Valienna

di Saralasse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 16 ***
Capitolo 18: *** 17 ***
Capitolo 19: *** 18 ***
Capitolo 20: *** 19 ***
Capitolo 21: *** 20 ***
Capitolo 22: *** 21 ***
Capitolo 23: *** 22 ***
Capitolo 24: *** 23 ***
Capitolo 25: *** 24 ***
Capitolo 26: *** 25 ***
Capitolo 27: *** 26 ***
Capitolo 28: *** 27 ***
Capitolo 29: *** 28 ***
Capitolo 30: *** 29 ***
Capitolo 31: *** 30 ***
Capitolo 32: *** 31 ***
Capitolo 33: *** 32 ***
Capitolo 34: *** 33 ***
Capitolo 35: *** 34 ***
Capitolo 36: *** 35 ***
Capitolo 37: *** 36 ***
Capitolo 38: *** 37 ***
Capitolo 39: *** 38 ***
Capitolo 40: *** 39 ***
Capitolo 41: *** 40 ***
Capitolo 42: *** 41 ***
Capitolo 43: *** 42 ***
Capitolo 44: *** 43 ***
Capitolo 45: *** 44 ***
Capitolo 46: *** 45 ***
Capitolo 47: *** 46 ***
Capitolo 48: *** 47 ***
Capitolo 49: *** 48 ***
Capitolo 50: *** 49 ***
Capitolo 51: *** 50 ***
Capitolo 52: *** 51 ***
Capitolo 53: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Durante la Terza Era della Terra di Mezzo, l’Unico Anello, appartenente all’Oscuro Signore Sauron, fu ritrovato, e il Male ricominciò a farsi ardito.
Molti e grandi pericoli dovettero affrontare coloro i quali si misero in cerca del Monte Orodruin, l’unico luogo ove fosse possibile distruggere l’Anello; ma infine, il gioiello fu distrutto e il suo Padrone scacciato per sempre dalle Contrade Orientali, ed ebbe fine la Terza Era.
La Quarta Era ebbe inizio con l’ascesa di un nuovo sovrano al trono di Gondor, e vide la partenza degli Elfi, i Priminati figli di Ilúvatar, che lasciavano la Terra di Mezzo al dominio degli Uomini.
 
La vicenda dell’Anello, però, aveva lasciato ben altri segni, svelato gravi tradimenti e infidi tranelli, fatto da teatro a sanguinose guerre e grandi amori, conciliato antichi nemici e separato grandi amici. E, cosa più importante, gli ultimi anni della Terza Era avevano visto balzare d’un tratto nella storia un popolo dimenticato da tutti, eccetto Mithrandir: la Gente Piccola, i Mezzuomini, gli Hobbit. Aveva, infine, svelato il mistero intorno a una fanciulla Elfo: Valienna, il “Dono della Valië
”, agli Elfi della Terra di Mezzo.




NdA:  capitolo minuscolo, lo so, ma è soltanto il prologo

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Capitolo 2
*** 1 ***



All’epoca in cui, all’insaputa di tutti, l’essere chiamato Gollum si impossessò dell’Anello, a Dol Taur, il Bosco Atro, il Male era ridivenuto forte, e presto il reame di Thranduil fu nuovamente in pericolo, stretto tra la morsa di Smaug, padrone di Erebor, e quella dell’Oscurità che ora avanzava da Dol Guldur, antica fortezza di Sauron.
Ma fu proprio in quegli anni oscuri che sembrò rinascere la speranza, insieme a una figlia degli Eldar: la bambina era fra gli esseri più belli creati da Ilúvatar e sembrava che fosse stata toccata dalla grazia dei Valar, tanto che il suo popolo decise di tenerla nascosta.
Ben presto, la bambina divenne una fanciulla e al tempo in cui Smaug conquistò Erebor, già sapeva cavalcare e cacciare, e combattere se necessario; ella, infatti, aveva manifestato attitudini diverse dalle altre fanciulle e le era stato insegnato ciò che aveva desiderato. Spesso si allontanava per giorni, perlustrando il bosco, e ormai le malvagie creature che abitavano quei luoghi sapevano di doversi tenere alla larga: la fanciulla, era un’eccellente arciere e sapeva occultarsi nel buio meglio di chiunque altro della sua gente, orientandosi perfettamente nell’oscurità. Conosceva l’arte di estrarre il veleno dai ragni giganti che uccideva, e ne imbeveva le punte delle frecce che utilizzava per attaccare gli Orchetti quando, insieme ad altri, tendeva loro delle imboscate se osavano avvicinarsi troppo al regno di Thranduil.
 
Un giorno, il padre della fanciulla decise di allontanarla da Dol Taur, senza fornire spiegazioni, e tutti credettero che lo avesse fatto per proteggerla dal Male crescente; ella fu mandata a Lothlorien poiché suo padre, appartenente ai Teleri, sperava che Dama Galadriel la accogliesse in virtù di questa parentela.
Fu così che Thranduil e il suo popolo perdettero il loro amato Loth-o-Doltaur, il “Fiore di Bosco Atro”, come l’avevano soprannominata per via della sua bellezza, rara quanto un bel fiore in quel luogo tetro.
Giungere fino al reame di Celeborn e Galadriel non fu facile; un tempo, si sarebbe potuti passare per il bosco, percorrendolo fino alle sue propaggini meridionali, ma ormai quella zona apparteneva al Male e passare accanto a Dol Guldur avrebbe significato la morte. Per questo motivo il Fiore degli Elfi Silvani dovette scegliere un’altra via. Suo padre decise di percorrere la Via verso le Montagne Nebbiose, attraversare il guado dell’Anduin e poi ridiscendere il corso dello stesso fiume percorrendone gli argini fino a giungere infine a Lorien.
 
La Bianca Dama dei Galadhrim accolse di buon grado la fanciulla che da quel momento si stabilì nella sua città e vi dimorò per lunghi anni. Grazie alla sapienza di Celeborn e Galadriel, ella venne a conoscenza di molte cose che riguardavano la storia del mondo, la sua creazione e plasmazione, l’avvento degli Elfi e degli Uomini, le opere malvagie del primo Oscuro Signore di cui Sauron era luogotenente; la Dama le parlò dei Signori dell’Ovest, dei loro regni, della loro maestà e saggezza. Tuttavia la fanciulla era interessata soprattutto alla storia di Sauron e della forgiatura degli Anelli magici, in particolare dell’Unico, storia di cui Galadriel non parlava volentieri. Presso i Signori di Lorien ella divenne sapiente e saggia, pur essendo ancora giovane fra gli Eldar, e sentì il desiderio di parlare con altri saggi; Celeborn e Galadriel, però, sapevano che ella doveva essere nascosta e non le consentirono di recarsi a Isengard, presso Saruman il Bianco. Le offrirono, invece, la possibilità di apprendere un diverso tipo di conoscenza, quella che le avrebbe potuto trasmettere Fangorn, il più antico Onod, il padrone della foresta che da lui prende il suo nome. L’idea la entusiasmò ed ella volle partire subito, ignara dei turbamenti che nello stesso momento stavano scuotendo Dol Taur all’arrivo di Bilbo lo Hobbit e della compagnia dei Nani.
 
La foresta di Fangorn non distava molto dal reame di Lorien e raggiungerla non fu difficile. Non appena vi giunse la fanciulla si accorse subito della pesante aria che vi si respirava, e la sua sensibilità di Elfo le consentì di percepire l’ostilità degli alberi; tuttavia era divenuta avida di conoscenza e non temeva la loro rabbia, perciò si addentrò nel fitto della foresta. Non sapeva dove cercare Fangorn, ma aveva tempo e non le dispiaceva passeggiare in quel luogo, che in un certo senso le ricordava il suo Dol Taur. Celeborn le aveva detto che le molte dimore di Fangorn si trovavano nei pressi delle montagne e fu lì che si diresse. Ad un tratto si fermò, sentendosi osservata, e si guardò intorno: in un primo momento non distinse nulla in quella massa di alberi  e questo le diede la sgradevole sensazione di essere caduta in trappola. Poi si accorse che quello che le era parso un albero dava l’impressione di essere in qualche modo più vivo; avvicinandosi potè notare che non si trattava affatto di una pianta: era un essere simile a un Uomo, ma alto come un Troll, con una folta barba di licheni e una strana pelle ruvida come corteccia, braccia e gambe molto lunghe, ognuna provvista di sette robuste dita. Ma ciò che colpiva maggiormente erano i suoi occhi: sembravano pozzi ricolmi e difatti erano mutevoli come la superficie dell’acqua, pur avendo qualcosa di ferino.
“Hmm ohm, era da molto tempo che uno dei Priminati non passeggiava nei miei boschi”, disse con voce profonda.
“Ti domando perdono per essere entrata senza il tuo permesso”, disse la fanciulla con un inchino; “ma dalle tue parole deduco che tu devi essere Fangorn colui che sto cercando”.
“Io sono anche Fangorn”, rispose l’Onod, “è uno dei miei nomi, quello che mi dà la tua gente. Dimmi fanciulla: chi sei e per quale ragione mi cercavi?”.
“Il mio nome è Helkamirië”, rispose l’Elfo, “e ti cercavo per parlare con te, nient’altro. Sono in cerca di sapienti e tu lo sei certamente, anche se la tua saggezza non è quella degli Eldar o degli Stregoni. Non ho secondi fini, né scopi malvagi, desidero solo sapere”.
Fangorn la osservò e sembrava ponderare le sue parole mentre i suoi occhi mutavano più e più volte.
“Ha uhm, sembri sincera”, disse infine; “penso di poterti accontentare se è questo che vuoi. Voi Elfi siete sempre stati gli unici a comprendere in fondo, hm. Seguimi: ti parlerò di ciò che desideri mentre percorriamo la mia foresta”.
Helkamirië seguì Fangorn ed essi scomparvero nel folto dei boschi; nessuno ancora è riuscito a sapere quanto durò la loro conversazione, e neppure di cosa parlarono, ma quando infine la fanciulla tornò a Lorien, il Signore e la Dama la trovarono molto cambiata, più matura e riflessiva.
 
Trascorse ancora qualche decennio, un tempo assai breve per gli Elfi, e l’Unico Anello tornò prepotentemente all’attenzione del mondo e il Nemico si mosse, rivelando i suoi servi più micidiali: i Nazgûl.
Essi furono mandati verso la Contea, il paese degli Hobbit, mentre Mithrandir allertava colui che possedeva il gioiello, mettendolo sulla Via verso Granburrone. Questi era Frodo Baggins, nipote ed erede di Bilbo Baggins, colui che prese l’Anello a Gollum; ma egli non partiva solo: con lui era il fidato servitore e giardiniere Samvise Gamgee, e due giovani Hobbit piuttosto irrequieti, Meriadoc Brandibuck e Peregrino Tuc. La loro prima tappa fu presso la dimora di Tom Bombadil nella Vecchia Foresta; poco dopo averla lasciata ebbero uno spiacevole incontro ai Tumulilande, tuttavia grazie a Iarwain Ben-adar furono salvi. Raggiunsero il villaggio di Brea e qui conobbero il Ramingo Grampasso che si offrì di scortarli fino a Imladris attraverso le Terre Selvagge, di modo che i Cavalieri Neri, che li inseguivano, avessero vita meno facile. Purtroppo ad Amon Sûl furono attaccati e Frodo fu ferito da un pugnale Morgûl e dovettero affrettare il viaggio; un Alto Elfo, Glorfindel, li trovò e mandò lo Hobbit a Imladris sul suo cavallo, Asfaloth, il quale passò il guado del Bruinen appena in tempo perché Frodo fosse curato, mentre i Cavalieri Neri furono spazzati via dal fiume stesso.
 
Mentre accadeva tutto ciò, a Lorien era giunta notizia del ritrovamento dell’Unico, fatto che sembrò turbare alquanto Galadriel. Helkamirië lo aveva capito e tentò di scoprirne il motivo, ma nessuno sapeva o voleva dirle qualcosa; così nel medesimo giorno in cui Frodo raggiunse Brea, ella decise di parlare direttamente con la Bianca Dama. La cercò invano sul suo talan e tra le strade della città, finchè non la incontrò mentre tornava dalla conca dove si trovava il suo Specchio.
“Dama Galadriel, ho bisogno di parlarti”, disse.
“Ti ascolto Helkamirië”, rispose la Dama.
“Voglio che tu mi dica per quale motivo la notizia del ritrovamento dell’Unico Anello ti ha sconvolta tanto”, disse Helkamirië; “forse che tu sia il possessore di uno dei Tre?”.
“Non voglio che tu ripeta simili parole”, rispose Galadriel con un’espressione severa sul viso, “se anche io decidessi di rivelarti il motivo del mio turbamento, tu non capiresti”.
“Perché no?”, si animò la fanciulla, “sotto la tua guida sono divenuta sapiente”.
“No, non lo sei affatto”, disse la Dama, “altrimenti questa discussione non avrebbe luogo. La faccenda dell’Anello riguarda i veri sapienti. Non te”.
Così dicendo, Dama Galadriel si allontanò, lasciando Helkamirië delusa e offesa ma non meno determinata a scoprire la verità. Per questo motivo il giorno seguente partì da Lothlorien diretta a Imladris: da tempo desiderava conoscere Messere Elrond, e sperava che questi potesse darle le risposte che Dama Galadriel le aveva negato.

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Capitolo 3
*** 2 ***


Helkamirië non attese a lungo: comunicò a Sire Celeborn e a Dama Galadriel le sue intenzioni e, nonostante essi opponessero resistenza, ella decise ugualmente di partire.
E sia”, le disse Celeborn. “Ma solo a patto che tu ti faccia scortare da Haldir”.
No!”, ribattè Helkamirië. “Non desidero mettere in pericolo la vita di altri. La strada che percorrerò è quella che passa per la Scala dei Rivi Tenebrosi e per Caradhras”.
Vale a dire”, intervenne Galadriel, “passare nei pressi di Moria e dei suoi Orchetti; e affrontare la furia di Caradhras è nelle possibilità di ben pochi Elfi ormai, poiché richiede grande potere. Sei certa di essere tra loro?”.
Dama Galadriel”, disse la fanciulla, levando fieramente il capo, “io sono Helkamirië Erynglin; tu sai che mio padre è un Telerin, ma quello che forse non sai è che la nostra è una parentela doppia: mia madre, infatti, appartiene alla stirpe dei Noldor”.
Così”, disse Galadriel, “anche tu appartieni agli Alti Elfi. E dimmi: perché mai due fra gli Elfi più nobili della Terra di Mezzo hanno deciso di dimorare fra gli Elfi Silvani?”.
Non ne conosco il motivo”, rispose Helkamirië. “Io posso solo dirti che mio padre possiede il dono di scrutare nei tempi a venire, e forse avendo previsto la mia nascita, insieme a mia madre decisero di fare che questa avvenisse in un luogo nascosto. Poco tempo prima che ciò accadesse, mia madre sognò la Regina d’Occidente”.
Elbereth!”, esclamarono all’unisono i Signori di Lόrien.
Si”, continuò la fanciulla, “ed ella disse che intendeva far rinascere la speranza fra gli Elfi della Terra di Mezzo, per far sì che essi non dimentichino che i Signori d’Occidente vegliano su di noi. Fu così che decise di accendere la mia anima e il mio corpo della luce dei suoi astri più luminosi, inferiori solo ai Silmaril di Fëanor”.
Non riesco a comprendere, Helkamirië”, disse Sire Celeborn. “Non vedo nessuna luce emanare dal tuo corpo, spiegami il perché te ne prego”.
Helkamirië guardò i Signori di Lόrien e aveva sul volto un sorriso triste. Sembrava non trovare le parole giuste o il coraggio necessario per esprimere ciò che le si agitava nell’animo.
La mia luce ora è offuscata”, disse infine, “perché nel reame di Lorien sono di nuovo serena ma non posso essere felice; tristi avvenimenti mi tormentavano nel Reame Boscoso, velando la luce di Elbereth. Non venni a Caras Galadhon di mia spontanea volontà, ma per volere di mio padre che ritiene così di proteggermi da me stessa; non vi dirò di più per il momento. Dite: credete che io possa scalare il Caradhras?”.
Ti concediamo di tentare”, disse Dama Galadriel. “Non sei una fanciulla sprovveduta e torneresti indietro se sapessi di non farcela”.

Helkamirië ultimò i preparativi e partì finalmente alla volta di Imladris; i Signori di Lorien avevano ottenuto che Haldir la scortasse almeno fino alla Scala dei Rivi Tenebrosi e questi si dimostrò un fedele e discreto compagno di viaggio, anche se per pochi giorni soltanto.
Quando giunsero nei pressi di Moria era notte fonda e perciò dovettero attendere che venisse l’alba. Per stare più al sicuro si arrampicarono su uno dei telain delle sentinelle, ma non dormirono: col favore delle tenebre una miriade di Orchetti usciva da Moria, avvicinandosi talvolta ai confini di Lorien.
Dama Helkamirië”, disse all’improvviso Haldir, “non voglio sembrarti indiscreto, ma posso domandarti per quale motivo intraprendi questo viaggio?”.
Haldir”, rispose Helkamirië, “tu conosci la storia dell’Unico Anello dell’Oscuro Signore, non è così?”.
Certo, mia signora”, disse l’Elfo. “Conosco la storia, così come è stata tramandata”.
E’ proprio questo il motivo del mio viaggio, Haldir”, disse la fanciulla; “Qualcosa dentro di me mi spinge a cercare di sapere più di quello che ci è stato detto. Dama Galadriel rifiuta di accontentarmi e perciò mi sto recando a Imladris: spero che Messere Elrond possa rispondere alle mie domande”.
Cosa farai se anch’egli si rifiutasse di darti risposte?”.
Messere Elrond è fra i più saggi di coloro che camminano nella Terra di Mezzo”, rispose Helkamirië. “In ogni caso, avrei molto da imparare dalla sua saggezza. E poi, qualcosa mi spinge verso quel luogo, non so spiegarti cosa; so solo che devo andare”.
Non comprendo del tutto”, rispose Haldir. “In realtà, noi Galadhrim sappiamo ben poco di te, mia signora, e spesso non ti capiamo. Mi sembra di vedere un velo che si frappone fra te e gli altri: è come se tu stessa lo avessi creato e non riesco a scorgere dietro di esso”.
Haldir”, disse Helkamirië con un dolce sorriso, “sei il solo, in realtà, che abbia scostato quel velo. In pochi giorni tu hai capito di me più di quanto abbiano fatto i Signori di Lorien in tante vite degli Uomini. Forse perché le loro menti sono incessantemente rivolte al mondo esterno, per salvarci dall’Oscuro Signore. Ti rivelerò perché esiste quel velo”. La fanciulla si fermò un istante e rivolse lo sguardo in alto, fissando le stelle. “Devi sapere che la vita che conducevo nel reame di Thranduil era molto diversa da quella che vivo presso Celeborn e Galadriel. Dol Taur è un luogo buio e tetro: sotto le fronde degli alberi secolari si cela ogni tipo di creatura o inganno. Quando ero molto giovane temevo ogni cosa laggiù: il cadere di una foglia o lo spezzarsi di un ramo e persino il vento che mi sfiorava il viso; così, un giorno decisi di imparare a difendermi e chiesi a mio padre di insegnarmi a tirare con l’arco e a maneggiare una spada. Egli comprendeva i miei timori e mi accontentò. Con il tempo divenni abile e acquisii coraggio; ma ben presto questo si mutò in temerarietà: cominciai a vagare per i boschi da sola, a volte per giorni, dando la caccia a qualsiasi essere osasse opporsi a me. E quando finalmente ritornavo, organizzavo, con altri Elfi, imboscate per gli Orchi che a volte attaccano il Reame Boscoso, colpendoli con frecce intrise del veleno dei ragni giganti. Non avevo più pietà per nessuno”.
Non provavi pietà per i nemici”, disse Haldir; “E ciò è comprensibile in questi tempi bui”.
No, non è così”, sospirò Helkamirië. “Quando un mio compagno rimaneva ferito o perdeva la vita, io non provavo dolore, ma solo infinita ira e di volta in volta mi facevo più ardita. Infine, poco prima che mio padre mi portasse qui a Lorien, compii la mia ultima impresa: mi misi in viaggio e giunsi sino a Dol Gûldur”.
La vecchia fortezza del Nemico?!”, esclamò Haldir. “Soltanto un altro ha tentato un gesto simile: Mithrandir”.
Mithrandir ha il potere necessario per osare”, disse la fanciulla, “mentre io ne sono priva; giunta nei pressi di quel luogo rimasi nascosta nell’oscurità in attesa di qualcosa che non comprendevo, né allora, né dopo tutti questi anni. Ero sola e gli Orchi mi attaccarono: ne abbattei molti rimanendo sugli alberi, ma infine fui costretta alla fuga e riuscii appena a salvarmi. Quando mio padre e mia madre ne vennero a conoscenza, pensarono che la cosa migliore fosse allontanarmi dalla mia amata terra. Mio padre è un Telerin e mia madre è una dei Noldor: in virtù di questi legami chiesero a Sire Celeborn e Dama Galadriel di ospitarmi qui a Lothlorien, ma il distacco forzato e la limitata libertà di cui godo hanno creato la barriera che senti”.
Ora potrebbe cadere”, disse Haldir.
Non capisco come”, rispose Helkamirië; “Non sto ritornando a Dol Taur e i Signori di Lorien non mi concederanno più libertà di prima”.
Non hai torto, mia signora”, disse l’Elfo, “ma ora sarai lontana dal Reame Beato per qualche tempo, e Messere Elrond non ti sorveglierà così strettamente. Sarai di nuovo libera”.
Helkamirië sembrò realizzare d’improvviso ciò che intendeva Haldir e mentre gli sorrideva riconoscente, una luce ancora pallida ma distinta prese a emanare da tutto il suo corpo.
Dama Helkamirië!”, sussurrò Haldir.
Non temere, amico mio”, disse la fanciulla dolcemente, “questo è quello che sono, grazie alla Regina dell’Ovest; e quello che sono ritornata ad essere per merito tuo. Grazie alle tue parole ho capito che non sono sola qui a Lorien e la tristezza è scivolata via da me: ben presto, tutta la mia luce illuminerà ancora la notte, e la vita degli Elfi della Terra di Mezzo”.
In quegli istanti, i primi raggi del Sole nascente si sparsero sulle fronde dei mellyrn facendone brillare le foglie, consentendo loro di riprendere il viaggio.

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Capitolo 4
*** 3 ***


Come stabilito, Haldir scortò Helkamirië solo fino alla Scala dei Rivi Tenebrosi. Non parlò più di ciò che era accaduto, ma la fanciulla non se ne ebbe a male, poiché aveva compreso che il suo compagno era solo sorpreso per ciò che aveva visto. Più si allontanava da Lorien, maggiore era il senso di libertà che provava e più intensa la luce che il suo corpo emanava.
Quando infine oltrepassò Caradhras e giunse nell’Eregion, si sentì nuovamente quella di un tempo: aveva un arco e un lungo pugnale con sé e questo le dava ancora l’impressione di non dover temere nulla, anche se la saggezza acquisita con gli anni le dettava cautela. Il suo problema maggiore ora, era nascondersi: non poteva permettere che le spie del Nemico la individuassero, ma era difficile nascondere la sua lucentezza; con la luce del giorno non le creava problemi, poiché il Sole brillava ancora intensamente, nonostante si fosse già in Autunno. Al calare delle tenebre, però, come quella di tutti gli Alti Elfi, la sua pelle emanava un pallido bagliore che in lei era più intenso per volere della Regina d’Occidente. Il modo più sicuro era viaggiare di giorno per poi nascondersi durante la notte: ma la terra che un tempo era l’Agrifogliere, ora era brulla e desolata, e offriva ben pochi ripari sicuri, dunque non le rimaneva scelta che coprirsi il più possibile e nascondersi sotto i radi arbusti o vicino a mucchi di rocce, e procedere a tappe forzate per abbreviare il più possibile il viaggio.
 
Helkamirië giunse al Guado del Bruinen pochi giorni prima che vi arrivasse a sua volta Frodo, ferito dal capo dei Nazgûl. Una volta oltrepassato il fiume, sentì qualcosa che non riusciva a definire e che avvertiva anche a Lothlorien; per un attimo si sentì nuovamente prigioniera, ma poi ripensò alle parole di Haldir, si fece coraggio e proseguì.
Naturalmente, Messere Elrond accolse volentieri Helkamirië e la accompagnò personalmente in un luogo alquanto sopraelevato donde potè godere della vista dell’intero rifugio di Imladris, l’ultima Casa Accogliente a Est lungo la Via.
Ritornati nella sala principale, Elrond fece accompagnare Helkamirië nei suoi alloggi perché riposasse fino all’ora di desinare. Dopo aver partecipato a un sontuoso banchetto, la fanciulla conobbe gli Elfi che vivevano a Imladris, tra cui il Consigliere Erestor e la nobile Dama Arwen, figlia di Elrond Mezzelfo. Le dissero che in quella casa viveva uno Hobbit, Bilbo Baggins.
“Bilbo?”, chiese stupita, “proprio colui che ritrovò l’Anello del Nemico? Per quale motivo si trova qui?”.
“Perché è un caro amico”, le rispose Elrond, “e perché ha portato a lungo l’Anello, con tutto ciò che esso comporta. All’apparenza sembrerebbe averne tratto giovamento, poiché il gioiello gli ha donato una vita molto lunga, anche secondo i criteri della sua razza. Ma, con il ridestarsi dell’Ombra, l’Anello ha cominciato a esercitare più marcatamente il suo influsso malefico, tanto che Mithrandir lo ha convinto a lasciarlo”.
“Lasciarlo?”, chiese ancora Helkamirië; “A chi ha potuto affidare un oggetto di tale potere?”.
“Al suo erede naturalmente, Frodo Baggins”, rispose il Signore di Imladris; per un attimo distolse lo sguardo, fissando le fiamme del camino acceso nella sala. “Dimmi, Dama Helkamirië: cosa ti ha spinto a recarti in questo luogo? In questi tempi bui è raro ricevere visite per pura cortesia”.
“Sei nel giusto, mio signore”, rispose la fanciulla; “non è stata solo la fama di Imladris a portarmi sin qui. Tuttavia, ti chiedo di perdonarmi se non ti rivelerò il mio scopo”.
Elrond la fissò con il suo sguardo penetrante, ma non indagò oltre.
“Abbiamo ricevuto messaggi da Lothlorien”, intervenne Erestor, “che affermano tu sia un dono di Elbereth; se ciò fosse vero, sarebbe alquanto insolito: i Sovrani d’Occidente non intervengono, direttamente o indirettamente, nella vita degli Eldar della Terra di Mezzo. Perché dovrebbero agire su un singolo individuo?”.
“Non pretendo di conoscere il loro volere e il loro pensiero”, disse Helkamirië con una lieve nota di stizza, “ma so perfettamente chi è mia madre: è una Noldorin approdata alla Terra di Mezzo insieme all’esercito dei Valar di cui rispetta la maestà e la potenza. Non oserebbe mentire inventando simili falsità sulla mia nascita. E se questo non dovesse bastare, nobile Erestor, guardami con attenzione!”.
Ignorando la consueta prudenza, si levò in mezzo alla sala, lasciando cadere il mantello che fino a quel momento la copriva: la stoffa bianca e leggera dell’abito che indossava non poteva offuscare la lucentezza della sua pelle che ora, libera di irradiarsi, le illuminava anche il bel volto. Persino Elrond e Arwen sua figlia non poterono pronunciare parola innanzi a un tale spettacolo, mentre Erestor si prostrò in ginocchio davanti a Helkamirië.
“Ti domando perdono, mia signora”, disse. “Non posso dubitare oltre delle tue parole: non avrei dovuto credere che una figlia degli Eldar potesse mentire, ma viviamo in tempi malvagi”.
Helkamirië si chinò a prendere le sue mani nelle proprie e lo fece rialzare.
“Rialzati, nobile Erestor”, gli disse dolcemente. “Un Signore Elfico del tuo rango non deve inchinarsi dinanzi ad un’umile fanciulla quale io sono. Volevo semplicemente mostrare a te e a tutti i presenti quale sia il dono che ho ricevuto dalla Regina d’Occidente. Nella sua infinita saggezza, Elbereth non mi ha donato poteri o armi, ma qualcosa che potrebbe riconfortare i nostri cuori in queste terre d’esilio”.
“Dunque i messaggeri dicevano il vero”, disse Dama Arwen, “tu sei davvero il dono di Elbereth agli Eldar”.
“Questo è un titolo donatimi dalla mia gente”, disse Helkamirië, “il popolo di Thranduil, presso il quale sono cresciuta. Essi mi chiamavano Valienna e hanno sempre mantenuta segreta la mia esistenza, soprattutto quando l’Ombra di Dol Guldur tornò a espandersi al bosco circostante; perciò rivolgo una preghiera a tutti voi: non rivelate ciò che avete visto, nemmeno a coloro che giudicate amici fidati, se essi non appartengono al nostro popolo”.
Erestor si chinò a raccogliere il mantello che lei aveva abbandonato sul pavimento della sala.
“Non temere mia signora”, disse mentre le copriva le spalle. “Nessuno di noi tradirà il tuo segreto. Sei nella dimora di Messere Elrond: qui non potrai trovare altro che amici. Ora è meglio che tu vada a riposare; è stata una giornata pesante”.
Helkamirië
si limitò ad annuire e uscì dalla sala.

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Capitolo 5
*** 4 ***


I giorni trascorsero sereni a Imladris, nonostante la fanciulla dovesse rimanere nascosta per via dell’arrivo di Mithrandir. Era stata solo pura fortuna se lo Stregone non aveva incontrato la fanciulla quando era giunta alla Casa di Elrond: egli, infatti, si trovava lontano nella speranza di incontrare i suoi amici, trascorrendo fuori diverse giornate e ritornando solo dopo che Helkamirië aveva lasciato il Salone del Fuoco. Bilbo Baggins, invece non rappresentava un problema: trascorreva le giornate nella sua stanza, riordinando i suoi appunti e le sue carte di viaggio, uscendo solo per mangiare o per incontrare Mithrandir o Elrond, e spesso si fermava nel Salone del Fuoco, appisolandosi quasi subito; si risvegliava quando sentiva canti o storie dei Tempi Remoti, a volte fornendo il proprio contributo.
Ben presto, la tranquillità fu interrotta quando il cavallo di Glorfindel, Asfaloth, traversò il Guado del Bruinen trasportando Frodo ferito gravemente da un pugnale Morgûl, ma con l’Anello ancora con sé. Elrond si precipitò al suo capezzale, sfruttando le sue conoscenze per guarirlo, ma nonostante i suoi sforzi, il Mezzuomo rimase tra la vita e la morte per qualche giorno ancora. Durante questo periodo, Helkamirië non incontrò affatto Elrond e anche Dama Arwen sembrava sparita nel nulla; aveva conosciuto Glorfindel dopo che questi era tornato a Imladris, e il Signore Elfico era l’unico che si recasse a trovarla nei suoi alloggi, donde lei non usciva mai per non rischiare di incontrare i curiosi Hobbit.

Il quinto giorno dall’arrivo di Frodo, Glorfindel si recò come suo solito nelle stanze di Helkamirië: le era stato assegnato un grande alloggio, composto di diverse stanze, ma isolato dal resto dell’edificio. Vi si trovava anche una grande terrazza, la stessa dove era stata accompagnata da Elrond perché potesse ammirare Imladris; la sua altezza considerevole le consentiva di poter uscire senza essere vista, a patto che non si avvicinasse troppo alla balaustra. Fu proprio lì che la trovò Glorfindel: con la luce del Sole non sembrava emanare il suo particolare bagliore e appariva soltanto una bella fanciulla elfica.
Dama Helkamirië”, la apostrofò, “ho una buona notizia”.
Di cosa si tratta, nobile Glorfindel?”.
Il portatore dell’Anello è guarito”, rispose l’Elfo; “questa mattina ha riaperto gli occhi”.
Ne sono felice”, disse Helkamirië; “anche se devo confessarti che ho temuto per la sua vita; conosco le grandi capacità di Messere Elrond, ma quella subita da Frodo rimane una ferita da cui è difficile guarire”.
Capisco cosa vuoi dire”, disse Glorfindel; “devi sapere che lo stesso Elrond ha temuto di fallire”.
Helkamirië si voltò nuovamente verso l’esterno. “Che cosa accadrà ora?”, domandò.
Elrond convocherà un Consiglio”, rispose Glorfindel. “Gli Hobbit non sono i soli a essere giunti in cerca di aiuto; persino alcuni Nani dalla Montagna Solitaria si sono recati a Imladris”.
Nani?!”, esclamò meravigliata la fanciulla. “Allora esiste qualcosa in grado di farli uscire dalle loro rocche”.
Non sembri nutrire simpatia per loro”, disse l’Elfo; “ma in fondo tra le nostre razze non corre buon sangue. Eppure, Elrond è sempre stato cordiale e ospitale con i Nani”.
Io non biasimo Elrond”, disse Helkamirië; “al contrario, lo ammiro: io non riesco ad apprezzare i Nani, non solo per i nostri rapporti con loro. Si nascondono nelle montagne in cerca di tesori, indifferenti a ciò che accade all’esterno. Io vengo da Dol Taur e il regno di Thranduil non dista molto da Erebor; siamo quasi costantemente sotto assedio, per via delle creature di Dol Taur e degli attacchi del Nemico, ma non abbiamo mai ricevuto nemmeno mere offerte di aiuto dai Nani, che rimangono rintanati nella loro città. Dimmi: il mio astio ti sembra giustificato?”.
Posso capirlo”, rispose Glorfindel, “ma non condividerlo. I Nani si comportano esattamente secondo la loro natura, proprio come facciamo noi Elfi: il nostro atteggiamento verso il mondo non può essere simile, poiché siamo creature profondamente diverse”.
Helkamirië non rispose, ma guardò Glorfindel negli occhi e sorrise; si avvicinò all’Elfo, gli prese una mano e la strinse tra le sue.
Ti ringrazio, nobile Glorfindel”, disse, “per le tue parole. Forse hai ragione tu e i Nani non sono malvagi, ma Dol Taur non è un posto in cui si può vivere sereni a lungo, soprattutto senza aiuto. Rifletterò su ciò che mi hai detto”. Si avvicinò un attimo alla balaustra, per scostarsene immediatamente. “Te ne prego, Glorfindel, ritorna da me dopo il Consiglio e raccontami ciò che sarà stato deciso”.
Non so se potrò farlo”, disse Glorfindel, “ma se Elrond non avrà nulla in contrario, tornerò”.
Glorfindel la lasciò, raggiungendo la Sala Principale dove si stavano ultimando i preparativi per il banchetto in onore di Frodo.

Quando il Sole fu tramontato, Imladris sembrava essersi completamente svuotata; ogni Elfo si era unito agli ospiti per partecipare al banchetto che quella sera si sarebbe tenuto in casa di Elrond.
Helkamirië era rimasta nei propri alloggi per la necessità di rimanere nascosta; quella notte, però, la fanciulla non riusciva a riposare, oppressa da un senso di inquietudine che non era capace di scacciare o ignorare. Alla fine, rassegnata, uscì sulla terrazza: era quasi l’alba e le stelle cominciavano a sbiadire, mentre la rugiada stava ricoprendo il paesaggio circostante. Imladris dormiva, così si avvicinò senza timore alla balaustra, da cui poteva vedere l’intero rifugio e fu particolarmente colpita dal fatto che il cancello d’ingresso fosse aperto e, apparentemente, senza sorveglianza.
All’improvviso, sentì in lontananza uno scalpiccio di zoccoli e la curiosità le impedì di scostarsi: dal cancello aperto giunsero due arcieri a cavallo che ad un’analisi più attenta risultarono essere Elfi del Reame Boscoso. A tale vista, Helkamirië sussultò per la sorpresa e la gioia, tanto che la sua pelle prese a brillare ancora più del solito e nonostante i primi raggi del Sole stessero già illuminando la valle, uno dei due Elfi fu attratto da tale luce e i suoi occhi si persero in quelli di Helkamirië che avevano il colore dei boschi a primavera. L’Elfo osservava la fanciulla rapito; distolse lo sguardo per un istante, credendo di sognare una simile creatura e quando tornò a posare gli occhi sulla terrazza, Helkamirië non c’era più.
Qualcosa non va?”, gli chiese il suo compagno.
No. Soltanto, so che non può essere ma…”, l’Elfo esitò per un istante; “credevo di aver visto, qui a Imladris, il nostro Loth-o-Doltaur. Sicuramente mi sbaglio, è più probabile che suo padre l’abbia rimandata all’Ovest. Andiamo”.
I due Elfi spronarono i cavalli e ripresero a salire lungo il sentiero che conduceva al cuore di Imladris.

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Capitolo 6
*** 5 ***


Helkamirië si lasciò cadere in ginocchio sulla terrazza: si era ritratta non appena l’Elfo aveva distolto lo sguardo, sconvolta da ciò che era accaduto, soprattutto perché aveva riconosciuto i nuovi arrivati, ed era certa che anche il suo osservatore sapesse chi lei fosse. Questi era Legolas, il figlio di Thranduil del Reame Boscoso, accompagnato da Ilderan, uno dei migliori arcieri al servizio di Thranduil. Helkamirië era preoccupata: aveva lasciato che la sua gente credesse che suo padre l’aveva accompagnata ai Porti Grigi, perché il sapere che qualcuno avrebbe potuto rivolerla a casa le avrebbe reso ancora più difficile obbedire a suo padre e rimanere lontana Dol Taur. Conosceva se stessa e non dubitava del fatto che se Legolas le avesse chiesto di tornare fra la sua gente, lei l’avrebbe seguito.
Rimase seduta dov’era fino a che non si accorse che Imladris si stava rianimando; non erano passati che pochi minuti dal fatidico incontro, ma Helkamirië aveva la sensazione di essere rimasta ferma per molte vite degli Uomini. Qualcuno la stava chiamando, perciò rientrò nella sua stanza, dove trovò Glorfindel ed Elrond.
“Messere Elrond, nobile Glorfindel”, disse inchinandosi.
“Dama Helkamirië”, la apostrofò Elrond; “Glorfindel mi ha detto della tua richiesta. Io non ho nulla in contrario al fatto che tu sappia quali saranno le decisioni del Consiglio: il tuo dono non ti consente di parlare con nessuno che non appartenga al nostro popolo, e dunque non potresti rivelarle al Nemico o ai suoi servi, neanche se tratta in inganno”.
“Ti ringrazio, mio signore”, disse la fanciulla con un sorriso.
“C’è un’altra cosa”, intervenne Glorfindel; “pochi minuti or sono è giunto a Imladris uno della tua gente e ha chiesto di te”.
Helkamirië trasalì visibilmente e, tentando di ignorarne il motivo, si ritrovò a sperare che fosse stato Ilderan a chiedere di lei.
“Di chi si tratta?”, riuscì a dire con un filo di voce.
“Legolas, figlio di Re Thranduil”, rispose Glorfindel. “Egli sostiene di averti scorta quassù non appena ha varcato il cancello. È possibile che sia così?”.
“È andata come dice lui. Non credevo che qualcuno potesse vedermi”.
“Questo non è un problema”, disse Elrond. “Legolas appartiene alla nostra gente e tu vieni dal Reame Boscoso. Egli sapeva bene chi tu fossi, infatti la sua domanda è stata chiara: voleva sapere se Loth-o-Doltaur aveva alloggio a Imladris. Non è stato semplice capire, fino a che non ha nominato Valienna”.
Helkamirië sorrise, ma di una gioia velata da profonda malinconia. “Non ci sono molti fiori nel folto di Dol Taur”, disse. “La gente di Thranduil ritiene che io sia rara fra gli Eldar quanto un fiore nella nostra terra. Dov’è Legolas, ora? Gli avete detto di me?”.
“Sembra che l’idea ti turbi”, rispose Elrond. “In ogni caso, Legolas aspetta qui fuori; vorrebbe porgerti i suoi saluti prima di partecipare al Consiglio, ma non ha molto tempo. Io e Glorfindel raggiungeremo la Sala del Consiglio, ti lasceremo sola con lui”.
Elrond si allontanò, mentre Glorfindel si attardò: le si avvicinò e le prese una mano nella propria, teneramente.
“Percepisco i tuoi timori”, le disse; “ma  i sentimenti non devono farti paura, la tua sensibilità è parte della tua natura di figlia degli Eldar”.
Helkamirië gli strinse a sua volta la mano e lo guardò riconoscente, mentre l’Elfo usciva seguendo Messere Elrond. Non appena i due si furono allontanati, sulla soglia si delineò la figura di Legolas: ancora una volta, i loro sguardi si incrociarono e rimasero incatenati per qualche istante. Infine, Legolas percorse velocemente la distanza che li separava e si inchinò al suo cospetto.
“Mia signora Helkamirië”, disse, “non credevo che avrei rivisto la tua luce su questa sponda del Grande Mare, né che tu fossi ospite a Imladris”.
“Legolas, rialzati te ne prego”, rispose la fanciulla con voce tremante. “In realtà io non dimoro nella Casa di Elrond, ma a Lothlorien, presso Sire Celeborn e Dama Galadriel. È stato il puro caso a far sì che noi ci incontrassimo in questo luogo”.
“Mai come ora sono stato così grato al caso”, disse l’Elfo. “Il Reame Boscoso è meno felice da quando tuo padre ti ha allontanata da noi; la tua presenza ci ricordava in ogni istante la sorveglianza dei Valar, mentre ora… non dubitiamo dei Signori d’Occidente, sappiamo per certo che il loro pensiero è costantemente rivolto a noi, eppure tu stessa ricorderai ancora che genere di vita si conduca laggiù e io… noi… ci sentiamo più soli di prima”.
“Io sono dispiaciuta, Legolas”, disse Helkamirië con gli occhi lucidi e la voce rotta dal pianto. “Non avrei mai voluto lasciare il nostro bosco. Mio padre me ne ha allontanato perché temeva le mie azioni e il suo affetto gli ha impedito di capire che il mio posto è fra voi, non nascosta nella beata Lothlorien”.
Legolas le asciugò gentilmente le lacrime prendendole il viso tra le mani. “Se è così”, disse, “perché non…”.
“No!”, lo interruppe bruscamente la fanciulla. “Non chiedermelo, non saprei dirti di no e non voglio contrariare i miei genitori”.
L’Elfo chinò il capo sconfitto, le lasciò il viso e fece per andarsene.
“Legolas!”.
Sentendosi chiamare si fermò sulla soglia. Helkamirië lo raggiunse e lo abbracciò, posando la guancia contro le sue spalle.
“Legolas”, sussurrò, “io so che non resterò a lungo lontana da Dol Taur, lo sento nel cuore, ritornerò. E sono sicura che prima di allora ti rivedrò ancora, anche se non ne conosco la ragione né il luogo”.
Legolas si sciolse dall’abbraccio e si voltò; e per la terza volta quel giorno fissò i suoi occhi in quelli di Helkamirië, restandone ammaliato. “Dama Helkamirië”, cominciò a dire, ma si fermò incapace di proseguire oltre.
“Il Consiglio sta per cominciare”, disse la fanciulla. “Ti staranno aspettando, vai. E non perdere la speranza o la fiducia in me”.
Legolas si inchinò e uscì dalla stanza, lasciando di nuovo da sola Helkamirië.
 
Non appena Legolas si fu allontanato, Helkamirië
corse via, rifugiandosi sulla terrazza, seduta proprio dove l’Elfo l’aveva vista quella mattina. Di nuovo, come un tempo, la sua lucentezza si offuscò e lei sapeva che questa volta non sarebbe tornata così facilmente; sapere che i suoi timori erano fondati, che davvero gli Elfi di Dol Taur sentivano acuta la sua mancanza, era un dolore troppo profondo. Avrebbe voluto urlare al mondo la sua angoscia, maledire il ‘dono’ che aveva ricevuto, disobbedire al proprio padre; ma sapeva che non sarebbe stato giusto, che senza il suo dono non avrebbe più potuto portare tanta gioia agli Elfi Silvani. Mentre rimuginava sui suoi pensieri, constatò l’esistenza di un altro sentimento che la sconvolgeva e che, però, non riusciva o non desiderava capire: sapeva solo che si faceva più vivo ripensando al suo incontro con Legolas e lei si disse che era dovuto al fatto che era stato lui a risvegliare in lei quel dolore, ignorando volutamente il suo cuore che le suggeriva un altro motivo.

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Capitolo 7
*** 6 ***


La giornata trascorse senza che Helkamirië riuscisse a scacciare i tristi pensieri che le attanagliavano il cuore; quando il Sole tramontò ebbe la conferma di quello che temeva: la sua pelle non emanava più quel forte bagliore, ma soltanto la lieve lucentezza tipica degli Eldar. Ormai il Consiglio era terminato e fu lo stesso Elrond, accompagnato da Glorfindel, a raggiungerla per riferirle le decisioni prese. Nel vederla rimasero turbati, non scorgendo più nessuna luce emanare da lei.
Dama Helkamirië!”, esclamò Elrond. “Cosa ti è accaduto? Cosa ne è stato della luce di Elbereth?”.
L’incontro con Legolas mi ha molto turbata”, rispose la fanciulla. “Questo è l’effetto che la tristezza e l’amarezza hanno su di me. Ora dimmi, però, quali notizie dal Consiglio?”.
Mia signora”, disse Elrond, “molte e gravi sono le cose che ho da riferire. Purtroppo abbiamo appreso che Saruman il Bianco ci ha traditi e si è volto al Male; egli ha tentato di imprigionare Mithrandir, e a Isengard sta radunando una moltitudine di Orchi e Lupi delle Terre Selvagge. Egli si è messo alla ricerca dell’Anello: vuole essere lui il nuovo Signore della Terra di Mezzo. E questa non è l’unica pessima notizia che ho da darti. L’essere chiamato Gollum è sfuggito alla sorveglianza degli Elfi di Dol Taur. Si è messo in contatto con gli Orchi in qualche modo ed è fuggito con il loro aiuto. Questa notizia ci è stata portata dallo stesso Legolas”.
Nel sentire quel nome, Helkamirië trasalì, ma Elrond non aveva finito.
Purtroppo, Gollum aveva già detto al Nemico della storia dell’Anello, del suo nuovo proprietario, Baggins, e dove ora si trovasse”, continuò, “ragion per cui gli Spettri dell’Anello raggiunsero la Contea, alla ricerca di uno Hobbit di nome Baggins; fortunatamente Mithrandir aveva già messo in guardia Frodo, e Bilbo non si trovava più nel suo paese da tempo. E quando infine i Cavalieri Neri raggiunsero Frodo a Colle Vento, ormai Aragorn, l’erede di Isildur, si trovava con loro, e anche grazie a questo, l’Anello raggiunse questo luogo. Ora, una decisione è stata presa”, soggiunse, mentre sul suo volto si dipinse un’espressione grave, “Frodo, lo Hobbit, si è offerto di portare l’Anello fino all’Orodruin e distruggerlo”.
A Mordor”, disse in un soffio Helkamirië, coprendosi il volto con le mani. “E andrà solo?”.
Riguardo a ciò, una decisione non è ancora stata presa”, rispose Elrond, “ma penso che sceglieremo dei compagni per lui”.
Helkamirië annuì e si avvicinò alla terrazza. “Quanto a me”, disse, “partirò domani stesso per Lothlorien. Presto le vie saranno difficili, ora che si sa che l’Anello non è più nella Contea; questa potrebbe essere l’ultima occasione per me di partire. Ti ringrazio della tua ospitalità e della tua gentilezza, Messere Elrond. Spero che verranno tempi migliori affinché io possa tornare a Imladris e trascorrervi più tempo. Ho solo un’ultima richiesta: fate che Legolas e Ilderan non sappiano della mia partenza; se dovessero chiedere di me, dite loro che non voglio riceverli, almeno fino a che non sarò abbastanza lontana”.
Quello che mi chiedi è mentire”, disse Elrond, “ciò nonostante esaudirò la tua richiesta”.
Non voglio sembrare irrispettosa”, disse Helkamirië, “eppure credo che tu custodisca segreti ben più grandi”.
Elrond non si mosse né aprì bocca, ma un guizzo nei suoi occhi confermò alla fanciulla di aver colto nel segno: ormai era certa che anche Elrond, come Galadriel, fosse il custode di uno dei Tre.
Dama Helkamirië”, intervenne Glorfindel, “non vorrai partire sola spero”.
Invece è così, Glorfindel”, rispose Helkamirië. “Sono giunta sola sin qui e partirò nuovamente da sola”.
Te ne prego, mia signora”, le disse l’Elfo, “consentimi di accompagnarti. Sarei un compagno discreto e valido”.
Questo lo so, Glorfindel”, disse dolcemente lei; “ma io non voglio mettere in pericolo la tua vita, per nulla al mondo. Non temere, non mi accadrà nulla”.
Io verrò con te”, disse perentoriamente Glorfindel. “Non potrai impedirmi di seguirti”.
D’accordo allora”, disse Helkamirië. “Se non posso proprio fermarti, partiremo domattina, prima che sorga il Sole. Ora, se non vi dispiace, vorrei rimanere sola”.
Glorfindel si inchinò e uscì, mentre Elrond si attardò sulla soglia; si voltò e la guardò attentamente.
Cosa ne sarà della tua luce?”, disse. “Tornerà oppure è persa per sempre?”.
Non conosco la risposta, mio signore”, rispose Helkamirië, “ma purtroppo è molto probabile che non ritorni per molto tempo”.
L’Elfo assentì tristemente e uscì dalla stanza.

Quando il Consiglio fu terminato, Legolas e Ilderan tornarono negli alloggi preparati per loro, incerti sul da farsi.
Dobbiamo partire subito, Ilderan”, disse Legolas.
Sono d’accordo”, disse Ilderan. “Tuo padre, Re Thranduil, deve essere informato degli ultimi avvenimenti. Però…”.
Cosa?”, chiese Legolas. “Cosa c’è che non va?”.
Loth-o-Doltaur. Dovremmo dirgli che l’abbiamo incontrata?”.
No”, disse tristemente Legolas.
Per quale motivo? Il Re e tutto il nostro popolo ne sarebbero felici”.
Helkamirië non vuole tornare. Le ho chiesto di venire con noi, ma lei mi ha zittito, dicendo che non vuole disobbedire ai suoi genitori. Perché dare questo dolore alla nostra gente?”.
E per quanto riguarda te?”.
Che vuoi dire Ilderan?”.
Lo sai bene Legolas”, disse Ilderan. “Ti conosco da tanto, troppo tempo, per non sapere cosa hai in mente. Tu stai pensando di accompagnare il Mezzuomo, pur sapendo che potresti non tornare. Quello che non capisco è perché: quando siamo arrivati qui non avevi di queste idee suicide”.
Ieri non sapevamo ciò che sarebbe accaduto”.
Già, ma tu ti comporti come se sperassi di morire in tale missione. Dimmi il motivo, ti prego: sono tuo amico, potrei solo consigliarti”.
Non so spiegarti, Ilderan”, disse Legolas stringendo i pugni. “Posso dirti che accompagnerò Frodo, ma non perché io voglia morire; lo faccio perché il mio cuore e il mio senso del dovere mi impongono di farlo. Voglio proteggerlo, e portarlo fino all’Orodruin. So che se mi accadesse il peggio per mio padre sarebbe un colpo terribile, ma non sarò tanto egoista. Io andrò con lui”.
Ilderan scosse il capo rassegnato. “E ovviamente sarò io a portare la notizia a Re Thranduil”.
Io non posso tornare a Bosco Atro se voglio partire con Frodo”, disse Legolas. “Non so ancora se Elrond mi consentirà di accompagnarlo o se sceglierà altri compagni, e non è stata ancora presa una decisione riguardo alla data, non vorrei trovarmi lontano”.
Sei sicuro di non dire niente riguardo Helkamirië?”.
Certo. Lei mi ha chiesto di fidarmi di lei ed è quello che ho intenzione di fare”.
Detto questo, Legolas uscì dalla stanza senza dire a Ilderan dove andasse.

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Capitolo 8
*** 7 ***


Legolas era certo che Helkamirië non avrebbe voluto riceverlo, ma era determinato ad incontrarla ancora, perciò si diresse verso le sue stanze senza farsi annunciare. Aveva evitato di dire a Ilderan quale fosse la sua meta, sicuro che altrimenti il suo compagno avrebbe voluto seguirlo. Improvvisamente sentì dei passi venire verso di lui e si nascose: pochi istanti dopo, Elrond e Glorfindel lo sorpassarono, evidentemente troppo pensierosi per accorgersi di lui. Legolas riprese la sua strada e istintivamente accelerò il passo. La porta delle stanze di Helkamirië era aperta, così entrò chiamandola per nome, ma non la vide; allora si diresse verso la terrazza, dove la fanciulla si era rifugiata.
“Dama Helkamirië”, chiamò Legolas.
“Legolas!”, esclamò Helkamirië sorpresa. “Cosa fai qui? Credevo che stessi preparandoti per partire domani”.
“Io non partirò, domani”, disse l’Elfo avvicinandosi a lei. “Io compirò un viaggio, certo, ma il giorno non è stabilito; andrò con il Mezzuomo all’Orodruin”.
“A Mordor… non farlo!”, implorò la fanciulla. “E’ rischioso, potresti non tornare. Se non vuoi farlo per me, pensa alla tua gente: se ti accadesse qualcosa, io svanirei per sempre, non mi rivedrebbero più!”.
“Perché mai?”, chiese Legolas. D’improvviso si accorse che Helkamirië non emanava la tipica luce e sembrava solo una figlia degli Eldar. “Helkamirië… io non ti avevo mai vista così. Sembri… sembri…”.
“Normale?”, finì per lui Helkamirië. “Per molte vite degli Uomini ho avuto questo aspetto a Lorien, poiché mi sentivo prigioniera, non potendo fare ciò che desideravo. Quando sono partita per raggiungere Imladris, mi sono resa conto che potevo essere di nuovo me stessa e così la luce è tornata… fino a quando tu e Ilderan non siete giunti sin qui. Tu mi hai fatto capire quanto realmente gli Elfi di Dol Taur abbiano bisogno di me e questo mi ha resa infinitamente triste, così la luce di Elbereth non può più brillare da me. Io spero solo che sia una cosa temporanea; ma se anche io tornassi a Dol Taur, quando l’Anello sarà distrutto, e tu fossi perito nell’impresa, allora davvero quella luce non tornerà”.
“Ma perché essa deve essere legata a me?”, chiese Legolas. “Anche prima hai detto la stessa cosa”.
Helkamirië trasalì impercettibilmente e si voltò, non riuscendo a sostenere lo sguardo di Legolas.
“Se tu non dovessi tornare tuo padre ne sarebbe distrutto”, disse; “e io non potrei guardare nei suoi occhi, sapendo che ho avuto l’occasione di fermarti e non l’ho fatto”.
Legolas si avvicinò a lei e la fece voltare, costringendola poi ad alzare il viso e guardarlo negli occhi.
“Helkamirië non devi pensare una cosa simile”, disse. “Tu non potresti fermarmi in nessun modo. Quando ho sentito la storia di Frodo, ho deciso di accompagnare quel disgraziato Mezzuomo che ha avuto la sfortuna di essere il Portatore di un tale oggetto. Non so se Elrond sceglierà dei compagni per lui, ma in ogni caso io andrò fino all’Orodruin se necessario”.
L’Elfo poteva ammirarla, ora, come avrebbe fatto con un’altra fanciulla della sua stirpe, senza il timore reverenziale che la sua luce ispirava. Osservò estasiato i suoi capelli, neri come la notte nelle terre elfiche ma illuminati dall’argento dei Teleri, che li rendeva più luminosi di quelli scuri dei Noldor. I suoi occhi, tanto affascinanti da incatenarvi che li guardava, erano verdi, del colore delle prime foglie di Primavera, e illuminavano la sua pelle bianca e diafana. Helkamirië era davvero una delle creature più belle che camminassero nella Terra di Mezzo.
“Ho solo una cosa da chiederti”, disse infine. “Sono convinto che il viaggio di Frodo non sarà intrapreso a breve, così vorrei che rimanessi a Imladris fino a quel giorno”.
“Legolas, io non posso rimanere”, rispose Helkamirië. “Se io mi fermassi qui non sono sicura che ti lascerei partire, pur comprendendo le tue ragioni; se solo potessi, io vi accompagnerei fino all’Orodruin”.
“Rimani ugualmente”, la pregò Legolas; “per troppo tempo sono stato privato della tua luce e vorrei portarne il ricordo con me, quando partirò”.
Helkamirië sorrise appena e per un attimo sembrò che la sua pelle tornasse a brillare.
“E sia”, disse, “rimarrò qui. Rimarrò con te”.
Legolas si inchinò innanzi a lei, visibilmente felice.
“Ti ringrazio, mia signora”, disse l’Elfo. “Per quanto riguarda la nostra gente non devi temere: Ilderan tornerà domattina a Dol Taur e io gli ho impedito di raccontare a mio padre del nostro incontro con te. Non adombrarti: in fondo, noi tutti sappiamo che prima o poi tornerai alla tua casa e abbiamo grande fiducia in te. Ora ti lascio riposare: avremo tempo per conversare”.
Legolas fece per andarsene, ma Helkamirië lo afferrò per un braccio, trattenendolo.
“Aspetta, Legolas”, disse, “devo recarmi presso Messere Elrond, per informarlo del rinvio della mia partenza, e ho bisogno che tu mi accompagni: non posso rischiare di incontrare degli stranieri proprio ora, anche se nascondermi non mi piace”.
 
Helkamirië uscì insieme a Legolas che la precedeva di pochi passi onde evitare incontri sbagliati. Percorrevano silenziosi i corridoi e le sale della dimora di Elrond, fin quando trovarono l’Elfo nella grande sala con il camino, intento a discutere con Glorfindel. Al loro ingresso, si voltarono entrambi verso Helkamirië che dapprima si guardò intorno nel timore che fosse presente qualcuno, poi prese il braccio che Legolas le porgeva e si avviò al suo fianco verso Elrond. Questi spostava lo sguardo stupito dalla fanciulla al suo accompagnatore.
“Dama Helkamirië”, disse, “a cosa devo il piacere di averti qui? E perché mai accompagnata da Legolas?”.
“E’ venuto a trovarmi”, rispose la fanciulla. “Voleva chiedermi di rimanere fino alla sua partenza”.
“Ma anche lui partirà domattina”, intervenne Glorfindel. “Ilderan è appena venuto a porgerci i suoi saluti; in effetti, ci aspettavamo che Legolas giungesse di lì a poco”.
“Io non partirò con Ilderan”, disse Legolas. “Ho preso una decisione: accompagnerò Frodo nella sua missione. So che riguardo alla data della partenza una decisione non è stata presa, perciò fino ad allora, con il permesso di Elrond, rimarrò qui”.
“Sarai mio gradito ospite”, disse Elrond, “fin quando lo vorrai e ogni volta che ne avrai bisogno. Apprendo con sollievo la tua decisione di partire con il Mezzuomo; sono certo che altri validi compagni sceglieranno di venire con Frodo”.
“Per quale motivo trascorrerai qui il tempo che manca?”, disse Glorfindel; “E’ una decisione alquanto insolita, credevo che saresti partito per raggiungere tuo padre a Dol Taur, per parlargli della tua decisione”.
“Questo è ciò che mi detta la ragione”, rispose Legolas; “ma il cuore mi ha imposto di rimanere: voglio giovarmi della compagnia di Dama Helkamirië e spero di portare il ricordo, ancora verde, della sua luce, perché mi conforti nell’oscuro viaggio che mi attende”.
“Dama Helkamirië”, disse Elrond, “sei certa di voler rimanere? Tu stessa, poche ore fa, dicevi che potresti non avere più opportunità di raggiungere Lorien”.
“Non potevo partire”, disse Helkamirië. “Il mio cuore non ha resistito all’accorato appello di Legolas”. La fanciulla strinse maggiormente il braccio dell’Elfo che ricambiò lo sguardo di lei. “Io potrò partire dopo l’Anello; quando esso sarà in movimento, nessuno si curerà di un’Eldarin che percorre la via del Caradhras”.
“Mia signora”, disse Glorfindel con aria supplice, “ti prego, sii ragionevole: per te la cosa più saggia da fare è partire al più presto. Se accadesse ciò che Legolas si augura, e la luce di Elbereth tornasse a splendere, non saresti più una semplice Eldarin che si sposta attraverso l’Eregion. E se anche ciò non si avverasse, nessun Elfo può dirsi totalmente al sicuro nel percorrere la Scala dei Rivi Tenebrosi”.
“Non insistere Glorfindel”, rispose Helkamirië, “ormai ho deciso, resterò qui. Se diventasse impossibile raggiungere Lothlorien, allora forse prenderò in considerazione l’idea di tornare al Reame Boscoso, disobbedirò a mio padre, ma ora non lascerò Legolas”.
“Come desideri, Dama Helkamirië”, disse Glorfindel. “Non insisterò oltre. Ora consentimi di accompagnarti alle tue stanze”.
Legolas abbassò lo sguardo a incontrare quello di Helkamirië: lei lo ricambiò e posò una candida mano sul bel volto dell’Elfo, lasciando andare il braccio a cui si era stretta per tutto il tempo. Legolas si congedò e si allontanò velocemente.
 
“Ti ringrazio per la tua disponibilità, Messere Elrond”, disse Helkamirië dopo che Legolas si fu allontanato. “Ho solo una richiesta ancora: vorrei che Legolas fosse ospitato nella camera più vicina alla mia. Non voglio incontrare i tuoi ospiti mentre mi sposto per fargli visita, anche se sono stanca di nascondermi”.
“E’ una precauzione”, rispose Elrond. “Ma la decisione finale spetta a te, se decidessi di mostrarti… Comunque, esaudirò la tua richiesta”.
“Ti ringrazio”, sorrise la fanciulla. “Ti auguro di trascorrere una notte serena”.
Elrond chinò il capo in risposta alle sue parole e Helkamirië si diresse alle sue stanze, accompagnata da Glorfindel. L’Elfo la precedeva lungo i corridoi, ma non disse una parola riguardo alla decisione di Helkamirië, la quale si sentì sollevata dal suo silenzio. Una volta arrivati, però, Glorfindel non accennava ad andarsene, così la fanciulla provò a parlargli.
“Glorfindel perché sei così silenzioso?”, chiese timorosa.
“Dama Helkamirië”, disse l’Elfo, “da quando Legolas è giunto a Imladris, ho avvertito un cambiamento in te, o piuttosto un turbamento. Il primo segno evidente è stato la mancanza della luce di Elbereth: io non credo che la tua amarezza e la tua tristezza siano dovute alla sofferenza degli Elfi del Reame Boscoso, ma piuttosto sono provocate dal dolore del figlio di Thranduil. Inoltre, non volevi vederlo fino alla tua partenza; forse perché sapevi che saresti rimasta con lui?”.
“Smettila”, sibilò Helkamirië. “Le tue sono solo illazioni. Vuoi forse offendermi?”.
“Io non voglio mancarti di rispetto, mia signora”, disse Glorfindel. “Desidero che tu sia felice e non penso che lo sarai rimanendo qui per soddisfare i capricci di Legolas”.
“Quelli di Legolas non sono capricci!”, esclamò la fanciulla. “Egli si è impegnato in un’impresa molto difficile, forse letale; vuole rivedere la mia luce, il cui ricordo lo conforterebbe nei momenti più bui, è per questo che Elbereth me l’ha donata, non per fregiarmene!”.
“Mia signora, ti ascolti quando parli di Legolas?!”, sbottò l’Elfo. “Tu non vuoi ammettere che nei suoi confronti hai un particolare riguardo, perché? Ti fa così paura l’idea di avere qualcuno al tuo fianco?”.
“Glorfindel, tu…”, sussurrò Helkamirië, non sapendo più cosa dire.
“Io… ti amo, Dama Helkamirië”, disse Glorfindel dolcemente, prendendole le mani fra le proprie. “Non posso farne a meno, sebbene io capisca che il tuo dono non può appartenere ad un’unica persona. Tuttavia… se tu accettassi di diventare la mia sposa, io ti starei accanto e ti sosterrei con tutto il mio amore e non permetterei alla luce di Elbereth di svanire”.
Helkamirië spalancò gli occhi per la sorpresa, fissandoli in quelli grigi di Glorfindel.
“Io… non posso…”, riuscì a dire; “Non posso amarti Glorfindel. Il mio cuore appartiene a un altro”.
“Legolas”, disse l’Elfo serrando i pugni. “Ma come puoi pensare che lui ricambi i tuoi sentimenti? Il tuo Principe ti vede solo come una creatura speciale: quando pronuncia il tuo nome c’è rispetto nella sua voce, ma non amore e invece tu… tu soffri per lui, perché sai che ho ragione e non riesci a trovare rimedio al tuo dolore, ma forse il mio amore potrebbe guarirlo”.
Helkamirië aveva ascoltato quelle parole a capo chino; il cuore le diceva che quelle erano menzogne e che Glorfindel voleva solo convincerla ad accettare la sua proposta, ma la ragione le imponeva di riflettere sulle parole dell’Elfo. Improvvisamente si ricordò ciò che lei stessa aveva detto a Haldir quando lasciò Lorien: sentiva qualcosa che la attirava verso Imladris ma non sapeva di cosa si trattasse; forse era stato il destino a portarla laggiù, perché diventasse la sposa di un nobile Elfo qual era Glorfindel. Mentre questi pensieri si affollavano nella sua mente, Helkamirië non aveva proferito parola.
“Non devi darmi una risposta adesso”, la riscosse Glorfindel; “rifletti sulla mia proposta e quando avrai preso una decisione, cercami”.
Helkamirië continuava a non parlare, così l’Elfo si congedò e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

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Capitolo 9
*** 8 ***


Appena rimasta sola, Helkamirië sentì la collera montare in lei come un’ondata di alta marea. Cominciò a camminare avanti e indietro nella speranza di farla sbollire, ma l’unico risultato che ottenne fu di ritrovarsi sulla solita terrazza a guardare le stelle.
“Ma come osa?”, prese a urlare a sé stessa; “come può parlare in questo modo di Legolas? Lui non lo conosce, non sa nulla di lui!”.
La fanciulla strinse i pugni, colma di rabbia; non sapeva se fosse più adirata con Glorfindel o con sé stessa, per non aver rifiutato immediatamente la proposta dell’Elfo. Mentre rimuginava, lo sguardo le cadde sulle proprie mani: sgranò gli occhi e corse all’interno dove si potè specchiare. Ciò che vide la lasciò ancora di più senza parole; la sua pelle brillava di nuovo, ma la luce non era la solita: sin da quando aveva memoria, era stata sempre un’algida luce di stelle quella che da lei traspariva, mentre ora le sembrò di essere incandescente, come un raggio di sole catturato da un delicato involucro.
“Oh mia signora Elbereth!”, esclamò. “Cosa mi succede?”.
Helkamirië era confusa: aveva desiderato di tornare a splendere, per lasciare a Legolas il ricordo cui tanto anelava, ma rifiutava di mostrarsi a lui in quella forma; lei stessa si era spaventata nel vedere quel cambiamento e non avrebbe resistito se avesse scorto paura negli occhi dell’Elfo che amava. Amava? Quella consapevolezza la colpì come uno schiaffo in pieno viso: davvero provava sentimenti tanto forti per Legolas? Sapeva che era così, lo sapeva sin da quando viveva a Dol Taur; la sua condizione le aveva guadagnato l’ospitalità di Thranduil, il quale desiderava che Loth-o-Doltaur vivesse a palazzo perché fosse servita e riverita quasi fosse un essere superiore. E come tale veniva trattata, senza che qualcuno osasse avvicinarla o tentare di divenire suo amico; l’unico che avesse provato a essere suo amico era proprio Legolas. Helkamirië era convinta che lo facesse soltanto per contravvenire agli ordini del suo rigido padre, ma non le importava; per lei, era sufficiente che l’Elfo si dimostrasse l’unico a capire che la benedetta fanciulla aveva dei sentimenti e non era un oggetto sacro da custodire senza toccarlo. Improvvisamente, però, Legolas era cambiato totalmente. Non andava più a trovarla così spesso e, quando lo faceva, si dimostrava freddo e distaccato. Helkamirië aveva tentato di scoprirne il motivo, ma era stato tutto inutile e così, Loth-o-Doltaur aveva lasciato il palazzo, aveva imparato a cavalcare e combattere e aveva dato il via a quella vita piena di pericoli che infine aveva costretto suo padre ad allontanarla da Dol Taur.
Non ripensava a quegli avvenimenti da molto tempo e ora le si presentava l’occasione per scoprire la verità. Decise che avrebbe parlato a Legolas e stavolta non gli avrebbe permesso di non rivelarle ciò che accadde quando vivevano entrambi nel Reame Boscoso.
 
Dopo aver lasciato Helkamirië, Legolas si era diretto subito verso la stanza dove alloggiava con Ilderan e una volta giunto, senza neanche battere ciglio, si era disteso supino sul suo letto con le mani incrociate sotto la nuca. Mentre era così, perso nei suoi pensieri, Ilderan rientrò da chissà dove.
“Legolas!”, esclamò. Vedendo la faccia dell’amico, però, prese una sedia e si sistemò vicino al suo letto. “Cosa è successo? Riguarda Helkamirië?”.
Legolas trasse un profondo respiro e si voltò appena verso Ilderan; per alcuni interminabili attimi sembrò non voler dire una parola, ma alla fine un forzato “Si” uscì dalle sue labbra.
“Non vuoi dirmi altro?”, insistette Ilderan. “Devo forse indovinare tutto il resto?”.
Legolas si mise seduto e puntò gli occhi grigi in quelli del suo amico; vi si poteva leggere un turbinio di emozioni contrastanti: gioia, dolore, amore e… paura.
“Sono andato da lei”, disse. “Avevo bisogno di vederla, per dirle della mia decisione. Qualcosa in me diceva che dovevo sbrigarmi, che non avevo molto tempo; infatti, se avessi aspettato, non l’avrei più rivista. Aveva intenzione di lasciare Imladris all’alba”.
“E ora, invece, cosa farà?”.
“Sono riuscito a convincerla a rimanere fino alla mia partenza”, disse Legolas. “Volevo giovarmi della sua vicinanza e portare con me un fresco ricordo della luce di Elbereth. Purtroppo, però, Helkamirië sembra non possedere più il suo dono”.
“Cosa?!”, esclamò Ilderan. “Come è possibile, ti starai di sicuro sbagliando. I Valar non concedono doni come il suo per poi riprenderseli di punto in bianco e senza averne motivo”.
“Lo so, Ilderan, lo so”, disse sconsolato Legolas, “però sono anche sicuro di ciò che ho visto. Quando ho raggiunto Helkamirië, ho visto soltanto una fanciulla Eldarin; incantevole, certo, ma pur sempre una fanciulla come ce ne sono tante nel nostro reame”.
“Forse è solo offuscata”.
“Cosa? Che vuoi dire?”.
“Mio padre mi disse una cosa simile”, rispose Ilderan; “disse che i sentimenti di Helkamirië, se da lei vissuti con troppa intensità, possono offuscare o intensificare la luce di Elbereth. Forse dicendole quanto noi tutti sentiamo la sua mancanza, l’hai intristita e non riesce a smettere di soffrire. Chissà, se le dicessi cosa provi per lei, può darsi che tu riesca a farla tornare come prima”.
“Non capisco di cosa parli, Ilderan”.
“Certo che lo sai”, disse Ilderan. “Legolas non fingere con me, è inutile. Io sono l’unico a sapere che quando viveva a palazzo andavi da lei perché te ne eri già innamorato; e so che all’improvviso l’hai fatta soffrire, trasformandola in quella spietata cacciatrice che è stata. Dopo tutto questo tempo, ancora non vuoi dirmi qual è stato il motivo di un tale comportamento da parte tua?”.
“Te l’ho già detto”, rispose mestamente Legolas.
“No, non è così!”, esclamò Ilderan. “Allora mi dicesti soltanto un nome: Firiel. Cosa c’entra la tua povera promessa sposa?”.
“E’ morta Ilderan”.
“Questo lo sapevo già!”.
“E’ stata colpa mia”.
“Che dici?”, disse Ilderan. “Sono stati gli Orchi a ucciderla, mentre passeggiava nei boschi”.
“Non stava affatto passeggiando!”, esclamò Legolas. “Firiel stava fuggendo… da me; fuggiva perché le avevo detto che non l’avrei mai sposata e che amavo un’altra! È scappata via in lacrime e io non l’ho fermata, non ho neanche tentato di seguirla. Se fossi stato con lei…”.
“Sareste entrambi morti”, disse Ilderan con calma. “Io stesso esaminai la zona dopo che Firiel fu ritrovata e a giudicare dai danni provocati dal loro passaggio e dalle impronte, si trattava di una pattuglia di almeno trenta Orchi; nemmeno tu, per quanto abile, avresti potuto sopravvivere”.
Dopo queste parole di Ilderan, il silenzio calò sulla stanza, pesante come un macigno. L’Elfo spostò la sedia e fece per andare verso il proprio letto, voltandosi a dare un’occhiata all’amico. Legolas era ancora seduto ai bordi del letto, tenendo la testa fra le mani e i gomiti poggiati sulle ginocchia. Non piangeva, ma i suoi occhi erano lucidi e pieni di tristezza.
“Legolas”, gli disse Ilderan, “non negare a te stesso la felicità solo perché Firiel non potrà più averla. Helkamirië non può aspettarti per l’eternità”.
Detto ciò Ilderan si coricò, lasciando Legolas sveglio e pieno di dubbi.

