La tua morte sarà l'origine dei tuoi poteri

di Le Cicche
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Elarn, il fuoco ***
Capitolo 2: *** Georgia, la malattia ***
Capitolo 3: *** Bernice, il femminicidio ***
Capitolo 4: *** Gwennel, l'affogamento ***



Capitolo 1
*** Elarn, il fuoco ***


Il fuoco sopraggiungendo,
giudicherà e condannerà ogni cosa.
-Eraclito-
 

 
13 marzo 1853
 
La sala da ballo era affollata. La signora Nicchi sarebbe stata davvero fiera quella sera, quando tornando a casa, i suoi ospiti non avrebbero avuto che parole benevole e di ammirazione per la festa da lei organizzata.
Elarn afferrò i fianchi della ragazza con cui stava ballando, sollevandola e facendola piroettare, prima di riappoggiarla a terra. – Vi state divertendo?- Domandò Elarn alla giovane.
-Moltissimo! Portate le più sincere congratulazioni a vostra madre. Non ho mai partecipato ad un evento tanto suggestivo.-
Sempre le stesse parole, sempre la stessa reazione da parte di tutti. Eppure Elarn non vedeva assolutamente niente nelle feste di sua madre, che non c’era anche negli altri eventi mondani.
-Chiedo perdono!- Una donna in età matura si esibì in un elegante inchino davanti ai due giovani. –Posso avere l’onore di danzare con l’erede dei nostri ospiti?-
-Certamente, è tutto vostro.- La giovane si allontanò tra la folla, portandosi dietro tutte le speranze di Elarn di passare una serata tranquilla.
La donna si fece afferrala la mano e il fianco, lasciando guidare la danza al ragazzo. Come in ognuno dei ricevimenti di sua madre, Elarn si ritrovò in compagnia di una donna decisamente più vecchia di lui, considerati i suoi miseri diciotto anni. Ormai cominciava davvero a pensare di essere lui, con la sua angelica bellezza, l’attrazione principale di quelle feste.
-Ditemi un po’, Elarn, vostra madre sostiene che avete un talento eccezionale per la poesia. È davvero così?-
Le gote di Elarn si tinsero leggermente di rosso. – di sicuro sono molto affascinato dalla materia, ma non mi attribuisco un talento eccezionale, signora.-
-No, “signora” mi fa sentire una cariatile! Chiamami Eleonora!-
Elarn trattenne bruscamene il fato, realizzando chi fosse quella donna.  –voi siete Eleonora Gherci?-
-Grande spirito di intuizione. È un’altra cosa che cerco nei miei protetti.-
Sua madre gli aveva detto che quella sera Eleonora Gherci avrebbe partecipato all’avvenimento, apposta per incontrare lui. La donna gestiva, in casa sua, uno dei più grandi e famosi salotti letti letterari del paese. Per questa ragione i genitori di Elarn gli avevano consigliato di assecondarla, di esaudire ogni sua richiesta, concedendole ogni cosa lei domandasse…qualsiasi. –è un grande onore per me conoscerla.-
-Ascolta caro, perché invece di stare qui a perdere tempo con cose frivole, come il ballo, non mi mostri alcune tue opere?-
-Certamente!-
Elarn condusse la donna nella libreria di famiglia, una grande stanza ricca di scaffali di legno alti fino al soffitto, stracolmi di libri su ogni argomento.
Il ragazzo si diresse al tavolo situato al centro della stanza e iniziò a raccogliere ordinatamente tutti i fogli carichi di poesie. Un rumore di serratura lo fece voltare, sorprendendo Eleonora Gherci dare il secondo giro di chiave alla porta. –ma…Eleonora, che state facendo?-
-non temere ragazzo mio. I tuoi genitori mi hanno già mostrato alcune tue opere e le ho trovate molto interessanti. Ti voglio assolutamente all’interno del mio salotto, ma prima dobbiamo stringere il nostro accordo.-
La donna incominciò ad incamminarsi verso di lui sciogliendosi l’elegante acconciatura. Elarn capì immediatamente cosa stesse per succedere. Provò l’istinto di ritrarsi, ma sapeva bene che se l’avesse fatto avrebbe perso l’occasione della sua vita.
-sarò delicata, promesso!-
Eleonora allacciò la lingua con quella di Elarn, passandogli la mano nei folti capelli scuri. Il ragazzo gemette di dolore quando lei gli artigliò la schiena sotto la camicia con le sue lunghe unghie.
