New York Mon Amour

di LadyElle1203
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Autumn ***
Capitolo 2: *** Camera oscura ***
Capitolo 3: *** Farfalle nello stomaco ***
Capitolo 4: *** First Kiss ***
Capitolo 5: *** Dubbi e Certezze ***
Capitolo 6: *** Tuffo nel passato ***
Capitolo 7: *** "Lo sai che ti amo, vero?" ***
Capitolo 8: *** Atlanta ***
Capitolo 9: *** Caro Diario... ***



Capitolo 1
*** Autumn ***


NB: le frasi scritte in corsivo sono i pensieri dei protagonisti.


CAPITOLO I
 
 
L’Autunno è forse il migliore periodo dell’anno, specialmente per i fotografi: la città si colora improvvisamente di mille sfumature d’arancione, marrone, rosso. Dalle finestre provengono mille profumi: cioccolata, caldarroste, torte di vario genere. Fleur era quasi ossessionata dalla “foto perfetta”, ossia quello scatto in cui riesci a catturare mille emozioni diverse. Vagava per New York con la sua Canon, alla ricerca di uno sguardo, un sorriso, una luce particolari.
Ed ora era lì, a Central Park, tra le foglie arancioni e gialle, che fissava imbambolata un padre ed un figlio, mentre stanno effettuando dei lanci con un pallone da football. Sorridono in modo complice, e dai loro occhi si capisce quanto l’uno tenga all’altro. Il ragazzo ha i capelli biondissimi, e gli occhi più azzurri che lei abbia mai visto. Il padre, invece, indossa un giubbotto di pelle, e i suoi capelli sono castano scuro. E’ abbastanza giovane per essere padre, ed il figlio sembra essere, più o meno, un adolescente.
Vorrebbe fotografarli di nascosto, ma sa perfettamente quali rischi correrebbe: una denuncia ed una multa salatissima. Il che, calcolando il periodo di crisi, non è proprio il massimo. Ma non può nemmeno lasciarsi sfuggire un’occasione simile: la luce è ottima, i giochi delle ombre sono perfetti, ed i soggetti esprimono tutto quello che si possa trasmettere in uno scatto. Deve avere quella foto.
Prende un bel respiro, si sistema i grossi occhiali da vista, nasconde la macchinetta fotografica dietro la schiena e, lentamente, si avvicina.
Fa un colpo di tosse, quel tanto che basta per richiamare l’attenzione di entrambi. Il padre la fissa senza espressione, dietro quelle lenti scure degli occhiali da sole. Il figlio, invece, la osserva incuriosito.
“ Scusatemi…non volevo disturbare…è che…” Fleur si sente le guance avvampare, mentre le sue mani cominciano a sudare come non mai. 
Coraggio, Fleur. Rilassati. Puoi farcela.
Con gesti lenti tira fuori la macchinetta fotografica, schiarendosi leggermente la voce. “ Ecco…sono una fotografa e…beh…sono rimasta…affascinata da questo momento…”
L’uomo la osserva ancora senza espressione. Si toglie gli occhiali da sole, mostrando due occhi di un blu profondo.
“ Vorresti fotografare me e mio figlio?” domanda, quasi allibito, indicando prima se stesso e poi il ragazzo.
“ Si…ma solo con il vostro permesso, chiaro.”
L’uomo le sorride, rimettendosi gli occhiali da sole ed annuendo.
“ D’accordo. A patto però che poi me ne mandi una copia.”
Fleur, sorridendo, annuisce, mettendosi in posizione. Vede l’uomo chinarsi all’altezza dell’orecchio del figlio, come a sussurrargli qualcosa.
“ Fate come se non ci fossi, okay?” dice Fleur prima di cominciare a scattare. Poi è questione di secondi: le dita vanno da sole, mentre regola lo zoom e la messa a fuoco. Ogni movimento è uno scatto, e tutti rigorosamente a colori: non si può spegnere quella luce con un comune bianco e nero. Si muove attorno a loro, lasciando però molti metri di distanza. Si accuccia sulle ginocchia, si mette in posizione eretta, si arrampica sulle panchine. Ogni angolazione è perfetta.
Ricontrolla alla svelta le foto scattate, e sorride, notando che di scatti buoni ce ne sono tanti.
Torna da quell’uomo, stendendo un braccio per stringerli la mano.
“ Vi ringrazio, davvero.” Dice, sorridendo.
“ Figurati. Sono anche io un fotografo…ti capisco.” Le risponde l’uomo, togliendosi di nuovo gli occhiali da sole. Il ragazzo, nel frattempo, ha lasciato la palla da football e sta giocando con un cane.
“ Davvero?”
L’uomo annuisce. “ Lavori per qualche agenzia, o cosa?”
“ No. Lavoro per conto mio. Ho un amico che gestisce una galleria d’arte, e quando ho abbastanza scatti mi permettere di creare una piccola mostra.”
Poi tra loro il silenzio, in cui entrambi si osservano, si scrutano.
Oddio...perché mi guarda così? Odio quando mi fissano per troppo tempo. E dai...smettila... pensa Fleur, abbassando la testa e portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Questa ragazza ha qualcosa che non mi convince...forse è il suo accento...però è carina... pensa lui, voltandosi verso il figlio.
“ Mingus! Andiamo, dai.”
Il ragazzo gli corre incontro, dando una leggera pacca sulla spalla del padre. Guarda Fleur e sorride.
Fleur sorride di rimando al ragazzo, per poi tornare a guardare il padre. “ Beh…io devo andare. Vi ringrazio ancora, davvero.”
“ Di nulla, figurati. Piuttosto…” dice l’uomo, poi, prendendo il portafoglio ed estraendone un cartoncino. Poi, dalla tasca interna del suo giubbotto di pelle, tira fuori una penna, e comincia a scrivere sul retro di quel pezzo di carta. “ Ti lascio la mia mail…così…puoi mandarmi gli scatti che hai realizzato oggi.” Le dice, infine, allungandole il biglietto e sorridendo.
Fleur afferra quel cartoncino, rigirandoselo tra le mani. Sull’altro lato c’è l’indirizzo di uno studio di fotografia.
“…è il tuo studio?” gli domanda, indicando il biglietto da visita.
“ Si. Se vuoi…puoi venirci a trovare.”
Fleur annuisce. “ Grazie…ehm...” Ma poi si blocca, fissando l’uomo con curiosità.
“ Norman.” Prosegue l’uomo. “ E tu…?”
” Fleur.”
“ Allora…ci vediamo Fleur.” Dice, poi, allontanandosi.
Fleur prosegue la sua passeggiata, andando nella direzione opposta a quella di Norman. E mentre cammina si ferma improvvisamente, sgranando gli occhi e girandosi di nuovo in quella direzione. Si da una leggera botta sulla testa, maledicendosi.
Oh Fleur sei proprio una cretina! Possibile che tu non l’abbia riconosciuto?! Dico io, ma dove diavolo hai la testa?! Quello era Norman Reedus!! Quello era Norman Reedus...e tu sei un'idiota di prima categoria!
 

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Capitolo 2
*** Camera oscura ***


CAPITOLO II

 

Fleur è in casa, e sta trasferendo le foto della giornata sul suo pc. Le controlla ad una ad una, ed è sempre più convinta di aver fatto un buon lavoro. Si sofferma su quei sorrisi sinceri tra padre e figlio – come si chiamava? – e su quei piccoli gesti: un abbraccio, una scompigliata ai capelli, una pacca sulla spalla. 
Però…mica male il paparino…oh Fleur smettila! Ma non ti fai un po’ pena? Guardati! Sta sbavando su delle dannate foto!
Improvvisamente squilla il telefono, e Fleur si precipita a rispondere.
” Pronto?”
” Ciao, bel fiorellino!” E’ Max, il suo amico proprietario della galleria.
Fleur, sorridendo ed alzando gli occhi al cielo, torna a sedersi al computer, con le gambe piegate al petto e la testa poggiata sulla mano libera.
” Ehilà, Max.”
” Allora? Come andiamo?”
Fleur fa spallucce. “ Sempre uguale.”
” Dimmi che hai qualcosa per me…ti prego…”
Fleur sbuffa, fissando quelle foto sul suo pc. “ Non proprio.”
” Vale a dire?”
” Cioè…ho delle foto…ma sono poche…”
” Tesoro, ho bisogno di numeri!”
Fleur sbuffa ancora, alzandosi e camminando avanti ed indietro per la stanza. Il suo gatto, Peabody, dal pelo bianco e nero, alza svogliato la testa, seguendola in ogni movimento.
” Una ventina…credo…”
” Beh, piccolina, è già qualcosa…calcolando le altre venti che mi hai mandato settimana scorsa…”
” Dove vuoi andare a parare, Max?” chiede Fleur, con tono ironico. Si siede sul divano, di fianco al suo gatto, che le si accoccola sulle gambe, facendo strusciare la sua testa contro il ventre della ragazza.
” Volendo…si potrebbe organizzare una mostra…”
” Dici sul serio??”
” Potrei mai mentire al mio piccolo fiorellino?”
” Ti mando tutto domani. Promesso.”
” Ciao, bambina!”
” Ciao, Max!”

 Il giorno dopo, Fleur si alza di buon’ora, decisa a mandare tutto il materiale a Max. Peabody continua a starle vicino, saltando da un mobile all’altro, forse alla ricerca
di una qualche attenzione in più. Miagola all’infinito, passando addirittura sulla tastiera del pc.
“ Uffa, Peabody…si può sapere cos’hai, oggi?”
Il gatto, di tutta risposta, salta di nuovo su un mobile, facendo cadere la borsa di Fleur.
“ Accidenti, Peabody…guarda qua che hai combinato!” dice Fleur, alzandosi e recuperando tutte le sue cose. Poi, come un segno del destino, tra le sue mani compare il biglietto da visita di Norman, con quell’indirizzo mail scritto da lui. Fleur si rigira il cartoncino tra le mani, sorridendo maliziosamente. Torna al pc, aprendo la sua casella di posta elettronica. Seleziona tutte le foto fatte, scrive la mail del destinatario, una qualche parolina, ed infine invio. Poi, sempre sorridendo, corre in camera sua, vestendosi alla svelta.
 
“ Mi scusi? Sto cercando lo studio Big Bald Head…” domanda ad un passante in strada.
L’uomo fa spallucce, dubbioso. “ Mi dispiace…non saprei proprio…”
Fleur annuisce. “ D’accordo…grazie…” dice, poi, continuando a camminare. L’indirizzo su quel biglietto da visita forse è vecchio. Sta vagando per la città da ore, senza alcun risultato. Sta chiedendo a tutti, senza ottenere una risposta positiva. Oggi, poi, fa più freddo di ieri, e forse ha sbagliato a mettersi quel cappotto leggero. Si stringe ancora di più nel suo impermeabile, affondando le mani nelle tasche. Poi, come se fosse un miraggio nel deserto, in fondo alla strada compare una scritta bianca su sfondo viola.
L’insegna recita chiaramente Big Bald Head – photo shoot study.
Fleur, sorridendo, aumenta l’andatura, ritrovandosi quasi a correre. Arrivata lì davanti, praticamente con il fiatone, apre piano la porta. Viene accolta da un profumo fresco, e dalle note di musica rock tenuta a basso volume. Intorno a lei, fotografie d’ogni genere e d’ogni formato, per non parlare dei diversi modelli di macchine fotografiche esposte.
“…c’è nessuno?” domanda, titubante.
“ Arrivo subito!” le risponde una voce lontana. Poi dei passi, ed il viso di Norman compare da dietro una tenda. Le sorride, mentre si avvicina e si pulisce le mani su uno straccio.
“ Ciao.” Le dice.
“…ciao…” risponde Fleur, sempre più imbarazzata.
“ Come va?” domanda Norman, sedendosi al bancone. Con un gesto della mano, invita Fleur a fare lo stesso.
“ Oh…bene…”
Dannazione, Fleur! Smettila di fare la bambina. Comportati da adulta, dannazione!! Pensa Fleur, tormentandosi le mani e rimanendo, improvvisamente, zitta.
Mio Dio…è diventata rossa! Eppure non ho detto nulla… pensa lui, accendendosi una sigaretta.
“ Sono passata…perché…perché forse…settimana prossima…ci sarà una mostra delle mie fotografie…e…dato che saranno esposte anche quelle di ieri…”
“ Sarebbe magnifico.” Risponde lui, secco.
Fleur alza la testa, osservando Norman dritto negli occhi. “ Bene.”
Ancora silenzio.
“ Ti ho mandato le foto…stamattina…” dice ancora Fleur, distogliendo lo sguardo da quegli occhi magnetici.
Norman annuisce. “ Si, lo so.”
“ E…che ne pensi?”
“ Sono molto belle. Avevi ragione: la luce era perfetta.”
“…ti ringrazio…” dice Fleur, sorridendo.
Oddio…devo uscire da qui. Non ce la faccio, non ce la faccio. Pensa Fleur, cercando di mostrarsi il più tranquilla possibile.
Norman continua ad osservarla, senza la minima espressione.
Questa ragazza mi ha riconosciuto…altrimenti perché essere così nervosa? Però è strano…ieri non era così…era più a suo agio. Cavoli…però è carina…e guarda che occhi…ah Norman! Riprenditi, amico…guardala bene! E’ troppo giovane per te!  Pensa Norman, spegnendo la sigaretta nel posacenere e continuando a fissare Fleur con la coda dell’occhio.
“ Allora…settimana prossima c’è la mostra, eh?” dice Norman, alzandosi.
Fleur fa lo stesso, annuendo. “ Già. Ti…ti farò avere l’indirizzo della galleria…”
“ Ne sarei davvero onorato.”
Fleur sorride, allungando una mano verso di lui. “ Allora…ci vediamo, eh?”
“ Ci vediamo, Fleur.”
Oh cazzo…cazzo cazzo cazzo…si è ricordato il mio nome!! Si è ricordato come mi chiamo! Oddio Fleur…piantala! Sei patetica! Pensa Fleur, uscendo dal negozio.
Norman! Amico, ma che combini? La lasci andare via così?! Fermala! Fermala finché sei in tempo! Pensa Norman, fermo sulla porta.
“ Ehi!! Aspetta!” urla Norman, ad un certo punto.
Fleur si volta, curiosa. “ Che succede?”
Norman le corre incontro. “…mi domandavo…come te la cavi con lo sviluppo in camera oscura?” domanda Norman, sorridendo.
Fleur sorride, spalancando i suoi grandi occhi verdi dietro le lenti degli occhiali da vista. “…tu…hai ancora una camera oscura?!”
Norman si china leggermente all’altezza dell’orecchio della ragazza. “ Sai…sono un tipo vecchio stile…”
 
 
Quella luce rossa rende il tutto più grottesco. Ma l’aria che si respira dentro quella piccola stanza è fenomenale: è arte allo stato puro. Una miriade di foto sviluppate, appese ad asciugare, mentre tutto intorno vi sono bacinelle d’ogni dimensione piene di liquido per lo sviluppo. Fleur osserva tutto come un bambino all’interno di un parco giochi. E Norman non può fare a meno di sorridere della sua gioia.
“…uao…è…è…meraviglioso…” balbetta Fleur, estasiata.
“ Davvero non eri mai entrata in una camera oscura?” domanda Norman, mentre lavora su una fotografia.
“ Una volta sola. Ma ero piccola, ed ho ricordi molto vaghi.”
Norman si ferma per un istante, ad osservarla. Cristo…è davvero bella… pensa, tornando alla sua foto.
Oddio…Fleur, respira…lo so che è fottutamente sexy…ma controllati, dannazione. E senti il tuo cuore come batte! Fleur, riprenditi! Pensa lei, mentre distoglie lo sguardo da Norman per osservare le foto appese.
“ Queste foto le hai fatte tutte tu?” domanda.
“ Si. In giro per il mondo, nei miei viaggi…”
“ Sono…bellissime, davvero.”
“ Vieni qui…ti faccio vedere una cosa.” Dice Norman, facendole un gesto con la mano.
Fleur, titubante, si avvicina alla bacinella dove, fino a poco prima, era chino Norman.
“ Guarda attentamente all’interno…” le sussurra lui all’orecchio.
Fleur si concentra, e ciò che compare dopo la lascia senza fiato. Su quel pezzo di carta, immerso fino all’orlo nell’acido di sviluppo, compare lei, con la sua Canon in mano, intenta a fotografare le fronde di un albero a Central Park.
“…non è possibile…” sussurra lei, esterrefatta. Si volta verso Norman, sempre più sorpresa. “ Ma quando…”
“ Pensavi di passare inosservata?” domanda lui, ridendo.
“…è…bellissima, davvero…”
 
Fleur è di nuovo sulla porta di quello studio, con un sorriso smagliante e gli occhi un po’ lucidi.
“ Beh…grazie ancora per…” dice, indicando l’interno dello studio.
“ Figurati…piuttosto…se ti va…potresti venirmi a dare una mano, ogni tanto. Non sembra, ma…ho parecchio lavoro arretrato…” dice Norman, mani in tasca e sguardo basso.
Fleur sorride ancora di più, mettendosi le mani di fronte alla bocca per lo stupore.
“ Dici…dici sul serio?” balbetta.
“ Si, beh…la paga non sarà proprio ottima, ma…”
Fleur gli lancia le braccia al collo, sempre più contenta. Norman, spiazzato da quel gesto, non può fare altro che afferrarla al volo.
“ Ehi, ehi, ehi…piano, bambina…” dice, ridendo.
Fleur, diventando rossa in viso, si stacca velocemente, abbassando la testa imbarazzata.
“…scusami…è che…si, insomma…”
Norman sorride divertito, mettendole una mano sulla spalla. “ Comincerai domani. Ti voglio qui alle dieci.”
Fleur alza la testa, e punta i suoi occhi in quelli di Norman, decisa. “ Ci sarò.”
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Farfalle nello stomaco ***


