapevi e mi hai invitato lo stesso».
Per qualche secondo Will assume l’espressione di chi è stato colto in flagrante, poi sorride.
«Dovevo pur provare, no? Ma guai a te se resti. Dì di sì a Percy, trascorri il Natale con i tuoi amici, con la tua famiglia. Ci sarà anche Hazel, no?»
Nico annuisce e Will gli concede un altro sorriso.
«Questa volta è tua sorella che ti sta aspettando. Non farla attendere».
 
Non lo ammetterà mai ad alta voce, ma quello è il miglior Natale che abbia mai vissuto da quando era piccolo e sua madre e sua sorella erano ancora in vita.
I sapori e i colori non sono quelli della sua infanzia, mancano due persone fondamentali e quella non è nemmeno la sua epoca. Ma va bene così.
La tavola di Sally Jackson è imbandita per più persone di quante ne possa ospitare e sono tutti gomito contro gomito ed è un continuo passami la salsa e no, quello era mio e Percy, ti ho educato meglio di così. Probabilmente in un’altra occasione sarebbe infastidito da tutta quella confusione, non quel giorno. Quel giorno è stordito dalle luci dell’albero nell’angolo e dal profumo dell’arrosto, dal vociare allegro dei suoi amici, dal calore del caminetto – che forse non è il calore del fuoco, ma il calore delle persone che lo circondano.
E c’è Hazel che ride, accanto a lui. È il suono più bello che abbia mai sentito e vorrebbe durasse in eterno.
«A Leo» dice Piper, alzando il suo bicchiere.
«A Leo» ripetono in coro.
Senza il sacrificio del figlio di Efesto, loro non sarebbero lì. E non ci sarebbe nemmeno un Campo a cui far ritorno e lui non avrebbe mai potuto sentire la risata di sua sorella.
Grazie per aver reso possibile tutto ciò.
 
«Questa volta è tua sorella che ti sta aspettando. Non farla attendere» ripete, mentre il respiro si condensa sotto il suo naso. Pare che Austin sia riuscito a convincere Mr. D. proprio come Will prevedeva.
«Ciao Nico» lo saluta il figlio di Apollo, sorpreso nel vederlo lì al Campo. È il 27 dicembre e lui non si aspettava di rivedere l’amico almeno fino all’anno nuovo.
«Questa volta è tua sorella che ti sta aspettando. Non farla attendere».
Nello sguardo di Will la sorpresa si mescola all’incomprensione e la fretta di rientrare nella propria Cabina viene messa da parte.
«Lo hai detto tu prima che seguissi Percy. Cosa intendevi con questa frase?»
«Intendevo quello che ho detto e cioè di non far aspettare Hazel» risponde e sembra indeciso se continuare o meno «Il tuo primo Natale al Campo hai aspettato Bianca, l’hai attesa giorno per giorno senza mai dubitare del fatto che lei sarebbe tornata da te. E quando non lo ha fatto beh, sappiamo bene com’è andata la storia. In questi giorni, immagino, i ricordi siano più forti. Ho visto il tuo sguardo e credimi, ti capisco, però...» fa una pausa «Quello che sto cercando di dirti è che ce l’hai ancora una sorella. E questa volta non devi aspettare».
Nico lo osserva in silenzio mentre attorno a loro inizia a fioccare. In alcune Cabine la luce è spenta e dentro non c’è nessuno, altre invece sono illuminate da lampadine colorate e dal loro interno provengono risate e musica.
«Sei arrabbiato?» chiede dopo un po’ Will, sul volto l’espressione di chi si sta dicendo lo sapevo che non dovevo parlare.
«No» risponde e non sa come continuare, perché non sa nemmeno lui cosa sta provando in quel momento. Deve ancora abituarsi al fatto che ci sia qualcuno interessato a lui, attento alla sua vita.
«Come fai a sapere che non ho mai dubitato del ritorno di Bianca?»
«Perché me lo ricordo».
«Te lo ricordi?»
«Ero anch’io al Campo. È stato l’ultimo Natale trascorso con Lee e Michael» risponde stringendosi nel suo giubbotto «Eri una peste, volevi sapere tutto e ti entusiasmavi per la minima cosa. Dopo che Bianca è partita, hai continuato a sorridere per giorni. Poi devi aver avvertito qualcosa, immagino la sua morte, ma allora ancora non lo sapevi, così hai continuato a sorridere ed era un sorriso meno luminoso».
«E tu davvero ricordi tutto questo?»
«Ho una buona memoria».
«Non è vero. Tre settimane fa ti sei dimenticato del compleanno di Drew e lei ne parlava da almeno un mese. E non ti sei nemmeno ricordato che –».
«Ok, va bene!» lo interrompe arrossendo «Ho una buona memoria per le cose importanti. E converrai che il compleanno di Drew non rientra tra queste».
«Mi hai appena definito una cosa importante?»
«Io non… Casomai saresti una persona importante, non una cosa».
«E lo sono?»
Nico non sa dove stia trovando il coraggio per dire tutto ciò che sta dicendo e non ci pensa nemmeno, perché teme di poterlo perdere, riflettendoci.
«Sì, lo sei» gli risponde Will, guardandolo dritto negli occhi per qualche secondo prima di distogliere lo sguardo «Ora ti dispiace se entriamo? Sto morendo dal freddo. Noi figli di Apollo non siamo amanti delle basse temperature».
«Allora perché avete chiesto la neve?» domanda, assecondandolo. Per quella sera ha si è spinto fin troppo oltre. Oltre cosa ancora non è certo di saperlo. O forse sì. In fondo ha sempre intuito la risposta, prima ancora di conoscere la domanda: Will gli piace e le farfalle nello stomaco sono così piacevoli da sentire.
«Perché tutti sognano un bianco Natale».

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Capitolo 8
*** Just a healer ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale, commedia
Avvertimenti: flash fic, headcanons
Note: come al solito due cosette da dire
  • Una delle cose che più amo di Will sono le sue insicurezze; alla fine non sono riuscita davvero ad inserirle, ma ci tenevo a dirlo. In BoO, infatti, afferma che vorrebbe essere un arciere migliore e avere tutti talenti di suo padre per poter contribuire a fermare la guerra: non si può non volergli bene. In realtà non sappiamo quanto faccia schifo con l’arco e considerando che in The Lost Hero (se non ricordo male) appare proprio con un arco in mano, immagino che sia semplicemente un arciere discreto. Quando però tutti i tuoi fratelli sono arcieri provetti immagino che questo possa buttarti un po’ giù.
  • Victoria la figlia di Nike è un altro OC che avrei voluto evitare, ma l’avevo creata per una Mitchell/Nico e alla fine era giusta per questo capitolo quindi l’ho riciclata; dubito la tratterò mai più di così.
  • Come al Campo Giove, anche al Campo Mezzosangue hanno un programma giornaliero (la morte). A differenza dei romani, voglio però credere che i greci siano più flessibili anche perché dubito fortemente che una come Drew abbia mai seguito alla lettera il programma. In ogni caso lasciatemi sognare.
  • Questa rischia di essere la prima storia a più capitoli che porto a termine, infatti nel mio computer è già bella che pronta. Siccome io non so che farmene e sono di natura incostante negli aggiornamenti, aspettatevi un capitolo tra domenica e lunedì e poi uno mercoledì o giovedì. Sì, avete capito bene, salvo impresti gli aggiornamenti da ora si fanno più rapidi.
 
