Un anno allo Shohoku - New Release

di Seiya112
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno strano incontro ***
Capitolo 2: *** Vecchi amici e vecchi nemici ***
Capitolo 3: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 4: *** Sogno o son desto? ***
Capitolo 5: *** Una serata con il club - prima parte ***
Capitolo 6: *** Una serata con il club - seconda parte ***
Capitolo 7: *** Lezioni ***
Capitolo 8: *** Rissa!!! ***
Capitolo 9: *** Ranmaru ***
Capitolo 10: *** I sogni son desideri... ***
Capitolo 11: *** The e me ***
Capitolo 12: *** Passo dopo passo ***
Capitolo 13: *** Buona Befana! ***
Capitolo 14: *** Seconde possibilità ***



Capitolo 1
*** Uno strano incontro ***


Salve a tutti. Questa storia era stata creata una decina di anni fa. Purtroppo il sito che la ospitava non esiste più, e per problemi con il computer (leggisi doppio crash del sistema e della memoria esterna) ho perso i capitoli finali, e non ricordo neppure pienamente come proseguisse. Ho quindi deciso di riprenderla in mano, e correggere quelli che erano stati i miei errori ai tempi nello scrivere la prima fan fiction. O almeno spero di riuscirci e che vi possa piacere.


Prefazione:

Il campionato nazionale in cui lo Shohoku è stato sconfitto dall'Aiwa è ormai passato. I ragazzi hanno proseguito con i loro studi. Ora Miyagi frequenta la 3a, ed è ancora compagno di classe di Ayako; il rosso, Haruko, Rukawa, e l'armata Sakuragi sono in 2a, mentre tutti gli studenti anziani si sono diplomati con buoni voti. O meglio, tutti tranne Mitsui che è rimasto bocciato.

(Certo che non capisci proprio niente... NdSary; Capirai tutto tu! NdMitchi; Sempre più di te knock!!!!!!!!!!!!! Ops, forse l'ho colpito un po' troppo forte. Mitchi, sei ancora vivo? Mi servi per la storia!!!!!!!!!!!!! NdSary; Grazie per l'interesse -__-' NdMitchi). Scusate, dov'ero rimasta? Ah, si. Cercate di essere comprensivi. Aspetto commenti, anche negativi. Mi aiuteranno a migliorare.

I personaggi appartengono a Takehiko Inoue, e io non ricavo nulla dal loro utilizzo.


Capitolo I
Uno strano incontro

Era una mattinata di aprile, la mattina di inizio anno scolastico. Le strade del quartiere residenziale erano completamente deserte, fatto salvo per i garzoni che depositavano il giornale nelle cassette delle lettere o li infilavano nei fori rotondi praticati nei muri di cinta delle ville monofamiliari di stampo occidentale. Dalla villetta bianco d'angolo, un edificio semplice che si affacciava su un piccolo giardino verde ben tenuto, allo scoccare delle 7:15 precise, uscì un ragazzo con un una divisa scolastica blu, la giacca completamente allacciata sebbene cominciasse a fare caldo e un berretto calcato sugli occhi, in apparenza rosso, ma troppo malconcio per essere sicuri che quello fosse il suo colore originale.

Chiuso il cancello dietro di sé si avviò pattinando con calma per le strade. Si diresse quindi verso la scuola che avrebbe frequentato per l'anno. Da una settimana viveva in Giappone. Era sempre stato il suo sogno poterci andare ad abitare anche solo se per poco e per questo aveva deciso di trascorrere un anno di studi all'estero. Sicuramente un'esperienza che avrebbe portato cambiamenti e che avrebbe tenuto nel cuore per tutta la vita, ma che sarebbe trascorso lontano dalla sua terra e dalla sua famiglia. Indubbiamente sapeva che sarebbe stata questa la prova più dura, non potere vedere per così tanto tempo le persone cui voleva bene, ma ne sarebbe valsa la pena poiché al ritorno in Italia avrebbe avuto un bagaglio di ricordi, e il diploma di scuola superiore acquisito all'estero. Nonostante ciò aveva ferma intenzione di terminare gli studi italiani una volta a casa. La fine dell'anno scolastico giapponese era previsto per marzo, e al ritorno in Italia avrebbe studiato duramente. Sperava di potersi rimettere alla pari con le lezioni dando un esame a Pasqua, come già aveva concordato con i professori, e poi sostenere l'esame di maturità con i vecchi compagni.

Immerso nei suoi pensieri non si accorse di aver accelerato l'andatura, e di aver percorso il chilometro che separava la casa in cui era ospite e la scuola. Nel momento in cui riconobbe l'edificio scolastico, parzialmente nascosto dietro un muretto basso di mattoni rossi. il cuore cominciò a battere a mille. La scelta del liceo non era stata casuale, quanto dovuta al desiderio di incontrare nuovamente alcuni vecchi amici.

Avanzò rasente il muro, quindi fece una curva stretta con i pattini in linea, imboccando il viale che conduceva all'edificio scolastico principale. Nel proseguire colse con la coda dell'occhio un frammento di una scena, che certo non si aspettava e lo fece rallentare. Sotto un grosso olmo, a dieci metri circa dalla posizione in cui si trovava, tre ragazzi con indosso la sua stessa divisa accerchiavano una ragazza che doveva avere all'incirca la medesima età.
Era una ragazza carina, con i capelli a caschetto castani e indossava una divisa azzurro tenue, con un fiocco rosso a chiudere la giacca blu acceso. Mentre osservava la scena la vide arretrare di un passo verso la pianta, e stringere con la mano libera dalla borsa scolastica l'orlo della gonna. Teneva il volto basso, cercando di non guardare nessuno di loro, e per un attimo incrociò il suo sguardo. Si riscosse quando notò che lo sguardo veniva ricambiato.

Il nuovo studente scosse la testa lentamente. Non era la prima volta che aveva a che fare con gente prepotente, ma non trovava più tanto divertente picchiare degli stupidi esaltati. Certo non poteva lasciarli fare, qualunque cosa avessero in mente. Come si faceva a sopportare chi se la prendeva con i più deboli? Tanto più con una ragazza che sembrava del tutto indifesa.

"Ehi voi! Si dico a voi quattro! Lasciate stare quella ragazzina oppure dovrete vedervela con me!"

Un po' melodrammatico, lo so, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente. I ragazzi si girarono verso la voce che aveva parlato. Uno dei tre, distinguibile dagli altri facilmente grazie ai lunghi capelli legati a coda, presumibilmente la testa del gruppo, atteggiò il volto ad un ghigno e latrò:

"Tu che vuoi? Vatti a fare un giro se non vuoi prenderle. Smamma!" detto questo si rivoltò afferrando un braccio alla ragazza e dandole una spinta abbastanza forte da farla rovinare a terra contro l'albero. Qualcosa nella sua testa scattò. Si rimbocco la manica sinistra della giacca, e appoggiò la cartella a terra.

"Io vi avevo avvisato..."

Con un movimento rapido fu loro addosso, assestando una ginocchiata nello stomaco al più vicino. Vide arrivare un calcio al retro del ginocchio, che parò con l'esterno del polso destro. Poi assestò un pugno nello stomaco ad un membro del gruppo non meglio identificato. Al terzo fece semplicemente uno sgambetto. Come aveva immaginato, erano degli incapaci senza un minimo di forza, o che perlomeno non si aspettavano qualcuno che reagisse a quell'ora del mattino. Erano bastati un paio di calci per mandarli al tappeto, dopo di che se la diedero a gambe levate.

La ragazza era ancora a terra e fissava il suo salvatore con gli occhi sgranati. Non era riuscita a capire cosa fosse successo attorno a sé.

"E' tutto a posto?" chiese lui in un giapponese incerto, porgendole la mano. La aiutò ad alzarsi.

"S-si, g-grazie." Balbettò leggermente. Ora che lo guardava bene, la superava di appena qualche centimetro di altezza. Che fosse un kohai? Non lo aveva mai visto prima, o almeno così sembrava, visto che il berretto compriva il volto dal naso in su, tenendo completamente coperti gli occhi e la fronte. Ciò che notò maggiormente fu la mano che continuava a stringere con la sua, piccola, forse persino più della sua, che già veniva presa in giro dalle compagne fin dalle medie per avere le mani come quelle di una bambina. E morbida.

"Bene, la prossima volta cerca di stare più attenta. Si può sapere cosa volevano quelli da te?"

"Niente" Esitò. "Cercavano un mio amico... Quando ho detto loro che non sapevo dove fosse non mi hanno creduto e non mi lasciavano andare in classe"

"Frequenti il liceo? Non andrai mica allo Shohoku?" Ovvio, trovandosi lì. Strano però, l'aveva scambiata per una ragazza delle medie. Doveva ancora perfezionarsi nell'attribuire l'età ad una orientale.

"Si. Anche tu?" Non colse lo stupore con cui le erano state rivolte le domande.

"Mi iscrivo stamattina, sono in terza. In effetti devo andare in presidenza e non so bene come arrivarci."

"Io frequento la seconda. Oh, che sbadata, non mi sono ancora presentata. Io sono Haruko Akagi. Tu come ti chiami? Non sei giapponese, vero? Però lo parli bene"

"Grazie del complimento. Infatti vengo dall'Italia. Mi chiamo....."

La conversazione fu interrotta da un ragazzo che correva all'impazzata verso di loro. Aveva i capelli rossi rasati e continuava ad urlare: "Harukinaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!!!!" Dietro di lui venivano altri quattro ragazzi. Due erano alti quasi quanto come lui, l'uno biondo e l'altro moro. Erano seguiti da un ragazzo con gli occhiali decisamente obeso. L'ultimo si avvicinò con fare rilassato, tenendo le mani in tasca. Aveva la tipica pettinatura del teppista, con i capelli tirati indietro con il gel. Però non dava la stessa impressione dei teppisti di poco prima. Aveva un'aria che faceva presagire solo grandi risate e prese in giro.

"Haruko cara, cos'è successo?" La faccia da ebete che aveva assunto si smaterializzò immediatamente quando notò la mano che ancora stringeva quella della ragazza. "E questo chi è?"

"Aspetta Hanamichi..." Haruko pronunciò quelle due parole troppo tardi. Il rosso aveva già stretto la mano sul bavero della giacca e sollevato la persona che aveva di fronte. Facendo mollare la presa alla mano della sua adorata.

"Come ti sei permesso di toccare la mia Haruko? Io ti distruggo!"

Haruko si aggrappò al braccio di Hanamichi, mettendosi tra i due e guardando il ragazzo alto negli occhi, e la voce questa volta uscì più convincente dalla sua bocca. "Hanamichi calmati, mi ha salvato. Mi avevano aggredita e lui mi stava aiutando ad alzarmi!"

"Ah, se è così l'hai scampata!" Continuò con tono spavaldo. "Grazie per aver salvato la mia Harukina. Ma non azzardarti più a prenderle la mano, intesi?" Lo mise giù.

"Scuse accettate." Si risistemò la divisa. "Comunque prima di agire è meglio se ti informi sui fatti. Per di più potevi anche muoverti, come si fa a lasciare la propria ragazza in balia di tipacci e poi aggredire chi l'ha salvata!" Rispose adirato.

Hanamichi non prese bene la provocazione, e rosso in viso un po' per l'ira, un po' per l'imbarazzo di sentirsi preso in giro davanti ai suoi amici e ad Haruko, fece quello che usava fare per risolvere la situazione a suo favore. Gli tirò una testata. O almeno ci provò... schivandolo, e finendo a terra quando un colpo inferto con la mano di piatto lo colpì alla nuca scoperta.

"Tu...." Si rialzò immediatamente, fermato prontamente, e a stento, dai suoi amici.

"Fermo Hanamichi!"

"E' caduto come un sacco di patate!"

"Dovresti provarla come nuova tecnica in campo!"

Sakuragi si fermò. Non perchè avesse ascoltato le parole degli amici, ma per ciò che aveva di fronte. Nell'ultimo movimento il salvatore di Haruko aveva perso il berretto che teneva calcato in fronte, e da esso si erano liberati davanti ai presenti dei lunghi capelli rossi legati in una coda alta cavallo e due bellissimi occhi verdi. Okusu, Noma, Takamiya e Mito non poterono credere ai propri occhi. Ad atterrare il loro capo e a far scappare a gambe levate quattro dei più pericolosi teppisti della scuola era...era sta una ragazza?! La piccola Akagi si stupì un po' meno degli altri, in effetti si sentiva in qualche modo rincuorata. Finalmente cominciava a sviluppare un po' di intuito. Hanamichi invece si fece una risata, e subito cambiò atteggiamento, dandole una sonora pacca sulla spalla in segno di approvazione.

"Non male per una femmina!" Femmina che dal canto suo si rilassò a quel segno di cameratismo, rispondendo allo stesso modo.

"Non ti ho fatto male vero? Sembri robusto"

"Il genio del basket non può farsi male. Sono un duro io"

(Caliamo un velo pietoso, conosciamo tutti l'egocentrismo di Hanamichi -__-' NdSary; Non sono egocentrico, io sono il futuro capitano! NdHana; Si certo, come no! Quando la volpe frigida sarà morta! NdSary -_- Cosa? NdRukawa)

"Ehi non guardatemi con quelle facce, sembra abbiate visto un mostro!" Sotto sotto sorrise divertita.

Il primo a riprendersi dallo stupore fu il ragazzo con la pettinatura da teppista, decisamente il più carino della compagnia. Fece un passo avanti disse con un gran sorriso: "Siamo solo sorpresi perche sei una ragazza, tutto qua. Ti credavamo un maschio, vista la divisa."

"Ah, giusto. Non avevo pensato alla divisa, per me è normale. Non mi piace vestirmi da femmina" disse la ragazza fingendo noncuranza, ma pensando tra sè che non avrebbe rinunciato ad un paio di pantaloni che le coprissero per bene le gambe per nulla al mondo. Il commento passo del tutto inosservato.

"Beh, io sono Yohei Mito e questi sono i miei amici Nozomi Takamiya, Yuji Okusu, Chuichiro Noma e Hanamichi Sakuragi. Siamo del secondo anno, classe 2A." Il ragazzo, Yohei, indicò in ordine il panzone, il ragazzo biondo e l'altro moro, oltre al già dichiarato rosso. Il primo sembrava la mente, l'ultimo l'elemento da tenere perennemente sotto controllo. Suo malgrado sorrise. Le erano in qualche modo istintivamente simpatici.

"Credo sia giunto il momento anche per me di presentarmi. Allora, dov'ero rimasta? Ah, si. Sono italiana, 17 anni, sono iscritta al terzo anno e mi chiamo Sara Cortesi, piacere."

(Ah, ah, non ve lo aspettavate vero questo colpo di scena! NdSary; guarda che era scontato -__-' NdMitchi; vuoi un'altro pugno? NdSary; No, no, dopo aver visto come sei violenta! ^^' NdMitchi; Meglio per te! NdSary)

"Piacere nostro!" risposero in coro.

"Hai detto terzo anno? Non sembravi..."

"...una sempai? Immagino me lo diranno in molti. Troppo bassa, vero?" sorrise. Mito ebbe la prontezza di togliere gli altri maschi dall'imbarazzo di una risposta.

"Ma no, assolutamente! E' che le occidentali sembrano sempre molto più giovani!"

"Si, giovani prugnette!"

"Zitta, scrofa!"

La ragazza temette di non aver capito il commento di quello che le era stato presentato come Nozomi Takamiya. O peggio ancora di averlo capito perfettamente. Al commento seguì uno scambio di insulti vari tra quattro dei ragazzi, mentre quello che le appariva sempre più come l'unico con un cervello, Mito, si teneva in disparte.

"Sei già passata in presidenza?"

"Volevo andarci ora."

"Vieni, ti accompagno"

E dicendo questo le fece strada, lasciando gli amici a continuare il loro tafferuglio. Non appena li videro allontanarsi tutti gli studenti che affollavano il cortile poterono sentire una serie di insulti rivolti al numero due della Sakuragi Gundan, che incurante proseguì la sua strada al fianco della nuova venuta. Seguito a ruota dagli altri. (Chi sarebbero gli altri! NdGli altri; Basta! NdTaka-Oku-Noma).

Fu assegnata alla sezione L e poi trascinata letteralmente sul palco della palestra di quello che scoprì essere il club di basket per la presentazione dei nuovi iscritti, dove il preside stava concludendo il suo discorso:

"Infine Cortesi-san proviene dall'Italia, ed ha deciso di trascorrere nel nostro Istituto un anno di studi. Spero che la tratterete come un'amica e la accoglierete tra di voi, facendola sentire come a casa." Un po' imbarazzata dagli sguardi che la fissavano, prese la parola.

"Spero di diventare amica di tutti e che riusciate ad accettarmi." per poi inchinarsi davanti la platea.

Ci fu l'applauso degli studenti, seguito dal comiato del preside con l'augurio di un buon anno scolastico. Sara fu presto circondata da studenti e studentesse dei tre anni, che la ricoprirono di domande di rito, senza lasciarle quasi il tempo di rispondere. Fortunatamente, vide avvicinarsi qualcuno che sperava l'avrebbe salvata da quell'orda. "Largo, largo, lasciatela passare! Cosa c'è, non avete altro da fare, branco di gatte morte!" urlò Hanamichi seguito dalla sempre presente armata.

Tutti fecero ala ai cinque, impauriti dalla voce del rosso. Si sapeva cosa succedeva a farli innervosire, soprattutto dopo la vicenda di Mistui in palestra, la stessa palestra da cui uscirono chiacchierando. Le lezioni stavano per cominciare. Haruko le presentò le sue amiche (Ve le ricordate vero? Matsui e Fuji. NdSary), che avrebbero frequentato con lei la 2F. Al secondo piano si salutarono, dopodiché si diressero tutti verso le rispettive classi, promettendosi di trovarsi per il pranzo in terrazza.

Speriamo di conoscere qualche compagno simpatico. In fondo dopo solo un'ora in questa scuola ho conosciuto quei cinque ragazzi e Haruko, pensò mentre proseguiva su dalle scale verso il terzo piano, dove sapeva trovarsi le classi terze.

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Capitolo 2
*** Vecchi amici e vecchi nemici ***


Capitolo II
Vecchi amici e vecchi nemici

La ragazza si fermò sotto la semplice targhetta di metallo che riportava il numero della propria classe.
Fissò la scritta: 3 – L. Terzo piano, classi terze. Logico in effetti. Allungò la mano verso la maniglia, incassata nella porta scorrevole. Prendere la decisione di trasferirsi in Giappone per un anno di studio era stato ironicamente più semplice. Aveva preso una decisione, e una volta deciso cosa voleva fare si era fatta trascinare dagli eventi: aveva contattato un'agenzia che aiutava gli studenti a intraprendere periodi di studio all'estero. Ricordava tutto il seguito come un rapido turbinio di eventi, tra carte da firmare e i documenti da preparare. Aveva riempito così tanto le sue giornate da non lasciarsi il tempo di pensare. E adesso si ritrovava in una nuova scuola, ad un passo dall'entrare in quella che sarebbe stata la sua classe per un anno, e si ritrovava ad aver paura. Cos'avrebbe fatto lì da sola, completamente sola? Se non fosse andata bene? Se non fosse riuscita ad adattarsi a quella vita?

Scosse la testa, rendendosi conto di essere rimasta a fissare una crepa nel legno, ingombrando l'accesso alla classe. In fin dei conti non serviva a niente agitarsi in quel momento. Era ormai troppo tardi per cambiare idea. Come sempre le succedeva, veniva colta dai dubbi solo ad un passo dalla meta. Sarebbe stato meglio non avere dubbi affatto, o farseli venire prima. Si diede della stupida tra sè. Meglio fare un bel respiro ed entrare. Toccò la porta, quando riconobbe una voce alle sue spalle.

"Finalmente hai mantenuto la promessa! Sei tornata a trovarmi." La voce proveniva da un bel ragazzo con capelli castani corti e ricci. Un orecchino a punto luce gli brillava al lobo sinistro. "Ma non mi aspettavo certo che volessi iscriverti al mio stesso liceo!" Proseguì. Senza pensarci un momento la ragazza gli gettò le braccia al collo, posandogli un bacio sulla guancia.

"Ryochan, che bello vederti, non sai quanto mi sei mancato!" Ryota Miyagi, guardia dello Shohoku e capitano, ricambiò l'abbraccio.

"Ehi, non dirmi che sei anche tu nella L, carotina." Esclamò poi, dandole un buffetto scherzoso alla guancia e chiamandola con il soprannome che sapeva farla imbarazzare. Lei rispose sbuffando.

"E invece si, mio caro, dovrai abituarti ad avermi attorno."

"Sopravviverà, non preoccuparti." La voce femminile che udirono replicare apparteneva ad una bella morettina con i capelli ricci, lasciati cadere sciolti sulla schiena. Ayako, manager della squadra di basket dello Shohoku, era sopraggiunta alle loro spalle, e le voci dei due avevano coperto il suono dei suoi passi. Non appena le due ragazze si videro tesero le braccia l'una verso l'altra in maniera quasi automatica e si abbracciarono. L'italiana era al settimo cielo per la fortuna che aveva avuto. Era riuscita a ritrovare i suoi due amici senza neppure dover andare a cercarli per tutta la scuola. Si era iscritta a quel liceo appositamente per poter frequentare quell'anno scolastico con loro, ma non riusciva a capacitarsi della propria fortuna. Avrebbe trascorso l'anno in classe con i due.

"Bene! Siamo nella stessa classe! Ora che ne direste di entrare?" propose la manager con il suo abituale piglio autoritario, scuotendo i ricci castani e aprendo la porta. Prima di attraversare l'ingresso Sara si avvicinò all'amico, sussurrandogli nell'orecchio.

"Sarai contento, sei in classe con la tua Ayakuccia"

Il ragazzo arrossì senza poter dire niente. Al loro ingresso alcuni sguardi si rivolsero verso di loro. Ignorandoli, i tre amici si diressero in fondo all'aula, dove alcuni banchi singoli non erano occupati. Erano rimasti vuoti solo quattro posti, in due file affiancate sul lato destro dell'aula. Ne occuparono tre. Ayako si sedette nel posto esterno destro, nella fila davanti, con Ryota subito dietro di lei. Sara si accomodò nel banco vuoto al fianco del playmaker. Cercò di ignorare gli altri studenti, mentre Ayako parlava a ruota libera di cosa aveva fatto da quando si erano sentite l'ultima volta tramite Skype. Tutti gli occhi erano puntati verso l'occidentale. Lei si sentiva un po' a disagio, non le era mai piaciuto essere al centro dell'attenzione in quel modo. Aveva la sensazione di essere un animale in una gabbia di zoo, con un sacco di turisti che lo guardavano incuriositi. Provò a fissarli di rimando, ma notò che tutti quando si vedevano scoperti a fissarla giravano la testa e fingevano di parlare con il compagno più vicino.

"Non farci caso, si abitueranno presto alla tua presenza, ma per ora sei una bestia rara." La manager le sorrise. "Comunque cosa fai a pranzo? Mangi con me?"

"Non so, ho già promesso a dei ragazzi che ho conosciuto stamani di mangiare con loro."

"Chi, chi? Erano carini?" Si illuminò Ayako, facendosi improvvisamente più vicina a lei. (Certo che è proprio curiosa questa ragazza! NdSary)

"Un paio si." Rispose riflettendo. "Sono di seconda. Mi hanno detto di chiamarsi l'armata Sakuragi. E con loro c'era anche una ragazza. Di nome Haruko Akagi."

Intervenne Ryota: "Allora erano quegli scemi di Mito e gli altri. Il rosso è un megalomane, gioca a basket credendosi un dio e Haruko è la sorella di Takenori Akagi, ex capitano dello Shohoku." disse tutto d'un fiato. "Devi sapere che vengono ad assistere a tutti gli allenamenti, e fanno più chiasso di quelle galline del Rukawa Shitenai!" Dopo questo commento l'espressione infastidita si espanse anche al volto della manager.

"Quella è la sorella del gorilla?" E cosa sarebbe uno Shitenai? Boh!

"Esatto."

"Non gli somiglia per niente."

Il neo capitano non ribattè ulteriormente, perchè la porta scorrevole si aprì per l'ennesima volta e fece il suo ingresso un uomo in completo ecrù, che doveva aver superato da poco la quarantina, sebbene i capelli cominciassero già ad essere brizzolati in prossimità delle tempie. Raggiunse la cattedra e vi appoggiò sopra un libro di testo. Da quella distanza non fu semplice leggere la copertina.

"Silenzio, incomincia la lezione!"

Presentò brevemente la ragazza alla classe, che comunque era tutta presente alla cerimonia di ammissione, per passare rapidamente alla prima ora di lezione: Matematica. Per fortuna, sospirò Sara. Non era così convinta di aver parlato bene in giapponese. Sicuramente non l'avevano corretta negli errori che aveva fatto per cortesia. In fondo non lo studiava da tanto e aveva paura che le potessero venire a mancare le parole o dirne di altre lingue (infatti frequento uno scientifico bilingue e oltre a italiano e a capire il latino parlo inglese e tedesco. Come vorrei saper parlare così bene anche giapponese ç___ç NdSary; Su non ti abbattere così. NdHana; Grazie, sei un'amico snif! NdSary). Almeno in matematica se la cavava e doveva parlare il linguaggio dei numeri.

 

Il professore cominciò a scrivere alla lavagna un esercizio, quando la porta della classe si aprì e andò a sbattere contro lo stipite interno. Il rumore attirò l'attenzione di tutti gli studenti, che rivolsero le teste in quella direzione. Entrò un ragazzo alto più di 1 metro e 80. Aveva i capelli tagliati molto corti, neri e arruffati. La camicia a maniche corte, portata con i primi due bottoni slacciati e senza giacca, appariva aderente alle spalle e in corrispondenza dei bicipiti. Dai muscoli doveva essere un atleta. (L'avete già riconosciuto vero? NdSary).

Il professore puntò il gesso verso il ragazzo, e lo bloccò appena entrato in classe, prima che potesse andare ad occupare l'ultimo posto vuoto senza essere visto.

"Mitsui, ti sembra questa l'ora di arrivare? Invece di bighellonare dovresti cercare di arrivare almeno puntuale alle lezioni, soprattutto visto che sei stato bocciato! Ora vai a sederti nel posto davanti alla nuova studentessa. Per oggi non ti punirò, ma che non succeda mai più."

"Va bene professore" disse il moro svogliato, stortando la bocca in una smorfia. Guardando la classe notò l'unico banco libero, e senza degnare di attenzione i nuovi compagni andò a sedersi al suo posto.

Cavolo, è così alto che non riesco neppure a vedere la lavagna. Sara dovette scansarsi un po' di lato per riprendere la visuale. Mentre gli occhi erano concentrati altrove, le orecchie erano ben tese a cogliere i bisbigli dell'amico, che all'arrivo del nuovo compagno si era sporto a dargli una pacca sulla spalla, presto seguito da un colpo inflitto dalla manager con il proprio quaderno, diretto alla nuca del ragazzo che le sedeva accanto.

"Bell'entrata in scena Mitsui, neanche dopo un'ora di scuola, già ti fai richiamare dai professori?!" disse Ryota al nuovo arrivato, fingendosi severo per la nuova posizione acquisita. In realtà stava ridendo sotto i baffi.

"Che ci vuoi fare, mi sono addormentato in cortile." rispose il moro, scrollando le spalle e dando un'occhiata dietro di sè con la coda dell'occhio. L'italiana dal canto suo sorrise tra sè, tornando a copiare l'esercizio. Magari è un giocatore del club di pallacanestro. Sarebbe una spiegazione plausibile.

La lezione proseguì senza altre interruzioni. Dopo qualche minuto Sara rialzò gli occhi, e notò il presunto compagno di squadra di Ryota girato verso di lei che le fissava i capelli. Incrociò il suo sguardo. Lui non sciolse subito il contatto visivo, e lasciò passare alcuni momenti prima di girarsi. Lei rimase a fissare la sua nuca, confusa. Quegli occhi le avevano trasmesso una strana sensazione. E aveva notato anche una leggera cicatrice sul mento del ragazzo, con tre o quattro punti ormai completamente rimarginati. Non sapeva spiegarselo, ma dopo averlo guardato non si sentiva tranquilla. C'era qualcosa in quel ragazzo di familiare. Era solo una sensazione, come un fastidio, un pizzichio lungo la schiena. L'aveva già visto da qualche parte, ma dove? All'inizio non riuscì a pescare quel ricordo dalla sua memoria. Poi cominciò a delinearsi nella sua mente la figura di un ragazzo. Capelli lunghi neri, riflessi talmente scuri sotto la luce intensa di una giornata di estate da sembrare blu elettrico. Un sorriso arrogante, divertito dalla situazione. Una cicatrice sul mento. No, non può essere proprio lui! Non nella mia stessa classe. Mi sbaglio. Cercò di allontanare quel pensiero, e concentrarsi nuovamente sulla lezione. Il professore aveva continuato a scrivere gli esercizi da fare per compito. Quanto tempo era rimasta distratta? Sarebbe stato meglio stare più attenta e non dilungarsi in altri pensieri. Col tempo avrebbe chiarito le idee.


Le ore passarono, senza che si concedesse più l'occasione di distrarsi. Di contro lui non si era più voltato verso di lei. Durante le pause si era sempre rivolto ad Ayako, raccogliendo un paio di sguardi omicidi da parte di Ryota Miyagi. Finalmente la campanella che decretava la pausa pranzo squillò. Non ce la faceva più. Gli argomenti svolti non erano difficili, ma dopo la lezione di matematica c'era stata quella di storia giapponese e non ci aveva capito quasi niente. Al massimo avrebbe potuto farsi aiutare dagli amici ma non voleva dipendere da loro e poi puntava al riuscirci da sola, magari usando il libro e un buon dizionario sarebbe riuscita a capire quasi tutto. In fin dei conti non era una stupida. Aveva sempre avuto buoni risultati scolastici.

"A cosa stai pensando Sarachan?" chiese l'amica facendola scendere dalle nuvole su cui era salita.

"Niente niente. Pensavo solo che dovrò impegnarmi per capire tutto."

"Ti capisco. Io non ci capisco niente nè di matematica nè di storia!" disse Miyagi sconsolato.

"Questa non è una novità.", lo derise lei.

"Che fai, sfotti?"

"Come potrei, ci ha già pensato Madre Natura!" e le due ragazze scoppiarono a ridere (Libera citazione di Aldo, Giovanni e Giacomo, i miei comici preferiti! NdSary). La manager riprese il controllo della conversazione:

"Allora mangi con me? Non è un problema unirsi a Sakuragi e agli altri." Intanto si alzò dalla sedia e raccolse il cestino del pranzo, avvolto in un fazzoletto azzurro con cherubini volanti che svolazzavano sulla stoffa.

"Per me va bene. Andate avanti, io intanto sistemo gli appunti e vi raggiungo in terrazza."

"Ok. Ci vediamo dopo" e dicendo questo Ayako e Ryota uscirono dalla classe.


Finì di scrivere una frase sul quaderno, diede una rapida occhiata al contenuto del libro e chiuse entrambi, riponendoli nella cartella appesa a lato del banco. Oramai tutti erano usciti per andare a mangiare, notò. Cercò il suo obento nella cartella, sperando di non averlo rovesciato. Lo estrasse, e stava per alzarsi ed andare a raggiungere gli amici quando ebbe la brutta sensazione di essere osservata. Non era da sola in classe. Ancora seduto davati a lei c'era il ritardatario, che la stava fissando con uno sguardo serio e intenso. Non avevo notato che i suoi occhi fossero blu scuro.
Sara allontanò subito quello strano pensiero. Non sopportava quello sguardo e per risposta lo fulminò con gli occhi. Guardandolo ora ne era sicura. Anche se i capelli erano molto più corti quello sguardo era identico, non poteva sbagliarsi. E come lo aveva chiamato il professore? Mitsui? Si, anche il nome corrispondeva. Era proprio lui.
Non ci sono dubbi, è proprio lei, pensò il ragazzo. La osservò ancora un istante. I capelli non erano più corti fino alle orecchie, come li ricordava. E non indossava il cappellino con visiera rosso con cui l'aveva vista la prima volta. Ma lo sguardo intenso e infiammato era uguale. Era decisamente lei.

Fu lui il primo a prendere la parola, apostrofandola aspramente:

"Ma guarda un po' chi si vede? Che ci fai qui, ragazzina?" Le rivolse un sorriso sgembo, carico di scherno. Sara notò quel sorriso falso, e si infiammò di conseguenza. Come osa chiamarmi ragazzina! Maledetto!!! Glielo farò rimangiare!

"Potrei farti anche io la stessa domanda? Ah, no, scusami, la risposta la so già. Ti hanno stangato e così sei costretto a stare in classe con una ragazzina come me!" Gli riservò poi lo stesso identico sorriso che lui le aveva rivolto poco prima, gongolando di essere riuscita a ribattergli. A Mitsui cominciò a montare la rabbia.

"Bene, vedo che la tua linguaccia non la riesci ancora a tenere a freno. Non hai ancora capito che devi avere rispetto per quelli più vecchi di te!" Il suo tono si abbassò, scendendo ad un brontolio rabbioso sulle ultime parole. Allo stesso tempo si era girato completamente verso di lei, e aveva sbattutto i palmi delle mani sul banco della ragazza. Lei sobbalzò al gesto, cancellando però rapidamente dai suoi occhi l'ombra di spavento che vi era passata. Ora anche lei si stava decisamente arrabbiando.

"Per quelli più vecchi di me? Chi intendi? Tu e quegli incapaci che ti tiravi dietro un anno fa? Non posso provare certo rispetto per un branco di teppistelli!"

"Se non sei finita in ospedale è solo perchè sei una donna!"

"Ma davvero?! Tu guarda! Se non sbaglio i tuoi amichetti erano già culo a terra prima che voi vi accorgeste che fossi una femmina!" Gli sorrise, sfottendolo. La seconda guardia strinse le mani ai lati del banco, fino a rendere le nocche bianche. Poi avvicinò il viso al suo. Se la tattica intimidatoria non funzionava con lei, meglio provare in altro modo a farla star zitta.

"Quelli erano degli incapaci. Se non ti avessi risparmiato, io ti avrei fatto molto male!" Le parole gli uscirono dalle labbra con un tono ingannevolmente dolce. Inaspettatamente per lei allungò un mano verso la sua guancia, accarezzandola. Colse il rossore che le vide propagarsi in viso, e che interpretò come una reazione alla sua vicinanza. Alcune ragazze reagivano così. A quel punto le rivolse un sorriso di scherno, lasciando il palmo a coprire la sua guancia. Lei stava bruciando di rabbia. Gli schiaffeggiò la mano.

"Toccami un'altra volta e te la stacco! E comunque ricordati che ad andarci, in ospedale, sei stato tu! Cosa ti avevo fatto con quel pugno? Ti avevo rotto la mascella? O solo mandata fuori posto?"

"Niente di tutto questo!", rispose lui piccato

"Peccato!" Ora anche lei si era alzata dalla sedia, su cui era rimasta seduta per tutta la discussione e gli si era fatta più vicina, desiderando con tutte le forze che le desse l'occasione di mollargli una sberla. Ricominciarono a litigare, e forse sarebbe passata alle mani, se non fosse entrato Sakuragi, interrompendoli. Si allontanarono di scatto l'uno dall'altra.

Mitsui si mise le mani in tasca e fissò il compagno di squadra, cercando di capire che cosa ci facesse nella sua classe. Lo vide squadrare la ragazza dai capelli rossi, e rivolgersi a lei.

"Ti stavamo aspettando per mangiare! Non vieni?"

A quel punto Hanamichi notò il tiratore da tre, che non sapeva neppure trovarsi in quella sezione. Squadrandoli si rese conto di aver interrotto qualcosa. Ciascuno evitava lo sguardo dell'altro. Sara aveva stretto le braccia attorno al corpo, e cercava di fingere interesse per il muro divisorio, mentre il giocatore stringeva a pugno la mano schiaffeggiata, concentrandosi sulla finestra dall'altra parte della stanza. Naturalmente, Hanamichi non capì nulla.
"Ah scusa Sarachan, eri in dolce compagnia." Il suo sorriso si allargò.

"Dolce non è la parola giusta" rispose lei furibonda. Ci mancherebbe solo questo!

Hanamichi non capì il tono della voce, quindi continuò ridendo.

"Forza Mitchi, vieni a mangiare con noi! Sempre che tu non abbia altri progetti in mente..." Il suo si allargò ulteriormente, passando lo sguardo dal ragazzo moro alla nuova arrivata. "Però questo non è il posto migliore per pomiciare. Love love".
Il tutto avvenne in pochi secondi. Il ragazzo moro assestò al compagno di squadra un tremendo pugno sulla testa (gorilla punch), appena prima che Sara gli mollasse un testata in fronte e lo atterrasse del tutto. Hanamichi si rialzò dopo pochi secondi, sfregandosi la testa e piagnucolando.
"Che permalosi che siete! Solo perchè vi ho interrotti! Me tapino!"

"Non hai capito niente!" "Non hai capito una sega!"

Hanamichi continuò a sfegarsi la testa "Allora non vieni Mitchi?"

Quella proposta arrivò come una frecciata per entrambi. Non bastava avere questo poco di buono in classe, pensò lei. Adesso doveva pure mangiare con lui, visto che sembrava conoscere i suoi nuovi e vecchi amici. Una giornata che era cominciata benissimo stava proseguendo in maniera atroce. Almeno avesse rifiutato.

"No Hanamichi, non ho voglia, penso che andrò un po' in cortile a prendere una boccata d'aria" esclamò il giocatore cercando inutilmente di mantenere la voce calma. Grazie, pensò tra sè la ragazza.

"Una boccata d'aria la puoi prendere anche in terrazza, anzi lì starai con amici. Andiamo." dichiarò perentorio Hanamichi, quindi prese uno per un braccio e l'altra per l'altro li trascinò letteralmente in terrazza. I due non riuscirono a reagire.

In terrazza Sara fu subito sommersa di domande e in breve tempo seppero tutti della sua amicizia con Aya e Ryota, che aveva conosciuto un paio d'anni prima, quando aveva visitato la prefettura di Kanagawa. Ma non seppero nulla del primo incontro con Mitsui. Hanamichi disse a tutti con fare pettegolo che li aveva trovati insieme, da soli in classe, e prossimi a baciarsi, e cominciò a fare congetture su cosa sarebbe successo se il grande eroe Hanamichi Sakuragi non fosse intervenuto a salvare la situazione.
(Che idiota che sei Hana.. NdA; Perchè ce l'avete tutti con me? ç_ç NdHana) Nessuno gli diede retta, tanto più che i due diretti interessati si sedettero il più lontano possibile l'uno dall'altra, e non si rivolsero una parola. < br /> Finita la pausa pranzo tutti tornarono in classe per le lezioni pomeridiane, e finite queste si trovarono per le attività extrascolastiche. Come al solito Mito & company non avrebbero partecipato a nessuna attività di club. Hanamichi, Ryota e Ayako avevano il loro bel da fare con il basket e Haruko, appena diventata seconda manager della squadra, si attaccò alla prima manager. < br /> Mitsui non disse più nulla, e finite le lezioni scappò letteralmente dalla classe. Meglio così. La ragazza sapeva che era una cosa stupida, ma si era resa conto di essersi arrabbiata fuori misura per un semplice tocco sulla guancia. Cosa mi è preso? Ho fatto il suo gioco.

"A che club hai intenzione di isciverti?" chiese Okusu riscuotendola dai suoi pensieri.

"Non so ancora. C'è un club di calcio in questa scuola?"

"Certo, ma è soltanto maschile." rispose Noma, non capendo il senso della domanda.

"C'è un regolamento che vieta a una ragazza di farne parte?" Chiese la rossa con fare distratto (Sta ancora pensando a Mitsui! NdSary)

"Che io sappia no." disse Fuji un po' interdetta dalla domanda.

"Allora vado subito ad iscrivermi. Ciao, ci vediamo dopo alla palestra di basket."

"Ma non sai neanche dov'è!" le urlò dietro Mito.
"La troverò" rispose quella correndo via.


Si iscrisse al club, non senza lasciare di stucco gli addetti alla segreteria. Sapendo che per quel giorno gli allenamenti non ci sarebbero stati, ma che sarebbero cominciati l'indomani si avviò verso la palestra del club di basket. La trovò praticamente subito e fuori dalle porte vide un sacco di ragazzine intente ad urlare. Davanti a queste si trovavano Haruko e le amiche, la prima con indosso una maglietta dei Lakers lunga e un paio di pantaloncini sportivi. Assieme a loro vide l'armata Sakuragi. Li raggiunse facendosi largo, e nel frastuono che copriva gli altri suoni, chiese chi fossero le ragazze urlanti. Rispose la seconda manager:

"Queste galline sono le fan del più bel giocatore di basket mai esistito. Oh, Rukawa." e alla piccola Akagi e i suoi occhi cominciarono a brillare, assumendo una strana forma a cuore, mentre un rivolo di bava le colava dalla bocca.

"Ma è scema?" si lasciò scappare Sara prima di potersi trattenere, guardando le amiche della ragazza.

"No, solo innamorata persa di Rukawa. Guardalo, eccolo là, il numero 11.", disse Matsui indicando un ragazzo dai capelli neri con una frangia che quasi gli copriva gli occhi. Sara lo guardò appena.

"Ma Haruko non è la ragazza di Hanamichi?" Si stupì. Forse Hanamichi non era il solo a non avere capito la situazione quel giorno.

"No, non si accorge neanche di lui, ha occhi solo per Rukawa." disse Mito squotendo la testa.

I ragazzi stavano correndo lungo il perimetro della palestra. Riconobbe Ryochan, rapidissimo nella corsa. Era davvero veloce. Accanto a lui stava Hanamichi, che faticava a stare al passo con il neo capitano. La rossa si mise a ridere. Come cavolo correva? Poi il suo sguardo si posò su un ragazzo che li aveva appena raggiunti. No, non era possibile, anche lì doveva trovarselo quel, quel, non sapeva neanche a che bestia pensare perchè le amava tutte e facendo un paragone con loro le avrebbe offese. Optò per un insulto più semplice, che stupì lei stessa. Maniaco.

"Vedo che continui a fissare il nostro numero 14, allora Hanamichi aveva ragione." disse Mito con un sorriso malizioso. La ragazza avrebbe forse colto una nota stonata nella sua voce, un po' delusa, se solo non fosse stata impegnata a maledire sè stessa per essere rimasta a fissarlo.

"Ti sbagli, mi chiedevo solo come fa un teppistello da quattro soldi come quello a far parte della squadra di basket." disse con aria schifata.

"Beh, quel teppistello da quattro soldi come dici tu era stato nominato alle medie MVP (Most Valuable Player, per i non esperti! NdSary), e dopo aver chiesto perdono all'allenatore Anzai è stato riammesso in squadra. Ora non è più un teppista, è diventato un bravo ragazzo." Mito si sentì in dovere di difenderlo. L'anno prima proprio non lo sopportava, ma era da mesi che lo frequentava, e aveva cominciato a piacergli come persona. E il tono di sufficienza nella voce della rossa lo aveva tranquillizzato non poco.

"Io ho i miei dubbi." Scosse la testa. "Scusate, ora vado a casa, sono stanca. Salutate voi tutti. Ciao!" Se ne andò via senza attendere risposta, e costringendosi a non voltarsi indietro.

