Frozen

di Just_Sebastian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 
 
Lastra di ghiaccio. Una fottutissima lastra di ghiaccio che non accennava minimamente a sciogliersi. Sembrava quasi guardarlo dall’alto in basso ghignando sotto i baffi e dire: “Ahah! Non riuscirai mai a sciogliermi! Sei debole e non sai controllarti! Non meriti questo potere!”. Questa era la frase che continuava a ripetersi da settimane, forse mesi. Kurt non meritava questo potere. In realtà non l’aveva mai voluto, ma ci era nato e avrebbe passato l’eternità in compagnia di esso, volente o nolente. C’era bellezza in esso, una magia meravigliosa che gli permetteva di fare cose straordinarie. Ma non c’è mai solo un lato positivo nelle cose. E quello negativo poteva veramente rovinare tutto. Doveva imparare a controllarsi o avrebbe portato la Terra in una nuova era glaciale. Le emozioni erano off-limits, assolutamente, non era fattibile. Almeno finchè non avesse trovato la Forza che avrebbe fatto sciogliere il suo operato. Si stava esercitando su quello in quel momento, ma nulla da fare. Mancava qualcosa. Qualcosa che Kurt non riusciva a comprendere nonostante ci avesse ragionato a lungo.
 
Riscossosi dai suoi pensieri, tentò nuovamente, allungò le pallide mani fino a toccare la lastra che aveva creato pochi minuti prima, per sbaglio, nel centro della sua camera, e desiderò il più ardentemente possibile che sparisse. Pensò alla forza distruttiva del fuoco, delle fiamme, di un vulcano in eruzione pronto a liquefare tutto ciò che gli si pari davanti. Poi riaprì gli occhi. Il ghiaccio era ancora lì. Non si notava alcuna differenza; tale era e tale era rimasto nell’arco di quei trenta secondi. Vedendo il risultato non provò altro che rabbia, rabbia verso sé stesso, rabbia verso i suoi poteri, rabbia verso quel dannatissimo pilastro di ghiaccio che non voleva in alcun modo lasciare questo mondo. Preso da tale ira strinse i pugni e cominciò a colpire più violentemente possibile a mani nude l’oggetto del suo tormento, finchè non vide delle piccole macchioline rosse che diventavano sempre più nitide sul suo riflesso. Si guardò le nocche e vide che erano completamente insanguinate. Imprecando sotto voce, fece un gesto con la mano e fece crescere dei piccoli cristalli trasparenti sulle ferite, in modo da bloccare la fuoriuscita di sangue. Uno dei vantaggi (seppur pochi) dell’avere quel dono.
 
Esausto, si buttò sul letto chiudendo gli occhi senza pensare a nulla in particolare, aspettando che Morfeo lo accogliesse tra le sue braccia, cosa che avvenne neanche dieci secondi dopo.
 
La mattina dopo la sveglia gli ricordò che era ora di tornare alla vita di tutti i giorni, nascondendo ogni tipo di emozione a chiunque, amici o nemici che fossero. Non poteva rischiare.
 
Un solo pensiero lo turbava: l’aver sognato due occhi di un verde assolutamente incantevole e di perdersi in essi, senza mai più uscirne.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


 
CAPITOLO I
 
 
Non si accorse neanche di essersi riaddormentato nuovamente. Si alzò molto lentamente dal letto, sbadigliando e stiracchiandosi. Fissò per un attimo il pilastro di ghiaccio che aveva accidentalmente creato il giorno prima. Era ancora lì, immobile, inattaccabile. A nulla erano serviti gli svariati tentativi. Cominciava a pensare che non sarebbe mai riuscito a sciogliere qualcosa quando  sentì una voce provenire dalla cucina di sotto: “KUUUUURT!!!! La colazione è pronta! Sono dieci volte che ti chiamo!”. Carole. Quanto adorava quella donna. Per quanto non fosse la sua madre biologica, si comportava come tale riempiendolo sempre di amore.
 
Riempiendoli d’amore, sia lui che il suo fratellastro Finn.
 
Da quando erano stati costretti alla convivenza, visto il matrimonio dei loro genitori, il rapporto che si era creato tra  i due ragazzi era diventato assolutamente meraviglioso. Certo non bisogna contare quella volta in cui Kurt stava quasi per ibernarlo perché il più grande si era lamentato dell’arredamento della loro camera. Da allora avevano deciso che fosse meglio per entrambi (più per Finn in realtà) che dormissero in camere separate.
 
Kurt aveva raccontato sia a Carole che a suo figlio dei suoi poteri, visto che durante la convivenza l’avrebbero comunque scoperto, e a parte lo sbigottimento iniziale l’avevano presa piuttosto bene. Tralasciando il “delicato” urlo di Carole quando Kurt gli aveva mostrato ciò che sapeva fare, congelando il bicchiere d’acqua dal quale la donna stava per bere. Effettivamente poteva fare qualcosa di meno appariscente.
 