La donna si staccò leccandosi avidamente le labbra e catturando ogni briciola del dolce sapore del ragazzo. – coraggio, non essere timido!- Elarn cacciò fuori l’aria che aveva intrappolato nei polmoni e lasciò che Eleonora lo spogliasse della giacca.
Con una spinta lo inchiodò alla sedia di velluto e vi si sedette sopra, intrappolandolo tra il suo corpo e lo schienale. Lei gli guidò le mani fino dietro la schiena, costringendolo ad allentare i lacci dell’abito, che scivolò giù dal petto di Eleonora, mostrando i suoi prosperosi seni. Nel frattempo allentò la camicia di Elarn, esplorando con le mani il suo addome teso. Si sporse più in alto comprimendo i seni sotto il mento del ragazzo. –Quanto ci tieni ad entrare nel mio circolo?-
-Moltissimo, Eleonora!-
-Allora concedimi tutto-
-Sono tutto vostro!-
Lo baciò di nuovo passionalmente, stringendogli le braccia dietro il collo. Un odore pungente raggiunse le narici di Elarn. Cercò di divincolarsi per cercare di capire da dove provenisse, ma la donna glielo impedì, continuando a baciarlo. Arrivò a lambire con i denti le scapole di Elarn, che gridò per il dolore stringendo i denti.
L’odore divenne più forte, ma questa riuscì a capire cosa fosse successo. Dall’angolo della biblioteca era scoppiato un incendio, che si stava diradando in tutta la stanza. –Signora, la prego, dobbiamo andarcene!-
-proprio ora che stiamo arrivando al più bello?-
Eleonora infilò le mani nei pantaloni di Elarn, accarezzandogli il membro. Una scarica di piacere si diffuse in tutto il suo corpo, ma la paura, in quel momento, era più forte di qualsiasi altra sensazione. – la prego! Per favore, mi ascolti!-
Il grido di Elarn fu così disperato che Eleonora si costrinse ad alzare le labbra dal suo collo, per voltarsi ed osservare cosa stesse accadendo. Cacciò un grido di terrore e scattò in piedi sistemandosi il vestito. –Dobbiamo andarcene!-
A causa degli scaffali in legno, orai quasi l’intera biblioteca era in fiamme.
-Non possiamo raggiungere la porta, ormai il fuoco l’ha lambita!-
Le finestre della stanza erano troppo in alto per poter essere raggiunte.
Eleonora gridò di dolore quando le fiamme le avvolsero l’abito gettandola in un inferno di fuoco.
Elarn guardò il corpo della donna divincolarsi, ma ormai non c’era più niente da fare. La sua pelle era consumata e la sua carne bruciava come carboni ardenti. Un conato di vomito avvolse il ragazzo, che si piegò in due riversando sul pavimento la cena di quella sera.
Non fece in tempo a rialzarsi che uno degli scaffali crollò intrappolandolo sotto di sé. Elarn gridò per lo spavento e il dolore, mentre le fiamme lo avvolgevano.
L’aria si era fatta irrespirabile e quando il giovane aprì la bocca per respirare ossigeno, tutto quello che ispirò fu solo fumo, che gli bruciò i polmoni.
Lacrime calde gli solcarono le guance, ma non si sa se per la paura o per il fumo che gli bruciava gli occhi grigi. Rassegnato appoggiò la testa al pavimento, ormai stordito dai vapori tossici dell’incendio.
Ad Elarn parve di sentire una voce che gli disse:
-La tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri-
Non riuscì a domandarsi cosa significasse, perché la morte sopraggiunse.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Buongiorno a tutti quanti voi! Qui parla la vostra nuova amica Camilla! Per chi avesse già letto qualcuna delle storie che scrivo con le mie amiche e probabilmente sarà solo uno su un milione vi sarete accorti che questo non è il mio genere, per cui vi chiedo di essere clementi e di farmi notare, per favore, se qualche cosa non funziona, ve ne sarei davvero grata! :)
Tornando alla storia. Qui abbiamo fatto conoscenza del primo dei Guardiani, Elarn. Chi sono i guardiani?...Lo scoprirete se continuerete a leggere! ;)
Perché ho fatto quasi stuprare Elarn? Beh…nell’Ottocento andava davvero così. Ne abbiamo un esempio nel carissimo e depressissimo famosissimo Ugo Foscolo!
Sfortunatamente sarò costretta a pubblicare solo una volta al mese, massimo due, a causa della scuola, ma spero comunque che la storia possa piacervi e appassionarvi.
Ciao ciao
Cammi

