Sunflower

di Cho89
(/viewuser.php?uid=1694)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This is not the first time ***
Capitolo 2: *** How Hard It Can Be ***
Capitolo 3: *** Cherry Scent ***



Capitolo 1
*** This is not the first time ***


Dicono che ognuno di noi ha un paio d’ali, ma che solo chi sogna impara a volare

1_This Is Not The First Time

 

 

Dicono che ognuno di noi ha un paio d’ali, ma che solo chi sogna impara a volare.

C’è chi ci crede, come invece chi fa finta di non sapere nemmeno cosa voglia dire lasciare andare i pensieri.

Ma c’è una storia… una storia che dimostra quanto tutto ciò sia vero.

Di quanto le persone possano cambiare nel giro di un secondo per merito di un sogno.

 

Quel giorno Ronald Weasley non aveva nessunissima intenzione di muoversi dal suo letto.

Era così caldo, accogliente, comodo… perché farlo? E poi fuori era un freddo cane e la giornata che lo aspettava non era certo delle migliori.

-Ron!- Disse una voce ben lontana dai sogni del lentigginoso ragazzo. –Ron, per favore! Alzati o faremo tardi-

-No, lasciami dormire…- brontolò lui lottando contro un’esile mano che cercava inutilmente di portargli via il suo tanto amato piumone a quadri.

-Certo che sei proprio un cretino…- La mano mollò la presa dopo più di dieci minuti di lotta estenuante, e il respiro affannoso della ragazza si fece più lontano. Ron udì la porta aprirsi e richiudersi subito dopo.

-Finalmente…- Agguantò il bordo del morbido piumone e se lo tirò sulle spalle, lì dove lei lo aveva scoperto. Si ridistese per bene e si preparò a tornare a ronfare.

Improvvisamente però, quando meno se lo aspettava, la ragazza rispuntò dal nulla e lo scoprì totalmente, mostrando all’aria gelata i boxer a quadretti e la canottiera grinzosa.

-Uffa- protestò lui mettendosi le mani sugli occhi pesti, –Certo che sei proprio una rompica…-

-Ron, per favore!- Lo interruppe lei con voce gelida quasi quanto l’aria, -Non ho voglia di sentire certe parole così di mattina… non è il caso che tu faccia queste storie. Non sei più un bambino-

Detto questo spalancò la finestra al lato del letto, ignorando i commenti poco gradevoli di Ron, prese alcuni vestiti dall’armadio e li gettò sul letto, girò sui tacchi ed uscì dalla stanza con un commento tutt’altro che educato.

-E poi dice a me…- Disse Ron mettendosi a sedere e cercando di aprire quelle maledette palpebre così decise a rimanere chiuse, senza curarsi troppo di tenere basso il tono della voce -E che cavolo!-

-Ron!- la ragazza lo ammonì da dietro la porta chiusa.

-Hermione!- Le fece il verso lui, osservando la neve scendere sui tetti imbiancati di Daftown.

Ancora intontito dal sonno, si alzò barcollando e si diresse verso la porta del bagno. Appena fu dentro, aprì il rubinetto del lavandino e si sciacquò il viso, per asciugarsi poi con l’asciugamano.

Osservò per un attimo il suo riflesso sullo specchio.

Non ha senso. Tutte le mattine la stessa storia…

Tirò fuori il rasoio da un cassetto di lato, e cominciò a radersi svogliatamente.

Se c’era una cosa che faceva imbestialire Ronald Weasley era proprio quella che non esistesse ancora un incantesimo che rasasse la barba bene come il rasoio elettrico. Aveva ormai imparato a convivere con la barba che cresceva ogni giorno di più, ma non riusciva a mandare giù il fatto di dover usare un aggeggio babbano.

-Ti va un goccio di caffé?- La voce di Hermione provenne dalla camera, e il profumo di caffé appena fatto lo raggiunse dolcemente.

-Ok- borbottò lui assaporando il profumo.

Sentì la ragazza tornare in cucina.

Posò il rasoio e si diresse verso il letto, dove Hermione aveva scaraventato i vestiti. Si mise a sedere, prese i jeans e se li infilò su per le gambe muscolose. Poi agguantò la camicia bianca e, dopo essersi sfilato la canottiera e averla gettata in un angolo,  la abbottonò per metà.

Richiuse la finestra e uscì dalla camera.

-Eccoti- disse Hermione, che era seduta al tavolo con in mano una tazza di caffé e stava indicando un’altra tazza fumante lì vicino.

Lei lo osservò mentre finiva di agganciarsi la camicia e si metteva a sedere tranquillo.

-Bè, cos’è tutta questa calma?- chiese severa.

-Eh dai, Herm- rispose lui annoiato, guardandola negli occhi. Sapeva che quando faceva così lei non sapeva resistergli.

Infatti Hermione lo maledì come non aveva mai fatto.

Odiava quando la guardava con quegli occhi azzurri. Le faceva perdere il controllo delle cose e non lo poteva sopportare.

Per di più quella mattina era semplicemente irresistibile. Capelli spettinati, camicia mezza aperta, guance rosse.

-Ok ok- si arrese lei abbassando lo sguardo verso la tazza fumante, -Ma lo sai che non posso perdere il treno-

L’ultima affermazione colpì Ron come una pugnalata in pieno petto.

Se n’era scordato. Completamente.

