Esserci

di YobnimoJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Esserci ***
Capitolo 2: *** Eventi Continui ***
Capitolo 3: *** Redazione ***
Capitolo 4: *** Controcorrente ***
Capitolo 5: *** Conosci te stesso ***
Capitolo 6: *** Mente Aperta ***
Capitolo 7: *** Ansie ed Esperienze ***
Capitolo 8: *** Reazioni ***
Capitolo 9: *** Quindici Minuti ***
Capitolo 10: *** Buongiorno Gelido ***
Capitolo 11: *** Limite ***
Capitolo 12: *** Continuare?! ***
Capitolo 13: *** Vita e Morte ***
Capitolo 14: *** Battute Conclusive ***
Capitolo 15: *** Ossimoro Finale ***



Capitolo 1
*** Esserci ***


"Esserci".
Questo  era lo slogan della nostra era.
E se non c'eri perivi.
Scrivo questo testo,affinché le generazioni future sappiano bene come vivevamo nel 20XX e quali sono gli errori che non dovranno  commettere per vivere nel nostro stesso disagio sociale.
La nostra società era divisa: questo era certo. Tutti lo sapevano,ma nessuno osava parlarne.
C'era il rango superiore,occupato da politici,capi militari e da un dittatore,che durava si e no,qualche mese,per esser poi  rimpiazzato da un altro dittatore che riusciva a farsi largo col solito colpo di stato. Anche se ormai per noi un vero e proprio stato non esisteva.
I politici e i capi militari governano per conto del dittatore. Questa categoria,lavorava a malapena,avevano soldi per i loro privilegi,ma non certo per le esigenze del popolo,o di quello che ne rimaneva.
Dopo ciò,vi era il rango superiore,presidiato da attori,modelli, o chiunque altro fosse "bello" solamente esteriormente.
Al di sotto,c'era il rango medio,occupato da chi con le proprie azioni aveva dato lustro al proprio paese,quali scrittori,registi,sportivi,ma anche scienziati o astronauti.
Poi c'era chi lavorava né per i soldi,né per la gloria,ma solo per sostenere la propria famiglia,e il proprio lavoro lo faceva solo per quello.
Alla fine,al di sotto di tutto e tutti,c'erano quelli che qualche decennio fa sarebbero stati chiamati fuori casta o qualcosa del genere,era gente semplice,che voleva solo sopravvivere e dimostrare che si può partire dal basso ed arrivare in alto. Come lo so? Bhè perché io sono uno di loro.
Vivo in una discarica,dove l’unico oggetto di valore è una vecchia penna di un musicista vissuto qualche decade fa,ma prima dell'inquinamento avvenuto anni fa,era solo uno dei tanti bassifondi malfamati. Vivo con un mio amico sulla trentina,Jay,istruito,gentile,che cerca sempre di aiutare,vuole cambiare la situazione,ma non so se c'è la farà.
In ogni caso vi voglio dimostrare che il detto:"Se nasci nella discarica,muori. Se nasci nell'alto rango ti ci crogioli"  può essere sfatato.
La discarica veniva chiamata Woodcrest,dicono che una volta ci abbiano addirittura ambientato un cartone animato,ma mi sembra ridicolo.

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Capitolo 2
*** Eventi Continui ***


