Servi del Kosmos - La corona contesa

di Vanya Imyarek
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rischio di morire durante una gita al museo ***
Capitolo 2: *** Guadagno un buon motivo per non apprezzare le visite all'accettazione ***
Capitolo 3: *** Come mettere a repentaglio la sicurezza di un essere ultrapotente e immortale ***
Capitolo 4: *** Diventiamo i facchini dell'equilibrio cosmico ***
Capitolo 5: *** Scopriamo che un museo di notte è più affollato di un outlet la domenica pomeriggio ***
Capitolo 6: *** Penelope ci fa diventare gli 007 dei poveri ***
Capitolo 7: *** Mi rendo conto di averci messi in una situazione un po' difficile ***
Capitolo 8: *** Del perchè i figli di Hypnos dovrebbero starsene sempre a dormire ***
Capitolo 9: *** Hazelle combina un gran casino ***
Capitolo 10: *** Il casino assume proporzioni immani ***
Capitolo 11: *** Molto rumore per nulla ***
Capitolo 12: *** Prepariamo un piano in stile tela di Penelope (quella mitologica, s'intende) ***
Capitolo 13: *** Di come il famoso piano iniziò male ***
Capitolo 14: *** Overdose di casini e una gran fregatura finale ***
Capitolo 15: *** Molta depressione per nulla (tutta colpa di Chad) ***
Capitolo 16: *** Troviamo una collocazione adeguata per una corona dai poteri micidiali ***



Capitolo 1
*** Rischio di morire durante una gita al museo ***


                                PENELOPE


 


 


 


RISCHIO  DI  MORIRE  DURANTE  UNA  GITA  AL  MUSEO


 


 


 


(Senti, accendilo tu il registratore visto che sei tanto bravo! Ah, ecco, visto? E’ acceso)


 Salve a tutti. Qui parlano Penelope Mayherne e Chad Mist.


Ora, se siete persone normali, vi sorprenderete a sentire i nomi di due ragazzi dati per scomparsi da tutti. Se siete semidei greci o Romani o maghi egizi, vi sarà venuto un accidente a sentire i nomi dei due traditori, doppiogiochisti e quant’altro.


 Non abbiamo intenzione di spiegare come e perché queste accuse sono false: è tutto vero. Questa registrazione, e quelle che seguiranno, hanno l’unico scopo di chiarire le molte cose che sono rimaste in sospeso.


Chiunque tu sia, sei pregato di consegnarle alle seguenti persone: Carter e Sadie Kane, Walt Stone, Ziah Rashid, Percy Jackson, Annabeth Chase, Clovis Allerton. Evitate accuratamente i Romani non menzionati, distruggerebbero questa registrazione senza nemmeno sentirla per non so che questione d’onore.


Se invece fate parte delle persone menzionate, vi dico subito una cosa: ci dispiace davvero che abbiate sofferto per causa nostra. Siamo i primi a riconoscere che quello che abbiamo fatto è sbagliato, e non ne siamo affatto pentiti: semplicemente, dovevamo farlo. Non avevamo previsto che qualcuno diventasse nostro amico o che saltasse fuori qualche nostro parente, ma abbiamo continuato lo stesso. Se avete un po’ di pazienza, vi spiegheremo perché, e anche chi ci ha incaricati di fare ciò. Questa sarà una sorpresa, in particolare per gli egizi.


 In queste registrazioni, ripercorreremo le nostre vicende, spiegando esattamente i risvolti delle varie situazioni. Incominceremo dall’inizio, da quando abbiamo scoperto di non essere persone normali.


Io che parlo, l’avrete capito, sono Penelope. Se fate parte di un certo gruppo di persone, conoscete già qualcosa della mia storia personale. Saprete che sono una semidea greca. Saprete che mia madre è rimasta incinta apposta per farsi sposare dal mio genitore divino, cosa che lui ovviamente non ha fatto. Saprete che si è sposata quando avevo due anni con un produttore cinematografico, rimasto tanto commosso e affascinato dalla povera donna abbandonata da un mascalzone con una bambina da crescere. Saprete che questo tizio aveva una figlia che non potevo soffrire.


Se invece non fate parte di questo certo gruppo di persone, bene, l’avete appena scoperto.


 La storia che ho da raccontare inizia il ventisette agosto dell’anno scorso, con un sogno. Uno dei sogni strani che facevo già da un po’ di tempo a quella parte.


Ero in cima a quella che sembrava una gigantesca piramide, con alcune pietre vicino a me. Da quella posizione potevo vedere due luoghi diversi. Uno era una sorta di piccolo villaggio in mezzo a un bosco e vicino a un lago, un piccolo villaggio pieno di strane costruzioni, alcune delle quali sembravano ispirate all’architettura greca. L’altro sembrava quasi un tempio egizio, mezzo crollato, una vera rovina.


Io tiravo sassi verso i due luoghi: a volte li tiravo nel villaggio, altre volte nel tempio. Un sogno all’apparenza talmente sconclusionato da lasciare perplesso anche Sigmund Freud.


 Comunque, fu interrotto da quello che interrompe normalmente i sogni: il trillo della sveglia. In piena estate, già, bella goduria.


Il fatto è che quel giorno il mio patrigno aveva organizzato un incontro con alcuni giornalisti per parlare di un kolossal di argomento mitologico che aveva appena realizzato, film che tra parentesi faceva davvero schifo, una specie di squallida rielaborazione del mito di Bellerofonte. E per ragioni sue, aveva fissato l’incontro a un museo, per farsi fotografare davanti a vasi e sculture antiche e mostrare di quale straordinaria cultura lui e le sue opere fossero portavoce.


Un’emerita idiozia, ma per renderla ancora più idiota, aveva deciso di portarsi dietro l’intera famiglia, tanto per dimostrare quanto fossimo tutti presi dalla mitologia classica.


Per tutte queste ragioni, quando scesi in sala da pranzo, trovai tutti bardati il più elegantemente possibile. Patrigno in giacca e cravatta, tutto scuro ed elegante. Madre in tailleur color champagne, foulard di seta e trucco impeccabile. Sorellastra in abito color pesca e trucco altrettanto impeccabile.


Dall’alto di queste tenute, ognuno di loro scoccò un’occhiata di riprovazione ai miei soliti abiti di pelle nera e ai chili di trucco scuro.


“Sempre di nero, tesoro?” fu il buongiorno di mia madre “Sembra che tu stia andando a un funerale. Non potresti metterti qualcosa di più allegro?”


Be’, certo, mia madre sapeva sempre quali erano i vestiti giusti. Ne era un’esperta, visto che prima di avere me faceva la modella (ha smesso perché sosteneva che la gravidanza avesse danneggiato il suo fisico).


Effettivamente è ancora molto bella, con lunghi capelli castani e ondulati e grandi occhi verdi un po’ a mandorla. La forma degli occhi è una delle poche cose che ho preso da lei, anche se i miei sono neri. Tecnicamente tra le somiglianze ci sarebbero anche le labbra sottili, ma mia madre ha ovviato con un bel po’ di botulino.


“Eddai, Charlene, lasciala in pace” squittì la mia sorellastra Chelsea “Lo sai che Penny è la nostra Mercoledì Addams!”


 Si trattava di un simpatico riferimenti al fatto che ho la pelle quasi albina e i capelli lisci e neri. Chelsea era l’esatto contrario: ricci biondi, pelle abbronzata e occhi azzurri. Io e lei non ci potevamo veramente soffrire, anche se tutti dicevano che ero io a trattarla male; la verità è che ero l’unica che lo dimostrava e non si nascondeva dietro una maschera di gentilezza e carinerie per lanciare frecciatine.


Un grugnito e un’occhiata di disapprovazione da parte del mio patrigno furono tutto il suo contributo alla conversazione. Albert Rudd era un tipo distante, freddo, anche con le persone a cui voleva bene. A mia madre riservava una sorta di antiquata galanteria, a Chelsea una tiepida indulgenza. A me, un’occhiata perplessa, quando andava bene.


Mia madre sospirò teatralmente, mentre io iniziavo a mangiare senza dir niente a nessuno. “Un giorno o l’altro diventerà pure un po’ più femminile!”


“Alle Calende greche magari!”


Lei e Chelsea sostennero quest’amabile argomento di conversazione finché il mio patrigno non annunciò che rischiavamo di far tardi. Sotto quest’orrida prospettiva, l’intera famiglia fu caricata su una limousine bianca, diretta al museo.


Ora, a me l’edificio in questione era piuttosto indifferente, ma trovarci davanti un plotone di giornalisti lo rendeva una vista alquanto raccapricciante. Odiavo le interviste … tutto quel sorridere, quel fare dichiarazioni false, nonché preferibilmente zuccherose, quello sbandierare a destra e manca i fatti propri, neanche fossero qualcosa di straordinario … tutto per avere l’ammirazione di lettori di documenti ad alto contenuto intellettuale come le riviste di gossip.


Intendiamoci, le interviste non le hanno mai fatte a me, di norma al mio patrigno o, più raramente, a mia madre, nonostante le due domande a me o a Chelsea ci scappassero sempre. Non ho mai dovuto fare il genere di dichiarazioni di cui sopra. Ma è il genere di cose che ti dà la nausea soltanto ad assistervi.


Premetto che non sto dicendo queste cose per riguadagnarmi la vostra simpatia, sto solo cercando di farvi capire come funzionavano le cose nella mia famiglia.


Il mio patrigno provvide innanzitutto a sistemare il suo clan in posa per le fotografie davanti a statue e vasi, più alcune foto con lui solo. Dopodiché si accinse a fare una serie di dichiarazioni sul genere di cui ho detto sopra, disquisendo sui profondi motivi per cui il suo film non si concludeva con un Bellerofonte disgraziato emarginato per aver sfidato gli dei, ma con un Bellerofonte re e con una splendida consorte in abiti succinti al fianco (se respiri profondamente, Annabeth, forse ce la farai a non vomitare finché non raggiungi il bagno).


Uno strazio. Quella roba era noiosa già a leggerla sulle riviste, figuriamoci sentirla dal vivo. Mi faceva venire voglia di spararmi un colpo, ma vista l’impossibilità della cosa per assenza di materiale, optai per qualcosa di meno pericoloso: gironzolare per il museo e guardare gli oggetti esposti.


 Può non sembrare il massimo, ma in realtà c’erano cose piuttosto interessanti. Era divertente cercare di indovinare i miti raffigurati sui vasi, e le statue, insomma, lo sanno tutti che sono eccezionali.


La cosa che mi interessò di più, comunque, la trovai in una sala adiacente a quella dell’intervista, in una teca che esponeva gioielli antichi. Si trattava di un braccialetto, uno di quelli a forma di serpente attorcigliato che si avvolge intorno al polso. Era di metallo nero e, contrariamente agli altri oggetti esposti, scintillava come se fosse nuovo. Credo l’abbiate riconosciuto tutti, giusto?


 Bene, lo stavo giusto osservando, quando mi arrivò alle orecchie la voce zuccherosa di Chelsea. “Guarda che non si intende quello, per diventare più femminile”


“Torna ad ascoltare l’intervista, ti diverti di più” borbottai. Naturalmente la mia misera speranza di levarmela dai piedi con questo non ebbe il minimo successo.


“Grazie, sei carina a parlarmi così in pubblico” disse lanciando occhiate eloquenti ai giornalisti fuori dalla porta e a una donna delle pulizie che era entrata in quel momento.


“Prego, sai che sono sempre disponibile a farlo” replicai sarcastica, ignorando il ‘pubblico’.


 Lei sospirò “Ecco perché stai sempre da sola, Penny”


 “Finiscila di chiamarmi Penny, sai che lo odio”


“Appunto. Con te non si può mai scherzare un po’, non si possono mai fare cose normali … poi ci credo che non hai amici”


Io ingoiai la bile. La totale assenza di amici era il mio punto debole, e Chelsea lo sapeva benissimo. Ma cosa ci potevo fare se il mio carattere non era appezzato? Se la gente non mi gradiva così com’ero, un po’ cupa, silenziosa, irritabile, ironica e alle volte cinica, erano affari loro. Non avevo nessuna intenzione di cambiare solo per far piacere agli altri. Ci avevo provato, quand’ero bambina, e il mio unico risultato era stato concludere che a fare così si stava solo male.


“Sai, a vote in effetti mi pesa il fatto di non aver amici …” dissi a Chelsea “Ma poi guardo te, che ti sforzi di piacere agli altri mandando qualunque traccia di personalità a farsi benedire, e concludo che sto benissimo così. Mi sei davvero utile a volte, sai?”


 Fu il suo turno di ingoiare la bile. “Io almeno vengo appezzata” sibilò “Te, chi ti vuole? Manco tuo padre t’ha voluta. Chissà, forse aveva il dono della preveggenza, e se n’è andato proprio perché sapeva con chi avrebbe avuto a che fare”


Mio padre era un punto anche più debole dell’assenza di amici. L’avevo sempre odiato per la sua assenza, perché non mi aveva mai considerata un motivo abbastanza importante da farlo restare, perché mi faceva guardare dagli altri come qualcuno di strano, di diverso, o di cui avere compassione, perché mi faceva guardare da mia madre come uno strumento che aveva fallito il suo scopo.


Cercai di trovare qualcosa di abbastanza velenoso con cui rispondere a quella cretina della mia sorellastra, ed ero già a buon punto, quando una voce sibilante mi prevenne.


Sssciocca mortale …”


 Era la donna delle pulizie. Sia io che Chelsea ci girammo a guardarla, e io sobbalzai. La ragione è la più semplice del mondo: quella tizia stringeva tra le mani una lancia lunga due metri. Doveva averla tolta a qualche armatura lì esposta, ma sinceramente non importava molto il luogo dove l’aveva presa, quanto il fatto che sembrava più che intenzionata a usarla.


“Come mi hai chiamata scusa?” ribatté Chelsea piccata, come se l’offesa fosse più importante dell’arma letale lì presente.


“Sssciocca mortale” ripeté la donna a voce più alta. “Come tutti quelli della tua razza, non riconosssci chi è più importante di te … voi mortali fate vivere loro una vita ssschifosssa … prima che arrivi una come me, sss’intende …”


Tutte queste belle parole erano sostanzialmente prive di senso, ma la donna riuscì a farle sembrare eccezionalmente serie sottolineandole con il lancio della sua arma nella mia direzione. Io mi buttai a terra, schivandola per un soffio, mentre Chelsea cacciò un urlo.


Mi rialzai, e vidi una cosa che probabilmente non avrei mai pensato di vedere manco se mi fossi fatta di roba illegale. La donna delle pulizie non aveva più gambe normali: al loro posto, c’erano due code di serpente gemelle, coperte di squame verdi, che si contorcevano sul pavimento.


Non posso però riferire i mie esatti pensieri a quella vista, perché furono subito soppiantati dalla constatazione che, non chiedetemi come, la lancia era tornata in mano alla donna e quella sembrava intenzionata a rifare il tentativo di prima. Stavolta riuscii a cavarmela spostandomi di lato, e la lancia andò a infrangersi contro la vetrinetta dei gioielli (cosa che ovviamente non attirò l’attenzione di nessuno nella stanza delle interviste).


 A questo punto … non posso spiegare bene cosa mi sia preso. Neanche adesso che so cosa me l’abbia fatto fare, so spiegare cos’abbia pensato in quel momento.


Fatto sta che afferrai il braccialetto a forma di serpente nero, me lo infilai al polso e lo feci girare tre volte.


Il serpente di mosse come dotato di vita propria, risalendo sulla mia mano, e si attorcigliò contro il mio palmo in modo da assumere una forma simile a una croce, con la testa rivolta verso l’alto. A questo punto aprì la bocca e ne sputò fuori una lama nera, lunga novanta centimetri circa. Per farla breve, adesso tenevo in mano una spada nera dall’elsa a forma di serpente.


Neanche qui feci in tempo a chiedermi qualcosa, perché la lancia della tizia mi passò a un niente dall’orecchio, e stavolta se la evitai fu per pura e semplice botta di fortuna. Ma a quel punto, invece di spaventarmi mi arrabbiai. L’idea che quella tipa se ne stesse lì ad attentare alla mia vita mi riempì di rabbia e di un’energia strana, che non avevo mai provato prima. Prima ero stata disarmata, ma ora avevo un mezzo per fermarla, e anche se non sapevo come si usasse nessuno mi avrebbe trattenuta dal farlo.


Brandendo la spada, mi lanciai alla carica alla massima velocità che potevo raggiungere. La donna – serpente aveva intanto recuperato la sua lancia e cercò di infilzarmi con quella, ma data la lunghezza dell’arma, era molto più impacciata che non quando si trattava di tirarla. Io evitai i colpi, riuscendo ad avvicinarmi, e quando fui a un soffio dal suo torace, non fu abbastanza veloce a portare la lancia in una posizione a lei utile.


 Quando conficcai la spada nel suo stomaco, fu come se la lama l’assorbisse – sì, tipo aspirapolvere se l’immagine vi è più familiare – e nel giro di pochi secondi non ne rimase alcuna traccia.


A questo punto voi crederete che abbia avuto il tempo di farmi qualche domanda, giusto? E invece no!