Hermione era lì quella mattina, non per una delle sue solite visite, ma perché lui avrebbe dovuto accompagnarla fino alla stazione, dove avrebbe preso il treno fino a Oxford.

-Non dirmi che te n’eri dimenticato- esclamò lei rassegnata, rialzando lo sguardo.

-Bè, veramente…- cercò di scusarsi lui portandosi una mano dietro la testa e cominciando a torturasi i capelli ancora spettinati.

-Ron, sei incorreggibile!- ribadì Hermione sorridendo.

Lui bevve tutto il caffé in un sorso e si alzò per portare la tazza al lavello.

-Modestamente…- mormorò sorridendo.

Lei si lasciò sfuggire una risatina, sorseggiando l’ultimo goccio di caffé rimasto.

-Ripeto- disse, -sei incorreggibile. E per me hai qualche problema. Ti farò ricoverare al San Mungo uno di questi giorni-

Prima che lui potesse ribadire si alzò allegra e gli mise in mano la sua tazza vuota.

-Adesso andiamo- disse poi, prendendo il cappotto nero poggiato sul secolare divano, una volta appartenete all’intera famiglia Weasley.

Ron rimase appoggiato al bancone, incapace di muoversi. Sarebbe partita ancora una volta, e lui non sarebbe riuscito a fermarla.

Si torturò le mani osservando i grossi bottoni neri della giacca di Hermione.

-Ron- disse lei vedendo che non si era spostato di un millimetro, -possibile che ti ci voglia così tanto per abituarti?-

Era più di un anno che andava e veniva da Oxford, e tutte le volte era un trauma. Ron assumeva quell’aria da cane bastonato e non diceva una parola per l’intero viaggio fino alla stazione.

Lui annuì.

-Lo sai che lo faccio per lo studio- riprese lei con aria falsamente severa, - mi sono stufata di vederti sempre così triste, capito?-

Si avvicinò al ragazzo che la guardò con aria interrogativa.

-Promettimi che domani mi chiami- disse dandogli una pacca sulla spalla.

-Ok- rispose lui mettendole a sua volta una mano sulla spalla sottile e dirigendosi verso l’attaccapanni rugginoso, vicino alla porta d’ingresso.

Prese il giubbotto verde militare e se lo infilò.

-Hai intenzione di venire solo con quella camicia? È freddo- lo ammonì Hermione.

Ron fece spallucce e dopo essersi infilato le scarpe, cercò con lo sguardo il baule marrone con le iniziali ‘HG’ che Hermione usava sempre per i suoi viaggi.

Lei si avvicinò e indicò il borsone di pelle che portava sulla spalla. Prese le chiavi dalla tasca del giubbotto di Ron, aprì la porta e, una volta che tutti e due furono nel vecchio corridoio del palazzo, serrò la porta restituendo le chiavi al proprietario.

Insieme scesero le scale, che ad ogni loro passo scricchiolavano come se stessero per cadere da un momento a l’altro e dopo qualche secondo arrivarono in strada, una delle tante affollate di Daftown, proprio di fianco alla libreria. Salirono su una vecchia carretta  parcheggiata lì davanti.

Hermione adorava quella macchina. Era scassata, fumante e lenta come una tartaruga, ma Ron ne era il proprietario, e a differenza della vecchia Ford Anglia, non era stregata ma assolutamente babbana.

Ron le aprì la portiera ed Hermione entrò sorridendo infilandosi un cappello azzurro, poi si diresse verso la portiera dall’altro lato, entrò e si sedette al posto del guidatore. Infilò le chiavi.

Lei le osservò per qualche istante. C’era un pupazzetto attaccato. E non poté non ricordarsi di quando lei glielo aveva regalato.

-Tieni ancora quel coso?- chiese mentre Ron metteva in moto.

Lui lo osservò, sorrise e annuì.

-Perché, non dovrei?- chiese poi, svoltando l’angolo verso una piccola strettoia che lo avrebbe portato sulla strada principale per Londra.

Lei fece spallucce e improvvisamente scoppiò a ridere.

-Che c’è?- fece lui sorpreso, facendo partire i tergicristalli cigolanti per grattare via la brina dal vetro.

-Ti ricordi quando te l’ho dato?-

Come dimenticare. Era stato uno dei momenti più belli della vita di tutti e due.

La prima volta che festeggiavano seriamente il Natale, senza preoccupazioni o guerre in corso. Tutto tranquillo.

Erano nella sala comune di Grifondoro di fronte al camino, il piccolo Ronald e la piccola Hermione. Accanto a loro c’era un piccolo Harry felice come non mai.

Lei tirò fuori due pacchetti da dietro la schiena e li porse ai ragazzi che la guardarono allegri, anche se un po’ delusi dalle dimensioni minuscole del regalo.

-Hermione- aveva chiesto Ron, -cos’è questa roba?-

-Dai, apritelo!- aveva risposto lei senza svelare nulla.

Quando si ritrovarono in mano due piccoli pupazzetti di peluche, simili a nessun animale esistente al mondo e piuttosto bruttini, quasi avrebbero voluto buttarli nel fuoco, ma si limitarono a ringraziarla.

Ricordò che si era aspettata quelle facce, ma poi spiegò loro che quelli non erano semplici pupazzi. A parte che li aveva fatti lei, con le sue mani, ma erano in grado di definire l’umore della persona che li teneva in mano.

