Le parole che solo io e te non capiamo.

di Philly123
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno indietro. ***
Capitolo 2: *** La camminata ***
Capitolo 3: *** Non ci credo, sei qui. ***
Capitolo 4: *** Sei mio. ***
Capitolo 5: *** Modeling. ***
Capitolo 6: *** Back in town. ***
Capitolo 7: *** Rincontrarsi. ***
Capitolo 8: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Ritorno indietro. ***


Entrando in casa sento l’odore acre delle case di campagna, l’odore della mia adolescenza.
Erano diversi anni che non tornavo in Italia, avevo già rivisto i miei genitori, al sud, per poi fermarmi al paese in cui avevo passato tutte le estati della mia adolescenza, in quella casa.
Il pavimento di legno mi scricchiola sotto i piedi e io ricordo istantaneamente di dover togliere le scarpe per non sporcarlo, un’abitudine che avevo dimenticato. Spingo leggermente le valigie, con il cartellino su cui c’è scritto “Please return to: Clara Vella”.
I vetri alle finestre sono stati spalancati, probabilmente da chi aveva pulito la casa, ma le veneziane verdi sono chiuse, e nascondono la stanza piccola e rustica alla luce del sole.
Nel mio paese, posizionato sulle Prealpi lombarde, d’estate c’è un’aria frizzantina e pulita, completamente differente da quella di Londra. La stanza riprende vita appena do un colpo secco alle veneziane, facendole spalancare. All’esterno, il panorama è sempre quello che ricordavo nella mia immaginazione: le montagne verdi, ricoperte da erba, alberi e molte macchie di colore con i tetti spioventi, sul fondo della vallata il lago immerso in una leggera nebbiolina che ne nasconde i contorni.
Sto per commuovermi quando il mio telefono risuona nella stanza vuota.
-Pronto?-
-Hey, com’è andato il viaggio? Qualche intoppo?- chiede una voce maschile squillante e familiare, la voce di Jamie.
-No, tranquillo, sono stata fermata qualche volta, alcune ragazze scalpitanti che gridavano il tuo nome e volevano picchiarmi, ma niente di che- rispondo con un sorriso sulle labbra. Sorrido sempre a quel modo mentre parlo con lui, nonostante sià già passato un anno e mezzo da quando abbiamo ufficializzato la nostra relazione.
-Cosa? Sul serio? Non ti hanno fatto niente vero?- La sua voce si abbassa di qualche ottava ma le ultime parole escono fuori in fretta, quasi impiastricciate.
Rido sonoramente prima di riprendere fiato. –No, stupido, mi sono inventata tutto, sono stata fermata ma nessuno ha fatto il tuo nome, smettila di pensare di essere al centro dell’attenzione!- concludo con un’altra lunga risata.
-Maledetto me che mi preoccupo. Ci sentiamo più tardi, va bene? Ti amo.- la sua voce esce di nuovo a un tono normale. Un sospiro la interrompe prima del “ti amo” un po’ troppo malinconico.
-Ti amo.- rispondo, riagganciando. Guardo il cellulare ancora per qualche istante, rimirando la sua foto profilo che appare durante le chiamate.
Jamie e io siamo molto uniti da quando, da due anni a questa parte, ci siamo conosciuti per lavoro.
Quando quattro anni fa sono andata a vivere a Londra non pensavo avrei combinato niente di buono: ero partita senza un soldo, vendendo macchina e gioielli, senza l’approvazione dei miei, e cercando un lavoro qualsiasi. In Italia avevo studiato all’Accademia di Belle Arti per diventare costume designer ma tutti pensavano che avrei sprecato il mio talento partendo in quel modo.
Quattro anni dopo lavoro nei migliori teatri di Londra, sfoggiando le mie creazioni a un pubblico forbito e selezionato, sopra la pelle dei più grandi attori drammatici del momento. Mi piace anche recitare a teatro, ma solo per passatempo e di recente mi hanno chiamato da un’agenzia come modella “alternativa”. Sul mio corpo, infatti, porto molti tatuaggi, tra cui alcuni anche sulle mani.
La gente mi conosce in molti modi, ma senza bisogno di mentire a me stessa, direi che il fatto di stare con Jamie Campbell Bower sia una delle cose che mi dà più notorietà. Non che mi piaccia, ma è inevitabile. I tabloid sono pieni di nostre foto che continuano a farci, con o senza il nostro consenso.
Questo è un altro motivo per cui sono venuta in questo paese di mille abitanti: staccare la spina, riposarmi e ritrovare i miei vecchi amici.
Ho giusto il tempo di rilassarmi quando vedo che è ora di uscire e raggiungere gli altri. Questa sera farò la narratrice per lo spettacolo dei bambini che si terrà nell’anfiteatro vicino casa. Ho accettato un po’ per far contenti i miei amici e un po’ perché mi sembra di tornare alla mia adolescenza, quando aiutavo gli animatori del campus estivo a organizzare gli spettacoli teatrali.
Prima di varcare la soglia, mi guardo nello specchio lungo del corridoio: i capelli scuri mi contornano il viso e arrivano senza onde fino alla vita, gli occhi dalle iridi quasi nere sono contornati da un trucco impalpabile, l’abbigliamento è semplice, non troppo ricercato ma qua e là lascia intravedere i vari tatuaggi.
Scendo le scale a due a due e mi ritrovo sul prato in pochi secondi, appena fuori dal cancello. L’erba è lucida a causa dell’umidità che già cala insieme alla sera, un brivido mi percorre la spina dorsale e mi stringo nel cardigan.
Nell’anfiteatro noto alcuni ragazzi che montano delle assi di legno a cui, immagino, attaccheranno delle scenografie amatoriali. In un attimo li rivedo tutti: gli amici con cui sono cresciuta.
Daniele mi nota in un attimo, gli occhi si fissano su di me e poi comincia a correre, saltando i gradini a due a due e abbassandosi appena arrivato alla staccionata di legno che delimita l’area. Continuando con la furia di prima si getta addosso a me, stringendomi in una morsa che mi spinge fuori l’aria dai polmoni.
Accorrono tutti, belli come sempre, anche se con qualche anno in più sulle spalle.