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Capitolo 3
*** Incontri e scontri ***


I personaggi sono sempre di Inoue, anche se gli ho chiesto di vendermeli. Per ora purtroppo è solo disposto a prestarmeli, sigh ç___ç. Se la storia vi piace commentate. Se non vi piace, per piacere commentate: posso solo migliorare ^_^

Capitolo III
Incontri e scontri

Fece la strada di ritorno il più rapidamente possibile, pattinando alla velocità massima che le fosse consentita evitando di schiantarsi contro un'automobile. Arrivata alla villetta saltò letteralmente i gradini che portavano al piano superiore e si ritirò in camera sua, dove si spogliò, gettando in malo modo la divisa scolastica sul letto all'occidentale. La casa di cui era ospite apparteneva ai suoi zii, che gliel'avevano lasciata volentieri per quell'anno. Non che fossero veri zii, naturalmente. Si trattava di una famiglia giapponese, vecchi amici dei genitori della ragazza. Si erano conosciuti vent'anni prima, durante un viaggio organizzato in Spagna, e da allora si erano tenuti sempre in contatto. 

A distanza di qualche anno la coppia aveva avuto un figlio, Genzo, ed essendo i due ragazzi nati nello stesso anno le famiglie avevano fatto in modo di mantenere i rapporti. Così Genzo e Sara si erano conosciuti ed erano diventati ottimi amici fin da piccoli. Si trattava di un rapporto strano, quasi esclusivamente estivo, quando i genitori dei due decidevano di partire per una destinazione esotica e trascorrere le vacanze assieme. Questo almeno era avvenuto fino a che le due coppie erano giovani. Poi, con il passare del tempo si erano visti sempre più di rado. Fino a due anni prima, quando lei aveva pensato di fare una vacanza studio. E quale posto migliore da scegliere se non il Giappone, dove non era mai stata e che voleva da sempre visitare? Così aveva passato un'estate a Kanagawa. 

Più che un amico Genzo per lei era un fratello. Si erano sempre confidati tutto, si conoscevano come nessun'altro, ma ora anche lui era lontano con la famiglia, in Germania, perchè voleva diventare un calciatore professionista. Era anche per questo che amava tanto il gioco del calcio. Era lo stesso sport che il suo migliore amico praticava, e poco alla volta si era abituata, giocando con lui. Il basket invece non le piaceva granchè, non che lo odiasse, ma certo preferiva il calcio. Aveva provato a guardare qualche partita di pallacanestro in televisione, e le erano piaciute, questo sì, e avrebbe sicuramente fatto il tifo per lo Shohoku al campionato nazionale andando a vedere tutte le partite e gli allenamenti. Si, avrebbe. Non ne era più molto sicura di voler avere a che fare con il club di basket dello Shohoku. E il suo problema aveva un nome: Mitsui!

Cavoli! Perchè deve tornarmi in mente adesso quell'odioso, e rovinare tutto! Lo odio! E se ripenso a stamattina... E cominciò a ripensare. Da quando il ragazzo aveva fatto la sua apparizione sbattendo la porta, lei si era ritrovata a fissarlo, con interesse. Per un secondo aveva pensato Ecco un altro impulsivo come me. E aveva continuato a guardarlo anche dopo, quando si era seduto di fronte a lei. Aveva sorriso tra sè per come aveva risposto al professore. Anche lei avrebbe fatto lo stesso. E anche in palestra aveva continuato a fissarlo mentre giocava a basket. Non aveva mai visto qualcuno giocare dal vivo, e doveva ammettere che era bravo, ed elegante. L'aveva guardato negli occhi anche quando... Maledetto Stronzo! E io cosa faccio? Arrossisco pure... anche adesso! Penserà di aver fatto colpo quel donnaiolo, invece ero solo furente! E sorrideva pure! Non succederà più che mi faccia prendere alla sprovvista!

Inspirò ed espirò lentamente, cercando di calmarsi. Le era montata la rabbia di nuovo. Le faceva un pessimo effetto quel ragazzo. E soprattutto arrabbiarsi non serviva a nulla, se non a farla sentire male. Solo pensare a lui le aveva provocato un dolore al petto e il fiato le si era fatto corto. Come faceva a farla arrabbiare così tanto? Doveva affrontarlo. Alcune cose non si potevano cambiare. Non voleva certo rinunciare a vedere gli allenamenti di pallacanestro di Ryota, ma almeno doveva pensare a come stare nella stessa classe con quell'idiota di Mitsui senza farsi venire una crisi di nervi ogni volta che se lo trovava davanti. Probabilmente l'unica cosa che potesse fare era ignorarlo. Però se prova di nuovo a toccarmi... Si dette nuovamente della stupida. Stava continuando a pensare a quel gesto. Sicuramente si era voluto prendere gioco di lei. Come se qualcuno per lei potesse provare interesse.


Sempre maledicendosi indossò la tuta da ginnastica lunga e afferrò il pallone da calcio, che aveva lasciato vicino al letto. Uscì di nuovo di casa per andare a fare una corsa palla al piede. Aveva decisamente bisogno di correre fino a che non si fosse sfogata. Corse a lungo, girando per il quartiere dove abitava. Chissà che senza pensarci avrebbe trovato la soluzione dei suoi guai. 

Il sole stava ormai tramontando quando vide davanti a sè la spiaggia. Si ritrovò a fissare il mare, bellissimo, con le onde che si infrangevano impetuosamente sul bagnasciuga. I gabbiani volavano bassi sul filo dell'acqua, tuffandosi in acqua in picchiata per poi ricomparire alla vista, a volte, con un pesce nel becco. Guardare il mare grosso la stava in qualche modo coinvolgendo e trasmettendole la sua energia. Decise di provare qualche tiro in porta, giusto per riscaldarsi e verificare un'ultima volta di essere in forma per ciò che l'aspettava il giorno seguente. Sicuramente i compagni di squadra l'avrebbero presa sotto gamba solo perchè era una ragazza, e quindi doveva dimostrare da subito il suo valore, il fatto che non era inferiore. Quello stesso giorno, per due volte, l'avevano chiamata ragazza con quel tono che ben conosceva, quasi di compatimento. Non le importava il giudizio degli altri, il fatto che pensassero che una ragazza non fosse adatta. Voleva poter fare ciò che le piaceva. Punto. Non aveva mai sopportato le costrizioni, in nessun campo.

Scese sulla sabbia con la palla. Era deserta. Sollevò il pallone di punta, e calciò verso il nulla davanti a sè. Corse quindi a riprendere la palla, e ripetè il gesto. All'infinito. Si fermò solo quando, andando a riprendere il pallone per l'ennesima volta, fece fatica a vederlo. Il sole stava tramontando. Ed il suo stomaco cominciava a brontolare in maniera sempre più rumorosa. Corse quindi verso casa rapida, non volendo arrivare nella completa oscurità. 

Svoltando nella strada dove abitava, si trovò improvvisamente disorientata da una forte luce e andò a sbattere contro qualcosa, finendo a terra. Restò stordita alcuni attimi cercando di capire contro cosa avesse sbattuto mentre aspettava che il formicolio della caduta scemasse dalle mani e dal fondoschiena. Davanti a lei stava un ragazzo in sella ad una bicicletta scura, o almeno pareva scura alla luce del lampione, che le puntava direttamente negli occhi. Sentì una voce maschile chiederle atona:

"Hn? Tutto a posto?" Aveva di fronte il ragazzo del club di basket, quel Rukawa di cui tutte le ragazzine della scuola sembravano innamorate. Il ragazzo non accennò ad aiutarla ad alzarsi.

"Credo di sì." Si puntellò da sola sulle ginocchia, e si rialzò in piedi spolverandosi la tuta.

"La prossima volta guarda dove corri." Aggiunse Rukawa con lo stesso tono distaccato. Sarebbe colpa mia quindi?, si chiese la ragazza. Gli inveì contro.

"Io dovrei stare attenta? E tu cosa facevi su quella bici? Dormivi?"

Lui la fissò qualche secondo, come se avesse di fronte un'aliena, quindi se ne andò senza aggiungere altro. Che tipo. Ce n'è di gente strana in questo posto! E non capisco perchè tutte gli vadano dietro. Un po' troppo freddino, tipo igloo. (Chi sarebbe l'igloo? NdRu; Preferisci blocco di ghiaccio? NdSary) Beh, meglio andare a casa adesso, si sta facendo davvero tardi.


La mattina dopo si svegliò molto più tardi del previsto. Non era abituata a dover usare una sveglia; normalmente a casa la buttavano letteralmente giù dal letto. Era così tardi che dovette saltare la colazione e corse fuori in fretta e furia. Riuscì comunque ad arrivare a scuola 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni e a raggiungere la classe appena in tempo. Non riuscì però a toccare la maniglia dell'aula che la mano di un ragazzo le passò accanto e premette sullo stipite della porta, sbarrandole l'ingresso. D'istinto lei indietreggiò di un passo, urtandolo con un braccio, e sentì alle sue spalle una voce ben nota darle il suo sarcastico buongiorno quotidiano:

"Buongiorno Principessina! Vedo che anche le persone perfette arrivano in ritardo come i comuni mortali. Credevo fossi già qui da ore, anzi che dormissi addirittura a scuola per far vedere a tutti quanto sei diligente. E' bello essere al centro dell'attenzione, vero?" Sara si voltò. Il numero 14 dello Shohoku troneggiava su di lei. Bene! Già mi sono alzata con il piede sbagliato arriva anche 'sto rompicoglioni!

"Uno: Se non ti levi dai piedi sarò in ritardo! Due: Non sono io ad addormentarmi in cortile come un vagabondo! E tre: Essere al centro della tua attenzione mi preoccupa abbastanza! Sto male al solo pensiero!" Un ghigno le si delineò sul viso, poi tirò la maniglia costringendolo a spostarsi per non cadere, e la porta finì con lo sbattere.

Entrata in classe trovò i compagni ammutoliti, che li fissavano. Forse avevano alzato un po' la voce. Ayako e Ryota si alzarono e fecero per andarle incontro, intenzionati a scoprire cosa stesse succedendo. Li ignorò, anche perchè dietro di lei entrò subito il ragazzo, urlandole contro incurante degli sguardi curiosi dei compagni:

"Sai cosa mi interessa di una mocciosa come te! Se sei tu quella che mi sta sempre trai piedi! Vedi di non consumare il mio ossigeno!" Invece di dirigersi al suo posto marciò attraverso la classe, andando a sedersi sul cornicione della finestra, stringendo convulsamente i pugni. Sara avrebbe voluto ribattere, ma venne prontamente bloccata dai due amici.

"Cosa diavolo prende a tutti e due?" Ayako restò perplessa. Conosceva l'amica da un paio d'anni, ma non l'aveva mai vista reagire così con nessuno. Era davvero stupita. Neppure le volte, non rare in effetti, in cui Sara perdeva le staffe, non era mai successo che reagisse con tanto astio. Ripensandoci anche il giorno prima era improvvisamente cambiata da quando... Ayako si illuminò. Era stata normale fino a che non erano finite le lezioni mattutine, e tutti erano andati a pranzo. Che il sempai Mitsui le avesse davvero fatto qualcosa durante la pausa? Non lo credeva possibile. Per quanto l'anno prima le facesse paura, ora lo conosceva e sapeva di aver di fronte un bravo ragazzo, anche se un po' tanto cazzone. O forse si sbagliava? Mentre rifletteva Sara non aveva repplicato e si era diretta al suo banco stizzita, sbattendo la borsa scolastica a terra in malo modo. 

"Si può sapere cosa ti ha fatto?" continuò Ayako, abbassando il tono di voce. La compagna la ignorò. Mentre cercava di ottenere spiegazioni, ogni ulteriore tentativo venne interrotto dal suono della campanella.

All'ingresso della professoressa di inglese Mitsui tornò a sedersi al suo posto nero di rabbia. Non aveva rivolto uno sguardo alla rossa passandole davanti, ma l'aveva sentita chiaramente sbuffare quando si era seduto coprendole la visuale della lavagna. Sogghignò. I compagni di classe lo stavano guardando con la coda dell'occhio, timorosi. Che si impiccassero anche loro. Ignorò anche Miyagi, che cercava di attirare la sua attenzione. 

Maledetta mocciosa. Si costrinse a non girarsi verso si lei e continuare il battibecco. Fosse un maschio le avrei già fatto passare quel sorrisetto strafottente. Di tutte le scuole del Giappone proprio in questa doveva venire a trasferirsi!? Non poteva starsene al suo paese? Italia, giusto? Per fortuna che gli italiani dovrebbero essere persone solari! Questa è solo lunatica. Maledetta. Hisashi Mitsui si sfregò istintivamente la cicatrice sul mento, memoria di una stupida rissa dell'anno precedente. Si grattò sstrattamente la guancia sinistra, dove la barba stava cominciando a crescere di nuovo, nonostante si fosse rasato il giorno precedente. Era la stessa guancia dove lei l'aveva colpito ormai due anni prima. Al pensiero allontanò la mano. Quella mattina la ragazza aveva trovato un nuovo modo per farlo infuriare. Io volevo solo stuzzicarla, e lei mi ha parlato con quel tono accondiscendente che non sopporto. Come se fossi un cretino e un pervertito. E le facessi ribrezzo. Glielo farò rimangiare quel commento. Tornando a concentrarsi sulla lezione fu colto da un pensiero fugace. E' un vero peccato che sia una strega, perchè ha degli occhi così belli. Scosse la testa, dandosi dello stupido per quel pensiero.

Il capitano e la manager del club di basket capirono subito che non sarebbe stato intelligente mangiare tutti insieme per quel giorno, vedendo come certezza nel proprio futuro una nuova litigata trai due. Di mutuo accordo decisero di dividersi i due litiganti, e di mangiare lei con Sara e lui con Hisashi per scoprire qualcosa. Alla fine delle lezioni li approcciarono separatemente.

Ryota Miyagi si appoggiò mollemente sul banco di fronte al suo vicecapitano. Sbirciò il quaderno rimasto aperto sul banco del compagno. Inglese. La materia che avevano avuto 4 ore prima. Si chiedeva come fosse possibile per lui non seguire le lezioni e non essere richiamato neppure una volta dai professori. La sua fama di teppista a quanto pare funzionava ancora. La pagina bianca era coperta di spirali e altri disegni stilizzati. Qua e là emergevano alcuni ideogrammi. Li lesse di sfuggita. "Italia" "Rosso" e poi, quasi nascosti sotto da una tratto di penna premuto con forza per cancellarli dal foglio "Occhi" e "Verde". Interessante....

"Hey Mitchi!" Per un momento il compagno alzò gli occhi blu, riservandogli uno sguardo furente. Ryota deglutì. Se lo ricordava bene quello sguardo. La sua amica doveva aver fatto dei danni seri per riportare indietro lo sguardo omicida del teppista. Comunque continuò. "Ho bisogno del tuo consiglio su come gestire le matricole, mangi con me e ne parliamo, ok?" Lo sguardo truce di Mitsui non cambiò, ma almeno gli rivolse la parola.

"Perchè, oggi pomeriggio non è lo stesso?" "No." Mitsui fece per andarsene. Il playmaker lo tallonò. Anche se il ripetente cercava di distanziarlo, il capitano non gli permise di lasciarlo indietro, e alla fine il primo rallentò il passo. Ryota seguì il compagno in silenzio fino alla mensa della scuola, e prese un panino imitato dall'altro ragazzo. Poi costrinse il tiratore da tre punti a seguirlo dietro la palestra di basket. Si lasciò quindi cadere mollemente sull'erba al sole, mentre l'amico si metteva con la schiena contro un albero, all'ombra. Miyagi scartò il panino, e cominciò ad addentarlo. Mitsui lo fissò per qualche secondo, poi fece lo stesso. Passarono i minuti senza che il capitano proferisse parola. Il suo vice finì il panino per ultimo, appallottolò la carta e la lanciò nel cestino più vicino. Canestro. Lo stesso fece Miyagi, rivolgendogli un sorriso sgembo.

"Che problemi hai con le matricole, si può sapere? O era solo una scusa per appartarti con me?"gli disse strafottente l'ex MVP. Miyagi lo guardò serio, non reagendo alla frecciata.

"Mi chiedo piuttosto tu che problemi abbia con la mia amica." L'altro lo fulminò.

"Non sono affari tuoi." Miyagi esitò un attimo, guardandosi la punta delle scarpe, poi fissò profondamente il moro.

"Si che lo sono. Tu sei mio amico, e anche lei lo è. E non mi piace sentirvi urlare uno contro l'altra. Qualunque cosa sia successo. Sara in fondo è una brava ragazza." Mitsui divenne livido di rabbia.

"Non la reggo, è così difficile da capire?" gli urlò contro.

"Un giorno di scuola e la odi? Persino a me hai concesso più tempo prima di volermi pestare in terrazza."

"Si, non la sopporto! E' strafottente e arrogante."

"Non più di quanto sia tu."

"Miyagi, guarda mi sto incazzando." Il capitano lo ignorò.

"So che a volte è troppo irruenta, ma è buona. Ti chiedo di perdonarla se si è comportata impulsivamente con te. Prova a parlare con lei, vedrai che ti piacerà."

Mitsui fece per andarsene. "Non me ne frega niente di lei! E sai dove puoi metterteli i tuoi consigli?"

Ryota rise beffardo. "E tu sai che te la stia prendendo un po' troppo per una di cui non te ne frega niente?" Il ragazzo se ne andò ancora più arrabbiato, mentre l'altro restava seduto a terra facendogli ciao ciao con la mano.

Anche Ayako, andata con Sara a pranzare in terrazza, cercò di cavare il proverbiale ragno dal buco, con un po' più di successo. All'inizio i risultati furono scarsi, anzi assenti. Però, dopo aver tampinato l'amica per una mezzora, e averla esasperata con continue domande, la rossa sputò il rospo, seppure in maniera criptica.

"L'avevo già incontrato due anni fa." La ragazza prese una pausa, cercando le parole. "Era con dei teppisti come lui. E... diciamo che mi hanno dato fastidio." Strinse la mano a pugno. 

Ayako era curiosa di sapere qualcosa in più, ma vedendo come l'amica si era rabbuiata capì che non fosse il caso di chiedere altro. Le appoggiò una mano sulla guancia invece, facendole alzare gli occhi verdi nei suoi, e vi vide uno sguardo ferito, che non comprese. Le sorrise. Non aveva capito esattamente cosa fosse successo, ma non importava. Forse non si poteva proprio fare niente per farli diventare amici. Se dopo un giorno che si vedevano erano quasi già andati a botte, come farli andare d'accordo? Sarebbe stato impossibile. O forse no? Su questo rifletteva Ayako dirigendosi in palestra


Quel pomeriggio iniziarono gli allenamenti del club di calcio. Sara andò al campetto, con il berretto rosso ben calcato sulla testa. Come previsto, gli addetti alla segreteria avevano dovuto accettare la sua iscrizione, non potendo trovare alcun punto del regolamento per supportare la propria obiezione. La ragazza aveva chiesto all'allenatore di non far sapere subito ai compagni di essere una femmina. Prima voleva mostrar loro il suo gioco. Si sedette sull'erba al bordo del campo, e tolse dalla borsa gli scarpini. Per sicurezza fece un doppio nodo alle stringhe, come era solita fare.

Quell'anno non erano stati molti i nuovi iscritti. In tutto, tra anziani e novizi, erano però riusciti a formare un gruppo abbastanza numeroso: 22 giocatori, di cui solo uno portiere, il titolare. L'allenatore guardò i giocatori, quindi decise di mettere alla prova le matricole con una breve partita di allenamento. L'unico reale problema, come annunciò l'allenatore, sarebbe stato trovare un portiere per la squadra in cui erano stati inseriti i nuovi arrivati. Tra matricole e sempai nessuno parve disposto a cambiare ruolo, poichè tutti legati al proprio ruolo in campo e senza alcuna esperienza nel gioco in porta. Lei invece sì, aveva provato a giocare in porta per capire quali fossero i tiri più difficili da parare, e quindi si offerse volontaria. La partita cominciò. Sarebbe durata solo 15 minuti, giusto per vedere la capacità dei nuovi arrivati e cercare di capire quelli che non sarebbe scoppiati al primo allenamento duro.

Fu presto chiaro come il gioco dei veterani fosse troppo superiore. Erano inarrestabili. Si vedeva che il loro era un gioco più organizzato e con pochi passaggi riuscivano ad arrivare in area di tiro. Sara dava indicazioni per la disposizione in campo ma non servivano. Riuscirono regolarmente a sfondare le fila avversarie e a tirare. Purtroppo per loro l'italiana non si face trovar impreparata tanto facilmente, e in dieci minuti di gioco non erano riusciti a segnare nemmeno un volta. Mentre organizzava per l'ennesima volta la difesa comprese quanto fosse importante avere un buon portiere in squadra. Il gol dipendeva più dall'estremo difensore che dall'attaccante avversario. Sorrise al pensiero del suo migliore amico, nettamente più bravo di lei, che doveva giocare sempre in quel ruolo. Lei non ci sarebbe mai riuscita. Stava già scalpitando. 

Dopo 15 minuti la partita non si era ancora sbloccata. Doveva fare qualcosa. Non poteva bastare il non aver preso gol. L'ultima azione del bomber avversario finì facilmente tra le sue braccia, e lo ripasso ai suoi. Niente da fare, pensò sconfortata. Se l'erano fatta fregare di nuovo. No, una delle matricole, quello che aveva cercato per tutto il tempo di andare a rete ma non aveva avuto un buon sostegno dai compagni si era impadronito in scivolata del pallone. Mancava pochissimo alla fine dell'incontro. Le balenò alla mente un'idea. Urlò a tutte la matricole di fare catenaccio davanti alla porta e si mise lei a correre verso il compagno col pallone che stava cercando di evitare i veterani. Questi ultimi non si accorsero di nulla. Il ragazzo la vide arrivare e capì al volo cosa voleva fare (Per lo meno uno che ha un cervello c'è! NdSary): in due si aveva più possibilità di segnare e il catenaccio avrebbe bloccato un eventuale contropiede dando il tempo al portiere di tornare trai pali. 

Le passò la palla e si liberò dei marcatori. Con una triangolazione erano arrivati davanti al portiere. Il ragazzo stava per tirare e il portiere era saltato nella sua direzione ma era una finta, un passaggio che Sara intercettò colpendo di testa e insaccando la palla alle spalle del portiere. La partita si concluse sull'1-0 per le matricole. Tutti i compagni furono loro addosso, con l'aggiunta dei compagni anziani. Trai complimenti fatti ai due ragazzi, Sara si tolse il berretto piegando un angolo della bocca verso l'alto in un sorrisetto. Ammutolirono. Ormai dopo quell'azione non potevano più dire niente sulla sua entrata in squadra. Ce l'ho fatta, pensò felice.


Gli allenamenti durarono ancora per un paio d'ore. I più giovani erano spompati ad eccezione di due (Le solite eccezioni! ^__^ NdSary) L'allenatore li congedò, dando appuntamento era per il giorno dopo alle 15. Sara uscì dagli spogliatoi per ultima, incrociando il compagno che le aveva fatto l'assist in area. Lo squadrò: 1 e 70, capelli castano chiaro, occhi neri. Un sorriso allegro e uno sguardo intelligente. Le porse inaspettatamente la mano.

"Bel gol! Io sono Yukifune Kenji, piacere!"

"Io sono Sara, piacere mio! Non male neanche il tuo passaggio." Strinse la sua mano con forza, volendo dare un'ennesima prova del non essere inferiore ad un maschio. Cosa inutile in effetti, perchè il ragazzo che aveva di fronte non sembrava avesse bisogno di conferma alcuna.

"Allora sei tu la studentessa europea... dovevo immaginarlo sapessi giocare a calcio."

"Non è così tanto diffuso tra le ragazze come credi."

"Sempre più che qui."

Continuando a parlare si avviarono. Solo quando furono arrivati davanti alla palestra di basket capirono di avere la stessa destinazione. La ragazza scorse le amiche di Haruko intente a chiacchierare guardando i giocatori e prendendo in giro la terza. Quando li scorsero la più alta delle due, Fuji, si diresse verso il ragazzo.

"Ciao fratellino, come è andato l'allenamento?" "Tutto bene."

Assistettero agli allenamenti fino alla fine, cioè per 20 minuti circa. Nonostante cercasse di evitarlo, si ritrovò a fissare di nuovo Mitsui. Le tornarono in mente le parole di Mito del giorno prima. Effettivamente poteva credere che fosse stato nominato MVP, ma che ora fosse un ragazzo tranquillo, questo no. Appena arrivata in classe l'aveva aggredita e la situazione non si decideva a cambiare. Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse neanche di ostruire l'entrata della palestra all'allenatore Anzai.

"Mi scusi signorina, dovrei entrare in palestra.", disse l'uomo con i baffetti bianchi alla ragazza.

Svegliatasi dal suo torpore la ragazza si fece da parte scusandosi. Era così presa a fissare il gioco di Mitsui per trovarci qualche difetto che non aveva sentito neanche gli strattoni di Kenji.

Appena entrato il vecchio allenatore fu circondato dai componenti della squadra. Mitsui fu il primo ad andare verso di lui salutandolo cordialmente e chiedendo come stesse.

Certo che si interessa, pensò la ragazza, sta facendo il leccapiedi per non farsi buttare fuori di nuovo. (Certo che sono cattiva a volte! NdSary)

All'ingresso dell'allenatore l'allenamento terminò, e i ragazzi andarono a farsi la doccia.


Prendendo la stessa decisione del giorno prima Sarachan andò a correre. Le faceva bene stare all'aria aperta. Avevano sempre cercato di insegnarle ad uscire un po', ma difficilmente aveva ascoltato. In realtà era molto pigra. Il calcio era l'unica attività che riuscisse a praticare fuori casa. Normalmente restava in casa tutto il giorno china sui libri a studiare e studiare, da sola. Non usciva molto, e non vedeva altri che la sua migliore amica, la sua sorellina. Tranne quei pomeriggi allegri a scherzare, le sue giornate trascorrevano tra studio e riposo. Le uniche cose che riuscivano a fare compagnia erano i manga e il caro vecchio pallone (Per la serie Boru wa tomodachi, il pallone è il mio migliore amico! NdSary) Ora però era in un paese straniero, e doveva cercare di vivere l'esperienza al meglio, divertirsi e dimenticarsi dei problemi.

Al ritorno la scena della sera precedente si ripetè. Di nuovo quel Rukawa l'aveva sbattuta per terra, questa volta a piedi, e si stava allontanando senza chiedere neanche scusa. La ragazza lo superò di corsa, e gli si parò davanti.

"Ehi tu, potresti anche essere più educato. Non crederti superiore agli altri solo perchè sei corteggiato da tutta la scuola."

Il moro la fissò, inespressivo.

"Tu mi sei venuta addosso. E poi quelle mi disturbano e basta." e se ne andò.

Sara lo rincorse.

"Se ti disturbano mandale via! Sai che non sei per niente educato? Non capisco come si faccia ad innamorarsi di uno come te. Cosa ti credi, un dio?"

Lui si voltò verso di lei, e socchiuse gli occhi con stizza.

"Non ho chiesto io di averle attorno. Comunque se ti sto così antipatico perchè mi segui?"

"Io non ti seguo, sto andando a casa"

Kaede Rukawa fece spallucce a quella risposta e accese il walkman. Lei continuava a camminargli di fianco. Cominciò a canticchiare una canzone, la stessa che sentiva provenire dalla cuffie.

"Stai ascoltando gli Oasis? Ti piacciono?"

"Si." Rispose snervato in ragazzo.

"Anche a me. Qual'è la tua canzone preferita?"

"All around the world."

"Non è possibile, è anche la mia!" strillò lei eccitata. "Puoi porgermi un auricolare, tanto facciamo la stessa strada."

"Non ti ero antipatico?" Rukawa sollevo un sopracciglio. Non risciva a capire i cambi d'umore. Gli ricordava Sakuragi.

"Io non l'ho mai detto. Mi sembravi solo troppo distaccato." 

Lui le porse l'auricolare.

Mentre ascoltavano la musica continuavano a camminare. 
Ad un certo punto Kaede si fermò.

"Io sono arrivato." viveva in una casa con un bel giardino che la circondava, con due piante di ciliegio e un laghetto (Avete presente casa Tendo in Ranma ½? Beh, stessa tettoia con laghetto. NdSary)

"Allora ciao. Ci vediamo domani a scuola.", disse la ragazza allontanandosi. Lui le rispose semplicemente con un cenno della mano.

Era riuscita a strappare un paio di parole al tenebroso dello Shohoku. In fondo non era così spiacevole stare con lui. Doveva essere uno di quei tipi che stanno bene da soli e che non si riescono a sentire parte di un gruppo. Magari si sentiva solo solo, ed era per questo che reagiva con tanta freddezza. Chissa!

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Note dell'autrice:

Volevo ringraziare in queste note Zakurio e Snow_Flake , che hanno commentato questa fan fiction. Mi ha fatto davvero molto piacere. Spero tanto che questo capitolo e i prossimi vi piacciano. Cercherò di postare più spesso. Fatemi sapere cosa ne pensate.

Arigatou gozaimasu

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Capitolo 4
*** Sogno o son desto? ***


Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione del capitolo. Ho dovuto rifletterci parecchio e riscriverlo non so più quante volte. Ripetiamo di nuovo: i personaggi non mi appartengono, sono di Inoue sensei.

Capitolo IV

Sogno o son desto

Sara si svegliò di soprassalto, alzandosi seduta sul letto. Aveva gettato indietro le lenzuola sottili in cui si era avvolta durante la notte, per ripararsi dal gelo notturno che ancora tornava a infastidirla, per quanto fosse metà aprile. Le pulsava leggermente la testa, sicuramente un brutto strascico del brusco risveglio. Si concentrò meglio sulla stanza, che riconobbe essere quella degli ospiti, nella casa dell'amico. In un primo momento, guardandosi attorno, aveva avuto la pessima impressione che Genzo le avesse lanciato qualcosa addosso per svegliarla. Come sua pessima abitudine. Ma lui non c'era. 

I ricordi poco alla volta tornarono. La prima settimana in Giappone era trascorsa, ma continuava ad avere la strana sensazione di trovarsi nel posto sbagliato, per quanto tutti facessero in modo da farla sentire a suo agio. E quando i ricordi tornarono del tutto non riuscì a non pensare che in fin dei conti non era proprio gradita a tutti, in quella città. Sbuffò spazientita a quel pensiero. Poteva impiccarsi per quanto la riguardava. Però allo stesso tempo, lì da sola nel letto, ammise che un po' le dispiaceva non riuscire ad andarci d'accordo. Nonostante tutto. Nonostante tutto!? Richiuse gli occhi e si sdraiò di nuovo, coprendosi il viso con una mano. Devo essere impazzita. Mi sto ammorbidendo troppo a stare qui. E la solitudine gioca brutti scherzi. Infatti si sentiva tremendamente sola. Non le piaceva stare in quella casa, non senza la sua famiglia. Se anche solo Genzo fosse stato lì sarebbe andato tutto meglio. Invece no. Doveva partire per la Germania proprio l'anno in cui lei andava in Giappone! Si sentì subito in colpa per quel pensiero. Era giusto che facesse la sua vita e realizzasse il suo sogno. Anche lei voleva riuscire nei suoi intenti, ma non sapeva quanto sarebbe riuscita a rinunciare alla sua vita in Italia per questi. Proprio non lo sapeva. Alternava momenti di fiducia assoluta nelle sue capacità con altri in cui avrebbe rinunciato a tutto pur di poter essere a casa. Ed era solo per un periodo di un anno. Figurarsi se fosse durato di più...

La sua attenzione era stata completamente rapita da questi pensieri, quando un rumore secco, come di qualcosa che cadesse a terra, la riscosse. Voltò la testa di scatto. Il cestino della carta, posizionato nell'angolo più angusto della camera da letto, proprio a lato della scrivania di legno di pino, era rovesciato a terra, con il fondo verso l'interno della stanza.

Che strano... Non mi ero accorta che fosse caduto ieri sera

Sentì un altro rumore, come di qualcosa che grattasse all'interno del secchio rovesciato. A quel punto scese lentamente dal letto, corrucciando le sopracciglia, e cominciò ad avvicinarsi pian piano al tavolo, incuriosita. Ad un metro di distanza sentì il rumore interrompersi. Sbirciò in avanti, facendo un altro passo, e quasi le venne da ridere quando vide un grosso batuffolo di pelo agitarsi a destra e sinistra freneticamente. Non riuscì a trattenere un sorriso. Si abbassò e tirò il cestino verso di sé, liberando quello che sapeva essere il fautore del rumore improvviso. 

Si trovò davanti un micione beige, con una singola macchia nera che gli sovrastava l'occhio sinistro. Aveva il pelo tutto arruffato, e il muso sporco di segatura fine del pastello rosso che aveva temperato la sera precedente. Per qualche strano motivo le ricordò un attore mascherato del teatro Kabuki. Uno di quelli che interpretavano i ruoli femminili, come in "Una ragazza alla moda"*. La stava guardando male. Lei scoppiò a ridere pensando a quell'espressione da donna stizzita sul muso del gatto. E l'espressione dell'animale, come se avesse capito che stava ridendo di lui, si fece ancora più cattiva.

"Scusa micetto! Ma sei troppo buffo!" Si sedette a terra bruscamente, continuando a ridere di gusto. Il gatto si pulì il muso con la zampa, dopo di che le girò attorno tenendo le distanze, saltò sul letto e da lì sul davanzale della finestra, che la ragazza aveva dimenticato socchiusa la notte precedente. Ecco cosa mi ha svegliata. Continuò a ridere come una stupida, sul pavimento di legno della camera, sfogando un po' la tristezza che l'aveva assalita.


Quella mattina arrivò a scuola con calma, ripassando mentalmente gli schemi provati durante gli allenamenti. Si era ambientata benissimo nella squadra, e in classe e nei corridoi non veniva più additata, fortunatamente. Sgonfiato l'interesse iniziale tutti erano tornati alla loro routine quotidiana. Il club di calcio si stava preparando per il campionato nazionale e con il passare dei giorni l'allenatore aveva intensificato gli allenamenti, all'inizio molto blandi. Come conseguenza, molti dei nuovi iscritti se ne erano andati. Tra i pochi rimasti c'erano lei e Kenji, che pian piano si erano integrati nella squadra. Aveva temuto ci sarebbe voluto più tempo, ma al contrario i compagni l'avevano ben accettata. Kenji era realmente bravo. Se si fosse impegnato sarebbe diventato davvero bravo, magari anche un campione.

Anche alla squadra di basket andava tutto bene. Gli allenamenti in vista delle eliminatorie proseguivano, e poco alla volta aveva imparato a conoscere tutta la squadra, passando molto tempo in palestra con Mito e gli altri. Era riuscita ad instaurare un rapporto anche con Rukawa, con cui aveva cominciato a fare jogging alla sera prima di cena. Delle corse molto silenziose a dire la verità. In classe Ayako continuava a rimproverare il povero Ryota, discussioni che continuavano anche in palestra perchè il ragazzo sembrava non avere abbastanza polso con le matricole. (Non che non se lo meriti, ma a volte lei esagera! Povero Ryochan! NdSary) Sara avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma non era ancora riuscita a capire cosa l'amica provasse, quindi non interferiva, per quanto cercasse di convincere Miyagi a dichiararsi alla manager. Purtroppo tutto fiato sprecato. Era veramente troppo timido.

Lei e Mitsui invece cercavano di prestare attenzione l'una all'altro. Per quanto possibile. Durante le lezioni e in palestra risultava abbastanza semplice, cercando di concentrare la propria attenzione su Ayako o su Kenji, che la seguiva ad ogni allenamento del club di basket. Per evitare nuovi contrasti con il teppista, lei face in modo di non arrivare più in ritardo, cosa che lui sembrava fare apposta, non si capiva bene se per abitudine o per evitarla. Al suo ingresso andava direttamente a sedersi, facendo attenzione a non guardarla nemmeno con la coda dell'occhio, come indossasse dei paraocchi.

Quella mattina, la pace (apparente) della loro convivenza forzata fu però minata da un annuncio, quello delle coppie per la pulizia delle classi.

"Kobayashi e Miyagi."

"Kuroshigi e Sorawi."

"Mitsui e Cortesi."

Sara sbuffò esasperata. Naturale: la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo. Si era aspettata la stessa reazione anche dal ragazzo di fronte a lei, invece l'annuncio era stato accolto dal gelo più assoluto. Solo alla fine delle lezioni Mitsui si era avvicinato alla capoclasse, una ragazza alta, con i capelli lunghi neri raccolti in una treccia, e una frangia corta.

Sara continuò a parlare con Ayako come se nulla fosse, stando però ben attenta ad ascoltare la conversazione. La manager, curiosa, fece altrettanto.

"Devo per forza farci copia? Non potrebbe fare tutto lei? Sai bene che non verrò ai turni di pulizia!" Il ragazzo parlò con voce seccata alla capoclasse. La ragazza, dal canto suo, gli rispose sottovoce, ma con un inflessione gelida che lasciava pochi dubbi:

"Se non ti presenti, lo farò presente ai dirigenti scolastici. E sai quanto un'altra nota negativa influirebbe sulla tua promozione." Poi aggiunse, sorridendogli malevola:

"Lavorare vi permetterà di superare i contrasti. Sarete perfetti assieme."

L'espressione trucida che Sara rivolse alla capoclasse fece scoppiare Ayako in una fragorosa risata. E passato neppure un minuto da quando si era alzato, il cestista tornò al suo posto, afferrò qualcosa dalla cartella, e rivolse alla straniera uno sguardo arrabbiato, affrettandosi fuori dall'aula senza ribattere. Lei si voltò verso l'amica.

"Cos'ho fatto questa volta?" La manager ridacchiò tra sè.

Sara decise che non gli aveva più rivolto la parola. Non ammise con Ayako però il reale motivo: l'aveva ferita sapere che la disprezzasse così tanto da non poter stare neppure una mezz'ora con lei. Non che la stupisse, ma le faceva male. In fondo è naturale, dovevo aspettarmelo. E non capisco perchè mi dispiaccia.


"Rukawa!" Il professore di inglese del secondo anno, ormai sul'orlo di una crisi di nervi, lanciò il cancellino contro il ragazzo dai capelli scuri, che anche dopo il terzo richiamo aveva continuato a dormire con la testa appoggiata sul banco. Il giocatore sollevò la testa, fissando assonnato davanti a lui, senza veder niente. Lentamente si stropicciò gli occhi e di guardò attorno. Capì di essere in classe, e vide il professore. Quindi si rimise a sonnecchiare.

"Teppista! Svegliati subito! Ti boccio quest'anno, mi hai sentito?"

Il suono della campanella trovò l'algido numero 11 ancora sonnecchiante. Aprì un occhio, sincerandosi che le lezioni fossero finite. Si stiracchiò per bene, aprendo la bocca in uno sbadiglio. Scostò poi la sedia dal banco e prese dalla cartella gli spiccioli per il pranzo, avviandosi alla porta. Sentì una mano tirargli la camicia, inizialmente piano, poi con più forza. Si girò.

"Hn?" Davanti a lui un ragazza, con il caschetto nero e un evidente rossore, aveva rapidamente ritratto la mano che l'aveva tirato. Lo fissò per un decimo di secondo, quindi abbassò lo sguardo. Dietro di lei due amiche la spinserò leggermente, incoraggiandola.

"Scusami Rukawa....", cominciò con una voce timida.

"Hn!" I suoi occhi non abbandonarono quelli della ragazza che gli aveva rivolto la parola. La quale resse il contatto visivo per altri brevi istanti, per poi trovare molto più interessante la punta delle proprie scarpe. Continuò senza rialzare lo sguardo.

"Mi chiedevo se...cioè, per quello che ha detto il professore...Volevo dirti che visto che sono la capoclasse potrei aiutarti io a rimetterti in pari con inglese."

"Una capoclasse di prima non può aiutarmi." E si girò per andarsene, ignorando i balbettii della ragazza, che era in classe con lui dall'anno precedente.

"Però è vero, dovrei trovare qualcuno delle mia classe che mi insegni."

Mentre Sara scendeva le scale del primo piano per dirigersi in cortile, si trovò la strada sbarrata da uno strano Rukawa, che la guardava con uno sguardo molto più sveglio e attento del solito.

"Ciao Kaede!!!", gli disse allegra.

"Ciao.", rispose lui con la sua abituale espressione seria. "Devo parlarti."

La ragazza rimase interdetta. Era la prima volta che si rivolgeva a lei in maniera diretta. Normalmente rispondeva solo se interrogato. E a monosillabi. Lui, senzaa aggiungere altro, si voltò cominciando a scendere le scale. Curiosa di indagare il motivo della novità lo seguì.

La condusse attraverso il cortile della scuola, fino a sedersi su una panchina discosta dalle altre, proprio dietro l'edificio scolastico principale. Lei gli si sedette accanto, accavallando le gambe e poggiando un gomito sul proprio ginocchio. Rukawa creò il silenzio attorno a sè. Per poi iniziare a parlare inatteso. 

"So che tu sei brava a scuola." 

La fissò quasi senza sbattere le ciglia. Lei mantenne lo sguardo su di lui, chiedendosi dove volesse andare a parare.

"Si, me la cavo, se è questo che intendi. Perchè?"

"Io no." Mmmmh. Fin qui c'ero anche io. Sapendo quanto dormi... Sospirò. Negli ultimi giorni aveva dovuto imparare a condurre una conversazione che sembrava molto più un monologo.

"Quindi? Vuoi una mano?" Il ragazzo annuì. Con lei aveva bisogno di poche parole. E questo lo apprezzava.

"Inglese." La ragazza alzò le spalle, ad indicare che per lei faceva lo stesso.

"Per me va bene." Fu Rukawa di contro che si sentì in dover aggiungere particolari.

"Non deve venirlo a sapere nessuno. Intesi?"

"Perchè? Niente Maccheficcomicificco?", chiese lei alzando un sopracciglio e lanciandogli uno sorriso di scherno, all'orrendo ricordo delle ragazzine urlanti che si affollavano a vedere gli allenamenti del club maschile. Lui la fulminò.

"Non voglio che quelle stupide ragazzine ci disturbino. Non voglio essere bocciato.", tagliò corto lui.

"Ok! Quando cominciamo?"

"Ne parliamo dopo gli allenamenti." Non aspettò risposta prima di andarsene. La ragazza scrollò le spalle, rassegnata alla lunaticità del vicino. 

Voltando la testa verso le classi avvistò facilmente una testa rossa che faceva capolino tra la folla. Rukawa gli era passato di fianco, urtandolo e quasi sbattendolo per terra. Secondo me lo fa apposta per provocarlo, non può non averlo visto, pensò Sara tra sè. Hanamichi la stava aspettando, quindi affrettò il passo. Sicuramente li aveva visti insieme e aveva cominciato ad augurare al compagno di squadra ogni sfortuna.

"Muori Rukawa!!!" Repentinamente come aveva iniziato, cambiò espressione nel rivolgersi a lei, assumendo un professionale fare investigativo. (Aveva tirato fuori da chissà dove una pipa e un cappello con paraorecchie. NdSary; Che idiota! NdRu)

"Non è che anche a te piace quell'idiota, vero!?"

"Non dire stupidate. Siamo solo amici."

"Solo amici, eh? Cosa avevate da dirvi così di nascosto?"

"Questi non sono affari tuoi! Ma qui in Giappone siete fissati? Non si può parlare con uno senza che stiate assieme?" Si scaldò, e detto questo la ragazza si allontanò verso gli altri che stavano già mangiando, lasciando Hanamichi a chiedersi cosa avesse detto di male.