[Capitolo 2 / Eventi continui]
La mia giornata era semplice,alzarsi,rimediare del cibo,anche se era un complimento chiamarlo cosi,cercare cianfrusaglie rivendibili ai mercati,guadagnare qualcosa per sostenersi,cenare con quel che si trovava e dormire,per poi ricominciare il tutto. La mia vita girava attorno a questa routine,che sarebbe cambiata,un giorno. O almeno cosi speravo. Ho sentito certe voci che dicono che ai piani alti dei ranghi superiori,ma anche nei ranghi alti,ci siano famiglie o persone che riescono a fare tre o quattro pasti completi al giorno. Ogni volta che ci penso,un sorriso si abbozza sul mio viso . In ogni caso quello che distingueva me da loro,oltre all'aspetto era sicuramente la ricchezza. "Le ricchezze moltiplicano gli amici, ma il povero è abbandonato anche dall'amico che ha." Nonostante questa frase mi abbia sempre spaventato ho sempre avuto degli amici su cui fidarmi,non erano tantissimi,tuttavia rallegravano le lunghe mattinate in cui la brezza invernale mi tartassava. C'era Marty "McTry",un ragazzo sulla ventina,alto,biondo,con occhi quasi fuori dalle orbite,aveva sempre un cacciavite in tasca: da quando lo conoscevo,ha sempre voluto costruire una macchina,con cui far invidia agli altri,in qualche modo anche lui voleva esserci,anche se con le risorse attuali a sua disposizione non era riuscito a montare neanche la carrozzeria. Oltre a Jay e Marty,nella mia comitiva c'era Johnny X,cosi lo chiamavamo ,ma il suo vero nome era John A. Xeber. Eravamo quasi coetanei,non ha mai voluto fare una vita piatta,aspettava solo il momento di riscattare quei primi 17 anni,vissuti in una discarica,fra rottami e cibo scaduto. Nonostante questo vita vissuta come un dejà vu giornaliero,spesso avvenivano eventi di cui ne parlavamo giorni e giorni. Ad esempio qualche mese antecedente a questo diario,una coppia dal rango alto,si è degnata di venire in uno dei nostri bassifondi a cercare qualcuno che li ripulisse la casa. Nonostante la loro ricchezza sfrenata,erano cosi avidi che venivano a cercare personale fra di noi. Noi che eravamo la parte vera della gente,quella che non si vendeva facilmente,eravamo gente che probabilmente avrebbe vissuto la propria esistenza in queste terre e sicuramente non sarebbero stati i soldi a smuoverci. Inutile dirvi,che la coppia tornò a casa a mani vuote,e con qualche livido,cacciati dalla folla. Ma il giorno dopo tornarono. E non erano da soli. Avevano assoldato circa venticinque CopOssa,chiamati cosi perché erano solo dei piedipiatti senz'anima,basta una mazzetta per far sì che loro,uccidessero o torturassero chiunque. E così fecero; non rimase nessuno del gruppo degli assalitori della coppia. Fu un triste evento,che ancora ricordiamo,nelle nostre giovani menti. Qualche giorno dopo si scoprì che quella coppia era formata da due collaboratori del dittatore in carica. O come scordare,quando sono arrivati altri “garanti della legge”,solo per portarci via,il nostro unico orgoglio: una penna,certo detto così,sembra qualcosa di superficiale,ma era una penna speciale,con inserti in avorio,una delle penne più belle mai viste,era appartenuta ad un membro di un gruppo jazz,un certo Art Blakey,o qualcosa di simile,quella musica rilassava certo,ma ora non l'ascoltava più nessuno,e con la morte del jazzista,è rimasto un piccolo tesoro degli anziani della discarica,che quasi veneravano quella musica, da quando erano poco più che bambini. “Quella penna è destinata ad un museo più prestigioso di questa discarica”,disse,chi la prese. La musica,era un altro fattore influente,nel nostro mondo dove apparire era tutto. Tutti i video musicali,che riuscivo a vedere sul mini-schermo di Marty,era fatto di donne o uomini,svestiti,non solo di abiti,ma della propria dignità! Senza parlare del testo osceno,con mancanza di senso logico. Potevo affermare con certezza,che la musica,era un fattore influente,sì,ma solo per chi voleva apparire. Nella nostra discarica,di rado,apparivano dei signorotti tutti indaffarati,con le loro belle giacchette e le loro scarpe ultra costose,si vocifera addirittura che i calzini che indossano costano,più o meno,a quanto riesco a racimolare in un mese. Questi signori fanno parte di enti,che necessitano di personale di bassa manovalanza,per lavori che quei ricconi non si immaginano neanche come possano essere eseguiti. Noi cercavamo sempre di dissociarsi da questo fenomeno,ma molti nostri compagni cedettero e abbandonarono la discarica,chi per lavorare in un ristorante,chi al porto,chi altrove,fatto sta,che all’età di diciannove anni,nella discarica, c’erano solo gli anziani,qualche malcapitato,un paio di famiglie trasandate e in questa atroce realtà,rimanevamo ancora io ed i miei amici. Jay se ne andò qualche mese dopo l’assalto dei CopOssa,riuscì a farsi prendere come volontario per un ospedale,con la speranza di riuscire in qualche modo a diventare un medico,ma non andò cosi. Giorno dopo giorno si facevano sempre più assillanti voci le quali sostenevano che l’esercito avrebbe “modernizzato” la nostra discarica. “Modernizzare”cosi chiamavano il processo con cui distruggevano e radevano al suolo intere zone,solo per costruire parcheggi o centri commerciali. Spinto da suddette pressioni,paura di vivere una vita piatta e da ambizioni,scelsi anche io un giorno di aggregarmi ad una opaca redazione di giornalismo: fui preso come spazzino. Quel giorno Marty e Johnny X mi guardarono con viso truce,l’amarezza sgorgava dai loro visi e sicuramente i nostri rapporti non sarebbero mai stati come prima,ma mi promisi,che avrei risolto.

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Capitolo 3
*** Redazione ***


[Capitolo 2 / Redazione ]