*N.D.A.: Come potete notare in questo capitolo, il personaggio principale è Clara, non temete, non sarà così dalla prossima volta.
Clara e Clary non c'entrano un bel sacco di niente, è solo capitato.
Sarebbe stato bello poter differenziare i dialoghi in inglese tra i due con quelli in italiano che Clara fa con tutti gli altri, come li ho in testa io. Immagino però che avrei creato problemi di comprensione.
Grazie mille, non dimenticate di lasciare una nota qui giù.*

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Capitolo 2
*** La camminata ***


Il giorno seguente decido di svegliarmi presto per fare una passeggiata in montagna. L’aria mi stuzzica il naso e il cielo è di un azzurro intenso, sporcato solamente da qualche nuvola grigiastra. I miei scarponi da trekking si incastrano tra le pietre del terreno. Mi sento in pace.
Mi sento in pace finché non squilla il telefono.
Incastro l’auricolare nell’orecchio e rispondo.
-Ciao Clara! Stai passando una buona vacanza? Bello rilassarsi vero?- riconosco subito la voce di Bradley, il mio agente.
-Hey Brad, tutto bene. Come mai mi chiami?- rispondo con il fiatone per la lunga camminata.
-Fai sport, eh? Benissimo, mi raccomando non farti male e non prendere troppo sole-
-Okay, mamma- dico ironicamente –Hai qualcos’altro da comunicarmi o volevi solo farmi la predica?-
-Solo la predica-. Sbuffo sonoramente, un po’ per fare umorismo e un po’ seriamente.
–No, scherzo- continua dopo la pausa. –Ti hanno chiamato per un lavoro. A quanto pare hanno saputo che sei al nord Italia, non chiedermi come. Hanno chiesto di te, dicendo che le location sono ottime. Ti verranno a prendere tra due giorni e un’altra parte del servizio sarà in studio in città. Accetti? Bene, perché ho già detto di sì.-
Amaramente, mi rendo conto di non avere scelta. Un mese di vacanza è già troppo e sembra che non me lo possa permettere. Lo saluto velocemente mentre chiudo il telefono, ancora stordita dalla sua parlantina logorroica.
Riflettendo, mi siedo su una pietra, sorseggiando un po’ d’acqua. Riposo la bottiglietta nello zaino appena in tempo per sentire il telefono squillare nuovamente e anche se vorrei gettarlo dal precipizio, rispondo.
-…ncora, no. Ti ho detto che non voglio. Ora basta- comincia la voce di Jamie, che ovviamente stava già parlando con qualcun altro.
-Pronto?-
-Oh, scusa. C’è un gran casino qui, sono con i ragazzi e mi stavano dicendo delle cose importanti, si è un po’ bevuto credo.-
-Jamie sono le dieci del mattino!- esclamo indignata ma poco stupita.
-Lo so, hai ragione, Dan ha preso queste bottiglie, ci stavamo annoiando..-
-Non hai detto che stavate lavorando?- chiedo perplessa.
Pausa.
-Cosa c’è che non va, Jamie?- continuo preoccupata, non sentendo una risposta.
-Niente, sono solo molto annoiato, mi manchi.-
-Vieni qui!- ovviamente so che questo non si potrà mai avverare.
-Ci avevo già pensato- mi stupisce lui.
Qualche minuto di conversazione dopo attacchiamo.
Jamie fa sempre così, appena si annoia agisce in modo stupido e si caccia nei guai.
Tornando in paese sento il telefono vibrare, ma questa volta è un messaggio: “Prendo l’aereo alle sette di domani mattina. Ti amo.”

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Capitolo 3
*** Non ci credo, sei qui. ***


La mattina del giorno dopo parto molto presto verso l’aeroporto internazionale più vicino. Avevo preso il bus, dormicchiando ancora con le cuffie nelle orecchie, gli occhiali scuri e una sciarpetta di seta colorata a nascondermi dalla luce e dagli sguardi. Indossavo anche il mio piercing al naso, non al lato della narice come quello di Jamie bensì quello tra le due narici, detto septum.
Appena arrivata in aeroporto mi apposto agli arrivi con un leggero (forse un po’ più che leggero) anticipo. Nella borsa tengo un cartello con su scritto “Bower” e con un cuore, che avevo preparato per l’occasione.
Qualche tempo dopo finalmente noto che nel tabellone il volo risulta atterrato, scavalco tutti, facendomi spazio con i gomiti, il cartello tra le mani che mi sudano per l’attesa. Qualcuno a volte mi guarda ma non so se mi stia riconoscendo o se io risulti solo strana.
Finalmente le porte si aprono e le persone cominciano a uscire, di Jamie nemmeno l’ombra. Sporgendomi un po’ lo noto all’interno della sala, intento a farsi fotografare con delle ragazze, un sorriso sornione mi incurva le labbra. Passati alcuni minuti lo vedo finalmente spuntare, noto per prima cosa l’enorme valigia che porta al fianco, accanto al bagaglio a mano: “è un gran vanitoso” penso subito, ma sorrido comunque come una stupida.
Lo fisso e colgo il suo sguardo puntato su di me, gli occhi azzurri sorridenti come le labbra, il viso ancora da bambino. I capelli sono arruffati, porta una camicia chiara un po’ troppo aperta sul davanti, con gli occhiali che tirano ancora di più sulla scollatura e le maniche risvoltate fino all’avambraccio, dei pantaloncini scuri con l’orlo strappato e delle scarpe di tela nera. Tutta quella pelle nuda mette in mostra i suoi tatuaggi e io riesco soltanto a pensare a quanto è bello.
Appena arriva al mio fianco lascio cadere il cartello e lo abbraccio, stringendolo così forte da pensare di fargli male.
Espira tutta l’aria dai polmoni, esclamando –Guarda che così mi uccidi, stupida!-
Sento un suo bacio sui capelli, ma non mi stacco ancora mentre i muscoli del suo petto mi premono sul viso, protetti solo da un leggero strato di stoffa. Sono conscia degli sguardi che abbiamo attorno ma non m’importa.
Dopo esserci staccati mi mette un braccio sulle spalle a cingermi il collo e cominciamo a camminare, lo aiuto a portare la valigia più piccola.
Appena fuori dall’ingresso dell’aeroporto salgo su un gradino e lo bacio, sono ancora più bassa di lui ma la distanza è certamente minore. Mi stringe i fianchi con le sue braccia affusolate.
-Com’è andato il viaggio, Jamie?- chiedo dopo che ci siamo staccati.
-Bene, cioè in realtà non lo so mica, ho dormito tutto il tempo.-
Rido. Conoscendolo so che normalmente non si sveglia mai prima di mezzogiorno.
-Sei pronto a fare qualche passeggiata in montagna? Ti porto in dei posti magnifici- gli chiedo, lui ha già messo gli occhiali sul viso.
-Sono pro…- si interrompe, sentendo il mio telefono che squilla.
Sbuffo sonoramente: Bradley.
-Quest’uomo non mi lascia mai in pace!- esclamo sbuffando ancora.
Jamie mi sorride, quel sorriso quasi infantile con gli zigomi che gli si gonfiano sotto gli occhi. –Devo essere geloso?- risponde ironico.
Il telefono squilla ancora e so che non posso perdere la chiamata, do un ultimo sguardo a Jamie, come per scusarmi, e metto gli auricolari.
-Finalmente rispondi, eh! Non dirmi che sei già con il tuo ragazzo!-.
Vorrei proprio capire come faccia a sapere tutto nell’istante in cui succede.
-Sì, Brad, hai fatto centro. Cosa volevi dirmi?- rispondo esausta, la voce piatta.
-Non essere troppo felice di sentirmi, va bene?-
-Brad, ci siamo sentiti più noi in questi giorni di quanto non abbia sentito il mio ragazzo- mi arriva una gomitata sul braccio, Jamie sorride e caccia fuori la lingua.
-Comunque, salutamelo. Ho confermato per lo shoot di domani, ma a quanto pare è arrivata voce anche a loro che c’è il tuo ragazzo in giro. Lo vogliono a tutti i costi. Clara, sto dicendo a tutti i costi, mi capisci? Dovete presentarvi entrambi-
-Okay, aspetta che lo dico a Jamie- rispondo già esausta. Copro il microfono degli auricolari e gli spiego la situazione. Lui assente e chiede se il suo agente lo sappia già, così rigiro la domanda a Bradley.
-Lo sa, è normale! Per chi mi prendete? Okay, torno al mio lavoro. Fate i bravi, non fatevi male, non state troppo al sole, non fate niente che non vorrei, insomma.-
-Ciao, Brad.- a questa frase riattacco. Quell’uomo sembra preoccuparsi per me, in realtà vuole solo fare soldi con la mia pelle, e una pelle rovinata non è buona per fare soldi.
 