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Capitolo 10
*** 9 ***


Alle prime luci dell’alba, Helkamirië si affacciò alla balaustra della sua terrazza per ammirare Imladris; nel farlo scorse Ilderan e Legolas che conversavano, mentre il primo preparava il proprio cavallo al lungo viaggio che lo attendeva. Subito capì cosa stava accadendo: Ilderan tornava a Dol Taur.
“Ilderan!”, chiamò a gran voce; “Ilderan aspetta!”.
Prima di poter pensare alle conseguenze, uscì dalle sue stanze e si mise a correre verso il cortile dove aveva visto i due Elfi. Quando uscì all’aperto, il suo animo si riempì di gioia: provava un grande affetto per Ilderan e ora lui era lì, davanti ai suoi occhi e a portata delle sue braccia che non mancarono di stringerlo. Era così presa dalla felicità che non si era ancora accorta di tornare a brillare.
“Mia signora”, la scostò Ilderan. La fanciulla non capiva il motivo di un tale gesto, fino a che l’Elfo le prese una mano e la sollevò all’altezza dei loro visi.
“E’ tornata!”, esclamò felice Helkamirië. “La luce di Elbereth è di nuovo mia!”.
Il suo sguardo si posò istintivamente su Legolas, ma il sorriso tirato che questi le rivolse e il suo sguardo triste ferirono il suo cuore più di mille pugnali.
“Helkamirië”, la chiamò Ilderan, “non avresti dovuto lasciare la tua stanza. Sai che i Mortali non possono posare i loro occhi su di te”.
“Ilderan, come sempre ti preoccupi troppo!”, sorrise la fanciulla. “Non mi ero accorta che il mio dono era tornato, e in ogni caso non mi importa; è da quando sono stata istruita da Sire Celeborn e Dama Galadriel che continuo a rimuginarci e ho preso una decisione: questa luce non deve essere negata ai Popoli Liberi della Terra di Mezzo. I Signori d’Occidente vegliano su tutti noi, non soltanto sugli Elfi. E poi, credi che ti avrei lasciato partire senza salutarti? È già riprovevole che tu sia stato qui a Imladris e che non abbiamo trascorso del tempo assieme, non trovi?”.
Ilderan sorrise di rimando e la abbracciò, strinse la mano a Legolas e montò a cavallo. Diede un ultimo sguardo a Imladris e poi ai suoi amici.
“Arrivederci Dama Helkamirië”, disse chinando il capo; “arrivederci a Dol Taur”.
Spronò il suo cavallo al trotto, poi mentre si allontanava, si voltò gridando verso Legolas: “Amico mio, tu sai cosa devi fare!”; detto questo, scoppiò a ridere e galoppò lontano, verso Dol Taur.
 
Rimasta sola con Legolas, Helkamirië sentì la tensione crescere fra loro. Provò a interrompere il pesante silenzio.
“Legolas”, disse, “come puoi vedere posso risplendere di nuovo”.
“Così sembra”, rispose l’Elfo, freddo.
Helkamirië fu ferita da questo distacco: le ricordò ciò che era successo quando viveva al palazzo di Thranduil; decise che doveva tentare di capire cosa provasse Legolas per lei.
“Sai”, cominciò, “Glorfindel mi ha chiesto di diventare la sua sposa”.
“Che cosa?!”, esclamò l’Elfo, ridestandosi finalmente da quello stato di apatia.
“Ho detto che Glorfindel mi vuole come sua sposa”, disse la fanciulla, trionfante per quella piccola vittoria; “E sto pensando di accettare”.
A quelle parole, Legolas strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. “Non puoi farlo!”, esclamò, quasi gridando.
“E perché mai?”, chiese Helkamirië. “Dopotutto il nobile Glorfindel ha ragione: tu non provi amore per me, tu mi rispetti; in fondo, però, è meglio del gelo che mi hai riservato l’ultima volta al Reame Boscoso, non credi?”.
“Helkamirië, non è come pensi”, disse Legolas con sguardo triste. “I sentimenti che provo per te sono profondi e sinceri”.
“E quali sono questi sentimenti?”, chiese la fanciulla; si stava arrabbiando e la luce prese a cambiare. “Non mi hai mai detto cosa provi! Quando vivevo al palazzo di Thranduil, tu mi trattavi come una sorella minore, mentre io… io ti amavo e ti amo ancora!”.
Detto questo, scappò via senza dare a Legolas il tempo di risponderle. L’Elfo improvvisamente si trovò a rivivere una scena di un passato lontano: aveva ferito una fanciulla che lo amava e lei era fuggita da lui. Questo fece scattare qualcosa nella sua mente, dimenticò dove si trovasse e le corse dietro: voleva proteggerla, non poteva permettere che lei morisse… proprio come Firiel. Non gli fu difficile raggiungerla e la fermò, trattenendola per un braccio. Helkamirië cercò di divincolarsi, ma era impossibile sfuggire alla stretta di Legolas che le strinse anche l’altro polso.
“Lasciami!”, urlò la fanciulla. “Lasciami andare, Legolas!”.
“No”, rispose l’Elfo, “non ho nessuna intenzione di farlo. Non posso permettere che anche tu soffra e getti la tua vita al vento!”.
“Di cosa parli, Legolas?”; Helkamirië si era calmata e ora guardava Legolas, stupita. “Gettare la mia vita? Anche io?”.
L’Elfo sembrò realizzare solo in quel momento ciò che era successo realmente e la propria reazione. Lasciò andare i polsi di Helkamirië come se fossero roventi, guardandola tristemente, e fece per andarsene. Questa volta, però, fu il turno di Helkamirië di bloccarlo.
“Dove credi di andare, Legolas?”, disse. “Tu mi devi delle risposte: non puoi intimarmi di non sposare un altro e poi rifiutarti di fare chiarezza nel tuo cuore!”.
“Io non ci riesco, Helkamirië!”, rispose Legolas; “Non posso dirti cosa accadde a Dol Taur allora, né cosa mi si agita nell’animo ora. Perdonami se puoi”.
Legolas si sciolse dalla stretta e si allontanò, lasciando Helkamirië preda dei dubbi. Prima che l’Elfo fosse troppo lontano, decise di comunicargli la decisione che aveva preso.
“Rifiuterò la proposta di Glorfindel”, disse, “perché io non lo amo”.
Legolas si fermò, voltandosi a guardarla: per un attimo, un sorriso sereno si fece strada sul suo volto, ma l’Elfo non tornò sui suoi passi.

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Capitolo 11
*** 10 ***


Rimasta sola, Helkamirië decise che non si sarebbe fatta intristire da ciò che era successo; perciò si diresse alla Sala Principale dove era certa di trovare Elrond per attuare ciò che aveva detto quella stessa mattina a Ilderan: non si sarebbe più nascosta fra gli Eldar.
Quando entrò nella stanza potè constatare che vi si trovavano tutti gli ospiti di Elrond e molti degli Elfi residenti a Imladris, e tutti loro si voltarono nella sua direzione. Helkamirië poteva leggere lo stupore negli occhi di tutti i presenti: ma se gli Elfi non potevano credere che lei si fosse mostrata, Uomini, Nani e Hobbit erano meravigliati e sconvolti dall’aspetto della fanciulla Eldarin.
Ella non si fece intimorire e avanzò nella sala, dirigendosi verso Elrond che la guardava come se sapesse da tempo che avrebbe compiuto quel gesto. Helkamirië camminava tranquillamente, mentre le persone che la circondavano formavano due ali attorno a lei, scostandosi per farla passare.
Mithrandir che si trovava accanto a Elrond, la fissava attentamente: era davvero molto bella, i capelli, scuri ma incredibilmente lucenti, incorniciavano un viso dai lineamenti delicati ed eterei, illuminato da profondi occhi verdi che riflettevano determinazione e… un inesprimibile dolore. La luce che l’aveva benedetta emanava da lei con un’intensità tale da risplendere tenuemente persino sui volti di coloro che le stavano accanto, eppure non si trattava di una brillantezza che feriva gli occhi: al contrario, chi posava lo sguardo su Helkamirië ne traeva soltanto conforto. Lo Stregone, però, non era colpito dalla sua, seppur notevole, bellezza esteriore, piuttosto dal dono di cui era stata beneficiata, nel quale poteva nettamente distinguere il volere dei Signori d’Occidente.
Dopo alcuni, interminabili istanti, Helkamirië raggiunse Elrond che ora era circondato da quelli che in seguito sarebbero diventati i rimanenti compagni di Frodo. Uno di essi attirò il suo sguardo: era un Uomo, molto alto, dai capelli scuri e i penetranti occhi grigi che portavano essi tutti i segni che molti anni e gravi affanni non erano riusciti a imprimere del tutto sul suo viso. La fanciulla non avrebbe saputo dirne il motivo, ma sentiva di doversi inchinare al suo cospetto; costui ricambiava il suo sguardo e sembrava essere l’unico a non rimanere incatenato dai suoi occhi verdi.
“Percepisco in te grande forza e grande nobiltà”, disse chinando il capo; “Posso sapere qual è il tuo nome?”.
“Grampasso mi chiamano alcuni”.
“Io desidero conoscere il tuo vero nome”.
“Sono Aragorn, figlio di Arathorn”, disse lo sconosciuto. “Ora, però, vorrei sapere qualcosa di te, luminosa figlia degli Eldar”.
“Il mio nome è Helkamirië Erynglin”, rispose la fanciulla con un sorriso, “e come potete vedere ho ricevuto un particolare dono dalla nostra regina Elbereth. Il mio popolo, la gente di Bosco Atro, mi conosce come Loth-o-Doltaur o Valienna e con questo nome sono nota a tutti gli Eldar. I sapienti della mia stirpe ritennero prudente tenermi nascosta e celare la mia esistenza persino ai più cari amici se questi non fossero stati Elfi”.
“E dimmi, Helkamirië”, intervenne Gandalf, “perché mai hai deciso di mostrarti a noi?”.
“Mithrandir”, lo salutò con un cenno del capo; “Ho riflettuto a lungo, soprattutto da quando tutte queste Genti e l’Anello si trovano a Imladris, e sono giunta alla conclusione che questo mio dono debba portare conforto a tutti i Popoli Liberi della Terra di Mezzo; non credo che i Valar me lo abbiano concesso solo per gli Elfi, i Signori d’Occidente vegliano e si preoccupano per tutti noi. Fra pochi giorni lascerò la Casa di Elrond, perciò desidero che voi tutti portiate negli occhi e nel cuore la luce di Varda”.
Nel dire questo, Helkamirië si voltò verso i quattro Hobbit che si erano seminascosti dietro lo Stregone. Aveva incrociato lo sguardo di Frodo e vi aveva scorto dolore, ma anche paura. Paura di fallire, di causare infine egli stesso indicibili sofferenze ai suoi amici. La fanciulla Elfo si accostò allo Hobbit e si piegò sulle gambe fino a posare le sue mani sulle piccole spalle; avvicinò le labbra ad un suo orecchio per potergli parlare senza che tutta la sala sentisse le sue parole.
“Non temere, Frodo”, sussurrò dolcemente; “Ho capito cosa si agita nel tuo animo, ma devi credermi: io sono certa che tu riuscirai nell’impresa. E il mio cuore mi dice che non sarai mai solo come ti senti ora, neppure nell’ora estrema della tua decisione”.
 
Helkamirië posò un tenero bacio sulla guancia di Frodo e si rialzò; fece per andarsene, quando Glorfindel si fece strada nel salone e vedendola si diresse verso di lei, con un’espressione se possibile più spaventata che se si fosse trovato davanti a Sauron in persona.
“Mia signora Helkamirië!”, esclamò sconvolto. “Cosa fai qui? Perché ti sei mostrata?”.
“Calmati Glorfindel”, intervenne Elrond; “Dama Helkamirië ha preso una decisione, dimostrando di comprendere il dono di Elbereth meglio di coloro fra noi che si definiscono sapienti. Noi dobbiamo rispettare la sua decisione”.
Glorfindel si avvicinò a Helkamirië e le porse il braccio: lei comprese che l’Elfo si aspettava una risposta, perciò si congedò e lo accompagnò nei giardini di Imladris. In parte temeva la sua reazione, così decise di parlare subito, senza esitazioni.
“Glorfindel ho preso la mia decisione”, disse. “Ora ascoltami senza interrompermi: mi addolora farlo, ma la mia risposta è no, non posso sposarti, perché non ti amo”, si fermò un attimo per spiare eventuali reazioni. Il viso dell’Elfo era una maschera di dolore ma non si lasciò impietosire: era stanca di reprimere sé stessa per paura di far soffrire gli altri. “Alla fine ho cambiato idea: fra due giorni partirò per Lorien; non chiedermi il motivo, non ti risponderei. Compirò il mio viaggio da sola, e spero che tu sia d’accordo”.
Detto questo, lasciò Glorfindel e si allontanò decisa: aveva ancora un’ultima questione da sistemare prima di lasciare Imladris.

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Capitolo 12
*** 11 ***


Dopo aver discusso con Helkamirië, Legolas era tornato nella sua stanza, ma quando vi giunse trovò che la porta era stata chiusa a chiave. Mentre ritentava di aprire l’uscio, sopraggiunse un’ancella che gli mostrò la sua nuova camera. Seguendo la fanciulla, capì che doveva essere stata Helkamirië a richiedere quello spostamento: le porte delle rispettive stanze, infatti, distavano pochissimo l’una dall’altra.
L’interno era molto simile a quello dell’alloggio di Valienna, vi si trovava persino una terrazza e Legolas si aspettava quasi di trovarvi Helkamirië che gli sorrideva felice. Immaginando questa scena, un sorriso gli incurvò le labbra: aveva amato Valienna praticamente dal primo momento, quando era andata a vivere a palazzo e, certo di essere ricambiato, avrebbe chiesto di lì a poco la sua mano se non fosse stato per la morte di Firiel, la fanciulla che suo padre aveva scelto per lui, ritenendo Helkamirië troppo sovrannaturale. Legolas, però, non volendo sottostare a tale decisione, aveva rivelato la verità a Firiel, la quale era fuggita via in lacrime, e l’Elfo non l’aveva seguita, credendo che non sarebbe uscita dai confini sorvegliati. Purtroppo si sbagliava: la fanciulla aveva raggiunto il bosco proprio mentre una numerosa pattuglia di Orchi vi stava passando e le orrende creature non si erano fatte scrupoli nel massacrarla brutalmente. Nell’apprendere la notizia, Legolas non aveva potuto fare a meno di sentirsi responsabile, perciò temendo che una cosa del genere potesse accadere alla sua amata Helkamirië, aveva preso a trattarla freddamente, nella speranza di allontanarla da sé ed era riuscito nel suo intento; dopo non poco tempo anche la morsa che gli attanagliava il cuore si era leggermente allentata, permettendogli se non altro di continuare la propria vita.
Dopo tante vite degli Uomini, però, recandosi a Imladris l’aveva rivista e quella sensazione era tornata più intensa di prima; non aveva resistito alla tentazione di incontrarla, con il pretesto di portare notizie dal suo regno. La confessione di Helkamirië, quella stessa mattina, se da un lato lo aveva confortato, dall’altro aveva peggiorato le cose: Legolas aveva fatto chiarezza nel proprio cuore, ma aveva troppa paura di mettere in pericolo Helkamirië per confessarle che ricambiava i suoi sentimenti.
Improvvisamente il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da un lieve bussare alla porta.
 
“Entra pure”, disse, sapendo già chi fosse.
Helkamirië entrò nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle e fissando Legolas; senza dirsi niente, fecero qualche passo l’uno verso l’altra, fino a trovarsi a brevissima distanza. L’Elfo osservava attentamente la fanciulla, come se non la vedesse da innumerevoli anni: la luce di Varda era tornata forte e nitida a trasparire dalla sua pelle, oscurata solo dove la stoffa cremisi dell’abito copriva il suo corpo. Al collo portava un rubino rettangolare incastonato nel mithril e appeso a una catenella dello stesso metallo, che riluceva, grazie alla brillantezza di Helkamirië, di tutte le sfumature del rosso. Legolas non resistette alla tentazione di sfiorarlo e allungò una mano che la fanciulla strinse e si posò su una guancia, fissandolo con occhi imploranti.
“Legolas”, disse, “ti prego, parlami: dimmi che non mi odi!”.
L’Elfo sbarrò gli occhi, stupito; davvero pensava questo? “Odiarti?!”, esclamò; “Mia dolce Helkamirië, come puoi crederti che io possa odiarti?”.
“Cos’altro dovrei pensare?”, rispose Helkamirië; “Io ho fatto e faccio di tutto per sostenerti, per dimostrarti il mio amore… ma tu non sembri ricambiare, anzi mi sembri addirittura infastidito da questo mio atteggiamento. Devi solo dirmelo e io uscirò di nuovo dalla tua vita come feci già una volta. Se lo desideri non mi rivedrai più”.
Legolas la fissò esterrefatto e non resistendo oltre, la strinse a sé, accarezzando quella seta scura e luminosa che erano i suoi capelli.
“Helkamirië sei una sciocca”, sussurrò dolcemente. “Come puoi anche solo pensare che ti lascerei sparire per sempre dalla mia vita? Io ho bisogno di te. Ho bisogno di Helkamirië e non di Valienna, perché la amo”.
Helkamirië si scostò un poco per guardare Legolas in volto. “Tu mi ami?”, chiese, mentre calde lacrime di gioia presero a solcarle il bel viso. Legolas le asciugò dolcemente con i pollici, prendendole il viso fra le mani e si chinò a posare un tenero bacio sulle labbra rosse della fanciulla; quando la lasciò andare, lei nascose il viso sul suo petto e lo abbracciò forte.
“Mia dolce Helkamirië”, riprese l’Elfo, “io ti amo sin da quando ti vidi, tanto tempo fa, al palazzo di mio padre. Il mio amore per te, però, ha portato alla morte Firiel, la fanciulla che mio padre aveva scelto per me, anche se non direttamente. Per questo motivo tu devi dimenticarmi, Helkamirië”.
La fanciulla si staccò bruscamente da lui, fissandolo con occhi brucianti di triste odio. “Come puoi farlo?!”, disse a denti stretti. “Con quale coraggio mi chiedi di dimenticarti dopo avermi finalmente confessato i tuoi sentimenti?”. Si fermò un attimo, ansimante di rabbia. “Tu non ti rendi conto, vero? Mi stai chiedendo di vivere rinunciando a una parte di me stessa! Ora voglio conoscere la verità su Firiel: devi raccontarmi come hai potuto causare la sua morte e a quel punto sarò io a decidere se dimenticarti”.
Legolas la guardò stupito: non credeva che Helkamirië potesse essere tanto decisa. Un mezzo sorriso comparve sul suo volto a quel pensiero, ma sparì subito, scacciato dal dubbio; non era certo che fosse giusto dire la verità alla fanciulla che aveva davanti. Ilderan gli aveva detto che non doveva rinunciare alla felicità con la donna che amava per il ricordo di Firiel, ma lui nutriva l’insano terrore che il suo amore potesse portare alla morte anche Helkamirië.
“Legolas, io aspetto una risposta”, disse la fanciulla, tornata calma.
“Helkamirië, ti prego, io non…”, si interruppe, incapace di proseguire; si allontanò di qualche passo e le diede le spalle.
“Vorrei dirti che ti odio”, disse lei. “Ma non sarebbe giusto e non sarebbe la verità; vorrei detestarti, ma il fatto è che ti amo, lo capisci? E prima o poi riuscirò a vivere la mia vita con te; io non mi arrenderò, perché ora so che anche tu provi lo stesso per me. Addio… anzi, arrivederci Legolas”.
Così dicendo, Helkamirië lasciò la stanza e si diresse verso la sua, per prepararsi alla partenza.
 
Helkamirië uscì di corsa senza guardare dove andava, e così facendo si ritrovò a sbattere addosso ad Aragorn che andava nella sua direzione.
“Perdonatemi mia signora”, si scusò quest’ultimo. La fanciulla alzò gli occhi e il Ramingo potè vedere che erano pieni di lacrime. “Dama Helkamirië, cosa è successo?”.
“Nulla, Aragorn”, rispose Helkamirië evitando lo sguardo dell’Uomo. “Sul serio, non temere”.
“Ho visto che uscivi dalla stanza del Principe Legolas”, insistette Aragorn; “forse è per lui che piangi?”.
“No”, rispose poco convinta la fanciulla. “Ora scusami, devo andare a preparare le mie cose per il viaggio”.
Helkamirië si allontanò a passo svelto, mentre Aragorn la fissava, perplesso. Quando sparì dalla sua vista, il Ramingo bussò ed entrò nella stanza di Legolas. Questi era girato di spalle, guardando all’esterno, ma sapeva che c’era una sola persona che entrava senza aspettare il permesso nella sua camera.
“Legolas!”, esclamò l’Uomo; “Mancavi soltanto tu poco fa, nella Sala Principale. C’erano tutti gli ospiti di Elrond e abbiamo incontrato qualcuno che credo tu conosca, e molto bene anche. Si tratta di Valienna; o dovrei forse dire Loth-o-Doltaur?”.
“Vuoi dire che si è mostrata?”, chiese Legolas sconvolto.
“Esatto”, rispose Aragorn. “Non temere, lei ci ha già detto quale fosse la decisione della tua gente; e ci ha anche detto che lei non crede la sua luce sia fatta solo per gli Elfi”.
Legolas non disse nulla, si limitò a sedersi, invitando Aragorn a fare lo stesso.
“Legolas, amico mio”, disse l’Uomo, “dimmi la verità: cosa c’è fra te e Helkamirië? L’ho incontrata qui fuori in lacrime e anche se ha negato, sono certo che la cosa riguarda te. Sai che scoprirei comunque cosa c’è che non va, però preferisco saperlo da te”.
L’Elfo lo guardò, sofferente, e in un primo tempo sembrò non voler proferire parola; poi, però, cedette allo sguardo insistente del Ramingo.
“Ricordi quando ti raccontai di Firiel?”, chiese. Aragorn annuì e Legolas proseguì il suo racconto. “Io non ti dissi perché lei scappò da me, né allora, né in seguito, perché mi sentivo tremendamente colpevole. Nel periodo della sua morte mio padre aveva chiesto a Helkamirië di venire a vivere a palazzo e lei ne era stata entusiasta; inizialmente, anche io, come gli altri, vedevo in lei soltanto un essere sovrannaturale, da rispettare ma non amare. Non appena la vidi, però, compresi quanto il suo dono rendesse sola Helkamirië, perciò tentai di essere suo amico e scoprii quanto potesse essere piacevole questo contatto con lei. Mi innamorai di Helkamirië e chiesi a mio padre il permesso di chiedere la sua mano alla sua famiglia, ma il Re riteneva che Loth-o-Doltaur andasse preservato e che la dolce Firiel fosse una sposa più adatta a me. Io provai a farlo ragionare, dicendogli che Helkamirië in fondo è una fanciulla come le altre e dichiarandomi sicuro che lei ricambiasse i miei sentimenti, ma non riuscii a convincerlo. In un primo momento, provai ad adattarmi, comportandomi con Firiel come le circostanze richiedevano; però, Helkamirië viveva ancora a palazzo e io non potevo ignorare il mio cuore, così un giorno decisi di parlare alla stessa Firiel, confessandole che non l’amavo e non l’avrei mai fatto perché il mio cuore apparteneva a un’altra. Forse io fui troppo brusco, o non avevo compreso quanto Firiel tenesse a me, fatto sta che ella fuggì in lacrime; non la seguii, perché quel comportamento che giudicavo infantile mi indispettì. Quando la rividi era ormai senza vita: le sentinelle avevano trovato il suo corpo nel bosco, dove gli Orchi l’avevano massacrata e avevano solo potuto riportarla nel nostro regno perché fosse sepolta. Quando la vidi, fui sopraffatto dai sensi di colpa e fui tentato di cercare conforto confidandomi con Helkamirië, ma improvvisamente mi assalì una paura che sento ancora adesso: temo di lasciare andare Helkamirië e rivederla ormai senza vita, come accadde con Firiel”. Legolas guardò Aragorn che aveva ascoltato il suo racconto attento e senza proferire parola. “Ora sai tutto”, gli disse.
“Legolas”, disse Aragorn; “io non conoscevo tutta la storia, ma Ilderan mi raccontò questa tragedia e se anche tu avessi seguito Firiel, non avresti potuto salvarla dato il numero degli Orchi. Sareste morti entrambi e se Helkamirië ti ama quanto dici tu, vi avrebbe seguiti a breve, lasciandosi svanire per il dolore. Devi dimenticare quell’avvenimento e vivere la tua vita con colei che ami. Tu e Helkamirië potete trascorrere l’eternità insieme: non gettare al vento questo amore”.
“Tu hai ragione e io ne sono consapevole”, disse Legolas; “ma ho paura di farlo, soprattutto ora che ho deciso di partire con Frodo. Cosa accadrebbe se non dovessi tornare dopo aver scelto di stare con Helkamirië? Lei soffrirebbe troppo”.
“Forse credi che allo stato attuale non lo farebbe?”, chiese il Ramingo. “Lei ti ama e, ricambiata o no, se tu dovessi mancare, quasi certamente svanirebbe per il dolore o, nella migliore delle ipotesi, raggiungerebbe i Rifugi Oscuri e da lì le Terre Imperiture dove attenderebbe la fine privando queste terre della luce di Elbereth. So di non essere la persona adatta per dare consigli, data la mia situazione con Arwen, ma per voi potrebbe essere più facile”.
“Perdonami, amico mio”, disse l’Elfo, “non ho considerato i tuoi sentimenti parlando dei miei problemi. Ora andrò da Helkamirië, grazie per il tuo aiuto”.
“E’ stato un piacere”, sorrise Aragorn; improvvisamente si fece serio. “Corri Legolas! Helkamirië stava partendo, mi ha detto che stava andando a prepararsi!”.
Legolas non se lo fece ripetere due volte e si precipitò fuori dalla stanza, pregando di poter fermare la sua amata.

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Capitolo 13
*** 12 ***


Helkamirië aveva salutato Elrond e sua figlia Arwen Undόmiel ed era tornata nella sua stanza dove aveva indossato abiti da viaggio e preso i suoi bagagli. Voleva evitare di incontrare Legolas, così scappò via senza rivedere nessuno di coloro che aveva conosciuto a Imladris.
Percorse il primo tratto di strada correndo a perdifiato, superando il Guado del Bruinen in poco più di mezz’ora e dirigendosi a Sud verso l’Eregion. Non disponeva di molte ore di luce, perciò si costrinse a mantenere un passo sostenuto, tentando di mettere più distanza possibile tra lei e l’Elfo che le aveva detto che l’amava ma che non voleva stare con lei. Non si fermò nemmeno al calare della notte, sfruttando la capacità elfica di riposare percorrendo sentieri onirici e rimanendo tuttavia vigili e presenti nel mondo circostante.
Avanzando così a tappe forzate, raggiunse il Passo di Caradhras in appena dieci giorni e si apprestò alla scalata che compì in un paio di giorni, giungendo alla Scala dei Rivi Tenebrosi sul finire del secondo giorno. Se avesse posseduto ancora la propria lucidità, sarebbe rimasta nascosta fino all’alba, onde evitare spiacevoli incontri. In quel momento, però, Helkamirië desiderava soltanto raggiungere Lorien e Dama Galadriel che avrebbe potuto sicuramente confortarla; si lanciò in una folle corsa che non sfuggì alle sentinelle di Moria. Quando si rese conto di essere inseguita provò a fermare i Goblin utilizzando arco e frecce, ma erano troppo numerosi e fu costretta a fuggire. Finalmente, giunse in vista di Lothlorien, ma una freccia scagliata dai suoi assalitori le si conficcò in una gamba, costringendola a rallentare; fu raggiunta e circondata presso il Nimrodel e sfoderò il suo pugnale, ma essendo in netta inferiorità subì molte ferite. Stava per soccombere, quando sentì delle grida provenire dal bosco: prima di perdere i sensi, vide i Goblin fuggire verso Moria. L’ultima cosa che riuscì a vedere fu Haldir, a pochi centimetri da lei, che le chiedeva qualcosa, ma non riusciva a sentirlo. Poi, il buio.
 
Legolas percorse in fretta la poca distanza che divideva la sua stanza da quella di Helkamirië, ma quando vi giunse la trovò desolatamente vuota: le ante dell’armadio erano aperte a metà, come richiuse in fretta, e anche vari cassetti erano nelle medesime condizioni. La fanciulla doveva aver recuperato velocemente tutte le sue cose ed essere già andata via. Non volendo arrendersi all’evidenza, cominciò a chiamarla, ma nessuno rispose. Disperato, si inginocchiò sferrando pugni contro il pavimento.
“Legolas”, lo chiamò una voce femminile. Sapeva a chi apparteneva, ma si voltò sperando in cuor suo che fosse lei; si ritrovò davanti un’altra fanciulla.
“Arwen”, disse tristemente.
“E’ andata via”, disse Arwen. Vedendolo così affranto, provò una grande tenerezza e si sedette accanto a lui, sul pavimento, abbracciandolo. “E’ partita da più di mezz’ora, ormai avrà attraversato il Guado del Bruinen; non avresti dovuto lasciarla andare”.
Il tono di rimprovero che gli sembrò di cogliere nelle parole di Arwen riscosse Legolas, che scattò in piedi e fece per uscire e inseguire Helkamirië.
“Fermo!”, lo chiamò la figlia di Elrond. “Non puoi andartene, hai promesso di accompagnare Frodo. Non renderesti fiera Helkamirië se ora venissi meno alla tua parola”.
L’Elfo si fermò, schiacciato dalla verità di quelle parole. “Se non la seguo”, disse, “potrei non avere più possibilità di dirle quanto sia importante per me. Potrei non rivederla più”.
“Allora devi fare di tutto per tornare dall’impresa!”, esclamò Arwen. “Così potrai andare a prenderla a Lόrien”.
Legolas non rispose, si limitò ad annuire, sorridendo riconoscente mentre Arwen lo stringeva fra le braccia; nei giorni seguenti tentò di dimenticare la propria disperazione gettandosi a capofitto nel pensiero del viaggio che lo attendeva.
 
Helkamirië crollò fra le braccia di Haldir che la sollevò per portarla immediatamente a Caras Galadhon. Era molto preoccupato per lei: aveva estratto la freccia, ma oltre a quella diverse altre ferite, provocate dai pugnali dei Goblin, coprivano il corpo della fanciulla e alcune erano alquanto profonde. Perdeva molto sangue, ma la luce di Elbereth era ancora forte e questo faceva ben sperare Haldir sulle sue condizioni.
Caras Galadhon non era affatto vicina, perciò si fermò su uno dei talan delle sentinelle per prestare a Helkamirië le prime cure, ma non si attardò: pose delle erbe medicinali sui tagli e li fasciò stretti, nel tentativo di arrestare l’emorragia, dopodiché ripartì spedito verso la città dove giunse quando il Sole era già alto.
Grande disperazione si diffuse per la città alla notizia che Valienna rischiava la vita, e gli stessi Celeborn e Galadriel erano colmi di apprensione per le sue sorti.
Finalmente, dopo tre giorni e tre notti, i guaritori dichiararono che Helkamirië non era più in pericolo di vita e che da lì a qualche giorno si sarebbe svegliata. E difatti, così fu, ma la fanciulla sembrava spenta, vuota. Parlava solo per dire lo stretto indispensabile e non sorrideva più, rifiutandosi persino di lasciare il suo talan. Galadriel, preoccupata per quella che considerava ormai una figlia, chiamò a sé il capo dei guaritori.
“Geluïal, per quale ragione Valienna si comporta così? Non è più lei”.
“La fanciulla non desidera tornare quella di prima”, rispose l’Elfo. “Io ho curato le ferite del suo corpo, ed ella è guarita poiché è tenacemente legata alla vita; tuttavia, Helkamirië, come ti ho già detto mia signora, non vuole tornare”.
“Come è possibile?”, chiese la Dama; “Come può una fanciulla solare come lei opporsi alla vita?”.
“Qualcosa la spaventa”, rispose Geluïal, “e Valienna non desidera affrontarla. Non posso dirti altro, Dama Galadriel, ma non temere: fin quando la luce di Varda brillerà così intensamente, sapremo che Helkamirië non si sarà arresa del tutto”.
I giorni ripresero a scorrere, ma la fanciulla non dava segno di volersi riprendere. Galadriel e Celeborn si recavano spesso a trovarla, sperando che la loro vicinanza e l’affetto che le dimostravano potessero convincerla a uscire dal suo guscio, ma Helkamirië si rifiutava ancora di abbandonare la protezione di quello stato di apatia, mentre il tempo scorreva e l’Inverno si faceva sempre più vicino.
 
Quando la Compagnia lasciò Imladris per dirigersi a Mordor, erano trascorsi quasi due mesi da quando Helkamirië era fuggita via. Legolas sentiva il cuore pesante: non avevano ricevuto notizie da Lorien e a ogni passo temeva di trovare un segno della morte della sua amata. Ben presto, giunsero in vista del Caradhras e tentarono di scalarlo, ma la montagna non consentì loro di passare, ostacolandoli con continue bufere di neve, fino a che furono costretti a tornare sui propri passi e provare ad attraversare le Miniere di Moria.
Il primo ostacolo serio fu un assalto dei Lupi delle Terre Selvagge che furono respinti grazie all’intervento di Gandalf. Dopo questa avventura, riuscirono a raggiungere i Cancelli di Moria, ma anche qui dovettero fare i conti con un nemico inaspettato: nel lago che ora si stendeva dinnanzi all’entrata di Khazad-dum, si trovava una creatura sconosciuta, l’Osservatore del Lego, che sferrò un attacco contro la Compagnia tentando di trascinare con sé Frodo. I Compagni riuscirono a liberarlo e a rifugiarsi all’interno delle Miniere, dove furono intrappolati dalla stessa creatura che distrusse la Porta Occidentale di Moria.
All’interno di Khazad-dum riuscirono a passare inosservati fin quando giunsero nella Sala degli Scritti, dove Pipino attirò l’attenzione degli Orchi scaraventando un sasso giù per il pozzo che vi si trovava; i Goblin li attaccarono repentinamente, portando con sé anche uno, o forse più, Troll delle Caverne. La battaglia fu molto dura e Legolas, più che l’arco, utilizzò il lungo pugnale bianco per abbattere i propri avversari. Alla fine uscirono vincitori dall’aspra contesa e si apprestarono a fuggire, quando l’Elfo notò qualcosa: uno degli Orchetti portava al collo una gemma meravigliosa, un rubino incastonato nel mithril e appeso a una catena dello stesso metallo, che doveva tenere nascosta ed era probabilmente fuoriuscita nello scontro. La prese e in quel momento potè quasi sentire il suo cuore fermarsi, perché quella era la collana di Helkamirië, e di certo lei non l’avrebbe lasciata a quella viscida creatura. Aragorn si avvicinò per chiamarlo e vide anch’egli la pietra, riconoscendola.
“Potrebbe averla perduta”, disse, immaginando i pensieri di Legolas. “Helkamirië ha percorso il sentiero che conduce alla Scala dei Rivi Tenebrosi, forse la collana le è caduta dall’altra parte di Moria e questo Orchetto l’ha trovata, raccogliendola per sé. Sono certo che la tua amata fanciulla ti attende a Lorien; coraggio, vieni!”.
Legolas obbedì, trascinando con sé Gimli che si attardava presso la tomba di Balin. Scesero nelle profondità della terra, percorrendo ripide scalinate che si stendevano sul baratro, portandoli ogni volta a un passo dalla morte, e infine giunsero al ponte di Khazad-dum dove Gandalf dovette affrontare un Balrog di Morgoth, il Flagello di Durin, colui che aveva scacciato gli abitanti del Nanosterro. Lo Stregone combatté fieramente il suo avversario e riuscì a scaraventarlo nell’abisso che si apriva sotto l’esile ponte di pietra, ma questi, con un ultimo schiocco della sua frusta fiammeggiante trascinò Gandalf con sé, mentre i membri della Compagnia fuggirono disperati, attraversando la Porta Orientale e fermandosi soltanto quando furono fuori portata delle frecce di Moria. Allora si lasciarono andare alle lacrime, piangendo il loro compagno perduto, senza la guida del quale si sentivano totalmente smarriti. Legolas, in piedi e a testa china, versava lacrime silenziose per Mithrandir e, soprattutto, per Helkamirië di cui non conosceva la sorte.

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Capitolo 14
*** 13 ***


Aragorn decise che per loro sarebbe stato più sicuro raggiungere Lothlorien e così si incamminarono verso il Bosco d’Oro, giungendo ben presto al Nimrodel, la cui acqua, come disse loro Legolas, portava via con sé la fatica. Attraversarono il corso d’acqua e l’Elfo cantò loro la triste storia di Madamigella Nimrodel e del suo amato Amroth, i quali furono separati dal destino avverso, ma non riuscì a terminare il canto, sopraffatto dall’emozione. Di lì a poco incontrarono Haldir e i suoi fratelli, Rumil e Orophin, i quali consentirono loro di riposare sui telain delle sentinelle, dove trascorsero la notte e, dopo le iniziali resistenze, accettarono di condurli a Caras Galadhon, l’indomani mattina.
“Haldir”, chiese d’un tratto Legolas, “ho trovato un oggetto che appartiene a Valienna; dimmi, ella si trova qui a Lorien?”.
“Si”, rispose Haldir, abbassando lo sguardo, “ella è tornata al Reame Beato quasi tre mesi fa, ma da allora non abbiamo più sentito la sua dolce voce o veduto la sua figura”.
Legolas, già turbato dal tragico ritrovamento del ciondolo, interpretò quelle parole come un modo per dire che Helkamirië era tornata a Lorien solo per essere sepolta e sentì la sua anima precipitare in un nero abisso di dolore. Improvvisamente, tutto il groviglio di emozioni che aveva provato verso la fanciulla, si era mestamente dipanato, lasciando posto a due soli sentimenti: sofferenza e… amore; amore, perché nonostante la notizia appena ricevuta, non poteva smettere di amare Helkamirië, e sperava che questo suo sentimento gli permettesse di ritrovarla a Mandos, dove ora voleva giungere al più presto.
Il mattino successivo si incamminarono verso Caras Galadhon, raggiungendo la città dei Galadhrim al termine del secondo giorno di marcia. Furono subito condotti al centro dell’abitato, dove si trovava il più alto albero di mallorn, sul quale era collocato il talan dei Signori di Lorien, i quali desideravano vedere la Compagnia. I Compagni dovettero salire molto in alto e infine giunsero al cospetto di Sire Celeborn e Dama Galadriel; essi li accolsero benevolmente e, dopo avere a lungo discusso, offrirono loro ospitalità perché potessero guarire e ristorarsi.
Fu approntato per loro un padiglione ai piedi dell’albero dei Signori, ma Legolas dormì con loro soltanto la prima notte, dopodiché trascorse più tempo con i Galadhrim; essi non lo conoscevano ed egli non doveva nascondere il proprio dolore per evitare domande che lo avrebbero acuito. Egli, però, tornava spesso a parlare con i Compagni e il terzo giorno di permanenza a Lorien volle parlare da solo con Aragorn, perciò si recarono insieme a passeggiare per le strade della città.
“Lei mi ha lasciato solo, Aragorn”, disse.
“Vuoi dire che Helkamirië è…”.
“Morta”, rispose Legolas; “fu Haldir a dirmelo, lo stesso giorno che attraversammo il Nimrodel”.
“Mi dispiace, amico mio”, disse Aragorn. “Per quale motivo non me ne hai parlato prima? Non è bene che tu tenga questo dolore per te a logorarti”.
“Non potevo”, disse l’Elfo. “Stento ancora a parlarne, ma qualche giorno fa… era terribile, se te lo avessi detto sarebbe stato come pugnalarmi io stesso al cuore”.
Aragorn rimase in silenzio per qualche minuto. “Cosa farai ora?”, chiese infine. “Proseguirai il viaggio con Frodo?”.
“Certo!”, esclamò l’Elfo. “Helkamirië non sarebbe fiera di me se venissi meno alla parola data e neanche io sarei orgoglioso di me stesso. Terrò la sua collana e spero di arrivare a Mandos, dove la ritroverò”.
“Dovresti farle visita”, disse il Ramingo.
“Come?!”.
“Intendo dire”, disse Aragorn, “che dovresti recarti alla sua tomba. So che potrà sembrarti assurdo, ma potresti trarne conforto”.
Legolas si fermò, incerto sul da farsi, senza proferire parola.
“Ascoltami Legolas”, insistette l’Uomo, “andiamo a cercare Dama Galadriel e facciamoci dire dove è sepolta Helkamirië. Se le spiegherai le tue ragioni, non ti negherà questo favore”.
“D’accordo. Andiamo”.
Legolas e Aragorn ripresero a camminare, questa volta quasi correndo, dirigendosi al talan dei Signori di Lorien.
 
I due amici salirono velocemente verso la cima dell’albero e ben presto poterono presentarsi al cospetto dei Signori.
“Sire Celeborn, Dama Galadriel”, salutarono inchinandosi.
“Aragorn, Legolas, a cosa dobbiamo il piacere?”, chiese pacatamente Celeborn.
“Desidero chiedervi una cosa”, cominciò Legolas. “Io amavo profondamente la fanciulla che voi chiamate Valienna. Vorrei sapere dove è sepolta”.
A quelle parole, un mormorio concitato si levò nella sala, prontamente chetato da un gesto di Galadriel che lo fissava stupefatta.
“Non temete”, intervenne Aragorn, “la vostra benedetta fanciulla si è mostrata alla Compagnia a Gran Burrone, dicendo di aver compreso che il suo dono era per tutti i Popoli Liberi della Terra di Mezzo e che desiderava dare ai Nove Viandanti un ricordo della luce di Elbereth da portare nel nostro viaggio”.
“Vi porterò da lei”, disse Galadriel con un’espressione imperscrutabile sul viso. “Ma se ciò che dici è vero, anche i vostri Compagni desidereranno venire con noi, perciò li manderò a chiamare”.
Quando tutta la Compagnia fu riunita, la Dama li condusse ad un mallorn che si ergeva piuttosto isolato rispetto agli altri, sul quale si trovava un unico talan. Quando vi salirono, si accorsero che la dimora era costituita da un’unica grande stanza. Accanto a una delle finestre era posta una comoda sedia su cui riposava una fanciulla, intenta a fissare l’esterno.
“Dama Helkamirië!”, esclamarono all’unisono gli Hobbit, precipitandosi accanto a lei, che sorrise debolmente.
Lentamente anche Gimli e i due Uomini si accostarono alla fanciulla, mentre Legolas rimase immobile, incapace di proferire parola o muovere un singolo muscolo. Al suo fianco, Dama Galadriel lo osservava attentamente, cercando di carpire i suoi pensieri.
“Davvero tu la ami?”, chiese rivolta all’Elfo.
“Si”, rispose Legolas con voce flebile.
“Allora forse puoi aiutarla”, disse Galadriel. “Da quando è ritornata non si è più ripresa. I guaritori dicono che non vuole farlo perché teme qualcosa o… qualcuno”.
Legolas chinò il capo e strinse i pugni, sentendo di odiare sé stesso. “Se è così, forse non sono la persona adatta”, disse tra i denti; tutte le sue paure erano realtà, stava perdendo Helkamirië. “Cosa è successo esattamente?”, chiese ancora.
“E’ stata attaccata dagli Orchi”, rispose Galadriel. “Pensiamo che sia giunta alla Scala dei Rivi Tenebrosi in piena notte ma, inspiegabilmente, non ha atteso il giorno: è passata lo stesso, attirando su di sé i Goblin di Moria. È fuggita, ma al Nimrodel è stata raggiunta, ferita ad una gamba da una freccia; gli Orchi l’hanno circondata e, sebbene si sia difesa con grande valore, si è salvata solo grazie a Haldir e ai suoi fratelli che si sono accorti di ciò che stava accadendo e sono intervenuti. Era ferita in diverse parti del corpo, perdeva molto sangue e ha perso i sensi; Haldir l’ha riportata a Caras Galadhon, dove è stata curata e si è ripresa, ma non la sua mente”.
“Ora comprendo le parole di Haldir”, disse Legolas. “Egli mi disse che da quando Helkamirië era ritornata, i Galadhrim non avevano più sentito la sua voce o veduto la sua figura. Io credetti di capire che era stato ritrovato solo il suo corpo e che era tornata a Lorien solo per essere sepolta”.
“Ed ecco spiegata la tua domanda”, disse la Dama. “Suvvia, ora lasciamo sola Helkamirië. Avete rivisto la luce di Elbereth e credo che sarà tutto ciò che otterrete da lei per molto tempo”.
“Dama Galadriel, consentimi di rimanere con lei”, disse Legolas.
“Legolas, tu stesso hai detto che non sei la persona adatta, non so se sia il caso”, disse Galadriel. “Potresti essere proprio tu il motivo per cui non vuole tornare alla vita”.
“Invece proprio per questo potrebbe ridestarsi”, intervenne Aragorn. “Forse non teme la presenza di Legolas, ma piuttosto non averlo al suo fianco”.
“E sia”, cedette la Dama. “Ti concedo di rimanere, ma se al tramonto non sarà tornata in sé, verrai via per non ritornare. Non ti permetterò di ferirla più del necessario”.
Legolas annuì e strinse riconoscente la mano ad Aragorn. Quando tutti furono usciti, si avvicinò per la prima volta alla sedia e si inginocchiò davanti ad essa. La fanciulla sembrava in perfetta salute, ma teneva lo sguardo fisso innanzi a sé, uno sguardo vacuo che non aveva più nulla di quello di Helkamirië. Non guardava Legolas, come se non si fosse nemmeno accorta della sua presenza: in realtà, pareva essersi completamente estraniata dal mondo circostante.
“Che cosa ti ho fatto, Helkamirië?”, disse l’Elfo, prendendole una piccola, esile mano nelle sue. A quelle parole, la fanciulla sembrò riscuotersi e si girò verso di lui, fissando i suoi occhi verdi in quelli grigi di Legolas e abbozzando un sorriso. “Perdonami”, continuò. “Non ho saputo proteggerti, proprio come ho fatto con Firiel. Tu, però, sei viva, e io voglio che torni a sorridere, lirimaer. Io ti amo, e non permetterò al ricordo della mia promessa sposa di rovinare la nostra felicità, né tantomeno mi farò uccidere nella missione: io sopravvivrò e verrò a prenderti, così insieme torneremo a Dol Taur e finalmente laggiù, se lo desideri, sarai la mia sposa. Tu, però, devi tornare in te e mostrarmi quella meravigliosa Primavera che dimora nei tuoi occhi. Ti prego, amore mio!”.
Così dicendo, Legolas le abbracciò la vita, posandole la testa in grembo, mentre qualche lacrima prese a rigargli il volto e lui poteva sentire il profumo di Helkamirië, fresco e delicato, impossibile da eguagliare per qualsiasi fiore della Terra di Mezzo; aveva sempre pensato che quello doveva essere il profumo delle stelle. Mentre la stringeva più possibile, sentì una mano piccola e delicata accarezzare i suoi capelli d’oro e alzò la testa verso la fanciulla, trovandosi incredulo a fissare gli occhi che da sempre conosceva e amava.
“Legolas, non piangere!”, gli disse, mentre la sua mano si era spostata sulla guancia dell’Elfo che si abbandonò a quel contatto. “Cosa c’è che non va?”.
“Ero preoccupato!”, disse Legolas. “Non potevo farne a meno, sembrava che tu ti stessi lasciando svanire”.
“Svanire?”, disse la fanciulla asciugandogli gentilmente le lacrime e baciandolo sulla fronte. “Ero soltanto persa nei ricordi; dopo quello che mi hai detto, ripensare a quanto siamo stati felici nel Reame Boscoso era la mia unica consolazione. Se avessi lasciato entrare il mondo nella mia mente, esso avrebbe tentato di insinuarsi al posto di quelle memorie; era più facile restare nel passato”.
Helkamirië costrinse Legolas ad alzarsi e fece lo stesso, tenendogli le mani nelle proprie. Legolas la attirò a sé e la strinse, accarezzandole dolcemente la schiena. La fanciulla era leggermente più bassa e minuta delle altre donne della sua stirpe e all’Elfo sembrava che sparisse nel suo abbraccio.
“Mi hanno detto che sei stata attaccata al Nimrodel”, disse senza lasciarla. “Haldir mi ha detto anche che da quando eri tornata, il popolo di Lorien non ti aveva più vista né sentita, perciò io… ho creduto che tu fossi morta, non abbiamo ricevuto notizie a Imladris dopo la tua partenza; così, ho chiesto a Dama Galadriel dove fossi sepolta e lei mi ha portato qui, ma non voleva lasciarmi solo con te, perché le ho confessato che ti ho fatta soffrire”.
A quelle parole, Helkamirië si irrigidì, ricordando il motivo per cui era fuggita dalla Casa di Elrond.
“Hai preso una decisione, Legolas?”, chiese alzando il viso verso di lui e fissando i suoi occhi in quelli di Legolas che ricambiò il suo sguardo e sorrise.
“Si”, rispose. “Ero venuto a dirtelo quel giorno a Imladris, ma tu eri già fuggita via. Helkamirië non voglio più farmi condizionare dal passato: se tu lo vuoi, passeremo le nostre vite insieme. Vuoi essere la mia sposa?”.
Helkamirië spalancò gli occhi per la sorpresa e gli buttò le braccia al collo, tempestandogli il viso di piccoli baci. “Certo che lo voglio!”, disse ridendo felice. “Ad una condizione, però. Prima accompagnerai Frodo e quando tornerai andremo insieme a Dol Taur, dove ti sposerò”.
Legolas sorrise e la lasciò andare, accarezzandole le guance.
“Ero certo che mi avresti chiesto di farlo”, disse. “Ma se prima speravo di morire compiendo il mio dovere, ora ho un motivo troppo importante per tornare”. Si voltò verso la porta e fece per andarsene, ma Helkamirië lo prese per un braccio.
“Dove stai andando?”, gli chiese.
“E’ il tramonto ormai”, rispose l’Elfo; “Dama Galadriel sarà qui da un momento all’altro”.
Come evocata dalle sue parole, la Bianca Dama entrò nella stanza, accompagnata questa volta da Sire Celeborn.
“Helkamirië!”, esclamò felice; “Finalmente sei tornata te stessa”.
“Io andrò ad avvisare la Compagnia”, disse Legolas. “Sono certo che Frodo e gli altri vorranno salutarti”.
“Avvisali pure”, intervenne Celeborn. “Ma non portarli qui; vedranno Dama Helkamirië alla festa che si terrà questa sera per lei”.
“Come comandi, mio signore”, disse Legolas inchinandosi e, dopo aver rivolto un ultimo sguardo a Helkamirië, uscì velocemente.
 
“Helkamirië, piccola mia”, disse Galadriel, “cosa è successo? Per quale motivo ti eri rifugiata in quello stato di distacco?”.
Helkamirië raccontò ai Signori di Lorien ciò che aveva già detto a Legolas, cercando di rassicurarli sulle proprie condizioni.
“Non accadrà più, miei signori”, disse raggiante. “Legolas non mi farà più soffrire e, quando tornerà, andremo insieme a Dol Taur dove diventerò la sua sposa”.
“Se questo è ciò che desideri”, disse Celeborn, “hai la nostra benedizione. Ora dovresti prepararti, tra poche ore si terrà un banchetto in tuo onore”.
“Celeborn ha ragione, mia cara”, intervenne Galadriel; “Noi ora ti lasciamo, manderemo delle fanciulle perché ti aiutino”.
Sire Celeborn e Dama Galadriel uscirono e, dopo poco tempo, entrarono tre fanciulle con abiti puliti e profumi. Prepararono un bagno e dopo che Helkamirië uscì dalla vasca, le mostrarono i vestiti che avevano portato per lei, invitandola a scegliere. La fanciulla volle indossare un semplice abito color porpora, ornato da una cintura di niphredil d’argento.
“Non voglio profumi”, disse alle fanciulle che le porgevano varie boccette, “desidero solo la mia collana. Dov’è?”.
“Mia signora”, rispose una di esse, “la tua collana è andata perduta quando sei stata attaccata. Possiamo portarne un’altra se lo desideri”.
“No, non importa”, disse Helkamirië. “Aiutami solo a sistemare i capelli”.
La fanciulla la accontentò e, dopo aver spazzolato i capelli di Helkamirië, prese a intrecciare le ciocche che ricadevano intorno al viso, lasciandoli liberi di coprirle la schiena.
“I tuoi capelli sono davvero splendidi, mia signora”, le disse; “Sono così luminosi che qualsiasi diadema perde il suo valore fra essi; soltanto Dama Galadriel ha una chioma simile, anche se la sua è scintillante d’oro”.
Quando ebbe terminato di raccogliere le ciocche davanti, le fermò sul capo con un fermaglio d’argento dal quale ricadeva una lunghissima treccia e scelse un diadema regale, fatto di catenine d’argento che si intrecciavano tra loro a disegnare intricati motivi sul capo. Quando ebbe terminato, Helkamirië si alzò e sul volto dell’ancella comparve uno sguardo meravigliato.
“Sei davvero bellissima, mia signora”, disse.
“Grazie”, rispose Helkamirië, mentre le sue guance si tingevano di rosso. Fece per uscire, ma la fanciulla la richiamò.
“Aspetta, mia signora!”, esclamò. “Dove stai andando?”.
“Che domande, al talan dei Signori di Lorien”.
“Ma non devi andare da sola”, spiegò la fanciulla. “Il Principe Legolas verrà a prenderti e insieme andrete al banchetto, come sposi promessi. Ormai dovrebbe già essere qui”.

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Capitolo 15
*** 14 ***


Trascorsero solo pochi minuti che ad Helkamirië sembrarono eterni. Era rimasta da sola, avendo congedato le fanciulle e non faceva altro che controllare nello specchio che fosse tutto a posto; ripensando alle parole della fanciulla che aveva definito lei e Legolas sposi promessi sentì di stare arrossendo e cercò di darsi un contegno. ‘Smettila, sei ridicola!’, disse mentalmente al suo riflesso. ‘Vi amate da sempre e da sempre sogni di sposarlo’.
Finalmente sentì qualcuno bussare alla porta e, dopo il suo permesso, Legolas entrò nella stanza. Si era cambiato per l’occasione e indossava una casacca grigio-argentea su pantaloni dello stesso colore. Fili d’argento disegnavano delicati motivi sulla casacca, rendendola ancora più raffinata e degna di un principe. I suoi capelli d’oro erano raccolti come sempre, le ciocche sul viso fermate dietro il capo da un fermaglio dal quale scendeva una treccia. Anch’egli portava un diadema d’argento, ma molto semplice, come quelli che erano soliti portare gli Elfi di alto lignaggio.
“Helkamirië sei bellissima”, disse con un sorriso.
“Grazie Legolas”, sorrise anche lei, arrossendo; “Anche tu stai molto bene. Era da molto tempo che non ti vedevo in abiti da principe”. La fanciulla prese il braccio che l’Elfo le porgeva e insieme si diressero verso il talan di Sire Celeborn e Dama Galadriel.
 
Mentre percorrevano le strade, Helkamirië sentì gli Elfi di Lorien intonare canti per lei, per festeggiare il suo ritorno e sorrise grata, stringendo ancora di più il braccio di Legolas. Ben presto giunsero alla grande radura dove si trovava il padiglione della Compagnia e videro che la tavola per il banchetto era stata preparata nello stesso luogo, probabilmente per mettere a proprio agio i piccoli Hobbit. Improvvisamente, Legolas si fermò.
“Cosa c’è Legolas?”, chiese stupita Helkamirië. “Perché ti sei fermato?”.
“Ero talmente felice di averti ritrovata”, rispose l’Elfo, “che avevo dimenticato di restituirti questa”. Slacciò dal collo qualcosa che mostrò a Helkamirië.
“La mia collana!”, esclamò la fanciulla. “Dove l’hai trovata?”.
“A Moria”, rispose Legolas. “Credendoti morta volevo tenerla con me, ma sono più che felice di potertela restituire”.
Così dicendo si spostò dietro Helkamirië e le mise la collana, sfilandone i capelli. Allora la fanciulla prese di nuovo il suo braccio e insieme raggiunsero i Compagni. Quando la videro, i quattro Hobbit le corsero incontro felici e presero a ridere e scherzare, dimostrandole la gioia per la sua guarigione. Successivamente si avvicinarono a lei anche Aragorn, Boromir e Gimli.
“Dov’è Mithrandir?”, chiese d’un tratto Helkamirië. I volti dei presenti si rabbuiarono e nessuno sembrava voler rispondere. “Legolas…”.
“Egli è caduto, Helkamirië”, le rispose Aragorn. “A Moria è stato costretto ad affrontare un nemico molto potente”.
“Un Balrog di Morgoth”, intervenne Legolas, “che lo ha trascinato con sé nell’abisso. Nessuno di noi ha potuto aiutarlo”.
Helkamirië non rispose, non sapendo cosa dire: conosceva troppo poco Mithrandir per sentirsi davvero addolorata, se non per la perdita di un grande Stregone. Il momento di tristezza fu interrotto dal giovane Peregrino Tuc, il quale non aveva mai smesso di fissare Helkamirië.
“Certo che il nostro Legolas è davvero fortunato”, disse all’improvviso; “Dama Helkamirië è molto bella, anche per essere un Elfo”.
“Pipino!”, esclamò Merry. “Sei sempre il solito, non si fanno certi apprezzamenti davanti a una Dama!”.
Tutti scoppiarono a ridere, escluso Pipino, che era diventato dello stesso colore del vestito di Helkamirië; quest’ultima si piegò sulle gambe e guardandolo in faccia gli rivolse un bellissimo sorriso.
“Non badare a loro”, disse; “io sono lusingata che tu mi trovi tanto bella da rendere Legolas fortunato. Ti ringrazio, Messer Hobbit!”.
 
Al termine del banchetto, la serata trascorse tra canti e balli, per la gioia dei piccoli Hobbit, gente allegra e spensierata per natura. Molti Elfi di Lorien si avvicinavano a Helkamirië e Legolas per congratularsi del loro fidanzamento e rendere omaggio alla fanciulla.
“Comincio a essere geloso”, scherzò Legolas. “Nessuno sembra accorgersi di me!”.
“Sarà meglio”, rispose Helkamirië sullo stesso tono; “Qui a Lorien vivono molte belle fanciulle e se ti notassero sarei io a essere gelosa!”.
Legolas proruppe in una risata cristallina e strinse a sé Helkamirië che scoppiò a ridere a sua volta.
“Legolas che ne dici di fare una passeggiata?”, chiese. “E’ troppo rumoroso qui”.
L’Elfo le porse il braccio e si allontanarono dalla radura, addentrandosi nei giardini di Lothlorien che quella sera erano calmi e silenziosi, illuminati soltanto dalla Luna e dalle stelle. C’erano qua e là delle panche di legno e i due si sedettero, ammirando la natura intorno a loro.
“Helkamirië, io ti devo ancora delle spiegazioni”.
“Spiegazioni?!”, chiese Helkamirië; “Di cosa parli?”.
“Di Firiel”, rispose Legolas. “Una volta mia avevi chiesto di spiegarti perché mi sentivo colpevole per la sua morte”.
“Legolas non importa”, disse la fanciulla, “se non vuoi parlarne non farlo, non voglio che tu ti senta obbligato”.
“Desidero che non ci siano segreti tra noi”, disse l’Elfo. “Perciò ti dirò tutto, come avrei dovuto fare tanto tempo fa”. Legolas raccontò a Helkamirië la triste storia di Firiel e potè constatare che, contrariamente a tutte le altre volte, si sentiva sollevato nel parlarne alla sua amata.
“Povera Firiel”, sospirò Helkamirië quando ebbe sentito la vicenda; “Io non sapevo nemmeno che fosse stata uccisa da una pattuglia di Orchi. Ora posso capire i tuoi timori e i tuoi sensi di colpa, e sono ancora più felice che tu li abbia superati. Nonostante le difficoltà, noi siamo stati fortunati e in suo ricordo dovremo cercare di vivere serenamente le nostre vite, come lei non ha potuto”.
“Hai ragione”, disse Legolas cingendole le spalle e attirandola a sé; “Io non credo che volesse vedermi soffrire, le ho fatto torto in tutti questi anni”. Rimasero in silenzio per un po’, ascoltando le voci e la musica della festa che giungevano ovattati fino al giardino, finchè Legolas non ruppe il silenzio. “Helkamirië, non mi hai mai detto perché tuo padre ti portò via dal Reame Boscoso”.
“Se te lo dicessi, mi prenderesti per pazza”.
“Tu dimmelo lo stesso”.
“D’accordo”, disse Helkamirië traendo un profondo respiro; “Avevo tentato di entrare a Dol Gûldur”.
“Dol Gûldur?!”, esclamò Legolas. “Perché mai avresti dovuto farlo? Lo stesso Mithrandir corse un serio pericolo quando entrò nelle prigioni di quella fortezza”.
“Non so perché lo feci”, rispose la fanciulla; “Sentivo che qualcosa mi attirava laggiù, ma non saprei dirti cosa. Anche quando mi recai a Imladris, sentivo come un richiamo, ma quest’ultimo era diverso e forse era il cuore a spingermi verso la Casa di Elrond, dove poi ti ho rivisto. Non riesco davvero a comprendere cosa mi attirava verso la fortezza del Nemico”.
“Forse Lui sa di te”, disse l’Elfo, “nonostante ti abbiamo tenuta nascosta, e vuole portarti dalla sua parte”.
“E perché mai?”, chiese Helkamirië. “Io non ho poteri, se non quello di brillare come una stella, e non posseggo oggetti magici o preziosi, se escludi questo rubino che mia madre portò da Valinor”.
“Davvero questa gemma viene dalle Terre Immortali?”, chiese Legolas.
“Certo”, rispose Helkamirië. “Mio padre, Ëaralad, portò con sé questa gemma che apparteneva alle donne della sua famiglia dal tempo dei Due Alberi e me la donò alla nascita, mentre mia madre, Arelen, mi ha regalato il suo cavallo, Carnemirië, che è diventato mio non appena ho imparato a cavalcare. Nel tuo regno, mio Principe, c’è qualcosa delle Terre Imperiture”.
“Questo lo sapevo già”, disse Legolas sorridente. “Tu sei nata nel Reame Boscoso e io credo che la luce che vedo nei tuoi occhi sia un riflesso di quella di Valinor. Anche tu fai parte di quel ‘qualcosa’, nonché i tuoi stessi genitori”.
Helkamirië sorrise e si alzò dalla panca, invitando Legolas a fare lo stesso.
“Ci staranno cercando”, disse. “In fondo la festa era per noi”.
 
Mentre tornavano verso la radura, videro Frodo in un angolo del giardino. Legolas stava per chiamarlo, ma Helkamirië lo fermò, ritenendo che il Mezzuomo preferisse rimanere solo. Quando raggiunsero la festa, videro Gimli farglisi incontro; sembrava piuttosto allegro e loquace più del solito.
“Ehi, orecchie a punta!”, strillò rivolto a Legolas; “Dama Galadriel stava cercando te e la tua luminosa fidanzata”.
Legolas lo fissò, spalancando gli occhi grigi, mentre Helkamirië rideva di gusto, nascosta dietro l’Elfo.
“Non prendertela!”, disse. “Credo che il tuo Compagno abbia bevuto un po’ troppo! Vieni cerchiamo la Dama”.
Facendosi strada tra gli Elfi che affollavano la radura, giunsero ai piedi del grande mallorn, dove si trovavano i seggi di Celeborn e Galadriel. I Signori erano lì seduti e vicino a loro si trovava anche Aragorn che per una volta sembrava sereno e privo di responsabilità.
“Sire Celeborn, Dama Galadriel”, salutarono chinando il capo.
“Helkamirië, non dovresti allontanarti”, disse Galadriel; “La festa è in tuo onore, per festeggiare la tua guarigione e la felicità che hai raggiunto con Legolas”.
A quelle parole, Aragorn sembrò intristirsi, così Helkamirië si avvicinò a lui.
“Non vorresti chiedermi questo ballo?”, gli chiese. “E’ un’occasione unica per entrambi; io potrei non avere più possibilità di danzare con l’erede di Numenor e tu con una stella”.
“Sei nel giusto”, disse Aragorn. “Dama Helkamirië, vuoi concedermi questo ballo?”.
“Si, mio signore”, rispose Helkamirië. Ben presto si trovarono nel centro della radura, circondati da decine di altre coppie.
“Stavi pensando a Dama Undomiel?”, chiese la fanciulla.
“Tu sai?!”.
“Si”, rispose Helkamirië. “Quando ero a Imladris, mi chiedevo perché non avessi più visto Dama Arwen dopo il tuo arrivo, mentre prima veniva spesso a trovarmi. Sapevo che Elrond era impegnato a guarire Frodo, ma non ti conoscevo ancora e non immaginavo nemmeno il vostro amore, perciò non riuscivo a capire. Una sera, prima che il Mezzuomo riprendesse conoscenza, vi sentii parlare sotto il mio balcone. Dama Arwen piangeva, così sono rimasta ad ascoltare”. Arrossì nell’ammettere quella piccola colpa, poi riprese il suo racconto. “Lei pronunciò il tuo nome e quando ti ho conosciuto e ho scoperto che sei un Uomo, pur se un discendente di Numenor, ho capito qual era il problema e le sue lacrime”.
“E’ davvero una triste storia, la nostra”, disse il Ramingo. “Se anche io tornassi da questa missione e salissi al mio trono, saremmo comunque separati dalla nostra stessa natura. Io sono mortale, Arwen di stirpe elfica: quale futuro potremmo avere?”.
“Dama Arwen è una Mezzelfa, in un certo senso”, rispose Helkamirië; “Forse dimentichi che le è dato scegliere? Potrebbe voler restare con te, preferendo una vita mortale con l’Uomo che ama, piuttosto che una immortale da trascinare nel tuo ricordo”.
“Non posso chiederle di rinunciare all’immortalità”.
“E’ una sua decisione”, disse la fanciulla. “Qualunque essa sia, tu potrai solo accettarla”.
La musica cessò ed entrambi tornarono dove li aspettavano i Signori di Lorien e Legolas.

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Capitolo 16
*** 15 ***


Quando fu ormai notte fonda, la festa finì e ogni Elfo presente si ritirò per raggiungere il proprio talan. Rimasero soltanto i servi di Celeborn e Galadriel, i quali svuotarono la radura di ogni mobile e suppellettile nel poco tempo che avevano impiegato per sistemarli. Nel frattempo Legolas aveva accompagnato Helkamirië ai suoi alloggi e, mentre percorrevano le silenziose strade di Caras Galadhon, avevano incrociato Frodo che stava tornando al padiglione della Compagnia. Egli non li aveva visti e i due avevano evitato di farsi notare.
“Non capisco perché Frodo si comporti in questo modo”, disse Legolas quando furono lontani; “Eppure credevo che ormai avesse imparato a fidarsi dei suoi Compagni. Che sia il dolore per la scomparsa di Mithrandir?”.
“No, io non credo”, disse Helkamirië.
“Cosa credi allora?”, incalzò l’Elfo; “Forse tu possiedi qualche dono particolare per cui leggi nella sua mente?”.
“Non scherzare Legolas!”, rispose la fanciulla. “Per me è più facile comprenderlo. Io non faccio parte della Compagnia, né tantomeno del Bianco Consiglio, perciò vedo in lui un semplice Hobbit, non il Portatore dell’Anello da consigliare o proteggere. Per me, lui è Frodo Baggins, un abitante della Contea con un compito che gli sembra tanto più grande di lui. La prima volta che ho incrociato il suo sguardo, vi ho scorto tanta paura di fallire e, soprattutto, solitudine. Cercai di confortarlo allora, ma cosa vuoi che siano le parole per lui in questo momento, se non foglie al vento? Il suo compito è difficile e pericoloso anche per voi che siete i suoi Compagni; questo, Frodo lo sa e ne porta il peso, soprattutto dopo la morte di Mithrandir”.
“Pensavo che la presenza dei suoi amici Hobbit gli fosse di conforto”, disse Legolas. “Forse mi sbagliavo e la sua solitudine è troppo profonda perché qualcuno vi possa porre rimedio. Cosa potrei fare, io? Conosco così poco Frodo Baggins”.
“Tu puoi dimostrarti suo amico”, disse Helkamirië. “Proteggilo dai pericoli, per quanto in tuo potere, e non guardare a lui come il Portatore dell’Anello, ma consideralo una creatura sofferente e sfortunata che ha bisogno di te. Non puoi fare molto di più”.
Ormai erano giunti al talan di Helkamirië e Legolas accompagnò la fanciulla fino alla stanza dove era rimasta segregata per tanto tempo, ma entrambi erano restii a separarsi.
“Helkamirië sarà meglio che ti lasci riposare”, disse Legolas. “Ti auguro di trascorrere una notte serena”. Si avvicinò a lei, posandole un bacio sulla bianca fronte e si diresse verso la porta.
“Legolas!”.
“Cosa c’è?”.
“Mi chiedevo, dove trascorrerai la notte?”, chiese Helkamirië. “Intendo, dove si trova il tuo talan? Potrei chiedere a Dama Galadriel di spostarti più vicino al mio mallorn”.
“Io non alloggio sempre sui telain”, rispose Legolas. “I Signori di Lorien hanno fatto preparare un padiglione per la Compagnia. Tu lo hai visto: si trova nella radura dove si è svolta la festa questa sera. A volte trascorro la notte lì con i miei Compagni, altre volte con i Galadhrim sugli alberi. In ogni caso, se i Signori lo concederanno, sarei estremamente felice di alloggiare vicino a te, lo sai”.
Helkamirië si avvicinò all’Elfo e lo abbracciò, mentre quest’ultimo ricambiò il gesto tenendola stretta.
“Grazie Legolas”, disse la fanciulla, staccandosi da lui; “Trascorri anche tu una notte serena”.
 