Sorrise a quel ricordo. E si ricordò subito dopo che se non fosse sceso entro cinque secondi probabilmente lo strillo di quella volta si sarebbe ripetuto, con conseguenze disastrose stavolta.
 
Si affrettò a scendere le scale, quasi urtando Finn che stava andando nella direzione opposta per prepararsi per la scuola.
 
“Se non vuoi essere incenerito ti conviene correre da lei il più in fretta possibile!” gli disse, ridendo.
 
In risposta Kurt gli fece una linguaccia veloce e si sedette al tavolo.
 
“KUUUUUUUUUUUUUURT!!!!!!!!!!!!!!!!”.
 
Il ragazzo saltò praticamente in aria per lo spavento (quella donna sapeva fare certi Do di petto da far crepare i vetri).
 
“Carole sono qui!” esclamò sorridendo con un orecchio mezzo sordo.
 
“Oh eccoti finalmente! Sono tre ore che ti chiamo! Farai tardi a scuola, per l’amor del cielo!” gli rimproverò passandogli una fetta di pane tostato al burro.
 
“Che hai fatto alle mani?” chiese lei preoccupata, vedendo i cristalli azzurrini. Lui liquidò la domanda con un gesto della mano, iniziando a mangiare.
 
Guardò l’orologio e si accorse che erano le sette e quaranta. Strabuzzò gli occhi, ingoiò la fetta di pane praticamente intera e si diresse in camera sua per darsi un aspetto quantomeno decente.
 
Si guardò allo specchio e si sforzò di indossare la sua solita maschera di indifferenza e rassegnazione di sempre. Socchiuse lievemente le palpebre, strinse le labbra e quando fu soddisfatto del risultato iniziò a vestirsi. Scelse un completo azzurro e bianco, i suoi colori preferiti in assoluto, si lavò il più velocemente possibile e scese nuovamente.
 
Trovò Burt e Finn che lo aspettavano in macchina, impazienti.
 
“Ce l’hai fatta finalmente!” gli disse suo padre. L’altro gli lanciò un’occhiataccia in risposta e salì dietro.
 
“Buona giornata ragazzi!” gli urlò Carole dalla finestra, agitando la mano vigorosamente.
 
A Kurt venne da ridere a quella scena, ma si costrinse a rimanere impassibile; anche un piccolo cristallo di ghiaccio al di fuori della casa poteva essere un problema, chiunque poteva notare come fosse strano che ci fosse della neve in quelle ancora calde mattine di settembre.
 
Ovviamente nessuno poteva sapere che ci fosse uno studente del McKinley che poteva congelare qualunque cosa solo con la forza del pensiero, ma meglio non destare sospetti di alcun genere.
 
Una volta arrivati a scuola i due giovani scesero dalla macchina e salutarono molto velocemente il padre, dirigendosi poi rapidamente all’entrata. Presero i libri e si diressero in classe.
 
L’unico problema era che…
 
“Signor Hummel! Signor Hudson! Finalmente ci degnate della vostra presenza! Ora se foste così gentili da accomodarvi ai vostri posti, forse potremmo riprendere la nostra lezione!”
 
…c’era la professoressa Benner alla prima ora.
 
Kurt a quelle parole strinse i pugni e il fratello vedendo la sua reazione gli mise una mano sulla spalla per tranquillizzarlo e non fargli fare qualche pazzia.
 
A quel contatto Kurt tirò un sospiro, rilassando le spalle, dopodichè andò a sedersi al suo posto, seguito a ruota da Finn, che prese posto dietro di lui.
 
Kurt odiava quella professoressa. La odiava con tutto sé stesso.
 
No, non poteva. L’odio non era tra le emozioni che gli era permesso provare a scuola. Non lì, non in quel momento. Avrebbe sfogato la sua rabbia a casa, lui e il suo pilastro di ghiaccio maledetto. Almeno ora aveva qualcuno con cui riprendersela. Avrebbero fatto i conti dopo.
 
Neanche venti secondi dopo qualcuno bussò alla porta della classe.
 
Ah già, c’era anche un altro piccolo motivo del perché odiava così tanto quella donna.
 
“Avanti!” strillò la Benner con la sua solita voce squillante.
 
E quel piccolo, minuscolo, altro motivo stava entrando in quel momento in classe.
 
“Ciao Maman! Senti io oggi non ci sono, ci vediamo stasera, ciao ciao!”
 
Era la madre di Sebastian Smythe.
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTOREEEEEE!!!!!!!!!
 
Hola gentaglia!!!!
 