Torniamo a casa in taxi. Con Jamie non si può prendere un semplice bus, troppe persone che lo conoscono, e già pregusto il conto salato che ne uscirà fuori.
Appena arrivati in paese lo porto a casa, pensando che voglia sistemare le valigie e farsi una doccia ma l’unica cosa che riesce a combinare è buttarsi sul letto matrimoniale a pancia in su, gli occhiali ancora sulla testa. Mi avvicino a lui per toglierglieli ma con uno scatto mi prende per i fianchi e mi butta giù. È terribilmente forte quel ragazzo, anche se non sembra.
Mi allungo su di lui, i piedi leggermente fuori dal letto, mentre i suoi escono di parecchi centimetri.
-Sei incredibilmente bello oggi, Jamie- gli dico, carezzandogli il viso come se lo stessi scoprendo per la prima volta. Lui mi blocca la mano e la bacia prima sul dorso e poi sul palmo.
Inizio a baciarlo e dopo qualche momento, senza che mi sia accorta come mi ritrovo stretta a lui, i vestiti in un angolo del materasso. Continuo a baciarlo costantemente mentre facciamo l’amore, sento i suoi muscoli tesi accanto alla mia pelle, il suo sudore, l’odore penetrante del suo corpo e del suo alito. I capelli mi si arruffano sotto le mani, mentre le poggio sulla sua nuca.
Mi sento felice. Come se niente e nessuno potesse mai rovinarmi quel momento, sarà solo nostro, mio e suo e nessuno potrà mai saperne niente tranne noi due.

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Capitolo 4
*** Sei mio. ***


Dopo qualche ora mi risveglio sopra le coperte e intorpidita dal sonno.
Jamie è ancora accanto a me, disteso, con la bocca leggermente dischiusa. È girato verso di me e il suo volto sembra quello di un bambino addormentato, con il naso è leggermente schiacciato dal piercing. Le sue mani sottili sono posate sul busto longilineo con la pelle candida chiazzata soltanto dalle macchie di colore dei tatuaggi.

Mi alzo cercando di fare meno rumore possibile ma lui si scuote comunque leggermente, poi si girando su un fianco, grugnendo.

Prendo un accappatoio che casualmente è poggiato accanto al letto su una sedia, per non tirare la mia biancheria da sotto i piedi di Jamie. A terra trovo anche un paio di sue pantofole e le infilo, decisamente troppo grandi.

 

Mi trascino in cucina con poche energie facendo rumore a causa delle suole enormi per i miei piedi. Sono stanca dal viaggio, dal poco sonno e da tutto il resto e penso già alla giornata seguente di lavoro.

La casa è illuminata dai raggi del sole dell'ora di pranzo che passano dalle finestre e fanno risplendere gli oggetti di vetro. Un'aria frizzantina si irradia dall'imposta socchiusa e sposta la stoffa della tovaglia, facendomi rabbrividire.

Mi avvicino una sedia evitando di fare rumore e afferro il libro che avevo posato precedentemente sul tavolo della cucina. Poco dopo sento dei passi alle mie spalle, dei piedi nudi che si appiccicano sul parquet e lo fanno scricchiolare. Mi giro, Jamie è in piedi di fronte a me, il lenzuolo che prima era steso sul letto ora è drappeggiato attorno ai suoi fianchi, con le gambe lunghe e longilinee che gli spuntano dallo spacco che si è formato sul davanti.

Lo osservo per qualche secondo e poi gli sorrido.

-Buongiorno! Dormito bene?- chiedo felice.

Lui mi osserva con aria poco sveglia e si limita a stropicciarsi gli occhi con il dorso delle mani e buttarsi sul divano accanto a lui. In questo modo perde per un attimo la presa sul lenzuolo ed è costretto a fare uno scatto per non ritrovarsi nudo. Io rido di gusto ma lui non ricambia, so che non c'è niente che lo faccia diventare più burbero che l'essere appena sveglio.

Mi accoccolo accanto a lui, i piedi sopra le sue gambe nude.

Rivolgendomi uno sguardo d'intesa mi chiede -Allora? Andiamo a fare questa passeggiata?-

 

Verso le quattro del pomeriggio partiamo diretti sulle montagne. Jamie si è lamentato per tutto il tempo, dicendo che avevamo pranzato troppo tardi e che l'una non era un buon orario per mangiare. Qualche tempo dopo si era anche lamentato perché saremmo partiti tardissimo e non saremmo mai stati a casa per le sei, orario in cui solitamente la sua fame diventava incontrollabile.

-Credimi, questo panorama ti farà dimenticare tutto- avevo risposto semplicemente, lasciando un'aria di mistero alla fine della frase.

Alcuni chilometri e lamentele dopo arriviamo al punto che ricordavo perfettamente: una sorta di canyon tra due montagne erbose e ricche di alberi, le pareti grondanti d'acqua. Sul fondo della vallata, parecchie decine di metri più giù, un fiume divide il terreno in due precise metà. Jamie guarda la scena esterrefatto con occhi sognanti.

-Fantastico! Cosa è questo posto, Clara?-

-Non saprei, mi ci hanno portata da piccola. Mi ricordo che ero estasiata quanto lo sei tu adesso e che ho fatto tantissime foto-.

Jamie sembra sempre un bambino. Con quegli occhi azzurrissimi e sognanti e quel sorriso sincero che gli si apre sul volto. Quando lo guardo posso percepire chiaramente quanto amore provo per lui. Come se captasse i miei pensieri, si gira verso di me.

-Ti amo, Clara- mi dice raggiungendomi velocemente e dandomi un bacio.