L'azzurro del cielo risplendeva sfocato, per la troppa luminosità del sole di agosto. Un chiarore così accecante risultava del tutto irreale, anche per la più afosa delle estati. Mi schermai gli occhi con le dita, guardando in alto. Un aereo stava lasciando una scia quasi invisibile in quel cielo bianco. Scia che andò a mescolarsi con la mia ultima boccata di fumo. Gettai la cicca e terra, e spensi la sigaretta con la punta delle scarpe di scuola. Chisse ne frega se si rovinavano, tanto ero in vacanza, e anche se non lo fossi stato, a scuola ero segnato assente per malattia. Eppoi, al diavolo tutti. Che si impiaccassero loro, la loro fottutissima scuola. E quel club di mezzeseghe. Tirai un calcio ad un bidone, mandandolo a rovesciarsi nel vicolo. Ne uscì un gatto obeso, marrone chiaro, con una macchia nera sull'occhio. Mi sembra di averlo già visto. Allontanai il pensiero. Mi stava guardando male. "Cosa diavolo hai da guardare?!" Gli lanciai dietro una lattina, e quello schizzò via*. Mi misi a ridere sguaiatamante. Questa si che è vita. Altro che farmi il mazzo con gli allentamenti. Posso fare quel che mi pare e nessuno che mi rompa.

Mi avviai con flemma. Come in un sogno non sentivo alcun rumore di passanti, per quanto le strade fossero invase di persone. Tutti i suoni mi arrivavano ovattati mentre mi dirigevo dai miei nuovi amici della banda al Mykey, il fastfood dove ci incontravamo abitualmente, e dove potevi farti servire una birra senza che ti facessero storie. Arrivato di fronte all'entrata li riconobbi subito: Nori Hatta, brutto come la morte, che mi aveva fatto entrare nella banda; Masami Ebo, che si ostinava ad acconciare i capelli castani in una ridicola banana; e Tsukasa Nagano, con i capelli rasati ed un brutto paio di occhiali. Tutti stravaccati sulle poltroncine a guardare in cagnesco i ragazzini e far apprezzamenti sulle ragazze che affollavano il locale a quell'ora. "Tutti cagasotto. Non ti rispondono neppure, corrono via con la coda tra le gambe. Le ragazze poi sono anche peggio. Ridono tra di loro ai commenti che le facciamo, si fingono indignate ma in realtà sono lusingate delle attenzioni." Così mi aveva detto Tetsuo la prima volta che eravamo usciti alla sera. Mi piace il nostro capo, è uno tosto, un ragazzo più grande, sulla ventina, con i capelli lunghi, i piercing e sicuramente qualche tatuaggio. A me invece bastavano i capelli lunghi per farmi sembrare più cattivo.

Osservando la vetrina ebbi un dejavu: un ragazzo dalla figura esile, con i capelli di un rosso violento, cortissimi e tenuti in piedi con il gel, stava attraversando il salone con un vassoio in mano. Che strano, pensai, non è giapponese. Eppure avevo la strana sensazione di conoscerlo, e che il cibo su quel vassoio avrebbe fatto una brutta fine.

Entrai nel bar, e raggiunsi i miei compagni. Notai subito che Nori aveva la faccia scura. Nagano stava in piedi di fronte ad una ragazza mora con i ricci, seduta da sola ad un tavolino. Carina, peccato che Tsukasa l'abbia presa di mira.

"Ecco uno che cerca guai. Adesso vedrai come si trattano quelli così." Nori mi indicò la scena che già stavo osservando, e solo allora mi accorsi dell'occidentale che avevo visto da fuori, in piedi in mezzo ai due. Stava guardando con sufficienza Nagano.

"Torna più tardi, è meglio ragazzino."

"Bell'idea. Prima le signore." Vdendo quell'attimo di esitazione, il rgazzino lo incalzò sbuffando. "Intendevo: VATTENE. Forse non sai cos'è il sarcasmo."

"Lo sai con chi stai parlando? Sei fortunato che oggi sia si buon umore."

"Si, si, reietto, tornatene da dove sei venuto. Stai appestando l'aria."

Un sorriso spavaldo si dipinse sulle labbra del ragazzino, e quando una mano stava per afferrarlo al colletto della T-shirt, questi sollevò il vassoio, facendolo finire in faccia a Nagano.

"Ops, mi è scivolato." Disse in un tono non troppo convinto. L'altro si pulì il viso. Poi scattò in avanti con un pugno... a vuoto. Il ragazzino si era fatto di lato e aveva allungato una gamba a fargli lo sgambetto.

"E' meglio che la finiamo qui e torni dai tuoi amici."

Il mio compagno si rialzò, lo guardò truce e tornò veloce da noi, probabilmente perchè sapeva di non poterla spuntare lì e in quell'occasione. 

Mentre mi svaccavo sul divanetto di pelle, sbirciai il tavolo del rosso e della sua amica. Vidi arrivare un altro ragazzo, giapponese, con i capelli corti castano chiaro, che salutò la ragazza riccia con un bacio sulla guancia e prese posto accanto a lei. Da quella distanza non sentii bene, ma sembrava si stesse presentando allo straniero. Mi sembrò familiare, per quanto sospettassi fosse molto più giovane di me. Cercai di fare maggiore attenzione alla loro conversazione. Il ragazzo dichiarò di essere un giocatore di calcio. Ragazzino insulso, mi venne da pensare. D'altro canto il gaijin** non sembrò avergli prestato alcuna attenzione, dopo i saluti di rito. Per un momento mi sembrò che si girasse a guardarmi, ma poi distolse lo sguardo e tornò a parlottare con i due. Intanto al mio tavolo...

"Ti sei fatto prendere in giro da un Gaijin."

"Sei un cretino! Che figure ci fai fare?"

"Non gliela faccio passare liscia!"

"Tiriamolo fuori da qui!"

"No, aspettiamo che esca con le sue gambe, finchè ce le avrà ancora."

"Ci sto."

Stavano progettando di picchiarlo tutti assieme? L'idea mi dette un po' la nausea, ma sorvolai. Non mi interessava quello che facevano. Intanto continuai ad ascoltare la conversazione all'altro tavolo.

Il tempo volò, come se qualcuno avesse premuto il pulsante avanti veloce di un videoregistratore. Ero da solo. Mi accesi un'altra sigaretta e la fumai nervoso, mollemente appoggiato ad un muretto. E' la prima volta che partecipo ad una rissa. Cosa si aspettano che faccia, esattamente? Mi hanno chiesto di distrarlo, ma posso starmene in disparte o lo devo colpire anche io? Ok, quel ragazzino ha offeso uno della banda, e per onore dovrei difenderli. Ma in quattro contro uno non è corretto. Il signor Anzai non approverebbe. Scacciai subito il pensiero, disprezzandomi in quel momento. Dovevo smetterla di pensare al passato.

Frattanto il rosso uscì da un negozio di articoli sportivi con un pallone da calcio. Da solo. Sbaglio o era entrato con la ragazza? Mi riscossi dubbioso. No, la ragazza mora non era più con lui, se n'era andata una decina di minuti prima con il giapponese che li aveva raggiunti. Strano, pensavo fosse ancora con lui. Comunque meglio così. Il mio obiettivo era lei... cioè lui. Perchè ho pensato "lei"? E soprattutto lei chi? Mah, la nicotina mi fa uno strano effetto.

Dal punto in cui mi trovavo potevo vederlo chiaramente camminare con lentezza, dando ogni tanto un calcio al pallone per farlo procedere con sé. Gioca a calcio, pensai tra me, con una strana consapevolezza. Non che importasse in quel momento. Non, sapendo quello che stava per succedergli.

Aspettai che il ragazzino mi passasse davanti, senza notarmi, immerso com'era in chissà quali pensieri. Quindi gli sbarrai la strada. In quel momento, chissà come mai, come per fare il figo mi passai una mano tra i capelli per allontanarli dalla fronte. Lo vidi bloccarsi sul posto e spalancare gli occhi, sorpreso. Un paio di begli occhi verde scuro, sinceri. Mi fissò qualche istante, come interdetto. Le parole che disse mi colsero alla sorpresa, come se fossi rimasto a bloccato a fissarlo per un tempo indefinito.

"Scusa, mi stai bloccando la strada."

Lo disse con una gentilezza che mi lasciò scombussolato. Cercai delle parole da dire, ma non mi venne nulla. Quando vidi che, non ricevendo risposta, cercava di scansarmi risposi senza pensare.

"Non andartene." L'intensità delle mie parole colse me stesso e lo straniero impreparato. E poi ricominciò a fissarmi, con un'intensità tale da farmi abbassare lo sguardo. Deglutii, ritrovandomi improvvisamente a corto di saliva, e dandomi del cretino per aver abbassato gli occhi (anche se poi non lo avrei mai ammesso). Soprattutto perchè non mi pareva normale essere fissato con quello sguardo imbambolato da un altro maschio.

Proprio in quel momento vidi i miei compagni comparire alle sue spalle. Lo afferrarono per le braccia, impedendogli qualunque movimento.

"Complimenti, ottimo diversivo, Mitsui."

Il suo sguardo si fece confuso, e sul viso si susseguirono tante emozioni, poi arrivò la fredda consapevolezza. E mi trafisse con uno sguardo gelido. Mi ritrovai a sussurrare delle parole, come un'eco di qualcosa già detto.

"Scusa..."

La lotta che ne seguì si svolse come a rallentatore. Vidi il suo piede proiettato in avanti, e caricato per colpire con il tallone lo stinco di Ebo, che teneva ben saldo il suo braccio destro fino a poco prima, la testa rossa scattare di lato, e un gomito alzarsi e colpirlo allo zigomo. E' cintura marrone di judo. La consapevolezza di quel ricordo fu straniante. Vidi la rotazione in senso antiorario che fece, e come falciò Hatta colpendolo al collo del piede, tirandolo allo stesso tempo verso di sé per sbilanciarlo. Non vide il terzo assalitore, Nagano, che riuscì a sferrargli un pugno in faccia e farlo finire a sbattere la testa contro un muro. Rotolò di lato, schivando il calcio che stava per ricevere all'addome e rialzandosi frastornato. Una strana sensazione mi assalì, come a spingermi ad intervenire, ma non per aiutare il mio compagno, anzi, per atterrarlo prima che un suo altro pugno andasse a segno. Non fecì però nulla, mentre vedevo il più giovane dare un colpo di punta al pallone che giaceva abbandonato ad un passo a sè, sollevarlo a trenta centimetri da terra e caricare un destro potentissimo, colpendo in pieno lo stomaco di Nagano, e facendolo stramazzare al suolo.

Mi vidi avanzare di tre passi, come se il mio corpo seguisse un percorso indipendente da ciò che la mente gli ordinava, e afferrargli la maglietta con la mano sinistra, in modo da tenerlo bloccato il tempo necessario a sferrargli un pugno in faccia. Ricordo il suo viso, con il sangue che colava dal labbro, e stranamente, ricordo con dovizia di particolari la maglietta, con la scritta "Black Sabbath", i caratteri gotici nero anticato su sfondo purpureo. E soprattutto ciò che mi spiazzò più di ogni altra cosa di quel pomeriggio: inaspettatamente tra il palmo e le dita sentii la pelle morbida riadattarsi secondo la forma della mia mano. Ricordo bene la consapevolezza di toccare un corpo femminile, la sensazione di quel seno incredibilmente morbido nella mia mano, di come sollevai lo sguardo e, guardandone gli occhi per un secondo smarriti e le sue guance farsi sempre più rosse, mi resi conto di aver appena palpato la ragazza che avevo di fronte. Perchè di una femmina si trattava. La sentii irrigidirsi. Ritirai la mano, non troppo velocemente, lo ammettò, arrosendo.

Questo un secondo prima che mi tirasse il pugno che mi avrebbe fatto perdere conoscenza. Fu con l'immagine di quegli occhi verde scuro, che mi fissavano carichi di rancore, come se volessero incenerirmi sul posto, che mi svegliai, proprio mentre lei avvicinava il volto al mio, e dalla sue labbra fuorisciva un furente:

"Meoooooooow!"

Aprii gli occhi sconcertato, sicuro che non avesse affatto detto quello. Sopra di me, appallottolato sul mio petto in cui stava affondando le unghie, un gatto gigantesco, con il pelo marrone chiaro e una macchia nera sul muso mi guardava trucemente dai suoi occhi verdi.

"Ma cosa...?"

Lo guardai male. E quel gattaccio, di risposta, sollevò una zampa. Le unghie erano già estratte. Lo guardai truce. Lui mi guardò restituendomi lo stesso sguardo. Poi con deliberata lentezza abbassò la zampa.

Non oserà... ZACK!

"Botolo di merda! Se ti piglio ti uccido!" Me lo scrollai di dosso alzandomi dal letto e facendolo cadere sl pavimento. Quello mi fissò. Dopo di chè mi dette le spalle. E mentre pensavo se ne stesse per andare, lo vidi saltare sulla mia divisa scolastica, strofinandocisi contro, e lasciancosi il pelo. Prima che lo acciuffassi saltò fuori dalla finestra, inseguito dai miei insulti.

Bastardo, ha marcato il territorio.

Pensando a come togliere i peli dalla giacca, mi buttai sotto la doccia, ancora scombussolato per lo strano risveglio e per il ricordo del sogno della notte precedente, in cui avevo rivissuto gli eventi di due anni prima. Come se già non fossi abbastanza agitato. Al mio risveglio dopo la perdita di conoscenza, non l'avevo più trovata. E dopo tutto quel tempo l'avevo ritrovata nel banco dietro al mio. E' un peccato non l'abbia più vista con quello sguardo trasognato, era così bello. Magari sapessi tenere a freno la lingua per rivederlo. E dovetti ammettere che anche il seno non era male.

*Al tempo non potevo sospettare quanto caro avrei pagato quel gesto.... (NdMitchi)

** Straniero (NdA)

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Grazie per aver letto questo capitolo.

Per piacere commentate, voglio sapere il vostro parere. Mi scuso nuovamente per il ritardo nella pubblicazione, ma non mi convinceva la prima scrittura e l'ho ripreso in mano completamente.

oOo Arimi oOo Purtroppo l'aggiornamento non è stato a breve... Sorry. 

Snow_Flake Anche io adoro Rukawa. Sarà che Ivo De Palma riesce a farmi amare qualunque personaggio, ma il nostro volpino è troppo divertente, con le sue battute al vetriolo.

Al prossimo capitolo! (Spero a breve)

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Capitolo 5
*** Una serata con il club - prima parte ***


Attenzione: minicapitolo per non lasciare i miei lettori troppo a lungo senza la loro dose. Sto terminando la secnda parte, ma sarebbe passato troppo tempo se avessi aspettato di terminarla tutta per la pubblicazione.
Grazie degli incitamenti. Spero che queto capitolo vi possa piacere. *Inchino*

Capitolo V

Una serata con il club : prima parte


Rukawa quella sera aspettò Sara al campetto di basket del quartiere.

Che sonno. Speriamo di finire in fretta. Vorrei tanto fare un pisolino, pensò mettendosi più comodo. Stava appoggiato alla bicicletta e con ancora addosso la tuta da ginnastica. Gli allenamenti per i ragazzi del club di pallacanestro erano terminati solo mezz'ora prima. Chissà a che ora riuscirò ad andare a dormire... Controllò distrattamente il cellulare. Non aveva ricevuto risposta al suo messaggio. Magari non viene e posso andare a fare un pisolo... Quando tornò a guardare la strada rimase quasi deluso vedendola sopraggiungere.

Sara arrivò trafelata, e lo salutò con un gesto della mano. Le sue attività con il club erano terminate prima, così aveva fatto in tempo a tornare a casa, farsi una doccia e cambiarsi prima dell'appuntamento.

"Ho fatto il prima possibile." Non aggiunse altro. Lui dal canto suo si limitò ad annuire. Da quando lo conosceva aveva imparato a non invadere i suoi spazi, e soprattutto i suoi silenzi prolungati. Aspettò che fosse lui a parlare.

"Andiamo a casa mia." Annunciò. Lasciò trascorrere qualche secondo, sotto lo sguardo fisso di lei. "Se ti va bene." Concluse più diplomaticamente. Di risposta lei emise un'espressione di assenso.

Rukawa non disse più nulla mentre lei lo seguiva nel quartiere. In compenso le sfilò di mano lo zaino e se lo caricò su una spalla. Lei lo ringraziò con un sorriso. Non era ancora riuscita a comprendere quel ragazzo appieno. La prima impressione era stata di un individuo freddo, distaccato e menefreghista. In realtà Rukawa era emotivo in una maniera del tutto diversa dai suoi coetanei; piccoli gesti, pause e espressioni del volto facevano intendere che nascosto dietro il comportamento da lupo solitario, c'era una persona semplice e sincera con se stessa, che non cercava minimamente di apparire diversa da quello che era. In un suo modo molto intricato sapeva anche essere gentile.

Si fermarono davanti ad una fila di villette. Entrò nella terza.

"E' permesso?" chiese ad alta voce la ragazza. Le sue parole non ricevettero risposta.

"Non c'è nessuno." Davanti a lei Rukawa accese le luci. La fece accomodare in un piccolo soggiorno arredato in stile occidentale, con un'ampia vetrata che mostrava il giardino.

Mentre il ragazzo andava a cambiarsi lei dispose i libri di testo sul tavolo. Dandosi un'occhiata attorno notò che lo spazio era pulito in maniera meticolosa, ma le dava una strana impressione. Come se mancasse qualcosa.

Kaede Rukawa rientrò nella stanza poco dopo, e si accomodò di fronte a lei.

"Bene, incominciamo con gli esercizi di compito. Così potrò capire quali sono le tue lacune.”


Le quattro ore successive furono un vero incubo. Da subito le parve chiaro che in inglese la situazione fosse abbastanza disperata. La sua buona volontà di restare calma finì ben prima di quanto avesse previsto, quando per la terza volta in due ore sorprese Rukawa a sonnecchiare.. La cosa ancora più snervante era che lui non fosse affatto lento nell'apprendimento, anzi, ma di una pigrizia inimmaginabile. Iniziava a sospettare che Rukawa non prendesse buoni voti a scuola perchè... si addormentava.

"Basta, non ce la faccio più! Cosa sei narcolettico?"

Rukawa sollevò appena la testa dal tavolo.

"Se mi da una scusa per dormire di più sì.

Lei scosse la testa di sperata.

"Continuiamo domani!"

"Domani non posso."

"Come no?! La verifica è tra una settimana! Come credi di farcela se già cominciamo a saltare le lezioni! Oggi siamo riusciti a fare 6 pagine, dico 6!"

Sospirò rumorosamente, borbottando qualcosa riguarda al fatto che fosse già un traguardo essere riusciti a voltare la prima pagina... Lei lo fulminò con lo sguardo, desiderando di avere a portata di mano il ventaglio di Ayako.

"Facciamo così... se il problema è che non dormi abbastanza (cosa che non credo) cerca di farti trovare più riposato quando facciamo lezione. Sabato e Domenica li passiamo a studiare da me. Ok?" E farò in modo che la tua sedia sia così scomoda che tu non possa nemmeno pensare di addormentarti.

Guardò l'ora. Le 23:46. Avevano ordinato degli spaghetti di soia take away, che avevano mangiato studiando. Non si era resa conto fino ad allora che i genitori del ragazzo non fossero tornati, ma preferì non chiedere nulla. Non voleva impicciarsi nelle sue faccende personali; se avesse voluto dirglielo l'avrebbe fatto.

Quando uscì di casa era buio. Lui la seguì, e l'accompagnò fino alla porta di casa sua. Sara fu felice di quel piccolo gesto di cortesia, e si ritrovò a sorridergli di nuovo, per quanto fosse ancora irritata per il tempo perso quella sera, e per la prospettiva di dover stare alzata ancora per ore per fare gli esercizi di compito per il giorno successivo. Lo salutò sulla porta, augurandogli buona notte, e desiderando di andare subito a dormire, perchè era davvero esausta.




"'ngiorno." Ancora assonnata Sara salutò Ayako con un debole gesto della mano, sbadigliando sonoramente. Era riuscita ad arrivare a scuola in anticipo, ma era stata una faticaccia alzarsi dal letto. Aveva giusto fatto in tempo a lasciare una ciotola di latte per il gatto che le faceva visita, anche se quella mattina non si era visto.

"Buongiorno a te, tesoro! Nottataccia?" La mora, chiacchierona con sempre, era carica di energia.

Chissà dove va a prenderle tutte queste energie di primo mattino, si chiese, massaggiandosi la tempia per far passare la fitta di mal di testa che la voce squillante dell'amica le aveva provocato.

"Si, ho fatto tardi sui libri. Gli allenamenti ieri sono durati più del previsto."

E poi ho dovuto dare ripetizioni a quel testone di Rukawa. Ovviamente questo non lo disse. Prima di tutto perché lui le aveva chiesto esplicitamente di tenerlo segreto, in secondo luogo lei conosceva bene l'amica. Avrebbe certamente visto nella situazione un risvolto romantico e sarebbe partita a fare chissà quali discorsi. Era proprio quello che ci mancava.

Su me e Kaede poi. Sento che non riuscirei a stare con uno come lui. Anche se il suo essere burbero mi fa tenerezza. La sua mente vagò, passando dal viso dell'amico all'immagine di un altro ragazzo, questa volta con i capelli lunghi neri, così scuri da catturare la luce. Un bel sorriso imbarazzato. E due occhi blu magnetici. Si perse nel ricordo, come ipnotizzata, ritornando con la memoria a quello sguardo che l'aveva come paralizzata per un tempo indefinito. E alla sua voce calda. Sentì un sorriso affiorarle sulle labbra, e un calore diffondersi pian piano dentro di lei.

"Mi stai ascoltando o hai la testa tra le nuvole?"

La rossa cadde dalle nuvole, rendendosi conto di non aver più ascoltato l'altra ragazza da chissà quanto. Cercò di relegare l'immagine dei suoi pensieri in un angolo.

"Scusa, dicevi?"

Ayako la osservò brevemente seria. Poi le si avvicinò, prendendola a braccetto, mentre un sorriso malizioso le si disegnava sulle labbra.

"Niente di importante paragonato ai tuoi pensieri... Sei arrossita? Stavi pensando a qualcuno che conosco?"

Sara si bloccò. Cosa sta dicendo? Non sono arrossita! Io non lo farei mai per lui... Si portò una mano alla guancia. Merda! Il poco sonno mi sta facendo impazzire. Non avrebbe dovuto farsi tornare alla mente il loro primo incontro. Non le piaceva affatto lo stato di confusione in cui ancora cadeva, ripensando a quello sguardo; soprattutto sapendo a chi apparteneva. Si irritò con se stessa, ma al contempo non doveva dare corda all'amica, temendo che Aya si stesse avvicinando pericolosamente alla verità. Con l'espressione più innocente e confusa che aveva cercò di dissimulare.

"Nulla, pensavo agli esami."

Ma Aya non si fece ingannare, e le riservò un sorriso complice, da gatto.

"Non è che stavi pensando a Yukifune-kun, vero? E' proprio diventato carino crescendo. Lo vedo sempre in palestra ultimamente. E il basket non l'ha mai sopportato..."

Sara rimase un attimo interdetta, colta di sorpresa dalla domanda retorica. Cosa c'entra Kenji adesso? Eppoi, se viene in palestra è perchè avrà avuto un ritorno di fiamma per Ayako, visto che stavano assieme. Il pensiero poi che la seguisse in palestra perché interessato a lei la fece scoppiare a ridere, in parte sollevata che Ayako non avesse indovinato l'oggetto dei suoi pensieri, in parte cercando di allontanarla dall'argomento spinoso.

Come no, è il mio passatempo preferito pensare ai tuoi ex!”

E così facendo entrò in classe, senza rispondere alle proteste dell'amica.



Molto prima dell'inizio delle lezioni arrivò anche Mitsui. Sara lo osservò dalla finestra entrare in cortile sbadigliando, e per una mattina non cercò di ignorarlo come faceva di solito. Si permise di osservarlo mentre faceva zig zag trai compagni. Mentre lo guardava si ritrovò a mordicchiarsi l'interno del labbro, sovrapensiero, cercando di capire il significato dell'impressione che le aveva lasciato quel ricordo.

Lo vide andare a sbattere contro un ragazzo in motorino, scusarsi e proseguire. Ha bevuto? Non si regge in piedi. Si rese conto subito che si trattava di una cattiveria gratuita e senza senso, perchè in realtà la rabbia che provava in quel momento era solo verso se stessa. Come tante altre frecciate cattive che gli aveva riservato. Abbassò lo sguardo meccanicamente, pentendosi di averla anche solo pensata. Fu così che la trovò Mitsui, quando entrò in aula, salutando solo Miyagi e la manager, seduta accanto alla ragazza. Ayako le diede una leggera gomitata. Lei boffonciò un "Buongiorno".

"Anche lui ha avuto una nottataccia, eh? Chi dei due ha fatto cilecca?" Sara la guardò malissimo. I ragazzi non prestarono loro attenzione.

"Mitsui tutto bene? Hai una faccia..."

Il ragazzo sembrava perso nei suoi pensieri, riguardanti la notte precedente...

* Inizio Flashback *

E' lì, fuori sulla finestra, mi osserva lo so. Vedo i suoi occhi gialli che brillano nel buio, malevoli. Mi tormenta da giorni, sta certamente aspettando il momento propizio per attaccarmi. Aspetta che mi addormenti. Anche se chiudo porte e finestre lui trova sempre il modo di entrare, non so come, ma lo farà. E so che resterà lì in agguato, pronto a tormentarmi nuovamente, per l'eternità. Cosa farà questa volta? Non un altro animale sul cuscino? No, l'ha già fatto. E' stato certamente un avvertimento. Vuole farmi paura. Lo so che quella bestiaccia può sentire la paura. E so che si diverte a guardarmi dal davanzale, osservandomi diventare più nervoso ogni giorno. Si sta vendicando della lattina che gli ho tirato. Sono sicuro, era lui. Ha solo atteso il momento propizio. Ed è solo questione di tempo prima che venga a regolare i conti. Potrei anche iniziare a credere che in realtà sià uno spirito malevolo che ha il solo scopo di tormentarmi. Ha cominciato da quando quella strega è arrivata. Capelli rossi: sapevo che non portavano bene. Mi avrà lanciato il malocchio. Forse dovrei andare al tempio e esorcizzarlo. No, che dico. Devo proprio essere stanco. A causa di quei due maledetti.

Naturalmente il gatto se ne fregava dei pensieri di Mitsui. Si divertiva soltanto a vedere quel buffo umano contorcersi e far finta di inveire contro di lui, per farlo giocare. Intanto aspettava che si addormentasse, per potersi infilare sotto le coperte e dormire vicino a lui al caldo. Per i suoi gusti l'umano si agitava troppo quando era ancora sveglio, e non gli permetteva neppure di appoggiare la testa sul suo cuscino come era suo diritto fare.

"Vattene! Ho bisogno di dormire!"

*Fine flashback*

"Brutta notte..."

"Sei stato zitto per cinque minuti buoni, non mi puoi dire brutta notte e basta."

Mitsui focalizzò l'attenzione su Ryota, rendendosi conto solo allora di essersi seduto al banco e avere il capitano di fronte a sé.

"Quel gatto mi vuole morto." E con questa frase enigmatica si lasciò sprofondare sulla sedia, si puntellò al banco e si addormentò riverso all'indietro.



Sara lo osservò dormire per le ore successive, mentre i professori si susseguivano, senza prestargli troppa attenzione. Come se fosse una cosa già vista e normale.

Per fortuna che oggi non abbiamo matematica, altrimenti il professor Mastuda l'avrebbe già sbattuto in corridoio. In cuor suo sperava che quello strano comportamento fosse dovuto solo a poco riposo, e che non fosse a causa di qualcosa di più serio. Più volte tra una lezione e l'altra fu tentata di scuoterlo, per sapere se aveva bisogno di qualcosa, ma ogni volta decideva di lasciar perdere. Non se la sentiva di litigare con lui quella mattina.

Alla fine decise che un tentativo di gentilezza non sarebbe stato esagerato. Aspettò la pausa pranzo, in modo che tutti i compagni fossero usciti, non volendo dare di nuovo spettacolo. Così se si sveglia da solo e se ne va non sarò costretta a parlargli, si convinse. Alla fine questo non avvenne. Rimasero solo in quattro.

"Ayakuccia! Pranziamo tutti e quattro assieme?", propose il playmaker.

Ayako non gli rispose. Colse invece lo sguardo dell'amica, che solo allora si distolse dal tiratore da tre per incrociare il suo, rendendosi conto della presenza dei due amici. Le fece un cenno di comprensione e sorrise. Quindi si alzò in piedi.

"Su Miyagi, andiamo a mangiare noi due da soli. Non ti spiace Sarachan, vero?"

Sia Sara che Ryota si stupirono della richiesta. Naturalmente lui non se lo fece ripetere due volte. Prese il pranzo e corse dietro ad Ayako, che già era sulla porta. La ragazza si voltò un'ultima volta verso di lei, con un'espressione divertita, poi uscì dall'aula, seguita dal playmaker.

Sara restò a fissare la porta, non capendo come interpretare nè il nuovo atteggiamento di Ayako alle avanche di Ryota né quell'ultimo sguardo. Mitsui continuava a russare pacifico. Aveva il viso nascosto dalle braccia, incrociate sul tavolo. Sara girò attorno al banco e si piegò in avanti. I capelli le ricaddero sciolti sulla faccia. Li allontanò con un gesto della mano. Quindi lo scosse delicatamente per la camicia.

"Mitsui, tutto bene?"

Lui continuò a sonnecchiare. Sara distese la mano con cui gli aveva afferrato il capo di cotone, un po' ruvido al tatto. Forse l'ho scosso troppo debolmente. In fondo è un'atleta, non mi avrà neppure sentito. Appoggiò quindi la mano aperta sulla spalla del giocatore. Era una spalla larga, muscolosa. E calda al tatto. Le spalle di Genzo non sono così forti, si ritrovò a pensare. Lo sentì muoversi, ruotando il collo verso di lei e abbandonando la guancia sull'avambraccio. Seguì il suo movimento, e si ritrovò ad osservare il suo viso, per una volta non distorto da un sorriso di sfida. Le sembrò quasi dolce. I capelli, cresciuti dall'inizio della scuola, ricadevano in ciocche disordinate sulla fronte. La fronte era leggermente contratta, come se stesse facendo qualcosa nel sogno che richiedesse la sua concentrazione. Notò che il viso aveva perso le rotondità dell'adolescenza, delineando dei lineamenti decisi e ancora più mascolini di come li ricordava. E' cresciuto in questi due anni. Non ha più niente del ragazzino. Notò ancora una volta la cicatrice, e sentì l'impulso di toccarla con i polpastrelli, senza che lui si svegliasse. Esitò a farlo. Sarebbe stato prendersi troppe confidenze con lui, con cui neanche riusciva a terminare un discorso senza litigare. Quando ebbe finito di studiare l'espressione del ragazzo prese la sua decisione, e lo scosse di nuovo, questa volta più forte, ripetendo la domanda.

In fondo sono qui solo per sincerarmi che stia bene, e nient'altro. Le parve subito una giustificazione, ma non seppe spiegarsi per giustificare cosa.

Lui questa volta aprì leggermente gli occhi. La studiò lentamente, come se non fosse certo di essere sveglio. O si stupisse di quello che vedeva. Poi si sollevò, puntellando la testa sul palmo della mano.

"Sei tutta rossa in faccia.", esclamò con voce quasi dubbiosa.

Lei mollò la presa dalla sua camicia e si allontanò di un passo, colta di sorpresa. Sentì il calore risalirle alle guance.

"Non è vero!"

"Adesso si."

"..."

Un sorriso malizioso si dipinse sul viso del giocatore di basket.

"Non mi avrai mica baciato mentre dormivo?"

"Certo che no, idiota!"

"Peccato. Mi sarebbe andato bene."

Lei rimase interdetta, cercando di cogliere una vena di scherno nella sua voce. Che non trovò. Il moro la studiò, un sorriso sornione sulle labbra. Poi si alzò in tutta la sua altezza. Lentamente la afferrò per un braccio, stringendolo con una forza sufficiente a trattenerla se avesse cercato di divincolarsi. I suoi occhi si erano fatti improvvisamente seri, e tremendamente intensi. Lei si ritrovò di nuovo ipnotizzata da quello sguardo blu magnetico. Mentre il cuore accelerava i battiti l'unico pensiero che riuscì a formulare fu che il suo viso fosse troppo vicino. Le sue gambe non volevano muoversi.

Lui le sfiorò la guancia con il palmo della mano, fermandosi ad accarezzarle il labbro inferiore con un polpastrello.

"Sara..." Prese una pausa. "Non ci avrai mica creduto?"

"..."

"Dai, era solo uno scherzo." Le disse allegro. Ma gli occhi con cui la guardava tradivano... tristezza. Lo strano atteggiamento del ragazzo la lasciò dubbiosa. Non sembrava uno scherzo. Lo fosse stato sarebbe dovuto finire molto prima.

Fu in quel momento che Hanamichi irruppe in classe.

"Mitchan! Il gorilla e il quattrocchi sono venuti a trovarci!" parlando a ruota libera. Hisashi Mitsui gli diede retta per pochi secondi, quanto bastò a Sara per svignarsela. Le gambe che prima sembravano deboli e pesanti la portarono in fretta fuori dall'aula. Quando Mitsui riuscì a zittire il kohai*, lei era già sparita. Seguì quindi il compagno in palestra, ripensando alle reazioni della ragazza. Sembrava quasi si stesse preoccupando per me. E la sua espressione era così dolce... Certe volte non la capisco. Mi aspettavo una reazione da parte sua, invece ne ho ottenuta una del tutto inaspettata.

..... Ma cosa vado a pensare. Dovrei preoccuparmi piuttosto di cosa è venuto a fare qua Akagi.



"Bene Sempai. Ancora due giri di corsa e hai terminato gli esercizi per oggi!"

Haruko segnò il tempo della seconda guardia dello Shohoku. Gli allenamenti erano quasi giunti al termine.

"Ciao a tutti!" Sara, con voce squillante, salutò i componenti della squadra di basket. Il suo sguardo vagò sul campo in cerca di Kaede, che si era già ritirato nelle docce. Al suo posto incrociò lo sguardo sorpreso di Mitsui, che sembrava vederla per la prima volta. Lo distolse subito, imbarazzata, e approfittò della presenza di Haruko Akagi per fingersi occupata. Non si rese conto di come il suo gesto avesse fatto rimaner male il ragazzo, che continuò a guardarla parlare (amabilmente) con la seconda manager. Mentre finiva i giri di corsa del campo notò un ragazzino che poteva essere del primo anno entrare in palestra e avvicinarsi ad Ayako.

Ayako alzò la voce per attirare l'attenzione.

"Ragazzi! Akagi ci ha lasciato questi biglietti! Suo cugino ha aperto un locale. Stasera ci sarà l'inaugurazione! Chi viene è pregato di passare a dirmelo!"

"Noi ci siamo"

"Contate su di me"

"Anche io"

"Si mangia?"

"L'invito è rivolto ai membri del club di basket!"

"Ma noi siamo i supporter ufficiali!"

"No, siete i casinisti ufficiali!"

"Mamma, sei cattiva!"

"Piantatela di chiamarmi mamma, caproni! Tu vieni, Yukifune-kun?"

"Se la mia sempai accetta verrò più che volentieri."

"Sentito Sara? Il tuo kohai viene dove va la sua adorata sempai."

"Allora dovrò prendermi le mie responsabilità, eh eh!"

Mitsui finì l'ultimo giro di corsa in una corsetta leggera. Fece un paio di esercizi per sciogliere le braccia, si avvicinò verso la postazione delle manager, proprio mentre Ayako mandava la più giovane a prendere gli asciugamani puliti per i ragazzi. Mitsui prese un opuscolo dalla pila, fingendo di leggere il programma della serata; in realtà era concentrato sull'altra sua compagna di classe dai capelli rossi. E soprattutto sul ragazzo che le stava appiccicato.

Dopo avergli visto appoggiare una mano sulla spalla della ragazza sbottò:

"E coso, sarebbe?" indicando con un gesto irritato della mano la giovane matricola. Ayako seguì il suo sguardo.

"E' Yukifune-kun, del club di calcio." Mitsui lo squadrò.

"Cosa ci fa qui uno del club di calcio?"

"In realtà passa tutti i giorni a vedere gli allenamenti con Sarachan, non l'hai mai notato?"

Mentre li guardava confabulare la matricola si abbassò fino all'orecchio della sua sempai, e le sussurrò qualcosa. Lei scoppiò a ridere.

Sibilò qualcosa a denti stretti. La manager ridacchiò tra sè.

"Qualche problema? Noto giusto una punta di gelosia nella tua voce, vicecapitano."

La fulminò con lo sguardo.

"Stupidi giocatori di calcio. Non hanno un altro posto dove andare? Appestano l'aria col fetore dei loro piedi" Cos'avrà mai detto per farla ridere così?

Si diresse verso gli spogliatoi, con la prima manager che lo seguiva.

"Sempai?"

"Sbaglio o mi chiami sempai solo quando devi rimproverarmi." Rispose irritato senza voltarsi.

"Sarà una mia intuizione ma... Se ti irrita che non sia così gentile con te, che ne dici di essere più cortese? In fondo, ricordati che è una ragazza."

Lui se ne andò grattandosi la testa.




"Se viene lui non contare su di me."

"Ma sarei l'unica ragazza!"

"Come se fosse una novità! Sei la manager di un club maschile!"

"Non capisco perchè tu sia così acida con lui."

"E' lui che ha cominciato.."

"E..?"

"Mi tratta male, e io gli rispondo."

"Logico..." Sfoderò il ventaglio di carta da una manica, e glielo tirò in testa. "...SE AVESTE DUE ANNI! Ti diverte tanto litigare con lui?" Sara la guardò abbattuta, strofinandosi la nuca dove l'amica l'aveva colpita. Non potè fare a meno si sospirare.

"In realtà no. Mi arrabbio sempre quando esagera a far il cretino e litigo con lui...", confessò sconsolata, stupendosi lei stessa delle sue parole. Perchè? Io mi diverto ad attaccar briga con lui. Però mi vengo i sensi di colpa quando lo vedo intristirsi. Il sorriso di Ayako, che le si allargò sul viso, che le aveva fatto assumere un'espressione biricchina, le giunse del tutto inatteso. Notando il nuovo sorriso complice dell'amica Sara la guardò truce e preoccupata al tempo stesso.

"Togliti quel sorriso dalla faccia.", proruppe acida. Cosa cavolo pensa di aver capito? Non mi piace Mitsui! Di tutta risposta Aya la prese a braccetto e cominciò a trascinarla fuori dalla palestra.

"Dai, esci con noi stasera. Potresti scoprire dei lati interessanti del carattere del nostro teppista. Facci amicizia, vedrai che è un ragazzo magnifico. E non parlo solo del carattere..."

"Ayako, sai dove te li puoi infilare i tuoi consigli?" La manager sorrise.

"Avete anche lo stesso atteggiamento positivo verso le nuove amicizie, che bello!"

"Sei cretina o cosa?"

Ayako si bloccò improvvisamente, fecendosi seria per un istante, come se un pensiero le avesse fatto cambiare atteggiamento. Quando parlò il suo tono di voce era completamente cambiato, perdendo il cipiglio allegro.

"Comunque Sarachan, cerca di andarci d'accordo, io ci devo lavorare in palestra con lui. E non mi piace il clima di ostilità tra voi due. Tu non sei così odiosa, e lui non è un poco di buono. Quindi piantatela tutti e due, ok?"

La rossa stava per ripetere che non fosse colpa soltanto sua, ma decise di mordersi la lingua. Se la sua amica arrivava a chiederle di andarci d'accordo era perchè aveva esasperato la situazione anche troppo. Si ripromise di cercare di essere gentile. E se proprio non ci riesco, posso sempre ammazzarlo...

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Capitolo 6
*** Una serata con il club - seconda parte ***


Capitolo VI

Una serata con il club: seconda parte



18:10

Sara e Mitsui, controvoglia, si prepararono per la serata.

Cosa mi posso mettere?

Avrò qualcosa di pulito?

Andrà bene la camicia nuova?

Oh, un paio di pantaloni puliti. Evviva!

No, è trasparente. Una canottiera andrà benissimo.

Ora una camicia bianca...Perfetto.

Non sto poi così male. Sembro quasi carina così.

Non sembra neanche che abbia preso i primi vestiti che ho trovato.

Anche se Ayako mi ha incastrato anche stavolta...

Chissà perché mi sono lasciato convincere?

Preferirei rimanermene qui a casa a leggere.

Potevo andare a fare un giro in moto con Tetsuo.

Non mi va di uscire! Non li conosco neppure.

Invece devo andare in quello stupido locale e beccarmi quel gorilla di Akagi.

Eppoi sono sicura che lui si divertirà a prendermi in giro.

Chissà se ci sarà anche lei?

...

...

Quando provo ad essere gentile si comporta come un cretino, come oggi.

Era proprio carina quando l'ho fatta arrossire. Ne è valsa la pena.

Però ho promesso che mi sarei comportata bene con lui stasera.

Devo cercare di essere più gentile con lei.

Forse andrà bene anche solo che non ci litighi.



Alle 19 in punto il campanello squillò. Sara guardò dalla finestra della sua stanza e vide la manager, in un abitino corto a metà cosce, aderentissimo, in piedi davanti al cancelletto. Osservò i capelli dell'amica cadere in morbidi ricci sulle spalle, mai uno fuori posto, composti. Per un momento provò invidia. Si guardò a sua volta nello specchio. Una maglietta nera con il simbolo dell'Hard Rock Cafè in argento, e un paio di jeans sbiaditi. Improvvisamente l'impressione del risultato finale le sembrò molto più deludente di quando si era guardata 10 minuti prima.

Accanto a lei sembro sempre essere appena tornata trafelata da un allenamento. E ben che vada i miei capelli sembrano la tana di un criceto. Possibile che io non riesca mai ad ottenere un risultato che mi soddisfi. Persino Hanamichi si mette meglio di me. Forse è semplicemente che non ho nessuno per cui essere bella.

Il campanello suonò ancora. Corse giù dalle scale, afferrò un oggetto dal mobiletto dell'ingresso e se lo infilò al dito.

"Cos'hai lì?" Ayako le apparve alle spalle. Sara fece un salto per lo spavento.

"Come hai fatto ad entrare?"

"Hai lasciato la porta aperta. E carina la maglietta. Un po' troppo total black, però."

"E' nera come il mio umore stasera!" risuonò lugubre.

"Oh, quanto la fai lunga per un'uscita tra amici. Ti fa bene incontrare dei ragazzi. Non vorrai mica morire zitella, vero?"

"Si, va beh." Non le diede ulteriore risposta. Sulla porta di casa Ayako le prese la mano per vedere l'anello che aveva appena infilato.

"Cos'è? Un giocattolo sessuale?"

"Cretina."

"Ohhhh! L'anello dell'umore, fai vedere, fai vedere!" Studiò il colore, le labbra leggermente arricciate. Osservando di nuovo la sua migliore amica, Sara si ritrovò a pensare che almeno una volta avrebbe voluto essere bella come lei. Ayako non si accorse di quello sguardo d'invidia.

"Noo!! E' giallo di nuovo! Sei ancora irritata da oggi pomeriggio?!"

"Non da te ma dalla compagnia!"