Volevo solo dire che chi ha già letto qualche mia ff sa che questo spazio è dedicato solo ed esclusivamente ai miei scleri post-scrittura (?) e chi non lo abbia mai fatto, be’, ora lo sa! XD Hahahahaha dai a parte scherzi, mi sono divertito troppo a scrivere l’ultimo pezzo, vi giuro!! E intanto passava mia madre fuori dalla camera dicendo: “Ma che te ridi?”.
Vabbè questo non c’entra niente comunque XD
Anche se effettivamente non c’è molto da dire, i commenti li lascerò a voi, sperando che ce ne siano XD Intanto ringrazio carpediem91 e Tallutina (FORZA GAGAAAA!!!) per aver recensito il precedente capitolo, ci sentiamo presto (credo, spero, vedremo, mannaggiaallostudio)
 
- Just_Sebastian 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


CAPITOLO II
 



 
Ed eccoli lì. Stramaledettissimi occhi verdi, così intensi e profondi da perdercisi dentro. Aggiungiamoci pure quel suo solito ghigno e i capelli finto-trasandati e Sebastian Smythe diventava improvvisamente la persona più bella della terra.
 
E poi quel sorriso… Quando voleva ottenere qualcosa usava sempre lo stesso, mostrando solo la parte superiore dei denti* e creando due meravigliose fossette.
 
“Sebastian ti avrò detto un milione di volte che non devi interrompere la lezione per queste cavolate!” lo rimproverò la madre.
 
Il sorriso del giovane, se possibile, si allargò ancora di più.
 
“Ma dai! Avvertire la mia cara mammina non è importante?”.
 
Seguì un secondo di silenzio. La prof diventò di un colore bordeaux, serrando la mascella e stringendo gli occhietti dietro i suoi occhiali. La classe invece scoppiò in una fragorosa risata; persino Kurt si fece sfuggire un mezzo sorrisetto, cercando comunque di darsi un contegno. Finn dietro di lui stava praticamente piangendo dal ridere.
 
“SILENZIO!” urlò la donna “Sebastian, vieni fuori con me!”.
 
Il ragazzo si voltò un’ultima volta verso la classe per bearsi della situazione divertente che aveva creato pochi secondi prima. Il cuore di Kurt perse un battito nell’attimo in cui i loro sguardi si incontrarono, e l’altro gli rivolse un ghigno.
 
No, un momento. Gli aveva appena fatto un sorrisetto strafottente? Proprio a lui? Non è che per caso lo stesse rivolgendo a qualcun altro? No no, decisamente era proprio diretto a lui!
 
Ah, quant’era bel…
 
“KURT!” gli sussurrò Finn in un orecchio e solo allora si accorse di quello che stava facendo: la mano appoggiata al suo quaderno lo stava facendo diventare un ghiacciolo alla carta.
 
Subito la ritrasse, chiuse l’oggetto in questione e lo ficcò in borsa, sperando che scongelandosi non gli rovinasse tutti gli altri libri.
 
Doveva darsi un contegno, diamine! Non doveva provare emozioni, non poteva permetterselo. Un altro errore del genere gli sarebbe potuto costare caro.
 
Ovviamente avere Sebastian nella stessa scuola non aiutava. Non che lo conoscesse più di tanto in realtà, si incorciavano nei corridoi (e in quei casi rischiava di far nevicare nel bel mezzo della scuola) o nella sua classe quando veniva a trovare sua madre o qualche suo amico. Il loro rapporto finiva lì. Non che potesse essere considerato un rapporto in realtà. Era solo uno scambio di sguardi momentaneo di neanche un secondo. O semplicemente non c’era neanche quello e Kurt si stava immaginando tutto, come suo solito. La carenza di attenzioni da parte di qualcuno lo portava a pensare queste cose. Gli mancava anche solo dare attenzioni.
 
Ma forse era megli così.
 
Se, preso da un attacco di coraggio, avesse cominciato magari a chiacchierare con Sebastian, o addirittura a provarci, probabilmente sarebbe stato preso in giro per il resto dei suoi giorni in quel maledettissimo liceo.
 
Perché Sebastian era così. Amava provocare, ma tutti sapevano che nessuno aveva la minima speranza con lui, si rischiava solo di essere bollati come “quello che ci ha provato con Smythe ma ha fallito miseramente e ora non ha più il coraggio di guardarlo in faccia”.
 
E a proposito di Smythe si sentivano ancora le urla di sua madre provenienti da fuori la porta. Stava dicendo qualcosa del genere: “Come diavolo ti sei permesso?!”.
 
Circa cinque minuti dopo rientrarono entrambi in classe e la professoressa gli ordinò: “Vatti a sedere vicino ad Hummel fino alla fine della lezione! Facciamo per bene i conti dopo!”
 
Aspetta, COSA???
 
No no no no no no, non se ne parla, io vicino a Ba… Voglio dire, vicino a Smythe non ci voglio stare! Oh Dio ora che mi invento? Stai calmo Kurt, così congelerai tutto, respira piano, oh mamma eccolo che arriva! Ragiona Hummel, ragiona! Ok si, forse così si può fare.
 