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Capitolo 2
*** Georgia, la malattia ***


Se la malattia e le sofferenze non
 fanno distinzione tra ricchi e poveri,
perché noi dovremmo farne?
-Sathya Sai Baba-

 

 

 

11 gennaio 613

L’intero castello era in fermento. I servitori correvano incessantemente su e giù per le scale, portando bacinelle piene d’acqua, erbe e stracci.
Georgia era sdraiata nel suo letto, avvolta nei sudori freddi e i brividi, che incessantemente le scuotevano il corpo. Il dottore non riusciva proprio a capire quale rara malattia l’avesse colta.
I signori del castello, ovvero i genitori di Georgia, avevano richiamato a corte tutti i migliori medici del paese, ma nessuno era riuscito a guarire la giovane, anzi, la sua situazione andava via via ad aggravarsi.
-m…m…ma…dre-  disse Georgia tremante allungando la mano.
Sua madre l’afferrò e se la portò al viso.
-sono qui figliola, non me ne andrò!-
-che cos’ho? Perché nessuno riesce a guarirmi?-
-non lo so cara, ma non devi temere, presto qualcuno troverà un modo per estirpare il tuo male. Per ora l’unica cosa che possiamo fare è pregare.-
Georgia sorrise quasi rassegnata e poggiò la testa sul cuscino spargendo i suoi lisci capelli color mogano.

 

*-*-*-*

 
Il giorno seguente una delle serve entrò nella camera di Georgia e per lo spavento lasciò cadere la ciotola con la colazione.
-Mia signora, che cosa vi è successo?-
La ragazza era sempre sdraiata sul letto, ma era immersa in una vischiosa pozza di sangue. La serva le si avvicinò per controllare la situazione.
Il sangue era fuoriuscito dalle sue parti intime , dal naso, e ora colava lento a fiotti anche dagli angoli degli occhi verdi, come fossero lacrime dannate.
Georgia sembrava come posseduta; picchiava ritmicamente la mano destra sul petto e dellirava frasi prive di senso.
-io non voglio venire con te, mi fai paura, sei un demone. Il tuo posto è all’inferno, dove il nostro Signore vuole che tu stia.-
La donna spaventata corse a chiamare il dottore, il quale accorse il prima possibile.
La scena che si trovò davanti fu raccapricciante. La ragazza era immersa in un bagno di sangue e la sua carnagione pallida era messa ancora più in risalto da tutto quel rosso.
Assieme a lui accorsero anche i signori del castello. La moglie si lasciò andare in un grido colmo di angoscia.
Il dottore visitò Georgia, ma si rese presto conto che non ci sarebbe stato più niente da fare.
La ragazza tossì macchiandosi ulteriormente di gocce scarlatte il suo abito da notte.
Il dottore capì che ormai i suoi organi interni erano disfatti e questo aveva causato l’ingente perdita di sangue. L’uomo tirò un sospiro faticoso  e si rivolse ai genitori.
-andate a chiamare un prete, che la confessi. Non resisterà ancora per molto.-
Non se lo meritava; Georgia aveva solo quattordici anni, un’intera vita da vivere e molte emozioni da provare; invece la malattia le aveva stroncato tutto.
Si ritrovò a sorridere amaramente. Solo tre settimane fa aveva visto in paese un altro giovane uomo morire per gli stessi sintomi. Lui non aveva potuto pagarsi le cure a causa della povertà, ma poco importava; Georgia veniva da una famiglia ricca, ma nemmeno i soldi l’avevano salvata. La malattia non faceva distinzioni.
Il prete arrivò e Georgia confessò tutti i suoi peccati, per quanto potessero essere gravi quelli di una quattordicenne.
Quando ebbe terminato, la ragazza alzò gli occhi al soffitto, intravedendo la sagoma di una donna vestita di bianco. Era bellissima, non come il mostro dalla pelle coriacea che aveva visto poco fa. Però anche lei le ripeté le stesse parole della creatura.
-la tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri.-
Georgia chiuse gli occhi e raccogliendo tutte le sue ultime forze sussurrò
-Chi sei? Cosa signif…-
Il fiato le si smorzò in gola e la vita scivolò via da lei tra il pianto e i singhiozzi di sua madre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE

Buonasera gente! Qui è Cammi che vi parla! Oggi abbiamo fatto la conoscenza di Georgia, ovvero la Guardiana della malattia. Lasciatemi dire che un po’ mi è dispiaciuto scrivere la sua parte, aveva solo quattordici anni, nessuno meriterebbe una fine tanto orribile, tanto meno in una così tenera età.
Ma era necessario per la storia. Nel prossimo capitolo conosceremo la prossima Guardiana, ovvero…SPOILER…Bernice.
Se ho fatto degli errori di battitura avvertitemi, io ho riletto ma possono sempre sfuggire.
Come sempre aspetto di sapere cosa ne pensate, vi è piaciuta? Vi ha fatto schifo? Fatemelo sapere, così potrò migliorare :)
Volevo ringraziare enormemente Bruli che ha inserito la storia tra le seguite, spero di non deluderti! ;)
Ciao ciao
Camilla

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Capitolo 3
*** Bernice, il femminicidio ***



Morire per delle idee va bene,
ma di morte lenta.
-Fabrizio De Andrè- 

12 febbraio 1792

 La rivoluzione francese era scoppiata, portando il timore nei cuori degli aristocratici, e una nuova speranza in quello del popolo, in tutta l’Europa.
Anche nella penisola italica quella rivoluzione aveva infervorato gli animi in più di un modo.
Bernice richiuse il libro gettando una fugace occhiata al marito, in piedi davanti al camino.
-Scrive davvero in maniera divina questo Parini. Devo assolutamente comprare il secondo volume del “Giorno” per continuare a leggere.-
-Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando, cara.-
Come sempre d’altronde. Bernice strizzò il naso, provando solo disgusto per quel babbeo che si ritrovava come marito; la giovane donna era convinta che perfino il contadino più rozzo doveva essere più intelligente di lui. Un uomo che probabilmente sapeva leggere e scrivere solo perché la considerava una moda tra gli aristocratici.
-Non importa. Volevo informarti che questa sera mi recherò a casa di Roberta Bocconi per discutere di alcune questioni.-
L’uomo si voltò versa la moglie, osservando il suo incantevole viso, con gli occhi da cerbiatto incorniciati dalle lunghe ciglia nere e i boccoli castani. Era così bella nella sua giovane età, aveva appena ventitré anni, ben venti in meno di lui; eppure, a volte si ritrovava a pensare che pur nella sua bellezza fosse davvero stupida e fastidiosa.
-Non dirmi che ti trovi di nuovo con quel gruppo di illuse segnatrici per discutere dei “diritti” di voi donne.-
-Certo, è così!-
L’uomo si ritrovò a ridere di gusto, quasi intenerito per lei.
-E di cosa pelereste? Sentiamo! Del diritto ad indossare le calze pesanti sotto la veste?-
Bernice si sentì profondamente offesa, la persona che più avrebbe dovuto starle vicino la derideva per le sue idee.
-Parliamo del fatto che noi donne potremmo avere la possibilità di entrare in  politica, di votare, di diventare insegnanti universitarie…-
-Il posto di voi donne è in casa, ad occuparvi dell’abitazione e dei figli.-
Bernice, colta da un attacco d’ira, scattò in piedi facendo ondeggiare l’ampia gonna di taffetà celeste e lasciando cadere il libro che aveva sulle ginocchia.
-Questo chi lo ha deciso? Dei vecchi bacucchi dalla mentalità fossilizzata? Noi donne abbiamo la stessa mente di voi uomini!-
-Ma non la forza.-
-Non serve forza fisica per guidare uno stato, ma forza d’animo, come ci ha dimostrato la regina Elisabetta d’Inghilterra.-
-Sati parlando di una puttana che ha goduto delle sventure della sua famiglia.-
Bernice sentiva le guance in fiamme per la collera. Una mentalità da medioevo, ecco cosa aveva suo marito! Raccolse il libro che poco fa aveva lasciato cadere e svelta si affrettò a lasciare la stanza, indignata.
-Io andrò a quell’incontro, che ti piaccia o no!-
Era già in corridoio quando la voce del marito la raggiunse.
-Attenta Bernice, è pericoloso per una donna camminare da sola per le strade di notte.-