La cara Chelsea, che in quel momento era stata assorta nell’utile occupazione di stare al centro della stanza e di urlare come una sirena dei pompieri, cambiò musica e strillò “Oddio, Penelope, sei impazzita? Cos’hai fatto, te ne rendi conto, è terribile! Quella povera donna …”


Povera donna? Si riferiva a quella che aveva appena cercato di uccidermi per caso? Con un notevole trambusto sulla porta si materializzarono famiglia e giornalisti, naturalmente dopo che avevo dovuto sistemare da sola la donna serpente.


“Cos’è successo qui?” gridò il mio patrigno, fulminandomi con lo sguardo a misura preventiva.


“E’ stata lei!” strillò istericamente Chelsea, indicandomi “Ha aggredito quella povera donna … ha distrutto le vetrinette … quella poverina dev’essere ferita …”


 “Ma di che ti sei fatta?!” le chiedo allibita. Va bene che mi odi, ma inventarsi queste cose solo per farmi finire nei guai è un’ipotesi semplicemente assurda.


“Basta!” urlò mia madre, gli occhi quasi fuori dalle orbite “Penelope, getta subito via quella cosa. Ci sarà da chiamare uno psichiatra, non possiamo non fare niente …” balbettò.


“Ma io non ho fatto niente, è stata quella lì che ha cercato di ammazzarmi!” ribattei io. Qualche giornalista non si fece sfuggire l’occasione di scattare foto.


“Okay” disse un tizio che brandiva un microfono, riciclatosi psichiatra per l’occasione “Stai tranquilla, nessuno di noi vuole farti del male …”


A giudicare dalla faccia, in effetti no, solo spedirmi al manicomio. E in effetti anch’io iniziavo a temere di doverci finire. Vedere una donna delle pulizie alle due code di serpente non poteva essere interpretato facilmente come un segno di sanità mentale. E se avesse avuto ragione Chelsea? Se avessi davvero aggredito un’innocente donna delle pulizie?


 No, un momento … c’era la spada che tenevo in mano. Non poteva certo essere sbucata dal nulla, e prima, ne ero sicura, era un braccialetto. Non ci capivo più niente, iniziavo ad andare nel panico.


E dev’essere stato proprio in conseguenza a questo mio andare nel panico che scappai via. Infilai la porta alla massima velocità che riuscivo a raggiungere, scansando le guardie della security invocate a gran voce da famiglia e giornalisti. Non capivo più niente, come ho già detto, e per qualche motivo scappare mi sembrava la cosa più logica. Volevo solo lasciarmi dietro tutta quella gente che mi credeva pazza, e in questi frangenti non stai lì a pensare molto.


 Fu solo quando mi ritrovai nella periferia di Los Angeles, senza soldi, senza documenti, senza niente a parte una spada nera, che mi resi conto che forse non era stata una grande mossa. Ma lo stesso, non tornai indietro.


Sapevo che dovevo andarmene di lì, spostarmi verso est. Non capivo perché ne fossi così sicura, ma lo feci lo stesso. Era come se questa sicurezza avesse preso il controllo del mio corpo, facendolo andare nella direzione desiderata, e la mente stesse lì a chiedersi perché lo stesse facendo. Anche perché quella sicurezza non sembrava preoccuparsi molto del fatto che fossi senza soldi e senza documenti, e che probabilmente non sarei potuta andare tanto lontano.


 


Ladies & Gentlemen,


ecco a voi l’ennesima delle mie storie su questo fandom. Ed esordisco dicendo che il primo capitolo non mi piace per niente, perché per via della famiglia, Penelope sembra davvero una Mary Sue. Oddio, quando l’ho creata due anni fa in effetti lo era, ma ora ho fatto un totale restyling del personaggio che spero l’abbia adeguatamente ridimensionata. La famiglia, purtroppo, non sono riuscita a cambiarla in nessun modo. Va bene, spero comunque che i prossimi capitoli riusciranno a cancellare la brutta impressione. Ora, dal momento che un delirio del genere non è il modo migliore di introdurre il primo capitolo e non ho idea di cos’altro dire, vi lascio a qualche spoiler: nel prossimo capitolo, un nuovo disgraziato scoprirà la sua identità sovrannaturale in modo non proprio tranquillo.


 

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Capitolo 2
*** Guadagno un buon motivo per non apprezzare le visite all'accettazione ***


                                                   CHAD

 

 

GUADAGNO  UN  BUON  MOTIVO  PER  NON  APPREZZARE  LE  VISITE  ALL’ ACCETTAZIONE

 

 

 

Penelope si lamenta troppo. In fondo, oltre ad aver rischiato la vita, ha solo rischiato di finire al manicomio. Io ho rischiato la vita e al manicomio c’ero già!

Immagino che non ci sia bisogno che io mi presenti, tanto mi conoscete tutti, e dimenticarsi di me – posso capire di Penelope, ma di me! – sarebbe semplicemente contrario alle leggi della scienza. E comunque sì, a questo punto avrete capito che, scopiazzando spudoratamente i fratelli Kane, ci daremo il turno a raccontare questa storia.

Per vostra fortuna, aggiungerei io, vi avrei sinceramente compatiti se aveste dovuto ascoltare Penelope per tutto il tempo. Potrete odiare noi, le nostre vicende e quello che abbiamo fatto, ma almeno la storia sarà ravvivata dal mio affascinante stile narrativo.

Dunque, in questa parte vi spiegherò, al pari della Gufatrice, come ho scoperto in che modo preciso non fossi normale (perché, beninteso, lo sapevo fin da prima di essere straordinario).

Ad alcuni di voi ho già accennato di aver passato quattro anni di clinica psichiatrica, ma non sono mai stato troppo prolisso in materia. Ora mi toccherà esserlo, perché è lì che comincia la mia storia.

 Tutti i miei cosiddetti ‘problemi psicologici’ sono iniziati quando avevo tre anni, il giorno in cui mia madre morì investita da un camion. Quando gli assistenti sociali vennero a casa per dirmelo, io fui tanto furbo da rispondere loro che sapevo già da tempo che sarebbe stata investita, perché me l’aveva detto una voce nella testa. Quelli conclusero che stessi mentendo per chissà quali ragioni, e mi spedirono in orfanotrofio senza porsi tanti problemi.

 Il fatto è che, come vi ho dimostrato più volte, io sono davvero in grado di sapere come morirà la gente. Mi basta posare gli occhi su una persona, e subito c’è quella voce che mi spiega nel dettaglio le modalità della sua dipartita. E no, approfitto di quest’occasione per ribadire che, contrariamente a quanto dicono molti, non conosco le date di morte delle persone, né, se vengono uccise, da chi. Solo il modo, che può avvenire domani come tra cent’anni.

 Negli anni che passai all’orfanotrofio, comunque, decisi che era mio dovere mettere a parte le persone di quanto mi dicevano le voci, in modo che avrebbero potuto prendere le dovute precauzioni. I primi anni la gente si limitò a pensare che la mia fosse semplicemente una ricerca di attenzioni, ma man mano che crebbi, iniziarono a chiedersi come mai non l’avessi ancora fatta finita con quella storia.

 Iniziarono a chiedermi, ingiungendomi di essere sincero, se veramente sentissi quelle voci. Alle mie ripetute risposte affermative, iniziarono a chiamare degli psicologi, ai quali continuai stupidamente a ripetere la stessa versione della storia. Questo, e il fatto che mi fossero state diagnosticate iperattività e disturbo da deficit dell’attenzione, non li predispose molto bene nei miei confronti. Alla fine mi sbatterono in una clinica.

 Fu solo a quel punto che capii che la sincerità non era stata una gran politica.

 Iniziai a cambiare versione, a dire che ora non sentivo più quelle voci, nella speranza che mi dichiarassero guarito. Non avevo considerato che lo psicologo a cui ero capitato era un cretino peggiore di quanto ero stato io, uno fermamente convinto che le voci mi ordinassero di uccidere la gente nonostante tutti i miei tentativi di spiegare che non era così.

 Questo tipo applicava, per curarmi, una cosa che lui chiamava sistema alfabetico, e che consisteva in pratica nel fare il contrario di ciò che le voci dicevano. Come ciò fosse possibile quando tutto quello che le voci mi dicevano era la modalità della morte altrui, non è dato sapere. Quando gli chiedevo delucidazioni, mi diceva che uccidere è una cosa sbagliata, e non riuscivo a cavargli altro che variazioni sul tema.

 Ora, questo sistema di cura potrebbe sembrare semplice, ma non lo era affatto: mi toccava stare per ore nel suo ufficio, mentre lui mi proponeva varie situazioni, e mi chiedeva come avrei reagito, raccomandandomi di non farmi influenzare dalle voci. Ogni tanto mi assegnava anche piccoli incarichi, come sostenere una conversazione il più civile possibile on gli altri ospiti della clinica, oppure portare dei documenti ai suoi colleghi o all’accettazione, il tutto senza permettere che le mie azioni fossero influenzate dalle voci. Che comunque non mi dicevano mai di fare niente, quindi quegli esercizi servivano ad altrettanto.

 Quel fatidico giorno mi toccò appunto uno di quegli incarichi. “Oggi dovrai andare fino all’accettazione, chiedere la cartella relativo ad Albert Ridge e portarmela” mi disse lo psicologo con lentezza e scandendo bene le parole. Per qualche motivo, sembrava credere che soffrissi anche di un qualche ritardo mentale.

 Mi limitai ad annuire. “Va bene” risposi tranquillamente.

 “E mi raccomando, ricordati che le voci non sono entità soprannaturali e tu non hai il dovere di ubbidire loro. Se ti dicono di fare qualcosa, ignorale. Intesi?”

“Dunque, se le voci mi ordineranno di massacrare l’addetto all’accettazione con dei fogli di carta, non devo dargli retta” ricapitolai “Va bene”

Lui annuì, convinto che forse stavo iniziando a dare segni di miglioramento e ignaro del fatto che più di uno dei suoi pazienti avrebbe riconosciuto quella come una frase sarcastica. Riuscii a trattenermi dal ridergli in faccia e feci ciò che mi aveva detto.

 Quando arrivai all’accettazione, la trovai del tutto deserta, salvo il tizio al bancone. Non lo avevo mai visto prima in vita mia, e la cosa non mi stupì molto: quelli che stavano all’accettazione non duravano mai molto.

Nei quattro anni che ero stato lì, ne avevo visto succedersi cinque: una donna anziana e arcigna, licenziatasi per esaurimento nervoso, un tizio licenziato perché sorpreso a fumare in quel luogo pubblico, una ragazza giovane con delle minigonne davvero notevoli (non pensate male, ci avrebbe fatto caso chiunque), un trentenne nevrotico andatosene anche lui per esaurimento, e una tipa dall’aria spaurita che era scomparsa portando con sé una discreta parte dei soldi dell’istituto.

 Il tipo che ora sedeva dietro il bancone sembrava piuttosto uno dei ricoverati: teneva gli occhi rovesciati all’indietro, senza neanche battere le palpebre, ed era del tutto indifferente all’ambiente circostante. Un po’ mi somigliava, visto che era di colore e con i rasta, ma aveva una tale quantità di collanine (oltre all’espressione idiota) che io non mi sarei mai sognato di portare.

 Ma la cosa che più mi lasciò perplesso non fu il suo atteggiamento cretino: fu il fatto che, non appena lo guardai, la mia solita voce disse ‘Morto’.

 Ci rimasi di stucco. La voce non mi aveva mai detto niente del genere, era sempre stata anche troppo precisa. Ero sicuro che non volesse dire che il tizio sarebbe morto di vecchiaia, perché in tal caso usava, appunto, l’espressione ‘Vecchiaia’. Cosa voleva dire che sarebbe morto ‘Morto’?

 Mi interrogai su questo mistero per tutto il tragitto fino al bancone; mi sentivo quasi tradito dalla mia voce. Il ‘morto morto’ non si curò minimamente di uscire dalla sua trance quando mi avvicinai: sembrava nel pieno di una seduta vudù. Magari la voce lo credeva uno zombie?

“Scusa, mi servono i documenti di Albert Ridge” esordii, tentando l’approccio educato. Che come nella maggior parte delle volte, non servì a un emerito cavolo.

“Ehi, gli spiriti loa potrebbero separarsi da te il tempo che tu mi dia i documenti di Ridge?” Tentai un metodo migliore, con un unico risultato. Lo zombie diede infatti un segno di vita, ovvero batté le palpebre. Ma a parte questo non fece assolutamente nulla.

Io sbuffai. Chissà dove l’avevano pescato quell’idiota. Se avessi tardato troppo, il mio psicologo mi avrebbe tempestato di domande sui motivi, e probabilmente non avrebbe creduto al fatto che il tizio del bancone fosse immerso nel contatto con gli spiriti.

 Decisi quindi di lasciare il ‘morto morto’ alla sua seduta e di prendere il documento da me. Andai dietro il bancone, alle spalle del tipo, e iniziai a scartabellare i vari documenti. Nei due mesi che aveva passato alla clinica, la ladra aveva dimostrato un concetto di ordine del tutto particolare, quindi Dio solo sapeva dove avrebbe potuto essere la roba di Ridge.

 E fu proprio mentre stavo scartabellando, che fui interrotto da una bazzecola quale una mano che mi si stringeva all’improvviso intorno alla gola.

 Nella confusione più totale, cercai di divincolarmi, ma il mio aggressore aveva una presa resistente.

 “Certo che i guai te li vai proprio a cercare, mezzosangue!” rise una voce maschile alle mie spalle. Capii che lo zombie era emerso dalla seduta, e a quanto pareva allo scopo di dimostrare di essere un pazzo omicida.

 Non mi soffermai troppo a lungo su questi pensieri, in quei momenti l’unica cosa che fai è cercare di salvarti. Ormai iniziavo davvero a sentirmi soffocare, e iniziavo a vedere macchie luminose che mi danzavano davanti agli occhi.

 Finalmente uno miei calci andò a segno nel punto migliore, e il tizio mollò la presa, piegandosi in due per il dolore. Io caddi a terra e rotolai via, andando a sbattere contro il bancone, prima di alzarmi e cercare di scappare. Lo sentii ridacchiare debolmente alle mie spalle.

 “Dove corri, ragazzino?” chiese, e all’improvviso la porta dell’accettazione si chiuse di scatto. La raggiunsi e cercai di aprirla, ma non mi riuscì in nessun modo, né in quello normale né con gli spintoni. Cavolo, sembrava una scena da film horror scadente. Ma non era scientificamente possibile che fosse stato lui … ci doveva essere un complice nascosto dietro la porta, ecco.

 Non ebbi particolare tempo di dilungarmi in queste speculazioni, perché sentii uno strano sibilo e mi girai istintivamente per vedere cosa fosse. Un pugnale di metallo nero mi evitò per un soffio.

 Devo confessare che feci un salto ben poco dignitoso, spostandomi dalla precedente linea di tiro. Lo zombie si era rimesso in piedi con una velocità sospetta per il tipo di lesione subita e ora si stava scostando un lembo della giacca di pelle, estraendo dal suo interno un nuovo pugnale. Ma dove si era procurato quell’affare? Sembrava di essere finiti in un film!

 “Schivi e basta?” mi chiese il tizio con un’altra di quelle risatine da psicotico, accompagnando la frase con un altro coltello. Scattai di lato e riuscii a evitarlo.

 “Deludente. Perché non mi trasformi in polvere, figlio della morte?”

 E quell’epiteto da dove l’aveva tirato fuori? Non sapeva che c’erano insulti migliori che comprendevano la parola ‘figlio’? Non che me li rendesse più graditi, ma almeno erano riconosciuti dalla società civile.

 Il tizio scagliò un altro coltello e questa volta mi sfiorò di striscio. Per mia fortuna, credo, ero talmente confuso e agitato che non mi accorsi neppure del dolore. Piuttosto, cercai di capire cosa fare in quel frangente.

 Scappare era fuori discussione, lo zombie aveva gentilmente chiuso tutte le porte.

 Urlare e cercare di richiamare qualcuno? Fino a quel momento non eravamo stati esattamente silenziosi, e non si era fatto vivo nessuno.

 Le opzioni rimaste erano desolatamente limitate: cercare di affrontarlo in un corpo a corpo e di strappargli i coltelli. Poteva sembrare disperato, ma non mi sottovaluto così tanto e … okay Penelope, chiudi il becco, lo ammetto che ero quasi disperato, va bene?

Mi gettai alla carica contro di lui, schivando un altro coltello, e riuscii ad abbatterlo con uno spintone tremendo, crollandogli addosso.

 Ma perché sono stato tanto stupido da raccontare nei dettagli la cosa alla Gufatrice? Va bene, va bene, lo ammetto anche con voi che ci sono riuscito solo perché nella corsa ho preso dentro nella scrivania … ma quello che ho detto sopra, a conti fatti, è la verità.

 Dicevo, in un modo o nell’altro, atterrai addosso al tizio, ma ovviamente la cosa non lo stordì minimamente. Piuttosto, tornò all’idea originale di strangolarmi.

 A questo punto provai una sensazione ben diversa dalla paura e dalla disperazione. Rabbia. Rabbia per il fatto di essere in quella situazione, rabbia perché stava andando a finire così, una rabbia accecante. D’istinto, afferrai la mano che cercava di strangolarmi e cercai di allontanarla da me.

 E quella si trasformò in polvere.