“Ehm… Professoressa? Non credo sia una buona idea, mi sa che ho un po’ di febbre e non vorrei attaccare qualcosa a qualcuno, sa!” esclamò fingendo di tossire un po’.
 
Hummel sei un fottuto genio!
 
“Oh. Be', mi spiace, ma quello vicino al tuo è l’unico posto libero al momento, quindi il simpaticone qui si dovrà arrangiare. Va’ sederti, tu!”
 
Stronza. Sei una grandissima stronza.
 
Sebastian si accomodò molto delicatamente al banco, poggiando la sua borsa da un lato e facendo un movimento con la testa a mo’ di saluto verso Kurt; in risposta l’altro gli fece un cenno con la mano, tornando poi a guardare avanti e cercando di concentrarsi su qualunque cosa che non fosse la persona vicino a lui. Prese un altro quaderno e cominciò a prendere appunti, sforzandosi di fingere che gli interessasse davvero ciò che la professoressa di francese avesse da dire.
 
Dopo una manciata di minuti Sebastian gli appoggiò un foglietto sul quaderno: “Dio Principessa sei così sexy quando prendi appunti!”
 
Ah già, Smythe era decisamente gay.
 
Kurt avvampò leggendo quel messaggio, la penna nella sua mano stava per diventare una piccola scultura di ghiaccio, quindi si costrinse a rimanere calmo ed impassibile. Decise di ignorarlo e continuare a seguire la lezione normalmente.
 
Vedendo la sua reazione Sebastian gli scrisse un altro biglietto: “Principessa sei talmente altezzosa e preziosetta che hai deciso che non merito le tue attenzioni?” .
 
A quel punto anche Kurt gliene scrisse uno: “No, mi spiace, non meriti le mie attenzioni, prova con qualcun altro, magari sarebbe felice di intrattenere una piacevole conversazione tramite bigliettino con ”.
 
Leggendo il messaggio Sebastian quasi scoppiò a ridere.
 
Ohohoh! La Principessa qui ha gli artigli eh? E giusto per la cronaca, non mi sono fatto , stavo semplicemente intrattenendo una piacevole conversazione con la mia UGF”
 
La tua UGF?”
 
Unità Genitoriale Femminile, Faccia da Checca, ti facevo più sveglio sai?”
 
Punto primo: smettila di darmi nomignoli che starebbero molto più bene a te, Mangusta.
Punto secondo: se tu parli bimbominchiese non è colpa mia!”

 
Quella “conversazione” iniziava a piacergli. Molto.
 
A quel messaggio Sebastian non rispose, si limitò a tenere un bel ghigno che avrebbe fatto invidia a una iena.
 
Sbruffone
 
Solo verso la fine dell’ora l’altro si decise a rispondergli: “È un bene che andiamo così d’accordo noi due, visto che saremo compagni fino alla fine del liceo (premettendo che tu non venga bocciato prima). Eh già, la simpaticona lì alla cattedra mi ha appena comunicato che sono stato cambiato di sezione, con tua grande gioia immagino!”
 
Rilesse più e più volte il messaggio perché non poteva crederci. No, non era possibile. Più di un anno in classe con Sebastian non avrebbe retto. Lo avrebbe preso a capocciate già dal giorno dopo se avesse dovuto dividere sette ore della sua giornata con quell’individuo.

Si prospettava un anno molto lungo…
 
 
 
*se qualcuno pensa ad un sorriso da castoro io lo strangolo.
 


SPAZIO AUTOREEEEEEEE!!!!!!!! 
 
Maronn mai fatto un capitolo così lungo, sono tre pagine e mezza di Word, Dio santo O.O Bah, non avendo nulla da fare mi sono dilungato un po’ troppo XD e comunque non so perché ma da quando ho iniziato a scrivere questa ff mi è venuto il raffreddore O.o sto cominciando a preoccuparmi. Quasi sicuramente voi direte “E STI CAZZI?” ma vabbè XD Hahahahahaha
 
Bando alle cianciacazzate, che ne pensate? È almeno fattibile come capitolo? Fatemi sapere eh che non mi accorgo degli errori se non me li fa notare qualcuno >.<
 
Ci sentiamo il prossimo capitolo (che dovrebbe arrivare domani), ciaooooo
 
- Just_Sebastian

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


CAPITOLO III
 
 



È un bene che andiamo così d’accordo noi due visto che saremo compagni fino alla fine del liceo.
 
Quelle parole continuavano a rimbombare nella testa di Kurt. Poteva esserci qualcosa di peggio del passare un intero anno nella stessa classe di Sebastian Smythe? Ah già, l’esserci vicino di banco per un intero anno. E (guarda caso) era capitato anche questo!
 
Basta, doveva concentrarsi, aveva un test di letteratura l’indomani e non poteva permettersi un’insufficienza.
 
