La tua morte sarà l'origine dei tuoi poteri di Le Cicche (/viewuser.php?uid=740074)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Elarn, il fuoco ***
Capitolo 2: *** Georgia, la malattia ***
Capitolo 3: *** Bernice, il femminicidio ***
Capitolo 4: *** Gwennel, l'affogamento ***
Capitolo 1 *** Elarn, il fuoco ***
Il fuoco
sopraggiungendo,
giudicherà e condannerà ogni cosa.
-Eraclito-
13 marzo 1853
La
sala da ballo era affollata. La signora Nicchi
sarebbe stata davvero fiera quella sera, quando tornando a casa, i suoi
ospiti
non avrebbero avuto che parole benevole e di ammirazione per la festa
da lei
organizzata.
Elarn afferrò i fianchi della ragazza con cui stava
ballando, sollevandola e
facendola piroettare, prima di riappoggiarla a terra. – Vi
state divertendo?-
Domandò Elarn alla giovane.
-Moltissimo! Portate le più sincere congratulazioni a vostra
madre. Non ho mai
partecipato ad un evento tanto suggestivo.-
Sempre le stesse parole, sempre la stessa reazione da parte di tutti.
Eppure
Elarn non vedeva assolutamente niente nelle feste di sua madre, che non
c’era
anche negli altri eventi mondani.
-Chiedo perdono!- Una donna in età matura si
esibì in un elegante inchino
davanti ai due giovani. –Posso avere l’onore di
danzare con l’erede dei nostri
ospiti?-
-Certamente, è tutto vostro.- La giovane si
allontanò tra la folla, portandosi
dietro tutte le speranze di Elarn di passare una serata tranquilla.
La donna si fece afferrala la mano e il fianco, lasciando guidare la
danza al
ragazzo. Come in ognuno dei ricevimenti di sua madre, Elarn si
ritrovò in
compagnia di una donna decisamente più vecchia di lui,
considerati i suoi
miseri diciotto anni. Ormai cominciava davvero a pensare di essere lui,
con la
sua angelica bellezza, l’attrazione principale di quelle
feste.
-Ditemi un po’, Elarn, vostra madre sostiene che avete un
talento eccezionale
per la poesia. È davvero così?-
Le gote di Elarn si tinsero leggermente di rosso. – di sicuro
sono molto
affascinato dalla materia, ma non mi attribuisco un talento
eccezionale,
signora.-
-No, “signora” mi fa sentire una cariatile!
Chiamami Eleonora!-
Elarn trattenne bruscamene il fato, realizzando chi fosse quella
donna.
–voi siete Eleonora Gherci?-
-Grande spirito di intuizione. È un’altra cosa che
cerco nei miei protetti.-
Sua madre gli aveva detto che quella sera Eleonora Gherci avrebbe
partecipato
all’avvenimento, apposta per incontrare lui. La donna
gestiva, in casa sua, uno
dei più grandi e famosi salotti letti letterari del paese.
Per questa ragione i
genitori di Elarn gli avevano consigliato di assecondarla, di esaudire
ogni sua
richiesta, concedendole ogni cosa lei domandasse…qualsiasi.
–è un grande onore
per me conoscerla.-
-Ascolta caro, perché invece di stare qui a perdere tempo
con cose frivole,
come il ballo, non mi mostri alcune tue opere?-
-Certamente!-
Elarn condusse la donna nella libreria di famiglia, una grande stanza
ricca di
scaffali di legno alti fino al soffitto, stracolmi di libri su ogni
argomento.
Il ragazzo si diresse al tavolo situato al centro della stanza e
iniziò a
raccogliere ordinatamente tutti i fogli carichi di poesie. Un rumore di
serratura lo fece voltare, sorprendendo Eleonora Gherci dare il secondo
giro di
chiave alla porta. –ma…Eleonora, che state
facendo?-
-non temere ragazzo mio. I tuoi genitori mi hanno già
mostrato alcune tue opere
e le ho trovate molto interessanti. Ti voglio assolutamente
all’interno del mio
salotto, ma prima dobbiamo stringere il nostro accordo.-
La donna incominciò ad incamminarsi verso di lui
sciogliendosi l’elegante
acconciatura. Elarn capì immediatamente cosa stesse per
succedere. Provò
l’istinto di ritrarsi, ma sapeva bene che se
l’avesse fatto avrebbe perso
l’occasione della sua vita.