Il giorno dopo,feci uno zainetto,con tutto quello che mi serviva,indossai i migliori vestiti che avevo,anche se ero consapevole che non sarebbero abbastanza nobili,secondo i gusti di chi avrei incontrato,ma quello che mi stava a cuore,era essere nobile d’animo,non di sangue. Con i pochi risparmi,presi il treno,per l’occasione della mia vita,lasciavo la discarica,come un traditore,ma pieno di speranza,anche se consapevole,che avrei dovuto solo pulire i pavimenti. Il viaggio in sé fu normale,ma guardandomi attorno,capii come vivevano adagiati anche le persone di medio rango. I loro figli avevano cellulari costosissimi,e anche se stavano in gruppo preferivano farsi risucchiare da quel aggeggio,con cui si facevano decine di foto,sempre per apparire come qualcosa di sfavillante e rivoluzionario,ma la verità,era che i ragazzi della mia epoca,erano fatti con lo stampino. Il copia e incolla non esiste solo nel mondo dell’informatica. Dopo questa serie di riflessioni,entrai nella redazione della Millar&Romita News. Era sicuramente molto controcorrente,rispetto agli edifici vicini,non era alto nemmeno 3 piani,le finestre erano in vetro e non in cristallo,le piante erano ad occhio false: questo ed altri dettagli mi incoraggiarono per questa mia nuova esperienza,ero sicuro,almeno di non lavorare per della feccia,ma per gente se non altro,umile,che ai miei tempi,è veramente un attributo unico quanto raro. Iniziai a lavorare,e giorno per giorno raccolsi informazioni,trend e attività del mio mondo,conobbi a fondo gli impiegati,i giornalisti e perfino il caporedattore: Walter Hartwell. Era un uomo sulla cinquantina,senza molti capelli,con barba curata,vestito sempre in modo impeccabile,calcolava sempre tutto,rischi e pericoli compresi. Quest’uomo era un amico d’infanzia dei due ragazzi che amministravano il giornale,i quali erano perennemente assenti,almeno per i miei primi venti giorni di lavoro. Le mie giornate erano semplici,tanto quando ero alla discarica: sveglia,pulizia,pranzo,tempo libero,pulizia,cena. Il tutto era offerto della redazione,anche perché non serviva un budget così alto per mantenermi. La notte,dormivo in una cuccetta,niente di che,ma i miei amici cominciavano a mancarmi. Al ventunesimo giorno incontrai Millar e Romita,due giovanotti,con non più di trent’anni,per la loro età,erano veramente molto ricchi,quel giorno mi trattarono con noncuranza ma non ci feci caso. Le mie giornate le vivevo come osservatore,scrutavo tutto,articoli,giornali,recensioni,veramente tutto e dopo un paio di mesi,ero veramente intellettualmente conscio di ciò che succedeva nel nostro mondo,e notai come tutti parlavano di tante cose come economia,dei nuovi modelli in circolazione,delle nuove star,degli sportivi che superavano record,ma mi accorsi che a tutto ciò,mancava qualcosa. Si perché mancavano articoli sulla mia terra ,su come tante persone muoiono e altrettante vengono sfruttate. Quando mi accorsi di questa lacuna,dopo aver finito il mio turno,prima di dormire nella cuccetta a cui ero assegnato,mi improvvisai giornalista,ma non uno di quelli seri e stressati che incontravo durante il giorno,volevo essere un giornalista divertente. Sarebbe stata sicuramente una rivoluzione pensai. Dopo questo monologo mentale,tornai con i piedi per terra,allietato da quei pensieri. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte quando decisi,che nel mio tempo libero,avrei scritto un articolo,qualcosa di memorabile,non perché avrei messo colpi di scena o tanti dettagli,ma solamente per il fatto che avrei scritto la verità. Quella verità che sicuramente avrebbe commosso non poche persone. Iniziai,già dal giorno successivo,ci misi veramente il cuore,scrissi di getto,per più di mezz’ora,e mi accorsi che avevo quasi già scritto più di metà dell’articolo. Non sapevo perché lo scrivevo; ero sicuro,che nessuno avrebbe pubblicato il mio articolo,non per l’articolo stesso,ma per le mie origini,sarebbe un rischio troppo alto da correre,poiché io sono uno dei tanti,uno di quelli che sicuramente non rappresentava lo slogan che citai ad inizio diario. Più passavano i giorni,più mi sentivo solo,senza amici,sempre per il fatto delle mia umile provenienza,con la monotonia del mio lavoro; alcuni giorni impazzivo,quando non sapevo cosa fare,mandavo lettere ai miei amici,sempre se si può chiamarli così. Quando un amico diventa conoscente? E quando un conoscente diventa qualcosa di più? Me lo chiesi tante volte,ma se ero in quella situazione,la colpa era solamente mia. Ormai era passato oltre un mese,la mia vita oscillava fra la penna e lo scopettone,di lettere ne avevo mandate almeno tre per ogni amico,ma nessuno rispose,per quanto riguardava l’articolo,lo finii dopo soli 3 giorni di lavoro,ma non avevo coraggio neanche di leggerlo,figuriamoci di proporlo a qualcuno. Uno spunto di riflessione mi arrivò,quando scrivevo lettere nel tempo libero,ed i giornalisti che passavano mi guardavano straniti,in quel momento percepii sensazioni di timore e perplessità da parte,di chi era cresciuto sin da giovane con tecnologia,che osservava con occhi da bambino quello strano evento. In realtà,forse lo strano,ero proprio io,che a quei tempi scrivevo ancora su carta. Poi quel giorno accadde,qualcosa di inaspettato.

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Capitolo 4
*** Controcorrente ***


[Capitolo 4 / Controcorrente]

Uno stagista,sicuramente più vecchio di me di qualche annetto,mi rivolse la parola per un tempo superiore ai cinque minuti. Ci fu stupore in me. Finalmente conoscevo qualcuno,che non era obbligato a parlarmi,vedi il caporedattore. Il ragazzo si chiamava Quentin,occhi incavati,con una mascella molto marcata. Voglio precisare,che in questo mio diario,i dettagli,sono molto semplici,non perché non siano importanti nella mia storia,ma perché voglio che chiunque legga questo mio scritto,immagini proprio lui o lei,con i propri pensieri,le situazioni,gli ambienti e le persone che sto descrivendo in questo mio diario,che definirei correttivo. Perché è questo quello a cui deve servire,correggere tutti gli atteggiamenti della nostra epoca trasandata. Ma torniamo a noi,parlavo di Quentin,ragazzo dalle grandi prospettive,ma al momento,non voleva strafare ,parlammo per qualche minuto e dopo mi invitò a prendere un caffè insieme,qualcosa di indescrivibile per me,anche perché nel “mondo esterno” alla redazione fui una rara comparsa. Dopo qualche ora,ci incontrammo nel nostro tempo libero. Andammo in un bar nell’angolo fra G. Pym Street e D. La Roccia Boulevard. Un posto carino,decorato qua e là,con qualche quadro di Dalì,Warhol e De Chirico. Sicuramente,pensai,che doveva essere gestito da qualche amante dell’arte,ma sui muri c’era anche qualche antichissimo vinile per fare effetto vintage. Ci sedemmo,presi un caffè,che avrei pagato con i miei pochi risparmi,e lui optò per un cappuccino,parlammo a lungo. Quello che emerse,era che Quentin,andava sicuramente controcorrente rispetto a tutto il resto del suo ambiente, lui non si sentiva superiore a nessuno,anche se intellettualmente metteva in rilievo mezza scena giornalistica. Era fatto di un umiltà fulminante.,la quale nei tempi che vi sto narrando era rara,ma chiunque troverà questo diario,immagino che neanche sappia cosa sia questa virtù. Quentin,conosceva decine di citazioni,le migliori che udii furono delle massime di Apollo,e qualche riflessione sulla metafisica. Discutemmo,anche sull’attualità e osservammo che avevamo interessi e morali simili. Poi preso dalla foga di una nuova ed unica amicizia,ma soprattutto di aver trovato qualcuno di cui fidarsi,mi confidai,e li spiattellai la mia ambizione che crebbe nelle poche settimane in cui stetti nella redazione: scrivere un articolo,per dire a tutti la verità che avvolgeva le mie origini,era qualcosa di rischioso,ma c’è sempre una prima volta. Quentin sembrò interessato.