Si costrinse a scacciare quei pensieri e rilesse per la decima volta la stessa frase di quel dannato libro. Finalmente sembrò che fosse ora di passare alla seconda riga quando sentì uno strillo proveniente dal piano di sopra: “KUUUUUURT! VIENI SUBITO QUI!”.
 
Scese in fretta e furia dal divano, gettando via il libro di letteratura, e corse su per le scale, aspettandosi il peggio. Solo in quel momento si ricordò di un piccolissimo particolare…
 
“Mi vuoi gentilmente spiegare perché la tua camera sembra il Mississippi in piena?” glii urlò in un timpano.
 
Fece un leggero sorriso imbarazzato, sperando che bastasse quello per farsi perdonare.
 
A quanto pare non bastava.
 
“È inutile che fai quella faccia, ora prendi straccio e scopettone e asciughi TUTTO!” gli ordinò.
 
Rassegnato, si rimboccò le maniche e cominciò ad asciugare.
 
Quel ghiacciolo ingigantito stava cominciando davvero a dargli sui nervi. Fino a quel momento si era sciolto solo per metà, quindi chissà quanti altri danni avrebbe fatto. Kurt non voleva neanche pensarci.
 
Tecnicamente avrebbe potuto creare anche un piccolo pupazzetto con otto braccia che lo aiutasse a fare tutto, ma poi si sarebbe sciolto anche quello, quindi sarebbe stato inutile, se non addirittura dannoso. E poi non gli piaceva molto creare delle cose che si muovevano e pochi minuti dopo si scioglievano inesorabilmente. E di certo non poteva far nevicare dentro casa solo per farli “vivere” un’oretta di più. Tralasciando il fatto che Carole rischiava di sfondare la porta con la sua furia se avesse visto un solo fiocco di neve aleggiare per il salone.
 
Decisamente non le piaceva il freddo, era più una donna che avrebbe volentieri passato buona parte dell’anno rintanata in un piccolo angolo dei Caraibi a godersi il mare e il sole.
 
Cose che Kurt, forse per natura, detestava assolutamente.
 
In ogni caso pensare al mare di certo non allietava l’asciugare tutto quel disastro, anzi.
 
Finì circa una mezz’oretta dopo, ricordandosi poi della verifica di letteratura e fiondandosi di nuovo in sala a studiare.
 
La mattina dopo…
 
Aveva studiato tutto il pomeriggio, non era possibile che quel compito gli andasse male. Si avvicinò al suo armadietto, prese i fogli per il compito e si diresse in classe.
 
...dove ovviamente lo aspettava Smythe.
 
Cercò di ignorarlo quando gli rivolse il suo solito ghigno, passando al banco dietro.
 
“Finn posso sedermi vicino a te per il compito?” chiese gentilmente.
 
“Scusa Kurt, ma ho bisogno di Rachel per fare questa verifica, ieri non ho fatto nulla” rispose l’altro.
 
Si, mi pare di aver capito quanto stessi studiando ieri dai rumori assordanti di Call of Duty.
 
“Va bene, come non detto”  e se ne tornò al suo posto vicino all’idiota.
 
“Hey buongiorno, Madame! Cercava di evitarmi per caso?” esclamò l’altro facendo un sorriso a trentadue denti. Decisamente idiota.
 
“Sta zitto Sebastian” lo liquidò l’altro.
 
“Quanto sei agitata mia cara, dovresti essere più rilassata di prima mattina, non ti fa bene tutto quel caffè che ti prendi!”.
 
Idiota al quadrato. Non prendo neanche il caffè. Ti sto per trasformare in una statuetta da mettere in camera, sappilo.
 
Però non sarebbe male avere Sebastian in camera…
 
KURT! Vergognati! Che vai a pensare?! Hai un test di letteratura cavolo, pensa a quello!
 
Neanche due secondi dopo la professoressa Donovan entrò in classe e distribuì i compiti a tutti.
 
Ok, poteva farcela, era piuttosto semplice e ce l’avrebbe fatta… Oddio mio…
 
Spiega il significato del finale del libro “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, illustrandone tutte le caratteristiche.
 
Merda. Quella parte non l’aveva neanche letta…
 
“Sei una povera damigella in difficoltà per caso? Sei sbiancato!”.
 
Figurarsi se Sebastian perdeva l’occasione di fare una MERAVIGLIOSA battuta.
 
“Per la seconda volta, sta zitto Smythe!” gli disse lanciandogli un’occhiata di fuoco.
 
Doveva risolvere al più presto quel problema.
 
Rachel era in competizione con lui dall’asilo, non gli avrebbe mai dato una mano.
 
Finn poteva avere tutte le buone intenzioni possibili, ma sarebbe stato molto più preparato su tutta la storia della Nintendo.
 
Puckerman? Ma ci aveva mai parlato?
 