 Non avvertii nessuna sensazione particolare che annunciasse l’accaduto, ma non appena la ebbi afferrata, la sua presa si sciolse in polvere grigia. E non finì lì. Il suo braccio continuò a sbriciolarsi, velocissimo, e feci appena in tempo a cogliere il volto inorridito dello zombie, prima che tutto il corpo facesse la stessa fine. Di lui rimase solo la giacca coi coltelli.

 Le porte dell’accettazione si spalancarono di colpo. Io ero lì da solo, sopra un mucchio di polvere e una giacca che fissavo con espressione probabilmente allucinata. Come poteva essere successo? Era impossibile, contro natura!

 E a quanto pareva ero anche stato io a provocare tutto, dato quello che mi aveva detto prima lo zombie. ‘Perché non mi trasformi in polvere’ … be’, alla fine lo avevo accontentato. Ma come cavolo avevo fatto? L’impressione di essere piombato in un film fantasy era la cosa più forte in quel momento.

 Mi resi conto che la guancia, dove il coltello mi aveva sfiorato, iniziava a fare male, probabilmente l’adrenalina doveva essersi esaurita.

 “Oddio!” strillò una voce femminile acutissima. Cercai la sua fonte e vidi un’infermiera che dava di matto. Dopo gli ultimi avvenimenti, mi parve quasi una vista rassicurante. Prima di sentire quello che stava dicendo.

 “Aiuto! Uno dei pazienti ha aggredito l’uomo all’accettazione! Muovetevi!”

 Ma di che stava delirando? Se neanche c’era un uomo, ma solo un mucchio di polvere! Va bene farsi fregare dalla giacca, ma doveva essere proprio cieca.

 “Ma cosa dici!” ribattei. Lei in risposta cacciò un urlo tanto acuto che per sentirlo meglio avrei dovuto essere un pipistrello.

 Sentii dei passi di corsa nel corridoio e, pensando di poter spiegare tutto, cercai di rialzarmi appoggiandomi alla scrivania. Solo che quella si trasformò in polvere, facendomi crollare nuovamente a terra.

 Mi sentii agghiacciare. Ma cosa cavolo stavo facendo? Adesso riuscivo a trasformare le cose in polvere con il solo tocco delle mani? Oddio, e se avessi toccato qualcuno per sbaglio cosa sarebbe successo? Be’, un po’ idiota chiederselo, lo zombie era una sufficiente prova scientifica.

 Scattai in piedi facendo leva sul pavimento. Dovevo andarmene di lì, sarebbe successo un casino se questa mia abilità fosse saltata fuori. Primo sarei diventato un fenomeno da baraccone o da laboratorio scientifico, e secondo avrei dovuto ammazzare qualcuno per dimostrarlo.

 Feci per correre verso la porta, ma in uno dei miei attacchi di genialità (genialità superiore al solito, intendo) presi anche la giacca dei coltelli, pensando che un qualcosa con cui difendermi mi sarebbe servito. Avrei dovuto pensare che si sarebbe trasformata in polvere, ma stranamente non lo fece. Era strano, ma preferii non indagare oltre e rischiare di ammazzare qualcuno per sbaglio.

  Medici e infermieri vari entrarono mentre stavo infilando la porta, ma corsi come un disperato e riuscii a non farmi prendere subito.

 Quando raggiunsi la strada, poi, le cose si risolsero meglio: erano più restii di me ad attraversarla senza guardare le macchine, e il risultato della loro prudenza fu che portarono a casa la pelle, ma si persero il sottoscritto.

 

 

Ladies & Gentlemen,

ecco qui il secondo capitolo di questa storia, con il quale entrambi i protagonisti sono presentati. Spero che apprezziate almeno uno dei due. E ora, passiamo agli spoiler: nel prossimo capitolo, Chad e Penelope si incontreranno, e tra un litigio e l’altro improvviseranno un’associazione a delinquere per mettere a repentaglio la sicurezza di un povero dio che si trovava lì per caso.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Come mettere a repentaglio la sicurezza di un essere ultrapotente e immortale ***


                                                PENELOPE

 

 

COME  METTERE  A  REPENTAGLIO  LA  SICUREZZA  DI  UN  ESSERE  ULTRAPOTENTE  E  IMMORTALE

 

 

 

Alla fine, viaggiare senza soldi e senza documenti non fu tanto difficile come mi aspettavo.

Fu sufficiente andare in stazione, salire sul primo treno diretto a est, e poi nascondersi nel bagno durante tutta la visita del controllore al mio scompartimento. Quando gli ebbi dato un ragionevole lasso di tempo per andarsene, tornai allo scompartimento e mi sedetti tranquillamente. A parte un paio di occhiate sospettose da una signora sui cinquanta, non ci fu alcuna protesta per ciò.

Ripetei l’operazione con altri due treni, prima di arrivare all’inaspettato capolinea di cui narrerò tra poco.

 Intanto, com’era giusto che fosse, non riuscivo a smettere un attimo di pensare a quello che mi era successo.

 Non ero impazzita, di questo ne ero certa. La spada ne era la prova: quando avevo provato a esaminarla meglio, avevo inavvertitamente premuto la testa del serpente, e in un attimo, la lama si era ritirata e il serpente era tornato ad avvolgersi attorno al mio braccio. Sbalordita, avevo pensato di aver avuto un’allucinazione e che quello fosse effettivamente stato un braccialetto per tutto il tempo, ma poi avevo provato a girarlo tra volte, come avevo fatto durante lo scontro al museo, e quello era tornato una spada.

 Ora che avevo la definitiva conferma di non essermi sognata tutto, avevo cercato di mettere un po’ di ordine nella confusione in cui ero precipitata. Dunque, i mostri esistevano. Ne avevo appena incontrata una con due gambe da serpente. E chissà quante altre specie ce n’erano in giro. Questa conclusione già non lasciava molta sicurezza per la propria incolumità, ma c’erano altre cose da considerare.

 Innanzitutto, il fatto che quel mostro si fosse accanito su di me, dichiarandomi in qualche modo ‘diversa’ dagli altri, e aveva totalmente ignorato Chelsea. Faceva spudoratamente romanzetto fantasy per ragazzine, con la predestinata diversa dal mondo intero e tutto, ma dovevo prendere atto del fatto che stava succedendo davvero.

E poi, quella tizia aveva parlato di ‘quelli come me’. Evidentemente facevo dunque parte di una categoria ben precisa. E se fossi riuscita a contattare qualche mio ‘simile’? Avrei potuto avere dei chiarimenti?

Non che vedessi la cosa come molto facile. Non sapevo neanche a quale accidenti di categoria soprannaturale appartenessi, figuriamoci come venire in contatto con altri. E sinceramente io non mi sentivo per niente soprannaturale, ma credo sia la tipica cosa che dicono le eroine dei romanzetti sopra citati, quindi mi asterrò dall’approfondire.

 In più, c’era il piccolo fatto che, naturalmente, tutti pensano che i mostri siano solo inventati, mentre invece esistono. Come era possibile che in realtà si aggirassero nel mondo moderno senza problemi?

 Be’, effettivamente la gente che parlava di mostri c’era … nelle varie trasmissioni sensazionaliste. E se invece fosse stato tutto vero quello che dicevano? Questo però non spiegava perché l’esistenza dei mostri non fosse universalmente riconosciuta.

A dire il vero, però, neanche l’attacco in cui ero stata coinvolta era stato riconosciuto come tale. La stessa Chelsea, che pure era stata lì tutto il tempo, aveva affermato di avermi vista attaccare una donna innocente. Forse era un qualche potere magico dei mostri, che proibiva agli umani di vederli per come erano realmente? Sembrava la spiegazione più plausibile.

 Quanto a me, con tutta la mia unicità e diversità ero da sola e probabilmente ricercata dalla polizia, e non sapevo cosa fare, se non per un qualche strano istinto che mi diceva di andare a est. Gran bella situazione, non c’è che dire.

 Nel mio secondo giorno di viaggio, il mio treno si fermò a Memphis. Era solo una delle destinazioni e non il capolinea, ma il treno rimase lì fermo inspiegabilmente a lungo. Parecchia gente iniziò a lamentarsi, alcuni andarono perfino a protestare dal conducente.

 Io, data la mia situazione di clandestina, preferii rimanermene tranquilla al mio posto, convinta che non ci fosse niente di cui preoccuparsi, che fosse solo uno di quei ritardi che succedono per qualche motivo di cui non si informano i passeggeri.

A un certo punto, intravidi un individuo in divisa da controllore in pericolosa fase di avvicinamento. Mi precipitai in bagno, cercando di non dare troppo nell’occhio, e mi chiusi la porta alle spalle. Ero sicura che, come le volte precedenti, non ci sarebbero stati problemi. Ed ero sicura che, come le volte precedenti, la porta del bagno non sarebbe saltata in aria.

Ovviamente mi sbagliavo su entrambi i punti.

Rischiai di morire d’infarto sul colpo quando la porta esplose proprio davanti a miei occhi senza alcun preavviso (e immagino che l’infarto sarebbe stato più dignitoso di fare un balzo tale da rischiare di finir nella tazza del water). Dal buco che ora stava al posto della porta, potei avere una perfetta visuale del controllore, con la sua debita divisa … e la testa di un cane, le pinne di una foca al posto delle mani e una sfera di fuoco in una delle suddette.

Restai a fissarlo paralizzata. Eccone un altro, uno come la donna del museo …

Ma che stavo ferma a fare? Girai tre volte il mio bracciale, e nel frattempo lui ebbe il tempo di lanciarmi la palla di fuoco che teneva in mano. Mi gettai a terra per evitarla, mentre nel contempo la spada si allungava, facendomi rischiare una fine alla Aiace Telamonio. Giusto per un’ulteriore dimostrazione che alla sfiga non c’è mai limite, un coltello volò sopra la mia testa e sparì al di fuori di un cratere nella parete creato dall’ultima palla di fuoco.

 Il lato positivo fu che il mostro si voltò a cercare l’origine del coltello volante, dandomi così modo di rialzarmi. Siccome una volta fatto ciò ero a due centimetri circa dalla creatura, avrei potuto colpirla comodamente, se non fosse stato che un altro coltello volò nella mia direzione, e dovetti abbassarmi per schivarlo.

 Il mostro si voltò nuovamente verso di me, e a quel punto decisi di evitare addirittura di rialzarmi e ficcargli la spada nello stomaco da dov’ero. Il mostro si disintegrò esattamente come la donna- serpente, assorbito dalla lama, finché non ne rimase più nulla.

“E tu chi sei?” chiese una voce maschile.

 Senza più l’ingombro del mostro, ebbi libera visuale sul misterioso lanciatore di coltelli. Era un ragazzo di colore, alto e di costituzione robusta, con i capelli tenuti in dreadlocks secondo me troppo lunghi e gli occhi di un insolito colore dorato.

 Io mi rialzai di scatto e misi la spada in quella che supponevo essere una posizione di difesa. “Chi sei tu! Perché mi hai attaccata? Cos’era quell’altro coso?”

 “Prima risposta: Chad Mist. Seconda risposta: ho attaccato mister Palladifuoco, non te. Terza risposta: non ne ho la minima idea”

Feci un paio di rapidi calcoli mentali. Se il tizio aveva visto il mostro per quello che era e non si era fatto fregare come Chelsea e tutti gli altri, doveva avere qualcosa di strano. Quindi poteva essere uno dei miei cosiddetti ‘simili’. Dunque, poteva fornire le spiegazioni su tutto quell’immenso casino in cui mi trovavo da giorni.

“Okay, guarda che puoi parlare liberamente” gli dissi. “I mostri mi hanno attaccata, quindi suppongo di essere come te … qualunque cosa tu sia. Se mi dicessi cosa diavolo sta succedendo e cosa siano quelle cose che cercano di ammazzarmi da qualche giorno a questa parte, te ne sarei molto grata”

 Lui mi guardò come se non avesse capito mezza parola del mio discorso. “Okay, dolcezza, forse per qualcuno al mondo le tue parole hanno un senso, ma per me no”

Era la frase più odiosa e indisponente che si potesse dire in quel contesto. Ma chi era quel cafone?

 “Prima di tutto, non ti azzardare a chiamarmi dolcezza” ringhiai “Secondo, non ci provare neanche a farmi passare per scema! Io ho visto quelle cose, sono sicura di non essere pazza, quindi tu m spieghi subito cosa sta succedendo!”

 Prima di criticare, vorrei che voi pensaste un attimo a cosa voglia dire passare due giorni allo sbaraglio in un mondo che sembra aver perso ogni logica e poi, una volta che ti trovi davanti a una persona che secondo te ha tutte le risposte di cui hai bisogno, questa si rifiuta di dartele.

 “Okay, capisco che probabilmente hai il ciclo, ma calmati e …”

“Ma vattene a …”

Una palla di fuoco che sfrecciò improvvisamente tra di noi fu una censura sufficiente alla mia frase.

 Ci voltammo verso la sua fonte e vedemmo un numero imprecisato di mostri, uguali a quello di prima, che si accalcavano goffamente nel corridoio tentando di correre verso di noi. Io puntai la mia spada verso di loro, ma anche un cretino avrebbe capito che erano troppi per poterli affrontare.

 A riprova di quest’ultima affermazione, fu il tizio dei coltelli che cercò di tirare una delle sue armi nel gruppo dei nemici. Colpì il bersaglio, ma solo perché erano così tanti e così ammassati che anche un sassolino avrebbe colpito qualcuno di loro.

 “Sono troppi! Scendiamo dal treno, idiota!” gli gridai. Qui su due piedi non saprei spiegare perché non scappai senza di lui. Perché speravo di torchiarlo ancora e con più successo, probabilmente.

“Se non ci hai badato, ti faccio notare che uno l’ho colpito!” ribatté lui, estraendo un nuovo coltello dall’interno della giacca (ma dove si era procurato una cosa simile?).

 “Perché ce ne sono così tanti che neppure un cretino fallirebbe! Muoviti!” gli gridai, e feci per trascinarlo per un braccio.

Lui si ritrasse un fretta. “Non ti conviene toccarmi” disse.

 Io sbuffai. Se non era il peggiore idiota che avessi mai incontrato, ci andava molto, ma molto vicino.

 Intanto i mostri non rimasero lì a godersi lo spettacolo di noi che litigavamo: almeno tre palle di fuoco ci arrivarono addosso in contemporanea. In teoria sarebbero dovute essere di più, ma i mostri delle ultime file, accalcati com’erano, non avevano preso bene la mira e avevano incenerito quelli davanti.

“Senti, almeno alza le chiappe e …”

Non feci in tempo a finire la frase. Uno dei mostri, lasciando perdere le palle di fuoco, si era avventato contro il lanciatore di coltelli, probabilmente cercando di atterrarlo. E quello lì non dovette fare nient’altro, per difendersi, se non afferrarlo per un braccio: il mostro si ridusse in cenere sotto il suo tocco, tra urla terrorizzate.

 Io lo fissai basita. Che razza di cosa era quel tizio?

 “Bene, e dopo questa vuoi ancora farmi credere che non sai nulla di quello che sta succedendo?”

 “Sì!” sbottò lui “Non ho la più pallida idea di come ci riesca, va bene?”

 Non credetti a una sola parola, ma i mostri si stavano facendo più insistenti. “Okay, me lo dirai dopo, adesso sono troppi anche per il tuo trucchetto, SCENDI!” gli urlai.

 Grazie a un qualche miracolo, i suoi pochi neuroni si misero in funzione e si decise a saltare giù dal treno, per poi correre a perdifiato fuori dalla stazione, mentre io lo seguivo a ruota. I mostri decisero di fare altrettanto e, dopo essersi ammaccati un po’ nel tentativo di scendere dal treno tutti insieme, si gettarono al nostro inseguimento, facendosi debitamente precedere da palle di fuoco.

 Non so come la gente di Memphis abbia reagito a due adolescenti, armati rispettivamente di spada e coltelli, lanciati in corsa per le strade della città e inseguiti da un branco di cani lancia fuoco in uniforme da controllore. Non ci ho fatto caso. Ero troppo occupata a correre.

 Per risparmiare fiato, avevo anche sospeso il mio litigio con Chad Mist. I mostri che ci inseguivano non avevano di questi problemi: c’era chi ci insultava, chi ci intimava di fermarci, e chi ci diceva di farci colpire dalle palle di fuoco. Ovviamente non demmo retta a nessuno di questi.

Però una frase catturò la nostra attenzione. “Correte alla Piramide Arena? Non sperate che quel dio vi aiuti!”

 Piramide Arena? Dio? Di che dio stava parlando? Ero abbastanza sicura che non fosse proprio il dio ‘Dio’. Il pronome sembrava sottintendere che ce ne fossero molti, un po’ come l’induismo o le religioni antiche. Forse era lì la risposta a tutti i problemi? Tutti quei casini avevano a che fare con l’esistenza di un qualche tipo di divinità? Ma poi, perché questa divinità sarebbe dovuta essere in un’arena per il basket? Era forse un tempio segreto?

“Se c’è … un dio …” ansimò Chad “Credo che questo … sia il momento buono … per chiedere una mano”

“Quelli dicono” risposi io “dicono che non ci aiuterà. Portiamoglieli lo stesso”

 “Sperando … che li distrugga perché … hanno violato il suo luogo sacro?”