Diventava rosa se quella persona era felice, verde se era arrabbiata, rosso era triste e blu era euforico. Tutti e due i pupazzetti divennero rosa non appena i ragazzi li presero tra le mani.

-Certo che me lo ricordo…- disse Ron riportandola alla realtà. Tenendo con una mano il volante afferrò il pupazzetto con l’altra, sfoggiando un sorriso spensierato, largo da orecchio a orecchio.

Hermione lo guardò e gli occhi le brillarono quando vide che da quel marrone indefinito era diventato rosa.

 

____________________________________________________________________

 

 

Rieccomi qua, stavolta con una piccola ficcina… Ok, non è un granché come chap, ma è solo il primo ^^ Mi è venuta l’ispirazione poco prima di Natale, ma solo ora mi sono decisa a pubblicarla ç__ç

Lasciate un commentino!

|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
v

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** How Hard It Can Be ***


2_How Hard It Can Be

2_How Hard It Can Be

 

 

La vecchia carretta di Ronald Weasley arrancava lentamente lungo un viale

innevato. Il tubo di scappamento rumoreggiava fastidiosamente, e ogni tanto

sembrava tossicchiare sputando nell’aria piccole nuvolette di fumo grigio e

puzzolente.

All’interno regnava il silenzio assoluto, ma era una cosa che entrambi i

passeggeri  avevano previsto all’inizio del viaggio.

I vetri erano appannati, e il riscaldamento inesistente lasciava che l’aria

gelida si infiltrasse attraverso i fastidiosi spifferi dei finestrini.

Hermione Granger  sorrise amaramente, ripensando per un attimo alla mezz’ora

appena trascorsa. Si mise le mani in tasca e si rintanò all’interno della

sciarpa che portava al collo.

Non avrebbe voluto partire ancora. Ma doveva farlo.

Le dispiaceva da morire lasciare ancora una volta quel cocciuto, testone e

antipatico di Ron, ma soprattutto le dispiaceva dover ripartire di nuovo senza

nemmeno poter salutare Harry.

Un senso di colpa come non aveva mai provato la invase da capo a piedi,

provocandole un fastidioso pizzicore in fondo alla gola.

Ron ingranò la terza lasciando che la frizione fregasse sull’asfalto ghiacciato,

poi con una mano si grattò il naso arrossato e si sistemò il cappotto.

Hermione lo osservò e socchiuse le labbra leggermente screpolate, pensando

attentamente a cosa avrebbe potuto dire. La richiuse quasi subito.

La situazione era talmente imbarazzante che anche la domanda più naturale di

questo mondo sarebbe risultata ridicola.

Riabbassò lo sguardo e sospirò.

Qualcosa di indefinito dentro di sé, si chiese quanto mancasse ancora alla

stazione. Non vedeva l’ora che quello strazio finisse, ma d’altra parte non era

l’unica. E sapeva delle difficoltà che avrebbe incontrato quando aveva deciso di

accettare l’incarico al Ministero della Magia.

Ron si ostinava a tenere gli occhi azzurri fissi sulla strada deserta, e non

sembrava  volerli staccare da lì, se non per cambiare marcia o sbirciare nel

riflesso dello specchietto retrovisore.

Azione praticamente inutile, visto che dietro di loro, così come davanti, non

c’era proprio nessuno.

Le uniche cose che accompagnavano la macchina nel suo viaggio erano le lunghe

file di enormi querce spoglie ai lati della strada, e qualche fiocco di neve

candida.

-Ron…- Hermione non riuscì a trattenersi. E immediatamente si maledì per quello

che aveva fatto. Il ragazzo borbottò imbarazzato qualcosa di molto simile a un

“dimmi”, e Hermione non poté fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato tutto

decisamente più facile se solo fosse riuscita a tenersi quella maledetta parola

in bocca.

Quanto… quanto manca?- Mormorò, sperando che per una volta nella vita la sorte

stesse dalla sua parte.

-Eh?- Ron sembrò cadere dalle nuvole. Si voltò verso la ragazza che invece

teneva ancora lo sguardo fisso sulle proprie scarpe, e tentò di dare una

risposta soddisfacente.

-Bè… - disse riflettendo, mentre le guance gli cominciarono ad arrossare,

-Credo…un’altra mezz’ora-

Hermione quasi scoppiò a piangere.

Era proprio quello che temeva, una risposta schietta e per niente piacevole.

-Ah ok- disse annuendo rassegnata.

Ron rivolse nuovamente lo sguardo alla strada.

Credeva di sapere il perché di quella domanda, ma non era certo di avervi voluto

rispondere. Mancava ancora tanto all’arrivo… troppo.

Altri trenta minuti di strada deserta, silenzio e imbarazzo. Ed era più di

quello che Ron potesse sopportare. Doveva succedere qualcosa, doveva fare

qualcosa.

Premette sull’acceleratore, chiedendosi il perché le volte precedenti non fosse

stato così difficile, e cercò di scorgere la fine di quel lunghissimo viale.

Dopo nemmeno cinque minuti però, qualcuno lassù, nel cielo bianco, sembrò

cogliere le suppliche del ragazzo.

La macchina rallentò improvvisamente la sua corsa, per quanto corsa la si

potesse chiamare, e cominciò a borbottare.

-Ma che diavolo…?- Ron staccò il piede dall’acceleratore e strinse il volante

tra le sue mani.