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Capitolo 5
*** Conosci te stesso ***


[Capitolo 5 / Conosci te stesso]

Il giorno dopo,lavorai come sempre,poi quando me ne dovetti andare,Quentin mi si avvicino e mi invitò in un ristorante a tema. Si chiamava Neo Seoul 2144,vendeva cibo giapponese,aveva come concept un design molto metallico,ma penso che Quentin mi ci portò,per la bassa popolarità e per risparmiare,in ogni caso,quella sera il cibo non fu il fulcro dei nostri discorsi: parlammo per l’intera serata del mio articolo,nelle prime battute avevamo discusso su come non farci scoprire e altri convenevoli,dopo compilammo un foglio pieno di schemi per avere un ordine logico,ma soprattutto per sapere come sarebbe venuto fuori. Quello che ci dicevamo mentre la nostra creatura si stava creando era che dovevamo conoscere il nostro potenziale ma soprattutto il nostro limite,in poche parole,Quentin apostrofava sempre la massima dell’oracolo di Delfi: « Conosci te stesso! » Ci convincemmo che quello che stavamo facendo era per far capire al mondo che non contavano solo i modelli,i matrimoni,la lussuria o tutto il resto che si diffondeva allora,ma che erano della stessa se non superiore importanza le vite umane,che pur se di rango minore,rimanevamo sempre vite umane. Bisognava finire con questa follia. Ormai anche i giornali escludevano notizie importanti come guerre o morti,e lasciavano rilievo solo a pettegolezzi o gossip. Io e Quentin eravamo convinti,non mancava molto,volevamo rivoltare il mondo,ma non fu molto facile.

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Capitolo 6
*** Mente Aperta ***


[Capitolo 6 / Mente Aperta]

Nelle due settimane posteriori a quella cena io e,quello che sembrava sempre più il mio migliore amico,dato che le lettere alla mia vecchia compagine non ricevevano risposte. Quentin ed io,lavoravamo sodo,volevamo scrivere un messaggio che arrivasse si al popolo,ma anche ai piani alti. Usammo un vasto vocabolario e mettevamo sotto ad una nuova luce i ranghi più bassi,quasi descrivendoli in salsa leggendaria,come nelle “chanson de geste”. Molte volte facemmo le ore piccole a casa di Quentin,che ormai mi aveva accettato come un vero e proprio fratello. Esattamente sedici giorni dopo la cena a Neo Seoul 2144,era arrivato il fatidico giorno in cui Quentin avrebbe consegnato l’articolo,naturalmente a nome suo. Lo osservavo da un vetro,mentre lo pulivo,Quentin,era vestito molto bene,come il caporedattore,Quentin consegnò la busta e parlò,immagino che stesse facendo un’introduzione all’articolo: sul volto del caporedattore si inarca un leggero sorriso. Successivamente Quentin mi riferì,che il signor Walter Hartwell trovò stuzzicante il nostro articolo,ma non era pronto per essere pubblicato. Rimasi amareggiato,ma non mi rassegnai,ci dovrebbe esser stato un modo. Il mio unico amico,precisò,che il capo,fu attratto dall’idea,e per quanto rivoluzionaria fosse,potrebbe trovare spazio nel giornale in mancanza di articoli. Pensai che ebbi fortuna,tanta fortuna,perché una persona che riesce ad essere interessato ad un articolo del genere,dove non ci sono modelli,gossip o mode del momento,doveva sicuramente avere una mente aperta. In tempi dove ognuno voleva tutto e subito senza scendere a compromessi,quella decisione del caporedattore,mi colpì,come il primo raggio di Sole dopo un violento acquazzone. La speranza c’era.

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Capitolo 7
*** Ansie ed Esperienze ***


[Capitolo 7 / Ansie ed Esperienze]

