Never give up

di A lexie s
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chocolate&Comfort ***
Capitolo 2: *** Alcool&Angry ***
Capitolo 3: *** Pants&Passion ***
Capitolo 4: *** Trick&Trust ***
Capitolo 5: *** Accord&Apologize ***
Capitolo 6: *** Internet&Interest ***
Capitolo 7: *** Night&Need ***
Capitolo 8: *** Storm&Sadness ***
Capitolo 9: *** Wood&Warmth ***
Capitolo 10: *** Arms&Ache ***
Capitolo 11: *** Neck&Neck ***



Capitolo 1
*** Chocolate&Comfort ***


CaptainSwan spelling:
Scrivere flashfic o oneshot partendo dai seguenti prompt, la pubblicazione può avvenire in qualsiasi momento, l’unica regola consiste nel rispettare la sequenza senza saltare lettere.

 
C Prompt Chocolate&Comfort
A Prompt Alcool&Angry
P Prompt Pants&Passion
T Prompt Trick&Trust
A Prompt Accord&Apologize
I Prompt Internet&Interest
N Prompt Night&Need
S Prompt Storm&Sadness
W Prompt Wood&Warmth
A Prompt Arms&Ache
N Prompt Neck&Neck
 
 
 
 
 
 
 
 







Iniziativa creata da: Alexies, CSLover, Alexandra_Potter, Lely_1324, Clohy e Pandina.


Never give up

Captainswan - [Chocolate&Comfort; 522 parole – spoiler 4x02]

Finalmente stava cominciando a riscaldarsi. Le pesanti coperte di lana l’avvolgevano e la stufetta emanava un calore che le entrava fin dentro le ossa, sostituendo il gelo che fino a poco prima l’aveva immobilizzata. La mano di Killian continuava ad accarezzarle la schiena, muovendosi lentamente in circolo per infonderle maggior sollievo.
Nessuna parola sfiorava le labbra di entrambi, sigillate in una muta promessa di comprensione reciproca.
“Mamma, questa ti riscalderà” disse Henry, porgendole un tazza di cioccolata fumante. Il ragazzo non sembrava particolarmente sorpreso da quella situazione, del resto era consapevole dello strano rapporto che avevano quei due e riusciva a capirlo in qualche modo, nonostante nutrisse una certa apprensione nei confronti della madre. Non era più un ragazzino, riusciva a scorgere gli sguardi e a captare i movimenti, ma quello non era il momento giusto per smuovere quesiti a cui era difficile trovare risposta.
“Grazie” mormorò Emma, sfiorandogli con dolcezza il braccio prima di afferrare la tazza calda tra le mani. Si avvicinò la bevanda alle labbra, soffiò appena e poi ne assaporò il gusto forte.
Era un po’ come lei, forte al primo impatto, ma lasciava un sapore dolce sulle labbra.
Henry si allontanò, annunciando che sarebbe passato qualche minuto da Regina, mentre i suoi genitori parlavano con Elsa in cucina.
“Ho pensato di perderti” sussurrò Killian, la voce stanca arrivò smorzata alle orecchie della donna che si bloccò allontanando la tazza dalle proprie labbra.
Si voltò lentamente ed incrociò i suoi occhi tristi, ancora pieni di apprensione e paura. Lui spostò la mano dalla sua schiena, facendole sentire la mancanza di quel calore, le toccò leggermente il labbro inferiore catturando una scia di cioccolata che era sfuggita al suo controllo e se la portò alle labbra.
Emma si passò automaticamente la lingua sulla bocca per catturare gli ultimi residui e poi sorrise, poco, un sorriso appena accennato che le illuminò gli occhi solo per un attimo.
“Ho avuto paura” ammise lui, poggiando la mano sul suo ginocchio ed abbassando lo sguardo.
“Lo so” asserì lei, rigirandosi la tazza tra le mani per afferrarla dal manico con una sola mano così da poter adagiare l’altra su quella di lui.
Sforò lentamente i suoi anelli, uno ad uno, e poi la strinse dolcemente. Killian alzò lo sguardo e sorrise, per la prima volta quella sera. Si sentiva così sollevato che stesse bene e che fosse lì con lui.
Finì di bere la bevanda, mentre lui continuava a guardarla come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Quando ebbe finito, le tolse la tazza per riporla sul ripiano della cucina e poi riprese posto al suo fianco, trascinandosi una sedia dietro.
Si accomodò e passò il braccio attorno alle sue spalle per stringerla meglio, Emma si lasciò abbracciare poggiando la testa sul suo petto accogliente, pensando che per quella sera andava bene così e che voleva solo godersi quel dolce tepore. Chiuse gli occhi e un po’ di minuti dopo si addormentò, cullata dal suono del suo respiro caldo che le sfiorava le orecchie. Prima di lasciarsi andare completamente al sonno però, riuscì a sentire il bacio rovente che l’uomo le aveva lasciato sulla fronte.


Autrice:
Salve a tutti! :)
Quest'iniziativa si chiama Captainswan spelling, consiste nello scrivere undici flashfic o oneshot con i prompt elencati nella tabella riportata in alto. Questa è la mia prima oneshot della raccolta e spero vi piaccia, ho preso spunto dall'ultima scena della 4x02, una puntata che ho amato particolarmente.
Spero che l'iniziativa venga accolta da molte persone, così da poter leggere tante cose interessanti! 
Un bacio :*

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Alcool&Angry ***


Never give up

Captainswan – [Alcool&Angry; 664 parole.]


C’era qualcosa che non andava, lo aveva avvertito nel primo momento in cui la sua mano aveva ripreso il posto del freddo metallo dell’uncino. Aveva capito subito che le parole di Gold, per quanto dolorose, erano vere.
Quella era la sua mano, ma non era più sua. Non apparteneva all’uomo che era diventato, all’uomo che voleva continuare ad essere.
Lo rendeva irascibile, nervoso e perfino incontrollabile delle volte. Così come quando aveva colpito quel tizio, Will, non voleva davvero farlo, era come se la sua mano si fosse mossa da sola, come se non fosse più lui a controllarla.
Non era stato così pochi minuti prima, non era stato così quando finalmente aveva sfiorato la pelle delicata del suo braccio sottile.
Un attimo prima tutto stava procedendo in maniera perfetta, la serata era magnifica, lei bellissima e lui non poteva fare a meno di guardarla. Poi, tutto era precipitato e non aveva avuto nemmeno il coraggio di rimanere lì, scrutato dal suo sguardo di disappunto, ed aveva rovinato tutto.
“Killian” gli aveva urlato dietro più volte, ma lui non si era fermato.
E adesso non stava facendo nulla per rimediare, continuava a rimanere seduto in quella maledetta panchina del porto a bere il solito rum, una fiaschetta non bastava però, aveva bisogno dell’intera bottiglia per ricacciare indietro quella sensazione di inadeguatezza e per riempire quel buco che sentiva nello stomaco.
Afferrò la bottiglia dal collo e buttò giù un altro sorso, aveva la gola in fiamme, nonostante fosse abituato a quel sapore forte. L’alcool sembrava non sortire nessun effetto, nessun beneficio. Se è possibile, lo faceva anche sentire peggio, più miserabile, più triste, più preoccupato dalla possibilità di averci rimesso tutto, di aver ferito lei.
Si sentì improvvisamente stanco, come se tutte le forze lo avessero abbandonato di colpo. Riappoggiò la bottiglia sul tavolino e si stese, appoggiando la testa sul legno freddo e duro. Si portò una mano sugli occhi per ripararsi dalla luce dei lampioni e cominciò a sfregarli per darsi sollievo.
“Sapevo di trovarti qui!” Esclamò una voce alle sue spalle, non aveva bisogno di alzare lo sguardo per capire di chi si trattasse.
“Coma facevi?” Sussurrò, deglutendo piano in attesa di una risposta.
“Perché so quanto ami il mare e quanto ti manca” asserì piano quella, avvicinandosi e sedendosi vicino alla sua testa.
Killian si alzò lentamente e si mise seduto.
“Non voglio parlarne adesso, Emma. Ti prego, lasciami solo.” Chiese, la voce uscì più flebile di quanto avesse voluto.
“No” disse decisa, “io voglio parlarne, voglio capire cos’è successo” aggiunse, alzandosi in piedi e appoggiandosi al tavolo. Fissò per qualche minuto la bottiglia mezza vuota, e poi tornò a guardarlo con disappunto.
“Io non so che dirti okay? Dimmi cosa vuoi sentirti dire.” Urlò arrabbiato, non aveva mai urlato con lei, non in quel modo disperato. Allargò le braccia, colpendo con la mano sinistra la bottiglia e scagliandola sul pavimento, il vetro si frantumò ed il liquido si riversò sulle mattonelle chiare.
Emma rimase immobile, continuando a far vagare lo sguardo tra lui e i cocci di vetro.
“Io, non volevo. E’ stato un incidente, non riesco a controllarla” sussurrò, guardandosi la mano e toccandola piano con la destra. Tornò a sedersi, il tormento nei suoi occhi era qualcosa che Emma non aveva mai visto.
“Hey, va tutto bene” lo rassicurò, sedendosi al suo fianco e prendendogli la mano tra le sue.
“Lo sai che non è così. Gold mi aveva avvisato, mi aveva detto delle possibili conseguenze, ma io volevo soltanto passare questa serata con te. Volevo che fosse tutto perfetto, volevo stringerti con entrambe le mani e invece.. Invece, ho rovinato tutto.”
Emma rimase così colpita dalla sincerità e dalla tenerezza di quelle parole, così sorpresa che avesse fatto tutto per lei che i suoi lineamenti si distesero spontaneamente, diventando dolci.
“Lo risolveremo.” Promise, passandosi il suo braccio dietro le spalle e stringendosi al suo petto. “Lo risolveremo” ripeté, stringendo più forte la sua mano per rassicurarlo. 