La macchina scivolò sul ghiaccio, cominciando a perdere colpi.

-E ora che ti prende?- esclamò Ron, rivolto all’auto.

Hermione si risvegliò dalla fase apatica in cui era entrata, si risistemò a

sedere e si appoggiò con la schiena al seggiolino, osservando il ragazzo che

tentava di fermare la macchina, che ormai quasi saltellava.

E fu proprio quando questo premette deciso sul freno, che il cofano si spalancò

e sputò fuori un’enorme nuvola di fumo grigio.

I due si guardarono.

-Ci mancava solo questa…- mormorò Ron, indeciso se essere arrabbiato o felice

per quello che era appena successo.

Hermione si slacciò la cintura ed uscì fuori, ma lui rimase ancora qualche

secondo a sedere, come ghiacciato.

L’avevano ascoltato. Avrebbe benedetto quella macchina per tutta la sua vita.

Si alzò ed uscì anche lui per la strada.

-Bè…- mormorò Hermione avvicinandosi al cofano, -E adesso?-

-Non ne ho idea- mugugnò Ron in risposta, affiancandola con un mezzo sorriso in

faccia.

-Perché ridi?- chiese lei curiosa, osservando prima lui, poi il cofano aperto e

fumante.

-No, è solo che…- cominciò Ron, ma poi si rese conto che se avesse detto di

essere felice per l’incidente, sarebbe risultato estremamente scortese e

ingiusto nei confronti di Hermione. –Lascia perdere…-

Quello che però lui non sapeva però, ero ciò che Hermione pensava in quel

momento.

Non aveva idea di cosa avrebbero fatto, né di cosa realmente fosse successo, ma

per un attimo, un piccolo attimo, era stata felice anche lei che fosse successo

qualcosa.

Era stata contenta che qualcosa avesse rotto quel silenzio freddo… anche se quel

qualcosa non era niente di buono. Almeno non sembrava.

Si mise le mani in tasca e osservò Ron appoggiarsi con le palme delle mani sul

cofano nero, cercare all’interno di esso qualcosa che non andasse.

-Cavoli, qui è saltato tutto…- decretò dopo qualche minuto.

Hermione sospirò, e si diresse verso il margine della strada, dove si sedette

sopra una piccola montagnetta di pietre. Poi si tirò su una manica della giacca

ed osservò l’orologio da polso che le aveva regalato suo padre.

Fra meno di un’ora il suo treno sarebbe partito, e se lo avesse perso non

avrebbe avuto più nessuna possibilità di ottenere una promozione.

Ripensandoci, non aveva previsto che tutto ciò succedesse. Pensava che quella

mezz’ora sarebbe bastata per arrivare alla stazione e prendere quel maledetto

treno, ma adesso tutto si era capovolto.

Anche se l’imbarazzo se n’era andato, non potevano ripartire a quanto pareva,

visto che Ron aveva appena cominciato a tirare calci alla macchina. Tutto

sembrava così… così strano.

Non lo era mai stato le volte precedenti, ma Hermione sentiva, mentre la neve

cominciava a cadere più forte, che questa volta qualcosa sarebbe cambiato

davvero.

-Porca puttana!- esclamò Ron, richiudendo il cofano di botto, e sedendocisi

sopra.

-Dai Ron, lo troveremo un modo di ripartire- disse Hermione dal margine della

strada.

Lui la guardò.

-Cosa?- chiese, -Io… io sono preoccupato per la macchina!-

Lei lo guardò interrogativa, per poi abbassare lo sguardo.

Era così? Non gli importava niente se lei avesse perso il treno… anzi, gli

avrebbe anche fatto piacere, almeno sarebbe potuta stare con lui.

-Era… l’unica cosa veramente mia che avevo. Mia.- continuò Ron grattandosi il

capo furioso.

Seguì qualche secondo di silenzio, rotto da un altro sbuffo del ragazzo.

-E adesso? La mia macchina…- continuò poi, mentre la neve cominciava a ricoprire

la strada e le sue querce, -Cosa diavolo faccio?-

-Ah, cosa diavolo fai te?- chiese Hermione, scattando in piedi, -Ci sono anche

io Ron. Anche io.-

Non era riuscita a trattenersi. Era lei che doveva partire, e Ron continuava a

lamentarsi per la macchina.

Magari era stata una reazione esagerata, ma non aveva potuto fare a meno di

ricordargli che in quel momento il problema non era la macchina, ma riuscire ad

arrivare alla stazione entro mezz’ora.

Lo avrebbe fatto da sola… se solo non si fosse trovata in mezzo ad un viale

deserto, con le mani e i piedi che cominciavano a gelarsi e la neve che ormai

cadeva fitta.

-Si…- disse Ron incerto, -Lo so che ci sei anche te. Ma diavolo, guardala!-

aggiunse poi indicando con la mano la vecchia carretta fumante dietro di lui.

-è questo che ti interessa Ron? La macchina?- ribatté Hermione sempre più

furiosa, -Non ti preoccupa neanche minimamente il fatto che io stia per perdere

il treno?-

-Ma Hermione, manca ancora un’ora!- continuò lui osservando il suo orologio e

scostandosi un fiocco di neve dagli occhi.

-Ah si?- Chiese lei sarcastica, avvicinandosi a lui con le braccia incrociate,

-E come credi che arriveremo alla stazione in un’ora? Sveglia Ron, sono più di

quaranta chilometri!-

Lui la guardò per un attimo, poi si alzò dal cofano e si girò di spalle.