N.D.A.: Ciao ragazzi, vedo che molti leggono ma nessuno commenta. Non so se non vi piaccia quello che scrivo, ma se è così lo vorrei sapere. Potrebbe servire per migliorarmi. A parte questo, spero che almeno a qualcuno piaccia.
Mi sento molto legata a questi due personaggi, e spero di riuscire a condividere almeno un po' con voi questa mia insana passione. Fatemi sapere tutto quello che pensate di Clara e Jamie.
Un bacio. x

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Capitolo 5
*** Modeling. ***


Giovedì ci svegliamo nuovamente prestissimo, con le gambe doloranti dalla passeggiata in forte pendenza che abbiamo affrontato ieri.
Alle otto e mezza, dopo aver affrontato un’ora e mezza di autostrada, incontriamo i nostri datori di lavoro in uno studio in città.
Il taxi ci lascia sul marciapiede di una strada ampia, le macchine schizzano veloci accanto a noi e notiamo subito il cancello rosso che delimita uno spazio lastricato con pietre grigie. Due uomini ci aspettano dietro di esso, indossano giacca e cravatta e uno dei due ci scorta dentro l’edificio che somiglia molto a un grande capannone industriale allestito per altri scopi.
L’ambiente è altamente illuminato anche grazie a faretti di vario genere, molte persone percorrono la sala con frenesia ma l’uomo non guarda nessuno e ci porta al cospetto di un ragazzo. Il fotografo è sulla trentina, alto e muscoloso, con degli occhiali da vista dalla montatura scura e appariscente e la barba folta che gli copre completamente il mento.
Per la sala, tra gli altri, noto delle ragazze molto giovani, più giovani di me, che hanno occhi solo per Jamie. Attenta alle istruzioni di Chris (che a quanto pare è italiano, con genitori tedeschi e lavora saltuariamente in Inghilterra) non faccio caso al mio ragazzo che ridacchia sotto i baffi e parla con qualcuno dietro di me, non ascoltando nemmeno una parola. Jamie è sempre così quando deve fare qualcosa di serio: si distrae e comincia a scherzare, l’unica motivazione per cui si concentra incredibilmente è quando recita, ma comunque nessuno deve imporgli con troppa foga quello che deve fare. Questo è uno dei motivi per cui ha più lavorato come modello.
Continuo a seguire Chris e scopro che i programmi sono cambiati: rimarremo in studio per la prima parte della giornata e utilizzeremo le location esterne solo nella seconda.
Passiamo entrambi in sala trucco, mentre mi faccio toccare il viso e poi i capelli sento il corpo intorpidirsi e quasi mi addormento mentre chiacchiero con le ragazze che lavorano lì. Mi è sempre piaciuto lasciarmi coccolare in questo modo.
Passata questa fase ci separano. Mi fanno indossare alcuni abiti da loro scelti e, appena pronta,  posso finalmente andare verso i pannelli bianchi che mi faranno da sfondo. Alcuni oggetti stanno ammassati accanto al set, e probabilmente li utilizzerò in seguito.
Sotto i fari l’aria è calda e asfissiante, e mentre mi fotografano sento di sudare sempre di più, così da aver bisogno di qualcuno che mi sistemi tra una foto e l’altra.
Durante le riprese vedo Jamie seduto in un angolo a guardare come lavoro. È molto concentrato, con un’espressione completamente diversa dal solito e finalmente noto che sta prendendo questa cosa sul serio. Di tanto in tanto commenta anche le foto con qualcuno che gli si ferma accanto.
Ci fanno anche alcune foto insieme, dove dobbiamo atteggiarci a coppia di innamorati e guardarci con fare ammiccante e complice e altre cose simili. Mi sembra stupido ma lo faccio lo stesso, Jamie invece ci scherza su e viene rimproverato più del dovuto.
In seguito lo lascio solo sotto la luce. Il suo volto giovane e fotogenico si sposa benissimo con le inquadrature che osservo da dietro le spalle di Chris. Le pose di Jamie non sono mai convenzionali, non segue le direttive che gli si danno e si muove troppo, ma in ogni scatto è sempre più bello, sempre perfetto.
Delle risatine da dietro le mie spalle mi riportano alla realtà. Le ragazze di prima ridacchiano alla vista di un Jamie che si toglie la camicia. Io gli sorrido appena ma provoco soltanto il loro imbarazzo, così da farle dileguare. Non era il mio intento, stavo sorridendo sul serio.
 
Dopo aver pranzato in fretta saliamo su un pulmino a nove posti, seguiti da un camioncino pieno di attrezzature. Con noi ci sono solo pochi assistenti, più il fotografo che guida. Inizialmente vogliono fare mettere me e Jamie nei due posti accanto al guidatore ma io mi rifiuto. Non voglio stare in disparte mentre gli altri si chiedono quanto ci sentiamo superiori solo perché appariamo nelle riviste di gossip. Jamie, senza nemmeno una parola, capisce perché ho rifiutato il posto e fa come me. Ci sediamo in due file diverse, io davanti e lui dietro, accanto a delle persone che non dicono una parola.
-Ciao, io sono Clara!- esclamo in italiano mentre porgo la mano alla ragazza seduta di fianco a me, probabilmente una di quelle che ridacchiava prima.
Mi guarda allibita, ha dei capelli scuri e corti a caschetto, gli occhi verdi e le guance tonde. Passato qualche secondo mi porge la mano paffuta e morbida.
-Francesca- risponde lei con le guance che cambiano velocemente colore.
-Qual è il tuo lavoro qui, Francesca? Non credo di averlo notato prima-
-Io.. sono solo un’assistente.- La risposta non mi convince per niente ma non voglio metterla a disagio.
-Bene. Quanti anni hai? Sembri piccolina-
-Venti. Sono una tirocinante dell’Accademia di Belle Arti- mi risponde ancora impaurita, ma noto che ora ha voglia di parlare.
-Che bello! Anche io ho fatto l’Accademia in Italia, al sud. Non perdere nemmeno un’opportunità e credimi che arriverai da qualche parte- le dico sorridendo.
Francesca ricambia il sorriso e dà una rapida occhiata dietro di sé, dove Jamie è seduto in silenzio accanto a una ragazza sui trent’anni e a un uomo.
-Sai parlare l’inglese?- chiedo a Francesca che si gira di scatto, come conta in fallo.
Arrossisce un poco e poi risponde. –Sì, però non tanto. Ho studiato solo a scuola.-
Mi giro di centottanta gradi e noto che Jamie è intento a guardare il soffitto, le altre due persone guardano fuori dai finestrini e lui non ha capito un’acca di quello che abbiamo detto. Ho provato a insegnargli qualche parola d’italiano ma non afferra i concetti al volo e le sue competenze sono molto limitate.
-Ehi, Jamie, ti presento Francesca. È una tirocinante dell’Accademia, come me qualche anno fa- gli dico in inglese. Lui si desta dai suoi sogni a occhi aperti e fa un gran sorriso alla ragazza, che sembra aver capito parzialmente cosa gli ho detto.
Avvio la conversazione e poi mi distacco, sono già abbastanza soddisfatta per aver fatto capire che non siamo alieni e si può parlare tranquillamente con noi.
In poco tempo arriviamo alla location. Di nuovo ci sistemano il trucco e gli abiti mentre gli assistenti mettono a posto il set. Passano altre ore e alla fine della giornata mi sento esausta quasi quanto Jamie.
 