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Capitolo 3
*** Pants&Passion ***



Never give up

Captainswan – [Pants&Passion; 882 parole.]

“Bei pantaloni, Swan.” Disse, indugiando con lo sguardo sul tessuto che le fasciava le gambe in maniera perfetta. Si avvicinò piano, portando la mano destra sul suo fianco e lasciandole un bacio sulla guancia.
La barbetta ispida le punzecchiò la pelle, ma Emma non lo trovava fastidioso. In realtà, le piaceva quel contatto, aveva imparato ad amarlo con il tempo e lo cercava senza rendersene conto.
“Pelle, eh?” Sussurrò piano l’uomo al suo orecchio, lei rise ed annuì lentamente.
“Stavano bene con il mio giubbotto nuovo” rispose Emma, allargando le braccia in modo spavaldo, sistemò il colletto del nuovo giubbotto grigio e si avviò sul pianerottolo chiudendosi la porta alle spalle.
Lo sorpassò dirigendosi verso le scale, ma non sentendo i suoi passi si fermò per constatare quale fosse il problema.
“Che fai non vieni?” Si voltò con espressione accigliata, protendendo una mano nella sua direzione.
“Sei proprio sexy, Swan!”
“Sexy? Vedo che ormai fai parte di questo mondo a tutti gli effetti, hai un cellulare, nuovi abiti ed utilizzi anche nuovi termini. Dove lo hai sentito questo?” Chiese, indietreggiando fino a trovarsi di fronte al suo viso.
“E’ una storia divertente, in realtà, ma non credo te la racconterò stasera” le sfiorò piano il naso con il dito e rise spontaneamente. Si ricordò di quando l’aveva sentito dire ad Henry, la nuova ragazza lo aveva davvero colpito parecchio ed il ragazzo si era lasciato andare liberamente a quella esclamazione. Quando Killian gli aveva chiesto delucidazioni, lui aveva risposto imbarazzato e poi si era dileguato velocemente.
“Dovrei preoccuparmi?” Domandò spaesata da quella risata, spostandosi scocciata. Non sopportava essere all’oscuro delle cose, lo era stata per troppo tempo nella sua vita.
“No, dovresti chiedere ad Henry” asserì l’uomo, ridendo della sua espressione sconcertata, poi le afferrò la mano e si avviò insieme a lei al piano sottostante.
Il cielo era ormai buio, la luce proveniva soltanto dai piccoli lampioni che illuminavano il viale e l’aria era pungente, Emma si strinse nelle spalle e Killian lasciò la sua mano per passarle il braccio sulla schiena.
“A quanto pare, ho fatto bene ad indossare i pantaloni” constatò, stringendosi maggiormente nel suo abbraccio.
“Staresti bene con qualsiasi indumento.”
“Come siamo romantici oggi” lo prese in giro, alzando la mano per incrociare le loro dita sulla sua spalla, “piuttosto, dove andiamo stasera?”
“In un posto tranquillo” rispose evasivo, sciogliendo lo sguardo da quello di lei per voltarlo altrove.
“Sarebbe?” Lo interrogò, non lasciando cadere la conversazione.
“Okay, c’è una nave ormeggiata al porto. Ci sono andato con Henry qualche volta, quando non aveva recuperato la memoria e visto che si trova ancora lì e nessuno l’ha reclamata, stasera ho organizzato una cenetta a bordo.” Sorrise sghembo, mostrando una schiera di denti bianchi e lei rimase abbagliata per un attimo.
“E’ una grande idea, capitano” disse sinceramente. Vederlo di nuovo in mare, nonostante non si sarebbero spostati dal porto, le faceva piacere. I suoi occhi si accendevano sempre quando stava a contatto con il mare e lei era felice di regalargli momenti del genere.
Una manciata di minuti dopo, si ritrovarono al porto. La nave era lì come sempre, una figura imponente rispetto alle barchette di cui era circondata, certo non imponente come la Jolly Roger ma sarebbe stata comunque loro per quella notte.
Killian sciolse l’abbraccio e si avviò verso la passerella che gli permetteva di salire a bordo, “milady” si voltò verso Emma porgendole la mano ed aiutandola a salire.
“Forse mangiare fuori non è poi una grande idea, vista la temperatura di stasera” sussurrò, portando le braccia intorno a lei e stringendola contro il suo petto. Emma gli circondò il collo con le mani, facendole vagare piano sulla sua nuca prima di avvicinare le labbra alle sue.
Si baciarono lentamente, senza fretta, con una passione non dettata dall’urgenza ma dal voler fondersi insieme piano, assaporando quel momento.
Aprirono gli occhi contemporaneamente, rivedendo il proprio riflesso nell’altro. Erano solo loro lì, nessun problema, nessun altro pensiero. Loro che si stringevano, si guardavano e poi fronti che si toccavano e nasi che si sfregavano piano.
Emma gettò uno sguardo dietro di lui, e vide il tavolino tondo al centro del ponte. La tovaglia bianca, la rosa rossa al centro adagiata su un grazioso vaso azzurrino e le portate già servite, accuratamente coperte così che non potesse vedere di cosa si trattasse.
“Chi ha detto che dobbiamo mangiare fuori?!” Sussurrò lentamente, sorpassandolo ed avviandosi verso il tavolino. Appoggiò le portate sul carrellino lì vicino e le trasportò dentro, adagiandole sulla brandina spaziosa che si trovava al centro della stanza.
Una serie di candele accese adornavano il tutto, regalando una luce soffusa e accogliente.
Killian rimase a guardare, appoggiato allo stipite della porta.
“Che stai facendo?” Chiese poi, lo sguardo illuminato da un lampo di malizia ed il solito sorriso sghembo.
“Sto sistemando per la cena” rispose con fare ovvio, alzando le spalle ed avvicinandosi a lui.
“Sotto coperta, Capitano!” Rise, tendendogli la mano e tirandolo verso di sé. Lui l’accolse spontaneamente, strofinando il naso sul suo orecchio, “dovresti sapere, amore, che sul letto mi piace fare altro” le alitò piano, provocandole un brivido lungo la schiena.
Lei sorrise e si avvicinò a sua volta al suo di orecchio, “chi ha detto che non lo faremo?!” Chiese retoricamente, prima di mordicchiarglielo, sentendolo gemere sulla sua guancia.


Angolo autrice:
Salve a tutti! *^*
Siamo giunti al terzo prompt, ancora c'è molta strada da fare, ma scrivere queste shot mi sta divertendo parecchio. Il tempo in questa oneshot non è ben definito, penso ad un futuro (spero prossimo xD).
Volevo ringraziare tutte le persone che seguono la raccolta, chi ha commentato e chi legge solamente. 
Ed un ringraziamento anche a tutti quelli che stanno aderendo all'iniziativa, mi rende felice vedere che c'è partecipazione. 
Alla prossima! :* 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Trick&Trust ***


Never give up

Captainswan – [Trick&Trust; 788 parole.]
 