Da quel giorno ogni istante che passava poteva essere,l’istante critico,in cui il nostro articolo sarebbe stato pubblicato. Non so Quentin,ma in me c’era come un oblio,una sensazione di ansia continua,c’erano giorni in cui il mio unico pensiero,era sapere se quell'articolo veniva pubblicato o meno,ogni mattina poteva essere quella giusta,ma niente. Dopo una settimana di ansie,capii che non potevo continuare in questo modo,e decisi di darmi a nuove esperienze. Visto che non avevo un budget infinito,decisi di darmi d attività low-cost,anzi la parola giusta,sarebbe no-cost. Uscii dall'ufficio nel mio giorno libero e mi diressi sulla pista ciclabile della città per fare del sano jogging. Non ero un corridore,ma mentre trotterellavo,chiudevo gli occhi e sognavo di essere un maratoneta,sicuramente quello che non avevo in denaro e nobiltà,lo ricompensavo in fantasia. Quell'azione: il correre…era per me qualcosa di liberatorio,qualcosa di naturale,era come se una mia richiesta corporea venisse soddisfatta,e durante questa perfezione che avveniva in me,mi imbattei in qualcosa che mi sorprese non poco: fra tutti i fumi della città e i rottami con tanto di spazzatura che giganteggiavano sulla pista,scorsi un piccolo spiazzo e affacciandomi vidi terra bruciata,e in tutta quella polvere cinerea,scorsi un arbusto solitario. Non era un maestoso “Generale Sizemore”(nome assai buffo affibbiato all'albero più alto del nostro mondo),però con i suoi ottanta centimetri scarsi,mi ricordò che anche un arbusto tutto brutto e storto è in grado di battere l’oscurità. Anche una scintilla batte le tenebre,pensai. Oltre alla corsa,riuscii a risparmiare qualche soldo per comprarmi qualche action figure di un vecchissimo anime che vidi in DVD tempo addietro, si chiamava Black Note o qualcosa di simile. Mi diedi anche ad altri sport alternativi come l’azzeccamodello,ossia un gioco d’azzardo in cui si deve indovinare quale fra i modelli in ascesa diventerà il nuovo volto noto della pubblicità,o altri giochetti del genere,ma più mi abituavo a questo nuovo mondo più capivo che quest’umanità stava deragliando verso un abisso di oscuro oblio,dove alla brillantezza e alla purezza di due occhi,si sostituivano ciglia finte e trucco in quantità. Come le donne avevano perso la loro femminilità,i maschi avevano lasciato la loro virilità,non solo nel comportarsi,ma anche nel vestirsi: più di seguire la moda attuale,c’era gente che andava con caviglie in vista,o con altri stili assai bizzarri. Insomma chiunque vedevo sembrava uscito con il più classico dei copia-incolla. Scusatemi,per questa mia uscita dal tema,stavo scrivendo delle mie piccole attività,che non disdegnavo fare nel mio tempo libero. Sempre più spesso,uscivo sia il pomeriggio che la sera,a volte con Quentin,ma tante volte da solo. Mi piaceva osservare tutto,scrutare con i miei occhi,tutto: il paesaggio,i passanti,i vicoli,le vetrine,gli artisti di strada. Ero contrario a quasi tutto quello che vedevo,e pensavo spesso e quanto fosse diventato superficiale il mondo,non era raro per me fantasticare sulla mia vita se vissuta qualche decade prima: immaginavo sicuramente meno falsità,ma ebbi sempre l’impressione che in entrambe le epoche avrei avuto le mie difficoltà. Quando passeggiavo la sera,amavo guardare il cielo,purtroppo,una delle poche cose che pensavo fosse rimasto immutato,ma mi accorsi ben presto,che vedere il cielo dalla discarica e vederlo dalla città erano due tipi di osservazioni totalmente diverse. Quando,osservavo il cielo dalla discarica,lo guardavo malinconico,demotivato,quasi rassegnato a vivere una vita piatta,fra pattume e rifiuti,ma quelle stelle,cosi brillanti,cosi belle,cosi vicine,ma allo stesso tempo lontane,mi spingevano a dare me stesso in tutto,ed era una delle mie poche speranze nella mia adolescenza. Invece,ora che avevo già qualche possibilità di rivoltare il mondo,come volevo (o almeno ci avevo provato),per la prima volta che alzai lo sguardo fiducioso al cielo,vidi solo un cielo oscuro,e si vedevano all'incirca solo una o due stelle,per colpa dell’inquinamento luminoso. Questo mi spinse ad elaborare una personale teoria,secondo la quale,le stelle stavano a rappresentare le persone vere in un determinato luogo. Di conseguenza,più stelle riuscivi ad estrapolare,più ti trovavi in un luogo dove l’ambiente sarebbe stato confortante. Poi quella stessa notte,passata la mezzanotte,mi squillò il cellulare (un vecchio modello prestatomi da Quentin) ed una voce quasi commossa esclamò: « Ce l’abbiamo fatta,fra due giorni il nostro articolo verrà pubblicato! » .

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Capitolo 8
*** Reazioni ***


[Capitolo 8 / Reazioni]

A quella frase così gioiosa e piena di sentimento,risposi con un freddo e distaccato:”Grazie per avermi avvertito,ci vediamo domani”,ma dentro di me,si presentava come un turbinio emotivo assai potente,dove tutto quello che avevo accumulato,esplodeva rilasciando sensazioni felici. Non avevo mai provato tanta gioia,tanta felicità,tanto vigore in tutta la mia esistenza. Poi ripensai alla mia risposta a Quentin e dedussi,che più vivevo in questo nuovo ambiente,più diventavo insensibile,e non riuscivo a capacitarmi di avere dato una risposta cosi pacata,a chi per me aveva faticato non poco. In ogni caso,mi promisi che avrei rimediato. Due giorni dopo uscì l’articolo,naturalmente venne editato come articolo di Quentin,ma nelle ultime righe scrisse che fu aiutato da me. Scrisse solo che ero un amico e il mio nome,ma per me bastava,anche perché più di questo non poteva fare.

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Capitolo 9
*** Quindici Minuti ***


[Capitolo 9 / Quindici minuti]

Il successo fu immediato,tutti ne parlavano,tutti ne scrivevano e tutti ne discutevano. Il problema è che avevano preso il nostro articolo come qualcosa di distopico,come qualcosa di inverosimile,come qualcosa che non sarebbe mai successo,per quanto fosse crudo quell'articolo. La spiegazione a tutto ciò,mi fu riferita da Quentin,il quale disse che il fatto di vivere agiati e senza difficoltà da decenni,aveva fatto scordare al popolo del rango alto,quali fossero i veri problemi. Questa fu la risposta,da parte dei “ricconi” che bene o male,in un certo senso diffondeva le nostre parole,le quali erano trasportate alla gente come un freddo vento d’ignoranza,poiché non tutti riuscivano a capire il fulcro dell’articolo. D’altro canto,quelli che fino a qualche mese fa,erano i miei simili,presero questo scritto in maniera diversa. Tutti loro,dopo aver raccattato qualche Millar&Romita News,lo lessero in gruppi,e furono estasiati da come la verità veniva servita diretta,senza mezzi termini. In più,questo articolo,dava loro speranza,per qualche cambiamento. In seguito,arrivarono una cinquantina di lettere a Quentin,che leggemmo insieme. Fra queste lettere ci fu anche una lettera di Johnny X (amico d’infanzia),ma di questa ve ne parlerò verso la fine di questo infausto diario. Alcuni,si congratulavano,altre ci davano consigli,alcune le proprie opinioni ed alcune,anche se in minoranza esprimevano il loro dissenso. Per un po’,anche i notiziari e i blog commentavano il nostro articolo. Sono sicuro di aver avuto i miei quindici minuti di notorietà,proprio come affermava Andy Warhol.