 Io veramente pensavo di farli distruggere dal dio facendo in modo che quest’ultimo li interpretasse come una minaccia per sé, ma la sostanza era quella, così non persi tempo a litigare e annuii.

Pur non essendo mai stata a Memphis, riconobbi subito la Piramide Arena: piuttosto logico, era una piramide. Interamente di vetro, sulle rive del Mississippi e circondata dagli alberi. Un buon posto dove giocare a basket, in effetti.

Ma visto che io lì ci stavo andando per rischiare di morire, non mi soffermai troppo ad ammirarla.

 In teoria le porte sarebbero dovute essere chiuse, ma a Chad bastò appoggiarci una mano per trasformarle in polvere. Per quanto fosse cretino, ringraziai il cielo per essere con lui.

Infilammo la porta di corsa, inseguiti dai mostri.

“Ma siete scemi? Figuriamoci se vi aiuta!” strillò uno di loro.

“Agh!” sentimmo in risposta, e vedemmo qualcosa allontanarsi davanti a noi. Non lo vedemmo bene, ma aveva una forma che ricordava un umano ingobbito e con braccia innaturalmente lunghe.

 Comunque una palla di fuoco che mi passò vicinissima, strinandomi una ciocca di capelli, mi distolse dal pensare alla figura misteriosa. Ecco la pecca del nostro piano: una volta arrivati lì, non avevamo la più pallida idea di dove trovare quel dio, o di come evocarlo, o insomma di come fargli fare il lavoro sporco per noi.

 Per il più straordinario colpo di fortuna che mi fosse capitato da tre giorni a quella parte, fu lui a risolvere il problema per noi.

Stavamo correndo da qualche parte vicino agli spogliatoi, quando sentimmo una serie di “Agh!” come quello di prima e una voce giovanile che gridava: “Chi è? Cosa succede qui?”

Chad mi afferrò per un lembo della giacca di pelle (che si ridusse immediatamente in polvere) e mi trascinò all’interno di uno degli spogliatoi, lasciando i mostri a vedersela con l’ira funesta della divinità. Riuscimmo a sentirli fermarsi bruscamente, scontrandosi l’uno contro l’altro – mi chiesi quanti diavolo dovessero essere per ottenere quel risultato tutte le volte – e poi mormorare nervosamente tra loro.

“Non è affar tuo!” strillò uno più coraggioso o più blasfemo degli altri. “Noi siamo qui per un paio di mezzosangue, e le intromissioni dirette sono vietate! Anche quelle di voi egizi!”

“Finché vi limitate a inseguirli lontano da qui, non è affar mio” annunciò la misteriosa divinità. “Ma quando irrompete nel mio laboratorio, allora il vostro si può considerare un attacco anche a me. Dissecca!”

Questa parola fu seguita da grida, e da un rumore simile alla sabbia in una clessidra. Poi, solo silenzio.

Io e Chad ci scambiammo un’occhiata. Li aveva fatti fuori tutti? Pareva proprio di sì, ma rimanemmo immobili lo stesso. Metti che questo essere ultrapotente si rendesse conto di essere stato usato per liberarci dai mostri, non gradisse e ci facesse fare la loro stessa fine.

Ma restare immobili non ci servì a nulla, perché la testa di un ventenne fece capolino dallo stipite della porta.

“Oh, eccovi qua!”

 Il giovane aveva un aspetto ben poco divino. Aveva i capelli biondi e spettinati e, quando entrò nella stanzetta, scoprimmo che indossava jeans e la maglietta di un concerto blues, con sopra un camice bianco. Le uniche cose che lo facevano sospettare poco normale erano gli occhi: non si capiva di che colore fossero, perché sembravano cambiarlo ogni istante.

Il secondo immediatamente dopo, nella stanza entrò anche un babbuino, che dichiarò: “Agh!”.

Ecco la misteriosa figura che avevamo intravisto prima.

“Uhm, buonasera” esordì Chad, mentre io rimanevo immobile a fissare il tipo. No, sul serio, perché non ci sono norme di bon ton che ti spiegano che atteggiamento avere davanti a un dio senza essere colpiti dalla sua ira funesta?

“Dunque voi siete i mezzosangue inseguiti, vero? E a quanto Coriolanus riferisce” disse indicando il babbuino “Li avete portati qui apposta perché ci pensassi io”

“Ci scusi la mancanza di rispetto” ritenni fosse la cosa migliore da dire. “Ma speravamo di appellarci alla vostra generosità …”

“Per appellarsi alla generosità di qualcuno, non credo sia norma entrare in casa sua con dei mostri al seguito per poi nascondersi e lasciarlo ad affrontarli per voi, non trovi?”

Sia io che Chad ammutolimmo. Okay, ci aveva sgamati. E adesso che cosa avrebbe fatto? Ci avrebbe folgorati sul posto? Ci avrebbe resi suoi schiavi?

“O forse sono io che mi sbaglio?” continuò lui, sovrappensiero “La buona educazione cambia così in fretta! Non si fa in tempo a scrivere un trattato su un argomento, che già le cose sono completamente diverse. Prendete gli sputi, ad esempio. Fino a un paio di secoli fa, sputare era considerato un segno di gran classe, ancor più calpestare il proprio sputo, ora è il massimo del disgusto. Un cambiamento estremamente interessante, non trovate?”

Per tutta risposta, io e Chad ci scambiammo un’occhiata perplessa. Questo qua era un dio?!

“Comunque, se volete seguirmi, posso offrirvi da mangiare”

Io lo fissai stupefatta. A parte la disquisizione sugli sputi attraverso i secoli, sembrava aver preso tutto con la massima tranquillità. O forse ci stava preparando un trabocchetto?

“Non ha intenzione di punirci?” s’informò Chad con cautela. Il dio lo guardò sorpreso.

“Chi, io? No, per niente. Piuttosto, che ne direste di un barbecue?”

 

Ladies & Gentlemen,

spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto. Come avrete capito, il dio della Piramide Arena è Thoth delle Kane Chronicles. Questo perché nella storia avranno larga parte anche i maghi e gli dei egizi. E adesso, spoiler: nel prossimo capitolo, Chad e Penelope riusciranno finalmente a venire a capo di qualcosa, e Thoth farà loro una bizzarra proposta.

 

 

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Capitolo 4
*** Diventiamo i facchini dell'equilibrio cosmico ***


                                  CHAD

 

 

DIVENTIAMO  I  FACCHINI  DELL’EQUILIBRIO  COSMICO

 

 

 

 

Per la cronaca, quel dio ci offrì veramente il barbecue. Non era un trucco per poterci punire per la nostra avidità e poterci fulminare sul posto. E nel cibo non c’era neppure traccia di veleno.

 Quella divinità strampalata ci condusse dritti a quello che doveva essere il cuore del suo quartier generale, ovvero il campo da basket vero e proprio. Era stato rimodernato in una maniera veramente assurda: le gradinate erano occupate da un’immensa libreria, un ammasso di strumenti scientifici, e un gruppo di volatili dal collo e becco lungo – ibis, mi fu spiegato in seguito - che scriveva su dei computer premendo i tasti con il becco. I tabelloni erano stati usati come lavagna e ricoperti di calcoli e strani simboli. Il bordo campo aveva un aspetto più domestico, con un lungo tavolo, appunto, da barbecue, e in un angolo una ventina di televisori, tutti sintonizzati su un canale diverso, davanti ai quali erano sistemate alcune soffici poltrone. In mezzo al campo, un gruppo di babbuini giocava a basket, mantenendo fede allo scopo originario di quel luogo.

Coriolanus, il babbuino che aveva denunciato la nostra presenza al dio, si unì a loro, lanciandoci un grido come per invitarci a far lo stesso. Declinammo.

 Non era propriamente l’abitazione che ti saresti aspettato per un essere onnipotente e immortale (di quest’ultima cosa ero più che sicuro: le voci erano rimaste zitte quando l’avevo guardato, cosa che non era mai successa prima con nessuno), ma del resto, era già una sorpresa che una creatura del genere esistesse. Così come era una sorpresa l’esistenza dei mostri, e il fatto che da due giorni a quella parte tutto ciò che toccavo diventava cenere, e qualunque altra cosa fosse successa in quel periodo.

 “Sedete, sedete” ci invitò il dio in camice bianco, facendoci un cenno verso il tavolo da barbecue. Io e quella strana ragazza isterica – non mi aveva ancora detto il suo nome, sapevo solo che sarebbe morta trapassata da una lancia – obbedimmo.

 “Allora, allora, passiamo alle presentazioni” continuò lui. “Io sono Thoth, dio egizio della sapienza, della scienza e della magia”

 Io lo guardai allibito. D’accordo, un dio egizio Ma certo, cosa c’era che non andava in confronto a quanto era accaduto in quei giorni?

“Ma Thoth non aveva la testa di ibis?” fu l’unica domanda che venne in mente alla ragazza isterica.

 Per tutta risposta, il tizio sorrise, dopodiché i suoi capelli iniziarono a ritrarsi, la sua testa si coprì di piume, la sua bocca e il suo naso si allungarono fino a fondersi e si indurirono, trasformandosi in un becco scuro. Quello davanti a noi adesso era, per l’appunto, un uomo dalla testa di ibis.

“Okay” pigolò allibita l’isterica. Però, se serviva a tacitarla, anch’io avrei voluto poter trasformare la mia testa in quella di un animale.

“D’accordo, signor Thoth” esordii nel mio tono educato “Allora, potrebbe spiegarci che diavolo sta succedendo? Sono giorni che continuano a capitarci cose strane e legate ai mostri. Ha qualcosa anche fare con voi dei?”

Sulla faccia da ibis sembrò dipingersi un’espressione vagamente compassionevole. “Oh, per il trono di Ra. Non ve l’hanno ancora detto?”

 “No, nessuno ci ha ancora detto niente, stiamo impazzendo!” sbottò la ragazza in tono così isterico e arrabbiato da strapparmi una risatina. Lei mi fulminò con lo sguardo.

“Oh, be’ suppongo non esista un modo poco scioccante di dirvelo” sospirò Thoth.

“Credo che ormai siamo pronti a tutto” commentai.

 “Ormai avrete capito che noi dei – dei di tutte le culture e religioni, intendo – esistiamo”

Se l’avesse saputo qualcun altro a parte noi, tutti i credo sarebbero andati in crisi, ma sì, almeno io avevo afferrato il concetto. L’isterica annuì, evidentemente c’era arrivata perfino lei.

“Bene. Pensate agli dei greci e Romani. Ricordate che in molti miti avevano figli con donne mortali, giusto?” Naturalmente, anche i più ignoranti hanno sentito qualcosa a proposito di Zeus, quindi figuratevi il sottoscritto. “Bene, ai giorni nostri non hanno perso l’abitudine. E voi fate parte di quei figli”

“Eh?” chiesi io. Avevo fatto l’errore di piluccare qualche patatina, come ci aveva detto Thoth, - prendendole con la bocca, lo so che è ridicolo ma se le avessi toccate sarebbero diventate cenere-  e in quel momento mi andarono tutte di traverso. Fu solo per questo che l’isterica riuscì a mettere insieme una frase più articolata della mia.

“Allora è per questo che riusciamo a fare tutte queste cose strane? E che i mostri ci stanno alle calcagna? Vogliono vedere se siamo forti come quelli del mito? E poi, quanti saremmo noi … mezzi dei?”

“Il termine ufficiale è semidei, oppure mezzosangue” la corresse il dio. “E comunque sì, la prima delle tue ipotesi è corretta. I semidei, in effetti, ereditano sempre almeno una parte dei poteri dei loro genitori. Per quanto riguarda i mostri, però, ti sbagli: danno la caccia ai mezzosangue solo perché sono molto più gustosi dei comuni mortali”

“Ma che bella notizia!” commentai, eliminato finalmente il problema delle patatine.

“Già. E a parte questo, vedo che siete molto meno sconvolti di quanto mi aspettassi” rispose Thoth compiaciuto. In effetti, dovevo ammettere che dopo tutto quello che avevo passato in quei giorni, a osservare ogni cosa che toccassi ridursi in polvere sotto le mie mani, la notizia di essere figlio di qualche divinità non mi sconvolgeva più di tanto.

“E di che dei saremmo figli?” chiese l’isterica. Effettivamente la cosa dava da pensare: nonostante l’idea di essere figli di divinità non ci avesse particolarmente sconvolti, dava sicuramente da pensare. Essere figli di una creatura così …che forse avremmo anche potuto incontrare. E questo non era legato al fatto di essere semidei: suppongo che chiunque non abbia mai incontrato il proprio padre, davanti alla possibilità di incontrarlo, chiunque egli sia, non rimanga indifferente.

 Thoth ci studiò con aria pensosa. “Dunque, di norma è impossibile sapere di chi è figlio un semidio, a meno che non sia il suo stesso genitore divino a riconoscerlo. Ma immagino che si possano fare delle ragionevoli supposizioni, in base ai poteri che dimostrate”

“Benissimo! Allora, questo come lo spiega?” chiesi, afferrando una braciola. Quella si ridusse istantaneamente in polvere.

 “Interessante” mormorò Thoth, guardando la braciola e poi studiandomi attentamente in volto. “Non ho mai sentito palare di un caso simile …”

“E dunque?” lo incitai.

“Quante ore dormi in media al giorno?” mi chiese lui di rimando.

 Non avevo la più pallida idea di cosa c’entrasse, ma lo stesso risposi. “Otto”

“Allora Thanatos” dichiarò Thoth.

“Thanatos?” chiesi io.

“O Letus, dipende se sei greco o Romano”

“Sì, poi mi spiega cos’è questa questione dei greci e dei Romani, ma intanto chi sarebbe costui?” chiesi di rimando.

“Dio della morte” ebbe la compiacenza di rivelarmi Thoth “O per essere più precisi, direi piuttosto la Morte personificata”

“Il che spiega anche la faccenda delle voci” mormorai. L’idea di essere figlio della Morte era alquanto bizzarra, ma spiegava un bel po’di cose.

“Voci? Che voci?” chiese subito Thoth. “Aspetta un attimo …” sfregò una delle macchie sul suo camice – solo in seguito scoprii che si trattava di geroglifici- e quella si trasformò in un blocco per gli appunti. Sia io che l’isterica lo fissammo stupefatti.

“Non ho mai sentito parlare di un figlio di Thanatos prima d’ora” chiarì Thoth “Devo assolutamente prendere appunti … oh, e a proposito, i vostri nomi? Non li ho ancora chiesti”

 “Chad Mist” mi presentai.

“Penelope Mayherne” si presentò l’isterica.

 Il dio annuì. “Bene. Dicevi di quelle voci?”

 Io gli raccontai della mia situazione, che mi si era chiarita solo in quel momento. Lui parve a dir poco esaltato.

“Interessante, molto interessante! Mi è appena venuto in mente un progetto …un’enciclopedia che raccolga tutti i poteri dei semidei! Sarebbe molto utile anche per loro, non dovrebbero aspettare di essere riconosciuti per sapere chi è il loro genitore divino”

Annuì, soddisfatto della sua nuova idea, poi si rivolse a Penelope. “E tu? Che poteri hai dimostrato finora?”

“Proprio nessuno” replicò lei cupa. “Sono stata solo attaccata da un mostro, e mi sono salvata afferrando un braccialetto che ho scoperto in grado di trasformarsi in spada” aggiunse mostrando al dio l’arma in questione.

“Afanisis” commentò lui. “Una delle armi magiche più potenti in circolazione. E’ costruita in ferro dello Stige, un materiale che può essere usato solo alle creature legate in qualche modo agli inferi. Se ne può dedurre solo che anche tu sei figlia di qualche divinità dell’oltretomba.  Piuttosto, come hai fatto a trasformarla in una spada? A quanto hai detto, quando l’hai trovata all’inizio era un braccialetto”

Penelope strinse le labbra. “Non so come spiegarlo. E’ stato come se avessi avuto la certezza che fosse la cosa giusta da fare. Come se sapessi, senza che nessuno me lo avesse detto, come andava trasformato il braccialetto”

 Thoth stava scrivendo furiosamente sul suo blocco degli appunti. “Insolito, insolito! Queste sensazioni somigliano, a quanto mi hanno riferito, a quelle di chi ha il dono della profezia, ma generalmente questo è accordato ai soli figli di Apollo, che non è certo una divinità infera. Se il genitore che non ha mai conosciuto è il padre, potrebbe trattarsi di Moros, dio del destino. Comunque sia, preparati, perché molto raramente le profezie mostrano cose positive”

“Dunque non farò altro che annunciare calamità stile Cassandra? Bene, son contenta” commentò cupa Penelope.

“No, diventerai solo una gufatrice di prima categoria” la corressi io. Lei mi lanciò un’occhiataccia.

 “Hai avuto altre manifestazioni di questa entità? Oppure sogni strani, o che in seguito si sono avverati?” chiese Thoth ignorandoci entrambi.

Lei aprì la bocca con l’aria di chi sta per negare, poi sgranò gli occhi. “Questo posto! Questa piramide …l’ho vista in un mio sogno!”

 Era la cosa più da romanzetto fantasy che fosse capitata in quei giorni.