"Anche da me?" La voce maschile giunse da dietro il muretto di cinta, che copriva il ragazzo fino alla cintola. Jeans beige, polo bianca sportiva a maniche corte e giacca blu notte avvolgevano la figura tirata a lucido della punta centrale del club di calcio. I capelli erano stati tirati indietro con il gel.

Sara ridacchiò tra sé, e fatta uscire l'amica chiuse la porta a chiave.

"No, naturalmente."

"Farà freddo stasera, sempai. Vuoi la mia giacca." Le propose galante.

"Grazie, non ne ho bisogno. Ho caldo. Mi preoccupa di più Ayako, con quel pezzetto di stoffa che ha addosso. E' a lei che dovresti offrirla."

"Se vuoi, Ayachan..."

"Mmmmh, sempre galante, vero Ken-kun? ... con tutte."

"Faccio quello che posso."

"O forse vuole soltanto ricominciare a corteggiarti." Sparò Sara, divertita dallo scambio tra i due ex.

"Nah! E' acqua passata. Ci siamo lasciati poco dopo che tu sei tornata in Italia, due anni fa. In effetti, pochi giorni dopo che te l'ho presentato."

"Che me l'hai presentato? Ma quando?" Sara stette d osservarli, cercando di richiamare alla memoria l'immagine del ragazzo, senza riuscirci.

"Quando siamo andati al fastfood, ti ricordi? Quando mi hai difesa da quel teppista con gli occhiali."

"................Ma allora eri tu quel ragazzino che ci ha raggiunte?" I due ragazzi si guardarono tra di loro inizialmente sconcertati.

"Scusa, non ti avevo riconosciuto. E poi, mi spiace ammetterlo, ma non ti avevo prestato molta attenzione... E' che a volte mi perdo nei miei pensieri.", si scusò.

I due scoppiarono a ridere.

"Questa è nuova. E' la prima volta che una ragazza dice di non avermi notato. E' quasi divertente."

"Lei è particolare, eheh.", concluse Ayako.

"E' per questo che mi piace molto.", sussurrò l'attaccante.


Arrivarono al locale con un leggero ritardo. Una piccola folla si era ammassata davanti all'ingresso del karaoke. Non riuscirono a scorgere nessun membro della squadra di pallacanestro.

"Mmmh. Mi sa che sono già entrati. Andiamo anche noi."

Ayako saltò la fila, avvicinandosi direttamente al buttafuori.

"Ciao! Credo che i nostri amici siano già dentro. Club di basket del liceo Shohoku."

L'uomo abbassò gli occhiali scuri.

Il casinista dai capelli rossi & Co.? Entrate, saletta 19, primo piano. E di ai tuoi amici che non voglio altri problemi.”

La manager sorrise forzatamente, prese per un braccio l'amica, e la trascinò dentro. Quando fu fuori dalla portata di orecchie estranee sibilò al suo orecchio.

Io Hanamichi lo ammazzo, giuro che lo ammazzò. Cosa avrà fatto quella testa vuota?!”

Sara scosse la testa, ridendo.

Calma Aya. Non avevi detto che sarebbe stata una serata divertente?”

Ayako le tirò un pizzicotto.

Ahia”

Spostò lo sguardo sul corridoio.

Tanto vale salire direttamente...”

Io vi raggiungo, devo andare un attimo in bagno.”

Sarà l'emozione.”

Sparati Aya.”

Davanti allo specchio la ragazza portò una mano alla fronte,saggiandone la temperatura. Si sentiva scottare. Non le erano mai piaciuti i luoghi affollati. Questo, aggiunto al nervosismo che le era sorto pensando che avrebbe dovuto passare la serata con degli estranei, avevano l'effetto di farla star male. Eppoi quella mattina... Non posso ancora credere che Mitsui sia stato così... stupido da fingere di volermi baciare. Solo per fare uno scherzo. E' stato crudele da parte sua. E io sono una stupida, perché continuo a credere che non sia da lui comportarsi così. Forse mi sto solo illudendo, ma sembrava dispiaciuto alla fine. Come devo interpretare quell'espressione? E perché sono rimasta immobile? Perché resto sempre bloccata quando si tratta di lui?

Guardò l'orologio. Erano passati 10 minuti da quando aveva lasciato Ayako e Kenji. Si sciacquò il viso, lavò le mani e si ravvivò i capelli. L'anello dell'umore era fisso sul giallo. Devo cercare di calmarmi, altrimenti mi rovinerò la serata. E peggio ancora la rovinerò ad Ayako.

Uscì dal bagno delle donne e si guardò intorno per vedere dove fossero le scale per i piani superiori. Non vendendole subito cominciò a vagare per il locale. Era tutto stranamente bianco, asettico. L'unico colore era dato dalle insegne luminose affisse su ogni porta, ciascuna numerata con numeri dall'1 al 9. Tutte le insegne lampeggiavano di rosso: “occupato”, lesse. Arrivò alla fine del corridoio senza trovare nulla. Si voltò indietro. La porta di una saletta si era appena chiusa. Ne erano usciti due ragazzi alti, sulla trentina. Il primo indossava un berretto da baseball bianco calcato su una massa di capelli scuri, lunghi e legati in una coda. L'altro ragazzo portava i capelli castani rasati. La stavano guardando.

Toh, una gaijin. E' la mia serata fortunata!” Diede di gomito all'altro.

E' proprio il mio tipo, anche se un po' bassina.” Passò quindi a parlare in inglese. “Come ti chiami, bella?”

Lei non rispose, cercando un modo gentile per liberarsi dei due senza creare problemi. Come si sarebbe comportata Ayako?

Scusate, sono già con qualcuno, e credo che mi sta cercando...” Così dicendo cercò di sgusciare trai due e la parete. E venne bloccata dal braccio del rasato, distesa contro il muro davanti a lei.

Ci lasci già da soli? Il tuo tipo non se la prenderà se bevi qualcosa con noi intanto.”

L'altro ragazzo ridacchiò, e si avvicinò a lei. Le scostò un capello dalla guancia, cosa che la fece istintivamente rabbrividire e innervosire.

Lo sai che sei proprio carina?”

Bene, Ayako. Adesso mi dici come mi libero gentilmente di 'sti due...

Non fece in tempo a terminare il pensiero che una mano afferrò la spalla del ragazzo con i capelli lunghi, spostandolo di peso, e spedendolo contro la parete opposta. Subito seguito dall'amico. E senza mostrare apparente sforzo. Mitsui superò i due, dando loro le spalle. Poi la squadrò con uno sguardo preoccupato, per verificare che stesse bene.

Tutto bene?”

E' preoccupato per me? Non mi dice qualcosa come “Ovunque vai fai sempre casino”. Fu confusa, e si ritrovò inaspettatamente a sorridere, come se un calore le si fosse diffuso dentro. Annuì, sapendo che non sarebbe riuscita a pronunciare un semplice si. E per un momento a Mitsui sembrò che lei lo stesse guardando con occhi nuovi, come quella mattina. Anche le sue labbra si curvarono in un sorriso, constatando che non le avevano fatto nulla.

Dietro di lui sentì i due ragazzi alzarsi, e si voltò verso di loro, parandosi davanti a lei.

Scusate, non vi avevo visto!”, disse con la sua migliore espressione strafottente.

Ma lo sai contro chi ti stai mettendo?”

Hisashi sorrise, cominciando nel contempo a slacciarsi un polsino della camicia, e arrotolando la manica. L'allenatore Anzai approverebbe se fosse per difendere una donna. In fondo non lo faccio per me. O almeno non del tutto, fu costretto ad aggiungere.

Questa volta l'hai combinata grossa, hai infastidito...”

Hisashi non attese che avesse terminato la frase. Afferrò entrambi per la faccia, a dir poco stupita, mandandoli a sbattere con la testa contro il muro. E tenendoceli fermi.

Come diceva in vecchio Platone, non è carino interrompere un discorso.”

Ma non diceva niente del genere...”, riuscì a dire uno a fatica.

Non mi sembra il caso che mi contraddiciate, altrimenti le vostre teste finiranno di nuovo contro il muro.”

Suo malgrado, a Sara venne da ridere. Ho sempre le reazioni sbagliate con lui. Dovrei essere indignata e cercare di fermarlo. Invece sono contenta che sia qui.

E' stato lui, è stato lui! Lui voleva provarci con la tua ragazza, non io.”

Vigliacco.” Sbatté le teste di entrambi contro il muro.

Non mi piacciono neanche i vigliacchi, sai?”

La porta da cui Mitsui era passato si aprì di nuovo, e questa volta ne emerse un uomo di circa trent'anni. La seconda guardia fu rapido a mollare la presa sui due, e ad arretrare di un passo. L'uomo rivolse uno sguardo allo strano gruppo.

Qualche problema?”

Hisashi rispondette pronto.

No, questi miei amici devono aver bevuto un po' troppo. Non si reggono più in piedi. Li può accompagnare fuori?” I due stavano per obiettare qualcosa, ma il cestista li fulminò con uno sguardo infuocato. “Non vorrei che capitasse loro qualche incidente tornando a casa.” I due si guardarono tra di loro, intimoriti.

Il gestore li guardò dubbioso, poi scosse la testa, preferendo non approfondire. Prese da parte i due ragazzi, e dopo aver scambiato due parole con loro sottovoce, probabilmente per non disturbare gli altri avventori, li accompagnò fuori.



Rimasero da soli nel corridoio, a guardare i due ragazzi che venivano accompagnati fuori.

Mitsui... grazie.” Abbassò lo sguardo imbarazzata. Lui la guardò stupito, e lusingato.

Di nulla.” La sua espressione cambiò velocemente, sorridendo sarcastico.

Attiri sempre guai. Non so come tu faccia.”

Non era necessario, cioè, che tu intervenissi.”

Si, certo. Ti lascio un attimo da sola e ti fai molestare dai primi imbecilli che capitano. Non pensavo trovassi da divertirti con i primi che capitano.”

Sara strinse la mano a pugno, improvvisamente dimentica di tutta la riconoscenza che aveva provato per lui quando l'aveva visto apparire alle spalle dei due tipi. Lui sbatté le palpebre quando si vide il pugno a un centimetro dal naso. Esattamente dove lei aveva fermato il colpo. Poi però abbassò il braccio, e si avviò lasciandolo indietro.

Bene, adesso non ti devo più niente.”

La seconda guardia, dopo lo smarrimento iniziale, atteggiò la bocca ad un ghigno, e le rispose sarcastico.

Per fortuna, era strano sapere che tu fossi in debito con me.”, proruppe acido. Poi però fu come se ci ripensasse, e si schiarì la voce.

Comunque... vuoi davvero sdebitarti con me?” Sara, che aveva già incassato la risposta del moro come termine della tregua della sera lo fissò stupita. Dove vuole arrivare?

Si, certo.”

E farai quello che ti chiederò.”

Sara lo fissò dubbiosa, cercando un tranello. Dovette però acconsentire.

Si.”

Lui si grattò leggermente il mento.

Allora dovrò pensare bene a cosa chiederti.”

Lei lo fissò stupita.

La accompagnò su dalla scala, nascosta dietro una porta apparentemente uguale alle altre. Al primo gradino lei si sbilanciò all'indietro e Hisashi fu pronto ad appoggiarle una mano sulla schiena, sospingendola su per le scale. Fu colta alla sprovvista da quel gesto istintivo del ragazzo, e da come il calore e la forza gentile della sua mano la comunicasse una sensazione di serenità e protezione. Arrossì. Gli sussurrò un grazie, non riuscendo a guardarlo in faccia. Avrebbe voluto dire altro, ma tutto ciò a cui riusciva a prestare attenzione in quel momento era la mano calda di lui che continuava a rimanere alla base della sua schiena. E se avesse fatto attenzione avrebbe notato che l'anello era diventato verde di serenità, e come Hisashi Mitsui stesse sorridendo dolcemente.

Aperta la porta della saletta furono investiti da un suono acuto di risate sguaiate. Mitsui si affrettò a spostare la mano, che aveva lasciato indugiare sulla schiena di lei fino a quel momento, provando una fitta di dispiacere. Quindi si eclissò senza una parola, andandosi a sedere di fronte ad una ragazzo castano, alto ma affatto robusto, il quale indossavo un paio di occhiali con le lenti tonde.

Hanamichi, che al loro ingresso stava sbraitando contro gli amici dell'armata Sakuragi, la notò, sbracciandosi a salutarla. Lei rispose con un leggero gesto della mano, e quel segnale il ragazzo le si fece incontro e, afferratala per una braccio, la trascinò al tavolo dove già tutti gli altri invitati si erano seduti. Su tutti, seduto a capotavola accanto a Ryota Miyagi, troneggiava un ragazzo molto alto, con due larghe spalle e i capelli tagliati tanto corti da risultare rasati fino a poco sopra le orecchie. Lo riconobbe da alcune foto che Ryota le aveva inviato: il capitano Akagi. Comunque, Hanamichi la presentò.

Hei, gori, questa è la rossa violenta di cui ti parlavo! E questo, Sara-chan, è il gorilla, che finalmente si è tolto dai piedi, e non può più offuscare il mio genio!”

Idiota!” Akagi quasi gli sferrava un pugno, ma si trattenne avendo a che fare con un'ospite che gli era stata appena presentata. Le tese la mano, stringendola con forza. E lei fece altrettanto .

Hei, bella stretta!”

Anche la tua. Haruko mi ha parlato di te. Ti ringrazio a nome nostro.”

Si inchinò formalmente, subito imitato dalla ragazza.

Non avrei permesso che le capitasse qualcosa.”

Mentre parlavano, vide avvicinarsi il ragazzo dal quale il suo compagno di classe si era diretto appena arrivato, che si presentò come Kogure Kiminobu, ex vice-capitano della squadra di basket. Sara strinse anche la sua mano, rendendosi subito conto di averci messo troppa forza rispetto a quella dell'altro.

Scusa.”

Nulla.”



Dopo i saluti iniziali, tutti andarono diligentemente a sedersi nei posti assegnati loro. Ayako le indicò uno sgabello alto, e lei prese posto accanto a Mito, che le sorrise subito affabile come sempre.

Dov'eri finita?”, le sussurrò il moro. Lei tentennò un attimo, temendo che il suo ingresso con Mitsui fosse stato notato. E che questo portasse a nuovi stupidi pettegolezzi da parte di Hanamichi.

Se ti dico che mi ero persa?”, cercò di glissare, sperando che la buona sorte, e l'educazione del ragazzo gli impedisse di dare adito ad altre domande.

Direi che è stata una fortuna che fosse uscito a telefonare a sua madre proprio al momento giusto per recuperarti.”

Sara si ricordò di non avergli visto in mano nessun cellulare. Forse la telefonata l'ha fatta veramente, sono soltanto io a voler pensare che fosse venuto a cercarmi. Notando come si fosse voltato subito a rispondere ad una battuta di Noma, evitò di tornare sull'argomento. Nel contempo sentì lo sgabello accanto a sé spostarsi, e vide il suddetto accomodarsi dall'altro lato rispetto a Mito. Vide il suo kohai del club di calcio circondato dall'armata, e uno indistinto tra loro che gli riempiva il bicchiere di sakè e glielo faceva mandare giù in un solo sorso. Stava per alzarsi per obiettare che fosse ancora minorenne, ma Mito con un cenno della mano la trattenne.

Non essere apprensiva. E' solo una prova per valutarlo.” Intanto il ragazzo aveva mandato giù il bicchiere senza fare una piega.

Sarà, ma non vorrei vederlo ubriaco entro la fine della serata.”

Mito cominciò a chiacchierare amichevolmente con Mitsui e lei, fattasi un po' indietro per non essere in mezzo ai due, cominciò a guardarsi attorno nella stanza. Il club di basket, più gli infiltrati, era disposto sui due lati di un lungo tavolo, chi seduto su sedie, chi su una lunga panca addossata alla parete. La stanza sembrava non avere finestre e la luce, del tutto artificiale, proveniva da una serie di tubi al neon che correvano paralleli al soffitto. Voltatasi verso la porta da cui era entrata notò un megaschermo alla parete, spento. E davanti ad esso un tavolino con sopra un telecomando, un libricino plastificato che assomigliava in tutto per tutto ad un menu, anche se molto più spesso, e un microfono. Quando capì di che locale si trattasse trasse un lungo respiro, per evitare di iperventilare. Cercò con lo sguardo la sua migliore amica, seduta all'estremità del tavolo più vicina al teleschermo. Aveva un amabile sorriso.

Stronza come sempre. Sa che odio cantare in pubblico e mi ha portato con l'inganno in un karaoke. E sa che seduta così lontana non potrò farle una scenata isterica. Ma se pensa di averla vinta si sbaglia.

Usando una mimica ben conosciuta da entrambe puntò il dito prima verso se stessa, poi verso l'amica. Quindi tracciò una linea netta sul proprio collo con il pollice, imitando una decapitazione. Ayako si mise a ridere. E anche Yohei Mito cominciò a ridere, il che le fece intendere che aveva seguito tutta la scena e aveva colto il messaggio.

Non dirmi che odi il karaoke e la cara Ayako ti ha portato qui non dicendo dove stavate andando.”

Nooo... Solo che non mi sento dell'umore per cantare...”

Perché? Sei così stonata?”

No, non è questo. E' che... non mi piace farlo in pubblico.” Sorrise forzatamente, nel tentativo di nascondere quanto la facesse veramente sentire in imbarazzo l'essere al centro dell'attenzione. La sua mente tornò al secondo giorno di scuola, e a come aveva risposto male a Mitsui per lo stesso motivo. Sbirciò nella sua direzione, e lo vide al suo fianco che parlava con Kogure.

Ma Mito non si arrese alla sua risposta.

Ma non è in pubblico, è tra noi. Eppoi a me piacerebbe tanto sentire la tua bella voce.”

Sara gli avrebbe scoccato un'occhiataccia se solo il suo tono non le fosse parso sincero. Ma con Yohei Mito a volte non ne era così certa.

Secondo me non ne è capace.” Il commento sarcastico della seconda guardia arrivò come sempre inatteso.

E tu come te la cavi, ugola d'oro?”

Vedrai.” Le rispose enigmatico, con un sorriso di sfida sulle labbra.

Non trascorse molto che un cameriere bussasse alla porta ed entrasse portando due giganteschi vassoi di sushi e li disponesse sul tavolo. Lo seguirono altri camerieri, portano delle teiere da cui si diffondeva il profumo inconfondibile di tè al gelsomino fumante, e un vassoio di boccali di birra. Sara si portò vicino una teiera, rifiutando la birra che le veniva offerta.

Non dirmi che non bevi?!” Mitsui stralunò gli occhi, e prese dal vassoio una pinta di Asahi che poteva benissimo aggirarsi attorno al mezzo litro.

Non mi piace il sapore, troppo amaro.”

Notò che il ragazzo con gli occhiali, Kogure, aveva declinato la birra, vendo preso una tazzina. Sara fece per versargli il tè, poi ricordò le buone maniere. Si versò una tazza, e chiese al ragazzo di porgerle la propria. Lui ringraziò con un cenno del capo. Fece lo stesso con Mito, per quanto anche lui avesse di fronte una buona pinta di birra. A quel punto le venne spontaneo girarsi anche verso Mitsui, cercando di essere gentile per quanto si preparasse ad un commento sarcastico.

Posso?”

Inaspettatamente lui gliela porse sorridendo. “Un po' di tè non mi farà male. Al massimo diluirà un po' la birra che berrò.” Lei si ritrovò a ridacchiare, al pensiero di vederlo ubriaco. Il commento di Mito non s fece attendere.

Sono geloso! Vuol dire che preferisci Mitchi a me!”* Lei non capì il senso delle sue parole.

Non essere sciocco Yohei!” Di sottofondo sentì la risata del ragazzo, che attaccò il primo boccale della serata.

La compagnia era molto allegra e divertente. Sara si ritrovò presto rilassata e contenta di essere uscita. E fu costretta a constatare che il suo vicino era... divertente. Sbirciò varie volte nella sua direzione, fingendo di guardare altrove ogni volta che lui la beccava. Lo osservò mentre rispondeva per le rime ad Hanamichi per l'ennesima volta. Sentì Akagi rimbrottare con Miyagi, poi si rivolse a Mitsui.

E tu Mitsui? Come va il ginocchio?”

Ginocchio?!

Vedrai che quest'anno vinceremo il campionato.”

E speriamo che Hanamichi batta il su record di espulsioni!”, urlò Okusu, alzando il bicchiere colmo di sakè in un brindisi, subito seguito dal resto dell'armata.

Speriamo proprio di no!”, urlarono di rimando la manager e il capitano. Il diretto interessato fu tardo a replicare, avventandosi sui sui amici

Non capite nulla! Io sono un genio!”

Quest'anno vinceremo!”

Kogure si aggiustò gli occhiali.

Sicuramente quest'anno la vostra formazione è forte. E' una fortuna che Mitsui sia ancora in squadra.”

Cosa vorresti dire?” urlò indignato. Sara scoppiò a ridere e il ragazzo la fulminò con lo sguardo. Poi però la sua risata lo contagiò, e si ritrovò a ridere, suo malgrado. “In effetti è vero.” Le versò un bicchiere colmo di sakè e si alzò in piedi.

Per il club di basket! Che vinca il campionato!”

Che Hanamichi venga espulso in tutte le partire!”

Taci scrofa!”

Che vinca anche il club di calcio!”

Con noi due è certo. E che Ayako la smetta di far girare Ryota come una trottola!”

I due calciatori scoppiarono a ridere. Ayako ruotò il sakè nel suo bicchiere con calma, lo sguardo già un po' appannato per i brindisi. E per la birra finita. Scattò in piedi.

E che la mia migliore amica si trovi un ragazzo che se la scopi.”

Si sentì il suono strozzato di qualcuno a cui il contenuto del bicchiere andava di traverso.

Questa me la paghi.”

Va bene se ti ripago in natura?”

Vai a morire ammazzata.”

Sono disposta a pagare chi si offre volontario.”

Pensa agli affari tuoi.”

Sono affari miei, amore.”

Si guardarono per un attimo trucemente, trattenendo però a stento le risate. Poi mandarono giù il liquore in un solo sorso.

Poco dopo lo schermo venne acceso, e i primi volontari si avvicinarono al microfono. Al turno di Hanamichi tutta l'armata Sakuragi si alzò in piedi, accompagnando il loro capo nella più stupida interpretazione della sigla di Yattaman che si fosse mai vista. Anche L'ex vice-capitano rise di gusto, ignorando per una volta i continui improperi che Akagi lanciava al cantanti.

Adesso tocca a Sara-san.”

"Te lo puoi scordare!"

"Dai, sempai, non essere timida. Canta!"

"Forse non ne è capace." Il commento, naturalmente proveniente dal tenebroso dello Shohoku, la punse sul vivo.

"Neanche tu hai ancora cantato, o sbaglio?"

"E' di te che stiamo parlando. Comunque se non ne sei capace..." Hisashi Mitsui le riservò uno dei suoi sorrisi sghembi. Lei fissò lui e poi gli altri. Alla fine mandò giù in un sorso il sakè rimasto nel bicchiere e si alzò.

Coraggio liquido?” Il moro sorrise, bevendo una sorsata di birra. Lei lo fulminò.

"Fatemi vedere che canzoni ci sono."

Controllò la lista per un minuto buono, con l'amica accanto che l'aiutava a leggere gli ideogrammi. Alla fine fece la sua scelta. Prese il microfono e azionò il tasto play, con Ayako che se la rideva.

La musica partì. Ma lei non contò. Si ritrovò bloccata a fissare un punto nella stanza, senza riuscire a far uscire un suono dalle labbra. Si era bloccata. La musica andò avanti, senza che lei riuscisse a trarre fuori una nota. Fu presa dal panico. Lo sapevo, di nuovo. Mi vergogno ad avere tutti che mi fissano.

La musica si spense. Poi ripartì da capo. Sentì una mano afferrare la sua, e quando alzò gli occhi vide Ayako che le sorrideva. E che cominciò a cantare con lei.

Dakishimeta Kokoro no kosumo

Atsuku moyase Kiseki wo okose

Kizutsuita mama ja inai to

Chikaiatta Haruka na ginga

Pegasasu fantaji Sou sa yume dake wa

Dare mo ubaenai Kokoro no tsubasa dakara

Saint Seiya Shounen wa minna

Saint Seiya Ashita no yuusha (oh yeahh)

Saint Seiya Pegasasu no you ni

Saint Seiya Ima koso Habatake**


Lasciò finire la musica, e strinse forte la mano ad Ayako con un muto ringraziamento.

"Non immaginavo che avesse una voce così armoniosa...hai visto Mitsui? Ti ha smerdato di brutto." Rise Mito, un po' brillo per il sakè. Lei tornò a sedersi accanto ad una Ayako ridacchiante.

"Non credere che non l'abbia notato, a quale dei Cavalieri stavi pensando per metterci tanto amore?"

"Chissà..." E scoppiarono a ridere.

"Comunque, esistesse uno come il nobile Milo...." Ayako sospirò. E lo stesso fece Sara.

"Ti capisco, sorella."
"Però è sotto il segno dei gemelli che nascono i veri fighi."

Mitsui non riuscì a non drizzare le orecchie, sentendosi chiamato in causa.

"Capelli scuri.."

"Occhi blu..."

"Bastardi come pochi."

"Te lo concedo. Ma c'è l'imbarazzo della scelta."

"Certo, gemelli."

"Kanon o Saga, questo è il dilemma!"

Lei non lo vide, troppo impegnata a ridacchiare con l'amica, ma il ragazzo abbassò lo sguardo, scoprendosi stranamente triste nel constatare che stessero parlando solo dei personaggi di un cartone animato.

Certo non poteva trattarsi di me...


Hanamichi, un po' brillo per il sakè, cominciò presto a dispensare le sue perle di saggezza. Subito subissato di improperi da parte di Takenori Akagi.

"Gorilla... hic... non troverai mai una donna se continui a essere così... hic... scorbuto....", biascicò tra un sorso e l'altro.

"Si dice scorbutico Hanamichi.", lo riprese Kogure, che subito dovette abbassare la testa per evitare lo sguardo furente dell'ex capitano.

"E tu Hanamichi? Non mi sembra che abbia trovato una ragazza quest'anno. E anche Miyagi è a stecchetto."

"Solo perché non ne ha trovate di ubriache!" Biascicò qualcuno, indistinto, dall'angolo occupato dell'armata Sakaragi.

"Questione di tempo... hic... Intanto Mitsui si è trovato la.... prugnetta." In un eccesso di cameratismo alcolico Hanamichi abbracciò Sara e il compagno di squadra.

"Sono felice! Avete passato una serata in allegria... Senza urlarvi dietro come al solito... hic... Finalmente i piccioncini vanno d'amore e d'accordo!"

"I cosa?", i due, non riuscendo a divincolarsi dalla presa del rosso si dovettero guardare in faccia si ritrovarono con la faccia a pochi centimetri l'una dall'altro, arrossendo. A rimanere particolarmente sorpreso fu Kenji Yukifune, che assisteva alla scena non capendo di cosa stessero parlando. Non gli risultava che la sempai fosse impegnata. Lanciò uno sguardo di ricognizione alla sua ex, che scosse la testa, come per dire che lei non ne sapeva nulla. Hanamichi intanto continuò.

"Finalmente avete fatto pace. Anche oggi eravate soli e soletti a tubare. Mi chiedo cosa steste facendo prima del mio arrivo..."

"Anche io mi chiedo cosa tu le faccia quando restate in classe assieme, Mitchi, dopo è sempre così energica... proprio come oggi!" Ayako, con la abituale faccia tosta, buttò l'amo, per vedere quale pesce sarebbe abboccato.

"Bravo Mitchi, finalmente ti sei trovato una donna che ti tenga in riga e ti ammaestri!"

Mitsui, che nel frattempo si era divincolato dalla stretta, reagì nell'unico modo che conosceva quando si sentiva in imbarazzo. Sparò a zero.

"Non facciamo proprio niente quando restiamo da soli."

"Però ammettete di rimanere da soli."

"….Non è così. Non potrei mai fare niente con lei."

"Grazie. Cos'è non sono di tuo gradimento come donna?" Rispose lei piccata.

"Non è quello, stupida. Non ti ho mai visto vestita come una ragazza. Vieni a scuola persino con la divisa maschile!" Lei, irritata dal commento maschilista, reagì alla stessa maniera.

"Certi cretini non capiscono che una può essere femmina e non mettere le gambe in mostra. Se ti interessa tanto guardarmele vieni agli allenamenti di calcio!"

"Non ci tengo a vedere le tue gambe."

Sebbene ci stesse pensando intensamente, non riuscì a trovare nulla per ribattere. Lo guardò in cagnesco. Mito, che come sempre aveva la capacità di stemperare la rabbia che si accumulava prima che i presenti dovessero pentirsene, intervenne.

"Beh, Mitchi, sbaglio o si dice che chi disprezza compra..."

L'interessato rimase spiazzato, e lei sbollì quel poco di irritazione che le era sorto. Constatò stupita che, sebbene stesse cominciando stranamente ad abituarsi alle continue prese in giro di Mitsui, ancora più stranamente le prendeva sempre di più sul personale.



Ayako lesse velocemente un sms, poi dette un leggero colpetto a Sara, la quale si alzò anche lei.

"Il nostro passaggio è arrivato. Ci vediamo lunedì a scuola. Akagi, Kogure, non fate più passare così tanto tempo prima di vedersi, ok?"

"Naturalmente. Ciao!"

"Ken, domani abbiamo allenamento. Non tornare a casa troppo tardi, ok?"

"Si, sempai!"

Le ragazze uscirono, lasciando i ragazzi a guardarsi l'un l'altro. Il primo ad a salutare fu Mitsui.

"Io vado. Passare una serata con degli uomini e con Hanamichi ubriaco non è esattamente la mia idea di divertimento."

"Beh, Sara-chan sembrava arrabbiata quando è andata via. Mi sa che stasera ti resta solo il triste faidate.", ribatté Hanamichi.

"Quello resterà a te come unica via di sfogo." Fortunatamente, Hanamichi era troppo impegnato a continuare ad esporre la sua tesi per cogliere la frecciata dell'amico.

"Davvero? I vostri litigi sembrano preliminari. Si dice che dopo un litigio due innamorati sono molto più impetuosi a fare la pace..."

Mitsui arrossì, punto sul vivo, e gli rispose acido: "La vuoi finire? Non stiamo assieme!"

"Seee... sono un po' brillo, non cieco."

Mitsui si avvicinò pericolosamente all'amico. Kogure si mise in mezzo, tentando di calmare gli animi.

"Hanamichi, Mitsui, smettetela per piacere. Probabilmente è stato tutto un grosso equivoco che..."

"I soliti idioti. Ecco perché non mi mancano le superiori."

"Taci gorilla, chiudi quella vecchia ciabatta!", sbraitò Hanamichi. E Mitsui:

"Esatto, tornatene nel tuo zoo! Magari lì troverai una femmina che ti voglia!"

"Maledetto cretino! Anche tu vai in bianco quanto me stasera!"

Tutti i tentativi di far da paciere di Kogure finirono nel nulla. E fu solo per il fatto che Akagi era cugino del proprietario che non furono sbattuti fuori a calci.



Un grazie a chi leggerà questo capitolo giunto tardivo.

* Usanza vuole che il che il tè venga servito per ultimo all'ospite di riguardo, così che rimanga più tempo in infusione.

**Pegasus Fantaji – Sigla Iniziale dell'anime Saint Seiya.

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Capitolo 7
*** Lezioni ***


Capitolo VII

Lezioni



Al secondo tentativo Hisashi riuscì a inserire la chiave nella toppa e a far scattare la serratura. Quando provò a spingere sentì però la porta incastrarsi. Sbuffò. Assuefatto oramai al problema afferrò la maniglia, diede un leggero colpo verso l'alto sollevando la porta e spinse. La porta si spalancò sul corridoio buio.

Domani devo proprio parlare con l'amministratore. Non è possibile che non abbia ancora avuto il tempo di riparare questa maledetta porta.

Percorse il corridoio appoggiandosi con una mano alla parete, più per sicurezza che perché fosse realmente sbronzo. Non era stata certo la birra ad averlo mandato fuori fase quella sera. Incontrare il gorilla e megane-kun...

Incespicò in qualcosa e sarebbe caduto se non fosse stato appoggiato al muro. Imprecò mentalmente.

Maledizione! Tocca anche a lui mettere a posto gli scatoloni! Non pretenderà che sistemi tutto io?

Ignorando completamente la luce che proveniva dalla cucina aprì la porta di camera sua e la richiuse sbattendola. La voce di suo padre giunse forte dalla cucina, come se non ci fossero pareti a separarli.

Non sbattere le porte!”

Buonasera anche a te, papà!”

Senza indugiare oltre Hisashi si levò la polo bianca che aveva indossato per tutta la sera, la appallottolò e la fece finire nell'angolo più lontano della stanza con un colpo di polso. I pantaloni neri andarono invece a finire ai piedi del letto. Guardò l'orologio. Segnava le 2:00. Certo che suo padre era rimasto sveglio proprio fino a tardi. Si sdraiò sul letto e spense la luce. Dalla finestra lasciata socchiusa filtrava ovattato il chiarore dei lampioni della strada e l'odore della vicina locale di ramen, che stava oramai chiudendo. Ci era passato davanti tornando, e il signor Kurata gli aveva fatto un cenno di saluto come sempre. Quando gli aveva chiesto se avesse avuto bisogno d'aiuto per sistemare il locale gli aveva risposto che aveva già pulito tutto, e che era meglio non stesse in giro a quell'ora perché poteva fare brutti incontri. Hisashi se ne vergognava, ma il suo primo pensiero era andato ai suoi amici di qualche anno prima, e a come avrebbe desiderato che quel vecchietto non scoprisse mai cosa era stato. Due anni buttati via. Che avrebbe potuto passare allenandosi. Invece adesso...

Strinse istintivamente la mano a pugno. Akagi era riuscito a farsi ammettere in uno degli istituti più prestigiosi del Giappone, la cui squadra di basket era tra le migliori quattro a livello nazionale. Naturalmente anche Kogure aveva deciso di frequentare la stessa università, sebbene pagandosi la retta carissima. Lui invece non ce l'avrebbe fatta senza una borsa di studio. E se non fosse riuscito a frequentare una scuola con una squadra prestigiosa allora il suo sogno di diventare un giocatore professionista sarebbe finito.

I suoi pensieri neri furono interrotti dalla porta della sua stanza che si apriva.

Posso, Hisashi?”

Rimase sdraiato, voltando solo la testa in direzione della porta. Cosa chiede se può entrare se è già dentro? Comunque cercò di rispondere gentilmente.

Dimmi, papà.”

L'uomo si affacciò. Da giovane doveva aver avuto lo stesso aspetto del figlio, pur essendo sotto il metro e ottanta. Le preoccupazioni l'avevano fatto però invecchiare precocemente. L'ultimo anno poi gli aveva disegnato una profonda ruga in mezzo alla fronte, e la mancanza di barba, che aveva cura di radersi ogni mattina, non dissimulava, anzi accentuava, l'aria di stanchezza che lo accompagnava.

Domani sarò a casa. Sarà il caso di sistemare qualcosa, non credi?”

Senza attendere una risposta fece dietro front e tornò da dove era venuto.

Ok.”, rispose Hisashi alla porta ormai chiusa. Come se fosse solo mia la roba in corridoio. Difficile che mamma venga a trovarci, ma se lo facesse... Rabbrividì al pensiero di cosa sua madre avrebbe detto di fronte al disordine in casa. L'avrebbero delusa per l'ennesima volta.

Spense la luce e poi aspettò che il sonno arrivasse, la tensione che pian piano si dissipava. Si concentrò sul buio, e sui suoni ovattati. Continuando a fissare il soffitto, i pensieri foschi che si susseguivano veloci nella sua mente, senza lasciarlo.

Gnneeeeeek

Hisashi cercò di ignorare il cigolio, un rumore che sentiva ormai sempre più spesso in quell'edificio che aveva bisogno di una migliore manutenzione. Chiuse gli occhi lentamente, sperando così di poter allontanare i pensieri e riposare. Fece vagare l'immaginazione, ritornando a quella stessa sera. Ma invece di concentrarsi sui suoi compagni di allenamento, come prima, pensò ad altro. Sapevo che non aveva bisogno di aiuto. Eppure mi è scattato qualcosa dentro quando ho visto quei ragazzi che ci provavano con lei. E l'espressione che ha fatto quando mi ha visto. Si è illuminata, e mi ha rivolto un sorriso. Non c'era scherno nei suoi occhi. E sembrava veramente che mi ritenesse il suo salvatore.

Si coprì la faccia con una mano, come a nascondere l'imbarazzo che lo stava cogliendo. Gli era piaciuto che lei lo guardasse così. E avrebbe voluto che succedesse ancora e ancora.

E non mi ha scacciato quando l'ho sorretta. La sua schiena era calda sotto la canottiera. Quanto avrei potuto tenerla lì prima che sciogliesse il contatto? Quando l'ho tolta mi formicolava. Poi quello scemo di Hanamichi ha fatto i suoi stupidi commenti.

Arrossì.

La mia ragazza... Si, mi piacerebbe averla. Ma come ragazza? Mi sembrerebbe di stare con un maschio. Chissà come starebbe vestita da donna. Magari con una gonna corta.

E che mi guardi come stasera, come se fossi il suo salvatore.

Un calore poco familiare cominciò a diffonderglisi in profondità, partendo dal ventre e da lì irradiandosi in tutto il corpo. Con quella nuova immagine nella mente, e un sorriso stampato sulle labbra, il ragazzo si addormentò, ignaro dei due occhi gialli che lo scrutavano nella notte e del loro proprietario, che faceva le fusa sulla sua pancia.





Per svegliarsi completamente, quella mattina Sara fece una lunga corsa sulla spiaggia. Tornata dalla corsa di allenamento si buttò sotto la doccia. La sera prima era rientrata parecchio tardi per i suoi standard, e al mattino il suo corpo aveva cercato in tutti i modi di convincerla a non alzarsi dal letto e continuare a dormire.

Entrata in cucina aprì il frigorifero e ne estrasse la caraffa del latte. Aveva ancora almeno un'ora prima di doversi preparare per andare da Rukawa. Quindi mangiò con calma. Cominciava a sentirsi agitata per l'inizio delle eliminatorie di prefettura. Per quanto cercasse di collaborare con i compagni di squadra le sembrava sempre di più di non riuscire a comunicare con loro, sia in allenamento che fuori. Sperava davvero che fosse solo una sua impressione e che durante la partita tutto andasse bene.

Finito di mangiare mise la tazza nel lavandino, verso un po' di latte in una ciotola che appoggiò sulla mensola della finestra, nel caso il gatto decidesse di tornare e infine si mise le cuffie e accese il lettore mp3. Le note tristi di My Selene dei Sonata Arctica le riempirono la mente.



2 ore dopo...



Sara pigiò nuovamente il campanello di casa Rukawa, ringhiando esasperata.

Io lo ammazzo! Dove cavolo è andato a finire!”

Era arrivata da mezzora ormai, e di Kaede neanche l'ombra. Dopo i primi tentativi di farsi aprire suonando il campanello aveva cominciato a pensare che il ragazzo fosse fuori casa. Allora lo aveva chiamato al cellulare, eppure non c'era stata risposta. Anzi, peggio, era spento, come se il ragazzo non volesse essere disturbato. E lei stava perdendo davvero la pazienza.

Aveva ormai deciso di tornare a casa e di lasciare perdere quando la porta si aprì lentamente, e sulla soglia apparì la figura di Kaede Rukawa, in maglietta bianca e pantaloni della tuta che cascavano sui fianchi.

Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto o entri?”

Mentre Sara entrava in casa lo guardò trucemente.

Spero che ti strozzi!” , mormorò.

Hai detto qualcosa?”

Si può sapere dove cavolo eri?”

A letto.”

Lei alzò un sopracciglio, pensando a qualcosa di arguto e tagliente da rispondergli. Alla fine, abbattuta, scosse la testa e decise di lasciar perdere.

Dai, tira fuori inglese, così cominciamo.”

Passarono le seguenti ore a studiare, con molte (troppe) interruzioni dovute alla narcolessia del ragazzo.

Nel pomeriggio Kaede propose di spostarsi in giardino, perché i 25 gradi all'esterno rendevano più piacevole lo studio all'aperto. Il ragazzo andò diretto verso un albero da fusto nodoso, che si allargava in rami carichi di fiori rosa pallidi, e vi si sedette sotto, indicando con un gesto la coperta che aveva disteso a terra poco lontana da lui.

Arigatou.”, sussurrò lei, annotandosi mentalmente di essere un po' meno severa con lui per quell'ultimo giorno di studio. E lo fu.

Mentre Kaede finiva l'esercizio di traduzione che gli aveva affidato, Sara non riuscì a trattenersi dall'iniziare un discorso che la stava tormentando da qualche giorno

Kaede...”

Il ragazzo alzò gli occhi dal quaderno.

Hn?”

Non vai d'accordo con la squadra?”

Lui chiuse il quaderno e si distese mollemente contro il tronco dell'albero di ciliegio e chiuse gli occhi.

Perché?”

Perché non sei uscito venerdì sera?” La ragazza sospettava che i suoi genitori c'entrassero qualcosa nella faccenda, ma non sapeva se poteva prendersi la confidenza di una domanda diretta.

Non mi interessava.”

Non è vero. Lo sapevi già da prima che non ci saresti stato.”

I suoi magnetici occhi blu si aprirono, lanciandole uno sguardo glaciale che la fece per un attimo rabbrividire.

Perché me lo chiedi? Non sono affari tuoi.”

Sara si morse il labbro.

Hai ragione, scusa.”

Riabbassò subito la testa sul libro che aveva sulle gambe, e riprese a leggere il libro di letteratura giapponese, cercando, concentrandosi in quella materia che le risultava ostica, di non far notare a Rukawa quanto l'avesse ferita la violenza della sua reazione. E così passarono i minuti, senza che lei alzasse la testa. Voleva rimanere offesa ancora un po', e crogiolarsi in quella condizione. Eppure, alzando velocemente gli occhi, notò come il ragazzo la stesse fissando. Distolse lo sguardo, fingendo di non averlo alzato affatto.

Sara?”

Hn?” Rispose lei, senza staccare gli occhi dal libro. In cuor suo voleva fingere di non aver sentito, o che non le importasse. In realtà aveva continuato a leggere la stessa pagina senza rendersene conto, ed era come se le parole scivolassero via dalla sua mente senza che si concentrasse. Le sembrò di sentire un sospiro, e poi si avvide che il ragazzo si era spostato finendo con lo sdraiarsi accanto a lei.

Ero con i miei genitori. Niente di che.”

Fu come se il nervosismo che l'aveva colta si dissipasse, e si ritrovò ad appoggiarli una mano sulla spalla e a stringergliela. E lui cominciò a parlare. Aveva già sospettato come il ragazzo si sentisse solo, e che i suoi genitori erano per lui distanti anni luce. Come non riuscisse a parlare loro dei suoi sogni e dei suoi interessi, così presi com'erano a vedere il mondo soltanto dal loro punto di vista. E lo sguardo di comprensione che si lanciarono fu molto più eloquente di mille parole.

Tornò a casa tardi quella sera, dopo aver mangiato velocemente un piatto pronto con Rukawa. Non la stupì particolarmente trovare il gattone ad aspettarla davanti alla porta, miagolando. Entrò seguita dal gatto. La ciotola del latte era vuota. Il gatto, come se fosse a suo completo agio in una nuova casa, la seguì in cucina, e le si sedette accanto mentre apriva il frigorifero, appoggiandole una zampa sulla gamba e miagolando per chiedere cibo.