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Capitolo 10
*** Buongiorno Gelido ***


[Capitolo 10 / Buongiorno gelido]

Il nostro successo,svanì in qualche settimana,e la nostra notorietà si ridusse,alcuni agenti passarono in redazione a parlare con Quentin,e successivamente con me. Si erano presentati bene,erano quattro,se ricordo bene i loro nomi erano Mathers,Shakur,Baker e Armstrong. Si avvinarono con un “buongiorno” che non fu accogliente. Dopo i convenevoli,ci portarono in una stanza isolata,e non girarono di certo intorno al perché della loro visita:”I piani alti non transigono una così feroce interpretazione delle zone malfamate del nostro territorio”. Pensai che non capirono che non era un’interpretazione,ma la verità. Continuarono la ramanzina,con minacce ed ogni tanto qualche schiaffetto correttivo,che sembrava tanto un :”E’ solo un assaggio se ci riprovate”. Ne uscimmo dopo mezz'ora abbondante,con i corpi scalfiti,ma con le idee ancora solide,perché le idee sono permanenti,niente potrà mai distruggerle,anche se qualcuno ci uccidesse,ne spunterà qualcun altro che farà il nostro stesso lavoro,perché questa società andava cambiata! Appena potemmo,io e Quentin,discutemmo,e fummo assolutamente d’accordo sul fatto di continuare,e con l’approvazione di Walter Hartwell,pubblicammo un articolo su cosa successe quella mattina,un articolo ricco di dettagli,sprigionante la rabbia di chi sostiene che qualcosa può essere cambiato. Lo scandalo si rivelò,e tutta la nazione venne a conoscenza dei fatti. Il giorno seguente il caporedattore,non c’era,ci dissero che prese delle ferie e pensammo che fu per distogliere le attenzioni. Lo scandalo fu proporzionale al nostro successo che aumentava,e con questo ci garantivamo un’immunità dal governo o da chiunque ci volesse non vivi. Passarono i giorni,ed il nostro orgoglio andava aumentando,non tanto per la celebrità,ma per esser riusciti ad aprire gli occhi a tutti,facendo capire che basta l’essenza piuttosto che l’apparenza. Dopo qualche giorno,di prima mattina aprii la redazione per darli una spolverata,per rendere pulito non solo le persone,ma anche l’ambiente di lavoro. Apri l’ufficio,ed una lampadina era accesa,pensai che qualcuno si fosse scordato,poi notai una finestra aperta,da cui entrava uno spiraglio di luce. Poco rassicurato,mi avvinai al fantomatico ufficio illuminato,e quello che osservai non lo scordai più… Il corpo era quasi irriconoscibile,chi fosse lo intuii dai lineamenti facciali,anche quelli sfregiati. C’era un uomo,denudato,sfigurato,pieno di ferite,senza ormai niente di umano.

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Capitolo 11
*** Limite ***


[Capitolo 11 / Limite] Dopo un’iniziale stato di apprensione capii,a malincuore,che quel corpo apparteneva a Walter Hartwell. Come ci si può spingersi a tanto? Come si poteva fare questo… L’animo umano,non ha dei limiti? Non ha degli immaginari confini che non andrebbero mai varcati? . Dopo questi confusi pensieri,la prima cosa che feci fu chiamare tutte le autorità. Dopo ciò,misero sotto custodia Quentin. I giorni passarono e la malinconia imperlava le mie membra. Tutto ricordava il capo-redattore,quell'uomo,proprio quell'uomo: l’unico che nella mia nefasta vita che mi supportò,l’unico che abbia avuto il coraggio di darmi la forza,l’unico che mi ha insegnato,che non bisogna essere belli o muscolosi,per cambiare i canoni odierni della società. Sicuramente anche Quentin,mi aiutò in tutto questo. In ogni caso,il pensiero che rimbombava in me era che Mr Hartwell fu ucciso per colpa mia, Per colpa dei miei ideali,è morto brutalmente per colpa mia,perché io volevo diffondere le mie idee,ho rovinato un uomo,una famiglia,una redazione. Tante cose. Le giornata passavano irrequiete,ormai il mio lavoro lo assolvevo a malapena,e il mio unico amico era una bottiglia di pessimo vino di seconda mano,comprata con gli ultimi risparmi. Ormai non c’era tanto da fare,dopo che si arriva all'apice,si può solo che scendere,ma non pensavo che la discesa sarebbe stata cosi aspra,dura,ripida,sofferente,gelida,solitaria,stancante,triste. Questa notte,il mio ultimo pensiero fu: « Ubi maior minor cessat » .

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Capitolo 12
*** Continuare?! ***


[Capitolo 12 / Continuare?!]