 
Quella sera Bernice lasciò la casa dei Bocconi molto emozionata, la discussione si era fatta molto suggestiva e lei, assieme alle altre donne, aveva trovato molti spunti per l’emancipazione femminile. Era solo questione di tempo, pensò, e presto le donne avrebbero goduto degli stessi diritti degli uomini.
Le strade di Venezia erano ormai buie e deserte, su ogni ciglio le case facevano da muraglia creando un passaggio solitario e triste. L’odore dei canali si spargeva nell’aria rendendo umida la serata. Bernice si sentì molto esposta e preoccupata decise di prendere una stradina secondaria, dietro a Piazza S.Marco, per arrivare il prima possibile a casa, accorciando notevolmente il percorso.
La suggestione era tanta in lei che appena udì dei passi dietro di sé il cuore le esplose in petto. Accelerò il passo, ma chi la seguiva fece altrettanto. Quando sentì che sarebbe esplosa da lì a lì, raccolse il coraggio e si voltò di scatto.
-Grazie al cielo sei tu! Mi hai fatto preoccupare.-
Bernice si strinse più stretta nello scialle mentre suo marito le si avvicinava.
-Mi spiace.-
-Non farlo mai più!-
-Non preoccuparti, tanto d’ora in avanti non dovrai più preoccuparti di questo, ne di nulla altro.-
Bernice indietreggiò guardinga, sperando di aver colto male le parole del marito.
-Cosa intendi?-
L’uomo come risposta estrasse un coltello dalla lama sottile e si avventò su di lei.
-Fermo! Ti prego! Che stai facendo?-
-Non lascerò che una sgualdrina come te infanghi il mio nome.-
La afferrò per i capelli e spingendola contro la parete si accanì su di lei con il coltello tante volte che finì per perderne il conto. Lei gridava, ma nessuno venne in suo soccorso. Quando ebbe terminato, Bernice si lasciò scivolare a terra, impreniando la gonna dell’abito con il suo stesso sangue. Le ferite erano tanto profonde che se qualcuno vi avesse infilato il dito avrebbe oltrepassato la carne fino ad arrivare agli organi interni.
Il marito si inginocchiò e baciò Bernice sulle labbra.
-Sogni d’oro, amore mio!-
Si rialzò e sparì dal vicolo.
Bernice rimase due ore stesa in quel lago di sangue, le ferite le avevano tolto tutte le energie, eppure non erano state sufficienti a donarle una morte rapida.
Quando sentì che era giunta l’ora della fine chiuse gli occhi, concedendosi finalmente di versare una lacrima.
Udì una voce possente pronunciare delle parole apparentemente senza senso:
-La tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri.-
Poi l’ultimo soffio d’aria abbandonò i polmoni di Bernice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
NOTE DELL’AUTRICE
Rieccomi qui! In questo capitolo abbiamo fatto conoscenza con la povera Bernice. Non so voi donne, ma io provo grande rispetto per lei, e odio, non tanto per il marito, ma per quello che lui rappresenta, tutti quegli uomini che ancora oggi non riconoscono la parità tra i sessi.
Dopo il mio sfogo :) vi invito a farmi sapere cosa ne pensate!
Con chi avremo a che fare nel prossimo capitolo? Non voglio spoilerare troppo, vi dico solo che è maschio!
Ringrazio Adria per aver recensito e SignorinaS per aver inserito la storia tra le preferite!
Ciao Ciao
Camilla