Dopo che Legolas fu uscito, Helkamirië provò ad addormentarsi ma con scarsi risultati. ‘Sono successe troppe cose oggi’, pensò, ‘Sono stata come dormiente per tre mesi, il mio corpo si starà ribellando all’idea di dormire!’. Si alzò dal letto e cercò nell’armadio i suoi vestiti da viaggio, molto simili a quelli che portava Legolas: solo la casacca in pelle marrone era diversa, più lunga, arrivando fin sotto il ginocchio, e di colore più chiaro, caratteristiche che lo identificavano come indumento femminile. Trovò quello che cercava in fondo all’armadio; gli abiti erano stati ripuliti, e rammendati con tale maestria da sembrare nuovi. Li indossò velocemente e uscì, dirigendosi nel folto dei boschi che circondavano la città. Non aveva portato armi con sé, sapendo di trovarsi in sicuri confini e procedeva spedita. Sentiva su di sé gli sguardi delle sentinelle, ma non le importava: voleva sentirsi libera per un po’, libera dal suo ruolo di ‘dono di Varda’ e da ciò che esso imponeva. Trovò un piccolo spiazzo libero da alberi, dove si recava spesso, e si sdraiò nel mezzo del prato, osservando le stelle in cielo e ringraziando i Valar per la fortuna che le era capitata.
 
Legolas tornò al padiglione trovando i suoi amici profondamente addormentati. Si cambiò d’abito, indossando ciò che portava al suo arrivo a Lothlorien e uscì di nuovo, tornando verso il talan di Helkamirië; si sentiva sciocco, ma ora che l’aveva ritrovata, non riusciva a stare lontano da lei, perciò aveva deciso di passare la notte a vigilare sulla sua amata. Le finestre erano buie, fatto insolito, dato che Helkamirië odiava l’oscurità e teneva sempre un lume acceso, perciò aprì leggermente la porta, per controllare che fosse tutto a posto, ma il letto era vuoto.
“Helkamirië!”, chiamò. “Helkamirië, dove sei?”.
Uscì di corsa e provò a cercarla nei dintorni, continuando a chiamarla.
“Mio signore”, lo fermò una sentinella, “non dovresti gridare a quel modo, Caras Galadhon dorme”.
“Domando scusa”, disse Legolas, mentre dentro di sé imprecava contro l’ottusità dell’Elfo: possibile che non avesse capito chi cercava? “Valienna non è sul suo talan, l’hai vista?”.
“No, mio signore, mi dispiace”, rispose la guardia, scuotendo il capo; “Ma uno dei miei compagni ritorna dal bosco per il cambio; forse lui l’ha veduta”.
Legolas si voltò e vide la sentinella dei boschi, dagli inconfondibili abiti grigi, dirigersi verso di loro.
“Tu vieni dal bosco, vero?”, gli chiese facendoglisi incontro.
“Si, mio signore”.
“Hai incontrato Valienna, laggiù?”.
“Si, mio signore, l’ho incontrata”.
Legolas tirò un sospiro di sollievo. “Dove si trova ora?”, chiese. “Non lontano dalla città, mio signore”, rispose l’Elfo; “Non avrai difficoltà a trovarla, devi solo seguire il sentiero fino a quando volta a nord-ovest; a quel punto, devi andare nella direzione opposta, verso sud-est e dopo poche decine di metri troverai una piccola radura. Valienna deve trovarsi lì”.
Legolas lo ringraziò e attraversò il cancello seguendo poi le indicazioni della sentinella fino a raggiungere la radura; Helkamirië era proprio lì, sdraiata a guardare le stelle e quando si accorse di lui, si alzò e gli si affiancò.
“Legolas!”, disse; “Cosa ci fa…”. Helkamirië si interruppe, tenendosi la guancia colpita con una mano: Legolas l’aveva schiaffeggiata. “Sei impazzito? Perché lo hai fatto?”.
L’Elfo aveva uno sguardo severo e non sembrava pentito del suo gesto.
“L’ho fatto perché sono arrabbiato”, rispose. “Come ti è saltato in mente di allontanarti senza dirmi nulla? Riesci a immaginare come mi sia sentito quando non ti ho trovata? Sono stato assalito dal terrore più nero, temevo di averti perduta”.
“Ti domando scusa”, disse Helkamirië. “Sono terribilmente mortificata, non pensavo che il mio gesto potesse avere tali conseguenze. Perdonami Legolas, non farò più nulla di simile”.
Legolas si avvicinò ancora di più e scostando la sua mano, posò un tenero bacio dove l’aveva colpita.
“Sei perdonata”, le disse con un sorriso. Andò a sedersi vicino a uno dei grandi mellyrn, poggiando la schiena contro il tronco e porse le mani a Helkamirië perché lo raggiungesse, facendola sedere con la schiena poggiata contro il proprio petto.
“Perché sei venuta qui?”, le chiese abbracciandola.
“Non riuscivo a dormire”, rispose lei. “In fondo, non ho fatto nulla negli ultimi tre mesi!”.
“Potevi venire da me”, disse Legolas. “Avrei potuto tenerti compagnia, dato che non avrei dormito comunque. Al buio, il reame di Lothlorien è troppo affascinante per trascorrere tutta la notte dormendo”.
Helkamirië non rispose e rimasero in silenzio per un po’, osservando le stelle che nel cielo di Lorien brillavano con tale intensità da proiettare pallide ombre sul terreno.
“Legolas, tu sapevi di Aragorn e Arwen?”, chiese la fanciulla.
“Si”, rispose Legolas. “Quando conobbi il Ramingo, egli era già innamorato di Dama Undomiel; è stato proprio questo amore senza speranza che lo ha spinto alla vita errabonda che ha condotto. Il suo dolore è troppo profondo perché un Eldarin non se ne accorga”.
“Il loro amore non è senza speranza”, disse Helkamirië; “La Dama di Imladris è una Mezzelfa e come tale, dovrà essere lei a scegliere del proprio destino. Aragorn lo sa e in fondo al cuore spera che Arwen rinunci all’immortalità per rimanere; è questo che lo spinge sul trono di Gondor, io credo”.
“Non soltanto questo”, disse l’Elfo. “Egli è Uomo di grande forza e coraggio, ma anche molto fiero. Il Regno di Gondor gli appartiene per diritto di nascita, che egli lo rivendichi o meno; tuttavia, ha infine deciso di farsi avanti e inizierà col difendere Minas Tirith dagli attacchi del Nemico”.
“Vuoi dire che non accompagnerà Frodo?”, chiese la fanciulla; “Credevo che sarebbe venuto fino all’Orodruin con voi”.
“Questo non era nelle sue intenzioni”, rispose Legolas. “Egli partì da Imladris intenzionato ad accompagnare Boromir fino alla Città Bianca; il nostro percorso era lo stesso per diverse miglia, così entrambi si aggregarono alla Compagnia dell’Anello. Non ne sono certo, ma credo che dopo la caduta di Mithrandir, i suoi piani siano mutati”.
“Lo spero”, disse Helkamirië. “Il suo aiuto vi sarà prezioso se dovrete entrare a Mordor. Avrei voluto accompagnarvi anche io; ma se anche fossi rimasta a Imladris quando il gruppo è stato formato, Elrond mi avrebbe comunque impedito di partire. Non avrebbe rischiato di perdere il ‘dono di Varda’ agli Eldar, mandandomi dritta fra le braccia dell’Oscuro Signore”.
“E cosa ti fa credere che io, invece, ti avrei lasciata partire?”, sbottò Legolas. “Io avrei rischiato di perdere Helkamirië, non Valienna, eppure non ti avrei certo lasciata venire”.
“Perché no?”, lo stuzzicò Helkamirië. “Sono una guerriera esperta e poi sono certa che la mia presenza sarebbe stata per te molto piacevole, oltre che confortante per i tuoi Compagni”.
“Certamente io ne sarei stato felice”, disse l’Elfo. “E i miei compagni più leggeri di spirito; ma tu, mia esperta guerriera, l’ultima volta in cui hai dovuto combattere hai corso un serio rischio. Non hai idea di quello che abbiamo già affrontato e di quello che ancora ci aspetta”.
“Quella volta ero ferita e fuori allenamento”, rispose la fanciulla, fingendosi offesa. “Se Galadriel mi avesse lasciato allenarmi in tutto questo tempo, ora quei Goblin sarebbero cibo per i corvi e i vermi!”.
“Quanta veemenza in una dolce fanciulla!”, esclamò Legolas.
“Questa dolce fanciulla ha ucciso più Orchi, Lupi e altri esseri miserabili di quanto immagini”, disse Helkamirië. “Quando cacciavo, a Dol Taur, non uccidevo certo selvaggina. Io andavo a caccia di nemici, esseri che potevo eliminare senza alcuna pietà. Ora sarebbe impossibile”.
“Perché mai?”, chiese l’Elfo. “Io stavo solo scherzando, sono certo che sapresti difenderti dai servi del Nemico e da ogni altra creatura ostile. Basterebbe che tu riprendessi ad allenarti regolarmente; io potrei aiutarti, fino a che resterò a Lorien”.
“Legolas il problema non è l’allenamento”, rispose la fanciulla. “Semplicemente, non ero affatto lucida quando ho affrontato i Goblin, la mia mente continuava a spostarsi altrove e non si può combattere se non si è concentrati. E a Dol Taur ero offuscata, mentre ora come potrei tendere imboscate? Non esiste nascondiglio per questa benedetta luce, riesci a immaginarla nell’oscurità di Mordor? Sarei subito scoperta e causerei la vostra rovina”.
Helkamirië tacque e Legolas non aggiunse altro, mentre rimanevano abbracciati a guardare le stelle; ben presto, l’Elfo si addormentò e Helkamirië, cullata dal suo respiro regolare, non tardò a imitarlo, sentendosi felice e al sicuro nella stretta delle sue braccia.

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Capitolo 17
*** 16 ***


Venne l’alba, e il Sole li sorprese così, abbracciati l’uno all’altra, svegliandoli dolcemente; si ritrovarono dinnanzi uno spettacolo meraviglioso: la radura sembrava lastricata d’oro per via della luce nascente, e d’oro erano le foglie dei mellyrn, attaccate ai rami d’argento. Helkamirië si alzò e si spostò al centro del prato dove fu inondata di una luce, al cui confronto la sua era pari a quella di una candela e perciò non si riusciva a distinguerla.
“Legolas torniamo in città”, disse voltandosi verso l’Elfo; “Non voglio che qualcuno venga a cercarmi qui. Soltanto le sentinelle sanno che vengo qui a volte, e loro non mi tradiranno”.
“Anche io conosco questo posto”, disse Legolas, alzandosi e raggiungendola. “Ed è stata proprio una sentinella a dirmi dove trovarti”.
“Tutta Lorien ormai sa che siamo fidanzati”, disse Helkamirië; “Avranno ritenuto normale che tu dovessi saperlo”.
Legolas le porse il braccio e si incamminarono per ritornare in città, percorrendo la breve distanza che li separava dal Cancello. Helkamirië volle ritornare subito al suo talan, dicendo di dover prendere qualcosa e pregando l’Elfo di aspettarla di sotto. Quando ritornò, si era cambiata d’abito e portava un grande arco con sé.
“Legolas vorrei che tu provassi a usare quest’arco”, disse. “E’ più grande degli archi che fabbrichiamo al Reame Boscoso, come puoi vedere, ed è anche più pesante. Puoi tirare nel bosco o nel campo di allenamento delle guardie di Lorien”.
“E’ davvero magnifico”, disse Legolas impugnando l’arma; “Ma vedo che ha già scoccato diverse frecce; a chi appartiene?”.
“A me”, rispose Helkamirië. “Mio padre lo fece portare apposta per me fino a Dol Taur, quando volli imparare a usarlo; io vorrei che tu lo portassi con te quando lascerete Lothlorien. Sarà come se io stessa ti accompagnassi”.
“Andrò a tirare nel bosco”, disse l’Elfo sorridendo. “Tu verrai con me?”.
“Non subito”, rispose la fanciulla. “Voglio andare a trovare i tuoi Compagni. Devono sentirsi totalmente spaesati qui, eccetto Aragorn ovviamente, soprattutto i piccoli Hobbit”.
“Come desideri”, disse Legolas. “Se Aragorn fosse con loro, gli chiederesti di raggiungermi?”.
“Lo farò”, disse Helkamirië, allontanandosi diretta verso il centro della città e il talan dei Signori di Lorien.
 
Nella radura si trovavano i due Uomini e Gimli, ma non vi era traccia degli Hobbit.
“Buongiorno, mia signora”, la salutò Aragorn, mentre Gimli e Boromir chinarono il capo.
“Buongiorno a voi”, rispose Helkamirië.
“Legolas non è con te?”, chiese il Ramingo.
“No”, disse la fanciulla; “Egli ti chiede se vorresti avere la bontà di raggiungerlo. Si trova al limitare del bosco, appena oltre il Cancello”.
Aragorn non rispose, ma salutò e si allontanò subito; Helkamirië sapeva che stava raggiungendo Legolas, perciò si rivolse a Boromir.
“Nobile Boromir”, disse, “gli Hobbit non sono con voi?”.
“No, mia signora”, disse l’Uomo; “Questa mattina Frodo si è allontanato molto presto. I suoi amici sono andati a cercarlo, ma dato che non sono tornati, immagino che non l’abbiano trovato”.
“Capisco”, disse la fanciulla, sedendosi accanto a lui. “Ti dispiace se li aspetto qui? Vorrei sapere qualcosa di Gondor e Minas Tirith se ti va di raccontarmi”.
A quella richiesta, gli occhi di Boromir si illuminarono di una luce che Helkamirië non aveva mai visto. “Ne sarei felice, mia signora”, disse.
 
Aragorn aveva seguito le indicazioni di Helkamirië, trovando Legolas esattamente dove lei aveva detto. Stava tirando con l’arco, ma non quello di sua proprietà, poiché il Ramingo era sicuro che si trovasse nel padiglione.
“Un’arma meravigliosa, non trovi?”, disse l’Elfo, come se avesse sentito i suoi pensieri.
“E’ un arco dei Galadhrim, vero?”, chiese Aragorn.
“Esatto”, rispose Legolas; “Appartiene a Helkamirië. Vuole che lo porti con me quando lasceremo Lothlorien”.
L’Elfo andò a recuperare le ultime frecce scoccate e poi tornò indietro, avvicinandosi ad Aragorn che si era seduto sul prato, tra gli alberi.
“Perché mi hai fatto venire, Legolas?”, chiese; “Di certo non volevi mostrarmi un arco, anche se poderoso”.
“Hai ragione”, disse Legolas. “Ho bisogno di chiederti un parere riguardo qualcosa che mi ha detto Helkamirië; è un fatto quantomeno insolito”.
“Avanti, non tenermi sulle spine”, disse il Ramingo.
“Ecco, Helkamirië fu allontanata dal Reame Boscoso”, disse Legolas. “Suo padre la portò fino a qui, perché… aveva tentato di entrare a Dol Gûldur. Lei sostiene di aver sentito qualcosa che la spingeva verso quel luogo, una forza misteriosa che la attraeva e che ancora oggi non riesce a spiegarsi”.
“Helkamirië è molto coraggiosa”, disse Aragorn. “Eppure non appare una fanciulla avventata o desiderosa di morte; perché avrebbe fatto una cosa del genere?”.
“E’ esattamente questo il punto”, disse l’Elfo. “Helkamirië è stata attirata verso la fortezza. Nessun Elfo del Reame Boscoso, seppur coraggioso, si spinge mai tanto a sud, tuttavia lei lo ha fatto, priva apparentemente di motivo”. Legolas fece una pausa, guardò il cielo, poi riprese. “Aragorn, rispondi sinceramente: credi sia possibile che il Nemico sappia di Helkamirië? Che voglia trarla a sé, per qualche suo recondito fine?”.
“Si”, disse l’Uomo. “Lo credo. Gli Eldar hanno occultato molto bene Valienna, tanto che sia io, che Gandalf, nonostante i nostri continui viaggi tra le loro dimore e l’amicizia che ci lega ai Priminati, non abbiamo mai saputo di lei. Tuttavia, il Nemico ha diverse spie e molteplici modi per apprendere i nostri segreti e forse, anche se Helkamirië non ha particolari poteri, egli vuole impossessarsene; non ha sempre bisogno di un valido motivo per compiere il male”.
“Temo che tu abbia ragione”, disse Legolas. “Se solo Mithrandir fosse qui! Forse lui saprebbe darmi una motivazione a questa sorta di ‘caccia’ e potremmo agire di conseguenza”.
“Parlane con Sire Celeborn e Dama Galadriel”, disse Aragorn.
“Non posso farlo”, disse l’Elfo. “Helkamirië lamenta la scarsa libertà di cui gode a causa della loro sorveglianza. Se dicessi loro quali sono i miei timori, i Signori di Lorien intensificherebbero la morsa protettiva in cui lei si sente intrappolata e non mi perdonerebbe. In fondo, finchè si trova nel Reame Beato, nessuno tranne il Nemico in persona, potrà mai raggiungerla; e se la nostra missione avrà buon esito, più nulla la minaccerà”.
“E se, invece, fallisse?”, disse Aragorn. “Niente e nessuno si opporrebbe più al Nemico; chi proteggerebbe Helkamirië?”.
“L’Ovest”, disse Legolas. “Se lui tornasse in possesso dell’Anello, gli Eldar partirebbero dai Rifugi Oscuri verso le Terre Imperiture, riportando la luce di Valienna donde proviene, fuori della sua portata”.
I due smisero di parlare e Legolas riprese a tirare con l’arco, mentre Aragorn si distese sul prato, pensando che, se avesse fallito, con molta probabilità anche Arwen avrebbe lasciato per sempre la Terra di Mezzo.
 
Nel frattempo, Boromir aveva raccontato a Helkamirië quanto fosse meraviglioso il Regno degli Uomini, splendente al Sole del Sud, e le grandi imprese e il buon governo di suo padre, che opponeva ancora strenua resistenza alle forze del Male, nonostante esso divenisse sempre più potente. Mentre discorrevano, sotto lo sguardo annoiato di Gimli, il quale non mancava di manifestare il suo disappunto con sonori sbadigli, Frodo tornò da chissà dove, e i giovani Hobbit lo raggiunsero poco dopo. Dalla parte opposta alla loro, infine, Legolas e Aragorn rientravano dai boschi.
Helkamirië raggiunse Legolas che portava il suo arco con sé. “E’ un’arma davvero potente”, le disse. “Stento ancora a credere che sia stato usato da te”.
“Eppure è così”, disse Helkamirië. “Quest’arco ha cantato innumerevoli volte fra le mie dita; tuttavia credo che ora si trovi in mani migliori, la tua maestria è nota in tutto il Reame Boscoso. Io uso meglio la spada, e la preferisco”.
“Vorresti farmi credere che tu sai combattere?”, interloquì Gimli. “Un Elfo, per giunta femmina, e sapresti usare arco e spada? Ma se non hai fatto altro che rabbrividire ai racconti delle battaglie combattute da Boromir!”.
Helkamirië lo guardò, seria. “Invece è proprio così Gimli”, disse. “E posso maneggiare con disinvoltura anche il pugnale singolo e i doppi pugnali. Perché credi che i miei genitori facessero entrambi parte dell’Esercito dei Valar? Mio padre è addirittura capace di utilizzare le asce e bene anche, quanto voi Nani, ma io non ho mai imparato”.
“Questo non dimostra nulla”, disse Gimli. “Il fatto che i tuoi genitori facessero parte di un esercito non fa di te un’esperta guerriera. Perché non mi dimostri quanto vali, affrontandomi?”.
I Compagni si guardarono l’un l’altro, preoccupati che, se Helkamirië avesse accettato, Gimli avrebbe potuto accidentalmente ferirla. Solo Legolas appariva tranquillo, e un leggero sorriso gli incurvava le labbra.
“Legolas”, disse Aragorn sottovoce. “Come puoi sorridere? Non temi che Helkamirië possa essere ferita?”.
“Affatto”, disse Legolas. “Gimli sta per scoprire che non si sfida Helkamirië se non si è certi di poterla sconfiggere. Lui ha dalla sua parte una grande forza, ma la mia amata è sin troppo agile perché lui possa pensare anche solo di sfiorarla. E forse comprenderà quanto la temano le creature malvagie che popolano Dol Taur”.
“Accetto la tua sfida”, disse in quel momento Helkamirië. “Ti chiedo solo la bontà di attendere qualche momento. Devo andare a prendere la mia spada, ma non ci impiegherò molto”.
Helkamirië si incamminò verso il proprio talan, seguita dagli sguardi dei presenti.

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Capitolo 18
*** 17 ***


“Gimli”, disse Boromir. “Non credi di avere esagerato? È chiaro che tu sei più forte di Dama Helkamirië; se dovessi farle del male come credi che reagirebbe il nostro Legolas o qualunque altro Elfo? E i Signori di Lorien? Essi ci hanno accolti, sarebbe come tradire la loro fiducia”.
“Stai tranquillo”, disse Gimli. “So come usare la mia ascia e non è stata forgiata per ferire luminosi Elfi”.
“Boromir ha ragione”, disse Pipino. “Dama Helkamirië è fin troppo bella e dolce per essere anche una guerriera”.
“Io invece, credo di si”, disse Frodo. “E’ vero che si tratta di una fanciulla bella oltre ogni dire e molto dolce, eppure sento che ella nasconde una grande forza in sé”.
Legolas non disse nulla ma continuò a guardare i suoi Compagni con lo stesso sorriso sornione di chi sa già come andrà a finire e anche Aragorn, persuaso dalle sue parole, si astenne dal fare commenti.
Helkamirië ritornò portando con sé una spada davvero fuori dal comune: brillava e rifletteva la luce come fosse incastonata di diamanti, eppure la sua superficie liscia e levigata sembrava forgiata con comune acciaio. Per potersi muovere con più disinvoltura aveva indossato gli abiti da viaggio, apparendo meno eterea e dolce, ma più decisa e sicura di sé.
“Dama Helkamirië”, disse Merry. “Ora sembri una di noi; non potresti partire anche tu? Eravamo in nove, ma ora manca un membro alla Compagnia dell’Anello”.
“Ne sarei felice, Merry”, disse Helkamirië. “Non sai quanto. Ma Celeborn e Galadriel non mi permetterebbero di partire, ne tanto meno me lo consentirebbe Legolas”.
“Allora vogliamo procedere?”, intervenne Gimli. “O forse ti sei pentita di aver accettato la sfida?”.
“Niente affatto!”, disse la fanciulla. ‘Ti farò pentire di avermi provocato, Messer Nano’. “Fateci spazio, cominciamo!”.
Gli spettatori sedettero ai bordi della radura, mentre i due avversari presero posizione, studiandosi a vicenda. Il Nano si lanciò subito all’attacco, menando tremendi colpi con la sua ascia che però Helkamirië schivava con una velocità straordinaria e apparentemente senza sforzo; non contrattaccava ancora, limitandosi a stare sulla difensiva, occasionalmente parando i colpi invece di scansarsi. Improvvisamente, dopo aver parato l’ennesimo attacco, un sorriso comparve sul suo volto e Helkamirië spinse all’indietro Gimli, lanciandosi nel contrattacco: i suoi movimenti sembravano una danza e i fendenti non risultavano mai letali, perché all’ultimo istante colpiva con la spada di piatto. Continuò il suo attacco fino a portare Gimli con le spalle contro un tronco, e solo allora gli puntò la spada alla gola, immobilizzandolo.
“Credo di aver vinto io, Messer Nano”, disse rinfoderando la spada. “Spero vivamente che non me ne vorrai”.
Gimli chinò il capo e si allontanò, ansimando per la fatica e borbottando nella incomprensibile lingua dei Nani. Helkamirië scosse il capo e si avvicinò al suo pubblico. Solo Legolas non sembrava stupefatto da ciò che aveva visto e appariva estremamente tranquillo. Pipino continuava a fissarla a bocca aperta e la fanciulla gli mise una mano sotto il mento, richiudendola.
“Non è educato fissarmi a bocca aperta, Messer Peregrino”, disse.
“Ti domando scusa per lui, mia signora”, intervenne Merry. “Devi comprendere il nostro stupore, non sapevamo che tu sapessi combattere con tale maestria, ed eravamo convinti che Gimli ti avrebbe sconfitta in un batter d’occhio. Invece tu… e non sembri neppure stanca!”.
“Non lo sono infatti”, disse Helkamirië. “Gli allenamenti cui mi sottoponeva mio padre duravano dal sorgere al calare del Sole, senza interruzioni e ho impiegato molte vite degli Uomini per riuscire a batterlo in un duello. Egli è un guerriero straordinario, dovreste vedere con quanta abilità maneggia l’ascia! Io non ho imparato, perché non amo quel tipo di armi. Prediligo la spada e, pur utilizzando anche i pugnali, mi sono esercitata fino a rasentare la perfezione”.
“Io credo che tu l’abbia raggiunta”, intervenne Boromir. “Non penso che qualcuno riuscirebbe a sconfiggerti, o almeno nessuno nella Terra di Mezzo. La tua spada è altrettanto eccezionale: sembrerebbe forgiata con comune acciaio, eppure risplende come se fosse puro diamante”.
“Non sei molto lontano dal vero, Boromir”, disse Helkamirië. “La spada che vedi appartenne a mia madre e, come lei, proviene da Valinor. Sono stati i Noldor a crearla, ed essi sono artefici persino migliori dei Nani, riuscendo a combinare elementi apparentemente incompatibili. Quest’arma è stata forgiata in acciaio e mithril, perché fosse più leggera, con un’anima di diamante, proprio come la sua superficie, uno strato liscio e levigato di diamante, sottile come il capello di un Elfo. Non necessita di essere affilata e potrebbe essere spezzata solo da un’arma simile, quali sono i miei pugnali, anch’essi un tempo proprietà di mia madre”.
“Possiedi un tesoro inestimabile”, intervenne Gimli. “Se gli Elfi sanno creare oggetti simili, essi sono davvero fabbri migliori di noi”.
“Allora mi rivolgi ancora la parola”, disse Helkamirië. “In ogni caso, soltanto i Noldor sono capaci di tanto, non tutti gli artigiani elfici. E per vostra fortuna, la maggior parte di essi si trova nelle Terre Imperiture”.
“Dama Helkamirië, ci insegneresti?”, chiese d’un tratto Pipino.
“Cosa vuoi che ti insegni?”, chiese la fanciulla.
“Io, Merry e Sam vorremmo imparare a usare una spada”, disse Pipino. “Abbiamo le nostre, ma se non impariamo a brandirle sono inutili. Te ne prego, aiutaci!”.
“Fatemi vedere le vostre armi”, disse Helkamirië. I tre giovani Hobbit mostrarono i pugnali che Tom Bombadil, Iarwain Ben-Adar, aveva scelto per loro dal tesoro dei Tumulilande. “Lame dell’Ovesturia! Avete delle ottime spade. E tu Frodo, non possiedi nulla di simile?”.
Frodo non rispondeva, perciò intervenne Sam. “Padron Frodo, aveva una spada dei Tumuli, ma è andata distrutta al Bruinen”, disse; “Però ha Pungolo, una lama elfica che risplende d’azzurro quando ci sono Orchi nei paraggi. Apparteneva al Padron Bilbo, l’ha riportata dal suo viaggio”.
“Non vuoi mostrarmi Pungolo?”, chiese Helkamirië.
Frodo la guardò e lentamente, come se avesse un peso immane, estrasse Pungolo dal fodero.
“Davvero meravigliosa!”, esclamò la fanciulla. Restituì le spade agli Hobbit e prese per mano Pipino. “Andiamo, miei giovani amici. Vi porterò in un posto dove potremo allenarci insieme”.
Helkamirië si allontanò con i Mezzuomini, lasciando gli ancora stupefatti Uomini e un borbottante Gimli a chiedere spiegazioni a Legolas.
 
I giorni passavano felici ma rapidi a Lorien e si avvicinava il giorno della partenza. Helkamirië aveva trascorso quasi tutte le mattine ad aiutare i piccoli Hobbit con la spada, ma i pomeriggi erano dedicati a lunghe passeggiate in compagnia di Legolas. Un giorno, Galadriel la chiamò a sé, desiderando parlare sola con lei.
“Helkamirië, non c’è molto tempo”, disse la Dama. “La Compagnia sta per lasciare Lothlorien”.
“Così presto?!”, esclamò Helkamirië. “Speravo che ci fosse più tempo”.
“La missione della Compagnia è molto urgente”, disse Galadriel. “E’ stata rimandata già troppo a lungo, ormai si trovano qui da quasi un mese, anche se la loro impressione sarà diversa. Ti consiglio di congedarti da Legolas, ma non nutrire eccessive speranze: sii cosciente del fatto che potresti non rivederlo”.
“Quanto tempo mi rimane?”, chiese Helkamirië con le lacrime agli occhi.
“Non molto”, disse Galadriel. “Questa sera condurrò il Portatore allo Specchio, dopodiché inizieremo i preparativi per la partenza. Questo significa che ti rimane un giorno, al massimo due: cerca di trascorrerli con lui”.
Helkamirië
si congedò e lasciò il talan dei Signori di Lorien, ritornando al campo dove allenava i piccoli Hobbit; aveva preso la sua decisione: quel giorno lo avrebbe trascorso con i membri della Compagnia che ormai erano diventati suoi amici, mentre l’indomani lo avrebbe dedicato a Legolas.

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Capitolo 19
*** 18 ***


Il giorno seguente, Helkamirië e Legolas lasciarono Caras Galadhon diretti nei boschi. Il Sole splendeva alto nel cielo, come mai da quando la Compagnia si trovava a Lorien. Raggiunsero la radura preferita di Helkamirië, che si presentava come sempre meravigliosa e la fanciulla andò a sedersi sotto lo stesso albero che li aveva sostenuti quando avevano dormito all’aperto. Legolas si avvicinò e si sdraiò sul prato, poggiando la testa sulle sue gambe, mentre lei prese a carezzargli i capelli dorati, con un’espressione triste sul bel volto.
“Helkamirië sei malinconica”, disse Legolas.
“Non dovrei?”, rispose Helkamirië. “Appena i preparativi saranno ultimati, lascerai Lothlorien con la Compagnia, e io non posso sapere con certezza se tornerai da me. Perché hai promesso di accompagnare Frodo? Se non lo avessi fatto, ora potresti rimanere con me”.
“Helkamirië”, disse Legolas, senza cambiare posizione. “Io non ho promesso nulla, è solo un impegno personale; eppure tu stessa mi hai detto che accetterai di diventare la mia sposa soltanto dopo che avrò compiuto la mia missione. Tu non vuoi davvero che io rinunci”.
“Invece lo voglio, Legolas”, disse la fanciulla. “Non mi piace l’idea di mandarti nelle grinfie del Nemico. Abbiamo avuto tante difficoltà, e ora, che finalmente avevamo raggiunto la serenità, tu ti allontani da me. Ho paura di non rivederti più e che questo momento si trasformi nell’ultimo ricordo di te”.
Legolas si sollevò e attirò Helkamirië contro il suo petto, cullandola dolcemente.
“Questo non sarà un addio”, disse; “Ma soltanto un arrivederci. Io te lo prometto Helkamirië: non mi accadrà nulla e ti sposerò al mio ritorno. E finalmente vivremo la nostra vita in un mondo libero dal Male”.
L’Elfo le mise due dita sotto il mento e le sollevò il volto, chinandosi a posarle un tenero bacio sulle labbra.
“Legolas”, disse Helkamirië staccandosi da lui. “Aspetterò con ansia il giorno in cui mi riporterai a Dol Taur; ma tu non attardarti troppo lontano da me”.
“Non lo farò”, disse Legolas, affondando il viso nei suoi capelli e inspirandone il profumo. “Ti ho mai detto che adoro il tuo profumo? Quando sarò lontano sperò che il vento soffi attraverso Lothlorien per portarlo fino a me. Ti amo Helkamirië”.
“Anche io ti amo Legolas”, disse la fanciulla stringendosi ancora di più a lui.
Legolas la baciò ancora, incurante del fatto che le sentinelle avrebbero potuto vederli; e infatti, molti Galadhrim li scorsero nel Bosco d’Oro, felici per la loro Valienna.
 
Legolas e Helkamirië passarono il resto della giornata insieme, nei boschi di Lothlorien; entrambi tentavano di comportarsi in maniera normale, come se la separazione non fosse imminente, ma non potevano impedire a un velo di tristezza di offuscare la loro gioia. Helkamirië sembrava serena, e rideva allegramente ogni volta che scorgeva una pallida niphredil o quando il Sole, penetrando tra le fronde, le sfiorava il viso; in realtà il suo animo era lacerato dal dolore e dal dubbio, ma non voleva che Legolas portasse con sé il ricordo di lei in lacrime. Dal canto suo, l’Elfo aveva capito che quella di Helkamirië non era spontaneità, ma sapeva per quale motivo avesse quell’atteggiamento e le era grato di volerlo rendere felice.
“Legolas”, esordì all’improvviso Helkamirië. “Ti piacciono le niphredil?”.
“Le trovo bellissime”, rispose Legolas. “Immagino che anche a te piacciano”.
“Si, è così”, disse la fanciulla. “La maggior parte di coloro che possono posare gli occhi su Lothlorien, viene conquistata dai dorati elanor; io ho sempre trovato che le bianche niphredil siano più timide, poiché accanto agli elanor sembrano sparire, eppure proprio per questo motivo, quando vi si posano gli occhi si scopre quanto la loro delicatezza sia allo stesso tempo la loro grande bellezza”.
“Voglio confessarti una cosa”, disse Legolas, cingendole la vita e guardandola negli occhi. “Anche io ho amato le niphredil dal primo momento, quando giunsi qui a Lorien; mi ricordano te, che hai dovuto vivere nascosta, eppure quando ti sei mostrata, hai catturato i cuori di coloro che ti hanno veduta. Per me, ognuna di loro è una piccola Helkamirië: la stessa Lothlorien ti rende omaggio, Valienna”.
Helkamirië arrossì e chinò il capo, non dando segno di volerlo rialzare, tanto che Legolas temette di averla offesa; ma quando si chinò a sua volta per guardarla, la fanciulla gli regalò uno dei sorrisi più belli che l’Elfo avesse visto su quel viso meraviglioso.
“Grazie Legolas”, disse; “non potevi farmi complimento più gradito”. Helkamirië guardò Legolas negli occhi e, nel farlo, si rese conto che il Sole era ormai prossimo al tramonto. “Il Sole sta calando”, disse. “E tu dovrai trascorrere l’ultima notte a Lorien con i tuoi Compagni. Il nostro tempo è finito, almeno per ora”.
Legolas non disse nulla; guardandola tristemente, le porse il braccio e si diresse alla città.
 
Si diressero subito al talan di Helkamirië, poiché la fanciulla preferiva separarsi il prima possibile, sperando in tal modo di rendere meno penoso il distacco.
“Ti auguro di trascorrere una notte serena, Helkamirië”, disse Legolas posandole un bacio sulla fronte.
“E’ impossibile; ma ci proverò”, disse Helkamirië. “Buonanotte Legolas”. Per un istante poggiò una candida, luminosa mano sul viso dell’Elfo; poi sparì nel suo talan. Si chiuse la porta alle spalle e si lasciò scivolare sul pavimento; sentiva le lacrime pungerle gli occhi, ma non poteva piangere ora che Legolas era ancora così vicino o se ne sarebbe accorto. Facendosi forza si rialzò e raggiunse il letto; sapeva che non sarebbe riuscita a dormire, ma sperava di rilassarsi un poco. L’ alba la sorprese ancora sveglia e immersa nei suoi pensieri, così si alzò e velocemente si lavò e cambiò d’abito: aveva poco tempo per raggiungere l’Egladil di Lorien dove si trovava il pontile e donde la Compagnia si sarebbe imbarcata. Nel momento in cui stava per uscire, sentì un lieve bussare alla porta, da cui entrarono Rumil e Orophin.
“Mia signora”, disse Rumil. “I Signori ti attendono. Desiderano che tu porga il tuo saluto ai loro ospiti”.
“Lo so, grazie Rumil”, disse Helkamirië. “Sapete qual è il dono destinato al Principe Legolas Thranduilion?”.
“Un arco dei Galadhrim, mia signora”, rispose Orophin. “Dama Galadriel ne ha fatto costruire uno apposta per lui”.
Helkamirië rimase spiazzata: stava per prendere il suo arco per darlo a Legolas, tuttavia non disse nulla, prese il suo manto e seguì i due Elfi.

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Capitolo 20
*** 19 ***


Helkamirië, scortata da Rumil e Orophin, giunse all’Egladil di Lorien quando la Compagnia stava partecipando al banchetto di commiato con Celeborn e Galadriel, perciò rimase in disparte; sembrava che nessuno l’avesse notata, ma Legolas doveva aver percepito la sua presenza, perché appariva agitato e continuava a guardarsi intorno. Helkamirië notò che ai Compagni era stato donato il manto di Lorien; fatto alquanto insolito, poiché mai i Galadhrim ne avevano fatto dono a stranieri: le avevano detto delle perplessità dei tessitori quando Galadriel aveva ordinato loro di tessere uno speciale manto per Valienna, che era pur originaria di un altro paese. Il suo era di un colore molto scuro, quasi nero, e vi erano intessute d’argento le sette stelle della Valacirca; la trama era così fitta che riusciva a coprire la sua luce, consentendole di viaggiare sicura, ed era stato, questo, un dono di Celeborn e Galadriel per la sua guarigione.
Helkamirië attese che il banchetto fosse terminato e si avvicinò a loro nel momento in cui i Signori stavano consegnando i doni che avevano preparato. Legolas rimase sorpreso nel vedere che Dama Galadriel gli stava consegnando un arco, perché credeva che lei fosse a conoscenza delle intenzioni di Helkamirië. Quest’ultima stava salutando i Compagni seguendo la Dama: di fronte a Legolas levò il manto dal capo, mostrando un sorriso più sereno possibile.
“Dama Galadriel mi ha preceduto”, disse, slacciandosi qualcosa dal collo. “E’ il mio rubino: desidero che lo porti con te”.
“No, Helkamirië, non posso prenderlo”, disse Legolas. “Questa collana è troppo preziosa per te. Se la perdessi? O se io perissi nella missione e cadesse in mano al Nemico?”.
Helkamirië pose l’indice sulle labbra di Legolas, zittendolo. “Tu non lo perderai, ne sono certa”, disse. “E se dovesse verificarsi la seconda ipotesi… non mi servirebbe più. Tienilo con te, vicino al cuore, come se fosse il mio. Buona fortuna e che Elbereth vegli su di te”.
Così dicendo, Helkamirië prese il viso di Legolas tra le mani e lo baciò sulla fronte; non sopportava di essere così distaccata, ma il fatto di essere in pubblico e il rango di Legolas, imponevano di tenere un certo contegno. Rivolgendo un ultimo sguardo all’Elfo, riprese a salutare gli ospiti. Dopo Legolas, incontrò un timido e spaurito Sam.
“Sam”, disse al piccolo Hobbit. “Io conto su di te. Non lasciare mai il tuo padrone, ma soprattutto aiutalo; non intendo fisicamente, so che quello lo fai già. Sostienilo e non fargli perdere la speranza. Ho grande fiducia in te e sono certa che non mi deluderai”.
Sorrise al Mezzuomo, rialzandosi e incrociò lo sguardo di Gimli.
“Messer Nano”, disse. “Non ti ho ringraziato per la nostra sfida: era molto tempo che non mi divertivo tanto, sei un avversario formidabile. Aspetto con ansia il giorno in cui potremo batterci ancora”.
L’ultimo rimasto era Frodo: Helkamirië si abbassò per guardarlo negli occhi, come faceva sempre quando doveva dirgli qualcosa di importante.
“Non ho molto da dirti”, disse. “Dama Galadriel ti avrà già avvisato dei pericoli cui vai incontro, e meglio di me. Affronta il tuo viaggio con un poco di serenità e ne trarrai vantaggio; e quando la Fiala di Galadriel mostrerà la sua luce, rivolgi un piccolo pensiero anche a Dama Helkamirië. Che la luce di Elbereth splenda su di te, Frodo Baggins”.
Quando ebbero terminato i saluti, i Compagni si sistemarono nelle barche preparate per loro e discesero il corso del Celebrant fino all’Anduin. Helkamirië rimase a guardare le barche finchè esse non svanirono alla vista, dopodiché rientrò di corsa a Caras Galadhon.
 
I Compagni avevano il cuore pesante e gli occhi lucidi di lacrime: nessuno di loro avrebbe mai immaginato quale dolore sarebbe derivato dal lasciare Lorien. Gimli, seduto nella barca con Legolas, singhiozzava, lacerato dall’aver dovuto lasciare Dama Galadriel per la quale provava un’ardente venerazione, come mai era successo a un Nano nei confronti di un Elfo. Invano Legolas tentò di pronunciare parole di conforto, perché Gimli continuava a ripetere che quella ferita si sarebbe rimarginata soltanto qualora avesse rivisto la Bianca Dama di Lothlorien. L’Elfo lo comprendeva bene, poiché la sua partenza era stata la più amara, avendo egli lasciato indietro non solo la luce del Reame Beato, ma anche il calore dell’amore di Helkamirië.
Ben presto si ritrovarono sul Grande Fiume e dopo qualche giorno di navigazione, durante i quali Frodo ebbe la conferma che Gollum li stava seguendo, furono attaccati nei pressi di Sarn Gebir. Dalla riva orientale, gli Orchi scoccarono uno sciame di frecce che fischiarono sopra le loro teste, anche se, probabilmente grazie alle barche e ai manti elfici, la mira delle orride creature non fu mai precisa. Faticosamente, guadagnarono la sponda occidentale e fu allora che scorsero un’ombra volare verso di loro: Legolas tese il maestoso arco di Galadriel e abbatté la creatura, evitando così, per quella notte, altri attacchi da parte degli Orchi, scoraggiati. L’Elfo ammirò ancora l’arma e il suo pensiero fuggì inevitabilmente nei boschi di Lothlorien dove si trovava Helkamirië. Avrebbe tanto voluto che la luce della sua amata fosse stata con lui nel momento in cui aveva scorto l’orribile ombra, ma allo stesso tempo era felice che lei si trovasse al sicuro e non a fronteggiare i servi del Nemico.
Trascorse ancora qualche giorno di viaggio, relativamente tranquillo. La Compagnia superò gli Argonath, immagini eterne di Isildur e Anarion scolpite nella viva roccia a guardia del regno di Gondor e giunse a Parth Galen, dove si accampò. Gli avvenimenti quel giorno si susseguirono tragicamente: Boromir tentò di togliere l’anello a Frodo, il quale fuggì verso Amon Hen; furono attaccati dagli Uruk-hai di Isengard e il Capitano di Gondor perse la vita nel tentativo di difendere Merry e Pipino, i quali infine furono catturati e portati via; Frodo, invisibile grazie all’Anello, prese una barca e tentò di allontanarsi, volendo continuare il viaggio da solo, ma non aveva fatto i conti con Samvise Gamgee, il quale lo seguì e lo costrinse a portarlo con sé, così entrambi si allontanarono verso gli Emyn Muil.
Quando Aragorn comprese ciò che era accaduto, si trovò a dover compiere una scelta difficile; decise che egli, Legolas e Gimli avrebbero inseguito gli Orchi per salvare Merry e Pipino, lasciando che Frodo e Sam terminassero da soli la missione, comprendendo che più nulla avrebbe potuto fare per aiutarli. Così, dopo aver composto il corpo di Boromir in una delle barche elfiche, l’affidarono al Grande Fiume e si lanciarono alla caccia.
L’inseguimento li portò nelle verdi pianure di Rohan, dove incontrarono Eomer, Terzo Maresciallo del Mark, il quale con i suoi Rohirrim aveva distrutto gli Uruk-hai che i Tre Cacciatori cercavano. Egli diede loro in prestito due cavalli, Arod e Hasufel perché raggiungessero il luogo in cui era avvenuta la carneficina. Giunti sul posto, scoprirono che i giovani Hobbit erano sfuggiti al massacro e si erano rifugiati nella Foresta di Fangorn e vi si inoltrarono, alla ricerca di altre tracce, ma incontrarono, invece, qualcun altro: Gandalf, non più il Grigio, bensì Gandalf il Bianco. Questi raccontò brevemente ciò che era accaduto a Moria e poi li condusse seco a Edoras, dove liberò Re Theoden dall’influsso malvagio di Saruman. Prevedendo un attacco di Isengard, l’intera popolazione di Rohan trovò rifugio al Fosso di Helm, l’immensa fortezza ai piedi delle montagne, dove Saruman scatenò il suo attacco, respinto dalla forza e dal valore dei difensori. Gli Orchi superstiti fuggirono, inoltrandosi nel fitto bosco che era misteriosamente apparso davanti alla fortezza; ma quegli alberi erano Ucorni provenienti dal cuore di Fangorn ed essi nutrivano un profondo odio per gli Orchi, i quali sparirono sotto le fronde degli alberi per non ritornare. Il giorno seguente, Gandalf con i suoi tre compagni, Theoden e la sua scorta, partì diretto a Isengard, desiderando parlare con Saruman.

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Capitolo 21
*** 20 ***


Dopo la partenza di Legolas, Helkamirië si recava tutti i giorni alla radura vicino Caras Galadhon, trascorrendovi spesso anche la notte. Così fece il settimo giorno dalla loro separazione; improvvisamente, dopo il calare della sera, pur trovandosi a Lorien e al lume di innumerevoli stelle, sentì un’ombra attanagliarle il cuore e le sembrò quasi che tutto intorno a lei divenisse più buio. Quando la sgradevole sensazione passò, le lasciò addosso un senso di paura, ma non per sé stessa; avvertiva, crescente, una insopportabile preoccupazione per Legolas.
Helkamirië ebbe solo un attimo di esitazione, dopodiché imboccò di corsa il sentiero che portava a Caras Galadhon; raggiunto il suo talan, cercò nell’armadio la sua sacca e gli abiti da viaggio. In un cassetto, trovò la fiaschetta di miruvor che Elrond le aveva donato quando aveva lasciato Imladris, e la mise in una tasca interna della casacca. Agganciò la sua amata spada alla cintura e nascose il lungo pugnale nello stivale destro; i doppi pugnali trovarono posto nel loro fodero, agganciato alle spalle insieme alla faretra. Nascose tutto coprendosi con il suo manto e afferrò l’arco e la sacca; lo sguardo le cadde sul suo riflesso nel grande specchio e per un attimo ripensò alla sua decisione: cosa avrebbe detto Legolas quando l’avesse vista? E i Signori di Lorien? Nessuno di loro avrebbe approvato, ma non se la sentiva di ignorare la preoccupazione per Legolas e, stringendo forte l’impugnatura dell’arco, uscì, dirigendosi ai magazzini che contenevano le vettovaglie per le sentinelle dei confini. Come era prevedibile, l’edificio non era strettamente sorvegliato, trovandosi nel cuore della città, così non le fu difficile entrare. Helkamirië sapeva già cosa cercare: il lembas, soprattutto, e poche altre cibarie che si conservassero per la durata del suo viaggio; nella stanza vi erano anche diversi otri, per sua fortuna e uno di essi era già stato riempito. Lo afferrò veloce e, silenziosa come era entrata, uscì dal magazzino, giungendo ben presto alle scuderie, dove alloggiava Carnemirië; il destriero la seguì docile e con passo talmente leggero che non era possibile udirlo.
Helkamirië condusse il suo cavallo dove sapeva di poter guadare il fiume Celebrant, trovandosi così nella parte meridionale del Bosco d’Oro. Quando fu sufficientemente lontana dalla città, montò a cavallo e spronò Carnemirië al galoppo; sperava che il soffice passo del suo destriero le consentisse di passare inosservata, ma se anche le sentinelle l’avessero vista, non avrebbero mai potuto a piedi raggiungere la velocità di Carnemirië.
 
All’alba, Helkamirië aveva già varcato i confini di Lothlorien, ritrovandosi nelle terre brulle e desolate che  separavano il Bosco d’Oro dalla Foresta di Fangorn. Quest’ultima era la sua meta e la fanciulla sapeva quale strada intraprendere. Faceva avanzare Carnemirië al passo, potendo percorrere in tal modo, molte più leghe; era a conoscenza del fatto che il suo cavallo era praticamente instancabile, ma il terreno era molto accidentato e non voleva rischiare che si ferisse. Inoltre l’andatura moderata le consentiva di osservare con attenzione il paesaggio circostante e scorgere eventuali tracce di Orchi, onde evitare, se possibile, spiacevoli incontri. Pur se effettuava frequenti soste per controllare gli zoccoli del cavallo o riposarsi, nel giro di tre giorni giunse in vista degli alberi di Fangorn; il suo viaggio, però, era appena all’inizio, perché non poteva sapere dove si trovasse in quel momento l’antico Onod e avrebbe dovuto affrontare l’ostilità degli alberi. Helkamirië fermò il cavallo, restando per un po’ a riflettere: aveva conosciuto un altro Onod nella sua precedente visita, ma sapeva che questi doveva trovarsi a Sud, oltre l’Entalluvio. Infine prese la sua decisione: avrebbe viaggiato sempre verso Sud, tenendosi il più vicino possibile ai confini orientali della foresta, evitando così di avvicinarsi agli alberi più maldisposti e sperando di incontrare presto Fangorn o Bregalad.
 
Viaggiò per altri due giorni, fermandosi il meno possibile e cercando di rimanere sempre in vista dei confini. L’alba seguente al suo arrivo in vista di Fangorn aveva guadato il Limterso e il secondo giorno, essendo già pomeriggio inoltrato, raggiunse l’Entalluvio. Ricordava ancora che vicino alla sua sorgente si trovava una delle case di Fangorn e sperava vivamente che l’Onod fosse vicino, così si liberò del manto, sperando che la sua luce ne attirasse l’attenzione. Helkamirië correva un grave rischio inoltrandosi sola nella foresta, ma doveva assolutamente incontrare Fangorn o Bregalad, perciò spronò Carnemirië al trotto, costeggiando l’Entalluvio verso Ovest e quando questi non fu che un ruscelletto, lo guadò e rimase ferma ad aspettare: il Sole aveva appena iniziato la sua discesa verso il riposo notturno, quindi l’Onod non doveva ancora essere giunto. La fortuna sembrò arriderle quel giorno, perché dopo poco tempo sentì avvicinarsi i grandi passi di Fangorn. Avanzò al passo in quella direzione e ben presto si trovò davanti l’antico Onod; quale non fu la sua sorpresa quando vide che portava sulle spalle Merry e Pipino! Smontò da cavallo e si mise a correre verso di loro.
“Merry! Pipino!”, chiamò.
“Dama Helkamirië!”, esclamò Merry. “Avanti Barbalbero, mettici giù!”.
Quando furono a terra, anche i piccoli Hobbit presero a correre e si precipitarono fra le braccia di Helkamirië che si era chinata per accoglierli.
“Miei cari Hobbit!”, disse la fanciulla. “Ero venuta a cercare Fangorn, non mi aspettavo di incontrare voi! Ditemi, perché non siete con gli altri? Stanno bene?”.
“Beh… si, o almeno crediamo”, disse Merry.
“Cosa vuol dire ‘credete’?”, chiese Helkamirië.
“Ti spiegheremo tutto più tardi”, disse Pipino. “Anche Barbalbero vuole sapere un po’ di cose. Lei può seguirci, vero?”.
“Ha hmm, certo!”, disse Barbalbero. “Io conosco da molti dei vostri anni questa figlia dei Priminati. Ha percorso molti ent-passi con me, nella mia foresta, anche se allora non portava con sé la luce delle stelle, hom”.
“Ti ringrazio, Fangorn”, disse Helkamirië, carezzando il muso di Carnemirië che li aveva raggiunti e le strofinava il naso sul collo. Fangorn riprese i due Hobbit e la fanciulla lo seguì fino alla sua Ent-casa, conducendo il cavallo.
 
Una volta all’interno, Fangorn offrì loro dell’acqua, o almeno, la bevanda nelle loro tazze ne aveva l’aspetto, pur avendo allo stesso tempo una qualche virtù nascosta che rinvigoriva sommamente. Ben presto, i giovani Hobbit cominciarono il loro racconto, evitando di parlare dell’Anello e procedendo disordinatamente, senza seguire il filo degli avvenimenti. Quando raccontarono della caduta di Gandalf a Moria, Helkamirië guardò Fangorn negli occhi e lo sguardo che vi colse le fece sorgere un sospetto, tuttavia non proferì parola, continuando ad ascoltare. Infine, erano giunti alla parte che più le interessava: ciò che era successo dopo la partenza da Lorien. Apprendendo della morte di Boromir, Helkamirië chinò il capo, lasciando che qualche lacrima le scorresse sulle guance.
“Sono costernata da tale notizia”, disse. “Boromir era un nobile Uomo e un Capitano coraggioso, e la sua gente lo piangerà a lungo. Ma ditemi: cosa accadde il settimo giorno dalla vostra partenza? O dovrei dire la settima notte?”.
“La settima?”, chiese Merry, apparentemente confuso. “Ma certo! Eravamo vicini a Sarn Gebir e fummo attaccati dagli Orchi e quando si fece buio Legolas abbatté quell’orrenda ombra volante. Non so cosa fosse, ma mi empì di terrore il solo scorgerla!”.
“Già, era davvero terribile!”, disse Pipino. “Ma era sicuramente una delle creature del Nemico: ti ricordi come fu accolta dagli Orchi appostati sulla sponda orientale? E la loro rabbia quando Legolas la abbatté?”.
“Qualunque cosa fosse”, interloquì Helkamirië, “io ne percepii la presenza fino a Lorien,anche se non so come questo sia possibile. È stata il motivo che mi ha spinto a partire”. In breve raccontò loro le sue sensazioni, la decisione tormentata e le sue ‘malefatte’ a Lorien. “La mia intenzione era di giungere sin qui per sapere da Fangorn se aveva vostre notizie”.
“E invece hai trovato noi!”, esclamò Pipino. “Però, come credi che avrebbe potuto Barbalbero avere nostre notizie? Lui non sapeva nulla di noi, vero Barbalbero?”.
“Hum ho, è vero Messer Peregrino”, disse l’Onod. “Io non mi interesso delle vicende esterne dei mortali fino a che non danneggiano la mia foresta. Ma adesso è giunta l’ora di farla pagare a Saruman!”. Fangorn cominciò una violenta accusa nei confronti dello Stregone e, tra una maledizione e l’altra, riuscì a rispondere alle domande dei giovani Hobbit, che poco o nulla sapevano di Saruman e di Isengard.

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Capitolo 22
*** 21 ***


Il mattino successivo, Fangorn, accompagnato dai suoi ospiti, percorse la foresta diretto a Tondovallo, nome dato dagli Uomini al luogo dove quel giorno si sarebbe svolta l’Entaconsulta; lungo il cammino lanciava come dei richiami, ai quali ne rispondevano altri simili. Giunti a destinazione, videro che diversi Ent si trovavano già sul posto e molti altri stavano arrivando da varie direzioni. Barbalbero fece scendere gli Hobbit dalle sue spalle e questi si misero in disparte insieme a Helkamirië, mentre Carnemirië pascolava tranquillo nella conca. Merry e Pipino si chiedevano come fosse Isengard e cosa avrebbero potuto fare gli Ent per distruggerla, mentre Helkamirië rimaneva zitta, immersa nei suoi pensieri. Era partita da Lorien con poche certezze sulla sorte di Legolas e l’incontro con gli Hobbit le aveva sgretolate, lasciando il posto a nuove domande e a una maggiore preoccupazione.
Dopo una lunga attesa, Fangorn ritornò da loro con un altro Onod, apparentemente più giovane e da lui descritto come ‘frettoloso’; questi si presentò agli Hobbit come Sveltolampo e Helkamirië sorrise perché si trattava dello stesso Bregalad che stava cercando.
“Ha hmm, Dama Helkamirië”, le disse l’Ent. “E’ un piacere rivedere una così bella figlia dei Priminati in questo luogo. Fangorn ti ha sempre trovata cortese e amante degli alberi, e si chiedeva quando saresti tornata”.
“Ti ringrazio Bregalad”, disse sorridendo Helkamirië. “In realtà sono venuta a cercare te”.
Sveltolampo prese i giovani Hobbit caricandoseli in spalla, mentre Helkamirië lo seguiva in groppa a Carnemirië. L’Onod volle sapere perché lo cercasse e la fanciulla gli spiegò che sperava avesse ricevuto notizie dal mondo esterno tramite gli uccelli che amava tanto, ma che la situazione attuale l’aveva convinta che loro non avessero le informazioni che cercava. Quella notte la trascorsero nella Ent-casa di Sveltolampo e in sua compagnia passarono anche il giorno seguente; il pomeriggio del terzo giorno raggiunsero la colonna di Ent che marciava in guerra contro Isengard. Li seguivano molti Ucorni, e molti altri si diressero altrove a sbrigare una faccenda con gli Orchi. Giunti alla meta, Helkamirië salì sulle spalle di Bregalad, armata del suo arco, e fece allontanare Carnemirië con la raccomandazione di non inoltrarsi nel fitto degli alberi. Ben presto, avuta finalmente la meglio sui pochi soldati di guardia, ebbero ragione anche di Isengard, terminando l’opera con l’inondazione dell’Isen. Prima che avesse luogo, ricevettero inaspettata la visita di Mithrandir, con sommo stupore dei giovani Hobbit, ma non di Helkamirië che vedeva infine i suoi sospetti prendere corpo. La stessa notte della visita di Gandalf, l’Isen si riversò nel cerchio di pietre e fu nuovamente fermato dagli Ent. Due giorni dopo, di prima mattina, Vermilinguo giunse a Isengard e Barbalbero informò gli Hobbit e Helkamirië che sarebbe arrivata gente dal Sud.
 
Quando Gandalf e Theoden con la sua scorta giunsero ai cancelli di Isengard si trovarono dinnanzi uno spettacolo insolito. Due piccole figure ammantate di grigio stavano su un cumulo di macerie, l’una sdraiata, l’altra intenta a emettere sbuffi di fumo dalla bocca e dal naso; accanto a loro, seduta ma vigile, un’alta figura avvolta in un manto scuro ricambiava il loro sguardo indagatore: il cappuccio ricadeva sulle spalle, rivelando così l’appartenenza alla stirpe elfica nei tratti eterei del volto. Dopo un veloce scambio di battute tra Re Theoden e gli Hobbit, il Signore del Mark con la sua scorta e Gandalf, si recò a incontrare Barbalbero mentre Aragorn, Legolas e Gimli si fermarono ai cancelli.
Soltanto allora Helkamirië si precipitò dal suo Legolas che intanto era smontato da cavallo; si rifugiò fra le sue braccia, ridendo felice e incurante dell’incredulità dell’Elfo.
“Helkamirië!”, esclamò Legolas. “Perché ti trovi qui, lirimaer?”.
“E’ una lunga storia, Legolas”, disse Helkamirië. “E vorrete riposare. Rimandiamo a dopo le spiegazioni, vuoi?”.
Legolas annuì con un cenno del capo e prese la mano di Helkamirië seguendo lei e gli Hobbit in un magazzino dove poterono pranzare. Finito il pasto, ritornarono all’aperto e l’Elfo si sdraiò sull’erba, subito imitato dalla fanciulla che si accoccolò contro il suo petto; i due Hobbit, Aragorn e Gimli si dedicarono, invece, alla foglia-pipa che Merry e Pipino avevano scovato nello stesso magazzino delle vivande. Così sistemati, cominciarono le domande e le risposte circa gli avvenimenti susseguitisi dal fatidico giorno a Parth Galen. Quando i Compagni ebbero terminato, fu il momento di spiegarsi anche per Helkamirië.
“Dimmi, Helkamirië”, disse Legolas; “Perché mai ti trovi qui, così lontano da Lorien?”.
“Pochi giorni dopo la vostra partenza”, disse Helkamirië; “Mi trovavo nella radura poco fuori da Caras Galadhon, quando, al calar della sera, avvertii un’ombra nel cuore ed ebbi quasi la sensazione che il mondo intorno a me divenisse più buio; non appena essa svanì, mi rimase addosso una crescente paura per le tue sorti, così decisi di lasciare Lorien”.
“Non avresti mai potuto raggiungerci”, disse Aragorn. “Il nostro vantaggio era troppo e le barche corrono veloci sul Grande Fiume: anche se avessi spronato al massimo il tuo cavallo e avessi ridotto al minimo le soste, ci sarebbe stata comunque una distanza eccessiva fra noi. Saresti andata fino a Mordor?”.
“No, naturalmente”, disse la fanciulla; “Io non sono partita per seguirvi; il mio obiettivo era proprio la foresta di Fangorn. Ero già stata in questi luoghi e avevo conosciuto due Enyd, Bregalad e lo stesso Fangorn; Bregalad, in particolare, ama gli uccelli e speravo che tramite essi avesse avuto vostre notizie. Non immaginavo di trovarmi nel bel mezzo di una battaglia, né tantomeno speravo di incontrarvi qui”.
“Beh, il tuo talento di guerriera sarà stato sprecato”, disse Gimli. “Avresti dovuto trovarti con noi al Fosso di Helm, di certo avresti avuto di che divertirti! Isengard era svuotata e io, con il tuo adorato Principino, ho disputato un’interessante gara, superandolo infine di un solo punto”.
“Davvero Gimli?”, intervenne Pipino; “Allora Legolas dovrà darsi da fare per recuperare, che ne dite?”.
“Pipino!”, esclamò Merry. “Non dire sciocchezze davanti a Dama Helkamirië, sai che a lei non possono fare piacere queste chiacchiere su battaglie e Legolas”.
“Niente affatto, Merry!”, intervenne Helkamirië. “Pipino ha ragione, Legolas dovrà vincere la prossima sfida, o mi vedrete arrabbiata sul serio!”. Helkamirië si alzò, dirigendosi verso il bosco che ora so trovava innanzi a Isengard; Legolas e i suoi Compagni la fissarono esterrefatti e ansiosi, quando improvvisamente dal fitto degli alberi emerse un cavallo fulvo, che la fanciulla condusse sul prato dove si trovavano loro.
“Questo è il tuo cavallo?”, chiese Aragorn.
“Si”, rispose Helkamirië. “Questo è Carnemirië, il mio amato destriero”.
“E’ un animale stupendo”, disse il Ramingo. “Mi ricorda il cavallo di Gandalf, Ombromanto”.
“Ombromanto è l’ultimo dei mearas”, rispose la fanciulla; “Lui e Carnemirië sono molto affini, ma nemmeno lui potrebbe competere con il mio cavallo, perché egli proviene dalle Terre Imperiture ed è un cavallo elfico”. Carnemirië le strofinò il naso contro il collo, come faceva sempre per dimostrarle affetto o gratitudine. “Legolas, devo chiederti una cosa”, disse Helkamirië. “Gli Hobbit mi hanno detto cosa è accaduto a Sarn Gebir, la notte in cui ho avvertito l’ombra. Cosa credi che fosse? E perché secondo te, sono riuscita a sentirla pur trovandomi nel cuore di Lorien?”.
“Purtroppo io non so risponderti”, disse Legolas. “Forse Mithrandir conosce le risposte, gli parleremo non appena potrà dedicarci un momento. Non temere, lirimaer, qualunque cosa fosse quella creatura non ti farà del male: se si tratta di ciò che penso, non sei tu il suo obiettivo ed egli è ormai lontano da noi”. Così dicendo, Legolas accarezzò il viso di Helkamirië che posò la propria mano sulla sua, trattenendola e indirizzando a Legolas uno sguardo pieno d’amore.
Merry si alzò e invitò gli altri a entrare a Isengard.

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Capitolo 23
*** 22 ***


Entrarono in quella che un tempo era la fortezza di Sauron, camminando lentamente perché dopo la distruzione operata dagli Ent, il percorso si presentava infido e fonte di pericoli e ben presto incontrarono Gandalf e Theoden con la sua scorta; Gandalf manifestò il desiderio di parlare a Saruman e si avvicinò a Orthanc, salendo la scalinata fino a giungere alla porta della torre. Con lui erano Theoden, Legolas e Gimli. Il Re di Rohan chiedeva giustizia, mentre l’Elfo e il Nano vi si trovavano in qualità di rappresentanti delle rispettive razze. La discussione fu lunga e in più momenti l’incantesimo della voce di Saruman sembrò fargli avere la meglio; in quel frangente, Helkamirië ringraziò in cuor suo i Signori di Lorien, i quali non le avevano consentito di far visita a Saruman il Bianco; probabilmente, la sua voce l’avrebbe condizionata fino a farla volgere al Male, rendendola nemica della Terra di Mezzo e del suo amato Legolas. Infine, Gandalf ribadì il suo potere e la sua autorità, spezzando l’incantesimo di Saruman e frantumando il suo bastone; prima di rientrare a Orthanc, però, lo Stregone aveva scoccato un’occhiata a Helkamirië, la quale incautamente aveva lasciato che il cappuccio del manto le ricadesse sulle spalle. Questo atteggiamento non era sfuggito a Gandalf, soprattutto perché lo sguardo di Saruman era quello di che vede un obiettivo ormai inutile a portata di mano, perciò si ripromise di parlare a Helkamirië. Subito dopo aver affidato Saruman alla sorveglianza degli Ent, salutarono Barbalbero e partirono, diretti a Edoras. Helkamirië aveva deciso di seguirli, nonostante le proteste di Legolas. A sera decisero di accamparsi nei pressi di Dol Baran, dove stabilirono un accampamento; mentre cenavano, Helkamirië si avvicinò a Gandalf, per porgli quelle domande che continuavano ad assillarla.
“Mithrandir”, disse, “so che gravi pensieri occupano la tua mente, ma potresti dedicarmi qualche momento?”.
“Certo, Valienna”, disse Gandalf sorridendo. “Cosa posso fare per te, mia signora?”.
“Darmi delle risposte”, disse Helkamirië. “Vorrei che tu mi dicessi cos’era la creatura che Legolas abbatté a Sarn Gebir e come sia possibile che io ne abbia avvertito l’oscurità fino a Lorien, custodita dal potere di Galadriel”.
“Non posso dirti con certezza cosa fosse la creatura”, disse lo Stregone. “Anche se ho motivo di credere che si trattasse di uno Spettro dell’Anello. Ritengo che tu ne abbia avvertito la tenebra per la grande empatia che esiste tra te e Legolas e perciò i suoi sentimenti in quel momento sono diventati i tuoi”.
Helkamirië sembrò soddisfatta delle risposte ricevute, ma allo stesso tempo rimuginava su qualcosa, che però non esprimeva, così Gandalf la invitò a parlare se aveva altro da chiedere.
“E’ una cosa che risale a molto tempo fa”, disse la fanciulla. “Vivevo ancora a Bosco Atro, e conducevo una vita solitaria, cacciando i nemici di Thranduil. Un giorno, sentii come un richiamo che mi portava verso sud; e pur vedendo che mi stavo avvicinando a Dol Guldur, non riuscivo a tornare sui miei passi. Soltanto quando fui circondata e attaccata da una pattuglia di Orchi, fuggi verso il mio regno, salvandomi la vita. Io non sono capace, neppure dopo tutto questo tempo, di spiegare cosa mi abbia spinto laggiù, ne conosco la natura di quel richiamo”.
Gandalf non rispose subito, soppesando le parole di Helkamirië. “Se dovesse capitare ancora, combattilo”, disse, e si allontanò, sparendo fra i soldati di Rohan. Incontrando Legolas lo trascinò in disparte, fuori dal cerchio di luce, con aria grave.
“Legolas, devo parlarti di Valienna”, disse.
“Helkamirië?!”, disse Legolas. “C’è qualcosa che non va?”.
“Purtroppo si”, disse Gandalf. “Immagino che tu sappia già che fu attirata verso Dol Guldur, perciò andrò subito al punto. Credo che il Nemico nutra interesse per lei, o altrimenti non saprei spiegarti perché fu chiamata verso la fortezza; inoltre, prima di sparire, Saruman l’ha guardata in modo strano: probabilmente, anche se non è il suo interesse principale, il Signore di Mordor aveva chiesto al suo tirapiedi di tenere gli occhi aperti e impossessarsi di lei se possibile”.
“Perché mai dovrebbe essere interessato a lei?”, disse preoccupato Legolas. “Helkamirië non ha nessun potere che egli potrebbe volgere al Male, emana soltanto una luce stellare che serve di conforto e consolazione per noi che ce ne gioviamo”.
“E ti sembra nulla?”, disse Gandalf. “La paura è una delle armi più potenti di cui dispone il Nemico, pensa soltanto ai Nove. La luce di Valienna ha il potere di allontanare il terrore che essi suscitano e se ella fosse volta al Male, diverrebbe pura oscurità, generando disperazione e tormento”.
“Cosa devo fare?”, disse l’Elfo con un’espressione di angoscia dipinta sul bel viso. “Come posso proteggerla?”.
“Puoi rimandarla a Lorien”, disse lo Stregone. “Ma Valienna ha uno spirito forte e guerriero, e sono convinto che rifiuterà di tornare indietro. Si è trovata, suo malgrado, coinvolta in una guerra e ora desidera parteciparvi, portando la luce di Elbereth ai nostri soldati e combattendo, se necessario. La mia opinione è che ella debba restare, se lo desidera, e combattere il richiamo dell’Ombra: dopo, sarà più forte e le sue virtù saranno maggiori”.
Legolas chinò il capo, stanco. “Hai posto un grave peso sulle mie spalle”, disse. “Farla rimanere significa prendermi una grossa responsabilità, perché in quel caso la sua vita dipenderebbe da me; rimandarla indietro, d’altra parte, mi farebbe mettere contro di lei, senza contare il fatto che Helkamirië non accetterebbe mai”.
“La sua vita non dipende da te”, disse Gandalf. “Perché sento che le vostre strade si divideranno prima della fine di questa guerra”.
“Lo so, Mithrandir”, disse Legolas. “Anche io lo sento nel cuore. Tuttavia, pur se non potrò proteggerla standole accanto, porterei il peso della sua morte, perché se non fosse stato per l’amore che nutre verso di me non sarebbe diventata una guerriera, né avrebbe lasciato Lothlorien”.
“Questa determinazione la rende speciale”, disse lo Stregone, allontanandosi e lasciando Legolas a rimuginare su ciò che gli aveva appena detto.
 