Dire la verità o mentire?
Entrambe le opzioni implicavano comunque una situazione complicata nonché sofferenza per entrambi.
La verità significava ammettere di non essere cambiato profondamente come credeva, di essersi cullato credendo che uno stupido pezzo di carne potesse spingerlo a fare cose contro la sua volontà. Si sentiva male per essersi lasciato andare, per essersi fatto aggirare da Gold, tutto per una stupida mano che sapeva non le importava. Emma aveva chiesto di uscire a lui, l’uomo con l’uncino ed il voler essere “completo” per lei aveva complicato tutto, mentre si sentiva completo solamente insieme a lei.
Mentire contemplava il ricommettere l’errore che aveva fatto in passato, oltre al continuare ad essere controllato da quell’uomo e lui non voleva, voleva liberarsi da tutto e voleva dirle la verità, l’aveva omessa per troppi giorni. Troppi giorni spesi a pensare alla decisione da prendere, quando quella era già lì e doveva solo rispettarla. Lei si fidava di lui, l’aveva ammesso così apertamente, così vulnerabilmente mentre lo fissava negli occhi e lui non poteva tradire quella fiducia, anche se era spaventato e anche se significava deluderla.
Si alzò dal letto e si apprestò a lasciare la stanza, quando qualcuno bussò furiosamente alla porta.
“Hey, Emma” mormorò aprendo, preoccupato da quell’insistenza. Lei entrò, la furia dipinta nel viso e gli occhi ridotti ad un’unica fessura. Lo sorpassò avviandosi verso l’interno e rimase immobile dandogli le spalle.
Lui capì subito che doveva aver scoperto qualcosa, ma questo non gli impedì di chiederlo: “va tutto bene?” sussurrò.
“Tutto bene? Tutto bene? Come potrebbe andare tutto bene, se non hai fatto altro che mentirmi” sputò fuori, arrabbiata, ferita, delusa profondamente. Le spalle un po’ curve come a reggere il peso delle sue stesse parole.
Killian si avvicinò e le poggiò la mano sulla spalla, che Emma prontamente e bruscamente scostò voltandosi nella sua direzione.
Fu quando vide il suo viso che si sentì male realmente, la voce arrabbiata riusciva anche a capirla e a sopportarla, ma vedere quegli occhi così feriti e lucidi no.
Lei era sul punto di piangere, ma non l’avrebbe fatto, non davanti a lui e questo lo sapeva. Vederla trattenersi così dolorosamente, con quelle espressione fiera che contraddiceva la sofferenza che provava, vederla così gli spezzò il cuore in mille frammenti. Pezzi così piccoli che sembravano aghi che gli perforavano ogni parte del corpo, provocandogli una vera sofferenza fisica.
“Emma, ti prego, lasciami parlare” chiese con voce flebile, lei cercava di mettere distanza tra loro, mentre lui voleva solamente abbracciarla e chiedergli di perdonarlo.
“Prima dovevi parlare, io ti ho detto che mi fido, fidavo” si corresse, “e tu invece di fare lo stesso, invece di fidarti di me, mi hai mentito.” Concluse risentita, cercando di dare un contegno alla voce, non permettendole di sussultare.
“Non volevo ferirti, non volevo pensassi che sono quello di prima” confessò, cercando di avvicinarsi e mettendole la mano sul fianco.
“No, avresti dovuto dirmelo, avresti dovuto darmi il beneficio del dubbio e non privarmi della possibilità di scegliere” lo scostò nuovamente e si avviò verso il letto, sedendosi vicino al bordo nel punto più distante da lui.
“Ti prego, Emma.” Abbassò la testa sconfitto, mentre la sua voce diventava sempre più disperata. “Perdonami” sussurrò, avvicinandosi nuovamente e sedendosi vicino a lei senza toccarla però.
“Ti prometto che farò meglio. Non lo vedi? Non sono quello di prima. Mi sento così in colpa, puoi vederlo nei miei occhi. Ti prego, guardami.” La sua supplica, scosse le spalle della ragazza che si svegliò dal torpore in cui era caduta.
Emma alzò brevemente lo sguardo fino a scontrarsi con i suoi occhi, poi lo riabbassò rapidamente. “Non riesco nemmeno a guardarti.” Gli urlò contro, alzandosi subito dopo.
“Non ti fiderai più di me” constatò lui, sconfitto e addolorato. “Stavo per dirtelo, sai?” chiese, guardandosi intorno in cerca di un appiglio, qualcosa in quella stanza che lo mantenesse a galla, mentre l’unica cosa che poteva farlo era quello che lei gli negava.
“Stavo venendo da te, adesso, non volevo più ometterti niente.” Concluse.
“Dovevi pensarci prima, ci sono state mille occasioni per parlarmene in questi giorni e hai scelto di non farlo, di non fidarti.” Il dolore era così palpabile nella sua voce.
“Maledizione, Emma, io mi fido di te. Non volevo che mi guardassi diversamente.”
“E ti rendi conto che adesso non riesco nemmeno a guardarti?!” Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, poi si avviò verso la porta e fece per andarsene.
“Aspetta, solo non andartene. Possiamo riparare, puoi tornare a fidarti di me” lei si fermò, la mano appesa alla maniglia per qualche secondo e poi l’aprì.
“Non lo so” mormorò, prima di andarsene e di lasciarlo solo, lì, al centro della stanza. 

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Capitolo 5
*** Accord&Apologize ***


Never give up

Captainswan – [Accord&Apologize; 586 parole. Passato/Futuro.]

“Avevamo un accordo.” Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, “avevamo un accordo” tornò a ripetere piano, quasi non stesse parlando più con lei ma con se stesso. Abbassò la testa e rimase a fissarsi la punta degli stivali neri per alcuni minuti con sguardo affranto.
Non si fidava della gente da tanto tempo, non riusciva più a provare un sentimento così puro e limpido come la fiducia, ma aveva visto qualcosa nei suoi occhi. Uno sguardo simile al suo, ferito come il suo, solo come si sentiva lui da tanto tempo. Si era sbagliato, sul serio pensava di essersi sbagliato anche se non riusciva a pentirsi.
 
 
Non ci ripensava più da tempo ormai.
In realtà, aveva accantonato l’accaduto la prima volta che lei si era fidata di lui, quando l’aveva reso partecipe del salvataggio di suo figlio.
Killian aveva provato davvero ad andarsene, aveva preso l’ultimo fagiolo ed era partito con la Jolly Roger. Aveva lasciato il porto velocemente per paura di pentirsi, voleva che lei provasse quello che aveva provato lui quando lo aveva lasciato lì, ma poi non ce l’aveva fatta.
Si era voltato indietro una prima volta e poi aveva ordinato di issare le vele per andare più veloce.
Si era voltato una seconda volta ed aveva afferrato la fiaschetta dalla tasca del panciotto per gettarsi in gola un profondo sorso di rum.
Si era voltato la terza volta, si era guardato alle spalle. Il porto si vedeva ormai in lontananza ed aveva ordinato di fare marcia indietro.
Non ce l’aveva fatta a tradirla.
Da quel giorno erano cambiate così tante cose, il loro rapporto aveva subito una serie di alti e bassi, erano rimasti separati per un anno ma poi lui era tornato a prenderla. Era caduta in un portale e lui si era tuffato dietro di lei per aiutarla. Aveva combinato anche una serie di danni, come stringere un patto con il suo coccodrillo, colui che odiava di più al mondo. Tutto per riavere la mano, tutto per lei.
“A cosa stai pensando?” Chiese Emma stringendosi maggiormente al suo petto caldo.
“Nulla, amore.” Rispose, stringendole la vita con la mano destra e continuando ad accarezzarla lentamente.
“Lo sai che capisco quando mi menti” lo ammonì lei, poi si mise a sedere lasciandosi scivolare il lenzuolo bianco intorno al petto e voltandosi verso di lui. I capelli spettinati ricaddero liberi lungo le sue spalle scoperte e lui credette di non aver mai visto nulla di più dolce e sensuale insieme.
Killian sorrise, portandosi il braccio sinistro sotto il capo mentre alzava l’altra mano per accarezzarle la pelle nuda.
“Pensavo a come sono cambiate le cose. Sai, intendo da quando mi hai lasciato sulla pianta di fagioli.” Sorrise, chiudendo gli occhi e portando il mento verso l’alto.
Emma si chinò e lo baciò, sorprendendolo. I suoi occhi si aprirono di scatto incatenandosi a quelli verdi della donna che automaticamente sorrise a sua volta.
“Non mi sono mai realmente scusata per quella volta. Beh, mi dispiace di averti lasciato lì, sul serio!” Affermò, la voce realmente contrita che si scontrò con il sorriso che gli aveva riservato qualche attimo prima.
“Non cambierei nulla di noi, tutto quello che abbiamo fatto ci ha portato ad essere qui, insieme.” La sua mano si spostò dalla schiena al suo viso, per poi intrecciarsi con i suoi capelli e riscendere nuovamente sulla schiena.
Lei si riappoggiò al suo petto, l’orecchio poggiato lì dove stava il cuore e lasciandosi cullare da quel dolce suono si addormentò stringendolo.
 

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Capitolo 6
*** Internet&Interest ***


Never give up

Captainswan – [Internet&Interest; 684 parole.]