CAPITOLO III

 
I giorni che seguono sono carichi d’adrenalina e di voglia di fare. Fleur impara in fretta, specialmente per quanto riguarda la camera oscura, tanto che Norman, dopo solo tre giorni, le lascia sviluppare, da sola, i rullini. Insieme formano una bella squadra, specialmente durante i servizi fotografici: Fleur è attenta e pronta ad aiutare il suo capo, che le sorride continuamente e l’aiuta a rendere gli scatti ancora più belli.
Dopo una settimana, però, Fleur comincia a diventare pensierosa: Max, il suo amico gallerista, sembra essere sparito dalla circolazione. Non l’ha più chiamata, non le ha più fatto sapere nulla della mostra, e a casa sua non risponde nessuno. Fleur non capisce: perché sparire a quel modo? Loro due si sono sempre detti tutto, si conoscono dai tempi della scuola. Sono diventati amici perché entrambi erano stati “emarginati” dagli altri: lui, gay dai modi e dal fisico fin troppo femminile; lei, straniera con difficoltà a farsi capire perché ancora troppo legata alla sua lingua d’origine. Si sono piaciuti fin dal primo momento, e si sono fatti forza l’uno con l’altro. E non è nemmeno la prima volta che Max sparisca: lo faceva spesso anche quando erano poco più che adolescenti. Usciva la sera e non si faceva sentire per un paio di giorni, per poi ricomparire con un sorriso smagliante ed i cornetti caldi. Ma questa volta era diverso: di giorni n’erano trascorsi sette, ed ancora non si era presentato da Fleur con i cornetti ed il sorriso.
E questo suo essere preoccupata, piena d’angoscia e rabbia nei confronti del suo migliore amico la portano a doversi assentare dal lavoro per una settimana, fingendo un’influenza.
Ha chiamato polizia ed ospedali, ha provato a rintracciare i suoi amici, ma niente: di Max nessuna traccia. Chiamare i genitori è fuori discussione: Max ci litigò non appena confessò loro la sua omosessualità, e da quel momento era stata Fleur la sua famiglia.
Lei è demoralizzata, e si sente presa in giro. Così, dopo aver fatto i bagagli e preso tutto l’occorrente per il suo Peabody, Fleur decide di andare qualche giorno dai suoi genitori, che abitano in un quartiere residenziale poco fuori New York, immersi nel verde.
Antoinette e Jean, i genitori di Fleur, rimangono sorpresi quando vengono avvertiti del suo imminente arrivo.
“ Fleur, mon petit, ma che succede?” domanda sua madre, andandole incontro al suo arrivo. La vede triste, con la faccia sbattuta ed imbronciata. Le accarezza il viso, abbracciandola teneramente.
“ Sicuri che non è un problema, se resto qualche giorno?” domanda Fleur, quasi imbarazzata.
“ Trésor, sei per caso impazzita? Tu qui sei sempre la benvenuta. Coraggio…ti aiuto a portare le valigie.” Dice Antoinette, prendendole la valigia. S’incamminano nel vialetto della villa a due piani, mentre Jean rimane sulla porta, sorridente.
“ Fleur…piccola mia…” le dice, abbracciandola.
“ Ciao, papà.” Risponde Fleur, dandogli un bacio sulla guancia.
“ Come stai, tesoro?”
Fleur fa spallucce, entrando in casa ed aprendo il trasportino di Peabody. Lo prende in braccio, accarezzandolo delicatamente, per poi lasciarlo libero di girare per casa. Fleur si siede sul divano, e viene raggiunta subito dai suoi genitori. Le si siedono accanto, e la osservano con occhi amorevoli e curiosi.
“ Allora? Che succede, Fleur?” domanda suo padre, mentre armeggia con la pipa.
Fleur sospira, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi le tempie.
“ Max mi ha dato buca con la mostra.”
Antoinette sgrana gli occhi.
“…e…?”
“…è sparito dalla circolazione. Ho chiamato a casa, sul suo cellulare…ospedali, polizia…niente. Di Max nessuna traccia.”
Antoinette fa un gesto vago con la mano. “ Max l’ha sempre fatto. Spariva per un paio di giorni, per poi ritornare come se nulla fosse…tornerà, fidati…”
“ D’accordo, ma…la mia mostra? No, dico…prima mi promette una cosa, e poi…puf! Scomparso…”
Antoinette si passa una mano sul viso, per poi alzare gli occhi al cielo. Sembra come scocciata.
“…tutto qui? Sei in questo stato perché il tuo amico non ti ha più fatto fare una mostra?” domanda la madre, allibita.
Fleur osserva la madre con occhi sgranati. “ Si, mamma.” Le dice, bruscamente, rimettendosi gli occhiali.
“ Tesoro, è solo una mostra! Non è la fine del mondo!”
“ Mamma, per me significava molto! Ogni mostra fotografica che faccio è importante!”
Antoinette alza gli occhi al cielo, mentre Jean osserva la scena, quasi ridendo.
“ E tu cosa ridi?!” dice Fleur, fissando il padre senza capire.
“ Fleur…tua madre non ha tutti i torti. Sai quante volte le è capitato di non poter fare una mostra? Eppure è diventata una pittrice di successo.” Risponde Jean, aspirando dalla pipa.
Fleur è sconcertata: possibile che i suoi genitori non capiscano la sua frustrazione? Si alza, indispettita, dirigendosi verso le scale.
“ Dove vai, adesso?” domanda sua madre, esasperata.
“ Vado in camera mia, se non vi dispiace.”
“ Fleur, stavamo parlando…vieni qui…” dice Jean, sospirando.
“ Tanto con voi è inutile parlare. Esistete solo voi e i vostri problemi.” Urla Fleur, salendo le scale di corsa e chiudendosi in quella che, una volta, era la sua stanza. Si butta sul letto, a pancia in su, ad osservare il soffitto.
Mio Dio. Li odio quando fanno così. Esistono solo loro, il resto è muffa. ‘Fanculo tutto. Pensa Fleur, rialzandosi e sedendosi sulla cassapanca sotto la finestra. Apre i vetri, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni le sigarette ed accendendosene una. Sbuffa fuori il fumo, nervosa.
Forse dovrei chiamarlo e spiegargli la situazione…ah! Ma a cosa servirebbe? Penserà che sono solo una ragazzina non abituata a ricevere dei “no”. Però…lui con me è sempre così gentile… pensa ancora Fleur, tirando fuori il cellulare ed osservando il display. Cerca in rubrica il numero di Norman, e lo chiama, chiudendo gli occhi fino a quando non risponde.
“ Ehi, ciao.” Risponde lui.
“ Ciao, Norman. Disturbo?”
“ No, no…dimmi tutto.”
Fleur sospira. “ Ecco…ti ho chiamato perché…”
“ E’ passata l’influenza?” domanda lui. Dal tono sembrerebbe ridere.
Fleur sorride, pur sapendo che lui non potrà vederla. “ Più o meno.”
“ Beh…vedi di rimetterti presto. Ho bisogno di te, qui a studio.”
Ha bisogno di me. Ha bisogno di me. Pensa Fleur, alzandosi e spegnendo la sigaretta in un posacenere sulla scrivania.
“ Se ce la faccio…potrei tornare tra qualche giorno…” risponde Fleur, sedendosi di nuovo sul letto.
“ Hai bisogno di qualcosa? Medicine, cibo…roba del genere, insomma…”
Si preoccupa per me…oh mio Dio…Fleur digli la verità, dannazione!
Fleur si schiarisce la voce. “ No…non ho…bisogno di nulla…” Fleur sospira. “ Norman, ti devo dire la verità. Io non ho l’influenza. Sto benissimo. In realtà…si tratta di Max, il mio amico gallerista. Mi ha dato buca, ed è sparito dalla circolazione. La mostra non si farà. Ti ho mentito, e mi dispiace…tu…tu ti fidavi di me…”
Norman rimane in silenzio, e Fleur comincia a tormentarsi il labbro inferiore con i denti.
“…ci sei ancora?” domanda Fleur, titubante.
“ Chissà perché…ma me lo sentivo che mi stavi dicendo una bugia…” risponde Norman, con tono scherzoso. “ Non devi sentirti in colpa…d’accordo, mi hai detto una cazzata…ma è stato a fin di bene, l’ho capito. E per quanto riguarda Max, beh…è uno stronzo. La mostra la farai…ti aiuterò io, puoi contarci.”
Fleur sgrana gli occhi, sorpresa. “…quindi…non sei arrabbiato con me?!”
“ No.”
Fleur sorride, buttandosi all’indietro sul letto e mettendosi una mano tra i capelli.
“ Capisco che ora tu abbia bisogno di tempo per assimilare il colpo. Ti concedo due giorni di vacanza, chiaro? Poi ti voglio di nuovo qui con me…senza scuse, chiaro?” continua Norman, sempre con quel tono amorevole e scherzoso.
“ D’accordo. Due giorni e sarò di nuovo da te.”
“ Ti aspetto, allora…”
“ Grazie, Norman.”
“ Ci vediamo, Fleur.”
Norman aggancia, buttando la testa all’indietro sul divano.
Bravo Norman. Ora sì che sei nella merda. Cosa pensi di fare, adesso? Hai perso la testa per una ragazzina! Cazzo, amico…non ti sei mai ridotto così! Guardati…stai ridendo come un ebete. D’accordo, la sua voce è sexy…e sì, ammettilo…quando hai visto che ti stava chiamando, hai sentito le farfalle nello stomaco. Ma, ehi…ha quindici anni in meno di te! No, dico, ti rendi conto? Sei proprio partito, amico…
 
Fleur attacca, rimanendo immobile con lo sguardo perso nel vuoto. Sorride, passandosi una mano sul viso e chiudendo gli occhi.
Cazzo…Fleur, ma ti rendi conto?! Ha detto di aver bisogno di te. D’accordo, si riferiva al lavoro…ma, ehi…è preoccupato per te. Sai cosa significa questo, ragazza? Che ora devi smetterla di fare la ragazzina. Sei una donna, dannazione! Fagli vedere di cosa è capace una francese! Pensa Fleur, tirandosi su ed uscendo dalla stanza. Si ritrova davanti suo padre, che la stava venendo a chiamare.
“ Fleur…tutto bene?” domanda suo padre, sorridendole.
“ Si. Adesso si. Scusatemi per prima…io non…non dovevo.” Dice Fleur, abbassando la testa e affondando le mani nel suo enorme cardigan di lana.
“ Tua madre ha capito di aver sbagliato. Ma lo sai com’è fatta…Piuttosto…perché non vai da lei? Ha bisogno di una mano, in cucina…”
Fleur annuisce, abbracciando forte suo padre. Si precipita giù per le scale, entrando in cucina sorridente. Va dalla madre, abbracciandola teneramente e dandole un bacio sulla guancia.
“…scusa, mamma…non avrei dovuto…” le sussurra, osservandola poi dritto negli occhi.
Sua madre le accarezza una guancia, sorridendo. “ Oh, tesoro…vous pardonne. Non avrei dovuto sminuire la tua rabbia…ho questo brutto carattere…che posso farci?”
Fleur sorride, abbracciando ancora sua madre. “ E’ tutto passato. Piuttosto…papà mi ha detto che hai bisogno di una mano…cosa devo fare?”
Antoinette, sorridendo, le passa un grembiule. “ Per prima cosa, levati quel coso di lana ed indossa questo. Poi comincia a pulire l’insalata.”
 
Quella sera, a cena, l’atmosfera è finalmente più serena. Tutti e tre sorridono, e si respira aria di casa. Amore, affetto, premure per quella figlia così indipendente eppure così vogliosa d’affetto familiare.
Ormai, il pensiero di quella mostra fallita è solo un brutto ricordo, e Fleur sembra intenzionata a non mollare. Ama il suo lavoro, ed è determinata a diventare qualcuno.
Inoltre, Fleur ha cominciato a parlare ai suoi genitori di questo nuovo lavoro nello studio di Norman, entusiasta, e senza riuscire a nascondere un po’ di rossore nelle guance quando parla del suo capo.
“ Pensa, papà…Norman utilizza ancora la camera oscura…”
“ Etes-vous sérieux?” domanda sua madre, allibita.
Fleur annuisce. « Quando ci sono entrata la prima volta, non volevo crederci. E’ magnifica…e lui è un fotografo eccezionale.”
Jean annuisce. “ Buon per te, tesoro.”
Antoinette, però, non può fare a meno di notare le guance rosse di Fleur, mentre, sorridendo, continua a tagliare la sua mela.
“ Oh, Jean…ti dispiacerebbe andare a prendere il dolce?”
Jean si alza, sparendo nel buio del corridoio. Antoinette, sorridendo, poggia una mano su quella di sua figlia.
“ Questo Norman…è il tuo ragazzo?”
Fleur sgrana gli occhi, osservando la madre sbigottita. “ Mamma!”
“ Mon petit, sei diventata tutta rossa non appena hai iniziato a parlare di lui…una madre cosa dovrebbe pensare?”
Fleur posa la frutta nel piatto, sospirando. “ No…non è il mio ragazzo. E’ solo il mio capo.”
“…però ti piace…” sussurra la madre, sorridendo.
Fleur sta per rispondere, ma l’ingresso del padre spezza quel momento madre-figlia.
“ Ecco qui…chi delle mie donne l’ha preparata?” domanda, sedendosi di nuovo a tavola.
“ L’ha fatta Fleur.”
Jean sorride, avvicinandosi alla figlia e mettendosi una mano sulla bocca. “ Per un momento ho temuto l’avesse fatta tua madre…cucina benissimo, ma l’ultima volta che ha cucinato un dolce sono stato male per una settimana.”
Fleur ride di gusto, così come sua madre, ormai abituata alle critiche del marito sul suo talento nel cucinare dolci.
La serata trascorre così, serenamente, tra una bottiglia di vino rosso ed i gesti affettuosi dei genitori.
“ Beh…io andrei a dormire. Ci vediamo domani. Buona notte!” dice Fleur, a notte fonda, prendendo in braccio Peabody ed andandosi a rintanare nella sua stanza. Chiude la porta, lasciando il gatto libero per la stanza. Mentre si spoglia, nella luce soffusa della stanza, non può fare a meno di ripensare alla voce di Norman. Quel timbro caldo, sensuale. Scuote la testa, infilandosi il pigiama e correndo sotto le coperte.
Si addormenta quasi subito, crogiolandosi nel fatto che, tra poco meno di quarantotto ore, potrà tornare da lui.
 
Quei due giorni a casa dei suoi genitori sono stati un toccasana per Fleur, che ora si sente più carica che mai.
“ Mi raccomando, tesoro…per qualsiasi cosa, noi siamo qui, ok?” gli dice sua mamma, prima di lasciarla andare.
Fleur si limita ad annuire e, dopo un ultimo abbraccio, riparte in direzione di Manhattan.
Mentre percorre la strada, Fleur comincia a sentire una strana sensazione nel suo stomaco. Non è fame, né tantomeno un comune mal di pancia.
Fleur, Fleur…tanto grande, eppure ancora così ragazzina…sei per caso emozionata di rivedere Norman?
Ah! Taci, maledetta vocina nella mia testa. E va bene, lo ammetto: sono emozionata di rivedere Norman. Mi piace…anzi, mi è sempre piaciuto. Dal suo primo film che ho visto al cinema, mi ha sempre fatto sesso. Ecco, l’ho detto. Sei contenta, adesso?!
Senza nemmeno rendersene conto, Fleur arriva sotto casa sua. Scarica velocemente la macchina, portando tutto dentro casa. Libera Peabody, lancia la valigia in camera e corre al telefono. La luce rossa della segreteria lampeggia, segno che è stato lasciato un messaggio.
Sedendosi sul divano, spinge il pulsante e si mette in ascolto.
“ Fiorellino! Lo so, lo so…odiami quanto vuoi. Perdonami se sono scomparso così, senza dirti nulla…ma non sai nemmeno cosa mi sia capitato in questi due giorni. Ieri sono passato a casa tua, ma non c’eri…ti avevo portato i cornetti caldi al cioccolato…oh, Fleur…ho un miliardo di cose da raccontarti. Quando senti il messaggio, chiamami!!”
Fleur alza gli occhi al cielo, esasperata.
“ Non ti richiamerò mai, Max.” Dice Fleur, alzandosi dal divano e dirigendosi in bagno. Si spoglia lentamente, per poi aprire il rubinetto dell’acqua calda ed entrare nella doccia. Si lascia coccolare da quel getto, e chiude gli occhi, gettando la testa all’indietro. Poi qualcosa cattura la sua attenzione: un suono in sottofondo. Chiude svelta il rubinetto, accorgendosi che il suo telefono sta squillando. Senza preoccuparsi di girare nuda e gocciolante per casa, esce dal bagno e corre in direzione del cordless, rispondendo svelta.
“ Pronto?!”
“ Ehi, ciao. Sono Norman.”
Fleur sgrana gli occhi, osservandosi.
Scema, mica può sapere che sei completamente nuda.
“ Ciao…Norman…”
“ Allora? Come stai? Ti disturbo?”
Fleur cerca di non ridere, osservandosi ancora.
“ Oh…bene, bene. No, figurati…stavo…svuotando la valigia.” Dice Fleur, camminando in direzione del bagno.
“ Sai…mi chiedevo se…sì, insomma…se ti andava di andarci a bere qualcosa…”
Fleur sgrana di nuovo gli occhi, osservando il suo riflesso nello specchio.
Digli di si! Digli di si!
“ Beh…non saprei…”
Stupida Fleur!
“ Oh…se hai da fare, non fa nulla…”
Ed ora che gli dici? Che avevi in programma di startene chiusa in casa a guardare uno di quei tuoi film deprimenti?
“ No, non ho da fare…” risponde Fleur, abbassando la testa.
Norman non risponde. Fleur lo sente sospirare al telefono. “…capisco…”
“ Però…credo che una serata di svago possa farmi solo bene.” Dice Fleur, sorridendo al proprio riflesso.
“ Ok. Vuoi…che ti passi a prendere?”
Fleur abbassa lo sguardo, osservando ancora il suo corpo nudo.
“ Ehm…d’accordo.”
“ Facciamo…per le otto?”
Fleur si guarda intorno, per poi buttare l’occhio di nuovo sul suo corpo.
“ Ehm…va bene. L’indirizzo è il 156, East street.”
“ Perfetto…allora…ci vediamo dopo.”
“ D’accordo. A dopo allora.”
“ Ciao, Fleur.”
“…ciao, Norman…”
Fleur aggancia, guardandosi ancora nello specchio.
Ma che ci fai ancora così?! Muoviti, dannazione! Alle otto manca meno di mezz’ora!
Fleur molla il telefono sul lavandino, rientrando velocemente nella doccia e lavandosi alla svelta. Infilandosi velocemente l’accappatoio, corre in camera, cominciando ad aprire cassetti ed armadi.
Peabody, nel frattempo, è acciambellato sul letto, e la osserva con occhi annoiati.
“ Peabody…questa è l’occasione della mia vita. Oddio!! E’ tardissimo…accidenti, accidenti!” dice Fleur, scegliendo con cura gli slip ed il reggiseno. Opta per un completino color rosa antico, con dei disegni color bordeaux e rifiniture in pizzo.
Pensi davvero di finirci a letto, stasera? Che t’importa!
Fleur scuote la testa per scacciare quella voce, mentre lancia l’accappatoio sul letto e si dirige verso l’armadio.
Gonna o pantaloni? Tacchi, stivali o scarpe da ginnastica? Camicia, maglione o maglietta?
“ Oh mio Dio…lui sarà qui tra venti minuti ed io non so cosa mettermi!” urla Fleur a Peabody, che continua a guardarla con disinteresse.
Fleur torna in bagno, afferrando il telefono e componendo il numero di Max.
“ Dai, cavolo…rispondi!!” dice, mentre torna in camera da letto e piazzandosi di fronte all’armadio.
“ Pronto?” risponde Max.
“ Max, sappi che sono molto arrabbiata con te, ma ho bisogno di un consiglio.”
“ Fiorellino!! Come stai?”
“ Max, non ho tempo! Devi venire subito qui.”
“ Che succede??”
“ Oddio, Max! Non fare domande e vieni subito qui!”
“ D’accordo, d’accordo…arrivo in cinque minuti…tempo di prendere l’ascensore!”
Fleur attacca, lanciando il telefono sul letto, a due centimetri da Peabody che, ovviamente, non si è mosso.
Mentre Fleur continua a lanciare vestiti sul letto e a correre per casa, suonano alla porta. Fleur va ad aprire in mutande e reggiseno, trovandosi Max di fronte a lei.
“ Tesoro!!” le dice, abbracciandola. Fleur si stacca subito, correndo di nuovo in camera.
“ Forza…devi dirmi qual è meglio!”
Max, alzando gli occhi al cielo, segue l’amica in camera. Si siede su una sedia accanto alla cassettiera, incrociando le gambe e mettendosi una mano sul mento.
“ Esci con il tizio della foto?” le domanda, ridendo.
“ Max, ti prego…”
“ Ho fatto solo una domanda, cara…se ti devono venire, faresti bene ad andare attrezzata.”
Fleur prende un vestito bianco e nero, con gonna ampia che arriva al ginocchio, ed uno a fantasia floreale su sfondo petrolio.
“ Quale dei due?” domanda, appoggiandoseli addosso alternativamente.
Max inclina la testa da una parte, pensieroso. “…andate per caso a cena in un ristorante di lusso?”
Fleur alza gli occhi al cielo. “ No…ha parlato di andare a bere qualcosa.”
Max, sospirando, si alza, raggiungendo l’amica di fronte all’armadio. Tira fuori un paio di jeans stretti, passandoglieli.
“ Mettiti questi.” Le dice, continuando a passare in rassegna gli abiti dell’amica.
Tira fuori una canottiera nera ed un maglione che lascia scoperta una spalla.
“ Mettiti questi.” Le dice. Si sposta alla scarpiera, osservando la varietà di stivali, tacchi e ballerine. Afferra un paio di stivali da motociclista neri, con delle piccole borchie tonde ai lati.
“ E questi.” Le dice.
Fleur si veste alla svelta, osservandosi nello specchio. Storce la bocca ed aggrotta le sopracciglia.
“…non è…un po’ troppo sportivo?”
“ Tesoro, hai detto che vi andate a bere una cosa…non ti ha detto dove?”
Fleur si mette le mani sul viso, disperata. “ No!”
Max sospira, abbracciandola. “ Fiorellino…devi essere semplicemente TU. Che cosa indosserebbe Fleur per andare a bere qualcosa?”
“ Ma non so dove!”
“ Non importa il dove…devi essere solo TU.”
Fleur, sospirando, osserva gli abiti nel suo armadio. Tira fuori una maglietta ampia, con una fantasia dai toni marrone ed arancio, che le lascia scoperta una spalla. Si lascia gli stivali, ed in più indossa una collana lunga, con un ciondolo a forma di gufo. Prende il suo maxi maglione di lana, abbinando una sciarpa ampia di seta. Sistema i capelli con un fermaglio, indossa i suoi soliti occhiali da vista.
Si mette in posa di fronte all’amico, cercando di sorridere.
“ Fleur ci andrebbe così.” Dice Fleur, con le mani sui fianchi.
Max le sorride. “ E sarebbe la ragazza più bella del locale.” Le dice, baciandola in fronte.
Fleur torna in salotto per prendere la borsa, e controlla che ci sia tutto. Max si siede sul divano, osservandola.
“ Non hai risposto alla mia domanda…” le dice, sorridendo.
“ Del tipo?” domanda Fleur, tornando in camera per prendere Peabody. Lo lascia andare in salotto, chiudendo la porta della stanza.
“ Esci con il bell’uomo della foto?”
Fleur annuisce. “ Ah ah.” Dice, poi, dirigendosi all’angolo cottura ed aprendo uno sportello in basso.
“ E ti ha chiesto lui di uscire?”
“ Si.” Dice Fleur, aprendo una scatoletta per il gatto e poggiando la ciotola in terra.
Max si alza, raggiungendola. Le mette le mani sulle spalle, sorridendole. “ Divertitevi, allora.” Le dice, poi, baciandola in fronte.
Fleur sta per rispondere, ma il suo citofono comincia a suonare. Risponde, fermando Max per un braccio.
“ Si?”
“ Norman.”
Fleur controlla l’ora all’orologio da polso di Max: orario perfetto.
“ Scendo.” Dice, poi, premendo un bottone ed avviandosi verso la porta. Max la segue, sempre sorridendole.
“ Io vado…ma ricordati che io e te abbiamo due cornetti in sospeso.” Dice Fleur, abbracciando l’amico e sparendo giù per le scale.
 