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Capitolo 4
*** Gwennel, l'affogamento ***


In perpetuo fratello,
ciao e addio.
-Catullo-

 

14 aprile 1928

 
La spiaggia era molto affollata nonostante l’aria soffiasse fredda nell’insenatura. Sulla distesa di sabbia camminavano a braccetto gentiluomini in compagnia delle loro compagne, bambini urlanti, anziani che rivivevano i loro ricordi passati.
Dalla barca, in mezzo al mare, Gwennel li vedeva come puntini neri in movimento. Il lavoro, da quando aveva iniziato, lo aveva tenuto molto occupato; aveva solo vent’anni ma già la maestria di un uomo d’affari veterano. Era stato il padre della fidanzata di Gwennel a volerlo in affari, e di certo il ragazzo non si era dimostrato inutile. Ma ora, finalmente, era riuscito a ritagliarsi una giornata di libertà da passare con la fidanzata Clarissa e i fratelli Guido e Teresa.
Le onde cullavano l’imbarcazione facendola oscillare dolcemente.
-Credo mi stia venendo il mal di mare, Gwen!-
Gwennel si voltò verso Guido, il quale aveva assunto un clorito poco sano.
-Brutta storia! Togliti dal bordo, peggiori le cose!-
Il dodicenne inghiottì a vuoto e si allontanò dal bordo della barca andando a sedersi accanto alla sorella.
-sei sempre il solito, ti diverti proprio a rovinarci le giornate.-
Disse acida Teresa.
-Non lo faccio apposta!-
No di certo! Nessuno lo incolpava di questo, tranne Teresa. Ragazza bassina; capelli biondi, come quelli dei fratelli; occhi marroni e simpatica quanto solo una sedicenne snob poteva essere.
-Apposta o no ci disturbi, vero Clarissa?-
La ragazza sorride da dietro lo scialle che si era tirata su fino al collo per proteggersi dall’aria.
-Se non avessimo Guido perderemmo metà del divertimento.-
-Sono pienamente d’accordo! Se ci fossi solo tu passeremmo i pomeriggi a discutere solo sul tuo aspetto!-
Disse Gwennel alla sorella sorridendole sarcastico.
-Perché? Esiste forse un argomento migliore?-
Tutti e tre i giovani scoppiarono a ridere prima di accorgersi che Teresa, forse, non stava scherzando. Le guance di Gwennel si tinsero di rosso e si sbrigò a trovare qualcosa da fare per sminuire la tensione. Si tolse le scarpe, accantonandole sul ponte della barca di famiglia; scese le scalette e si sedette sull’ultimo scalino immergendo i piedi in acqua. Gli sarebbe davvero piaciuto passare una giornata di calma, ma con una famiglia simili era un vano desiderio. Un gabbiano volò sopra la testa del ragazzo e il suo stridio coprì per un secondo il litigio tra Guido e Teresa.
-Non ti sopporto!-
-Ma cresci un po’ Guido!-
-Quella che dovrebbe crescere sei tu!-
Finito di parlare il ragazzino si recò, picchiando rumorosamente i piedi sul legno della barca, fino al ponticello inferiore, sedendosi in fianco al fratello maggiore.
-Strega!-
 -Non prendertela Guido, sai che poi le passa.-
-Se a sedici anni si diventa così vorrei non averli mai. Tu non eri così!-
-Non siamo tutti uguali.-
-Meno male!-
Entrambi i fratelli scoppiarono a ridere finché Guido non si interruppe fissando l’acqua leggermente increspata.
-Hai visto Gwen?-
-Che cosa?-
-Mi è sembrato di vedere passare qualcosa.-
Gwennel osservò meglio ma non vide nulla. Tolse comunque le gambe dall’acqua per precauzione.
-Torniamo su, meglio!-