“Un tuo sogno” disse Thoth interessato. “Cosa succedeva nel sogno?”

“Ero in cima a questa piramide, e sotto di me c’erano due luoghi diversi. Uno era circondato da una foresta ed era pieno di strane costruzioni, l’altro era circondato dalla sabbia e sembrava un tempio egizio. Io ero in cima alla piramide, e gettavo pietre ora in un luogo ora nell’altro”

“Molto, molto interessante!” Thoth, per qualche motivo, aveva quasi gli occhi che brillavano. “Potresti essere proprio ciò di cui ho bisogno”

Altro che romanzetto fantasy, qui si entrava nello squallore. Se indovinavo correttamente, ora ci sarebbe stato il mondo sull’orlo della catastrofe, e Penelope sarebbe stata l’unica in grado di fermare l’Apocalisse. E io ero stato messo lì per riempire un po’ di spazio o che?

 “In che senso, scusa?!” sbottò esasperata quella.

Thoth invece di rispondere spostò lo sguardo su di me. “Naturalmente potrai contribuire anche tu. In effetti, due persone funzionerebbero molto meglio di una sola”

Della serie che non suonava nemmeno un po’ detto a titolo di consolazione, eh. Ma poi, era pure seccante che pensava che avessi bisogno. Io sono straordinario indipendentemente da qualunque cosa facciano gli altri senza di me.

“Potrebbe spiegarci di cosa sta parlando?” diedi il mio contributo alla causa di Penelope.

“Prima di illustrarvi il mio progetto, devo fare alcune premesse” esordì Thoth. “In primo luogo, i semidei come voi di norma vivono e vengono addestrati tutti insieme, i greci in un luogo chiamato Campo Mezzosangue e i Romani nel Campo Giove. Il primo dei due è con ogni probabilità uno dei due luoghi del sogno di Penelope. E se non accetterete la mia proposta, potrete andare tranquillamente lì”

 “Se prima ci spiega qual è la proposta …” bofonchiò Penelope.

 “Lasciamici arrivare. Seconda premessa: gli dei egizi di norma non hanno figli mortali, in compenso esiste un’associazione di maghi, la Casa della Vita, che li venera e trae le proprie arti magiche dal loro potere. Ogni mago studia la magia di un dio particolare, cosicché il meccanismo è simile a quello dei semidei”

 “E il tempio egizio che ho visto è la loro sede?”

“No. Dunque, greci ed egizi hanno vissuto separati, e alquanto ignari gli uni degli altri, per tutti gli ultimi millenni. Questo fino a pochi mesi fa. E ora devo fare una piccola digressione su Setne”

Alla faccia della piccola digressione: Thoth ci sciorinò vita, morte, miracoli e fedina penale di questo Setne. Il quale, a quanto pareva, era stato un autentico mago psicopatico vissuto sotto Ramesse II, durante il cui regno aveva compiuto un numero spropositato di furti, omicidi e altre amenità. Non contento, una volta morto era riuscito a scampare la punizione divina (consistente nel fasi mangiare il cuore da un mostro) e, sotto forma di fantasma, aveva continuato con le care vecchie abitudini per gli ultimi tremila anni –a quanto ho capito, ha avuto qualcosa a che fare anche con la Rivoluzione Francese.

Non ancora del tutto soddisfatto, gli era pure venuto in mente il piacevole progetto di divinizzarsi, e ora era disperatamente alla ricerca di un sistema per realizzarlo. A tale scopo, per qualche ragione, aveva fatto in modo che greci ed egizi venissero a conoscenza gli uni degli altri. Thoth suppone che sperasse che tentassero di distruggersi a vicenda. Le cose, come ovviamente sapete, non erano andate così, e tutti si erano coalizzati contro di lui. E qui si arrivava al bello, ovvero alla famigerata proposta di Thoth.

“Vedete, il piano di Setne comprende due obiettivi” spiegò lui. “Il primo è procurarsi la corona di Tutmosi, il re che cercò di farsi dio. E’ un elemento indispensabile, per la trasformazione che vuole operare. Il secondo è eliminare il male dal mondo”

“Eh? Ma se è malvagio, perché accidente vorrebbe…?” iniziò Penelope.

“Vuole l’esclusiva?” interruppi io.

“Crede di avere il primato, dunque l’esclusiva non lo attrae” osservò Thoth con un sorrisetto. “No, la vera ragione è, devo dire, piuttosto difficile da spiegare. Voi avete mai sentito parlare dell’ordine?”

“Essendo esseri umani …” commentai. No, seriamente, che razza di domanda era?

Il dio sorrise trionfante. “Bene, ora ho la prova definitiva che siete greci. La parola ordine, sapete … non l’ho detta in inglese, ma in greco antico. E il vostro cervello l’ha immediatamente tradotta. A parte questo, però, vi avverto che il kosmos - o Maat, per gli egizi – è un concetto di ordine piuttosto particolare, diverso da quello moderno. Entrambi i termini significano sia ‘ordine’ sia ‘equilibrio’, e infatti si tratta di un ordine che regola il funzionamento dell’universo intero, un ordine che è appunto basato sul perfetto equilibrio tra opposti. Inclusi il bene e il male”

“Quindi perché l’universo funzioni, devono esistere entrambi?” rielaborò Penelope.

“E cosa succede se uno dei due scompare?” chiesi invece io.

“E’ una cosa contro natura” rispose Thoth. “Spezzerebbe l’equilibrio, e l’equilibrio, in questo caso, troverà un modo di ripararsi da sé. Il che significa che un periodo in cui un opposto viene completamente eliminato, sarà seguito da uno in cui quell’opposto sarà l’unico esistente”

“Adesso capisco” mormorò Penelope. “Se Setne eliminasse il male, per controbilanciare il tutto si diffonderebbero ovunque disordini simili a quelli da lui creati in passato, giusto?”

Thoth annuì, cupo. “Anche peggiori. In una situazione del genere, potrebbero perfino fuggire Aidòs e Nemesi”

 “Chi?!” chiesi io. Il secondo nome mi diceva qualcosa, il primo proprio niente, ma in entrambi i casi non avevo capito il collegamento.

 “Avete mai sentito nominare il poeta Esiodo?” ci chiese Thoth. Sia io che Penelope annuimmo. In fin dei conti, era un nome piuttosto conosciuto, anche se non avevo idea di cosa avesse scritto. “Sappiate che non era solo un poeta” ci informò Thoth. “Era anche dotato del dono della profezia. Millenni fa, in una delle sue opere, inserì anche le sue visioni sul futuro. Raccontò di un’epoca dominata dal disordine più totale, dal sovvertimento di tutte le leggi naturali. E predisse anche la fuga di Aidòs e Nemesi, due entità assolutamente necessarie per l’equilibrio cosmico”

 “E ti dispiacerebbe spiegarci in che cosa consistono?” chiese Penelope.

 “Aidòs è ciò che impedisce di compiere azioni di cui ci si potrebbe vergognare” si decise a spiegare il dio. “E Nemesi è … aspettate un attimo …” si passò le mani per tutta la faccia da ibis, e subito dopo quella tornò un volto normale.

“Me n’ero dimenticato. Dunque, cosa stavamo dicendo? Ah, sì, Nemesi. E’ non solo ciò che assicura l’assenza di eccessi, e quindi una dei massimi garanti dell’equilibrio, ma anche colei che assicura che per ogni azione negativa ne consegua una dello stesso tipo”

“E dunque se ci mollassero sarebbe un gran bel casino” dedussi. “Nonché una situazione perfetta per Setne. E lei vuole che noi impediamo tutto questo, vero?”

Thoth annuì. “Solo se accetterete la mia proposta. Ma vi avverto, alcune cose potrebbero non piacervi”

 Questo romanzetto era proprio pieno di frasi fatte.

“Se prima ci spiega in che cosa consiste …” commentai.

Il dio, dopo non so quante domande di quel genere, finalmente ci diede una risposta diretta. “Dovrete operare in condizioni molto particolari. Il vostro compito non sarà tanto sconfiggere Setne, quanto impedirgli di alterare l’equilibrio. Dovrete recuperare la corona prima di lui – e questa è la parte facile, e in seguito dovrete sabotare le sue operazioni per eliminare il male nel mondo”

“Cosa?” sbottò Penelope. “Mi sta dicendo che dovremo favorire guerre, omicidi, violenze, fame nel mondo e quant’altro?”

 “Col cavolo” decisi io.

 Il sorriso di Thoth, questa volta, era mesto. “E in effetti questa era la parte difficile. Sono operazioni necessarie, ma è difficile non sentirsi orribili nell’effettuarle, vero? Per questo, offro un piccolo compromesso. Potreste permettere a Setne di eliminare le forme di malvagità più eclatanti e dannose, ad esempio guerre, fame nel mondo, delitti – tanto ricominceranno non appena sarà sconfitto il mago - e tutelare invece forme di criminalità minore, come furto e vandalismo… che, se non sono belle cose, non sono comunque paragonabili a un assassinio o a una guerra. Tenendo conto di tutti questi fattori, accettereste la mia proposta?”

 Cavoli. Questa sì che era una bella questione. Da una parte, il mio senso morale si ribellava. Quelle cose erano sbagliate, ingiuste. Non potevo farle, non potevo proprio. Erano cose vergognose. Anche se sapevo che sarebbe stato indispensabile, l’idea di accettare la proposta di Thoth mi ripugnava.

 Dall’altra parte c’era, appunto, il fatto che fosse indispensabile che qualcuno lo facesse. Altrimenti, il caos avrebbe finito per esplodere con una potenza mai vista. Setne l’avrebbe avuta vinta, sarebbe diventato un dio, e chissà che ne sarebbe stato del mondo intero. E neppure questo potevo accettarlo, davanti a una cosa del genere sentivo di non potermene stare con le mani in mano.

Era la situazione più complicata in cui mi fossi mai trovato. Ma perché accidenti l’equilibrio cosmico doveva funzionare così? Sembrava basato su una totale ingiustizia.

“Io ci sto” dichiarò Penelope. Io la guardai interrogativo. Aveva già deciso? Tutte queste domande, questi problemi morali, e lei aveva già deciso cos’avrebbe fatto?

 “In fondo, se nessuno lo fa, il mondo va a catafascio” fornì un approssimativo chiarimento della sua decisione. Era vero, però …sembrava tutto così sbagliato.

Ma, come aveva detto lei, era necessario. Decisi di eliminare l’aspetto morale, e di osservare le due opzioni giudicando solo in base al criterio: quale delle due comporta meno danni?

Il dilagare del furto e del vandalismo non sarebbe stata una bella cosa, questo era sacrosanto. Ma uno psicopatico che diventa dio e scatena il caos e il disordine – con annesse violenze molto superiori a qualche furto – era indiscutibilmente la cosa peggiore. Bene, dovevo rassegnarmi alla logica.

“Accetto anch’io”

 “Perfetto” Thoth non si mostrò eccessivamente entusiasta, ma mantenne un tono pacato e uno sguardo comprensivo. Doveva aver capito tutte le cose che ci erano passate per la testa.

Il dio si schiarì la voce. “Dovrete tener conto anche di una cosa. Non solo, per ovvi motivi, dovrete stare attenti a non farvi scoprire da Setne e dal manipolo di scagnozzi che ha riunito, ma anche dagli altri mezzosangue e dai maghi egizi. Anche se questo concetto di ordine è presente in entrambe le loro culture, ormai sono troppo occidentalizzati per capire, e cercherebbero di remarvi contro. Costituirete una fazione a sé stante”

“Bella situazione” commentò Penelope.

Thoth non rispose e continuò. “Ora, passiamo alle cose pratiche. Dunque, come ho già detto, il vostro primo compito sarà impedire che Setne metta le mani sulla corona di Tutmosi. Non sarà difficile trovarla: i mortali, benedetti loro, l’hanno esposta al Museo Egizio del Cairo senza neppure sapere di cosa si trattasse. Andrete subito”

“Di già?!” mi stupii io. Ci aveva appena fatto scoprire tutto quel gran casino di dei e ordine cosmico, ci aveva a malapena reclutati, e ci spediva immediatamente a recuperare una corona magica? Uno si sarebbe aspettato almeno un’oretta per recuperare, che cavolo.

“E cosa vorresti perdere tempo a fare?” mi chiese Thoth. Dopodiché scarabocchiò qualcosa sulla tovaglia, e un paio di ciondoli d’argento, raffiguranti un ibis stilizzato, vi apparvero sopra.

 “Prendeteli” ci ordinò, consegnandoceli. “Hanno molti … oh, per Ra…” mormorò.

Non appena mi aveva messo in mano il ciondolo, quello si era trasformato in polvere.

“Bisogna trovare una soluzione. Aspetta …” Tramite il solito sistema del geroglifico disegnato fece comparire quelle che solo in seguito identificai come bende di lino e non come carta igienica. Ci disegnò sopra qualche simbolo magico e me le avvolse attorno alle mani, con mia grande perplessità.

“Ecco fatto” concluse soddisfatto. “Non sarà molto pratico, ma almeno conterrà i tuoi poteri, finché non troviamo una soluzione migliore”

In effetti, quando mi consegnò un nuovo ciondolo, quello non si dissolse. Tutto molto bello, se non fosse stato che avevo le mani fasciate peggio della mummia di Tutankhamon. Non dava neanche un po’ nell’occhio, s’intende.

“Dicevo, questi amuleti hanno molti utili scopi” riprese il dio. “Il primo è che vi permetteranno di mettervi in contatto con me, nel caso dobbiate comunicarmi qualcosa di urgente. Il secondo, è che amplificano i vostri poteri. Tramite questi, imparerete a fare magie che sono sì nel vostro spettro di possibilità, ma che altrimenti impieghereste molto più tempo a imparare. Quella sorta di teletrasporto che potete usare voi creature degli Inferi, ad esempio”

“Possiamo trasportarci in un istante da un posto all’altro?” chiese Penelope esterrefatta. Concordavo con questa modalità di chiederlo. Averlo saputo prima, mentre eravamo inseguiti dai mostri, magari!

 “Sì, si chiama viaggio nell’ombra, se non erro. Non dovete fare altro che camminare verso una zona d’ombra e pensare intensamente a dove volete andare”

Ci indicò un corridoio poco illuminato, come per invitarci ad accomodarci. Io non ero esattamente quel che si dice convinto, ed ero ancora piuttosto confuso, e per di più avevo ancora fame, ma marciai insieme a Penelope verso il corridoio, sforzandomi di pensare al Museo del Cairo.

“Buona fortuna!” “Agh!” sentimmo gridare dietro di noi, l’istante prima di scomparire per davvero tra le ombre, dritti incontro alla nostra nuova, assurda missione.

 

Ladies & Gentlemen,

ecco che con questo capitolo, la missione di Chad e Penelope, attorno alla quale verterà tutta la storia, è finalmente definita. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate di loro e della loro decisione, ma visto che questa storia ha il record delle recensioni inesistenti, non ci conto troppo. Dunque passo agli spoiler! Nel prossimo capitolo, i nostri eroi tenteranno di svolgere il loro compito l meglio, con il risultato di scoprire che girare per i musei di notte, a quanto pare, va molto di moda.

 

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Capitolo 5
*** Scopriamo che un museo di notte è più affollato di un outlet la domenica pomeriggio ***


 

                                                               PENELOPE

 

SCOPRIAMO  CHE  UN  MUSEO  DI  NOTTE  E’  PIU’  AFFOLLATO DI  UN  OUTLET  LA  DOMENICA  POMERIGGIO

 

 

 

 

Mi ritrovai distesa a terra, a fissare un lampadario spento, con un gran mal di testa e tutto il corpo in genere indolenzito. Evidentemente, dovevo essere svenuta. E meno male che quegli amuleti avrebbero dovuto aumentare i nostri poteri!

“Ma dove cavolo siamo?” bofonchiò Chad accanto a me, rialzandosi. Svenuti tutti e due: non c’è che dire, proprio un lavoro eccellente la magia egizia.

Mi rialzai. “A giudicare dalle teche piene di oggetti egizi, direi che almeno la destinazione l’abbiamo imbroccata giusta” gli risposi.

Anche con tutte le luci spente, la debole luce che passava dalle finestre era sufficiente per vederci qualcosa. Statuette che raffiguravano uomini, dei e sfingi, vasi canopi e un paio di statue molto grandi: che fosse un museo egizio, l’avrebbe potuto capire anche Chad Mist.

 “Bene, ora dobbiamo trovare quella benedetta corona” annunciò lo scemo sopra menzionato, come se ce ne fosse bisogno. Questa frase, però, mi fece venire in mente un dettaglio non secondario.

 “Quello stordito di un dio non ci ha detto qual è!” esclamai, mentre un minuscolo angolino del mio cervello sperava che Thoth non fosse in ascolto. “Non una descrizione, non un modo per riconoscerla, niente!”

 “Magari pensava che avremmo controllato il cartellino?” chiese lui in un odioso tono di sufficienza, picchiettando un cartellino attaccato a una teca, che esplicava la natura dell’oggetto esposto.

“Con la luce che c’è, tanto di cappello se riusciamo a vedere gli oggetti, figuriamoci a leggere i cartellini” bofonchiai, e per inciso avevo ragione: c’era troppa poca luce per leggere qualunque cosa.