 
Spero vi stia piacendo. Io ce la sto mettendo tutta per renderla simpatica. Ricordatevi, se vi va, di lasciare una recensione...anche negativa, chiaro :) Ogni consiglio è ben accetto :) 
 

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Capitolo 4
*** First Kiss ***


CAPITOLO IV 

 
Norman continua a camminare avanti ed indietro da ore. Il suo gatto continua a fissarlo dal divano, facendo ondeggiare la coda lentamente, mentre suo figlio sta finendo i compiti nell’altra stanza.
“…che devo fare…che devo fare? Gatto, aiutami!” dice Norman, fissando l’animale con occhi supplici. Il gatto, di tutta risposta, sbadiglia annoiato, scendendo dal divano ed andandosi a rintanare nella camera di Norman.
“…grazie, eh!” dice Norman con tono sarcastico, fissando l’animale che si allontana. Si passa le mani tra i capelli, per poi sedersi sul divano e afferrare il cellulare, rigirandoselo tra le mani.
Avanti, amico…che aspetti?? Chiamala, no? Se continui a fare così, è solo peggio. Pensa, tra sé e sé, mentre compone il numero di Fleur.
Butta la testa all’indietro, mentre aspetta che lei risponda. Poi, quando sente la sua voce, comincia a sorridere.
“ Pronto?”
“ Ehi, ciao…sono Norman.” Dice lui, temendo che Fleur possa sentire la sua voce che trema.

“ Ciao…Norman…”
A giudicare dal tono, sembrerebbe come imbarazzata.
“ Allora? Come stai? Ti disturbo?” prosegue lui, alzandosi dal divano e ricominciando a camminare avanti ed indietro.
“ Oh…bene, bene. No, figurati…stavo…svuotando la valigia.”
“ Sai…mi chiedevo se…sì, insomma…se ti andava di andarci a bere qualcosa…” Norman chiude gli occhi, come quando hai paura di vedere qualcosa.
Ti prego, dimmi di si!

“ Beh…non saprei…” risponde lei.
Cazzo!
“ Oh…se hai da fare, non fa nulla…” Norman si siede, sconsolato, sul divano. Si passa una mano tra i capelli, per poi abbassare la testa.
“ No, non ho da fare…”
E andiamo!
“…capisco…” dice Norman, cercando di mostrarsi tranquillo. Dentro di lui, però, è in corso una festa da urlo, e Norman si ritrova a passeggiare ancora per casa, sotto gli occhi divertiti di Mingus che, appoggiato ad una parete con le braccia incrociate, ride di gusto. Norman non si è accorto di nulla, e continua a dare le spalle al figlio.
“ Però…credo che una serata di svago possa farmi solo bene.” Continua Fleur.
Vai, amico…è la tua occasione!
“ Ok. Vuoi…che ti passi a prendere?” azzarda Norman, chiudendo un occhio ed incrociando le dita.
“ Ehm…d’accordo.” Risponde lei. Dal tono sembrerebbe sorridere.
“ Facciamo…per le otto?” prosegue Norman, tornando seduto sul divano e mettendosi una mano sulla bocca.
“ Ehm…va bene. L’indirizzo è il 156, East street.”
“ Perfetto…allora…ci vediamo dopo.” Dice Norman, appuntandosi l’indirizzo su un pezzo di carta lì vicino. Sorride entusiasta.
Coglione, mica può vederti che fai tutte quelle faccine. Sii uomo, dannazione!
“ D’accordo. A dopo allora.” Dice Fleur, con voce suadente.
“ Ciao, Fleur.”
“…ciao, Norman…”
Norman chiude la telefonata, per poi lanciare il telefono sul divano e buttare la testa all’indietro. Esulta come se avesse vinto il Super Bowl, saltando per casa.
Poi qualcosa cattura la sua attenzione: una risata giovane e divertita. Norman, sgranando gli occhi, si gira lentamente, vedendo suo figlio, appoggiato alla parete, che ride divertito, quasi tenendosi la pancia.
“…ehm…da quanto tempo è…che sei lì?”
Mingus continua a ridere, avanzando verso il padre e sedendosi sul divano.
“ Abbastanza da sentirti chiedere un appuntamento ad una ragazza.” Dice Mingus, prendendo il telecomando ed accendendo il televisore.
Norman, sempre più imbarazzato, si siede accanto a lui, le braccia abbandonate lungo il corpo.
“ Credi che…abbia fatto una stronzata?”
Mingus fa spallucce. “ Tu sei felice?” gli domanda, poi, fissandolo.
Norman lo guarda sbalordito. “ Si.” Risponde.
Mingus torna a guardare il televisore. “ Allora non hai fatto una stronzata. Chi è la fortunata, stavolta?”
Norman si passa una mano sugli occhi, ridendo. “ Ti ricordi…la ragazza che ci ha fotografato?”
Mingus annuisce. “ E’ carina.” Dice, poi, alzandosi e dirigendosi in cucina. Norman lo segue, come se cercasse ancora la sua approvazione.
“ Per te è un problema se…come dire…stasera esco con lei?”
Mingus fissa il padre, mentre apre una bottiglietta d’acqua. Ne beve un sorso, continuando a fissare il padre.
“ Hai paura che possa soffrire di solitudine?” domanda Mingus, ridendo.
Norman sospira. “ Mingus…seriamente…”
“ Papà, ormai ho quindici anni. Non ho più paura del buio.”
“ D’accordo, ma…non starei tranquillo a saperti a casa da solo.”
Mingus torna in salone, sempre seguito da Norman.
“ Papà…sinceramente…hai bisogno di casa libera?”
Norman sgrana gli occhi. “ Cosa?”
“ Andiamo, pà…stai facendo mille storie sul fatto che io possa rimanere da solo…se ti serve casa, basta dirlo…”
Norman si siede di fianco al figlio, sempre più sotto shock. Poi scoppia a ridere, passandosi una mano sugli occhi. “ No…non mi serve casa libera…però starei più tranquillo se non rimanessi da solo a casa…”
Mingus osserva il padre dritto negli occhi. “ Se può farti stare meglio…vorrà dire che chiamerò Will e gli chiederò se posso dormire da lui…meglio?”
Norman, sorridendo, abbraccia il figlio con foga, scompigliandogli i capelli.
“ Ok, papà…smettila….smettila!” dice Mingus, liberandosi dalla presa ed alzandosi. I suoi occhi sorridono, anche se cerca di mantenere un’espressione seria. Norman, ancora con il sorriso sulla faccia, si alza, respirando forte.
“ Forse…è il caso che vada a prepararmi…” dice Norman, indicando con le mani la sua stanza.
Mingus annuisce, spegnendo il televisore e tornando nella sua camera. “ Ed io chiamo Will.” Dice, senza nemmeno guardare il padre.
Norman corre nella sua stanza, aprendo l’armadio ed i cassetti, alla ricerca di qualcosa da mettersi. Il suo gatto è ancora acciambellato sul letto, e lo fissa senza espressione.
“ Allora…vediamo…” dice Norman, tirando fuori un paio di jeans scuri. Li osserva attentamente, per poi poggiarli sul letto, soddisfatto. “ Si…questi andranno bene.” Poi va ai cassetti, passando in rassegna le magliette. Sgrana gli occhi, come impaurito. Alza la testa verso la porta.
“ Mingus!!” chiama a gran voce. Poco dopo, compare suo figlio, affacciando dalla porta solo la testa.
“ Che succede?” domanda il ragazzo, incuriosito.
Norman sospira, sfregandosi i capelli con una mano. “ Tu…cosa metteresti per uscire con una ragazza?”
Mingus è sorpreso. “ Papà…non stai facendo sul serio, vero?”
Norman è sconcertato. “ Cosa?”
“ Davvero mi stai chiedendo un consiglio su cosa indossare?”
“ Mingus…ti prego…non lo farei se…sì, insomma…se non fossi in crisi…”
Mingus ride divertito, entrando nella stanza del padre e controllando le magliette nel cassetto. Ne tira fuori una bianca, con il collo a v e le maniche corte. “ Mettiti questa…e mettiti le scarpe nere.”
Norman è sempre più sconcertato. “…e basta?”
“ Papà, le hai chiesto di andare a bere qualcosa…mica avrai intenzione di portarla in qualche ristorante d’alta classe…?”
Norman sta per dire qualcosa, per poi abbassare la testa e cominciare a ridere. Alza le mani, in segno di resa, avvicinandosi al figlio e spingerlo fuori.
“ D’accordo, d’accordo…ora vai…devo vestirmi…”
“ Will passa a prendermi tra venti minuti.” Dice Mingus, ridendo e tornando nella sua stanza.
Norman comincia a vestirsi, sotto gli occhi annoiati del suo gatto. Dopo essersi messo tutto, Norman si osserva allo specchio: si piace, mentre si sistema i capelli e si aggiusta la maglietta. Si guarda ancora: si toglie la maglietta, mettendosene una nera a maniche corte e con il collo tondo. Afferra un maglione grigio, non troppo pesante, e si controlla ancora: si sorride, sistemandosi di nuovo i capelli ed il maglione. Controlla l’ora sull’orologio da polso, e nota con piacere, misto ad ansia, che è quasi ora di andare. Fa uscire il gatto dalla stanza, spegne le luci e chiude la porta. Recupera il portafoglio, le chiavi ed il suo giubbotto di pelle.
Si affaccia alla stanza del figlio, sorridendo.
“ Ehi, ragazzino…io vado.”
“ Divertiti…e salutami Fleur!” gli dice Mingus, intento ad infilarsi le scarpe.
Norman annuisce, per poi uscire da casa e correre in garage a prendere la moto. Afferra due caschi, uno per lui ed uno per Fleur, per poi partire subito ed attraversare le strade trafficate di Manhattan.
 
Arriva sotto casa di Fleur in orario perfetto; parcheggia la moto, si toglie il casco e corre a citofonare.
“ Chi è?” domanda la voce di Fleur, divenuta metallica dal citofono.
“ Norman.” Risponde lui, pronto.
“ Scendo.”
Uno scatto del portone, e Norman torna alla moto. Sta per risalire, ma decide di aspettarla in piedi.
Cazzo…e se lei avesse paura delle moto? Norman, sei proprio un coglione! Pensa lui, mentre comincia a camminare avanti ed indietro sul marciapiede.
Poco dopo, sente il rumore del portone che si chiude, e Fleur, in tutta la sua bellezza e semplicità, compare di fronte a lui, sorridente.

Uao…è bellissima. I suoi occhi…guarda i suoi occhi…ed il suo sorriso…
“ Ciao.” Dice lui, avvicinandosi e dandole un bacio sulla guancia. Nel farlo, le poggia una mano sul fianco.
Cazzo…ha un profumo buonissimo… pensa lui, porgendole il casco.
“ Ciao.” Dice lei, sorridendo e poggiandogli una mano sulla spalla, mentre contraccambia il bacio.
Oh mio Dio…è bellissimo…ma quella è…oddio…oddio oddio oddio…una moto! Pensa lei, mentre s’infila il casco e sale sulla moto. Si tiene da subito stretta a lui, poggiando la guancia sulla sua spalla.
Norman parte, sentendo le mani della ragazza sui suoi fianchi stringere forte. Sorride, conscio che lei non potrà vederlo.
E quella sera Manhattan sembra più bella di sempre, tutta illuminata e carica di profumi buoni.
Ok, amico…non fare stronzate. Sai cosa fare per farla cadere ai tuoi piedi…giocati bene le tue carte. Stasera sarai solo…non ho intenzione di interferire…
Ehi, ragazza…non stringerlo così forte, o lo soffocherai. Stasera sii te stessa, come ha detto Max. E non osare chiedere il mio aiuto…è ora che cammini con le tue gambe.
 
Dopo aver parcheggiato la moto in una strada laterale, con i caschi in mano si dirigono verso il locale. Camminano vicini, entrambi con la voglia di stare più vicini, magari abbracciati, ma proseguono a camminare distanziati.
“ Eccoci…siamo arrivati…” dice Norman, aprendole la porta e facendola entrare. Il locale ricorda un vecchio pub inglese, con le poltroncine di pelle ed i tavolini rotondi. Un lungo bancone occupa una parete intera, mentre dalla parte opposta c’è un piccolo palco, dove stanno suonando musica acustica.
Fleur rimane incantata, mentre osserva tutto con la bocca semi aperta. Norman, sorridendo, la riscuote, posandole una mano sulla schiena ed indicandole un tavolo lontano dal palco e leggermente nascosto.
“ Vieni…sediamoci lì.” Le dice all’orecchio, per sovrastare le note musicali.
Fleur annuisce, seguendo Norman e continuando a guardarsi intorno. Vede l’uomo salutare il ragazzo al bancone e i vari camerieri. Lo vede indicarle la poltroncina di pelle marrone, e farle cenno di sedersi.
“…ci vieni spesso, qui?” domanda Fleur, una volta sistemati, mentre controlla il menù.
Norman alza la testa, fissandola. “ Beh…si, in un certo senso…”
“ Hai salutato tutti…” continua Fleur, mentre sfoglia le pagine e poggiando la testa su una mano.
Norman fa spallucce. “ Si, beh…li conosco.”
Fleur annuisce, per poi sollevare la testa e sorridere. Norman la osserva ancora, come incantato: i suoi occhi, sotto quelle luci soffuse, sono ancora più belli.
“ Beh, io ho scelto…tu?” domanda Fleur, sorridendo.
Norman, scrollando appena le spalle e corrugando le sopracciglia, finge di leggere sul menù. Tanto sa già cosa prenderà.
“ Si…anche io.” Dice, poi, chiudendo i menù e facendo un cenno al cameriere.
“ Ciao ragazzi…avete scelto?” domanda il ragazzo, già pronto con blocchetto e penna.
“ Allora…per me…un piatto di verdure grigliate ed una birra…” dice Fleur, sorridente come sempre.
“ Ehm…per me…lo stesso, grazie.” Dice Norman, sorpreso.
Il ragazzo continua a scrivere, per poi riprendersi i menù ed allontanandosi.
Fleur e Norman continuano ad osservarsi.
“…c’erano tante cose sul menù…eppure hai preso le mie stesse cose…” domanda Fleur, curiosa, avvicinandosi un po’ di più a Norman. Lui fa lo stesso, incrociando le braccia e sorridendo.
“…ci saranno anche tante cose…ma per un vegetariano è dura…” dice, abbassando la testa e sorridendo.
Fleur spalanca appena gli occhi. “…scherzi?” domanda.
Norman la osserva senza capire. “ Su cosa?”
“ Sei vegetariano?” domanda Fleur, allibita.
Norman annuisce, senza capire. Fleur, mettendosi le mani sulla bocca, comincia a ridere. E quella risata conquista totalmente Norman, che si ritrova a ridere con lei, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.

 
E per tutta la serata non fanno altro che ridere insieme, parlare, scoprire tante nuove cose in comune. Norman vorrebbe solo prendere il suo viso tra le mani e baciarla intensamente, ma si limita a sognare nei suoi occhi luminosi e sinceri.
Fleur si meraviglia di se stessa: lei, eterna timida e sempre impacciata, si scopre sicura di sé, estroversa nel raccontare la propria vita ad uno sconosciuto, e sempre sorridente. Vorrebbe solo avvicinarsi di più a lui, poggiare la testa sulla sua spalla e dirgli che lo sogna da giorni. Ma rimane immobile al suo posto, perdendosi in quei suoi occhi blu e in quel suo sorriso dolce.
Senza volerlo, si ritrovano a mangiare dallo stesso piatto, perché il cuoco ha pensato di fargli avere un piatto solo di verdure. Un piatto grande, enorme, ma in ogni caso uno solo. E accade quello che, di solito, Fleur vedeva nei film: un attimo di distrazione, e le dita si sfiorano, perché entrambe le mani avevano puntato quella zucchina.
Fleur abbassa la testa, sentendosi le guance avvampare. “ Oh, scusa…” dice, ritirando la mano e nascondendola sotto il tavolo.
Norman si ritrova a fare lo stesso. “ No…scusa tu…tieni…” le dice, indicandole il piatto.
Fleur rialza la testa, sempre più imbarazzata. “ No, figurati…anzi…sono piena…” dice, poi, afferrando il boccale di birra e mandandone giù un bel sorso. Norman fa lo stesso, troppo imbarazzato per dire altro.
Perché è vero che si erano salutati con quel bacio sulla guancia, ma ora era diverso: quel tocco ha provocato loro uno strano effetto. Entrambi hanno sentito un brivido, una sensazione bella ma inquietante allo stesso tempo.
Riprendono a parlare, cercando di evitare altri contatti fisici, e continuano a guardarsi negli occhi e perdersi nei piccoli gesti dell’altro. Quel modo di Fleur di portarsi i capelli dietro le orecchie, quelle sue fossette che compaiono ad ogni sorriso.
Quel modo di Norman di gesticolare, i suoi occhi che si accendono ad ogni risata.
Piccoli gesti, anche insignificanti, che però assumono una valenza importante quando capisci che, quella persona seduta di fronte a te, è forse quella che aspettavi da tutta una vita.
Improvvisamente la serata vola. Norman e Fleur si ritrovano soli, nel locale, con i camerieri che cominciano a sistemare tutto.
“ Scusate…noi staremo chiudendo…” dice loro un cameriere, avvicinandosi piano.
Fleur e Norman si fissano, spalancando appena gli occhi, e guardandosi intorno. Ridendo, recuperano le loro cose, per poi andarsene e ringraziare tutti.
In strada, Fleur si chiude bene nel suo cardigan di lana, mentre Norman si sistema il giubbotto di pelle. Si osservano ancora mentre, seduti su un muretto poco fuori il locale, fumano una sigaretta in tranquillità.
“ Sai…è tutta la sera che volevo chiedertelo…” comincia Fleur, osservandosi la punta degli stivali.
“ Spara.” Dice Norman, abbozzando un sorriso.
“…tuo figlio…l’hai lasciato a casa da solo?”
Norman tira una boccata dalla sigaretta, fissando Fleur con occhi socchiusi. Scuote la testa, sbuffando fuori il fumo. “ E’ andato a dormire da un amico…non mi va che stia molto a casa da solo…
Fleur annuisce. 
“ Come mai me lo chiedi?” domanda Norman, gettando la sigaretta lontano ed infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Fleur strabuzza gli occhi, fissandolo senza capire. Poi fa spallucce, spegnendo la sigaretta in terra. 
“ Così…per sapere…so che hai un figlio non troppo grande…era una solo una curiosità…” dice, poi, tornando a fissarsi gli stivali. Comincia a tremare: forse avrebbe dovuto mettersi un giacchetto in più.
Norman sta per dire qualcosa, ma poi si ferma: la vede tremare appena, e allora, sorridendo, si avvicina, abbracciandola per le spalle e stringendola.
“…ma che…?” domanda lei, sorpresa.
“ Stai tremando…” le sussurra all’orecchio. Poi si stacca, togliendosi il giacchetto e posandoglielo sulle spalle.
“ Ma che fai?! Così ti prenderai un raffreddore!” dice Fleur, sempre più imbarazzata.
“ Ehi, ho un maglione…tranquilla…” le dice, sorridendo. 
“…meglio andare…” dice Fleur, alzandosi e tenendo con le mani il giubbotto. Norman, annuendo, si alza, abbracciandola per le spalle e camminandole vicino. Può sentire il suo profumo, e vorrebbe tanto poter affondare il naso tra i suoi capelli, per respirare quella fragranza che, ormai, l’ha conquistato.
Fleur sente il calore del corpo di Norman, e vorrebbe tanto poter poggiare la testa sul suo petto, per sentire il suo cuore battere. Cammina a testa bassa, con le braccia incrociate ed il giubbotto di Norman che le protegge le spalle.
Arrivano alla moto, e Fleur si toglie il giacchetto. 
“ Tieni.” Dice a Norman, mentre s’infila il casco. L’uomo la osserva senza capire.
“…che fai?” domanda Norman, spaesato.
“ Ti sto dando il giubbotto. Non vorrai mica andare in moto solo con quel maglioncino.”
“ Tu stai morendo di freddo…tienilo.” Dice Norman, infilandosi il casco e salendo.
Fleur, alzando gli occhi al cielo, s’infila meglio il giubbotto di pelle, chiudendoselo bene e respirando il profumo di Norman rimasto su quel tessuto. Sorride tra sé e sé, salendo il moto e stringendosi a Norman.
Fleur, poggiando di nuovo la guancia sulla sua spalla, chiude gli occhi e sorride, sentendo la moto partire ed il vento freddo pungerle la faccia.