-Bè… - disse poi osservando la strada in lontananza, -dobbiamo trovare un modo

di muoverci da qui allora-

-Ci sei arrivato Ron!- rispose Hermione facendo finta di applaudire, -Cosa credi

che abbia voluto dire cinque minuti fa? Un modo lo troviamo… ritiro quelle

maledette parole. Non c’è modo!-

Si voltò di spalle pure lei.

-Ora che tutti sanno quanto è egoista il signor Weasley, nessuno verrà a

prenderci!-

Hermione aveva centrato un nervo scoperto.

Ron sopportava di tutto, ma che gli si dicesse di essere egoista non poteva

proprio accettarlo.

Si voltò e si avviò verso le spalle della ragazza. Se lui era egoista, lei lo

era ancora di più.

-Egoista?- le chiese.

La ragazza si voltò di nuovo.

-Si egoista, Ron- disse arrabbiata, -Perché la prima cosa a cui hai pensato e

stata la tua maledetta carretta!-

-Hermione! Non c’è nessun bisogno di arrabbiarsi in questa maniera!- rispose lui

arrossendo per la rabbia, -Porca miseria, ho pure evitato di dirti quello che

pensavo per non ferirti! Sarei egoista?-

Hermione lo osservò attentamente.

-Cos’è che pensavi?-

Ron capì di aver combinato un’altra cretinata. Si batté la mano sulla fronte.

-Ron?- lo esortò lei.

-Bè…- cominciò, -… ero felice, ok? Che la macchina si fosse fermata!-

Una ventata di vento gelido e neve si confuse tra le sue parole.

-Ero felice! Perché non ne potevo più di quel silenzio!-

Hermione continuava a guardarlo, senza dire alcuna parola.

Lui si sistemò la giacca e tirò un sospiro.

-Perché te ne vai sempre, Hermione?- chiese poi avvicinandosi alla ragazza e

guardandola dritta negli occhi, -Tutte le volte… ci vediamo una volta al mese se

tutto va bene, non hai mai tempo! Mai tempo.-

Ron si riallontanò e si mise una mano tra i capelli. L’aveva fatto. Aveva detto

a Hermione ciò che pensava, ma nonostante ciò sentiva ancora la rabbia montare

dentro di lui.

-Accidenti Ron!- esclamò lei tra la neve con i pugni serrati, -è il mio lavoro,

lo sai! Devo partire! E mi dispiace da morire vederti stare male così… Per me-

-Non ci sto male!- esclamò lui furioso, sempre rimanendo girato di spalle, -E se

ti dispiacesse veramente non partiresti! Non ti preoccuperesti del treno, non ti

preoccuperesti di quello schifoso posto di lavoro!-

-Ron è la mia vita!- urlò Hermione, trattenendo le lacrime di rabbia e delusione

che minacciavano di scendere dai suoi occhi, -è il mio lavoro! Non posso sempre

pensare a tutto! E soprattutto non posso sempre pensare a te!-

Per qualche secondo entrambi rimasero in silenzio, lasciando che il rumore del

vento regnasse nella strada vuota, ma poi Ron si voltò e si avvicinò furioso

alla ragazza.

-Bè, non puoi pensare sempre a me?- urlò gesticolando con una mano, -Allora sai

che ti dico? Vattene! Vai via da sola! Se questa è la tua vita, la tua vita,

parti… ma non farti vedere mai più!-

Hermione lo fissò con gli occhi lucidi.

Si sentiva ferita. Umiliata.

Quello che fino a pochi minuti prima aveva considerato il suo migliore amico, la

aveva esortata ad andarsene. A non farsi vedere mai più.

L’aveva delusa amaramente. E quello che le faceva più male era il fatto di

essere stata lei a causare quel litigio. La rabbia che teneva dentro si era come

riversata su di Ron, l’aveva usato come capro espiatorio. Non avrebbe voluto

arrabbiarsi in quella maniera, ma in quel momento non le importava.

-Ron, ti prego…- mormorò. Non aveva la forza di ribattere. Per uno stupido

treno… il mondo sembrò seriamente crollarle addosso.

-Vattene Hermione!- continuò lui arrabbiato come non mai, -Pensa a la tua vita

visto che io sembro essere solo un impedimento!-

-Ma non è così!- urlò lei, raccogliendo tutta la rabbia che aveva dentro, -Non

me ne vado senza di te!-

L’ultima affermazione però, invece di convincere Ron che non era un impedimento

e che lei non sarebbe andata da nessuna parte senza prima aver sistemato le

cose, fece scattare una scintilla nella mente del ragazzo.

-Se la metti così…- lanciò un ultimo sguardo fulminante a Hermione, e si

incamminò verso il lato opposto della strada.

Sotto gli occhi pieni di lacrime e delusione della ragazza, Ron sorpassò furioso

la macchina e si diresse verso il viale deserto e coperto di neve, lasciando

dietro di sé solo silenzio e amarezza.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cherry Scent ***


La vita a volte ci riserva strane sorprese

Ehm ehm.. scusate, so di essere in ritardo *___* è che [questo dimostra che di fantasia ne ho] siamo sommersi dai compiti.. ^^;;;

Allora.. questo chap è venuto un po’ tragico, e vi avverto che probabilmente il pezzettino finale non combacia molto, visto che l’ho scritto qui dalla montagna [approfittando dell’ondata di ispirazione improvvisa].. quindi, perdonatemi ^^;;;

Ed ora.. un po’ di ringraziamenti a:

 

Nightmare

Hermione Weasley

Blacky

Intergirl84

Elisir86

Giugizzu

Ginny.. anche se non recensisce ^^;;;

 

Grazie mille!