Ha fatto presto a fare amicizia. Per lo meno ci ha messo meno di Kaede.

Tirò fuori un trancio di pesce pulito, a basso prezzo, che aveva comprato quella mattina in pescheria. E appoggiò il piatto a terra. Il gatto ci si buttò sopra. Oh, pesce fresco. Ti adoro. Ti ho educato proprio bene, non come gli altri pezzenti del quartiere.

Si sedette sul pavimento, con la schiena contro il frigorifero, e cominciò ad accarezzarlo sulla schiena, sorridendo tra sé e sé. Quella sera almeno non sarebbe stata sola.



Si videro anche il giorno dopo, la domenica, e verso le 3 si spostarono in giardino. Sara tirò fuori dallo zaino il libro di testo di storia giapponese: il suo problema principale in quella scuola.

Faccio anche l'esercizio 15?”

Si, poi lo guardiamo assieme.”

Sara tornò a chinare la testa sul libro di storia. Si stava rendendo conto di come quella materia sarebbe stata una brutta gatta da pelare per lei. Faceva riferimento a troppi eventi e tradizioni che lei, con una infarinatura solo generale di cultura giapponese, non conosceva. E a volte non comprendeva neppure. Fino ad allora era riuscita a cavarsela, soprattutto perché essendo all'inizio dell'anno non aveva ancora avuto verifiche. E si era solo affidata alla memorizzazione. Però non sarebbe bastato a lungo. Doveva trovare un modo per informarsi meglio. Magari frequentando una biblioteca... No, meglio internet. Quello per lo meno sapeva farlo. Ma avrebbe dovuto trovare del tempo. Sarebbe più facile chiederlo ad un giapponese. Magari Ayako? No, è sempre troppo impegnata, e non è esattamente ferrata in materia, con l'educazione occidentale che sua madre le ha impartito. E non sono in confidenza con nessun altro abbastanza per....

Guardò Rukawa. E fece un tentativo.

Sai perché è stata istituita la festa dei bambini?”

Lui nemmeno la guardò, continuando a scrivere sul libro.

.... per ricevere regali?”

No, probabilmente non è il caso di chiedere proprio a lui.



Il sole era ormai tramontato quando rientrarono in casa. Non cenarono assieme, perché i genitori del ragazzo sarebbero rientrati prima e non voleva dover rispondere a domande sulla ragazza europea che passava le giornate con lui. Rukawa insistette comunque ad accompagnarla a casa (a suo modo) fece la strada con lei.

Strano, di solito appena può torna a letto, pensò lei nel tragitto.

La passeggiata durò poco, e appena arrivati davanti per entrare Sara si girò. “Ti ringrazio per l'aiuto. Il compito in classe di domani andrà sicuramente bene.”
“Di niente, è stato un piacere”
“Allora buona notte” e dicendo questo le si avvicinò e le posò un bacio sulla fronte, scompigliandole poi i capelli.
"Buona notte anche a te, e in bocca al lupo per domani" disse lei sorridendo e salutando l'amico mentre si allontanava. Non si sarebbe aspettata una reazione del genere proprio da lui. Però quello per lei era solo un ringraziamento da amico.
Ma la persona che li stava osservando nella penombra non la pensava alla stessa maniera.



Quella stessa sera, verso le 23, al Ristorante tipico del quartiere...

Finito di spazzare il pavimento Mitsui si appoggiò alla scopa per asciugarsi il sudore dalla fronte. Aveva finito con le pulizie per quella sera, e il locale era chiuso da un'ora. Era una fortuna che non fosse molto affollato quella domenica sera, almeno avrebbe potuto andare a letto subito, stanco com'era. Però un po' gli dispiaceva per il signor Kurata; per lui voleva dire avere meno clienti e doverlo pagare per l'intera serata. Avrebbe potuto fare un po' di pubblicità al locale, a scuola magari..... No meglio di no. Anche se i professori chiudevano un occhio sui lavori degli studenti, c'era pur sempre un regolamento che vietava agli iscritti allo Shohoku di lavorare. Anche se nessuno la rispettava. Ma era certo che la sua aura nera avrebbe fatto in modo che lui fosse beccato. E non poteva rinunciare a quel lavoretto che gli permetteva di racimolare qualche soldo per sé dato che i suoi genitori non gli passavano più nulla.

Mitchan?” Un uomo anziano, con le sopracciglia cespugliose e due piccoli occhiali da vista rotondi emerse dal retrobottega, con una cassa di bottiglie vuota. Il ragazzo corse ad aiutarlo prendendo la cassa.

Ce la facevo...” Mitsui lo interruppe.

Lo so, sono io a dover fare un po' di esercizio.” E gli sorrise complice. Anche il vecchietto sorrise, dandogli una pacca sulla spalla.

Bravo ragazzo. Scommetto che la tua ragazza sarà orgogliosa di te.”

La mia chi?”

Ma si, quella bella rossina di cui tieni la foto in tasca. Ti era caduta e l'ho vista.”

Mitsui mugugnò qualcosa, prima di affrettarsi fuori ad appoggiare le casse per il ritiro del vetro del mattino dopo. Perché continuano a dire che è la mia ragazza. Eppoi io non ho sue foto. Poi si ricordò di ciò che era successo dopo gli allenamenti quel venerdì.

...

Era già pronto per tornare a casa, con il borsone in spalla quando la manager gli si era avvicinata e lo aveva bloccato all'uscita.

Sara si è dimenticata il libretto scolastico sotto il banco. Sempai, sbaglio o abiti nel suo stesso quartiere? Portaglielo!” E gli sorrise, in quel suo modo che non dava possibilità di replica. Almeno se non volevi attaccare briga con lei.

Può arraggiarsi.”, e fece per andarsene.

Ayako arrivò furtiva alle sue spalle e gli tirò uno scapellotto. "Questo è per come hai risposto alla tua manager..." Quindi gliene tirò un altro ".. e questo è perché sei uno stupido."

"Perché?"

"Per come ti comporti!" E dicendo questo gli cacciò in mano il libretto scolastico e un foglietto ripiegato in cui aveva disegnato la mappa per arrivare a casa della ragazza.

.


E così ora doveva proprio andare a portare il quaderno a quella …. gli mancava il termine per descriverla.


Seguendo le istruzioni della mappa si stupì di come riuscì ad arrivare rapidamente la casa della ragazza. Era a solo un isolato di distanza da casa sua, ma l'aspetto della villetta che si trovò davanti era ben lungi da quello dell'appartamento che divideva con il padre. Stava per suonare al citofono, ma si bloccò non vedendo il cognome della compagna. Al suo posto era scritto Wakabashi. Strano. Magari Ayako aveva sbagliato indirizzo. Poteva chiedere ai padroni di casa informazioni. Una straniera non era esattamente usuale.

Sara sentì il suono del citofono, e corse ad aprire così com'era. Ovvero con i capelli sciolti, i leggins e una canottiera che usava per dormire.

Ecco, lo sapevo che ti eri dimenticato il quaderno nel mio zaino Rukawa.”

Però gli occhi blu che si ritrovò davanti non erano quelli di Rukawa, ma del suo compagno di classe che tanto la faceva penare.

Mitsui rimase impalato sulla porta, il libretto mezzo proteso verso di lei, e la bocca atteggiata in un “o” di stupore. Un attimo prima che la sua mascella si indurisse in un espressione più dura e distogliesse lo sguardo. Apre normalmente a Rukawa vestita così?

Ti ho riportato questo.” Le porse il libretto, che lei questa volta afferrò, ma senza che lui lo lasciasse. Avvicinandosi di un passo le sembrò di vedere le guance del ragazzo arrossarsi, mentre si ostinava a guardarsi la punta delle scarpe.

Ehm, Mitsui, lo lasceresti?”

Si, scusa.” Disse, assumendo un tono più dolce. E lasciò la presa. E in tono piccato aggiunse:

Apri sempre così la porta a Rukawa?” Solo allora rialzò lo sguardo dalle sue scarpe e vide che lei teneva in mano un quaderno di inglese con il nome del compagno di squadra in prima pagina. E capì di aver frainteso tutto.

Perché?” Rispose senza comprendere. Per poi rendersi conto di essere in pigiama e che, anche se non la capiva, in Giappone si facevano un sacco di menate su come una persona si faceva vedere in pubblico. Si affrettò allora a rispondere, con un tono di scusa che appariva strano alle sue stesse orecchie “No, non apro mai così.”

Il ragazzo si sentì sollevato. “Copriti di più, fa ancora freddo... E dovresti già essere a dormire. E' tardi. Buonanotte.”, aggiunse in fretta battendo in ritirata.



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Grazie per l'attesa, e scusate se il lavoro mi ha impegnata così tanto da svuotarmi in questi mesi.

Un grande grazie ad Ace86, che con i suoi commenti mi aiuta ad aggiungere nuove idee al mio pentolone.... ^_^

E un grazie a R, che strigliandomi mi ha fatto finire il capitolo avendo la pazienza di leggerlo e correggerlo anche se Slam Dunk non gli piace e Mitsui gli sta antipatico.



Vi aspetto al prossimo capitolo. Ciao!

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Capitolo 8
*** Rissa!!! ***


Capitolo VIII

Rissa!!!


Passo a Miyagi, che corre sotto canestro e io corro dietro di lui, entrando nell'area avversaria. Siamo solo io e lui. La difesa avversaria gli è subito addosso, mentre Hasegawa mi marca stretto. Sendo cerca di rubargli palla, ma all'ultimo momento porta il pallone dietro di se e lo lancia all'indietro in mia direzione. Arretro di un passo fuori dalla linea dei tre punti. Riesco a smarcarmi da Hasegawa, che non può far nulla, e tiro. Il pallone rotea nell'aria, sospinto verso il suo naturale destino, ed è canestro. Abbiamo vinto la partita grazie ai miei tiri. La gente in tribuna urla il mio nome. MVP, MVP, MVP!

E alla fine la squadra mi è attorno, felice per la vittoria. Vedo una ragazza avvicinarsi. Indossa una canottiera e un paio di pantaloni attillati sulle cosce. Sfioro i suoi capelli con una mano e respiro il suo profumo. Le arrossisce. Chiudo gli occhi e...

Etchiù. Lo starnuto mi fa aprire gli occhi, completamente frastornato. Mi ritrovo seduto su qualcosa di morbido, e attorno a me... la mia camera, casa mia, il mio letto. E un mare di fili beige su tutta la coperta nera. Li guardo con più attenzione. Sono peli di gatto.

Maledetto botolo! Anche nei sogni mi tormenti ora?” Si alzò dal letto gettando via le coperte e scuotendole per togliere il pelo di animale.

Dove ti sei cacciato? So che sei qui! Come fai ad entrare? Maledizione, ora dovrò fare la doccia” Lo sguardo gli cadde sulla sveglia. “E sono pure in ritardo.” Uscì dalla stanza di corsa, sbattendo la porta incurante delle proteste del padre dalla stanza accanto.

Intanto, da sotto il letto, una zampina paffuta spuntò. Il gatto si stiracchiò languidamente. Quindi saltò sul letto, rintanandosi nelle coperte ancora calde.



Passa la palla!”

Qui!”

A me!”

Gli allenamenti del club di calcio si erano fatti molto più intensi quella mattina. Finalmente all'indomani ci sarebbe stata la prima partita di qualificazione per le distrettuali. Sara era elettrizzata. Avrebbe potuto disputare la prima partita di campionato. Ed era sicura di disputare la partita in prima persona, perché sapeva di essere uno dei migliori della squadra. Era sicura sarebbe andata bene.

Ragazzi, qui!”

Tutti i componenti del club di calcio si affrettarono attorno all'allenatore, stringendosi a semicerchio. Sara rimase al di fuori del semicerchio, stretti com'erano attorno al coach. Non riuscì a capire cosa stesse dicendo e cercò di farsi più vicina all'allenatore per riuscire a sentire.

... impegnativo. Dovete dare il massimo domani. Alla fine dell'allenamento di oggi leggerò la lista dei titolari. Datevi da fare.”

Si!” Risposero i giocatori urlando.


Ripresero le posizioni in campo. Quando vide che i suoi compagni partivano all'attacco partì anche lei in contropiede. Correndo il più velocemente possibile verso l'altra metà campo. Riuscì a penetrare nell'area avversaria, spingendosi sotto porta. Fece segno al centrocampista che aveva il pallone, Kanada, che incrociò il suo sguardo. Lei si preparò. E il passaggio non arrivò. Kanada passò il pallone ad un ragazzo robusto, Rizuno, che però non arrivò a tempo sul passaggio. Sara cercò il recupero, ma non arrivò a tempo prima che il pallone finisse fuori dal campo.

Continuò la partita. Sara si trovò di nuovo ad aspettare un passaggio che non arrivò, e che finì trai piedi di un avversario. Cosa sta succedendo?

Ripartirono in contropiede. In scivolata riuscì a riprendere il pallone e a tornare in area avversaria. I suoi compagni della squadra avversaria le furono addosso. Passò il pallone a Kanada, che non si spostò per ricevere il passaggio, che finì fuori. Sara lo guardò esterefatta, e lui alzò le spalle.

Hai tirato troppo forte.”

Non è vero, pensò, ma non disse nulla.


La partita di allenamento continuò così per altri dieci minuti, poi l'allenatore li mandò a fare la doccia. Sara andò negli spogliatoi per ultima, come sempre, per non imbarazzare i compagni. E intanto ripensò alla partita, non volendo credere a quello che una vocina interiore continuava a dirle, ovvero che i suoi compagni la stavano boicottando. All'uscita trovò Kenji Yukifune davanti alla porta, che l'aspettava, e insistette per accompagnarla in classe.

Non prendertela, sono dei cretini.”

Secondo te l'hanno fatto apposta?”

Lui non rispose. Come con noncuranza, fece invece passare un braccio attorno alle spalle della sua sempai e le strinse una spalla in un gesto affettuoso che la spiazzò. Finché si trattava di Miyagi non si preoccupava ad essere abbracciata. Ma con il suo compagno, che non conosceva poi così bene, le sembrava un gesto eccessivo.

Non ti preoccupare, tu sei migliore di molti di loro, hanno solo paura. Ma impareranno ad apprezzarti.” E le sorrise dolcemente, cosa che la fece imbarazzare ancora di più. Un silenzio molto strano si prolungò tra loro.

Senti, Ken-kun..” cominciò lei, ma non riuscì a terminare la frase. Si trovò scostata di lato bruscamente quando qualcuno andò a sbattere contro il ragazzo, sbalzandolo in avanti e facendolo cadere malamente. Mitsui torreggiava sul più giovane.

Scusa, non volevo urtarti. Ti sei fatto male?” Il tono con cui lo disse era particolarmente falso. Quando la guardò la fulminò e si affrettò in classe, lasciando la ragazza a chiedersi cosa fosse successo esattamente.



In classe il baccano era parecchio. Sara entrò e si diresse al banco. Mitsui aveva appoggiato la testa sul suo, e fece finta di non averla vista entrare. Passò oltre e si sedette. Fu distratta da Ryota, che le chiedeva i compiti di matematica.

Non potevi farli?”, rispose più sgarbatamente di quanto avesse voluto.

Cattiva!!! Dopo gli allenamenti ero stanco e mi sono riposato tutto il fine settimana!”

Con i videogiochi?”

Quello è parte del rilassamento.”

Arrangiati.”


Il professore della prima ora era proprio quello di matematica. E naturalmente chiese a tutti di consegnare i quaderni dei compiti, passando tra i banchi a ritirarli. Quando arrivò a Miyagi valutò il quaderno per qualche secondo, poi lo riconsegnò al ragazzo senza fiatare. Prese poi quello di Sara, annuendo. E poi chiese lo stesso a Mitsui. Sara sentì il compagno seduto davanti a lei imprecare in silenzio.

Bene, signor Mitsui, vedo che siamo stati troppo impegnati per degnarci di fare gli esercizi di compito. Sa che la sua situazione è sul filo del rasoio, vero? Cosa direbbe il professor Anzai se il suo allievo preferito dovesse non presentarsi al campionato nazionale?”

Il ragazzo strinse il pugno sotto il tavolo e tenne bassa la testa.

Non devo dare soddisfazione a questo stronzo.

La rossa intanto non sapeva cosa fare. Lo vedeva in difficoltà e sentiva di dover far qualcosa, ma non sapeva cosa. Il professore lasciò cadere il quaderno e si girò per tornare alla cattedra.

Bene signori. Compito in classe a sorpresa. Potete ringraziare il signor Mitsui che come al solito mi ha messo dell'umore giusto.”

Seguirono imprecazioni varie e versi di rassegnazione.


Miyagi cercò di atterrare la sua attenzione varie volte, per poter avere le risposte. E Sara lo ignorò, sapendo che il professore diventava parecchio velenoso se trovava qualcuno a passare le risposte ai compiti in classe.

Maledizione!” Mitsui imprecò ancora, cancellando la risposta appena data. Sara lo vedeva sudare. Era davvero in difficoltà. Sara tornò a guardare il suo foglio e scribacchiare. Sentì il compagno cancellare di nuovo con rabbia, e con un sospiro prese una decisione.

Dando uno sguardo al professore fece scendere la mano in tasca, e ne estrasse la locandina che aveva in tasca, nel film in programma al cinema. Lo infilò velocemente sotto il foglio protocollo sperando di non essere stata vista. E scrisse un paio di risposte il più velocemente possibile. Finì il suo compito in classe, e si alzò per andarlo a consegnare. La parte più difficile sarebbe stata consegnare il foglietto a Mitsui. Il professore la guardò alzarsi, e lei prese tempo, riponendo le penne nell'astuccio, fino a che non lo vide girarsi a guardare altrove. Cosa cavolo mi è venuto in mente. So che mi beccherà!

Fece un paio di passi avanti, cercando di controllarsi, portando dietro la schiena la locandina scritta. Che infilò sotto la mano del compagno. Poi accelerò verso la cattedra, consegnò il suo compito in classe e si affrettò a chiedere di andare in bagno.



A pranzo...

Mitsui era uscito a mangiare in terrazza con i compagni del club di basket e si era attardato. Quando si avvide dell'ora corse in aula, sapendo che era il suo turno di pulizie. Oggi mi ha aiutato nel compito in classe e adesso sta facendo le pulizie da sola.

Infatti, non appena entrò, trovò Sara che puliva il pavimento dando le spalle alla porta. Avrebbe voluto dire qualcosa di gentile, ma le parole non gli arrivarono. Rivide la scena di quella mattina, con il tizio del club di calcio che la stringeva a sé. E divampò.

Potevi anche aspettarmi.”, cominciò con tono rude.

Sara neanche si voltò, per quanto avesse ben riconosciuto la voce. Non sopportava il tono che aveva assunto di nuovo con lei, come ad inizio anno.

Perché? Tanto hai detto che non saresti venuto. Visto che la mia compagnia ti da tanto fastidio!”

Lui non capì "Come scusa?"

"L'hai detto alla capoclasse.”, rispose lei, risciacquando lo spazzolone.

E quando l'avrei detto?”

Una settimana fa, circa.”

Tipico di voi donne rinfacciarti una cosa detta un'eternità prima.”

Lei si voltò.

Ah, adesso sarei una donna?” E io che avevo cominciato a rivalutarlo.

Alla fine siete tutte uguali. L'unica cosa che importa è avere un uomo. Non guardate neanche la qualità.”

Fu la sua volta di restare stupita.

Non fare la santarellina con me. Ti piacevano le attenzioni di quel bamboccio stamattina.” Sara impiegò qualche attimo per capire. Ripensò al suo kohai che le passava un braccio attorno alle spalle, e a come Mitsui li avesse fulminati con lo sguardo prima di andarsene senza salutare. Cos'è, geloso?

Non sono affari tuoi!”

Infatti non lo sono!”

Allora vattene al diavolo!”

Dopo di te!”

Uscì dalla porta senza voltarsi indietro, e imboccò la prima rampa di scale senza neppure guardare. Scendendo schivò tre ragazze che stavano salendo. Le soppesò a mala pena, le gonne lunghe e i capelli mechati. L'ultima cosa che registrò distratto fu una frase delle tre.

Quella stupida vacca ce la pagherà.”




Appena sentì qualcuno entrare Sara si voltò, pensando che Mitsui fosse tornato all'attacco. Invece, quando guardò verso la porta vi trovò tre ragazzine. Erano le stupide fan di Rukawa, quelle che a ogni allenamento urlavano come forsennate disturbando tutti i giocatori.

Loro entrarono in classe, ridacchiando tra di loro e camminando nei punti che aveva lavato con le scarpe sporche di fango. Poi si misero a sedere nei primi banchi, guardandola, e continuando a sghignazzare.

Sonoko, a me non sembra carina. Anzi è proprio brutta!” Ridacchiò una ragazza bassina con i capelli tagliati corti a caschetto, parlando come se lei non sentisse.

Si, e quei capelli insulsi? Cosa si crede di essere?”

Sara decise di non raccogliere le provocazioni. Era chiaro che fossero lì per dar fastidio a lei, anche se non ne capiva il motivo. Non si ricordava di aver fatto loro nulla. Quindi le ignorò, finendo di pulire il pavimento e mettendo di lato il secchio di acqua sporca.

Non posso credere che il mio Rukawa sia arrivato a scuola con lei. E' stato sicuramente un atto di pietà dall'alto della sua grandezza.” Riprese quella che doveva essere il capo del gruppetto, una ragazza longilinea dai capelli schiariti artificialmente e la pelle abbronzata, toccandosi melodrammaticamente il cuore.

Pensa un po' quello che vuoi...

Passò a pulire la cattedra. Alla sua mancanza di reazione la ragazza più in carne, la seconda ad aver parlato, si alzò, e andò alla lavagna. Sara la seguì con la coda dell'occhio. Questa prese il cancellino, lo cosparse di gesso, e poi si mise a colpire la lavagna appena pulita, abbandonando poi il suo strumento sul pavimento bagnato.

Che spettacolo vero? Cosa ne pensi gaijin?”, pronunciando l'ultima parola come se fosse un insulto. Lei non rispose, continuando ad ignorarle. Al che venne afferrata per il bavero della camicia.

Ti ho fatto una domanda.” Sara afferrò la mano della ragazza, e le fece mollare la presa afferrandola con fermezza ma senza esagerare, poi si lisciò la camicia spiegazzata. Quindi, fissandola negli occhi con uno sguardo tanto glaciale che avrebbe potuto gareggiare con quello del loro beniamino parlò:

Vorrei tanto sapere che cosa ci fate qui, e perché non siete da qualche altra parte, ad esempio in palestra, a seguire il vostro idolo giocare.”, commentò con una voce calma ma ferma.

La leader ridacchiò ancora con quella vocina stridula.

"Ti abbiamo vista troppo vicina al mio Rukawa. Noi non possiamo permettere che qualcuna si fidanzi con il nostro idolo." disse, continuando a ridere. Le altre due ragazze annuirono, sostenendola.

E' uno scandalo che una gaijin si faccia vedere con il sommo Rukawa.”
"Siamo solo amici." fu l'unica risposta, data non sapeva bene a chi. La ignorarono.
"Non possiamo permettere che il suo nome venga infangato facendosi vedere con una come te.", disse la stessa che l'aveva afferrata per la camicia. Poi si alzarono tutte in piedi, cercando di circondarla.

Erano 3 contro 1. Non sapeva se sarebbe riuscita ad uscirne incolume. Per di più sapeva che quelle erano solo delle esaltate, ma pur sempre ragazze, e non le andava di alzare le mani su di loro.
D'altra parte la stessa cosa sarebbe potuta succedere ad Haruko, che era sua amica, e sapeva che Kaede non le sopportava. Si fermò a soppesarle. Poi voltò loro le spalle. La ragazza con i capelli castani corti raccolse il cancellino. E glielo lanciò addosso, centrandola sulla schiena.

Bene, ora mi sto innervosendo.

A quel punto si diresse verso la porta. Sentì dietro si sé uno scroscio d'acqua e il rumore di latta che sbatte contro qualcosa. E vide una pozzanghera allargarsi ai suoi piedi.

Oh, è troppo facile! Si lascia fare qualunque cosa!” ridacchiò il capo, subito imitata dalle altre.

Non reagisce neppure. Ti spiace se giochiamo ancora un po' con te, bambolina?” Al che estrasse il taglierino dalla tasca.

Bambolina, eh? Però, ora che ci penso è una fortuna che non ci sia gente a questo piano.

Si girò verso di loro con un grande sorriso e sempre con una espressione angelica chiuse la porta a chiave dietro di sé.




Intanto in palestra...

Il vicecapitano giocò la partita di allenamento con la testa altrove, ignorando i compagni e venendo richiamato più volte da Miyagi. Stava continuando a pensare a qualcosa che gli era sfuggito. Qualcosa di importante, ma che proprio non gli tornava in mente. Registrò appena Hanamichi che imprecava contro Rukawa.

Rukawa, stupida vacca gravida, passami la palla.”

Improvvisamente i pezzi cominciarono ad andare al loro posto nella sua mente. Sara e Rukawa che arrivavano a scuola assieme; Tre ragazze sulla scala che salivano quando tutti gli altri studenti se ne erano già andati; e il manico di un taglierino che sbucava dalla tasca di una delle tre.

Scagliò il pallone a terra e corse verso l'esterno, ignorando le urla di Miyagi che cercava di richiamarlo.



Mitsui attraversò il cortile di corsa e salì le scale dell'edificio scolastico ignorando le urla di sdegno di quegli studenti che aveva quasi travolto al suo passaggio.

Avrei dovuto fare le pulizie con lei. Non sarebbe successo niente. E se le avessero fatto del male? Sarebbe tutta colpa mia.

Salì le scale a tre a tre, temendo di non fare in tempo. E quando arrivò all'ultimo piano si fiondò contro la porta della sua classe, che trovò chiusa a chiave. Cercò di nuovo di tirare per aprirla, le immagini della rissa dell'anno precedente che gli passavano davanti agli occhi. Sentì poi dei passi che si avvicinavano alla porta e una voce irritata che l'apostrofava.

Chi è? Il pavimento è bagnato, non si può entrare.”

Mitsui perse un battito quando riconobbe la voce. Ma si riprese subito.

Sono io, Mitsui, apri la porta.”

Sentì poi dei mugugnii, come di sollievo, seguiti da un suono sordo e da un silenzio prolungato. Poi vide la serratura muoversi e la porta si aprì. Davanti a lui si mostrò una scena irreale. Sara, con i capelli arruffati sciolti che lo fissava dalla porta, le divisa maschile sgualcita. E tre ragazze in lacrime, con evidenti graffi su braccia e gambe, che pulivano il pavimento stando sedute per terra in ginocchio. Quando videro il ragazzo, la più bassa guardò speranzosa la rossa e le altre due parlottarono tra di loro. Mitsui non seppe come reagire a quella scena. Sara gli riservò un sorriso che appariva completamente angelico in superficie, ma che nascondeva qualcosa di letale.

Avevi bisogno di qualcosa, Mitsui?”

No, nulla. Volevo solo vedere se avevi bisogno di aiuto.” Che tipa, pensò sollevato. Per lo meno non si è fatta niente.

No, grazie, tutto a posto.

Dette un'ulteriore occhiata alla classe e si allontanò, sghignazzando tra sé e sé. Mi devo ricordare di non farla più arrabbiare. Mentre scendeva le scale sentì Sara abbaiare alle tre.

Non distraetevi, i banchi sono ancora da pulire. E ricordate che siete cadute dalle scale, altrimenti vi farò desiderare che sia così.”



Fu probabilmente la carica che l'incontro con le tre tifose le infuse a renderla più combattiva quel giorno. Tornata al campo di allenamento prese da parte Kenji, e lo convinse a passarle tutte le palle che riuscisse a recuperare. E per quanto il capitano e alcuni altri compagni continuassero a non fare gioco di squadra, alla fine gli altri cominciarono a giocare con lei e non contro di lei. E i dubbi dell'allenatore sul suo inserimento in squadra vennero almeno in parte dissipati, sebbene l'avesse inserita tra le riserve e non trai titolari perché tra una cosa e l'altra era arrivata in ritardo agli allenamenti.

Quando quel pomeriggio arrivò in palestra Haruko le guardò incuriosita i capelli.

Che bei capelli ribelli, ma non li avevi legati stamattina?”

Si, ma ogni tanto fa bene liberare il lato selvaggio....”

Il nostro bel moro fece invece di tutto per fingere di non notarla, per quanto l'occhio continuasse a finirgli su quei capelli ribelli che brillavano rosso fuoco.

Quando l'allenamento finì, Haruko corse subito via, impegnata in alcune commissione. Sara si fermò invece con Ayako, aiutandola a riordinare la palestra. Mentre impilava le schede dei giocatori, le scivolarono di mano, spargendosi sul pavimento. Quando le ebbe raccolte si ritrovò a cercare il nome di un giocatore. E a leggerne per intero, mentre nella sua mente ricordi e pensieri si affollavano e si dissipavano.

Mi è venuto a cercare perché era preoccupato, o mi sono sognata tutto?

Si morse il labbro inferiore, mentre i suoi occhi scorrevano di nuovo il foglio, soffermandosi qua e là.

Sosta forzata per 2 anni per infortunio, tra il primo e il terzo.... Allora quando l'ho conosciuto si era appena infortunato. E gli avevano detto che non avrebbe mai più potuto giocare.

Il suo cuore si riempì di dispiacere, pensando a cosa avrebbe provato lei se non avesse più potuto giocare e sentì farsi largo un desiderio completamente nuovo, che non era di pietà ma di comprensione.

Un rumore di passi la distrasse dai suoi pensieri. Si affrettò a confondere la scheda tra le altre e a riporle nella cartelletta sul tavolo.

Ehi! Sei ancora qui?”, una profonda voce maschile le raggiunse facendola sobbalzare. Si voltò e si ritrovò a fissare la seconda guardia, sperando che non l'avesse vista leggere la sua scheda. Non l'aveva sentito avvicinarsi e ora era di fronte a lei, a poco più di un paio di passi, che si asciugava dal collo le piccole gocce cadute dai capelli ancora bagnati. Doveva averlo guardato in modo strano perché gli occhi blu di lui, prima stupiti di vederla ancora lì, si scurirono quando un'ombra di preoccupazione li solcò. “Tutto ok?”

Deglutì, cercando di ritrovare l'uso delle corde vocali. Distolse lo sguardo e questo la aiutò ad articolare la parola.

S-si, tutto a posto. Ayako dov'è?”

E' uscita prima, poco dopo la seconda manager. Ha detto che lasciava sul tavolo le chiavi per chiudere la palestra.” Le passò accanto, prendendo il mazzo che non aveva notato. “Siamo gli ultimi.”, aggiunse poi, quasi con noncuranza. Ah. Ho come il sospetto che la cara Ayako non avesse nessuna commissione da fare ma faccia parte del suo piano per farci far pace.

Non dovresti asciugarti i capelli?” gli chiese tanto per dire qualcosa.

Se li scompigliò. “No, vanno bene così.” E si lasciò sfuggire un sorriso malizioso. Da quando ti preoccupi per me?

Lei distolse nuovamente lo sguardo, quasi avesse capito cosa stesse pensando, e lo precedette fuori dalla palestra, rallentando per aspettare che chiudesse la porta. Nel frattempo cercò di aguzzare l'occhio verso le rastrelliere delle bici, per cercarne una in particolare. Non aveva voglia di fare la strada da sola. Però notò che la bici di Rukawa non c'era, e lo maledisse mentalmente.

Che guardi?” Quel ragazzo aveva il potere paranormale di coglierla sempre di sorpresa. O meglio, lei continuava a perdere il contatto con la realtà in sua presenza. “Niente...Oh meglio, dovevo tornare a casa con Kaede, ma a quanto pare se ne è dimenticato. Maledetto narcolettico. Sarà troppo stanco dopo la seduta di studio del fine settimana.”

Adesso si chiama così?” disse lui ironico. Lo fulminò con lo sguardo. 

Si, di studio. E certi commenti li concedo solo ad Ayako. Meglio che tu lo sappia.” replicò lei, cercando di fingere un'animosità che non c'era più nei confronti del ragazzo che aveva di fronte.

Me lo ricorderò.” Il silenzio calò sui due ragazzi. Una folata di vento si alzò repentina, portando Sara a rabbrividire nella camicia sottile. Fino a che non sentì due mani calde posarsi sulle sue spalle e ritrarsi rapidamente, in un silenzio imbarazzato. Sara si strinse addosso la giacca nera e rossa dello Shohoku, nascondendo nel bavero le guance che stavano diventando via via più rosse.

Grazie.”, gli sussurrò. Gentile, però. “E grazie anche per essere venuto a vedere se mi serviva aiuto.”

Di nulla. Grazie per avermi passato le risposte a matematica.”, fu la risposta imbarazzata della shooting guard. Per poi aggiungere: “Visto che non hai l'accompagnatore...ti va se ti accompagno io a casa?” Sara non riuscì a capire se fosse il sole al tramonto la causa del rossore che gli vide diffondersi sulle guance. “Facciamo la stessa strada. E non è sicuro tornare da sola a quest'ora.”, aggiunse lui in fretta, tentando di giustificarsi. Adesso dirà di no, ne sono sicuro.

Avrebbe voluto ribattere che non aveva bisogno di un cavaliere in armatura splendente a proteggerla, ma per una volta decise di mordersi a lingua. In fondo, per la prima volta nella sua vita, non le dispiaceva che un ragazzo facesse il cavaliere per lei.

Va bene.” per un attimo le sembrò di leggere sorpresa nei suoi occhi, poi li vide illuminarsi e si ritrovò a sorridergli.

E si incamminarono, cominciando a chiacchierare del più e del meno come due vecchi conoscenti.

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E fine capitolo.

@ Ace86 Ho pensato che la vita di Mitsui, come degli altri personaggi, era troppo poco caratterizzata. E ho voluto inventarmi qualcosa. Ad esempio mi chiedevo come mai durante l'episodio “Il team degli insufficienti” fosse il padre a telefonare a Mitsui, e non la madre. E da questo è nato il fatto che i genitori siano divorziati e lui abiti con il padre in una appartamentino di condominio. Anche se non riesco bene ad immaginarmi Mitchi da adulto. Con Rukawa il rapporto è migliore, perché mi sembra più facile dialogare con lui. Anche se sembra sempre così ritroso è un bravo ragazzo. Vuole solo essere lasciato in pace. E per la tua domanda... diciamo che non era Mitsui né una fan di Rukawa.



Un saluto alla new entry: One Day

Si, sarebbe bello averlo per amico, anche se a volte farebbe cascare le braccia, eh eh. Vero che è dolce Mitchi? Certo non dovrei essere io a dirlo.. I pensieri di Mitchi saranno argomento del prossimo capitolo, e spero si capirà qualcosa di più sui suoi sentimenti e su perché ha continui sbalzi d'umore. 



Per ora ciao a tutte. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Ranmaru ***


Capitolo IX

Ranmaru



Sgusciò attraverso lo spiraglio aperto, e saltò sul pavimento. Poi, sempre nel più completo silenzio, si guardò attorno nella stanza. Cominciò ad aggirarvisi, cercando il posto giusto, poi trovò il nascondiglio adatto per il suo regalo, e ve lo lasciò cadere dentro. Infine salì con calma sul letto, e si infilò sotto le coperte al caldo. Ci fu un movimento sotto le lenzuola che si alzarono leggermente, mostrando una testa bruna scapigliata. Il ragazzo emise un brontolio nel sonno, divenuto meno profondo. Fu quasi sul punto di svegliarsi, ma infine, stiracchiando meglio le membra, ricadde nel sonno profondo di una tarda mattinata di vacanza. Il movimento, che l'aveva spinto verso il bordo del letto, non fu apprezzato. Si puntellò allora al materasso, allungandosi per spingere il ragazzo nella precedente posizione e ottenere più spazio. Invece, l'unico effetto che ottenne, fu che una mano andò a cercare di spingerlo via. 

Mmmmhhh.” Il ragazzo, sonnecchiando si rigirò e, per attirare la sua attenzione, l'altro cominciò subito a prendergli a zampate la testa.

Coccolami, coccolami, altrimenti ti azzoppo!

Vattene....” Il suono giunse smorzato dalle coperte che teneva calate ancora sul viso. Allungò la mano e l'appoggiò sul cuscino, da cui arrivavano i colpi.

Allora vuoi giocare! Allora guarda questo!

Sgusciò via, divertito, per tornare poco dopo ad annusargli la mano. E gli appoggiò il naso umido sul collo.

Ma, cosa...”

Mitsui schizzò letteralmente seduto, non riuscendo a mettere a fuoco la stanza. Quando vide una coda che spuntava da sotto le coperte le scostò subito, trovando il gattaccio che si rotolava liberamente sul suo materasso lasciando una scia di quello che, imprecando, riconobbe subito per fango.

Bene, questa mi mancava.” Sbuffò, non avendo neanche la forza di arrabbiarsi. Poi si alzò, evitando la fanghiglia che oramai si stava diffondendo sul suo letto man mano che il gatto occupava territorio. Andò ad aprire la finestra, e stiracchiandosi emise un sospiro di piacere.

Nonostante lo strano risveglio, e la prospettiva di dover fare il bucato e riordinare casa durante la golden week (perché alla fine non era riuscito a fare nulla il fine settimana precedente), fu certo che quella sarebbe stata una splendida giornata. E con questo spirito si avviò alla scrivania, per prendere il nuovo numero di Shonen Jump che aveva comprato la sera prima tornando da scuola. E lo sguardo gli cadde su qualcosa di insolito, che spuntava dalle sue Asics.

Oh, ha trovato il mio regalo.

Noo! Maledetto! Le scarpe da Allenamento! Adesso dovrò comprarne davvero un paio nuovo!”

Rassegnato uscì in corridoio, e dopo un rapido salto in bagno andò in cucina. Suo padre era seduto al tavolo, con una tazza di caffè fumante nella mano sinistra e leggeva il giornale con attenzione. Sembrava concentrato, e lui lo salutò a malapena nel passargli accanto per aprire il frigorifero, cercando qualcosa da mangiare. Si versò una tazza di latte, la appoggiò sul mobile, e tornò a cercare il succo d'arancia.

Hisashi?” Si girò verso il padre, che continuò a sorseggiare il suo caffè senza guardarlo.

Si, papà?”

Fai attenzione al tuo gatto.”

Hisashi si girò, attirato da un rumore. E trovò il gattaccio che, ormai completamente pulito (Nel mio letto, maledetto schifoso), finiva quella che sarebbe dovuta essere la sua colazione.

Nuuu, maledetto.” Il gatto sgusciò via prima che potesse afferrarlo, e tornò, ora sazio, a rifugiarsi in camera sua.

Pazienza, mangerò qualcos'altro.”

Dovresti andargli a comprare del cibo adatto, non puoi dargli i tuoi avanzi. E ricordati che stasera usciamo.”

Questo lo so anche io. E ad essere precisi non è neppure il mio gatto.

Si preparò una tazza di caffè solubile e prese una tortina alla marmellata dalla dispensa, quindi andò a consumare la sua colazione sul divano. Mentre la mente era impegnata con il fumetto, i pensieri cominciarono liberamente ad affollarglisi in testa.

Cosa starà facendo adesso? Sarà a casa da sola? Si sentì invadere dalla tenerezza, al ricordo del suo sorriso spensierato quando l'aveva riaccompagnata a casa e a come erano riusciti a parlare senza finire in un litigio. E al karaoke, quando aveva dato una lezione a quegli idioti che l'infastidivano. Quando sorride non so cosa fare, mi dimentico quasi di quanto mi abbia trattato male pochi momenti prima. Dannazione, mi sono forse innamorato di nuovo? Non ce l'avrei nella testa da tre anni se non fosse qualcosa di profondo. Chissà cosa pensa lei di me? Vorrei provarci, ma non voglio che mi prenda per un maniaco. A tutto ciò si aggiungeva la consapevolezza del suo ritorno in patria. Tra meno di un anno ripartirà. Voglio un'altra relazione che finisca bruscamente? No, ma il pensiero che lei si metta con qualcun altro è anche peggio. E infine un pensiero fugace lo fece tornare a sorridere. Chissà se le sue labbra sono così morbide come sembrano?



Dai tesoro, accompagnami!” La vocina petulante di Ayako provocava in Sara un solo desiderio: quello che smettesse.

Non so se è una buona idea. Io odio fare shopping.”

Sara guardò l'amica che tutta felice girava su se stessa con grazia. Con la scusa della settimana di vacanza Ayako era riuscita a convincerla ad uscire di casa e passare almeno un paio di giorni con lei, a casa sua. Cosa gradita, sebbene avesse voluto passare la settimana ad allenarsi e a leggere.

Invece ora si ritrovava a seguire la bella morettina per le strade del quartiere dirette al centro. Una lunga camminata che scocciava un po' la manager, ma che era stata l'unica richiesta di Sara per poter fare un minimo di moto in quella giornata, che si prospettava altrimenti come un continuo girovagare tra vestiti e trucchi, che comunque lei non avrebbe comprato perché non le interessavano.

Come sta il tuo gatto?”, chiese Ayako guardando la strada davanti a sé.

Ranmaru? Bene, anche se non sono sicura che sia proprio mio.”

Cosa intendi?”

Non so, arriva sempre al mattino presto, quando passa, e non so dove vada a dormire, anche se sono certa che non è un randagio. Ergo, ha un padrone.”

Ergo?”

Quindi, stupida.”

Quanto la fai difficile!” Un sorrisetto sornione si dipinse sulle labbra voluttuose. “E come fai a sapere che va da un Lui e non da una Lei?”

Sara ignorò il sotteso e le rispose quasi condiscendente. “Perché al mattino arriva sempre con il pelo bello lucido, come se qualcuno avesse avuto cura di spazzolarlo. E poi...” cercò un modo per dirlo senza imbarazzarsi o finire a pensare a qualcuno cui non doveva pensare “...al mattino profuma sempre di felce.” Ayako fece tanto d'occhi a quell'affermazione, ricordandosi tutto d'un tratto quanto la sua amica, che si impegnava tanto per sembrare un rude maschiaccio, potesse essere attenta ai particolari come e più delle altre donne.

Un profumo molto mascolino.” Poi, come se improvvisamente si fosse ricordata di qualcosa, si mordicchiò il labbro riflettendo ad alta voce. “Strana coincidenza. Ho sentito i ragazzi discuterne nello spogliatoio.”

Eh?” chiese Sara, aspettando la conferma ad un pensiero che le ronzava in testa da qualche giorno, e le faceva avere sospetti sulla vera identità del co-proprietario di Ranmaru.

Ed è il bagnoschiuma che usa Mitsui.”

Per un paio di minuti Sara trovò veramente interessante il muro di cinta cui stavano passando accanto. Certo che lo sapeva che aveva quel profumo. Adesso come due anni prima. Lo sentiva ogni mattina quando si sedeva davanti a lei in classe, e ne aveva avuto un esperienza ancora più pungente la sera in cui l'aveva accompagnata a casa dopo l'allenamento.

Secondo me ti piace.”

Cosa?” Sara indossò di nuovo la sua maschera di indifferenza, sperando che Ayako non notasse la nota stridente nella sua voce.

Come cosa? Chi, semmai?”

Se vuoi ancora appiopparmi Yukifune, stai proprio sbagliando.”, sbuffò esasperata.

