CRAZY DIAMOND. Tracce di Syd Barret

di Dom Turco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'INIZIO DELLA FINE ***
Capitolo 2: *** See Emily play ***



Capitolo 1
*** L'INIZIO DELLA FINE ***


L’esilio volontario è preludio alla morte, idea che alla mia veneranda accetto serenamente. Tuttavia volevo finire i miei giorni fuori da una maledetta biosfera, era troppa la nostalgia del vento, dell’aria, e dell’atmosfera di autentica libertà che si respira nel deserto.  Intorno a me  si ergono innumerevoli pilastri di pietra scolpiti, strutture alquanto bizzarre che testimoniano l’esistenza di un’antichissima e misteriosa civiltà proprio qui, nel cuore più arido e desolato dell’Australia occidentale. Questo posto incredibile nel mezzo del nulla è diventato da tempo il rifugio di una piccola comunità di temerari che rifiutano di rimanere nelle cupole, sfidando i sempre più rari attacchi delle tenebrose creature che si spingono in queste lande contaminate da radiazioni nucleari. Non molto lontano da qui sorge Utopia, la piccola città in cui sono nato,  il 6 gennaio 2069. Stranamente nello stesso dies natalis fui portato in braccio a piedi dall’ospedale all’unica chiesa cattolica per subire l’antico rito umido e tribale del battesimo. Secondo gli annali di famiglia il prete protestò vivacemente nell’apprendere il nome scelto a proposito del sottoscritto ancora in fasce: Syd, Syd  Barrett, stesso nome e cognome del fondatore dei Pink Floyd, storica rockband del  XXo secolo, quando il pianeta Terra non era ancora ridotto ad un deserto disseminato di mega-oasi “sotto vetro”, e in giro non si vedeva nemmeno l’ombra di un dannato zombie. Tutti vivevano infelici e scontenti, senza rendersi conto che il peggio doveva accadere: guerre atomiche, epidemie di livello planetario ed altri strani eventi oltre i confini della realtà, di cui non parlavano i manuali di storia letti a scuola.
 
Appassionato ai miti del passato,   il professor Rufus Barrett, mio padre,  teneva particolarmente ad una rara collezione di manufatti archeologici: una serie di cd del gruppo creato da  Barrett,  personaggio avvolto nel  mistero, su cui  nell’arco di più di cento anni si era accumulato un numero sterminato di leggende più o meno basate sulla verità, per quanto spesso alterata o stravolta. Erano diverse le versioni sulla biografia di Syd: nessun elemento certo, né data di nascita né di morte. L’opinione più accreditata sosteneva che  Syd Barrett, come tanti artisti e star genialmente fragili, si sarebbe suicidato in giovane età, forse nel Magnus Annus della contestazione giovanile: 1968. Per il resto del gruppo fu un vero shock, come  testimoniano le canzoni dell’addio, così struggenti e pregne di dolore, così intense, intrise di quella nostalgia infinita che sempre si accompagna all’esperienza del lutto. Ricordi quando eri giovane, Tu splendevi come il sole (“Remember when you were young/You shone like the sun”).
 
Oltre al nome non ritengo di avere molto in comune con Syd senior: un’anima tormentata più che ribelle, di un candore e di uno splendore estremo, da giovane dio greco: incarnazione del danzante Dioniso. Sregolato nella genialità e geniale (ma non troppo) nella sregolatezza. In lui nessuna logica, nessun limite, nessuna inibizione: la sua vita, un indiavolato vento di fuoco che soffiava impetuosamente dai gironi stregati dell’Inferno…
 