La mattina seguente,e la seguente,e la seguente,e ancor successive mattine,rilessi più volte la lettera,citata qualche settimana fa,mandatami da Johnny X. Nella sua lettera sentivo il dolore sprizzare da ogni parola. Raccontava tutto. Erano due fogli. Ma erano due fogli ricchi di dettagli,sulle ambizioni,su chi ce l’ha fatta,chi no,chi ci ha lasciato,su chi ci ha provato,su cosa succedeva,veramente su tutto. La lettera i può riassumere come una parabola,che parte da un’origine,sale,avanza,arriva ad un punto alto,il più alto,e poi scende,rallenta,fino ad arrivare sulla stessa linea orizzontale dell’origine. La prima origine era rappresentato,dal fatto che dopo la mia dipartita dalla discarica,tutto andava sempre peggio,sempre più incursioni,sempre più sfratti,sempre più violenza,sempre più orrore,negli occhi di chi,non ne poteva più. Leggermente la parabola saliva,grazie al fatto che Marty (amico d’infanzia,proiettato verso la meccanica automobilistica) era stato preso in un’officina,in zone meno malfamate delle nostre,ma il vertice di questa parabola letteraria è costituita dallo stesso Johnny X che divenne medico,presso un ambulatorio,grazie ad una serie di concorsi,stravinti sui più quotati (e votati!) figliocci di alto rango. Mi scrisse che,suscitò scalpore la sua vincita,ma non durò a molto,poiché lo cacciarono dopo poco,con false accuse,campate in arie,sicuramente da qualcuno che non prese bene l’iniziale superamento dei vari concorsi d’ammissione. Da qui,inizia la discesa.. Johnny iniziò a vagabondare,lo stesso per Marty,mentre Jay era disperso da molto. La fantomatica parabola scendeva sempre di più col ritrovamento di Jay in una discarica non lontana da Woodcrest,e con la malattia di Marty. La parabola,si conclude,con la tristissima morte di Marty,per mancanza di fondi per le cure necessarie. Qui Johnny si dilungò sul fatto che si fece una colletta da tutti della discarica (loro ci erano tornati,dopo i vari problemi sopracitati),ma nonostante le fatiche fatte,non si arrivò neanche alla metà,e figuriamoci se un medico cura per bontà! Un altro difetto della nostra società,era il fatto che qualsiasi lavoro che si otteneva lo si faceva con noncuranza,ma solo per avere la paga,mentre penso che sia d’obbligo,farlo con passione,dando il massimo,soprattutto nei momenti di difficoltà. La lettera si conclude col fatto,che tutti della nostra vecchia comitiva avevano visto i miei progressi,e tutti gli approvavano,e molte parole di fiducia furono spese per me,ma nessuno se la sentiva a parte Johnny X. L’ultima frase mi comunicava,come anche gli altri apprezzavano il mio lavoro,ma me l’avrebbero espresso solo faccia a faccia,perché è cosi che ritengono sia giusto,e avevano ragione,certe cose le si possono dire solo con un certo contatto umano,né con una lettera né con un messaggio. In ogni caso,chiusa la parentesi della lettera,c’era da prendere una decisione con Quentin. Le giornate passavano sempre in solitudine,fra una riflessione ed un’altra,fra un pensiero e un’ansia… poi mi decisi a chiamare Quentin. Dopo una quindicina di minuti ci decidemmo: avremmo scritto un ultimo importante articolo che avrebbe messo a nudo tutte le problematiche del governo e tutte le contraddizioni della società. Quest’articolo avrebbe messo fine alla nostra trilogia di protesta,ma probabilmente avrebbe messo fine anche sulle nostre vite,poiché non so quanto,il governo,avrebbe accettato quest’ultimo articolo, date le nostre idee.

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Capitolo 13
*** Vita e Morte ***


[Capitolo 13 / Vita e Morte]

Questo capitolo è quello che ne venne dopo. Di seguito,vi allego l’articolo,il terzo ed ultimo nella nostra trilogia distaccante dalla società:

« Coloro che vi scrivono quest’articolo sono Quentin Barrese ed un semplice spazzino. Prima di addentrarci nel fulcro del nostro scritto,vorremmo precisare che questo è il nostro ultimo articolo,il quale darà vita e morte. Siamo qui per dirvi,quello che tutti pensano,quello che tutti sospettano,ossia che la morte del nostro capo-redattore Walter,avvenuta qualche settimana fa,e’ frutto dei nostri ideali,cioè Walter e’ morto per condividere i nostri ideali,ed e’ stato brutalmente assassinato. Da chi?! Dalla società,ma soprattutto dai piani alti,dove non possono sopportare quello che abbiamo fatto. Cosa abbiamo fatto di tanto grave da far uccidere uno dei nostri vi chiederete… bene. Abbiamo sviscerato quello che c’è di male,tutto quello che viene nascosto,tutto quello che non vi dicono. Noi siamo qui,per aprirvi gli occhi! Basta apparire! Basta Esserci! Basta seguire modelli di vita insani!

S V E G L I A T E V I !