“Killian, ti presento google” con un rapido gesto della mano gli mostrò il pc ed il motore di ricerca già impostato. Si voltò verso di lui gustandosi l’espressione sorpresa del suo viso, dopo di che gli fece cenno di sedersi nello sgabello vicino al suo.
“Cosa dovrei farci, amore?” Chiese l’uomo, il suo sguardo si spostava dal viso della donna al computer. Curioso!
“Questo ti permette di cercare qualsiasi cosa tu voglia” asserì Emma. La sua mano si spostò automaticamente sul braccio di lui per incoraggiarlo, una carezza leggera e naturale.
Killian annuì concentrandosi sulle dita di lei e le bloccò con le sue, le strinse la mano dolcemente prima di sporgersi dallo sgabello per avvicinarsi al suo viso.
“Ti sono molto grato per questa lezione sulla tecnologia ma come sai ho altri interessi, Swan.” Portò le loro mani intrecciate dietro la schiena della donna e l’avvicinò a sé catturando le sue labbra dolcemente.
Automaticamente la mano sinistra di Emma andò a posarsi sul suo viso ad accarezzare la barbetta ispida e poi sui suoi capelli neri.
Killian tracciò il contorno delle sue labbra con la lingua prima di approfondire il bacio, si alzò dallo sgabello e le allargò le gambe per posizionarvisi in mezzo mentre con l’uncino cercava di scostarle il maglioncino bianco.
“Rimettiti a sedere, capitano.” Ansimò lei sulle sue labbra e sorridendo della sua espressione di disappunto.
“Non dici davvero” mormorò suadente al suo orecchio, lasciandole la mano e portandola sulla sua coscia.
“Oh si, invece. Prima la nostra lezione, avevi detto di voler imparare e adesso non puoi tirarti indietro” lo ammonì, baciandogli la guancia e invitandolo a ritornare alla sua postazione iniziale.
L’uomo sbuffò rumorosamente, provocandole un’altra risata acuta, poi tornò a sedersi con espressione scocciata.
“Quindi cosa vorresti cercare?” Chiese Emma, portando le mani sulla tastiera ed aspettando che lui parlasse.
“Uhm, quello che vorrei non comprende questo aggeggio” asserì incrociando le braccia al petto.
“Lo so, ma o collabori oppure non avrai quello che vuoi per molto tempo” concluse seria.
In tutta risposta, lui deglutì rumorosamente e si concentrò sullo schermo che aveva davanti sostenendo di voler cercare qualche informazione su come lo avevano dipinto in questo mondo, “è osceno, io non sono così!” Sbuffava ogni qualvolta aprivano un’immagine nuova. Trascorsero così un buon quarto d’ora a visualizzare immagini che non assomigliavano lontanamente alla loro realtà.
“Abbiamo visto abbastanza e adesso che vorresti cercare?” Domandò la bionda.
“Adesso voglio soddisfare il mio reale interesse.” Sentenziò Killian, guardando lo schermo e poi di nuovo lei.
“Sarebbe?”
“Tu! In realtà, non m’interessa di come mi vede il resto del mondo, m’importa quello che pensi tu. E’ l’unica cosa che conta per me.” Le prese la mano e si riavvicinò a lei, tutta la precedente ilarità era stata sostituita dalla solennità di quel momento.
“Come sei romantico, Capitano.” Constatò, accennando un piccolo sorriso che coinvolse subito anche gli occhi rendendoli più luminosi.
“Solo con te” ammise lui, abbassandosi per baciarle le labbra nuovamente.
“Credo che la nostra lezione sia finita, quella tecnologica almeno” la mano di Emma si mosse sul suo petto, insinuandosi sotto la camicia, le gambe s’incrociarono intorno al suo bacino mentre lui la sollevava con un braccio e la portava nella loro stanza.
“Per inciso, tu sai cosa penso!” Affermò lei, mentre Killian l’adagiava delicatamente sul letto.
“Si?” La stuzzicò, mordendole il labbro inferiore prima di lambirlo dolcemente.
Emma ribaltò la posizione, intrappolandolo sotto di lei. Portò entrambe le mani sul suo viso e si avvicinò piano, “ti amo” mormorò. Gli occhi di Killian si aprirono di scatto, sorpresi. Non era abituato a sentirselo dire ed era bello, quelle due parole uscivano così dolci e sincere pronunciate da lei. Gli alleggerivano l’anima e gli davano sollievo.
Emma rimase ferma a fissarlo. Lo stupore che lasciava spazio alla felicità, l’enorme sorriso in cui si apriva spontaneamente ogni volta che lei gli regalava quelle parole.
“Anch’io, Emma, anch’io” disse poi, non in un sussurro, ma con voce piena. Voleva quasi urlarlo il suo amore per lei, tanto era forte, tanto era intenso.
Lei sorrise a sua volta. Era felice. Finalmente.
 
 

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Capitolo 7
*** Night&Need ***


Never give up

Captainswan – [Night&Need; 525 parole.]

Le era capitato spesso di svegliarsi durante la notte.
Ed allora, si alzava a piedi nudi per non fare rumore e si rintanava nella poltrona accanto la finestra. Passava delle ore così guardando fuori, indipendentemente dalle stagioni, a volte la notte era semplicemente buia e silenziosa mentre altre era animata dalla pioggia che battendo incessantemente sul vetro della finestra le regalava una sorta di muta conversazione in cui trovava conforto.
Aveva trascorso tante notti lì, raggomitolata su se stessa.
La notte è così, permette ai pensieri di affiorare, alle insicurezze di emergere e alla paura di chiudere lo stomaco. Non sempre però, non quando si ha qualcuno accanto con cui condividerla.
Le capitava ancora di svegliarsi durante la notte.
Non si alzava più però, non cercava più la comprensione di una poltrona e del cielo. Stendeva un mano, abbastanza da toccare il profilo dell’uomo al suo fianco e si raggomitolava vicino a lui. Era bisogno, bisogno fisico ed emotivo, qualcosa che le partiva prepotentemente da dentro spingendola ad avvicinarsi a lui. Come se la sua sola presenza, senza parole, potesse rassicurarla.
Ed era successo anche quella notte.
Emma aveva aperto gli occhi, il cielo era ancora buio e voltandosi verso la radiosveglia aveva appurato che erano solo le 3:30.
Sentiva di avere i piedi gelidi, li sfregò piano nelle lenzuola calde facendo alzare un po’ le coperte che la coprivano. Si voltò e cominciò a guardarlo solamente, una mano poggiata sotto la guancia e l’altra abbandonata lì di fianco abbastanza vicino da potergli sfiorare le dita.
Era rilassato Killian, i lineamenti distesi, sembrava tranquillo e felice. Gli scostò delicatamente il ciuffo dalla fronte e poi tornò alla sua mano.
I suoi occhi verdi continuavano a percorrere il suo profilo, il naso dritto, le labbra dischiuse appena e poi più in basso, le spalle che s’intravedevano appena sotto la coperta ed il braccio accanto al suo.
“Swan, smettila di fissarmi mentre dormo.. Beh, dormivo.” Mugugnò, la voce impastata dal sonno e gli occhi ancora chiusi.
Colta in flagrante.
“Non è vero che ti guardavo” biascicò, appoggiando la schiena sul materasso e fissando il soffitto.
“Mmm” quel verso attirò la sua attenzione e subito dopo fu inchiodata dal suo sguardo, “io dico di si e comunque, amore, adesso sono fin troppo sveglio e non mi va affatto di tornare a dormire” si issò su un gomito e tirandola per un fianco la trascinò verso di sé.
Emma rise contro il suo petto caldo, “sei insaziabile” mormorò poi.
“Come mai eri sveglia?” Domandò lui, la voce abbandonò il divertimento ed assunse un tono preoccupato.
“Avevo freddo” sussurrò Emma, ricordandosi dei piedi freddi che ormai si erano scaldati a contatto con quelli dell’uomo.
“Vieni qui” propose lui, poggiò un braccio su di lei e la strinse di più. Emma adagiò il capo nell’incavo del suo collo, trovando il calore che le prometteva sempre e Killian cominciò a narrare qualcosa.
“Che fai? Non volevi..” alzò gli occhi per guardarlo.
“Sei stanca” constatò lui, sfiorandole gli occhi con i polpastrelli, “ti racconto una storia per farti riaddormentare, abbiamo tutta la vita per quello” promise, sorridendo sghembo.
Tutta la vita, suonava così ben
e. 

Note:
Salve a tutti! :)
Mi sembrava doveroso scrivere qualche nota sia perché ci avviamo verso la fine (mancano quattro shot), sia per ringraziarvi per la partecipazione. Sono molto contenta delle adesioni all'iniziativa e dell'impegno che avete messo nello scrivere, leggere e recensire. Non ci sono scadenze, quindi spero di leggere sempre nuove produzioni.
Spero che anche questa shot vi sia piaciuta, preparatevi perché la prossima non sarà così ottimista! :P
Un bacio :*


 

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Capitolo 8
*** Storm&Sadness ***


Never give up

Captainswan – [Storm&Sadness; 1376 parole.]