Santana? Troppo stronza, sarebbe stata capace di suggerirgli sbagliato.
 
Brittany? Gli avrebbe probabilmente consigliato di disegnare l’impronta di una zampa di un gatto al posto della risposta, mettendoci tutti cuoricini attorno.
 
Sebastian? Neanche se fosse stato l’ultimo essere vivente nell’universo.
 
Per circa un’ora e quarantacinque si dedicò alle altre domande, ma poi arrivò il momento dell’ultima, ed aveva solo un quarto d’ora per farla.
 
Cominciò a pensare a tutte le possibilità, ma nessuna era plausibile e di certo non poteva inventarsi il finale di un libro senza neanche averlo letto e dare un’interpretazione così a caso.
 
“Guarda che posso anche darti una mano eh!” gli sussurrò Sebastian in un orecchio.
 
“Grazie, ma non voglio il tuo aiuto Smythe! Anche perché vorresti qualcosa in cambio e di certo non sono disposto a fare patti di alcun genere con te!”
 
“Non può essere semplicemente un atto di pura generosità?” sorrise l’altro.
 
“No Smythe, non può esserlo. Sarebbe contro le leggi vigenti della fisica” lo guardò male.
 
“Come non detto, per qualunque cosa io sono qua, tanto ho consegnato venti minuti fa!” rispose appoggiandosi alla sedia con fare annoiato.
 
Mancavano solo dieci minuti.
 
Diamine, ma non poteva capitargli un’altra domanda? Che sfortuna…
 
Continuò a ragionarci ma non riusciva proprio a ricordare nulla di nulla che fosse anche vagamente ricollegabile a quello stramaledettissimo libro.
 
Ancora cinque minuti.
 
Stava arrivando al limite della disperazione. Doveva per forza fare quella domanda, una B nella sua media non sarebbe stata affatto carina.
 
“La mia offerta è sempre valida!” annunciò il compagno.
 
“E va bene, e va bene! Dimmi come devo rispondere!”.
 
Sebastian scrisse un bigliettino e glielo passò.
 
Grazie mimò con le labbra.
 
Scrisse la risposta così come gliel’aveva suggerita l’altro e poi consegnò.
 
Un minuto dopo suonò la campanella che annunciava la fine dell’ora.
 
Kurt si alzò per sgranchirsi un po’ le gambe in corridoio, quando una mano lo bloccò.
 
“E visto che ora sei in debito, oggi pomeriggio verrai a studiare da me, visto che sembra che ti servano ripetizioni di letteratura!” esclamò tutto felice Sebastian.
 
“Non contarci, Mangusta!” gli rispose l’altro, guardandolo male.
 
“Oh invece ci conto, visto che qualcuno potrebbe dire alla professoressa che l’ultima risposta te l’ha suggerita un uccellino! Una convocazione dal preside starebbe da favola sul tuo fascicolo scolastico!”
 
“Non osare, Sebastian”
 
“Invece oserò se non ti presenterai da me alle quattro con i libri che ci servono!”





SPAZIO AUTOREEEEEE!!!!

Punto uno: SCUSATEEEEEEEEE SONO IN RITARDISSIMOOOOOOO >.<
Punto due: sclero time, yeah!
Punto tre: stavo praticamente dormendo quando mi sono messo a scrivere il nuovo capitolo, ergo potreste trovarci 30000 errori di grammatica (soprattutto perchè il mio Word è impazzito e non mi sottoliea più gli errori) e 50000 ripetizioni. Perdonate. 
Punto quattro: ringrazio quella sclerata che mi ha dato retta e mi ha fatto compagnia mentre scrivevo quest'obbrobrio e sopratutto ringrazio quelli che stanno anche solo leggendo questa storia, vi adoro, sappiatelo!
Punto cinque: ho sonno quindi concludo qui, ciaoooooo

- Just_Sebastian

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


CAPITOLO IV



Odio. Puro odio. Non riusciva a farsi venire in mente un’altra sensazione pensando a Sebastian Smythe. No, non ci sarebbe andato, era fuori discussione. Un conto erano le sei ore di scuola giornaliere, un conto era passarci un intero pomeriggio insieme per “studiare”, o almeno così è come lo definiva la Mangusta.
Kurt continuava a ripetersi queste parole facendo avanti e indietro nella sua camera.
 
Probabilmente è solo una perfida scusa per avere più tempo per prendermi in giro e fare continue battutine sulla mia “Faccia da checca”.
 
E poi perché avrebbe dovuto andarci? Bastava inventare una qualsiasi scusa…
 
Ehy ciao mi spiace ma dobbiamo rimandare, Carole non mi lascia uscire perché dice che devo studiare di più.
 
Troppo improbabile, i suoi voti erano quasi tutte A.
 
Si è schiantato un meteorite sul tetto di casa mia! 
 