“ Ehi…siamo arrivati…” le dice Norman, con tono scherzoso. Fleur spalanca gli occhi di colpo, trovandosi di fronte il suo portone. Le sue mani sono ancora attaccate al corpo di Norman, e la sua guancia è ancora poggiata alla spalla dell’uomo. Lentamente, si tira su e scende dalla moto, togliendosi il casco e smovendosi i capelli.
“…beh…grazie per la serata…” dice Fleur, porgendogli il casco e togliendosi il giacchetto.
“ Grazie a te della compagnia.” Dice lui, infilandosi il giubbotto e sorridendole.
Fleur abbassa la testa, tormentandosi le mani. “…ehm…ti…ti andrebbe di…” balbetta, indicando il portone di casa sua.
Norman spalanca appena gli occhi, sorridendo. “…vuoi…vuoi che salga da te?” dice, sorpreso.
“…solo se ti va…” puntualizza Fleur, sempre a testa bassa. Sente Norman scendere dalla moto, e poi vede i piedi dell’uomo di fronte ai suoi. Alza la testa, trovandoselo praticamente ad un soffio dal suo naso.
“ Ne sarei…davvero felice…” sussurra. Fleur può sentire il suo alito caldo e fresco allo stesso tempo. Sorridendo, si volta lentamente e comincia a camminare in direzione di casa sua. Lo sente camminarle dietro, e Fleur continua a sorridere, mentre apre sale le scale ed apre la porta di casa sua. La sua mente è vuota, e non c’è più quella vocina che le diceva cosa fare.
“ Ecco…questa è la mia tana…” dice Fleur, sorridendo ed invitando Norman ad entrare. Peabody le va incontro, strusciando la testa sulle gambe della padrona. Fleur prende in braccio il gatto, accarezzandolo e mostrandolo a Norman.
“ Lui invece è Mr. Peabody…per gli amici, Peabody.” Dice sorridendo, mentre allunga una zampa del gatto verso Norman.
Lui sorride, stringendo leggermente la zampa del gatto come si farebbe con un uomo. “ Piacere, Mr. Peabody.”
Il gatto sbadiglia, guardando la padrona e poi di nuovo Norman. Fleur, dopo averlo accarezzato ancora, lo rimette a terra, lasciandolo andare in giro per casa.
“ Vieni…accomodati…” dice Fleur, indicando il divano. “ Cosa ti offro? Birra, acqua…caffè…” dice Fleur, andando verso l’angolo cottura.
Norman si siede lentamente, guardandosi intorno. “ Ehm…una birra andrà benissimo.” Dice, poi, sfregandosi le mani sui pantaloni.
Alle pareti, sono appese svariate foto, di qualsivoglia grandezza e colore. Un paio di finestre grandi concedono la vista su tutta Manhattan, illuminata quasi a giorno. L’arredamento è piuttosto minimale: un piccolo angolo cottura con muro di mattoni e diviso dal resto della casa da un piccolo muretto, un tavolo di legno scuro, il parquet di legno chiaro, pareti bianche. Il divano è di quelli con la penisola, ed è grigio chiaro. Tra le due finestre, una scrivania piena di fogli e post it, con un computer ed una stampante.
Fleur compare poco dopo, con due bottiglie di birra ed il suo solito sorriso.
“ Ecco a te.” Gli dice, poggiando le birre sul tavolino. Si siede accanto a lui, sempre sorridendo.
“ E’ bello qui…” dice Norman, indicando con un dito tutto intorno.
Fleur annuisce, facendo spallucce e bevendo un sorso di birra. “ Si, si sta bene…e poi…ho la vista migliore della città.” Dice, poi, indicando le finestre e ridendo.
Norman ride con lei, senza fare a meno di guardare i suoi occhi che brillano. Rimane incantato a guardarla, mentre si perde nelle luci della città.
“…sei bellissima…” sussurra. Fleur, sgranando gli occhi, lo guarda sorpresa.
“…come hai detto?” domanda, con un filo di voce.
Norman si avvicina, mettendole una mano sulla nuca ed avvicinandosi di più con il viso. I loro nasi sono vicini, e si sfiorano, provocando in entrambi un brivido lungo la schiena.
Fleur socchiude gli occhi, perdendosi nel suo profumo. “…come hai detto…?” domanda ancora, con un sussurro.
“…sei bellissima…” ripete lui, accarezzandole i capelli.
Fleur si lascia andare, buttandogli le braccia al collo e baciandolo. Si aggrappa a lui, gustandosi il sapore delle sue labbra.
Norman l’abbraccia forte, accarezzandole la schiena.
Entrambi sentono l’altro sorridere, mentre continuano a lasciarsi andare ai sentimenti. Si alzano, continuando ad accarezzarsi e a baciarsi. Norman le tiene il viso tra le mani, mentre Fleur si aggrappa ai suoi fianchi. Comincia a camminare in direzione della sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle e spingendo, con dolcezza, Norman sul letto. Gli sale sopra, continuando a strofinare il suo naso contro quello dell’uomo e baciandolo delicatamente.
Ridono, mentre continuano ad esplorare i loro corpi e spogliandosi a vicenda. 
“…non sto sognando…vero?” domanda lui, tra un sospiro e l’altro, sempre ad occhi chiusi, mentre le accarezza il viso. Fleur sorride, continuando ad accarezzargli il petto. Poi si stacca leggermente, aprendo gli occhi e fissandolo. Norman apre gli occhi, guardandola con curiosità.
“…che succede?” domanda, quasi spaventato.
Fleur gli sorride, chinandosi di nuovo su di lui e baciandolo ancora. “ Forse…sono io che sto sognando…” gli sussurra, sdraiandosi completamente su di lui.
Norman la fa sdraiare sulla schiena, cambiando posizione. Le accarezza ancora il viso, continuando a baciarla e a sorridere.
I loro pensieri hanno mantenuto la parola: per quella sera, sarebbero rimasti soli, senza interferenze.


Spero vivamente vi stia piacendo...ditemi se ci sono errori, cosa vi piace e cosa no...accetto qualsiasi consiglio/critica :)
Al prossimo capitolo :)
 
 
 
 

 
 
 

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Capitolo 5
*** Dubbi e Certezze ***


CAPITOLO V

 

…accidenti…cos’è tutta questa luce?…mmm…eppure ieri sera…
Fleur apre piano gli occhi, ritrovandosi nella sua stanza inondata dalla luce. Le tende non sono state tirate, ed il suo letto è visibilmente sfatto. Forse troppo. Sente dei rumori provenire dall’altra stanza.
Oh cazzo… pensa, alzandosi lentamente e mettendosi a sedere. Si osserva ancora, e si accorge d’essere mezza nuda. Lei, che per dormire indossa sempre qualcosa. Poi un flash della sera prima: lei che chiede a Norman di salire, il bacio, le carezze. Lei che lo spinge nella sua stanza, lo butta sul letto. Ancora baci, ancora carezze.
Fleur si mette le mani sul viso, ridendo e tornando sdraiata.
Non ci credo…stanotte ho fatto sesso con Norman Reedus. Cazzo, Fleur...ma ti rendi conto?
Fleur si tira su di nuovo, afferrando una maglietta trovata sul letto ed infilandosi gli occhiali. Una volta messa la maglietta, si accorge che non è la sua, bensì di Norman.
Ok…classico stereotipo da film. Non bastava il fatto di farlo salire a casa e di farci sesso al primo appuntamento…ora pure la sua maglietta. Devo smetterla di guardare queste insulse commedie romantiche! Apre piano la porta, sentendo rumore di stoviglie e di uova che sfrigolano in padella. Sorride appena, camminando lentamente e passandosi una mano tra i capelli.
Lui è lì, nella sua cucina, a petto nudo e con i jeans della sera prima, che prepara la colazione, movendosi agile tra un fornello e l’altro. Peabody è seduto sul muretto dell’angolo cottura, che ne segue ogni movimento con attenzione.
“…buongiorno…” dice Fleur, sorridendo ed avvicinandosi.
Norman si gira, sorridendole. “ Ehilà.” Dice, poi, tornando a controllare le uova.
Fleur si siede sul muretto accanto a Peabody, accarezzandolo. “…non…non avresti dovuto…” dice Fleur, abbassando la testa ed osservandosi i piedi.
Sente Norman avvicinarsi, ed una mano che le tira su il viso. Norman sorride, avvicinandosi a lei e dandole un tenero bacio sulle labbra, tenendole fermo il mento tra pollice ed indice.
“…è un onore, per me…” le risponde, poi, tornando ai fornelli. “ Ad ogni modo...ti sta bene la mia maglietta. Se vuoi…puoi anche tenerla.” Le dice Norman, facendole l’occhiolino.
Fleur sorride ed abbassa la testa, imbarazzata.
Tanto vale proseguire con gli stereotipi… pensa, scendendo dal muretto ed abbracciandolo da dietro. La sua pelle profuma, e Fleur poggia una guancia sulla sua spalla nuda. Vorrebbe dirgli tante cose: sei bellissimo, ti seguo da sempre, ho sognato per notti e notti questo momento, e bla bla bla…
Ma decide di rimanere in silenzio, ad annusare il suo profumo ed a sentire la morbidezza della sua pelle.
“…ehi, bambina…mi lascerai andare, prima o poi?” scherza lui, accarezzandole un braccio.
Fleur gli bacia la schiena, per poi staccarsi ed andarsi a sedere al tavolo. Peabody la raggiunge, saltandole in braccio e facendo le fusa. Norman compare poco dopo, con il vassoio con le colazioni ed un sorriso soddisfatto sul viso. Si siede, servendo il cibo ed il caffè a Fleur, che continua ad osservarlo con un mezzo sorriso.
Fleur fa scendere il gatto, per poi mangiare una forchettata di uova strapazzate.
“ Sono ottime.” Gli dice, sorridendo.
“ E’ il massimo che ho potuto rimediare…non hai molto, nel frigorifero…” dice Norman, bevendo un sorso di caffè.
Fleur annuisce. “ Lo so. Ma sono stata fuori città, questi giorni.”
All’improvviso il silenzio, di quelli che si creano quando due persone non hanno nulla da dirsi.
Oddio, no. Parla, ti prego…non lasciare che questi miei pensieri inutili prendano il sopravvento…ti scongiuro…dì qualcosa, dannazione! Pensa Fleur, mentre sorseggia il suo caffè ed osserva Norman.
Ehi…che sta succedendo? Amico, fa qualcosa! Non startene lì così. Dì qualcosa…una qualsiasi cosa! Pensa Norman, sorridendole.
Fleur sta per dire qualcosa, ma il campanello della porta di casa comincia a suonare. Fleur sgrana appena gli occhi, curiosa. Si alza e si dirige alla porta, controllando lo spioncino.
Max è lì, di fronte la sua porta di casa.
Fleur alza gli occhi al cielo, aprendo uno spiraglio di porta.
“ Ciao, fiorellino.” Le dice Max, facendo mezzo passo in avanti.
“…Max…ciao…”
Max è sorpreso. “…non mi fai entrare?”
Fleur storce appena la bocca. “…come dire…non è proprio il momento adatto…”
Solo ora Max si accorge che la sua amica indossa solo una maglietta, che le sta parecchio grande. Spalanca gli occhi, ridendo.
"Ooohh…capisco…è il bel moro della foto?” dice Max, senza riuscire ad abbassare il tono della voce.
Fleur si mette una mano sul viso, imbarazzata. Sente Norman ridere.
Stupido Max! Accidenti a te ed al tuo tono di voce così alto!
“…si, Max. E ti sarei grata se evitassi di urlarlo a tutto il palazzo…”
Max si mette le mani sulla bocca, fingendosi imbarazzato. “ Oddio, tesoro…scusa…”
“ Comunque…che succede? Qualcosa di urgente?”
“ Oh no, fiorellino…ero giusto passato per vedere come stavi…”
“ Sto bene.” Fleur comincia a spazientirsi.
Max le fa l’occhiolino, allontanandosi. “ Ci vediamo dopo, allora…e salutami il bel moro!” dice, poi, sparendo nell’androne delle scale.
Fleur abbassa di nuovo la testa, sempre più imbarazzata. Chiude la porta, senza avere il coraggio di voltarsi.
“ E così…quello è il famoso Max…” dice Norman, alzandosi e ridendo.
“…perdonalo…” dice Fleur, con tono dispiaciuto.
Norman le va vicino, abbracciandola da dietro e dandole un tenero bacio sulla guancia. “ Ehi…è tutto a posto…ci sono abituato…”
Fleur sbuffa appena, tirando la testa all’indietro. Norman la fa girare, sorridendole ed accarezzandole la guancia.
“ Ehi…dai, non è successo nulla…”
“ E’ stato…”
“ Divertente.”
“…imbarazzante…non l’ha mai fatto…”
“ Fleur…è tutto a posto.” Le dice ancora Norman, serio. Le da un altro bacio, sulle labbra, con decisione. “…chiaro il concetto?” le dice, poi, sorridendo.
Fleur, sorridendo, annuisce. Poi fa per allontanarsi, ma Norman la tiene ancora stretta a sé.
“…sai…ora che ci penso…io non ho molta fretta di tornare a casa…Mingus non rientrerà prima delle quattro…”
Fleur sorride, guardandolo con divertimento misto a curiosità. Norman la tiene stretta per i fianchi, sfiorandole il collo con il naso, mentre la sua barba procura a Fleur un leggero solletico.


Quando Norman lascia casa di Fleur, è ormai primo pomeriggio. Sono rimasti chiusi nella sua stanza per tutta la mattina, coccolandosi. Il momento dei saluti è stato fin troppo sdolcinato, con Fleur che non lo lasciava andare via, chiedendo ancora un ultimo bacio, un ultimo abbraccio, e con Norman che, ridendo, faceva finta di andare via ma solo per farsi riprendere da lei e perdersi ancora nel profumo dei suoi capelli e della sua pelle.
“ Non andare…non andare…” diceva lei, ridendo ed implorandolo.
“…vorrei tanto…ma devo andare…è tardi…” diceva lui, chiudendo gli occhi e strofinando il suo naso sul collo di Fleur.
Fleur lo osserva dalla finestra, mentre sale in moto e parte. Il suo stomaco continua a fare delle capriole, così come il suo cuore. Lo sente battere all’impazzata, e si sente la testa leggera, senza più ansie. Poi ripensa a Max, ed alla figuraccia che le stava per far fare di fronte a Norman. Va in camera sua, s’infila una tuta, afferra le chiavi e corre a casa del suo amico.
Si attacca al suo campanello, noncurante del fatto che possa disturbarlo.
Max le apre, sorridente.
“ Ciao, fiorellino!” le dice, dandole un bacio. Fleur entra, con la faccia scura e le mani sui fianchi.
“ No, dico…sei per caso impazzito?!” gli dice, ad alta voce.
“…ciao, Max.” Risponde lui, ironico, chiudendo la porta ed alzando gli occhi al cielo.
“ E’ inutile che fai il sarcastico…ti rendi conto di quello che stavi per combinare?!”
“ Tesoro, non ho fatto nulla di grave. Era una battuta…”
Fleur si siede sul divano, sbuffando. “…il bel moro della foto…ma come diavolo ti è venuto in mente?!”
Max, ridendo, si siede accanto all’amica. “ E’ la verità.”
Fleur alza gli occhi al cielo, cercando di rimanere seria. Poi scoppia a ridere, poggiandosi all’indietro sul divano e fissando l’amico dal basso. “…tu sei matto…”
Max le si accoccola vicino, curioso. “ E allora dai…raccontami tutto, cara…senza tralasciare alcun particolare…”
Fleur, alzando gli occhi al cielo, sorride. “ Non ci penso minimamente. Sono cose mie.”
Max sbuffa ridendo. “ Si, certo…come se fosse la prima volta che mi racconti di qualche tua avventura…”
“ Questa volta è diverso, Max…lui non è…come gli altri…”
Max alza un sopracciglio. “…vuoi dire…come Damon?”
Fleur sospira, diventando improvvisamente triste. Damon…la sua prima cotta, la sua prima vera storia d’amore. Damon Fleshard, architetto di successo del Queens, trasferitosi in Europa dopo aver sposato la figlia di un ricco imprenditore italiano. Lavorava nello studio di Jean, e Fleur lo conobbe ad una delle tante feste organizzate dalla società dove lavora suo padre. Si piacquero da subito, ed uscirono per molto tempo. Lui però era il classico “figlio di papà”: tanti soldi, egoista, vanitoso. Ma Fleur perse letteralmente la testa, per lui, tanto da rischiare di mettersi contro la sua famiglia e Max.
Fleur guarda l’amico con un sopracciglio alzato. “ Damon era uno stronzo. Norman è diverso. E’ gentile, timido…e pensa che, questa mattina, mi ha preparato la colazione. Damon non l’ha mai fatto in quei quattro anni insieme…”
Max, sorridendo, le prende una mano. “…e…a letto, com’è?”
Fleur, sgranando gli occhi imbarazzata, gli da una piccola botta sul braccio. “ Max!” urla.
“ Tesoro, avrò il diritto di sapere, o no?”
“ No che non ce l’hai!”
“ Uffa…sei noiosa…” dice Max, alzando gli occhi al cielo e facendo il finto offeso.
Fleur, ridendo, gli si avvicina, sussurrandogli all’orecchio. “ Da uno a dieci…direi…quindici!”
Max, spalancando gli occhi, comincia a ridere. “…vecchia pervertita che non sei altro!”
“ L’hai chiesto tu!” dice Fleur ridendo. Poi torna seria, poggiando il mento su un gomito. “ Piuttosto…mi dici che fine avevi fatto?”
Max si stende accanto a lei, sospirando. “ Ho conosciuto un tipo, qualche sera fa…si chiama Rufus …oh, Fleur…dovresti vederlo…è bellissimo…avevamo bevuto, e mi aveva invitato nella sua villa mega-galattica sulla costa…senza pensarci, ho detto di sì…il tempo è davvero volato…” racconta Max, con gli occhi sognanti.
Fleur abbozza un sorriso, prendendo una mano dell’amico ed abbassando la testa. “…allora dovrei chiederti scusa…” sussurra, poi.
Max spalanca gli occhi, sorpreso. “ E per cosa?”
“…ho pensato che…sì, insomma…che non t’importasse più nulla, di me…della mia mostra…”
Max abbassa la testa, dispiaciuto. “ Credimi…mi dispiace un sacco…”
Fleur fa spallucce. “ Norman ha detto che…può aiutarmi lui…ad organizzarne una…”
“ Cooosa? Oh no, fiorellino…solo io posso organizzarti le mostre!” dice Max, finendosi offeso. Ma ride divertito, atteggiandosi a diva punta nell’animo.
Fleur ride di gusto. “ Tu te ne sei andato, lasciandomi nella merda fino al collo!”
“ Ma come si permette? No, dico…gli hai spiegato che io, e solo io, ho il permesso di organizzare le tue mostre?” dice Max, alzandosi e gesticolando ampliamente.
Dio…quando fa così, esce tutta la donna che è in lui. Pensa Fleur, ridendo.
“…non gli ho detto proprio così…però sa che sei il mio gallerista di fiducia…”
“ Quel Norman già non mi piace.” Continua Max, mentre prepara il caffè. Continua a gesticolare, come al suo solito.
Fleur, con un gomito poggiato sullo schienale del divano e la testa poggiata sulla mano, lo osserva ridendo.
“ Meglio…così almeno posso tenerlo tutto per me…”
Max, inclinando la testa da un lato, le sorride sarcastico. “ Tesoro…anche se fossi pazzamente innamorato di lui, non credo che lui sia interessato alla merce…” dice, poi, indicandosi.
“ E poi ormai…tu hai Rufus…
Max sorride, abbassando la testa imbarazzato. “…prima mi ha chiamato…” dice, poi, tornando a sedersi accanto all’amica.
Fleur spalanca gli occhi, felice. “ Davvero? E che ti ha detto?!”
Max sospira, sorridendo sempre di più. “…mi ha chiesto…di uscire ancora…dice che mi pensa sempre…e che gli manco…”
Fleur abbraccia l’amico, sorridendo. “ Oh, Max…ma è bellissimo…”
 