 
 
«Unfortunately, I’m just a healer».
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 
 
Quando Nico gli aveva accennato che avrebbe aiutato Jason nelle lezioni di scherma Will non solo aveva approvato, si era pure premurato di sottolineare come quella fosse un'idea fantastica.
A distanza di tre giorni e con una spada in mano si pente di non aver mentito e di non avergli proibito una simile attività; in quanto guaritore ne avrebbe avuto tutta l'autorità.
«Teso?» gli chiede Cecil, sogghignando mentre gioca con la sua spada.
«Io?» risponde Will, deglutendo e guardandosi attorno come se la soluzione al suo problema potesse comparire di punto in bianco davanti a lui.
«Il tuo bello ti vedrà con il sedere per terra» continua il figlio di Ermes «Fossi in te sarei teso».
Di solito lo redarguisce con un'occhiataccia quando definisce Nico "il suo bello", una brutta abitudine nata recentemente e che teme non se ne andrà tanto presto. In quel momento però è troppo preoccupato per la lezione di scherma per badare alle frecciatine di Cecil.
«Potrei darmi per malato» propone.
«Sei un po' pallido effettivamente» commenta l'amico «Deve proprio spaventarti l'idea di questo addestramento».
Will ha ormai deciso di fare marcia indietro, togliersi le protezioni e diagnosticarsi un'influenza quando Nico gli fa un cenno di saluto e Jason inizia la lezione.
È spacciato.
 
Apprezzerebbe maggiormente la bravura di Nico e Jason se non ci fosse anche lui al centro dell'arena. Mentre gli altri semidei assistono alle dimostrazioni con interesse e ammirazione, nello sguardo di Will c'è solo terrore all'idea di dover replicare quelle tecniche.
Potrebbe addurre come scusa il fatto che è un guaritore e che lui non ferisce le persone, le cura; la verità è che ha sempre fatto penosamente schifo con una spada in mano. Durante la sua prima settimana al Campo, aveva tentato di seguire qualche lezione e imparare i rudimenti ma era stato subito chiaro che la scherma non faceva per lui — è certo che Clarisse La Rue e i suoi fratelli conservino il ricordo delle sue a dir poco atletiche prestazioni e ne ridano ancora. Se la spada era stata un fiasco, non aveva nemmeno voluto provare con la lancia; era stato Lee, allora, a rassicurarlo dicendogli che solitamente i figli di Apollo prediligono ed eccellono nel tiro con l'arco e che quindi non doveva preoccuparsi se non riusciva nelle altre discipline. Gli aveva così messo in mano un arco e lo aveva fatto allenare con Michael: dopo nemmeno mezz’ora era apparso evidente che non era portato per la guerra, con i suoi setti bersagli su dieci probabilmente era il peggior arciere della Cabina 7 (almeno fino a quando non era arrivato Ali).
A sedici anni, Will se si impegna riesce a colpire otto bersagli su dieci (nove nei suoi giorni fortunati), ma con la spada continua ad essere penoso. Quando infatti arriva il suo turno, Jason lo disarma senza difficoltà per ben tre volte di fila; due figli di Ares sghignazzano e Will è tentato di mollare tutto e andarsene borbottando cose come «Vedrete come vi sistemo le ossa rotte o come vi suturo le ferite, vedrete». Ma disgraziatamente ha assicurato a Nico che avrebbe seguito le lezioni, quindi stringe i denti e torna in fondo alla fila.
«Prometto di andarci piano se dopo finiamo in coppia insieme» bisbiglia Cecil davanti a lui «Ma se ti tocca uno dei simpaticoni di Ares o Victoria, la figlia di Nike, sei nei guai amico».
«Grazie» risponde a denti stretti, pregando gli Dei.
 
«Tutto apposto?» gli chiede Jason, porgendogli una mano per alzarsi, ma Will si rimette in piedi da solo, dolorante e impolverato, mentre Victoria sorride soddisfatta. Quella, riflette, non è una ragazza, quella è una macchina da guerra, un demonio. Quando gli ha premuto la spada contro la gola, torcendogli il braccio dietro la schiena ha seriamente creduto che avrebbe portato a termine il lavoro.
Si massaggia la spalla, maledicendo il suo debole per Nico. Se una qualsiasi altra persona gli avesse proposto di allenarsi con la spada avrebbe declinato l'invito, ma Nico non è una qualsiasi altra persona — a tutto gli effetti è il ragazzo che gli piace.
«Forse è il caso che tu vada in infermeria» continua Jason «Qualcuno lo accompagni».
«Credo di conoscere la strada».
 
Si sta ancora massaggiando la spalla quando Nico fa il suo ingresso in infermeria raggiungendolo dietro al paravento.
«Come stai?» chiede, ma quando realizza che è senza maglia distoglie lo sguardo — è forse arrossito?
«Bene» risponde «Ferito solo nell'orgoglio».
«Perché non mi hai detto che non sapevi tenere in mano una spada?»
Ignorando il modo in cui ha formulato la frase, Will gli risponde con una mezza verità: «Mi avevi parlato del corso, sembrava una cosa utile».
Nico è dubbioso, ma dal momento che continua a fissare con interesse il paravento non indaga oltre.
«Credevo mi avrebbe rotto il braccio o slogato la spalla» commenta Will poco dopo flettendo l'arto.
«Perché avrebbe dovuto?»
«Ci sono le competizioni di tiro con l'arco sabato e la Cabina 7 è imbattuta praticamente da sempre. Ai figli di Nike non piace perdere e io tiro con la destra. Le sarebbe bastato un po' di pressione in più. Immagino si sia resa conto che non sarebbe comunque servito perché entro sabato sarei guarito, però di certo oggi non mi sarei potuto esercitare».
«Non ti ho mai visto allenarti» commenta Nico, spostando l'attenzione dal paravento al pavimento.
«Incredibile ma vero: non passo tutta la mia vita qui dentro» risponde «Quindi passami la maglia, manca poco all'ora di pranzo».
 