“Si vedrà. Io intanto qui di corone non ne vedo, proviamo nelle altre sale” rispose Chad.

Ci toccò girare mezzo museo per trovare qualche benedetta corona, il che mi fece imbestialire per due motivi: uno, ma quanto cavolo era grande quel posto? e secondo, quegli amuleti funzionavano veramente, ma veramente da schifo.

E quando finalmente trovammo quelle maledettissime corone, non riuscimmo neppure a beccare quella giusta. Innanzitutto dovemmo sforzare la vista in modo assurdo per decifrare quei cartellini, e ne facemmo passare parecchi prima di arrivare alle corone del periodo tolemaico. E pure di quelle ce n’era ben più di una: tre a forma di birillo e due strani copricapi blu, che a quanto ricordavo erano quelli che si usavano in battaglia.

“Secondo me è una di quelli blu” asserì Chad. “Hanno l’aria più regale”

 “E infatti le usavano solo per andare in guerra. Quelle con cui governavano, e di cui è più probabile che faccia parte quella che stiamo cercando, sono quelle a birillo”

 “Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze, diceva Einstein”

“Era Oscar Wilde, sveglione”

“Sì, va be’, vediamo piuttosto di recuperare questa corona senza far scattare tremila antifurti” ribatté lui alla svelta.

“Disse quello con il potere di trasformare in polvere qualunque cosa toccasse” gli feci notare.

Lui sbuffò, ma lo stesso si svolse dalle mani quelle ridicole bende che gli aveva rifilato Thoth e toccò il vetro. Un breve lampo azzurrino passò dalla teca alla sua mano, e lui fu scaraventato a un paio di metri da lì.

 “Miseria ladra” imprecò lui. “Che razza di roba è? Magia?”

 “Evidentemente, non mi sembra certo un normale antifurto” replicai io, studiando meglio la teca. Ora sembrava un semplice oggetto di vetro, che scintillava debolmente alla poca luce che passava. Ma aveva già messo in chiaro che il trucchetto di Chad non avrebbe funzionato.

“Prova a tirare una spadata al vetro” suggerì il mio nuovo compagno d’avventure, rialzandosi e raggiungendomi. “Almeno, farai scattare un banalissimo antifurto mortale e attirerai qui tutta la polizia d’Egitto”

“E ti pare poco?”

 “Sì, dal momento che noi sappiamo teletrasportarci”

“Da schifo” replicai, un po’ infastidita, devo ammetterlo, dal fatto che avesse detto qualcosa di intelligente. “Comunque, non sono sicura che con la spada riusciremmo a risparmiarci altri incantesimi”

“Zitta …” mormorò lui, inclinando la testa come se stesse cercando di sentire qualcosa. Lo imitai, e in effetti qualcosa lo sentii.

 “Oh dei, per favore non dire nulla a mio fratello. Diventerebbe una piaga, se scoprisse che sai più cose sull’Egitto di me”

“Tranquilla, non sono il tipo che va a creare problemi familiari agli altri. Piuttosto, è ancora molto lontana la sala della corona?”

 “No, ci stiamo avvicinando”

 Erano due voci femminili, ma non era questo l’importante: l’importante era che sembravano essere lì per recuperare lo stesso oggetto per cui eravamo venuti noi. Naturalmente non sapevamo se fossero mezzosangue ‘dalla parte giusta’ o alleate di Setne, ma chi se ne fregava, la loro presenza lì significava solo che dovevamo sbrigarci a portar via la corona.

Feci girare il mio braccialetto per le canoniche tre volte, e non appena di trasformò in una spada, la tirai sul vetro con tutta la fora di cui ero capace. Non ricevetti nessuna scarica elettrica e non fui scaraventata da nessuna parte; in compenso, il suono stridulo di un allarme dilagò per tutto il museo, insieme ad altri suoni di non facile identificazione, simili a oggetti di pietra che venivano spostati.

“La corona!” gridò una delle voci femminili in precedenza, e anche in mezzo a tutto quel casino, riuscimmo a sentire dei passi di corsa.

Piccolo problema: ancora non sapevamo quale delle tre corone fosse quella giusta. Dal momento che tirare a indovinare sarebbe stata la cosa più cretina di questo mondo, feci quella più logica, ovvero le afferrai tutte e tre. Dopodiché, sia io che Chad ci buttammo fuori dalla stanza a tutta velocità.

 Dato che eravamo al buio, tentai quella pessima forma di teletrasporto di cui disponevamo, concentrandomi sulla Piramide Arena di Memphis. Questa volta, il viaggio nell’ombra non funzionò da schifo: non funzionò proprio.

“Perché cavolo non va?!” sbraitò Chad, stringendo furiosamente il proprio amuleto. Era vero, perché accidenti non funzionava proprio ora che dovevamo toglierci di lì alla svelta? Aspetta … proprio ora che dovevamo toglierci di lì alla svelta? Ripensandoci, non suonava esattamente come un caso.

“Credo che sia una delle misure di sicurezza del museo” dissi al mio socio. “Una volta che la teca è stata distrutta, scatta un qualcosa che impedisce le magie di teletrasporto”

“Ma fantastico” brontolò Chad. “E quelle due mi sa che si stanno avvicinando. Ci deve capitare qualcos’altro?”

Come sempre succede nei romanzi quando qualcuno fa una domanda del genere, la risposta era ‘sì’.

 In quel preciso istante, infatti, ci si parò davanti la causa del rumore di pietra spostata che avevamo sentito prima, ovvero un gruppo di statue semoventi (per l’appunto in pietra) raffiguranti un tipo in gonnellino, una sfinge e un tizio con la testa da ariete.

“E questi che cavolo sono?” chiese Chad.

“C’è bisogno di chiederlo? Altre misure di sicurezza, ovvio!” ribattei io. Devo ammettere che ormai ero sull’orlo di una crisi nervosa: in mezzo a quella strana missione da cui dipendevano un sacco di cose, non sapevamo quale fosse la corona giusta, eravamo inseguiti da due tizie, la nostra unica via di fuga era bloccata, e ora ci trovavamo davanti quelle maledettissime statue.

“Li vedo!” gridò una delle due ragazze. Ecco, ci avevano raggiunti, eravamo circondati, ci avrebbero portato via la corona e di noi chissà che avrebbero fatto.

“Ma ne capiti qualcuna anche a loro!” sbottai esasperata. “Si facciano attaccare da qualche statua, gli crolli un reperto in testa, perché tutte a noi?!”

Okay, okay, forse qui posso sembrare un po’ isterica, ma vi ho già detto tutti i miei motivi, mi sembra che sia comprensibile. Qualunque cosa ne pensiate, fatto sta che una delle statue che ci stavano davanti – la sfinge - corse verso di noi, passò oltre e si precipitò nell’altra stanza … dritto dalle due ragazze.

“Ma che cavolo!” strillò una.

 “Ma non dovevano attaccare solo gli intrusi?” chiese l’altra, la cui voce fu quasi coperta dal rumore di qualcosa che si rompeva.

“Così hanno detto quei cretini della prima tradizione … Attenta!”

 Un tonfo e un urlo soffocato.

Ora, voi sapete perfettamente cosa fosse successo, in particolare perché due di voi c’erano, ma figuratevi come mi sono sentita io, quando mi sono resa conto che, ricostruendo i fatti tramite i suoni, alle due ragazze era successo tutto quello che io avevo loro augurato. Com’era possibile? Puro caso? Sarebbe stata l’ipotesi più improbabile. Un qualche mio strano potere che incredibilmente sceglieva il momento più opportuno per manifestarsi? Ecco, quello era già un po’ più probabile. Tanto per essere sicura, decisi di fare un’altra prova.

Non bisogna credere che mentre a quelle ragazze succedevano tutti i miei auguri, le due statue che erano rimasta davanti a noi fossero rimaste lì impalate. Naturalmente, rimasero fedeli al compito originario di attaccarci. E nel modo più ridicolo possibile: il tizio in gonnellino, piegato il collo, cercava di usare la propria testa a mo’ di mazza, mentre quello dalla testa di ariete si comportava, confondendo il periodo storico, come un ariete medievale.

 Fino a quel momento la difesa era stata affidata a Chad, visto che io avevo le mani occupate dalle corone e più che saltellare in giro per schivare i colpi non potevo; difesa che tra l’altro non serviva a un tubo, dato che i coltelli, contro la pietra, sono notoriamente inefficaci. La mia altra prova consistette appunto nel dirigere questo mio ‘potere’ contro le statue.

“Tu con la testa di ariete, spaccatela contro il muro!” gridai. “E tu che meni la testa ovunque, incastratela da qualche parte!”

 “Sei scema?” fu il commento di Chad, che ovviamente non aveva capito nulla. Anche la sua testa vuota afferrò qualcosina, comunque, quando il tizio dalla testa d’ariete, passandogli accanto e mancandolo di un soffio, andò a sbattere contro il muro del museo da distruggere in un colpo la propria testa e il muro stesso. Mezzo secondo dopo, il tizio della testa roteante centrò le macerie del muro con la suddetta, e non riuscì più a liberarsi.

“Come cavolo hai fatto?!” mi chiese Chad, guardandomi stupefatto.

“Evidentemente non sei l’unico ad avere poteri semidivini” commentai io.

Lui guardò le statue. “Lo dicevo io che eri una iettatrice”

Lo guardai malissimo, ma in un certo senso le sue parole erano vere: la tesi di Moros si faceva sempre più probabile. Decisamente, però, quello non era il posto adatto a elucubrarvi.

“Muoviamoci” gli ordinai, uscendo di corsa dalla stanza. Ma naturalmente, una volta eliminate tutte quelle possibilità di fallire, non poteva non sorgerne un’altra.

“C’è qualcuno!” gridò una voce ignota, ma stavolta maschile.

“E non urlarlo, dannazione!” sibilò un’altra, sempre maschile e con accento italiano. Io e Chad non stemmo lì a chiederci chi fossero i nuovi arrivati e scappammo in un’altra sala, sperando di allontanarci dai due.

 Ma accidenti, era mai possibile che in un museo di notte si fosse concentrata così tanta gente? Chiunque avesse mandato quei tizi, un paio non erano più che sufficienti? Comunque, non persi tempo per sfruttare il mio nuovo potere.

 “Che qualcosa cada addosso a uno dei due, e l’altro si fermi ad aiutarlo!” sussurrai. Un grido di dolore mi informò che aveva funzionato anche questa volta.

A questo punto io e Chad eravamo arrivati vicino a uno scalone: piuttosto palese che conducesse al pian terreno. Ci precipitammo giù alla massima velocità con cui potevamo correre senza cadere e romperci l’osso del collo, ovvero molto più lentamente di quanto avrei voluto. E tanto per cambiare, al pian terreno trovammo un simpatico comitato di accoglienza: un nutrito gruppo di mummie, con copertura di bende variabile.

“Ma dove siamo finiti, in un film horror trash?” brontolò Chad, sfoderando uno dei suoi coltelli.

 No, avrei voluto rispondere io, è il romanzetto per ragazzine. O forse no, perché magari in un libro del genere l’autore sarebbe stato così scemo da dimenticarsi che i morti non si possono uccidere, o avrebbe dato qualche grande potere al coltello di Chad, e insomma gli avrebbe fatto abbattere le mummie. Ovviamente, lì non accadde nulla del genere. La destinataria si beccò la lama nello stomaco, e continuò a star lì ad aspettarci.

“Lascia perdere i coltelli! Pensa piuttosto a sfondare la barriera!” gli gridai. Almeno a far quello ci riuscimmo, perché tra il fatto che stavamo praticamente cadendo giù dalle scale e la loro staticità, riuscimmo a urtarne e farne cadere un numero sufficiente da poter proseguire.

Ora, sorgeva il problema: dove proseguire? Nessuno di noi era mai stato al museo del Cairo, e non avevamo la più pallida idea di dove fosse l’uscita. E naturalmente, avevamo le mummie alle calcagna.

Optammo per correre a casaccio, sperando di imbroccare la strada giusta. E considerata la nostra fortuna, era assai probabile che l’avessimo anche trovata, e che saremmo usciti sani e salvi dal museo per teletrasportarci al sicuro non appena fuori … se una mummia non fosse riuscita ad afferrarmi e a strapparmi di mano le tre corone.

Cacciai un urlo, tentando di recuperarle, ma quella mi trattenne mentre scartava due corone e passava la terza a una sua compare. Era decisamente troppo forte, per essere un cadavere rinsecchito. E anche se aveva fatto una scrematura rivelandoci quale con ogni probabilità fosse la corona giusta, fatto sta che l’altra mummia stava correndo indietro.

“Ma non riesci neanche a scappare da un cadavere?!” imprecò Chad.

“Provaci tu, campione!” ribattei, riuscendo a spezzare un braccio alla mummia – devo dire che fu piuttosto disgustoso – e a liberarmi dalla sua presa.

Riuscimmo a correre liberamente dietro alla mummia con la corona, dato che le altre, ora che la refurtiva era stata recuperata, non sembravano avere più alcun interesse per noi. La mummia risalì le scale, evidentemente per riportare la corona alla sua sede. La seguimmo alla massima velocità che potevamo raggiungere (tenendo anche conto che non avevamo fatto che correre per gli ultimi minuti), ma perfino quel cadavere fu più veloce di noi. Ovviamente, proprio quando stavamo per raggiungerla, la mummia entrò in una sala e a chi la consegnò?

Alle due ragazze, ormai ripresesi dalle sfighe che avevo loro scaricato addosso.

 “Ce l’abbiamo!” esultò una.

“Okay, Sadie, ora andiamocene, sono troppi per poterli affrontare!” gridò l’altra. Troppi? Ma se eravamo solo noi due! O magari quella tipa stava parlando degli altri due ragazzi … magari in realtà facevano parte di fazioni opposte. Però il fatto che noi, i ‘mezzosangue giusti’ e i tirapiedi di Setne ci fossimo riuniti lì in quel museo in quella stessa notte e alla stessa ora per recuperare la corona, sembrava una sfiga decisamente surreale.

Sfiga o meno, però, finché le due ragazze erano lì, erano lì anche le nostre possibilità di recuperare la corona. Ci precipitammo nella stanza brandendo le rispettive armi, ma quelle ovviamente avevano già squagliato. Chad tirò un coltello nella loro direzione (lui giura che voleva solo rallentare, al massimo ferire superficialmente, e non uccidere) e per tutta risposta una delle due ragazze, una bionda dai capelli lisci che brandiva un bastone e una specie di boomerang, ci lanciò contro la prima delle due cose, che si trasformò in una leonessa.

In modo piuttosto idiota, non potei fare a meno di cacciare un urlo, minacciando la belva con Afanisis. Chad tirò i suoi coltelli, e fece fuori, nell’ordine, una teca, un sarcofago e la zampa posteriore sinistra della leonessa. Fui io a darle il colpo di grazia, mentre lei voltava istintivamente la testa per esaminare il danno.

Non rimanemmo lì a commentare lo scontro e tornammo all’inseguimento delle ragazze e della corona, ma il contrattempo ci aveva fregati. Quando raggiungemmo le due tipe, fu solo per vederle sparire in un vortice di sabbia che si sprigionava dalla punta di una piramide lì esposta.

Dopo una frazione di secondo di stupore, ci lanciammo anche noi contro quella specie di teletrasporto, ma quello sparì subito, lasciandoci con l’unico risultato di un bel po’ di sabbia negli occhi.

“Ma come diavolo hai fatto a perderti quella dannata corona?!” sbottò Chad furibondo.

 “Be’, tu non mi hai aiutato molto, sai? A quanto mi risulta, ho dovuto portarle tutte io da sola!” risposi io, ancora più arrabbiata. Con lui, con le due ragazze, con le mummie e con quella situazione in genere. Dannazione, ci avevano affidato una missione così importante, e noi cos’avevamo fatto? Avevamo fallito al primo colpo! Poteva esistere una situazione più schifosa, umiliante e amareggiante?

“Io ti coprivo le spalle!” sbottò lui.

“Sì, così bene che mi hanno aggredita e hanno preso la corona”

“Ehm …” un leggero colpo di tosse alle nostre spalle ci costrinse a tacere e a voltarci. Presi dal litigio e dalla frustrazione per la perdita della corona, ci eravamo completamente dimenticati dei due ragazzi. Dovemmo ricordarcene in quel momento.

Per i primi secondi in cui ce li trovammo davanti, non riuscimmo a fare assolutamente niente. Eravamo paralizzati dall’aspetto di uno dei due.

Quel tipo aveva solo la testa di un ragazzo; il resto del corpo lo denunciava chiaramente come non umano. Al posto della pelle, aveva una cosa simile all’esoscheletro di un insetto, nero e scintillante, con braccia sottili e mani dalle dita innaturalmente lunghe. Al posto dei piedi aveva le zampe di un coccodrillo. E tanto per completare il tutto, un bel paio di nere ali membranose, tipo pipistrello, attaccate alla schiena. La testa, in compenso, era spiazzante montata su quel corpo: era quella di un normalissimo ragazzo orientale, forse cinese, coreano o giapponese, pallido e con i capelli neri e arruffati.

L’altro ragazzo, grazie agli dei, sembrava più che normale: carnagione olivastra, capelli neri, lineamenti irregolari ma non troppo spiacevoli, occhi dorati e un’espressione vagamente scettica.