Dopo la conversazione con Mithrandir, Legolas si era disteso sul terreno per riposare, avvolgendosi nel suo manto, ed Helkamirië lo aveva raggiunto, sdraiandosi anch’ella e stringendosi a lui, cadendo ben presto in un sonno profondo.
L’accampamento fu svegliato di soprassalto dalle urla di Peregrino Tuc, il quale aveva osato guardare nel Palantir di Orthanc, caduto fortuitamente nelle mani di Gandalf; questi consegnò la Pietra ad Aragorn e decise di partire per Minas Tirith accompagnato da Pipino per tenerlo lontano dal Palantir. Mentre comunicava questa sua decisione, un’ombra alata sorvolò l’accampamento, empiendo tutti di terrore; per un brevissimo istante, meno di un battito di ciglia, sembrò fermarsi sopra Helkamirië, la quale la fissava spaventata e affascinata al contempo, riscuotendosi quando Legolas la afferrò e la strinse, nascondendole il viso contro il proprio petto. Sentiva l’impulso di seguire il Nazgûl, ma ricordandosi delle parole di Gandalf, resistette, stringendosi ancora di più a Legolas.
“Hai resistito, Valienna”, disse Gandalf. “Sei stata forte mia signora, la prossima volta non sarà così facile per loro esercitare il loro influsso e attirarti”.
Gandalf salì in groppa a Ombromanto e insieme a Pipino si diresse verso Minas Tirith, sparendo ben presto nella notte, e Theoden, preoccupato dalla comparsa dell’ombra alata, decise di partire subito. Di prima mattina, superati i Guadi dell’Isen, furono raggiunti dai Raminghi del Nord, accompagnati da Elladan ed Elrohir, i figli di Elrond, discesi dalle Terre del Nord per aiutare il loro Capitano. Il gruppo così formatosi cavalcò fino al Trombatorrione, dove decisero di separarsi. Theoden avrebbe percorso un lungo tragitto per poter radunare le forze di Rohan, mentre Aragorn con Legolas, Gimli e i Raminghi sarebbe partito immediatamente diretto a Dunclivo dove si trovava la via per raggiungere i Sentieri dei Morti. Helkamirië che conduceva il proprio cavallo, si fermò per salutare Merry, il quale avrebbe accompagnato Re Theoden come suo scudiero.
“Addio Merry”, disse, chinandosi e abbracciandolo. “Spero che ci rivedremo quando tutto questo sarà finito. Mi mancherai moltissimo”. Avvicinò le labbra al suo orecchio. “E porterò i tuoi saluti a Pipino”, bisbigliò.
“Vuoi dire che…”.
“Zitto!”, gli intimò, posandogli un dito sulla bocca. “Sarà il nostro segreto: cavalcherò con Aragorn fino a Dunclivo e di là partirò per Minas Tirith. Tu, però, non dire nulla, Legolas non lo sa e non approverebbe”.
Lasciò andare Merry e questi risalì sul suo pony Stybba, partendo al galoppo al seguito di Theoden. Aragorn partì più tardi e attraversò di gran carriera la pianura giungendo a Edoras il pomeriggio successivo; dopo una breve sosta ripartirono, e raggiunsero Dunclivo al calare della notte, accolti da Dama Eowyn, cui Aragorn comunicò le sue intenzioni. All’alba, egli si preparò a partire e Dama Eowyn lo pregò di portarla con sé, ma Aragorn si rifiutò di accontentarla; mentre essi parlavano, Legolas si congedava da Helkamirië, la quale tuttavia non era triste, né preoccupata.
“Sii cauto, Legolas”, disse. “Quando tutto sarà risolto, mi troverai a Minas Tirith ad aspettarti, per l’incoronazione di Elessar”.
“Non temere, lirimaer”, disse Legolas. “Vinceremo questa guerra e io tornerò sano e salvo”.
L’Elfo la abbracciò e la baciò, dopodichè raggiunse Gimli e con Arod partì al seguito di Aragorn. Helkamirië aspettò che fossero lontani e balzò in groppa a Carnemirië.
“Devo chiederti un grosso sforzo Carnemirië”, disse. “Minas Tirith è molto lontana, ma devo giungervi al più presto”.
Il cavallo fulvo nitrì in risposta, e dopo aver rivolto un rapido sguardo a Dama Eowyn, Helkamirië lo spronò al galoppo, sparendo veloce come il vento fra gli alberi.

 

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Capitolo 24
*** 23 ***


Molte erano le leghe che separavano Minas Tirith da Dunclivo, eppure dopo soli due giorni di viaggio, Helkamirië raggiunse l’Anorien. Carnemirië era un cavallo fatto per correre e la sua padrona era un fardello assai leggero; nessun destriero nella Terra di Mezzo, neppure Ombromanto, avrebbe mai potuto competere con la corsa dell’elfico Carnemirië, che sfrecciava nella pianura come un dardo. Proprio mentre avanzava, Helkamirië notò che l’Anorien stava per essere invaso, ma per sua fortuna le compagnie di Mordor erano sparpagliate sul territorio, così si lanciò attraverso le orride creature.
Noro lim, Carnemirië!”, disse. “Coraggio amico mio, ti chiedo un ultimo sforzo, riesco a vedere la Bianca Città!”.
In lontananza, si poteva vedere già la Torre di Echtelion e i vari livelli su cui era costruita la città, e man mano che si avvicinava, potè scorgere i Nazgûl attaccare un gruppo di soldati e un Bianco Cavaliere allontanarli a sua volta. Per un attimo cedette alla tentazione di raggiungerli, dirigendosi verso di loro, ma Carnemirië, schiumando di rabbia, si oppose ai suoi ordini, galoppando veloce come non mai verso il Cancello di Minas Tirith.
“Helkamirië!”, la chiamò Gandalf, avvicinandosi. “Cosa fai qui, mia signora?”.
“Mithrandir”, sussurrò Helkamirië. Ancora non si era ripresa del tutto dallo stato di trance in cui era caduta a causa della malia esercitata dai Nazgûl su di lei.
Gandalf la fissò per un istante, preoccupato, ma non poteva fermarsi in quel momento: si stava dirigendo con Faramir, che aveva appena portato in salvo, presso Sire Denethor, onde conferire con entrambi e ricevere notizie. Helkamirië vide anche Pipino salutare Faramir, confuso nella folla ma con la livrea della Torre. Questo fatto era talmente insolito che la fanciulla spinse Carnemirië a seguirli, procedendo al passo e rimanendo indietro di qualche metro, passando così inosservata. Percorsero tutti i livelli della Città, ma quando giunsero alla Cittadella Helkamirië si accorse di non poter proseguire oltre, poiché non aveva il permesso di entrare. Così, smontò da cavallo e si rassegnò ad attendere che Mithrandir tornasse. Carnemirië le sfregò il naso sul collo, attirando la sua attenzione.
“Perdonami Carnemirië”, disse, accarezzandogli la testa. “Raggiungi Ombromanto e gli altri cavalli che hanno appena portato via. Un cavallo in più non farà nessuna differenza per gli stallieri, e domattina verrò a trovarti”.
Il cavallo fulvo, docile come sempre, si allontanò scomparendo nell’oscurità, mentre Helkamirië si liberò del cappuccio, sedendo su un gradino. Era davvero stanca come non le capitava da tempo: due giorni ininterrotti a cavallo, alla massima velocità di Carnemirië erano molto pesanti, e cercare di resistere ai Nazgûl davanti alla Città le aveva prosciugato le ultime forze. Quando finalmente Gandalf e Pipino tornarono, dopo qualche ora, erano accompagnati da una terza persona. Questi vedendola, sgranò gli occhi stupito.
“Valegil, è lei la nostra amica”, disse Gandalf, stendendo la mano verso di lei. “Pensi di poterle trovare una sistemazione?”.
“Questa fanciulla”, disse Valegil, “appartiene alla stirpe elfica, vero?”.
“E’ così”, disse Helkamirië. “Il mio nome è Helkamirië e vengo da Bosco Atro: la mia razza è forse un problema?”.
“Affatto, mia signora”, disse il Gondoriano. “Seguitemi: abbiamo un alloggio per te, non lontano da quello di Mithrandir”.
Percorsero i vicoli di pietra della Città raggiungendo in breve le dimore loro assegnate. Le stanze distavano pochi metri, così, dopo aver congedato Valegil, Helkamirië entrò negli alloggi di Mithrandir e Pipino.
“Come stai, mia signora?”, disse Gandalf, scrutandola; temeva di essersi sbagliato e che la fanciulla non fosse sufficientemente forte per resistere al richiamo dell’Oscurità.
“Sto bene, Mithrandir”, disse Helkamirië. “Grazie a Carnemirië. Sono solo molto stanca e questa notte senza stelle mi intristisce; è stato un lungo viaggio in troppo poco tempo e quell’incontro al Cancello ha prosciugato le ultime energie rimastemi”.
“Mi dispiace che tu sia stanca, Dama Helkamirië”, disse Pipino. “Immagino che tu sia partita subito dopo di noi per essere qui oggi”.
“Ti sbagli, Pipino”, disse la fanciulla. “Io sono partita due giorni fa da Dunclivo”. Helkamirië sorrise come se quella appena detta fosse la cosa più semplice e naturale del mondo. “Oh, quasi dimenticavo, Merry ti manda i suoi saluti”.
Gandalf la fissò esterrefatto. “Come hai potuto giungere qui da Dunclivo in due soli giorni? Ombromanto ha impiegato quattro giorni per percorrere la strada da Dol Baran a Minas Tirith, e non esiste cavallo più veloce nella Terra di Mezzo”.
“Non dubito che sia così, Mithrandir”, disse la fanciulla. “Il mio destriero, Carnemirië, è molto più rapido di Ombromanto perché è stato portato qui dalle Terre Imperiture e inoltre, è un cavallo nato e cresciuto per galoppare veloce. Niente può superare la sua corsa quando è lanciato al massimo”.
“Davvero impressionante”, disse lo Stregone. “Sii sincera con me: Legolas non sa che sei qui, vero?”.
“No”, ammise Helkamirië a testa china.
Gandalf proruppe in un’allegra risata. “Lo immaginavo”, disse. “Se c’è una cosa che ho imparato di te, è che hai la tendenza a fare esattamente il contrario di ciò che ti si chiede. Ma se non è per Legolas, per quale motivo sei qui? Sai che qui i Nove sono insieme e più potenti grazie al loro Capitano; se si accorgessero di te saresti in pericolo”.
“Non mi importa di loro, resisterò”, disse decisa Helkamirië. “Sono qui per combattere e portare conforto agli Uomini di Gondor e non mi importa di rischiare la vita se questo potrà aiutarli”.
“Hai preso sul serio il tuo dono”, disse Gandalf. “Ma essere benedetta dai Valar non vuol dire gettare la tua vita al vento, tanto più che ormai non si tratta solo di te; anche Legolas è coinvolto, la tua morte lo distruggerebbe, e non credo che tu voglia pensare a tale possibilità”.
“No infatti”, disse Helkamirië. “E io non ho mai detto di voler gettare la mia vita: farò il possibile e anche di più per sopravvivere, ma non mi tirerò indietro ora che ho riscoperto il piacere di combattere i servi del Nemico. Perdonatemi, ma prendo congedo, sono davvero molto stanca”.
Helkamirië si inchinò leggermente e risistemò lo scuro manto che la copriva nascondendo la luce di Elbereth; quando uscì sembrò che l’oscurità la inghiottisse, celandola completamente alla vista.
 
La stanza assegnata a Helkamirië era simile a quella di Gandalf e Pipino: aveva un tavolo con due sedie e una panca, ma era evidentemente pensata per una sola persona, perché un’unica alcova si trovava su un lato; i suoi drappeggi bianchi e pesanti nascondevano una bacinella e un recipiente per rinfrescarsi, e un letto già preparato con candide lenzuola profumate, sul quale era posata una veste da notte anch’essa bianca. La scena le strappò un sorriso di compiacimento, potendosi finalmente riposare, e dopo essersi lavata indossò la veste bianca e si infilò fra le lenzuola cadendo presto in un sonno profondo. Al mattino fu solo il suo istinto a svegliarla: dal giorno prima sembrava che il Sole fosse scomparso e non lo si vedeva. Uscendo dall’alcova vide un abito pulito poggiare su una delle sedie, la stessa dove la sera prima aveva lasciato i suoi  abiti da viaggio. ‘Valegil deve aver mandato qualcuno’, pensò. ‘Maledizione, proprio oggi che volevo esercitarmi con le armi; non posso farlo con quell’abito!’. Helkamirië indossò l’abito e uscì, diretta alle scuderie per assicurarsi che Carnemirië stesse bene. lo stalliere si era occupato sia del suo cavallo che di Ombromanto, nonostante avesse già molto lavoro.
“Buongiorno Carnemirië”, lo salutò. Il destriero nitrì in risposta, strappandole un sorriso. “Devo lasciarti qui per qualche giorno, ancora non so quanto; però verrò a trovarti spesso”. Carnemirië le si strusciò contro come al suo solito e Helkamirië gli accarezzò la morbida criniera, allontanandosi subito dopo. Dirigendosi verso le mura sentì la gente parlare di una presunta partenza di Faramir e cercò Mithrandir o Peregrino per avere spiegazioni; non si videro i Nazgûl quel giorno, ma a volte si poteva udire, in alto sopra le loro teste, un grido acuto che empiva di terrore; ogni volta che lo sentiva, Helkamirië stringeva i pugni rivolgendo il proprio pensiero al suo amato Legolas o a Dama Galadriel oppure alla luce di Lothlorien, e così riusciva a resistere all’Oscurità. Improvvisamente, da dietro un angolo vide sbucare i suoi amici.
“Mithrandir, Pipino!”, disse. “Finalmente vi incontro. Ho sentito la gente dire che Faramir è partito; è vero, o sono soltanto le chiacchiere di un popolo terrorizzato?”.
Pipino chinò il capo tristemente, senza rispondere.
“Purtroppo è la verità”, disse Gandalf con un sospiro. “Faramir è stato mandato da Sire Denethor a riconquistare Osgiliath”.
“Osgiliath?!”, disse Helkamirië. “Perché mai una tale decisione? Le notizie giunte fino a Lorien ne parlavano come un obiettivo ormai perso e inutile e questi sono fatti risalenti a qualche mese fa”.
“Le notizie giungono lontano”, disse lo Stregone. “Tuttavia rimangono esatte. Boromir aveva tentato di riconquistare Osgiliath e questo ne fa per Denethor un motivo sufficiente, nonostante Faramir ritenga più saggio non disperdere e sprecare le nostre già esigue forze, e io sia pienamente d’accordo con il Capitano di Gondor”.
“Denethor è un folle!”, esclamò la fanciulla. “Mandare il proprio figlio a morire solo perché lui non è il fratello!”.
“Queste parole le hai rivolte a me”, disse Gandalf. “Ma non avresti dovuto pronunciarle ad alta voce, a meno che tu non voglia passare il tuo tempo a Minas Tirith in custodia delle Guardie della Torre”.
Helkamirië non rispose ma il suo bellissimo viso era contratto in una smorfia di rabbia.
Prima di notte giunsero altre notizie. Il messaggero riferì che un esercito era uscito da Minas Morgul e si stava dirigendo a Osgiliath, mentre legioni di Haradrim dal Sud lo stavano raggiungendo; ma la parte peggiore del suo racconto era che gli eserciti di Mordor erano guidati dal Capitano Nero.

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Capitolo 25
*** 24 ***


Il giorno successivo giunse la notizia della ritirata di Faramir, costretto dall’avanzata dell’esercito di Mordor a ripiegare verso la città; udendo tali fatti, Gandalf ritenne di dover portare il suo aiuto al Capitano di Gondor e galoppò via immediatamente. Pipino e Helkamirië trascorsero una notte triste e insonne, il Mezzuomo sulle mura intento a fissare a Oriente e la fanciulla nella propria stanza. Stava distesa sul letto, cercando di immaginare dove potesse trovarsi Legolas in quel momento e se Aragorn fosse riuscito a trovare l’aiuto che cercava, aiuto che sarebbe stato fondamentale per Gondor; e ancora rimuginava sul mancato arrivo dei Rohirrim, che aveva conosciuto come un popolo leale e proprio per questo non poteva credere che negasse il suo aiuto a Denethor. Prima che suonassero le campane del mattino, una fanciulla entrò riportando i suoi abiti da viaggio, puliti e profumati; non appena fu uscita, Helkamirië si affrettò a lavarsi e indossarli, prese le sue armi e uscì. Gandalf arrivò poco dopo, recando con sé sconfortanti notizie circa la ritirata di Faramir e le ingenti truppe del Nemico. Dopo che ebbe parlato con Denethor, fu decisa una sortita di cavalieri, con in testa i cavalieri cigno di Dol-Amroth e il loro Principe Imrahil, il cui scopo era proteggere il rientro di Faramir e della sua compagnia, mentre Gandalf fece allontanare i Nazgûl. Il Principe Imrahil rientrò per ultimo portando con sé sul suo cavallo Faramir, gravemente ferito; Denethor divenne più cupo e silenzioso e prese a vegliare il proprio figlio, mentre le forze nemiche avevano stretto d’assalto Minas Tirith. Le macchine d’assedio gettavano i loro proiettili incendiari all’interno delle mura, ben sapendo che sarebbe stato inutile indirizzarli contro le possenti mura e ben presto gli uomini dovettero adoperarsi per spegnere i diversi focolai, mentre i Nazgûl gracchiavano sorvolando la città. La follia di Denethor esplose improvvisa ed egli diede ordine di portare il letto di Faramir a Rath Dinen, la Via Silente, chiedendo ai suoi servitori di dare fuoco a entrambi; Pipino, disperato e impotente, si lanciò alla ricerca di Gandalf. Nel frattempo, i nemici portarono avanti un enorme ariete carico di incantesimi di distruzione, Grond, il Martello dell’Oltretomba, con il quale riuscirono ad abbattere il Grande Cancello di Minas Tirith, spianando la strada al Signore dei Nazgûl che entrò sul suo cavallo trovando un unico cavaliere che non fosse fuggito al suo cospetto, Gandalf in sella a Ombromanto. Helkamirië, che fino a quel momento aveva affiancato gli arcieri di Gondor, gettò il manto da un lato e con la spada in pugno raggiunse Gandalf, intenzionata a liberarsi da sola del terribile richiamo che sentiva provenire dal Capitano Nero. Appena si trovò al suo cospetto, però, sentì ogni volontà di resistenza venire meno e la sua voce, irresistibile, farsi strada nella mente. ‘Perché combattere?’, diceva. ‘Per gli Uomini, ingrati per loro stessa natura? Ora ti sembra giusto, eppure tu conosci la storia del tuo popolo, e sempre gli Uomini hanno tradito i Priminati, nonostante da essi non abbiano ricevuto altro che aiuto’. Helkamirië si fermò e lasciò cadere la spada, sentendo che lui aveva ragione, mentre una voce dentro di lei continuava a dirle di opporsi. ‘Helkamirië, tu sai che sto dicendo la verità’, continuò. ‘Anche gli Elfi sono crudeli con te: ti tengono sotto una campana di vetro, quasi come se fossi un prezioso Silmaril e non una di loro. E il tuo amato Principe, il figlio di Thranduil, ti ha negato la felicità per colpa del suo egoismo, spingendoti a rischiare la vita. Vieni con me: il nostro Signore ti darebbe il rispetto e il potere che meriti’. In quel momento, Helkamirië chinò il capo e riprese la spada, barcollando fino a raggiungere Gandalf; si appoggiò contro un muro, mentre la luce di Elbereth cominciava ad affievolirsi.
“Rispetto? Potere? Il tuo Padrone… non sa cosa sia… il rispetto. E il potere… lo tiene per sé”, balbettò stancamente. “Tu lascia… stare Legolas. Lui… non ha colpe… il suo animo gentile lo ha spinto ad allontanarmi, allora… E gli Uomini sanno essere grandi… e fedeli amici degli Elfi… I Priminati mi proteggono perché mi amano!”. L’ultima frase l’aveva urlata, prima di accasciarsi al suolo priva di sensi; la luce era scomparsa, ma almeno lei non si stava oscurando. Pipino, nascosto nell’ombra, la vide cadere, inorridito, senza avere il coraggio di soccorrerla. Gandalf le rivolse una fugace occhiata, per poi volgersi verso il suo nemico, intimandogli di andarsene. Per tutta risposta, il Cavaliere Nero si levò il manto dal capo, mostrando solo una corona poggiata sul nulla, e una risata di morte uscì dalla bocca invisibile; minacciando la vita di Gandalf, levò la spada che venne percorsa dalle fiamme, ma in quel momento un gallo, incurante dell’oscurità, salutò il mattino che finalmente si faceva rivedere illuminando il cielo a Est. E in lontananza si udì una moltitudine di corni rispondergli, echeggiando fin nei fianchi delle Montagne: i Rohirrim giungevano dalle loro verdi pianure, portando con sé la guerra contro Sauron.
 
Udendo i corni di Rohan, Pipino si riscosse e riuscì a fermare Gandalf, il quale si stava lanciando all’inseguimento del Capitano Nero, convincendolo ad accorrere in aiuto di Faramir. Gandalf esitò un attimo, incerto sul da farsi e Pipino prese il manto di Helkamirië che giaceva ancora priva di sensi, coprendola. Lo Stregone, intanto, aveva preso la sua decisione: avrebbe salvato Faramir, anche se il cuore gli diceva che questa scelta avrebbe portato dolore e sofferenza ad altri. Gli uomini, rinfrancati dall’arrivo di Rohan, afferrarono le armi e si lanciarono verso il Cancello pronti a dare battaglia.
“Soldato”, disse Gandalf, scorgendo uno degli uomini di Imrahil. “Occupati di questa fanciulla: portala alle Case di Guarigione e abbine riguardo. Ella appartiene alla stirpe elfica ed è stata benedetta dalla grazia dei Valar”.
L’Uomo guardò sorpreso Gandalf e poi Helkamirië e si chinò per prenderla fra le braccia, mentre il Cavaliere Bianco si allontanava velocemente verso Rath Dinen. Quando vi giunse trovò il guardiano della porta assassinato e, più avanti, la guardia Beregond che lottava contro i servitori di Denethor. Gandalf riuscì ad entrare e portare via Faramir dal rogo, ma non riuscì a convincere il Sovrintendente, il quale dopo aver mostrato l’origine della sua lunga vista e della sua pazzia, un Palantir, si lasciò morire tra le fiamme. Nel frattempo, sui campi del Pelennor infuriava la battaglia: i Rohirrim spazzavano i nemici che incontravano come una marea montante, ridendo e cantando. Il prezzo pagato, però, fu assai caro: il Capitano Nero, a cavallo di un’orrenda creatura volante, si avventò su Theoden morente, schiacciato dal suo cavallo Nevecrino; il Signore dei Nazgûl si trovò fronteggiato da un giovane della scorta del Re. Per nulla impressionato, il Re Stregone disse a Dernhelm (questo era il nome del soldato) che nessun uomo vivente avrebbe potuto ucciderlo, ma dalla bocca del ragazzo uscì il suono più inatteso: una risata di rabbia rivelò che sotto l’elmo si nascondeva Eowyn, figlia di Eomund. Dama Eowyn di Rohan combatté valorosamente, ma ben presto si ritrovò con un braccio rotto e in balia del suo avversario. Fu grazie all’intervento di Merry che trafisse una gamba del Cavaliere Nero, che la Dama potè uccidere il più potente dei servi del Nemico. Quando Eomer si accorse dell’accaduto, fu invaso da una furia cieca e, radunati i Rohirrim, sospinse il nemico lontano da Minas Tirith; scorgendo le vele nere dei Corsari di Umbar, si preparò a una fine gloriosa combattendo, ma quale non fu il suo stupore quando dalle navi sbarcarono non i Corsari, bensì Aragorn, Legolas, Gimli e un esercito di Uomini. Al termine della giornata il sole rosso del tramonto moltiplicò il sangue sui Campi del Pelennor, cosparsi di cadaveri e delle macerie della battaglia, e illuminò la disfatta del Male. Dama Eowyn di Rohan e Meriadoc lo Hobbit furono portati alle Case di Guarigione dove già si trovavano Sire Faramir e Dama Helkamirië. Aragorn non volle entrare a Minas Tirith e prendere possesso del proprio trono, tuttavia acconsentì a curare coloro i quali erano caduti vittima dell’Alito Nero. Grazie alle proprietà curative dell’athelas o forse per via di una qualche virtù celata nel suo sangue, Aragorn riuscì a richiamare a sé i feriti dall’oscurità nella quale si erano smarriti. Era sul punto di andare a riposarsi, quando Gandalf lo fermò.
“Capisco che tu sia stanco, Sire”, disse. “Tuttavia una fanciulla giace qui, un’amica di entrambi, ed invero, si tratta di una creatura preziosa”.
Lo Stregone si volse verso il letto accanto a Merry, coperto da pesanti tende, e le scostò, mostrando Helkamirië priva di sensi. Il Ramingo le si avvicinò e le prese le mani nelle proprie, sedendosi sul letto.
“Che giorno infausto!”, disse. “Se Valienna non si svegliasse, quale grave lutto per gli Eldar e per noi tutti!”.
Stava per chiedere altra athelas quando Helkamirië gli strinse a sua volta le mani e lentamente aprì gli occhi. In un primo momento sembrò non riconoscere chi gli stava davanti, poi però, sorrise.
“Aragorn, mio Re”, mormorò, riuscendo a mettersi a sedere.
“No, Dama Helkamirië”, sorrise Aragorn. “Non sono ancora il Re, e non potrei mai definirmi il tuo signore. Gli Eldar mi onorano, ma ritengo che solo i Signori d’Occidente possano avanzare tale pretesa su di te. Perché mai ti trovi qui, priva della tua luce?”.
“Non lo so, i miei ricordi sono confusi”, disse Helkamirië. “L’ultima cosa che ricordo è il Capitano Nero che irrompe nella città e… il resto è buio nella mia mente”.
“Forse io potrei spiegarvi”, intervenne Gandalf. “Non ho la certezza di ciò che è accaduto, ma ne ho intuito una buona parte. Helkamirië si è avvicinata a noi con la spada sguainata, poi si è fermata di colpo, probabilmente perché il Signore dei Nazgûl stava tentando di assoggettarla al suo volere. Dopo pochi istanti, Helkamirië ha ripreso la spada e si è avvicinata a me, barcollando, ha risposto al suo nemico difendendo Legolas, gli Elfi e persino gli Uomini, perciò ritengo che lo Spettro abbia tentato di fare presa sulle sue incertezze. Subito dopo, però, si è accasciata al suolo e ho visto la luce sbiadire fino a sparire del tutto”.
“Non temere per questo, Mithrandir”, interloquì Helkamirië. “Ho già perso la luce di Elbereth in passato, ma è sempre tornata. Ora sono soltanto molto stanca, ritornerà non appena starò meglio, e credo che anche la nebbia nella mia mente si diraderà con il tempo”. La fanciulla respirò profondamente e chiuse gli occhi per un istante. “Adoro il profumo di athelas, mi ha fatto sentire subito meglio”.
Aragorn lasciò le sue mani e si alzò dal letto, salutandola con un inchino. “Ti chiedo perdono, mia signora”, disse. “Sono molto stanco e affamato, prendo congedo, ma manderò Legolas qui da te”.
“No, non farlo”, disse Helkamirië. “Immagino che anche lui sia esausto, lascia che riposi sereno; domattina potrete dirglielo e allora lo vedrò”.
Aragorn e Gandalf la salutarono, lo Stregone tirò le tende, e si allontanarono, mentre Helkamirië si distese nuovamente, pur non dormendo; a un tratto, sentì delle donne parlare dietro i drappi. Dicevano che nelle Case si trovavano Sire Faramir e Dama Eowyn di Rohan, e anche una creatura strana, un Perian; non poteva trattarsi d’altri che di Merry o di Pipino, perciò si ripromise di controllare lei stessa l’indomani. Non fece nemmeno in tempo a finire di formulare il pensiero che scivolò nuovamente nel sonno.

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Capitolo 26
*** 25 ***


Dopo aver lasciato Helkamirië, Aragorn fece per andarsene ma davanti alle Case di Guarigione si era radunata una piccola folla di gente venuta a chiedere l’aiuto del Re per guarire i propri cari, così, dopo aver mandato a chiamare i gemelli Elladan ed Elrohir, lavorò per ore prima di poter ritornare alla sua tenda.
Al mattino, Helkamirië si era alzata, approfittando di un momento di distrazione dei guaritori, e aveva scoperto che il Perian si trovava a meno di un paio di metri da lei e che si trattava di Merry, che con grande gioia trovò sveglio e in buona salute; Pipino si stupì non poco di averla davanti, ma si rammaricò che la sua amata Dama non splendesse ancora. Gli Hobbit le raccontarono la grande battaglia, volta a favore di Gondor dall’arrivo dei Rohirrim e decisa definitivamente da Aragorn, Gimli e Legolas giunti con un esercito dal Mare. Dopo aver trascorso un po’ di tempo con loro, uscì a godersi il Sole sulle terrazze delle Case di Guarigione, pensando a come spiegare a Legolas la sua presenza. ‘Legolas… cosa dirai vedendomi qui? Ti arrabbierai?’.
Mentre lei si trovava fuori, giunsero Legolas e Gimli per salutare Merry e Pipino e sincerarsi delle loro condizioni, senza sapere di Helkamirië, poiché la stanchezza aveva sopraffatto Aragorn, il quale aveva dimenticato di avvertire l’Elfo; gli Hobbit vollero sapere del loro viaggio e Legolas prese a raccontare dei Sentieri dei Morti e della cavalcata fino a Pelargir, dove con l’aiuto dell’Esercito Grigio avevano sbaragliato i Corsari di Umbar. Durante il racconto, disse di aver udito i gabbiani a Pelargir, il cui verso aveva risvegliato nel suo cuore il desiderio del Mare; Helkamirië, che sopraggiungendo era rimasta nascosta, all’udire ciò pianse, vedendo le sue speranze e i suoi sogni di vivere felice con Legolas distrutti. Un singhiozzo la tradì: Legolas zittendo i Compagni, si avvicinò al suo nascondiglio, afferrandola saldamente per le spalle e immobilizzandosi a sua volta per la sorpresa. Helkamirië fissò i suoi occhi verdi, lucidi di lacrime, in quelli grigi di Legolas.
“Legolas!”, esclamò gettandosi fra le sue braccia.
“Helkamirië!”, disse l’Elfo. “Cosa fai qui? Per quale motivo non sei a Lorien?”.
Helkamirië si sciolse dall’abbraccio e abbassò lo sguardo. “Non infuriarti, Legolas”, disse titubante. “Io non sono mai tornata a Lothlorien. Non appena ci siamo salutati, a Dunclivo, io mi sono diretta immediatamente a Minas Tirith, giungendovi nello stesso giorno in cui l’Anorien fu invaso; anche se avessi voluto, non avrei potuto ripartire”.
“Ma tu non volevi ripartire”, disse Legolas, fissandola con sguardo duro. “E in ogni caso, perché mai sei venuta fin qui?”.
“Io desideravo soltanto aiutare”, si giustificò Helkamirië. “Sono capace di combattere e ho qualche conoscenza medica”.
“E poi ha combattuto il Cavaliere Nero”, intervenne Pipino nel tentativo di sostenerla. “Lo ha sfidato, e lui non è riuscito a soggiogarla”.
Helkamirië guardò Pipino di sbieco, maledicendo la lingua lunga della Gente della Contea, mentre Legolas la afferrò per i polsi, più adirato che mai.
“Il Cavaliere Nero?!”, esclamò. “Per questo ti trovi in mezzo ai feriti, priva della luce di Elbereth? Che cosa ti ha fatto? Rispondimi!”.
“Nulla, non mi ha fatto nulla!”, disse Helkamirië, spaventata dalla rabbia dell’Elfo. “Ha tentato di piegarmi al suo volere e sono svenuta per lo sforzo, ma ora sto bene e presto la luce tornerà più fulgida di prima”. Legolas non accennava a lasciarla andare, così la fanciulla tentò di calmarlo. “Legolas, ti prego lasciami, mi stai facendo male!”.
Legolas la liberò dalla sua stretta, ma la sua espressione rimase infuriata; le voltò le spalle e riprese a parlare con i suoi Compagni, ignorandola come se non fosse presente. Questo atteggiamento ferì profondamente Helkamirië, che fuggì via in lacrime, sentendo veritiere le parole del Re Stregone.
 
Pipino guardò Helkamirië allontanarsi e si voltò verso Legolas, arrabbiato. “Ma che ti è preso, Principino?!”, sbottò. “Ti sembra il modo di rivolgerti a Dama Helkamirië? Dovresti ringraziare ogni giorno la tua buona stella per averla accanto, invece di sgridarla e farla piangere!”.
“Questo non ti riguarda, Pipino”, disse Legolas, neutro.
“Il giovane Tuc ha ragione, Elfo”, interloquì Gimli. “Capisco che tu sia preoccupato dall’arditezza del suo comportamento, ma sei stato sgarbato e più ottuso di un mulo: se Dama Helkamirië è venuta fin qui è perché sapeva che ti avrebbe rivisto in questa città, vivo o morto. L’incertezza è peggio della più dura realtà”.
“Questo posso capirlo”, disse Legolas. “Tuttavia non posso permettere che rischi la vita per me o anche solo per avere mie notizie. Io ho il dovere di proteggerla”.
“Dama Helkamirië combatte forse meglio di te”, protestò Merry. “Ben pochi riuscirebbero a tenerle testa in uno scontro corpo a corpo e da quello che ho visto a Isengard è anche un’ottima tiratrice. Forse l’unico da cui devi proteggerla sei proprio tu!”.
Queste parole colpirono profondamente Legolas, il quale sentì nuovamente il senso di colpa attanagliargli il cuore, come era successo a Imladris quando aveva rifiutato Helkamirië per paura di perderla; tuttavia non seguì la fanciulla, desiderando prima che ella riflettesse sul suo comportamento avventato.
 
Helkamirië tornò ai giardini delle Case in lacrime e sedette sul bordo di una fontana zampillante; non riusciva a fermare i singhiozzi e aveva gli occhi rossi e gonfi per il troppo pianto. L’atteggiamento di Legolas l’aveva ferita, soprattutto perché sentiva che l’Elfo non riusciva ad accettarla per quella che era: lei non era come le altre fanciulle degli Eldar, voleva essere una guerriera in un mondo dove la guerra era riservata al genere maschile. Helkamirië rifiutava di rimanere a casa ad attendere il ritorno di Legolas che nel frattempo si copriva di gloria in battaglia e non voleva cambiare per essere accettata da lui. Era certa dell’amore di Legolas, ma allo stesso tempo cominciava a temere che Thranduil avesse ragione e che la dolce e remissiva Firiel sarebbe stata davvero più adatta a lui.
Mentre era persa nei suoi pensieri, giocava con l’acqua della fontana, un’opera di mirabile fattura scolpita nel marmo più candido che avesse mai visto. La vasca era grande e alta, tanto che vi erano cresciute delle rosee ninfee, che galleggiavano sulla superficie; una di esse era tanto scura da sembrare rossa, Helkamirië la prese e la sistemò fra i suoi capelli, sopra l’orecchio. In un impeto di rabbia, schiaffeggiò la sua immagine e quando l’acqua tornò calma e piatta vide un’altra figura riflessa accanto a lei.
“Aragorn!”, esclamò.
“Helkamirië, cosa ha fatto Legolas stavolta?”.
“Non lo sopporto!”, sbottò l’Elfo. “Sono stanca del suo atteggiamento iperprotettivo: mi ha vista poco fa e invece di essere felice e abbracciarmi, si è infuriato e poi mi ha ignorata volutamente!”. Helkamirië invitò Aragorn a sedere accanto a lei. “Aragorn, io… ecco… vorrei venire con voi. Intendo dire, se partirete per Mordor”.
“Che cosa?!”, esclamò Aragorn. “Non posso accettare, mia signora, noi stessi partiamo consci di non essere certi di tornare, e tu non ti sei ancora ripresa del tutto”.
“Te ne prego, Aragorn”, disse Helkamirië. “Sto già molto meglio, domani al massimo sarò in perfetta forma. Non correrò rischi inutili, desidero solo portarvi aiuto, e conforto se la luce di Elbereth tornerà prima di allora. Ti prometto che farò attenzione”.
“Cosa ne penserà, Legolas?”, chiese l’Uomo.
“La cosa non lo riguarda”, disse l’Elfo. “La decisione spetta solo a te, ma tieni a mente che non sono certa di rimanere qui tranquilla se mi dicessi di no”.
“E sia”, disse Aragorn. “Cerca di tenerti pronta, appena l’Esercito sarà riorganizzato, partiremo”.
“Non dubitare”, disse Helkamirië. “Grazie, grazie mille”.
Helkamirië abbracciò Aragorn e si allontanò, sparendo nei giardini.

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Capitolo 27
*** 26 ***


Più tardi, Legolas e Gimli lasciarono Minas Tirith e tornarono al loro accampamento al Cancello. L’Elfo non aveva ancora sbollito la rabbia per la presenza di Helkamirië, così rimase fuori a riflettere, presto raggiunto da Aragorn.
“Cosa è successo?”, chiese.
“Di cosa parli?”, disse Legolas.
“Di Helkamirië”.
“Hai visto Helkamirië?”, disse l’Elfo. “Quando? Cosa ti ha detto?”.
“Ero andata a trovarla alle Case di Guarigione”, disse Aragorn. “Ieri Gandalf mi aveva chiesto di curarla, ma il mio intervento non è stato necessario. Ti avrei detto che era qui, se stamani non fossi uscito così presto”. L’Uomo afferrò Legolas per un braccio, costringendolo a guardarlo in faccia. “Mi ha chiesto di venire con noi a Mordor e quando le ho chiesto cosa ne avresti pensato tu, mi ha detto che le sue azioni non ti riguardano”.
Quelle parole colpirono Legolas come una staffilata in pieno volto; guardò Aragorn negli occhi, incredulo e incapace di pronunciare parola e chinò il capo, triste e attonito.
“Ma che ti succede?!”, esclamò l’Uomo. “Non vai da lei? Lasci che ti odi? Non credevo che ti arrendessi così facilmente, mi deludi Legolas”.
Aragorn rientrò nella propria tenda, lasciando Legolas solo con il suo dolore. L’Elfo non riusciva ancora a credere a ciò che aveva udito; posò una mano sul petto e sentì il rubino che Helkamirië gli aveva donato. Lo prese e lo ammirò, pensando ai giorni felici di cui quell’oggetto era stato testimone e consapevole di aver rovinato tutto. Non avrebbe mai voluto giungere a tanto, ma, conoscendo Helkamirië, pensò che fosse il caso di restituirlo.
 
Legolas tornò alle Case di Guarigione dove c’erano Merry e Pipino, sperando che uno dei due sapesse dirgli dove trovare Helkamirië.
“Certo che so dov’è”, disse Pipino quando gli pose la domanda. “Ti porterò da lei, a patto che tu le chieda perdono”.
“Temo che non servirebbe, Pipino”, disse Legolas, mesto; “Helkamirië non vuole avere nulla a che fare con me, per il momento e forse è finita per sempre. Voglio semplicemente restituirle qualcosa che le appartiene”.
“Non temere, fra voi non finirà mai”, disse lo Hobbit. “Dama Helkamirië ci tiene troppo a te, ora è solo molto arrabbiata. Seguimi”.
Pipino condusse Legolas nei Giardini, percorrendo deciso una stradina lastricata in pietra, senza esitazione nello scegliere la direzione; infine, raggiunsero la parte più alta delle Case, dove si trovava la fontana. Helkamirië era ancora seduta lì e non si era accorta della loro presenza, intenta a fissare le stelle finalmente di nuovo visibili.
“Io torno da Merry”, disse Pipino.
“Certo, vai pure”, disse Legolas. “Grazie, giovane Tuc”.
Pipino si allontanò velocemente, scomparendo ben presto alla vista, mentre Legolas guardò per qualche istante la fanciulla, prima di trovare il coraggio di chiamarla; questa non si aspettava di vederlo, tuttavia, pur se freddamente, lo invitò ad avvicinarsi e a sedere accanto a lei.
“Cosa sei venuto a fare?”, disse. “Sappi che non mi convincerai a ritornare sulle mie posizioni”.
“Questo lo so”, disse l’Elfo, fissandola dritto negli occhi. Non aggiunse altro, continuando imperterrito a mantenere lo sguardo su di lei, tanto che Helkamirië si voltò dall’altra parte, lasciando così alla vista di Legolas solo la ninfea, ancora fresca e piena di vita, quasi fosse stata appena colta.
“Allora?”, disse, severa.
“Vorrei conoscere il motivo di una tale decisione”, disse Legolas. “E’ una cosa che riguarda entrambi, non credi?”.
“Se ti riferisci alla decisione di non fare più le mie scelte insieme a te”, disse Helkamirië, “è presto detto: il tuo comportamento mi ha molto ferita, ma mi ha anche fatto riflettere. Sei egoista, Legolas, e comincio a pensare che davvero Firiel fosse più adatta a te”.
“Cosa dici?!”, esclamò Legolas. “Io non amavo Firiel, e poi perché mai sarei egoista?”.
“Il tuo comportamento è da egoista”, disse la fanciulla. “Tu pretendi che io rimanga in attesa del tuo ritorno, nell’incertezza di non sapere nulla di te, mentre tu compi la tua missione e ti ricopri di gloria, tranquillo, perché io sono al sicuro reprimendo me stessa e i miei desideri. Hai ancora timore che lasciandomi andare fuori dal tuo controllo possa accadermi qualcosa; io non sono Firiel, non me ne starò mai in disparte a fare da spettatrice alle tue battaglie: fin quando non capirai questo, non sono sicura che potremo sposarci”.
“Quindi le cose stanno così”, disse l’Elfo. “Io sarei un egoista perché desidero proteggere la persona che amo di più al mondo, e tu ti senti minacciata nel nostro rapporto da una fanciulla ormai morta. A questo punto devo restituirti questo”; così dicendo, fece per porgere il rubino a Helkamirië, la quale, però, respinse la sua mano.
“Questo è un regalo”, disse. “E’ un pegno d’amore, io non ho mai detto di non provare più tali sentimenti, ti amo e tu non immagini quanto, ma devi consentirmi di vivere serenamente e a modo mio, se non vuoi che questo finisca”. Legolas stava per rispondere quando Helkamirië, avvicinandosi a lui d’improvviso, lo zittì con un bacio. “Spero che questo sia un arrivederci”, gli disse staccandosi da lui. “Ora va’ via, per favore”.
Legolas posò la mano nella quale teneva il rubino sul petto all’altezza del proprio cuore, quasi fosse quello di Helkamirië, come la fanciulla gli aveva detto un lontano giorno a Lorien, e si allontanò, sparendo nelle tenebre.

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Capitolo 28
*** 27 ***


Il giorno seguente fervettero i preparativi per la partenza dell’Esercito degli Uomini cha andava a sfidare Sauron nella sua terra. Helkamirië, impaziente di mettersi in viaggio, trascorse tutto il giorno ad allenarsi con la spada; anche il Principe Imrahil, eccellente spadaccino, si era allenato con lei ma, nonostante la sua abilità, non era riuscito a battere la fanciulla.
Al mattino successivo, finalmente, l’Esercitò lasciò Minas Tirith, diretto alla terra di Mordor; Helkamirië, in groppa al suo fidato Carnemirië, affiancava Legolas e Gimli al seguito dei Capitani, completamente avvolta nel suo manto, nonostante la luce di Elbereth non fosse ancora tornata al massimo del suo splendore. Dopo sei giorni di viaggio, avevano oltrepassato la Valle di Morgul e percorso tutto l’Ithilien, giungendo al Crocevia; quivi, prima di intraprendere l’ultima parte del viaggio, Aragorn congedò i timorosi, consentendo loro di lasciare l’Esercito e tornare a Minas Tirith o, se preferivano, cercare la gloria in altre imprese, meno rischiose ma altrettanto degne.
Nel vedere un buon numero di Uomini allontanarsi e lasciare il loro Re, Helkamirië ebbe un moto di disgusto nei loro confronti; ‘Gli Uomini sanno essere grandi’, si disse. ‘Vogliono davvero farmi ricredere: neanche l’idea di avere di nuovo un Re basta a renderli migliori dei pusillanimi che sono’.
Il giorno successivo si accamparono nella Desolazione del Morannon, e quello seguente si ritrovarono innanzi il Nero Cancello. Aragorn, accompagnato dai Capitani e da Legolas, Gimli e Pipino, si fece avanti chiedendo giustizia per i Liberi Popoli della Terra di Mezzo. Inizialmente non ottenne risposta, poi dal Cancello uscì un individuo vestito di nero, a cavallo di quello che a prima vista sembrava un nero destriero. Questi si presentò come la Bocca di Sauron e mostrò loro alcuni oggetti appartenuti a Frodo e Sam, dando ad intendere che il Portatore dell’Anello fosse ormai prigioniero della Torre Oscura; dinanzi ai loro visi sgomenti, più eloquenti di mille parole, impose loro di scegliere se sottomettersi a Sauron, ottenendo così la liberazione di Frodo, o continuare quella guerra condannandolo a morte certa; Mithrandir rispose che in ogni caso non ci si poteva fidare di Sauron e, dopo avergli strappato di mano gli oggetti di Frodo e Sam, scacciò la Bocca di Sauron, il quale, schiumando di rabbia, tornò verso il Nero Cancello dando così il segnale d’inizio dell’ultima battaglia.

L’Esercito degli Uomini si dispose come meglio poteva sui Colli di Scorie, due piccole alture artificiali erette dagli Orchi dopo anni di fatiche. Helkamirië si trovava agli ordini del Principe Imrahil, mentre Legolas era sull’altro monte, fra gli Uomini di Aragorn. L’Elfo si pose la mano sul cuore, guardandola, e la fanciulla rispose allo stesso modo; era la tacita promessa di sopravvivere entrambi per poter ritornare insieme a Minas Tirith.
Le truppe di Mordor li riportarono alla realtà, irrompendo come un fiume in piena nella piana innanzi al Nero Cancello; per la maggior parte si trattava di Orchi, ma vi si trovavano anche Uomini fedeli a Sauron e Troll. La battaglia si scatenò subito violenta, e Legolas e Helkamirië tentarono di rimanere sempre in vista l’uno dell’altra; improvvisamente si persero e l’Elfo, lasciando temporaneamente le truppe di Aragorn, si diresse dove l’aveva vista l’ultima volta, utilizzando il lungo pugnale per farsi strada tra i nemici. Finalmente la ritrovò, esattamente dove l’aveva lasciata e fu tanto il sollievo che non si accorse del Troll che gli si avvicinava; la bestia lo colpì ad un fianco, scaraventandolo a pochi metri da Helkamirië che aveva assistito terrorizzata alla scena.
Legolas!”, urlò, correndo verso di lui. L’Elfo, però, era ancora semicosciente per via del colpo: vide soltanto un lampo di luce conficcarsi nelle dure scaglie del collo del Troll come fossero burro. Era stata Helkamirië che aveva lanciato il suo pugnale adamantino per salvare Legolas. “Sei ferito?”, gli chiese, sorreggendolo per le spalle”.
No”, disse Legolas, ansimando. “Sono solo… indolenzito… per via del colpo”.
Helkamirië lo aiutò a rialzarsi, quando improvvisamente Legolas la tirò di lato e stringendo il pugnale trafisse un Orco che stava per colpirla alle spalle. La fanciulla recuperò il proprio pugnale dal corpo del Troll e ritornò al fianco di Legolas.
Guardiamoci le spalle a vicenda”, disse. “Non allontaniamoci più”.
La battaglia infuriava violenta e Helkamirië non faceva altro che colpire su tutti i lati, temendo per la salute di Legolas, il quale risentiva ancora del colpo ricevuto e cominciava a stancarsi. In loro soccorso erano fortunatamente giunte le Grandi Aquile di Manwë, e questo diede loro un po’ di respiro fin quando videro Barad-dûr crollare su sé stessa e capirono che Frodo aveva compiuto la missione, mentre il terreno crollava sotto i servi della Torre Oscura.

Le Aquile presero con sé Mithrandir e volarono via, alla ricerca di Frodo e Sam, che si trovavano ancora nei pressi dell’Orodruin in fiamme, mentre l’Esercito degli Uomini tornava vittorioso verso la Bianca Città. Helkamirië aveva convinto Gimli a montare Carnemirië, mentre lei avrebbe condotto Arod.
Carnemirië non fa cadere un cavaliere”, disse al Nano; “Soprattutto se sono io ad affidarglielo. Legolas non può condurre un cavallo e tu non ne sei capace. Fidati di me, non ti accadrà nulla”.
D’accordo”, disse Gimli. “Ma se mi fa cadere, gli farò avere un incontro molto ravvicinato con la mia ascia”.
Helkamirië sussurrò qualcosa a Carnemirië, il quale si mostrò subito docile ed accondiscendente; la fanciulla, invece, balzò in groppa ad Arod e Legolas si sistemò dietro di lei. L’Elfo non riusciva ancora a muovere perfettamente il braccio sinistro, dove il Troll l’aveva colpito, perciò temeva di non riuscire a condurre il proprio destriero.
Dovresti reggerti”, disse Helkamirië, prendendogli il braccio sano e posandoselo in vita. Legolas la cinse con un solo braccio, poggiando il mento sulla sua spalla dove aveva deposto un tenero bacio.
Hannon le”, disse.
Non devi ringraziarmi”, disse Helkamirië dolcemente. “Non avrei mai permesso a nessuno di quei mostri di portarti via da me”.
L’Elfo sorrise. “Non è solo per quello che ti ho ringraziata”, disse. “Grazie di essere sopravvissuta per tornare a casa con me. E grazie di amarmi”.
Ben presto arrivarono al Campo di Cormallen, dove si accamparono in attesa che Mithrandir tornasse; le Grandi Aquile non si fecero attendere a lungo e portarono con sé, oltre a Mithrandir, Frodo e Sam. I presenti si precipitarono ad accoglierli e Helkamirië trattenne Legolas dal fare altrettanto.
Fermo!”, disse. “Loro sono ancora incoscienti e tu hai bisogno di cure, anche se sei un Elfo. Coraggio: togliti la casacca e fammi vedere che danni ha fatto quel mostro”.
Legolas obbedì, e la fanciulla prese a visitare la parte ferita, tastandola delicatamente. Solo quando toccò le costole Legolas trasalì, stringendo i pugni per il dolore.
Deve essere qui che ti ha colpito più forte”, disse Helkamirië. “Ma sei stato fortunato, non c’è nulla di rotto; questa è una ferita che anche io sono in grado di curare. Aspettami qui, torno subito”.
La fanciulla si allontanò velocemente per prendere la propria bisaccia che era trasportata da Carnemirië, e ritornò in fretta. Prese delle foglie da un sacchetto e dopo averle spezzettare, le triturò fino a ridurle in poltiglia.
Sdraiati sul fianco”, disse, e Legolas obbedì prontamente, divertito dalla sua espressione così seria. Applicò l’impasto di foglie e fasciò stretta la parte offesa, dopodichè aiutò l’Elfo a rivestirsi. “Quelle erbe ti aiuteranno, entro domani potrai muovere perfettamente il braccio, e tra due giorni non dovresti avere più fastidio”.
Potrei abituarmi a tutto questo”, disse Legolas dolcemente.
E a cosa, di grazia?”, chiese Helkamirië divertita.
Ad avere qualcuno che si occupa di me in maniera tanto amorevole”, disse l’Elfo; “Guardandomi con sguardo pervaso da preoccupazione, temendo per la mia incolumità”.
Legolas”, disse la fanciulla, “non posso fare a meno di stare in ansia per te, sai bene quali siano i miei sentimenti, tuttavia sei anche a conoscenza del motivo che mi spinge a rifiutare di essere la tua sposa. Almeno per il momento”.
Legolas la guardò tristemente e con sommo stupore di Helkamirië, qualche lacrima rigò il suo bel viso, asciugata in fretta dall’Elfo. A quella scena, la fanciulla non potè resistere e strinse a sé il suo amato, carezzandogli i capelli mentre gli teneva la testa contro il proprio petto. Non avrebbe mai immaginato una reazione simile da parte di Legolas e perciò non poteva sapere quanto dolore avrebbe a sua volta suscitato in lei.
Legolas”, disse. “Perdonami. Ho accusato te di essere egoista, ma non mi rendevo conto di quanto lo fossi io. È stato il mio spirito guerriero e non il cuore a ribellarsi dinnanzi ai tuoi tentativi di proteggermi”.
L’Elfo abbracciò ancora più stretta Helkamirië, alzando la testa per poterla guardare in viso.
Helkamirië, ora smettila”, disse. “Io desidero che tu sia la mia sposa, ma non voglio che accetti di diventarlo soltanto per lenire il mio dolore. Quando accetterai, dovrà essere perché ne sei convinta fino in fondo”.
Detto questo, si alzò e fece per allontanarsi, raggiungendo i suoi Compagni, ma Helkamirië gli si parò davanti, fermandolo.
Io ti amo”, urlò quasi. “Ho avuto tantissimo tempo per assicurarmene, sin da quando lasciai Dol Taur. Per un certo periodo, credetti di averti dimenticato, ma non era così e me ne accorsi quando ti rividi a Imladris. Qualche giorno fa, alle Case di Guarigione, mi sono arrabbiata perché non capivo le tue motivazioni, e ti ho spiegato che era la voglia di combattere a impedirmi di riflettere su quali potessero essere; al Nero Cancello, quando ho visto il Troll che ti colpiva mentre mi cercavi per assicurarti che stessi bene, finalmente è stato il cuore a parlare, e ho compreso che la paura che stavo sentendo è la stessa che ti ha afferrato nell’apprendere del mio comportamento avventato. Non ho più dubbi, perché ho rischiato di perderti e se fosse successo, tu saresti caduto nel dolore”.
Sapevo che il tuo amore era sincero, lirimaer”, disse Legolas. “E so che lo è anche adesso; però, il tuo spirito guerriero fa parte di te e io amo tutto ciò che sei. Fin quando non mi accetterai con tutta te stessa, non potremo sposarci”. Le porse la mano, sorridendo. “Ma nulla ci vieta di amarci”.

Helkamirië prese la mano di Legolas ed entrambi si diressero verso il luogo dove le Aquile avevano toccato terra, riportando fra amici i Portatori dell’Anello.

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Capitolo 29
*** 28 ***


Frodo e Sam restarono incoscienti per diversi giorni, ma infine entrambi si risvegliarono, in forze e più sereni, e furono loro tributati grandi onori, anche da parte di sovrani quali erano Aragorn, Eomer e il Principe Imrahil di Dol Amroth. I soldati li osannarono come grandi eroi, e quando un menestrello prese a cantare ‘di Frodo dalle Nove Dita e dell’Anello’, Sam pianse di gioia, vedendo ogni suo desiderio realizzato. Non appena furono liberi, Helkamirië si avvicinò a loro; ormai la luce di Elbereth era tornata in pieno, rendendo il suo sorriso ancora più radioso. Giunta al loro cospetto, si inchinò rispettosamente. “Onore ai Portatori dell’Anello”, disse. “E a tutto il Popolo della Contea”.
Dama Helkamirië non inchinarti!”, balbettò Sam, rosso in viso.
Sam ha ragione, mia signora”, interloquì Frodo. “E’ già imbarazzante vedere i Re degli Uomini offrirci tanta deferenza; non possiamo consentire che una figlia degli Eldar, invero tanto speciale, si inchini a noi”.
Nessun figlio degli Eldar ha mai fatto tanto per la Terra di Mezzo”, disse Helkamirië. “Tantomeno la sottoscritta. Dimmi Frodo: hai mai rivolto un pensiero a me?”.
Si, mia signora”, disse Frodo sorridendo. “Quando ho usato la Fiala di Galadriel, nella galleria sopra Cirith Ungol, la luce che ne è stata prodotta mi ha tanto ricordato la tua figura. Proprio come te, essa feriva il mio nemico ma riconfortava il mio animo. Anche se non è durato in quelle terre oscure, mi ha portato sollievo dalle mie sofferenze”.
Helkamirië sorrise e si rivolse a Sam, che continuava a fissarla, rivedendo in lei la luce di Lothlorien.
Grazie Sam”, disse. “So che hai esaudito la mia richiesta e sei rimasto sempre al fianco del tuo padrone, sorreggendolo e confortandolo fino alla fine. I menestrelli elfici ricorderanno a lungo ‘Frodo dalle Nove Dita’ e ‘Samvise l’Impavido’”.
Sentendo quelle parole, Sam arrossì ancora di più e cercò di balbettare un ringraziamento, ma con scarsi risultati.
Ora che i Portatori dell’Anello si erano ripresi, l’Esercito potè ritornare a Minas Tirith dove, il 1 Maggio successivo, Aragorn fu incoronato Re, sedendo sul trono che gli spettava di diritto. Egli, però, non volle sciogliere la Compagnia, pregando i suoi componenti di rimanere fino a quando non fosse giunto, per lui, il giorno più felice.

Circa una settimana dopo l’incoronazione, Eomer ed Eowyn partirono per Rohan, avendo diversi affari da sbrigare, e anche i gemelli Elladan ed Elrohir li accompagnarono poiché si stavano recando a Lothlorien. Nell’apprendere quale fosse la loro destinazione, Helkamirië decise di unirsi a loro e tornare a Lorien per poter tranquillizzare Dama Galadriel, certamente in ansia per le sue sorti. Legolas tentò di convincerla a farsi accompagnare, ma lei rifiutò con garbo.
Aragorn ha bisogno di te”, disse. “Non puoi lasciare il tuo migliore amico in un momento così importante per lui. Non temere, non mi accadrà nulla”.
Non è questo che temo”, disse Legolas. “Tu sai come difenderti, e ci sono abili combattenti con te. Ho paura che tu… decida di non tornare da me”.
Legolas sei uno sciocco”, disse Helkamirië. “Molto presto sarò di nuovo qui. Non credere di sfuggirmi, dobbiamo tornare al Reame Boscoso e sposarci, lo hai dimenticato?”.
Vuoi forse dire…”.
Si”, disse la fanciulla. “La mia risposta è si, con tutta me stessa. Si”.
A quelle parole, Legolas spalancò gli occhi per la sorpresa e sollevandola fra le braccia la fece girare, ridendo felice, mentre Helkamirië rideva con lui, pensando che non esisteva, per lei, suono più bello della sua voce. Quando l’Elfo si fermò gli prese il viso fra le mani, posandogli un dolce bacio sulle labbra, e facendogli un’ultima carezza, si allontanò verso le scuderie dove era attesa dagli altri viaggiatori.

La prima tappa del viaggio era Edoras, così Helkamirië percorse la strada accanto a Dama Eowyn, la quale dal canto suo, continuava a lanciarle occhiate furtive.
Dama Eowyn”, disse Helkamirië. “Ho saputo che hai affrontato un nemico molto temibile sui Campi del Pelennor”.
Eowyn trasalì sentendosi scoperta, poiché quando Helkamirië aveva parlato, lei la stava osservando.
Ti hanno informata bene”, disse. “Ho affrontato il Cavaliere Nero, senza sapere chi lui fosse, poiché il mio interesse era proteggere Theoden. In quel momento non capivo nulla, volevo soltanto combattere”.
Comprendo questa sensazione”, disse Helkamirië.
Tu comprendi, mia signora?”, disse Eowyn. “Credevo che non ci fossero guerriere fra gli Elfi, ma soltanto donne di indicibile bellezza e leggiadria”.
Certamente la maggior parte di noi corrisponde alla tua descrizione”, disse l’Elfo con un sorriso bonario. “Eppure, fra gli Eldar ci sono donne come me, o la mia stessa madre, che sviluppano abilità guerriere. Noi siamo come te, Dama Eowyn: non ci piace aspettare o stare a guardare mentre i nostri uomini rischiano la vita. E inoltre, a mia madre a me piace combattere”.
Eowyn si voltò a guardarla con un luminoso sorriso sul volto, il sorriso di chi ha infine incontrato qualcuno che lo comprenda fino in fondo. Ora poteva osservarla senza nascondersi e si trovò pienamente d’accordo con coloro che parlavano della leggendaria bellezza degli Elfi; la luce di Elbereth, poi, faceva risaltare la delicatezza dei suoi tratti, rendendola affascinante anche per la sua razza.
Dama Helkamirië posso farti una domanda?”, disse timidamente.
Certamente, Dama Eowyn”, disse l’Elfo. “Cosa vuoi chiedermi?”.
Ecco… io volevo sapere di questa luce”, disse Eowyn. “A Minas Tirith, alle Case di Guarigione, molti parlavano quasi con terrore di un luminoso Elfo che sembrava un astro disceso dal cielo. Ora so che sei tu, eppure non riesco a spiegarmi da dove viene”.
Tutti coloro che mi vedono per la prima volta, mi pongono la stessa domanda”, disse Helkamirië ridendo. “Questo è un dono di Elbereth, per recare conforto alle genti della Terra di Mezzo; non credo fosse terrore quello che sentivi nelle voci a Minas Tirith: forse era stupore, ammirazione perfino, ma di sicuro non era paura. In effetti, noi ci eravamo già incontrate prima: avevo seguito Sire Aragorn a Dunclivo, ma poi ci siamo separati e io ho preso la strada per la Bianca Città. Allora, però, non potevi accorgerti del mio dono, perché ero completamente avvolta nel mio manto”.
Helkamirië ed Eowyn conversarono spesso durante il viaggio, procedendo con i loro cavalli affiancati; ben presto, giunsero a Edoras e dovettero separarsi.
Fa’ buon viaggio, Helkamirië”, disse Eowyn abbracciandola. “Spero di rivederti un giorno”.
Grazie Eowyn”, disse Helkamirië. “Mi rivedrai molto presto, io tornerò a Minas Tirith e suppongo lo farai anche tu. Per Faramir, se le voci che mi sono giunte sono vere”.
Eowyn arrossì leggermente a quelle parole, ma sorrise felice. Helkamirië proseguì il viaggio accompagnata da Elladan ed Elrohir e ben presto giunsero in vista del Bosco d’Oro.

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Capitolo 30
*** 29 ***


Non appena varcarono i confini di Lothlorien, Helkamirië avvertì nuovamente la sensazione di essere entrata in una campana di vetro, ma ora che sapeva che Galadriel era la custode di uno dei Tre, sapeva anche che quella sorta di ‘barriera’ non serviva a bloccare lei, ma a preservare il Reame Beato. Percorsero a ritroso la via che lei stessa aveva intrapreso quando era andata via, guadarono il Celebrant e tornarono sul sentiero fino a Caras Galadhon.
Gli Elfi di Lorien intonarono canti di benvenuto per i figli di Elrond e di bentornata per Helkamirië, la quale lasciò che qualche lacrima solitaria scendesse dai suoi occhi ad esprimere la gioia per il ritorno. Celeborn e Galadriel li aspettavano su loro talan e vi si trovavano anche Elrond e sua figlia Arwen Undomiel, con grande sorpresa di Helkamirië.
Helkamirië”, disse Galadriel, non meno stupita. “Sei tornata davvero! Ho creduto che Haldir sbagliasse, tratto in inganno dal manto che ti copriva”. Improvvisamente, il suo volto e il tono di voce si fecero seri. “Devi ancora delle spiegazioni a Celeborn e me. Non avresti dovuto fuggire così, come una ladra”.
Ti domando perdono, mia signora”, disse Helkamirië. “E anche a te, Sire Celeborn. Tuttavia non sono affatto pentita del mio gesto: io desideravo recarmi a Fangorn per avere notizie di Legolas. Dopo la loro partenza, era passata esattamente una settimana, nonostante mi trovassi sotto la tua protezione avvertii un’ombra calare su di me; successivamente ho saputo che si trattava di uno Spettro dell’Anello avvistato dalla Compagnia e che avevo condiviso le emozioni del mio compagno. In ogni modo, a Fangorn non ho avuto notizie ma mi sono trovata coinvolta nella distruzione di Isengard; in seguito ho accompagnato Sire Elessar a Dunclivo e da lì sarei potuta ripartire quando egli si avviò per i Sentieri dei Morti, però ho preferito offrire il mio seppur modesto aiuto a Minas Tirith. Mi è mancata l’occasione di combattere sui Campi del Pelennor e così mi sono recata al Nero Cancello per l’ultima battaglia; sono rimasta a Minas Tirith fino all’incoronazione di Elessar, su sua richiesta, e quando ho saputo che i figli di Messere Elrond stavano per recarsi a Lothlorien, ho deciso di accompagnarmi a loro e ritornare per spiegarvi”.
E lo hai fatto”, disse Celeborn. “Ora sappiamo quale ragione ti ha spinta a partire, e anche se non condivido la tua scelta, posso capirla”.
Per me è lo stesso”, interloquì la Dama. “Credo che dovrò abituarmi a ricevere soltanto visite saltuarie da parte tua. Oramai, Legolas ha portato a termine il suo compito e Loth-o-Doltaur ritornerà fra la sua gente, divenendone la Principessa”.
Ritornerò”, disse Helkamirië. “Ma non so se avrò il tempo di essere la Principessa. Nonostante il tuo avvertimento, Legolas ha udito il Richiamo del Mare a Pelargir e non so per quanto riuscirà a vivere in pace nel Reame Boscoso, prima che esso diventi troppo forte. Io sarò la sua sposa e questo comporta che io lo debba sostenere, qualunque sia la sua decisione; se volesse partire dai Rifugi Oscuri, io andrei con lui”.
Forse grazie a te riuscirà a resistere”, intervenne Elrond. “La tua presenza potrebbe essergli di sufficiente conforto da indurlo a restare ancora; conosco Legolas e non credo che abbandonerà Elessar. Almeno fin quando egli avrà vita”.
Arwen, che non aveva proferito parola, nell’udire quell’ultima frase di suo padre, aveva chinato il capo. “Scusatemi”, disse. “Chiedo il permesso di uscire”.
Certamente, nipote mia”, disse Celeborn. “Lorien è casa tua, puoi recarti dove più ti aggrada”.
Domando perdono”, disse Helkamirië. “Prendo congedo; devo organizzare la mia partenza, dal momento che ritornerò a Minas Tirith”.
In realtà, Helkamirië aveva notato l’atteggiamento di Arwen, e desiderava sapere quale fosse il motivo del suo turbamento.

Non appena aveva lasciato il talan della Dama, Helkamirië aveva seguito Arwen fino alla verde conca dove si trovava lo Specchio di Galadriel. La Stella del Vespro si era accorta di lei, ma non l’aveva scacciata: forse, non voleva davvero rimanere sola come credeva.
Un tempo venivo spesso qui”, disse. Helkamirië si avvicinò e si sedette accanto a lei, su una roccia. “Allora vivevo a Lorien, fra la gente di mia madre; e non conoscevo Estel, il mio cuore non batteva ancora solo per lui. Mi rifugiavo qui quando desideravo sfuggire alla sorveglianza di Galadriel. Immagino tu sappia di cosa parlo”.
E’ così”, disse Valienna. “La Bianca Dama sa come esercitare la sua autorità”. Arwen sorrise e Helkamirië si sentì incoraggiata a continuare. “Cosa ti turba Dama Arwen? Sei forse pentita di aver scelto la mortalità per rimanere accanto a Estel?”.
No”, disse Arwen. “Non sono pentita; questo è l’unico modo per noi. Mentre ti ascoltavo, poco fa, pensavo a quanto siete fortunati tu e Legolas: avete l’eternità da trascorrere insieme. Io avrei desiderato poter condividere la mia immortalità con Estel, tuttavia sono immensamente felice; più di ogni cosa voglio essere la sua sposa e trascorrere il tempo che Iluvatar vorrà concederci con lui. No, non rimpiangerò mai la mia scelta, anche se inizialmente sarà difficile per me: i miei sforzi saranno tesi alla felicità con Estel”.
Hai ragione, Dama Undomiel”, disse Helkamirië. “E’ questo che bisogna fare quando si ama qualcuno; da parte mia, non desidero lasciare la Terra di Mezzo, e il mio desiderio sarebbe vivere per sempre nel Reame Boscoso dopo esserne rimasta lontana tanto a lungo. Eppure, se Legolas sentisse il bisogno di partire, io lo seguirei senza esitazioni: mi basta averlo accanto, per essere felice ovunque”.
Non temere, Dama Helkamirië”, disse la Stella del Vespro. “Io conosco bene il Principe di Dol Taur, Legolas è come un fratello per me. Non vorrà partire se tu gli starai vicina; ti ama all’eccesso e sicuramente saprà che tu desideri rimanere: si farà bastare il conforto di Elbereth, almeno, come ha detto mio padre, fin quando Estel avrà vita. Dopo, forse, salperà per Valinor”.
Non avercela con tuo padre”, disse Helkamirië. “Egli sta soffrendo la pena più atroce che un genitore possa sopportare: vede sua figlia allontanarsi da lui e sa che questo sarà un distacco definitivo, oltre la Fine del Mondo. Come puoi biasimarlo per il suo dolore?”.
Credi che io non soffra?”, sbottò Arwen.
No, non lo credo”, disse Valienna. “Ma tu rimani per tua scelta e ti resterà la consolazione di vivere una vita mortale con l’Uomo che ami. Elrond non ha potuto far altro che subire la tua scelta e anche se a Valinor ritroverà tua madre, tutta la sua vita eterna non basterà a sanare il suo cuore di padre”.
Ho già pianto tutte le mie lacrime per questa scelta”, disse Arwen. “Non tornerò su di essa”.
Non devi”, disse Helkamirië. “Trovo che sia la decisione più giusta e io ti starò sempre accanto quando vorrai sfogarti, anche se ho la sensazione che non ne avrai affatto bisogno: sono certa che sarai la Sovrana più felice che il Regno di Gondor abbia mai avuto!”.
Arwen le sorrise ed entrambe si alzarono, lasciando la conca.

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Capitolo 31
*** 30 ***


Molto presto Arwen Undomiel lasciò il regno di Lothlorien con il suo seguito di cui facevano parte suo padre, i suoi fratelli e molti Elfi di Imladris, ma anche Sire Celeborn e Dama Galadriel, Helkamirië e un gruppo di genti di Lorien. Viaggiavano senza fretta e con tranquillità, poiché ormai erano pochi i pericoli che avrebbero potuto minacciarli; fra gli Elfi di Imladris c’era anche Glorfindel, e Helkamirië aveva tentato più volte di parlare con lui, ricevendone solo parole fredde e un atteggiamento distaccato, quando non duro. La fanciulla era ferita da tale comportamento, e pensò di parlare a Elrond perché intercedesse per lei, così il giorno successivo, si affiancò al Signore di Imladris.
Messere Elrond, posso parlarti?”, disse.
Certamente, mia signora”, disse l’Elfo. “Qualcosa ti turba?”.
In realtà è così”, disse Helkamirië. “Riguarda il nobile Glorfindel. Sicuramente sarai a conoscenza della proposta di matrimonio che mi fece e che io rifiutai, perché il mio cuore già apparteneva a Legolas. Ebbene, ho tentato più volte di conversare con Glorfindel durante questo viaggio, però egli non risponde alle mie parole e se lo fa è duro e freddo”.
Non dovresti meravigliarti”, disse Elrond. “Glorfindel è stato ferito dal tuo diniego, invero, egli era certo che tu ricambiassi i suoi sentimenti, perciò si aspettava che tu accettassi. Ha bisogno di tempo per assimilare la cosa, se tu lo forzassi, otterresti esattamente l’effetto opposto”.
Capisco”, disse Helkamirië. “Tuttavia, ti prego Messere Elrond, cerca di convincerlo a perdonarmi: io non avevo intenzione di fargli del male, ma non sarebbe stato giusto accettare la sua proposta soltanto per non farlo soffrire”.
E’ vero”, disse l’Elfo. “Non posso assicurarti che riuscirò a convincerlo, ma tenterò”.
Grazie, mio signore Elrond”, disse Helkamirië allontanandosi. Il resto del viaggio trascorse tranquillamente, tuttavia la fanciulla non tentò più di parlare a Glorfindel, per dare modo a Elrond di persuaderlo. Ben presto raggiunsero l’Anorien, e il giorno di Primo Lithe, Arwen Undomiel giunse infine a Minas Tirith.