La società,ma anche il governo,ci sta facendo diventare sempre più ignoranti,perché è cosi che ci vogliono,ma noi dobbiamo ribellarci,dobbiamo esprimere le nostre idee,basta seguire mode,basta seguire preconcetti,basta essere tutti omologati,solo per aver paura di distinguersi,dobbiamo variegare questo mondo,che stanno rendendo sempre più uguale! Dove vivevo io,tutti morivano prematuri,per mancanza di cibo o altro,basta! Diciamo basta a questo scempio! Io ed il mio amico,vi stiamo dando un’astratta chiave con cui proprio voi dovreste aprire la porticina della vostra mente! Aprite gli occhi! Non vi rendete conto,che siamo tutti uguali? Che nei sobborghi c’è gente che muore per un pasto,e noi,stiamo concentrati sull'ultimo modello di cellulare?! Lo sapete perché hanno ucciso Walter? Perché aveva detto quello che nessuno vi dice,insieme a lui abbiamo letteralmente distrutto quello a cui la gente era aggrappata! Abbiamo perso il contatto umano! Ormai siamo sempre a comunicare col cellulare o con il computer,perché è questo che vogliono,che siamo dei semplici umani senza anima,che vivono la propria vita fra un social network e una partita a qualche giochino! Siete tutti uguali! Col cappellino,le scarpe alla moda,gli orologi sfavillanti e tutto il resto! Vi dirò altro: Walter è morto,ma secondo voi i suoi ideali sono morti? Assolutamente no! Non moriranno mai,finché ci saremo noi,e quando uccideranno anche noi?! Queste idee verranno ereditate da qualcuno,che le darà ad altri,e cosi via! Ormai abbiamo fatto partire un meccanismo che VOI non potete fermare! E per voi,mi rivolgo,proprio a voi,che avete ucciso Walter e che probabilmente ucciderete anche noi,ma a noi non importa,dopo questo articolo,scateneremo qualcosa che neanche voi potreste reprimere,perché le nostre idee sono a prova di proiettile,coltello,o qualsiasi arma con cui vogliate ferire!. Questo articolo,sta per concludersi,spero che voi,popolo,abbiate capito. Questo articolo porterà alla vita fiorente le nostre idee,ma anche la morte,la nostra,dolorosa,ma probabilmente inevitabile dipartita. Noi osiamo fare ciò che può essere degno degli uomini,chi osa di più,non lo è.


- Quentin & un semplice spazzino. »

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Capitolo 14
*** Battute Conclusive ***


[Capitolo 14 / Battute Conclusive]

L’articolo venne pubblicato,e non ci volle neanche una giornata a scatenare il panico fra il popolo. In poco tempo,si svilupparono sempre più movimenti,gruppi e associazioni,che volevano promuovere i nostri ideali,e durante i loro discorsi,usavano i nostri articoli come punto di partenza. Partì proprio una scia di propaganda nei nostri confronti e in poche settimane diventammo un caso. Con gli articoli avevamo chiuso,ma spesso e volentieri scendevamo in piazza insieme a tutti per protestare. Finalmente il popolo,o almeno una parte,si librava insieme a noi,in questo mite vento di frustrazione che voleva scaldare il freddo mondo che avevamo creato. Protestavamo non solo con il governo per le varie ingiustizie,ma in un certo senso,anche con noi stessi,perché se la voglia di apparire si era sparsa cosi velocemente ,era anche colpa nostra ,che con la nostra indifferenza e con la nostra superficialità avevamo dato corda a questo sbando di ignoranza. Purtroppo,più volte il governo ci impedì di protestare,che con veementi repressioni riuscì a farci scappare a gambe levate. Pian piano la situazione peggiorava,e io e Quentin ci dovemmo separare: io tornai nella discarica,mentre Quentin andò dai genitori.

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Capitolo 15
*** Ossimoro Finale ***


[Capitolo 15 / Ossimoro Finale]

Questo,probabilmente è l’ultimo capitolo del diario,successivamente capirete il perché. Io tornai nella discarica,rividi tanti volti conosciuti e altri nuovi,ma i visi che cercavo più arditamente non li trovai. Dei miei vecchi amici neanche l’ombra. In fin dei conti,se ero tornato,era sia per preservarmi dalla feroce caccia di cui ero soggetto,sia per quell'irrefrenabile ansia di rimettermi in contatto con le persone,con le quali avevo passato quasi tutta la mia vita. Chiesi in giro,ma niente,era come se si fossero volatilizzati. Non avevo notizie di nessuno,vivevo in una squallida stanza,cercando di affermare la mia redenzione,convincendomi che i miei ideali fossero giusti.. Volevo veramente dire basta a questa ipocrisia,e avrei dato tutto,anche la mia stessa vita,che per certi versi,era tornata alle origini,se non fosse per qualche differenza: vivevo in una discarica,ma ero stato arricchito. Arricchito in un modo assurdo. Soldi ovunque,pubblicità,diritti d’autore,compagnie,associazioni,frasi,tutti volevano emularci o aiutarci,e per farlo erano disposti a darci soldi. Avevo tantissimo soldi,mai visti prima,questo mi faceva capire,che in pochi avevano capito il nostro messaggio,ma a noi non importava,perché noi volevamo cambiare qualcosa,e l’abbiamo cambiato,in un modo o in un altro.



Vi scrivo dopo qualche giorno di pausa. Ero scosso. Il governo si è mobilitato e ci cerca ovunque. Ci sono sempre più assedi,sempre più incursioni,sempre più barbarie,e tutto per cosa? Per me! Solo per trovarmi e farmi cosa? Ma poi per aver fatto quale azione? Per aver diffuso il mio pensiero?!

NON C’E’ NESSUNA STRADA FACILE PER LA LIBERTÀ’!

Purtroppo,devo dire che questo è il mio ultimo capitolo e queste sono le ultime lacrime,di un diario,a cui ormai mi sono affezionato e che è stato scritto per le generazioni future,non vorrei che i cani del governo sfondassero la porta proprio mentre scrivo questo,e mi sequestrino l’unico elemento che possa cambiare la situazione: questo diario.
Un saluto a tutti,il mio compagno d’avventura,Quentin,la mia comitiva di sbandati,a cui rivolgo un saluto particolare e chiedo veemente perdono se siete stati irritati dal mio comportamento,e un ultimo importante saluto a te,a te che mi hai sostenuto in tutto questo,a te Walter!
Lo sto per nascondere,è la fine di questo diario e per voi che lo troverete ho un’ultima cosa da dirvi: fatene buon uso.




[FINE]

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