«Per quale motivo sei qui?» chiede «Non hai altro da fare? Vai a rubare qualcosa».
«Io non rubo» borbotta Cecil cupo, salvo aprirsi in un sorriso malandrino «Io manometto le cose, il che è molto meglio».
«Ecco bravo, vai a manomettere le cose da qualche altra parte» gli risponde, senza alzare lo sguardo dalle carte dietro cui si è barricato una decina di minuti prima.
«È inutile che fai il noioso bisbetico» gli dice, quindi si sporge verso l'amico e gli prende ciò che ha in mano «E che ti nascondi dietro a... Le liste delle canzoni per le gare canore e i programmi del club di teatro? Tu detesti queste cose».
«Non è vero che le detesto» replica riprendendosi i fogli «Trovo un po' noioso e inutile che debbano sottopormi tutto solo perché sono il capo-cabina. Ma è un compito che mi compete, quindi lo svolgo».
«Con una settimana di ritardo? Mi pare che Kayla ti abbia consegnato le liste diversi giorni fa».
«Dettagli. Il mio lavoro io lo sto facendo. Non si può dire lo stesso per te».
«E che lavoro dovrei svolgere, scusa? Non sono mica un capo-cabina».
«Ecco, appunto. Uno dei motivi per cui non lo diventerai mai».
«Ehi!» protesta fingendosi offeso «Quali sarebbero gli altri motivi, scusa?»
«Il fatto che i fratelli Stoll sono in superiorità numerica e nessuno dei due sembra intenzionato a lasciare l’incarico molto presto» illustra «Oppure il fatto che non ti importa nulla di diventare capo-cabina».
«Ottimo punto» replica «Comunque è inutile che cerchi di glissare. Ti stai nascondendo e non provare a negarlo. Quello che mi chiedo è da chi. Da Nico o da Victoria. Perché se ti stai nascondendo da Nico, beh credo che stia sprecando tempo. Non mi è sembrato turbato della tua inettitudine con la spada, al contrario credo che Jason lo abbia spedito in infermeria per evitare che riducesse in poltiglia Victoria. La guardava in modo poco rassicurante, da brividi, fidati».
Will finge di non aver sentito il commento dell’amico, riprendendosi le liste.
«Ritengo solamente che per oggi è meglio se me ne stia lontano dai campi di addestramento, dove tu invece dovresti essere. Chirone non ha nulla in contrario al fatto che io mi prenda una pausa adempiendo ugualmente ai miei doveri, ma dubito che sarebbe felice di trovarti qui con me a non far nulla».
 
Dall'altra parte del falò Nico sta ridendo e a quella vista Will sente il proprio cuore riscaldarsi e di riflesso sorride. Allo stesso tempo però non riesce ad impedire ad un senso di fastidio di guastare quella piacevole sensazione. Perché Nico sembra sereno ma non è lui a provocare la sua risata — è Jason.
Il figlio di Ade non sopporta il contatto fisico, però sembra non dargli fastidio se a toccarlo è il semidio romano. Intuisce dove lo stiano conducendo i propri pensieri e cerca di ostacolarli, distraendosi. Summer gli passa un mashmellow, ma perfino la caramella ha un sapore acido e lo sguardo continua a tornare su Nico. Trascorrono altri dieci minuti in cui i sentimenti negativi superano quelli positivi e quando si rende conto che potrebbe compiere qualche azione avventata (che suo padre approverebbe, ma di certo non lui) decide di tornarsene nella sua Cabina.
La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia la carne di cui si nutre, gli sussurra una voce nella sua testa, ma Will zittisce lei e le reminiscenze shakespeariane conseguenza della passione di sua madre per la letteratura inglese. Lui non è geloso, non ne ha motivo; questo si ripete mentre si prepara per andare a letto, allontanando il pensiero che Nico nemmeno si è accorto che ha lasciato il falò. Una volta sdraiato si rende però conto di non avere sonno, di essere anzi piuttosto sveglio.
Passa la successiva mezz'ora a rimuginare sulla giornata e su Nico e alla fine deve arrendersi all'evidenza.
È definitivamente e irrimediabilmente geloso.

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Capitolo 9
*** Stubborn and aggravating ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale, commedia, sentimentale
Avvertimenti: oneshot, headcanons
Note: incredibile ma vero, questa volta non ho molto da dire. Non ho nulla da dire. Se non che ho questo headcanon di Nico terribile nel giardinaggio, che fa morire tutte le piante che tocca (un po come mia nonna).
 
 
 
 
 
He’d always thought of Will as easygoing and laid back. Apparently he could also be stubborn and aggravating.
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 
 
«Lo sai che tutti credono che stiamo insieme?»
A sentire quella frase, pronunciata con un tono così rilassato e disinvolto, Nico rischia di soffocarsi. Il succo che sta bevendo, infatti, gli va di traverso e quasi gli esce dal naso; passa i successivi cinque minuti a tossire ed asciugarsi, evitando qualsiasi contatto visivo con Will e cercando disperatamente una risposta da dare.
Ma quando il pericolo passa (senza che l'altro abbia fatto alcunché e Nico è grato di questo, non sarebbe riuscito a sopportare il contatto) la risposta ancora non ce l'ha e non ha idea di come uscire da quella situazione imbarazzante.
«Ah sì?» chiede con più noncuranza possibile, fingendo indifferenza. Nonostante siano amici non hanno mai parlato di interessi amorosi e cose del genere. Nico non gli ha detto di Percy e Will non ha mai nominato ragazze (o ragazzi) che possano piacergli. E ora il figlio di Apollo se ne esce con un argomento simile, a colazione per di più, quando tutti possono sentirli.
Will annuisce e lo guarda dritto negli occhi: troppo tardi per scappare o anche solo per distogliere lo sguardo.
La sua salvezza è alta un metro e forse cinquanta, ha i capelli rosa e passa accanto il tavolo di Ade al momento giusto, cercando aiutanti per qualcosa. Nico non si preoccupa nemmeno di ascoltare ciò che la ragazza sta dicendo, si offre volontario immediatamente. Tutto pur di non dover affrontare quella situazione.
 
Quando Lou Ellen gli mette una vanga in mano guarda stranito prima lei e poi l’attrezzo, quindi il campo soleggiato in cui si trova.
«Come ci sei finito in tutto ciò?» gli chiede Cecil. Lui la vanga la tiene sulle spalle e ha un’aria molto rilassata, come se tra qualche minuto non dovesse scavare e sudare.
Nico ha sul volto la sua miglior espressione da me lo chiedo anch’io.
«Ero nei paraggi» risponde evasivo «Tu?»
«Sono un habitué. Aiutare nei campi è il modo migliore per poter ammirare quelle belle pollastrelle delle figlie di Demetra, non so se mi spiego».
 