E.. una piccola dedica a Ettore, che con la vacanza studio in Irlanda è diventato ufficialmente il mio mito!

 

Baci baci :*

 

 

La vita a volte ci riserva strane sorprese.. non sappiamo perché, né come. Ma accade. E la maggior parte delle volte quando non sei preparato.. quando meno te lo aspetti. Perché è così che la vita è imprevedibile. È così che esce fuori dal suo guscio, quando non penseresti mai di trovartela davanti.

E lo fa con la sua naturalezza. Anche se all’inizio l’impatto è duro, poi tutto si ammorbidisce. E lei ritorna da dove è venuta. Là nel suo guscio fragile, in attesa di coglierti ancora una volta impreparato con una delle sue sorprese. Come.. come un incontro. Una canzone, un libro, un posto, una voce, una sensazione, un profumo.

Quel profumo. Che non vuole andarsene da casa tua. Che non vuole abbandonare tutto ciò che ti appartiene e che prima apparteneva.. a lei. Ma ha lasciato lei per seguire te. E perseguitarti all’infinito.

Ron camminava sempre più lentamente. Sentiva il corpo pesare sulle gambe, la mente farsi stanca. Ma niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo. O almeno così credeva fino a qualche minuto prima.

Ne era così certo.. era sicuro di poter riuscire a trovare il coraggio per andarsene, e l’aveva trovato, l’aveva trovato all’inizio. Solo che adesso sembrava averlo abbandonato. Era volato via come una nuvola di fumo, senza lasciare traccia. E cosa rimaneva dietro di lui? Niente. Solo una piccola scia di senso di colpa.

Ma che diavolo aveva fatto? Sembrava passata un’eternità.. eppure erano pochi minuti che camminava. Aveva lasciato in mezzo alla strada.. non riusciva nemmeno a pensare al suo nome. Tutto ciò che lo circondava in quel momento gli ricordava Hermione. Chissà se era ancora là.. esitò un istante, prima di riprendere a camminare cercando di non pensarci.

Perché era così testardo? Non lo sapeva neanche lui. Forse.. sarebbe stato troppo umiliante ritornare indietro. Ormai se n’era andato, che lei fosse ancora lì o no, per lui non avrebbe dovuto fare differenza. Ma.. una piccola parte di lui sapeva che non poteva essere così. Una piccola parte di lui non voleva che fosse così. Cosa valeva quella piccola parte in confronto al resto? Assolutamente niente. Eppure abbastanza per farlo esitare.

Si fermò di botto. Tornare indietro o no? No.. non poteva.. fece un passo lentamente. E avrebbe lasciato Hermione lì da sola in mezzo alla strada? Tirò indietro la gamba. Avrebbe potuto tornare a riprenderla.. ma se non ci fosse stata? E poi.. il suo orgoglio ci avrebbe rimesso ancora una volta. Una volta di tante. Quante volte era successo che Ron Weasley fosse stato umiliato davanti a tutti? Tante.. non le ricordava più ormai.

Si voltò. Osservò la strada grigia dietro di lui. Completamente deserta. No.. non sarebbe tornato.. come minimo Hermione non sarebbe stata più lì. Certo non stava ad aspettarlo.

Si voltò di nuovo e fece un passo. Poi un altro. Ne sei sicuro Ron? No.. per niente. Si fermò per l’ennesima volta. Ma questa fu l’ultima.

Si voltò definitivamente. Dignità.. ma cosa aveva fatto? Cosa gli era saltato in testa? Lasciarla in mezzo ad un viale deserto lontano chilometri da Londra.. Se le fosse successo qualcosa, se qualcuno l’avesse trovata.. questo era molto più importante della dignità. Se l’era lasciato portare via tante volte, ma lei.. lei era Hermione. Lei era quella che lo rimproverava sempre, quella che nonostante tutto lo aiutava, che lo confortava.. che lo abbandonava. Ma lei non l’aveva umiliato neanche una volta, non l’aveva mai trattato male in fondo. Bè, l’aveva lasciato tante volte.. ma mai in un luogo sconosciuto. L’aveva lasciato sempre dove sapeva sarebbe stato al sicuro. E lui invece? Che aveva fatto? Riprese a camminare. Stavolta verso la macchina lontana metri da lì.

Il suo respiro si faceva sempre più affannoso, sempre più irregolare. Il ritmo dei passi aumentava. Se le era successo qualcosa? Se le era successo qualcosa… non lo sarebbe mai perdonato. Ripensò a poco prima. Un altro abisso. Sembrava passata nuovamente una vita da quando era ancora così deciso ad andarsene.. Ma ora non più. La piccola parte di lui aveva avuto il sopravvento.

Forse.. la paura aveva preso il sopravvento. La paura di perderla, di non trovarla più là dove l’aveva lasciata. Cominciò a correre.

Al diavolo l’orgoglio.