-Clara! Posso parlarti un secondo?- chiede una voce maschile alle mie spalle.
Jamie, che stava camminando poco lontano da me, si gira verso di noi.
Chris fa un piccolo scatto e si ritrova di fronte a me, lo guardo dal basso verso l’alto visto che supera di parecchi centimetri perfino il mio ragazzo.
-Dimmi, Chris- rispondo.
-Volevo solo dirti che ho sentito quello che hai detto a Francesca prima, siete tutti e due molto gentili e se capiterà di vendere le foto menzionerò questa informazione. I giornalisti vanno a nozze con queste cose.-
Jamie si avvicina un po’, e risponde per me dopo aver ascoltato attentamente.
-Non credo che abbiamo fatto niente di speciale, perché non dovremmo chiacchierare con qualcuno?- chiede con un sorriso.
-Infatti, abbiamo solo parlato con quella ragazza, avrebbe potuto farlo chiunque- aggiungo.
-Certo, solo che probabilmente quella ragazza si ricorderà del giorno in cui ha parlato con voi per il resto della sua vita. Magari l’avete spinta a dare il meglio di sé per arrivare ai vostri livelli- Chris si guarda intorno per capire se qualcuno ci sta ascoltando ma sono tutti troppo impegnati nei loro lavori.
-Quella ragazza è l’unica tirocinante che ho chiamato per venire qui. Sta male, molto male e dopo aver iniziato il tirocinio voleva abbandonarlo perché pensava di non avere alcuna possibilità nella sua vita. Appena ha sentito di questo shooting, però, è venuta personalmente da me a chiedermi di farla partecipare e che si scusava di essere sparita. Ora le avete parlato e sono convinto che sia stata l’esperienza più bella che potesse immaginare di fare. Guardando dal vostro punto di vista non vi rendete conto dall’influenza potete avere sulle persone-.
Jamie rimane in silenzio, il che è molto strano visto che ha sempre qualcosa da ridire. Io sorrido appena a Chris, parecchio scossa dal racconto. In un attimo ricordo di quando ero una ragazzina fissata con i personaggi famosi e di quello che avrei fatto pur di vederli da lontano.
-Forse hai ragione. Magari possiamo fare qualcosa.-
 
Ci riaccompagnano a casa in pulmino, Francesca seduta a parlare accanto a me e Jamie, mentre gli altri entrano a poco a poco nella nostra conversazione.
Appena arrivati Jamie si catapulta fuori dall’abitacolo, nauseato dai tornanti. Io rimango dentro per qualche minuto, frugo nella tasca ed estraggo un bigliettino.
-Tieni, Francesca. Questo è per te, speriamo di rivederti presto.- Le dico a voce bassa, per non farmi sentire. Saluto tutti e spingo con foga la portiera.
 
Il bigliettino era stropicciato ma si riusciva ancora a leggere la bella scrittura di Clara.
“Abbiamo passato un bellissimo pomeriggio insieme. Non demordere mai e realizza i tuoi sogni.
Con affetto,
Clara.
x x”

In basso c’era un numero di telefono.

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Capitolo 6
*** Back in town. ***


Osservo il panorama dall’oblò dell’aereo diretto a Heathrow. Siamo ormai quasi a casa, riesco a scorgere i bagliori della metropoli sotto di noi, dato che insolitamente il cielo è libero da nubi.
Jamie è seduto di fianco a me, gli occhiali calati sul viso e il cappuccio alzato, cerca di dormire. Lo hanno già riconosciuto e qualche volta riesco a sentire il rumore di una fotografia scattata con un cellulare, di nascosto. Sbuffo perché vorrei rilassarmi, ma in fondo so che non cambierà niente anche se mi arrabbio.
Appena atterrati ci districhiamo tra la folla e prendiamo un taxi verso Earls Court. Uscendo per strada guardo subito la nostra casa in mattoni rossi, con le finestre bianche che spiccano anche di notte, quella accanto alla porta fuoriesce ad arco verso l’esterno, lasciando uno spazio in cui ci si può sedere, quando si è dentro. Jamie si avvicina alla porta nera con la buca per le lettere e il bussatoio argentato, sormontata dalla piccola finestra bianca semicircolare, infila la chiave nella toppa e finalmente siamo dentro casa.
È sempre strano tornare in una casa che hai lasciato qualche tempo prima, sembra tutto congelato ad aspettarti. Il soggiorno è altamente disordinato, probabilmente a causa del periodo in cui Jamie ci ha vissuto senza di me. I due divani bianchi sono quasi intatti ma i cuscini che ho posizionato nell’anfratto della finestra sembrano stati attaccati da un orso. Sul tavolino basso di vetro tra i divani c’è una quantità di spazzatura. La chitarra acustica di Jamie è poggiata a terra, accanto ad alcuni fogli scritti da lui.
-Dov’è Charlie?!- esclamo, improvvisamente preoccupata. Avevo affidato il cane al mio ragazzo, ma forse avrei fatto meglio ad affidare lui al cane.
-Stai tranquilla, l’ho portato da Tristan per qualche giorno, sta in giardino insieme ai suoi bulldog-.
Espiro per il sollievo ma dentro so di non fidarmi nemmeno del chitarrista dei Darling Buds.
-Vedo che hai tenuto bene la casa, mentre ero via- ironizzo, guardando la libreria a parete, con i tomi poggiati a caso sugli scaffali (che in realtà ho lasciato io).
-Sai che senza di te questa casa è troppo vuota- mi dice con un sorriso sornione, ma so che lo intende veramente. Getta tutto quanto sui divani, che erano fin troppo ordinati, e sale le scale che si trovano in cucina, la stanza adiacente al soggiorno. Io lo seguo mentre si sfila la maglietta nera che getta incurante sul parquet.
-Jamie! Non puoi davvero tenere un secondo i vestiti e posarli in camera?- ho un tono infastidito ma sono contenta di essere a casa e riprendere le nostre abitudini.
-No, ne ho proprio bisogno, e poi mi piace tanto quando mi rimproveri- risponde lui ridendo.
Io gli do un pugno sul braccio, nemmeno tanto leggero, e lui si butta a terra come trafitto da un dolore incontenibile. Inizia a contorcersi e a urlare.
-Sei un cretino, Jamie, io me ne vado a letto- affermo ridendo alle sue espressioni sofferenti.
Faccio qualche passo ma poi sento una mano che mi afferra la caviglia, quasi inciampo. A quel punto mi arrabbio teatralmente e mi calo su di lui. Provo a fargli il solletico ma come ogni volta perdo le speranze quando capisco che non lo soffre e non lo soffrirà mai. A quel punto l’unica cosa che posso fare è cercare di bloccarlo, perché da un momento all’altro comincerà a solleticarmi e io morirò dal ridere. Mi siedo sopra la sua pancia e prendo i suoi polsi con le mani. Cerco in tutti i modi di bloccarli a terra ma nemmeno con tutte le mie forze posso annientare la potenza dei suoi muscoli.
-Sei proprio una stupida, Clara, lo sai che non vincerai mai-
-Questo è quello che pensi tu! Non hai speranze contro di me, lo sai!-
-Mi stai provocando davvero, Clara?- mi chiede con un tono inquietante. Fa uno scatto e in un solo secondo mi ritrovo con le braccia lungo i fianchi, lui mi cinge entrambi i polsi con una delle sue grandi mani affusolate e con la destra comincia a stuzzicarmi il fianco. Mi sento ridere già prima che mi tocchi. Passato qualche istante comincio a scalciare e senza rendermene conto gli do un calcio in pancia. Ci blocchiamo entrambi.
-Scusa, scusa, scusa! Lo sai che non mi controllo, te lo dico sempre. Mi dispiace!- affermo, seriamente preoccupata di avergli fatto male.
-Sei cretina, però ti amo- mi dice ridendo, poi mi dà un piccolo bacio sul collo. Improvvisamente sento la voglia di averlo. Gli stampo un veloce bacio sulle labbra.
Mi alzo e gli do una mano, trascinandolo in camera mentre lui mi stringe ancora le dita.
-Non sei felice di essere a casa, Jamie?-
-No.-
-Cosa vuoi dire? Volevi rimanere in Italia?-
-No, voglio dire che ci sono stato per tanto tempo in questa casa da solo e non mi è mai mancata. Mi sei mancata tu e mi manca questa casa solo se ci sei tu dentro.-
Lo guardo, quasi mi commuovo ma decido di non dire niente perché non riesco a pensare a qualcosa di abbastanza bello. Poggio le mie mani sulla sua vita e mi avvicino a lui, tendo i piedi in punta e comincio a baciarlo. La sua bocca è morbida e umida, calda e confortante. Apro gli occhi, qualche volta, per osservare il suo volto perfetto. Mi stacco soltanto per togliermi la maglietta, poi appoggio nuovamente il mio corpo al suo, pelle contro pelle, sentendo i suoi muscoli sotto le mie mani.
In questi momenti mi sento come se il mio e il suo corpo fossero la stessa cosa, come se non ci fossero due cuori che battono, quattro polmoni che respirano e quattro orecchie che ascoltano, mi sento come se tutto fosse condiviso.
In questi momenti mi rendo conto di quanto profondamente io lo ami.