«Senti per l’incidente…» inizia dopo un po’ che stanno scavando, fermandosi per qualche secondo e appoggiandosi alla vanga – possibile che sia già stanco? E possibile che abbia già le vesciche?
«Mi hai già chiesto scusa» lo interrompe Cecil e gli rivolge uno sguardo rassicurante «E io le ho accettate. Quindi davvero, stai tranquillo. Inoltre durante la degenza ho ricevuto un discreto numero di visite, a quanto pare le donzelle di questo Campo vanno pazze per i figli di Ermes infortunati».
Nico annuisce, un accenno di sorriso ad increspargli le labbra perché Cecil è incorreggibile, e riprende a vangare.
I pensieri tornato a quella mattina e a Will – in quell’ultimo periodo non riesce a toglierselo dalla testa. Will che è sempre così rilassato e sereno da essere irritante, Will testardo che non ha mai smesso di cercare un rimedio all’oscurità che gli si annida nel petto, Will che non si è mai arreso con lui. Conta i mesi che sono passati da quando le loro strade si sono incrociate dietro le linee nemiche, da quando gli ha preso le mani e gli ha chiesto se avesse mai fatto nascere un bambino, perché lui lo aveva fatto e ancora tremava. Senza rendersene conto sorride al ricordo, perché erano in guerra, Gea stava per risorgere e Octavian stava per distruggere il loro Campo, ma Will gli aveva preso le mani. Si chiede se anche il figlio di Apollo avesse sentito la scossa che lo aveva attraversato in quel momento, ma più ancora si chiede cosa ci abbia visto Will (Will che è sempre stato nella luce, che non ha conosciuto altro) in uno come lui.
 
«Non andiamo a pranzo?» chiede guardandosi attorno. Gli altri semidei sono ancora intenti a vangare e togliere erbacce e lo fanno di buona lena, come se quella fosse l’attività più bella del mondo.
«Pranziamo qui» gli spiega Cecil, osservando Miranda dare indicazioni a due figlie di Iris «Fra poco Lacy arriverà con i cestini».
Non lo entusiasma l’idea di fare un pic-nic, ma trova ancora meno all’allettante dover tornare al Campo dove Will lo starà aspettando. Al momento fronteggiare il figlio di Apollo è la cosa che più lo spaventa.
«Lo sai che tutti credono che stiamo insieme?»
Il solo pensiero lo fa arrossire.
 
«Scusatemi» mormora mentre Miranda guarda con orrore la fila di piantine morte. Mai come in quel momento vorrebbe un po’ di ombra per nascondersi, ma nei campi il sole batte a picco da quella mattina. È un incubo.
«Non ti preoccupare» lo tranquillizza Katie «Sono cose che possono capitare, non è successo nulla».
«Non è successo nulla?» sfiata l’altra ragazza, indicando i cadaveri verdi e risecchiti davanti a lei.
«Esatto» replica la maggiore delle figlie di Demetra con tranquillità «Sistemiamo noi».
Nico è mortificato; sembra che ovunque vada, qualsiasi cosa faccia le cose vadano storte. È piuttosto sicuro che parte (buona parte) della colpa sia da attribuire a suo padre e ai poteri che da lui ha ereditato, il che non migliora la situazione.
 
Molto diplomaticamente Katie lo ha assegnato alla costruzione della nuova rimessa degli attrezzi. È grato alla ragazza per non averlo cacciato in malo modo e per avergli impedito di tornare al Campo dove c’è Will (e non è ancora pronto per affrontarlo), tuttavia non comprende perché quel lavoro non venga svolto dalla Cabina 9. I figli di Efesto sono sicuramente più indicati di lui per un simile lavoro, ma ben presto realizza tutti sono più indicati di lui.
«Hey Nico!» lo chiama Jason «Cosa stai facendo?»
Non lo so, vorrebbe rispondergli.
«Do una mano, credo».
 
Il tentativo di aiutare le figlie di Demetra, dopo una giornata particolarmente soleggiata e costellata di incidenti, termina con Nico e Cecil in infermeria. Questa volta per motivi diversi: il figlio di Ermes sembra aver cercato di abbordare una delle semidee e senza molto successo, il figlio di Ade, invece, si è procurato un’insolazione che per poco non lo faceva stramazzare al suolo con i due ceste di fragole – e poi chi l’avrebbe più sentita Miranda.
Ad aspettarli con il camice addosso (e infradito ai piedi) c’è Will, sul volto un'espressione indecifrabile che forse vuol dire vi sta bene o forse idioti, avevo di meglio da fare che badare a voi. Il figlio di Ade non è certo di quale sia la corretta interpretazione e considerando che da quel «Lo sai che tutti credono che stiamo insieme?» non hanno più parlato, è ben felice di ubbidire agli ordini del semidio senza fiatare e aspettarlo dietro il paravento.
Allo stesso tempo, però, l'idea di restare da solo con lui una volta che avrà finito di sistemare Cecil lo fa rabbrividire perché sa che Will vorrà affrontare l'argomento, mentre lui vuole solo continuare a far finta di niente.
Intento com'è a suturare il braccio del figlio di Ermes, Nico decide di tentare la fuga. Ripetendosi ora o mai più, scende dal letto e facendo meno rumore possibile (cosa in cui eccelle) si avvia all'uscita. Ora...
«Dove credi di andare?» gli chiede Will, senza nemmeno alzare lo sguardo.
...o mai più.
«Mi sento meglio» mente, perché la nausea non è diminuita e ha mal di testa e potrebbe ancora avere le vertigini. Il guaritore ovviamente non si lascia ingannare.
«Tu. Letto. Subito» gli dice lapidario, lanciandogli un'occhiata che non ammette repliche. E per quanto Nico sia tentato di protestare e ribattere che non può trattarlo così, che è il figlio di Ade e lui non vuole avere a che fare con un figlio di Ade arrabbiato, torna sui propri passi perché è tropo stanco e i capogiri sono aumentati. È in quel momento che sente il commento di Cecil e desidera essere inghiottito dalla terra in quel preciso istante.
«Solace, che diretto. Ti credevo uno da cena e film e poi letto».
 
Non riesce nemmeno a guardarlo e lo stesso si sente il volto andare a fuoco, più di quanto lo sia già.
La situazione è talmente imbarazzante che Nico vorrebbe... A quel punto non sa nemmeno lui cosa vorrebbe. Scomparire? Uccidere Cecil? Tornare indietro nel tempo?
Da quando lo ha raggiunto, Will non ha detto una parola e la cosa dovrebbe fargli piacere, se non fosse che teme possa essersi arrabbiato. E lui non sa cosa fare.
Sempre in silenzio, il figlio di Apollo inizia a visitarlo e a curarlo. Ed è così strano, di solito Will parla: dice cose, scherza, lo rimprovera. Di solito sorride e anche se si rifiuta di alzare il capo per guardarlo, è certo che ora non stia sorridendo.
«Sei arrabbiato — Ahi
Nico è quasi certo che lo abbia fatto apposta a stringere così forte la fasciatura.
«Che ti prende?!» chiede senza pensarci, ritirando la mano «Di solito sei più gentile».
«Sono gentile con chi se lo merita» ribatte Will «E tu mi hai ignorato per tutto il giorno».
Nico apre la bocca per ribattere, ma poi la richiude. È stato così spaventato dall'idea di dover chiarire la loro situazione che ha finito per fare la cosa che gli riesce meglio — scappare.
«Scusa» mormora senza guardarlo negli occhi — se lo facesse Will sarebbe in grado di leggere la verità nei suoi e non è ancora pronto per questo.
«Scusa» ripete.
E grazie. Questo non lo dice (grazie per non aver insistito, grazie per aver fatto un passo indietro, grazie per avermi ricordato che non devo più scappare) ma è sicuro che Will abbia sentito lo stesso.