 
Norman è a casa, e sta cucinando la cena per lui e per suo figlio Mingus. Sorride, mentre ripensa ai baci di Fleur, alle sue carezze, ai suoi occhi luminosi.
“ Ehi, papà…” dice Mingus, sedendosi al bancone della cucina.
Norman si volta appena. “ Dimmi.”
“ Non mi hai raccontato com’è andata ieri sera…”
Norman sorride, girandosi verso il figlio e poggiandosi con i gomiti sul bancone.
“ E’…andata bene.” Dice, poi, facendo spallucce ed annuendo.
Mingus non sembra convinto, ed alza un sopracciglio con fare sarcastico. “…tutto qui?”
Norman si rialza, tornando ai fornelli. “ Si. Siamo andati a bere qualcosa, e l’ho riaccompagnata a casa. Che altro c’è da dire, scusa?”
Mingus raggiunge il padre, poggiandosi al piano cottura con le braccia incrociate. Continua a fissare il padre con sguardo sarcastico.
“ Papà…ieri sera sei uscito con una bellissima ragazza…e vorresti farmi credere che non è successo nulla?”
“ Mingus…certe cose sono…come dire…private…”
“ Siete stati qui o a casa sua?”
Norman guarda il figlio, sorpreso. “ Mingus!” lo rimprovera.
“ Papà, ho quindici anni. Se hai una storia con questa ragazza, quanto pensi di tenermelo nascosto?”
Norman, ridendo, alza la testa verso il soffitto, sospirando. “ Mio Dio…Davvero ci tieni a saperlo?”
“ Avrò il diritto di conoscerla, no?”
Norman si volta verso il figlio, puntandogli contro un dito. “ Ti avverto: una sola parola con tua madre, e andrai a stare con lei, chiaro?”
Mingus incrocia le dita, baciandole. “ Giuro.”
Norman torna a controllare le pietanze sul fuoco, sorridendo.
“ Siamo stati al pub inglese, sulla Avenue…abbiamo ordinato un piatto di verdure e due birre…pensa, è vegetariana anche lei…abbiamo chiacchierato molto…talmente tanto che, a fine serata, ci hanno dovuti cacciare dal pub…l’ho riaccompagnata a casa…e mi ha chiesto di salire a casa sua…”
“…e sei salito?”
Norman annuisce, sempre con il sorriso sulle labbra. “ Abbiamo bevuto un’altra birra…e poi…”
Mingus lo anticipa. “ Ci sei stato a letto insieme.”
Norman lo fulmina con lo sguardo, senza però trattenersi dal ridere. “ Ci siamo baciati…e sono rimasto a dormire da lei.”
Mingus ride divertito, battendo una mano sulla spalla del padre. “ Beh, papà…se riesci a tenere questi ritmi alla tua età…”
Norman lo guarda di sottecchi. “ Ehi, ragazzino…l’importante è essere giovani dentro…e poi non sono così vecchio…”
Mingus si allontana, ridendo. “ Si, certo…” dice, poi, con tono ironico.
“ Ragazzino…dove pensi di andare? La cena è pronta!”
Mingus ritorna, sbuffando. Norman lo guarda stupito. “ Beh? Che aspetti? La tavola non si apparecchia da sola…” gli dice, poi, ridendo ed indicando il tavolo.
 
Finita la cena, in cui l’argomento principale era l’appuntamento della sera prima, Norman si chiude nella sua stanza. Steso sul letto, con il suo gatto accoccolato vicino e con la televisione accesa, Norman prende il cellulare, componendo il numero di Fleur. Quando sente di nuovo la sua voce, il suo cuore comincia a battere all’impazzata.
“ Ehi…ciao…” le dice, sorridendo.
“ Ciao.” Risponde lei, con la voce sorridente.
“ Che fai?” domanda lui.
“ Mm…nulla di particolare…stavo vedendo un film…”
“ Che film?”
“…devo proprio dirtelo?”
Norman ride divertito. “ E’ per caso un film vietato ai minori?”
La sente ridere. “ No, no…”
“ E allora? Dai, sono curioso…”
Fleur sospira. “ Basta che non pensi male…”
“ Bambina, mi stai facendo preoccupare così…”
“ Sto guardando Davis is Dead.”
Norman strabuzza gli occhi, ridendo. “ Davvero?”
“ Ecco, lo sapevo, non dovevo dirtelo…fai conto che non ti abbia detto nulla, ok?”
“ Fleur, calmati…può farmi solo che piacere…solo che…accidenti, di film ne ho fatti tanti…proprio quello?” dice Norman, continuando a ridere.
Fleur sospira ancora. “ Non sapevo quale scegliere…ho chiuso gli occhi ed è capitato questo…”
“ E…ti piace?”
“ Beh…non è male…ma non è proprio il mio genere…”
“ E quale sarebbe il tuo genere?”
“ Le commedie romantiche. Max dice che ne sono praticamente ossessionata.” Dice Fleur, ridendo.
Norman ride divertito. “ Sai…prima o poi dovrò conoscerlo questo Max.”
“ Ah, per la cronaca…l’idea che tu possa organizzarmi una mostra l’ha fatto imbestialire…dice che solo lui ha il diritto di organizzare le mie mostre.”
Norman ride ancora. “ Però…agguerrito, eh?”
“ E’ che…come dire…ormai è il mio gallerista di fiducia…ha paura che possa…come dire…tradirlo, ecco.”
“…mi manchi, Fleur…” dice Norman, abbassando il tono della voce.
“…mi manchi anche tu…” risponde lei, abbassando il tono della voce.
“ Ho voglia di rivederti.”
“ Beh…possiamo vederci domani…allo studio…”
“ Ne ho voglia adesso.” Dice lui, sorridendo.
Fleur ride dall’altra parte del telefono. “ Adesso? Oddio, Norman…adesso proprio no…”
“ Perché scusa? Dai…prendo la moto e arrivo…”
“ Ma sono impresentabile, adesso!”
“…tu a me piaceresti sempre…anche con un sacco di juta…”
Fleur ride ancora. “ Credimi…non ho proprio un bell’aspetto…”
Norman ride divertito. “ Vediamo se riesco ad indovinare…mmm…scommetto che sei sul divano…con una coperta sulle gambe…una tazza di tè…ed indossi una di quelle tute enormi e di pile…”
Fleur ride divertita. “ Ah ah ah…in un certo senso…si…”
“ Sai qual è la cosa bella? Che mi piaceresti anche così…”
“…Norman…così mi fai arrossire…”
“ E saresti ancora più bella…” prosegue lui, sempre con il tono di voce basso.
Fleur sbadiglia. “ Awn…scusa…”
“ Ti sto annoiando?” domanda lui, senza paura di mostrare un tono preoccupato.
“ No, no…è che ho un po’ sonno…ma tu non mi annoieresti mai…”
Norman abbozza un sorriso. “…allora ti lascio andare…”
“…ci vediamo domani…?” dice Fleur, racchiudendo in quel domani tutte le sue speranze.
“ Ci vediamo domani.” Dice Norman, annuendo. “ Buona notte, bambina.”
“…buona notte, Norman.”
Norman attacca, sospirando e tornando a guardare la televisione. Accarezza la testa del suo gatto, che comincia a fare le fusa ed a muovere la coda lentamente.
“…sai, gatto? Secondo me è quella giusta, stavolta…” dice, poi, spegnendo il televisore e la luce. S’infila sotto le coperte, mettendosi a pancia in su ed osservando il soffitto.
 
 
La sveglia comincia a suonare, fastidiosa come al solito. Norman si gira dalla parte da cui proviene quel suono metallico, cercando con la mano l’oggetto di disturbo. Una volta trovata, gli da una botta, facendola smettere. Il suo gatto, svegliato anch’esso dal rumore della sveglia, sbadiglia, raggiungendo la faccia di Norman e leccandogliela delicatamente.
Norman sorride, borbottando. “…dai…basta…” dice, poi, alzandosi lentamente. Il gatto continua a strusciare il suo muso contro la mano di Norman, facendolo sorridere. Si stiracchia, si stropiccia la faccia, sospira. Si alza, camminando scalzo e dirigendosi in cucina.
Mingus sta già facendo colazione, chino sulla sua tazza di cereali.
“ Buongiorno…” dice Norman, scompigliando i capelli biondi di Mingus che, ancora intontito dal sonno, si limita a fare un gesto con la testa.
Norman si versa una tazza di caffè, sedendosi di fronte al figlio. Non si parlano, ed ognuno è perso nei propri pensieri. Mingus, in ansia per il compito di scienze; Norman, ancora felice della telefonata della sera prima.
Mingus si alza. “…ehi, pà…se vuoi…oggi posso andare a piedi, a scuola…” dice Mingus, poggiando la sua tazza nel lavandino.
Norman annuisce, passandosi una mano sul viso. “ D’accordo…”
“ Dopo scuola vado a studiare da Will…” prosegue Mingus, dirigendosi in camera sua.
“ Ok.” Dice Norman, alzandosi ed andando nel salotto. Poggia la tazza su un tavolino sotto la finestra. Apre i vetri, apre un cassetto di quel tavolino e ne tira fuori una sigaretta. Si appoggia con i gomiti al davanzale, fumando lentamente. La luce sta aumentando lentamente, mentre il traffico di Manhattan comincia già a congestionarsi.
Sorride, passandosi una mano sul viso e ripensando alla voce di Fleur.
E pensare che, con Helena, non ti era presa così… pensa, mentre sorseggia un altro po’ di caffè. Clacson che suonano, rumore di moto che sfrecciano in strada, voci allegre.
“ Ciao, pà…ci vediamo stasera!” urla Mingus, dalla porta.
Norman volta leggermente la testa, fissando un punto dietro di lui. “ A stasera.” Risponde, poi, tornando ad osservare fuori.
Ehi, amico…tuo figlio non rientrerà prima di stasera…chiamala…dille di venire da te…
Norman scuote la testa, spegnendo la sigaretta in un posacenere lì vicino e richiudendo i vetri. Finisce di bere il caffè, posando la tazza nel lavandino e dirigendosi in camera. Il suo gatto è ancora sul letto, tutto acciambellato e sonnecchiante.
Norman va in bagno, spogliandosi velocemente ed entrando nella doccia.
Se Helena dovesse sapere che ho raccontato di ieri a Mingus, come minimo m’ammazza… pensa, insaponandosi velocemente.
Stava guardando uno dei tuoi primi film…quanti anni aveva quando è uscito? Quattordici anni…e tu n’avevi ventinove…cazzo, amico…è una ragazzina… pensa, sciacquandosi con l’acqua tiepida.
Vi passate quindici anni…è una vita, cazzo…come farai a starle dietro? Lei ha ancora molto da fare…e tu, ammettilo, cominci a non reggere più questi ritmi… pensa, chiudendo l’acqua ed avvolgendosi nell’accappatoio. Si osserva allo specchio, frizionandosi i capelli con un asciugamano.
Stai facendo la cosa giusta, Norman? Sii sincero… pensa, tornando in camera e buttando sul letto alcuni vestiti.
Si veste lentamente, con la testa ancora piena di dubbi.
Perché diavolo ora sto così? A me lei piace davvero. Ci sto bene, cazzo, e fanculo la differenza d’età. Ok, sono molto più grande di lei…e allora? Insieme stiamo bene.
Norman si osserva allo specchio, sistemandosi i capelli e la maglietta. Fa uscire il gatto dalla stanza, chiude la porta, va in cucina e mette in lavastoviglie i piatti della colazione. Chiude le finestre, prende le sigarette, il cellulare e le chiavi. Chiude la porta di casa, scende in garage e prende la moto.
Dovrai essere chiaro, con lei, se hai questi dubbi. Non puoi farla soffrire così… pensa ancora, mentre s’infila il casco e sale sulla moto. Parte subito, dando un po’ di gas per coprire la voce nella sua testa. Apre il garage, entrando nel traffico di Manhattan.
Passa veloce tra le macchine in fila, piegandosi di lato e percorrendo varie strade laterali. Fa freddo, ed il cielo promette neve, così bianco e paro.
Arriva allo studio in orario perfetto; parcheggia nella via laterale, mettendo la catena alla moto. Arrivato davanti all’entrata, nota un biglietto, con su scritto il suo nome, attaccato alla serranda con un pezzo di scotch.
Curioso, e guardandosi intorno, lo apre, sorridendo.
“ Buongiorno, Norman. Sono arrivata presto, questa mattina…così ho pensato che, forse, ti avrebbe fatto piacere fare colazione insieme. Sono al bar dietro l’angolo… Fleur.”
Norman sospira, mettendosi il biglietto in tasca ed avviandosi verso il bar.
Fanculo, stupida vocina del cazzo. Lei è quella giusta. Lo so. Me lo sento dentro lo stomaco. Pensa, mentre si ritrova quasi a correre verso di lei.
La vede seduta ad un tavolino che affaccia sulla strada, intenta nella lettura di un libro di letteratura inglese, con una tazza fumante di caffè. Tiene la guancia poggiata sulla mano, mentre legge quelle pagine ingiallite dal tempo. Si ritrova ad osservarla con un mezzo sorriso, dietro le sue lenti scure degli occhiali da sole. Si avvicina alla vetrina, bussandole sul vetro.
La vede sussultare, guardare verso di lui e sorridere. Norman la saluta con la mano, per poi entrare nel bar ed andarle incontro.
Fleur si alza, chiudendo il libro e sorridendogli. Norman non ci pensa due volte: posa il casco sulla sedia, l’abbraccia per i fianchi e la bacia, con passione, fregandosene della gente lì intorno. In quel momento, esistono solo loro due.
Sente Fleur cingergli il collo con le braccia, mentre si solleva sulle punte dei piedi per raggiungere la sua altezza. La sente sorridere, mentre inclina la testa di lato e gioca con la lingua.
Norman si stacca lentamente, sorridendole e dandole un piccolo bacio sul naso.
“ Buongiorno, bambina…” dice lui, facendole l’occhiolino.
Si siedono entrambi, tenendosi per mano ed osservandosi dritto negli occhi.
“…come stai?” domanda lei, tirandosi indietro una ciocca di capelli.
Norman sorride. “ Adesso bene.” Dice, poi, accarezzandole la mano. Fleur arrossisce, sorridendo e ricambiando quella carezza.
Norman si guarda intorno, facendo un cenno alla cameriera che, annuendo, corre verso di lui.
“ Salve…cosa le porto?” domanda, sorridente.
“ Un caffè, grazie.” Dice lui, sorridendo di rimando.
La cameriera annuisce, sparendo di nuovo nel locale.
“ Oggi ci sarà parecchio lavoro, allo studio…” dice Norman, togliendosi il giacchetto di pelle ed alzandosi le maniche del maglione.
Fleur raddrizza la schiena, annuendo. “ Immagino…stare chiusi per due giorni non è stata proprio una grande idea…”
Norman fa spallucce. “ E’ stato per una buona causa…no?”
Fleur sorride, coprendosi la bocca con una mano. “…beh…in effetti…”
Norman sta per dire altro, quando la cameriera ritorna con il caffè. Gli sorride, mentre gli porge l’ordinazione.
“ Grazie.” Dice Norman, con il sorriso.
La cameriera rimane lì, impaziente. Forse troppo. Fleur la osserva sconcertata, per poi guardarsi con Norman e non capire nulla.
“…ha…per caso bisogno di qualcosa?” domanda Norman alla cameriera, dubbioso.
“…ecco, io…oddio non…lei è Norman Reedus, giusto??” domanda la cameriera, fremente.
Norman annuisce, sorridendo. La cameriera continua ad esultare in maniera bizzarra, battendo piano le mani e sorridendo. Porge a Norman il blocchetto per le ordinazioni con la penna.
“ Ecco, io…volevo sapere se…poteva farmi un autografo…”
Norman annuisce. “ Certo…il tuo nome?”
“ Nicole.”
Norman scrive su una pagina bianca, mentre Nicole continua a sorridere in modo ebete. Fleur la squadra da capo a piedi, osservandola da sopra gli occhiali.
Sei per caso gelosa, Fleur? Suvvia…è solo una giovane fan del tuo nuovo, e famoso, fidanzato.
“ Ecco qua.” Dice Norman, porgendo a Nicole il suo blocco.
“…ecco…potrei chiederti anche…una foto?” domanda ancora Nicole, indicando il cellulare.
“ Certo…” dice Norman, alzandosi in piedi. Nicole gli si attacca con tutto il corpo, prendendo lo smartphone e scattandosi un selfie con Norman.
Fleur continua ad osservarla con attenzione, mentre finge di leggere il libro.
“ Grazie mille! Io ti adoro!! Ho visto tutti i tuoi film…sei unico!!” prosegue Nicole.
“ Oh, beh…grazie…” dice Norman, visibilmente imbarazzato.
“ Siete una coppia bellissima…ci vediamo!” dice ancora Nicole, salutandoli con una mano.
Fleur la osserva sbalordita, per poi guardare Norman sorpresa. “…non l’ha detto davvero…giusto?” domanda, indicando prima la ragazza e poi loro due.
“ L’ha detto, invece…” dice Norman, ridendo.
Fleur sospira, bevendo l’ultimo sorso di tè e radunando le sue cose. “ Beh…capo…direi che è ora d’andare…le foto non si sviluppano da sole…” dice Fleur, infilandosi il cappotto e prendendo la borsa.
Norman, bevendo il caffè tutto di un sorso, recupera le sue cose e segue Fleur fuori del bar.
In strada, la tiene abbracciata per le spalle, dandole di tanto in tanto un bacio sulla tempia, con tenerezza. Fleur è abbracciata attorno ai suoi fianchi, con la testa poggiata sull’incavo della spalla, bel protetta da quelle braccia forti e dal corpo scolpito dell’uomo.