Helkamirië avrebbe voluto galoppare avanti, ma Galadriel le ingiunse di rimanere con le genti di Lorien. La fanciulla si liberò dello scuro manto con la Valacirca, sotto al quale indossava, data la stagione, una veste rossa molto leggera che lasciava trasparire tutta la luce di Varda. Condusse Carnemirië al trotto, entrando nella Bianca Città subito dopo Sire Celeborn e Dama Galadriel, esattamente al centro del corteo che introduceva Arwen Undomiel, la quale giungeva per ultima.
Continuarono a cavalcare, percorrendo tutti i livelli di Minas Tirith, fin quando giunsero alla Cittadella, ove gli stallieri li attendevano per prendere in consegna i loro destrieri, ed essi ne varcarono l’ingresso nello stesso esatto ordine in cui avevano attraversato il Cancello. Soltanto Glorfindel si portò più avanti, andando a raggiungere Helkamirië alla quale porse il braccio cui lei si aggrappò felice.
Aragorn li attendeva nella piazza dove aveva piantato il virgulto dell’Albero Bianco che aveva rinvenuto pochi giorni prima sul Mindolluin. Man mano che avanzavano, gli Elfi si disposero sui due lati, mentre al centro procedevano Elrond e Arwen; l’Elfo congiunse le mani di sua figlia e di Estel, dopodichè anch’egli si mise da parte, inchinandosi come tutti gli altri al nuovo Re degli Uomini. Concluso il saluto ufficiale, Helkamirië corse ad abbracciare i due innamorati.
Congratulazioni, mio Re”, disse. “E mia futura Regina”.
Helkamirië”, disse Aragorn, “ti ho già detto che io non sarò mai il tuo Re, soltanto un caro amico”. La prese per le spalle, facendola voltare verso l’ingresso del Palazzo. “C’è qualcuno che ti aspetta da molto tempo e desidera rivederti”, disse.
Helkamirië era sicura che si trattasse di Legolas, ma quale non fu la sua gioia e la sorpresa quando, accanto al suo compagno, distinse Ëaralad ed Arelen che la guardavano commossi e felici.
Padre! Madre!”, urlò, correndo verso di loro. Si rifugiò fra le braccia di sua madre, mentre suo padre le abbracciò entrambe. “Madre mia, mi siete mancati tanto!”.
Anche tu ci sei mancata, mia piccola gwilwileth”, disse Arelen. “Ma ora tornerai a casa!”.
Legolas ci ha raccontato tutto”, disse Ëaralad. “Ci ha detto che voi vi amate, perciò mi sembra crudele costringervi a stare così lontani”.
Quando vi sposerete?”, disse Arelen.
Non abbiamo ancora stabilito una data”, intervenne Legolas. “Sappiamo solo che sarà al Reame Boscoso. Lothlorien è uno splendido reame ma Dol Taur è casa nostra”.
Helkamirië si sciolse dall’abbraccio dei suoi genitori e si avvicinò a Legolas, cingendogli il collo; l’Elfo ricambiò la sua stretta circondandole la vita con le braccia e posandole un bacio sulla fronte.
Sei stata via a lungo”, disse. “Cominciavo a pensare davvero che non saresti ritornata da me; e quando ti ho vista con il nobile Glorfindel, poco fa…”.
Sciocco Legolas!”, esclamò Helkamirië; “Non dire una parola di più. Ti avevo promesso che sarei ritornata, e d’altra parte, perché mai non avrei dovuto? Glorfindel mi ha solo offerto il braccio; se non lo avesse fatto lui, forse sarebbe stato Elladan, o Elrohir, o qualcun altro”.
Legolas la fissò e scoppiò a ridere, vedendo il finto broncio che Helkamirië ostentava.
Lirimaer, come potrei vivere senza di te?”, disse.
E’ semplice: non potresti”, disse la fanciulla ridendo, mentre Legolas, incurante della presenza di Ëaralad e Arelen, si chinò a baciarla con passione.

Il giorno seguente, il Giorno di Mezza Estate, si celebrarono le nozze tra Elessar e Arwen; la cerimonia si svolse nella Piazza della Cittadella, alla presenza di tutti gli abitanti di Minas Tirith, degli Elfi che avevano accompagnato la Regina e naturalmente, dei membri della Compagnia dell’Anello. Al termine della cerimonia, un coro di fanciulle Eldarin, tra cui Helkamirië, intonò un canto per loro.

O môr henion i dhû:
ely siriar, el sila.
Ai! Aniron Undomiel

Tiro! El eria e môr.
I’lir en el luitha’uren
Ai! Aniron…”.

Arwen le sorrise commossa, mentre Helkamirië, insieme alle altre, si inchinava al cospetto dei Sovrani di Gondor.

Nel pomeriggio, mentre passeggiava con Legolas, furono raggiunti dagli Hobbit, i quali desideravano complimentarsi per il canto.
Dama Helkamirië, cosa significa la canzone di oggi?”, chiese il giovane Tuc.
Non è semplice da rendere nella Lingua Corrente”, disse Helkamirië; “Ma penso che il significato sia all’incirca questo:
Dall’oscurità comprendo la notte:
i sogni scorrono, una stella brilla
Ah! Desidero la Stella del Vespro

Guarda! Una stella sorge dall’oscurità.
Il canto della stella incanta il mio cuore
Ah! Desidero…”.
Davvero delle belle parole”, disse Frodo. “Chi è stato a scriverle?”.
Una fanciulla di Lothlorien”, disse Helkamirië. “Si chiama Enyal e suo padre appartiene alle genti di Imladris, mentre sua madre è una dei Galadhrim; era una delle damigelle della Regina, perciò conosceva bene le sue pene d’amore, e grazie al suo talento ha composto questo meraviglioso canto”.
In quel momento, un servo annunciò che il banchetto stava per cominciare e i quattro Hobbit si dileguarono; Legolas accompagnò Helkamirië all’estremità della Piazza della Cittadella, da dove si poteva ammirare tutta la piana del Pelennor e l’Anduin scorrere in lontananza come un nastro argentato.
Quella fanciulla, Enyal”, disse Legolas. “Dovremmo chiederle di comporre un canto anche per il nostro matrimonio”.
Temo sia impossibile”, disse Helkamirië.
Perché?”, disse l’Elfo. “Mi sembrava che quello per Aragorn e Arwen ti piacesse tanto”.
E’ così”, disse la fanciulla. “Ma Enyal starà già allietando le strade di Valinor con i suoi canti. Ha raggiunto i Rifugi Oscuri non appena Arwen è partita per raggiungere Aragorn. Enyal era sempre stata damigella di Arwen e rifiutava di vedere la sua amata signora invecchiare e morire come gli Uomini. Il componimento è stato il suo regalo d’addio”.
Io la capisco”, disse. “Sono felice per Aragorn, ma conosco Arwen sin da quando eravamo bambini, e so già che non sarà facile per me vedere il bellissimo viso della Stella del Vespro portare i segni degli anni e poi vederla morire. È una grande perdita per il nostro popolo”.
Helkamirië abbracciò Legolas e questi ricambiò, baciandole i capelli, così restarono stretti a guardare il tramonto.

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Capitolo 32
*** 31 ***


La Compagnia trascorse ancora qualche giorno a Minas Tirith, fin quando vi ritornò anche Eomer, giunto a riprendere Theoden perché fosse sepolto nella sua patria, a Rohan. Al suo arrivo partecipò ad un banchetto durante il quale potè ammirare le Dame elfiche presenti, pur se non risolse la sua controversia con Gimli, aperta all’epoca della Caccia agli Uruk-hai, quando il Signore del Mark aveva avuto parole sprezzanti per Galadriel nonostante non l’avesse mai vista. Egli, infatti, affermò che non poteva ritenere Dama Galadriel la più bella, giudicando ancora più meravigliosa la Regina Stella del Vespro. Pipino, che sedeva accanto a Gimli, decise di intervenire nella discussione.
Io penso che sbagliate entrambi”, disse.
Cosa intendi, giovane Tuc?”, disse Gimli, mentre Eomer lo fissava interrogativamente.
Intendo che esiste qualcuno ancora più bello ai miei occhi”, disse Pipino. “Mi riferisco a Dama Helkamirië; trovo che sia stupenda, anche per gli Elfi, e Frodo sostiene che nei suoi occhi si può vedere un riflesso delle Terre Immortali, dove vanno i Luminosi quando lasciano la Terra di Mezzo. Guardatela: lei non si sente nobile come Dama Galadriel o la Regina Arwen, eppure lo è; questa grandezza inconsapevole aumenta l’effetto di quella straordinaria luce. Forse in realtà non lo è, ma ritengo che non ci sia creatura più meravigliosa”.
Mi stupisci, Pipino”, disse il Nano. “Non ti credevo capace di parole tanto profonde”.
Forse lo sottovalutavi”, disse Eomer. “E’ evidente che il piccolo Holbytla prova una sconfinata ammirazione verso la luminosa Dama Helkamirië”.
E’ vero, mio signore Eomer”, disse Pipino. “E non è difficile capire perché: Dama Helkamirië è l’unico Elfo, oltre Legolas, che sia stata nostra amica. Gli altri Luminosi sono stati gentili, ma in fondo sempre distaccati, mentre loro ci sorridono con amicizia e hanno fatto di tutto per conoscerci e aiutarci”.
Gimli ed Eomer sorrisero al giovane Hobbit, pensando a quanto fosse cresciuto da quando lo avevano conosciuto e il resto della serata trascorse allegramente.

Il giorno successivo la scorta funebre di Theoden si mise in marcia e mai nessun sovrano di Rohan aveva avuto un tale seguito: insieme a Eomer infatti, venivano i Sovrani di Gondor, la Compagnia, Helkamirië, Celeborn e Galadriel e Elrond con i suoi figli. Quando infine giunsero a Edoras, assistettero ai funerali e rimasero alla reggia per qualche giorno, ospiti di Re Eomer, dopodichè partirono nuovamente, diretti al Fosso di Helm, dove Gimli trascinò Legolas nelle Caverne Scintillanti perché le ammirasse. L’Elfo tentò di convincere Helkamirië a seguirli, ma questa si rifiutò categoricamente di mettere piede sottoterra. Al momento di ripartire, diretti a Isengard, Helkamirië convinse Gimli a cederle ancora una volta il suo posto su Arod e montare Carnemirië.
Come mai questo scambio, lirimaer?”, disse Legolas.
Perché voglio trascorrere ancora del tempo con te”, disse Helkamirië. “Ancora non lo sai, ma io non tornerò a Dol Taur con te, adesso”.
Perché?”, disse l’Elfo. “Non riesco a capire. Andrai a Lorien?”.
Si”, disse la fanciulla. “Ma non temere, non vi resterò a lungo. Devo soltanto sistemare alcune cose, dopodichè mi metterò in viaggio e tornerò a casa, al Reame Boscoso”.
Da me”, disse Legolas. “Ti aspetterò con ansia. Purtroppo non posso rimanere con te, devo partire appena possibile”.
Quanta fretta”, disse Helkamirië. “Cosa ti aspetta di tanto urgente?”.
Mio padre”, disse Legolas. “Quando i tuoi genitori sono partiti diretti a Minas Tirith, ha affidato loro un messaggio. Desidera conferire con me riguardo alcune questioni territoriali e credo di sapere già di cosa si tratta”.
Sembra che la cosa non ti piaccia”.
Non è soltanto questo”, riprese Legolas. “In realtà sono preoccupato”. Rallentò il cavallo, di modo da trovarsi al riparo da orecchie indiscrete. “Thranduil vuole Esgaroth”.
Il regno di Brand?”, disse Helkamirië. “Perché? tra gli Uomini della Valle e gli Elfi del Bosco c’è sempre stata amicizia, e Re Thranduil non è un pazzo o un despota”.
E’ per via di Aragorn”, disse Legolas. “Da quando è venuto a conoscenza di chi siano i suoi antenati, ritiene che egli possa aiutarci ad avere un regno più esteso, e siccome ha sempre considerato inferiori a noi gli Uomini di Esgaroth, vuole che siano nostri sudditi. Questo delirio di onnipotenza lo ha preso al tempo della Battaglia dei Cinque Eserciti: allora si sentì derubato di qualcosa che gli apparteneva, anche se in realtà non è così. Spero di riuscire a fargli cambiare idea”.
Devi riuscirci”, disse Helkamirië. “Non posso sopportare l’idea di entrare in guerra con gli Uomini della Valle, tuttavia se Re Thranduil lo comandasse non potreste rifiutarvi”. La fanciulla rimase intenta a riflettere per qualche momento. “Voglio venire con te!”.
Helkamirië non posso aspettarti!”, disse l’Elfo.
Non sarà necessario”, disse Helkamirië. “Se parto subito sarò di ritorno al massimo fra due giorni e vi raggiungerò a Isengard. Lascerò a qualcuno l’incarico di riportare le mie cose a Dol Taur, così potrò viaggiare leggera e accompagnarti”.
E sia”, disse Legolas. “Però ricorda: non aspetterò più di due giorni”.
Stai tranquillo”, disse la fanciulla. “Sarò io a dover attendere il vostro arrivo”.
Helkamirië richiamò Carnemirië, parlò brevemente con Celeborn e Galadriel e dopo aver salutato Legolas sfrecciò via a velocità inaudita.

Due giorni dopo, i Viaggiatori avevano raggiunto il Cerchio di Orthanc, dove gli Ent si erano dati da fare, riportando all’antico splendore il giardino che un tempo circondava la Torre di Saruman. Varcarono il Cancello e raggiunsero Barbalbero, il quale consegnò ad Aragorn le chiavi di Orthanc che si era fatto restituire da Saruman prima di lasciarlo andare.
Legolas si guardava intorno sperando di scorgere Helkamirië, ma purtroppo sembrava che non fosse ancora arrivata; ad un tratto, tra gli alberi vide Carnemirië pascolare tranquillamente. Scese da cavallo e si avvicinò al destriero fulvo, il quale con la sua figura nascondeva Helkamirië che dormiva beatamente distesa su un giaciglio di felci tra gli alberi. Si accostò a lei e si piegò sulle ginocchia, stendendo il braccio per sfiorarle il viso; la fanciulla si agitò un poco e socchiuse lentamente gli occhi, mostrando quel meraviglioso verde che racchiudevano. Sorrise non appena vide che si trattava di Legolas e gli prese la mano nella sua.
Bene arrivati”, disse. “E’ molto tardi?”.
No”, disse Legolas aiutandola a rialzarsi. “Non è ancora mezzodì. Quando sei arrivata?”.
Questa notte, poche ore prima dell’alba”, disse Helkamirië. “Ti avevo assicurato che mi avresti trovata qui ad aspettarti, e così è stato. Possiamo partire subito se lo desideri”.
Legolas annuì e così lui, Gimli e Helkamirië si congedarono dal Re di Gondor e con il permesso di Barbalbero, presero la via attraverso la foresta di Fangorn.




NdA: Mi rendo conto che Thranduil non fa una gran bella figura nella mia fic, ma mi serve per la storia! Ho sfruttato l'impressione che mi fece quando lessi per la prima volta Lo Hobbit, in particolare la parte in cui si tratta la Guerra dei Cinque Eserciti. Chiedo scusa se qualcuno potrebbe essere deluso o peggio, offeso, da questa mia idea

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Capitolo 33
*** 32 ***


Impiegarono circa un mese per raggiungere il Reame Boscoso, ma infine Helkamirië potè rivedere gli alberi del proprio paese e la città di Thranduil. Gimli non volle varcare i Cancelli, preferendo rimettersi subito in viaggio verso Erebor. La fanciulla lo abbracciò forte, commossa.
Arrivederci, Messer Nano”, disse. “Mi hai insegnato ad amare la tua stirpe, come un popolo di amici. Spero di incontrarti ancora un giorno”.
Lo spero anch’io”, disse Gimli imbarazzato. “Ricorda che mi devi ancora una rivincita”.
Helkamirië sorrise lasciandolo andare, mentre Legolas gli strinse semplicemente la mano: le parole erano superflue in quel momento, quando entrambi sapevano che la loro amicizia non sarebbe finita insieme alla missione. I due Elfi rimasero a guardare l’amico allontanarsi fin quando non sparì alla vista, dopodichè rimontarono a cavallo ed entrarono nel Regno degli Elfi Silvani. Helkamirië si liberò del manto, lasciando che coloro che la guardavano riconoscessero il loro Loth-o-Doltaur. Quando giunsero al cospetto di Thranduil, videro che Ëaralad e Arelen si trovavano accanto al Re, il quale venendo meno per una volta ai rigidi cerimoniali di corte, abbracciò il proprio figlio.
Finalmente sei tornato, figlio mio”, disse. “E mi hai portato un meraviglioso dono: hai condotto a casa Loth-o-Doltaur”
Non ho portato un dono”, disse Legolas. “Helkamirië sarà la principessa di Dol Taur quando sarà mia sposa”.
Legolas abbiamo già parlato di questo”, disse Thranduil.
Permettimi, mio signore”, intervenne Helkamirië. “Io so che avvenne quella discussione e ho già accettato di sposare Legolas. Sono ritornata per lui e non per tornare sotto una campana di vetro. Se ti opporrai a queste nozze, il tuo regno sarà di nuovo privo di Loth-o-Doltaur e questa volta per sempre”.
E sia”, disse Thranduil. “Non opporrò resistenza, se Messer Ëaralad e Dama Arelen non hanno nulla in contrario”.
Affatto, mio Re”, disse Ëaralad. “Io e la mia consorte desideriamo soltanto la gioia di Helkamirië e siamo lieti di questa unione”.
Abbiamo portato un dono per Legolas”, disse Arelen. “Se volete seguirci, si trova nel cortile esterno del palazzo”.
Innanzi alle enormi porte del palazzo si apriva uno spiazzo erboso, delimitato da filari di alberi secolari. Al centro del prato si trovava un Elfo che conduceva un cavallo. Al loro arrivo tolse il cappuccio dal capo e poterono vedere che non si trattava di altri che di Ilderan. Non appena lo vide, Helkamirië si precipitò fra le sue braccia.
Fratello mio”, disse. “Mi sei mancato, sono felice di rivederti qui, a Dol Taur”.
Fratello?!”, esclamò Legolas. “Vuoi dire che Ilderan è tuo fratello?”.
E’così”, disse Ilderan. “Perdonami Legolas, non volevo mentirti, ma se avessi saputo la verità mi avresti allontanato come hai fatto con mia sorella, dopo la morte di Firiel”.
Io… non ho sospettato nulla”, disse Legolas. “Helkamirië tu sapevi?”.
Helkamirië non sapeva nulla”, disse Ilderan. “Quando si è trasferita a palazzo, sono entrato nel corpo delle guardie per starle vicino, a sua insaputa”. Ilderan strinse la mano di Helkamirië. “E’ strano che tu non abbia sospettato nulla: io ho chiamato quasi sempre mia sorella per nome, sapevo molte cose sul suo conto, compreso il motivo per cui era offuscata e abbiamo sempre avuto un atteggiamento molto confidenziale, anche in tua presenza. Neppure il mio aspetto ti dice nulla?”.
A quelle parole Legolas osservò Ilderan e si meravigliò di non essersi accorto prima di quanto rassomigliasse a Helkamirië; i suoi lineamenti, così simili a quelli della sorella, erano senza dubbio quelli di un Elfo di nobile lignaggio, e i suoi capelli, scuri come la notte, erano sicuro retaggio dei Noldor, cui sua madre apparteneva. Improvvisamente scoppiò a ridere e attirò a sé Helkamirië, che già temeva di aver perduto la sua fiducia.
Credo di doverti mostrare il nostro dono, mio Principe”, disse Ëaralad. “Che non è certo Ilderan, ma il cavallo che ha portato con sé”.
Ilderan mostrò un meraviglioso destriero, il cui manto grigio come il crepuscolo era picchiettato da una quantità di piccole chiazze bianche; era un grande animale, possente ma, assicurò Arelen, molto veloce.
E’ un cavallo elfico”, disse. “Viene da Valinor come Carnemirië, ed è stato il destriero del mio sposo; tuttavia non ha nome, perché egli sapeva che sarebbe passato a un altro. Devi essere tu a darglielo”.
Elennath”, disse Legolas.

Nei giorni successivi, Legolas e Helkamirië non ebbero molte occasioni di vedersi: la fanciulla era ritornata alla dimora paterna, e riceveva di continuo visite di cortesia degli Elfi di Dol Taur, mentre il suo compagno era preso dagli impegni di palazzo. Quando finalmente Legolas riuscì a raggiungere Helkamirië, appariva stanco e turbato.
Qualcosa non va, Legolas?”, chiese Helkamirië.
Sono molto preoccupato”, disse Legolas. “Purtroppo avevo ragione riguardo le idee di mi padre”.
Questo non è il luogo adatto per parlarne”, disse Helkamirië. “Vieni con me”. Helkamirië condusse Legolas nella propria stanza, situata in una zona piuttosto appartata della dimora. Era un ambiente estremamente luminoso, dotato di molte finestre che catturavano la luce del Sole in ogni momento della giornata, dall’alba al tramonto, ma velate da bianchi drappi che producevano una luce soffusa, dando un aspetto rilassante e accogliente. Anche i mobili, dagli intagli raffinati ma semplici, erano di un legno molto chiaro; a Legolas tutto sembrava studiato per far vivere Helkamirië nella luce cui apparteneva. “Ora puoi spiegarmi”, lo riscosse l’oggetto dei suoi pensieri, invitandolo a sedere su una panca.
Non c’è molto da aggiungere”, disse l’Elfo. “Come temevo, mio padre vuole annettere Esgaroth al nostro reame; ho tentato di convincerlo che è pura follia, ma non vuole darmi ascolto”.
Legolas, ma è terribile”, disse Helkamirië. “Possiamo tentare qualcosa per fermarlo?”.
No”, disse Legolas. “Sono giorni che ci rifletto, e l’unico modo è una strada impraticabile”.
Cosa vuoi dire?”, disse la fanciulla. “Di quale strada parli?”.
Dovrei prendere il posto di Thranduil”, disse l’Elfo. “Tuttavia per ottenere questo scopo dovrei comportarmi da traditore verso il mio stesso padre: potrei sollevare il popolo perché gli ingiunga di abdicare in mio favore. Ma come potrei poi tornare a guardarlo negli occhi?”. Legolas si prese la testa fra le mani, massaggiandosi le tempie. Helkamirië che era seduta accanto a lui, lo costrinse a distendersi, posandosi il suo capo in grembo e carezzandogli i capelli.
Non temere, Legolas”, disse. “Troveremo un altro modo. Tu, però, questa sera rimarrai qui: sarai nostro gradito ospite e più tardi manderò un messaggero che lo riferisca a palazzo. Ora devi riposare: sei molto stanco e le preoccupazioni ti logorano; puoi rimanere qui, e io intanto ordinerò di preparare la stanza per gli ospiti”.
Helkamirië costrinse Legolas a stendersi sul letto, mentre lei usciva dalla stanza. Diede ordine di organizzare ogni cosa per la permanenza del Principe e mandò un giovane Elfo e riferire che Legolas avrebbe trascorso qualche tempo presso la famiglia della sua promessa sposa.

Quando ritornò in camera, Helkamirië trovò Legolas addormentato; giaceva su un fianco, così dalla camicia era uscito un ciondolo. La fanciulla sorrise nel vedere che si trattava del suo rubino, che l’Elfo non aveva mai smesso di portare con sé, e allungò una mano per risistemarlo sotto i vestiti, ma al suo lieve tocco Legolas aprì gli occhi.
Perdonami, non volevo svegliarti”, disse Helkamirië.
Non temere”, disse Legolas. “Non dormivo, ma questo letto è pervaso dal tuo profumo, che mi dà una grande serenità”.
Ne sono felice”, disse Helkamirië. “Ho mandato un messaggero a riferire che sarai nostro ospite per qualche giorno; se sarai lontano dal palazzo, riuscirai a pensare più lucidamente e troverai una soluzione meno radicale al tuo problema”.
Grazie lirimaer”, disse Legolas; mentre sentiva già che il sonno lo stava prendendo, vide Helkamirië chinarsi a posargli un bacio sulla fronte. La fanciulla, seduta sulla sponda del letto, continuò ad accarezzare i capelli di Legolas fino a che non fu sicura che stesse dormendo, dopodichè lasciò la stanza per raggiungere lo studio del proprio padre.

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Capitolo 34
*** 33 ***


Ëaralad era seduto al proprio tavolo, circondato da una moltitudine di carte, libri e pergamene varie, e immerso nella scrittura. Helkamirië esitò un attimo davanti alla porta di legno scuro, poi bussò ed attese la risposta del padre per entrare.
Padre, posso disturbarti un momento?”, disse.
Helkamirië, sai che non disturbi mai”, disse Ëaralad. “Avanti, siediti e dimmi cosa ti turba”.
La fanciulla prese posto nella sedia davanti al padre, guardandosi in giro per un po’. La stanza era esattamente come la ricordava, sempre ingombra di ogni genere di documenti e volumi, tanto che gli scaffali dell’enorme libreria, che occupava un’intera parete, a stento li contenevano. Alle spalle della scrivania, due enormi finestre davano luce all’ambiente durante il giorno, mentre diversi candelabri appesi alle pareti provvedevano all’illuminazione notturna. Tutti i mobili erano in legno scuro, senza intarsi, né decorazioni, in linea con l’austerità di suo padre.
Helkamirië?”, la riscosse l’Elfo.
Cosa?”, lo fissò Helkamirië, riscuotendosi quando capì cosa voleva dire. “Scusa… in realtà voglio sapere… sei ancora il Primo Consigliere di Thranduil?”.
Si, lo sono”, disse Ëaralad.
Perciò tu sai quali sono i suoi propositi, vero?”, disse la fanciulla.
Se ti riferisci a Esgaroth, sì, ne sono a conoscenza”, disse Ëaralad. “Ma devi sapere che non sono affatto d’accordo. Ritengo che sia una decisione folle: Re Elessar non appoggerà mai Thranduil, perciò questa guerra si risolverà in un inutile massacro di Elfi e Uomini. Stavo appunto studiando le antiche leggi e la storia del Reame Boscoso nella speranza di trovare un modo per fermare il Re”.
E hai trovato qualcosa?”, disse Helkamirië, speranzosa.
Non ancora, purtroppo”, disse Ëaralad. “Legolas cosa ne pensa?”.
E’ molto preoccupato”, disse la fanciulla. “Non riesce a darsi pace, e l’unica soluzione a cui riesce a pensare è quella di sollevare il popolo contro Thranduil; ma si tratta pur sempre di suo padre, perciò si rifiuta di metterla in atto, e d’altra parte come biasimarlo?”.
Legolas ha buon cuore”, disse Ëaralad. “E non sarebbe certo questa la strada da percorrere”. L’Elfo restò soprappensiero per qualche minuto, con le mani giunte sotto al mento, poi di colpo puntò i suoi occhi dritti in quelli di sua figlia. “Ascolta: sareste disposti a ripartire per Minas Tirith?”.
Certamente”.
Ottimo”, disse l’Elfo. “Nella città è conservato il più grande archivio di leggi che io conosca, e molte provengono direttamente da Valinor e a esse ogni Elfo deve obbedienza. Tu e Legolas dovreste avvertire il Re di Gondor del pericolo e chiedergli di consentirvi di consultare la sua biblioteca, se ricordi ancora quali sono le norme che ti feci studiare”.
Le ricordo perfettamente, padre”, disse Helkamirië. “Hai sempre ritenuto che la mente debba essere nutrita come il corpo perché essi agiscano in armonia”.
E tu sei stata un’ottima allieva”, disse Ëaralad. “Ebbene, se riuscissi a trovare una legge, o anche solo un accordo, che faccia al caso nostro, dovrai portarla qui a qualsiasi costo, anche rubandola se necessario. Non abbiamo altra scelta se vogliamo fermare Thranduil”.
Ti ringrazio, padre mio”, disse Helkamirië alzandosi e abbracciandolo. “Se Legolas sarà d’accordo, partiremo domani stesso”.
Non ringraziarmi, mia piccola gwilwileth”, disse l’Elfo. “E’ mio dovere aiutare il popolo di Dol Taur e di conseguenza colui che sposerà mia figlia. Va’ da lui, coraggio”.
Helkamirië si sciolse dall’abbraccio e uscì velocemente per riferire a Legolas ciò che aveva saputo.

Trovò Legolas nella stanza ancora addormentato, e così sedette nuovamente sulla sponda del letto, senza possedere il coraggio per svegliarlo da quel sonno così sereno. Mentre lo osservava, pensò a come avevano rischiato di perdere tutto, prima per via di un’ombra del passato e poi per una crudele guerra che, però, li aveva fatti ritrovare. Improvvisamente, Legolas spalancò gli occhi e scattò a sedere terrorizzato.
Legolas, cos’è successo?”, disse Helkamirië prendendogli il viso fra le mani.
Helkamirië”, disse Legolas, stringendola fra le braccia come se temesse di vederla svanire. “Sei qui, lirimaer. Un’immagine terribile ha sconvolto il mio sonno: ho visto te, morta, e il pugnale che ti aveva uccisa era nelle mie mani, sporco del tuo sangue. Io non ti farei mai del male!”.
Lo so, Legolas, non temere”, disse Helkamirië dolcemente. “E’ stata solo un’immagine, suggerita dal turbamento che stringe il tuo cuore in questi giorni”.
No, non è vero!”, esclamò Legolas, ancora sconvolto. “Questo è quello che accade agli Uomini, ma i sogni degli Eldar nascondono sempre un significato, più o meno chiaro. Ti ho detto cosa pensavo di fare per fermare mio padre: probabilmente il mio sogno vuol dire che sto diventando un mostro e finirò per farti del male”. L’Elfo distolse lo sguardo, ma Helkamirië gli mise le mani sulle guance, costringendolo a guardarla.
Devi stare tranquillo”, disse la fanciulla. “Io conosco il tuo animo e l’amore che provi per me: so che non alzeresti un dito contro di me. E per quanto riguarda tuo padre… credevi di non avere scelta. Usciamo in giardino: l’aria fresca ti farà bene”.
Helkamirië condusse Legolas al giardino che si stendeva dietro la sua dimora, percorrendolo fino a un piccolo stagno nel quale si specchiava l’immensa mole di alberi secolari; decine di ninfee lo punteggiavano rendendolo simile al cielo notturno, mentre fra le radici degli enormi tronchi si nascondevano le niphredil, racchiuse nelle loro tenere foglie dal colore così simile agli occhi di Helkamirië. Un sedile intagliato in un tronco si trovava lungo la sponda e la fanciulla vi si sedette, invitando Legolas a fare altrettanto.
Ho parlato a mio padre del nostro problema”, disse.
Nostro?”, disse l’Elfo sorridendo. “Vedo che prendi sul serio il tuo futuro ruolo di Principessa del Reame Boscoso”.
Ecco… è così”, disse Helkamirië. “In fondo prima o poi lo sarò, devo abituarmi a considerare anche miei i problemi tuoi o del regno, giusto?”.
Giusto”, disse Legolas ridendo.
Legolas, verresti a Minas Tirith con me, domani?”.
Domani?”, disse Legolas. “Siamo tornati pochi giorni fa e i nostri amici saranno ancora in viaggio, non troveremmo nessuno ad accoglierci”.
Dobbiamo andare per fermare tuo padre”, disse Helkamirië. “Ti stavo dicendo cosa abbiamo deciso io e Ëaralad; mio padre sa che nella Bianca Città sono conservate leggi di Valinor o da esse derivate, cui noi Eldar dobbiamo obbedienza. Se ne trovassimo qualcuna per fermare Thranduil, dovremmo portarla qui, anche a costo di sottrarla illecitamente. Verrai con me?”.
Certamente lirimaer”, disse Legolas. “Minas Tirith è la nostra unica speranza. Sarai una grande Regina, Helkamirië”.
Dovrò esserlo”, disse la fanciulla. “Per essere la degna compagna di un grande Re”.
Legolas l’attirò a sé e Helkamirië poggiò la testa contro la sua spalla; rimasero così abbracciati ad ammirare il tramonto che incendiava il mondo di rosso e oro.

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Capitolo 35
*** 34 ***


Il mattino successivo, non appena sorse il Sole, si svegliarono pronti a ripartire. Carnemirië ed Elennath erano già stati caricati dei pochi bagagli che sarebbero serviti loro, e attendevano dinanzi alla dimora, condotti da due servitori. Helkamirië non prese con sé tutte le armi, ma non rinunciò alla sua spada e all’arco; quando raggiunse Legolas, vide che anch’egli aveva il proprio arco e il lungo pugnale bianco.
Buongiorno Legolas”, disse. “Hai riposato bene?!”.
Magnificamente lirimaer”, disse Legolas. “Avevi ragione, stare lontano da palazzo mi ha chiarito le idee, e ora mi sento più fiducioso: sono certo che ogni cosa andrà a posto, senza inutili spargimenti di sangue”.
Anch’io ne sono sicuro”, intervenne una voce familiare.
Ilderan”, disse Legolas, “cosa fai qui così presto?”.
Credi che Elennath sia giunto qui da solo?”, disse Ilderan. “O non ti ha meravigliato nemmeno trovare le tue armi in camera, stamani?”.
Legolas sorrise, divertito dall’atteggiamento di Ilderan; questi aveva sempre avuto frasi sarcastiche per lui, ma il Principe gli era grato per questo: sapeva che si trattava di un modo per fargli capire quanto la sua amicizia fosse sincera e non dettata dal suo rango.
Grazie amico mio”, disse Legolas. “Ti chiederei di unirti a noi, ma Thranduil potrebbe insospettirsi, perciò devi rimanere e coprire il nostro viaggio”.
Ragazzo, cosa credi di fare?”, disse Ilderan. “Io ero già un Elfo adulto quando tu sei venuto al mondo, so sempre cosa fare, senza i tuoi suggerimenti”.
Legolas e Helkamirië scoppiarono a ridere a quelle parole e, dopo aver salutato Ilderan, montarono a cavallo e si allontanarono di gran carriera.

Il viaggio sarebbe stato piuttosto lungo, tanto più che i due Elfi avevano deciso si percorrere la Via sino a Esgaroth, entrando nella Valle per potersi accertare che gli Uomini non sapessero dei propositi di Thranduil. Apparentemente, essi erano troppo impegnati a ricostruire le proprie case perché avessero avuto sentore di un’altra guerra imminente, e Legolas e Helkamirië ripartirono più sollevati. Ormai erano vicini alle Cascate di Rauros quando fecero uno strano incontro: un gruppo di quattro o cinque soldati di Brand a cavallo, con un prigioniero.
Domando scusa”, disse Legolas a quello che sembrava il capo. “Dove state portando questo ragazzo? Sembra uno dei mercenari di Sauron”.
E’ esatto, mio signore”, disse l’Uomo. “E’ un mercenario di Rhûn, ma non si tratta di un ragazzo: è una fanciulla, tuttavia si rifiuta di dire il suo nome”.
Dove la conducete?”, disse Helkamirië.
A Gondor”, disse l’Uomo. “A Minas Tirith sapranno cosa fare di lei”.
Dovreste darle un cavallo”, disse Legolas. “E’ crudele costringerla a seguirvi a piedi”.
Non abbiamo altri cavalli”, disse l’Uomo. “E nessuno di noi si fida a cavalcare con lei. Siamo rimasti in cinque di una compagnia di dieci uomini; gli altri li ha uccisi lei, tagliando loro la gola nel sonno, prima che ci accorgessimo di cosa stava accadendo, e ha fatto fuggire i cavalli, questi sono gli unici che abbiamo recuperato. No, mio signore: è già troppo averle risparmiato la vita. Camminerà”.
Lascia stare Legolas”, disse Helkamirië. “La cosa non ci riguarda. In fondo merita di essere prigioniera”.
Ma Helkamirië…”.
Andiamo”, disse Helkamirië. “Abbiamo faccende ben più gravi”.
Tu sei Legolas?”, interloquì improvvisamente la prigioniera. “Legolas Verdefoglia, il figlio di Thranduil di Bosco Atro?”.
Esatto”, disse Legolas. “Ma se tu conosci il mio nome, non credi dovresti dirmi il tuo?”.
No, non lo credo”, disse la fanciulla. “Tuttavia te lo dirò ugualmente. Io sono Rhumine la Nera, membro della Gilda degli Assassini dell’Occhio di Fuoco, il corpo d’élite dei mercenari al servizio dell’Oscuro Signore Sauron. E l’Elfo al tuo fianco”, disse fissando Helkamirië, “deve essere Valienna, colei per cui mi trovavo nei pressi di Bosco Atro quando Barad-dûr è caduta”.
Nel sentire tali parole, Legolas divenne livido di rabbia e, sceso da cavallo, si avvicinò a Rhumine puntandole il pugnale alla gola.
Cosa vuoi da Helkamirië?”, disse tra i denti. “Rispondi!”.
La sua bella testolina”, disse Rhumine. “Il mio signore Sauron la voleva per sé; ma la Gilda aveva già deciso che nella remota (apparentemente) possibilità che Egli venisse sconfitto, lei lo avrebbe seguito. Io ero qui in attesa: quando il mio signore è scomparso, io mi sono messa alla sua ricerca per strapparla agli Elfi”.
Legolas sbiancò per la rabbia e avrebbe ucciso la fanciulla se Helkamirië non l’avesse fermato.
Lasciala Legolas”, disse. “Ormai non potrà farmi del male, è una prigioniera. Andiamo via, abbiamo già perso tempo prezioso”.
Legolas rimontò a cavallo, fissando la prigioniera con astio. “Mi assicurerò che tu venga tenuta sotto chiave”, disse allontanandosi. “Non vedrai mai più Helkamirië”.
Non giurarci”, gli urlò dietro Rhumine. “Soltanto la morte potrà farmi desistere”, sussurrò.

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Capitolo 36
*** 35 ***


Pochi giorni dopo lo spiacevole incontro con Rhumine, Legolas e Helkamirië giunsero infine in vista della Bianca Città e prima di sera varcarono i Cancelli. Il Re e la Regina non erano ancora ritornati, tuttavia i due Elfi furono accolti con gioia da Sire Faramir, il nuovo Sovrintendente di Gondor.
Legolas, Dama Helkamirië, cosa vi porta qui?”, disse loro ricevendoli nella Sala del Trono.
Sire Faramir”, disse Helkamirië chinando il capo. “Non temere, non si tratta di nulla di grave. Legolas mi ha accompagnata perché desidero, se possibile, consultare la Biblioteca e l’Archivio della Città. La fama della conoscenza in essi contenuta e nota sino al Reame Boscoso e non ho avuto il tempo di visitarli quando mi trovavo qui”.
Ti capisco, mia signora”, disse Faramir con un sorriso. “Ma non puoi andarci stasera. Sarete stanchi e il Funzionario preposto ha già terminato per oggi”.
Sebbene fossero delusi, gli Elfi non lo diedero a vedere, e parteciparono con gioia alla cena in compagnia dei più alti dignitari di Minas Tirith.

Al mattino, Helkamirië si presentò di buon ora nella Sala del Trono, in attesa che vi giungesse Faramir; Legolas era sparito e la fanciulla prese a camminare su e giù per la stanza, sempre più impaziente. Finalmente Faramir si presentò nella Sala, seguito da un Uomo vestito con la tunica nera e argento dei servi di palazzo.
Dama Helkamirië”, disse. “Sapevo di trovarti qui. Questo che vedi è Bamahir, il Custode del Sapere di Palazzo. Ti condurrà alla Biblioteca e ti aiuterà se necessario”.
Grazie, mio signore Faramir”, disse Helkamirië. “Mi recherò subito lì se non è un problema”.
La fanciulla seguì Bamahir fino ad un’ala poco frequentata, attraverso tortuosi corridoi e infine lungo una ripida scalinata che sembrava voler scendere fino al primo livello della Città. Un pesante portone li attendeva al termine di essa e quando Bamahir lo dischiuse, uno spettacolo impressionante si presentò agli occhi di Helkamirië: file interminabili di scaffali, colmi di volumi, rotoli e pergamene, che sembravano voler toccare il cielo tanto erano alti. L’Uomo si accorse del suo straniamento e le sorrise bonariamente.
Non temere, mia signora”, disse. “So bene che effetto faccia la prima volta, ma se sai già cosa cerchi ti aiuterò volentieri”.
Ti ringrazio Bamahir”, disse Helkamirië. “In effetti cercavo le Leggi di Valinor”.
Leggi di Valinor?”, disse l’Uomo. “Non dovrebbe essere una ricerca molto lunga. Le Leggi, di Valinor o di Gondor che siano, sono custodite in una stanza minore. Seguimi”. Il Funzionario portò Helkamirië in una seconda stanza, piccola se paragonata alla precedente, ma egualmente stracolma di materiale. “Devi sapere, mia signora, che qui a Minas Tirith abbiamo sempre avuto grande considerazione per il sapere, scritto nero su bianco, e questa biblioteca ha continuato a crescere sin da quando Elendil e i suoi figli ne portarono con sé da Numenor il nucleo originario. Tra gli scritti che portarono seco si trovava un nutrito gruppo di leggi: le Leggi di Valinor, appunto, ciò che stai cercando. Ti devo avvertire, però, che esse sono redatte in Valinoreano e…”.
Quenya”, interloquì Helkamirië. “La lingua di cui parli è l’elfico Quenya e io la intendo benissimo, trattandosi della lingua madre dei miei stessi genitori. Mio padre è uno studioso e un ottimo insegnante”.
Ti domando perdono, Dama Helkamirië”, disse Bamahir. “Io non credevo che tu conoscessi tale idioma. Pochi fra gli Uomini e gli Elfi la comprendono. In ogni caso, in questo scaffale troverai tutte le Leggi che cerchi. Io ho del lavoro da svolgere nella stanza principale, ma se hai bisogno di me devi solo chiamarmi”. Bamahir fece per andarsene, poi sembrò ripensarci. “Un’ultima raccomandazione: come puoi vedere la pergamena è molto antica, perciò maneggiala con estrema cura”.
Helkamirië sorrise rassicurante e quando finalmente l’Uomo si allontanò, iniziò la sua ricerca.

Leggendo i manoscritti, Helkamirië si rese conto che sotto la classificazione di ‘leggi’ si trovava in realtà materiale eterogeneo: evidentemente, colui che aveva ordinato quei rotoli non conosceva così bene la lingua di Valinor e aveva identificato come norme anche gli scritti in cui si davano semplici indicazioni, come le prescrizioni per i riti in onore dei Valar o di Iluvatar. Diversi di essi erano redatti in quella che doveva essere la lingua di Numenor, perché si presentava come uno strano miscuglio tra il Quenya e quella che sarebbe poi diventata la Lingua Corrente. I volumi erano davvero numerosi e senza che Helkamirië se ne accorgesse, l’intera giornata era trascorsa.
Mia signora”, disse una voce alle sue spalle.
Bamahir”, disse Helkamirië, “qualcosa non va?”.
Dobbiamo andare”, disse l’Uomo. “Il Sole sta calando e la Biblioteca deve essere chiusa. Sire Faramir ti attende per la cena”.
D’accordo”, disse l’Elfo. “Tornerò domattina”.
Helkamirië seguì Bamahir in silenzio, totalmente immersa nei suoi pensieri, fino alla Sala da Pranzo dove ad attenderla c’erano Faramir e Legolas.
Legolas!”, esclamò. “Dove eri finito? Stamani sei letteralmente scomparso”.
Ti domando scusa, lirimaer”, disse Legolas. “Ho passato tutto il giorno nei pressi del Cancello in attesa che giungessero gli uomini di Brand con Rhumine”.
Oh Legolas, dimenticala”, disse Helkamirië. “E’ prigioniera, non la rivedremo mai più”.
Chi è questa Rhumine?”, chiese Faramir.
Un’assassina”, disse Legolas. “Mercenaria di Rhûn e devota all’Oscuro Signore. È stata catturata da un gruppo di Uomini di Esgaroth che abbiamo incontrato nei pressi delle Cascate di Rauros, diretti qui a Minas Tirith. Ha mostrato di conoscermi e quando le ho chiesto chi fosse, mi ha rivelato senza timore di servire Sauron e che il suo compito è uccidere Helkamirië”.
Posso fare qualcosa?”, disse l’Uomo. “Dimmi Legolas, cosa posso fare per renderti più tranquillo?”.
Assicurami che rimarrà prigioniera”, disse l’Elfo. “Rinchiudila nella più remota prigione della Città e dimentica la sua esistenza. Impedisci a chiunque di provare compassione per lei e falla sorvegliare giorno e notte; da quanto riferito dagli Uomini della Valle, è malvagia e infida e potrebbe dimostrarlo”.
Da come ne parli”, disse Faramir, “sembra che si tratti di un mostro più che di una fanciulla. Tuttavia mi fido del tuo giudizio e se lo ritieni necessario farò ciò che mi hai chiesto”.

Il mattino seguente, Helkamirië tornò alla Biblioteca con Bamahir e accompagnata da Legolas. I due Elfi entrarono nella Stanza Piccola e si misero entrambi al lavoro; apparentemente, i loro sforzi non davano risultati, fin quando Helkamirië non trovò una pergamena diversa dalle altre.
Guarda questo Legolas”, disse. “E’ un documento di chiara fattura elfica, scritto da un certo Voronwë di Avallonë! Questo testo viene dalle Terre Imperiture!”.
Cosa dice?”.
Vediamo…”, disse Helkamirië. “La prima parte non ci interessa, è un breve resoconto dei rapporti intercorrenti tra Elfi e Uomini nei primi anni di Numenor; però questo brano sembra fatto apposta per noi: ‘Agli Eldar, i Valar raccomandarono gli Edain. ‹‹ Perché voi siete i Primogeniti ››, disse Manwë, ‹‹ E giovani sono ancora i Successivi. Essi non comprendono il dono che Iluvatar ha fatto loro, in parte oscuro persino alle Potenze di Arda. Necessitano della vostra guida, e vi accoglieranno, ma ben presto invidieranno la vostra lunga vita; l’invidia li porterà alla collera e la collera li condurrà alla violenza, anche verso gli Eldar. Tuttavia, voi dovrete, in quel frangente, mostrare la saggezza che avete appreso sedendo fra le Potenze in Valinor e che avete trasmesso ai vostri figli e ai figli dei vostri figli. Non cedete alla violenza incontrollata, ma difendete le vostre vite; mai si dica che gli Eldar attacchino gli Edain. Perché essi sono i Successivi e pallidi sono in loro i doni di cui risplendono i Primogeniti ››’. Legolas non trovi che sia perfetto?”.
Si lo è”, disse Legolas. “Ma come possiamo portarla all’attenzione di Thranduil?”.
Non possiamo sottrarla”, disse Helkamirië. “La pergamena è molto antica e se si rovinasse perderemmo un tesoro inestimabile… forse posso copiarla”.
Non funzionerebbe”, disse l’Elfo. “Mio padre crederebbe che sia opera nostra”.
Abbi fiducia”, disse la fanciulla. “Se mi do da fare risulterà identica all’originale, che non assomiglia a nulla che Thranduil abbia mai visto; però si tratterà di un lavoro lungo, non so se hai voglia di aspettare”.
Aspetterò lirimaer”, disse l’Elfo con un sorriso; si mise seduto in un cantuccio, a braccia incrociate, tenendo lo sguardo fisso sulle spalle curve di Helkamirië. L’argento celato nei suoi scuri capelli li faceva risplendere alla luce delle candele e Legolas si sorprese a fissare incantato gli scintillii creati fra essi dalla brillantezza di Elbereth e dal chiarore dei lumi. In quei momenti non potè fare a meno di ringraziare i Valar per la fortuna di aver trovato la fanciulla nella sua vita: credeva che senza il suo appoggio non avrebbe saputo affrontare la situazione creatasi, e oramai non avrebbe potuto fare a meno dell’amore di Helkamirië.
Finalmente, dopo qualche ora, Helkamirië dichiarò di aver terminato e Legolas si avvicinò per vedere il risultato.
Ma sono… identiche”, disse. “Helkamirië, io non riesco più a distinguerle, sei stata bravissima!”.
Ti ringrazio”, disse Helkamirië. “Io so qual è l’originale, la pergamena ha una diversa consistenza e lo sento al tatto. Il problema, adesso, sarà portarla fuori”.
Dalla a me”, disse Legolas. Avvolse su sé stessa la pergamena che Helkamirië gli porgeva e la nascose in una tasca interna della sua casacca, invisibile all’esterno.
Perfetto”, disse Helkamirië. “Ma siamo stati qui per ore, manca ancora qualcosa perché Bamahir non si accorga di nulla”. La fanciulla si avvicinò alla porta d’ingresso e chiamò Bamahir.
Posso aiutarti, mia signora?”, disse l’Uomo.
Lo spero”, disse la fanciulla. “Mi chiedevo se fosse possibile copiare del materiale”.
Purtroppo no”, disse Bamahir. “Esiste ancora un decreto del defunto Sire Denethor che lo impedisce”.
Capisco”, disse Helkamirië. “A questo punto, il mio lavoro è terminato. Ti ringrazio della tua disponibilità, Bamahir. Arrivederci”.
E’ stato un piacere, mia signora”, disse Bamahir. “Arrivederci”.

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Capitolo 37
*** 36 ***


Nonostante Faramir li avesse pregati di rimanere fino al ritorno di Aragorn e Arwen, Legolas e Helkamirië ripartirono l’indomani mattina di buonora. Temevano di arrivare tardi, trovando il loro regno distrutto dalla guerra. Varcando il Cancello di Minas Tirith, incontrarono gli Uomini della Valle che conducevano Rhumine. Legolas le rivolse uno sguardo colmo d’odio e fece per passare oltre, ma la fanciulla si piazzò davanti al suo cavallo.
Credi davvero che basterà una prigione a fermarmi?”, disse.
Ne sono certo”, disse Legolas. “Nessuno è mai fuggito dalle carceri di Minas Tirith. Tu non sarai la prima”.
Oh, lo sarò”, disse Rhumine. “E allora farai meglio a stare in guardia o la tua donna sarà spacciata; anche se dubito che riuscirai a fermarmi”.
Allora lo farò io”, disse Helkamirië. “Ho teso agguati nascondendomi nell’ombra per molte vite mortali; non mi ucciderai in questo modo, e se anche arrivassi a me… non potresti competere con la mia abilità”.
Stupida presuntuosa!”, urlò Rhumine. “Se non fossi legata ti darei una lezione immediatamente!”.
Ti farei slegare”, disse Helkamirië, “ma la morte non sarebbe una punizione. Trascorrerai la tua vita in galera, pagando per le vite dei compagni di questi Uomini e per tutte le altre che hai crudelmente stroncato. Addio Rhumine”.
Senza indugiare oltre, Helkamirië spronò Carnemirië al galoppo, subito imitata da Legolas, ripartendo alla volta di Bosco Atro.

La strada del ritorno li condusse nei pressi di Dol Guldûr, o meglio di ciò che ne rimaneva. Galadriel stessa aveva distrutto le fondamenta della torre e purificato quella parte della foresta che ora si chiamava Eryn Lasgalen, pur se nel cuore degli Elfi sarebbe rimasto ancora a lungo Dol Taur.
E’ meraviglioso poter percorrere nuovamente il Bosco”, disse Legolas. “Presto l’Oscurità lascerà definitivamente questi luoghi che torneranno verdi e luminosi. Sarà compito degli Elfi far sì che ciò accada il prima possibile”.
Potresti guidarli tu”, disse Helkamirië. “Quando sarai il Re”.
Si”, disse l’Elfo. “Potrei”.
Ma non lo farai”, disse Helkamirië. “Perché tu non regnerai su Bosco Atro; ti ho sentito quel giorno alle Case di Guarigione di Minas Tirith: nel tuo cuore si è destato il desiderio del Mare e ciò vuol dire che non troverai più pace nelle foreste”.
Ti dispiace, lirimaer?”, chiese Legolas. “Forse avresti preferito assumere il trono?”.
No, Legolas”, disse Helkamirië. “Non mi è mai piaciuta l’idea di avere potere. Quando mi sono innamorata di te, il fatto che tu fossi il Principe ha soltanto reso inevitabile che ti conoscessi, dato che vivevamo entrambi a palazzo! Ho una sola cosa da chiederti: non partire da solo, portami con te”.
Helkamirië”, disse Legolas. “Ti avrei portata via con la forza se tu non me lo avessi chiesto. Rimani serena, non desidero ancora partire. Voglio aiutare Aragorn fin quando la sua vita terrena non avrà fine. Tu mi dai la serenità che cerco”.

Ben presto giunsero al Reame Boscoso e si diressero subito alla dimora di Helkamirië perché Ëaralad esaminasse lo scritto che portavano con sé. All’interno della casa, però, regnava una strana agitazione.
Helkamirië!”.
Madre”.
Figlia mia”, disse Arelen. “Siete arrivati appena in tempo. Il Re ha convocato il Consiglio di Guerra”.
Cosa?!”, esclamò Legolas. “Ha riunito il Consiglio senza di me? E dov’è Ëaralad?”.
Calmati Legolas”, disse Arelen. “Tuo padre ti ha fatto cercare e noi abbiamo detto che eri fuori con la tua promessa sposa e che ti avremmo avvertito; fortunatamente non ha chiesto di te mentre eravate in viaggio e la nostra casa si trova isolata nel bosco. Il mio sposo è ancora nel suo studio, puoi raggiungerlo”.
Vai Legolas”, disse Helkamirië. “Voi siete l’ultima speranza per il nostro regno”.
Legolas le sorrise nervosamente e si allontanò quasi correndo per raggiungere Ëaralad. Questi era nel suo studio, come aveva detto la sua sposa, e passeggiava avanti e indietro, incapace di trovare una soluzione.
Ëaralad!”, esclamò Legolas, entrando come un fulmine.
Legolas”, disse Ëaralad. “Siete tornati finalmente! Ti prego, dimmi che avete trovato la legge che volevo. Il Consiglio è l’ultima occasione per fermare tuo padre”.
Abbiamo trovato qualcosa”, disse Legolas, porgendogli il rotolo. “Non è esattamente una legge, ma sembra fare al caso nostro. Leggila”.
Ëaralad scorse in fretta le poche righe e un sorriso di compiacimento comparve sul suo volto.
E’ perfetto”, disse. “Io ho ascoltato queste parole del sommo Manwë direttamente dalla sua bocca, ma non osavo sperare che qualcuno le avesse trascritte. Spero di incontrare Voronwë quando tornerò al di là del Mare”.
Legolas ignorò volutamente quell’accenno a una partenza, consapevole di quanto questo avrebbe fatto soffrire Helkamirië. “Andiamo a palazzo”, disse. “Non vorrei che mio padre iniziasse il Consiglio senza di noi”.
Certo hai ragione”, disse Ëaralad. “Anche se non credo che lo farà in assenza del Primo Consigliere”.

Legolas e Ëaralad uscirono in tutta fretta diretti al Palazzo di Thranduil, frementi per il timore che fosse troppo tardi, senza parlare perché qualsiasi parola sarebbe stata vana e carica di preoccupazione. Davanti al Cancello trovarono Ilderan, teso come la corda del suo arco.
Finalmente”, sbottò vedendoli arrivare. “Avete ciò che ci occorre, almeno?”.
Si, è qui”, disse Ëaralad. “Non farci tardare figliolo, dov'è il Re?”.
Venite con me”, disse Ilderan entrando nel Palazzo. “Il Consiglio si è appena riunito e le guardie non vi lascerebbero entrare”.
I tre si incamminarono lungo gli interminabili corridoi della reggia che ora, illuminati solo da strette feritoie e privi di ogni ornamento, avevano un aspetto lugubre e solitario.
Cosa è accaduto alla mia dimora?”, disse Legolas.
Tuo padre vuole una guerra”, disse Ilderan. “E ritiene che ogni oggetto o mobilio non essenziale costituirebbe una distrazione per la sua mente”.
Legolas non rispose, ma il suo viso si era rabbuiato: non credeva, mai aveva creduto che nella sua eterna vita avrebbe dovuto andare contro suo padre. Finalmente raggiunsero la Sala del Consiglio e Ilderan ne spalancò la porta d'ingresso, suscitando l'ira di Thranduil.
Ilderan!”, esclamò il Re. “Cosa significa tutto ciò? Vuoi forse essere destituito dalla tua carica?”.
Ti domando perdono, mio signore”, disse Ilderan. “Purtroppo il mio gesto è stato necessario: due membri eccellenti del Consiglio erano rimasti indietro”.
Perdonaci per il ritardo, padre”, disse Legolas, entrando con Ëaralad. “Potremmo essere aggiornati?”.
Certamente”, disse Thranduil a denti stretti. “Stavamo tentando di stabilire quale sia la strategia d'attacco migliore per infliggere più perdite agli Uomini limitando le nostre”.
Padre, ti prego di ripensarci”, disse Legolas. “E' una follia e...”.
Silenzio!”, esclamò Thranduil. “Legolas da quando sei ritornato non fai che ripetermi di desistere. Comincio a pensare che la tua missione ti abbia condotto ad amare gli Uomini più di quanto dovresti”.
Ti sbagli mio signore”, interloquì Ëaralad. “Legolas segue la condotta che ci richiedono i Valar”.
A quelle parole, nella Sala si levò un fitto brusio che Thranduil zittì con un gesto della mano. “Messere Ëaralad”, disse. “Noi tutti conosciamo le tue origini, ma questo non presuppone che tu sappia in ogni occasione qual è il pensiero dei Signori d'Occidente”.
Non pretendo che mi crediate sulla parola”, disse Ëaralad porgendo la pergamena al Re. “Questo testo è stato redatto da Voronwë di Avallonë in Tol Eressëa. Vi è trascritto il volere di Manwë e la sua parola è legge per noi tutti”.
Thranduil lesse lo scritto e chinò il capo, rimettendolo sul tavolo; sembrava che qualcosa si fosse rotto dentro di lui e quando parlò la sua voce era piatta e incolore.
Potete andare”, disse, senza alzare lo sguardo. “Il Consiglio è sciolto, non ci sarà alcuna guerra. E fate che il Palazzo, ogni cosa, ritorni com'era”.
Gli Elfi presenti lasciarono la Sala con il cuore in tumulto: nonostante all'inizio nessuno di essi approvasse l'idea di invadere e conquistare Esgaroth, il tempo e l'efficacia dialettica del Re li avevano convinti che probabilmente egli era nel giusto, che si trattava di un'azione necessaria al fine di dominare una razza inferiore quale gli Uomini; il turbamento che ora scorgevano sul volto di Thranduil, però, aveva fatto sì che negli animi dei Consiglieri riaffiorasse l'avversione per quella decisione, tramutata in consapevolezza che mitigava la sete di conquista.
Ëaralad uscì per ultimo, lasciando Legolas solo con il proprio padre. Questi levò appena lo sguardo, puntando i penetranti occhi grigi in quelli, identici, del Principe.
Vattene”, disse. “Esci subito di qui”.
Padre”, disse Legolas. “Ti prego, ascoltami”.
Non voglio che tu dica niente”, disse Thranduil. “Desidero solo che mi lasci solo”.
Legolas chinò il capo sconfitto e si rassegnò al fatto che forse suo padre non gli avrebbe più rivolto la parola. “Perdonami”, sussurrò mentre si richiudeva la porta alle spalle.

Uscendo dalla reggia si ritrovo innanzi Helkamirië, la quale gli andò incontro e gli prese le mani nelle proprie: in qualche modo, doveva sapere quali fossero i suoi sentimenti in quel momento, perché non sorrideva e i suoi occhi erano velati di tristezza. Legolas sentì il desiderio impellente di abbracciarla e lei lo strinse a sé, carezzandogli la testa.
Vuoi parlare con me?”, disse.
No”, disse Legolas. “Ora non voglio parlare. Andiamo via, ti prego”.
Helkamirië prese Legolas per mano, conducendolo fino alla propria dimora; davanti all'ingresso, Elennath e Carnemirië sembravano pronti per un lungo viaggio. L'Elfo guardò la sua promessa sposa interrogativamente.
Andiamo via”, disse Helkamirië. “Trascorreremo qualche tempo a Lothlorien, o a Imladris se preferisci. Rimarrò in contatto con mio padre tramite Ilderan e quando le acque si saranno calmate, torneremo”.
Ilderan non può fare la spola”, disse Legolas. “E mia madre non è al corrente di ciò che è accaduto, non posso lasciarla di nuovo”.
Ilderan non è più il capo delle guardie”, disse Helkamirië. “E per quanto riguarda la regina Morwen, mia madre è già andata da lei. Partiamo Legolas. Ti farà bene”.
Mi hai convinto”, disse l'Elfo. “Andiamo a Lothlorien”.
Helkamirië sorrise e si avvicinò a Legolas, posandogli un lieve bacio a fior di labbra. “Quando ritorneremo”, disse, “sarà tutto perfetto”.
I due montarono a cavallo e si allontanarono al galoppo, lasciandosi alle spalle, ancora una volta, gli alberi secolari del loro Bosco Atro.

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Capitolo 38
*** 37 ***


Giunsero a Lorien che ormai l'Inverno era alle porte, accolti dai freddi aliti che spiravano dalle Montagne Nebbiose; il reame di Galadriel era splendido come non mai, nonostante i mellyrn mostrassero già qualche ramo spoglio, e appariva più accogliente, privo di quella stretta sorveglianza che la guerra aveva reso necessaria.
A Caras Galadhon gli Elfi diedero loro il benvenuto intonando canti di gioia e quando Helkamirië si levò il manto, furono letteralmente circondati dai Galadhrim. Fra essi la fanciulla vide un volto noto che riconobbe come quello di Haldir, la sentinella dei Confini Settentrionali.
Haldir!”, esclamò.
Mia signora”, disse l'Elfo accostandosi a lei. “Dunque ricordi ancora il mio nome”.
Potrei forse dimenticarlo?”, disse Helkamirië. “Il nome di colui che mi ha salvato la vita, il mio più caro amico in questo luogo, non lascerà mai la mia mente”.
Ti ringrazio, mia signora”, disse Haldir. “Cosa vi porta a Lothlorien? Volete forse conferire con i Signori?”.
Si, grazie Haldir”, disse Helkamirië. “Potresti portarmi da loro?”.
Seguitemi”, disse l'Elfo, facendosi largo fra la folla.
La Radura della Fontana era esattamente come Helkamirië ricordava, ricoperta di piccoli cristalli di brina che rilucevano al Sole del mattino come una miriade di diamanti. Il mallorn che fungeva da palazzo per Celeborn e Galadriel le sembrò ancora più imponente e per un attimo ebbe la sensazione che crescesse sotto il suo sguardo, fin quando non prese a salirne la scalinata che la riportò alla realtà. Davanti al talan dei Signori esitò qualche momento, incapace di andare oltre.
Qualcosa non va, lirimaer?”, disse Legolas.
Non lo so”, disse Helkamirië. “Non so più se ho fatto la cosa giusta, se sia stato un bene portarti via da Bosco Atro”.
Legolas sorrise rassicurante e le prese la mano. “Ne parleremo più tardi”, disse. “Ora dovremmo entrare, non è cortese che i nostri ospiti debbano aspettarci”.
L'Elfo la trascinò al cospetto di Sire Celeborn e Dama Galadriel, i quali si alzarono andando loro incontro a braccia aperte. La Dama strinse a sé Helkamirië, felice di riaverla nel suo reame.
Helkamirië”, disse. “Quale gioia poter rivedere la tua figura nei campi di Lothlorien”.
Ti ringrazio, mia signora”, disse Helkamirië. “Anche io sono felice di poter rivedere il Reame Beato. E il mio cuore si rallegra di trovarti ancora in questi luoghi. Temevo che avessi già lasciato le Sponde Orientali”.
Resterò”, disse Galadriel. “Tuttavia non so per quanto ancora riuscirò a vivere nella Terra di Mezzo”.
Questo è molto triste”, disse Legolas. “Il Reame Beato non sarà più lo stesso privato della sua Bianca Dama”.
Immagino di no”, disse Galadriel. “Ma non parliamo più di partenze e addii. A cosa dobbiamo la vostra visita?”.
Legolas strinse la mano di Helkamirië per farsi coraggio prima di rispondere. “Abbiamo avuto dei... problemi a Bosco Atro”, disse. “Questo non è il posto adatto per spiegarvi nel dettaglio, speravamo di trascorrere qui qualche tempo”.
Lorien è stata la casa di Helkamirië per diverse vite degli Uomini, Legolas”, disse Celeborn. “E lo sarà di entrambi fin quando lo desidererete”.
Vi ringrazio, miei signori”, disse Legolas. “Ci congediamo”.

Dopo aver salutato Sire Celeborn e Dama Galadriel, Legolas e Helkamirië raggiunsero la piccola radura che la fanciulla aveva scelto come rifugio.
Legolas”, disse Helkamirië; “Per quale motivo hai voluto venire qui?”.
Qui possiamo parlare”, disse Legolas. Esattamente come la prima volta, sedette appoggiando la schiena contro un albero e trascinò Helkamirië con sé, stringendola forte.
Di cosa vuoi parlare?”, disse Helkamirië. “Forse di tuo padre? Non ne abbiamo più fatto cenno dopo quel giorno”.
Lui mi odia, Helkamirië”, disse Legolas. “Non mi perdonerà mai di aver frustrato i suoi progetti di conquista, e certamente mi ritiene un traditore perché ho appoggiato Ëaralad. Inoltre, temo che anche mia madre non abbia apprezzato il mio gesto”.
La Regina Morwen approvava la guerra?”, disse Helkamirië. “Non riesco a immaginarlo, è talmente dolce e gentile”.
No, lei non voleva la guerra”, disse Legolas. “Quando le dissi che avrei cercato un modo per fermare Thranduil, però, lei mi rispose che mio padre avrebbe dovuto rendersi conto da solo del suo errore e che noi non avremmo dovuto interferire per non perdere il suo affetto. Credo di non avere più una famiglia a Bosco Atro, lirimaer”.
Questo non è vero”, disse Helkamirië. “Io non credo che i tuoi genitori possano odiare il loro unico figlio. E se anche fosse, tu hai me: ci sposeremo e avremo dei figli, e sarà quella la tua famiglia”.
Allora sposami”, disse l'Elfo. “Qui nel Reame Beato, subito”.
Subito?!”, esclamò Helkamirië. “Legolas, rifletti: non vorresti che i tuoi genitori fossero presenti? Non fraintendermi, ma aspettiamo almeno di avere notizie da casa, d'accordo?”.
Come vuoi tu, Helkamirië”, disse Legolas. “Però non farmi attendere troppo”.

Il tempo passava sereno nel Reame Beato e ben presto Legolas potè ammirare lo spettacolo che agognava: la Primavera a Lothlorien. Proprio come recitavano i poemi, d'oro erano le foglie di mallorn e d'oro era lastricato il terreno, dal quale spuntavano i fusti degli alberi quali colonne d'argento. Fu in quel periodo sereno che giunse Ilderan da Bosco Atro, portando notizie per il Principe; i Signori lo ricevettero di buon grado e mandarono a chiamare Legolas e Helkamirië, i quali rimasero non poco sorpresi di trovarlo a Lorien.
Mae govannen, Ilderan”, disse Legolas. “Cosa fai tu qui?”.
Porto notizie per entrambi”, disse Ilderan. “Da Thranduil ed Ëaralad”.
Non tenerci sulle spine, fratello”, disse Helkamirië. “I Signori sono come dei genitori per me e la corte non si trova qui, perciò parla liberamente”.
Come desideri, Helkamirië”, disse Ilderan. “Re Thranduil vorrebbe rivedere il suo amato figlio per chiedergli perdono e lasciare a lui il compito di governare Bosco Atro; nostro padre, sorella mia, ti chiede di ritornare perché possiate salutarvi prima che noi tutti partiamo per i Rifugi Oscuri”.
I Rifugi Oscuri? Voi tutti?”, disse Helkamirië. “Vorresti forse dire che mi lasciate qui e tornate all'Ovest? Anche tu che avevi giurato di rimanermi sempre accanto? Sei un bugiardo!”.
Adesso calmati, Helkamirië”, disse Ilderan. “Tu puoi partire con noi se lo desideri; e per quanto riguarda la promessa, non hai più bisogno che io ti stia accanto. C'è Legolas con te”.
Sei uno sciocco Ilderan”, disse Helkamirië. “E' per amore di Legolas che io non partirò, perciò sarò sola nella nostra dimora, proprio ora che stavo per comunicarvi la notizia delle mie nozze! Persino quel giorno non avrò nessuno della mia famiglia”.
Helkamirië noi... non immaginavamo”, disse Ilderan. “Non pensavamo a una tale opportunità”.
Ilderan”, interloquì Legolas. “Non potreste almeno attendere le nozze prima di partire? Se le cose tra me e mio padre si sistemassero al mio ritorno, organizzeremmo subito i preparativi”.
Io aspetterò”, disse Ilderan. “E penso di poter affermare con una certa sicurezza che anche i miei genitori faranno lo stesso”.
Ti ringrazio”, disse Legolas. “Noi prepareremo al più presto il viaggio di ritorno, perciò spero che la vostra attesa non sarà molto lunga. Quando hai intenzione di ripartire?”.
Domani stesso”, disse Ilderan. “Il Re e mio padre attendono delle risposte. Ci rivedremo a Bosco Atro, Legolas”. L'Elfo strinse la mano a Legolas e fece per abbracciare Helkamirië, ma lei si scostò. “Mi dispiace sorella”, disse. “Perdonaci se puoi”.
Quando Ilderan ebbe lasciato il talan, Helkamirië si strinse a Legolas; non riusciva neppure a piangere tanto era intenso il dolore che provava in quel momento, annientata dalla prospettiva di perdere la sua famiglia, da poco ritrovata.