Una volta trovavo il testo di Shine on crazy diamond piuttosto estraneo, perché parlava di memoria e giovinezza, di passato; ma adesso che ho superato l’incredibile soglia dei cento anni l’invito a ricordare il solare splendore del primo periodo assume un grande valore emblematico. Io, il Syd Barrett australiano, comincio solo in questi ultimi momenti di vita a capire qualcosa di questo  pazzo pazzo mondo dell’era post-atomica, ritornato per certi versi al Medioevo, per altri aspetti agli scenari idilliaci di certa fantascienza. Bandite le armi e soppressa con l’aiuto della genetica ogni pulsione all’odio, alla violenza e all’omicidio, siamo tornati all’armonia originaria vissuta ai tempi dell’Eden. Ma qual è stato il prezzo? La nuova umanità è nata dalle ceneri d’olocausto di un pianeta morto, devastato da conflitti sanguinosi, inquinamento e terremoti catastrofici causati da trivellazioni alla continua ricerca di fonti di energia. L’intero globo era il corpo di un uomo crivellato da colpi di mitragliatrice. Si aprivano dovunque abissi per estrarre preziose fonti di energia dalle viscere del sottosuolo. La Terra, come un palazzo scosso alle fondamenta, era prossima al crollo. Già in anni lontani rari spiriti illuminati avevano messo in guardia la communis opinio dallo sfruttamento dei giacimenti di combustibili fossili posti in profondità un tempo inimmaginabili.  In particolare, nel numero 20 della rivista americana di geologia Tellus (gennaio 2081) si parlava della sequenza impressionante di terremoti avvenuti quell’annata, tutti localizzati in vaste aree del Texas, in Perù e nel Tibet. Causa degli strani eventi? Il prelievo massiccio di shale gas, prodotto perforando la roccia e immettendo acqua ad alta pressione. Nel documentatissimo articolo, a firma del prof. Arnold Layne dell’Università di Cambridge, gli sbiaditi caratteri in alfabeto latino consentono ancora di leggere che “avvenuta l'estrazione e il graduale esaurimento del  gas, le sostanze liquide intrappolate nella pietra si stabilizzano, provocando fenomeni sismici”. In seguito, lo sfruttamento del sottosuolo assunse dimensioni paurose, tutti sembravano presi da un delirio di avidità, attratti dal miraggio di facili profitti, e per nulla preoccupati dalle possibili conseguenze. Ma Madre Terra depredata dai propri dissennati figli preparava la sua vendetta, e che vendetta! Un esercito di morti viventi era pronto ad uscire allo scoperto per scatenare la guerra contro l’intero genere umano in difesa della Grande Dea:
Da oscuri abissi sotto i nostri piedi
escono fuori creature infernali
risorte dopo un’apparente morte:
sono loro gli spettrali Guardiani
della Terra, ferita, madre offesa
da figli dissennati
- un oppio vaporoso li ha sedotti:
 l’Avidità, germe della rovina,
inizio della FINE…
 
Le antiche predizioni sull’Apocalisse stavano per avverarsi nel disinteresse e nell’incredulità generale; solo gruppi sparsi di persone ai quattro angoli del globo sapevano la verità, e tra questi il mio dotto genitore, che mi rivelò profezie aborigene relative alla prossima misteriosa resurrezione di una tribù appartenente ad un ceppo  etnico diverso rispetto alle altre popolazioni dell’Oceania, gli Ertiani. Questo popolo avvolto nelle nebbie della storia avevano vinto la morte con pratiche di ibernazione; costoro si autodefinivano figli della Terra, e se ne consideravano anche custodi. Già negli anni della spensierata prima giovinezza c’erano i segnali premonitori dell’Apocalisse, ma non avevo la stessa sensibilità dell’eccentrico Rufus nel captarli. E che, con il brano The Wall in sottofondo, gli occhi spiritati e la voce magnetica, una serata qualsiasi di una torrida estate australiana annunciò a me e a mio fratello Roger l’intenzione di organizzare una nuova spedizione archeologica nella zona desertica dei Pinnacoli, in cerca delle tombe dei sopravvissuti alla scomparsa del continente perduto di Mu. TO BE CONTINUED…
 
By Domenico Turco – Proprietà letteraria riservata©
 

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Capitolo 2
*** See Emily play ***