-sarò delicata, promesso!-
Eleonora allacciò la lingua con quella di Elarn, passandogli
la mano nei folti
capelli scuri. Il ragazzo gemette di dolore quando lei gli
artigliò la schiena
sotto la camicia con le sue lunghe unghie.
La donna si staccò leccandosi avidamente le labbra e
catturando ogni briciola
del dolce sapore del ragazzo. – coraggio, non essere timido!-
Elarn cacciò fuori
l’aria che aveva intrappolato nei polmoni e lasciò
che Eleonora lo spogliasse
della giacca.
Con una spinta lo inchiodò alla sedia di velluto e vi si
sedette sopra,
intrappolandolo tra il suo corpo e lo schienale. Lei gli
guidò le mani fino
dietro la schiena, costringendolo ad allentare i lacci
dell’abito, che scivolò
giù dal petto di Eleonora, mostrando i suoi prosperosi seni.
Nel frattempo
allentò la camicia di Elarn, esplorando con le mani il suo
addome teso. Si
sporse più in alto comprimendo i seni sotto il mento del
ragazzo. –Quanto ci
tieni ad entrare nel mio circolo?-
-Moltissimo, Eleonora!-
-Allora concedimi tutto-
-Sono tutto vostro!-
Lo baciò di nuovo passionalmente, stringendogli le braccia
dietro il collo. Un
odore pungente raggiunse le narici di Elarn. Cercò di
divincolarsi per cercare
di capire da dove provenisse, ma la donna glielo impedì,
continuando a
baciarlo. Arrivò a lambire con i denti le scapole di Elarn,
che gridò per il
dolore stringendo i denti.
L’odore divenne più forte, ma questa
riuscì a capire cosa fosse successo.
Dall’angolo della biblioteca era scoppiato un incendio, che
si stava diradando
in tutta la stanza. –Signora, la prego, dobbiamo andarcene!-
-proprio ora che stiamo arrivando al più bello?-
Eleonora infilò le mani nei pantaloni di Elarn,
accarezzandogli il membro. Una
scarica di piacere si diffuse in tutto il suo corpo, ma la paura, in
quel
momento, era più forte di qualsiasi altra sensazione.
– la prego! Per favore,
mi ascolti!-
Il grido di Elarn fu così disperato che Eleonora si
costrinse ad alzare le
labbra dal suo collo, per voltarsi ed osservare cosa stesse accadendo.
Cacciò
un grido di terrore e scattò in piedi sistemandosi il
vestito. –Dobbiamo
andarcene!-
A causa degli scaffali in legno, orai quasi l’intera
biblioteca era in fiamme.
-Non possiamo raggiungere la porta, ormai il fuoco l’ha
lambita!-
Le finestre della stanza erano troppo in alto per poter essere
raggiunte.
Eleonora gridò di dolore quando le fiamme le avvolsero
l’abito gettandola in un
inferno di fuoco.
Elarn guardò il corpo della donna divincolarsi, ma ormai non
c’era più niente
da fare. La sua pelle era consumata e la sua carne bruciava come
carboni
ardenti. Un conato di vomito avvolse il ragazzo, che si
piegò in due riversando
sul pavimento la cena di quella sera.
Non fece in tempo a rialzarsi che uno degli scaffali crollò
intrappolandolo
sotto di sé. Elarn gridò per lo spavento e il
dolore, mentre le fiamme lo
avvolgevano.
L’aria si era fatta irrespirabile e quando il giovane
aprì la bocca per
respirare ossigeno, tutto quello che ispirò fu solo fumo,
che gli bruciò i
polmoni.
Lacrime calde gli solcarono le guance, ma non si sa se per la paura o
per il
fumo che gli bruciava gli occhi grigi. Rassegnato appoggiò
la testa al
pavimento, ormai stordito dai vapori tossici dell’incendio.
Ad Elarn parve di sentire una voce che gli disse:
-La tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri-
Non riuscì a domandarsi cosa significasse, perché
la morte sopraggiunse.
NOTE DELL’AUTRICE
Buongiorno a tutti quanti voi! Qui parla la vostra nuova amica Camilla!