Forse questo capitolo è un pò "accelerato", ma spero comunque che vi sia piaciuto. Vi avverto subito: nel prossimo capitolo ci sarà un gran salto temporale...ma non voglio dirvi se verso il futuro o verso il passato :D
Al prossimo capitolo :)

 
 

 

 

 
 
 
 

 

 
 

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Capitolo 6
*** Tuffo nel passato ***


CAPITOLO VI
 
“ Fleur!! Hai fatto? Dai, che siamo in ritardo!” urla suo padre, dal piano di sotto, mentre finisce di annodarsi la cravatta.
Fleur è nella sua stanza, seduta sul letto a fissare la porta. Sospira, mentre gioca con il laccio della borsa.
Che palle! Ma perché devo esserci anche io a questa stupida festa? E’ inutile che continui a chiamarmi, pà… pensa Fleur, tirandosi su e fissando ancora la porta. Prende un bel respiro, per poi abbassare la maniglia della porta ed uscire dalla stanza.
“…eccomi…ho fatto…” dice, poi, scendendo lentamente le scale.
Ma perché mi sono messa questo vestito?! Accidenti a Max…è scomodissimo, e ad ogni movimento mi sale… pensa Fleur, mentre scende le scale e si sistema il vestito, un tubino blu elettrico, con rifiniture d’oro e talmente stretto da mettere in risalto le forme di Fleur.
I suoi genitori sono già sulla porta di casa, pronti per uscire.
“ Oh, chéri…sei bellissima…” dice sua madre, sorridendo.
“ Questo vestito è scomodissimo…” si lamenta Fleur, infilandosi il cappotto.
“ Non c’è tempo per cambiarti. Siamo in ritardo.” Bofonchia Jean, uscendo da casa.
“ Papà ha intenzione di essere così nervoso per tutta la sera?” sussurra Fleur a sua madre, uscendo da casa.
“ Cerca di capirlo, tesoro…stasera il suo capo annuncerà la sua promozione a capo settore…”
Fleur sospira. “…sarà…ma è insopportabile…”
 
La festa è stata organizzata in un attico nel pieno centro di New York, con vista su tutta la città. L’attico è stato ricavato unendo due appartamenti, ed occupa un intero piano del palazzo. Un grande balcone gira tutto intorno alla casa, ed è stato allestito con divanetti, luci, caloriferi e tavolini sparsi dappertutto. All’interno della casa, un pianista in frac e pianoforte a coda, sta eseguendo vari brani di musica classica.
Camerieri d’ogni età, sesso ed etnia, camminano tra gli invitati servendo loro champagne, vino e stuzzichini vari.
Fleur è appoggiata ad una parete, con un bicchiere di champagne in una mano e gli occhi che corrono su ogni invitato alla festa.
Mio Dio che palle! Guardali…tutti pomposi e fieri di sé…ma perché sono venuta qui? E questo vestito lo odio…giuro che domani, appena vedrò Max, gliene dirò quattro…
“ Ciao.” Dice un ragazzo, sulla trentina, distogliendola dai suoi pensieri.
Fleur scrolla appena le spalle, sorridendo. “ Salve.”
“ Tu sei la figlia di Jean, giusto?” prosegue lui, sorridendo.
Fleur annuisce, mantenendo il sorriso, e cominciando a studiare il suo interlocutore. Alto, capelli castani tirati all’indietro con il gel, viso pulito senza un filo di barba, occhi azzurrissimi, quasi bianchi. Sorriso smagliante, da pubblicità di dentifricio.
“ Si.” Risponde Fleur, bevendo il suo champagne.
“ Ti stai annoiando, non è così?” domanda lui, facendole l’occhiolino.
“ Si vede tanto?” domanda Fleur, distaccata.
“ Beh…tutti sorridono e chiacchierano…tu sei l’unica che se ne sta qui, in disparte…”
“ Sono qui solo per mio padre. Odio queste feste.” Dice Fleur, posando il bicchiere, ormai vuoto, su un tavolino e sistemandosi il vestito.
“ Beh…da come litighi con il tuo vestito…forse posso intuire il perché…” risponde lui, ridendo.
Fleur lo osserva, per poi scoppiare a ridere. “ Beh…ho capito che questo vestito non fa per me…” dice Fleur, avviandosi verso il balcone.
Perché non mi lasci in pace? Ok, sei carino…ma non sei per me, tesoro. Vattene, voglio stare da sola. Pensa Fleur, sedendosi su un divanetto, in disparte, ed accendendosi una sigaretta. Quel ragazzo le sta dietro, sedendosi vicino a lei.
“ Peccato…ti sta benissimo, invece.”
Fleur, abbassando la testa, sorride.
“ Oh, perdonami…io sono Damon Fleshard.” Dice lui, sorridendo imbarazzato e porgendole la mano.
Fleur spalanca appena gli occhi, sorridendo e ricambiando la stretta di mano.
“ Fleur Dabouche.” Risponde lei.
Tra i due cala un leggero silenzio: Fleur continua a fumare tranquilla, sentendosi però addosso gli occhi di Damon.
E smettila di fissarmi, dannazione. E’ inutile che cerchi di stregarmi… pensa lei, facendo cadere la cenere in un vaso, adibito a posa cenere, accanto al divano.
“ Tuo padre mi ha detto che sei una fotografa.” Dice Damon, dopo qualche secondo.
“ Già.”
“ E…lavori in uno studio…o…”
“ Sono una freelancer…lavoro quando capita…” risponde Fleur, forse con un po’ troppa freddezza.
Damon sospira, finendo di bere il suo champagne e posando il bicchiere sul tavolino di fronte a loro. Appoggia un braccio sulla spalliera del divano, voltandosi quasi completamente verso Fleur.
“…ti sto annoiando…lo so…” dice lui, abbassando la testa.
Fleur lo guarda stupita, e si sente improvvisamente imbarazzata.
“ Oh…no, no…non mi annoi, anzi…è solo che…” sospira, avvicinandosi un po’ di più al ragazzo. “ E’ solo che stasera avrei dovuto vedermi con un mio amico…stasera era l’ultima puntata di una serie che seguo…” dice, poi, ridendo.
Damon spalanca gli occhi, sorpreso. “…scherzi?” domanda, allibito.
“ No.”
Damon si avvicina di più a Fleur, quasi a far sfiorare i loro nasi. “ Non dirmi che…anche tu segui The Walking Dead…?”
Fleur spalanca gli occhi e la bocca, incredula. “…oh mio Dio…anche tu?!”
Scoppiano a ridere entrambi, meravigliati di aver trovato un argomento comune.
“ Non ci credo…scusa, ma…stasera era l’ultima puntata?!” domanda Damon, allibito.
Fleur annuisce, sconsolata. “ L’ultima della seconda stagione.“
“…cazzo…” risponde lui, mettendosi le mani sulla bocca.
“ L’hai detto…”
“ E scusa…non puoi sentire il tuo amico…sì, insomma…per farti dire qualcosa?”
Fleur scoppia a ridere. “ Oh, no…la puntata è ancora in onda…se lo chiamo adesso rischierei la vita…”
“…accidenti, Fleur…chi l’avrebbe mai detto…? Anche tu appassionata di quella serie…”
Fleur fa spallucce. “ Perché? Anche tu, lasciatelo dire…non hai proprio l’aspetto di un patito di zombie…”
Damon annuisce, sorridendo. “…touchè…”
Ridono insieme, e Damon non può fare a meno di notare gli occhi di Fleur, le sue labbra, il viso perfetto.
Fleur lo osserva, sempre con il sorriso, ma aggrottando le sopracciglia.
“…che c’è? Perché mi guardi così?”
Damon scrolla le spalle e scuote la testa. “ Oh…niente, figurati. Senti…pensavo che…” dice Damon, ma Fleur lo blocca, mettendosi all’ascolto della musica che proviene da dentro la casa.
“ Aspetta…!” gli dice, con un gesto della mano. Spalanca gli occhi, sorridendo. “ Questa è A Time For Us…di Nino Rota!” dice, sorridendo ed alzandosi. Va spedita dentro casa, lasciando Damon a bocca aperta.
Lui la segue dentro casa, vedendola appoggiata ad una parete, con le mani sulla bocca e gli occhi lucidi per l’emozione. Osserva il pianista, mentre con la testa segna il tempo delle battute. Le si avvicina piano, senza disturbare troppo il pubblico all’ascolto.
Arrivatole dietro, le mette una mano sulla schiena. “…ehi…” le sussurra all’orecchio, ma Fleur non risponde: è troppo presa dal brano per sentire altro.
Quando il pianista poggia il dito sull’ultimo tasto, con enfasi, Fleur lancia l’applauso, evidentemente commossa. Damon non può fare a meno di notare i suoi occhi lucidi, il fremito con il quale batte le mani, l’emozione nel suo sorriso.
Fleur si volta, sorridendo a Damon. “…è…è stato bellissimo…” balbetta, ancora preda dell’emozione del brano.
Damon le sorride, annuendo. “ Già…è un brano stupendo.”
“ Scusami se sono scappata così, ma…adoro quel brano, e…” dice Fleur, ma Damon la interrompe con un gesto della mano, sorridendole.
“ Ehi, non devi scusarti…non devi farlo mai…” le dice, prendendole una mano e baciandogliela dolcemente. La osserva dal basso, con il sorriso, e Fleur ride divertita, sentendosi le guance avvampare ed il cuore che batte all’impazzata.
Dai, Fleur, ammettilo…questo Damon è davvero carino…e poi guardalo: non ti ricorda la scena di Titanic quando Jack fa il bacia-mano a Rose? Indossano anche, più o meno, lo stesso completo…
 
Alla fine della serata, quando ormai il discorso sulla promozione di Jean è stato fatto e la cena conclusa, Fleur è ancora seduta su un divano, a parlare con Damon dei suoi sogni futuri, di quello che le piacerebbe fare, della sua passione per il cinema muto e per le serie televisive, oltre che per la fotografia.
“ Fleur…tesoro, dovremmo andare…” dice suo padre, comparendole dietro e mettendole una mano sulla spalla. In mano tiene il cappotto di Fleur.
Fleur osserva il padre, stupita, e poi di nuovo Damon, con il sorriso. “…beh…è stato un piacere conoscerti, Damon…” dice, poi, alzandosi dal divano e prendendo il cappotto dal padre.
Damon si alza, facendo un mezzo inchino ed allargando le braccia. “ Beh…è stato un onore per me, Fleur…”
Fleur sorride, abbassando la testa imbarazzata. Quando la rialza, Damon le porge un bigliettino da visita.
“…se ti va…beh…chiamami, d’accordo?” le dice, poi, baciandole un’altra volta la mano. Poi saluta con una stretta di mano i suoi genitori e, nell’allontanarsi, si volta e le fa l’occhiolino.
Fleur sorride, raggiungendo i genitori e riponendo quel bigliettino nella tasca del cappotto.
“…vedo che hai conosciuto il figlio di Fleshard…” dice suo padre, quando ormai sono in auto e stanno tornando a casa.
Fleur fissa fuori del finestrino, annuendo. “ Si.”
“ Ti è simpatico?” domanda ancora suo padre, fissandola dallo specchietto retrovisore.
Fleur fa spallucce. “ E’ a posto.” Si limita a dire.
 
 
Dopo un paio di giorni, Fleur decide che, forse, è il caso di dare una possibilità a Damon. In fondo, non è poi così male: è simpatico e gentile, ed è anche lui un fan di The Walking Dead.
Così, approfittando del fatto che i suoi non siano in casa, afferra il cellulare e compone il numero scritto sul biglietto da visita. Uno squillo, due squilli, e…
“ Damon Fleshard.”
“ Ciao, Damon…sono…Fleur…”
“ Fleur…ciao.”
“ Ciao…ehm…come stai?” dice Fleur, camminando avanti ed indietro per la stanza ed agitando la mano libera.
“ Bene…anzi…ora molto meglio.”
Oddio…battuta pessima. Pensa lei, sorvolando.
“ E te invece?” domanda lui.
“ Oh, beh…bene, bene…”
“ A cosa devo questa chiamata?”
“ Ehm…ecco…pensavo che…sì, insomma…se ti va, eh…potremmo…non so…andarci a prendere…un caffè, o che so io…”
“ Mi stai per caso invitando ad uscire, miss Dabouche?” domanda lui. Dal tono sembrerebbe sorridere.
Fleur abbassa la testa, ridendo. “ Beh…ecco…non è che…si, ok…ti sto invitando ad uscire.”
Damon ride divertito. “ Sai, Fleur…non mi era mai capitato che una ragazza m’invitasse fuori…sul serio…sono sempre stato io a chiedere un appuntamento…”
“…beh…c’è una prima volta per tutto, no?”
Damon ride ancora. “ D’accordo, Dabouche. Andata. Quando vogliamo vederci?”
Fleur sgrana gli occhi: è spiazzata. “ Ehm…non saprei…tu…tu quando sei libero?”
“ Domani.”
“ Allora…potremmo vederci domani…”
“ Facciamo così. Tu fatti trovare sotto casa mia…ti porto in un posto niente male…che ne dici?”
“ Andata.”
“ A domani, allora…”
“…a domani, Damon…” dice Fleur, attaccando. Sorridendo, si butta sul letto, felice come non mai. Compone il numero di Max velocemente, sperando che il suo amico risponda subito.
“…pronto?” risponde Max, con voce impastata di sonno.
“ Max, non ci crederai mai!” dice Fleur, cercando di controllare il tono della voce.
Max sospira. “ Fiorellino…stavo dormendo…”
“ Fatti un caffè e ascoltami.”
“ Ma non…awn…possiamo parlarne domani?”
“ No!”
Max sbuffa. “ D’accordo, d’accordo…awn…”
“ Hai presente Damon? Il ragazzo che ho conosciuto alla festa?”
“…mmm…”
“ L’ho appena chiamato. E l’ho invitato ad uscire.”
“…scherzi?”
“ No, Max! L’ho fatto davvero! Usciamo domani.”
Max ride. “ Beh, tesoro…complimenti. Meno male che non era niente di che…”
“ Lo pensavo davvero. E lo penso tutt’ora…ma…non lo so…qualcosa mi dice di dargli una possibilità…”
“ Fleur, tesoro…è giusto così. Divertiti, e non pensare troppo…”
“ Ho bisogno di te, lo sai?”
Max sbuffa. “…oddio, Fleur…ti prego…”
“ Max, sei l’unico in grado di darmi una mano con i vestiti. Che ce l’ho a fare un amico gay se nemmeno mi aiuta a scegliere un outfit per la serata?!”
Max ride divertito. “ Fiorellino, non siamo tutte delle checche isteriche.”
Fleur ride. “ Giusto. Peccato che tu lo sia.”
“ Ah ah ah…molto divertente.” Dice Max, con tono ironico ma divertito.
“…allora mi aiuterai?”
“ Fleur, ti ho mai detto di no?”
“…grazie…a domani, allora…”
“ A domani, fiorellino.”
 
 
L’appuntamento andò alla grande, e ne seguirono molti altri, per almeno quattro anni, fino a che Damon, ormai innamorato di Fleur, decise di chiederle di andare a vivere insieme, nel suo appartamento che dista pochi isolati da quello di Max. I genitori di Fleur la presero benissimo, felici del fatto che la loro bambina, finalmente, abbia trovato un ragazzo con il quale stare.
La carriera di Fleur, inoltre, sembra aver preso una piega più che buona: grazie anche alle conoscenze di Damon, Fleur organizza almeno una mostra ogni due settimane, e riesce a realizzare scatti veramente unici. Si sente ispirata, ed ogni situazione si dimostra uno scatto emozionante, carico di sentimenti. E’ al settimo cielo, e ama Damon alla follia. In fondo, non è così male come pensava. E’ simpatico, gentile, premuroso. D’accordo, come tutti gli uomini ha delle piccole carenze, ma sono facilmente perdonabili dal fatto che, ogni sera, porta Fleur in un ristorante di lusso, pagando lui e facendola sentire una regina.
L’appartamento è piccolo, ma accogliente, il che è strano dato che la famiglia di Damon ha parecchi soldi. Ma a Fleur non importa: con lui sta bene, e si sente camminare a dieci metri da terra.
Max la tiene sotto controllo, consigliandola su cosa fare o cosa indossare, assicurandosi anche che Damon non le faccia del male. Max ci tiene a Fleur, è come una sorella per lui, e sacrificherebbe la sua vita per lei, anche se lo dimostra poco. Ma Damon ha qualcosa che non lo convince: troppo accomodante in certi aspetti, troppo freddo in altri.
Raramente l’intuito di Max si è sbagliato, e quando ormai i campanelli d’allarme cominciano a diventare troppi, decide di riferirlo alla sua amica, mettendola in guardia.
“ Ehi, fiorellino…come va con Damon?” le domanda una sera, mentre sono a cena fuori, loro due da soli.
Fleur sorride, annuendo. “ Alla grande. Lo amo, Max…è dolcissimo…e poi…ti lascio immaginare…in camera facciamo i fuochi d’artificio…”
Max ride divertito. “ Oh, vecchia maniaca…” Poi torna serio, abbassando lo sguardo e giocando con la cannuccia del suo bicchiere. “…Fleur…se te l’ho chiesto…è perché…non so…c’è qualcosa che non mi convince, in quello lì…”
Fleur aggrotta le sopracciglia. “ Che intendi dire?”
Max le prende una mano, fissandola dritto negli occhi. “ Sai che non ti mentirei mai, vero?”
Fleur annuisce, e Max sospira, lasciando la mano dell’amica.
“ Se ti dico…una cosa…prometti che non ti arrabbierai?”
“ Dipende da cosa mi dirai, Max.”
“ Tu lo sai che…come dire…io non sono proprio uno stinco di santo, giusto?”
Fleur lo guarda dubbiosa. “ Max, arriva al punto.”
“ E’ cocainomane. E spaccia. E va a puttane.” Dice Max, senza riuscire a guardare l’amica negli occhi.
Fleur fissa l’amico senza espressione. “…ne hai le prove?”
Max sospira. “ Quando sono andato ad abitare da solo, sai che ho avuto parecchi problemi di coca…ma ora ne sono fuori, da anni…solo che…lui era…il mio pusher di fiducia…” dice Max, fregandosene dei suoi occhi lucidi.
Fleur deglutisce, abbassando la testa. “…credi lo faccia ancora?”
Max annuisce. “ Anche…poco prima che tu…venissi a stare da lui…”
Fleur sospira, passandosi una mano sugli occhi, ormai lucidi e carichi di lacrime. Max le prende una mano, stringendogliela forte. “ Ehi…fiorellino, mi dispiace…davvero…ma non potevo non dirtelo…”
Fleur emette un verso strano, a metà tra una risata ironica ed un singhiozzo di pianto. Cerca di sorridere, ma le lacrime che le solcano il viso non rendono l’idea.
“…ecco perché…ultimamente…” prova a dire Fleur, ma non riesce a finire la frase. Si copre la bocca con una mano, abbassando la testa e piangendo silenziosamente. Max si alza, andando da lei ed abbracciandola.
“ Ehi…tesoro…io sono qui, d’accordo? Non ti lascio sola…”
Fleur lo abbraccia, affondando il viso tra le sue spalle e piangendo a dirotto.
“…è uno stronzo!” dice Fleur, tra le lacrime.
Max le prende il viso, asciugandoglielo con una mano. “ Fleur, guardami.” Le dice, sicuro. “ Mollalo finché sei in tempo.”
“…ma io lo amo…” risponde lei, continuando a piangere.
“ Fleur, ti sei innamorata di qualcosa che non esiste. Lui non è come ti ha fatto credere. E’ un drogato del cazzo ed un puttaniere!”
“…ma…” prova a dire Fleur, ma Max la interrompe subito.
“ Fleur. Lui ti farà soffrire come un cane…e tu non lo meriti. Lui non è degno di stare con te, lo capisci?!” dice Max, ormai furioso.
Fleur annuisce, tremante. Max le sorride, abbracciandola ancora ed accarezzandole la testa.
“ Ehi…sai che facciamo? Ora gli mandi un messaggio…e gli dici che resti a dormire da me perché io ho un’intossicazione alimentare. Domani mattina ti riporto a casa, fai i bagagli e te ne vai da quel postaccio. Chiaro?”
Fleur annuisce, continuando a piangere. “…e…i miei…”
Max la interrompe ancora. “ Ci parlo io con i tuoi. Tu resterai da me finché non troviamo un’altra sistemazione. Hai abbastanza soldi da parte, no?”
Fleur annuisce.
“ Ti aiuterò io, fiorellino. Non ti lascio da sola…!”
 
Quello che accadde dopo potete solo immaginarlo: Fleur seguì il consiglio di Max, andando a dormire da lui con una scusa. Damon disse a Fleur che, per qualsiasi cosa, avrebbe potuto contare su di lui. La mattina dopo, Max e Fleur andarono nell’appartamento di Damon, decisi ad eliminare qualsiasi traccia di lei da quella casa, ma trovarono una brutta sorpresa: Damon aveva organizzato un festino, quella sera. Sul tavolo del salotto erano sparsi specchi vari cosparsi di cocaina, due donne dormivano sul divano insieme a lui, tutti e tre completamente nudi.
Quando Damon si svegliò, sentendo la chiave nella serratura, era troppo tardi per far sparire tutto. Fleur, per poco, non svenne sul pavimento, e Max la sorresse prontamente, tenendola per le spalle.
“…Fleur…ma…?” domandò Damon, con voce impastata di sonno, alcool e cocaina.
Fleur non disse una parola, andando diretta in camera e prendendo le sue cose.
Non urlò, non gli disse nulla e non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Nella casa era calato un silenzio inquietante, rotto soltanto dai passi della ragazza in camera. Prima di uscire per sempre da quella casa, e dalla vita di Damon, Fleur si fermò sulla porta, voltandosi lentamente e fissando Damon negli occhi. Tirò fuori della tasca le chiavi di casa, lasciandole cadere sul pavimento. Dopodiché si chiuse la porta alle spalle, accompagnata da Max e dalle tre valigie cariche delle sue cose.
 
Dopo una settimana trascorsa a casa di Max, Fleur scoprì che, al primo piano di quella palazzina, fosse in vendita un appartamento. Decise di andarlo a vedere, anche perché l’affitto non era molto, e se ne innamorò subito: le ampie vetrate che affacciavano su Manhattan, l’angolo cottura con il muro fatto di mattoni a vista, il bagno, la camera ampia e spaziosa, il salotto ben illuminato.
“ La prendo!” disse al proprietario, trattenendo a stento le lacrime di commozione.
“ Perfetto! Allora a breve le manderò il contratto.” Disse il proprietario, consegnandole le chiavi.
 
