Not just trash

di hollien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Broken promises ***
Capitolo 2: *** 02. Immortal flame ***



Capitolo 1
*** 01. Broken promises ***


Scleri pre-capitolo: Bene. Uhm. Ogni volta che sbarco in un nuovo fandom sono sempre leggermente nervosa, quindi se comincio a dare di matto non vi preoccupate. E’ normale. (y)
Il motivo per cui ho deciso di far nascere questa raccolta è, in primis, per rendervi partecipi del mio amore indissolubile per Tsukiyama Shuu, il re del trash. Questa adorazione/ossesso per lui non è cresciuta grazie ai suoi metodi poco ortodossi iniziali, ma per come è avvenuta la sua crescita psicologica nel manga. Per chi l’ha letto fino all’ultimo capitolo (non riesco a credere che Ishida-sensei l’abbia concluso in questo modo) forse può capirmi; in secondo luogo ho voluto affrontare questo progetto perché è da un mese che sono in fase di adorazione della TsukiKane. Se non avete MAI pensato a loro due insieme, beh, cercherò di farveli piacere come meglio posso. E’ questo il lavoro di una fanwriter. (?)
I temi che tratterò andranno dalla commedia alla tragicità, perché di certo non posso descriverli come una coppietta picci pucci visti i loro precedenti; sfocerei sull’OOC poi, ed è una cosa che vorrei assolutamente evitare.
Detto ciò vi lascio alla lettura, sperando che possiate gradire. Se lasciaste anche solo una breve recensione, sia positiva che negativa, l’apprezzerò sempre e comunque.
Disclaimer: I personaggi di Tokyo Ghoul non mi appartengono, ma se mi appartenessero avrei già preso a schiaffi Arima e poi lo avrei soffocato. Non c'è limite all'odio che provo per lui.