Per chi
avesse già letto qualcuna delle storie che scrivo con le mie
amiche e
probabilmente sarà solo uno su un milione vi
sarete accorti che questo non
è il mio genere, per cui vi chiedo di essere clementi e di
farmi notare, per
favore, se qualche cosa non funziona, ve ne sarei davvero grata! :)
Tornando alla storia. Qui abbiamo fatto conoscenza del primo dei
Guardiani,
Elarn. Chi sono i guardiani?...Lo scoprirete se continuerete a leggere!
;)
Perché ho fatto quasi stuprare Elarn?
Beh…nell’Ottocento andava davvero così.
Ne abbiamo un esempio nel carissimo e depressissimo
famosissimo Ugo
Foscolo!
Sfortunatamente sarò costretta a pubblicare solo una volta
al mese, massimo
due, a causa della scuola, ma spero comunque che la storia possa
piacervi e
appassionarvi.
Ciao ciao
Cammi
|
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Capitolo 2 *** Georgia, la malattia ***
Se la
malattia e le sofferenze non
fanno distinzione
tra ricchi e poveri,
perché noi dovremmo farne?
-Sathya Sai Baba-
11 gennaio
613
L’intero
castello era in fermento. I servitori correvano incessantemente su e
giù per le
scale, portando bacinelle piene d’acqua, erbe e stracci.
Georgia
era sdraiata nel suo letto, avvolta nei sudori freddi e i brividi, che
incessantemente le scuotevano il corpo. Il dottore non riusciva proprio
a
capire quale rara malattia l’avesse colta.
I
signori del castello, ovvero i genitori di Georgia, avevano richiamato
a corte
tutti i migliori medici del paese, ma nessuno era riuscito a guarire la
giovane, anzi, la sua situazione andava via via ad aggravarsi.
-m…m…ma…dre-
disse Georgia tremante allungando la mano.
Sua
madre l’afferrò e se la portò al viso.
-sono
qui figliola, non me ne andrò!-
-che
cos’ho? Perché nessuno riesce a guarirmi?-
-non
lo so cara, ma non devi temere, presto qualcuno troverà un
modo per estirpare
il tuo male. Per ora l’unica cosa che possiamo fare
è pregare.-
Georgia
sorrise quasi rassegnata e poggiò la testa sul cuscino
spargendo i suoi lisci
capelli color mogano.
*-*-*-*
Il
giorno seguente una delle serve entrò nella camera di
Georgia e per lo spavento
lasciò cadere la ciotola con la colazione.
-Mia
signora, che cosa vi è successo?-
La
ragazza era sempre sdraiata sul letto, ma era immersa in una vischiosa
pozza di
sangue. La serva le si avvicinò per controllare la
situazione.
Il
sangue era fuoriuscito dalle sue parti intime , dal naso, e ora colava
lento a
fiotti anche dagli angoli degli occhi verdi, come fossero lacrime
dannate.
Georgia
sembrava come posseduta; picchiava ritmicamente la mano destra sul
petto e
dellirava frasi prive di senso.
-io
non voglio venire con te, mi fai paura, sei un demone. Il tuo posto
è
all’inferno, dove il nostro Signore vuole che tu stia.-
La
donna spaventata corse a chiamare il dottore, il quale accorse il prima
possibile.
La
scena che si trovò davanti fu raccapricciante. La ragazza
era immersa in un
bagno di sangue e la sua carnagione pallida era messa ancora
più in risalto da
tutto quel rosso.
Assieme
a lui accorsero anche i signori del castello. La moglie si
lasciò andare in un
grido colmo di angoscia.
Il
dottore visitò Georgia, ma si rese presto conto che non ci
sarebbe stato più
niente da fare.
La
ragazza tossì macchiandosi ulteriormente di gocce scarlatte
il suo abito da
notte.
Il
dottore capì che ormai i suoi organi interni erano disfatti
e questo aveva
causato l’ingente perdita di sangue. L’uomo
tirò un sospiro faticoso
e si rivolse ai genitori.
-andate
a chiamare un prete, che la confessi. Non resisterà ancora
per molto.-
Non
se lo meritava; Georgia aveva solo quattordici anni,
un’intera vita da vivere e
molte emozioni da provare; invece la malattia le aveva stroncato tutto.