E così eccola, Fleur, felice come non mai, mentre sistema le sue cose nella nuova casa, in compagnia di Max, sempre pronto a darle una mano. Deve tutto, a Max: è stato lui a salvarla dal baratro nel quale stava per cadere, è stato lui a raccontare tutto ai suoi genitori, pregandoli di non mortificare troppo Fleur. Max c’è sempre stato, e ci sarà sempre nella vita di Fleur.
 

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Capitolo 7
*** "Lo sai che ti amo, vero?" ***


CAPITOLO VII

 
Norman e Fleur, abbracciati e sorridenti, arrivano allo studio per dare inizio ad una nuova giornata di lavoro. Norman si occupa di accendere le luci e di controllare la casella di posta elettronica, mentre Fleur si lancia nella camera oscura per sviluppare alcuni vecchi rullini di Norman.
“ Ehi, Norman…ma da quanto tempo è che hai questi?” domanda Fleur, affacciandosi dalla porta della camera oscura e mostrando un rullino all’uomo.
Norman nemmeno la guarda, e si limita a fare spallucce. “ Non saprei...”
” Sembrano abbastanza vecchi.”
“ Te l’ho detto, bambina…non lo so. Forse sono i primi rullini della Canon…” dice lui, continuando a scorrere la pagina web sul computer.
Fleur storce leggermente la bocca, dubbiosa. “…pensi che le foto si siano mantenute?” domanda ancora, rigirandosi il rullino, ben sigillato nella sua custodia, tra le mani.
“ Perché no? Li ho sempre tenuti al buio…vedi tu…” risponde lui, sempre con il viso rivolto allo schermo del pc.
Fleur torna nella camera oscura, chiudendosi la porta alle spalle ed accendendo l’apposita luce rossa. Comincia lentamente a sviluppare le foto, sicura, ormai, dei passaggi da eseguire.
A mano a mano che procede con lo sviluppo, nota che sono foto miste: ritratti di suo figlio appena nato, lui e la madre di Mingus che sorridono all’obiettivo, Norman sul set della prima stagione di The Walking Dead, Norman con Andrew Lincoln...
La maggior parte sono rovinate, sia dagli anni che dalla sbagliata esposizione dell’obiettivo alla luce, mentre quelle buone sono, per lo più, di Norman con la madre di Mingus.
Fleur sospira, mentre comincia a trasferire le foto nella bacinella con il liquido di sviluppo. Osserva i volti in quegli scatti, piegando la testa da un lato e sorridendo in modo malinconico.
Con lei era felice… si ritrova a pensare, mentre mette ad asciugare le foto di Norman con la sua ex.
Ehi, ragazza, ma che ti prende? Lui ormai ha scelto te. E’ te che ama.
Norman bussa alla porta.
“ Ehi, Fleur…tutto bene?” le domanda.
“…si…” risponde, dopo aver preso un bel respiro.
“ Sicura? Sei silenziosa…”
Fleur sospira, alzando gli occhi al cielo. “ Sto bene, Norm…”
“…posso entrare?” domanda lui.
Fleur appende l’ultima foto, aprendo uno spiraglio di porta ed uscendo svelta.
“ Ho fatto. Le foto si stanno asciugando.” Dice, poi, dirigendosi al bancone dello studio. Controlla il computer, alla ricerca d’altre foto da sistemare. Norman la fissa curioso, e si avvicina a lei, appoggiandosi al bancone.
“…Fleur, tutto bene?” domanda, fissandola con un mezzo sorriso.
“…ah ah…” annuisce lei, senza guardarlo.
Norman la osserva ancora per qualche minuto, per poi tirarsi su ed andando verso l’altro bancone, a controllare le macchinette fotografiche.
Improvvisamente, nello studio, sembra essere calato il gelo, e tra i due si è creata una strana tensione. Norman continua a fissare Fleur, intenta a modificare in digitale alcune foto di un cliente. Sta per dirle qualcosa, ma il suo telefono comincia a squillare. Il nome della sua agente compare sul display.
“ Ehi, Rose…come andiamo?” domanda lui, facendo cenno a Fleur che sarebbe uscito per parlare.
Fleur lo osserva da sopra gli occhiali, prendendo un bel respiro e continuando a lavorare sulle foto.
“ Bene, grazie…tu, invece? Come te la passi?” domanda Rose, al telefono.
Norman fa spallucce, accendendosi una sigaretta e sbuffando fuori il fumo. “ Non c’è male.”
“ Sono contenta. Senti, Norman, ti ho chiamato perché, come ben saprai, tra poco si comincia con le riprese della nuova stagione di The Walking Dead…”
“ Si, certo.”
“ La AMC vorrebbe che tutto il cast, compresi regista, sceneggiatori, truccatori, eccetera presenziassero alla conferenza stampa pre-riprese.”
“ D’accordo. E dove si terrà la conferenza?”
“ In Georgia. Ad Atlanta.”
Norman annuisce, spegnendo la sigaretta per terra. “ D’accordo. Per i biglietti facciamo come al solito?”
“ Si, certo, di quelli non devi preoccuparti. Facciamo come sempre, uno per te ed uno per tuo figlio?”
Norman si volta a guardare all’interno dello studio, ed osserva Fleur, concentrata sullo schermo del pc. Sospira, abbozzando un sorriso.
“ No, ehm…Mingus ha già fatto troppe assenze, a scuola…sua madre mi ucciderebbe se lo portassi via, di nuovo…”
“ Allora considero solo te?”
Norman fissa ancora Fleur. “ No…”
“…Norman, tutto bene?” domanda Rose, preoccupata.
Norman sorride ancora. “ Verrò con la mia ragazza.” Dice, quasi tutto di un fiato.
“…ah…d’accordo…quindi…tu e…” balbetta Rose.
“ Fleur. Si chiama Fleur.”
“…Fleur…” ripete Rose, come se fosse un pappagallo.
“ Senti, Rose…quando sarebbe questa conferenza?”
“ Fra tre settimane. E’ necessario, però, che tu mi faccia avere i dati della tua ragazza, altrimenti non posso farle il biglietto.”
“ Entro stasera ti mando tutto. Promesso.”
“ D’accordo. Appena faccio i biglietti, te li mando.”
“ Grazie, Rose.”
“ Buona giornata, Norman.”
Norman attacca, sorridendo e rientrando nello studio. Si va a posizionare di nuovo di fronte a Fleur, osservandola con il sorriso e poggiando il mento su una mano.
“ Come procede?” domanda.
Fleur non stacca gli occhi dallo schermo. “ Come prima.” Risponde lei.
Norman si tira su, girando intorno al bancone e piazzandosi alle spalle della ragazza. L’abbraccia da dietro, appoggiando il mento sulla sua spalla e baciandole una guancia.
“…ehi…che ne diresti di…venire con me, ad Atlanta…?”
Fleur si blocca, sgranando gli occhi e girandosi lentamente. Lo fissa sbalordita. “…cosa?”
Norman comincia a ridere, girando lo sgabello di Fleur fino a ritrovarsela faccia a faccia.
“ Fra tre settimane. C’è una conferenza pre-riprese ad Atlanta, ed il network vuole che il cast di The Walking Dead ci sia tutto.”
Fleur è ancora sotto shock. “…Norman…io non…non lo so, davvero…”
Norman le prende il mento con una mano, sorridendole. “ Dì semplicemente un si.”
Fleur sospira, ridendo ed alzando gli occhi al cielo. “…uff…non saprei…”
“ Andiamo, Fleur…ormai quant’è che stiamo insieme? Sei mesi? Ancora non ci siamo fatti una vacanza!” dice Norman, allargando le braccia.
“ Ma se siamo stati cinque giorni a Miami, dopo Natale!”
“ Ma non eravamo soli…eravamo con Mingus, Max e Rufus.”
Fleur sbuffa, ridendo e togliendosi gli occhiali. Si massaggia l’attaccatura del naso, sospirando, per poi indossare nuovamente gli occhiali e guardare il suo ragazzo. Norman si avvicina di nuovo al suo viso, facendo sfiorare i loro nasi e dandole un tenero bacio sulle labbra.
“…e dai…” le dice, con un sorriso.
“…va bene…verrò con te…” dice lei, abbracciandolo e dandogli un bacio.
Norman la stringe a sé, baciandola dolcemente e sorridendole. “…lo sai che ti amo, vero?”
Fleur si limita a sorridere, dandogli un altro bacio ed accarezzandogli i capelli.
“ Mi servirebbero i tuoi dati…così la mia agente può farci i biglietti.” Dice lui, dopo essersi staccati dall’abbraccio.
Fleur sgrana appena gli occhi. “…la tua…cosa?” domanda lei, sgranando gli occhi.
“ La mia agente.” Risponde lui, sorpreso. “ Ti ho parlato di Rose, no?”
Fleur scuote la testa. “…no…”
Norman alza gli occhi al cielo, sorridendo. “ Rose è la mia agente da anni…”
“ Non me ne hai mai parlato.” Dice Fleur, incrociando le braccia e fissandolo con un sopracciglio alzato.
Norman la guarda e ride, avvicinandosi a lei e mettendole le mani sulle spalle.
“…sei, per caso, gelosa…?”
Fleur fa spallucce. “ Anche se fosse?”
Norman sbuffa ridendo. “ Fleur…” dice, con tono di rimprovero.
“ E’ normale essere gelosi.”
“ Non di Rose!”
“ Non l’ho mai vista. E’ giovane?”
Norman si allontana, tornando alle macchinette fotografiche. Fleur lo segue, continuando a fissarlo.
“ Rispondi.”
“ E’ di qualche anno più grande di me.”
“ Non vuol dire niente. Potrebbe anche avere cinquant’anni portati benissimo.”
“ E’ sposata.” Dice Norman, senza guardarla. Continua a controllare una vecchia macchinetta fotografica, rigirandosela tra le mani.
“ Un sacco di persone sposate si ritrova a tradire il proprio partner.”
Norman osserva Fleur con le sopracciglia aggrottate. “…vuoi davvero intraprendere questo discorso?”
Fleur si limita a fare spallucce. “…secondo te?”
“ Andiamo, Fleur…ti ho mai dato motivo di dubitare di me?”
Fleur abbassa la testa, avanzando lentamente verso di lui che, sorridendo, allarga le braccia per stringerla. Fleur appoggia la testa sul suo petto, sbuffando.
“…di te mi fido…di lei no…”
Norman le bacia la fronte, per poi alzarle il viso ed osservarla. “ Di Rose puoi fidarti ciecamente. Garantisco io per lei…chiaro?”
Fleur annuisce, tornando a poggiare il viso sulla sua spalla.
“…mi dici cos’avevi, stamattina?” domanda lui, passandole una mano sulla schiena.
Fleur sospira. “…ho sviluppato quei rullini…”
“…e…”
Fleur sospira ancora, staccandosi dall’abbraccio ed appoggiandosi al bancone, le braccia sempre incrociate. “…e c’erano un sacco di foto di te e della tua ex…di quando stavate insieme…”
“ Davvero?” domanda Norman, sorpreso. Si avvicina alla ragazza, abbozzando un sorriso. “…e…stavi così male per un paio di foto?”
“ Vorrei vedere te al mio posto! Ritrovarmi faccia a faccia con la tua ex…una bomba sexy di prima categoria!” risponde Fleur, secca.
“ Si, beh…devo ammettere che Helena non è niente male…” risponde lui, ridendo.
Fleur lo fulmina con lo sguardo.
Norman continua a ridere. “ Dai, Fleur…con Helena è finita da un pezzo…”
“ Ma la trovi ancora molto arrapante, non è così?” prosegue lei, con gli occhi in fiamme.
“ Il mondo intero la trova arrapante.”
“ Quindi anche tu?”
Norman sbuffa. “ Fleur, adesso smettila, d’accordo?”
“ Rispondi!”
“ La posso anche trovare arrapante…ma sei te quella che mi scopo, non lei.” Risponde lui, forse con un po’ troppa durezza.
Fleur sta per rispondere, ma si blocca, rimanendo a bocca aperta e con gli occhi spalancati.
…non l’ha detto sul serio…? Pensa lei.
Cazzo, amico…l’hai colpita per bene… pensa lui, passandosi una mano sugli occhi.
“…uao…” dice Fleur, dopo qualche minuto di silenzio. Abbassa la testa, osservandosi la punta delle scarpe.
Norman, con un piccolo sorriso, si avvicina ancora di più alla ragazza, poggiando le mani sul bancone e bloccandole ogni possibile via di fuga.
“…scusami…” dice lui.
Fleur non risponde, continuando a tenere la testa bassa.
“…ehi…dai…” le dice, facendo sfiorare i loro nasi. Fleur rimane sostenuta per qualche minuto, per poi far crollare ogni difesa e sorridergli di nuovo.
“…sei un grandissimo stronzo…lo sai?” dice lei, con un piccolo broncio.
Norman, ridendo, annuisce, continuando a sfiorarle il collo con il naso. “…ah ah…”
Fleur tira indietro la testa. “…e sei tremendamente scorretto…” dice lei, con un sospiro.
“…ovvio…” risponde lui, baciandole delicatamente il collo.
Fleur sorride, poggiando le mani sul suo petto ed allontanandolo. “ Dobbiamo lavorare.” Dice, poi, tornando al suo posto.
Norman, ridendo, abbassa la testa e si accascia appena sul bancone. Poi si tira su, tornando alle sue macchinette fotografiche.
 
 
Fleur bussa frenetica alla porta di Max, movendo le gambe nervosa e respirando forte.
“…ecco, ecco…mamma mia…” dice Max, dall’interno dell’appartamento. Quando apre la porta, si trova di fronte una Fleur agitata e nervosa.
“ Fiorellino…che succede?” domanda, sorpreso.
Fleur si fionda nell’appartamento, buttandosi sul divano. Si mette le mani sul viso, disperata.
“…aiutami, Max…” si lamenta.
Max, alzando gli occhi al cielo, chiude la porta. “ Che altro è successo?” domanda, sedendosi accanto all’amica.
“ Norman deve andare ad Atlanta…” continua Fleur, con il tono disperato.
Max è dubbioso. “…e allora?”
Fleur lo osserva con occhi spalancati. “ Mi ha chiesto di andare con lui!” dice Fleur, alzando il tono della voce.
Max ancora non capisce. “…dov’è il problema, tesoro?”
Fleur sbuffa, alzandosi e camminando avanti ed indietro. “ Tutto il cast di The Walking Dead è stato invitato ad una conferenza stampa pre-riprese!”
“ Fleur, tesoro…non riesco a capire proprio…”
Fleur lo interrompe. “ Ci saranno tutti quanti! Giornalisti, stampa locale ed internazionale, i suoi colleghi attori, il regista…”
Max alza le mani, annuendo. “ D’accordo, d’accordo…ho capito…”
Fleur si siede nuovamente sul divano, con la testa tra le mani. “…aiutami, Max…”
Max sospira, alzando gli occhi al cielo. “…e come, di grazia?”
“ Non lo so!” urla Fleur, allargando le mani, esasperata. “ Gli ho assicurato che ci sarei andata, ma ora non lo so più!”
“ Fiorellino…mi dici qual è il problema…reale?”
Fleur sbuffa. “…ho paura…una paura fottuta di andare con lui.”
“ Perché?”
“ Perché non so cosa dovrei fare!”
“…essere te stessa, per esempio?”
Fleur lo guarda con occhi scocciati. “ Max…” dice, con tono di rimprovero.
“ Tesoro, davvero non capisco perché tu ti faccia così tanti problemi. Sei la sua ragazza…praticamente vivete insieme…conosci suo figlio…mi spieghi dove sta il problema? Ti ha invitato a stare con lui durante una cerimonia importante…” dice Max, alzandosi ed andando verso la cucina. Fleur lo segue, con la testa sollevata verso il soffitto e trascinando i piedi.
“…ci saranno i giornalisti…i fotografi…” continua Fleur, lamentandosi.
“ E tu sorridi ai fotografi e rispondi alle domande dei giornalisti.” Dice Max, ridendo.
“…la fai semplice, te…” prosegue Fleur, sedendosi al tavolo della cucina e poggiando una guancia sulla mano. Osserva l’amico mentre prepara il caffè, sbuffando.
“ Perché E’ semplice. Sei tu che ti stai facendo mille problemi per niente.”
“…e se me lo avesse chiesto solo per cortesia?”
“ Oddio, Fleur…” dice Max, con tono di rimprovero.
“ Potrebbe essere!”
“ Sei la sua ragazza…sai, di solito i vip, a questi eventi, ci vanno accompagnati.”
Fleur sbuffa ancora. Max la raggiunge, sedendosi di fronte a lei e fissandola con sguardo duro.
“ Ascoltami bene: lui ama te e te ami lui. Ormai sei la ragazza ufficiale di uno degli attori più sexy degli ultimi anni…stai per andare ad una conferenza stampa della nuova stagione di The Walking Dead. Perché diavolo devi fare questa dietrologia da quattro soldi?!” dice Max, esasperato.
Fleur lo guarda con occhi sgranati.
Cavoli…Max non mi ha mai parlato così… pensa, deglutendo lentamente e addrizzando la schiena.
“…io…non faccio dietrologia…” balbetta Fleur, a bassa voce. “…e non parlarmi con quel tono…”
“ Fiorellino, quando fai così mi porti all’esasperazione!”
“ Ma cerca di capirmi!”
Max ride ironico, inclinando la testa da un lato. “…secondo te cosa sto facendo?” domanda.
Fleur sbuffa ancora, alzando la testa al soffitto. “…e va bene…”
Max sorride felice. “ Perfetto.”
“ Resta il fatto che ho paura.”
“ Fleur, già te l’ho detto…devi essere te stessa. Ossia…la sua ragazza…”
“…posso chiamarti, vero?” domanda Fleur, con occhi languidi.
“ DEVI chiamarmi. Voglio sapere tutte le novità della stagione!” dice Max, ridendo.
 

Eccomi di nuovo, dopo un bel pò di tempo :) Spero che questo capitolo vi piaccia, e fatemi sapere cosa ne pensate. 
Al prossimo capitolo :)

 

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Capitolo 8
*** Atlanta ***


CAPITOLO VIII
 
Oddio…ma che ci faccio qui? Fatemi scendere, dannazione! Pensa Fleur, mentre si siede sul posto assegnatole. Norman si siede accanto a lei, sorridendole in modo dolce. Fleur gli rimanda un sorriso forzato, nervoso, mentre si allaccia la cintura e fissa immobile il sedile di fronte a lei.
Norman le prende una mano, fissandola dritta negli occhi.
“ Calmati.” Le dice.
“ Non è così semplice.” Risponde lei, sbuffando, continuando a tenere lo sguardo dritto davanti a sé.
“ Fleur…non stai andando in guerra. Si tratta di una banalissima conferenza stampa.” Risponde lui, ridendo.
Fleur si volta e lo fulmina con lo sguardo. “ E’ tanto divertente?” domanda, piccata.
“ Da morire.” Dice lui, avvicinando il suo viso a quello della ragazza.
Fleur sbuffa ancora, passandosi una mano sul viso. “…per te è semplice…ci sei abituato…io non l’ho mai fatto!”
Norman l’abbraccia, spingendole la testa contro il suo petto e baciandole la fronte.
“ Non ti lascerei mai da sola con i giornalisti. Lo sai.”
Fleur sospira, alzando il viso e guardando il suo uomo con occhi languidi. “…davvero?”
“ Sarò sempre con te. Fidati.” Le dice. Poi la bacia dolcemente, tenendole il viso con una mano.
Fleur sorride, staccandosi dal bacio e poggiando la testa sulla spalla di Norman.
 