 “Perdonatemi l’interruzione” disse quello più umano, che era anche quello dell’accento italiano. “Ma vorremmo discutere di alcune cose con voi. No, mettete giù le armi, non è una minaccia … al contrario, penso che potrebbe rivelarsi un’offerta molto vantaggiosa”

 

Ladies & Gentlemen,

ecco qui, finalmente, un capitolo decisamente più movimentato. Mi piacerebbe molto se lasciaste una qualche recensione a questo, o a qualcuno dei precedenti. Il fatto è che con questo silenzio assoluto non ho nessuna idea su che cosa sia apprezzato nella storia e cosa no, quali elementi dovrei migliorare e quali invece vadano bene. Mi sarebbe molto utile un vostro parere, insomma. Grazie. E ora che vi ho tediati a sufficienza, vi lascio qualche spoiler: nel prossimo capitolo, i nostri eroi sapranno quale sarebbe l’ ‘offerta molto vantaggiosa’, e Penelope prenderà una decisione piuttosto problematica.

 

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Capitolo 6
*** Penelope ci fa diventare gli 007 dei poveri ***


                                                       CHAD

 

 

 

PENELOPE  CI  FA  DIVENTARE  GLI  007  DEI  POVERI

 

 

 

 

“E’ la seconda proposta molto vantaggiosa che ci fanno in una giornata” commentai. “Non è che qui la gente brilli tanto per originalità, eh?”

Per somma sfiga, quella battuta non era del genere che si poteva fare tranquillamente davanti a quell’italiano.

“Seconda?” inquisì infatti immediatamente. “Qual è stata la prima?”

Devo ringraziare la presenza di quei due per il fatto che Penelope non abbia potuto tirarmi una delle sue sfighe, e si sia dovuta accontentare dell’occhiataccia più feroce che avessi mai visto. Ehi, non è stata colpa mia … lo conoscete quel tipo, no? Non puoi dirgli niente, che lui non lo analizzi in tutti i suoi aspetti. E non date retta alla Gufatrice, qui, che sostiene che anche un cretino l’avrebbe fatto.

 Comunque, in effetti quella situazione non era delle più piacevoli, visto che non sapevamo cosa rispondere- rivelarci come terza fazione in gioco non ci sorrideva molto, dato che se l’avessimo fatto, ci sarebbe toccato batterci con un mostro e un combattente probabilmente molto più esperto di noi - e intanto l’italiano (che tra parentesi sarebbe morto pugnalato) non smetteva di fissarci come se ci volesse fare la radiografia.

Fu quella specie di mostriciattolo cinese (che si sarebbe sfracellato al suolo da una qualche altezza, non sapevo come fosse possibile dal momento che aveva le ali) a salvarci. “Voi fate parte della Casa della Vita” asserì, notando le bende che mi ero avvolto intorno al braccio. “Quella è magia egizia. Ma i poteri che avete usato prima erano tipici degli Inferi greci”

“Come trovare accordo in un tal disaccordo?” chiese l’italiano con un sorrisetto impercettibile. “Forse siete semidei che non hanno ancora capito nulla di come vadano le cose, e la Casa della Vita vi ha arruolati per recuperare la corona?”

“Ehm … sì, mi sa che ci hai preso” disse Penelope, con un perfetto tono da ammissione strappata a forza.

“Curioso, però. Intendo il fatto che, se davvero siete della Casa della Vita, foste impegnati a inseguire la Chase e la Kane. Non dovreste essere dalla stessa parte?”

E ti pareva … era una domanda a trabocchetto. Iniziava a non piacermi per niente, quel tizio. Tanto più che il mostriciattolo cinese si mise a dargli manforte.

“Oltre al fatto che vi hanno lasciati qui alla nostra mercé. Si può dire tutto di quelle due, ma non che abbandonino i propri compari”

“Noi … non sapevamo che fossimo dalla stessa parte!” improvvisai. Zoppicava un po’ detta così, ma con qualche ritocco poteva essere credibile.

“Non siamo riusciti a capire bene cosa sia successo, ma credo che i maghi egizi che ci hanno affidato la missione non sapessero che quelle due sarebbero venute stanotte, quindi non ne sapevamo proprio niente. Non le avevamo neanche mai viste prima!”

“A dire il vero, non ne sappiamo proprio niente neanche adesso” intervenne Penelope. “Ci hanno detto solo che ci sono gli dei greci, gli dei egizi, Setne il fantasma pazzo che vuole conquistare il mondo, e questi maghi che ci hanno promesso di portarci in non so che campo se avessimo procurato per loro quella corona”

“Dei begli approfittatori” commentò l’italiano “Avrebbero dovuto portarvi immediatamente al Campo, se fossero stati onesti. E invece hanno preferito usarvi per una missione al posto loro … evidentemente contavano di prendersi tutta la gloria. Simpatici”

 Ecco, quella fu la prima volta che ci imbattemmo nel problema principale con quel soggetto: non riuscivi mai a capire se l’avessi davvero convinto di qualcosa, o se fingesse, o se la risposta fosse ironica. Io e Penelope, comunque, ci fingemmo molto colpiti dalle rivelazioni.

 “Ah. Gli stronzi …” mormorai io.

“Vuoi vedere che non ce l’hanno detto apposta di quelle due, perché prendessimo la corona al posto loro?” mi chiese Penelope.

“Sarebbe perfettamente nel loro stile” brontolò il mostro cinese. Evidentemente non aveva molta stima della Casa della Vita.

“Quindi … voi sete dalla parte di Setne?” mormorò Penelope in tono innervosito – falsamente, suppongo.

“Esattamente. Hai indovinato anche che la nostra offerta consiste nel farvi passare dalla nostra parte, per caso?”

Io e Penelope riuscimmo a fingerci scioccati con sufficiente prontezza, e in parte lo eravamo davvero. Oh dei, come avremmo dovuto reagire a quella proposta? Di passare dai loro, chiaramente, non se ne parlava. Ormai avevamo deciso da che parte stare, e nessuno di noi era propenso ad abbandonarla. Se favorire il male nel mondo per conservare l’equilibrio poteva non sembrare il massimo della moralità, schierarsi con un fantasma psicotico, pluriomicida e megalomane era troppo anche per noi. La domanda era quindi: opporre un rifiuto netto o fingere un tentennamento, per poi rimanere saldi sula proprie posizioni? Quale delle due cose avrebbe fatto un tizio che aveva appena scoperto di essere stato usato senza ritegno dalla parte con cui si era schierato?

“E noi dovremmo schierarci dalla parte di un fantasma megalomane, che ha provocato non so quante guerre e omicidi, e che adesso vuole rovesciare l’ordine costituito? Sei fuori?” sbottò Penelope.

“Prima di dire, così, ascolta un attimo un paio di cose” intervenne il mostro cinese. “Voi finora avete sentito solo la versione della Casa della Vita, giusto? Ed esattamente, quali ragioni avete per ritenere che tutto quello che dicono loro sia vero?”

“Be’, quando ci sentiamo presentare un tizio con delle credenziali del genere …”

“Se il problema sono le credenziali, pensate un attimo a quelle della parte con cui vi siete schierati” continuò il mostro. Notai che l’italiano si era messo un po’ in disparte, evidentemente riteneva che fosse l’altro ad avere gli argomenti vincenti.

“Quanto conoscete i miti greci?” fu la domanda successiva. La risposte furono diverse, per me ‘poco’ e per lei ‘abbastanza bene’.

“Okay, in ogni caso lo sapete il mito di Artemide che costringe Agamennone a uccidere sua figlia per essersi vantato di tirare con l’arco meglio di lei? Avete sentito quella di Zeus ed Era che, per punire una coppia che diceva di essere più felice di loro, inducono il marito a violentare la sorella della moglie, e poi moglie e sorella a uccidere il figlio dei due per vendetta, e tutti trasformati in uccelli come gran finale? Sapete il mito di Andromeda, offerta in pasto a un mostro marino perché sua madre si era vantata di essere più bella delle Nereidi? Sì? Allora, tenete presente che sono gli stessi dei a governare il mondo tuttora. Volete ancora stare dalla loro parte?”

Tecnicamente, noi non eravamo dalla loro parte, ma dovevamo fingere che fosse così. Dunque, le cose appena elencate erano davvero agghiaccianti. Credo che chiunque, a sentire che cose del genere sono state fatte da quelli per cui combatte, entrerebbe in crisi. Se non sbaglio, anche voi avete avuto qualche tentennamento, quando lottavate contro Crono, giusto? Ecco, noi dovevamo fingere una cosa del genere. Eseguimmo limitandoci a boccheggiare scioccati.

“Non li sapevate” concluse il mostro cinese. “E per quanto riguarda la Casa della Vita che vi ha arruolati, basta dire che ha ripreso a seguire il sentiero degli dei”

Questa, devo dire, ci lasciò un po’ confusi. “Perché, non l’hanno sempre seguito?” chiesi io, cercando di ricordare se Thoth avesse detto qualcosa del genere.

“E cos’hanno fatto gli dei egizi?” chiese invece Penelope.

“Loro in sé e per sé, niente” rispose l’altro. “E’ il loro potere, quello che crea danni. Non può essere controllato. Fino a qualche anno fa, la gente lo capiva e proibiva di usarlo, ma poi sono arrivati quei maledetti fratelli Kane”

 “Non erano quelli che hanno portato via la corona?” chiesi, perché mi sembrava di aver sentito quel nome prima.

“Solo la sorella. L’altra ragazza era una semidea. Comunque, questi due tizi si sono messi a rispolverare il sentiero degli dei. Tutti, com’era giusto che fosse, li hanno osteggiati, ma per colmo di sfiga hanno finito per cambiare idea. Sapete, c’era questo serpente gigante che voleva ingoiare il sole e sprofondare il mondo nel caos …” sì, l’ha detto proprio così en passant “… e quelli lì, con la loro magia divina, sono riusciti a sconfiggerlo. Quindi, naturalmente, tutti giù a osannarli. E a imporre l’uso della magia divina. Io … non sono nato così, sapete? Una volta, ero un normalissimo essere umano. Ero un mago della Casa della Vita, facevo parte della tradizione di Tokyo”

A questo punto, fui distratto da due considerazioni: primo, il tizio era giapponese e non cinese, e secondo, perché tutti continuavano a parlare di tradizioni in riferimento alla Casa della Vita?

 “Ero entrato nella Casa prima che i Kane stravolgessero tutto, e avevo iniziato come semplice negromante. Controllavo la magia degli inferi, un po’ come fate voi. Anch’io, quando i Kane sconfissero Apophis, pensai che la loro parte fosse giusta. Tutti lo pensammo, compreso Yoji … un mio amico. Cercammo entrambi di specializzarci in una magia divina. Io scelsi quella di Anubi, il dio della morte e dei funerali, lui quello di Set, il dio del Caos e delle tempeste. Per i primi tempi le cose andarono abbastanza bene … avevamo l’abitudine di improvvisare duelli per testare i nostri nuovi poteri, e ogni tanto era capitato che mettessimo più forza in un incantesimo di quanto avessimo calcolato. Poi un giorno … non so come sia potuto succedere, forse perché avevamo litigato proprio poco prima, cercavamo entrambi una rivalsa sull’altro … i poteri degli dei ci sfuggirono di mano. Lui mi ridusse come mi vedete adesso … a un demone, una creatura del caos. Io … io l’ho…”

“Yoji è morto” intervenne conciso l’italiano, tornando alla ribalta. Probabilmente pensava che il suo compare non sarebbe riuscito a finire la frase. E in effetti il tono di quel poveraccio si era fatto sempre più debole e tremante mentre parlava, gli occhi sempre più fissi e sbarrati, come se stesse ancora vedendo le immagini di quel giorno.

Io ero pietrificato. Quel racconto era raggelante. Chissà che razza di vita doveva fare quel poveraccio, con la consapevolezza di aver ucciso un suo amico …

Per la prima volta, ebbi qualche lievissimo dubbio. In fin dei conti io stavo lavorando per un dio egizio, come quelli che avevano causato quella tragedia. Avrei potuto continuare a farlo dopo aver sentito quella storia?

Sì, mi risposi subito dopo. Quella missione era troppo importante, ne dipendeva il destino dell’umanità: non era il caso di mettersi a fare gli schizzinosi nei confronti del boss. E del resto, non erano stati proprio gli dei a fare quell’orrore, ma piuttosto l’uso improprio dei loro poteri … (e qui permettetemi una domanda: Walt non lo so, ma tu Anubi la sapevi questa storia?)

 “La Casa della Vita ha preferito stendere un velo pietoso sull’intera faccenda” continuò l’italiano, dando una rapida stretta al braccio del compare, forse per una parvenza di rassicurarlo. Quello tacque, rosso in volto, forse ancora sconvolto dai ricordi, forse anche umiliato e vergognoso per la rivelazione di una cosa così grave.

“Non sappiamo se i Kane ne siano stati informati o meno, ma l’accaduto non metteva la nuova politica in una luce esattamente positiva. Dunque hanno lasciato il mio socio, qui, così com’era e l’hanno spedito nella tradizione in Antartide per punizione. Se lo vedete qui, è perché è stato abbastanza sveglio da scappare”

 “E’ terribile” disse Penelope, guardando il demone con sincera partecipazione.

“Bene, ora, tenendo presente tutte queste cose, riflettete sul fatto che il nostro signore sta cercando di eliminare i mali che gli dei hanno portato nel mondo. Se ci seguirete, vedrete con i vostri occhi quanto stiamo facendo. Ho come l’impressione che vi farà cambiare idea sull’eventualità che sia lui a governare il mondo. E per quanto riguarda i delitti che vi hanno raccontato … sono ragionevolmente certo che non vi abbiano detto tutti i lati delle questioni. Come si dice, la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro”

 L’italiano tacque, evidentemente in attesa di una nostra qualsiasi reazione. Okay, dopo tutte queste cose, chiunque si sarebbe schierato immediatamente dalla loro parte. Noi dovevamo comportarci nel modo più normale possibile, ma al tempo stesso non potevamo sceglierci una delle due fazioni.

 Ebbi un’idea: fingere un’improvvisa vigliaccheria all’idea di affrontare gli autori di cose così orribili. Non ci avremmo fatto una gran figura, ma saremmo usciti da quella situazione senza destare sospetti.

“Non vogliamo stare con gli dei” esordii, nel tono più esitante e titubante che mi riuscì. “Ma non credo che saremmo molto utili neanche a voi … non sappiamo esattamente combattere, e immagino che avrete bisogno di guerrieri subito …”

L’italiano mi studiò scettico per qualche istante, poi concluse. “A dire il vero, stavo pensando a un genere di incarico molto diverso per voi. E’ da tanto che discutiamo dell’opportunità di avere una spia al Campo Mezzosangue, per essere informati in tempo delle mosse del nemico. Disgraziatamente, l’idea non ci è venuta con sufficiente tempestività, che non avessimo avuti tutti il tempo di combattere con qualcuno dei loro. Siamo, quindi, tutti fin troppo conosciuti. Voi due, invece … anche se la Kane o la Chase vi avessero visti in faccia, avreste l’alibi della Casa della Vita, e sareste ammessi senza problemi. Ed è un incarico che non necessita di una preparazione militare, solo di una certa dose di cervello. Vi pare più congeniale?”

Mi guardò con aria vagamente beffarda. Dannato di un italiano: mi dava il sospetto che avesse fiutato i miei pensieri, e che anche quella frase fosse un tranello. Ora dovevo davvero impegnami per toglierci da quel casino senza comprometterci.

“D’accordo, accettiamo la vostra offerta” annunciò tranquillamente Penelope.

Mi dimenticai istantaneamente della necessità di recitare e la guardai con tanto d’occhi. Era impazzita? Si era dimenticata del nostro compito? Noi avevamo già una fazione, quella neutrale. Non potevamo metterci a fare una specie di triplo gioco. Anche perché, giusto tra parentesi, noi l’alibi della Casa della Vita non l’avevamo, non con delle persone che avrebbero potuto controllare almeno. E almeno avesse parlato solo per se stessa, ma aveva tirato in ballo anche me! Così, io non sapevo neppure cosa avesse in mente. Avrei vagamente gradito essere consultato prima, eh. Non appena ci fossimo trovati da soli, le avrei chiesto spiegazioni.

Questa sua uscita, comunque, non sorprese solo me: anche l’italiano parve vagamente stupito, il che confermava la mia teoria del tranello. In ogni caso, fece buon viso a cattivo gioco e ci dedicò un abbozzo di sorriso.

“Ebbene, siate benvenuti, nuovi compagni. Lieti che abbiate fatto la scelta giusta”

“E non sappiamo ancora come vi chiamate” intervenne il demone, in tono ancora nervoso. Noi ci presentammo.

“Dakao Miridoka” fece lo stesso il demone giapponese.

L’italiano fece un sorrisetto ironico e ci informò del fatto che: “Io ho due nomi. Luciano Macchiavelli in Italia, e Luusiano Maghiavelli qui in America. Con ambedue le denominazioni, figlio di Kratos, dio del Potere”

 “Uhm, bene” commentai io, non sapendo bene cosa dire davanti a una simile affermazione.