Non intendevo lui, e lo sai bene. Intendevo Mitsui.” Ayako si fermò, lanciandole uno sguardo diretto e indagatore.

Fu colta come al solito in fallo dalla perspicace amica “...”

Il sorriso della manager si allargò “Vedi che ti piace? Non stai negando.”

Non lo sto nemmeno ammettendo.”

Questa è un'ammissione.”

No, non lo è.”

Proprio non ti capisco. Si vede che c'è attrazione tra di voi. Perché non gli vuoi saltare addosso?” La voce le si era fatta persino petulante all'ultima domanda.

Perché di no. Non lo conosco neppure.”

In realtà lo conosci da un bel po' ormai. Potresti invitarlo ad uscire.”

Sai che non sono quel tipo di ragazza.”

Quella che si diverte?”

Quella che invita un ragazzo ad uscire.”, rispose scoccandole un'occhiata gelida. Se non me lo chiede lui, vuol dire che non gli interesso.

Secondo me sbagli: buttati. Mentre tu pensi, potrebbe trovare una ragazza, e tu ti mangeresti le mani per l'occasione persa. Perché poi dovrebbe stare ad aspettarti?”

Non saprei.” Già, perché dovrebbe? E se Ayako avesse ragione e mi fossi presa una cotta per lui? Anche se tutto ciò non ha importanza, perché tra meno di un anno andrò via, pensò sconsolata.

Eppoi, se va come penso... Bam, giù nel canestro.”

Sara le tirò una sberla sul coppino.

Questo è troppo anche per te!”

Ahia, vero.”

Voltarono l'angolo e quasi andarono a sbattere contro un ragazzo che scendeva dalle scale di un residence abitato da quattro famiglie. Dopo aver porto le sue scuse, Mitsui strabuzzò gli occhi, stupito e un po' imbarazzato di trovarsi davanti le due ragazze. Sara invece si bloccò sbarrando gli occhi, temendo quanto avesse potuto sentire della conversazione che, si avvide, avevano fatto proprio sotto le finestre dell'appartamento da cui era uscito. Ayako non sembrò preoccuparsene, e lo salutò subito cordialmente.

Buongiorno. Si parlava proprio di te, sempai!” Sara le tirò uno spintone, per poi salutare imbarazzata il ragazzo.

Ciao.”

Ciao.”

Cosa mi sta succedendo? Ayako mi sta influenzando troppo. Sembrerò una stupida. Mitsui nel frattempo sorrideva mentre parlava amabilmente con Ayako. Se io fossi un ragazzo guarderei lei, non me...Sentì a malapena ciò che si stavano dicendo, cogliendo solo l'argomento di fondo, nel caso avessero notato la sua distrazione. Ti ringrazio Ayako per averlo distratto.

In giro per compere, ragazze?”

Si, sto cercando di portare questo animale a comprarsi qualcosa di sexy.”

Mitsui sorrise forzatamente, per cortesia. Sara, che stava guardando con attenzione il suo profilo, si soffermò ad osservare la cicatrice che solcava il mento del ragazzo, chiedendosi come se la fosse fatta. Una rissa probabilmente. Perché non mi disturba più il fatto che fosse un teppista? Solo perché ora è cambiato? Non penso. Ignorò la tentazione che la portava ad osservare le sue labbra, concentrandosi invece sui suoi occhi, blu scuro, concentrati e allo stesso tempo sfuggenti, come se stesse pensando a tutt'altro mentre rispondeva alle domande di Ayako.

Sai dove trovare un negozio di cibo per animali?”, stava chiedendo in quel momento il ragazzo.

Ayako le lanciò un'occhiata di sfuggita, prima di rispondere. “Ce n'è uno al centro commerciale, anche Sara voleva andarci. Tu che animale hai, sempai?”

Mitsui si voltò a guardare la rossa, e le sorrise. “Non è esattamente mio, diciamo che mi ha adottato. Comunque è un gatto.”

Beige con una macchia sull'occhio sinistro?” La domanda di Sara fece voltare di scatto il moro.

Come fai a saperlo?”

Sara non ebbe bisogno di rispondere alla domanda. Una palla di pelo si gettò giù dalla finestra del primo piano, usando la testa del ragazzo come trampolino per poi buttarsi a terra.

Maledetto, pensò Mitsui fulminandolo con lo sguardo. Il gatto diede le spalle ai tre liceali, cominciando a pulirsi con calma una zampa.

Ranmaru!”, lo sgridò Sara. Il gatto, da parte sua, rispose al rimprovero con un Meow disinteressato.

Beh, visto che il vostro cucciolo sembra aver bisogno dell'attenzione di entrambi i suoi padroni, io vado avanti. Buon divertimento.” Ayako li lasciò soli, evitando le invettive che già le venivano lanciate dall'amica.

Non appena restarono soli calò un silenzio carico di tensione. Sara tenne lo sguardo basso, per una volta intimidita dalla sua presenza, mentre i dubbi che le aveva instillato l'amica cominciavano ad allargarsi. E il silenzio del ragazzo non faceva altro che comprovarle che lui avesse sentito tutta la loro conversazione e fingesse noncuranza.

Mitsui approfittò di quella pausa per guardarla da vicino, mentre lei rivolgeva tutta la sua attenzione altrove. Dopo n po', spazientito si avvicinò con un movimento improvviso al gatto, che se ne stava ancora seduto sul posteriore a pulirsi le zampe.

Stai cercando si sfidarmi? Ranmaru si sollevò sulle zampe, e rizzò il pelo. Il ragazzo non colse l'avvertimento e allungò la mano bruscamente per accarezzarlo. Ranmaru estrasse gli artigli, e gli graffiò la mano.

Ahi” Mitsui ritrasse la mano graffiata, portandosela alle labbra per disinfettarla.

Ranmaru, no! Gattino cattivo!”

Ranmaru?”

Si, è il suo nome.”

E chi lo ha deciso?”

Io.”

Quindi è tuo questo gattaccio.”

Non chiamarlo gattaccio.”

Ma mi ha graffiato.” disse, mostrando la piccola striatura rossa sulla sua mano destra.

Maschi...” Sara frugò nello zainetto, prendendo una bustina. Ne strappò un lato, afferrò la mano ferita del ragazzo e cominciò a passarci sopra la salvietta disinfettante delicatamente.

Potevi essere più delicato. L'hai spaventato!” Mitsui aveva già smesso di ascoltare. Tutto la sua attenzione era catturata dal tocco delicato con cui lo stava medicando, al profumo tenue dei suoi capelli. Le sue mani furono scosse da un tremito, mentre fantasticava sulla possibilità di abbassarsi su quelle labbra arricciate in una smorfia di concentrazione, afferrarla per i fianchi e sentirne la bocca sotto la sua, chiedendosi se l'avrebbe respinto. Abbassò impercettibilmente la testa.

Ranmaru li stava fissando con il musino reclinato di lato. Scosse il nasino e si alzò sulle quattro zampe, trotterellando verso i due liceali e andando a strusciarsi contro le gambe della ragazza in modo da andarsi a trovare esattamente trai due. Mitsui fu riscosso dalla trans in cui era caduto, ed emise un sospiro che sembrò a lui stesso di esasperazione.

Cosa c'è tesoro? Vuoi le coccole?” Sara si abbassò ad accarezzarlo sulla schiena, e il gattone andò a far strusciare il nasino umido sulle sue dita. Lei cominciò a grattargli il collo, con grande soddisfazione dell'animale. Lo prese afferrò appena sotto le zampe e lo sollevò da terra, facendoselo appoggiare al petto. Ranmaru cominciò a fare le fusa tra le sue braccia.

Vedi, non è difficile farselo amico...” Si voltò verso il ragazzo dai capelli scuri trovandoselo vicino, forse troppo vicino per il suo cuore, che ebbe un balzo nel petto. La stava guardando con un'espressione troppo intensa perché fosse casuale, la stessa con cui l'aveva guardata il giorno in cui si erano conosciuti, la stessa di quando aveva finto di baciarla a scuola. Si rigirò imbarazzata. Lui notò naturalmente quel rossore, e non lo trovò per nulla casuale. Allora non le sono indifferente? Cercò di ricordare da quando il suo sguardo verso di lui era cambiato. Da quando ho cercato di baciarla a scuola. Era... delusa. Come se volesse che la baciassi. E mi lascerebbe fare.

No, non sembra affatto difficile...” A Sara non sembrava che stesse rispondendo alla sua frase, però.

Comunque...” disse riscuotendosi dal momento di stordimento che l'aveva colta nell'incrociare il suo sguardo magnetico. Non riuscì però a finire la frase che aveva cominciato, e portò il discorso su un altro argomento. “Non è mio il gatto. Ha solo cominciato a venirmi a fare compagnia alla sera. O al mattino. O quando vuole.”

Da me viene spesso il mattino.”

Lo so.”

Come?”

Intendevo... immagino che venga da te il mattino, non passando da me.” Si salvò.

Ranmaru cercò di attirare l'attenzione della ragazza, che aveva smesso di accarezzarlo. Stufatosi della sua mancanza di reazione si arrampicò sulla sua spalla, non senza una smorfia di dolore da parte di lei, perché non era esattamente un gattino e cercò di attirare l'attenzione del ragazzo. Non avendo successo spiccò un salto, finendo ad acciambellarsi sul suo collo.

Forse sta comodo.”, disse Mitsui poco convinto. Lei vide la smorfia del ragazzo, e rise di gusto.

E' proprio un bel suono. Dovresti ridere più spesso.”

Sorrise. Poi allungò una mano e cominciò ad accarezzare il pelo lucido dell'animale. Non sembrava più il gatto che aveva fatto irruzione in camera sua. Sembrava più sano. Anche Mitsui cominciò ad accarezzarlo sotto il mento, e il gatto stranamente non solo si fece accarezzare, ma cominciò a strofinarsi contro il collo del ragazzo, facendogli il solletico. Il giocatore sorrideva sereno.

Che teneri che sono... entrambi? Non ci posso credere, sto davvero pensando che Mitsui sia tenero? Forse l'ho giudicato male.

Non si è mai fatto toccare da me.”, confessò il ragazzo.

Forse è semplicemente stanco”

O forse sei tu ad avere un effetto calmante su entrambi.”

Lei arrossì di nuovo. Sta diventando una brutta abitudine. Ranmaru cominciò a colpire più forte con la testa il mento del ragazzo, cercando ormai in ogni modo di attirare la loro attenzione.

Ho fame! Datemi da mangiare. Tizio, smettila di sorriderle come un cretino. Nutrimi, o fallo tu, donna. Pensavo fossi più intelligenti degli altri. Su nutritemi, sfamatemi come il Dio che sono. Sara lo accarezzò sul pancino. Anche un grattino però mi va bene.

I due ragazzi, ignari dei pensieri del loro gatto, continuavano a parlare.

Mitsui?”

Dimmi.”

Tirò un sospiro per caricarsi, visto che ciò che stava per dire le costava parecchia fatica.

"Anche se volessi chiederti scusa non le accetteresti. E di certo non voglio farlo. Quel pugno te lo meritavi!" Abbassò lo sguardo al suolo e chiuse gli occhi per qualche secondo. Fece un profondo respiro, quindi rialzò gli occhi e li fissò in quelli blu scuro del ragazzo. "Però mi dispiace comunque."

Lui sgranò i begli occhi cobalto e sbatte le ciglia un paio di volte. Come sempre, per lui ogni sua frase era una sorpresa inaspettata. E le sue contraddizioni lo mandavano un po' nel panico. Lei proseguì svelta.

"Non sognarti che mi scusi per il pugno. Mi dispiace di essere stata una stronza colossale con te dall'inizio della scuola. Non te lo meritavi. Non sei...” Cercò le parole più adatte, “... poi così male."

Senza che potesse fermare le sue emozioni si sentì avvampare. Abbassò svelta lo sguardo, tornando ad accarezzare Ranmaru per nascondere la sua reazione. Così facendo non notò il rossore che pian piano si propagava sulle guance della shooting guard. Il quale, preso il coraggio a due mane, chiese

.... Ti andrebbe di uscire con me?”

Cosa?

Intendo, ti andrebbe di andare assieme al negozio? E' meglio che Ranmaru mangi le stesse cose. Ora siamo abbastanza civili da poterci andare assieme, no?”

Direi di si.”, anche se era certa che la frase, inizialmente, avesse un altro significato.



Mitsui si fermò davanti ad una vetrina, guardando con apprensione gli abiti da cerimonia tradizionali, esposti in bell'ordine. Avevano fatto un lungo giro al negozio per animali, e poi per tutto il centro commerciale, stupendosi entrambi di come quella attività che odiavano potesse diventare divertente assieme. Sara sbirciò gli abiti maschili affascinata. Non aveva mai assistito ad una vera cerimonia tradizionale, quindi non li aveva mai visti indossati.

Mi piacerebbe vederne una.”

Mmmh?”

Di cerimonia, intendo.”

Mitsui ci pensò un attimo. Poi la prese per mano. “Vieni, dovevo proprio sceglierne uno.”

Lei rimase così stupita da quel gesto che non chiese nulla. Entrarono nel negozio, e lui chiese di provare alcuni modelli. Mentre restava seduta ad aspettare che si cambiasse la ragazza si guardò attorno, ammirando l'arredamento del negozio, che imitava l'interno di una casa tradizionale.

Sai che mi piace questo arredamento?”

La voce di Mitsui giunse smorzata dal camerino. “A me non entusiasma.”

Perché?”

Non puoi sederti neppure su un tappetino in soggiorno perché è un ricordo della trisavola morta cento cinquant'anni fa.... Alla fine sono tutti cimeli intoccabili. E se ti azzardi ad avvicinarti all'armatura, per sbaglio intendo, non perché sei un bambino di 6 anni e volevi provarla, allora ti mettono in castigo senza uscire di casa per una settimana...”

Eh?”

Mitsui si affacciò dal camerino.“Io ci sono cresciuto in una casa così.”

Una scoperta inimmaginabile per lei. Il ragazzo sembrava aver poco a che fare con il passato storico del suo paese. Il ragazzo uscì, andando davanti allo specchio. Sara si alzò, per vedere meglio. E rimase abbagliata, non riuscendo a credere a ciò che vide. Il tessuto blu scuro gli cadeva morbido sulle spalle, stretto in vita da uno spesso nastro nero annodato. A partire dalla schiena, un drago ceruleo spiegava le spire, fino ad appoggiare la testa sul cuore del ragazzo. O uomo avrebbe potuto dire, perché in quel momento non vedeva in lui nulla di infantile, ad eccezione del broncio in cui erano atteggiate le sue labbra mentre osservava critico il suo riflesso.

Perfetto.”

Si, lo penso anche io. Prenderò questo.”

Non stavo parlando dell'abito...



Poco dopo...

Il cioccolato di questa gelateria è buonissimo.”

Sara si morse il labbro inferiore, pensierosa se buttarsi o no. In fondo era solo una frase gettata lì, avrebbe potuto fingere fosse una battuta se necessario. Oh che diavolo, penso sempre troppo.

Speravo tanto che mi invitassi a prendere un gelato con te.” Distolse lo sguardo, imbarazzata. Era stata maleducata? Lui, dopo un iniziale sbigottimento, le sorrise con una luce divertita nello sguardo.

Beh, se ti va, potrei offrirtelo ora.” Lei annuì sorridendogli, non riuscendo a fissarlo direttamente. Si sedettero a mangiare due coppe di gelato, continuando a chiacchierare allegramente, fino a che Ayako non li raggiunse.

Oh, finalmente vi ho trovati.”

Ce ne hai messo a fare compere.”

Lo stesso vale per voi.”

Si sedette accanto a loro, ordinando una granita.

Dovresti smetterla con la dieta. Prenditi un gelato.”

Lei la ignorò, disponendo sul tavolo i suoi acquisti per il commento dell'amica. Alla fine, estrasse un ultimo capo di abbigliamento e lo porse direttamente alla rossa. “E questa è per te.”

Per me?”

Si, è della tua taglia. Così avrai qualcosa di carino da metterti.” Sara aprì l'involto, una semplice maglia azzurra a maniche lunghe con uno scollo a V. La guardò in controluce.

Oh, piantala! Non è trasparente.” La rimproverò Ayako.

Di te non mi fido. Meglio controllare.”

Dannata.”

Grazie, tesoro.”


Verso le cinque di pomeriggio il basketman chiese di scusarlo.

Bene ragazze, io devo proprio andare.”

Ci vediamo in giro, sempai.”

Si, certo. Ah, quasi dimenticavo... Ti andrebbe di assistere ad una cerimonia del te?”

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Ciao a tutte. Un grande grazie a tutte coloro che hanno seguito la storia finora, e anche a chi ha smesso di leggerla. 

Un grazie ad Ace86 e a One Day, che mi danno la carica. Scusate se non sono più prolissa, ma è qasi l'una, e le mie facoltà mentali cominciano a vacillare.

E Yukinon, sono felice che anche la nuova versione della storia ti piaccia, come ti era piaciuta la prima edizione.


Per finire, spero proprio che il mio piccolo Ranmaru vi piaccia. Quel piccolo demonio è diventato essenziale, e lo sarà anche di più d'ora in avanti.

Un bacio a tutte, al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** I sogni son desideri... ***


X

Capitolo X

I sogni son desideri...



Cosa vuol dire che non ti ha fatto entrare?” La voce di Genzo arrivava distorta attraverso l'apparecchio, ma non abbastanza da nascondere il nervosismo crescente.

Sara ripassò mentalmente la risposta prima di parlare.

Sono entrata negli ultimi 10 minuti.”

E ti sembra sufficiente? Avrebbero dovuto farti entrare prima! Cosa è passato per la testa all'allenatore per decidere...”

Quando Genzo si arrabbiava tendeva ad esagerare, soprattutto se si trattava della sua migliore amica. Lei si guardò bene di interromperlo durante tutta la sua filippica contro l'incompetenza dell'allenatore, annotandosi di non dirgli che non l'aveva fatta entrare prima perché era arrivata tardi.

...Per lo meno avete vinto?”

Pareggiato, per fortuna. Ma dobbiamo vincere la prossime partite per passare alle nazionali.” Poi aggiunse. “E ora ho la maglia da titolare.”

Bene. Ottima decisione.”

Sorrise al telefono, immaginando l'espressione del suo amico in un altro continente.

Scusa ma ora devo andare. Ayako mi chiama per la cena.”

Va bene, salutami Aya-chan.”

Sarà fatto, ciao ciao.”

Sara chiuse la chiamata, e lasciò il cellulare sulla scrivania di Ayako. Nella sala da pranzo dominava il suono di risate, e il cozzare di piatti tipico di una cena in famiglia. Felice prese il piatto da portata che le venne porto da una donna giovanile, con i corti capelli ricci che ondeggiavano ad ogni gesto.

Appoggia il pesce in centro tavola, cara. E poi vai a chiamare Takeshi.”

Certo, Sonoko.”

Mamma, non farla lavorare, è un ospite.”

Oh, smettila Aya-chan, si è offerta.”

In senso lato.”

Dai, a me non disturba.”

Hai sentito? Lei almeno aiuta. Non come tuo padre!”

Mamma dai!”

Parlavate di me, donne?”

Un uomo sulla tarda trentina entrò nella stanza in scivolata, simulando un assolo di chitarra. Le tre donne lo fissarono. Due esasperate, l'altra piuttosto stupita. L'uomo indicò la maglietta.

"L'ho comprata all'ultimo concerto dei Black Sabbath. Figa, vero?"

Alla tua età...”, la moglie scosse la testa sconosolata.

Oh, non lamentarti. In fondo ho portato un po' di gioventù nella tua vita!”

Sonoko lo fulminò con lo sguardo.

Mi stai dando della vecchia?” Lo stesso silenzio che precede la tempesta si diffuse nella stanza.

Ma no, piccola...”

Non chiamarmi piccola! Sono più vecchia di te.”

Si, di quasi una decina d’anni.” Disse sereno.

Sono solo 8 in più.” Rispose Sonoko con la voce più alta di un’ottava.

Appunto, quasi” concluse Takeshi con voce conciliante.

Prima che scoppiasse l’ennesimo battibecco Ayako prese la parola: “Dai, basta con i vostri giochetti”. Sistemò due cuscini su una sedia, poi sollevò il bambino che agitava le braccia verso di lei, fingendosi contrariata per l'affettuoso abbraccio del bambino.

Si sedettero tutti a mangiare, come al solito Ayako aveva spezzato la tensione e dato il via alla tregua tra i suoi genitori.





Dopo cena, le ragazze salirono in camera e Ayako chiuse la porta a chiave.

Adesso mi racconti tutto.”

Sara cambiò posizione a disagio.

Non c'è nulla da raccontare.”

Non me la racconti giusta.”

Vai in giro tutto il pomeriggio con un figone, il vicecapitano della mia squadra tra parentesi, e io dovrei fingere che non è successo niente?”

Oh, smettila.”, borbottò Sara imbarazzata.

Ayako si sedette sul letto, passando lo sguardo da lei al comodino. Poi prese il cellulare e cominciò a digitare.

Cosa stai facendo?”

Mando un messaggio a Gen.”

...”

Devo dirgli che la sua altra migliore amica è un'idiota.”

Grazie davvero.”

Continuò a digitare rapidamente. E abbandonò il telefono sul cuscino, tamburellando le unghie curate sul materasso accanto a sé. Con un sorriso Sara si sedette accanto a lei.

Io non capisco cosa ti prenda.”

Cosa intendi?”

Non ti comporti normalmente. Sei suscettibile, rissosa, testarda. Sembra che tu lo odi.”

Non è vero che lo odio. Appoggiò la schiena contro la parete, e si abbracciò le gambe, appoggiando la testa sulle ginocchia.

Ma penso piuttosto che tu abbia paura.”

E di cosa dovrei avere paura?” Un sorriso di scherno si era già formato sulle sua labbra, rivolto a nessuno in particolare. Ayako la osservò per un'istante, poi con un sospiro parlò.

Penso che Mitsui ti piaccia, e che tu ne abbia paura. Che tu abbia reagito con cattiveria come difesa, perché non sai come comportarti.”

Sara nascose la testa tra le braccia, senza ribattere, mentre l'amica faceva passare una mano trai suoi capelli ora sciolti.

Ma oggi ho rivisto la Sara che conosco. Quella sorridente, gentile. Amabilea tratti.”

aggiunse con dolcezza e una nota ironica, continuando ad accarezzarle i capelli.

Stupida, e non è vero che mi piace.” sussurrò Sara.

Ah, davvero?”

Si. E' uno stupido, è scorbutico e arrogante. Troppo sicuro di sé.”

Ah, si, continua. Non sto credendo ad una sola parola.”

Scema. Eppoi io ripartirò tra meno di un anno. Che senso avrebbe?”

Quello di essere felice?”

Ayako non aggiunse altro, lasciandola a riflettere mentre accendeva il televisore e premeva il tasto play del lettore DVD. I titoli di inizio di Iron Man cominciarono a risuonare per la stanza, con le ragazze che si sdraiavano fianco a fianco sul letto per vedere meglio il film. Quella notte, prima di addormentarsi, Sara si ripromise di parlare di Ryota il giorno dopo, perché si sentiva troppo distratta in quel momento per poter affrontare un vero discorso con l'amica. Come ultima cosa Ayako riprese il cellulare, e vi armeggiò un po' con un sorrisetto stampato sulle labbra.

Non avevi già mandato il messaggio a Genzo?”

Non c'era campo” disse con un gran sorriso Ayako.

Purtroppo Sara non se ne accorse a causa della stanchezza e rispose: “Strano, il mio prende benissimo ha copertura piena.”



Il sonno giunse rapido quella notte, e presto si trasformò in sogno.

Camminavo per le strade tutte uguali di un quartiere residenziale che si susseguivano in un ininterrotto andirivieni di muretti bianchi e cancelli pedonali tutti uguali. Distrattamente calciai il pallone un'altra volta, avevo capito che stavo sognando perché la palla non aveva peso quando la calciavo. Era come se andasse avanti da sola. Sapevo però di aver già visto quelle strade, tanto tempo prima, e che qualcosa stava per succedere. Qualcosa che avrebbe cambiato tutto.

La strada finì in un incrocio, ed imboccai una stradina laterale, che sembrava una buona scorciatoia per la casa di Genzo. Ero così distratta che non mi resi conto di non essere da sola finché un ragazzo non mi sbarrò la strada. Mi fermai di colpo per non finirgli addosso, senza guardarlo veramente. Un movimento della mano, che andò a scostargli i capelli lunghi dal viso, mi convinse ad alzare lo sguardo. E lì mi bloccai. Era lo stesso ragazzo che avevo visto al bar, eppure non lo avevo osservato attentamente allora. E ora il mio cervello non riusciva a ragionare mentre guardavo il ragazzo che avevo di fronte. Non avevo mai visto degli occhi di un blu così bello. E anche lui sembrava guardarmi con la stessa intensità. Ci misi un po' a riscuotermi da quel torpore.

"Scusa, mi stai bloccando la strada." Aspettai che dicesse qualcosa, più per sentire la sua voce che per altro. Non ricevetti risposta. Che stupida a rimanere così imbambolata. Mi scostai, e feci per superarlo.

"Non andartene." Fu quasi un tono di supplica, che mi sorprese. E tornai a fissarlo. La pelle chiara in netto contrasto con i capelli scurissimi, lunghi, che incorniciavano un viso nettamente carino. E che cavolo, aveva anche una voce così sexy…. Mi ritrovai a fissarlo, la testa di nuovo vuota, mentre guardavo quegli splendidi occhi blu e il loro proprietario, che mi sovrastavano in altezza di una spanna netta. Lui però abbassò lo sguardo.

Nella testa mi dissi che quello era il momento ideale per allontanarmi, prima che succedesse qualcosa di brutto e mi spezzasse il cuore.

Mi spezzasse il cuore?! Mitsui? Seppi subito che qualcuno sarebbe arrivato alle mie spalle, perché tutto era già successo, e mi voltai istintivamente. Nessuno. Eppure...

Sara...” Il mio nome fu sussurrato quasi con dolcezza, e quando mi voltai mi ritrovai a meno di un passo da Mitsui, che mi afferrò la mano con la sua, e portarsela alle labbra per posare un casto bacio nell'incavo del polso. Cosa sta facendo? Non dovrebbe fare così! Lui mi odia... E perché sento i brividi in tutto il corpo ora, mentre mi cinge la vita e continua a baciarmi la mano, fissandomi con tutta l'intensità di cui i suoi occhi sono capaci? Oh, basta! Chi se ne importa! E' un sogno, giusto? Allora niente rimpianti. Mi stringo a lui, appoggiando la fronte sul suo petto. Lui porta le mani sulle mie guance, e il calore di questo contatto mi inebria. Chiudo gli occhi, felice.

Hisashi” sussurro il suo nome, con cui non l'ho mai chiamato. Lui mi fa sollevare la testa e appoggia un dito sulle mie labbra per zittirmi. Sorride ora. Toglie il dito dalle mie labbra, e mi accarezza il mento. Poi si china su di me e mi bacia con dolcezza. E io lo ricambio, aggrappandomi a lui.

"Sara...”

Mmmmh” E' come se tutto si muovesse attorno a me.

Sara...”

mmmmhh” Ora mi sembra quasi da essere scossa, e l'immagine di Hisashi che mi bacia scompare pian piano, tornando la certezza del sogno.

SARA!”

..

Sara aprì gli occhi sorpresa. Ayako lasciò andare la presa dalla sua spalla. Sembrava preoccupata.

Scusa, non riuscivo a svegliarti. Mi hai spaventata.

Si mise seduta, con la testa tra le mani, cercando di ricordare, con i particolari del sogno sfuggivano pian piano dalla mente, mentre l'amica continuava a parlare.

E' che avevi un'espressione così strana! Sembravi me quando faccio qualche pensiero indecente." Allora non potevi lasciarmi dormire?

"Doveva essere un sogno molto intenso. Non ti sei neanche accorta che mio fratello si era infilato di nuovo nel tuo futon. Comunque tranquilla, l'ho cacciato via."

Non rispose, continuando a guardare ad occhi sgranati davanti a sé, incredula. L'ho baciato! In sogno, ma gli ho praticamente chiesto di baciarmi! Cosa cavolo mi salta in testa?

Sicura di stare bene?”

Si, si.”

Certo non le andava di parlare del sogno, che le trasmetteva ancora dei brividi. Decisa a cambiare argomento in fretta, riprese il discorso che il giorno prima non era riuscita a portare avanti.

Ayako, senti... Non ti piace Ryota?” Fortunatamente riuscì a distrarla, tanto che si soffermò a pensarci prima di rispondere.

Sto bene con lui, mi fa ridere... Ma non riesce a scombussolarmi tutta.”

Cosa intendi?”, le chiese sinceramente dubbiosa. Cosa vuol dire scombussolata tutta?

Che quando ti innamori, e sei con la persona amata, non dovresti pensare a nient'altro. Quando sei con lui, dovresti essere come in trance, il mondo attorno dovrebbe sparire ed esserci soltanto lui.” Ayako sembrava davvero sicura si sé mentre ne parlava. Così tanto sicura che anche l'italiana si fermò a riflettere su ciò che stava dicendo.

Ogni volta che sono da sola con Mitsui io non riesco a muovermi. E guardo solo lui. E il sogno di prima.

La consapevolezza la colpì come un pugno.

Ayako?” chiese balbettando.

Si?”

Sono innamorata di lui.”

Lui chi?”

Sono innamorata di Mitsui.”

Checcoooosa?”

Le raccontò tutto, a partire dal nostro primo incontro ormai tre anni prima.

"QUINDI E' STATO AMORE A PRIMA VISTA!!??"

Amore a prima vista un corno! E non urlare che ti sentono tutti!"

"Vado a scrivere subito un sms a Genzo."

"Fallo e t'ammazzo." Per rimarcare la minaccia, le lanciò il cuscino.



Sara, sei pronta?” Ayako si tirò i capelli con la piastra, cercando per una volta di trasformare i suoi vaporosi ricci in una disciplinata massa di capelli dritti e lisci.

Un attimo!” La voce della ragazza giunse attutita dal bagno, coperta dal suono del phon in funzione. Quando lo spense entrò in camera, finendo di allacciarsi i jeans attillati che Ayako l'aveva convinta a mettere. L'amica le porse anche la maglietta acquistata il giorno prima, già lavata e asciugata.

Aspetta, devo prima legare i capelli.”

Non abbiamo tempo, siamo già in ritardo per il film.” obiettò la manager, controllando il contenuto della borsetta. “Eppoi ricordati che sei tu quella a non essere ancora pronta.”

Ma se hai occupato il bagno per un ora e mi hai lasciato quindici miseri minuti per prepararmi!”

Vedi, ora ci stai facendo perdere ancora più tempo.”

Ma strozzati!”

Sara si infilò in tutta fretta la maglia e le scarpe, e corse giù dalle scale. Rendendosi conto solo alla fine del difetto che la maglia acquistata da Ayako aveva e di cui lei non si era resa conto in precedenza: una scollatura a v non tanto profonda da sembrare volgare, ma abbastanza per delineare fin troppo bene il seno prosperoso. Maledisse l'amica, mentre questa veniva passata in rassegna dalla madre prima di uscire.

Hai detto qualcosa, cara?” Chiese Sonoko passando in rassegna anche il suo abbigliamento e trovandolo di suo gusto.

No, nulla.”

Siete bellissime. Se solo avessi vent'anni di meno vi inviterei...” Il giovane padre di Ayako non terminò la frase, perché prese una gomitata nello stomaco dalla moglie.

Su, prendi fiato caro. Sono certa che volessi dire un'altra frase, alla tua età.”

Comunque tranquillo, avrà il suo accompagnatore...”, aggiunse la figlia.

Eh?”

Niente, niente.”

In ogni caso, papà, che ci fai vestito così?” chiese con uno sguardo di disapprovazione all'abbigliamento del padre.

Vi accompagno a vedere il film.”

E te ne torni a casa appena ci hai accompagnate, vero?”

Aya-chan, sei cattiva.”

Si, lo so.”



Mezzora dopo una BMW nera parcheggiava davanti alla multisala. Okusu richiamò l'attenzione degli amici della gundan, che cazzeggiavano in attesa dell'inizio delle proiezioni. Takamiya fischiò di approvazione, valutando la macchina sportiva. Ne scese un uomo adulto, in camicia con le maniche corte arrotolate, un pacchetto di sigarette nel risvolto della giacca bianca. I capelli, tirati indietro tirati indietro con il gel e i pantaloni lunghi, corredati da un paio di infradito, lo facevano assomigliare allo stereotipo dello Yakuza.

Ehi, guardate là. E' arrivato il boss.”, scherzò Hanamichi

Però ha due belle tipe.”, disse Okusu mentre l'uomo faceva scendere dalla macchina prima una ragazza dai capelli chiari in jeans e maglietta attillata e poi una mora con minigonna e top che luccicava al buio.

Anche io potrei avere due ragazze che mi accompagnano, se solo non mi attardassi con voi tardoni.”, commentò Takamiya.

Si, certo, come no!”

Li seguirono con lo sguardo fino alla porta, dove si fermarono. Proprio in quel momento, attraverso la porta girevole, passò il capitano dello Shohoku, e dopo uno sguardo di apprezzamento alle gambe della ragazza alzò lo sguardo, trovandosi a fissare la sua amata manager. Lo shock iniziale, si trasformò presto in pianto sfrenato.

AYAKUCCIA QUELLO CHI E'?"

"Oh no, anche qui quel decerebrato" Ayako si battè una mano sulla testa, sconvolta dalla sua malasorte. Alle spalle del capitano sbucò il suo secondo in comando. Sara lo vide, e rimase senza fiato. Vestiva semplicemente, con un paio di jeans strappati sulle ginocchia, comodi mocassini neri e una camicia di cotone a maniche lunghe rimboccata, ma la ragazza non avrebbe saputo dire come potesse sembrare allo stesso tempo maturo e davvero attraente. La camicia nera, leggermente sbottonata, lasciava in evidenza il collo ben formato e il mento, dove la piccola cicatrice spiccava a dare un tono tremendamente sexy al suo volto. Com'è possibile che fino a ieri non mi sia accorta di quanto è figo? Finì con le labbra di lui, ritrovandosi a mordersi il labbro inferiore, pensando a quanto sembrassero morbide. E a come si sentisse in colpa per quei pensieri. Mitsui non sembrò accorgersi di lei, mentre guardava il teatrino creato dalla manager, irritata, e dal capitano, nel pieno di una crisi di gelosia. Era sinceramente preoccupato che la situazione potesse degenerare. Poi notò lei. E tutta l'agitazione di Miyagi perse qualunque interesse. Quando incrociò il suo sguardo gli parve di vederla arrossire, prima che un timido sorriso le illuminasse il viso.

Takeshi da parte sua rimase in disparte ad osservare i ragazzi per qualche istante, poi scosse la testa rassegnato, e si portò alle spalle delle due ragazze con fare protettivo.

Ok piccole, mi sa che le cose sono più avanti di quello che pensavo, salterò la parte introduttiva sui draghi e le giovani vergini o sulle api e sui fiori, riassumendo tutto in un'unica parola: No.” Poi si voltò a fronteggiare i due ragazzi. Ryota cominciò a sospettare di aver commesso un grave errore, e che quello non fosse il fidanzato di Ayako, di qualche anno più grande. Intanto Mitsui indossò la sua maschera da spaccone preferita.

Mentre voi due teppistelli, non provate a fare nulla di quello che avete in mente, stasera, altrimenti vi investo e poi vi sparo, e dopo faccio la retro sui vostri corpi tanto per essere sicuro” finendo la frase con un amabile sorriso genuino. Poi voltò i tacchi, e se ne andò fischiettando, lasciando i presenti in balia di reazioni nettamente differenti l'uno dall'altro: Ayako, rassegnata e un po' irritata, si trattenne dal mettersi a latrare contro qualcuno a caso pur di sfogarsi; Ryota continuò a guardare la manager e poi l'uomo che si stava allontanando, attonito. Sara e Hisashi, loro malgrado, prendevano intanto coscienza del sotteso al discorso, e stavano cercando di evitare l'uno lo sguardo dell'altra, temendo di trovare conferma che stavano pensando alla stessa cosa.

L'armata Sakuragi li raggiunse, ridacchiando.

"Ayako, chi era quello?" Chiese Hanamichi, guardando il punto dove fino a poco prima era posteggiata la BMW.

"Mio padre, cretino!" Tutti guardano Sara.

"Diciamo che è un po' geloso di sua figlia."

"E della sua figlioccia." aggiunse l'altra. E sbuffarono esasperate in simultanea.

Entrate nel cinema Ayako si fece largo per andare a comprare i biglietti, trattando con sufficienza un povero capitano che cercava di offrirsi di offrirli alle ragazze. I ragazzi dell'armata andarono avanti in sala, con i biglietti acquistati in precedenza, lasciando l'italiana e la seconda guardia ad aspettare gli altri. Mitsui e lanciò un occhiata, poi si voltò sorridendo, e molleggiò il peso da una gamba all'altra, canticchiando tra se un ritmo rock. Sara si ritrovò a fischiettare la stessa melodia, e spostò il peso verso di lui.

"Ma quello è davvero il padre di Ayako?"

"Si, si sono sposati che lui aveva 18 anni. E non è maturato per nulla da allora."

Ah.” Avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma in quel momento Miyagi tornò con i biglietti delle ragazze, e si avviarono all'ingresso della sala. Sara si fece dare i biglietti da passare alla maschera, e quando li ritirò li ridistribuì facendo in modo che la sua amica e il capitano si trovassero accanto, sebbene vicini all'armata che era seduta nella fila dietro la loro. Quando Ayako se ne accorse le fece un sorriso innocente, e quella si girò, fingendosi offesa, per andare al suo posto, seguita a ruota da uno scodinzolante Ryota Miyagi. Si sentì spostare dalla folla in ingresso, e una voce calda le sussurrò all'orecchio per schermare il rumore:

I nostri posti sono nella prima fila dall'alto.” Sentì un brivido correrle lungo la schiena, il fiato caldo e profumato del ragazzo che le solleticava il collo. Si girò a guardare Mitsui, che con un braccio che avrebbe voluto vedere come protettivo, la stava schermando dalla fossa. “Li ho presi oggi pomeriggio, quindi sono in alto, nei posti migliori.” Mitsui si scostò con uno scatto da lei, indicandole con un gesto della mano la strada. Sara lo precedette, non sapendo se ritenersi fortunata o estremamente stupida per essersi ritrovata lontana dal resto del gruppo e vicino all'unico ragazzo con cui non sarebbe riuscita a parlare normalmente.

Dove vuoi sederti?”, chiese il ragazzo gentilmente.

Uguale.” Rispose lei brevemente, nella speranza che poche sillabe non gli facessero trapelare la sua agitazione. Poi, non volendo essere maleducata, aggiunse. “Dove preferisci tu.”

Si accomodarono, ma la tensione della ragazza non svanì. Mitsui non disse più nulla, neppure durante gli annunci pubblicitari, che avevano innescato un coro di battute da parte dei loro amici seduti alcune file più in basso. Sara si ritrovò sempre più spesso a guardarlo, facendo finta che fosse un caso ogni volta che lui si accorse del suo sguardo. E ogni volta la piega delle labbra del ragazzo sembrava assumere una piega più amara. Il film iniziò, e Sara si ritrovò a pensare a qualsiasi cosa per instaurare un discorso, in modo da togliergli quell'espressione quasi rabbiosa di cui non capiva l'origine, ma ritrovandosi sempre a non trovare un argomento valido per interrompere la visione. Tornò allora a concentrarsi sul film.

Ti da fastidio essere qui con me?” Le sembrò di essersi immaginata la domanda posta in un tono brusco che la fece sobbalzare, poiché il ragazzo continuava a guardare lo schermo e, in effetti, le sembrava troppo stupida per essere vera.

No. Stavo solo ripensando alla scenata fuori luogo di Takeshi.” Mentì. E si ritrovò subito ad aggiungere. “Sono contenta di essere sola con te.” Si sarebbe voluta mordere la lingua per quella parola di troppo. Eppure quando vide il volto del ragazzo rasserenarsi sorrise anche lei, rilassandosi finalmente. Quando lui tornò alla visione, lei si riavvicinò.

Mitsui?”

Si?” Stupito la fissò, gli occhi blu che si spalancavano e poi tornavano ad assumere una espressione pensierosa. A lei morì in bocca la domanda, troppo imbarazzata per continuare a sostenere il suo sguardo.

Niente, volevo chiederti se il film ti piaceva.” Chiese balbettando. Cosa volevo chiedergli? Se anche lui è contento di stare da solo con me?

Si. Mi piacciono i film di azione.... e i supereroi.”, aggiunse quasi in imbarazzo. Sara si affrettò a toglierlo dall'imbarazzo.

Anche a me piacciono. Leggo anche i fumetti di Spider man.”

Sfigato-Parker?”

Ehi, è tenero! Ed è intelligente!”, si finse offesa. Mitsui sembrò pensarciun po' su. Poi aggiunse atono, lo sguardo fisso davanti a sé.

Quindi un ragazzo ti deve fare tenerezza ed essere un genio?” Lei soppesò sinceramente la domanda, non accorgendosi del tono diverso del ragazzo.

No. L'importante è che mi ami e mi rispetti, come io amo lui. Il resto non mi importerebbe.” Sbatté le ciglia, riscuotendosi. Aveva parlato istintivamente, a suo agio, senza rendersi conto che stesse dicendo quelle cose al ragazzo con cui avrebbe voluto che ciò diventasse vero.

..fattibile.”, sussurrò più a se stesso che a lei.

Alla fine del primo tempo Hisashi uscì a prendere dei popcorn. E per tutto il secondo tempo rimase piegato verso di lei, un po' per offrirgliene e scherzare con lei, che finalmente era a suo agio, un po' per guardarla da vicino mentre era troppo impegnata a seguire il film per vedere dove finisse il suo sguardo.



Più tardi, quella stessa sera...



"Fantastico! Avete visto che forte Hulk mentre lo mandava a sbattere di qua e di là! HULK, SPACCA!" Hanamichi strinse i pugni, imitando il supereroe Marvel e corrugando le sopracciglia. Tutti scoppiarono a ridere, immaginandosi una scimmia verde che prendeva tutti a testate e continuando ognuno ad osannare il proprio eroe.

"Tony Stark è il migliore in assoluto!", dichiarò Mito, con un verso di approvazione da parte di buona parte del gruppo, compreso Hisashi.

"E Capitan America dove lo mettete? E' lui il più forte!" Ryota venne fulminato dallo sguardo da parecchi dei presenti. In una serie di finti colpi di tosse si sentirono volare epiteti, che suonavano alternativamente:

Inutile” “Secondario” “Trascurabile” “Verginello”

"Miyagi non capisci niente. E' Thor che fa la differenza!" Ayako scosse la testa riccioluta, puntandogli il dito contro il petto.

"E perché scusa?" protestò lui spronato dalla missione di difendere il suo supereroe preferito. Ayako gli afferrò il braccio in un gesto casuale. Al tocco della ragazza Miyagi quasi arretrò per la sorpresa, cominciando ad arrossire.

"Ma perché è un figo della miseria, ecco perché! Capitan America ha un bel faccino ma... non so se mi spiego." A questa affermazione fecero seguito risate ancora più sguaiate dell'armata Sakuragi. "Vero Sarachan?" L'amica rise, scuotendo la testa in segno di diniego.