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Capitolo 10
*** Electric current ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: sentimentale
Avvertimenti: oneshot, headcanons
Note: gente siamo a -1!
  • C’è un’imprecisione, in quanto caccia alla bandiera la fanno dopo cena mentre in questo capitolo accade il contrario. Non fateci caso.
  • Lo schiniere è una parte dell’armatura (nonché l’unica che io ricordi) e ho sempre desiderato citarla in una mia storia. Achei schinieri robusti.
  • La rimessa delle canoe finisce sempre per essere citata, alla fine. Nel mio headcanons i semidei vanno a farci cose (o semplicemente a riposare sul tetto, quindi immaginatevi tutto ciò che Cecil può aver visto da quella posizione).
 
 
 
 
He took Nico’s hand, which sent an electric current down Nico’s spine.
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 
Will si rende conto di averlo spaventato e l'ultima cosa che vuole è che Nico si richiuda nuovamente in se stesso. Quindi fa un passo indietro, non accenna più a loro due e a quello che gli altri pensano possano essere.
Evita di guardarlo troppo a lungo e troppo insistentemente, si impone di non mollare più niente a metà per correre da lui, frena il desiderio di prenderlo per mano e baciarlo. Ed è dura, ma ce la fa.
Per i primi giorni riesce a tenere a bada i propri sentimenti e al termine della seconda settimana si stente un martire. Perché Nico ora lo cerca e ogni tanto addirittura gli sorride, ma sa che basta un solo passo falso, una sola mossa azzardata per far crollare quel fragile equilibrio che si è creato nell'arco di un anno e Will ha scoperto che tiene al loro rapporto più di quanto avrebbe mai immaginato. E quello che hanno è qualcosa di prezioso, da custodire con cura.
 
«Lo stai consumando» osserva con noncuranza Cecil, passandogli uno schiniere.
«Io cosa?» chiede portando l'attenzione sull'amico e quando questi gli indica Nico si affretta a negare.
«E ti stai consumando» aggiunge il figlio di Ermes «Non capisco cosa tu stia aspettando».
«L'ultima volta che ho provato ad accennargli a noi, cioè due settimane fa, si è spaventato» ricorda con una smorfia «Non voglio che si spaventi di nuovo e si allontani».
Cecil rotea gli occhi mentre lo aiuta ad allacciare l'armatura: «Questa volta allora non si spaventerà. Sa che c'è questa cosa in sospeso tra voi. Mal che vada ti dice di no. Inoltre sei sempre più distratto. È vero che quando assiste alle tue esercitazioni di tiro con l’arco non riesci a centrare il bersaglio?»
 
«Come hai fatto a non vedere la lancia?» gli chiede Nico, studiando il punto in cui l'arma ha colpito l'elmo.
«Ce lo chiediamo tutti» commenta Ali, mentre esamina la situazione di Will. Niente di grave, solo una botta e un taglio poco profondo all'altezza del sopracciglio destro, ma il capo-cabina dei figli di Apollo è il peggior paziente che si possa avere e Ali non è entusiasta del dover prendersene cura. «Stai fermo» aggiunge spazientito all'ennesimo movimento del ragazzo, prendendogli il mento tra le mani.
«Mi sono distratto un attimo» risponde «E non è successo nulla».
«Chissà a cosa stavi pensando» interviene Cecil, con sorriso sornione poco rassicurante «O a chi».
Will lo fulmina con lo sguardo, mentre Ali aumenta la presa per farlo stare fermo e Nico guarda i due amici cercando di capirci qualcosa.
 
«Non dire una parola» lo avverte, mentre esce dall’infermeria. Cecil lo sta aspettando appoggiato al muro e quando lo vede sorride divertito.
«Gli stavi guardando il sedere, non è vero?» lo ignora il semidio, affiancandolo. Will lo fulmina nuovamente con lo sguardo e si accerta che non ci sia nessuno ad ascoltarli. È già abbastanza imbarazzante essere stato colpito da quella lancia che tutti, tranne lui, avevano visto arrivare; preferirebbe che il motivo della sua distrazione non venisse sbandierato ai quattro venti.
«Spero solo ne sia valsa la pena» continua Cecil, indicandosi la tempia e ridendo. Ha assistito alla scena ed è stata bellissima, uno di quegli incidenti che verranno raccontata davanti al fuoco alla sera e ricordati nei momenti di noia: «Hey, hai presente quella volta in cui Will Solace si è preso una lancia in testa perché non si è spostato?»
«Stavo solo…» inizia, ma l’amico lo ferma e scuote il capo.
«Ti prego» gli dice con un tono mortalmente serio salvo poi mettersi nuovamente a ridere «Per la tua incolumità e per quella del Campo: diglielo che ti piace».
 
Osserva Nico compiere il sacrificio a suo padre e tornare al proprio tavolo e ripensa alle parole dell'amico.
Da quando la guerra li ha avvicinati, il figlio di Ade è diventato un pensiero fisso e nell'ultimo periodo ogni sua attenzione è stata rivolta a lui piuttosto che alle attività che avrebbe dovuto svolgere, tanto da collezionare piccoli incidenti e momenti imbarazzanti.
Non è ancora arrivato a porre in secondo piano l'infermeria, ma a questo punto teme possa accadere e il solo pensiero gli fa passare l'appetito. Perché l'infermeria è tutto ciò che ha di più importante, è la sua eredità e la sua missione e anche in tempi di pace non deve essere trascurata. Sono passati quasi tre anni da quando Lee gliel'ha affidata e ha giurato di occuparsene.
In quel momento vorrebbe potersi rivolgere al fratello: parlare con Lee è sempre stato facile, Lee avrebbe saputo dirgli cosa fare.
Continua ad osservare Nico: vorrebbe alzarsi e baciarlo. Consapevole dell'intensità del suo desiderio e degli effetti collaterali che ha sulla propria attenzione decide di seguire il consiglio di Cecil.
 