Si
ritrovò a sorridere amaramente. Solo tre settimane fa aveva
visto in paese un
altro giovane uomo morire per gli stessi sintomi. Lui non aveva potuto
pagarsi
le cure a causa della povertà, ma poco importava; Georgia
veniva da una
famiglia ricca, ma nemmeno i soldi l’avevano salvata. La
malattia non faceva
distinzioni.
Il
prete arrivò e Georgia confessò tutti i suoi
peccati, per quanto potessero
essere gravi quelli di una quattordicenne.
Quando
ebbe terminato, la ragazza alzò gli occhi al soffitto,
intravedendo la sagoma
di una donna vestita di bianco. Era bellissima, non come il mostro
dalla pelle
coriacea che aveva visto poco fa. Però anche lei le
ripeté le stesse parole
della creatura.
-la
tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri.-
Georgia
chiuse gli occhi e raccogliendo tutte le sue ultime forze
sussurrò
-Chi
sei? Cosa signif…-
Il
fiato le si smorzò in gola e la vita scivolò via
da lei tra il pianto e i
singhiozzi di sua madre.
NOTE
DELL’AUTRICE
Buonasera
gente! Qui è Cammi che vi parla! Oggi abbiamo fatto la
conoscenza di Georgia,
ovvero la Guardiana della malattia. Lasciatemi dire che un
po’ mi è dispiaciuto
scrivere la sua parte, aveva solo quattordici anni, nessuno meriterebbe
una
fine tanto orribile, tanto meno in una così tenera
età.
Ma
era necessario per la storia. Nel prossimo capitolo conosceremo la
prossima
Guardiana, ovvero…SPOILER…Bernice.
Se
ho fatto degli errori di battitura avvertitemi, io ho riletto ma
possono sempre
sfuggire.
Come
sempre aspetto di sapere cosa ne pensate, vi è piaciuta? Vi
ha fatto schifo?
Fatemelo sapere, così potrò migliorare :)
Volevo
ringraziare enormemente
Bruli che ha
inserito la storia tra le seguite, spero di non deluderti! ;)
Ciao
ciao
Camilla
|
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Capitolo 3 *** Bernice, il femminicidio ***
Morire
per delle idee va bene,
ma di morte lenta.
-Fabrizio De Andrè-
12
febbraio 1792
La
rivoluzione francese era scoppiata, portando il timore nei cuori degli
aristocratici, e una nuova speranza in quello del popolo, in tutta
l’Europa.
Anche
nella penisola italica quella rivoluzione aveva infervorato gli animi
in più di
un modo.
Bernice
richiuse il libro gettando una fugace occhiata al marito, in piedi
davanti al
camino.
-Scrive
davvero in maniera divina questo Parini. Devo assolutamente comprare il
secondo
volume del “Giorno” per continuare a leggere.-
-Non
ho la minima idea di cosa tu stia parlando, cara.-
Come
sempre d’altronde. Bernice strizzò il naso,
provando solo disgusto per quel
babbeo che si ritrovava come marito; la giovane donna era convinta che
perfino
il contadino più rozzo doveva essere più
intelligente di lui. Un uomo che
probabilmente sapeva leggere e scrivere solo perché la
considerava una moda tra
gli aristocratici.
-Non
importa. Volevo informarti che questa sera mi recherò a casa
di Roberta Bocconi
per discutere di alcune questioni.-
L’uomo
si voltò versa la moglie, osservando il suo incantevole
viso, con gli occhi da
cerbiatto incorniciati dalle lunghe ciglia nere e i boccoli castani.
Era così
bella nella sua giovane età, aveva appena
ventitré anni, ben venti in meno di
lui; eppure, a volte si ritrovava a pensare che pur nella sua bellezza
fosse
davvero stupida e fastidiosa.
-Non
dirmi che ti trovi di nuovo con quel gruppo di illuse segnatrici per
discutere
dei “diritti” di voi donne.-
-Certo,
è così!-
L’uomo
si ritrovò a ridere di gusto, quasi intenerito per lei.
-E
di cosa pelereste? Sentiamo! Del diritto ad indossare le calze pesanti
sotto la
veste?-
Bernice
si sentì profondamente offesa, la persona che più
avrebbe dovuto starle vicino
la derideva per le sue idee.