N.D.A.: Non recensite ma non importa, scriverò comunque fino a concludere questa ff. Spero che anche soltanto a qualcuno piaccia. Per tutti gli altri, sentitevi liberi di dare la vostra opinione.
Peace x

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Capitolo 7
*** Rincontrarsi. ***


Rimango a dormire fino a tardi, bisognosa di recuperare il sonno perduto, appena riesco a capire chi sono e dove mi trovo butto una mano sotto la sponda del letto, cercando il mio cane. Non trovandolo, per un momento mi terrorizzo, ma poi ricordo che è da Tristan.
Stropicciandomi gli occhi mi metto seduta e noto che Jamie non è accanto a me. L’orologio poggiato sul basso comodino nero e lucido segna le dodici e quattro. Non credevo di aver dormito così tanto. Raccatto maglietta e tuta dall’armadio a muro camminando scalza sulla moquette beige e scendo in soggiorno.
Già dalle scale sento il suono della chitarra di Jamie. È intento a scrivere un testo, seduto su un divano con le spalle rivolte alla porta della cucina, dove mi trovo io. Suona un piccolo pezzo e ci canta sopra, fermandosi spesso. Non riesco a sentire cosa dice. È a petto nudo con dei pantaloncini larghi della tuta, i capelli dorati risaltano nel grigiore della stanza causato dal cielo nuvoloso.
Mi avvicino a lui a piccoli passi, così lo attacco da dietro, abbracciandolo per il collo e stampandogli un bacio sulla guancia. Lui si spaventa e sobbalza per un secondo poi prende i fogli da terra e se li mette sotto il sedere.
-Che stai facendo, Jamie?-
-Sai che succede?- mi chiede lui.
-No-
-Mi ha chiamato mio fratello!- esclama raggiante. Io non capisco cosa c’entri con i fogli che ha appena nascosto.
-Jamie ma...-
-Mi ha detto che ci viene a trovare per il suo compleanno! Dormirà qui ma ovviamente passerà spesso a trovare i miei!- il viso è contratto in un sorriso raggiante, con i denti bianchi che gli illuminano tutto il volto e gli occhi socchiusi. Mi rendo conto che è inutile cercare di estorcergli informazioni su qualcosa che non ha palesemente intenzione di dire, così cedo all’argomento.
-Quando arriverà? Lo sai già? Conoscendo Samuel potrebbe dirtelo un’ora prima- e questo è già capitato.
-Invece ti ha stupito un’altra volta. Arriverà alle due del pomeriggio a Gatwick, prenderà il Gatwick express fino a Victoria station, un’ora e mezza circa, poi gli ci vuole un altro quarto d’ora fino a Earls Court. Sarà qui verso le tre e quarantacinque, se non ci sono ritardi.-
-Ti manca tuo fratello, Jamie?- chiedo sbalordita.
-Perché?-
-Pianifichi tutto solo quando hai davvero voglia di vedere qualcuno.-
Si mette a ridere ma lo capisco da me che è emozionato per il suo arrivo imminente.
 