"Aya cara, sai che a me piace Hawk Eye. Non sarà il più bello, ma, signori, che classe!" Guardò in faccia l'amica, sorridendole cospiratoria. E aggiunse "Anche se, lo ammetto, la lingua tagliente di Stark è impagabile."

E non solo quella, vero Sarachan?” Le fece la linguaccia, e Sara arrossì, forse per la stanchezza, forse perché per un attimo le balenò l'immagine di lei come Pepper e Mitchi come Tony, anche se decisamente più altro dell'originale.

La morettina si morse lentamente in labbro, prendendola a braccetto e allontanandola dal gruppo. Aspettò che i ragazzi fossero di nuovo immersi nella disputa per ribattere, sussurrandole con voce sexy all'orecchio.

"Sarà che tu hai un debole per i cecchini con la lingua tagliente." Sara arrossì, incenerendola con lo sguardo.

"Piantala."

"Solo quando l'ammetterai."

"Cos'altro devo ammettere ora?"

Per esempio che sei stata felice di stare voi due soli soletti lassù. Appartati.”

Non farti strane idee. Non è successo proprio niente.”

Sì, sì, quindi non hai neppure cercato di stuzzicare un po' le sue reazioni?”

No!” Si guardò intorno, assicurandosi che nessuno stesse ascoltando il loro discorso.

"Quindi è un caso che durante tutto il film tu abbia continuato a risistemarti la scollatura, vero?"

"Mi era caduto un popcorn nel reggiseno, grazie alla tua maglietta."

"Quante volte?"

"Parecchie." La manager pensò che stesse scherzando. Poi valutando con chi aveva a che fare, capì che era la verità, e roteò gli occhi disperata. Fosse stata un'altra avrebbe pensato lo facesse apposta, ma lei... possibile che fosse così maldestra?!

"Diciamo che ti credo... La prossima volta però fagli almeno pagare il biglietto"

"Come, scusa?" Ayako le pizzicò il braccio.

"Ahia!"

"Sveglia ragazza! Se gli chiedessi cosa è successo durante il secondo tempo non te lo sarebbe dire, perché era impegnato con un' altra prima visione!"

Sara la fissò allibita. Aveva finto di non capire di cosa l'amica stesse parlando. Finto miseramente a quanto pare, visto che sentiva le guance scaldarsi e il corpo avvampare.... Il senso dell'affermazione la mandò completamente in tilt.

"LUI COSA?!" Arrossì ancora più violentemente, ringraziando il buio, che non permetteva a nessuno di vedere di che colore fosse diventata. Con la coda dell'occhio si mise a cercare l'argomento delle loro chiacchiere, che le dava le spalle.

Nel frattempo Mitsui, impegnato a pochi passi di distanza in un dibattito con Okusu su quale fosse il miglior superpotere non si era lasciato sfuggire una sola parola della conversazione. Quando poi si sentì chiamato in causa, e si voltò a guardarle, Ayako gli riservò un sorriso sornione, lui abbassò subito lo sguardo come un bambino che è stato beccato a fare qualcosa che non doveva. Quindi si è accorta di tutto. Anche di dove stavo guardando... Si sarebbe aspettato un commento di qualche tipo della compagna di classe, che invece si limitò a continuare a sorridergli ancor di più, facendogli capire che dopo lo avrebbe messo sotto torchio per sapere tutto. Lui ricambiò il sorriso, insicuro di cosa lo aspettava.

Si fermarono davanti alla creperia del quartiere.

"Io ho fame! Vi va una crepes?", propose Noma.

Salata e poi dolce?”

"Certo."

"Ovvio."

"Se paghi tu!"



.



"Io una fragole e panna" ordinò il vicecapitano.

"Banana, cioccolato e panna"

Ah, brava, non ti pensavo quel tipo...” Commentò ridendo Mito

Ci sono tante cose che non sai di me”, ribatté Sara, decisa a salvare le apparenze almeno con le altre persone. Aveva fatto in modo di non ritrovarsi di nuovo vicina al bel numero 14. Ciò non le aveva impedito però di mettersi di fronte a lui, di poco discosta, in modo da poter continuare ad osservarlo mentre fingeva di parlare con Hanamichi che gli era seduto accanto.

Smettetela di dire sconcerie.”, commentò il vicecapitano, poco convinto. Takamiya però non lasciò cadere l'argomento:

Probabilmente, pensano tutti e due alla panna.”

Non ti facevo una da Banane in pubblico.”, aggiunse Noma.

Creti..”

Idioti!” Mitsui, innervosito, si alzò in piedi, ed afferrò la teste dei due malcapitati, facendole sbattere l'uno contro l'altro.

"Mh...a seconda di come la vedi, ti tira su il morale." Sara tirò un calcio alla sedia di Ayako.

"La vuoi finire, pervertita?" la mora rise.

Che strano che solo tu abbia capito la mia battuta. Anche tu sei una maniaca.”I ragazzi continuarono a mangiare. Qualche minuto dopo arrivò il dolce.

"Me ne dai un pezzo, patatina?"

"No.", le rispose fingendosi offesa, ma poi il suo sorriso si allargò.

"Dai, non fare la preziosa." Sara le allungò il piatto attraverso la tavola

"Grazie. Per premio stanotte ti permetterò di dormire nel letto con me." Esclamò maliziosa la manager, risistemandosi i capelli. I discorsi dei maschi si interruppero come per magia, curiosi di sapere dove si sarebbe spinto il finto battibecco delle due.

"Tientelo il premio, non ho di certo istinti da gattina in calore, io. Preferisco dormire sul pavimento."

"Così Ryoma potrà infilarsi nel tuo futon come stanotte?" Ayako arricciò le labbra carnose. I ragazzi le fissarono spiazzati. Uno in particolare si fece sfuggire la forchetta di mano. Sara non notò nulla, e continuò imperterrita.

"Si lamenta che tu non gli permetti di entrare nel tuo letto, neechan*. Quando ci riesce lo scacci come un randagio, e lui viene da me." La schernì, ribattendo al gioco dell'amica. Nel frattempo Miyagi si era fatto bordeaux, immaginando la scena. E diciamocelo, aveva cominciato a tamponarsi preventivamente il naso con un fazzoletto.

Ayako notò il sorriso dell'altra e la reazione del capitano, e dopo uno sguardo al secondo in comando, decise di renderle il favore.

"La cosa non mi stupisce. La sorellina italiana gli offre un seno più soffice e abbondante su cui appoggiare la testa!" Sara la guardò truce, appallottolò il tovagliolo di carta e glielo scagliò in faccia. Non aveva di certo potuto vedere il fiotto di sangue dal naso che Mitsui aveva bloccato con la mano, mentre la sua immaginazione vagava su altri lidi. La manager naturalmente sì, e si annotò mentalmente di chiedergli conto delle reazioni dell'omino del piano di sotto al rientro a scuola. Oltre ai due, la discussione delle ragazze aveva avuto effetto anche sugli altri ragazzi presenti, chi più chi meno. Hanamichi in particolare aveva una paresi, e non riusciva a smettere di far cadere lo sguardo sulla scollatura dell'amica, che si era sporta avanti sul tavolo nello scontro verbale con la manager. Ayako rise tra sé. Era parecchio che non si divertiva a punzecchiare qualcuno con quel giochetto. E i risultati erano valsi la figura, e il fatto che non avrebbe più avuto il coraggio di entrare in quel locale per gli sguardi di disapprovazione della proprietaria, che le additava da dietro il bancone.

Passarono solo pochi minuti, che una macchina si fermò davanti al locale, e le porte si aprirono, mentre il fratellino di Ayako correva dalla sorella maggiore. La quale si alzò salutando tutti, e preso il bambino in braccio, si avviò con l'amica fuori dal locale.

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Grazie a tutte coloro che hanno letto i capitoli precedenti. Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione. Farò in modo di essere più puntuale in futuro. Prossimo capitolo a fine giugno!

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Capitolo 11
*** The e me ***


The e me

Capitolo XI



Sara sollevò lo sguardo dal fumetto appena iniziato con aria interrogativa. Era andata a casa Rukawa quella mattina, invitata dal ragazzo che come al solito era a casa da solo con la scusa di raccontargli il film. In realtà aveva trovato un modo inusuale per avere una cuoca a domicilio mentre i genitori erano in viaggio per lavoro. Tutto era proseguito bene, fino a che Kaede Rukawa, in piedi davanti a lei, le aveva fatto una domanda a cui non si aspettava certo di dover rispondere così presto. In realtà credeva di essere riuscita a fare tutto senza che lui se ne accorgesse. Non avendo risposta il ragazzo si spazientì.

E' vero?

Avrebbe voluto minimizzare sull'accaduto, ma ebbe la sensazione, fissandolo in quegli occhi che si erano fatti via via più scuri con il protrarsi del suo silenzio, che dire qualcosa di diverso dall'assoluta verità sarebbe stato un problema.

Si.

La fissò in attesa che proseguisse. Invece lei continuò a fissarlo di rimando, per nulla intimidita. Questo lo infastidì non poco.

Si, e poi..?

Me ne sono liberata.

Convinta che questo chiudesse la questione tornò a leggere. Se lui poteva tenersi i suoi segreti e non rispondere che a monosillabi, perché non lo poteva fare anche lei? Il rookie non sembrò gradire. Le strappò di mano il volumetto e con il suo sguardo magnetico la inchiodò al divano su cui era seduta.

Voglio sapere che cosa è successo, quando è successo e dove.Prese una pausa significativa, la voce sempre calma ma che tradiva una rabbia ribollente.E soprattutto voglio sapere chi sono quelle bastarde che ti hanno aggredita.

Sara sospirò. Una volta tanto che fa un discorso più lungo di un Hmm e si arrabbia con me. Ma si rese conto che quella non era rabbia nei suoi confronti, ma preoccupazione, e un sorriso si insinuò pian piano nell'espressione scontrosa che anche lei aveva assunto.

E adesso cosa c'è da sorridere?, chiese lui con un misto di rabbia e esasperazione.

Niente. E' bello che ti preoccupi per me, Kaede.Lui non si mosse di un millimetro, continuando a fissarla.Va bene, sbuffò,ti dirò tutto quello che è successo, senza omettere nulla. Ma mi devi promettere di non fargliela pagare in nessun modo. Chiaro?

Lui non parve così convinto.Vedremo dopo che avrai finito il racconto.

Chiaro?, ripeté lei.

Ok, hai vinto.Si sedette sul divano, mentre lei cominciava a raccontare gli avvenimenti di alcuni giorni prima. Alla fine del raccontò la rabbia era un po' svanita lasciando il posto ad altri sentimenti più profondi. Kaede le sfiorò la mano con un dito.

Sicura che non ti abbiano fatto niente?

Lei sorrise, ora apertamente.Sicura. Ho fatto io male a loro.

Hmm., assentì lui. Era tornato ai monosillabi, ma non per questo lei si sarebbe dimenticata quel momento di espressività, che l'aveva stupita piacevolmente.

Furono disturbati dal doppio bip del cellulare di Sara, che segnalava l'arrivo di un messaggio. E, una volta letto il testo, toccò a lei fu la sua volta di restare stupita.





Il sole filtrava debolmente dalle serrande abbassate. Mitsui finì di spazzare il pavimento del soggiorno e preparò i sacchi da gettare. Sbadigliò. Aveva dormito fino a tardi, ma non si pentiva del sonno perso la sera precedente. Al contrario. Giunse un rumore di passi dalla stanza di suo padre, che fece capolino pochi istanti dopo, mandando una nuova serie di scatoloni vuoti a occupare il corridoio.

Bene. Ora che è in ordine possiamo mangiare.” Senza ricevere risposta dal figlio si avviò verso il frigorifero, ed estrasse un piatto preconfezionato.

Lascia papà.” Hisashi lo superò rimettendo a posto il pacchetto.

Questo è cibo di emergenza. Oggi cucino io.”

Devi proprio essere di buonumore.” Il ragazzo ignorò il commento e accese il cuoci riso. Il volto del padre fu attraversato per un istante da un sorriso, che subito nascose alla vista voltandosi per apparecchiare la tavola.

Come è andata ieri sera?”

Bene.”

E il film?”

Carino.”

Hisashi sfilettò il pesce, lo infarinò, e lo buttò nella padella calda.

Hai trovato un kimono per oggi, papà?”

Si.”

Com'è andata ieri al lavoro?”

Mmm … Normale.”

Un telefono squillò, facendo allontanare l'uomo. Hisashi tolse il pesce da fuoco, lo servì nei piatti, riempì due ciotole di riso e portò tutto in tavola senza apparente difficoltà.

Dobbiamo trovarci all'hotel Hayashi alle 15:00.”

Hisashi sbocconcellò il primo boccone, annuendo pensieroso. Anche il padre cominciò a mangiare, rinunciando a qualunque tentativo successivo di conversazione. Non trascorso molto che Hisashi mise da parte il suo piatto, non terminato, fissando lo sguardo pensieroso su suo padre.

Ti ha chiesto qualcosa?” Il padre terminò la ciotola di riso, un rapido lampo di comprensione nel suo sguardo.

Ha chiesto se ci saresti stato.”, disse, rimanendo poi in attesa di una risposta del figlio.

Altro?” La noncuranza che cercava di trasmettere con quella domanda era ben lungi dalla realtà, e il sottinteso non sfuggiva certo a suo padre.

No.” A quella risposta Hisashi strinse il pugno, per poi lasciarlo andare quasi istantaneamente a nascondere la reazione avuta. Il padre laconico finse di ignorarla. Di lì a poco il ragazzo si alzò, ritirando i piatti e facendo cadere gli avanzi del suo pranzo in una ciotola, che lasciò sul ripiano della cucina. Poi cominciò a lavare i piatti. Il padre si alzò a preparare due tazze di caffè americano, poi si sedette a leggere il giornale. Il figlio lo raggiunse passati pochi minuti. Afferrò la sua tazza mormorando un ringraziamento, e guardando di sottecchi il padre. Poi, presa una risoluzione, attirò la sua attenzione.

Papà?”

Si?”

Posso invitare qualcuno?” L'uomo parve soppesare le conseguenze per qualche istante.

Non so se è il caso.” Hisashi non demordette.

La mamma mi ha detto che potevo.”

Quindi le hai parlato. “Allora perché me lo chiedi?”

Perché se ti da fastidio non la invito.”

La?” Abbassò il giornale, ora concentrandosi veramente sul figlio, improvvisamente attento. Il ragazzo continuò, ignorando le congetture paterne.

E' una mia compagna, non la conosci.” Distolse lo sguardo, imbarazzato da quello sguardo che pareva comprendere ogni suo pensiero. Rimasero in silenzio, fino a che il padre, soddisfatto, non riprese a leggere.

Mmm.. Capisco.”

Capisci cosa?” Si alzò di scatto, le guance che si arrossavano progressivamente.

Niente. Approvo.” Disse, tornando a leggere da dove aveva interrotto, come se tutto fosse normale.

Approvi cosa?” Quando non ottenne risposta se ne andò in camera sua sbattendo la porta, ignaro del sollievo ben celato dietro la noncuranza paterna.



Sara si legò i capelli in una treccia stretta, e controllò per l'ennesima volta il suo abbigliamento. Scarpe nere, pantaloni sobri e una polo chiara. Era indecisa se vestirsi in maniera più classica, ma dovette accontentarsi di quel risultato, perché non aveva certo nel bagaglio nulla di adatto ad una cerimonia. Sempre che dovesse presentarsi vestita elegantemente. Il che probabilmente implica una gonna e una camicia, o un vestito. Che non avrei in ogni caso. Mitsui le aveva inviato un messaggio solo un paio d'ore prima, abbastanza succinto in effetti.Oggi c'è una cerimonia del the. Ci sei? Se si, passo a prenderti alle 14:30.Le sue reazioni erano passate dall'iniziale delusione, Chissà che cosa mi aspettavo mi scrivesse, al più blando dubbio se accettare o no, non sapendo se sarebbe riuscita a stare seduta accanto a lui senza che le sfuggisse qualcosa con il ragazzo. Per passare poi al dubbio su come avrebbe trovato l'indirizzo di casa sua, presto sostituito dal ricordo della sera in cui era passato da lei e all'imbarazzo sul come l'aveva vista vestita. Arrossì al ricordo. E si maledisse per non avergli chiesto di entrare.

Scese in cucina a preparare una ciotola di pappa per Ranmaru, riflettendo sulla possibilità che Mitsui l'avesse preparata per lui e che il gatto finisse per mangiare due volte. Mentre prendeva la scatoletta dallo scaffale squillò il citofono. Sara corse nell'atrio, prese il cellulare e il portafoglio, si guardò un attimo ancora allo specchio e uscì.

Mitsui la aspettava appoggiato al muretto di casa, un dito che solleticava il labbro inferiore. Il kimono gli cadeva a pennello, anche meglio di come l'aveva visto al negozio. Aveva lasciato la tunica leggermente aperta, ben sottolineando il collo e il torace ampio. I pantaloni hakama, per quanto larghi, non lo appesantivano in alcun modo. L'obi chiudeva il tutto, forse legato un po' troppo largo, ma riuscendo comunque a sottolineare la vita stretta del giocatore. Unica pecca gli zori, gli zoccoletti tradizionali, naturalmente corredati dai corti calzini che, ammettiamolo, neppure su di lui potevano star bene. L’unica nota stonata in quell'abbigliamento retro era il cellulare, che teneva nella mano sinistra e fissava assorto, quasi con timore.

Il ragazzo le sorrise non appena si accorse della sua presenza, nascondendo il cellulare in una tasca e facendole un leggero cenno di saluto con la mano che fino a un attimo prima accarezzava il labbro. Sara nascose l'imbarazzo per essere stata scoperta a fissarlo accelerando un passo, e mormorando un “ciao” a bassa voce. Il sorriso sghembo che cominciava ad apprezzare si delineò sulle labbra del ragazzo, mentre con un gesto le indicava la direzione da seguire.

Grazie per avermi invitata.”

Te lo avevo promesso, giusto?”

...Non pensavo che sarebbe stato così presto.” Non pensavo che la mantenessi in realtà.

Beh, era il momento giusto.”

Grazie ancora, allora.” Cominciò a mordicchiarsi il labbro, alla ricerca di qualcos'altro da potergli dire. Lui notò quel gesto, come lo aveva già notato varie altre volte.

Basta ringraziare. Non sembri tu.”, disse ridacchiando. Lei si incupì repentinamente. Mitsui non notò subito il cambiamento di umore.

Tu non sai come sono.” Accelerò il passo, superandolo. L'istinto primario di lui fu di commentare sarcasticamente. Ma lo respinse. Scosse la testa, quasi esausto, ma volenteroso nel portare avanti il suo proposito di non litigare con lei.

No, è vero.” E dopo un attimo di esitazione aggiunse, non certo dell'effetto che avrebbe avuto quella frase. “Ma mi piacerebbe.”

La tensione piano piano svanì, sostituita dalla vergogna per aver reagito esageratamente per l'ennesima volta. Non disse però nulla per scusarsi. Cambiò invece discorso.

Dove dobbiamo andare.”

Hotel Hayashi.”

Capisco... Devo sapere qualcosa di particolare?”

Niente di particolare. L'officiante non sarà fiscale con una neofita.”

La conosci?”

Parve esitare qualche istante, soppesando cosa dire.

Si. Fin da piccolo. E' mia madre.”

Sara rimase sorpresa e un poco colpita da quelle parole, percependo un suo dilemma interiore. Cercò di rammentare cosa gli avesse raccontato l'amica di lui. Le parve di ricordare che i suoi genitori fossero divorziati. Anzi no, separati. La madre del ragazzo era tornata ad abitare con i genitori a Tokyo, dove la famiglia gestiva un hotel tradizionale. Era lì che Mitsui era cresciuto? Stentava ad immaginarsi il ragazzo da piccolo. Lo osservò di sottecchi. Man mano le si delineò nella mente l'immagine di un bambino dagli occhioni blu, così strani per un giapponese. Magari i capelli lunghi, scapigliati, che gli cadevano in continuazione davanti agli occhi. Sgridato perché aveva fatto qualcosa di sbagliato. Magari l'infortunio non era stato l'unico motivo della sua caduta morale. Che fosse stato anche per un moto di ribellione ad una famiglia tradizionalista che lui fosse diventato il teppista che aveva conosciuto? E improvvisamente sentì il desiderio di abbracciarlo, dirgli che andava tutto bene. E desiderò riuscire a sfondare quel muro di sarcasmo che lo circondava. Perché, si rese conto, quella era solo un'armatura creata per proteggersi. La stessa che lei stessa utilizzava.

Sentendosi osservato, lui la guardò di rimando, sorridendo con una punta di malizia. Lei si voltò di scatto, arrossendo. Non imprecò nemmeno quando lo sentì ridacchiare tra sé e sé, ma sorrise.

Come vanno le attività dal club.”, chiese lui per riavviare la conversazione.

Vanno.”, tagliò corto lei, non volendo toccare qual tasto dolente. A lui non sfuggì la sua riluttanza a rispondere.

Strano per te essere così poco loquace.” Esitò. Cosa poteva dirgli senza sembrare una ragazzina piagnucolosa? Di tutto, non voleva proprio fargli quella impressione.

Diciamo che la compagnia non è delle migliori.” Mitsui non impiegò molto per afferrare ciò che non stava dicendo.

Se ti escludono basta che tu faccia gioco individuale.”

Non è così semplice in 11.”, provò ad obiettare, ma lui la fermò.

C'è sempre il modo. Se vogliono perdere pur di non giocare con te che facciano pure. Ma questo non vuol dire che tu debba stare al loro gioco. Sono sicuro che tu possa portare la squadra alle nazionali. Ti seguiranno.”

Quelle parole la confortarono e riscaldarono molto più di quanto avrebbe ammesso. Se possibile, adesso mi piace ancora un po' più di prima.

E improvvisamente sentì di nuovo il peso di essere lì, da sola con lui, con la paura di rivelargli qualcosa se solo lo avesse ringraziato per il suo incoraggiamento da amico. No, non da amico. Kaede era un amico, Kenji lo era. Ma Mitsui non lo poteva chiamare amico. Era sempre stato qualcosa di diverso per lei, vedesi il fatto che non riusciva a chiamarlo per nome senza avere un fremito lungo la schiena a pronunciare quelle tre sillabe. Fortuitamente scorse il negozio di un fiorista.

Non le portate un mazzo di fiori? A tua madre intendo.”

No, perché?”

Sarebbe un gesto carino.”

Devi sapere che in Giappone non si usa.”, aggiunse con un aria da saputello che non gli aveva mai visto.

Essere carini?”, disse non potendo trattenersi. Lui fece improvvisamente una espressione contrariata. Che lei ignorò, fermandosi davanti alla vetrina piena di fiori. Vagliò i prodotti un istante, poi entrò senza lasciare il tempo a lui di obiettare. Indicò alla commessa un ramo di orchidea, se lo fece confezionare, e uscì.

Il fatto che voi non portiate nulla non vuol dire che io debba fare altrettanto.”, come rispondendo ad una domanda non posta del cestista.



L'hotel era una bassa costruzione tradizionale che resisteva uguale a se stesso nonostante la fitta urbanizzazione del quartiere circostante. Nonostante la giornata festiva, non sembrava molto affollato; una decina di persone al massimo si affollavano nella vasta stanza principale, tutti indossando una kimono più o meno elegante. Una coppia di anziani coniugi si trovava già inginocchiata nei posti più vicini all'officiante, mentre una famigliola composta da madre, padre e bambino restava in disparte, ad osservare il giardinetto interno dell'albergo. Una ragazzina molto carina dai capelli scuri raccolti in una elaborata acconciatura seguiva con attenzione i movimenti di una donna sulla quarantina, anche lei in ginocchio, rivolgendole di quando in quando alcune brevi frasi. Sara notò anche un uomo in kimono nero che, spalle alla sala, fumava osservando pensieroso il cielo all'esterno. Sara si sentì fuori posto in quel quadretto tradizionale, unica occidentale, unica ragazza, unica senza kimono, ma nessuno parve notarla. Mitsui si diresse rapidamente verso la donna inginocchiata, senza vedere se veniva seguito. Sul volto della donna passarono diverse espressioni. L'iniziale stupore gioioso venne quasi subito nascosto dietro un sorriso cortese e distaccato. Solo un movimento della mano, che si era tesa verso di lui e poi era tornata a distendersi sul fianco, lasciò tradire il subbuglio di emozioni che provava. Il ragazzo si inchinò, e le rivolse la parola.

"Buongiorno, mamma." La sua voce ferma lasciava tradire altri sentimenti non espressi e Sara si mise ad osservarlo, notando come, per quanto la posizione fosse impeccabile, le pareva teso e come impostato. La donna rispose all'inchino, subito imitata dalla ragazzina dietro di lei.

"Come sei cresciuto." Osservandola si capiva quanto volesse bene al figlio e Sara si ritrovò a chiedersi come mai, se gli voleva così bene, se ne fosse andata. "Certamente ricorderai la mia allieva Kiyone."

"Si, certo. Frequenti la terza media ora, vero?" Nonostante il tono piatto, la ragazza arrossì.

"La seconda superiore." Da lei giunse una voce flautata, che ben si addiceva alla minuta ragazza, che non era tanto giovane quanto sembrava in un primo momento. La quale per prima fissò la sua attenzione sulla italiana. Mitsui si affrettò a presentarla.

"Ti presento Sara, una mia compagna di classe." La donna le si rivolse. Il colore degli occhi era lo stesso, un blu cobalto intenso, cha la fissavano attenti. La ragazza si affrettò ad inchinarsi.

"Buongiorno signora. La ringrazio di avermi permesso di partecipare." Ricordandosi di ciò che stringeva tra le mani, Sara le porse le orchidee. "Questo è per lei." La donna parve stupita nel sentirla parlare in giapponese. E sorrise nel vedere il fiore.

"Arigatoo gozaimasu."

"Dou itashimashite."



"Non avrei mai detto facesse le superiori", disse Sara voltandosi a guardarla mentre raggiungevano i proprio posti vicino ad una parete laterale.

"E' sempre stata piccola."

"La conosci da tanto?" Non le piacque la tensione che sentì nella sua voce, che per fortuna lui non notò.

"E' la figlioccia di mia madre, figlia di una lontana parente se non sbaglio. Fin da piccola ha seguito mia madre per imparare l'arte e poterle succedere un giorno. Mia madre l'ha sempre trattata come una figlia." Poi aggiunse sarcasticamente. "Una femmina da meno problemi ad una madre."

"Non esserne così certo." Sussurrò lei. Le sorrise.

La funzione si svolse lentamente. Ogni tanto Mitsui si piegava verso di lei per spiegarle a bassa voce ciò che succedeva, e lei potè annusare il suo buon profumo. Poi si affrettava a tornare a guardare la cerimonia. Dopo l'ennesimo intervento chiarificatore del ragazzo, Sara si sentì osservata, e distolto lo sguardo dalla officiante, si rese conto che la ragazza, Kiyone, sembrava valutare la distanza tra i due. Osservandola bene, si trattava della ragazza giapponese dei periodi andati. E non potè fare a meno di ammettere, con rammarico, che era molto carina. Le dette fastidio il pensiero che avesse passato così tanto tempo con Mitsui.

"E' carina.", buttò prima di pentirsene.

"A me non piace." Non distolse nemmeno lo sguardo dalla madre. E lei non aggiunse altro, ma gongolando un pochino.



Conclusasi la cerimonia si alzarono tutti. La coppia di anziani fu la prima ad andare a congratularsi con la signora, subito seguiti dalla famiglia con bambino. L'uomo solitario, al contrario, si diresse verso di loro. Sara non lo notò fino a che non se lo ritrovò accanto. E a quel punto si ritrovò a fissarlo con occhi sgranati. Sebbene gli occhi fossero di un castano ambrato, i capelli corvini e il taglio del viso erano in tutto quelli di Mitsui. Il fisico asciutto ma muscoloso, lasciatosi un po' andare con l'età, faceva intendere che era stato un atleta da ragazzo. Ma ciò che più lasciava sconvolta la ragazza era la somiglianza.

E' lei?”, chiese l'uomo dopo averle rivolto un'occhiata, rivolgendosi al ragazzo. Quest'ultimo annuì, presentandogliela.

C-san, questo è mio padre.”

Piacere.”, riuscì soltanto a dirgli, mentre lo sguardo passava tra i due. Era come vedere una versione adulta del ragazzo. E se fosse invecchiato così, magari con qualche ruga in meno...

Piacere mio.” Le porse la mano, stringendogliela con delicatezza. La mano di Sara restò molle nella sua, ancora troppo sconvolta da quella visione.



La signora Mitsui li fermò all'ingresso, quando stavano già per abbandonare l'hotel, rivolgendosi al marito. “Dovremmo parlare ancora di un paio di questioni.”

Lui annuì, tornando poi a rivolgersi al figlio.

Se vuoi puoi aspettarmi qui fuori Hisashi”

No, grazie. Preferisco tornare a piedi.”, liquidò lui la proposta. Salutò il padre con un gesto della mano e, dopo un attimo di esitazione e sotto lo sguardo attento di Sara, accennò un inchino alla madre, questa volta sorridendo. Anche lei sorrise, e sembrò che anche le labbra del signor Mitsui si increspassero per un attimo.

Usciti al sole tardo pomeridiano sembrò essere tornato il ragazzo che conosceva. Anzi, ora le appariva più completo, come se un altro tassello del puzzle del suo carattere fosse andato al posto giusto, lasciandole un quadro più comprensibile.

Ti riaccompagno a casa?”

Accolse con entusiasmo la proposta, per una volta senza remore. “Grazie”



Ranmaru fissava con sguardo vacuo una ciotola vuota.

Mi hai deluso molto, mi hai lasciato senza cibo. E io ti lascerò senza sonno.

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Chiedo Scusa per l'enorme ritardo nella pubblicazione del capitolo. Purtroppo ho avuto dei problemi. A presto

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Capitolo 12
*** Passo dopo passo ***


In primis mi scuso con te che stai leggendo questo capitolo. Mi rendo conto che sia passato tanto, troppo tempo dalla pubblicazione dell'ultimo capitolo.  Purtroppo la mia vita è diventata molto più caotica, e ho impiegato tre mesi a scrivere questo capitolo. Spero che ti piaccia, e che questo ripaghi almeno in parte l'attesa.

 

Capitolo XII

Passo dopo passo

La golden week è passata troppo in fretta, disse a se stessa preparando la borsa di scuola. Ranmaru andò a strusciarsi contro le sue gambe, sedendosi poi accanto ai suoi piedi, con gli occhioni spalancati. Ora era tranquillo, ma era stato irritabile negli ultimi giorni. La notte aveva cominciato a sgattaiolare nella sua stanza, approfittando delle finestre lasciate aperte per rinfrescare l'ambiente, andando a sdraiarsi sulla sua pancia nel sonno. Solo che non la lasciava dormire, continuando a puntare le zampe. Due giorni prima le aveva anche graffiato una gamba, mentre cercava di accarezzarlo. Aveva pensato potesse essere il caldo che cominciava a farsi sentire e che anche il gatto sembrasse soffrirne. Lei era sicuramente più irritabile. Prese in mano il telefonino controllando se ci fossero nuovi messaggi. Nessun nuovo messaggio da Mitsui. Lo riappoggiò spazientita. Chissà che cosa mi sono immaginata. E' stato gentile con me una sola volta, mi sono costruita castelli in aria. Si lasciò cadere sul pavimento. Il gatto inclinò la testa di lato, guardandola senza capire.

Oh, Ranmaru.” Porse la mano ad accarezzare il pelo morbido dell'animale. “Mi piace. Mi piace davvero. Che cosa devo fare con lui?” Il gatto cominciò a fare le fusa, e il loro suono la tranquillizzò. “Se fosse facile come con te.” Come se capisse le sue parole le strofinò il muso contro la mano. Io ti voglio bene. Lui non ti serve…. Pappa adesso?

Rimase così a lungo, accarezzando il gatto pensierosa.

Il campanello squillò, riscuotendola. Andò alla porta chiedendosi chi potesse essere. Quando la aprì si trovò davanti Mitsui, e la gioia fu tale da non chiedersi neppure che cosa ci facesse lì. Le scappò un sorriso e sentiva un rossore iniziare a invaderle le guance…

Buongiorno Mitsui!” Il suo tono squillante gli strappò un sorriso.

Buongiorno a te C-san. Pensavo di andare a piedi stamattina. Ti va di fare la strada con me? Anche se sembri un poco malata ora che ti vedo meglio, hai tutte le guance rosse.” Ottimo, frase più scontata non era possibile.

Io veramente...” Ecco, lo sapevo. Che debba uscire con Rukawa? “... no, sto bene, davvero. Aspetta due minuti che finisco di prepararmi.” Sara si fiondò in casa chiudendo la porta alle spalle Appoggiò le spalle alla porta cercando di riprendere fiato e di calmare il battito del suo cuore. Cosa mi prende? Mi ha solo chiesto di andare a scuola con lui. Ranmaru miagolò, richiamandola in cucina. Sara fece un passo, poi si ricordò di aver lasciato il ragazzo fuori dalla porta. Si girò e ritornò ad aprire la porta. “Scusa, accomodati pure.” Mentre entrava Mitsui rise tra sé. Lo condusse in cucina, dove Ranmaru continuava a miagolare offeso.

Ti posso offrire qualcosa?”

No, grazie.”

Sara corse al piano di sopra, pensando velocemente se avesse preparato tutto. In camera si aggiustò i capelli, poi si guardò allo specchio, in particolare soffermandosi sulla camicia chiusa fino al collo. Secondo Ayako dovrei slacciare i primi due bottoni. No, scema! Sarebbe volgare e troppo stupido. Cosa voglio che pensi di me? Se è stupido che punta solo sull'aspetto fisico può arrangiarsi. Anche se forse sono troppo rigida. Cosa mi ha portato fare il maschiaccio per allontanare i cretini: Maggiorenne e senza ragazzo! Mentre Ayako si veste sempre cose vuole, ed è a suo agio con il suo corpo. Forse un bottone solo lo potrei slacciare...

Indugiò sulla propria immagine. Mitsui le era sembrato più “interessato” a lei al cinema. Oh, al diavolo! O mi vuole come sono o si arrangi! Comunque si sistemò i capelli per la quarta volta e scese a raggiungerlo.

All’ultimo gradino cambiò ancora idea, si slacciò il primo bottone ed entrò nella cucina.

Vide Mitsui accovacciato, che con una mano accarezzava Ranmaru mentre con l’altra teneva una bustina di cibo per gatti aperta.

Sentendo il rumore dei suoi passi il cestista si girò per chiederle se il gatto avesse già mangiato. Proprio in quel momento si slacciò anche il secondo bottone Sapevo che non avrei dovuto slacciare il primo bottone…

Mitsui si irrigidì, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal reggiseno rosso di pizzo che sbucava ora dalla scollatura. Con il rossore che saliva alle guance per la vergogna, lei si sentiva troppo irrigidita per portare le mani a chiudere la camicia. E ancora più imbarazzata al pensiero che non le dispiacesse per nulla l'espressione ebete del ragazzo. Intanto Ranmaru, stufo dello stallo saltò sulla mano del ragazzo, la cui presa sulla busta era ormai irrimediabilmente allentata, e gli morse il pollice, facendogli cadere la bustina mezza aperta.

Ahia, dannato gattaccio…” disse Mitsui riscosso improvvisamente, agitando le mani verso il felino che con calma leccava il suo pasto. In quel momento Sara si girò e si chiuse la camicetta, ringraziando mentalmente Ranmaru e promettendosi che gli avrebbe dato doppia razione quella sera.

Il gatto dal canto suo girò la testa e guardò Mitsui fisso negli occhi, con sguardo assassino e un miagolio profondo che spaventò un poco il ragazzo “Che vuoi stupido umano, ho fame e voglio mangiare, ho ucciso per molto meno…” tornò a schiacciare la bustina e far uscire il contenuto sul pavimento una volta pulito.

Mitsui riprese a parlare, cercando di riempiendo con le sue parole il silenzio che si era creato: “Secondo me quel gatto non è normale, sei sicura che non sia un demone sotto mentite spoglie? Non mi sorprenderebbe.” Felice di distrarlo e distrarsi dai suoi strani pensieri, Sara gli rispose.

Aveva fame e avevi la bustina in mano. Si spazientisce velocemente se non sei rapido a versargliela nella ciotola. Ti ha fatto male?”

No, non è niente. Andiamo?” E' un peccato che la camicia sia allacciata ora.

Si.” Non la slaccerò mai più.



Comunque stai viziando quel gatto.” Dopo minuti di silenzio Mitsui riprese la parola.

Come, prego?”

Si, lo vizi. Scommetto che gli hai dato del latte stamattina.”

E' un gatto. Certo che gli ho dato del latte.” La ragazza non riuscì a nascondere il tono spazientito della sua replica.

Ma poi lo chiede anche a me.” Anche il tono di lui si alzò percettibilmente.

E tu non darglielo.” Ottimo. Un passo avanti e due indietro. Sospirò. “Ok, break. Non ho voglia di litigare con te. E' una così bella giornata.” E sono felice che tu sia venuto a prendermi.

...” Anche io non voglio più litigare con te.



Solo a te si può slacciare un bottone al momento opportuno, ahahah.Ayako si piegò sulla sedia, non tentando neppure di nascondere la sua risata fragorosa. I compagni di classe si voltarono a guardarle, subito fulminati dalla rossa.

Urlalo un po' più forte, stupida!

Basta, basta. Mi sta uscendo un ernia.

Crepa.

Ayako si riassettò un ricciolo dietro un orecchio.

Quindi le vacanze sono state fruttuose.

Non direirispose Sara depressa. Poi facendosi seria.Aya? Secondo te ho qualche possibilità?

Il sorriso di Ayako si addolcì.Non posso assicurartelo. Però penso di si. Altrimenti non avrebbe prestato tanta attenzione al tuo decolté

Lo pensi davvero?Sara guardò di sottecchi il ragazzo, che ridacchiava con Miyagi dall'altra parte del corridoio.Non ti sembra strano che non abbia una ragazza? Ok che è burbero e scontroso, ma mi sembra strano.

Ayako rivolse lo sguardo verso i giocatori.

In realtà non è sempre stato così...La sua espressione si addolcì.Alle medie era un ragazzo solare. Un vero trascinatore. Poi però...Ayako si spostò sulla sedia, riassestandosi un ricciolo e abbassando la voce.Pare che sia successo qualcosa. So che al tempo frequentava una ragazza della sua classe, me lo ha raccontato un'amica.

Sara sentì un morsa alla bocca dello stomaco. “Eh?” Ayako proseguì con il racconto.

Non so esattamente che cosa fosse successo dopo. So solo che non stava più con lei quando si è iscritto allo Shohoku.”

Magari non ha davvero nessuno, ma mi sembra proprio strano.



Le lezioni mattutine iniziarono e passarono con la velocità di una folata di vento. Troppo spesso la ragazza si ritrovò a distrarsi, troppo concentrata a fissare il profilo del ragazzo di fronte a lei per dare retta alle lezioni. Come è possibile che non abbia una ragazza? Nel periodo teppista ne avrà avuta sicuramente almeno una. Smise presto di seguire quel pensiero, troppo doloroso per il suo cuore innamorato. Però se come dice Ayako non ha più avuto nessuno dopo quella ragazza, vuol dire che l'ha trattato veramente male. Sentì una grande rabbia diffondersi dentro di sé. Come si fa a trattare male un ragazzo così?! Eppure anche io l'ho trattato davvero male. Forse dovrei davvero essere molto più gentile con lui. E non lo faccio per un secondo fine. Ma perché si merita qualcuno che si prenda cura di lui. Anche Ryota se lo meriterebbe, ma non sembra che ad Ayako importi davvero di lui. Mi sono illusa che Ayako potesse innamorarsi di lui, ma non si può certo obbligarla ad amarlo. E lei lo evita. Non lo ama. Povero Ryo. Proprio come Mitsui non sa neppure che io esista. E sicuramente la ragazza con cui stava era molto più bella di quanto sono io. Non potrebbe mai essere attratto da me.

Sospirò triste, tornando a fare attenzione per la prima volta al libro dall'inizio delle lezioni. E non notando lo sguardo preoccupato che il compagno le lanciava dalla fila davanti.

Alla pausa pranzo Sara si attardò a preparare il suo cestino per il pranzo. Sinceramente non aveva molta voglia di stare con gli altri ragazzi a pranzo. La loro allegria le avrebbe dato fastidio. E avrebbe dovuto anche stare con Mitsui fingendo che tutto fosse come prima della golden week. O come prima delle lezioni. Ringraziò Ayako che, avendo forse colto il suo stato d'animo aveva trascinato i compagni di classe fuori, facendo in modo che non la aspettassero. Via loro, smise di fingere di cercare qualcosa di inesistente nella borsa, e si appoggiò scompostamente allo schienale.

Possibile che stamattina fossi così felice e sia bastato così poco per intristirmi? E' questo l'amore? Chiuse gli occhi, maledicendosi per la sua debolezza emotiva. Anche con gli occhi chiusi notò un cambiamento nella luce della stanza, al che riaprì gli occhi. Di fronte a lei vide le ragazze dello shitenai di Rukawa, che da tempo non si facevano più vedere. Notò subito che c'era qualcosa di strano. Quando incrociò il loro sguardo le vide arretrare, e scambiarsi degli sguardi dubbiosi. Cosa vogliono ora? Non sono in vena di giochetti.

Sempai...” Sempai?!

Siete impegnata ora?” Mi ha dato del lei? Non rispose, continuando a squadrarle. Dopo l'ennesimo sguardo tra di loro, il “capo” parlò.

Pranzerebbe con noi, sempai?”

Naturalmente se ha cose più interessanti da fare...”

Stupida, certo che ha cose più importanti da fare che stare con noi.”

Solo in quel momento Sara capì che cosa c'era di strano: Niente più meche, trucco esagerato, divise modificate. E ciò che le chiedevano era semplicemente di mangiare con loro, che aveva sempre viste da sole in cortile. E si rese conto che quelle ragazze erano semplici studentesse liceali, un po' prepotenti si, ma ragazzine. Sorrise, senza potersi trattenere.

Va bene.”



Sara ripose il quaderno dell'ultima ora nella cartella. Quel pomeriggio non aveva nessun impegno, perché l'allenatore, nonché professore di ginnastica della sua sezione doveva partecipare ad una riunione dei docenti. Meglio, non avevo molta voglia di allenarmi oggi pomeriggio, sono fuori fase. Dal telefonino, che aveva acceso alla fine della lezione, giunse un trillo. Sara frugò nella borsa per cercare il telefono. Aprì il messaggio.

Mittente: Kenji

Testo: Ciao Sara. Hai impegni oggi pomeriggio? K.”

Potrei anche uscire oggi, tanto non ho impegni.

Mittente: Sara

Testo: Va bene. A che ora e dove?”

Ayako è una stupida, continua a dirmi di non dare troppa confidenza a Kenji perché ci sta provando con me. Non capisce che è solo un compagno del club. Sara si stupì della rapidità con cui ricevette un ulteriore messaggio.

Mittente: Kenji

Testo: Sei in classe? Passo a prenderti.”

Appoggiò il cellulare sul banco. In fondo non c'era nulla di male ad uscire con un proprio compagno del club, giusto? Anche se lui avesse avuto una cotta per lei? No, non avrebbe voluto ingannarlo, se davvero aveva una cotta per lei. Ma visto che la cotta non ce l'ha. Oh, mi sta venendo il mal di testa. Era rimasta oramai sola in classe, Ayako era già corsa all'asilo a prendere il suo fratellino. Sbirciò la porta, controllando se Kenji era già arrivato. Tornando a guardare il cellulare una macchia di colore attirò la sua attenzione. Sul banco di fronte al suo era rimasto un quaderno verde. Sara si guardò intorno, per vedere se ci fosse qualcuno. Poi si avvicinò e sbirciò nel quaderno.