-Parliamo
del fatto che noi donne potremmo avere la possibilità di
entrare in politica,
di votare, di diventare insegnanti
universitarie…-
-Il
posto di voi donne è in casa, ad occuparvi
dell’abitazione e dei figli.-
Bernice,
colta da un attacco d’ira, scattò in piedi facendo
ondeggiare l’ampia gonna di
taffetà celeste e lasciando cadere il libro che aveva sulle
ginocchia.
-Questo
chi lo ha deciso? Dei vecchi bacucchi dalla mentalità
fossilizzata? Noi donne
abbiamo la stessa mente di voi uomini!-
-Ma
non la forza.-
-Non
serve forza fisica per guidare uno stato, ma forza d’animo,
come ci ha
dimostrato la regina Elisabetta d’Inghilterra.-
-Sati
parlando di una puttana che ha goduto delle sventure della sua
famiglia.-
Bernice
sentiva le guance in fiamme per la collera. Una mentalità da
medioevo, ecco
cosa aveva suo marito! Raccolse il libro che poco fa aveva lasciato
cadere e
svelta si affrettò a lasciare la stanza, indignata.
-Io
andrò a quell’incontro, che ti piaccia o no!-
Era
già in corridoio quando la voce del marito la raggiunse.
-Attenta
Bernice, è pericoloso per una donna camminare da sola per le
strade di notte.-
Quella
sera Bernice lasciò la casa dei Bocconi molto emozionata, la
discussione si era
fatta molto suggestiva e lei, assieme alle altre donne, aveva trovato
molti
spunti per l’emancipazione femminile. Era solo questione di
tempo, pensò, e
presto le donne avrebbero goduto degli stessi diritti degli uomini.
Le
strade di Venezia erano ormai buie e deserte, su ogni ciglio le case
facevano
da muraglia creando un passaggio solitario e triste. L’odore
dei canali si
spargeva nell’aria rendendo umida la serata. Bernice si
sentì molto esposta e
preoccupata decise di prendere una stradina secondaria, dietro a Piazza
S.Marco, per arrivare il prima possibile a casa, accorciando
notevolmente il
percorso.
La
suggestione era tanta in lei che appena udì dei passi dietro
di sé il cuore le
esplose in petto. Accelerò il passo, ma chi la seguiva fece
altrettanto. Quando
sentì che sarebbe esplosa da lì a lì,
raccolse il coraggio e si voltò di
scatto.
-Grazie
al cielo sei tu! Mi hai fatto preoccupare.-
Bernice
si strinse più stretta nello scialle mentre suo marito le si
avvicinava.
-Mi
spiace.-
-Non
farlo mai più!-
-Non
preoccuparti, tanto d’ora in avanti non dovrai più
preoccuparti di questo, ne
di nulla altro.-
Bernice
indietreggiò guardinga, sperando di aver colto male le
parole del marito.
-Cosa
intendi?-
L’uomo
come risposta estrasse un coltello dalla lama sottile e si
avventò su di lei.
-Fermo!
Ti prego! Che stai facendo?-
-Non
lascerò che una sgualdrina come te infanghi il mio nome.-
La
afferrò per i capelli e spingendola contro la parete si
accanì su di lei con il
coltello tante volte che finì per perderne il conto. Lei
gridava, ma nessuno
venne in suo soccorso. Quando ebbe terminato, Bernice si
lasciò scivolare a
terra, impreniando la gonna dell’abito con il suo stesso
sangue. Le ferite
erano tanto profonde che se qualcuno vi avesse infilato il dito avrebbe
oltrepassato la carne fino ad arrivare agli organi interni.
Il
marito si inginocchiò e baciò Bernice sulle
labbra.
-Sogni
d’oro, amore mio!-
Si
rialzò e sparì dal vicolo.
Bernice
rimase due ore stesa in quel lago di sangue, le ferite le avevano tolto
tutte
le energie, eppure non erano state sufficienti a donarle una morte
rapida.
Quando
sentì che era giunta l’ora della fine chiuse gli
occhi, concedendosi finalmente
di versare una lacrima.
Udì
una voce possente pronunciare delle parole apparentemente senza senso:
-La
tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri.-
Poi
l’ultimo soffio d’aria abbandonò i
polmoni di Bernice.