O1. » Broken promises
 


Tsukiyama Shuu aveva promesso tante cose nella sua vita, ma spesso e volentieri non manteneva fede ai patti: specialmente quando, rivalutando globalmente la situazione, questo avrebbe voluto dire perdere un’occasione d’oro irripetibile; occasione che, tra l’altro, gli si stava presentando palesemente davanti agli occhi ametista proprio in quel preciso momento.
«Io ed Hinami-chan usciamo per un po’» aveva annunciato Kaneki qualche istante prima, accennando un sorriso ad indirizzo dello scimmione con l’inguardabile ricciolo sul mento – aka Banjou – e compagnia bella – aka idioti.
Tsukiyama, la schiena appoggiata alla parete, aveva aspettato che quel lieve gesto venisse rivolto pure a lui; tuttavia, le uniche due cose che riuscì ad ottenere dal suo “amore non corrisposto” furono uno sguardo sprezzante e una richiesta intimidatoria quale: «Vedi di non creare problemi, Tsukiyama
Shuu si era portato una mano al cuore, sfoggiando un sorriso rassicurante. «Oui, Kaneki. Lo giuro.»
I suffissi onorifici tra loro erano andati a farsi benedire nel momento in cui era stato Ken ad imporglielo, e lui non aveva avuto alcun problema ad adattarsi a quella richiesta.
Eliminare il “-kun” quando chiamava il suo nome gli dava come la sensazione di esser penetrato nelle sue difese, fino al punto di esser classificato un suo alleato a tutti gli effetti.
«Sono la sua “spada, dopotutto» aveva considerato mentre salutava raggiante la piccola Hinami.
Di quell’alleanza – a parte Kaneki, ovviamente – era l’unica della quale apprezzava l’esistenza; così giovane e pura, ma nonostante questo pronta a battersi per la loro nobile causa, anche se questo avrebbe voluto significare mettere sempre a rischio la propria vita in prima linea.
Quando furono definitivamente fuori dal suo radar, Tsukiyama cominciò ad incamminarsi in direzione del corridoio, arricciando sull’indice un ciuffo dei suoi capelli viola perfettamente laccati. Erano l’orgoglio di un uomo di classe come lui.
«Tsukiyama-san.» La voce gutturale di Banjou gli entrò nelle orecchie, sostituendosi al ricordo di quella di Kaneki.
Fastidioso.
«Dove stai andando? Non dovremmo discut-»
«Monsieur Banjoui» lo interruppe Shuu, voltando il viso di centottanta gradi, sulle labbra il sorriso più falso di cui fosse disposto. «Non sarei tenuto a dirti niente, ma dato che insisti ti spiegherò un concetto semplice: esistono persone che hanno bisogni fisiologici.» Si indicò teatralmente, come era suo solito fare. «In questo caso io.» Mentì.
Banjou deviò lo sguardo, poi lo guardò di nuovo, facendo un cenno con la testa. «Ti aspettiamo in salotto. In caso ti riassumeremo la situazione.»
Tsukiyama annuì, riprendendo a camminare da dove si era fermato. Non aveva tempo di pensare a quei trogloditi dei suoi compagni, aveva una meta da raggiungere.
Dopo pochi istanti eccolo lì sul ciglio dell’entrata della stanza di Kaneki, le pupille già dilatate per il dolce aroma che si era innalzato non appena aveva varcato la soglia.
Non capitava molto spesso che Kaneki uscisse, o meglio, quelle poche volte che usciva lo faceva per combattere, e di conseguenza Tsukiyama doveva essere al suo fianco ad aiutarlo a disfarsi delle zecche fastidiose.
Si sedette sul materasso comodo, accavallando le gambe lunghe fasciate da comodi pantaloni beige, tastando con i polpastrelli le lenzuola bianche, pregne del profumo dell’albino.
«Such a perfume», disse con enfasi in inglese, annusandosi le dita longilinee, degne di un modello o di un pianista professionista. «Sarà mio.»
La sola idea che un giorno non ben precisato avrebbe messo le mani su di lui lo mandava in faville, ma il tempo, per quello, non era ancora giunto.
«La pazienza è la virtù dei forti, Tsukiyama Shuu» pensò, accarezzandosi le labbra che chiedevano l’incontrario di ciò che la sua mente si sforzava di credere.
Improvvisamente, quando decise di concentrarsi su altro, gli balzò all’occhio una cosa che gli era sfuggita proprio in fondo al letto; una cosa per la quale il suo corpo rispose con un forte brivido lungo la schiena.
Allungò rapidamente il braccio e le afferrò con foga, le iridi ametista che le guardavano come se tra le mani avesse il più prezioso dei tesori.
Repentino se le portò al naso e alla bocca, inalando per quanto gli fosse permesso l’odore che esse emanavano. Inutile dire che non riuscì ad impedire che dei gridolini sommessi gli sorgessero dalla gola.
Cadde indietro con la schiena, sdraiandosi completamente sul materasso: al diavolo quei buoni a nulla che discutevano non si sa bene di che cosa! Quello era ciò che c’era di più vicino al paradiso – e visto che Tsukiyama non era certo il candidato favorito di Dio per il paradiso, doveva accontentarsi di ciò che c’era in Terra.
Ed eccome se si accontentava.
Un rumore che avrebbe dovuto mandarlo in allarme non lo destò dalle sue azioni; solo quando la porta – e non una qualsiasi – venne spalancata e sbattuta violentemente contro la parete, allora Shuu si fermò, o meglio, congelò come se fosse stato rinchiuso dentro ad un freezer per ore.
«Tsu-ki-ya-ma» cantilenò il nuovo arrivato, sul volto un sorriso raccapricciante - non meno importante si stava schioccando le dita, e quando lo faceva significava che era davvero la fine.
«K-Kaneki-kun…» sussurrò nervoso, allontanando da sé ciò che aveva tra le mani.
Deglutì a fatica.
«Non è quello che semb-»
Troppo tardi.
Il suo viso era stato già colpito in pieno da un calcio rotante talmente violento che sfondò il letto, quindi il bel faccino di Tsukiyama potete ben immaginare in che condizioni disastrose fosse.
Kaneki si avvicinò piano al luogo del “delitto”, afferrando l’oggetto incriminato e osservandolo con tanta pena negli occhi. Neanche con molteplici lavaggi sarebbe riuscito a sopportare l’idea di indossarlo di nuovo.
Represse l’idea di far fuori il Gourmet solo perché sapeva che questo lo avrebbe penalizzato nel suo obiettivo; perciò cercò di classificare la questione come incidente di percorso e lo trafisse semplicemente con lo sguardo.
«Sappi che sarai tu a ricomprarmi il letto» annunciò secco, pestandogli il torace. «E anche un nuovo paio di queste.» Lo colpì nuovamente, stavolta sull'addome. «Così impari ad annusare le mie mutande, pervertito.»
Detto quello se ne andò, lasciando il suddetto pervertito riverso a terra con il volto sfracellato.
Quel giorno Tsukiyama si promise una cosa, e questa volta l’avrebbe mantenuta davvero: non avrebbe più fatto giuramenti che sapeva fin dall’inizio che non avrebbe potuto mantenere. Non con Kaneki Ken, almeno.
 