Guido annuì ma non fece in tempo ad alzarsi che qualcosa lo afferrò per una gamba e lo trascinò in acqua tirandolo a fondo. Gwennel era pronto a scommettere che a tirare a fondo il fratello era stata una mano. Tuttavia, senza pensarci troppo, gridò
-Clarissa, Teresa, venite ad aiutarmi! Presto!-
Si tuffò in acqua per aiutare Guido. Nuotò verso il basso e vide il fratello annaspare nell’acqua con tutte le sue forze per risalire; non c’era niente a trattenerlo, doveva solo averla immaginata quella mano, ma infondo era meglio così. Lo afferrò sotto un braccio e lo trascinò a galla affidandolo alle braccia di Clarissa che lo adagiò sul ponte mentre il ragazzino sputava acqua.
Guido era salvo; Gwennel tirò un sospiro di sollievo e si preparò a risalire a bordo, quando qualcosa lo afferrò per la caviglia tirandolo verso il basso. Fu preso alla sprovvista e non fece in tempo a prendere aria. Fortunatamente un’altra mano lo afferrò per un polso riuscendo a tirargli la testa fuori dalle onde.
Clarissa lo teneva stretto tirando con tutte le sue forze, eppure Gwennel sapeva che non avrebbe resistito a lungo.
-Teresa aiutami!-
Gridò la giovane, ma Teresa rimase immobile, pietrificata dalla paura. Fu Guido ad afferrare l’altro braccio di Gwennel.
Il ragazzo sentiva chiaramente una mano stringere la sua caviglia e tirarlo con forza disumana; rassegnato sorrise amaro e si rivolse alla fidanzata e al fratello.
-Lasciatemi andare o presto tirerà dentro anche voi!-
-No! Devi essere impazzito, non ti lasciamo!-
-Vi prego, mollatemi.-
-Mai!-
Gwennel piantò le unghie nei polsi dei ragazzi che per il dolore mollarono la presa. La forza che lo teneva lo trascinò a fondo.
-Gwen no!-
Fu l’ultimo suono che udì.
L’acqua lo avvolgeva e gli annebbiava i sensi; gli entrò in gola bruciandogli la trachea. La stretta sulla caviglia si allentò e davanti ai suoi occhi comparve una donna vestita di bianco, bellissima e spaventosa allo stesso tempo.
La donna si avvicinò e poggiando le labbra all’orecchio di Gwennel gli sussurrò
-La tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri.-
La vista di Gwennel si appannò e i suoi polmoni si riempirono d’acqua.
“Che strano modo per andarsene” pensò prima della fine definitiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE
Ciao ciao a tutti. Vi presento il capitolo dedicato a Gwennel, il Guardiano della morte per annegamento. Non so dirvi il perché, ma questo personaggio mi piace davvero molto, forse per il suo altruismo…ma boh! Ora abbiamo fatto la conoscenza di quattro Guardiani, non ci resta che presentare l’ultima, Chiara.
Ci tengo a precisare che l’intera storia, per ora e per buona parte del racconto, sarà ambientata in Italia, con nomi di città realmente esistenti, ma con i nomi dei paesi minori inventati. Di conseguenza tutti i Guardiani “protagonisti” sono italiani (anche se so che solo le ragazze hanno nomi italiani mentre i ragazzi francesi, ma che ci posso fare, mi piacevano ;P)
Penso di non aver altro da aggiungere, spero solo che vi sia piaciuto e che continuerete a leggere!
Un grazie enorme a Greedo per aver inserito la storia tra le preferite e per avermi fatto sapere il suo parere, spero di non deluderti!
Ciao ciao

Camilla

 

 

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