 

 

 

Il cappello pizzicava sotto lievemente al di sotto dei capelli cespugliosi. Un leggero fiocco di neve vi si poggiò sopra, rendendolo più bianco di quanto era già. Quel piccolo movimento, in mezzo a quel silenzio, sembrò far partire un brivido dal collo di Hermione… scese giù lentamente, lungo la schiena. Così come avrebbe voluto fare quella lacrima che premeva da sotto le palpebre chiuse.

Hermione tirò su con il naso. Non doveva piangere per quel cretino, testardo, schifoso.. ogni epiteto in quel momento sembrava adeguato. Cosa aveva fatto? L’aveva lasciata sola.. sola. Quella parola la spaventava a morte. Ma evidentemente il silenzio là intorno l’aveva esortata ad entrare nella sua testa. Cercava sempre di non pensarci, ma in quel momento com’era possibile? Come poteva non pensare alla solitudine, al fatto di essere rimasta sola ancora una volta quando.. quando ciò le si parava davanti? Quando la realtà le si era buttata contro in quella maniera? Incrociò le braccia intorno al petto, cercando di ripararsi il mento con la sciarpa dello stesso colore del cappello. Cosa.. cosa doveva fare? Mille domande entravano e uscivano dalla sua testa. Mille dubbi. Se nessuno l’avesse trovata probabilmente sarebbe morta ibernata. Cerco di scacciare i pensieri e si girò verso la macchina.

Il cofano spalancato fumava ancora. Si avvicinò.

Era.. era tutta colpa di quella carretta. Era colpa sua se adesso si trovavano in quella situazione. Per un attimo provò un impulso irresistibile di tirarle un calcio, ma riuscì a trattenersi pensando che la sua punizione l’aveva già avuta.

Lo sguardo le cadde sullo sportello ammaccato. Poi salì lungo il finestrino. Come uno scherzo del destino l’occhio le cadde sulle chiavi ancora infilate nella serratura.

Si rifiutò di trattenere lo sguardo.

Ma come un’ondata la rabbia le montò dentro. Corse verso lo sportello del guidatore, lo aprì di colpo e si mise a sedere. Strappò violentemente le chiavi da sotto il volante e riuscì. Le lanciò con tutta la forza che aveva verso gli alberi a lato della strada.

Quelle rimasero sospese per qualche secondo, poi caddero sull’asfalto ghiacciato. Quella lacrima che tanto aveva premuto contro il suo occhio riuscì finalmente ad averla vinta. E adesso scorreva lungo la guancia infreddolita di Hermione. Subito però lei la cancellò, asciugandola nervosamente con la manica del cappotto. Cominciò a camminare verso la direzione che probabilmente, dopo tanti chilometri di deserto, l’avrebbe portata a Londra.

Per quella stupida macchina.. eppure fino a quella mattina l’adorava. Adesso capiva perché era proprio la macchina di Ron. Era esattamente uguale a lui in quel momento.. non era di nessuna utilità.

Ma cosa aveva fatto per meritare tutto quello? Cosa aveva mai fatto di male? ..non c’era risposta a quelle domande. Hermione non riusciva a trovarne una. Mentre cominciava a camminare spedita, continuò a riflettere.. e a cercare risposte. Ma in quel luogo, in quel momento, in quella situazione, risposte non ce n’erano. Ma perché non aveva preso un bus? Perché non se n’era andata da sola? Lo sapeva che sarebbe finita male… anche se non pensava fino a quel punto. Non avrebbe potuto pensarlo. In fondo non era mai successo niente di simile. Evidentemente la vita le aveva riservato una delle sue sorprese… si, quelle che ti colgono quando meno te lo aspetti.

Camminava ormai da dieci minuti quando un rumore la destò dal silenzio. All’inizio lo ignorò. Un leggero borbottio non le interessava affatto in quel momento. Di qualunque cosa si trattasse. Continuò a camminare imperterrita, finché il borbottio non si fece più forte alle sue spalle.

Si voltò stancamente e intravide tra la nebbia un puntino luminoso. Si fermò per vedere meglio.

In pochi minuti una macchina blu scuro le era scivolata accanto. Riprese la sua camminata ignorandola, anche quando questa cominciò a seguirla lentamente.

Si voltò e intravide il finestrino della macchina aprirsi. Girò di nuovo lo sguardo.

-Cosa fai qui da sola?-

Una voce profonda la fece girare di nuovo. Un uomo con un cappello nero la stava guardando.

Hermione non riuscì a vedere la sua faccia, così tirò dritto. Non le importava minimamente.

-Ehi, non mi rispondi?- Continuò a camminare con lo sguardo basso. Cosa voleva questo qui adesso?

–Non ti ho mica fatto niente di male!- Continuò l’uomo.

No, in effetti.. lui non aveva fatto niente di male. Ma era troppo nervosa per poter comportarsi come una persona civile.

Si girò rossa in viso. Cerco di vedere il viso del ragazzo, ma il cappello gli copriva quasi tutta la faccia.

-..cosa vuoi?- mormorò agitata.

-Io? Niente..- Si scusò lui, -Pensavo solo che.. bè, non è da tutti i giorni trovare qualcuno che cammina da solo in mezzo a questa.. se la vuoi chiamare così-

Lei riabbassò lo sguardo continuando a camminare. No che non era da tutti i giorni.

-Vuoi un passaggio?- chiese lui improvvisamente.