Adesso o mai più, pensa durante i festeggiamenti, mentre lui e Nico si ritrovano davanti ad uno dei falò. Tutto attorno ci sono semidei in festa, satiri che suonano e ninfe che ballano, ma nessuno sembra badare a loro. Non ci sarà mai il momento giusto, quindi adesso o mai più.
«Mi piaci».
Dirlo è una liberazione.
Nico approfitta delle ombre proiettate dalle fiamme per nascondersi, Will però è piuttosto sicuro di averlo visto arrossire.
«Ma?»
La voce del semidio è appena un sussurro.
«Ma?» ripete il figlio di Apollo cercando il suo sguardo «Non c'è alcun ma. Tu mi piaci, Nico Di Angelo. O forse dovrei dire: sono innamorato di te. È più chiaro così?»
Il ragazzo non risponde e Will immagina di dovergli lasciare altro tempo. In fondo il figlio di Ade ha quasi un secolo di vita ed è nato negli anni '30: altri tempi, altri modi di pensare. Lui invece è un ragazzo del XXI secolo, sua madre non si è scomposta quando ha scoperto che suo figlio era gay e i suoi fratelli lo hanno sempre supportato. E suo padre, beh, suo padre ha avuto centinaia di amanti, di entrambi i sessi.
«Sono innamorato di te» ripete lentamente «Tu pensaci. Non voglio metterti fretta».
A quel punto Nico fa una cosa inaspettata: allunga la mano e gli afferra il braccio, uscendo dal cono d'ombra. Il contatto dura poco, ma il figlio di Apollo avverte una scossa partire dal punto in cui lo ha toccato – esattamente come la prima volta che gli ha preso le mani.
Nico tiene lo sguardo basso mentre gli parla, ma Will sente il proprio cuore fare le capriole. Non potrebbe essere più felice.
«Anche.... Anche tu mi piaci».
 
La mattina dopo Nico non è sicuro di quello che è accaduto ed esce dalla propria Cabina con la sensazione di camminare almeno cinque centimetri da terra; il che non è possibile perché la avverte chiaramente l’erba e il terriccio sotto i propri piedi, ma si sente così leggero che davvero potrebbe volare.
Non appena individua Will seduto al proprio tavolo, con i suoi fratelli il cuore inizia a battere freneticamente e la sensazione avvertita prima scompare. All’improvviso la terra gli sembra fin troppo concreta sotto le suole degli anfibi e i dubbi hanno la meglio: e se avesse sognato tutto?
Ma ha la certezza che non è stato il frutto della sua immaginazione dal modo in cui Will alza il capo dalla propria colazione e gli sorride (è un sorriso radioso, è un sorriso solo per lui, è un sorriso eccoti finalmente, ti aspettavo) e glielo ricorda il modo in cui Will gli sta accanto, rispettando i suoi spazi e i suoi tempi, ma senza mai lasciare il suo fianco.
 
Il sole si sta abbassando sulla linea dell’orizzonte quando si ritrova sdraiato sul tetto della rimessa delle canoe insieme a Will, Cecil e Lou Ellen. È questa la sua vita ora; vorrebbe che anche Bianca ne facesse parte, vorrebbe poterle dire «Ce l’ho fatta», ma non lascia più che questo ostacoli la sua felicità. E comunque adesso c’è Hazel, può dirlo a lei. Non è la stessa cosa, certo, ma forse è anche meglio, perché Bianca è il passato mentre Hazel è il presente e il futuro.
Una decina di minuti dopo il sole incendia il cielo e i loro amici decidono di tornare alle proprie Cabine. Se sanno, non hanno fatto allusioni, il che è una sfida conoscendo Cecil e la sua incapacità di tenere la lingua a freno (probabilmente ha a che fare con l’essere il figlio di Ermes); quindi probabilmente non sanno davvero nulla.
«Non hai detto loro niente».
Sono rimasti soli sul tetto e Will si gode gli ultimi raggi di sole con gli occhi chiusi e un’espressione rilassata sul volto.
«No».
«Perché?» chi chiede, voltando il capo verso di lui, scoprendosi a pensare quanto sia bello il profilo di Will.
«Aspetto che tu sia pronto» gli risponde, voltando anche lui il capo e guardandolo dritto negli occhi.
Nico annuisce ed entrambi tornano ad osservare il cielo, il tramonto che sfiorisce all’orizzonte mentre le prime stelle brillano sempre più coraggiose e intense.
La sera al Campo porta con sé la stanchezza della giornata e i profumi della notte, l’odore speziato dei primi sacrifici, le voci degli amici e dei fratelli che si siedono insieme, le risate e i clangori degli ultimi combattimenti nell’arena. Profumi e rumori che con il tempo ha imparato ad apprezzare – ad amare.
A distanza di un anno e cinque mesi dalla fine della guerra, Nico realizza di essere felice lì dov’è, di essere a casa.
Allunga la mano e cerca quella di Will, la trova calda e pronta a stringersi alla sua. Gli ultimi minuti prima della cena li passano così e Nico è certo di sentirlo sorridere.

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Capitolo 11
*** That's the trick ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale, commedia, sentimentale
Avvertimenti: oneshot, headcanons, (spoiler?)
Note: THIS IS THE END! 
OMG QUESTA È LA PRIMA LONG CHE PORTO A TERMINE e per di più è slash, vorrà dire pur qualcosa non so cosa.
  • Ringrazio i lettori silenziosi e chi invece ha recensito, tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/le seguite (omg siete tantissimi vi amo).
  • Ho cercato di rendere Nico il meno OOC possibile, non sono certa di esserci riuscita, scusate.
  • La patelletta fa parte delle protezioni usate dagli arcieri ma non ho ancora capito in cosa consista.
  • Headcanon 1: Will riesce ad allontanare gli incubi di Nico; non si sa se è perché è un guaritore o se è semplice suggestione, ad entrambi va bene così.
  • Headcanon 2: i Sette sono delle pettegole e uno dei loro argomenti preferiti è Nico e la sua vita sentimentale.
  • Headcanon 3 (spoiler alert): Leo è vivo e vegeto e prima di tornare al Campo si fa una vacanza con Calipso. Questa in realtà è solo una delle versioni che ho sviluppato nella mia mente (torna subito, torna a distanza di molti anni, torna che gli altri sono tutti morti perché ad Ogigia il tempo scorre diversamente e se ne aggiungeranno altre, me lo sento), ma senza dubbio è la mia preferita.
  • Headcanon 4: le figlie di Afrodite (capitanate da Lacy) colgono ogni occasione per spingere Will e Nico l’uno nelle braccia dell’altro.
  • Chiaramente la storia di Will e Nico (ma anche tutti gli altri) non è conclusa. Questo è solo un capitolo delle loro vite. Quindi se ve lo state chiedendo, la risposta è sì. Sì ho in progetto altre solangelo, molte altre solangelo a dire la verità. Alcune potranno ricollegarsi agli eventi qui narrati, altre saranno AU, ce ne saranno pure di p0rn. Le troverete sparse un po’ qui e un po’ lì.
 
 
 
 
«Getting a second life is one thing. Making it a better life, that’s the trick».
The Blood of Olympus, Rick Riordan
 
 
Si stende nuovamente tra le lenzuola sgualcite e prova a riaddormentarsi, ma davanti a sé vede ancora Bryce Lawrence. Ha fatto un altro incubo ed era da un po’ che i suoi sogni non lo tormentavano. Immagina che per un figlio di Ade non ci sia mai davvero pace.
 