Quaderno di Matematica.

Mitsui H.

3 F

Ma si può essere così cretini da dimenticarselo? Comunque non è un problema mio, tanto anche se non ha il quaderno per un giorno non ci sono problemi. Prese comunque il quaderno e lo ripose nel vano sotto il banco, in modo che il mattino dopo lo trovasse. Domani lo troverà qua sotto... Però potrei anche mandargli un messaggio per dirgli che l'ha dimenticato. E dovrebbe fare i compiti, non che cambi qualcosa se anche non li fa. Però il prof farà in modo di fargliela pagare.

Riprese il quaderno e se lo infilò in borsa, e afferrò il telefono.

Mittente: Sara

Testo: Scusa Kenji, mi sono ricordata di un impegno. Ci vediamo domani. Scusa”

Corse fuori dalla classe, cercando di evitare il compagno del club, a cui non avrebbe saputo cosa dire se lo avesse incontrato sulle strade. Mentre correva giù dalle scale sentì un trillo.

Mittente: Kenji

Testo: Non preoccuparti, sarà per un'altra volta. A domani.”

Mentre correva a casa del compagno cercava di convincersi che era solo un favore che gli stava facendo, e non andava da lui per poterlo vedere. O meglio, non solo per quello. 

Può andare signor Mitsui, buona fortuna.

"Grazie per il suo tempo.Hisashi Mitsui strinse la mano del Mister Takeda della Kageyoshi, che nel frattempo si era alzato in piedi per accomiatarsi. Il signor Matsumoto, capo reclutare dell'università statale del distretto di Kanagawa era stato chiaro: con i suoi voti non sarebbe mai riuscito a superare l'esame di ammissione, e se anche ci fosse riuscito il ruolo di seconda guardia nella loro squadra, capolista del distretto da ben cinque anni, era già occupata da Keichiro Hasamiha, attuale capitano. L'unica possibilità per lui di frequentare l'università era passare alla privata, ma la retta di iscrizione era altissima, e non ci sarebbe stata nessuna borsa di studio per lui. Inoltre la squadra di pallacanestro dell'università Kageyoshi non era certo nota per la sua eccellenza. In entrambi i casi avrebbe dovuto dire addio all'attività agonistica.

Sconsolato da questi pensieri il ragazzo si incamminò verso casa, cercando di trovare una soluzione ai suoi problemi.



Aspettando che la porta le venisse aperta, Sara passò il peso da una gamba all'altra, sempre più agitata. Si portò una mano ai capelli, li scosse un po' per dar loro un aspetto più selvaggio, poi ci ripensò, lisciandoli di nuovo. La porta si aprì, ma chi si trovò davanti non era certo chi si aspettasse. Di fronte a lei c'era un uomo sulla quarantina, con i capelli scuri e gli occhi blu; il padre di Mitsui. Per un secondo Sara ebbe come una visione dell'aspetto futuro del compagno di classe e si ritrovò ad arrossire senza potersi trattenere. L'uomo di fronte a lei la squadrò, irrigidendosi e assumendo una espressione contrariata.

Si, desidera?”

Anche Sara si irrigidì, improvvisamente conscia di quanto stupida potesse sembrare la sua espressione. Si ricompose e istintivamente le sue labbra si atteggiarono in una espressione rigida, quasi severa.

Cercavo Mitsui, Hisashi.”

E' a scuola.”

Ma se ha lasciato il quaderno... Ah, è vero! Gli incontri per l'orientamento universitario!

Si, lo so, ma ha dimenticato questo... aspetti un attimo.”, frugò nella cartella, e ne tirò fuori il quaderno del ragazzo, porgendolo al padre. Lui lo prese, senza dire una parola. Sara ebbe uno strano dejavu, riconoscendo gli stessi comportamenti del figlio. Attese qualche secondo, poi si inchinò, pronta a tornare sui suoi passi.

Arrivederci, Mitsui-san.” Si era già voltata per andarsene quando l'uomo la richiamò.

Aspetta! Scusa per il mio comportamento, so di essere un po’ troppo freddo con le persone che non conosco, vorrei ringraziati per la cortesia.”



Hisashi, viste le ultime pessime notizie, decise di non restare a scuola a sentire le altre proposte per l’orientamento universitario e di tornare a casa prima del previsto. Davanti alla porta di casa frugò nella tasca dei pantaloni alla ricerca delle chiavi. Sentì dei rumori provenire dalla cucina e decise di spingere semplicemente la porta, sicuramente aperta. Appena entrato venne investito da un buon aroma di caffè appena fatto. Sorrise tra sé. Non ricordava l'ultima volta che suo padre avesse preparato un caffè diverso da quello istantaneo, doveva esserci un motivo per festeggiare. Quasi inciampò in una scatola lasciata abbandonata in corridoio. Si abbassò a raccoglierla. Casse acustiche per pc. Non dirmi che ha installato le casse. Si affacciò alla porta del soggiorno, cercando di capire se le casse fossero ora funzionanti e attaccate al computer, cosa che lui il giorno prima non era riuscito a fare. Sul tavolinetto del pc le casse facevano bella mostra di se, appoggiate ai due lati dello schermo acceso. Una finestra di configurazione audio occupava il lato inferiore destro dello schermo. Sembrava tutto in ordine. Notando alcuni cavi che dalle casse venivano tirati sotto il tavolo si sporse dalla soglia del soggiorno e si bloccò sul posto, irrigidendosi. Prima non aveva notato la giacca della sua scuola appoggiata sulla sedia accanto, ma ora, guardando meglio, notò anche la cartella femminile sul pavimento, e non impiegò molto a capire chi ci fosse sotto la scrivania. Ma, ben più interessante si concentrò sul sedere della ragazza che tentava di attaccare i cavi sul retro del case. Bene, questo difficilmente riuscirò a togliermelo dalla testa. Facendo in modo di non fare alcun rumore in modo che non si accorgesse della sua presenza, tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni, e scattò una foto al fondoschiena di Sara, ridacchiando tra sé, per poi tornare a guardarla. Notò a malapena il movimento repentino di Ranmaru che gli passava sotto le gambe per poi schizzare sotto il tavolo; Sara alzò la testa di scatto per evitare lo scontro con il gatto e finì a battere la testa contro il tavolo imprecando.

Senza che se ne accorgesse si ritrovò alle spalle il padre, attirato dal rumore, che prima osservò la scena, poi sbirciò da sopra la sua spalla il cellulare, con ben visibile l’ultima immagine scattata, e gli tirò un rapido coppino. Intanto Sara si era accucciata tenendosi la testa tra le mani, e strabuzzò gli occhi vedendolo alla porta, il telefono in una mano e con l'altra sul collo, mentre il signor Mitsui scuoteva la testa esasperato e gli sussurrava qualcosa che lei non riuscì a sentire per il ronzio nelle orecchie del computer.

Vai ad aiutarla, imbecille.”

Prima che lei riuscisse a rialzarsi Hisashi era accanto a lei e le porgeva la mano. Ranmaru intanto, ignaro di tutto, si era sdraiato comodamente sulla tastiera.

Tutto a posto?”

Si, si.”

A me non sembra.” Hisashi portò Sara verso il divano, e la fece accomodare per poi inginocchiarsi di fronte a lei. Imbarazzata la ragazza gli lasciò fare senza proteste. Le scostò i capelli dalla fronte, tastandole leggermente il cuoio capelluto.

Qui ti fa male?”, chiese sfiorando un punto arrossato.

Ahi.”

Lo prendo come un sì. Aspetta che vado a prenderti una borsa del ghiaccio.”

Non è necessario.”

Si invece.”

No.”

Dobbiamo litigare anche per questo?” Lei si zittì, decidendo fosse meglio restare in silenzio e dargliela vinta per una volta, anche se una borsa del ghiaccio per una botta del genere (LOL) era decisamente qualcosa di esagerato.

Hisashi si ritirò in cucina, dirigendosi direttamente al freezer, ignorando lo sguardo del padre che lo aveva seguito per tutta la scena.

Capisco... Beh, io esco.”

Tornò in soggiorno con la borsa del ghiaccio e gliela appoggiò senza troppe cerimonie sulla fronte.

Ahi.”

Scusa…”, e dopo un breve silenzio imbarazzato, “Ma come mai hai deciso di diventare una capobanda?”

Capobanda?”

Si, ho visto il Rukawa shitenai al completo trattarti come il loro nuovo capo.” Sara scosse la testa esasperata, ma subito si pentì del gesto perché dovette riappoggiare la testa allo schienale per una breve fitta.

Tuo padre è molto simpatico, lo sai?”

Chi, il mio vecchio?”

Non chiamarlo vecchio! Devi essere più educato, non avrà più di quarantacinque anni.”

Ah, bene. Quindi sei gerontofila.”

Ma sparati.”

Quasi mi piaceva la calma che c'era tra di noi, senza insulti.”

Secondo me ti piace essere trattato male. Non sarai mica un masochista?” Lui arrossì. “Non dire scemenze, stupida.” Lei rise.

Ti preferisco così.”, poi subito distolse lo sguardo, rendendosi conto che la frase potesse essere fraintesa. O peggio ancora ben intesa. “Intendo, quando il nostro rapporto è del tutto alla pari. Quando si può scherzare con te.” Si zittì, ben conscia che aveva parlato troppo rapidamente facendo vedere quanto era agitata per la frase detta prima, e adesso aveva lo sguardo del ragazzo su di sé.

Anche a me piace scherzare con te. Sicura che non faccia male?”

Si, sicura. Mi basta stare seduta qui ancora per un po'”

Ok, io intanto esco un secondo. Se hai bisogno chiama.”

Va bene.” Non gli disse che ormai il dolore era passato completamente, perché era bello poter godere delle sue attenzioni ancora per un po'. Hisashi aveva bisogno invece di prendere una boccata d'aria.



Uscito dalla porta finestra della cucina il ragazzo si ritrovò a fissare il profilo del padre, mollemente appoggiato alla ringhiera con la usuale sigaretta accesa tra le labbra.

Non dovevi uscire?”

Infatti.”

Mi controlli?”

Dovrei?”

Hisashi sbuffò esasperato, suo padre riusciva sempre con una sola parola a metterlo all’angolo, e prese posto su una delle due sgangherate sedie da spiaggia aperte nel piccolo balcone.

Sbaglio o è la stessa ragazza dell'altro giorno?”

Mh.”

Sicuramente ti sa tenere al suo posto.”

E tu che ne sai?”

Lo sguardo. Non si farebbe problemi a tirarti una sberla.” Ruotò su se stesso, osservando le guance del figlio farsi via via più rosse.

Mh. A quanto pare un paio te le ha già tirate.” Hisashi lo guardò male.

Di tuoi consigli non ne ho bisogno. Eppoi da quando sei così loquace?”

E tu da quando arrivi puntuale a scuola? E' un paio di mesi che il responsabile della tua classe non mi chiama per lamentarsi di te.”

Chi se ne frega di quel bastardo.”

A me ne frega, se vuoi andare all'università.”

Non ho ancora deciso.”

Ne hai ancora di tempo.”

L'uomo inspirò lentamente, assaporando l'aroma di tabacco. Hisashi si mosse a disagio sulla sedia.

Tanto è inutile. Non starà qua per sempre.”

Mmmhhh”

E poi non le interesso.”

Ok. Allora lasciala perdere e togliti quell'espressione da pesce lesso dalla faccia ogni volta che la vedi.”

Questo dovrebbe essere il consiglio di un padre?”

Hai detto tu di non averne bisogno.”

Non ti sopporto quando fai così.”

L'uomo restò in silenzio, espirando lentamente il fumo della sigaretta.

Anche tua madre me lo diceva sempre.” Hisashi non seppe cosa rispondere. Il padre spense con calma la sigaretta sulla ringhiera del palazzo, e lanciò il mozzicone in un barattolo aperto di cibo per gatti. L'aria scese più fredda tra di loro.

Papà?”

Mh?”

Cos'è andato storto con la mamma?”

Non lo so neanche io.”

E' stato a causa dell'in...”

No.” Hisashi si affacciò alla ringhiera, cercando di pulire i resti di cenere dalla superficie non più lucida.

Cosa dovrei fare con lei.”

Non lo chiedi alla persona giusta.” L'espressione dell'uomo si addolcì. “Credo basti fare un passo alla volta.” Sospirò. “E rimediare subito agli errori.”

Hisashi non replicò, fissando un punto imprecisato dell'orizzonte.

Per esempio, potresti invitarla a cena domani sera.”

Con te? Figuriamoci.”

Io domani sera esco.”

Aha! Torna tardi, mi raccomando.”

Non tirare troppo la corda, ragazzino.”

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Grazie per aver letto questo capitolo. Spero vi sia piaciuto. Le prossime pubblicazioni torneranno ad essere a cadenza regolare. 

Spero continuiate a seguirmi.

S.

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Capitolo 13
*** Buona Befana! ***


Mini capitolo di inizio anno, che si svolge a gennaio dell'anno successivo all'arrivo di Sara in Giappone. Tanti Auguri a tutte! Enjoy!



Capitolo Extra

Buona Befana!



Il sole splendeva già alto a Kanagawa quando Sara uscì dalla villetta. Istintivamente portò la mano a stringere la sciarpa di lana viola che teneva attorno al collo, in modo da respingere le prime folate di vento gelido. Aveva sperato che l'essere vicino al mare avrebbe reso le mattinate invernali meno rigide, ma anche quella era una speranza morta sul nascere, come quella di poter trascorrere le vacanze a riposarsi.

Si incamminò verso la più vicina fermata del treno, sperando di non dover rimanere troppo tempo in piedi ad aspettare la coincidenza, o che per lo meno trovasse un posto libero a sedere nella sala d'attesa interna.

Mi si stanno congelando anche le dita dei piedi, accidenti. Forse avrei fatto bene a prendere quei maledetti stivali di pelo. Se pensa però che gli mostri che aveva ragione si sbaglia di grosso. Stupido decerebrato inaffidabile!

Guardò l'orologio della torre civica, e quasi le venne un colpo.

Maledizione! Non ce la farò mai ad arrivare in tempo per l'apertura!

La sera prima Ayako l'aveva supplicata di accompagnarla all'apertura dei grandi magazzini Konpachi, proprio il giorno di inizio dei saldi. Come se la giornata potesse migliorare essendo sballottolate qua e là da donne invasate che cercavano l'affare del secolo e finivano per comprare sempre gli stessi modelli che già indossavano.

Ok, è vero, anche io sono così. Non migliorerà certo la giornata se mi faccio influenzare dal mio umore nero. Il signorino non poteva venirmi a prendere perché aveva altro da fare. E io stupida che ho passato la notte alzata per lui.


Fece passare la tessera elettronica nel lettore, poi la ripose nella tasca del cappotto bianco panna e rimase ad aspettare.



Mezzora dopo...



Ayako l'aspettava trepidante in fila per entrare nei grandi magazzini. La fila era assolutamente immensa. Sara si dovette far largo attraverso la fila di donne e ragazze che stazionavano davanti alle porte ancora chiuse del centro commerciale.

“Oh, finalmente sei arrivata!”

“Scusa il ritardo, non volevo farti aspettare.”

“Di nulla”, rispose Ayako risistemando un capello ribelle nella cuffia.

Sara controllò l'orologio.

“Apriranno tra poco, non preoccuparti.”



Aprirono poco dopo in effetti, ma la folla davanti all'entrata non sembrò diminuire.

“Possibile che non si riesca ad entrare? Anche se le porte sono aperte c'è così tanta gente che non ci si può neanche avvicinare ai negozi! E odio essere spinta!”

“Si può sapere perché sei così nervosa?”

“Niente”

“Niente? Sei proprio una donna quando rispondi così.”

Sara esitò, soprattutto perché non è che fossero proprio sole e confidarsi le creava ancora qualche problema. Poi decise che poteva anche parlare alla sua migliore amica.

“E' che Mitsui mi doveva venire a prendere stamattina in moto. Invece quando l'ho chiamato mi ha piantato in asso.”

“Cioè?”

“Cioè mi ha detto che aveva da fare e non poteva. Chissà cosa aveva da fare di così importante.”

“Cioè avevate un appuntamento?”

Sara arrossì bruscamente.

“No, assolutamente no, si era solo offerto di accompagnarci per la giornata.”

“Un pazzo suicida quindi...”

“Esatto”

Sara sorrise. Ayako la guardò un attimo, poi le tirò un pizzicotto amichevole.

“Dai, ti farò passare una bella giornata e non ci penserai più. Almeno finché il nostro baldo giovane non arriverà.”

Ayako la trascinò in un negozio della Fornarina, e diede letteralmente l'assalto al reparto mini abiti, costringendo Sara a farle da gruccia per togliere i vestiti possibili candidati dalle grinfie delle altre acquirenti. Dopo di che entrarono in altri due negozi dove la mora non acquistò nulla.

Le permise di fermarsi a fare una pausa in un caffè solo dopo essere passata nel negozio di dischi e aver comprato l'ultimo uscito di Alanis Morissette. Intanto Sara continuava a guardare l'orologio, aspettando l'arrivo del compagno e sentendosi pian piano meno nervosa. Fu una pausa fin troppo breve però, perché la ricerca delle occasioni di Ayako ricominciò più intensa di prima, volendo anche rinnovare il guardaroba dell'amica, troppo sciatto a suo dire.

La scena peggiore si svolse nel negozio di intimo al secondo piano. Più per far sta zitta l'amica che perché le importasse veramente entrò a provare l'abitino di seta nera, che le arrivava a mala pena al ginocchio, e che più che un abito le sembrava una camicia da notte. Dopo aver tirato su la cerniera, e sperando che non si strappasse da quanto lo sentina attillato, uscì dal camerino. Ayako lasciò subito cadere quello che stringeva in mano, e la guardò con la bocca spalancata.

“Stai da Dio con quello!”

Sara si guardò allo specchio. La sua faccia cambiò colore, virando verso il rosso più che acceso. No, non era decisamente un abito per uscire. Come sempre, cercò di stemperare il suo imbarazzo, che naturalmente l'amica aveva notato, con il sarcasmo.

“Sembra che abbia ingoiato un anguria. E che sia finita tutta sul culo.”

Ayako rise.

“Beh, in effetti ti fascia un po' il sedere, ma è questo il suo bello.”, disse Aya dandole un pizzicotto proprio su una chiappa.

“Maniaca!”

“Oh, piantala! Non vorrai dare spettacolo.”

“Io o tu?”





Alla fine uscirono dal negozio con una mini gonna nuova per Ayako ed una gonna pantalone di jeans per Sara, che andarono ad aggiungersi alle borse che già avevano accumulato nelle due ore precedenti. Anche l'abito finì nella busta, anche se l'italiana si ripromise di usarlo per dormire. Si sedettero su una panchina vicino alla fontana posizionata al centro dell'edificio, ringraziando entrambe della pausa. Sara sbirciò per l'ennesima volta l'orologio, chiedendosi se alla fine sarebbe davvero arrivato. Non le importava che fosse in ritardo. Voleva semplicemente vederlo.



Mitsui entrò nel centro commerciale, ignorando la folla di donne che entravano e uscivano dalla porta principale. Sapeva di essere in ritardo, ma sapeva che la piccola sorpresa che aveva in serbo avrebbe sciolto ogni tensione esistente. Il ragazzo non ci mise molto ad avvistarle all'interno dell'edificio, sedute su di una panchina che chiacchieravano. Loro alzarono lo sguardo, notandolo, e gli rivolsero un gesto della mano, quindi si alzarono in piedi. La rossa non sembrava essere per nulla nervosa per il suo ritardo.

Mitsui si avvicinò, e prima di fare ogni altra cosa le sorrise, con il sorriso più gentile che potesse fare, in parte anche per scusarsi per averle dato buca la mattina. Già pregustava la sua espressione, quando lo avrebbe sentito dire una frase interna in italiano, anche se breve. Si sentiva sicuro della traduzione, che aveva fatto fare da google translate.

“Bella Befana!”

Ok, ogni istinto riappacificatore svanì in quello stesso istante. Si lasciò sfuggire in italiano.

“Stronzo.”

Mitsui non capì, ma l'espressione e i tono di voce non gli sembravano dei migliori. Forse aveva pronunciato male la parola.

“Befana, Befana.” Ripeté cantilenando. Intanto Ayako seguiva la scena abbastanza divertita. Sentendoselo ripetere Sara levò la mano destra, e gli stampò cinque dita sulla guancia, facendo voltare i presenti per il suono.

Hisashi, che naturalmente non aveva compreso la gaffe, si portò la mano alla guancia.

“Ma, perché?”

“Perché? Hai il coraggio di chiedermelo? Mi hai appena dato della brutta vecchia strega!”

Ma Ayako mi aveva detto che era tradizione dirlo alle donne!”

“Non dare la colpa ad Ayachan, cretino!!”

Il ragazzo rimase lì sbigottito, mentre Sara si allontanava infuriata.

Ayako lo guardò stupita, chiedendosi come potesse essere stato così stupido da farlo veramente. Poi, mossa a pietà, gli chiese in realtà scusa, proponendogli un modo per rimediare.



Hisashi raggiunse Sara trafelato poco dopo, facendosi largo nella folla di ragazze, che subito si scansavano quando passava loro accanto. Sara non poté fare a meno di innervosirsi notando gli sguardi che lanciavano in direzione del ragazzo.

Quando fu completamente visibile notò una macchia di colore giallo che spiccava sul lungo cappotto blu del ragazzo. Stringeva in mano una rosa gialla. Le sue rose preferite.

Quando le fu davanti si piegò in avanti per riprendere fiato poi, senza quasi guardarla, allungò la mano, offrendogliela.

Scusa”. Sara guardò la rosa un attimo, cercano di tenere ancora il broncio. Ma uno sguardo all'espressione preoccupata del ragazzo la intenerì. Questo non voleva dire che non poteva lanciargli un'ultima stilettata.

Comunque è bello ricevere il simbolo della gelosia come richiesta di perdono...”

Hisashi sbarrò gli occhi, temendo già cosa sarebbe successo all'ennesima gaffe della giornata. Sara rise, dandogli un bacio sulla guancia ancora rossa.

Scuse accettate.”

Poi, come ricordandosi di qualcosa che aveva scordato del tutto, infilò una mano nel giaccone, e porse un pacchetto chiuso artigianalmente al ragazzo.

Lui colto alla sprovvista non disse nulla.

E' per te, aprilo. Mi avevi detto che ti piacevano....” e senza permettergli di dire nulla, ma più in imbarazzo e preoccupata che non gli piacessero, aggiunse.

.. Sono cioccolatini ripieni al liquore, li ho preparati ieri sera, non sono belli come fatti in negozio, ma, come dire, sono fatti apposta per te.”

Hisashi sorrise vedendola arrossire, e le scompigliò i capelli rossi.Beh, Buona Befana.”

“Anche a te.”

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Capitolo 14
*** Seconde possibilità ***


Capitolo XIII

Seconde possibilità

Hisashi rientrò in casa, rallentando il passo man mano che si avvicinava all'ingresso del soggiorno. Arrivò alle spalle della ragazza senza che lei si accorgesse della sua presenza. Si fermò brevemente ad ammirare il suo profilo e il sorriso che si delineava sulle sue labbra mentre grattava la pancia a "Ranmaru". Io lo chiamavo Barkley, ma ha poca importanza. Tanto non rispondeva mai. Anche Ranmaru è carino. Eppoi è così bella la sua voce mentre lo chiama... La immaginò seduta al tavolo dellla cucina, una bianca tovaglia, le candele accese, lei sorridente che inavvertitamente gli sfiorava la mano. Soffiò l'aria fuori dalle labbra, emettendo un leggero fischio. Devo cercare delle candele. Ma prima devo chiederglilo... E ora cosa le dico per convincerla a fermarsi a mangiare qui?

"Hai impegni stasera?" Stupita dalla domanda alzò gli occhi da terra, smettendo di accarezzare Ranmaru. "No. Perché?"

Dai, chiediglielo! "Ti va di cenare con noi, cioè, con me?" Immediatamente si sentì sciocco per aveglielo chiesto.

"Si, certo!" Si stupì della rapidità con cui lei rispose, quasi stesse aspettando da tanto quella domanda. Lei, mentre fissava lo sguardo nel suo fu felice di essere riuscita a mantenere la voce calma e di non essere arrossita.

"Bene." In pochi secondi il gatto cominciò a miagolare spazientito, e le diede una zampata. "Ranmaru! Smettila!" Riportò l'attenzione al gatto, ignara dello sguardo intenso del ragazzo. Che carina. Quindi qualche possibilità ce l'ho.

Il solo ricordo della scena la faceva arrossire. Un'ultima goccia d'acqua cadde tintinnando sul piatto della doccia. Sara fece un passo sul tappetino, rabbrividendo per il freddo improvviso dell'ambiente esterno. Poi si avvolse in un caldo asciugamano e scrollò i lunghi capelli. Si fermò quindi davanti l'ampio specchio del bagno, osservando preoccupata il proprio aspetto.

Devo essere almeno un po' carina stasera. Non posso credere che hisashi mi abbia invitata a mangiare da lui. Ok, mi ha solo invitata a mangiare. Non devo farmi troppe illusioni. E' solo stato gentile con me. Voleva ringraziarmi per avergli sistemao il pc, è inutile che creda ci sia altro sotto.

Sedutasi sullo sgabello, arrossì di nuovo. Ho deciso.

Prese il phon, e mentre decideva se lisciare i capelli o arricciarli cominciò distrattamente a spazzolarli. Potrei mettere la stessa maglietta che avevo al cinema. Ayako non ha detto che avevo attirato la sua attenzione? Potrei provarci. Cioè, non con lui. Ohhhhh! Sto impazzendo!


Hisashi finì di sistemare la tavola come gli avevano insegnato. Poi cambiò idea e la rimise in disordine. Non gli piaceva l'idea di apparire troppo ossessionato dall'ordine, perquanto il suo perfezionismo si facesse sentire. E' solo una cena informale, non voglio mica mettermi in mostra, o forse si? Ricordandosi che doveva ancora farsi la doccia, corse in bagno sbattendo la porta, fermandosi appena prima di andare a sbattere contro suo padre. Fu investito da un forte odore di dopobarba e di un profumo di incenso. Sbattè e palpebre un paio di volte, sia per lo stupore che per allontanare l'odore che gli faceva lacrimare gli occhi.

"Ma quanto profumo hai messo?"

"Mmmh? Un po'."

"Incenso? E' troppo forte! Un profumo così intenso piace solo a mam... Esci con mamma?"

L'uomo si allontanò velocemente prendendo le chiavi dell'auto, per evitare ulteriori domande. "Vedi di fare il bravo stasera,"

Mentre chiudeva la porta di casa si sentì raggiungere dalla voce del figlio. "In bocca al lupo, papà!" Sorrise un po' imbarazzato.

Il ragazzo controllò per l'ennesima volta la disposizione delle posate. Alla fine aveva deciso di usare le maniere occidentali, anzichè le bacchette come pensava all'inizio. Non voleva che si sentisse in alcun modo fuori posto. Sistemò un'ultima volta il cucchiaio. Non lo convinceva. Non doveva stare a sinistra? Frenò il moto di nostalgia che tornava spontaneo ai momenti passati in famiglia prima dell'incidente, prima che tutto gli crollasse addosso. Prima di rovinare il matrimonio dei suoi genitori. Questo prima che il suono del campanello lo facesse affrettare alla porta, controllandosi un'ultima volta il colletto della polo sportiva. Tirò un unico lungo respiro, per calmarsi e aprì. La ragazza gli sorrise.

"Prego, accomodati."

"Grazie."

Con un gesto si offrì di toglierle la giacca, al chè lei si girò di spalle per facilitargli il compito. Scostando il tessuto, il profumo di lei lo avvolse come un caldo mantello, facendogli tremare le mani solo un momento. Un brivido che si dissipò rapido com'era giunto, lasciando a lei l'impressione di esserselo appena immaginato.

"Vorresti vedere un film?", chiese, più per scacciare il la tensione che lo pervadeva che perchè gli interessasse veramente. "La cena sarà pronta tra 10 minuti."

"Si, certo." Hisashi percorse sicuro il corridoio, andando ad aprire l'ultima porta. L'agitazione aumentò quando lei capì che il compagno non si dirigeva verso l'illuminato soggiorno ma la portava verso una stanza che si affacciava sul corto corridoio, completamente buia. Tenendo a freno strani e contorti pensieri che le si assiepavano nella mente, lo seguì dubbiosa.

"Scusa un attimo...", e detto questo si allontò.

Questo sarebbe sicuramente il momento ideale per un bacio galeotto. Cercò di seguire i movimenti del ragazzo ascoltando i suoi passi, e rimase delusa quando la luce si accese troppo presto. Che cavolo mi vado ad immaginare. Ignaro dei suoi pensieri Hisashi si era diretto rapidamente verso l'angolo opposto della stanza, dove una piccola libreria di legno color mogano stava addossata alla parete. Sullo scaffale più alto facevano bella mostra di sè tre coppe ben lucidate, che brillavano sotto la luce artificiale. Mitsui le ignorava, cercando qualcosa negli scaffali sottostanti. Guardando il profilo del ragazzo, Sara non potè fare a meno di ammirare il gioco di luci nell'oscurità dei suoi capelli corvini, profilo definito, la piccola cicatrice all'angolo della bocca, i bicipiti.... e un gran bel sedere.

"Mi stai ascoltando?" Il ragazzo non sembrava spazientito dal non aver ricevuto risposta alla domanda, quanto più divertito dall'averla beccata a fissarlo. Ottimo, beccata.

"Scusa. Puoi ripetere?" Con un sorrisetto stampato sulle labbra il ragazzo tornò a spostare la prima fila di DVD. Ora che ci penso è la prima volta che mi fa entrare nella sua stanza. E se non la smetto di fare pensieri cretini sarà anche l'ultima e rovinerò tutto.

"Pensavo che potremmo vedere un film che ti faccia comprendere qualcosa di più sulla cultura giapponese. Come tuo mentore ci devo pensare."

"Mentore? Da quand'è che lo saresti diventato?"

"Da stasera."

"Se hai già deciso tu, come posso contraddirti."

"Difatti." Di nuovo uno scambio di sorrisi. "E quale film migliore di Hachiko per farti comprendere il nostro significato della parola fedeltà". L'impressione di aver colto un senso nascosto sotto la superficie delle parole venne subito accantonata.

"No, ti prego. Risparmiami. Se guardassimo i sette samurai?"

Hisashi corse ai ripari. Un film di guerra non avrebbe dato il tono giusto alla serata. "No, non mi sembra adatto. Che ne dici di questo?"

Sara ignorò del tutto il titolo proposto e si piegò in avanti, mettendo direttamente lei mano nella videoteca. Ne estrasse il primo DVD della serie Evangelion. "Beh, anche questo parla del Giappone."

Imbarazzato dall'essersi fatto trovare con DVD di anime in camera, cercò di trovare rapidamente un'alternativa, proponendole un film d'azione americano. Non esattamente il genere che voleva, ma in mancanza d'altro...

"Chi ti piace?" Colto alla sorpresa, lasciò la custodia che aveva in mano metà inserita nello scaffale.

"Cosa?" Lui arrossì. Mi ha quasi beccato in pieno.

"Di Eva, intendo. Aspetta, lo so: Asuka, vero?” Il silenzio di lui le diede la conferma che cercava. Lo prese quindi in giro: “Magari per i capelli rossi.." Di nuovo un silenzio imbarazzato. Battendo le mani come un bambina, lei ridacchiò "Ottimo, 10 punti a tassorosso."

"Che matta che sei."

"Lo prendo come un complimento."

"Dovresti."

Lei continuò a cercare, arrivando ai DVD disposti sulla seconda fila.

"Oh, Arma Letale 2! Non pensavo ti piacesse. E' un bel film!"

Hisashi cominciò improvvisamente a sudare freddo. Ti prego non aprirlo. Ti prego non aprirlo. Ti prego non aprirlo.

"Non so. Nnormalmente mi piacerebbe guardarlo..."

Nonononono

"Però cerco qualcosa di differente questa volta."

Fiu, meno male, l'ho scampata per un pelo. Ma tra tutti i DVD che c'erano, proprio la custioda di Arma Letale 2 doveva andare a beccare?

"Comunque, faremmo prima a scegliere sapendo i tuoi gusti. Ad esempio se sapessi il tuo film preferito."

Il matrimonio del mio migliore amico, ma col cavolo che te lo dico. "Non ricordo, non ne ho uno in particolare."

"Ma non è possibile. A me ad esempio piace molto Harry ti presento Sally, ma non penso che tu l'abbia mai visto."

"Si invece, anche se è..."

"Vero?"

"Una boiata?"

"Dai, con la storia che uomini e donne non possono essere amici."

Una macchia di colore rosa attirò la loro attenzione. "E questo cos'è?" Prima che Hisashi riuscisse a depistarla su qualcos'altro Sara aveva spostato i due pesanti volumi di letteratura giapponese sul ripiano più basso ed estratto uno dei DVD che si trovavano nascosti dietro di essi. Un'intera collezione di commedie romantiche americane si trovavano allineate ordinatamente.

"Tu guarda... mi sa che abbiamo scelto il film per stasera.", disse lei prendendo l'ormai consunta custodia di "Harry ti presento Sally."

Avrei preferito commuoverla con Hachiko, ma anche questo può dare l'atmosfera giusta alla serata. Sempre meglio che se avesse aperto "Arma Letale 2"

Sara riprese il discorso. "Eppoi, come non possono essere amici? Io e Kenji lo siamo."

"Ah beh, un ottimo esempio." disse infastidito. E aggiunse sottovoce "Non siete amici. Non da parte sua."

"Ma, sei geloso per caso? Beh, non ne hai motivo. A me non interessa in quel senso."

"Una ragazza così carina non dovrebbe dare confidenza ai ragazzi.", sbuffò spazientito.

"Mi trovi carina?"

Questa volta mi ha beccato, è impossibile negare. "Molto."



Pochi minuti dopo essere usciti dalla stanza, una zampa affusolata si infilava nello spiraglio della finestra, spingeva leggermente l'anta per poi sgusciare all'interno con tutto il corpo. Si guardò attorno. La luce era spenta, ma lui riusciva a vedere chiaramente nella stanza. Saltò sulla moquette e si stiracchiò, approfittandone per rifinirsi le unghie. Innervosito dall'ennesimo movimento, depose il suo dono nelle scarpe del giovane essere umano.

La cena trascorse in fretta, e Sara si stupì ancora di più dell'abilità in cucina del ragazzo quando le presentò uno sformato al cioccolato.

"Sai che sei davvero bravo?"

"Grazie. E non sono bravo solo in questo.", disse con un sorriso ammiccante.

Senza farsi prendere dall'imbarazzo, contrattaccò.

"Stai forse cercando di sedurmi, MVP?"

Lui resse il gioco "Avrei speranze?".

"Chissà."

Il suono di un messaggio interruppe la conversazione. Hisashi prese il cellulare dalla tasca, lo guardò un istante, poi lo rimise nei pantaloni con la bocca distorta in una smorfia spazientita.

Se devi rispondere fai pure.

No, non è nulla di importante. Dell'altro dolce?

Si, grazie.

Neppure si accorsero di essere fissati da due sfavillanti occhi felini, fino a che il gatto non decise che si era stufato di aspettare, e saltò direttamente sul tavolo palesando la sua presenza. Quasi contemporaneamente, da sotto la porta della camera del ragazzo sgusciò una lucertola, attraversando a grande velocità la stanza e scomparendo poi altrettanto rapidamente alla vista.

Penso che quell'animale mi abbia portato qualcosa.”, commentò perplesso.

Che carino!!!!”, commentò lei felice.

E' una lucertola! Ha portato una lucertola viva in casa!” Era più sconvolto dalla reazione entusiasta di lei che dal fatto in se che il gatto gli avesse portato un animale vivo in casa.

Si, è un ringraziamento!

Non aveva la coda, sono sicuro di aver già visto una scena del genere nel Padrino.

Ma no, è un gatto. Dai, prova ad accarezzarlo?

Mitsui allungò una mano verso di lui, e il gatto inarcò la schiena per ricercare il tocco del giocatore. Poi lo fissò, e capì dal suo sguardo perplesso che il messaggio era stato recepito.


Si spostarono in salotto, andando a sedersi sul divano a due posti che ne occupava gran parte dello spazio. Il poco spazio avrebbe fatto in modo che stesero vicini. Impaurita all'inizio da quella possibile vicinanza, Sara ci si rassegnò. Ranmaru decise di andarsi ad accoccolare sulle ginocchia della ragazza, guardando lui con un'espressione sorniona. Quando Sara cominciò ad accarezzarlo sotto la gola, si mise voluttuosamente a fare le fusa. Hisashi nel frattempo aveva acceso il televisore, e i titoli iniziali cominciavano a scorrere sul teleschermo. Quando andò a sedersi mollemente dal lato opposto del divano, con le gambe a sfiorare accidentalmente quelle della ragazza, Ranmaru andò ad occupare esattamente lo spazio trai due, costringendolo a spostarsi verso il bordo.

Maledetto gattaccio, pensò, non sapendo che i sentimenti erano corrisposti. Non mi piace come la guardi. Lei mi sfama e mi fa i grattini, è mia. Trovatene un'altra che ti faccia le coccole.


Assorta nella visione del film, poco alla volta Sara si stese più comodamente sul divano. Ma non diede molta attenzione alle immagini che le scorrevano davanti, perché quella sera non riusciva assolutamente a distogliere gli occhi da quelli del ragazzo. E più volte il suo sguardo fu ricambiato. Perché spesso anche lui la scrutava, quasi fosse più interessato a guardare lei piuttosto che a seguire la trama. Cercando di avviare un minimo di conversazione, gli disse.

"Ah, quasi dimenticavo, arrivando ho visto una luce accesa di sotto."

"Non è niente, sarà il vicino che sta lavorando." Poi, distraendola, "Questa parte te la ricordi?" Il modo in cui cambiò repentinamente discorso, attirando la sua attenzione su una scena che non aveva alcuna importanza le sembrò strano, ma presto perse completamente interesse all'argomento, tornando a guardare il film. Di a poco Ranmaru si stufò dei due, e decise che fosse più proficuo per la serata andare a caccia. Tanto non sarebbe successo nulla in sua assenza. Il ragazzo quasi non si accorse della fuga dell'animale, ormai abituatosi al suo pelo ispido contro la caviglia. Lo dovrò spazzolare alla prima occasione, maledetto gattaccio.

Sai stavo pensando... che è stata proprio una bella giornata.

Serata.Lo corresse lei, continuando a guardare lo schermo.

Quello che è.

Si, certo.Poi, cambiando tono di voce in una imitazione “Sire, ecco il vostro coltello.

Spada.rispose prontamente il ragazzo, divertito e un po' sorpreso.

Quello che è*.I due non poterono fare a meno di guardarsi negli occhi, mentre scoppiavano a ridere. Non era la prima volta che si facevano battute, anche se le era parso per tutta la sera che le volesse dire qualcosa di serio ogni volta che finiva per fare qualche battuta. Le piaceva quella sintonia. E poco male se ciò che lei sperava di sentirsi dire non arrivava. Riportando l'attenzione al televisore, si accorse dei titoli di coda che cominciavano a scorrere. Mi sono persa il finale. Beh, pazienza. Sospirò delusa, sapendo che la serata era ormai finita. E che sarebbe tornata a casa senza aver capito se ciò che provava per il ragazzo fosse ricambiato. E questo le diede una stretta al cuore. Non voglio non sapere. Adesso glielo chiedo.

Ma subito tornò sui suoi passi. No, non voglio sentirmi umiliata da un rifiuto. Se solo ci fosse un modo per avere con un gesto una risposta...

Non sapendo se facesse bene a comportarsi così, si stiracchiò, subito imitata dal ragazzo. E intensificando i segnali di una stanchezza che davvero sentiva in corpo, finì con l'appoggiare la guancia sulla sua spalla, aspettando un gesto romatico, come una mano ad accarezzarle i capelli. Non accadde nulla e lei sentendosi una stupida si rialzò velocemente, arrabbiata con se stessa e con il ragazzo che non capiva dei segnali ovvi. Rigida, si scostò maggiormente, man mano che il nervosismo saliva.

"Cosa c'è ora?", chiese Hisashi, che poco aveva capito del gesto della ragazza. Perchè appoggiare la testa volutamente sulla sua spalla e poi arrabbiarsi come se fosse stato lui ad attrarla. Non aveva proprio fatto nulla, lui.

"Niente." rispose non riuscendo a contenere la stizza.

"Dai, non fare così." Le sue parole ebbero leffetto contrario. Vedendo che la ragazza non reagiva, lasciò vagare lo sguardo per la stanza, spazientito. Ecco cosa succede ad essere onesto con una ragazza. Avrei fatto meglio ad imparare ad essere uno stronzo. Mi sarei risparmiato tanti dolori, e me li risparmierei tuttora. Ma alla fine non lo sono. E non voglio che la serata finisca male. Allora senza pensarci le sfiorò la mano, e la lasciò vicina alla sua. Come se un nodo si fosse sciolto, Sara prima guardò la propria mano, poi riluttante sfiorò quella del ragazzo a sua volta, sorridendo.

Hisashi non si aspettava questa reazione, e ne uscì fortificato. Si avvicinò di più, pregando che Ranmaru non avesse la geniale idea di tornare proprio in quel momento. Mangiandosi le parole, le chiese.

"....Come reagiresti se un ragazzo.... se ti chiedessi... non io, si intende." Ma non aveva bisogno di dire esplicitamente quello che sentiva, perchè si ritrovò a fissare due occhi che lo fissavano con la stessa intensità, e con lo stesso desiderio. Lei gli strinse la mano.

"Si."

"Si?"

"Se fossi tu a chiedermelo."

Felice, le accarezzò la guancia. "Vuoi essere la mia ragazza?"

"Si." Hisashi le cinse le braccia attorno al corpo, e lievemente la attirò più vicina a sè.

Scusami. E' che non posso starti lontano.

Sara alzo la testa. Lui non allentò la presa, anzi la intensificò attorno a lei, e abbassò il viso verso il suo.

E la baciò. Un bacio a fior di labbra, appena accennato.

Lo guardò a lungo negli occhi. “Dovresti chiuderli

Anche tu. Lei arrossì intensamente, non sapendo come trattenere la gioia che la pervadeva.

Non arrossire, mi rendi le cose più difficiliLei arrossì ancora di più. “Ci rinuncio.”

Gli occhi di lui splendevano al buio, seri, in attesa che lei lo respingesse. Invece lei gli si avvicinò, e gli sfiorò le labbra con le sue, timida. Sorridendo felice la trasse sulle sue gambe, e ricominciò a baciarla molto più intensamente. La seconda volta andò meglio



*Robin Hood – Un eroe in Calzamaglia

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Ringrazio tutte le lettrici che hanno avuto la pazienza di seguirmi fino ad ora, e ancora leggono questa fanfiction nonostante la lentezza nella pubblicazione. D'ora in avanti la situazione si normalizzerà e tornerò a pubblicare con cadenza mensile, pena ripercussioni da parte del mio editor e fidanzato (come se non ce ne fossero già).

Alla prossima.

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