-Cos..?- Hermione cercò di guardarlo in faccia. La irritava il fatto di non riuscire a vederlo. –Aah.. un passaggio-

Rifletté un istante. Era a chilometri dalla città più vicina, nevicava sempre più insistentemente, faceva un freddo cane, camminava da sola.. avrebbe potuto rifiutare? Riabbassò lo sguardo. Non sapeva nemmeno chi era. Se almeno si fosse tolto il cappello… poteva fidarsi di lui?

-Dove devi andare?- chiese.

-A… a Londra. Alla stazione.- rispose lei.

-Bè.. non dovrei andare proprio lì, ma se vuoi un passaggio non c’è alcun problema. Sul serio- Hermione intravide un sorriso da sotto il cappello.

Si fermò. Cosa aveva da perdere? Sicuramente sarebbe stato un viaggio migliore del precedente. Avrebbe potuto rifiutare… ma cosa avrebbe fatto? Se la sarebbe fatta tutta a piedi?

Annuì lentamente e si diresse verso l’altra portiera. Sentì il finestrino di lui chiudersi.

Aprì lo sportello dopo essersi voltata un’ultima volta verso il punto da cui era venuta. Chissà dov’era Ron adesso.. se ne stava andando? E se per caso tornava da lei..? E non l’avrebbe trovata? Esitò.

E lui.. era nella sua stessa situazione. Non sarebbe potuto andare più avanti di lì.

Scosse la testa. Era stata lui a cercarsela. Faceva male… ma era tutta colpa sua. Salì a bordo con lo sguardo abbassato.

-Stai tranquilla, non ti mangio- disse lui spavaldo. La cosa non spaventò affatto Hermione. La sua voce era tutt’altro che spaventante, anzi.. era tranquillizzante. Calma. Per un attimo i bollenti spiriti della ragazza si placarono. Si distese per bene sul seggiolino e si allacciò la cintura.

L’uomo premette sull’acceleratore. La macchina partì velocemente.

 

E mentre la macchina accelerava e la neve smetteva di cadere, un ragazzo correva disperato in mezzo alla strada, sperando di raggiungere in tempo lei che aveva lasciata in un luogo così lontano dai suoi pensieri, così impensabile.

Ma per un attimo fu come se fossero tornati vicini. Dall'infinito grigio della strada una folata di vento colpì in pieno il ragazzo, che per un istante credette di essere lì, accanto a lei. Un profumo molto familiare lo avvolse ed invase le sue narici, mozzandogli il fiato in gola. Si fermò improvvisamente assaporando quell' odore così dolce ma allo stesso tempo così fastidioso, finché questo non se ne andò così come era tornato. Inutile tentare di ricordarlo, se ne andò senza lasciare una minima traccia dietro di sé, là dove si trovava il ragazzo, immobile, l'espressione tesa, gli occhi freddi. Perchè se n'era andato? Adesso capiva cosa doveva aver provato Hermione.. era come lui in quell'istante, abbandonato da quel profumo che non voleva restare. Che lo infastidiva di giorno, ma lo rendeva felice di notte. Che andava e tornava in continuazione, che lo lasciava sempre lì, senza fiato. Che non se ne andava più da casa sua, nonostante la folata di vento che lo aveva portato se ne fosse andata via da un pezzo.

Ciliegia.

Ma Ron non era sicuro che quel profumo facesse parte della realtà. Poteva essere tutto frutto della sua immaginazione.. o un piccolo sogno che gli ricordasse di lei. Di Hermione.

Riprese a correre più veloce che poteva.

Corse, corse, corse, senza pensare a niente, solamente desideroso di ritrovarla e di poterla riabbracciare come faceva una volta. Quando ancora tutto era così bello.. Ron non se ne era mai fatto una ragione. La loro storia, il loro amore era finito, nessuno sapeva come. Un semplice litigio forse, lei aveva voluto cancellare tutto. Dimenticare gli anni felici che avevano passato insieme. Cosa aveva detto? Litighiamo per ogni piccola cosa.. non si può ragionare con te.. sei un testardo.. si, ecco cosa aveva detto. Che era testardo. Che non la ascoltava. Ma a Ron non importava ascoltarla.. Ron voleva solo guardarla negli occhi, carezzarle i capelli, sentire la sua pelle sotto le sue mani. Non aveva bisogno di parole per dirle che la amava. Non capiva perchè a lei importasse così tanto discutere.. certo, magari era lui che cominciava, ma lei trovava sempre i pretesti per continuare. Per lanciare accuse e dargli contro.

Non aveva capito, ma aveva perdonato. Lei era tornata da lui per chiedergli scusa, e per un attimo nel cuore del ragazzo si era acceso un piccolo barlume di speranza.. che però si era spento quasi subito, lentamente. Ignorando l'amarezza, lui la aveva abbracciata forte, mentre la voglia di dirle che non potevano rimanere solo amici lo invadeva. E così avevano continuato, lei passando tutte le mattine da casa sua e lasciando quel suo odore di ciliegia, lui continuando a rimpiangere i giorni passati con lei.

Finché quel giorno.. tutto era cambiato. E mentre Ron arrivava esausto alla sua auto, qualcosa tra di loro si riunì, come un sottile filo trasparente che li legava inesorabilmente. E che non si spezzò, neanche quando lui si accorse che lei non era rimasta lì ad aspettarlo.

 

 

La scritta blu!

^^;;;

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=28770