Legolas”, disse Celeborn. “Sono ormai diversi mesi che tu e Helkamirië siete giunti a Lothlorien. Allora dicesti che avevate avuto dei problemi a Bosco Atro, ma non hai rivelato di cosa si trattasse; oggi Ilderan è stato la bocca di tuo padre nel chiederti perdono. Te ne prego, se è in mio potere aiutarvi nel risolvere questi problemi, dimmi di cosa si tratta”.
Legolas strinse maggiormente Helkamirië ma non rispose; allora la fanciulla lo guardò, capendo dai suoi occhi che il dolore era ancora troppo intenso per consentirgli di parlare di Thranduil.
Non è semplice”, disse Helkamirië. “Tenterò di spiegarvi ciò che è accaduto, anche se siamo all'oscuro di molti particolari. Dunque, voi conoscerete la vicenda di Bilbo e della Compagnia dei Nani, che fu la causa della Battaglia dei Cinque Eserciti; Re Thranduil condusse gli Elfi di Bosco Atro alla conquista dei tesori di Erebor, e nonostante avesse riportato un grosso bottino, rimase nel suo cuore un sentimento di insoddisfazione, tanto più profondo in quanto ritenne che gli Uomini della Valle, esseri inferiori, avessero defraudato gli Elfi del loro ruolo nella guerra e dei loro tesori. Questo tarlo ha continuato a rodere la mente di Re Thranduil, specialmente da quando è venuto a conoscenza della vera identità di Aragorn, il Ramingo amico di suo figlio”. Helkamirië fece una pausa per spiare la reazione di Legolas, il quale le sorrise incoraggiandola a proseguire. “Infine, quando Aragorn ha reso manifesta la sua idea di recarsi a Minas Tirith con Boromir il nostro Re ha appreso questa decisione dai messaggeri e ha deciso che quando questi avesse riconquistato il suo trono, avrebbe approfittato dell'amicizia che lo lega a Legolas per ottenere il suo aiuto e conquistare la Valle. Aragorn non sa nulla di questa faccenda e ovviamente avrebbe rifiutato, tanto più che i rappresentanti di Esgaroth erano presenti alla sua incoronazione e hanno pronunciato un giuramento di reciproca fedeltà e amicizia. Questo, però, non ha fermato Thranduil e quando siamo ritornati a casa, stava già elaborando diversi piani d'attacco; eravamo disperati, perché non si riusciva a dissuaderlo, così Ëaralad ci fece ritornare a Minas Tirith per cercare nella Biblioteca della Città una legge o disposizione derivata da Valinor. Fortunatamente siamo entrati in possesso di uno scritto di Voronwë di Avallonë che riportava le parole pronunciate dal sommo Manwë quando affidò gli Edain agli Eldar; lo abbiamo portato a Bosco Atro, fermando il Re, ma la sua reazione nei confronti di Legolas è stata molto dura. È per questo che l'ho portato a Lothlorien, nella speranza che la tranquillità del Reame Beato gli restituisse la serenità”.
Quando ho incontrato Thranduil”, disse Celeborn, “ho avvertito una strana tensione in lui, tuttavia ritenevo che il motivo fosse ben altro; dopotutto, Barad-dûr era crollata soltanto da qualche giorno, così come Dol Guldûr, e noi avevamo appena riconquistato Bosco Atro all'Oscurità. Mai avrei immaginato la vera ragione del suo malessere”.
Mi dispiace di non avervi detto nulla finora”, disse infine Legolas. “Ma per me si trattava di un argomento doloroso e in parte, troppo riservato. Fatico a parlarne persino con Helkamirië che pure è così importante per me”.
Non devi scusarti, Legolas”, disse Galadriel. “Si tratta di tuo padre, nessuno che non abbia provato simili sentimenti può affermare di capirti fino in fondo. Noi siamo felici che le cose siano tornate alla normalità e se la permanenza a Lorien ti è stata d'aiuto, ciò non fa che accrescere la nostra gioia”.
Ti ringrazio, mia signora”, disse Legolas. “Spero che potremo trascorrere ancora del tempo nel tuo regno, in completa tranquillità. Ora sarà meglio che ci occupiamo del nostro viaggio di ritorno. Sire Celeborn, Dama Galadriel, prendiamo congedo”.
Legolas lasciò il talan dei Signori di Lorien stringendo la mano di Helkamirië, felice per la speranza che gli si offriva e impaziente di rivedere i propri genitori.

Helkamirië si ritirò sul suo talan in preda a sentimenti contrastanti: era felice per Legolas e soprattutto perché finalmente avrebbe potuto sposarlo; ma se alla notizia del pentimento di Thranduil aveva pensato che tutto sarebbe stato perfetto, nell'apprendere della partenza dei propri genitori aveva capito che più nulla lo sarebbe stato nella sua vita. Stava sistemando i suoi bagagli per la prossima partenza e lo sguardo le cadde su un piccolo oggetto: una catenina d'argento dalla quale pendeva un piccolo ciondolo di legno di rosa intagliato in forma di niphredil. Non se ne era mai separata perché si trattava di un regalo che Ilderan, già un Elfo adulto, le aveva fatto quando lei era ancora una bambina.

Ilderan, io sono un mostro?”, chiese un piccolo Elfo rivolta a un altro Elfo.
Helkamirië, perché pensi una cosa simile?”, disse Ilderan sedendosi accanto a lei.
Beh, io sono diversa dagli altri Elfi”, disse Helkamirië. “E voi mi costringete a nascondermi se qualcuno che non sia un Eldar si reca a Bosco Atro. Nelle storie che mi racconta nostra madre, i mostri si nascondono nelle loro fortezze perché sono diversi e gli altri li riconoscerebbero”.
E' vero”, disse Ilderan. “Però quando ti narra dei Tempi Remoti, ti racconta anche di Gondolin, e di come gli Elfi di quella città si nascondessero dall'Oscuro Signore. Dimmi Helkamirië: credi che i Noldor abitanti di Gondolin fossero dei mostri?”.
No, affatto”, disse Helkamirië. “Però, io sono diversa da tutti. Sono sola”.
Ti faccio una promessa, sorellina”, disse Ilderan. “Io starò sempre accanto a te, per tutta la vita e non sarai mai sola”.
Lo prometti, Ilderan?”.
Lo prometto”, disse Ilderan. “E ti darò una cosa come pegno della mia promessa”.
L'Elfo mise una mano in tasca, tirandone fuori una collanina d'argento da cui pendeva un ciondolo in legno di rosa intagliato in forma di niphredil, il fiore preferito di Helkamirië.
E' bellissima!”, esclamò Helkamirië. “E' davvero mia, Ilderan?”.
Certamente”, disse Ilderan. “L'ho fatta appositamente per te. Coraggio, girati”.
L'Elfo mise la collana alla bambina che voltandosi si lanciò fra le sue braccia.
Grazie, fratello mio”, disse. “Ti voglio bene”.
Anche io ti voglio bene Helkamirië”.

Helkamirië si riscosse dai ricordi quando Legolas entrò nella stanza; aveva ancora la collana fra le mani.
Un bel gioiello”, disse Legolas.
E' solo il pegno di una promessa”, disse Helkamirië riponendolo.
Stai bene?”.
Si. Dentro di me sapevo che prima o poi sarebbero ritornati a casa. Per me, casa è Bosco Atro; ma per loro non può che essere Valinor. Speravo solo che non partissero così presto”.
Sei stata dura con Ilderan”, disse Legolas accostandosi a lei. “In fondo, la tua famiglia non sapeva delle nostre imminenti nozze”.
Ma non capisci, Legolas?”, disse Helkamirië. “Questo non è un buon motivo per partire, al contrario; essi erano disposti a lasciarmi senza sapere quando ti avrei sposato. Se avessimo deciso che il nostro matrimonio sarebbe stato tra un anno o due, o tra dieci anni, lo avrebbero perso irrimediabilmente e non avevano neanche considerato l'idea, hai sentito Ilderan”.
L'ho sentito”, disse Legolas. “E ho sentito che ti ha praticamente affidata a me, ma tu non ne sembri felice. Tempo fa mi dicesti che se la mia famiglia non mi avesse perdonato, ne avremmo avuto una nostra. Perché per te non può essere lo stesso?”.
Legolas, io ho vissuto per troppo tempo lontana da loro. A causa del malefico influsso che il Nemico esercitava su di me, hanno dovuto allontanarmi, e ora che li avevo ritrovati mi lasciano. So che presto o tardi li raggiungerò, ma nel frattempo sarà difficile se anche mio fratello partirà”.
Legolas abbracciò Helkamirië, carezzandole la schiena. “Lirimaer, posso soltanto immaginare quanto grande sia il tuo dolore; ma io ti starò accanto e non ti farò sentire troppo la loro mancanza. Spero che anche i nostri figli ti daranno conforto... avremo dei figli, vero?”.
Certamente”, disse Helkamirië ridendo. “Grazie Legolas”.

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Capitolo 39
*** 38 ***


Il giorno successivo Ilderan partì diretto a Bosco Atro. Legolas aveva tentato di convincere Helkamirië a parlargli, ma era stato tutto inutile e si era rassegnato; conosceva la sua futura sposa e sapeva che le sue reazioni erano sempre eccessive. In quel momento era arrabbiata con suo fratello e nulla avrebbe smorzato la sua furia consentendole di parlare con lui. Perciò pensò che fosse meglio spiegarlo a Ilderan e lo raggiunse alla Radura della Fontana dove l'Elfo stava bardando il proprio cavallo.
Da quando cavalchi con sella e finimenti?”, disse Legolas.
Da quando questi sono oggetti di rappresentanza, Principino”, disse Ilderan. “Sarai felice per la decisione di tuo padre”.
Ilderan, so che desideri chiedermi di tua sorella, non fingere con me. Purtroppo non è venuta; conosci Helkamirië, le sue sono sempre emozioni estreme. Adesso è arrabbiata e non riesco a farla ragionare, però spero che quando ritorneremo a casa sarà più calma e disposta a parlarvi. Comunque, sì, sono felice per la decisione di mio padre perché mi permette di sposare Helkamirië finalmente”.
Non capisco come avrebbe potuto impedirtelo”, disse Ilderan.
Era tua sorella a impedirmelo”, disse Legolas. “Io volevo sposarla qui, qualche mese fa, ma lei mi ha chiesto di aspettare che giungessero notizie da casa, perché se i miei genitori non fossero stati presenti lo avrei rimpianto forse per sempre. Voleva che quel giorno fosse perfetto”.
E noi abbiamo rovinato tutto”, disse Ilderan. “Non posso biasimarla se adesso è arrabbiata. Si è fatto tardi, devo andare”. Ilderan montò a cavallo e strinse la mano di Legolas. “Vi aspettiamo a casa Principino”.
Lasciando la mano di Legolas, Ilderan fece voltare il cavallo e lo spronò al galoppo, ansioso di riportare le risposte di Legolas e Helkamirië a casa.

Circa una settimana dopo la partenza di Ilderan, anche Legolas e Helkamirië si misero in viaggio verso Eryn Lasgalen. La fanciulla era stranamente silenziosa e cupa, e non parlava se non per dire lo stretto necessario. Percorsero un itinerario diverso dal solito, costeggiando le Hithaiglin, le Montagne Nebbiose, sino alla Via che traversava l'Anduin.
Le Hithaiglin non fanno più così paura”, disse Legolas. “Ormai i pochi Orchi rimasti sono deboli e dispersi senza la guida del loro Oscuro Signore”.
Così sembrerebbe”, disse Helkamirië. “Ma non vanno comunque sottovalutati. Se qualche Uruk-hai di Isengard fosse sopravvissuto potrebbe radunarli e guidarli; le creature di Saruman erano intelligenti, uno di loro a capo dei rimanenti Orchi potrebbe essere una minaccia. Stiamo all'erta fin quando non saremo lontani dalle Montagne”.
Come vuoi Helkamirië”, disse Legolas. “Dopotutto tra pochi giorni raggiungeremo la Via”.
Helkamirië non rispose e Legolas tornò a volgere lo sguardo alla strada davanti a sé; odiava sentirla ragionare a quel modo perché le ricordava il periodo in cui era stata Lumiel, la Fanciulla dell'Ombra, una spietata guardiana del Reame Boscoso. Tuttavia, il fatto che emanasse ancora la luce di Elbereth lo faceva ben sperare dato che all'epoca ne era stata privata dai suoi tristi pensieri.
Al calare del Sole come d'abitudine, Legolas cercò un riparo per trascorrervi la notte, dal momento che vicino alle Montagne la temperatura era ancora molto bassa e trovò una piccola grotta non troppo distante dal sentiero; per loro fortuna l'interno era asciutto e divenne caldo quando l'Elfo accese il fuoco.
Farò io il primo turno di guardia”, disse Helkamirië.
Lo ritieni necessario?”.
Si. Ho una brutta sensazione e non sono affatto tranquilla”.
Allora lo faremo insieme”, disse Legolas. “Tanto non avrei dormito comunque, nemmeno io mi sento al sicuro”.
L'Elfo sedette accanto a lei e le cinse le spalle con un braccio, stringendola a sé; a quel contatto, Helkamirië sembrò rilassarsi e ricambiò l'abbraccio di Legolas.
Ti chiedo scusa, Legolas”, disse in un sussurro.
Perché?”, disse Legolas. “Non hai fatto nulla di male”.
Si invece”, disse Helkamirië. “Sono stata cupa e sgarbata, quasi fossi tu la causa del mio malumore; e mi stavo lasciando condurre di nuovo sul sentiero sbagliato, perciò perdonami e grazie per la tua comprensione”.
Lirimaer non devi ringraziarmi. Tu mi sei stata sempre vicino e mi hai perdonato qualsiasi cosa senza mai pretendere un grazie. Il minimo che potessi fare era comprenderti e... sopportarti per un pò!”.
Sono stata terribile, vero?”.
Già, abbastanza. Da ora in poi non chiuderti in te stessa quando sei arrabbiata: parlane con me e io ti permetterò di sfogarti, sopportandoti”.
Legolas”, disse Helkamirië. “Ti ho mai detto che ti amo?”.
Hm, non saprei”, disse Legolas. “Forse. Non lo dimostri abbastanza però”, disse chinandosi a baciarla.

Nonostante i timori dei due Elfi, la notte passò tranquilla e il viaggio potè proseguire. Helkamirië si dimostrava più allegra e vivace, e sembrava essere tornata la solita. Finalmente, dopo circa dieci giorni di viaggio, giunsero alla Via; avevano proceduto a tappe forzate fino a quel momento, spesso lanciando i cavalli al galoppo dove il terreno lo consentiva, perché entrambi ansiosi di allontanarsi dalle Hithaiglin. Lungo la Via avrebbero potuto procedere con più calma, dato che essa attraversava territori ormai pacifici e passava poco più a sud del Reame Boscoso. Al loro arrivo, Legolas e Helkamirië scorsero delle figure sul sentiero ma, nonostante la vista elfica fosse straordinaria, la scarsa luce del vespro non consentiva loro di identificarle, perciò scesero da cavallo e si avvicinarono cautamente, armi in pugno. Quando furono a un tiro di sasso dalla Via, constatarono con orrore che si trattava di un gruppetto di circa dieci Orchetti, probabilmente fuoriusciti proprio dalle Hithaiglin.
Dai loro atteggiamenti sembrerebbero in caccia”, disse Legolas sottovoce.
In caccia?”, disse Helkamirië con lo stesso tono. “Non oso immaginare cosa siano disposti a catturare; o peggio, cosa desidererebbero catturare”.
Non scherzare, Helkamirië. Dobbiamo decidere cosa fare, non possiamo certo nasconderci tutta la notte, spostandoci in sincrono con i loro movimenti. Senza contare che gli basterebbe spostarsi un poco per notare i cavalli”.
E io mi farei uccidere piuttosto che lasciargli prendere Carnemirië. Attacchiamoli: possiamo eliminarli”.
Non essere avventata”, disse l'Elfo. “Sicuramente siamo entrambi molto abili, ma gli Orchi ci sovrastano di numero”.
Questo non è un problema”, disse Helkamirië. “Lascia fare a Lumiel: ne resteranno la metà”. La fanciulla si avvolse completamente nello scuro manto con la Valacirca e si arrampicò agilmente sugli alberi che li sovrastavano, saltando di ramo in ramo fino a trovarsi praticamente sopra la Via. Posò la faretra contro il tronco e scoccò cinque frecce in rapidissima successione, abbattendo quattro Orchi prima che avessero il tempo di rendersi conto da quale direzione provenissero. Non ebbe modo di rammaricarsi del bersaglio mancato che un nugolo di dardi trafisse i superstiti: Legolas l'aveva seguita, completando il lavoro.
Non ti avevo mai vista mancare il segno”, disse. “Cosa è successo?”.
Non saprei”, disse Helkamirië. “Forse il vento, o l'Orco si è spostato all'ultimo secondo, o semplicemente... mi sono sopravvalutata; non sono abile quanto te con l'arco”.
Legolas le sorrise e tornarono a terra; avevano appena richiamato i cavalli e stavano per ripartire, quando udirono uno scalpiccio di zoccoli avvicinarsi.
Chi può essere?”, disse Helkamirië.
Forse la loro preda”, disse Legolas indicando gli Orchetti. “Queste immonde creature non vanno a cavallo”.
Rimasero immobili in attesa, fin quando da dietro una curva del sentiero spuntò un bianco destriero; il suo cavaliere, però, era coperto dal suo mantello che gli nascondeva anche il viso.
Da quel che vedo”, disse costui. “Devo ringraziarvi: a quanto pare avete sventato un agguato nei miei confronti”.
Chi sei, viandante?”, disse Legolas portando la mano sull'elsa del pugnale.
Non temere, Principe”, disse il cavaliere. “Sono soltanto Glorfindel di Imladris, lascia pure il pugnale nel fodero”.
Nobile Glorfindel”, disse Helkamirië. “Quale gioia rivederti! Cosa ti porta a Oriente delle Montagne?”.
Re Thranduil, mia signora. Devo recapitargli un messaggio di Messere Elrond”.
Unisciti a noi, allora”, disse Legolas. “Noi stiamo ritornando a casa”.
Glorfindel non rispose, ma gli si affiancò e così ripartirono in tre alla volta di Bosco Atro.

Potendo percorrere la Via, il viaggio si concluse nel giro di una settimana, senza incidenti più gravi di un acquazzone primaverile. Helkamirië aveva avuto modo di parlare più volte con Glorfindel, il quale ormai non le serbava più rancore per il suo rifiuto, avendo constatato quanto fosse felice insieme a Legolas. Quando furono a un giorno di cammino da casa, Helkamirië si sentì improvvisamente nervosa e spaventata; si erano fermati per la notte, accampandosi in una piccola radura e Glorfindel, sempre vigile, si era allontanato per perlustrare la zona, mentre Legolas e Helkamirië sedevano nei pressi del fuoco, con la schiena contro il tronco di un albero.
Legolas”, esordì Helkamirië. “Ho paura. Non voglio andare a casa dai miei genitori”.
Di cosa hai paura, lirimaer?”, disse Legolas, sedendosi più vicino a lei.
Di quella casa vuota. So che non lo è ancora, ma non potrò fare a meno di pensare che fra poco tempo non ci vivrà più nessuno. La mia dimora è sempre stata una certezza per me: sapevo che se ne avessi avuto bisogno vi avrei trovato mio padre, mia madre e Ilderan. E presto non ci sarà nessuno di loro”.
Mentre Helkamirië pronunciava queste parole, le lacrime avevano cominciato a rigarle le guance; Legolas la prese in braccio come una bambina e lei nascose il viso contro la sua spalla.
Piangi Helkamirië”, disse l'Elfo. “So che hai cercato di essere forte, ma soffrire non ti rende meno coraggiosa e non è bene tenersi dentro certi dolori”.
Legolas”.
Si?”.
Posso rimanere a palazzo con te?”.
Certamente”.
Legolas la strinse a sé e prese a carezzarle il viso fin quando non si addormentò, di tanto in tanto baciandole teneramente la fronte. Quando Glorfindel tornò dal suo giro di ronda e vide quella scena comprese d'un tratto quanto fosse profondo il sentimento che li univa e il perché del rifiuto di Helkamirië: se lei avesse accettato la sua proposta per paura di soffrire, non ci sarebbe mai stato fra loro un amore così intenso, o peggio lei non lo avrebbe mai amato.

Infine giunsero al Reame Boscoso, accolti sulla soglia delle Sale di Thranduil dai Sovrani stessi e dall'intera corte. Non appena Legolas fu al suo cospetto, la Regina Morwen lo abbracciò commossa, mentre il Re sembrava a disagio: fu suo figlio a toglierlo da ogni impaccio, lasciando la propria madre per stringerlo.
Mi dispiace padre, io...”.
No Legolas, no”, disse Thranduil. “Sono io che devo scusarmi, non tu: non sono stato un buon padre e non merito un figlio come te. Avevi ragione sull'idea di conquistare Esgaroth, hai sempre avuto ragione, anche quando volevi sposare Loth-o-Doltaur”.
Helkamirië”, disse Legolas, facendole cenno di avvicinarsi e prendendole la mano. “La mia futura sposa si chiama Helkamirië. Loth-o-Doltaur è soltanto un titolo; ricordatelo quando vi rivolgerete a lei”.
Helkamirië”, disse Morwen. “Grazie a te, finalmente vedo la felicità sul volto di mio figlio. Niente potrà mai ripagarti di ciò, ma ti prego di accettare un piccolo dono”.
Helkamirië si accorse solo allora che la Regina stringeva qualcosa fra le mani: era un fazzoletto di seta bianca e Morwen lo svolse mostrando un diadema formato di sottilissimi fili di mithril intrecciati innumerevoli volte fra loro, a disegnare un intricato motivo sul capo, e impreziosito da piccolissimi diamanti catturati dalle maglie del metallo, mentre un altro diamante appena più grande ornava la fronte della dama.
E' semplicemente meraviglioso, mia Regina”, disse Helkamirië. “Lo accetto con gioia”.
Io sono Morwen”, disse la Regina. “E lui è Thranduil; non siamo i Sovrani per Legolas e non lo saremo neppure per te”.
Vorremmo che quello fosse il tuo diadema nuziale”, disse Thranduil.
Helkamirië strinse la mano di Legolas voltandosi a guardarlo e l'Elfo le regalò uno dei suoi sorrisi più belli. In quel momento Glorfindel si fece avanti e Re Thranduil si congedò dai suoi ospiti, rientrando nel palazzo assieme a lui. I membri della corte ritornarono alle proprie occupazioni e fu allora che Helkamirië notò fra essi i propri genitori.
Helkamirië, siamo felici di rivederti”, disse Ëaralad.
Anche io lo sono”, disse Helkamirië.
Stiamo tornando a casa”, disse Arelen. “Non vieni con noi?”.
No, io... resterò a palazzo con Legolas, madre”.
Come desideri”, disse Arelen. “Voglio solo che tu sappia che abbiamo deciso di non partire ancora. Lasceremo queste terre insieme a Galadriel, fra poco tempo ma non immediatamente”.
Arrivederci, figlia mia”, disse Ëaralad. “Torneremo a farti visita nei prossimi giorni insieme a Ilderan”.

NdA: Chiedo scusa per il ritardo mostruoso, ma sono stata fuori sede a causa di un matrimonio in famiglia...spero sia valsa la pena di attendere tanto!

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Capitolo 40
*** 39 ***


I giorni successivi videro l'intero reame in agitazione per le imminenti nozze del Principe; ovviamente, gran parte di tale ansia era dovuta al fatto che un Elfo, pur se di nobile stirpe, sposasse una creatura benedetta dai Valar e considerata ancora dai sudditi di Thranduil un essere superiore e alieno a loro.
Inviti alle nozze furono recapitati dai messaggeri ai Regni degli Uomini e ai Reami Elfici di Imladris e Lothlorien, fino al lontano paese dei Periannath; l'unica risposta negativa venne da questi ultimi: in una lettera scritta di suo pugno, Frodo li informava che nel medesimo periodo nella Contea si stavano preparando le nozze di Sam con una fanciulla Hobbit di cui era da sempre innamorato e che tutti loro erano dispiaciuti di non poter essere presenti (in special modo Pipino) ma auguravano tanta felicità agli sposi.
La Regina Morwen aveva pregato Helkamirië di posare per le cucitrici che avrebbero confezionato il suo abito nuziale.
Manca ancora del tempo, Morwen”, obiettò Helkamirië.
Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi, Helkamirië. Legolas è il mio unico figlio e l'erede al trono di Thranduil; ogni cosa deve essere preparata per tempo e minuziosamente: il giorno delle nozze avrete un ulteriore motivo per festeggiare. Il mio sposo rinuncerà al trono in favore di Legolas”.
E Legolas ne è al corrente? Non ha molta voglia di regnare, dovrebbe sapere delle intenzioni di Thranduil”.
Allora gli daremo la notizia immediatamente: è nella sua stanza con le cucitrici, che aspettano anche te. Seguimi”.
La scena che le si presentò non appena varcata la soglia, fece scoppiare a ridere Helkamirië: Legolas era in piedi su uno sgabello, piedi uniti e braccia divaricate, con un'espressione da cane bastonato, mentre le cucitrici gli si affollavano intorno come api su un fiore.
Ridi pure”, le disse guardandola storto. “Hanno quasi finito e poi toccherà a te”.
Scusami Legolas”, disse Helkamirië cercando di trattenere le risate. “Ero venuta a informarti che purtroppo i nostri amici Periain non saranno presenti: a quanto pare abbiamo scelto lo stesso periodo di Sam per sposarci”.
Così il piccolo Sam si sposerà. Pipino sarà andato su tutte le furie sapendo di non poter partecipare alle tue nozze: Merry ti adora, ma lui ti venera addirittura. Credo che si fosse infatuato di te, sai?”.
Dici sul serio? Di certo non sono stata affatto distaccata nei loro confronti, ma li ho trattati come fratelli minori; eppure, il giovane Tuc ha sempre cercato di strapparmi un sorriso, anche nei momenti peggiori della Guerra... forse hai proprio ragione”.
Mia signora Helkamirië”, disse una delle ancelle avvicinandosi. “Abbiamo finito con il Principe, ora dovremmo occuparci di te”.
A quelle parole, Legolas cominciò a ridere e poi a correre per la stanza quando Helkamirië prese a inseguirlo minacciandolo di morte.
Helkamirië, figliola”, disse Morwen fermandola. “Avanti, non intralciare il lavoro di queste poverine, ubbidisci. E tu, Legolas, fuori di qui. Potrai cambiarti d'abito nella stanza accanto e fa' attenzione a non sciupare ciò che indossi”.
Non temere, madre”, disse Legolas baciandola su una guancia. “Non salterà un singolo punto”.
Morwen e Helkamirië lo seguirono con lo sguardo fin quando non fu uscito, ma poi la Regina sembrò ricordarsi del motivo per cui lo aveva cercato e lo seguì. Helkamirië, immobile e docile in piedi sullo sgabello, si ritrovò a pensare che quelli erano i giorni più sereni da quando aveva ritrovato Legolas a Imladris; le rimaneva soltanto una cosa da fare: sistemare le cose con i propri genitori.

Morwen fermò Legolas prima che entrasse nella stanza vicina.
Legolas, aspetta!”.
Madre, qualcosa non va?”.
Devo parlarti. Vieni, entriamo qui”.
Dopo essere entrati, sedettero attorno a un tavolo, uno di fronte all'altra. Morwen si tormentava le mani, ma sembrava non voler parlare e Legolas divenne impaziente.
Avanti, madre”, disse. “Parla, non farmi stare così”.
D'accordo”, disse Morwen. “In realtà volevamo farti una sorpresa, ma Helkamirië ritiene che dovremmo dirtelo adesso, così... ecco, tuo padre vuole cederti il regno il giorno delle tue nozze”.
Morwen sorrideva, ma Legolas non rispose, fissando ostinatamente il tavolo e studiando gli intarsi del legno, percorrendoli con le dita.
Legolas? Non dici nulla?”.
Non posso accettare, madre”, biascicò Legolas. “Io non sarò mai il Re di Dol Taur o Eryn Lasgalen che dir si voglia: non dimorerò a lungo sulle Sponde Orientali”.
Cosa vuoi dire?”.
Ho udito il Richiamo del Mare. Dama Galadriel mi aveva avvertito, ma il viaggio mi ha portato a Pelargir e lì ho sentito i gabbiani e veduto il Mare. Resterò per aiutare il mio popolo e Re Elessar che è mio amico; ma non appena questi lascerà la vita, più nulla mi tratterrà: presto non ci saranno più Luminosi, che stanno già lasciando la Terra di Mezzo, e io riporterò la luce di Helkamirië da dove proviene”.
Dunque le cose stanno così. Ora capisco perchè Helkamirië ha voluto che te ne parlassi: lei è a conoscenza di tutto ciò e non vuole che tu rifiuti la corona davanti all'intero Reame Boscoso. Non è così?”.
Immagino di sì. Desidera che non ci siano incomprensioni tra me e mio padre, lei sa che se succedesse ancora ne soffrirei; mi è stata molto vicina in questi mesi a Lorien”.
Morwen sorrise prendendogli la mano. “Non potresti fare a meno di amarla: è davvero una fanciulla speciale”.
Lo è”.

Passò ancora qualche giorno e come avevano promesso, i genitori di Helkamirië tornarono a palazzo accompagnati da Ilderan; la fanciulla li ricevette di buon grado, desiderosa di appianare i loro problemi.
Sono felice che siate venuti”, disse loro.
Perchè tu non vieni a casa?”, disse Ilderan. “E' così grave ciò che ritieni ti abbiamo fatto?”.
Non è questo il problema, Ilderan”, disse Helkamirië. “La nostra dimora mi fa paura, perchè presto voi non ci sarete più: riesci a immaginarla vuota senza avere i brividi? Diventerà un guscio vuoto, vuoto di tutto l'amore e il calore che mi dava prima. No, io... non posso tornare”.
Vieni con noi Helkamirië”, disse Ëaralad. “Aman è la terra più bella che tu possa immaginare, la amerai subito; e in fondo la tua luce proviene dalle Terre Imperiture, riportala a casa”.
No. Io resterò con Legolas fin quando anch'egli non vorrà partire; capisco che per voi non sia così, ma la mia casa è Dol Taur, io sono nata qui, e in questi luoghi ho vissuto alcuni fra i momenti più belli della mia vita. Non chiedetemi di lasciare tutto”.
Non lo faremo”, disse Arelen. “Vogliamo che tu sia felice e se per esserlo dovrai rimanere, per noi va bene. Dopotutto avresti lasciato comunque la nostra casa dopo le nozze, qualche giorno prima non fa differenza; e comunque, avremo ancora del tempo prima della partenza: saremo felici, e un giorno saremo di nuovo tutti insieme a Valinor”.
Helkamirië abbracciò sua madre, felice. “Grazie madre”, disse. “Riesci sempre a trovare il buono in ogni situazione. Hai ragione, abbiamo ancora del tempo, e poi chissà: le cose cambiano, forse il futuro ci riserva delle sorprese”.

Finalmente giunse il giorno delle nozze e con esso tutti gli invitati anche dai regni più lontani. Elrond giunse da Imladris accompagnato dai propri figli, Elladan ed Elrohir, e da Glorfindel, oltre che da diversi dignitari del suo regno; Celeborn e Galadriel, con il loro seguito, di cui faceva parte su esplicita richiesta di Helkamirië, anche Haldir insieme ai suoi fratelli Rumil e Orophin, avevano percorso la nuova strada che passava attraverso Eryn Lasgalen. Giunsero anche Bard II da Esgaroth e Thorin III da Erebor, scortato da un gruppo di Nani tra i quali figuravano anche Gimli e suo padre Gloin. Eomer, Re del Mark, riportò una delegazione di Nobili Cavalieri di Rohan alle terre da cui provenivano. Perfino Re Elessar e la Regina Arwen si recarono a Bosco Atro, con al seguito l'intera corte di Minas Tirith e di essa facevano parte Faramir e Eowyn, e anche, con grande sorpresa e rammarico degli sposi, Rhumine. Quest'ultima, giunta al loro cospetto si inchinò profondamente.
Principe Legolas, Dama Helkamirië”, disse. “So che ci sono state delle incomprensioni fra noi; tuttavia gli ultimi mesi trascorsi a Minas Tirith mi hanno cambiata e mi hanno fatto comprendere quanto fosse sbagliata la vita che conducevo. Per questo motivo, vi chiedo di perdonarmi, se potete”.
Io ti perdono, Rhumine”, disse Legolas, aiutandola a rialzarsi.
Helkamirië non rispose immediatamente, limitandosi a fissarla in volto. “Credo di poterti concedere il beneficio del dubbio”, disse infine. “Ma ancora non hai il mio perdono, dovrai guadagnartelo”.
Una smorfia di rabbia quasi impercettibile contrasse per un istante il volto di Rhumine, la quale riacquistò subito il suo sangue freddo. “Lo farò”, disse, tornando a sorridere e facendosi da parte mentre Mithrandir si avvicinava agli sposi per salutarli.
Mithrandir!”, esclamò Helkamirië abbracciandolo. “Temevo che il messaggero non fosse riuscito a recapitarti l'invito!”.
Lo Stregone rise, con quella sua risata profonda ma gioiosa, e le prese le mani. “Il poveretto ha dovuto faticare un pò”, disse. “Non per niente voi Elfi mi chiamate il Grigio Pellegrino! Ma, mia benedetta fanciulla, non mi sarei mai perso questo giorno felice”.
Helkamirië sorrise di rimando e Mithrandir la lasciò andando a raggiungere gli altri ospiti, mentre gli sposi si dividevano recandosi ognuno nelle proprie stanze.

Nella sua stanza, Helkamirië trovò la Regina Morwen, se possibile più agitata di lei, che impartiva ordini alle povere ancelle facendole andare avanti e indietro per la camera; non appena vide la sposa, la trascinò davanti allo specchio.
Helkamirië, finalmente!”, disse. “Sei in ritardo, devi prepararti per la cerimonia!”.
Ma Morwen, ho dovuto ricevere i nostri ospiti”.
Tu e Legolas mi farete impazzire!”, sbottò la sovrana. “Non spettava a voi, ma dovete fare sempre di testa vostra!”.
Ti chiedo scusa”, sospirò Helkamirië, per nulla pentita.
Non importa, vieni con me!”.
Morwen trascinò Helkamirië nella stanza da bagno, dove la grande vasca intagliata nella pietra era stata riempita d'acqua bollente la cui superficie era cosparsa di petali di niphredil; le ancelle la aiutarono a togliersi i vestiti e a lavarsi, dopodichè la ricondussero nella stanza da letto. Le fecero indossare il suo abito nuziale, una semplicissima veste di seta bianca con i bordi ricamati d'argento e trattenuta da una preziosa cintura di mithril alla vita. Una delle ancelle le acconciò i capelli, ma Morwen insistette per porle il diadema sul capo, uscendo subito dopo con una fretta sospetta.
La Regina rientrò poco dopo trascinando Legolas che continuava a ripeterle di voler vedere la sua Helkamirië solo davanti al cerimoniere, ma Morwen lo spinse nella stanza.
Devi essere tu a metterle il tuo dono”, disse.
Legolas si avvicinò allo specchio e Helkamirië guardò la sua immagine riflessa, sorprendendosi di vedere le guance dell'Elfo arrossire; gli sorrise incoraggiante e sollevò i capelli perchè Legolas potesse darle il suo dono, una collana d'argento con appeso un fiore di niphredil in filigrana d'argento con un diamante al centro.
Grazie Legolas”, disse Helkamirië. “Anche io ho qualcosa per te”.
Voltandosi verso Legolas, Helkamirië gli mise al dito un anello d'argento, decorato con l'incisione di una freccia che trafigge uno smeraldo inciso in forma di cristallo di neve. I due Elfi si strinsero le mani, scambiandosi uno sguardo colmo d'amore e Legolas fece per chinarsi a baciare Helkamirië quando fu bruscamente interrotto da Morwen.
Fermo Legolas!”, esclamò. “Vai subito a finire di prepararti, la cerimonia si svolgerà a breve, e queste povere fanciulle devono finire di sistemare la tua futura sposa”.

Il matrimonio ebbe luogo nel pomeriggio, all'interno delle Sale di Thranduil e alla presenza di tutti gli ospiti stranieri, nonché di gran parte della popolazione del Reame Boscoso. Legolas e Helkamirië vi giunsero insieme, camminando affiancati e quando furono di fronte al cerimoniere, Ëaralad si fece avanti giungendo le mani di sua figlia con quelle del Principe, mentre Arelen li guardava felice.
Quando la cerimonia ebbe fine, la Dama si precipitò ad abbracciare sua figlia, ridendo e piangendo allo stesso tempo, mentre Ëaralad e Ilderan la guardavano commossi.
Mia piccola gwilwileth, come abbiamo potuto pensare di partire prima di aver assistito a questo momento?”, disse baciandole la fronte. “Avrei rimpianto per l'eternità il fatto di non aver visto la felicità che finalmente alberga nei tuoi occhi. È evidente che finora non eri completamente serena”.
Grazie madre”, disse Helkamirië ricambiando l'abbraccio. “Ma non devi temere: sono sempre stata molto felice, eccetto qualche periodo; eppure niente è paragonabile a questo giorno”.

Dopo il rito, tutti gli ospiti furono invitati a partecipare ad un ricevimento che si sarebbe tenuto data la stagione mite, nel grande giardino del Re. Legolas, sebbene restio a occuparsi di altre faccende, su richiesta di Helkamirië cercò Faramir perchè gli spiegasse la liberazione di Rhumine. Il Signore dell'Ithilien si trovava in disparte assieme ad Aragorn, ed entrambi gli sorrisero nel vederlo avvicinarsi.
Legolas!”, lo chiamò Aragorn. “Stavo per venire a cercarti: volevo farti di persona le mie congratulazioni. Infine anche tu hai trovato la tua serenità”.
Si, è così”, disse Legolas. “In tutta la mia lunga vita non sono mai stato tanto felice e appagato”. Guardando Faramir sospirò. “Eppure proprio Helkamirië mi ha spinto a cercarti, Faramir; vuole sapere perchè Rhumine non si trova nelle prigioni di Minas Tirith”.
Lei fa parte della mia corte, Legolas”, disse Aragorn. “Non c'era motivo perchè non venisse al matrimonio. So che era stata mandata per uccidere Helkamirië; eppure si dichiara pentita delle sue intenzioni e io voglio crederle”.
Al suo ritorno a Minas Tirith, Aragorn ha graziato i prigionieri”, interloquì Faramir, “a patto che aiutassero a ricostruire la Città e sotto stretta sorveglianza. Tutti loro hanno accettato, come era da immaginarsi, e io non avevo nessuna autorità per impedire la scarcerazione di Rhumine. In un primo momento, pur lavorando anche più degli altri, si mostrava sprezzante e ingrata verso chi le mostrava gentilezza; con il passare del tempo, però, è cambiata e il suo cuore è mutato improvvisamente: è diventata la Rhumine che noi conosciamo, buona e dolce. Io non credo che tu debba temere ancora per la vita di Helkamirië”.
Lo spero per lei”, disse Legolas. “Se torcesse anche un solo capello di Helkamirië, la aspetterebbero le prigioni di Thranduil e il Sole tornerebbe a scaldare solo il suo cadavere. Soltanto da morta lascerebbe la loro oscurità”.
Non ti sembra di esagerare?”, disse Aragorn.
Al contrario”, disse l'Elfo. “Helkamirië ora fa parte della famiglia reale e la pena per chi attenta alla vita di un membro di essa è la morte”, disse allontanandosi.

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Capitolo 41
*** 40 ***


Dopo il matrimonio il tempo trascorse velocemente e nella Primavera successiva Helkamirië diede alla luce due gemelli, un maschio e una femmina, fatto alquanto insolito; era quantomeno raro che dopo così poco tempo un matrimonio fra Eldar fosse allietato dalla nascita di eredi. I bambini assomigliavano moltissimo a Legolas di cui avevano i capelli dorati e gli occhi grigi, ma qualcosa apparteneva alla madre: entrambi avevano una ciocca di capelli di diverso colore, la femmina scura come la notte e il maschio del colore dell'argento più puro.
Helkamirië, però, dovette ben presto fare i conti con un grande dolore: Messer Ëaralad e Dama Arelen decisero di partire dai Porti Grigi. Un giorno, sul finire della Primavera, si recarono a Palazzo, a cercare Helkamirië: questa si trovava assieme a Legolas nella stanza dei propri figli e li accolse felice, ma subito cambiò atteggiamento vedendo la loro espressione.
Padre, madre”, disse. “Qualcosa non va?”.
E' giunto il momento, Helkamirië”, disse Ëaralad.
Il momento per cosa, padre?”, disse Helkamirië pur temendo di conoscere la risposta.
Stiamo lasciando la Terra di Mezzo, figlia mia”, disse Arelen. “Partiamo ora diretti a Lothlorien, dove dimoreremo con Dama Galadriel per poco tempo, dopodichè assieme a lei raggiungeremo Imladris; quando anche Elrond Peredhel sarà pronto, ci dirigeremo ai Porti Grigi, dove una nave ci attende per riportarci a casa”.
Ma... ora ci sono Amrod e Anië”, sussurrò Helkamirië. “Non desiderate veder crescere i miei figli?”.
Helkamirië”, disse Ëaralad. “Noi amiamo profondamente i nostri nipoti, ma essi non hanno bisogno di noi. Tu sola avevi necessità di avere accanto i tuoi genitori, e noi ti siamo stati vicino e ti abbiamo amata oltre ogni dire; la somma Varda ti ha concesso un dono, ma questo doveva essere condiviso con tutti gli Elfi e i Popoli Liberi della Terra di Mezzo, perciò non ti abbiamo riportata a Occidente quando il Nemico ha mostrato di volerti per sé. Tuttavia, da tempo i nostri cuori bramano ritornare a Valinor e ora possiamo seguirli perchè ti lasciamo in mani sicure: Legolas ti ama e sappiamo che ti proteggerà”.
E un giorno”, interloquì Legolas, “riporterò Helkamirië al di là del Mare”.
Ne siamo felici Legolas”, disse Ëaralad. Volgendosi verso Helkamirië le prese le mani. “Non essere troppo triste: la nostra separazione durerà meno di quando ti mandammo a Lothlorien, e poi questa volta ci sarà anche Ilderan con te”.
Ilderan?!”, esclamò Helkamirië. “Mio fratello rimane a Eryn Lasgalen? Quale gioia inattesa!”.
Ilderan rimane per Anië e Amrod”, disse Arelen. “Oltre che per te naturalmente. Dice di non poter più fare a meno dei suoi nipoti, ma non credo che sarebbe mai partito senza la sua sorellina, anche se loro non fossero nati ancora... Dobbiamo andare, mia piccola gwilwileth”, disse Arelen abbracciandola. Helkamirië si lasciò cullare fra le sue braccia, poi salutò suo padre, abbracciandolo stretto. La loro separazione fu triste, ma un barlume di gioia rimaneva: Ilderan non sarebbe partito e Helkamirië nutriva grande fiducia nella capacità di scrutare nei tempi a venire che suo padre possedeva.
Messer Ëaralad e Dama Arelen partirono il giorno seguente per Lothlorien e raggiunsero i Rifugi Oscuri al volgere dell'Autunno. Insieme agli Elfi partivano i Portatori dell'Anello, Frodo e Bilbo Baggins, e Mithrandir, il Grigio Pellegrino, giunto ormai al termine delle sue fatiche.

Trascorsero altri venti anni degli Uomini, senza che nulla turbasse la pace del Reame Boscoso. Legolas aveva portato alcuni Elfi Silvani a vivere nell'Ithilien perchè ponessero rimedio alle malefatte degli Orchi in quella terra, e Helkamirië lo aveva raggiunto non appena Amrod e Anië furono abbastanza cresciuti per intraprendere un così lungo viaggio. Gli Elfi si erano stabiliti nei boschi nei pressi di Henneth Annûn, e Legolas e Helkamirië erano diventati i Signori di Taur-en-Ithil, dove avevano costruito una residenza simile alle Sale di Thranduil, sebbene i loro sudditi vivessero in strutture affini ai telain di Lothlorien. Essi si recavano spesso a far visita a Sire Faramir e Dama Eowyn, Signori d'Ithilien, e qualche volta viaggiavano fino a Minas Tirith, accolti con gioia dai Sovrani di Gondor. Loro stessi a volte, ricevevano in casa loro Rhumine, la quale tentava in tutti i modi di conquistare la fiducia di Helkamirië, ma con scarsi risultati. Un giorno, Legolas le chiese il motivo di tanta diffidenza, avendo notato la frustrazione di Rhumine dopo l'ennesima visita.
Helkamirië perchè sei cosi dura con Rhumine?”, disse Legolas.
E' il trattamento che merita”, disse Helkamirië. “Tu davvero l'hai perdonata? Davvero hai dimenticato che era stata mandata per uccidermi?”.
No, non l'ho dimenticato”, disse l'Elfo. “E io non l'ho ancora perdonata, ma ci sto provando: Aragorn si fida di lei, almeno apparentemente, e per questo voglio farlo anch'io”.
Non farlo”, disse Helkamirië. “Lei tenta di raggirarvi, ma so per certo che neanche Arwen si fida di lei e non voleva che entrasse a far parte della corte. Forse prima o poi anche io potrò darle fiducia, ma ancora scorgo una luce che non mi piace nei suoi occhi. Non affiderei la mia vita a lei”.
Aragorn le ha dato fiducia”, disse Legolas. “Forse non si fida ancora, ma ci sta provando e io lo conosco: difficilmente sbaglia nei suoi giudizi; Rhumine sembra davvero cambiata, è più dolce e gentile e non più arrabbiata con il mondo intero come quando la conoscemmo”.
E' soltanto cresciuta”, disse Helkamirië. “Lei non appartiene alla nostra stirpe, né tantomeno a quella dei Dunedain. Gli anni trascorsi dal nostro matrimonio per noi sono nulla, per i Dunedain un breve lasso di tempo, ma per gli Uomini comuni essi rappresentano buona parte della vita, anche se Rhumine si dimostra più longeva rispetto agli altri della sua stirpe; forse infine ella ha compreso il suo errore, ma sento che in fondo rimpiange la sua vita precedente e questo mi trattiene dal fidarmi di lei”.
Ti capisco, Helkamirië”, disse Legolas. “E capisco anche cosa vuoi dire, ma non credo che dopo tutto questo tempo Rhumine nutra ancora desiderio di ucciderti; forse non è mai stato il suo volere ma soltanto un ordine ricevuto. Quando l'ho incontrata la prima volta, era feroce ma perchè arrabbiata: odiava il mondo intero e tutte le creature che lo abitano. Questo ho visto nei suoi occhi”.
Voglio fidarmi della tua capacità di scrutare gli animi”, sospirò Helkamirië. “Tuttavia sarò molto cauta”.

Dopo averne discusso con Legolas, Helkamirië tentò di mostrarsi meno ostile nei confronti di Rhumine, la quale sembrò apprezzare il gesto, tanto da intensificare le visite a Taur-en-Ithil. Anië e Amrod si erano affezionati a lei, soprattutto la bambina che non perdeva occasione per trascorrere del tempo con la donna, che non finiva mai di stupirsi del loro aspetto.
Sono davvero dei bambini bellissimi”, disse un giorno a Helkamirië. “Non trovo parole che li descrivano”.
Assomigliano al loro padre”, disse Helkamirië. “In tutto, salvo quella ciocca di diverso colore: quella mi appartiene”.
C'è una cosa che non capisco”, disse Rhumine. “Se non sbaglio, essi sono nati la Primavera successiva al vostro matrimonio, vale a dire venti anni fa per gli Uomini. Come è possibile che siano così piccoli? Se fossero figli degli Uomini non avrebbero più di due anni”.
E' semplice Rhumine”, disse l'Elfo. “La nostra vita è molto lunga, più di quella di molti esseri che camminano su questa terra. Ne consegue che la crescita dei nostri figli non può che essere molto lenta, ma non quanto potresti pensare”.
Mentre parlavano, Amrod si avvicinò a loro e Rhumine fece per prenderlo in braccio, ma il piccolo Elfo si scostò tendendo le manine verso la propria madre: Helkamirië lo sollevò fra le braccia e il bimbo abbandonò la testa sulla sua spalla, lasciandosi cullare.
Non prendertela Rhumine”, disse Helkamirië. “Questo è un lato del carattere che Amrod non ha preso da Legolas. Come me, impiega del tempo a fidarsi delle persone; Anië invece, condivide con suo padre una sorta di ingenuità: preferiscono rimanere scottati dal tradimento che negare la propria amicizia. Anche se a essere sinceri, difficilmente Legolas sbaglia nel giudicare i caratteri delle persone”.
Legolas è straordinario”, disse Rhumine. “In effetti, all'inizio i nostri rapporti sono stati un po' burrascosi, ma adesso è molto buono con me. Tu sei proprio fortunata; possiede un cuore gentile e la forza dei veri guerrieri, e cosa più importante, ti ama più della sua stessa vita, tanto da formare una famiglia con te. Devo confessarti che ti invidio molto”. Mentre pronunciava queste ultime parole, sembrò a Helkamirië che un guizzo d'odio passasse nei suoi occhi, subito abilmente dissimulato. L'Elfo la fissò stupita, incapace di rispondere: cominciava a temere di avere capito il motivo dell'astio che, ne era certa, Rhumine nutriva per lei. Questa dal canto suo, ne ricambiava lo sguardo, senza apparentemente conoscere la causa del suo silenzio.
Helkamirië, qualcosa non va?”, chiese. “Spero di non averti turbata con le mie parole”.
No, affatto”, disse Helkamirië. “Ci riflettevo soltanto. Ti fermi con noi per la notte?”.
Ti ringrazio, ma devo rifiutare”, disse la donna. “Domani è richiesta la mia presenza dal nostro Re. Giungerà una delegazione dal mio paese e Re Elessar vuole che io assista all'incontro: intende trattare la pace e spera che vedendomi gli ambasciatori siano più ben disposti. Non temere, questa notte c'è Luna piena, nulla potrà sorprendermi”.
Questo lo so”, disse Helkamirië. “Come so che sai badare a te stessa. Spero che le trattative abbiano buon fine, soprattutto per te”.
Lo spero anch'io”, disse Rhumine avviandosi verso la porta. “Buonanotte, Helkamirië”.

Rhumine attendeva nell'atrio che il suo cavallo fosse preparato, quando giunse Legolas. Portava l'arco e il pugnale bianco e vestiva in modo non dissimile da quando era partito con la Compagnia. Vedendola, le andò incontro sorridendo.
Rhumine, buonasera”, disse. “Sei venuta a trovare Helkamirië? Deve essere nelle sue stanze con i nostri figli”.
Buonasera Legolas”, disse Rhumine. “In realtà ho trascorso nella tua dimora tutto il giorno e la scorsa notte: sono giunta qui ieri, a pomeriggio inoltrato, ma tu non eri qui”.
Faccende urgenti richiedevano la mia presenza”, disse Legolas. “Le guardie dei confini esterni mi hanno informato di strani movimenti nella regione, qualche giorno fa e ho voluto verificare di persona”.
E hai scoperto qualcosa?”, disse Rhumine, stranamente nervosa.
In realtà, ho trovato degli Uomini”, disse Legolas. “Però non sono riuscito a fermarli. Sembravano conoscere molto bene il territorio, infatti sono riusciti a farmi perdere le loro tracce, ma tornerò a cercarli”.
Perchè mai?”, disse Rhumine. Era agitata e si torceva le mani, e questo non era da lei. “In fondo potrebbe trattarsi di una carovana di passaggio”.
Non portavano molto bagaglio, e poi le carovane non viaggiano di notte, nascondendosi fra gli alberi o le rocce”, disse l'Elfo. “Sembra che la cosa ti turbi parecchio”.
No, soltanto vorrei sapere cosa mi aspetta”, disse Rhumine. “Devo partire subito, per raggiungere la dimora di Sire Faramir e Dama Eowyn: domani vi si terrà una trattativa a cui non posso mancare. Buonanotte Legolas, hanno portato il mio cavallo, devo andare”.
Rhumine si allontanò a passo svelto e in groppa al suo nero destriero cavalcò via nella notte.

Dopo aver salutato Rhumine, Legolas raggiunse Helkamirië nella loro stanza. Vedendolo, la fanciulla si alzò per andargli incontro, ma i suoi figli furono più veloci. Legolas li sollevò entrambi fra le braccia, baciandoli sulla fronte.
Ada, dove sei stato?”, chiese Amrod.
Ci sei mancato”, rimbeccò Anië.
Lo so, piccoli miei, mi siete mancati anche voi”, disse Legolas. “E mi è mancata anche vostra madre”, disse sporgendosi a baciare Helkamirië.
Anië, Amrod, lasciate in pace vostro padre”, disse Helkamirië prendendo Anië dalle braccia di Legolas. “Sarà molto stanco, lasciate che riposi”.
No, Helkamirië, non preoccuparti”, disse Legolas. “Sediamoci piuttosto, voglio parlarti delle mie indagini”.
Certo. Cosa sai dirmi?”.
Gli strani movimenti che Ilderan ha notato ci sono davvero. Si tratta di Uomini: li abbiamo seguiti per due giorni senza riuscire a raggiungerli e alla fine li abbiamo persi non lontano da qui, nei pressi di Henneth Annûn. In mezzo alle rocce abbiamo perso le tracce, ma erano nascosti, infatti ci hanno tirato addosso”.
Vi hanno feriti?”, chiese Helkamirië guardandolo da capo a piedi.
Ilderan sta bene, io ho solo una ferita superficiale, non temere. Domani dovremo uscire di nuovo, sono troppo vicini per lasciar correre”.
Posso venire con voi?”.
No, Helkamirië, è pericoloso”.
La richiesta di Helkamirië e il rifiuto di Legolas diedero il via a un lungo battibecco durante il quale entrambi tentavano di prevalere con le proprie ragioni. In tutto questo, i bambini non si erano mossi, né avevano proferito parola: Anië aveva continuato a intrecciare i suoi capelli con quelli lunghissimi della madre e si era addormentata dopo un po', ben presto seguita da Amrod. Legolas e Helkamirië continuarono ancora a discutere, fin quando la fanciulla ottenne di uscire con il suo sposo, a patto, però, che rientrasse al minimo segnale di pericolo.
C'è una cosa che non ti ho detto a proposito di quegli Uomini”, disse d'un tratto Legolas. “Quando li ho visti, ho trovato familiare la foggia dei loro abiti, ma in un primo momento non capivo cosa o chi mi ricordassero. Soltanto stasera, rientrando, ho capito: vestivano come Rhumine quando la incontrammo la prima volta. Credo che anche loro vengano da Rhûn”.
Forse potremmo chiederle aiuto”.
No, non possiamo. Odio doverlo dire, ma credo che tu avessi ragione: non è affatto cambiata e tradirà la fiducia di Aragorn”.
Come fai a dirlo?”.
Le ho accennato il motivo della mia assenza ed è diventata improvvisamente nervosa... troppo nervosa; si torceva le mani addirittura, e sappiamo che difficilmente perde il suo sangue freddo. Forse dovrei raggiungere Faramir e informarlo, Rhumine mi ha detto che era diretta lì per delle trattative. Tu ne sai qualcosa?”.
Si. Rhumine mi ha detto che domani dovrà affiancare Aragorn per trattare la pace con il suo popolo. In effetti, non credo che dobbiamo temere per il momento: è troppo furba per attaccare adesso, se è ciò che vuole fare. Aspetterà di aver conquistato totalmente la fiducia dei Sovrani e quando essi meno se lo aspetteranno, ella colpirà. Ma cosa possiamo fare?”.
E' troppo presto per parlarne con Aragorn o Faramir”, disse Legolas pensieroso. “Purtroppo non abbiamo prove, e non possiamo accusare Rhumine soltanto perchè è diventata nervosa sentendo parlare di strani movimenti nella regione. Dovremo indagare per conto nostro, almeno per un po' e vedere se riusciamo a scoprire qualcosa”.
Dovremo prestare attenzione a ogni dettaglio”, disse Helkamirië mentre disfaceva le trecce di Anië. “Io ho notato una cosa, ma non so se sia importante. Rhumine si ferma volentieri a dormire qui, ma non se c'è Luna piena; quando la notte è illuminata dalla Bianca Isola, ella si allontana sempre, dicendo di recarsi presso Sire Faramir e Dama Eowyn. Non mi sono mai preoccupata di controllare che direzione prenda quando lascia il nostro reame, ma forse quando accadrà di nuovo dovremmo farlo”.
Sono d'accordo con te”, disse Legolas. “Controlleremo i movimenti di Rhumine e indagheremo sul suo conto a Minas Tirith; non appena ne sapremo di più parlerò con Aragorn”.
C'è un'altra cosa”, disse Helkamirië. “Credo che si sia infatuata di te”.
Cosa?!”, esclamò Legolas, mentre sul suo viso si dipingeva un'espressione stranita.
Legolas sei ridicolo!”, scoppiò a ridere Helkamirië, tentando di trattenersi per non svegliare Anië che si agitava fra le sue braccia.
Beh, cosa credevi?”, disse Legolas contrariato. “Non mi hai detto una cosa che succede tutti i giorni. Tu sei stata l'unica ad avermi amato”.
Dimentichi la povera Firiel. E poi ho detto infatuata, non innamorata”, disse Helkamirië. “E molte fanciulle a Dol Taur erano infatuate del bel Principe, più di quante credi”.
Spero che ti sbagli su Rhumine. Non desidero le attenzioni di un essere tanto spregevole da tradire chi le offre amicizia e gentilezza”.
Forse mi sbaglio. Vieni, mettiamo i bambini nei loro letti”.

Più tardi, Helkamirië volle a tutti i costi esaminare la ferita riportata da Legolas durante la perlustrazione: in effetti, non era profonda ma nemmeno tanto superficiale.
Legolas!”, esclamò Helkamirië. “Quante volte ti ho detto di non nascondermi le ferite?”.
E' solo un graffio, lirimaer”, disse Legolas sorridendo.
Questo non è vero e chiunque l'abbia medicata non è stato capace di pulirla come si deve. Non ti muovere”. Helkamirië si avvicinò al catino che teneva vicino alla finestra, alla luce del Sole e della Luna, si lavò accuratamente le mani, cambiò l'acqua e lo portò vicino al letto, dove sedeva Legolas. Prese dalla sacca dei medicamenti delle foglie di athelas, le gettò nell'acqua e la usò per lavare la ferita con l'ausilio di una spugna. Quando ebbe finito, prese diversi tipi di erbe e le applicò per medicare il taglio che fasciò accuratamente con bende pulite.
Ho finito”, disse Helkamirië. “Adesso potrà guarire. Mi dici chi ti aveva medicato?”.
Tuo fratello”.
Dovevo immaginarlo. Ilderan è sempre stato negato per la medicina, ma siccome non vuole ammetterlo insiste nel fare di testa sua e si improvvisa guaritore”.
La prossima volta non gli permetterò di toccarmi”, disse Legolas sorridendo. “Se è così pessimo come dici potrebbe uccidermi!”.
Helkamirië scoppiò a ridere imitata da Legolas e lo abbracciò, carezzandogli delicatamente il petto là dove era stato ferito.
Senti dolore?”, chiese alzando il volto verso il suo.
No, lirimaer”, disse Legolas, stringendola a sé. “Non stare in pena, mi sento bene. Tu sei un'ottima guaritrice questa ferita non tarderà a rimarginarsi”. Legolas la guardò intensamente e comprese che c'era dell'altro. “Helkamirië devi dirmi qualcosa?”.
Helkamirië era titubante, ma rispose ugualmente. “Speravo che anche questa volta non avessi sbagliato nel giudicare il cuore di un Uomo. Ma evidentemente, Rhumine è troppo falsa e ambigua per essere compresa”.
Immagino che sia così”, disse Legolas. “Non pensare più a lei! Riposiamo piuttosto: all'alba, Ilderan ci aspetta per il giro di perlustrazione”.

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Capitolo 42
*** 41 ***


Rhumine uscì dai confini del reame di Legolas e Helkamirië con la mente turbata da molteplici pensieri. Non poteva permettere che il suo piano venisse rovinato proprio adesso: da anni ormai progettava la rovina di Gondor e niente avrebbe dovuto interferire, niente e nessuno.
Non appena fu certa di non essere vista dalle sentinelle elfiche, cambiò direzione: invece di dirigersi a sud, verso la dimora di Sire Faramir e Dama Eowyn, spronò il suo destriero, Smaug, verso est, per raggiungere quella che un tempo era la Valle di Morgûl. La Luna era alta e doveva essere all'incirca mezzanotte quando raggiunse la sua destinazione. Fermò il cavallo prima che si addentrasse nella valle e lanciò un richiamo stridulo e prolungato, rimanendo in ascolto: dopo un tempo che a lei sembrò interminabile, le giunse in risposta un suono simile ma più profondo, seguito da un gruppo di Uomini di Rhûn. Solo allora smontò da cavallo, avvicinandosi al capo di quegli Uomini.
Rhumine, è molto tempo che non ci vediamo”, disse questi levandosi il cappuccio. “Che notizie mi porti, figlia mia?”.
Temo che gli Elfi vi abbiano scoperti, padre”, disse Rhumine. “E i loro Signori non sono da sottovalutare, non cederanno fin quando non avranno chiarito la faccenda”.
Purtroppo ci hanno visti e siamo stati costretti ad attaccarli per avere il tempo di far perdere le nostre tracce”, disse l'Uomo. “Tu li conosci: ritieni che questo sarà di impedimento per la realizzazione del nostro piano?”.
Temo di si, padre”, disse la donna. “La Dama di Taur-en-Ithil è la stessa Valienna che fui mandata a uccidere, ed ella non ha mai avuto fiducia in me; negli ultimi tempi sembrava disposta a concedermi la sua amicizia, ma penso che adesso sarà più sospettosa di prima: uno degli Elfi che vi seguivano è il suo sposo, Legolas Verdefoglia del Reame Boscoso. Se egli vi ha visti, non si fideranno più di me”.
Perciò, ritieni non sia saggio attaccare domani?”.
Attaccare domani significherebbe la nostra rovina. Se domani mettessimo in atto il nostro proposito, saremmo subito identificati come i responsabili, e il nostro paese invaso da tanti nemici che non riusciremmo neppure a contarli. La cosa più saggia è condurre la trattativa per il momento”.
D'accordo, allora”, disse l'Uomo. “Domani ci incontreremo come stabilito presso i Signori d'Ithilien. Noi giungeremo quando il Sole sarà già alto, tu partirai subito, se galoppi veloce dovresti arrivare poco dopo l'Alba”.
Re Elessar dovrebbe raggiungerci nel pomeriggio”, disse Rhumine montando a cavallo. “Cercate di non essere troppo puntuali: è un lungo viaggio da Rhûn”.
Certo”, ghignò l'Uomo. “A più tardi Rhumine”.
A più tardi”, disse la donna. Voltò il cavallo e sparì veloce come era arrivata.

L'alba giunse veloce, scacciando la Luna dal cielo e mentre Rhumine cavalcava verso il palazzo dei Signori d'Ithilien, Legolas e Helkamirië si apprestavano a partire per il giro di perlustrazione programmato. Legolas si stava vestendo quando sopraggiunse Helkamirië con la sua borsa dei medicinali.
Aspetta, Legolas”, disse avvicinandosi. “Lascia che dia un'occhiata alla ferita”.
L'Elfo si fermò e lasciò che la sua sposa togliesse le bende che gli fasciavano il torace. Helkamirië osservò attentamente il taglio e poi vi passò la mano, delicatamente, per rimuovere la crosta che l'impacco di erbe aveva creato. Lavò di nuovo la ferita e il suo volto assunse un'espressione preoccupata.
E' strano”, disse. “Che razza di freccia ha potuto causare un simile taglio? I bordi sono irregolari”.
Non è stata una freccia”, disse Legolas. “Ti ho detto che mi hanno tirato addosso, ma si trattava di pugnali, e molto affilati: quello che mi ha colpito ha tagliato la casacca di pelle come fosse burro. Però avevano la lama seghettata, perciò la ferita ha questa strana forma”.
Hai recuperato il pugnale?”.
No”, disse l'Elfo fissandola. “Ma perchè lo chiedi? Sembri in ansia Helkamirië”.
Helkamirië ricambiò lo sguardo di Legolas e gli prese le mani nelle sue, mentre un pallido sorriso compariva sul suo volto.
Tu mi leggi dentro meglio di chiunque altro”, disse. “Hai ragione, sono preoccupata: è soltanto una ferita lieve e considerate le capacità di recupero di noi Elfi e la medicazione che ho fatto, dovrebbe essere in via di guarigione ma... non è così. Al contrario, sembra addirittura peggiorata e non smette di sanguinare”.
Ma io sto bene, lirimaer”.
Il flusso di sangue è costante ma non copioso, è normale che tu stia ancora bene”.
Ancora?”, chiese Legolas aggrottando le sopracciglia.
Sarò sincera Legolas”, disse Helkamirië. “Temo che la lama fosse avvelenata e purtroppo non so di che sostanza si tratti. Potrebbe esserci del tutto sconosciuta e io non so se... ho l'antidoto giusto”.
Cosa possiamo fare?”, disse Legolas. “Non voglio morire. Non voglio lasciare te, Amrod e Anië”.
L'Elfo aveva un'espressione che Helkamirië non aveva mai visto, di paura e sconfitta. La fanciulla gli prese il viso fra le mani, carezzando le guance imberbi.
Tu non morirai”, disse, piena di determinazione. “Per il momento ti darò l'antidoto più potente in mio possesso e poi mi farò aiutare da Rhumine a trovare quello adatto, sono certa che lo conosce”.
Cosa ti fa credere che sia disposta ad aiutarti?”.
E' da quando ci siamo sposati che tenta di guadagnare la mia fiducia, non rifiuterà. E se lo facesse avrebbe un incontro poco gradevole con Lumiel”.
Non voglio che tu la uccida”, disse Legolas. “In nessun caso, nemmeno se ti negasse il suo aiuto. Non voglio che ti macchi di assassinio per me, anche se io... morissi”.
Tu non morirai!”, gridò Helkamirië. “Arriverò fino a Rhûn se necessario, ma troverò una cura! E Rhumine non morirà, ma solo perchè non sarebbe una punizione sufficiente; la manderò a Thranduil, non prima di averle fatto provare tanto dolore da invocare Mandos come ultima speranza”.
Legolas non rispose, ma si ripromise di non arrendersi al veleno; il dolore rendeva Helkamirië dura e spietata, non avrebbe permesso che tornasse ad essere Lumiel perchè questa volta lo sarebbe rimasta per l'eternità.

Helkamirië si mise subito all'opera, medicando di nuovo la ferita con un'erba disintossicante e grande quantità di athelas. Mentre era intenta a fasciarla con bende pulite, sopraggiunse Ilderan.
Helkamirië”, disse. “Qualcosa non va? Vi aspetto da più di un'ora ormai”.
E' per la ferita, Ilderan”,disse Legolas.
La ferita?!”, disse Ilderan. “Ho capito, Helkamirië mi hai detto mille volte che sono negato, ma Legolas aveva bisogno di cure, e se non ci avessi almeno provato mi avresti ritenuto responsabile, cosa avrei dovuto fare?”.
Nonostante la situazione, Legolas e Helkamirië scoppiarono a ridere, divertiti dalle frasi sconnesse che Ilderan tentava di addurre come scusa.
Non sono arrabbiata con te, Ilderan”, disse Helkamirië tornando seria. “Sono preoccupata, questo taglio è avvelenato e io non so di che veleno si tratti, né se sia letale”.
Veleno?”, chiese Ilderan preoccupato. “Ne sei certa?”.
Purtroppo si; la ferita non accenna a rimarginarsi e i bordi, così irregolari, sono troppo scuri, quasi neri. Non ho mai saputo di un veleno con questi effetti”.
Ho capito. Dimmi cosa posso fare”.
Torna sul luogo dell'agguato e cerca il pugnale”, disse Legolas. “E poi raggiungi Rhumine alla dimora di Sire Faramir; non appena termineranno le trattative, portala qui”.
E se non volesse seguirmi?”.
Costringila”, disse Helkamirië. “Lei era un'assassina altamente considerata, sono certa che conosce tutte le armi in uso a Rhûn, di qualsiasi tipo... fai in fretta, Ilderan”.
Stai tranquilla”, disse Ilderan abbracciandola. “Prenderò Carnemirië e sarò di ritorno stasera”. L'Elfo poso un bacio sulla fronte della sorella e la lasciò andare, uscendo dalla stanza.

Ilderan si precipitò nelle stalle, saltando subito in groppa a Carnemirië, il quale sembrava aver compreso l'urgenza del suo cavaliere e aveva aumentato la propria andatura, giungendo a Henneth Annûn quando il Sole non era ancora a metà della sua strada. Ilderan si mise a cercare freneticamente il pugnale ma senza risultato: erano stati attaccati in un passaggio roccioso, talmente angusto che dopo un'ora lo aveva già perlustrato più volte. L'Elfo sedette su un masso prendendosi il capo fra le mani; si sentiva sconfitto e frustrato, ma soprattutto colpevole: non poteva tornare a casa a mani vuote e lasciare che Legolas morisse, o Helkamirië sarebbe morta di dolore o... impazzita. “Non posso perdere altro tempo!”, esclamò. “Carnemirië dovrai galoppare come non hai mai fatto prima; alle prime ore dopo mezzodì dovremo essere al palazzo dei Signori d'Ithilien. Noro lim!”.
Carnemirië scattò, lanciandosi immediatamente in una folle corsa attraverso le verdi pianure e i fitti boschi dell'Ithilien, che Ilderan vide sfrecciare attorno a sé senza neanche avere il tempo di riconoscerli. Erano passate circa tre ore da mezzodì quando infine potè presentarsi a Sire Faramir, il quale lo accolse benevolmente.
Ilderan, benvenuto”, disse Faramir vedendolo giungere al suo cospetto. “Qual buon vento ti porta nella mia dimora?”.
Sto cercando Rhumine”, disse Ilderan. “Posso parlare con lei?”.
Faramir acconsentì e un servitore accompagnò l'Elfo nel giardino di Dama Eowyn dove attese che giungesse Rhumine. Dopo diversi minuti la donna raggiunse Ilderan, sfoggiando un sorriso smagliante che infastidì oltremodo l'Elfo, già provato dall'attesa e dall'ansia.
Mio signore Ilderan perdonami per l'attesa”.
Già”, commentò sarcastico l'Elfo. “Cominciavo a temere ti fossi smarrita nei corridoi”.
Non è necessario essere scortesi”.
Devi seguirmi”, disse Ilderan senza raccogliere la provocazione. “Legolas è ferito”.
Mi dispiace”, disse Rhumine, e per una volta sembrava sincera. “Mi dispiace davvero, ma non posso seguirti”.
Tu verrai a Taur-en-Ithil senza fare troppe storie. Devo mantenere la parola data a mia sorella. Andiamo!”.
Non posso lasciare le trattative di pace. E poi perchè dovrei aiutare una persona che mi ha sempre umiliata?”.
Perchè”, disse Ilderan abbassando la voce, “le tue preziose trattative andrebbero in fumo se dicessi a Re Elessar che il suo migliore amico giace nel suo letto tra la vita e la morte, avvelenato da un pugnale di Rhûn che lo ha ferito in un agguato”. Rhumine si era irrigidita tanto da sembrare una statua di pietra. “Credi che anche il Re giungerebbe alla conclusione che sei una traditrice? Io penso di si e allora un immenso esercito varcherebbe i confini di Rhûn: Gondor e Rohan, i loro alleati della Valle e di Erebor e addirittura gli Elfi di Eryn Lasgalen... siete abbastanza forti per fronteggiarlo?”.
Lasciami parlare con Sire Faramir”, sospirò sconfitta Rhumine.
No”, disse Ilderan. “Carnemirië ti porterà al nostro reame. Io prenderò il tuo... Smaug e ti raggiungerò dopo aver parlato con Sire Faramir e con Re Elessar. Non mi fido di te”.
Ilderan costrinse Rhumine a montare Carnemirië che rimandò a casa e restò in attesa che da Minas Tirith giungesse Aragorn.