Arrivano ad Atlanta a pomeriggio inoltrato. Come ogni coppia vip che si rispetti, Norman e Fleur, ben protetti dai propri occhiali da sole, escono dall’aeroporto abbracciati, mentre trascinano un carrello con i loro bagagli. In molti hanno riconosciuto Norman, che non si è sottratto a foto ed autografi. Fleur lo osserva sorridente, anche se dentro di lei c’è sempre l’ansia pronta ad uscire e gettarla nel panico.
All’uscita dell’aeroporto, con il motore già acceso, c’è una macchina dell’Hotel, che li porterà direttamente in città.
Atlanta è la tipica città del Sud, circondata da boschi e laghi, piccole frazioni con pochissimi abitanti e molte strade costeggiate dalla natura allo stato brado. La città vera e propria, invece, è il perfetto connubio tra modernità e tradizione: ci sono grattacieli, strade ampie, piazze cementate, che vanno a contrastare con i vecchi bar stile far west, botteghe antiche e piccoli negozi fermi agli anni cinquanta.
Le persone sono cordiali, simpatiche, gentili. E, soprattutto, molto chiacchieroni, tanto che, ad un certo punto, Fleur e Norman, mentre sono ancora in auto diretti verso l’hotel, si scambiano un’occhiata divertita e scocciata, mentre l’autista continua a parlare a macchinetta.
Poi, dopo circa due ore, Norman e Fleur arrivano all’hotel, felici di poter scendere dall’auto e di far riposare le proprie orecchie. Recuperano i bagagli, salutano l’uomo e, di nuovo abbracciati, entrano in uno splendido Hotel 4 Stelle.
Vanno diretti alla reception, dove Norman comincia a parlare con il receptionist della prenotazione.
“ Salve, sono Norman Reedus. La mia agente ha chiamato la settimana scorsa per…”
L’uomo lo interrompe, sorridendo. “ Certo, signor Reedus. Prego…vi faccio strada.” Dice l’uomo, abbassando la testa in segno di rispetto ed allargando un braccio ad indicare gli ascensori.
Fleur è ancora spaesata, mentre Norman le fa cenno di seguirlo e la riprende per mano.
“…questo posto è…uao!” sussurra Fleur a Norman.
“ La ringrazio. Il nostro Hotel è uno dei più prestigiosi, qui ad Atlanta.” Risponde l’uomo, sorridendo.
Arrivano all’ultimo piano dell’hotel, quello riservato alle suite. Quella di Norman e Fleur è la numero quattro, che affaccia sul giardino interno dell’albergo, quello con la piscina. La stanza è inondata dalla luce, ed ha un piccolo salottino, un bagno enorme con una vasca a semicerchio, ed una stanza con un letto matrimoniale con tanto di baldacchino. Il bianco prevale, sia sui mobili sia nella biancheria.
“ Questa è la chiave. Buona permanenza.” Dice il receptionist, posando la chiave sul tavolo ed uscendo dalla suite. Fleur è rimasta immobile, a guardarsi intorno meravigliata. Di certo, non era mai stata in un posto così.
“ Ti piace?” domanda Norman, sorridendo ed abbracciandola da dietro.
Fleur annuisce lentamente, continuando a guardarsi intorno con la bocca semi aperta e lo sguardo perso.
“…senti…di tempo ne abbiamo, prima della cena…” prosegue Norman, facendo voltare Fleur e sorridendole in modo malizioso. “…c’è una vasca splendida…che ne dici?” dice ancora.
Fleur spalanca gli occhi, ridendo e cingendo il collo di Norman con le braccia. Si alza sulle punte dei piedi, per raggiungere il suo naso e baciarlo.
“…beh…come idea mi piace.”
“…si?” domanda Norman, baciandola e camminando verso il bagno.
Fleur, ridendo, annuisce e ricambia il bacio, camminando all’indietro e lasciandosi guidare da Norman verso il bagno.
Norman, all’improvviso, si blocca, battendosi sulla fronte come se si fosse dimenticato qualcosa.
“…che succede?”
Norman sbuffa, uscendo dal bagno e tornando nel piccolo salottino. “ Devo telefonare a Rose…e ad Andrew…ed a Mingus.” Dice, sedendosi sul divano ed afferrando il suo cellulare.
Fleur, alzando un sopracciglio ed incrociando le braccia, si appoggia al muro.
“…e devi fare queste telefonate ora?!” domanda, con tono scocciato.
“ Bambina, prima faccio queste telefonate, più tempo avrò per noi.” Risponde lui, accendendosi una sigaretta ed avvicinandosi il portacenere.
Fleur sbuffa, alzando gli occhi al cielo e prendendo la sua valigia. Passa vicino a Norman che, fermandola per un braccio, le fa l’occhiolino e le sorride. “…tu intanto prepara la vasca…”
Fleur, abbozzando un sorriso, alza gli occhi al cielo ed annuisce. “ Non metterci troppo.” Gli dice, poi, allontanandosi.
Norman compone il primo numero, buttandosi all’indietro sul divano e ridendo.
“ Ehi, Rose! Siamo arrivati…si, si, è tutto bellissimo, qui…la stanza è perfetta…” dice Norman, ridendo.
 
Dopo aver posato la sua valigia nella camera ed essersi chiusa in bagno, Fleur comincia a riempire la vasca da bagno con l’acqua tiepida, versandoci dentro il suo bagnoschiuma al frutto della passione, e creando così la schiuma. Sente Norman chiacchierare al telefono: sorride ed alza gli occhi al cielo. Poi comincia a spogliarsi, ammucchiando i suoi vestiti in un angolo. Si appunta i capelli in uno chignon alto ed un po’ disordinato: sono cresciuti molto, nell’ultimo periodo.
Forse dovrei tagliarli di nuovo… pensa, guardandosi allo specchio.
Chiude l’acqua, proprio mentre si accorge che, dall’altra stanza, non proviene più alcun rumore. Sorridendo, s’immerge nell’acqua calda, provocandosi un brivido piacevole. Sente i passi di Norman, e la porta del bagno si apre.
Norman la osserva, e le sorride malizioso.
“…non entri?” domanda lei, ammiccandogli.
Norman, sorridendo, si chiude la porta alle spalle, anche se nella suite ci sono solo loro due. Si spoglia veloce, lasciando i vestiti ammucchiati sul pavimento. Entra nella vasca, sistemandosi vicino a Fleur. L’abbraccia per le spalle, e lei poggia la testa sulla sua spalla. Chiude gli occhi, prendendo un bel respiro e sorridendo.
Norman le prende una mano, intrecciando le loro dita, e baciandole i capelli.
Rimangono in silenzio, abbracciati e circondati solo dal rumore dell’acqua che batte sulle pareti della vasca. Poi Fleur si stacca dall’abbraccio, sedendosi a cavalcioni sulle sue gambe e cingendogli le braccia attorno al collo. Lo bacia delicatamente sulle labbra, per poi passare al suo orecchio.
“…non l’ho mai fatto in una vasca…” gli sussurra, ridendo.
Norman le accarezza la schiena e le gambe, sorridendo in modo malizioso. Le prende il viso tra le mani, baciandola teneramente.
Fleur comincia a muoversi lenta, mentre Norman si aggrappa ai suoi fianchi per darle il ritmo giusto.
Sospiri e gemiti, accompagnati dal rumore dell’acqua che sbatte sulla vasca.
 
Sdraiati sul letto, ed avvolti entrambi da due accappatoi di spugna morbida, Fleur e Norman, abbracciati e con le dita delle mani intrecciate, si sorridono e si coccolano ancora per qualche minuto.
Norman, fissato con le fotografie, ha voluto che si facessero mille foto da postare sui social network.
“ Dai, Norm…smettila!” dice Fleur, nascondendosi con una mano.
“ Ma che t’importa! Daaai!” dice lui, ridendo e facendole il solletico.
Alla fine ha vinto lui, e si sono fatti una foto, sdraiati sul letto e con le lingue di fuori.
Ancora coccole, ancora baci, ancora carezze.
Poi Fleur, sospirando, si alza dal letto, andando alla sua valigia e cominciando a disfarla.
“…che fai?” domanda lui, perplesso.
“ Dovremo cominciare a prepararci…” risponde lei, senza nemmeno guardarlo. Tira fuori dalla valigia un tubino prugna, scollato sulla schiena e con la gonna al ginocchio. Se lo poggia addosso, voltandosi verso Norman con espressione dubbiosa.
“…se mi mettessi questo, stasera?”
“ Bambina, è una cena informale, stasera…” risponde lui, ridendo ed alzandosi dal letto.
Fleur sbuffa, per poi posare il vestito nell’armadio e tirare fuori, dalla valigia, un paio di jeans.
“ Mi metto questi.” Dice, poi, lanciandoli sul letto. Afferra una camicia bianca a pois neri.
“ Con questa.” Dice, lanciandola sul letto.
“ E con queste.” Dice, afferrando un paio di tacchi neri.
Norman la osserva sbalordito, trattenendosi dal ridere.
Fleur lo osserva senza capire. “…che c’è?!” domanda, spazientita.
“ Ma ti stai vedendo? Fleur, è una normalissima cena…con Andrew e sua moglie…”
“ Senti, sto per incontrare uno dei miei protagonisti preferiti…posso essere leggermente nervosa?!” domanda lei, sarcastica, mentre si rifugia in bagno.
Norman alza gli occhi al cielo, ridendo ed iniziando a vestirsi.
 
Mano nella mano, sorridenti e formali al punto giusto, Norman e Fleur entrano nel ristorante dell’albergo, sotto gli occhi curiosi degli altri clienti.
Norman scruta la sala alla ricerca di Andrew Lincoln e di sua moglie, trovandoli, poi, in fondo alla sala ristorante. Facendo un cenno a Fleur, s’incammina in quella direzione, mentre Andrew si alza e, sorridente, li raggiunge.
“ Ehi, Norm! Come stai, amico?” domanda Andrew, abbracciando calorosamente Norman.
“ Bene, amico…” risponde Norman, sorridente.
Andrew sposta lo sguardo su Fleur, troppo imbarazzata ed emozionata per parlare.
“…tu devi essere Fleur…” dice Andrew, porgendole la mano.
Fleur si limita ad annuire, sentendosi le guance avvampare ed il cuore battere a mille.
Cazzo, cazzo, cazzo…Fleur, respira…non è il caso di svenire di fronte allo sceriffo Rick Grimes!
“…è per me…un onore…” risponde Fleur, balbettando e sentendosi la gola improvvisamente secca.
Andrew ride divertito. “ Oh…addirittura…?!”
Si siedono al tavolo, osservandosi tutti negli occhi.
“ Bene…direi che…possiamo ordinare…?” domanda Andrew, afferrando un Menù e porgendolo a Norman.
“ Direi…muoio di fame!” risponde Norman, ridendo.
Fleur osserva la moglie di Andrew, bellissima eppure così semplice. Capelli biondi, portati corti fino alle guance, occhi scuri e profondi, una pelle chiarissima.
“…allora, Fleur…Norman mi ha detto che sei una fotografa…” esordisce Andrew, mentre fa un cenno ad un cameriere per ordinare.
Fleur lo osserva imbarazzata, mentre le mani cominciano a tremare. Le nasconde sotto il tavolo, accavallando le gambe e cercando di mostrarsi rilassata.
“…ha detto così?” risponde Fleur, ridendo e sistemandosi il tovagliolo sulle gambe.
“ Beh…non fa altro che parlare di te.” Risponde Andrew, ridendo.
Norman fa per rispondere, ma il cameriere lo anticipa.
“ I signori vogliono ordinare?” domanda, sorridendo.
“ Beh…per me…” comincia Andrew, ordinando un antipasto ed un secondo. Sua moglie, Gael, opta per un primo ed un secondo. Norman e Fleur, dopo aver dato una rapida occhiata al menù, decidono di ordinare dei piatti vegetariani.
“ Hai già fatto una mostra delle tue fotografie?” domanda Gael a Fleur, sorseggiando un bicchiere di vino.
Fleur scuote la testa. “…avrei dovuto. Ma…ci sono stati dei malintesi con il gallerista. Se tutto va bene…forse per il mese prossimo…”
“ Ehi…voi ci verrete, no?” domanda Norman, ridendo e gesticolando.
“ Ovvio! Sai quanto ci piacciano le mostre!” risponde Andrew.
 
Durante tutta la serata, il clima è rilassato e gioviale, e Fleur è finalmente più tranquilla. Andrew Lincoln è simpaticissimo, dalla parlantina lesta e dalla battuta pronta, ed è in perfetta sintonia con Norman. Sua moglie è simpatica, anche se a volte è un po’ troppo altezzosa. Ma tutto passa in secondo piano, perché con lei c’è Norman, pronto a prenderle la mano e a sorriderle come non mai. Il suo abbraccio, il suo profumo, il solletico che le procura la sua barba. Morirebbe se, un giorno, tutto questo dovesse mancarle.
“ Bene, ragazzi…credo che per noi sia arrivato il momento di una sigaretta…” dice Norman, prendendo Fleur per mano e facendola alzare.
“…come sempre, Norm.” Dice Andrew, ridendo.
“ Ehi, amico, è tutta la sera che non fumo!” ride Norman, abbracciandolo. “ Voi che fate, dopo?” gli domanda, poi, mentre s’infila il giubbotto.
“ Credo che andremo in giro per la città.”
“ Ti chiamo…in caso io e Fleur vi raggiungiamo.”
Ancora saluti, ancora risate, e le due coppie si dividono: Norman e Fleur, diretti verso la sala fumatori dell’albergo, mentre Andrew e Gael tornano in camera, per cambiarsi.
Mentre sono seduti ad un tavolino della sala fumatori, Norman osserva Fleur con occhi socchiusi ed un sorriso sornione.
“…dì un po’…non dirmi che sei una fan del povero Rick Grimes?”
Fleur sgrana gli occhi, alzando gli occhi dallo schermo del suo cellulare. Max, ovviamente, le ha chiesto come andava.
“…ma che c’entra?!” domanda lei, ridendo e continuando a scrivere.
“ Non appena ti ha salutata, sei diventata tutta rossa. Pensi che non me ne sia accorto?”
Fleur ripone il cellulare nella borsa, alzando gli occhi al cielo e sbuffando. “…sei per caso geloso?”
“ Di Andrew?!” domanda lui, ironico.
“ Sono diventata rossa anche con te.”
“ Capisco che Rick abbia più fascino dello sfigato Daryl…” continua lui, gesticolando e sorridendo.
“ Daryl non è sfigato. E smettila di fare la vittima!” dice Fleur, abbracciandolo e baciandolo di sorpresa.
“…e questo?” chiede Norman, dopo essersi staccato dal bacio, sorpreso.
Fleur gli sorride, facendo sfiorare i loro nasi. “…io ho sempre preferito te…” risponde lei, dandogli un altro bacio.
 

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Capitolo 9
*** Caro Diario... ***


CAPITOLO IX

 
Caro Diario,
è buffo, ma solo adesso mi sei ricapitato tra le mani. Sfogliando le pagine precedenti, mi sono accorta di averti trovato sempre nel momento del bisogno: la fine di una storia, le litigate con i miei genitori, i battibecchi con Max.
Ed ora eccomi di nuovo qui, a consumare inchiostro in queste pagine ingiallite dal tempo. Sorrido, nel pensare che, come l’ultima volta, ti scrivo della fine di un amore.
Ebbene sì, mio caro…con Norman è finita…e da tempo, anche. Circa cinque mesi fa.
A ripensarci, neanche mi sono accorta che la nostra storia stesse finendo: ci vedevamo a studio, a casa sua, a casa mia. Ci sorridevamo, ci baciavamo in continuazione. A letto, poi…lasciamelo dire: andava a gonfie vele.
…eppure la nostra storia si è incrinata…probabilmente ho detto o fatto qualcosa di troppo…o di meno…
Non lo so: più ci penso e più non so darmi una spiegazione.
Davvero è bastato andare per due mesi in Francia (ah giusto…in tutto ciò, è anche morto il nonno Clemont, ed io, la mamma e papà siamo dovuti tornare a Lille per i funerali.) per far crollare tutto quello che avevamo costruito? Davvero gli è bastato conoscere una ragazza qualunque per dimenticare tutto quello che c’è stato tra noi?
…probabilmente, se non fosse stato per Max, a quest’ora sarei stata ancora all’oscuro di tutto.
Quella foto che mi ha mandato, di Norman e della sua nuova fiamma che si baciano di fronte ad un portone, ancora ce l’ho nel cellulare. Non ho voluto cancellarla, come monito per il futuro: gli uomini sono e resteranno degli stronzi.
All’inizio non volevo crederci, e pensavo si trattasse di una specie di scherzo. Ma se ripenso a quel giorno…beh…classica scena da film.
Avevo deciso di rientrare prima dei miei genitori e, senza dire niente né a Norman né a Max, ho preso il primo aereo per New York e sono tornata. Sono andata prima da Max, che mi ha aiutata a disfare le valigie.
“ Sei già stata da Norman?” mi aveva chiesto. Non gli risposi, continuando a svuotare la valigia. Max non mi chiese più nulla, sapendo che, ormai, la frittata era fatta.
Quella sera andai a casa di Norman: Mingus non c’era, così aprii con le chiavi che mi aveva dato Norman stesso, qualche mese prima.
Ancora ricordo il cuore che mi batteva, le mani che mi tremavano. Avevamo discusso, prima della mia partenza, e per un mese non ci eravamo sentiti. Neanche ricordo il motivo di quella discussione…forse perché la mia partenza coincideva con un evento al quale eravamo stati invitati…non ricordo.
Aprii la porta di casa, senza dire una parola.
Ricordo il profumo di vaniglia che si sentiva per casa, e delle risate provenire dalla camera da letto. Pensavo fosse un film, o roba simile.
Andai in cucina, e notai che, nel lavandino, c’erano due bicchieri: uno aveva lo stampo di un paio di labbra rosse.
Allora capii tutto: le risate che sentivo non erano quelle di un film. Avrei dovuto riconoscere la sua risata: bassa e roca, ma comunque piena di vita.
Ricordo di essermi seduta al bancone della cucina, a fissare la bottiglia di vino vuota di fronte a me. Aveva delle goccioline di condensa, segno che stava lì da molto tempo. Forse ore.
Sentii dei passi, e l’odore di Norman mi arrivò dritto alle narici. Era sorpreso: non si aspettava di trovarmi a casa. Cominciò a balbettare qualcosa, e cercò anche di abbracciarmi.
Ricordo che, piangendo, mi allontanai da lui, fissandolo con odio.
E allora, probabilmente, solo in quel momento Norman si ricordò dei bicchieri nel lavandino. Ricordo il suo sguardo dispiaciuto, e la testa che si abbassava.
“…da quanto…?” gli chiesi, in un sussurro.
Neanche mi rispose. Rimase immobile, ad osservarsi i piedi scalzi.
Quella fu l’ultima volta che lo vidi. Gli lanciai addosso le chiavi di casa, per poi sbattermi la porta alle spalle ed uscire da quel palazzo.
Non cercò di fermarmi, non mi chiamò più, non mi cercò più.
Il giorno dopo consegnai le mie dimissioni dallo studio, e dopo una settimana ricevetti gli arretrati nello stipendio e la liquidazione. Ovviamente, fu il suo avvocato a recapitarmi le lettere.
Di lui eliminai qualsiasi traccia: numeri, foto…cioè…non proprio tutte le foto.
L’unica che conservai, e che ora è arrotolata all’interno del mio armadio, è quella che gli feci la prima volta che lo vidi, al parco con suo figlio.
Non ho il coraggio di buttarla: è troppo bella per finire in un cestino.
Organizzai una mostra, per tenermi la mente impegnata, e riuscii a vendere anche parecchi scatti. Lui non venne, anche se Max gli aveva spedito un invito.
New York cominciava a starmi stretta: avevo paura di poterlo incontrare in strada, o a Central Park, od in qualsiasi altro luogo della città.
Così, dopo un’attenta analisi dei pro e contro che mi facevano rimanere lì, decisi di tornarmene in Francia, a Parigi. I miei genitori tornarono a New York, ma non opposero resistenza alla mia decisione.
Max decise di venire con me: anche la sua storia con Rufus era finita male, e non aveva più motivi di rimanere lì.
Quindi, caro diario, è proprio dal mio nuovo attico di Parigi che ti sto scrivendo. Cioè…l’attico lo divido con Max che, oltretutto, ha deciso di aiutarmi ad aprire uno studio di fotografia.
 
Ormai Norman è storia passata, e rispetto ogni sua decisione. Mi tengo alla larga da siti di gossip o da programmi o film in cui lui potrebbe esserci: di fatto, ho dovuto rinunciare a vedere The Walking Dead…ma solo per un anno o due. Ho bisogno di tempo per…assimilare la botta.
Chissà…magari alla prossima delusione amorosa risalterai fuori dal nulla…o magari questo è un nuovo inizio…Fleur e la sua nuova vita parigina. Potrebbe essere il titolo per un film…o per un romanzo…
 
Con affetto,
tua Fleur.
 
 
 
 
Ebbene sì, cari i miei lettori. Siamo giunti alla fine di questa storia. E' stata breve, lo so...ma spero sia stata intensa e che vi abbia appasionato.
La decisione di concludere la storia l'ho presa ieri, dopo aver appreso la notizia che, il nostro amato Norman Reedus si è felicemente fidanzato con una modella di 20anni, di nome Cecilia.
Perciò, anche per una questione di "rispetto" per la nuova coppia, mi è sembrato giusto concludere la ff.
Spero di avervi tenuto compagnia, e spero anche che siano di vostro gradimento le altre storie da me scritte.
Vi abbraccio tutti, ad uno ad uno.
- Lauretta -

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