Mentre aspetto il fatidico orario metto a posto la casa e me stessa, giusto per salvare le apparenze. Jamie è rimasto per tutto il tempo a fare la spola tra la televisione e il pc, non ho visto se durante la mattinata abbia fatto una doccia, ma sinceramente non credo. Lascio perdere queste constatazioni.
-Ehi Clara, vado alla stazione a prendere Sam, mi ha mandato un messaggio. Non credo di star via molto- sento la voce di Jamie dietro le mie spalle mentre sono in cucina a pulire i fornelli luridi, mi da un bacio sulla nuca e ascolto i suoi passi allontanarsi e la porta sbattere.
Ragiono sul fatto che dovrei comprare qualcosa per cena, ma in un impeto di pigrizia mi accascio comunque sul divano a guardare qualche programma poco interessante sulla BBC. Durante una pubblicità dicono che su BBC one ci sarà un’intervista a Benedict Cumberbatch. Jamie l’ha anche conosciuto, che fortunato; io invece l’ho sempre adorato ma non ho mai avuto questa fortuna. Mentre mi perdo nei miei pensieri noto che sono le quattro ma ancora non c’è ombra dei fratelli.
Alle quattro e mezza sento suonare il campanello. Apro ma davanti a me ci sono tutti tranne i Bower, che sono nascosti dai corpi di Tristan, Roland e Dan, che porta al guinzaglio il mio cane. Li saluto velocemente e poi mi faccio largo verso Sam, mentre Charlie mi scodinzola attorno e salta. Anche se ci vediamo una volta ogni tanto siamo diventati amici dopo una vacanza a Copenaghen in cui ha ospitato me e Jamie. Gli sorrido, se il volto del fratello è pulito e quasi androgino quello di Samuel è addirittura fanciullesco. In corpo, però, si fa più adulto ogni volta che lo vedo. Appena poggia gli occhi su di me esplode in un sorriso simile a quello del fratello, poi mi salta letteralmente addosso. Sento l’aria mancare per qualche secondo e poi ricambio l’abbraccio.
-Sammy! Com’è che ogni volta che ti vedo sei più bello e alto? Così finirai per superare tuo fratello- esclamo abbandonandomi a una risata. Lui si stacca da me e mi sorride, mentre Jamie mi dà una gomitata scherzosa.
-Guarda te stessa invece! Ti ho visto nel servizio di marzo, eri eccezionale, anche se non ricordavo tutti questi tatuaggi- risponde osservandomi la clavicola, decorata da poco con una pergamena al cui interno c’è una scritta.
-Ti piacciono? Dai entriamo. Dan, puoi slegare Charlie.-
I ragazzi buttano le giacche su ogni superficie disponibile e si accasciano sui divani, mentre Jamie sta parlando della band. Io invece prendo Sam per un braccio e lo porto di sopra, nella stanza degli ospiti, dove di solito Jamie si chiude a comporre o a provare delle parti.
-Che mi racconti, Sam?- chiedo, sedendomi su quello che sarà il suo letto, mentre lui apre la valigia e sistema i vestiti nell’armadio di legno.
-Solita vita. Per ora sto studiando meno del solito-
-Non vorrai perdere l’anno?- mi preoccupo sempre per lui, con il tempo ho assunto un atteggiamento quasi materno.
-No, assolutamente, solo non ho molto da fare al momento. Avevo conosciuto una ragazza ma dopo due appuntamenti mi ha chiesto di portarla a Londra da mio fratello. Non riesco a sopportare di essere utilizzato per arrivare a lui. Io non sono lui e non voglio esserlo- Il suo sguardo si è fatto serio, mentre si concentra in modo esagerato sul giubbotto verde che tiene in mano.
Lo chiamo, poi do un colpetto sulla parte del letto rimasta libera accanto a me. Lui butta il giubbotto sopra la valigia e si siede.
-Non credo di essere la persona più adatta a farti questo discorso, visto che sto proprio con tuo fratello, ma sappi che finché ti sentirai inferiore a lui la gente continuerà a vederti come la sua ombra, Samuel. Tu sei una persona grandiosa. Non hai niente da invidiare a tuo fratello, la sua fama lo fa riconoscere quando cammina per strada ma questo non lo rende migliore di te.-
Lui si limita a sorridere e abbassare gli occhi, così lo abbraccio forte. Nonostante abbia due anni meno di me è grande e grosso, e come il fratello ha il petto asciutto, gli sento il cuore battere sotto il mio orecchio attraverso la maglietta a righe. Lentamente, Sam poggia le sue mani attorno a me. Rimaniamo così per un tempo lunghissimo, non so che dire o che fare, non mi aveva mai abbracciata così. Improvvisamente sento uno spasmo sul suo petto, cerco di alzare lo sguardo ma lui mi blocca prima che possa guardarlo in faccia. Lo sento piangere.
-Samuel che succede?- chiedo, seriamente preoccupata. Abbiamo fatto un discorso piuttosto serio ma questa reazione mi sembra esagerata. Passano i minuti ma lui continua a non rispondere, nonostante gli abbia ripetuto la domanda più volte.
-È successa una cosa-.

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Capitolo 8
*** Epilogo. ***


-Sammy cosa c’è che non va?- chiedo perplessa, cercando di sollevare lo sguardo.
La porta si spalanca mentre Samuel si ritira da me, coprendosi il viso con le mani e asciugandosi le lacrime, ma quando mi giro trovo Charlie, il mio cane, che scodinzola e ansima.
-Charlie! Vieni qui- esclamo, così lui, senza farselo ripetere, si butta a capofitto sopra il letto, saltando in grembo a Sam. Il ragazzo emette un gemito quando i trenta chili del mio cane gli piombano sullo stomaco e il pelo lungo, bianco e grigio gli finisce in bocca.
-Samuel, cosa mi stavi dicendo prima?-
Lui mi guarda perplesso, con la bocca dischiusa. –Non lo so, lascia perdere. Andiamo dagli altri.-
-Sam, io voglio aiutarti. Per favore, parla almeno con me, non dirò niente a Jamie!-
-Lascia stare, Clara. Grazie comunque.-
A quel punto capisco che ha davvero finito di parlare. Fa sollevare gentilmente Charlie e si alza dal letto, gli occhi puntati sul cane e poi verso terra. Esce dalla stanza e sbatte la porta.
Non so cosa pensare, deve essersi cacciato in guai seri, altrimenti mi avrebbe confidato il problema. Quella crisi di pianto, poi… ogni volta che ci penso mi rende sempre più inquieta.
Dopo essere rimasta per qualche minuto in stanza, con un’espressione allibita, scendo le scale per raggiungere gli altri.
-Ehi Clara, finalmente!- esclama Tristan dal divano.
-Vogliamo prendere la pizza, ti va?- chiede poi Jamie, mentre si agita con il telefono all’orecchio.
-Sì, vada per la pizza- rispondo dopo qualche secondo.
Vedo Sam schizzare fuori dalla cucina e prendere il telefono dalle mani del fratello.
-Vuoi che vada io? Vado a prendere le pizze e compro qualche alcolico!- esclama Samuel. Il suo tono è piatto, quasi volesse nascondere le sue emozioni.
-Sammy, non andare da solo. Ti servirà aiuto per portare tutto. Posso venire con te?- chiedo, cercando di essere più pacifica possibile.
Lui inspira lievemente, ragionando sul da farsi.
-Credo che sia meglio che mi accompagni qualcun altro, scusa Clara.- risponde poi, senza possibilità di replica.
Mezz’ora dopo Sam e Roland escono da casa, i cappucci calati sulla testa a causa del temporale che imperversa in città.
 