Rhumine avrebbe voluto saltare giù da Carnemirië ma il cavallo non le consentiva neanche di tentare, scattando improvvisamente più veloce non appena la sentiva muoversi troppo. Così la donna si rassegnò lasciando scorrere l'Ithilien sotto gli zoccoli dell'animale, che al tramonto aveva già raggiunto Taur-en-Ithil. Solo dopo aver varcato la soglia delle scuderie Rhumine potè smontare da cavallo, ma nel momento stesso in cui toccò terra, tre guardie elfiche le comparirono accanto.
Ma voi Elfi non potete proprio fare rumore?”, disse Rhumine.
La nostra signora ti attende”, disse uno degli Elfi. “Seguici senza fare storie e non tentare di fuggire. Le sentinelle hanno l'ordine di tirare a vista e non andresti lontano con le gambe trafitte”.
Gli Elfi condussero Rhumine lungo le scale e i corridoi che portavano alle stanze dei Signori, percorso che la donna conosceva bene, avendolo percorso più volte da persona libera. Fu lei stessa a bussare alla porta, ma le guardie non le consentirono di entrare da sola.
Mia signora Helkamirië”, disse l'Elfo che aveva parlato con Rhumine. “La tua ospite è arrivata”.
Grazie Haldir”, disse Helkamirië. “Ho un'ultima cosa da chiederti: voglio che tu vada incontro a mio fratello, esortandolo perchè ci raggiunga in fretta. E voi Rumil e Orophin, rimanete di guardia qui fuori, ve ne prego. Va' Haldir”.
I tre Galadhrim uscirono per eseguire gli ordini ricevuti, inchinandosi a Helkamirië; dopo la partenza di Galadriel, Haldir aveva sentito la necessità di rivolgersi a un'altra luce e aveva cercato la sua amata Valienna, seguito dai suoi fratelli. Helkamirië lo aveva accolto volentieri a Eryn Lasgalen, portandolo poi con sé a Taur-en-Ithil, dove i tre fratelli erano diventati la guardia scelta dei Signori con l'incarico di proteggerne la famiglia. Quando la porta si richiuse, Helkamirië si avvicinò velocissima a Rhumine, puntandole il suo pugnale adamantino alla gola.
Lascia che ti dia un consiglio”, sibilò. “Renditi utile e aiutami a salvare Legolas, o te ne pentirai”.
Vorresti uccidermi?”, la provocò Rhumine. “Perchè non lo fai, allora?”.
Helkamirië premette leggermente la punta del pugnale contro la pelle ambrata di Rhumine, facendone stillare una piccola e rossa gemma. “Una volta ti dissi che la morte non sarebbe stata una punizione adeguata per te”, disse. “Ma credimi: se Legolas muore, tu invocherai su di te il dolce sonno di Mandos come il premio più ambito”.
Rhumine fissò i suoi occhi scuri in quelli verdi di Helkamirië, e si ritrovò a sudare freddo, tremando di terrore, perchè nello sguardo dell'Elfo aveva letto una terribile ferocia.
Portami da Legolas”, riuscì a dire.
Helkamirië ripose il pugnale e la condusse nella stanza attigua dove Legolas giaceva nel proprio letto. La ferita non era peggiorata, ma lui bruciava di febbre, certamente opera del veleno, passando da uno sonno agitato a uno stato di dormiveglia. Helkamirië si avvicinò al letto e scostò le coperte per permettere a Rhumine di esaminare la ferita. Quando fece per aprirgli la casacca, la mano dell'Elfo si posò sulla sua.
Helkamirië, no”, sussurrò Legolas. “Non toglierla... sento un freddo mortale penetrarmi tutto il corpo”.
Cerca di resistere, Legolas”, disse Helkamirië. “So che hai freddo ma Rhumine deve vedere la ferita per aiutarti. Lasciami fare”.
L'Elfo lasciò cadere la mano e Helkamirië gli tolse la casacca, liberando il torace dalle bende che lo fasciavano. Il suo sposo era scosso da tremiti e lei si sedette sulla sponda del letto, tenendogli la mano; mentre Rhumine osservava la ferita, lo sguardo di Helkamirië cadde sul rubino che Legolas portava ancora al collo. Istintivamente lo sfiorò mentre parole appena sussurrate si formavano sulle sue labbra. “Aiya Arien Anorwen”. Non appena le ebbe pronunciate, una tenue luce illuminò soltanto per un attimo la pietra e dopo pochi istanti Legolas smise di tremare. Rhumine guardò Helkamirië con una muta domanda negli occhi, ma l'Elfo non disse nulla, così tornò al suo lavoro.
Non ho buone notizie”, disse. “Il pugnale che ha ferito Legolas è una delle armi in uso nella mia Gilda e doveva essere imbevuto di un potente veleno noto soltanto a noi genti di Rhûn: è un estratto delle foglie di mornilas, una pianta che cresce anche qui in Ithilien e che mostra i suoi fiori alla notte”.
C'è un'unica cura”, disse Rhumine. “Ma non so se abbiamo il tempo, dovrei tornare a Rhûn”.
Sei sicura di non conoscere gli Uomini che hanno attaccato Legolas?”, disse Helkamirië. “Sicuramente hanno dell'antidoto con sé, forse potresti chiederglielo”.
La tua non mi sembra una domanda, ma non vedo perchè dovrei conoscerli”.
Non mettere alla prova la mia pazienza, Rhumine. Quanto tempo ha Legolas?”.
Considerando che è un Elfo, potrebbe resistere una settimana, forse dieci giorni, ma questo tempo non basta per raggiungere la mia terra e tornare. Devi arrenderti Helkamirië”.
E lasciar morire Legolas? No!”, esclamò Helkamirië. “La delegazione di Rhûn sarà ancora presso i Signori d'Ithilien; adesso io e te ripartiremo immediatamente e prenderai l'antidoto dalla tua gente”.
Aspetta!”, disse la donna. “C'è una cosa che non ti ho ancora detto: la cura lo porterà molto vicino alla morte. Soltanto se resisterà abbastanza potrà riprendersi”.
Trovala”, sussurrò Legolas. “Tu portami la cura e io resisterò”.
Aspettami fuori Rhumine”, disse Helkamirië. Si voltò verso Legolas e si sdraiò al suo fianco, mentre l'Elfo si rifugiava fra le sue braccia, nascondendo il viso sul suo petto. La fanciulla lo strinse a sé, carezzandogli dolcemente i capelli, perchè sapeva che quel gesto lo tranquillizzava.
Legolas sei certo di voler affrontare questo rischio? Forse esiste un'altra cura che Rhumine non conosce e...”.
No, Helkamirië”, disse Legolas interrompendola. “L'hai sentita, non esiste un'altra cura. Devi fidarti di me, io resisterò e sarò al tuo fianco per tutta l'eternità. Te l'ho promesso ricordi? Il giorno del nostro matrimonio, dopo il ricevimento”.
Eravamo rimasti soli”, disse Helkamirië. “E tu mi dicesti 'Ti prometto che sarò sempre con te, Helkamirië; fin quando i mari saranno sollevati e le montagne scosse fin dalle fondamenta, e il nostro mondo giungerà alla sua Fine'. Devi mantenere la tua parola, Legolas”.
Lo farò”, disse l'Elfo, spostandosi per posare un delicato bacio sulle labbra di Helkamirië. La fanciulla ricambiò il bacio e dopo un'ultima carezza, si allontanò.

Helkamirië uscì dalla stanza con gli occhi lucidi di pianto: non sopportava la vista di Legolas così fragile e indifeso, lui che era stato il suo appiglio, la sua roccia da quando Ëaralad e Arelen erano partiti. Si passò la mano sugli occhi per asciugare le lacrime e afferrato il suo pugnale, raggiunse Rhumine fuori dagli appartamenti. La precedette fino alle scuderie, entrambe seguite da Rumil e Orophin, dove la affidò ancora una volta a Carnemirië, invece lei balzò in groppa a Elennath. Mentre uscivano dall'edificio sopraggiunsero Haldir e Ilderan e dopo avergli brevemente spiegato la situazione, Helkamirië affidò Legolas al fratello e scattò veloce nella notte. Carnemirië seguiva Elennath, nonostante Rhumine tentasse più volte di fargli cambiare direzione e così nel giro di poche ore giunsero alla dimora di Faramir; vi si stava svolgendo un banchetto in onore degli ospiti stranieri, perciò nessuno riposava. Le viaggiatrici furono introdotte alla presenza di Sire Faramir e Dama Eowyn, i quali stavano piacevolmente intrattenendosi con i Sovrani di Gondor.
Helkamirië!”, esclamò Eowyn. “Che piacevole sorpresa! Vedo che hai riportato Rhumine, tuo fratello l'ha praticamente rapita e ci occorreva qui”.
Sono mortificata”, disse Helkamirië. “So per quale motivo doveva trovarsi qui e non l'avrei fatta mancare se non avessi avuto necessità del suo aiuto per un grave motivo”.
Non dire altro, Helkamirië”, interloquì Faramir. “Non è necessario”.
Ilderan ci ha spiegato la situazione”, disse Aragorn. “Ci ha detto ogni cosa, perciò non sentirti in colpa”.
Dalle parole di Aragorn, Helkamirië intuì che Ilderan doveva aver detto loro dei sospetti riguardo Rhumine e il suo supposto tradimento e per qualche ragione se ne sentì sollevata.
Rhumine, ti prego fa' ciò che devi”, disse rivolta alla donna, la quale annuì e si diresse verso la sua gente.

Rhumine si avvicinò a suo padre che stava parlottando con i suoi uomini; quando la vide avvicinarsi, l'Uomo sorrise e le tese la mano che lei strinse prontamente. Non aveva mai conosciuto sua madre, morta nel darla alla luce, ma suo padre non le aveva mai fatto pesare la situazione e le aveva dato tutto l'amore di cui era capace, facendone il suo successore designato alla guida della Gilda, nonostante fosse femmina. Rhudda era l'unico a cui mostrasse le proprie debolezze e di cui accettasse i consigli.
Rhumine, figlia mia”, disse Rhudda. “Cosa è successo? Perchè non ci hai incontrati?”.
E' sorto un problema, padre”, disse Rhumine. “Avete del Sangue di Drago con voi?”.
Sangue di Drago?”, disse l'Uomo preoccupato. “Perchè? Sei ferita?”.
No, padre, stai tranquillo. Purtroppo qualche giorno fa, nell'agguato avete ferito Legolas Verdefoglia”.
Purtroppo? È un'occasione d'oro per eliminare un nemico”.
Posso parlarti in privato?”.
Rhudda fece un cenno ai suoi uomini che si allontanarono lasciando ai due la loro discrezione.
Cosa c'è che non va, Rhumine?”.
Dammi l'antidoto, padre”, disse la donna con le lacrime agli occhi. “Io devo... voglio salvare Legolas. Ti prego dammi il Sangue di Drago”.
Rhudda rimase colpito dalle lacrime di Rhumine: non l'aveva mai vista piangere, nemmeno quando era bambina. “E sia”, disse, togliendo una fiaschetta dalla sacca che portava alla cintura.
Grazie padre, grazie di cuore”, disse Rhumine, ricomponendosi e stringendo la bottiglina fra le mani.
Sii sincera, Rhumine”, disse Rhudda. “Cosa rappresenta per te quell'Elfo?”.
Io... temo di amarlo, padre. Ma se anche non ci fosse la nostra natura a dividerci, lui non potrebbe mai ricambiare i miei sentimenti, perchè il suo cuore appartiene completamente a Valienna”.
Capisco”, disse Rhudda. “Lascerò che tu lo salvi per questa volta, ma non voglio che si ripeta. Sarà già dura spiegare ai nostri uomini perchè lo curiamo stavolta”.
Dì loro la verità”, disse Rhumine. “Gli Elfi vi hanno visti e riconosciuti e per quanto credito io possa aver acquisito presso il Re di Gondor, la mia parola non vale nulla se paragonata alla loro. Se dicessero al Re che sono una traditrice non avrei perdono e la nostra missione fallirebbe senza appello”.
D'accordo, dirò questo. Ora vai, l'Elfo ti sta aspettando”, disse Rhudda fissando con astio colei che impediva la felicità di sua figlia.

Mentre Rhumine cercava di ottenere l'antidoto da suo padre, Helkamirië tentava di rispondere al fuoco di fila di domande dei suoi amici, preoccupati per la vita di Legolas.
Legolas si riprenderà, Helkamirië?”, chiese Arwen.
Io... lo spero, Arwen”, disse Helkamirië. “Purtroppo, ammesso che quegli Uomini lo abbiano con sé, l'antidoto agisce in modo inconsueto, portando chi lo assume a un passo dalla morte. Rhumine dice che questa è l'unica cura, perciò non ho scelta, devo esporre Legolas a questo rischio se voglio che abbia almeno una minima speranza. Devo credere in lui”.
Lui si riprenderà”, disse Eowyn. “E' forte, e ti ama a tal punto che non ti lascerebbe nemmeno se Mandos in persona venisse a portarlo via. In fondo stiamo parlando di uno dei Nove Viandanti!”.
Eowyn ha ragione”, disse Aragorn. “Conosco Legolas e so che resisterà. Piuttosto, sei certa di poterti fidare di Rhumine? Come fai a sapere che ti darà l'antidoto?”.
Lo farà, Aragorn”, disse Helkamirië. “Perchè non vuole morire, innanzitutto; e perchè non può scoprirsi o il suo misterioso piano andrà in fumo”.
Ilderan ci ha accennato qualcosa”, disse Faramir. “Ma non ha voluto spiegare quale fosse questa congettura. Vuoi dirci di più?”.
Non posso”, disse Helkamirië. “Come non poteva Ilderan, perchè non sappiamo quasi nulla. L'unica certezza sono gli strani movimenti di Uomini di Rhûn nell'Ithilien, soprattutto vicino a Henneth Annûn, e l'insolito comportamento di Rhumine nelle notti di Luna piena. Abbiamo deciso di indagare e tenere sotto controllo Rhumine; non appena sapremo di più vi informerò”.
Non preoccuparti di questo”, disse Arwen. “Pensa a prenderti cura di Legolas ora; sono certa che Aragorn e Faramir potranno aspettare fino a che il tuo sposo non starà meglio”.
Mentre così discutevano, sopraggiunse Rhumine recando con sé una piccola fiaschetta che porse a Helkamirië.
Ecco l'antidoto”, disse. “Noi lo chiamiamo Sangue di Drago, ma non ti rivelerò come è fatto. Legolas dovrà berne un solo piccolo sorso, una quantità eccessiva sarebbe deleteria quanto il veleno. Custodisci con cura il rimanente perchè non ne avrai altro; non siamo soliti donare il Sangue di Drago agli stranieri e questa boccetta ne contiene più di quanto ne spetti a un qualsiasi assassino della Gilda”.
Ti ringrazio Rhumine”, disse Helkamirië prendendo la fiaschetta. “Immagino che tu non voglia venire con me”.
No, rimarrò qui”, disse la donna. “Ricorda: un solo piccolo sorso”.
Me ne ricorderò. Ti ringrazio ancora, farò riportare il tuo cavallo domani. Miei Sovrani, Signori d'Ithilien, vi ringrazio per la vostra gentilezza, buonanotte”.
Helkamirië salutò con un inchino e a passo svelto uscì dalla sala e dal palazzo; balzò in groppa al suo Carnemirië e portandosi dietro Elennath, lanciò i cavalli al galoppo più veloce che potessero sostenere.

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Capitolo 43
*** 42 ***


La Luna era già tramontata quando finalmente Helkamirië raggiunse Taur-en-Ithil. Lasciò i cavalli nelle scuderie e corse velocissima verso la sua stanza, dove trovò Ilderan che passeggiava avanti e indietro, attendendo nervoso il suo ritorno.
Helkamirië, finalmente!”, esclamò. “Hai l'antidoto?”.
Si. Come sta Legolas?”.
Non bene, ma non è peggiorato, anzi adesso è addirittura sveglio. Va' da lui, forza”.
Helkamirië entrò nella stanza e subito Legolas si voltò verso di lei, sorridendole sereno; la fanciulla si avvicinò al letto e gli posò un bacio sulle labbra, carezzandogli il volto.
Come stai? Non sembri più bruciare di febbre”.
Adesso riesco a dormire un pò”, scherzò Legolas. “Hai trovato la cura?”.
Si. Rhumine è riuscita a procurarselo”, disse Helkamirië. “Devi berne un sorso appena. Coraggio, tirati su”.
Helkamirië aiutò Legolas a mettersi seduto e tirò fuori dalla propria sacca la fiaschetta di Sangue di Drago, facendogli bere il contenuto.
Allora?”, chiese.
Non sento cambiamenti”, disse Legolas. “Ho soltanto molto sonno”.
Dormi allora”, disse Helkamirië, costringendolo a sdraiarsi di nuovo. Gli sfiorò la fronte con le labbra e prima che l'Elfo scivolasse nel sonno gli disse: “Sii forte Legolas. Noi ti aspetteremo”.
Lo sarò”, disse Legolas cadendo in un profondo stato di incoscienza.

Nei quattro giorni seguenti non ci fu nessun cambiamento: Legolas versava ancora nelle medesime condizioni, ma Helkamirië che continuava a medicare la ferita, constatò con sollievo che si stava rimarginando come avrebbe già dovuto fare. La fanciulla non si allontanava dal capezzale del suo sposo se non per trascorrere del tempo con i gemelli, i quali chiedevano sempre più insistentemente notizie del proprio padre.
Naneth”, chiese un giorno Anië. “Dov'è ada?”.
Helkamirië guardò negli occhi la sua bambina, quegli occhi così simili a quelli di Legolas, e non potè mentire. Sedette su una panca che si trovava sul terrazzo della sua camera, portando i bambini con sé.
Amrod, Anië”, disse, prendendoli in braccio. “Devo dirvi una cosa e voglio che mi ascoltiate con attenzione”.
I bambini annuirono convinti e la fanciulla sorrise rassicurante prima di proseguire. “Vostro padre è molto malato ed è a letto; dal momento che sta così male dorme tanto ed è per questo che non lo avete visto”.
Perciò è nell'altra stanza?”, chiese Anië, indicando la porta.
Possiamo andare da lui, naneth?”, chiese ancora Amrod.
Helkamirië esitò un istante prima di rispondere: non sapeva quali fossero le reali condizioni di Legolas, quindi era indecisa se portare i bambini; infine, accettò di far vedere loro il padre, convinta che se lo avessero visto dormire, si sarebbero quietati. Stringendoli entrambi fra le braccia, li portò nella camera attigua e li depose sul letto; Amrod rimase seduto dov'era, mentre Anië, gattonando sul materasso, andò a sdraiarsi vicino a Legolas, alzando una manina a sfiorargli il volto.
Guarisci presto, ada”, disse. “Così ti sveglierai e tornerai a giocare con noi”, concluse, voltandosi verso il fratellino. “Vieni Amrod. Diamogli un bacino così saprà che siamo qui”. Il piccolo Elfo la raggiunse ed entrambi baciarono le guance di Legolas; Helkamirië si sentì stringere il cuore: i bambini erano così fiduciosi, se il suo sposo non avesse superato la crisi, come avrebbe potuto dir loro che non lo avrebbero rivisto? Non ebbe quasi il tempo di concludere il suo pensiero che Legolas cominciò ad agitarsi, per la prima volta da quando era caduto in quel sonno profondo.
Anië, Amrod, andate a cercare Ilderan”, disse Helkamirië; in realtà non aveva bisogno di Ilderan, ma di una scusa per allontanare i gemelli. Quando furono usciti, la fanciulla si avvicinò a Legolas, carezzandogli il volto. “Legolas”, lo chiamò. “Legolas, avanti svegliati”.
Quasi in risposta alle sue parole, finalmente l'Elfo socchiuse gli occhi, sorridendole non appena distinse il suo volto.
Buongiorno Helkamirië”, disse, sempre sorridendole.
Buongiorno?!”, esclamò Helkamirië. “E' il tramonto ormai!”.
Legolas si mise seduto come se non fosse mai stato meglio e Helkamirië gli gettò le braccia al collo, ridendo felice.
Per fortuna sei qui”, disse l'Elfo stringendola a sé. “Temevo di non ritrovarti”.
Temevi forse che mi stessi consolando altrove?”, disse Helkamirië ironica. “Sei uno sciocco”.
No, lirimaer. Mi sono svegliato per te, dovevo salvarti; ricordi il sogno che feci tempo fa a Dol Taur? Quello in cui vedevo la tua morte?”.
E' stato tanto tempo fa, Legolas”.
Non così tanto. E comunque l'ho rifatto: e non solo l'arma che ti aveva uccisa era nelle mie mani, ma era il mio stesso pugnale!”.
Legolas , tu vuoi farmi del male?”.
Certo che no!”, esclamò l'Elfo prendendole il viso fra le mani. “Come puoi dire questo, lirimaer?”.
Helkamirië posò le proprie mani su quelle di Legolas, sorridendo.
Allora non devi temere”, disse. “Il tuo incubo non si avvererà, stai tranquillo”, concluse, tendendosi in avanti per baciarlo.

Erano ancora stretti l'uno all'altra quando Ilderan irruppe nella stanza, tenendo i gemelli fra le braccia.
Helkamirië, co...”, cominciò a dire, interrompendosi di colpo. “Ah! Scusate non volevo disturbare. Ma tu non stavi dormendo?”.
Ada!”, esclamarono i bambini, saltando giù dalle sue braccia per precipitarsi sul letto. Legolas li abbracciò, posando un bacio su ognuna delle dorate testoline.
Stai bene, ada?”, chiese Amrod.
Naneth diceva che dormivi perchè sei malato”, disse Anië.
Ero malato, è vero”, disse Legolas. “Ma adesso sto bene, sono completamente guarito”.
Completamente?”, intervenne Helkamirië ironica. “E quello cos'è?”, chiese indicando la vistosa macchia di sangue che sporcava le bende sul petto.
Legolas non rispose, sapendo che solo la presenza dei figli gli aveva risparmiato una scenata, tuttavia non smetteva di sorridere.
Avanti bambini, uscite con Ilderan, devo cambiare la medicazione a vostro padre”.
Va bene, naneth”, disse Amrod saltando giù dal letto.
Ci vediamo più tardi, ada”, disse Anië mandando al padre bacini con le manine paffute.
Helkamirië chiuse la porta dietro di loro e si diresse in un'altra piccola stanza, attigua alla camera da letto.
Helkamirië che stai facendo?”, chiese Legolas, vedendola affaccendarsi avanti e indietro.
Ti preparo un bagno caldo”, disse la donna con un sorriso. “Sono certa che ne hai bisogno, la medicazione può aspettare”.
Legolas si alzò dal letto, scoprendo che non si sentiva affatto debole o stanco, nonostante l'effetto del Sangue di Drago. “E' strano”, disse.
Cosa è strano?”.
Rhumine aveva detto che l'antidoto mi avrebbe portato molto vicino alla morte; ma per quanto ne so, io ho solo dormito profondamente, e inoltre, adesso sono pieno di energie”.
Hai dormito molto profondamente, e il tuo cuore batteva così debolmente che... a un certo punto ho temuto che ti fossi arreso: non riuscivo più a sentirlo... ero così disperata!”.
Nel pronunciare quelle parole, Helkamirië era scoppiata a piangere e Legolas l'aveva raggiunta e stretta a sé, baciandole la fronte e stupendosi come sempre di quanto sembrasse fragile e piccola fra le sue braccia. “Sh, non piangere più, ormai è tutto passato, io sto bene e sono qui con te”.
Lo so, ma... è stato terribile, non potevo fare nulla... e tuttavia dovevo mostrarmi forte per i gemelli... non potevo nemmeno piangere. Sentivo come un macigno nel petto, ma ora sta passando... avevo solo bisogno di sfogarmi”.
Legolas la staccò da sé quel tanto che bastava per prenderle il viso fra le mani, asciugandole le lacrime con i pollici. “Ora basta, però. Non sopporto le tue lacrime, ne hai versate tante, e troppe a causa mia. D'ora in avanti voglio solo vederti sorridere”.
Helkamirië si asciugò le lacrime e lo accontentò, prendendogli le mani fra le proprie.
Hai ragione”, disse. “Lasciamoci il passato alle spalle e pensiamo al futuro. Abbiamo un solo compito da svolgere prima: smascherare Rhumine”.
Helkamirië, ora basta!”, esclamò Legolas nervoso. “Devi smetterla, sei ossessionata da quella donna. Sono stato sul punto di raggiungere Mandos a causa sua, e appena mi riprendo mi parli di lei? Dimenticala, almeno per qualche giorno, per favore!”.
Helkamirië chinò il capo, mortificata. “Perdonami Legolas”, sussurrò, e senza guardarlo uscì a passi svelti dalla stanza. “Quando hai finito chiamami. Ti rifarò la medicazione”, disse fermandosi un attimo sulla soglia.
Helkamirië, aspetta!”, provò a richiamarla Legolas, ma la fanciulla aveva già chiuso la porta dietro di sé.

Nell'anticamera Helkamirië trovò Ilderan e i gemelli che la fissavano turbati; Ilderan sembrava piuttosto imbarazzato: probabilmente avevano sentito lo sfogo di Legolas e lo avevano interpretato come una lite.
Naneth”, chiese Anië. “Tu e ada avete litigato?”.
Helkamirië la prese in collo sorridendole. “No, piccola mia, non temere. Hai sentito urlare tuo padre?”.
Si, naneth”, disse la bambina circondandole il collo con le braccia.
Non abbiamo litigato”, disse Helkamirië, lasciando che Anië posasse il capo sulla sua spalla. “E' stata colpa mia, ho detto una cosa che ha fatto arrabbiare tuo padre”.
Allora anche tu combini guai, naneth?”, chiese Amrod dalle braccia di Ilderan. Quest'ultimo sorrideva sornione, perso in chissà quali ricordi.
Certo che lo fa, Amrod”, disse. “Quando vostra madre era una bambina come voi, i nostri genitori dovevano stare sempre in guardia perchè era molto sbadata e spesso si perdeva nei boschi o nel nostro stesso giardino!”.
Ilderan!”, protestò Helkamirië mentre i bambini ridevano divertiti. “Non è bello che tu dica certe cose di me!”.
Dico solo la verità!”, esclamò Ilderan. “Sei stata una sorella impegnativa, dovevo sempre starti dietro; i tuoi figli sono più indipendenti, avranno preso da Legolas”.
Per questa volta farò finta di nulla”, disse Helkamirië. “Ma solo perchè sono troppo felice che Legolas si sia ripreso. A proposito, fatemi controllare se ha finito il bagno. Va' da Ilderan Anië”.

Non appena la sua sposa era uscita, Legolas si era spogliato, immergendosi nella vasca che lei aveva già riempito. Si sentiva leggermente in colpa per averla sgridata, ma sapeva anche che era necessario: da quando conosceva Rhumine, Helkamirië non aveva mai smesso di indagare, sempre convinta di svelare chissà quali complotti, ma non aveva ottenuto nulla, la donna era stata troppo furba e sapeva aspettare, conscia che la fretta avrebbe rovinato il suo piano. Mentre l'acqua lavava il suo corpo, Legolas sentì scivolare via anche tutta la tensione e la preoccupazione per quella dannata ferita avvelenata e non potè reprimere un tremito; anche se con Helkamirië si mostrava sereno, aveva avuto paura: quando il veleno aveva manifestato i suoi primi effetti, aveva temuto di non resistergli e di dover lasciare la sua sposa e i suoi figli. E poi c'era quel sogno... dopo la prima volta, il ricordo era rimasto vivido a lungo, e ora che cominciava a sbiadire era tornato a tormentare il suo sonno. Era sempre lo stesso: vedeva sé stesso seduto sulla sponda di un letto nel quale giaceva Helkamirië, il volto contratto in una smorfia di dolore e gli occhi sbarrati, nella rigidità della morte; le sue vesti candide e le lenzuola, anch'esse bianche, erano divenute cremisi, imbrattate del suo sangue. Anche le sue mani erano insanguinate, ma se la prima volta le fissava vuote, adesso stringeva il suo pugnale e si trattava chiaramente dell'arma che aveva tolto la vita a Helkamirië. Quell'incubo lo atterriva, temeva che si realizzasse, ma d'altro canto l'idea di far del male alla sua sposa gli provocava soltanto ribrezzo. “Non permetterò che accada!”, esclamò ad alta voce.
Che cosa, Legolas?”.
Helkamirië! Da quanto sei lì?”.
Sono appena entrata. Vuoi dirmi di cosa parlavi?”.
Nulla”, disse l'Elfo scuotendo la testa. “Pensieri vaganti”.
Hai finito?”, chiese Helkamirië mettendo una mano nell'acqua della vasca. “Direi di si, l'acqua è quasi fredda ormai. Asciugati mentre io prendo la borsa dei medicinali; quando hai abbracciato me e i bambini, poco fa, sono saltati dei punti”.
Helkamirië uscì dalla stanza, rientrando poco dopo con la sua sacca; Legolas si era asciugato e aveva indossato i pantaloni. La fanciulla prese l'occorrente per ricucire e andò a sedersi accanto a lui.
Ti farà un po' male, abbi pazienza”, disse. Legolas annuì e si mise a osservare le mani di Helkamirië, sopportando senza problemi il lieve dolore; quando ebbe finito, la fanciulla rifece la fasciatura e lo aiutò a indossare la casacca. “Vieni: Amrod e Anië sono qui fuori con Ilderan, e tutti e tre vogliono vederti”.

Quando raggiunsero l'anticamera, Amrod e Anië si precipitarono verso di loro, ridendo felici. “Ada! Naneth!”, esclamarono. Legolas fece per prenderli in braccio, ma Helkamirië lo trattenne guardandolo storto.
Credo che tu abbia fatto arrabbiare mia sorella”, intervenne Ilderan sorridendo e stringendogli la mano. “Sono felice che tu stia bene, Principino”.
Grazie Ilderan”, disse Legolas.
Ada”, chiamò Amrod, tirando i pantaloni del padre. Helkamirië lo tirò su, posandolo fra le braccia di Legolas e il bambino abbracciò l'Elfo. A quel punto Anië tese le manine verso la madre, che non si fece pregare e la sollevò, stringendola forte a sé.
Dovreste mandare un messaggero a Minas Tirith”, disse Ilderan. “E anche presso i Signori d'Ithilien”.
Per quale motivo?”, chiese Legolas.
I nostri amici sono in pena per te”,rispose Helkamirië. “Nei giorni scorsi, Aragorn e Faramir hanno mandato dei loro uomini a chiedere di te, i quali sono ripartiti con cattive notizie”.
Ero ancora incosciente”, disse Legolas. “Ho un'idea migliore: perchè non andiamo a dar loro la notizia di persona? Potremmo portare i gemelli con noi, il viaggio non è così lungo”.
Perchè no?”, disse Helkamirië. “I bambini non hanno mai visto Minas Tirith e io vorrei tornarci; ora che ci penso... Aragorn e Arwen non hanno ancora conosciuto Anië e Amrod, ci siamo sempre incontrati nella dimora di Faramir ed Eowyn. È deciso: partiamo domattina, alle prime luci dell'alba; Haldir, Rumil e Orophin verranno con noi”.
Quando tornerete?”.
Non saprei”, disse Legolas. “Ma dopo quello che è successo, ho bisogno di riposarmi. Ti affido Taur-en-Ithil, Ilderan: forse non sei un bravo guaritore, ma sei un ottimo governante”.
Come desideri, Legolas”, disse Ilderan. “Come devo comportarmi riguardo le indagini su Rhumine e gli Uomini di Rhûn?”.
A quelle parole, Legolas si rabbuiò e il cuore di Helkamirië perse un battito, temendo che il suo sposo si arrabbiasse di nuovo, ma l'Elfo la sorprese, rispondendo pacatamente.
Decidi tu”, disse. “Continua se lo desideri, altrimenti attendi il nostro ritorno. Io sento la necessità di distrarmi da questa faccenda”.
Se per te non è un problema, io vorrei proseguire”, disse Ilderan. “Credo che se attendessimo troppo Rhumine avrebbe tutto il tempo di rimediare agli errori commessi e cancellare quella minima traccia che abbiamo. Non preoccuparti, me ne occuperò io”.
D'accordo”, disse Legolas. “Dunque è deciso: tu governerai Taur-en-Ithil per qualche tempo e condurrai le indagini, mentre io e la mia famiglia ci recheremo a Minas Tirith”.


NdA: Ho cercato di fare un maxi-aggiornamento prima di partire per le vacanze... dovrete aspettare il mio ritorno per i prossimi! Baci!

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Capitolo 44
*** 43 ***


All'alba del giorno seguente, Legolas e Helkamirië con i gemelli e i Galadhrim, partirono alla volta della dimora di Sire Faramir; poiché procedevano con calma, raggiunsero la meta quando ormai il Sole era tramontato da qualche ora. Ad accoglierli, però, trovarono Dernhelm, il figlio maggiore di Faramir ed Eowyn, un ragazzo di diciassette anni, alto e possente come suo padre ma dai lineamenti fieri e al contempo delicati della madre: la stessa forza, la stessa determinazione illuminavano gli occhi di Eowyn e Dernhelm, che dalla stirpe materna aveva ereditato anche l'oro dei capelli.
Benvenuti, miei signori”, disse Dernhelm. “Sono lieto di vedervi”.
Lo stesso vale per noi”, disse Legolas. “Possiamo vedere Sire Faramir?”.
Sono desolato”, rispose il ragazzo. “Mio padre non si trova qui; entrambi i miei genitori sono partiti stamane per Minas Tirith”.
Capisco”, disse Legolas. “Anche noi siamo diretti alla Bianca Città, ma volevamo porgere prima i nostri saluti a Faramir ed Eowyn. Dal momento che non sono qui, ripartiremo immediatamente”.
Non vorreste trascorrere qui la notte?”, chiese Dernhelm. “Ormai il Sole è calato da diverse ore, Dama Helkamirië e i vostri figli avranno bisogno di riposare”.
Ti siamo grati per l'offerta, Dernhelm”, intervenne Helkamirië. “Siamo felici di accettarla”.
Bene. Prego, seguitemi: la cena sta per essere servita”, disse Dernhelm. “Nel frattempo, darò ordini perchè siano preparati gli alloggi per voi e i vostri accompagnatori”.
Il giovane Dernhelm condusse personalmente i suoi ospiti nella grande sala da pranzo. L'ambiente era rettangolare, con l'ingresso su uno dei lati corti; di giorno era illuminato dalla luce proveniente da otto enormi finestre che si aprivano su una delle pareti più lunghe, mentre quando calava la sera una miriade di candelabri, sporgenti dai muri, diffondeva una luce soffusa. Grandi arazzi raffiguranti i simboli di Gondor e di Rohan facevano bella mostra di sé tra una finestra e l'altra, sulla parete opposta e persino sopra il grande camino che fronteggiava la porta d'ingresso. Al centro della stanza, campeggiava l'enorme tavola, alla quale sedevano già, in attesa del Principe, i funzionari della corte d'Ithilien e i due figli minori di Faramir ed Eowyn, Finduilas e Boromir. Entrambi, come Dernhelm, conoscevano bene Legolas e Helkamirië, e andarono loro incontro vedendoli accanto al fratello.
Buonasera Sire Legolas. Dama Helkamirië”, disse Finduilas chinando il capo in segno di saluto, subito imitata da Boromir.
Buonasera Madamigella Finduilas. Principe Boromir”, disse Legolas.
Diventi sempre più bella”, disse Helkamirië sorridendo alla fanciulla. Finduilas rassomigliava in tutto ad Eowyn, ad eccezione dei capelli corvini; Boromir sembrava aver preso troppo sul serio il nome che portava, e più cresceva, più pareva a chi lo aveva conosciuto di rivedere il Capitano di Gondor.
Quando tutti ebbero preso posto, dei servitori iniziarono il consueto via vai tra la sala e la cucina, mentre i presenti si intrattenevano conversando amabilmente, anche se, in un primo momento, i funzionari non riuscirono a pronunciare parola, ammutoliti dinanzi alla bellezza degli Elfi presenti, che non avevano mai visto.

Dopo la cena, Legolas e Helkamirië si ritirarono presto, a causa dei gemelli che già dormivano fra le loro braccia, mentre Haldir e i suoi fratelli decisero di intrattenersi ancora un po' con i loro ospiti.
Furono condotti alle stanze preparate per loro, situate al primo piano del palazzo e nonostante ne fosse stata approntata una per loro, Helkamirië volle tenere con sé i bambini.
Helkamirië, tu sai che non ci lasceranno riposare, vero?”.
Lo so, Legolas, ma hanno bisogno di starti vicino. Hanno avuto paura quando ti hanno visto privo di sensi. Non ti sei accorto che fanno di tutto per stare con te?”.
Si”, sospirò Legolas. “Forse hai ragione, lirimaer. Teniamoli con noi”.
L'Elfo sistemò nel letto Amrod che dormiva fra le sue braccia, mentre Helkamirië faceva lo stesso con Anië. Dopo aver lasciato la bambina, la fanciulla indossò la camicia da notte che le era stata messa a disposizione, bianca e leggera, tanto da lasciar trasparire la sua luce, invece Legolas, liberatosi di casacca e stivali, si era già infilato sotto le lenzuola, stringendo a sé Amrod. Helkamirië lo raggiunse e subito fu stretta da Anië, mentre si tendeva a baciare Legolas, cadendo subito dopo in un sonno profondo. Il suo sposo tuttavia, non riusciva a dormire; continuava a guardare Helkamirië, ripensando a come aveva rischiato di non vederla più: adorava passare del tempo a osservarla mentre riposava, quando finalmente ogni genere di timore lasciava il suo volto che appariva ancora più sereno. La luce di Elbereth brillava più intensa che mai, dando a Legolas l'impressione di stare a guardare un astro del cielo; sorrise intenerito quando la vide mettere il broncio nel sonno: la sua Helkamirië gli aveva dato due splendidi figli, ma per certi aspetti era lei stessa una bambina. Il pensiero che gli uomini di Rhumine avessero rischiato di togliergli tutto, gli fece provare un sentimento che non era uso albergare nel suo cuore: il desiderio di vendetta; adesso comprendeva la poca fiducia che Helkamirië nutriva per quella donna e prese la sua decisione: nonostante avesse in un primo momento deciso di lasciarla perdere, Rhumine non avrebbe più dovuto avvicinarsi alla sua famiglia, avrebbe speso fino all'ultima energia per smascherarla e fermarla finalmente. Le avevano concesso per troppo tempo di dimorare in mezzo a loro, prendendosi gioco di chi le stava intorno. Infine, il dolce sonno di Lorien riuscì ad afferrarlo, concedendogli il riposo da timori e preoccupazioni.

Al mattino, ripresero il cammino verso la Bianca Città e dopo una settimana di viaggio giunsero finalmente in vista di Minas Tirith; attraversarono Osgiliath, ancora in ricostruzione dopo tutto il tempo trascorso dalla Guerra dell'Anello, ingombra di materiale da costruzione e di Uomini che vi lavoravano. Non appena valicarono il ponte che sovrastava l'Anduin, videro risplendere in lontananza la Bianca Torre di Echtelion, i cui vessilli si libravano nel cielo terso sospinti dal vento del mattino. Avvicinandosi al nuovo Cancello costruito dai Nani, sentirono chiare trombe d'argento annunciare il loro arrivo, ed entrarono nella città, apprestandosi a percorrerne tutti i livelli. I gemelli osservavano rapiti la maestosa Città degli Uomini, stupiti da quelle immense costruzioni in pietra, così diverse da quelle a cui erano abituati, essi stessi a loro volta oggetto dell'ammirazione di coloro i quali li vedevano passare. Quando infine raggiunsero la Cittadella trovarono Aragorn stesso ad attenderli, accompagnato dalla sua Regina e dai Signori d'Ithilien; il Re si precipitò ad accoglierli, abbracciando amichevolmente Legolas.
Sapevo che non mi avresti deluso!”, esclamò.
Mi conosci, Aragorn”, disse Legolas. “Sai che non avrei mai lasciato la mia famiglia”.
Amrod e Anië, intimoriti da quei nobili sconosciuti, si erano nascosti dietro Helkamirië, stringendo la stoffa del suo vestito, e la madre li prese per mano spingendoli avanti a sé.
Miei Sovrani, Signori d'Ithilien”, disse. “Questi sono Amrod e Anië, i figli miei e di Legolas”.
Eowyn si avvicinò ai bambini, chinandosi accanto a loro, mentre un sorriso malinconico attraversò il viso di Arwen, evidentemente persa in ricordi ormai lontani.
Sono bellissimi”, disse Eowyn, prendendo in braccio Amrod. Arwen si avvicinò anche lei, chinandosi a prendere Anië, e la piccola dal canto suo, fissò a lungo la Regina negli occhi, studiando il suo viso.
Tu non sei più come noi”, disse infine.
No, non lo sono”, disse Arwen. In un primo momento sembrò che la tristezza offuscasse il suo viso, ancora splendido, nonostante il tempo ormai vi scorresse impietoso; ma subito fu scacciata dal sorriso che vi risplendette. “Però sono molto felice. Ho lasciato la nostra gente per seguire il mio cuore e non me ne sono mai pentita”.
Anië sorrise a sua volta, posando le manine sul viso della Regina. “E' vero, sei tanto, tanto felice!”, esclamò.
Helkamirië osservò quella scena ripensando ancora una volta alla grande perdita che gli Eldar avevano affrontato quando la loro Stella del Vespro aveva scelto la mortalità; Anië grazie alla sensibilità tipica degli Elfi aveva subito intuito che Arwen era stata come loro, ma quella stessa capacità le aveva dato la conferma di quanto la Regina fosse felice della sua vita.
Aragorn e Arwen li condussero davanti all'Albero Bianco, lo stesso che Aragorn aveva trovato alle pendici del Mindolluin, e mentre erano seduti nei pressi, furono raggiunti da Rhumine. La donna non doveva aver saputo del loro arrivo, perchè nello scorgere Legolas rimase come pietrificata; quando riuscì a riscuotersi, si avvicinò al gruppo, inchinandosi davanti ai suoi Sovrani e ai loro ospiti.
Legolas, vedo con piacere che la cura ha avuto i suoi effetti”.
Helkamirië sbiancò per la rabbia, constatando con quanta faccia tosta Rhumine affrontasse l'argomento; Legolas, invece, sembrava estremamente tranquillo e le sorrise persino.
E' così”, disse. “E credo di dover ringraziare te per averla ottenuta. La mia sposa mi ha detto che sei stata brava a farti consegnare l'antidoto da persone che non conoscevi, anche se della tua stessa stirpe. Perchè tu non li conoscevi, vero?”.
N-no, infatti”, disse Rhumine. 'Maledetta Helkamirië! Deve averlo convinto a diffidare di me alla fine... ma ciò che conta è che stia bene'.
Legolas, Helkamirië”, intervenne Aragorn, “non vorreste rimanere per qualche tempo a Minas Tirith? Faramir dovrà restare per via di alcune questioni di governo e Eowyn lo accompagna, senza contare che qualche giorno fa ho ricevuto delle missive che mi informano delle visite di Gimli e anche di Merry e Pipino. Sono certo che avrebbero piacere di rivedervi”.
Ne saremmo felici, Aragorn”, disse Helkamirië.

Dopo aver trascorso tutto il giorno a mostrare ai gemelli le meraviglie della Bianca Città, Legolas e Helkamirië furono gli ospiti d'onore del banchetto che si svolse a Palazzo, un sontuosissimo convito cui parteciparono tutti i dignitari di corte e gli ambasciatori di paesi lontani.
La Luna era quasi sorta ormai quando poterono tornare alle proprie stanze, dopo quella giornata interminabile. Helkamirië aveva notato che durante tutto il banchetto Rhumine non aveva distolto lo sguardo da Legolas per più di un minuto, e quando raggiunsero la loro camera, dopo aver dato la buonanotte ai gemelli, lo disse al suo sposo, il quale proruppe in un'allegra risata.
Helkamirië non devi temere”, disse. “Non mi farà più del male, è già in una posizione difficile”.
Non è di questo che mi preoccupo”, disse Helkamirië. “Credo che stia cedendo: non si preoccupa più di nascondere il suo interesse per te, né di mantenere il suo atteggiamento freddo e impassibile”.
Quindi è questo il problema”, disse Legolas cingendole la vita. “Ti infastidisce questo 'interesse'”.
La fanciulla si voltò dall'altra parte, mettendo il broncio. “Non prenderti gioco di me”, disse.
Non lo faccio”, disse Legolas, afferrandole il mento con due dita e costringendola a guardarlo, per poi chinarsi a baciarla dolcemente. Helkamirië rispose al bacio che si fece via via più intenso e passionale e lasciò cadere la veste che indossava, presto raggiunta dagli indumenti di Legolas. L'Elfo la strinse spasmodicamente a sé, lasciando che le sue mani vagassero sul corpo della fanciulla, accarezzando ogni palmo di quella pelle lucente e vellutata, e sentendo le piccole mani di Helkamirië che a loro volta disegnavano il profilo di ogni più piccolo muscolo sfiorato, fino a intrecciarsi dietro al suo collo nei serici capelli dorati; si staccarono per riprendere fiato ed entrambi videro bruciare negli occhi dell'altro lo stesso identico amore. Legolas afferrò Helkamirië per i fianchi conducendola verso il letto e la costrinse gentilmente a sdraiarvisi insieme a lui, mentre la Luna che faceva capolino dalla finestra aperta, fu la muta testimone del riunirsi di due anime e due corpi destinati ad essere un'unica entità.

Il mattino seguente, Helkamirië fu svegliata da un raggio di Sole che era andato a posarsi sul suo volto, solleticandogli le palpebre; fece per alzarsi, ma qualcosa glielo impedì: Legolas dormiva con il capo sul suo ventre, stringendole possessivamente la vita, e sembrava non aver la minima intenzione di spostarsi. La fanciulla sorrise intenerita e alzò una mano a sfiorarlo in una delicata carezza, spostando i capelli che gli coprivano il volto. Per tutta risposta, l'Elfo la strinse più forte, mugugnando qualcosa di incomprensibile e suscitando le risate di Helkamirië, la quale rise talmente tanto da costringerlo ad aprire gli occhi.
Lirimaer”, disse l'Elfo. “Perchè mi hai svegliato? Stavo così comodo...”, disse con un sorriso sornione.
Oh, perdonami mio signore, sono desolata!”, disse ironica Helkamirië.
Legolas si sollevò sulle braccia, spostandosi fino a portare il viso a pochi centimetri da quello della sua sposa.
Adesso sei tu che ti prendi gioco di me”, disse, baciandola teneramente.
Helkamirië sorrise e lo spinse scherzosamente indietro. “Il Sole è sorto, abbiamo delle faccende da sbrigare”, disse alzandosi dal letto. Legolas rimase a guardarla mentre indossava una veste bianca e solo allora lasciò anche lui le morbide coltri, mentre la fanciulla usciva dalla stanza per andare a prendere i gemelli.
Dopo essersi vestito la seguì, trovandola in piedi vicino ai lettini dei loro figli che dormivano ancora tranquilli.
Dovresti svegliarli”, le disse, abbracciandola da dietro.
Hai ragione”, disse Helkamirië. “Ma amo vederli riposare”.
Allora lasciamoli qui”, disse Legolas. “Raggiungiamo Aragorn nella Sala del Trono”.
L'Elfo la prese per mano, conducendola lungo i corridoi e le lunghe scalinate fino alla Sala, dove li aspettava Aragorn. Il Re si trovava in piedi alla base della scala che reggeva il Trono, accanto a delle piccole figure che conversavano con lui: questi altri non erano che Gimli e i due Hobbit, Merry e Pipino. Il Conte si volse nella loro direzione non appena varcarono la porta d'ingresso e restò ammutolito a fissare la sua amata Dama Helkamirië. Potendola rivedere finalmente dopo lunghi anni, si scoprì a ritenerla ancora più bella e luminosa dei suoi ricordi più nitidi, meravigliosa nella veste bianca che per nulla offuscava la luce di Varda. Merry e Gimli invece, avevano raggiunto gli Elfi che ritrovavano dopo troppo tempo.
Mia signora!”, esclamò Merry quando Helkamirië gli prese le mani nelle proprie. “Non so dirti quanto sia felice di rivederti”.
Lo stesso vale per me, Merry”, disse la fanciulla. “Ancora non ho avuto il piacere di ospitarti nel mio Reame”.
Mi è stato detto”, interloquì Gimli, “che esso potrebbe rinfrancare il mio spirito, mostrandomi una visione del Reame Beato”.
Non è proprio così, amico mio”, disse Legolas. “Certamente, Taur-en-Ithil ti ricorderebbe molto la Beata Lothlorien, perchè Helkamirië ha voluto che la rendessimo simile al luogo dove ha vissuto; tuttavia, gli Elfi che vi dimorano sono genti silvane e perciò la nostra dimora è allo stesso modo affine alle Sale di Thranduil”.
Mentre così conversavano, Pipino si mosse finalmente nella loro direzione, andando a raggiungere Helkamirië, la quale dal canto suo si era chinata sulle ginocchia per poterlo guardare negli occhi.
Infine ci rivediamo Peregrino Tuc”, disse l'Elfo.
Mia signora Helkamirië”, disse Pipino, inchinandosi goffamente. “E' un grande onore per me poter posare nuovamente gli occhi sulla tua soave figura”.
Helkamirië sorrise dolcemente, stendendo le braccia a circondare lo Hobbit. “Sono felice di incontrarti”, disse. “Mi sei stato di grande conforto qui a Minas Tirith durante la Guerra; non ho mai dimenticato i miei amici Hobbit”.
Meriadoc”, disse Legolas. “Hai già rivisto Dama Eowyn?”.
Si, Legolas. E ho fatto visita a Re Eomer prima di giungere a Minas Tirith; non posso dimenticare i miei doveri di Scudiero di Rohan!”, esclamò battendosi il pugno sul petto e suscitando le risate dei presenti.
Amici”, disse improvvisamente Aragorn. “Temo una nuova minaccia per il Regno degli Uomini: vorreste darmi il vostro aiuto?”.
Non hai bisogno di chiederlo”, disse Gimli, incrociando le braccia.
Avrai tutto l'appoggio della Contea!”, esclamò Pipino.
Pipino ha ragione”, annuì Merry. “Dopotutto, noi siamo la Compagnia dell'Anello”.

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Capitolo 45
*** 44 ***


Aragorn spiegò a Gimli e ai due Hobbit quale fossero i suoi timori riguardo Rhumine e i tre accettarono di tenerla d'occhio e aiutare come potevano i loro amici. Pipino andò a cercare Bergil, il figlio di Beregond la Guardia, ormai un uomo adulto, perchè gli dicesse ciò che sapeva. Proprio come suo padre, Bergil era diventato una delle Guardie della Cittadella e lo Hobbit ebbe non poche difficoltà a riconoscere in quell'uomo alto e possente il bambino che era diventato suo amico all'epoca della Guerra. Per un fortunato caso, l'Uomo aveva avuto a che fare con i prigionieri impegnati nella ricostruzione della Cittadella e fra essi figurava anche Rhumine.
Mi ricordo di lei”, disse Bergil quando Pipino gli chiese dell'assassina. “Era davvero una fanciulla perfida. A me spettava il compito di portare da mangiare a quelli che lavoravano, compresi i prigionieri, e sebbene fosse più grande di me di non più di tre anni, mi trattava sempre con arroganza, squadrandomi dall'alto in basso”.
E non hai notato nulla che possa giustificare il suo improvviso cambiamento?”, disse Pipino.
Lasciami ricordare”, disse Bergil. Rimase assorto per qualche momento, poi il suo viso si illuminò come per un'improvvisa rivelazione. “Il funzionario Valegil potrebbe saperne qualcosa; un giorno venne sul campo dove lavoravano i costruttori e chiese di Rhumine. Andò a parlarle e da quel giorno avvenne il manifesto cambiamento di lei; ma non so cosa si dissero”.
Non temere”, disse Pipino. “Hai fatto più di quanto pensi. A presto Bergil”, disse, tornando in fretta verso il Palazzo.

Peregrino Tuc entrò di corsa nella Sala del Consiglio dove si trovava Aragorn in compagnia di Legolas, Gimli e Merry; Helkamirië non si trovava con loro per esplicita volontà di Legolas che desiderava tenerla fuori dalla faccenda. Il Conte riferì loro ciò che aveva saputo da Bergil, con sommo stupore di Aragorn, il quale conosceva Valegil come un funzionario leale.
Non posso credere che egli abbia complottato con Rhumine”, disse prendendosi la testa fra le mani. “Di chi posso fidarmi se anche i miei dignitari si dimostrano dei traditori?”.
Non trarre conclusioni affrettate”, disse Legolas. “Non sappiamo ancora cosa le abbia detto Valegil, potrebbe non avere nulla a che fare con il suo cambiamento”.
L'Elfo ha ragione”, intervenne Gimli. “Eppure, egli era fedele a Denethor: non deve essere felice della tua ascesa al trono”.
Mi rimane una sola cosa da fare”, disse Aragorn. “Devo convocare Valegil e chiedergli ragione del suo comportamento”.
Dama Helkamirië lo conosce”, disse Pipino. “Forse è opportuno che lei sia presente”.
No”, disse Legolas. “Helkamirië non deve avere nulla a che fare con Rhumine”.
I Compagni si guardarono l'un l'altro, perplessi dalla decisione dell'Elfo, ma nessuno di loro si sentiva di contraddirlo, perciò si limitarono ad attendere Valegil, appena convocato dal Re.
Non appena varcò l'ingresso della Sala, il funzionario cominciò a dare segni evidenti di nervosismo: il sudore gli imperlava la fronte e osò avanzare di qualche passo solo dopo che Aragorn lo ebbe invitato a sedersi. Il Re scambiò uno sguardo d'intesa con Legolas e si avvicinò a Valegil, sedendosi di fronte a lui.
Valegil”, cominciò, “sei a conoscenza del motivo per cui sei stato convocato?”.
T-temo di si, mio Re”, balbettò Valegil.
Dunque andrò subito al punto”, disse Aragorn. “Tu conosci Dama Rhumine; voglio che mi dica cosa le dicesti per motivare il suo cambiamento, anni fa”.
Perdonami mio Re!”, esclamò Valegil scoppiando a piangere per la sorpresa generale. “Non volevo aiutarla, ma i suoi uomini mi hanno costretto!”.
Adesso calmati, Valegil”, disse Aragorn. “Raccontami come sono andate le cose”.
Valegil iniziò a parlare, rivelando ai presenti come gli Assassini di Rhûn avessero fatto irruzione nella sua casa, avendo scoperto come il suo ruolo gli permettesse di recarsi inosservato sul luogo dove lavoravano i prigionieri; avevano preso come ostaggio l'unica figlia di Valegil, Faelivrin, e avevano intimato a lui di portare un messaggio a Rhumine. Avrebbe dovuto riferire che la Gilda stava preparando un piano per vendicare il loro Signore Sauron e che avevano bisogno che lei agisse come infiltrata all'interno del Regno di Gondor, consigliandole di conquistare la fiducia di Aragorn.
Faelivrin è tuttora nelle loro mani”, disse Valegil. “Perchè vogliono essere sicuri che io continui a fare da messaggero tra loro e Dama Rhumine”.
Che tipo di messaggi devi darle?”, chiese Aragorn.
Principalmente devo comunicare quando avverranno gli incontri tra loro ed eventuali variazioni; ultimamente si vedono così spesso che il mio è un continuo via vai tra la mia dimora e le stanze di Dama Rhumine”.
Valegil dove avvengono questi incontri?”, interloquì Legolas.
Nell'Ithilien”, disse Valegil. “Si incontrano in quella che un tempo era la Valle di Morgul. Ritengo molto probabile che i mercenari abbiano un covo da quelle parti... forse nei pressi di Henneth Annûn”.
Come immaginavo”, disse Legolas. “Sei certo che il loro nascondiglio si trovi proprio nei pressi dello Stagno Proibito?”.
Io non l'ho mai visto di persona, mio signore”, disse Valegil. “Ma una volta udii una conversazione tra Dama Rhumine e un Uomo di Rhûn che credo sia suo padre; dicevano che si sarebbero visti nella Valle di Morgul e che poi lui sarebbe ritornato come di consueto a quella misera pozza che chiamano Stagno”.
Dobbiamo trovarli”, disse Aragorn.
Non possiamo schierare un esercito”, disse Gimli. “Sarebbe come suonare le trombe per annunciare il nostro arrivo”.
E' un'ottima idea Gimli!”, disse Aragorn.
Come?!”, esclamarono all'unisono i Compagni.
E' il modo migliore per catturarli”, disse il Re. “Se saranno distratti dall'Esercito, non baderanno a noi”.
Noi?”, chiese Pipino.
Esatto. Un gruppo di uomini scelti che si recheranno al nascondiglio attraverso i boschi d'Ithilien”.
Io ne farò parte”, disse Legolas. “Avrete bisogno di una guida per attraversare le selve”.
Lo stesso vale per me”, disse Gimli. “L'Elfo avrà bisogno di una mano”.
Allora ci saremo anche noi!”, esclamò Merry, stringendo un braccio attorno al collo di Pipino.
Dunque la decisione è presa”, disse il Re. “Saremo io, Legolas, Gimli, Merry e Pipino. In più, sceglierò qualche Guardia della Cittadella perchè ci accompagni; partiremo domattina all'alba. Ricordate: una delle nostre priorità sarà salvare Faelivrin”.
I Compagni uscirono uno dopo l'altro dalla stanza, lasciando Valegil ancora frastornato per ciò che era accaduto e felice alla prospettiva di rivedere Faelivrin.
Nessuno di loro si era accorto di Rhumine, nascosta nelle ombre del corridoio di pietra.

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Capitolo 46
*** 45 ***


Rhumine uscì dall'ombra in cui era nascosta, fissando con astio le schiene dei Compagni ormai lontani.
E così vorreste distruggerci”, disse serrando i pugni. “Se le cose stanno così, vedremo chi uscirà trionfante da questa faccenda... comincerò col distruggere gli Elfi; quella stupida presuntuosa e il suo sposo che sembra incapace di vedere oltre il suo naso”.
La donna si guardò intorno per accertarsi di non essere vista, e stava per allontanarsi quando Valegil uscì dalla Sala.
D-dama Rhumine”, biascicò.
Valegil”, disse lei, con gli occhi ridotti a due fessure. “Non sembri in grado di mantenere un segreto, amico mio. Eppure sai che questo atteggiamento non ci piace, vero?”.
Dama Rhumine, te ne prego, non fate del male a Faelivrin!”.
Oh Valegil”, disse Rhumine, fingendosi costernata. “Io non vorrei farlo, ma tu mi hai costretta a prendere una decisione così grave”.
A quella risposta, lo sguardo dell'Uomo si illuminò di una nuova determinazione e senza alcun timore afferrò Rhumine per i polsi, fissandola con odio. “Mi detesto per questo pensiero, ma... fai ciò che ritieni opportuno; mia figlia è come morta da venti anni ormai, non sono nemmeno sicuro che mi riconoscerebbe. Non potrai essere più veloce di Re Elessar, io ho ancora speranza. Il mio Re salverà la vita di mia figlia e tu non potrai impedirlo, come non potrai opporti alla distruzione di tuo padre e dei tuoi compagni!”.
Rhumine si liberò dalla stretta, colpendo Valegil in pieno stomaco con il ginocchio.
Sei solo un illuso”, disse chinandosi sull'Uomo, crollato al suolo. “Non mi interessa cosa faranno ai miei compagni, io li distruggerò tutti, anche se dovessi impiegare tutta la vita”.
Rhumine lasciò Valegil in mezzo al corridoio e si allontanò decisa; doveva trovare Helkamirië.

Helkamirië si trovava nella stanza dei gemelli, ignara degli sviluppi della situazione, insieme ad Arwen ed Eowyn; d'un tratto, Anië le corse incontro, lasciando Amrod seduto sul pavimento dove stavano giocando.
Naneth!”, esclamò la bambina. “Mi racconti della Principessa Me?”.
No!”, si fece sentire Amrod. “Raccontami del Cavaliere Errante”.
Anië lascia scegliere Amrod”, disse Helkamirië. “L'ultima volta vi ho raccontato ciò che tu hai deciso”.
D'accordo”, sbuffò Anië. “Ma parti dalla Battaglia di Faeria”.
La fanciulla prese i gemelli fra le braccia e cominciò a raccontare la storia che avevano scelto, una poesiola che gli Elfi erano soliti raccontare ai loro figli.
[...]Attraversò arcipelaghi ove
crescon le gialle calendule
e infinite fontane argentee
ci sono e monti tutti d'or.
Prese a predar e a guerreggiar,
a saccheggiare oltre il mar,
vagabondò per Belmarie
e Thellamie e Fantasie.

Lo scudo e un elmo fabbricò
d'avorio e di corallo,
smeraldi in spada poi forgiò
e a guerra andò terribile
contro gli Elfi di Aeria;
e i paladin di Faeria,
coi lampi agli occhi e i capei d'or,
in groppa lo vollero sfidar.

Corazza di cristallo avea,
di calcedonia il fodero;
la lancia tutta d'ebano
al plenilunio rilucea.
I giavellotti in malachite
e stalattite lui brandì,
e combattè libellule
del Paradiso e le ferì.

Coi calabroni battagliò
cervi volanti e api
e il favo d'oro conquistò;
e corse a casa oltre i mar
la nave sua di foglia era,
le vele erano boccioli;
sedette e incominciò a cantar
e l'armatura a lucidar.[...]”.
Il racconto di Helkamirië fu interrotto da qualcuno che bussava alla porta, e dopo che le fu accordato il permesso, Rhumine entrò nella stanza.
Ti domando scusa, Helkamirië”, disse. “Non volevo disturbare, ma ho una faccenda urgente da discutere con te. Vorresti seguirmi qui fuori un momento?”.
Ma certo, Rhumine”, disse l'Elfo. “Arwen, Eowyn vi dispiace badare ai gemelli? Io tornerò fra poco”.
Le donne annuirono e Helkamirië uscì seguendo Rhumine.
Allora Rhumine, di cosa volevi parlare?”.
In realtà di nulla, sciocca Elfo”, disse Rhumine, mentre due Uomini spuntavano dietro Helkamirië bloccandole le braccia e coprendole la bocca con un panno. “Solo del tuo trasferimento a Rhûn”.
Helkamirië sbarrò gli occhi e tentò di divincolarsi, ma i due erano troppo forti per lei e così ebbero gioco facile nel trascinarla dietro una parete mobile di pietra.
Sai, Helkamirië, dopo vent'anni Re Elessar non conosce ancora bene il suo palazzo... non ci troveranno mai!”.
Così dicendo, Rhumine scoppiò a ridere, ma la sua era una risata malvagia che nulla aveva di felice, mentre il gruppo continuava a scendere nelle profondità di Minas Tirith.

Nel frattempo, Arwen, insospettita dal ritardo di Helkamirië era uscita a cercarla, ma senza risultato. La paura le afferrò il cuore, trovando per terra la catena con il fiore d'argento che l'Elfo era solita portare, e tornò in fretta nella stanza.
Eowyn!”, esclamò. “Non sono qui!”.
Che cosa?!”, disse Eowyn saltando dalla sedia.
Rhumine e Helkamirië sono scomparse”, disse Arwen. “E ho trovato la collana di Helkamirië, lei non la lascerebbe mai, è il dono di nozze di Legolas. Andiamo ad avvisarlo, non vorrei che fosse accaduto qualcosa di grave”.
Non essere avventata Arwen”, disse Eowyn. “Proviamo a cercarle nel Palazzo, prima. Se fossero soltanto uscite sulla Piazza, metteremmo in allarme Legolas senza motivo”.
Arwen annuì poco convinta e prese con se Amrod, mentre Eowyn prese la sorellina; le due donne si divisero prendendo direzioni diverse che consentissero loro di perlustrare il Palazzo. Quando si ritrovarono all'esterno, dovettero constatare che purtroppo i timori di Arwen erano fondati: non c'era traccia di Helkamirië o di Rhumine nel Palazzo, né nella Piazza, e affacciandosi dalla punta estrema della stessa, poterono vedere un gruppo di cavalieri allontanarsi di gran carriera e fra essi c'era qualcuno di insolitamente luminoso. Arwen ed Eowyn entrarono di corsa nella residenza reale, alla disperata ricerca di Aragorn e Legolas, trovandoli infine nella Sala del Trono con i Compagni e Faramir. Quest'ultimi vedendole entrare così trafelate scattarono subito sul chi vive.
Arwen, cosa è accaduto?”, chiese Aragorn.
Una cosa terribile, mio Re”, disse Arwen con le lacrime agli occhi.
Dov'è Helkamirië?”, chiese Legolas prima che rispondesse. “Perchè i bambini sono con voi?”.
Rhumine l'ha portata via”, disse Arwen in lacrime, porgendogli la collana.
Che cosa?!”, esclamò Legolas, bianco come un cencio mentre stringeva il ciondolo fra le dita.
E' entrata nella stanza dicendo che doveva parlarle e Helkamirië l'ha seguita senza timori”, disse Eowyn. “Ma quando abbiamo visto che tardava siamo uscite a cercarla. Abbiamo perlustrato il Palazzo in lungo e in largo ma senza risultato e quando infine siamo uscite sulla Piazza, abbiamo visto dei cavalieri allontanarsi e uno di essi era sicuramente Helkamirië: la luce di Elbereth non lascia spazio a molti dubbi”.
Devo andare subito a cercarla”, disse Legolas.
Aspetta!”, disse Aragorn. “Vengo con te. Potresti aver bisogno di aiuto”.
Va bene”, disse l'Elfo. “Potrai prendere Carnemirië, non avrà nessun problema a starmi dietro”.
Ada”, lo richiamò Amrod. “Per favore porta a casa naneth”.
Lo farò”, disse Legolas dando un bacio a ciascuno dei suoi figli. “Non tornerò senza di lei”.

Nel frattempo, Rhumine stava dirigendo i suoi uomini verso Henneth Annûn, intenzionata a uccidere Helkamirië proprio in quello che era il suo regno. Legolas e Aragorn, i quali grazie ai cavalli elfici li avevano raggiunti quasi subito, continuavano a seguirli da presso, in attesa di un'occasione propizia per attaccarli e liberare Helkamirië. Finalmente, i mercenari furono costretti a fermarsi presso un corso d'acqua per lasciar dissetare i cavalli, così i due si nascosero nella boscaglia a spiare la situazione; poco distante si sentiva il rombo di una cascata, ottima cosa per i due che potevano così agire senza timore di essere sentiti. Rhumine sembrava estremamente nervosa, continuava a passeggiare su e giù senza sosta, finchè improvvisamente il suo sguardo si posò su Helkamirië, uno sguardo che quasi più nulla aveva di sano.
Alzati”, le ordinò.
L'Elfo fece quanto le era stato detto, guardandola con occhi divertiti; la reazione di Rhumine fu un sonoro ceffone in pieno viso che fece barcollare Helkamirië, la quale però, non sembrava per niente spaventata. Legolas avrebbe voluto uscire subito allo scoperto, ma Aragorn lo trattenne, convincendolo ad attendere ancora qualche istante.
Aragorn, Helkamirië si farà uccidere piuttosto che mostrare paura”, disse l'Elfo. “Devo intervenire”.
Abbi più fiducia nella tua sposa”, disse Aragorn. “Sai che non desidera morire, non passerà il limite”.
Mentre così discutevano, videro che Rhumine stava inspiegabilmente tagliando le corde che serravano i polsi di Helkamirië, lasciandola libera di muoversi.
Avanti Elfo”, disse la donna. “So che hai il tuo pugnale qui con te. Prendilo”.
Senza tradire la minima sorpresa, Helkamirië sguainò il suo pugnale adamantino che teneva nascosto nella manica del vestito, e fece per porgerne l'elsa a Rhumine, la quale le rivolse uno sguardo interrogativo.
Credo che tu non abbia capito”, disse. “Non voglio che tu mi dia il pugnale. Desidero combattere contro di te”.
Io non nutro questo desiderio”, disse Helkamirië. “Non combatterò contro di te”.
Ne sei certa?”, disse Rhumine. “Potrebbe essere la tua unica occasione per fermarmi. Potresti salvare il tuo sposo e i tuoi figli... oppure potrebbe essere la mia unica occasione di liberarmi di te!”.
Così dicendo, Rhumine si scagliò contro Helkamirië, alla quale non rimase scelta se non quella di combattere per la propria vita; mentre le due si affrontavano duramente, Legolas e Aragorn ne approfittarono per attaccare gli altri due Uomini.
Lo scontro tra Rhumine e Helkamirië proseguiva violento e le due si erano avvicinate pericolosamente al bordo della cascata; d'improvviso, l'Elfo vibrò un colpo potente che spezzò il pugnale di Rhumine. La donna cadde a terra, tenendosi la mano lievemente ferita, ma non si arrese: Legolas le era abbastanza vicino e sufficientemente impegnato a lottare con la spada, e con una mossa fulminea gli sottrasse il pugnale bianco, tornando poi all'attacco contro Helkamirië. L'Elfo era più abile, ma gli Assassini di Rhûn non erano certo noti per la loro onestà: Rhumine la accecò con la polvere e le lanciò contro il pugnale che la colpì al ventre.
Helkamirië fece qualche passo indietro fissando la macchia cremisi che si allargava sulla veste candida, e rivolgendo poi lo sguardo a Legolas che era completamente attonito.
Legolas...”, biascicò, prima di cadere inghiottita dalla cascata.
No! Helkamirië!”, urlò Legolas lanciandosi verso di lei, ma non arrivò mai al precipizio. Qualcuno lo aveva colpito pesantemente alla nuca facendogli perdere i sensi; prima che il buio lo avvolgesse, i suoi occhi caddero sul fiore d'argento che teneva fra le dita e il suo pensiero volò a Helkamirië. “Lirimaer...”.

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Capitolo 47
*** 46 ***


Legolas perse completamente conoscenza, mentre Aragorn che aveva tentato di raggiungerlo veniva bloccato da altri due Uomini; quello che aveva tramortito l'Elfo non era altri che Rhudda, giunto per incontrare sua figlia.
Rhumine stai bene?”, chiese.
Si, padre”, disse la donna sorridendo malvagiamente. “Finalmente mi sono liberata di quella Valienna... e Legolas potrà essere solo mio”.
Rhumine!”, esclamò Aragorn. “Sei una vigliacca! Come hai potuto uccidere Helkamirië e tradire me, che ti ho accolta come una sorella? Come hai potuto?!”.
Vedi, Aragorn”, disse la donna avvicinandosi a lui. “In realtà credevo che il mio compito sarebbe stato più difficile, ma... pare che gli stupidi sentimenti che vi guidano mi abbiano facilitato di molto le cose; a Rhûn non sarei mai stata accolta solo per uno strano cambiamento. Voi vi lasciate trascinare dal cuore, e così avete provato subito pietà per una povera fanciulla pentita, costretta dalle circostanze ad agire in maniera crudele; non avreste potuto dimostrarvi più inetti”.
Aragorn digrignò i denti, tentando di divincolarsi, ma i suoi nemici gli legarono i polsi, trascinandolo con sé, mentre Legolas veniva trasportato a dorso di cavallo; si addentrarono nelle foreste d'Ithilien e a sera giunsero infine a una parete di pietra, la stessa che racchiudeva Henneth Annûn: la roccia era percorsa da una quantità di cunicoli e gallerie che i Mercenari di Rhûn avevano imparato a conoscere, sfruttandole a proprio vantaggio. Aragorn e Legolas vennero gettati dentro una piccola grotta, chiusa artificialmente da un'inferriata e sorvegliata a vista da gruppi di quattro sentinelle. L'Elfo non aveva ancora ripreso i sensi, ma continuava ad agitarsi e a chiamare il nome di Helkamirië.