L’hai davvero pensato, Kurt?
 
Devo aiutare mio padre in officina! Non posso proprio passare da te!
 
Figuriamoci, una persona come lui che aiutava in officina con motori, macchine e olio ovunque? Non ci avrebbe mai creduto…
 
Rischio di congelarti casa in un momento solo per qualche sbalzo di umore!
 
Assolutamente no!
 
A proposito di congelare, l’aria stava diventando lievemente più fresca…
 
“Oh merda!”
 
Tutto intorno a lui si era creato un fine tappeto bianco di candida neve e stava continuando a cadere ovunque! La cosa curiosa è che non c’era traccia di una nuvola nel giro di chilometri: la magia di Kurt funzionava così, spuntavano piccoli fiocchetti e cristalli a mezz’aria e poi semplicemente cadevano, senza nulla di spettacolare come dense nuvole nere che indicassero l’arrivo di un imminente bufera.
 
Dopo essere sceso in cucina prese la scopa per provare a pulire tutto prima che la neve si sciogliesse e, soprattutto, prima che Carole vedesse qualcosa di anche solo lontanamente riconducibile al freddo. Per fortuna riuscì a far sparire dalla camera tutto ciò che non fosse al di sotto dei dieci gradi.
 
Non poteva continuare così, tutto quel nervosismo non gli faceva bene. Doveva andarci, caso chiuso. L’aveva aiutato nonostante fosse la persona più egoista del mondo e gli era riconoscente per questo… E se invece fosse stata solo una scusa per sedurlo e portarselo a letto?!
 
“No Kurt, questo accade solo nelle tue fantasie!” strillò una vocina nella sua testa. In ogni caso non poteva comunque permettersi di avere un qualche rapporto sentimentale con Smythe, ne sarebbe andata di mezzo la sicurezza mentale di uno e fisica dell’altro.
 
Ma perché diavolo stava pensando a Smythe in quel modo?! Era solo una persona perversa, viscida, antipatica e arrogante; e, cosa peggiore, non si faceva minimamente problemi a portarsi a letto qualcuno solo perché gli serviva qualche favore.
 
 
Un’ora dopo…
 
 
Era fermo davanti a quella porta già da due minuti. Controllò il suo orologio: 4:01 pm. Avrebbe dovuto bussare? Forse era più facile semplicemente andarsene via, in fondo era ancora in tempo.
 
Sentì il suo telefono vibrare nella tasca.
 
- Messaggio da Sconosciuto –
 
Hai intenzione di fissare ancora per molto quella porta o ti decidi a suonare il campanello?
 
Vide Sebastian che lo fissava da una finestra al primo piano con aria molto divertita. Era stato costretto a dargli il suo numero poche ore prima per qualsiasi evenienza ma l’altro aveva preferito non dare il suo.
 
Kurt sbiancò leggendo quel messaggio, pensando per quanto ancora Smythe lo avrebbe preso in giro per quella figuraccia. Si decise finalmente a spingere quel piccolo pulsantino in ottone e pochi secondi dopo sentì lo scatto del cancello che si apriva.
 
Quello che gli si presentò davanti fu uno spettacolo: una piccola stradina mattonata partiva dal portone ed arrivava fino all’entrata della villa, ad i lati di essa si apriva un ampio giardino con svariate siepi molto curate, piccole fontane, cespugli di rose e anche un grande pesco in fiore. Sembrava di entrare in un altro mondo appena si varcava la soglia di villa Smythe.
 
Sulla porta apparve il damerino in questione, anche se ora indossava una semplice t-shirt e un paio di jeans invece della camicia e i pantaloni che di solito portava a scuola. L’altro ragazzo si stupì lievemente di quel totale cambio di look, ma non ci diede peso, era troppo immerso nell’ammirare la villa.
 
“Devo venirti a prendere io o ti muovi da solo?” gli domandò con aria seccata.
 
Solo in quel momento Kurt si rese conto di essere rimasto imbambolato con la bocca semiaperta a contemplare il giardino e, risvegliatosi da quella sottospecie di trance, si avviò verso la porta, salutando l’altro ragazzo con un “Ciao Sebastian” secco e conciso. Magari quella meraviglia aveva un po’ migliorato il suo umore, ma non poi così tanto.
 
“Sempre di buonumore vedo, eh?” lo stuzzicò il più alto. Hummel si limitò semplicemente ad ignorarlo, non aveva proprio voglia di mettersi a discutere, voleva solo che quel pomeriggio passasse il prima possibile.
 
Superò la soglia di casa e si ritrovò immerso in un grandissimo salone in cui si trovavano un televisore HD, due poltrone in pelle, un divano che a occhio e croce era all’incirca il doppio di quello in casa sua e infine un grande tavolo in mogano, probabilmente adibito allo studio. Una rampa di scale in legno portava al piano superiore.
 