NOTE
DELL’AUTRICE
Rieccomi
qui! In questo capitolo abbiamo fatto conoscenza con la povera Bernice.
Non so
voi donne, ma io provo grande rispetto per lei, e odio, non tanto per
il
marito, ma per quello che lui rappresenta, tutti quegli uomini che
ancora oggi
non riconoscono la parità tra i sessi.
Dopo
il mio sfogo :) vi invito a farmi sapere cosa ne pensate!
Con
chi avremo a che fare nel prossimo capitolo? Non voglio spoilerare
troppo, vi
dico solo che è maschio!
Ringrazio
Adria per aver
recensito e SignorinaS per
aver inserito la storia tra le
preferite!
Ciao
Ciao
Camilla
|
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Capitolo 4 *** Gwennel, l'affogamento ***
In
perpetuo fratello,
ciao e addio.
-Catullo-
14 aprile 1928
La
spiaggia era molto affollata nonostante l’aria soffiasse
fredda
nell’insenatura. Sulla distesa di sabbia camminavano a
braccetto gentiluomini
in compagnia delle loro compagne, bambini urlanti, anziani che
rivivevano i
loro ricordi passati.
Dalla
barca, in mezzo al mare, Gwennel li vedeva come puntini neri in
movimento. Il
lavoro, da quando aveva iniziato, lo aveva tenuto molto occupato; aveva
solo
vent’anni ma già la maestria di un uomo
d’affari veterano. Era stato il padre
della fidanzata di Gwennel a volerlo in affari, e di certo il ragazzo
non si
era dimostrato inutile. Ma ora, finalmente, era riuscito a ritagliarsi
una
giornata di libertà da passare con la fidanzata Clarissa e i
fratelli Guido e
Teresa.
Le
onde cullavano l’imbarcazione facendola oscillare dolcemente.
-Credo
mi stia venendo il mal di mare, Gwen!-
Gwennel
si voltò verso Guido, il quale aveva assunto un clorito poco
sano.
-Brutta
storia! Togliti dal bordo, peggiori le cose!-
Il
dodicenne inghiottì a vuoto e si allontanò dal
bordo della barca andando a
sedersi accanto alla sorella.
-sei
sempre il solito, ti diverti proprio a rovinarci le giornate.-
Disse
acida Teresa.
-Non
lo faccio apposta!-
No
di certo! Nessuno lo incolpava di questo, tranne Teresa. Ragazza
bassina;
capelli biondi, come quelli dei fratelli; occhi marroni e simpatica
quanto solo
una sedicenne snob poteva essere.
-Apposta
o no ci disturbi, vero Clarissa?-
La
ragazza sorride da dietro lo scialle che si era tirata su fino al collo
per
proteggersi dall’aria.
-Se
non avessimo Guido perderemmo metà del divertimento.-
-Sono
pienamente d’accordo! Se ci fossi solo tu passeremmo i
pomeriggi a discutere
solo sul tuo aspetto!-
Disse
Gwennel alla sorella sorridendole sarcastico.
-Perché?
Esiste forse un argomento migliore?-
Tutti
e tre i giovani scoppiarono a ridere prima di accorgersi che Teresa,
forse, non
stava scherzando. Le guance di Gwennel si tinsero di rosso e si
sbrigò a
trovare qualcosa da fare per sminuire la tensione. Si tolse le scarpe,
accantonandole sul ponte della barca di famiglia; scese le scalette e
si
sedette sull’ultimo scalino immergendo i piedi in acqua. Gli
sarebbe davvero
piaciuto passare una giornata di calma, ma con una famiglia simili era
un vano
desiderio. Un gabbiano volò sopra la testa del ragazzo e il
suo stridio coprì
per un secondo il litigio tra Guido e Teresa.
-Non
ti sopporto!-
-Ma
cresci un po’ Guido!-
-Quella
che dovrebbe crescere sei tu!-
Finito
di parlare il ragazzino si recò, picchiando rumorosamente i
piedi sul legno
della barca, fino al ponticello inferiore, sedendosi in fianco al
fratello
maggiore.
-Strega!-
-Non prendertela
Guido, sai che poi le passa.-
-Se
a sedici anni si diventa così vorrei non averli mai. Tu non
eri così!-
-Non
siamo tutti uguali.-
-Meno
male!-
Entrambi
i fratelli scoppiarono a ridere finché Guido non si
interruppe fissando l’acqua
leggermente increspata.