“Perché continui a farmi questo, Emma?” Era arrabbiato, profondamente e giustamente arrabbiato. Non riusciva a capire cosa fare, lei un giorno sembrava volerlo nella sua vita ed il giorno dopo era fredda e scostante.
“Io, non lo so.” Sussurrò risentita, si voltò e fece per andarsene.
“Aspetta” la implorò, non voleva che andasse via e lo lasciasse lì di nuovo. Emma rimase ferma, le spalle rivolte verso di lui parvero curvarsi sotto al peso del suo senso di colpa, ed era vero che lo feriva con il suo comportamento ma lui non poteva fare a meno di preoccuparsi per lei, di lei. Si avvicinò e l’avvolse, le baciò il collo lentamente e fece scorrere il naso sulla sua pelle per annusare il suo odore fruttato.
Rimasero così per molto tempo quella notte.


 

Faceva freddo, un freddo pungente, uno di quelli che ti entra dentro le ossa e ti devasta piano. Il freddo non era nulla però confrontato al gelo che provava ogni giorno, l’anima logorata, le mani tremolanti e gli occhi stanchi e tristi.
Ogni sera si lasciava andare alla sua consueta passeggiata, non importava che stagione fosse, non gli importava del vento, della pioggia, della nebbia che non gli permetteva di vedere bene dove andare o di qualsiasi altra condizione climatica. Non importava nemmeno che stesse male, che soffrisse, che non riuscisse a respirare delle volte. Il dolore era sempre qualcosa che non poteva controllare, gli afferrava le viscere e le stringeva così forte ed allora il fiato cessava, gli occhi si appannavano e si ritrovava steso sull’asfalto come lo era stato molto tempo prima.
 
 
C’era aria di tempesta quella sera. Lei lo sapeva e lo sapeva anche lui.
Era così triste e sconvolta, più triste però.
“Mi dici cosa ti passa per la testa?” Gli aveva urlato contro, gli occhi furenti, le mani che cercavano di afferrare l’aria intorno a loro come a volerla spazzare via e dopo i pugni stretti, le nocche sbiancate e gli occhi sbarrati.
“Mi dispiace, amore. Volevo solo che non corressi rischi.” Si giustificò, chiudendo la distanza che c’era tra loro e bloccandogli i polsi con la mano e l’uncino.
“Sei così idiota, io non lo controllo, non mi controllo!” Esclamò frustrata, le sue mani si mossero da sole liberandosi e scagliando una scia di luce nella direzione opposta.
La preoccupazione le attraverso il volto, l’ansia le strinse lo stomaco così dolorosamente che per un attimo provò l’impulso di accasciarsi al suolo, “non mi controllo” sussurrò di nuovo, piano questa volta e poi si ritrovò in ginocchio.
“Va tutto bene, Emma, tutto bene” cercò di rassicurarla, abbassandosi per ritrovarsi di fronte a lei.
“Non va nulla bene, potrei ferirti, stammi lontano” ordinò perentoria, nascondendo con vergogna le mani dietro la schiena e cercando di rallentare il respiro agitato.
“Mi chiedi qualcosa che non posso darti, io farei di tutto per te, ma non questo. Non questo, non ti lascerò sola qui, sconvolta e spaventata.” Si fece di nuovo avanti, inginocchiandosi e passandole la braccia intorno alle spalle, catturò la sua mano e la strinse dolcemente, “tutto okay, Emma. Andrà tutto bene, starai bene, staremo bene.” La portò più vicino a sé e lasciò che lei nascondesse la testa nell’incavo del suo collo.


 
Quella notte non faceva nessuna eccezione, non sapeva perché continuava ad ostinarsi a ripercorrere i luoghi dove andava con lei. Luoghi di quiete dove stavano completamente in silenzio a riflettere, ognuno per conto proprio all’inizio, poi insieme. Altri che avevano percorso in cerca di avventura e pericolo, ed altri ancora dove si era consumata la loro passione, un sentimento così bruciante che non aveva mai provato prima.
Così percorreva le strade del porto ricordando che in quel luogo lei gli aveva chiesto di tenere suo figlio, si era fidata di lui, poi passava dal bosco per ricordare il bacio con cui gli aveva chiesto di dargli tempo. Passando in rassegna tutti quei luoghi in cui l’aveva salvato o lui aveva salvato lei, la centrale in cui lei gli aveva mostrato il suo passato, la brandina su cui avevano pomiciato una notte, passando poi – quando era buio abbastanza e nessuno poteva vederlo – nel cortiletto di Granny. Ed era allora che si risiedeva lì, il tavolo in cui tutto era iniziato, il luogo in cui si era scambiati il loro primo bacio consapevole e vero. Rimaneva lì una manciata di minuti, il tempo di bere un goccio di rum e rivederla uscire da quella porta e sedersi al suo fianco.
“Sei così bella” mormorava sempre, come se lei fosse lì davvero, come se potesse sentirlo o arrossire di quel complimento.
Poi si alzava ed andava via, riservando la fine di quelle serate sempre ad un unico posto.
La porta era sempre aperta, nessuno più viveva lì. Troppo dolore, troppi ricordi.
Avevano lasciato la casa subito dopo, ma lui non poteva fare a meno di tornarci e salire in camera sua. Tutto era ancora lì, tutto immutato perché spostare qualcosa significava che era reale e nonostante il tempo trascorso lui non poteva accettarlo.
Si avvicinava al grande armadio di castagno, lo apriva ed estraeva la sua giacca di pelle rossa. La prima che le aveva visto addosso, la stessa che le aveva sfilato in quella stessa stanza, in quel letto in cui si erano amati disperatamente. Si sdraiava lì, abbracciava la pelle anche se non era la pelle che voleva stringere e si lasciava andare al dolore, i ricordi riaffioravano sempre prepotentemente, ogni volta peggio di quella precedente, più intensi, più vividi, più strazianti.
Ogni maledetta sera.
 
 
“Va tutto bene” sussurrò piano, i capelli sparsi in modo scomposto sull’asfalto mentre cercava di sostenerle il capo, la mano poggiata sulla ferita grondante di sangue, era scuro, quasi nero e quello non era un buon segno.
“Fate qualcosa, guardatela” urlò a squarciagola, tutti erano in silenzio dietro di lui, la guardavano ma non sapevano cosa fare, nemmeno la magia poteva aiutare in quel caso, “fate qualcosa” ripeté più lentamente, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime e cominciava a dondolarsi convulsamente su se stesso.
“Hey, va tutto bene, non possono fare nulla.” Tossì piano, un fiotto di sangue le uscì dalla bocca e Killian lo asciugò prontamente con un polpastrello.
“E’ ridicolo no? La salvatrice che non riesce a salvare nessuno, nemmeno se stessa.” Soffiò piano, troppo stanca per dare la giusta impronta ironica alla sua voce, troppo stanca anche solo per tenere gli occhi aperti.
“Ma tu mi hai salvato, Emma. Mi hai salvato.” Le sussurrò, baciandole le labbra dolcemente e appoggiando la fronte alla sua.
Lei sorrise, riuscì a sentire le sue labbra che si piegavano in un sorriso mentre la baciava.
“Tu mi hai salvata” disse infine, prima di chiudere gli occhi. L’espressione rilassata, serena e non più triste.
Killian rimase lì per molto tempo, sdraiato sull’asfalto vicino al suo corpo, non era solo un corpo, lei era ancora la donna che amava ed era morta.
Forse era destinato a perdere qualsiasi cosa ci fosse di buono nella sua vita. Suo fratello, poi Milah e adesso Emma, li aveva persi e sostenuti nello stesso modo, aveva sofferto, era stato lacerato, squartato interiormente, ma nessun dolore era paragonabile a quello di vederla lì inerme. Il non poter vedere più le sue espressioni di disappunto o di disagio, gli sguardi dolci che gli riservava raramente ma che gli aprivano il cuore così tanto da lasciarlo con aria sognante, il modo in cui gli fissava le labbra prima di baciarlo e l’urgenza con cui sostituiva la dolcezza quando lo spogliava. La sua fierezza, il modo in cui cercava di essere dura, la paura che cercava di sopprimere, i suoi capelli scompigliati dal vento e le loro mani strette.
 

Nessun dolore era mai stato paragonabile alla sua assenza.
Ed ogni notte stretto alla sua giacca rossa poteva risentire il suo profumo, immaginare di accarezzarle di nuovo i capelli e quasi sentire la consistenza delle sue labbra che si modellavano a contatto con le sue. Ed era così doloroso sentirla vicino e non averla accanto davvero.
“Ma io sono al tuo fianco.”
“Non come vorrei, amore.”
“Ti amo.”
Non poteva rinunciarvi però, perché il dolore era l’unica cosa che lo faceva sentire reale e che gli ricordava che lei c’era stata e l’aveva amato.
 