Aragorn si avvicinò a Legolas, scuotendolo perchè si svegliasse; quando l'Elfo socchiuse gli occhi, lo aiutò a mettersi a sedere, facendolo appoggiare contro la parete di roccia.
Come stai Legolas?”.
Perchè me lo chiedi?”, sussurrò Legolas. “Ho il cuore spezzato, nulla può più toccarmi”.
Aragorn vide il dolore negli occhi dell'amico, un dolore sordo a ogni possibile sollievo; nemmeno quando credeva Helkamirië morta a Lothlorien lo aveva visto così sofferente. Ormai, lo spirito di Legolas era annientato, incapace di sollevarsi persino per amore dei figli, ma c'era dell'altro: l'Elfo desiderava vendicarsi, non avrebbe avuto pace fin quando Rhumine avesse avuto vita.
Presto calò la notte e i raggi della Luna penetrarono attraverso una fessura della roccia, inondando la prigione di luce argentea. Aragorn si era assopito, travolto dagli eventi di quella lunghissima giornata, ma Legolas continuava a rimanere immobile al suo posto. Appena il primo raggio lunare lo aveva illuminato, aveva avuto la sensazione di sentire una carezza sul viso, ma l'aveva subito scacciata: Helkamirië, la sua amata sposa era morta; inutile continuare a sperare. Nonostante cercasse di convincersene, però, quella strana impressione permaneva, fin quando l'Elfo non si trovò avvolto dalla soffice luce tipica dei sogni.
Un fortissimo bagliore gli giunse dall'esterno della sua prigione, dove si stagliava contro il buio della grotta una figura di donna.
Non farmi questo”, sussurrò Legolas distogliendo lo sguardo.
La donna si avvicinò a lui, costringendolo a posare nuovamente lo sguardo su di lei.
Helkamirië”, disse Legolas; avrebbe voluto stringerla a sé, ma temeva che svanisse fra le sue dita. Helkamirië lo tolse da ogni impaccio, abbracciandolo lei stessa.
Legolas”, disse. “Non pensare alla vendetta: ti consumerebbe. Amrod e Anië hanno bisogno di te e... io ho bisogno della purezza del tuo spirito”, disse staccandosi da lui.
Non andartene!”, la implorò Legolas. “Non tornare a Mandos!”.
Helkamirië scosse la testa, guardandolo tristemente; mentre una lacrima le solcava il viso quale un piccolo diamante, la sua figura si dissolse nell'aria, portando con sé ogni luce.
Legolas si riscosse, per nulla stupito di essersi addormentato, ancora incerto se quello che aveva visto fosse sogno o realtà; l'unica certezza era il profumo di Helkamirië che aleggiava nella cella.

Per due giorni e due notti ancora rimasero chiusi in quella grotta, uno spazio così angusto che non consentiva loro nemmeno di passeggiare per risvegliare le membra intorpidite. Il terzo giorno una sentinella prese con sé Legolas che fu portato negli alloggi di Rhumine.
La donna sedeva su quello che sembrava un trono, finemente intagliato e intarsiato di gemme e pietre dure; aveva indossato nuovamente la tenuta che la identificava come parte della Gilda degli Assassini dell'Occhio di Fuoco, evidentemente decisa a non fare ritorno a Minas Tirith.
Legolas”, disse con voce che avrebbe voluto risultare suadente. “Vedo che stai meglio: temevo che mio padre avesse esagerato”.
Tuo padre mi ha impedito di salvare Helkamirië”, disse Legolas neutro.
Non avresti potuto far nulla”, disse Rhumine con un mezzo sorriso. “Anche se la ferita che le ho inferto non fosse stata mortale, in quelle condizioni non avrebbe resistito alla caduta”.
Sii grata alle catene che mi trattengono, Rhumine!”, esclamò Legolas. “Altrimenti il tuo spirito si sarebbe già librato al di là del Mare”.
Legolas, possibile che tu non capisca?”, disse Rhumine. “L'ho fatto solo per noi, per il nostro futuro. Io so che anche tu mi ami e adesso sei finalmente libero di mostrarlo alla luce del Sole, non sei più costretto in quella farsa che chiamavi matrimonio”.
Legolas era rimasto a bocca aperta per lo stupore e il ribrezzo: possibile che davvero Rhumine credesse a ciò che stava dicendo? Credeva che il suo amore per Helkamirië fosse una finzione?
Tu non sai cosa dici, Rhumine”.
E invece ne sono pienamente consapevole!”, esclamò la donna, mentre i suoi occhi assumevano uno sguardo vacuo e malato. “Giù al fiume non hai fatto nulla per impedirmi di prendere il tuo pugnale, e questo perchè in cuor tuo sapevi che era la decisione più giusta!”.
Non osare ripetere simili parole!”, gridò Legolas. “Non mi è stato possibile fermarti, perchè ero impegnato in uno scontro! Mai ti avrei lasciato uccidere la mia stessa vita!”.
Puro odio si leggeva adesso negli occhi di Rhumine, la quale colpì Legolas in pieno viso. “Sei uno stupido!”, esclamò. “Ti avevo offerto il mondo su un piatto d'argento e tu lo hai rifiutato. Cosa credi che ne sarà del Regno degli Uomini dopo che avremo ucciso Elessar? Cadrà in mano nostra e il popolo di Rhûn è guidato dalla Gilda: saresti stato il Dominatore della Terra di Mezzo, ma hai stupidamente rifiutato. Subirai lo stesso destino del tuo Re: domani notte, al sorgere della Luna, sarete giustiziati”. Rhumine guardò Legolas e stese una mano a carezzargli il volto, che lui scostò. “Portatelo via”, disse la donna alle sentinelle.

Legolas fu riportato indietro e gettato in malo modo nella cella; si rialzò scuotendosi la polvere dai vestiti e tenendo d'occhio le guardie. Non appena si furono allontanate, l'Elfo si avvicinò rapidamente ad Aragorn.
Devi trovare il modo di fuggire”, sussurrò.
Perchè?”, disse Aragorn. “E perchè solo io?”.
Rhumine vuole ucciderti”, disse Legolas. “Se dovesse riuscirci sarebbe la fine del Regno di Gondor”.
Legolas ti ho fatto un'altra domanda”.
Io devo rimanere”, disse Legolas. “Devo avere la mia vendetta”.
Helkamirië non approverebbe”, disse Aragorn. “Lei voleva la giustizia, ma non era crudele. Diceva spesso che la morte non sarebbe stata una punizione per Rhumine; credo che avrebbe preferito saperla nelle prigioni di Minas Tirith”.
Ma Helkamirië è morta”, disse Legolas. “Ed è morta proprio a causa di quella donna. No, Aragorn: non le lascerò ciò che lei ha tolto alla mia sposa”.
Aragorn non disse più nulla, turbato dal cambiamento subito da Legolas: possibile che il dolore per la perdita di Helkamirië lo avesse provato a tal punto? Sedevano entrambi con la schiena contro la parete rocciosa della cella, ma l'Uomo continuava ad arrovellarsi il cervello, alla ricerca di una soluzione che impedisse a Legolas di mettere in atto i suoi crudeli propositi.
Legolas”, disse. “Quando vorrebbe uccidermi Rhumine?”.
Vuole giustiziarci entrambi, domani notte, non appena la Luna sarà sorta”, disse l'Elfo.
Forse potremmo approfittarne per scappare”.
Non riusciremmo mai a fuggire tutti e due”, disse Legolas. “Però se io li trattenessi, tu avresti una possibilità di farcela”.
Legolas”, disse Aragorn. “Non puoi chiedermi di fuggire e lasciarti qui a morire, sei il mio migliore amico. E poi, pensa ai tuoi figli: hanno perso la loro madre, saresti egoista a privarli anche del padre per la tua vendetta”.
E' inutile che tenti di convincermi, Aragorn”, disse Legolas. “Io farò il possibile per scappare dopo di te, ma non prima di aver eliminato Rhumine”.
Aragorn chinò il capo, sospirando sconfitto: niente avrebbe distolto Legolas dai suoi intenti.

I prigionieri trascorsero tutta la notte e il giorno seguente nella cella, ognuno perso nei propri pensieri: ma se la mente di Aragorn andava alla sua amata Stella del Vespro, a tutto ciò che con lei condivideva e avrebbe perso, Legolas non faceva che rivedere la scena della morte di Helkamirië e alimentare il desiderio di vendetta. Quando il Sole fu tramontato, le guardie vennero a prelevarli, conducendoli ad una radura che si stendeva nei pressi di Henneth Annûn, dove li attendeva il boia. Rhumine si trovava al limitare degli alberi insieme a suo padre, apparentemente divertita all'idea dello spettacolo cui stava per assistere. Diede ordine di prendere per primo Aragorn e le guardie fecero per eseguire l'ordine, ma non lo toccarono neppure, rovinando al suolo uccisi da un nugolo di frecce. Stessa sorte toccò immediatamente dopo al carnefice che aveva tentato la fuga.
Chi siete?”, urlò isterica Rhumine. “Fatevi vedere codardi!”.
Delle risate risuonarono tra gli alberi, e decine di Elfi sbucarono dal folto degli alberi, andando a bloccare i mercenari superstiti, mentre due figure ammantate si portarono dietro Rhumine e Rhudda, puntando loro i pugnali alla gola.

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Capitolo 48
*** 47 ***


Legolas e Aragorn furono liberati delle corde che li trattenevano, ancora frastornati per ciò che era accaduto. I loro salvatori erano certamente Elfi di Taur-en-Ithil, ma nessuno dei due riusciva a spiegarsi il loro intervento, piuttosto che quello dei soldati di Aragorn. L'Elfo che tratteneva Rhudda si levò il manto dal capo, mostrando il viso sorridente di Ilderan.
A quanto pare sei in debito con me, Principino”, disse. “Evidentemente non riesci a toglierti dai guai senza di me”.
Legolas fissò Ilderan a bocca aperta, sbigottito e oppresso dal senso di colpa: come avrebbe potuto dirgli che la sua amata sorella era morta a causa della sua incapacità? Il personaggio accanto a Ilderan rimaneva in silenzio, coperto dal suo manto cupo come la notte, tenendo il pugnale contro il collo di Rhumine.
Sembra”, disse, con voce bassissima, sì che lo udisse solo la donna, “che la mia lama trovi molto attraente il tuo sangue, dopo averlo assaggiato”.
Non puoi essere tu!”, urlò Rhumine. “Ti ho uccisa con le mie mani!”.
I presenti si voltarono verso i due, attratti dalle grida di Rhumine. Legolas cominciava a nutrire sospetti, indotto dalle troppe coincidenze: il manto di quella figura, che si trovava con Ilderan, era scuro, quasi nero e fino a quel giorno, solo Helkamirië aveva avuto un simile indumento fra gli Eldar; e poi, Rhumine diceva di averla uccisa, chiunque fosse.
Che sia...”, sussurrò.
Legolas”, disse Aragorn. “Credo che quella sia...”.
Maledetta Helkamirië!”, gridò in quel momento Rhumine. “Quale stregoneria ti ha riportata in vita? Ti ho vista cadere dalla cascata, trafitta dal pugnale di Legolas!”.
Ne sei certa?”, disse Helkamirië. Finalmente, tolse il cappuccio che le copriva il volto, mostrando il suo splendido viso. Legolas cadde in ginocchio, incapace di reagire in qualsiasi modo.
Tu non mi hai uccisa affatto, Rhumine”, disse Helkamirië. “A dire il vero, non mi hai procurato neanche un graffio”.
L'Elfo lasciò la donna alle cure di Rumil e si diresse verso Legolas che era ancora nella stessa posizione, inginocchiandosi di fronte a lui; avrebbe voluto farsi stringere fra le sue braccia, ma sapeva che doveva essere cauta: per quattro giorni il suo sposo l'aveva creduta morta, poteva solo immaginare il dolore straziante che doveva aver provato.
Lirimaer”, disse Legolas. “Sei viva”.
Si, Legolas”, disse Helkamirië, trattenendo a stento le lacrime.
Io ti ho vista morire”.
No, amore mio”, disse Helkamirië. “Mi hai vista cadere, ma quello che sporcava il mio vestito non era il mio sangue. Quando ha lanciato il tuo pugnale, Rhumine ha colpito la fiaschetta di Sangue di Drago che tenevo all'interno della cintura. La boccetta ha frenato la lama, che però è penetrata abbastanza a fondo da forarla, mentre io ho perso l'equilibrio per il contraccolpo”.
Legolas alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi grigi in quelli verdi di Helkamirië: la vide sofferente, sull'orlo delle lacrime e non seppe spiegarsi il motivo.
Helkamirië”, disse. “Cosa c'è che non va?”.
Io... mi sento in colpa, Legolas”, disse la fanciulla. “Avrei dovuto farti sapere che ero viva in qualche modo”.
Una lacrima sfuggì alla sua volontà, scendendo lungo il viso e prontamente fermata dalla mano di Legolas posata sulla sua guancia.
Legolas si bloccò un istante, ancora incredulo: poteva toccare la sua pelle, non era un'ombra generata dalla pietà di Nienna! Le prese il viso fra le mani, accarezzandolo con i pollici e baciandole delicatamente la fronte.
Sei qui”, le disse sulla pelle. “Sei tornata da me”.
Tornando a posare lo sguardo sul suo viso, vide che ormai le lacrime scendevano copiose dagli occhi verdi di Helkamirië e se la strinse al petto, lasciando che posasse il capo sulla sua spalla e desse libero sfogo al pianto. Dopo qualche momento, la fanciulla alzò il volto verso il suo baciandolo dolcemente, subito ricambiata dall'Elfo, che si perse nelle sensazioni che quel contatto suscitava nel suo animo.

Rhumine fremeva di rabbia, bloccata dalle braccia di Rumil: possibile che quell'Elfo fosse tanto fortunata da scampare a morte certa? In tutta la sua vita, non aveva mai sbagliato un colpo, mai nessuno era sopravvissuto se attaccato da Rhumine la Nera; erano state proprio la sua freddezza e precisione nel colpire che le avevano guadagnato la fiducia e il rispetto di tutta la Gilda, e ora Helkamirië si prendeva gioco di lei a quel modo, di sicuro protetta dai Valar. E Legolas... Legolas aveva rifiutato il potere che gli offriva, aveva rifiutato lei in nome di una sposa che doveva essere defunta, per amore.
Dannazione!”, esclamò d'improvviso. “Chi ti protegge Helkamirië? Hai più vite dei gatti della Regina Beruthiel! Sei forse una Istari anche tu, come quel Mithrandir?”.
Helkamirië si staccò bruscamente da Legolas, piazzandosi davanti a Rhumine e fissandola con odio.
Non osare nominare Mithrandir”, sibilò. “Il suo nome si ricopre d'infamia se esce dalla tua bocca. Io non sono una Istari e non sono protetta più di ogni altra creatura di Ilúvatar, te compresa. Devo essere grata al fato se sono sopravvissuta: se non avessi portato con me la fiaschetta con il Sangue di Drago, adesso il mio spirito sarebbe già ospite di Mandos”.
Sarebbero bastati pochi minuti”, interloquì Rhudda. “Pochi minuti ancora e il Regno di Gondor avrebbe perso il suo Re, da così poco ritrovato; sarebbe scoppiato il caos e Rhûn avrebbe riportato l'ordine e il controllo sull'intera Terra di Mezzo”.
L'Uomo alzò il capo verso sua figlia, prigioniera di colei che aveva sempre odiato e una furia cieca si impadronì di lui: prese a dimenarsi come un forsennato, liberandosi in qualche modo dalla stretta di Ilderan e sfoderò il pugnale che teneva alla cintola, lanciandosi contro Helkamirië allo scopo di liberare Rhumine, ma le sentinelle elfiche furono più svelte, abbattendolo a colpi di frecce.
Padre!”, urlò Rhumine. Rumil fissò Helkamirië che gli fece cenno di liberarla e la donna si precipitò al fianco del padre, ormai in fin di vita. “Padre”, lo chiamò ancora.
Rhumine... figlia mia”, biascicò Rhudda. “Io... volevo solo... liberarti... Ho sempre voluto... solo il tuo bene”.
Lo so padre, lo so”, disse Rhumine in lacrime. “Non sforzarti di parlare, hai bisogno di riposo”.
No, Rhumine... è finita per me... ricorda che ti amerò sempre... e ti sarò sempre accanto... Addio”, con queste parole, Rhudda si congedò dalla sua amata figlia, mentre il suo spirito si librava su ali leggere al di là del Mare.
Padre no!”, gridò la donna, piangendo china sul corpo ormai esanime.
Helkamirië era sinceramente dispiaciuta per le sorti di Rhudda, che in fondo non era altri che un padre, come tutti gli altri disposto a dare la vita per la propria figlia; nonostante ciò, fece cenno a Rumil di andare a riprendere Rhumine perchè fosse imprigionata. La donna non oppose nessuna resistenza, lasciandosi condurre docilmente dove si trovavano i suoi compagni.
Solo allora, Helkamirië tornò da Legolas, facendosi abbracciare stretta, mentre l'Elfo continuava a tenerla fra le braccia, ancora sorpreso per l'immensa benevolenza che i Valar dovevano nutrire nei suoi confronti.
Helkamirië”, disse. “Cosa ti è successo dopo essere caduta nella cascata?”.
Molte cose”, disse Helkamirië. “Se voleste venire con me, racconterò a te e ad Aragorn cosa è accaduto”.
Stringendo la mano di Legolas, la fanciulla si inoltrò nel folto degli alberi, fermandosi presso uno strano cerchio di rocce dove avrebbero potuto parlare tranquillamente.


x Thiliol: ho cercato di aggiornare prima possibile... non preoccuparti, a me piacciono i lieto fine!

x Alessiuccia : grazie mille per i complimenti, in effetti io ADORO Tolkien, ho letto quasi tutto! Spero che continuerai a seguirmi ^^

x strowberry_sin: sono sbalordita, tutto questo tempo davanti al pc solo per la mia fic... ^///^ Grazie cara!

Grazie mille anche a Eleniel483 e KaDe che hanno recensito i capitoli precedenti e anche a chi legge soltanto, e scusate tutti se rispondo solo ora, ma vi assicuro che c'è una ragione valida!

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Capitolo 49
*** 48 ***


Helkamirië aveva visto il pugnale volare verso di lei come se il tempo fosse stato rallentato, senza poter far nulla per evitarlo; la lama l'aveva colpita e una macchia rossastra era comparsa sulla sua veste: aveva fatto appena in tempo a pronunciare un'ultima volta il nome di Legolas che aveva sentito il terreno mancarle sotto i piedi. Mentre cadeva nel vuoto, aveva visto il suo sposo correre per afferrarla, ma ormai era troppo tardi e furono le infide acque sotto di lei ad accoglierla fra le loro fredde braccia.
La corrente la trattenne sott'acqua per un tempo che le sembrò infinito, e solo dopo aver resistito e lottato, riuscì a riemergere e a guadagnare la sponda. Si trascinò fuori dall'acqua stanca e infreddolita, ma viva, e quasi senza accorgersene si addormentò. Fu svegliata da qualcuno che la chiamava, scuotendola, e quando riuscì a mettere a fuoco l'immagine, distinse il volto preoccupato di Ilderan.
Helkamirië, finalmente ti sei ripresa!”.
Ilderan, ma cosa è successo?”, chiese Helkamirië mentre l'Elfo l'aiutava a mettersi seduta sostenendola fra le braccia.
In realtà speravo che fossi tu a dirmelo”, disse Ilderan. “Qualche ora fa, Carnemirië ed Elennath sono tornati al galoppo a Taur-en-Ithil. Ho capito subito che qualcosa non era andata come doveva, così ho chiesto loro di condurmi da te e Legolas; mi hanno portato fino al salto della cascata e ho scorto segni di lotta sul terreno: qualcuno è stato trascinato e qualcun altro portato via contro la sua volontà. Ti ho cercata e ho visto il tuo pugnale sull'argine del fiume, proprio dove l'acqua si getta nel vuoto. Per fortuna ti ho trovata ancora in vita, anche se priva di sensi”.
Helkamirië rabbrividì al pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere e si strinse maggiormente al fratello, che si era tolto il mantello per coprirla.
Adesso ricordo ogni cosa”, disse. “Rhumine mi ha portata via con la forza, dopo che a Minas Tirith il suo complotto era stato sventato. Quando siamo giunti in questi luoghi, ci siamo fermati perchè i cavalli si abbeverassero e mi ha costretta a combattere contro di lei”.
Megera!”, sibilò Ilderan. “E' stata lei a farti cadere nella cascata?”.
Si. C'erano Legolas e Aragorn perciò credo che i cavalli fossero con loro, ma mentre lottavamo, Rhumine mi ha accecata con la sabbia, ha sottratto il pugnale a Legolas e me lo ha lanciato contro. Ho visto una macchia rossa sul mio vestito, così ho creduto che mi avesse colpita”.
Non è così, sorellina”, disse Ilderan. “Ho controllato io stesso, e per quanto sia un pessimo guaritore, riesco a distinguere una ferita da un corpo perfettamente sano”.
Helkamirië proruppe in una risata argentina, prontamente imitata da Ilderan che la aiutò a rialzarsi e nuovamente la strinse fra le braccia.
Ho temuto che fossi morta, Helkamirië”, disse. “Quando ti ho vista priva di sensi, temevo già di dover contendere il tuo spirito a Mandos”.
La fanciulla sorrise intenerita, abbracciandolo a sua volta.
Non temere, fratello”, disse. “Intendo vivere a lungo, almeno fino al prossimo Canto degli Ainur! Piuttosto”, disse tornando seria. “Dobbiamo trovare il modo di salvare Legolas e Aragorn... sempre che sia possibile salvarli”.
Legolas sarà vivo di certo”, disse Ilderan. “Rhumine lo ama, non gli farà del male. È per la vita di Elessar che temo”.

Mentre i due fratelli discutevano su quale fosse il modo migliore per rintracciare Rhumine e salvare i prigionieri, furono raggiunti da Haldir, seguito da Rumil e Orophin.
Mia signora Helkamirië!”, esclamò.
Haldir? Come è possibile che tu sia qui?”.
Ti stavamo cercando, mia signora”, disse Haldir. “Siamo partiti immediatamente dopo Sire Legolas e Re Elessar, ma loro ci hanno distanziati subito grazie ai loro destrieri. Giungiamo proprio ora, poco più in là ci attendono Sire Faramir, Sire Gimli e i vostri amici Periain”.
Andiamo da loro”, disse Ilderan, “e mettiamoli al corrente. Avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile per agire in fretta e salvare Legolas e Aragorn”.
Aspetta mio signore”, disse Haldir, porgendogli il manto di Helkamirië. “La Regina Arwen mi ha pregato di riportarti questo, Dama Helkamirië”.
Hannon le, Haldir”, disse Helkamirië.
Ilderan le fece indossare lo scuro mantello e sollevò la sorella, ancora troppo debole per camminare; tenendola fra le braccia seguì i Galadhrim lungo il breve cammino che li separava dai loro amici. Dopo aver saputo come stavano le cose, Faramir, Gimli Merry e Pipino furono ben lieti di poter aiutare in qualche modo e si recarono assieme agli Elfi a Taur-en-Ithil.
Lo spettacolo che si presentò loro fece letteralmente spalancare la bocca ai piccoli Hobbit, rapiti dalla maestosa semplicità dell'elfico reame, mentre gli occhi di Gimli furono offuscati da un velo di lacrime nello scorgere i telain di Lorien sugli alberi d'Ithilien, illuminati dalle medesime lanterne che rischiaravano la notte del Reame di Galadriel. Faramir era l'unico a non essere sorpreso da ciò che vedeva, essendosi già recato diverse volte a Taur-en-Ithil, e seguiva i gentili ospiti completamente perso nei propri pensieri.
Ilderan e Helkamirië condussero il gruppo fino alla Sala Principale della loro dimora, dove si trovava un grande tavolo destinato alle udienze e ai consigli del Reame.
Per prima cosa dobbiamo rintracciare Legolas ed Elessar”, esordì Ilderan. “Avete idea di dove possa averli condotti Rhumine?”.
Certamente”, disse Faramir. “Valegil ci ha detto che i mercenari hanno un nascondiglio nei pressi di Henneth Annûn. Tuttavia non è stato in grado di indicarci il luogo preciso”.
Questo non è un problema”, disse Helkamirië. “Le nostre sentinelle conoscono alla perfezione ogni roccia, ogni albero dell'Ithilien; perlustreranno tutta la zona dello Stagno Proibito senza che nessuno si accorga di loro, e vedrete che non impiegheranno molto a trovarli”.
Come facciamo a liberarli una volta trovati?”, disse Gimli. “Non sappiamo quanti Uomini di Rhûn si nascondano nell'Ithilien, potremmo non disporre di forze sufficienti”.
Gimli ha perfettamente ragione”, disse Faramir. “Se qualcuno di voi riuscisse ad andare a Minas Tirith potrebbe portare notizie alla Regina e condurre seco un drappello di Guardie della Cittadella; nel frattempo, io stesso andrei alla mia dimora, portando degli arcieri e dei cavalieri che si tengano a disposizione”.
I cavalieri sarebbero inutili, Faramir”, disse Ilderan. “Henneth Annûn è un territorio spoglio e irto di rocce aguzze, circondato da una cortina inestricabile di alberi, non hai bisogno che te lo ricordi. Piuttosto, dovresti condurli al confine settentrionale con la Terra di Rhûn, nel caso inviino rinforzi o coloro che si trovano già qui tentino la fuga. Però gli arcieri ci tornerebbero molto utili e anche le Guardie se si giungesse allo scontro corpo a corpo”.
Io andrò a Minas Tirith”, intervenne Haldir. “Vi chiedo soltanto due giorni, al termine dei quali sarò di ritorno insieme alle Guardie”.
Due giorni non basteranno, Elfo”, disse Gimli. “Noi stessi abbiamo cavalcato per due giorni e due notti dietro a Rhumine, spingendo i cavalli al limite delle loro possibilità”.
I cavalli non possono percorrere i sentieri nascosti che attraversano l'Ithilien”, ribattè Haldir. “Se le Guardie viaggeranno senza indossare la pesante armatura, non avranno problemi a seguirmi, dovunque io li conduca”.
Il peso delle armi però non diminuirà”, disse Merry.
E' vero”, disse Haldir. “Ma senza le corazze i loro movimenti saranno più sciolti”.
Basta così Haldir”, intervenne Helkamirië. “Hai il permesso di andare. Quando intendi partire?”.
Immediatamente, mia signora”.
Fa' ciò che ritieni opportuno”.
L'Elfo salutò i presenti con un inchino e si allontanò alla svelta.
Non possiamo agire senza i rinforzi dalla Città e prima di aver saputo quale sia il luogo preciso”, disse Ilderan. “Andiamo a riposare. Questa notte, le prime sentinelle usciranno in perlustrazione. Rumil, Orophin”, disse rivolto ai due Elfi che attendevano poco discosti, “occupatevi voi delle ronde”.

Helkamirië accompagnò personalmente i propri ospiti nelle rispettive stanze, preoccupandosi che gli alloggi degli Hobbit si trovassero al pianterreno, e solo dopo essersi assicurata che ognuno si trovasse a proprio agio tornò alla sua camera, andando a rifugiarsi sulla terrazza e raggiunta poco dopo da Ilderan.
Ilderan, qualcosa non va?”, disse.
Puoi stare tranquilla Helkamirië”, disse Ilderan. “Sono venuto solo ad assicurarmi che stessi bene. Non è facile resistere a ciò che hai passato oggi”.
La fanciulla fece cenno a Ilderan di sedersi accanto a lei, sulla panca, e l'Elfo non si fece pregare, abbracciandola immediatamente.
In effetti sono molto stanca”, disse. “Ma non riesco proprio a dormire; sono troppo in pena per Legolas e Aragorn... credi che Rhumine li abbia già uccisi?”.
Helkamirië, sai anche tu cosa prova Rhumine per Legolas”, disse Ilderan. “E' per la sorte del Re che dobbiamo temere... però, se avessero già ucciso Aragorn lo sapremmo”.
E come?”.
L'intero esercito di Rhûn sarebbe già in marcia attraverso l'Ithilien. Credo che si trovi poco oltre il confine, in attesa della notizia cui anelano da venti anni ormai. Stai tranquilla, sorellina: stanno bene e presto li riporteremo a casa”.
Helkamirië sorrise riconoscente e appoggiò la testa sulla spalla di Ilderan. “Grazie Ilderan”, disse. “Resteresti ancora un po' a farmi compagnia?”.
Tutta la notte se lo desideri”, disse l'Elfo posando la testa sulla sua.
Nonostante la paura, Helkamirië riuscì finalmente a prendere sonno e Ilderan la riportò sul suo letto, badando che non si svegliasse; rimase a vegliarla per qualche ora, ancora scosso da ciò che era accaduto.

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Capitolo 50
*** 49 ***


Helkamirië si risvegliò in un posto completamente sconosciuto: intorno a lei c'erano pareti di roccia e quella che sembrava una prigione. Accostandosi alle sbarre che la chiudevano, vide al di là di esse Aragorn addormentato e il suo Legolas seduto con le spalle contro il muro di pietra, il viso illuminato dalla luce lunare che filtrava dall'esterno. Prima che si accorgesse di lei, ebbe come la sensazione di riuscire a carpire i suoi pensieri e questi non le piacquero affatto: sentiva dolore, tanto intenso da spaccare il cuore, ma soprattutto la voglia di vendicarsi, il desiderio di compiere un atto tremendo.
Legolas levò il capo, attratto dalla luce di Elbereth, ma subito distolse il capo.
Non farmi questo”, sussurrò.
La donna si avvicinò a lui, costringendolo a posare nuovamente lo sguardo su di lei.
Helkamirië”, disse Legolas; avrebbe voluto stringerla a sé, ma temeva che svanisse fra le sue dita. Helkamirië lo tolse da ogni impaccio, abbracciandolo lei stessa.
Legolas”, disse. “Non pensare alla vendetta: ti consumerebbe. Amrod e Anië hanno bisogno di te e... io ho bisogno della purezza del tuo spirito”, disse staccandosi da lui.
Non andartene!”, la implorò Legolas. “Non tornare a Mandos!”.
Helkamirië scosse la testa, guardandolo tristemente: non riusciva più a parlare, nonostante tentasse con tutte le sue forze di spiegargli, di rivelargli che lei era viva e lo aspettava; mentre una lacrima le solcava il viso quale un piccolo diamante, la sua figura si dissolse nell'aria, portando con sé ogni luce.

Helkamirië si riscosse, ancora in lacrime, sedendo sulla sponda del letto: aveva sognato. Ilderan, che si trovava nell'anticamera, non si era accorto di nulla, così la fanciulla si alzò per uscire sulla terrazza. Sperava che l'aria fresca della notte la facesse tornare a respirare normalmente, perchè il sogno l'aveva turbata in maniera eccessiva.
Sapeva che non era stato casuale o dettato dall'angoscia che le stringeva il cuore, poichè le notti di un Edhel celano sempre significati reconditi: il suo timore più grande era causato dai sentimenti che aveva percepito in Legolas. Helkamirië, infatti, era certa di essere stata nella sua cella in qualche modo, l'esperienza era stata troppo vivida perchè fosse solo opera di Lorien. Era necessario trovarli prima che Rhumine facesse del male ad Aragorn che per fortuna sembrava in perfetta salute, e soprattutto, prima che Legolas cedesse agli oscuri desideri che occupavano la sua mente.
Rimase sulla terrazza fino all'alba, godendosi lo spettacolo del Sole che restituiva i colori al mondo; solo quando la luce fu piena decise di cercare Ilderan. L'Elfo si trovava ancora nella stanza accanto, addormentato: si era seduto al tavolo e il sonno lo aveva colto con le braccia sul piano e la testa poggiata su di esse. Helkamirië si avvicinò e lo scosse leggermente, fino a svegliarlo.
Ilderan”, disse. “Coraggio fratello, apri gli occhi”.
L'Elfo alzò la testa di scatto, guardandosi intorno freneticamente; si calmò subito vedendo la sorella in piedi accanto a lui.
Helkamirië”, disse. “Mi hai spaventato, sorellina”.
Perdonami”, disse Helkamirië. “Il Sole è già sorto e noi abbiamo delle faccende da sbrigare”.
Hai ragione”, disse Ilderan. “Andiamo alla Sala Principale; probabilmente, Faramir ci starà già aspettando”.
Proprio come aveva detto Ilderan, Faramir si trovava già ad attenderli, apparentemente pronto per un viaggio. “Dama Helkamirië, Ilderan”, disse. “Io sto tornando nel mio reame. Cercherò di radunare gli arcieri e i cavalieri più in fretta possibile”.
Chi guiderà i cavalieri fino al confine?”, chiese Ilderan.
Io stesso”, disse Faramir. “Per quanto riguarda gli arcieri, il mio sentiero passa vicino alla vostra città: quando saremo nei pressi, ci separeremo e li manderò qui con qualcuno di mia fiducia”.
D'accordo, allora”, disse Ilderan. “Grazie per il tuo aiuto, Faramir”.
E' un dovere, amico mio”, disse Faramir stringendo la mano all'Elfo. “Dama Helkamirië, non temere: vedrai che riusciremo a liberare i nostri amici e li riporteremo a casa sani e salvi”.

I due giorni seguenti furono un continuo andirivieni delle sentinelle assegnate alle ronde, che purtroppo continuavano a tornare senza risultato; soltanto all'alba del terzo giorno, Rumil portò buone notizie.
Mio signore Ilderan!”, esclamò irrompendo nella sala. “Li abbiamo trovati!”.
Finalmente!”, disse Ilderan. “E dove si trovano di preciso?”.
C'è una serie di cunicoli e grotte vicino a Henneth Annûn”, disse Rumil. “Sono nascosti in un sistema di gallerie che si trova a Est dello Stagno Proibito. Sono stanchi e provati, ma stanno bene”.
Elbereth ti ringrazio!”, sospirò Helkamirië. “Sono vivi”.
Non per molto mia signora”, disse Rumil. “Io e Orophin abbiamo spiato Rhumine: vuole giustiziare il nostro signore e il Re degli Uomini. Stasera”.
Dannazione!”, sbottò Ilderan. “Haldir avrebbe dovuto già essere qui, non possiamo partire allo sbaraglio”.
Ma non possiamo nemmeno lasciare che li uccida, Ilderan!”, esclamò Helkamirië.
No, certo”, disse Ilderan. “Rumil, raduna gli arcieri. Gli uomini di Sire Faramir sono giunti ieri al tramonto, dovrebbero essere pronti a combattere, se necessario. Helkamirië tu verrai con noi?”.
Certamente”, disse Helkamirië. “Devo vedere Legolas il prima possibile e poi... ho un conto in sospeso con Rhumine”.
Gli Elfi di Taur-en-Ithil si radunarono agli ordini di Ilderan e Helkamirië, mentre Orophin si mise alla testa degli arcieri d'Ithilien e li seguì, tenendosi però a distanza: sarebbero rimasti in attesa, pronti a intervenire solo se necessario.
Non avevano ancora varcato i confini del Reame che furono raggiunti da Haldir, il quale portava con sé un nutrito gruppo di Guardie della Cittadella.
Haldir!”, esclamò Helkamirië. “Ti aspettavamo ieri al tramonto”.
Me ne rendo conto, mia signora”, disse Haldir. “Ma avevo sottovalutato le difficoltà del viaggio”.
Non importa Haldir”, disse Ilderan. “Purtroppo non possiamo attendere che gli Uomini riprendano le forze, Rhumine vuole giustiziare Legolas e Aragorn al tramonto. Andremo solo con gli arcieri: non sarà un problema nascondersi in mezzo a quella fitta foresta”.
Permettetemi di venire con voi”, disse Haldir. “Il senso di colpa mi opprime, sarei dovuto giungere ieri con i rinforzi promessi”.
Vieni pure Haldir”, disse Helkamirië. “E senza sensi di colpa. Tu sei un Elfo: non potevi conoscere le difficoltà che un viaggio comporta per gli Uomini”.
Haldir chinò il capo riconoscente e affiancò suo fratello Rumil agli ordini di Ilderan e Helkamirië, i soli che procedessero a cavallo.
Viaggiarono per tutto il giorno e finalmente poco prima del tramonto giunsero a Henneth Annûn, arrampicandosi agilmente sugli alberi che circondavano la zona, compresi Ilderan e Helkamirië che avevano lasciato i cavalli. Non appena il Sole fu definitivamente scomparso, videro Rhumine e Rhudda raggiungere la radura sottostante, accompagnati da un altro Uomo armato di una grossa scure; immediatamente dalle grotte uscì un drappello di guardie che portavano con sé Legolas e Aragorn. Helkamirië sussultò vedendo il viso provato di Legolas, ma si trattenne dal corrergli incontro.
Rhumine fece cenno alle guardie che lasciarono soli i prigionieri incatenati in mezzo alla radura e un ghigno le attraversò il volto, pregustando già il potere che avrebbe ottenuto. Ancora una volta, a un suo cenno due sentinelle fecero per avvicinarsi ad Aragorn, ma proprio in quel momento, a un segnale convenuto, gli Elfi sugli alberi scoccarono un nugolo di dardi e gli Uomini stramazzarono al suolo. L'Uomo con la scure, presumibilmente il boia, capì di essere circondato e tentò stupidamente la fuga, prontamente fermata dalle frecce elfiche. Rhumine e Rhudda saltarono in piedi, tentando di scorgere i nemici che li avevano accerchiati, ma senza risultato: impossibile vedere gli Elfi nascosti fra le fronde.
Chi siete?”, urlò Rhumine. “Fatevi vedere codardi!”.
Ilderan e Helkamirië si scambiarono uno sguardo d'intesa e mentre gli arcieri uscivano dagli alberi circondando la zona, i due fratelli si portarono dietro Rhumine e Rhudda, puntando loro i pugnali alla gola.




x Thiliol: grazie mille della tua splendida recensione... se tu avevi i brividi, a me sono venute le lacrime agli occhi nel vedere riconosciuto il mio amore per l'opera del Professore, grazie ancora! Hai poi ricevuto la mia mail?

Un grosso grazie anche a chi legge la mia piccola storia!

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Capitolo 51
*** 50 ***


Il resto è storia nota”, disse Helkamirië. “Avete assistito voi stessi allo stupido tentativo di Rhudda; si è condannato con le sue stesse mani”.
E così”, disse Legolas. “Quella notte ti ho davvero sognata”.
Si”, disse Helkamirië. “Mithrandir ci ha spiegato che tra noi esiste grande empatia; forse per questo siamo entrati l'una nei sogni dell'altro”.
Cosa faremo con Rhumine?”, intervenne Aragorn. “Non possiamo ucciderla, la sola idea mi disgusta; tuttavia, non sono certo che nelle prigioni sarebbe completamente innocua”.
Prima di ogni cosa”, disse Legolas, “deve dirci dove tengono Faelivrin. Sempre che sia viva”.
Lasciamo che torni nella sua terra”, disse Helkamirië.
Che cosa?!”, esclamarono all'unisono Legolas e Aragorn.
Riflettete”, disse la fanciulla. “Una volta che sarà tornata a Rhûn, sarà giudicata dalla sua gente, secondo le sue leggi. E se volesse tornare a Gondor, non potrebbe farlo senza essere immediatamente riconosciuta e bloccata”.
Forse hai ragione Helkamirië”, disse Aragorn. “Penserò con attenzione a questa possibilità. Nel frattempo, torniamo alla radura e chiediamole dove si trova Faelivrin”.

I tre ritornarono sui loro passi e videro Ilderan che sorreggeva una fanciulla, aiutandola a stare in piedi. Aragorn si avvicinò a loro e scrutò attentamente il viso della giovane. Era molto magra, probabilmente per via degli stenti della prigionia, ma ancora bella, con grandi occhi color del cielo e lunghi capelli di un insolito color rame.
Tu vieni da Gondor, vero?”, chiese.
Si, mio signore”, balbettò la fanciulla.
Sei Faelivrin?”.
La fanciulla annuì sorridendo e si lasciò completamente andare fra le braccia di Ilderan, che fu lesto ad afferrarla prima che cadesse.
Dove avete trovato Faelivrin?”, chiese Legolas a Ilderan.
E' stato Haldir a trovarla”, disse Ilderan. “Era in quelle che sembravano le cucine di questo posto, credo che sia stata trattata come una serva per tutto questo tempo”.
Povera fanciulla”, disse Helkamirië. “E' così giovane e ha già dovuto soffrire tanto”. Così dicendo Helkamirië si avvicinò a Ilderan, scostando i capelli dal viso di Faelivrin: la fanciulla era priva di sensi, eppure sorrideva serena. “Dobbiamo portarla a Taur-en-Ithil”.
Abbiamo solo due cavalli, Helkamirië”, disse Ilderan. “E anche Legolas e Aragorn sembrano provati. Come faremo?”.
Legolas, Aragorn, vi sentite in grado di cavalcare?”, chiese Helkamirië.
Si, con un destriero tranquillo”, disse Aragorn.
Legolas annuì soltanto.
Ottimo”, disse Helkamirië. “Legolas andrà con Elennath e visto che è un cavallo molto robusto, non avrà problemi a portare con sé Faelivrin. Aragorn potrà montare Carnemirië, sarà docile come un agnellino”.
Helkamirië”, disse Legolas. “Non voglio andare senza di te”.
Helkamirië abbracciò Legolas, baciandolo dolcemente. “Non temere”, disse. “Io vi seguirò subito, giungerete solo poche ore prima di noi”.
Te ne prego, Helkamirië, vieni con me”, disse Legolas senza lasciarla. “Faelivrin è un fardello tanto leggero che anche Carnemirië potrà trasportarla e Aragorn non si affaticherà nel reggerla”.
Helkamirië guardò Aragorn da sopra la spalla di Legolas e l'Uomo annuì deciso.
D'accordo Legolas”, disse. “Verrò con voi. Rumil ti prego, va' a prendere i cavalli e riferisci a Orophin che può tornare indietro”.
Io resterò ancora un pò”, disse Ilderan. “Non ci sono più Uomini oltre a quelli che abbiamo tirato fuori da questa specie di tana, però voglio perlustrarla bene: potrei trovare qualcosa di interessante. Condurrò io i prigionieri a Taur-en-Ithil”.
Grazie Ilderan”, disse Helkamirië. “Non tardare troppo, fratello”.
Stai tranquilla, sorellina”, disse Ilderan allontanandosi verso l'ingresso del nascondiglio di Rhumine.

Carnemirië ed Elennath condussero i propri cavalieri fino al Reame di Taur-en-Ithil, dove trovarono ad attenderli gli Hobbit e Gimli, i quali furono più che felici di rivederli sani e salvi, e di sapere che Rhumine era finalmente prigioniera.
Helkamirië fece preparare una stanza per Faelivrin e vi mandò le sue stesse ancelle perchè si occupassero di lei, raccomandandosi che usassero cautela perchè la fanciulla doveva essere ancora molto turbata.
Si era fatta notte fonda ormai, così anche gli altri ospiti di Legolas e Helkamirië si ritirarono nelle loro stanze; Aragorn era stato seguito dai guaritori su preciso ordine di Helkamirië, la quale voleva essere certa che stesse bene. Quando gli stessi Elfi si erano proposti per visitare anche Legolas, però, aveva rifiutato sostenendo di essere perfettamente in grado di curarlo da sola.
Non appena ebbero varcato la soglia della loro camera, Legolas si voltò e la strinse fra le braccia, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
Legolas, cosa c'è che non va?”.
Temevo di averti perduta, lirimaer. Questa volta credevo sul serio che ti avrei rivista al di là del Mare, nelle Sale di Mandos. Giurami che non mi lascerai mai più”.
Helkamirië sorrise e annuì, costringendo poi Legolas a sdraiarsi sul letto.
Devo sbrigare una faccenda”, disse. “Tornerò presto”.
La fanciulla uscì dalla stanza, ma non si allontanò, rimanendo sulla terrazza dell'anticamera. Le stelle brillavano intensamente quella notte, tanto da far sembrare il cielo quello di Lothlorien. Helkamirië non aveva potuto accettare il giuramento; amava Legolas e più di ogni altra cosa desiderava vederlo felice, tuttavia cominciava a sentire un'inquietudine nel cuore, un senso di insoddisfazione che, ne era certa, si sarebbe placato soltanto ad Aman. Scosse la testa, tentando di accantonare quei pensieri e finalmente raggiunse Legolas che subito la strinse, continuando a dormire sereno.

Il mattino seguente, Ilderan giunse a Taur-en-Ithil con i prigionieri e buona parte delle sentinelle del reame. Rhumine non aveva ancora reagito alla morte di Rhudda, e continuava a essere calma e tranquilla, come non era mai stata.
Legolas e Helkamirië si trovavano già nella Sala Principale e perciò furono i primi a incontrare Ilderan.
Ilderan”, disse Legolas. “Hai tardato”.
E' vero, Principino”, disse Ilderan. “Quella topaia era più grande di quanto credessi, ho impiegato più di due ore solo per perlustrarla, e per fortuna non c'erano Uomini dentro”.
Ilderan”, disse Helkamirië. “Dove sono Rumil e Orophin?”.
Li ho impiegati come messaggeri”, disse Ilderan. “Rumil sta cercando Sire Faramir e i suoi cavalieri per riferire loro di tornare a Taur-en-Ithil, mentre Orophin è andato a Minas Tirith a rassicurare la Regina e a riprendere i gemelli”.
I miei figli!”, esclamò Helkamirië. “Saranno terrorizzati, non ci vedono da quasi una settimana ormai!”.
Non temere, lirimaer”, disse Legolas. “Amrod e Anië purtroppo sapevano che ti era accaduto qualcosa, tanto che mi hanno chiesto di riportarti indietro; saranno felici di tornare a casa quando Orophin dirà loro che sei salva. I bambini dimenticano in fretta, non appena ti riabbracceranno ogni paura li abbandonerà del tutto”.
Lo spero, Legolas”.

Quando furono passati altri quattro giorni, tutti gli amici di Legolas e Helkamirië si trovavano ormai a Taur-en-Ithil; Faramir era rientrato dopo appena un giorno, mentre quella mattina erano giunte Arwen ed Eowyn che avevano accompagnato i gemelli. Entrambe furono più che felici di poter riabbracciare incolumi i propri sposi, e Amrod e Anië rifiutarono per tutto il giorno di lasciare le mani di Helkamirië. Anche Valegil aveva seguito la Regina e quale non fu la sua gioia quando potè finalmente riabbracciare la sua amata Faelivrin, ormai una donna, la quale, contrariamente alle aspettative, lo riconobbe immediatamente come suo padre.
Rhumine si era risvegliata da quella sorta di apatia in cui era precipitata dopo la morte di Rhudda, tuttavia raramente apriva bocca. Quando le comunicarono che l'avrebbero rimandata a Rhûn perchè fosse giudicata, esplose in una risata fragorosa, osservando i suoi carcerieri con occhi di scherno.
Voi credete davvero”, disse, “che a Rhûn sarò giudicata come una criminale? Sarò osannata invece, e mio padre celebrato come un grande eroe che ha dato la vita per il suo paese. Mi basterebbe una sola parola per scatenarvi contro l'intero mio popolo; se non lo farò, sarà soltanto perchè sono consapevole della vostra superiorità in guerra e non voglio mandare la mia gente al massacro. E ora che abbiamo chiarito le cose”, disse dando loro le spalle, “sbrigatevi a farmi tornare a casa: ho vissuto fin troppo in questo maledetto regno. Voglio soltanto che mi consentiate di andare a riprendere mio padre perchè possa riportarlo a casa. È quello che avrebbe voluto”.
La tua mi sembra una richiesta legittima”, disse Ilderan. “Ti accompagnerò io stesso al luogo in cui è sepolto”.
Ilderan insieme a una scorta di sentinelle, accompagnò Rhumine e i suoi uomini nei pressi di Henneth Annûn, indicando loro il luogo in cui gli Elfi avevano eretto il tumulo di pietre per Rhudda. La donna si occupò personalmente di preparare la salma al lungo viaggio e accettò l'aiuto dei suoi soldati solamente per caricarlo sul carro che Ilderan le aveva messo a disposizione. L'Elfo condusse gli Uomini di Rhûn fino al confine con la terra d'Ithilien e solo quando non li vide più all'orizzonte, prese la via del ritorno.

Non erano trascorsi che pochi momenti dacché Ilderan aveva varcato la porta del palazzo, che una sentinella giunse nella Sala dove si trovavano Legolas e Helkamirië insieme ai loro amici.
Miei Signori”, disse. “C'è qualcuno che desidera vedervi. È un Eldar, tuttavia nessuno di noi lo conosce ed egli rifiuta di dire da dove proviene”.
Legolas e Helkamirië si guardarono l'un l'altro, indecisi sul da farsi, ma infine fu la fanciulla a parlare.
Lascialo passare”, disse.
Helkamirië”, disse Legolas. “Perchè hai acconsentito?”.
Io... non lo so”, disse Helkamirië fissandolo smarrita.
Legolas non ebbe il tempo di ribattere, perchè il misterioso ospite fece il suo ingresso e ogni parola svanì dalle labbra dei presenti, mentre Arwen portava una mano alla bocca. L'Elfo era la creatura più nobile che avessero mai visto e i suoi lunghi capelli d'argento sembravano risplendere di luce propria, la stessa che gli illuminava lo sguardo penetrante. Per nulla sorpreso dalla reazione dei suoi ospiti, si avvicinò a Legolas e Helkamirië, inchinandosi profondamente.
Miei Signori”, disse rialzandosi. “Il mio nome è Aerandir. Sono un Telerin e giungo da Alqualondë”.

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Capitolo 52
*** 51 ***


Legolas era ammaliato quanto gli altri dalla presenza di quell'Elfo, tuttavia sentiva nascere un sentimento di astio nei suoi confronti e non se ne spiegava il motivo. I suoi pensieri furono interrotti proprio da Aerandir che lo fissò dritto negli occhi, quasi intuendo i suoi pensieri.
Come è possibile che tu venga da Alqualondë?”, chiese d'un tratto Legolas. “Non abbiamo mai saputo di Eldar che siano ritornati da Aman, se non al tempo della Grande Battaglia. La Strada Diritta può imboccarsi solo una volta; e conduce in un unico luogo”.
Certamente le tue parole corrispondono a verità”, disse Aerandir. “Ma il Sommo Manwë ha ricevuto grande autorità da Ilúvatar e se Egli lo desidera, può condurre un Eldar nella Terra di Mezzo. È per suo volere che sono qui; Messer Ëaralad lo ha pregato di inviare una nave fino alle Terre Orientali”.
Mio padre?!”, esclamò Ilderan. “Perchè mai avrebbe fatto una cosa simile?”.
Perchè Valienna desidera tornare a casa”, disse Aerandir. “E vostro padre lo sa da tempo, tuttavia non è stato facile convincere i Signori d'Occidente”.
Helkamirië”, disse Legolas. “Tu... desideri andartene?”.
Si... Cioè no... io non lo so!”, esclamò Helkamirië in lacrime scappando dalla stanza.

Legolas corse subito dietro a Helkamirië, mentre i loro amici si guardavano l'un l'altro, turbati dalla reazione della fanciulla; Ilderan teneva la testa china e i pugni serrati, consapevole che quella visita avrebbe significato grande dolore per Helkamirië e anche per Legolas. Aerandir sembrava sorpreso dall'atteggiamento di Helkamirië e fissava Ilderan con una muta domanda negli occhi.
Mia sorella non sapeva ancora se desiderava partire”, disse Ilderan. “Mio padre non ha mai accettato fino in fondo la nostra decisione di rimanere, perciò immagino che nel momento in cui la sua spiccata capacità di scrutare il futuro gli ha mostrato il tormento di Helkamirië, lui abbia precipitato le cose. Dimmi, Aerandir: anche io devo tornare ad Aman?”.
Messer Ëaralad si è detto sicuro che avresti seguito Valienna qualsiasi cosa lei decidesse”, disse Aerandir. “Egli si è recato in Valinor e ha preso parte al Consiglio delle Potenze. Ha rivelato cosa avesse visto nel futuro di Valienna e ha pregato il Sommo Manwë di consentire a una delle nostre navi di riprendere la Strada Diritta verso le Terre Orientali, sostenendo che il posto di sua figlia fosse in Aman e non nel luogo in cui aveva ostinatamente voluto restare. In un primo momento, Manwë ha respinto la sua richiesta, dicendo che mai era accaduto che una nave tornasse da Aman verso la Terra di Mezzo dopo la Grande Battaglia e che mai sarebbe dovuto accadere; proprio allora, però, è intervenuta la nostra Signora Varda, chiedendo che il dono concesso a Valienna tornasse nelle Terre Imperiture. Manwë sa che la sua sposa, in talune occasioni, riesce a discernere meglio di Lui nei pensieri di Ilúvatar, così ha acconsentito a un tale insolito viaggio. Ulmo ci ha accompagnati fino al Grande Mare, Uinen ha placato le tempeste e Ossë ci ha sospinti sulle correnti che più velocemente ci conducessero a destinazione. La nave attende nei pressi di Dol Amroth alla foce dell'Anduin: chiunque voglia venire con noi ad Aman, deve seguirmi domani. Posso condurre altre persone oltre a Valienna”.
Il nome di mia sorella è Helkamirië”, disse Ilderan. “Se lei desidera venire con te, io la seguirò; e naturalmente ci sono i suoi figli. Non sono certo che Legolas verrà con noi”.

Legolas aveva inseguito Helkamirië fino al giardino che si stendeva dietro alla dimora, trovandola piangente rannicchiata vicino alle radici di un grande albero. La fanciulla si era accorta di lui, ma non si era mossa, continuando a nascondere il viso fra le mani.
Helkamirië”, la chiamò Legolas.
Legolas perdonami, ti prego!”, esclamò Helkamirië continuando a piangere disperatamente.
Legolas vide le sue spalle scosse dai singhiozzi e non potè fare a meno di trovarla incredibilmente fragile, come un fiore di cristallo. Si avvicinò a lei, sedendosi sul terreno e la costrinse a farsi stringere tra le braccia, baciandole la fronte.
Dimmi la verità, Helkamirië”, disse. “Tu desideri lasciare la Terra di Mezzo?”.
Helkamirië non rispose, ricominciando a piangere più forte, ma l'Elfo la scosse facendole alzare la testa a guardarlo.
Rispondimi”.
Io... non lo so, Legolas”, disse Helkamirië calmandosi un poco. “Questa terribile vicenda di Rhumine mi ha fatto nascere un sentimento di inquietudine nel cuore, che sento sarà placato soltanto dalla serenità delle Terre Imperiture, però... io non avevo ancora deciso di partire”.
E cosa farai ora che Aerandir è giunto fin qui?”, chiese Legolas con un tremendo presentimento.
Ancora non lo so, Legolas, ma... credo che andrò con lui”, disse la fanciulla guardandolo tristemente.
Legolas la lasciò andare di botto, scattando in piedi. “Non puoi farlo!”, esclamò.
Legolas, ti prego...”.
Non c'è nulla per cui pregare Helkamirië!”, disse Legolas. “Mi stai dicendo che vuoi lasciarmi da solo in queste terre d'esilio, eppure sai che la tua vicinanza mi è indispensabile!”.
Perchè non capisci?!”, esclamò Helkamirië. “Io non riesco più a vivere in questi luoghi che mi hanno portato dolore e sofferenza”.
Sei tu che non capisci”, disse Legolas. “Non capisci che mi stai spezzando irrimediabilmente il cuore”, disse allontanandosi.
Legolas!”, provò a richiamarlo Helkamirië, ma senza risultato.

Nel pomeriggio, dopo aver parlato con Aerandir, Helkamirië comunicò a Ilderan e ai suoi ospiti la sua decisione, provocando negli amici un grande dolore. Arwen scoppiò a piangere, conscia come nessun altro che la loro separazione sarebbe stata definitiva, oltre la Fine del Mondo. Helkamirië la abbracciò tentando di calmarla, ma anch'essa in lacrime.
Arwen non piangere per favore”, disse.
Anche tu stai piangendo!”, protestò la Regina di Gondor. “Perchè lo sai: sai che se parti adesso noi non ci rivedremo mai più”.
Helkamirië le rivolse un sorriso triste, asciugandosi le lacrime dal viso. “Per amore hai scelto di condividere il destino degli Uomini; dici il vero, anche se dovessimo entrambe morire, nemmeno nelle Sale di Mandos potremmo rivederci, però... non pensare a quello che non potremo più avere, piuttosto serba nel cuore il ricordo della nostra amicizia. Io farò lo stesso e forse così non saremo tanto distanti. Sei stata un'amica preziosa Arwen Undomiel, Regina di Gondor: questo i nostri destini non potranno cancellarlo”. Dandole un ultimo abbraccio, Helkamirië si rivolse ad Aragorn, inchinandosi.
Addio mio Re”, disse. “So come la pensi al riguardo, ma non posso che sentirmi onorata di essere annoverata tra i sudditi di un così grande e nobile Sovrano. Abbi cura di Legolas, Aragorn: sono certa che non mi seguirà e non capirà mai fino in fondo la mia decisione”.
Lo farò. Addio, mia cara Helkamirië”, disse Aragorn. “Non dimenticherò mai il giorno in cui ti vidi la prima volta a Imladris: ebbi la sensazione di un grande Bene emanare da te e ormai sono certo che tu non hai portato altro nelle nostre vite”. Così dicendo il Re degli Uomini prese il viso dell'Elfo fra le mani, posandole un bacio sulla fronte. “Porgi i nostri saluti a Messer Elrond; digli che Estel lo ricorda ancora come l'unico padre che abbia mai conosciuto”.
Helkamirië annuì commossa e si affrettò a salutare anche Faramir ed Eowyn; la fiera e orgogliosa Dama d'Ithilien non potè trattenere il pianto nel momento in cui la fanciulla si sciolse dal suo abbraccio: anche lei sapeva che quello era l'ultimo ricordo che le sarebbe rimasto della luminosa Valienna. Gimli borbottò qualcosa di incomprensibile, tentando di nascondere gli occhi lucidi di lacrime, mentre gli Hobbit piansero senza ritegno tutte le loro lacrime.
Non piangete, piccoli Periain”, disse Helkamirië. “Pensate che andrò a tenere un po' di compagnia a Frodo; chissà come si sentirà solo tra tanti nobili Eldar! Ricordate: non lasciate mai che il ricordo del Grande Male che avete combattuto svanisca dalla mente del vostro popolo, perchè è proprio quando si dimentica che esso ricompare peggiore”.
Ilderan le porse le mani, guardandola con un tenero sorriso.
Sai che io verrò con te, vero?”, disse.
Si”, disse Helkamirië, sorridendo di rimando. “Non avevo nessun dubbio al riguardo”.
Però forse non sai”, disse Ilderan, “che anche Haldir, Rumil e Orophin partiranno con noi. Ti sono troppo fedeli e inoltre, desiderano rivedere Dama Galadriel e i dorati mellyrn che crescono al di là del Mare”.
Ne sono felice”.
Devi fare un'altra cosa ancora”, disse l'Elfo. “Non puoi partire e lasciare Legolas così infuriato. Va' a cercarlo”.

Legolas aveva lasciato Helkamirië e si era diretto alle scuderie, dove aveva preso Elennath e aveva varcato i cancelli del suo reame. Aveva cavalcato fino ad arrivare a Henneth Annûn, e lasciando libero il suo cavallo, era sceso fino allo Stagno Proibito, rimanendo seduto sulla sponda a fissare l'acqua immota e cristallina. Non poteva credere a ciò che stava succedendo: Helkamirië se ne andava, lasciava la Terra di Mezzo e abbandonava lui... ma come poteva? Gli aveva più volte detto che sarebbe rimasta con lui fino a quando non avessero deciso di intraprendere quel viaggio insieme, perchè ora quel cambiamento?
Perchè te ne vai Helkamirië?”.
Davvero non lo sai?”, disse una voce dietro di lui.
Come facevi a sapere che ero qui?”, disse Legolas.
Elennath sta pascolando tranquillamente sulla rupe”, disse Helkamirië, sedendo accanto a lui. “Noi dobbiamo parlare Legolas”.
Hai ragione, dobbiamo salutarci: addio”.
Smettila. Non mi rendi le cose facili agendo così”, disse la fanciulla. “Non possiamo semplicemente dirci addio, senza chiarire i nostri pensieri. E in fondo, non credo proprio che questo sia un addio: ci rivedremo sicuramente un giorno, non potrai vivere qui per sempre”.
I nostri pensieri?”, disse Legolas. “I miei sono limpidi come l'acqua di questo stagno: tu mi stai abbandonando; probabilmente non mi ami più”.
Helkamirië sussultò sorpresa a quella risposta e schiaffeggiò Legolas. “Come puoi dire una cosa del genere?”, sibilò. “Ti amo più della mia stessa vita, cosa ti spinge a dubitarne?”.
Legolas si voltò dall'altra parte, senza rispondere, ma Helkamirië gli si parò davanti.
Non rispondi?”, disse. “Perchè sai che dico il vero”.
Finalmente, l'Elfo la guardò negli occhi, mostrando lo sguardo più ferito e sofferente che Helkamirië vi avesse visto; sospirò tristemente, prima di spiegarle le sue ragioni.
Devi perdonarmi, lirimaer”, disse. “Conosco perfettamente il tuo cuore, ma la tua decisione mi sta lacerando l'anima, non lo capisci? Te ne vai per sempre dalla Terra di Mezzo, portando via con te Amrod e Anië, e sicuramente anche Ilderan. Non so più in cosa credere”.
Helkamirië gli strinse le braccia al collo, baciandolo dolcemente, mentre Legolas la abbracciò a sua volta rispondendo al bacio. Quando si staccarono, la fanciulla si abbandonò fra le sua braccia, posando la testa contro il suo petto.
Estelio nîn meleth, Legolas”, sussurrò.
Im melin le, Helkamirië”, disse Legolas stringendola a sé.
Im melin le, Legolas”, sospirò Helkamirië. “Non sarà facile per noi ma... resisteremo. Prendi questa”, disse dando a Legolas la sua collana. “Voglio che tu me la restituisca quando ci rivedremo al di là del Mare”.
Legolas prese il gioiello fra le mani, stringendolo con rabbia. “Lo farò”, disse. “Però, Helkamirië voglio tu sappia una cosa: per quanto ti ami, non comprenderò mai la decisione che stai prendendo”.
Ne sono consapevole, Legolas”, disse Helkamirië. “Tuttavia, credimi se ti dico che lo faccio anche per preservare la nostra felicità: se fossi rimasta qui a logorarmi l'animo, anche il nostro matrimonio ne avrebbe sofferto. E io non voglio perderti”.
Lo so, Helkamirië”,disse l'Elfo. “Nemmeno io desidero che il nostro amore svanisca”.
I due rimasero, così stretti a guardare il cielo che si rifletteva nello Stagno e trascorsero in quel luogo tutto il giorno e anche la notte; quando infine le stelle tramontarono, presero finalmente la via del ritorno.

Il mattino seguente, Helkamirië e Legolas raggiunsero insieme la Sala dove Aerandir attendeva Valienna, e videro che tutti i loro amici si trovavano già lì, perchè nessuno di loro avrebbe lasciato andar via Helkamirië senza rivolgerle un ultimo saluto. Amrod e Anië si erano attaccati alle gambe di Legolas piangendo disperatamente, perchè rifiutavano di lasciare il loro padre.
Naneth perchè andiamo via?”, chiese fra le lacrime Amrod.
Helkamirië prese in braccio il suo bambino tentando di calmarlo, ma era anche lei sul punto di cedere al pianto.
Amrod, io devo partire perchè qui non sto bene”, disse. “Però, se tu e Anië volete restare con vostro padre potete farlo”
Sei cattiva naneth!”, strillò Anië. “Se restiamo con ada tu vai via!”.
Helkamirië guardò disperata Legolas, indecisa sul da farsi, ma l'Elfo venne in suo aiuto. Prese i gemelli in braccio, baciandoli entrambi sulla fronte.
Figli miei, adesso dovete partire con vostra madre”, disse. “Però non dovete piangere perchè presto vi raggiungerò anche io, e Ilderan viene con voi”.
Grazie a Legolas, i gemelli si calmarono e seguirono volentieri Haldir e i suoi fratelli verso quella che ormai ritenevano una nuova avventura. Ilderan si avvicinò a Legolas stringendogli la mano.
Addio Principino”, disse. “Noi ti aspetteremo sull'altra sponda del Grande Mare”.
Addio Ilderan”, disse Legolas. “Prenditi cura della mia sposa fino al mio arrivo”.
Ilderan sorrise e dopo un ultimo saluto ai presenti si incamminò anche lui verso l'esterno. Helkamirië era rimasta per ultima ma indugiava ancora, terribilmente titubante a lasciare Legolas. I suoi amici la guardavano commossi, sperando fino alla fine che decidesse di non partire, ma inaspettatamente la fanciulla abbracciò Legolas, accostando le labbra al suo orecchio.
Reno Legolas”, disse. “Estelio nîn meleth”.
Legolas la strinse forte, posando la fronte sulla sua spalla e Helkamirië gli accarezzò dolcemente i capelli.
Mia signora”, la chiamò Aerandir. “Perdonami, ma dobbiamo andare”.
Helkamirië si staccò a malincuore dall'abbraccio di Legolas e dopo avergli dato un ultimo bacio, rivolse una fugace occhiata ai suoi amici e scappò via.
Namarië mellyn nîn!”, esclamò mentre correva via. Verso Aman.




Estelio nîn meleth = credi nel mio amore
Im melin le = ti amo
Reno = ricorda
Namarië mellyn nîn = addio amici miei

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Capitolo 53
*** Epilogo ***



Nell'anno 3141 della Quarta Era il grande Re Elessar morì: a lui, ultimo fra gli Uomini, era stato concesso di intraprendere volontariamente quell'ultimo viaggio, ma questo non bastò a lenire il dolore della sua sposa e dei suoi amici. Arwen decise di abbandonare Minas Tirith e recarsi a Lorien, trascorrendo il tempo che le rimaneva in quello che un tempo era il Bosco d'Oro. Legolas aveva tentato di dissuaderla, ma era stato inutile.
Arwen vieni con me a Valinor”, le disse. “Io partirò fra qualche settimana e Gimli verrà con me, perchè gli è stato concesso un grande onore in virtù dell'amore che nutre per Dama Galadriel. I Signori d'Occidente non impediranno la tua partenza”.
No, Legolas”, disse Arwen con un sorriso. “Non mi rimane molto da vivere e tu sai che i mortali non resistono a lungo alla Luce di Aman. La bramano, ma proprio come una falena che viene attirata dalla fiamma della candela fino a bruciarsi, essi non godono molto tempo della Beata Valinor. Io sono la Regina degli Uomini e come tale morirò nella Terra di Mezzo. Non crucciarti per me: la tua Helkamirië ti starà aspettando con impazienza, raggiungila”.
Helkamirië mi sta aspettando, è vero”, disse l'Elfo. “Ma non sarà completamente felice di vedermi, perchè lei sa che ciò significa la morte di tutti coloro a cui voleva bene in queste terre: Faramir ed Eowyn hanno da tempo attraversato il Grande Mare e anche Merry e Pipino sono stati presi dal sonno eterno, così come Eomer e... Aragorn ha deciso che infine fosse giunto il suo momento”.
Nemmeno l'amore per me lo ha dissuaso”, disse Arwen. “Rifiutava di vedersi vecchio e indebolito dal troppo indugiare: ha preferito andarsene quando era ancora il Grande Re degli Uomini. Ma ora basta Legolas: va' via, prendi Gimli e parti, hai resistito anche troppo lontano dalla tua sposa per il bene di Estel. Addio, amico mio”.
Arwen abbracciò forte Legolas, lasciando che qualche lacrima le bagnasse il volto ormai solcato dai segni del tempo. Legolas la strinse a sua volta, sfiorando i capelli della Regina, un tempo scuri come la notte e ora bianchi come il cielo d'Inverno.
Namarië Arwen Undomiel”, disse allontanandosi.

Gimli attendeva Legolas fuori dalle stanze della Regina e quando vide lo sguardo affranto del suo amico, capì che non era riuscito a persuaderla.
Non verrà”, disse.
No”, disse Legolas. “E' spezzata dal dolore, ma anche se sa che Valinor lo lenirebbe, ha deciso di percorrere fino in fondo la strada che ha scelto. La strada degli Uomini”.
Gimli sospirò pesantemente, fissando il pavimento. “Ormai siamo rimasti solo noi due, Elfo”.
Già... chissà se Sam avrà davvero attraversato il Mare?”.
Non lo so. Ma noi dovremmo farlo Legolas. Attendere oltre renderà solo più difficile il distacco e maggiore il dolore”.
Si”, disse Legolas. “Andiamo Gimli”.
L'Elfo si incamminò con il suo passo leggero, seguito a breve distanza dal Nano, forte e vigoroso nonostante l'età. I due raggiunsero Taur-en-Ithil dove ancora dimoravano gli Elfi Silvani e Legolas condusse Gimli al luogo in cui custodiva il suo tesoro più prezioso: una barca grigia che gli avrebbe consentito di prendere il Mare e raggiungere finalmente Helkamirië. Rivolgendo un ultimo sguardo alla loro Terra, spinsero la barca in acqua e discesero il Grande Fiume fino al Mare.

Navigarono verso Ovest sospinti da un vento favorevole e infine Legolas comprese di aver imboccato la Strada Diritta quando sentì una dolce fragranza nell'aria e udì dei canti giungere da oltre i flutti; allora gli parve che la grigia cortina di pioggia del mondo che si lasciava alle spalle si trasformasse in vetro argentato, svelando candide rive e una terra verde al lume dell'alba.
Proseguirono ancora, oltrepassando Tol Eressëa e il porto di Avallonë, e si ritrovarono su un mare tanto tranquillo da sembrare quasi una zona di bonaccia. Finalmente Legolas vide all'orizzonte un bianco porto e le navi in forma di cigno dei Teleri, trainate da cigni e gabbiani; l'Elfo fu il solo a scorgere, grazie alla sua straordinaria vista, una luminosa figura piccola e distante in piedi sul molo.
Quando fu più vicino, riuscì infine a distinguere i lineamenti perfetti di Helkamirië, la quale agitava una mano in segno di saluto e rideva nel pianto, perchè proprio come aveva detto Legolas, sapeva ciò che il ritorno del suo sposo significava. Nonostante ciò, l'Elfo non potè impedirsi di ridere di gioia, nella totale perplessità di Gimli, il quale vedeva soltanto un porto e delle barche ancora distanti su quel mare così piatto.
Che cos'hai da ridere?”, borbottò. “Che cosa hai visto?”.
Im cennin nîn gil”.


FINE




Im cennin nîn gil = ho visto la mia stella




NdA = ed eccoci giunti alla fine di questa lunga storia! Capisco che a qualcuno il finale potrà non piacere, ma il mio obiettivo era scrivere senza stravolgere troppo ciò che il Professore ha già scritto molto meglio. Siccome in ISDA Legolas e Gimli partono da soli, ho fatto in modo che ciò accadesse anche nella mia fic. Grazie mille a tutti coloro che hanno letto e recensito e un grazie speciale alla cara Thiliol. Hannon le mellon nin, il tuo costante sostegno è stato prezioso per me, non vedo l'ora di continuare a leggere le tue meravigliose opere!

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