-Hai
visto Gwen?-
-Che
cosa?-
-Mi
è sembrato di vedere passare qualcosa.-
Gwennel
osservò meglio ma non vide nulla. Tolse comunque le gambe
dall’acqua per
precauzione.
-Torniamo
su, meglio!-
Guido
annuì ma non fece in tempo ad alzarsi che qualcosa lo
afferrò per una gamba e
lo trascinò in acqua tirandolo a fondo. Gwennel era pronto a
scommettere che a
tirare a fondo il fratello era stata una mano. Tuttavia, senza pensarci
troppo,
gridò
-Clarissa,
Teresa, venite ad aiutarmi! Presto!-
Si
tuffò in acqua per aiutare Guido. Nuotò verso il
basso e vide il fratello
annaspare nell’acqua con tutte le sue forze per risalire; non
c’era niente a
trattenerlo, doveva solo averla immaginata quella mano, ma infondo era
meglio
così. Lo afferrò sotto un braccio e lo
trascinò a galla affidandolo alle
braccia di Clarissa che lo adagiò sul ponte mentre il
ragazzino sputava acqua.
Guido
era salvo; Gwennel tirò un sospiro di sollievo e si
preparò a risalire a bordo,
quando qualcosa lo afferrò per la caviglia tirandolo verso
il basso. Fu preso
alla sprovvista e non fece in tempo a prendere aria. Fortunatamente
un’altra
mano lo afferrò per un polso riuscendo a tirargli la testa
fuori dalle onde.
Clarissa
lo teneva stretto tirando con tutte le sue forze, eppure Gwennel sapeva
che non
avrebbe resistito a lungo.
-Teresa
aiutami!-
Gridò
la giovane, ma Teresa rimase immobile, pietrificata dalla paura. Fu
Guido ad
afferrare l’altro braccio di Gwennel.
Il
ragazzo sentiva chiaramente una mano stringere la sua caviglia e
tirarlo con
forza disumana; rassegnato sorrise amaro e si rivolse alla fidanzata e
al
fratello.
-Lasciatemi
andare o presto tirerà dentro anche voi!-
-No!
Devi essere impazzito, non ti lasciamo!-
-Vi
prego, mollatemi.-
-Mai!-
Gwennel
piantò le unghie nei polsi dei ragazzi che per il dolore
mollarono la presa. La
forza che lo teneva lo trascinò a fondo.
-Gwen
no!-
Fu
l’ultimo suono che udì.
L’acqua
lo avvolgeva e gli annebbiava i sensi; gli entrò in gola
bruciandogli la
trachea. La stretta sulla caviglia si allentò e davanti ai
suoi occhi comparve
una donna vestita di bianco, bellissima e spaventosa allo stesso tempo.
La
donna si avvicinò e poggiando le labbra
all’orecchio di Gwennel gli sussurrò
-La
tua morte sarà l’origine dei tuoi poteri.-
La
vista di Gwennel si appannò e i suoi polmoni si riempirono
d’acqua.
“Che
strano modo per andarsene” pensò prima della fine
definitiva.
NOTE
DELL’AUTRICE
Ciao
ciao a tutti. Vi presento il capitolo dedicato a Gwennel, il Guardiano
della
morte per annegamento. Non so dirvi il perché, ma questo
personaggio mi piace
davvero molto, forse per il suo altruismo…ma boh! Ora
abbiamo fatto la
conoscenza di quattro Guardiani, non ci resta che presentare
l’ultima, Chiara.
Ci
tengo a precisare che l’intera storia, per ora e per buona
parte del racconto,
sarà ambientata in Italia, con nomi di città
realmente esistenti, ma con i nomi
dei paesi minori inventati. Di conseguenza tutti i Guardiani
“protagonisti”
sono italiani (anche se so che solo le ragazze hanno nomi italiani
mentre i
ragazzi francesi, ma che ci posso fare, mi piacevano ;P)
Penso
di non aver altro da aggiungere, spero solo che vi sia piaciuto e che
continuerete a leggere!
Un grazie enorme a
Greedo per aver
inserito la storia tra le preferite e per avermi fatto sapere il suo
parere, spero di non deluderti!
Ciao ciao
Camilla
|
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