Note:
Sono pronta a qualsiasi insulto o minaccia di morte. XD
A mia discolpa posso dire di avervi avvisati nello scorso capitolo. 
Mi sono lasciata trasportare e l'ho fatta fuori, ma sappiamo che non accadrà mai nel telefilm quindi consolatevi. 
Non ho molto altro da dire al riguardo, solo che non potevo scrivere solo cose felici, ci vuole un po' di sofferenza. 
In ogni caso, ringrazio chi continua a leggere e recensire la raccolta (spero non vogliate davvero farmi fuori XD), chi l'ha aggiunta alle varie categorie e chi partecipa all'iniziativa. Insomma ringrazio tutti!
Soprattutto le mie compagne di sclero! <3 
A presto :)




 

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Capitolo 9
*** Wood&Warmth ***


Never give up


Captainswan – [Wood&Warmth; 1266 parole.]

La situazione a Storybrooke era calma da qualche giorno. La SnowQueen aveva avuto il ben servito ed a malincuore Elsa ed Anna erano tornate ad Arendelle. Anche Killian era riuscito a riprendersi il cuore, ovviamente con l’aiuto della sua salvatrice e di Belle che una volta scoperto l’inganno del marito aveva deciso di rendersi utile. Ed Emma di fronte alla possibilità reale di perderlo lo aveva perdonato più velocemente del previsto.
Insomma, tutto stava procedendo per il meglio, ma allora perché quella sera si ritrovavano nel bel mezzo del bosco?
Emma non seppe rispondersi e Killian si ostinava a tacere mentre percorrevano il terriccio umido dopo la giornata piovosa che si era abbattuta sulla cittadina.
“Mi spieghi che ci facciamo qui?” Lo interrogò, abbassandosi il cappello di lana sulle orecchie e stringendosi di più nella giacca di pelle.
“Swan, lo sai che queste escursioni tengono vivo il nostro rapporto.” Rispose Killian, mentre le sue labbra si allargavano in un sorriso sghembo e con l’uncino spostava delle foglie davanti alla donna per evitare che le colpissero il viso.
“Di giorno e non con questo freddo” asserì lei, velocizzando il passo per superarlo. Non sapeva dove stessero andando e tanto meno cosa stessero cercando, ma questo non le impediva di voler condurre, quello era un tratto peculiare del suo essere.
“Se quello che vuoi è calore basta chiedere, tesoro!” Le afferrò il braccio con la mano, costringendola a voltarsi e poi scese giù in una lenta carezza fino ad intrecciare le loro dita. Quelle di Emma si chiusero automaticamente intorno alla sua mano e rallentò il passo per adeguarsi a quello dell’uomo. Era un contatto che avevano condiviso svariate volte ormai, ed era bello ed intimo e la faceva sentire bene, viva, sicura.
“Allora, mi dici dove andiamo?” Ci riprovò più lentamente, in modo più dolce perché sapeva che lui aveva un debole per quello sguardo che gli aveva riservato anche al loro primo appuntamento ufficiale. D’altro canto, lui rimase abbagliato per un attimo, era sorprendente il modo in cui il loro rapporto si era evoluto nel tempo. Avevano cominciato con l’odiarsi, per poi provare a sopportarsi fino ad arrivare ad una collaborazione, ed infine si erano innamorati. Era stato un percorso difficile, più per Emma che per Killian, lui si era accorto subito che quella pulsione iniziale che sentiva nei suoi confronti avrebbe potuto rappresentare una svolta nella sua vita, mentre lei era riuscita ad accettarlo solo con il tempo ed una grande quantità di prove e sofferenze da parte del pirata.
Alla fine però c’era riuscito dopotutto, a vincere il suo cuore.
“Emma, smettila di fare quello sguardo” l’ammonì, tirandola leggermente per farla arrestare di fronte a lui. Le lasciò la mano e l’avvicinò a sé tenendola stretta per un fianco, quel contatto le provocò un brivido che ignorò deliberatamente mentre gli afferrava il bavero della giacca nera, “andiamo alla ricerca di un po’ di pericolo, okay?” Concluse infine lui, sfregando il naso contro il suo freddo.
“Non c’è bisogno di cercarlo, godiamoci questi giorni di quiete perché tra poco si scateneranno nuovi nemici e nuove maledizioni, e adesso davvero, dove andiamo?”
Killian rise della sua visione ottimistica della vita, d’altronde era normale che la vivesse così, era sempre stata impegnata ad avere qualcuno da fronteggiare piuttosto che qualcuno con cui condividere.
“Voglio solo mostrarti una cosa” sorrise, leggendo la curiosità nei suoi occhi verdi. Sapeva quanto lei non amasse le sorprese, ma la vide annuire comunque mentre si lasciava trascinare verso il luogo che voleva tanto farle vedere.
Camminarono un altro po’ fino a quando si fermarono in prossimità di una piccola radura vicino la cripta di Regina. Lei si guardò intorno aspettandosi di scorgere qualcosa, ma non vide nulla. Tutto era perfettamente normale, nessun tavolo apparecchiato e non si potevano ammirare nemmeno le stelle a causa delle nuvole che coprivano il cielo.
“Siamo nel bosco, vicino la cripta di Regina, al freddo e al gelo.. Non capisco davvero cosa volessi mostrarmi?!” Si voltò a guardarlo con aria interrogativa.
“Sei esilarante, Swan. Ad ogni modo, aspetta e vedrai.” Pronunciò piano, cingendole le spalle con il braccio avvicinandola al suo petto per riscaldarla meglio.
Passarono qualche minuto così, abbracciati a contemplare il buio. Emma aprì la bocca per parlare, ma venne bloccata da lui che le indicò di guardare avanti. Ed all’improvviso, la notte cominciò ad illuminarsi, tanti piccoli sprazzi di luce si propagarono intorno a loro disperdendosi nell’aria. La donna aprì nuovamente la bocca, ma stavolta non per parlare. Era semplicemente stupita ed emozionata davanti a quello spettacolo.
“Non avevo mai visto le lucciole, nemmeno da bambina.” Sorrise, mentre cercava qualcosa nella parte più recondita della sua mente che potesse avvicinarsi a quello spettacolo, ma nulla, non aveva davvero mai visto nulla del genere.
“Prima di diventare il temibile Capitano Uncino, prima di diventare qualsiasi cosa in realtà.. Quando vivevo nella foresta incantata con Liam, andavamo spesso nel bosco da piccoli, dopo la pioggia, per vederle.” Aumentò un po’ la stretta sulle sue spalle girandola verso il suo viso.
“La pioggia..” mormorò lei, “ecco perché hai insistito tanto che fosse oggi” portò le sue braccia intorno alla vita dell’uomo e lo strinse lentamente.
Aveva condiviso un altro momento con lei, un piccolo frammento ma profondo della sua infanzia.
“Grazie” sospirò poi sulla sua bocca, mentre faceva incatenare i loro occhi prima di perdersi in un bacio.
Killian sorrise sulle sue labbra per un attimo, sinceramente felice di aver condiviso qualcosa di così prezioso con lei, i suoi ricordi. Poi, la sua bocca si fece spazio decisa ed affamata mentre il respiro cominciava ad uscire a rantoli e la sua mano le cingeva il collo per non permetterle di spostarsi, non che lei ne avesse intenzione.
In realtà, lei non sentiva più nemmeno freddo, un calore era divampato al centro del suo stomaco propagandosi poi in tutte le altre zone del suo corpo. Il desiderio crebbe nelle sue viscere, intrecciandole in una morsa che le fece perdere un battito tanto era intensa e profonda.
Lo aveva sempre provato, fin dal loro primo incontro ma non era mai stata disposta ad ammetterlo. Invece adesso, quella passione non faceva altro che picchiare contro le sue pareti per uscire rapidamente ed avvolgere entrambi ed era lo stesso per lui e lo aveva dimostrato anche qualche giorno prima quando avevano condiviso la loro prima notte d’amore.
Tutto era stato intenso, passionale e profondo, ma anche tanto dolce. Lui lo era stato, nonostante l’ardore ed il trasporto che provava per lei, perché come aveva detto più volte, lei non rappresentava solo una conquista, lui l’amava.
Continuarono a baciarsi per un po’, poi tutto divenne troppo forte, lui la spinse lentamente costringendola ad indietreggiare senza però staccare le loro labbra ed Emma si ritrovò con le spalle sulla pietra fredda della cripta. L’unica mano di Killian scese dal collo alla schiena e poi sempre più giù.
“Entriamo dentro.” Mormorò lui, indicando la porta della cripta.
“Dove? Nella cripta di Regina? Circondati da cuori lampeggianti ed incantesimi, davvero?” Ansimò la bionda, staccandosi subito dopo e ridendo.
“Perché pensi che lei e Robin non ci abbiano mai fatto nulla?” La schernì lui, la faccia di Emma mutò dal divertito allo scandalizzato.
“Dio, Killian. Se c’era qualche possibilità, hai appena rovinato tutto con questa frase.” Le sue mani si staccarono dalla sua schiena mentre lui continuava a guardarla inebetito e dispiaciuto per aver rovinato quel momento.
Emma sghignazzò davanti alla sua espressione e lo scostò per superarlo, poi si fermò e tornò a voltarsi verso di lui.
“Andiamo a casa, tigre!” Lo esortò, tendendogli la mano.
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Arms&Ache ***


Never give up

Captainswan [Arms&Ache; 1208 parole.]