Quasi tutti i prof di chiara fama consideravano la storia di Mu poco più di una fiaba, nobilitata dall’interesse di scrittori importanti ma eccentrici come Lovecraft, di cui mio padre,  Rufus Barrett, studiò tutta la vita l’opera omnia, giungendo alla conclusione che non fosse completamente  frutto di fantasia. E, per avvalorare questa tesi, in gioventù aveva visitato la vasta area compresa tra la Nuova Zelanda e il Cile, dove un tempo sorgeva il continente perduto di Mu,  per poi stabilirsi definitivamente in Australia. Qui trovò le tracce dei Primi Umani, che non adoravano Chtulu ma Eartha, la Madre Terra, onnipresente nei miti e nei riti degli aborigeni della Contea di Dandaragan, ribattezzati Ertiani in omaggio alla loro dea. La spedizione archeologica doveva confermare le tracce del  sapere primordiale occultato nei racconti dell’autore preferito dallo Gnomo, nom de plum attribuito all’altezza poco entusiasmante, o forse alla predilezione per l’omonima canzone dei suoi idoli musicali: i Pink Floyd. Personalmente non ero un grande appassionato di archeologia misteriosa, e, a parte il divertimento di giocare con la sabbia rossa del deserto armato di pala e piccozza, non comprendevo l’utilità scientifica della missione: l’inverosimile ricerca dei relitti di una perduta civiltà antidiluviana depositaria dei segreti della resurrezione.
 
Il luogo degli scavi si trovava a sei ore di distanza dal più vicino centro abitato. Era notte fonda, quindi, quando ci imbarcammo sul nostro furgone a energia elettrica, non prima di aver caricato nel retro tutti gli attrezzi indispensabili al provetto archeologo. Fu un viaggio breve quanto  sinistro, o, per meglio dire, inquietante. Scoppiò un temporale improvviso, insolito per quella stagione, in un’area dove pioveva di rado (al massimo qualche minuto). Il cercatore di tesori era immerso nella guida e non badava ad altro (in auto parlava pochissimo). Io guardavo stupito lo spettacolo psichedelico dei lampi che illuminavano a giorno il monotono paesaggio e lo rendevano magico. Roger smanettava con la radio nella speranza di trovare una frequenza decente, fino a quando, sconfitto, non ripiegò su uno dei dvd giurassici che nostro padre si portava dietro.
 
Una voce sottile e spettrale si sentì fluire nell’aria, con il sottofondo bisbigliante delle acque del cielo. In quel momento ebbi la sensazione di non udire un uomo in carne ed ossa ma una creatura eterea sfuggita alla tomba. In effetti erano le parole di un morto, recitate, non cantate, da un attore, anche lui scomparso, lasciando sparse tracce (musicali) di Syd. La traccia, anzi. Non riesco più a togliere dalla testa quei versi cantilenanti e contorti, quel delirio onirico che ancora oggi avvelena le mie lunghe notti d’insonnia & d’angoscia:
 
Emily prova ma non capisce
Lei è spesso incline a farsi prestare
I sogni di qualcun altro fino a domani.
 
Non c'è un altro giorno
Proviamo in un altro modo
Libererai la tua mente e giocherai
Giochi gratis oggi
Guarda Emily che gioca
 
Poco dopo che si è fatto buio Emily piange
Guarda fissa attraverso gli alberi, afflitta
Quasi non emette un suono fino a domani
 
Indossa un vestito che tocca terra
Galleggia su un fiume
Per sempre
Emily, Emily
 
(Emily tries but misunderstands
She's often inclined to borrow
Somebody's dreams till tomorrow
 
There is no other day
Let's try it another way
You'll loose your mind and play
Free games today
See Emily play
 
Soon after dark Emily cries
Gazing through trees in sorrow
Hardly a sound till tomorrow
 
Put on a gown that touches the ground
Float on a river
For ever and ever
Emily, Emily).
 
Fu proprio alla fine della canzone che apparve il Deserto degli alberi di pietra, il più incredibile dei luoghi incredibili, da sempre oggetto di venerazione perché incuteva una sorta di timor panico. L’energia che emanano certi punti cardinali della geografia sacra del pianeta accende un fuoco magico nel profondo del cuore, fenomeno  che difficilmente può essere spiegato con il freddo linguaggio della logica. 
 
For ever and ever
Emily, Emily…
 
Ancora mezzo assonnato in quel momento pensavo a quell’esile e soave fanciulla tra gli alberi, visione psichedelica evocata dalle parole di un giovane strano e meraviglioso di cui per una singolare congiunzione astrale portavo il nome. Il testo di questa canzone ebbe su di me un effetto ipnotico, che cessò quando un poliziotto si affacciò al mio finestrino…
 
TO BE CONTINUED…
 
By Domenico Turco 2014 – Proprietà letteraria riservata©
 

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