“Puoi posare il cappotto lì sull’appendiabiti. Vado a prendere i libri che ci servono per studiare!” lo avvisò il padrone di casa mentre saliva di sopra.
 
Kurt seguì l’indicazione dell’altro, aspettandolo poi con ancora la borsa in spalla.
 
Quando, pochi secondi dopo, Sebastian tornò al piano di sotto rimase un momento con un’espressione perplessa vedendolo.
 
“Vuoi rimanere così impalato come una bella statuina per tutto il pomeriggio o hai intenzione di sederti?” gli chiese con tono più acido di quanto volesse, spostando una delle sedie del tavolo ed indicandogliela.
 
L’altro si ritrovò ad arrossire di colpo e si andò a sedere, posando la borsa a terra. Il più alto fece per imitarlo, ma si fermò.
 
“Posso offrirti qualcosa? Acqua, succo di frutta…?” propose.
 
“No grazie, sto bene così” rispose Kurt, un po’ troppo seccamente forse.
 
Sebastian si mise a sedere, tirando fuori il libro di letteratura.
 
- Dunque… - iniziò - io direi di fare un po’ di ripasso generale dato che a breve avremo anche un’interrogazione sugli argomenti del compito di oggi, sei d’accordo? - domandò. Kurt annuì, prendendo a sua volta il libro.
 
Ancora non gli sembrava vero di essere a casa di quel tipo, era successo tutto talmente in fretta. Prima la strigliata davanti a tutta la classe da parte della prof, poi il compito, il ricatto… Ed eccolo lì a passare un pomeriggio a casa di Sebastian Smythe.
 
Un momento!
 
- Sebastian - Kurt ruppe il silenzio che era durato per dieci minuti buoni poiché erano concentrati a leggere.
 
- Sì? - l’altro alzò il capo con aria abbastanza disinteressata. Fece finta di non notare quest’ultimo particolare e andò avanti.
 
- Ma non c’è nessun altro in casa a parte noi due? -.
 
- Mio padre è a lavoro, mia madre doveva passare da mia zia per alcune cose che non ho ben capito e di cui non mi importa molto sinceramente e mia sorella è in Francia, quindi no, non c’è nessun altro in casa a parte noi due, o almeno così sarà per minimo un altro paio d’ore, forse anche di più. Perché me lo chiedi? Avevi in mente qualcosa di interessante da fare quando si è da soli? - chiese con tono malizioso.
 
Le guance di Kurt assunsero un colorito di un bel rosso fiamma e quasi gli scappò una scheggia di ghiaccio per l’imbarazzo.
 
- No razza di depravato! - gli strillò contro per tutta risposta.
 
Sebastian scoppiò a ridere vedendolo così agitato.
 
- Mio Dio Hummel sei uno spasso! -. Ci volle una buona decina di minuti per farlo smettere di ridere come un matto mentre il viso di Kurt si faceva sempre più rosso e l’aria intorno a lui sempre più fredda. Cercò di calmarsi in ogni modo, pensando a bellissimi paesaggi formati da distese sconfinate di prati e montagne sullo sfondo mentre qualche delicata farfalla svolazzava qui e là tra i fiori… Ma poi c’era sempre quell’irritante risatina di sottofondo che faceva apparire tremenda anche la più spettacolare delle visioni. Fortunatamente proprio quando iniziava a pensare di non reggere più Smythe decise di darsi un contegno e tornò serio, anche se ogni tanto continuava a scappargli qualche sporadico ghigno, fulminato da un’occhiataccia di Kurt.
 
Dopo aver ripetuto più e più volte decisero di prendersi una pausa ma non appena Hummel vide l’orario capì che era meglio andare se non voleva far arrabbiare Carole e suo padre.
 
- Sebastian scusami ma devo scappare, non vorrei far inquietare qualcuno a casa - avvertì.
 
- Tranquillo, non c’è problema - si alzò per accompagnarlo alla porta - allora… ci vediamo domani a scuola? -.
 
Purtroppo.
 
- Già, a domani! - salutò e uscì dalla bellissima villa, avviandosi poi verso casa.
 
In fin dei conti bisognava ammettere che non era poi tanto male il carattere di quello spilungone, se si tralasciava la parte del pervertito.




SPAZIO AUTOREEEEE!!!!!
 
Ed eccoci di nuovo qui, in ritardissimo come mio solito ovviamente -.-“ dovete perdonarmi ma quest’anno tra scuola e sport non ho avuto UN SOLO momento libero. Ciancio alle bande ringrazio tantissimo coloro che stanno leggendo questa storia (un ringraziamento speciale va come al solito alla mia Tallutina che si prende la briga di recensire ogni capitolo *-*) eeeeee siccome non mi viene null’altro in mente da dire direi che vi saluto qui. Al prossimo capitolo (si spera)!
 
 
-Just_Sebastian
 
 

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