Killian aveva dimenticato quella sensazione. La sensazione che aveva provato nei giorni successivi alla perdita della mano, un dolore acuto che coinvolgeva non solo il polso ma tutto l’intero braccio. Un dolore che non gli permetteva di dormire, mangiare e, talvolta, nemmeno respirare.
Il dolore coinvolgeva poi un’ulteriore percezione che lo spaventava ancora di più, molto di più.
Killian si ritrovava a sentire prepotentemente la presenza della mano sinistra, come se fosse ancora lì e come se potesse ancora usarla quando invece non c’era, ed era un dolore non solo fisico ma emotivo, la sofferenza profonda di aver perso una parte di se stesso.
Tuttavia, in passato quando questi episodi insorgevano si ritrovava solo nella sua nave, ed allora cercava di controllare il respiro ed il panico che minacciava di schiacciarlo, e afferrava il moncone con la mano destra ripetendosi che non c’era nulla e non poteva fare male qualcosa che non c’era. Una grande bugia!
Invece adesso, a distanza di molti anni non sapeva più come controllare la cosa. La sensazione amara era riaffiorata dal momento che quella mano gli era stata restituita e poi tolta nuovamente, continuava a protrarsi a distanza di mesi e lui cercava in tutti i modi di nasconderlo perché farsi vedere debole era difficile e vedere l’espressione di compassione sul volto di Emma, della donna che amava, sarebbe stato ancora più doloroso.
Anche quella mattina si era svegliato di soprassalto, il respiro affannoso che non accennava a calmarsi, un continuo pulsare nelle tempie che minacciava di spaccargli il cranio e quell’acuto dolore che si propagava come scariche per tutto il braccio sinistro.
Prese l’asciugamano che aveva lasciato nella sedia accanto al letto per tamponarsi la fronte, mentre si concentrava sulla respirazione, lenta e profonda.
Doveva rimettersi in sesto, tra poche ore avrebbe dovuto recarsi da Emma per aiutarla con il trasloco nella nuova casa, e non poteva di certo continuare ad essere in quella condizione.
Due tocchi leggeri alla porta annunciavano la presenza di qualcuno. Non era proprio il momento giusto, ma era appena l’alba e non poteva certo fingere di non esserci e poi chi diavolo poteva essere a quell’ora?!
“Chi è?” Chiese lentamente, mentre cercava di mettersi in piedi. Guardò l’uncino sul comodino soppesando per un attimo l’idea di metterlo, ma faceva troppo male al momento quindi decise di lasciarlo lì mentre si avviava verso la porta.
“Killian, sono io.” Una voce trapassò la porta, donandogli un po’ di sollievo ed era felice che fosse lei e che fosse lì, anche se quello non era proprio il momento migliore.
“Swan” disse solamente, spalancando la porta per ritrovarsi di fronte la sua chioma dorata ed i suoi occhi verdi.
“Buongiorno” sussurrò lei, avvicinandosi piano fino a sfiorare le sue labbra per un saluto veloce. Poi si tirò indietro e lo osservò, alzò una mano per sfiorargli  il viso e le occhiaie violacee che ricoprivano i suoi magnifici occhi blu, segno che avesse trascorso una notte tormentata.
“Stai male” non era una domanda, lo leggeva nei suoi occhi che qualcosa non andava e si preoccupò all’istante perché era abituata ad aspettarsi sempre il peggio.
La sua mano si spostò sulla sua fronte per verificare la temperatura dell’uomo e si accorse delle piccole perle di sudore che non era riuscito ad asciugare via del tutto.
“No, sto bene, mi vesto e ti aiuto con il trasloco” la rassicurò, spostandosi per permetterle di entrare e richiudere la porta alle sue spalle.
“E’ ancora presto” si scusò lei, “volevo solo portarti la colazione” aggiunse, sventolandogli davanti la busta con il logo di Granny.
L’uomo sorrise, felice di quel piccolo equilibrio che a fatica avevano instaurato, “grazie” mormorò protraendo il braccio sbagliato verso di lei.
La mano involontariamente si andò a stringere verso il moncone ed il suo sorriso si spezzò un attimo prima che riuscisse a riprendere il controllo, la superò per darle le spalle così che non potesse vederlo in volto, ma lei dopo una prima esitazione tornò a mettersi di fronte a lui.
“Ti fa male, non è vero? E’ per questo che sei sudato e non respiri bene, non hai dormito.” Concluse, non avvicinandosi per lasciargli un po’ di spazio, per dargli la possibilità di scegliere cosa fare.
“Lo sai che puoi parlarmene” lo rassicurò, accennando un piccolo sorriso che però si spense di fronte alla sofferenza che lesse nei suoi occhi.
“Si” sussurrò lui, rispondendo con solo due sillabe a tutte le domande che lei gli aveva rivolto.
A quel punto, Emma si avvicinò sentendo di avere la sua approvazione, gli circondò il collo con le braccia e portò gli occhi alla sua altezza. “Posso aiutarti, lascia che ti aiuti” mormorò, appoggiando la fronte contro quella dell’uomo.
“Si” confermò Killian nuovamente, chiudendo un attimo gli occhi e lasciandosi andare contro il suo corpo.
Emma gli afferrò la mano destra e lo condusse sul letto sedendosi al suo fianco, gli appoggiò una mano sulla gamba e aspettò solamente che si decidesse a parlare.
“Mi capita da un po’ di mesi, capitava anche prima, poi però è passato, invece adesso da quando non ho nuovamente la mano e riaffiorata quella sensazione e quel dolore. Certe volte sento come se l’avessi, come se fosse al suo posto..”
Deglutì e chiuse gli occhi.
“Perché non me ne hai parlato? Avrei potuto essere più presente e..” più dolce voleva aggiungere, ma lui non le permise di continuare.
“Tu ci sei sempre, Emma, mi fai sentire subito meglio. Anche adesso. Poi ne abbiamo passate così tante, la Snow Queen, tutta la questione di Gold e del cuore.. E.. Non volevo che mi vedessi in modo diverso” aggiunse poi, vulnerabile, aprendosi nei suoi confronti, mostrandole anche le sue paure.
“Io sono fan di ogni tua parte” gli sussurrò lei, richiamando le parole che lui le aveva riservato poco tempo prima e  accarezzandogli la barbetta ispida che celava un sorriso.
“Vieni” prese tra le mani il suo moncone e lo massaggiò piano, esercitando una piccola pressione con i polpastrelli per dargli sollievo e funzionò veramente. Continuò quel massaggio per diversi minuti, guardandolo negli occhi per fargli capire che andava bene, che amava anche quella parte di lui e che non le recava nessun problema. Non c’era niente di cui dovesse vergognarsi, quella menomazione non lo rendeva certamente meno uomo anzi era un’esperienza che lo arricchiva anche da quel punto di vista. Aveva affrontato il peggio ed al peggio era sopravvissuto, ed era una cosa che gli faceva onore. E Killian si sentì bene quando vide che nel suo sguardo non c’erano segni di compassione, ma solo d’amore.
“Va meglio?”
“Grazie” rispose solamente lui, annuendo e fissandola intensamente, buttandosi letteralmente tra le sue braccia. Adagiò il capo sul suo petto caldo, mentre delle ciocche bionde gli ricadevano sul viso e lasciò che lei gli accarezzasse i capelli neri.
“Dici che è ancora presto per il trasloco, non è vero?” Disse poi in maniera suadente, posandole un bacio all’angolo delle labbra.
“Si, la mattina è ancora lunga.” Ridacchio lei, prima di salire meglio sul letto e spingersi con i talloni verso il centro.
“Ed io non ho ancora fatto colazione” replicò lui, seguendola e avventandosi sulle sue labbra, riperdendosi nuovamente tra le sue braccia. Ed il dolore scomparve piano, sostituito da ben altre sensazioni.
 