 

 

 

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Capitolo 2
*** 02. Immortal flame ***


 
 
Scleri pre-capitolo: Dopo la bellezza di un mese torno ad aggiornare questa raccolta. Scusatemi se c’ho impiegato tutto questo tempo ma il mio cervello era entrato in pappa (?) perciò ecco, a idee lasciava un po’ desiderare. Sono tornata con un capitolino tutt’altro che comico, e io piango. Soffro perché ogni volta che ricordo il capitolo 143 è un colpo al cuore continuo, ed io, masochista che sono, ci calco sopra. Well done.
Btw, voglio ringraziare di cuore endorphin, Lellanyah e Ghoul chan per i commenti. Mi hanno fatto davvero tanto piacere! ;u; Appena posso mi ritaglio un attimo di tempo e rispondo alla recensioni com’è giusto che sia. (Y)
Moltobbene, non mi resta che augurarvi un buon proseguimento di serata una buona lettura sperando che la possiate apprezzare. Tanti bacini baciotti. (L)
Disclaimer: I personaggi di Tokyo Ghoul non mi appartengono, ma se mi appartenessero Tsukiyama avrebbe già sfondato il deretano ad Arima e avrebbe portato in salvo Kaneki tra le sue braccia (poi verrà comunque preso a calci, ma vbb).


P.s: In questo capitolo, per chi non ha letto il manga, ci sono mooooltissimi spoiler. 

 




O2. » Immortal flame
 
 

«Chi l’avrebbe mai detto che avrei avuto l’occasione di vederti ridotto in questo stato?»
Si chiese se quelle parole fossero frutto della sua fantasia o se qualcuno stesse parlando davvero, accarezzandogli la pelle lattea con il fiato pesante.
Quando sentì qualcosa premere sul suo petto capì che sì: quelle sillabe che erano state pronunciate al suo padiglione auricolare poco prima non erano pura invenzione della sua mente, che il male che stava percependo al torace era reale, che il dolore fisico era ancora presente nonostante di tempo ne fosse passato.
Il dolore psicologico, invece, lo aveva già abbandonato da un pezzo. Oramai era solo un involucro vuoto riverso a terra, gli occhi ametista che guardavano tutto e niente, le labbra secche socchiuse, l’ombra di lacrime appassite sul viso sporco di polvere.
Pian piano la pressione sul petto si affievolì; un tonfo ed un sospiro profondo presero il suo posto.
«Sai una cosa?» domandò il suo mittente, pur sapendo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta da lui, il destinatario. «Credevo che farti provare lo stesso dolore che ho sentito io quel giorno, quando hai rapito la mia Kimi solo per i tuoi piani perversi…» Una pausa. Il fruscio del vento di metà autunno che accompagnava quella notte fatta di sangue e morte. «Pensavo davvero che avrei goduto della tua disfatta, tuttavia non c’è niente di divertente e gratificante in questa scena». Una risata breve ed amara gli riempì le orecchie, ma con la stessa velocità con cui si era presentata svanì.
«Quello stupido mi ha cambiato, mi ha reso un rammollito» lo disse, ma non c’era pentimento dietro, solo un’immensa gratitudine. «Kaneki ha cambiato tutti noi.»
Quando quel nome venne pronunciato il suo cervello cominciò a funzionare nuovamente, mandando al corpo degli stimoli che credeva perduti per sempre, 
stimoli che gli fecero rendere conto che stava respirando ancora l’aria di un mondo che aveva smesso di percepire come suo nel momento in cui lui se ne era andato, calando definitivamente su di sé il sipario.
Dalla sua bocca iniziarono ad uscire dei suoni sconclusionati; solo due minuti dopo colui che gli stava seduto accanto capì dove volesse andare a parare.
Uccidimi.   
È questo ciò che gli stava chiedendo tra un mugolio debole e l’altro.
Che senso ha continuare a vivere?
Non riuscì a dirlo questo, no.
Gli avrebbe richiesto troppo sforzo, in più la fame e la sete allucinante non lo aiutavano a formulare una frase di senso compiuto. 
Io non ero niente: ero solo, abituato al freddo di un’esistenza grigia, imprigionato da piaceri futili. Lui mi ha salvato.
«Se pensi che la morte possa aiutarti non è così». Il ragazzo si sistemò gli occhiali sulla base del naso, portando lo sguardo al paesaggio esterno. In un determinato punto il cielo era più luminoso, segno che la notte stava giungendo al capolinea per dare vita ad un nuovo ed imprevedibile giorno.
«Se anche l’inferno o il paradiso esistessero non lo incontrerai» mormorò Nishiki, abbracciandosi le gambe piegate al petto, il volto appoggiato sulle ginocchia. «Kaneki è ancora vivo, perché lui è come una fiamma ardente ed immortale. Non perirà né smetterà mai di lottare; non farlo nemmeno tu, Tsukiyama
In quel momento il vento si placò.
L’ossigeno riiniziò a scorrere regolarmente nei suoi polmoni.
Il suo cuore ricominciò a battere prepotentemente nella cassa toracica.
E le lacrime che Tsukiyama credeva di aver totalmente consumato rotolarono nuovamente come cascate lungo le sue guance.
Nell’alba dell’ennesimo massacro - o nella nascita di un’era diversa - una nuova speranza era sorta, alimentata da quell’uomo che aveva deciso di non arrendersi.
Di essere all’altezza della fiamma tanto amata di Kaneki Ken che, ignaro, si era già spenta.
 





 

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