Will osserva le sue occhiaie con aria seria e se è preoccupato cerca di non darlo a vedere, ma si tradisce quando indugia con la mano sulla sua guancia e il suo sguardo si illumina di una luce triste, addolorata. Nico vorrebbe che non interrompesse quel contatto, perché è caldo e piacevole, ma non ha il coraggio di dirlo.
«Questa notte resti in infermeria».
«Non ce n’è bisogno».
«È vero» ammette, mentre fa scivolare la mano sulla sua spalla «Ma sono più tranquillo a saperti qui».
«Cosa cambia tra la Cabina e l’infermeria, comunque…»
«Puoi farmi questo piacere?»
Nico annuisce, intontito dalla vicinanza di Will. È con dispiacere, quindi, che scende dal lettino delle visite e raggiunge la porta. Ha una lezione di scherma con Jason e non è il caso di far aspettare l’amico e la classe, tuttavia prova il desiderio di reste solo con il figlio di Apollo ed è una cosa strana, una cosa nuova.
 
È sveglio e teso quando sente qualcuno entrare in infermeria e raggiungere il suo letto. Non deve voltarsi per scoprire che si tratta di Will, chi altri potrebbe essere? Il semidio solleva le coperte senza dare spiegazioni e si stende al suo fianco.
«Cosa…?» chiede, ma l’altro lo interrompe e gli mette con naturalezza una mano sul fianco, stringendolo a sé. Nico è grato dell’oscurità, perché è certo di essere arrossito.
«Shhh» gli dice, la voce impastata dal sonno «Va tutto bene, ora dormi».
Nico realizza che Will si è già riaddormentato dal respiro regolare che soffia sul suo collo e scopre che quella vicinanza non gli dà fastidio, anzi è addirittura piacevole, qualcosa a cui potrebbe abituarsi. Si rilassa.
Se un anno prima gli avessero detto che una notte un figlio di Apollo avrebbe infratto le regole del Campo per lui, per farlo sentire al sicuro (perché è così che si sente, protetto), non ci avrebbe mai creduto perché il Re degli Spettri non aveva nessuno oltre se stesso e non credeva di meritare nessuno. Adesso invece ha il braccio di Will attorno alla vita e nel silenzio della notte può sentire il battito del suo cuore; è un suono rassicurante.
Lentamente anche Nico scivola nel sonno, scordandosi dei suoi incubi e di ciò che Chirone e gli altri potrebbero dire se li trovassero così.
 
«Dormito bene?»
Non c’è malizia nella voce di Jason, ma Nico non può fare a meno di arrossire al pensiero che quella notte Will è stato lì con lui e lo ha stretto a sé. Automaticamente la mano corre al punto del materasso su cui fino a nemmeno un’ora prima c’era il figlio di Apollo e lo trova ancora tiepido. Come ogni mattino deve essersi alzato presto ed è stato attento a non svegliarlo, anche se ad un certo punto gli è sembrato lo abbia baciato sulla guancia così vicino alle labbra; ma potrebbe averlo sognato, Nico non ne è sicuro. Sa che non poteva restare e che se fosse stato scoperto si sarebbe ritrovato nei guai, ma scopre che un po’ gli dispiace: una piccola parte di sé avrebbe voluto svegliarsi e trovarlo ancora al proprio fianco.
Jason lo sta ancora guardando con sincero interesse, così Nico si ricorda di dover rispondere.
«Sì, sono riuscito a riposare».
«Mi fa piacere» commenta il ragazzo con un sorriso, porgendogli un vassoio con la colazione. È sul punto di alzarsi e andarsene, quando decide di restare e lo guarda con aria indagatoria.
«Non devi dirmi niente?»
Nico lo guarda con un’espressione interrogativa, metà cornetto in bocca e in mano una tazza di caffè.
Jason continua a fissarlo e sembra cercare le parole giuste.
«Tu e Will state insieme?»
Il figlio di Ade vorrebbe non essersi svegliato e arrossisce. Che abbia visto il ragazzo uscire dall’infermeria (o peggio, dal suo letto) invece che dalla propria Cabina?
«Perché?» chiede con voce stridula e l’amico scrolla le spalle.
«Credo che lui sia interessato a te» risponde «Cioè, ne siamo piuttosto sicuri. All’inizio, un anno fa, lo sospettavamo e basta. Però adesso i segnali ci sembrano evidenti. E sembra anche che tu potresti ricambiare».
«Da quando il pluralis maiestatis?» domanda, tergiversano.
«Io e Piper» gli spiega Jason.
«No aspetta, tu e Piper parlate di me e Will?»
«Sì» risponde il ragazzo, salvo poi aggiungere «E Reyna ogni tanto. E Hazel e Annabeth».
Nico è sicuro che questa sia una delle cose più imbarazzanti che abbia mai sentito e gli ricorda il discorso avuto con il figlio di Poseidone.
«E magari in queste conversazioni si aggiunge pure Percy» commenta, grondando sarcasmo, ma quando vede l’amico annuire prima impallidisce e poi arrossisce. Non riesce a credere che sua sorella e i suoi amici discutano della sua vita sentimentale: non è solo imbarazzante, è inquietante e Jason continua a guardarlo aspettando una risposta.
«Se ti dico sì, tu ora sparisci e la smetti di usarmi come argomento di conversazione con la tua ragazza?»
Il volto di Jason si illumina e dietro le lenti gli occhi sembrano esclamare lo sapevo io!
Nico gli indica la porta e scivola sotto le coperte.
 
«Potrei aver detto a Jason che stiamo insieme» inizia con il tono più casuale che ha in repertorio «Che potrebbe averlo detto a Piper che potrebbe averlo riferito a Reyna e ad Annabeth che potrebbero averlo detto a Hazel e Percy che –».
«Che sollievo» lo interrompe Will «Non ne potevo più dei commenti di Cecil e degli sguardi di Lacy».
«Lacy?» chiede cercando di fare mente locale, ma gli risulta un po’ difficile con il figlio di Apollo seduto al suo fianco, così vicino che le loro spalle si toccano.
«Bionda, bassa, la sorella di Piper» spiega «Non ti sei accorto che ci spiava?»
Nico scuote il capo; non sa se essere più preoccupato per essere stato seguito o per non essersene accorto.
«Ed è sempre lei ad aver disseminato il Campo di vischio a Natale» aggiunge Will e questa volta è il suo tono ad essere casuale.
 
«Ancora incubi?» gli chiede Jason qualche giorno dopo, notando la sua aria stanca. Si stanno avviando al campo d’addestramento per una lezione e Nico ha l’aspetto di chi non ha chiuso occhio.
«No» risponde ed è la verità. Il sonno, quella notte, non è stato turbato da incubi, anzi. I suoi sogni sono stati piacevoli, sono stati bei sogni, talmente belli che avrebbe preferito non svegliarsi. Perché in questi c’era Will e c’era anche lui e facevano ciò che una coppia fa di solito: si baciavano. Poi però ha aperto gli occhi, non erano nemmeno le quattro del mattino, ed era accaldato (eccitato) e da quel momento non è più riuscito ad addormentarsi. Ha passato le restanti ore a rigirarsi tra le lenzuola, cercando inutilmente di calmarsi.
 