 

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Capitolo 11
*** Neck&Neck ***


Never give up

Captainswan – [ Neck&Neck; 1.159 parole; Speciale di Natale. ]

Il periodo natalizio ricordava ad Emma una velata malinconia, un senso d’inquietudine interiore misto alla voglia di rendersi realmente parte di qualcosa.
Lo aveva sempre vissuto così.
Non ricordava le cene di Natale da bambina perché non le aveva vissute, non ricordava l’euforia nel fare l’albero perché non l’aveva mai provata. Non era una cosa che aveva avuto e poi perso, era una cosa che non aveva mai avuto per cui non faceva male, ma lasciava sempre quella strana sensazione alla bocca dello stomaco che Emma non sapeva bene come classificare.
E nonostante fossero passati anni e le cose fossero cambiate, continuava a sentirsi spaesata.
L’anno prima lo aveva trascorso con Henry a New York, ed era stato tanto bello, le luci, l’atmosfera ed i ricordi che non erano suoi. La rendevano una persona che amava il Natale, che aveva vissuto quei momenti speciali con il figlio da quando era venuto al mondo, ma non era la verità.
Non sapeva proprio come affrontare quel periodo, adesso che sentiva di aver messo insieme tutti i tasselli del puzzle.
Era ferma, immobile davanti al caminetto che adornava la sua nuova casa, mentre intorno a lei regnava il caos.
“David, sistema il puntale” sentì dire a sua madre, e voltandosi un sorriso apparve sulle sue labbra. Erano tutti intenti a sistemare le decorazioni, volevano inaugurare quella nuova abitazione e per farlo si erano riuniti in occasione delle feste per decorarla, renderla calda e accogliente. Non un luogo utile solo a dormire.
Mary Margaret cullava piano il piccolo Neal, mentre continuava ad impartire istruzioni ad un David in equilibrio su una piccola scaletta in legno. Henry decorava l’albero, sistemando le palline per alternare vari colori.
“Sei pensierosa” constatò Killian, avvicinandosi piano e sedendosi al suo fianco.
Emma annuì solamente, incapace di parlare di quello che provava in quel momento. Una sorta di felicità si stava propagando, invadendo ogni sua terminazione nervosa. Una felicità sempre inquieta però. Faceva davvero fatica a convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio, godersi i momenti era più complicato di quanto pensasse, l’ansia che qualcosa potesse guastare quell’equilibrio era sempre presente.
“Cosa ti rende pensierosa?” Due occhi blu la fissarono, lei rimase lì, indecisa. I suoi occhi verdi si ridussero ad una fessura, mentre soppesava se farlo entrare anche in quella parte di lei. Aveva fatto crollare così tanti muri per lui, ma altri erano ancora presenti. Istinto di autoconservazione, paura o semplicemente buon senso, era ciò che la induceva a non lasciarsi andare mai completamente.
Il braccio del capitano si posò sulle sue spalle, avvicinandola piano al suo corpo quasi per darle conforto. Erano uguali dopotutto, ed era vero che Emma aveva abbattuto molti muri, ma l’aveva fatto anche lui. Le aveva permesso di vedere cose del suo passato che gli dolevano ancora, bruciando la sua sicurezza ed il suo temperamento strafottente. Cose che Killian pensava di aver superato, superandole invece con lei definitivamente, grazie a lei.
Erano due anime affini, spaventate in egual modo. La differenza tra il rischiare o il rimanere nella propria bolla sicura era l’amore. Si erano innamorati.
Gli occhi di Emma si allargarono, rivelando la loro reale profondità, rivelando se stessa. Permettendogli di entrarle dentro, infondo lui la capiva sempre. Contro ogni aspettativa, insieme funzionavano come un congegno perfetto ed armonioso.
Alzò piano le spalle per minimizzare com’era solita fare, anche se il suo sguardo rivelava altro.
“E’ tutto così nuovo” ammise, abbassando il capo e portando una mano vicino alla fiamma. Il calore l’avvolse e successivamente portò quella stessa mano sulla guancia di lui che chiuse gli occhi perdendosi in quel contatto.
“Lo è anche per me” si guardò intorno, scorgendo i sorrisi degli altri che si erano ormai spostati in cucina, per sorseggiare cioccolata intorno al lungo tavolo di legno chiaro. Era nuovo anche per lui quel clima di accoglienza, di famiglia.
“Non lo avevo mai capito fino in fondo prima, ma è vero quello che dicono” ammise nuovamente lei, facendo scorrere i polpastrelli piano sul suo viso, scendendo fino al collo e avvolgendolo, spingendosi con le gambe sempre più vicino.
“Cosa?” Chiese spaesato, distratto da quelle lievi carezze che non facevano altro che ricordargli che era tutto reale, che poteva veramente essere felice.
“A Natale vien voglia di stare con chi ami” era così chiaro quello che gli stava dicendo, anche se indirettamente. Era così limpido, la verità era davanti ai loro occhi.
Killian sorrise, i suoi occhi si illuminarono ancora di più ed il suo viso si spostò automaticamente verso la donna. Le lasciò una scia di baci umidi sul collo, prima di avvolgerla completamente.
Qualche minuto più tardi si unirono al resto della famiglia, Henry afferrò due grandi tazze e versò un po’ di cioccolata anche per loro.
Emma spruzzò un po’ di cannella prima sulla sua tazza e poi su quella dell’uomo che l’accolse di buon grado.
Parlarono molto, risero e passarono un piacevole pomeriggio, fino a quando il sole tramontò completamente lasciando il posto alla notte.
“Andiamo, Henry ti accompagniamo da Regina” propose Mary Margaret, il ragazzo afferrò alcune cose che aveva preparato per la notte e si avviò insieme agli altri verso la porta.
Emma abbracciò i genitori e lasciò un bacio sul capo di suo figlio e poi si richiuse la porta alle spalle.
“Rimani con me stanotte?” Chiese, avvicinandosi piano a Killian e poggiandogli una mano sul petto.
“Se la signora lo desidera” annuì, poggiando la mano lungo il suo fianco ed attirandola verso di sé. La sua bocca si appoggiò a quella della ragazza, accarezzandola piano e poi insinuando la mano tra i suoi boccoli biondi.
Raggiunse nuovamente il suo luogo preferito poco dopo, il suo collo caldo che sembrava fatto per le sue labbra, si strofinò piano sulla sua giugulare per poi tornare al volto.
Avevano cominciato ad ondeggiare piano, dondolandosi nelle gambe come cullati da un’antica melodia che sentivano solo loro.
“Vieni” pronunciò lievemente Emma, afferrandogli la mano ed avvicinandosi al largo tappeto che si stanziava accanto al camino. Si abbassò sulle ginocchia trascinandolo giù con sé e poggiandosi al suo petto.
Il cuore, che aveva recuperato da qualche settimana, pulsava forte rivelando le emozioni dell’uomo. Emma alzò lo sguardo piano, puntandolo nei suoi occhi e lui le strinse le dita tra quelle della mano buona per riportare entrambe sul suo cuore.
Quella notte si amarono profondamente, e poi si amarono ancora nei giorni a venire.
Il mondo, qualsiasi mondo, che la magia sia presente o meno, non sarà mai semplice. Le cose brutte accadono, le paure persistono ed entrambi dovettero affrontare quelle che si presentarono, insieme ad altri problemi, altri cattivi, ma insieme anche ad altri momenti belli, condividendo lo stesso calore e l’amore reciproco. Riscoprendo la felicità nelle piccole cose ed in luoghi inaspettati. Perché nonostante i drammi, le paure ed il volersi proteggere, non si può scappare dall’amore e non ci si arrende con chi si ama, non ci si arrende mai.
 
 

Note:
Visto che questa è l’ultima shot, mi sembra giusto spendere qualche parolina.
Prima di tutto, vorrei ringraziare tutte le splendide ragazze che hanno creato l’iniziativa insieme a me. Mie carissime compagne di sclero perenne, vi adoro! <3
Poi, ovviamente, ringrazio tutte le persone che hanno aderito all’iniziativa regalando diverse sfumature dei nostri splendidi CaptainSwan, avete dimostrato che ognuno interpreta ed elabora i prompt con una propria ed originale idea. Ed un ringraziamento anche a tutti quelli che hanno letto le diverse storie. 
Per quanto riguarda, invece, le mie storie, ci tengo a ringraziare chi ha sempre recensito, chi lo ha fatto ogni tanto ed anche i lettori silenziosi. Un ringraziamento spetta anche a chi ha inserito la raccolta nelle varie categorie.
Purtroppo tutto, prima o poi, giunge ad una conclusione. E’ stato comunque un bellissimo percorso corredato da scambi di pareri dato dall’amore reciproco per questa coppia.
Spero che anche quest’ultima shot vi sia piaciuta, e mi auguro di essere riuscita a trasmettere comunque un messaggio di speranza.
Ne approfitto per farvi gli auguri. Spero che il nuovo anno possa portarvi gioia e serenità.
Un bacio! :*

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