Dopo la cena continuiamo a bere senza sosta. Il mondo si fa un po’ più indistinto e muovermi velocemente mi risulta difficile. Mi ritrovo spesso sopra Jamie, lui ride per ogni cosa, mi bacia e poi si alza. Non sta mai fermo, come sempre ma in modo esagerato.
A mezza notte festeggiamo il compleanno di Sam, lui diventa subito rosso appena riceve le attenzioni di tutti. Jamie prende la sua chitarra e inizia a strimpellare qualche motivetto mentre canta con voce decisamente stonata.
-Jamie così ci farai morire!- gridano gli altri, ma dopo qualche secondo ci mettiamo a cantare in coro, mentre Dan mostra la torta che ha portato a sorpresa.
La distribuzione delle fette diventa subito una lotta di cibo. Il cioccolato si appiccica ai capelli biondi di Jamie e io stessa vengo colpita più volte, fino a sporcarmi completamente.
Senza capire bene come, mi ritrovo seduta a terra, con la schiena al muro. Sento le voci degli altri provenire dalla stanza accanto, Jamie urla ancora ma non capisco cosa dica.
Provo un dolore alla spalla, per poi accorgermi che Sam ci si è seduto praticamente sopra, buttandosi a terra accanto a me. Si accascia sulle mie gambe e poi mi rivolge uno sguardo tenero e infantile.
-Scusa, Clara.- mi dice, la sua voce è sinceramente triste e io riesco solo ad abbracciarlo.
-Ora mi puoi dire cosa succede?- chiedo, con la paura di farlo scappare.
-No.- lui si solleva dalle mie gambe, un po’ per la discussione e un po’ perché credo che gli sia venuto da vomitare.
-Sammy, c’è qualcosa di tanto grave da non poterlo dire nemmeno a me? Non lo dirò a nessuno, se è questo che vuoi, nemmeno a Jamie!- esclamo, alzando un po’ la voce.
Lui mi ammonisce per il tono troppo alto, poi si mette a fissare le sue scarpe, ricoperte da strati di cibo. Anche il pavimento è completamente macchiato e spero che l’indomani riuscirò a pulire tutte quelle schifezze.
Sam mi guarda e poi mi prende una mano. L’atmosfera si fa pesante e in quel momento mi passano per la testa un milione di pensieri. Quello che prevale, però, è: “Fa che non si sia innamorato di me!”.
-Voglio che tu sappia che non dirò mai niente del genere a nessuno, tranne a te. È molto importante per me ma credo che non sia il caso che lo sappiano gli altri-
Non essere innamorato di me, non essere innamorato di me
-Quindi, è una cosa molto personale. Sento che nemmeno Jamie capirebbe, forse si incavolerebbe.-
Non essere innamorato di me!
-Ti ho già raccontato della mia ultima ragazza e di come l’ho lasciata, perché cercava solo di raggiungere mio fratello. Tutto ciò è successo qualche mese fa e da quel momento in poi ho capito molto di me stesso, ho avuto anche una crisi personale. Ho capito chi mi piace veramente.-
Sento il sangue gelare nelle vene, se qualcuno sentisse quella conversazione penserebbe che lui stia per dichiararsi. Tutto ciò viene esaltato dalla sua mano che stringe la mia. Penso di stare sudando ma non ne sono sicura.
Samuel sbuffa sonoramente, poi si schiarisce la voce, come qualcuno che si prepara a tenere un convegno.
-Ho capito… di essere più attratto da qualcun altro-
-Sam, vai avanti, per favore.- riesco appena a dire.
-Mi piacciono i ragazzi.-
A quel punto sento tutta la tensione accumulata scendermi giù dalle spalle, cadermi fino ai piedi. Gli stringo la mano più forte. Non mi importa proprio il genere delle persone con cui esce Sam, sarebbe stato molto più grave se mi fossi ritrovata in un triangolo amoroso.
-Sammy, perché pensi che nessuno capirebbe? Non riesco a comprendere il problema! Siamo nel 2014 e conosci i tuoi amici, non sono tipi che giudicano gli altri per qualcosa del genere!- esclamo.
-Lo so, ma non riesco nemmeno io a capire cosa mi stia succedendo, come posso comunicarlo agli altri? Prima o poi troverò qualcuno che mi prenderà in giro e allora cadrò in depressione per davvero. Te l’ho detto solo perché sono ubriaco, e perché sei l’unica persona con cui parlo di certe cose.-
-Sai che puoi fidarti di me, Sammy. Ti voglio bene. Non posso dirti che non ci sarà mai nessuno che ti prenderà in giro per quello che sei. Ci sarà, come c’è per tutti e per qualsiasi cosa. Ti farò rendere conto che non ha senso nascondersi, però. Hai solo bisogno di credere in te stesso.- gli dico piano, mentre gli do un bacio sulla guancia.
-Ehi! Voi due!- esclama Jamie, in piedi di fronte a noi. Mi giro di scatto e noto quanto è ridotto male. Ha due grosse linee scure sotto gli occhi, che non sembrano proprio svegli, e un colorito ancora più bianco sul viso che mette in risalto le occhiaie.
-Jamie!- esclamo, alzandomi e cingendogli i fianchi. Lui rimane con le braccia distese lungo il corpo.
-Che stavate facendo?- chiede, sospettoso.
-Niente, stavamo parlando. Sammy mi stava raccontando…- mi giro per indicarlo, ma noto che è sparito. –Nulla. Ti senti bene?- chiedo, scrollando le spalle.
-Sicuro che non stavi facendo qualcosa con mio fratello?- chiede sospettoso, ma so che in verità non potrebbe mai dire sul serio. Per sdrammatizzare scoppio in una risata. Jamie sembra tranquillizzarsi o comunque cambiare pensiero.
Mi prende per mano e mi porta in soggiorno, che è tutto a macchie, con pezzi di cibo spiaccicati ovunque. Sto per sedermi sul divano quando Jamie mi dà uno strattone, chiedendomi di seguirlo. Ha la chitarra in mano.
-Che stiamo facendo, Jamie? Devo fare qualcosa? Non capisco- chiedo.
-Seguimi- mi risponde soltanto. Mi porta al piano di sopra, nella nostra stanza. Chiude la porta a chiave e a quel punto mi chiedo sul serio cosa stia combinando.
Si siede sul letto, io stringo i pugni quando noto che i suoi pantaloni luridi hanno macchiato il lenzuolo. Decido di lasciar perdere e mi siedo a terra di fronte alle sue gambe.
-Hai presente quando stamattina sono saltato in aria perché sei comparsa in soggiorno?-
-Sì, ho tentato di chiederti perché ma non mi hai risposto.- dico, ricordandomi di come fosse stato vago.
-Lo so. Volevo solo dirti che ti ho scritto una canzone. La farò sentire al più presto ai ragazzi e probabilmente la registreremo, perché ci tengo molto-.
Rimango con la bocca spalancata, non ha mai fatto una cosa del genere per me in quasi due anni, e comunque nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me. Mi sento il viso in fiamme a causa dell’imbarazzo.
-Oh, Jamie. Mi hai scritto una canzone, sul serio?-
-Ho pensato a te per tutto il tempo in cui sei stata via, l’unico modo in cui mi sentivo meglio era scrivere per te. Di te-.
Mi alzo, la testa che mi gira violentemente, e lo abbraccio con tutte le mie forze. Lui toglie la chitarra da sotto di me e mi cinge i fianchi, per poi baciarmi con foga.
-Dai- dice dopo un po’-ascolta adesso.- così imbraccia lo strumento e si fa serio, preparandosi a suonare e cantare.
Non ricordo bene il testo, parlava d’amore. Parlava di quanto credesse in noi, e di quanto sentisse che il nostro rapporto è solido. Così mi ha comunicato di quanto si fidi di me, tutte quelle cose che ha sempre voluto dirmi e che non ha mai avuto il coraggio di comunicare.
Dopo pochissimo tempo mi ritrovo in lacrime.
Ricordo soltanto, infine, di essermi addormentata tra le sue braccia, con gli occhi gonfi e il suo odore addosso. Le sue mani strette alla mia pelle e qualche capello biondo che mi cadeva sul volto.
 
A un mese dalla festa ho ricominciato a lavorare e Jamie è partito. Lo hanno chiamato da Hollywood per girare un nuovo film. È già successo che se ne andasse per lunghi periodi quindi non sono particolarmente preoccupata, anche se mi manca molto. Spero di vederlo di frequente, ma potrebbe non essere possibile.
Samuel è rimasto con me, a Londra, dicendo che voleva farmi compagnia. Forse aveva solo voglia di stare con qualcuno che lo capisce, oppure aveva bisogno dei suoi genitori, che comunque sono del tutto ignari della situazione. Non lo so, ma mi fa piacere stare con lui, a poco a poco mi sembra di avere un fratello minore. Andrò a Copenaghen probabilmente, nei prossimi mesi.
So di avere Jamie accanto quando ascolto la mia canzone, e la sua voce mi accompagna per le strade di Londra.

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