Quando finisce in infermeria e non trova Will in parte ne rimane deluso, ma per lo più è sollevato. Ali gli medica la ferita in silenzio e non fa domande, mentre il fratello ne farebbe fin troppe e Nico non ha voglia di spiegargli che se si è infortunato è perché stava pensando a come sarebbe baciarlo.
Non ha proprio idea a come possa essere arrivato a quel punto: è il figlio di Ade, il Re degli Spettri, lui non perde il controllo della propria spada. Per cosa poi? Perché si è infatuato di un irritante, biondo figlio di Apollo che sorride sempre? Non che essere biondi sia davvero una colpa, ma essere biondi ed essere Will Solace lo è di sicuro. Ridere come ride Will Solace è certamente una colpa e arricciare le labbra come lo fa lui lo è ancora di più. Si chiede come sia potuto accadere; infatuarsi di quel ragazzo, che pessima idea.
Ali ha ormai finito quando l’oggetto del suo malumore arriva e sospetta che ad informarlo della sua presenza in infermeria sia stato Jason – è sempre Jason.
«Che ci fai qui?» gli chiede con un tono più burbero di quanto volesse, ma il ragazzo non sembra curarsene.
Ali li lascia senza dire una parola e per un istante è quasi tentato di aggrapparsi al suo braccio per farlo restare, perché non vuole rimanere solo con Will, ma si trattiene perché lui è Nico Di Angelo, il figlio di Ade, il Re degli Spettri e ha una reputazione da conservare. Cinque minuti dopo, quindi, si ritrova a fronteggiare il semidio. Dall’abbigliamento (indossa ancora le protezioni, dal parabraccio alla patelletta) intuisce che stava tirando con l’arco, probabilmente insieme ad Austin. È una cosa che non ammetterà mai, ma gli piace quella tenuta, così come gli piace il camice medico.
«Mi hanno detto che il mio ragazzo si è infortunato» risponde sereno, fin troppo forse «Sono passato a trovarlo».
«Non intendi dunque controllare l’operato di tuo fratello» commenta dubbioso, arrossendo (non lo aveva mai chiamato il suo ragazzo).
«Affatto» replica, togliendosi la patelletta e avvicinandosi.
Nico non è certo di quello che sta succedendo e quando Will gli sfiora le labbra con le proprie rimane a fissarlo con gli occhi sgranati e le gote arrossate. Annuisce appena, rispondendo ad una tacita domanda che aleggia nell’aria già da un po’, ma non è certo di essersi mosso e che l’altro abbia colto. Sta quindi per parlare (non sa nemmeno lui per dirgli cosa esattamente, di continuare molto probabilmente) che Will torna ad interessarsi alle sue labbra; per fortuna, pensa, perché non si ricorda più come si formula una frase. Questa volta è un bacio a stampo che dura quanto basta perché Nico trovi il coraggio di allungare una mano e posarla sulla spalla del semidio. Per quanto lo trovi irritante, Will è anche molto affascinante, decisamente bello e incredibilmente disponibile; la coerenza sembra non essere il suo forte nell’ultimo periodo, ma non se ne cura.
Restano così, labbra contro labbra per un tempo indefinito che potrebbe essere una vita intera o un secondo, quando si rende conto che con la scusa dei loro corpi vicini Will gli sta controllando la fasciatura.
«Tu!» inizia, ma non sa bene come continuare perché ancora non riesce a parlare e la voce gli esce rauca «Tu hai…».
Will ride e lo abbraccia e Nico alla fine non riesce a liberarsi (e non vuole) perché l’altro ha ripreso a baciarlo e questa volta si tratta di un vero bacio. Si aggrappa alle sue spalle e l’ultimo pensiero che riesce a formulare è che sta baciando un ragazzo, il suo ragazzo.
 
Austin irrompe come una furia nell’infermeria inciampando in uno dei letti all’ingresso. Dietro il paravento Nico viene strappato dal limbo in cui stava precipitando e allontana bruscamente Will da sé: il fianco del ragazzo finisce per cozzare contro il bordo di un mobile, ma questi incassa il colpo limitandosi ad una smorfia di dolore.
«Austin cosa…»
«È Leo!» esclama l’altro figlio di Apollo «È Leo Valdez, è vivo, è tornato!»
Will e Nico si scambiano un’occhiata veloce prima di correre fuori dall’infermeria.
Nessuno dei due ha idea di come il figlio di Efesto sia riuscito ad ingannare la morte e sono piuttosto sicuri che quella diventerà una Storia con la S maiuscola. Sembra inoltre che Leo Valdez abbia fatto il suo ingresso in grande stile, con tanto di drago e fanciulla al seguito.
Arrivano giusto in tempo per assistere a Piper che scavalca un paio di ragazzini, raggiunge l'amico e gli assesta un pugno nello stomaco, salvo poi abbracciarlo. Subito Jason è al loro fianco e li stringe a sé come se non volesse più lasciarli andare, gli occhi lucidi dietro le lenti degli occhiali. Nico conosce bene l'abbraccio spezza costole del figlio di Giove e ha la sensazione che quando avranno finito con lui, Leo Valdez avrà bisogno di una visita in infermeria.
 
«Ne sapevi qualcosa?» gli chiede Will quella sera, raggiungendo al falò davanti al quale se ne stava solo.
«Forse» risponde lui osservando il fuoco «Avvertivo la sua morte, ma allo stesso tempo c'era qualcosa di strano. Tuttora non ho idea di come sia riuscito a salvarsi».
«Ho la sensazione che ce lo racconterà lui, un'infinità di volte».
Nico sorride. È felice che Leo ce l'abbia fatta, che i Sette si siano riuniti, che almeno per il momento i mostri non siano più un problema, che ci sia Will accanto a lui. Non è così ingenuo da credere che quello sia il loro lieto fine, che non soffriranno più, che nessuno morirà più. Ma è fiducioso, perché Gea è stata sconfitta ormai un anno prima e i suoi incubi non lo tormentano da un po' e ha amici, ora, su cui contare; ha una Cabina che assomiglia un po' meno all'antro di un vampiro e un po' più alla camera di un quindicenne, con tanto di cuscino floreale che però non ha cuore di buttare perché regalo del Coach.
Quando sente la mano di Will sfiorare la propria, non si sottrae al contatto anzi lo cerca ed è bello sentire le dita dell'altro intrecciarsi alle sue. Pelle contro pelle. C'è un tempo per ogni cosa e quello di fuggire e nascondersi è finito già da un pezzo.
«Che ne dici, li raggiungiamo? Credo che sia arrivata anche tua sorella».
Quello, è il tempo di vivere.

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