“Ora cosa facciamo? Dobbiamo inseguire le due ragazze, andare a una sorta di covo segreto …?” chiese Penelope.

“La seconda. Dakao, riesci a evocare un altro portale?”

Dakao annuì, e un nuovo vortice sabbioso si materializzò nella stanza. “Fa parte dei miei poteri di demone” ci spiegò il giapponese.

 Luciano fece un gesto educato verto il portale. “Oltrepassate quel vortice, signori, e sarò lieto di presentarvi alle nostre armate del terrore”

 

Le armate del terrore si rivelarono essere cinque tizi che giocavano a Un Due Tre Stella.

Furono sorpresi dal nostro arrivo, alcuni sobbalzarono, altri si immobilizzarono come per non perdere la posizione. In realtà, non feci molto caso alla reazione generale, perché la mia attenzione era stata catturata da una ragazza.

Era davvero splendida, con la carnagione olivastra, occhi dorati, lunghi capelli neri e bellissimi lineamenti. Faceva parte di quelli che si erano immobilizzati, ma aveva voltato la testa dalla nostra parte, la bocca semichiusa in un’espressione di sorpresa, che la faceva quasi sembrare un dipinto. Tra l’altro, non datemi del maniaco se lo dico, ma doveva avere un bel fisico, cosa che si notava abbastanza dalla camicetta abbottonatissima ma decisamente attillata. Ripeto, non datemi del maniaco, ci avrebbe fatto caso chiunque.

Piccolo problema: non appena posai gli occhi su di lei, le voci mi informarono cortesemente che sarebbe morta avvelenata. Ci rimasi malissimo. Dai, una ragazza così bella, non poteva fare una fine del genere. Lo sapevo che nella morte non c’era nessuna forma di giustizia, ma questo mi sembrava quasi troppo. Poveretta. Chissà se sarei riuscito a metterla sull’avviso e a posticipare l’evento il più possibile?

Anche per questi ragionamenti, temo di non essere riuscito a staccarle gli occhi, di dosso, malgrado i maggiori segni di vita provenienti dagli altri. Ovvero un coro di “Luciano! Dakao!” “Avete la corona?” “Chi sono questi?” “Ma proprio mentre stavo per vincere dovevate arrivare?”

A questo punto anche la ragazza, che fino ad allora era sembrata intenta (credo) a guardare me si rivolse a Luciano.

“Chi ci porti, fratellino?” chiese con una voce perfettamente adatta al suo aspetto … molto musicale. Ah, allora era la sorella di Luciano. Più giovane, probabilmente, avrà avuto sedici anni anche lei. Non aveva tracce di accento italiano, comunque.

“Se lor signori smettono di fare chiasso e qualcuno va a chiamarmi il capo, mi piacerebbe rispondere alla domanda di Hazelle” fu la risposta dell’italiano. Dunque la ragazza era Hazelle. Gran bel nome.

“Vado io” si offrì una ragazza castana, uscendo dalla stanza. Concretizzai di punto in bianco di avere addosso gli occhi di tutti mentre fissavo Hazelle, e perché la cosa non fosse notata mi sforzai di guardare anche gli altri.

Il primo a balzarmi all’occhio fu un bambino che non doveva avere più di dieci anni, cosa più che sorprendente – come ci era finito un bambinetto così piccolo in una guerra del genere? – castano e con grandi occhi scuri. Sarebbe morto nel crollo di un edificio, mi disserro le voci. Non in quella guerra speravo. Però, possibile che lì non ce ne fosse uno che sarebbe morto di morte naturale?

Poi un ammasso di muscoli con i capelli biondi tagliati cortissimi, con un’espressione ebete fissa su Hazelle. Mi augurai che non fosse il fidanzato, sembrava troppo brutto e stupido per stare con una ragazza del genere. E grazie agli dei, almeno quello sarebbe morto di vecchiaia.

Poi ancora una ragazza dei capelli neri, gli occhi verdi e un’espressione pensierosa. Vecchiaia anche lei.

Svolto questo compito, decisi che potevo arrischiarmi a un’occhiatina fugace ad Hazelle, e proprio in quel mentre, sollecitato dalla ragazza castana (che tra parentesi sarebbe morta trafitta da una spada), arrivò il pezzo da novanta.

“Ragazzi, spiegatemi un attimo cos’è questa storia. Com’è che ci sono dei nuovi arrivati?”

Quando vidi Setne, per poco non scoppiai a ridergli in faccia. Il motivo potete capirlo benissimo da soli: tenete presente la giacca con le spalle imbottite, i capelli impomatati, le scarpe bianchissime e gli anelli di diamanti, e avrete la risposta pronta.

“Li abbiamo trovati al Museo del Cairo” spiegò Luciano. “E prima che qualcuno me lo chieda, no, non siamo riusciti a prendere la corona. La Kane e la Chase ci hanno battuti sul tempo, e così hanno fatto anche con loro” ci indicò.

“Eravamo finiti in una sede della Casa della Vita, e quelli ci avevano detto che eravamo semidei e che se avessimo rubato quella corona ci avrebbero portato a un Campo per quelli come noi” continuai io, rifilandogli quella diventata ormai la versione canonica.

Lui parve sorpreso. “Ma tu guarda che roba. Fossero stati onesti, vi avrebbero portati direttamente lì. E avete accettato di seguire la nostra fazione?”

 “Dakao e Luciano sono stati molto persuasivi” continuò Penelope. “Abbiamo già discusso di parecchie cose, faremo le spie … sempre che a lei vada bene, s’intende”

 “Non avrei chiesto di meglio” si affretta a rispondere Setne. Non aveva nulla del pazzo psicopatico che mi aspettavo, ma probabilmente questo aumentava il suo pericolo. A vederlo lì, con quest’aria sorpresa e compiaciuta a un tempo, e soprattutto con quel ridicolo completo, sarebbe venuto spontaneo sottovalutarlo.

“Siete stati veloci, nel fare la scelta giusta, mi pare” continuò. Ahi, anche questo qui aveva fiutato qualcosa di equivoco.

“Luciano e Dakao ci hanno detto che state facendo qualcosa per limitare i danni degli dei al mondo …” dissi io, lanciandogli uno sguardo il più possibile da ‘questo è vero, giusto?’.

Lui rispose con un sorrisetto. “Regina, ti sei occupata tu dei moduli legali per quelle donazioni?” chiese a qualcuno.

La ragazza con i capelli neri e gli occhi verdi, evidentemente Regina, annuì e corse via dalla stanza, tornando poco dopo con alcuni fogli dall’aria ufficiale che ci piazzò sotto il naso.

“Ecco qua” disse con una strana voce flebile. Sia io che Penelope sgranammo gli occhi.

Erano documenti che attestavano la donazione di cifre da capogiro a organizzazioni di beneficienza e laboratori di ricerca per cure delle malattie. Vi giuro, non mi ricordo le cifre esatte, ma almeno quattro zeri c’erano tutti in ciascuna. Dove cavolo li pescavano tutti quei soldi?

“E questa è solo una parte del nostro operato” ci informò orgoglioso Setne. “Organizziamo ronde in varie città per prevenire la criminalità. Scopriamo i colpevoli di vari delitti tramite la magia, e con la stessa cosa improvvisiamo prove per i poliziotti”

Se non avessi saputo a che scopo erano fatte tutte quelle cose, li avrei stimati molto. Ma dato che sapevo tutto quello che c’era dietro, non fecero che preoccuparmi – come diavolo aveva fatto l’equilibrio a reggere fino a quel punto? Speravo davvero che vandalizzare e rubare fosse sufficiente a risistemare le cose.

“E’ … siete straordinari!” disse Penelope con un sorriso che pareva sinceramente ammirato.

“Visto che era la parte giusta?” sorrise la ragazza castana che aveva chiamato Setne.

“Dubito che ce ne pentiremo” commentai io, con un vago pensierino al mazzo quadrato che avrei fatto a Penelope per avermi coinvolto in quel casino.

Ma a parte questo, una cosa dava da pensare, e cioè che i soldati di Setne sembravano convinti della bontà di quello che facevano. Sembrava quasi che il loro capo li avesse tenuti all’oscuro delle sue vere intenzioni. Magari molti di loro erano brave persone, e avremmo potuto mostrare loro il vero intendimento di quelle operazioni per farli smettere …

“Come vi chiamate?” intervenne un po’ a sproposito il piccoletto, dando il via al secondo round delle presentazioni. Lui si chiamava Calvin Dubber ed era figlio di Ares, Regina di cognome faceva Smith ed era una ex maga della Casa della Vita, Hazelle era cognominata Fay, Mister Muscolo si chiamava Mortimer McDonn, figlio di Bia (dea della violenza), la castana era Gaia Lessing, figlia di Demetra.

Dopo la serie rituale di presentazioni e strette di mano, Setne decise di non perdere ulteriore tempo e ci spiegò nei dettagli il nostro compito.

“Il mestiere della spia non ha bisogno di tante spiegazioni: dovrete semplicemente essere i nostri occhi e le nostre orecchie al Campo. Riferiteci tutto quello che vi pare importante, dalle decisioni strategiche – soprattutto quelle – alle comunicazioni degli dei, e anche ai dettagli del carattere dei nemici che più vi sembrano rilevanti. Dovrete imparare come si fanno previsioni anche in base a quelli. Non c’è nulla di troppo complesso, a patto che siate capaci di recitare bene e ponderiate tutto quello che dite per evitare scivoloni”

Facilissimo, sì, e infatti qui Penelope mi indirizzò un’occhiata scettica. Risposi guardandola male. Colpa sua, se all’improvviso eravamo diventati le versioni per poveri di 007. O almeno lei, io avrei anche potuto calzare al ruolo della spia.

“Ho pensato a un modo piuttosto insospettabile per permettervi di comunicare con noi” continuò il fantasma. “Si tratta di un piccolo incantesimo che vi inscriverò addosso – vi assicuro che non si vedrà – e che vi consentirà di entrare in contatto mentale con il sottoscritto. Una sorta di telepatia a distanza, se preferite. Basta che non vi facciate beccare mentre la usate. Fate attenzione, inoltre, perché non ne sono sicuro, ma potrebbe interferire con quei vostri amuleti … egizi, per potenziare la magia. Perché li portate?”

“Ce li hanno dati alla Casa” risposi subito.

“Potenziano la nostra magia. Volevano che fossimo in grado di fare il viaggio nell’ombra per prendere la corona” contribuì Penelope.

 “Capisco” fu tutto il commento di Setne. Iniziavo a odiare quelle situazioni in cui non capivi se ti credessero o meno.

Luciano intervenne con un nuovo colpo di tosse. “Chiedo scusa, ma credo sia il caso di far partire costoro per il Campo il prima possibile. Un eccessivo ritardo a spedirli dove devono stare sembrerebbe sospetto, da arte della Casa della Vita”

“Hai ragione, Luciano” concordò Setne. “Dakao? Un nuovo portale, grazie!”

Io guardai il gruppo un po’ sorpreso dal fatto che ci mandassero subito via così, ma poi mi diedi dello stupido. In effetti, non sarebbe stato moto ragionevole lasciarci lì a fare amicizia. Peccato, non ero neanche riuscito a scambiare due parole con Hazelle. Magari ci sarei riuscito in un secondo momento.

“Su, muoviti!” sibilò quell’insopportabile ragazza che mi ritrovavo per compagna di avventure. L’ennesimo portale sabbioso ci stava davanti. Rivolgendo i miei saluti a tutti, vi entrai.

Almeno adesso, pensai, avrei potuto parlare a quattr’occhi con Penelope … e dirle esattamente cosa pensassi di lei e delle sue idee assurde.

 

 

Ringraziamenti:

Dreamer_10: Grazie per il commento, non sai quanto mi abbia tranquillizzata sapere di non aver fatto incoerenze o errori troppo gravi. Mi ha fatto davvero molto piacere leggere la tua recensione. Grazie davvero!

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

la situazione dei nostri eroi si sta facendo sempre più incasinata, come avete potuto vedere sopra. E vi assicuro che questo loro triplo gioco causerà a tutti un bel po’ di problemi. E ora, spoiler! Nel prossimo capitolo, Penelope spiegherà le sue ragioni, i due dovranno convincere tutti di essere davvero stati inviati a cercare la corona dal Nomo di Memphis, si faranno riconoscere dai rispettivi genitori in modi alquanto scenografici, e Thoth pretenderà spiegazioni.

 

 

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Capitolo 7
*** Mi rendo conto di averci messi in una situazione un po' difficile ***


                                                      PENELOPE

 

 

MI RENDO CONTO DI AVERCI MESSO IN UNA SITUAZIONE UN PO’ DIFFICILE

 

 

 

 

“Ma che cavolo ti è venuto in mente?!”

 Dato che avevamo usato un portale, nessuno svenne al nostro arrivo al Campo Mezzosangue. E ciò permise a quello stordito di Chad Mist di investirmi con tutta la sua collera.

“Ehi, datti una calmata, cos’hai che non va?” gli chiesi. Sul serio, ero, e sono tuttora, convinta che il mio piano fosse abbastanza facile da intuire.

 “Senti un po’” disse lui. “Noi ce l’abbiamo già una fazione, hai presente? E allora, che cavolo ti viene in mente di offrirti come spia al Campo per conto di quel fantasma sclerato?!”

“Parla più forte, forse qualche sordo al Campo non ha sentito” replicai io, iniziando a irritarmi.

 “Allora?” insistette lui, a voce più bassa.

“Allora, fingendo di essere dalla parte di Setne, capiremo i loro piani e sapremo sventarli meglio. E fingendo di essere dalla parte del Campo, avremo più occasioni di recuperare quella benedetta corona”

“E tu conti che quelli di Setne non si rendano conto di niente?”” replicò lui scettico.

 “Se agiremo con cautela, sì”

A dire il vero, non avevo ancora idea di come avremmo fatto ad ‘agire con cautela’, ma sperai che non lo chiedesse. Fortunatamente, si limitò a sbuffare, con l’aria ancora incredula.

“Ah, e per inciso: visto che questi piani dovrei seguirli anch’io, vorrei esserne informato e avere il permesso di dire la mia modesta opinione, se a sua signoria garba” replicò sarcastico. Ma quante storie! Io avevo semplicemente fatto la cosa migliore, non pensavo che avrebbe avuto qualcosa da opporre.

“Senti, non c’era tempo per discuterne democraticamente ...”

“E così hai deciso che la tua opinione valeva per tutti. Grandioso!”

 “Era la cosa più logica da fare!”

 “Per te, forse”

 “Be’, cos’hai da obiettare?”

“Okay, magari è anche un’idea sensata, ma stare a sentire gli altri prima?”

 “Ti ho già detto che non c’era tempo!”

“Okay, okay, ho capito, vossignoria ha sempre ragione” borbottò lui. “Adesso, se mi è concesso proporlo, direi di andare a presentarci a questo accidente di Campo”

Ciò detto, mandando allegramente a quel paese tutto quello che aveva appena detto sulla democrazia, si avviò verso un enorme pino con un vello d’oro sopra e un drago sotto senza più degnarmi di uno sguardo.

Io ero davvero innervosita. Ma tu vedi quel tipo! Che aveva da accusare tanto? Io avevo detto cose perfettamente logiche, e lui mi trattava come una mocciosa viziata. E io ero tutto, meno che quello: se la vedesse con Chelsea, piuttosto. E poi, se c’era qualcuno lì che voleva avere sempre ragione, quello era lui.

Comunque, cercai di mettere da parte l’arrabbiatura e lo seguii. Un vello d’oro e un drago sono in effetti dei bei sistemi per contrassegnare l’ingresso a un campo estivo mitologico, bisogna rendervene atto. Quell’animale ci fissò ringhiando sommessamente e sbuffando fumo, al punto che mi venne da chiedermi se non avesse capito i nostri discorsi.

Chad cercò di accattivarselo sorridendo, sollevando le mani in segno di resa e ripetendo “Ehi, calma … siamo semidei, vogliamo solo trovare un rifugio al Campo”

Probabilmente il drago decise di suo di lasciarci passare, anche se ora Chad se ne arroga il merito. In ogni caso, non appena riuscimmo a oltrepassarlo, corremmo a rotta di collo giù per la collina. E non date retta a Chad che dice di non averlo fatto: l’ho visto io.

Frenammo il nostro impeto non appena vedemmo le prime costruzioni del Campo: anfiteatri, uno strano padiglione con colonne, e un’accozzaglia di costruzioni allucinanti. Rimasi quasi senza fiato, quando mi resi conto che si trattava del luogo del mio sogno. Quel caro, vecchio sogno che non ero ancora riuscita a capire cose significasse, e che in qualche modo sarebbe stato profetico. Ma profetico di che cosa?

La prima ad avvistarci fu una ragazza dall’aria annoiata che sembrava starsi preparando per un’uscita in canoa. Si accigliò, non appena ci vide.

“Ciao. Sareste new entry, voi due?” ci chiese in tono più perplesso che amichevole.

“Esattamente. A chi dobbiamo presentarci, per essere ammessi qui?” chiese Chad.

La ragazza si accigliò ancora di più. “Ammessi? Guardate che questa non è mica una scuola privata. Se siete semidei greci, dovete venire qui. Che vi hanno detto i vostri satiri custodi?”

“Satiri custodi?” si lasciò sfuggire Chad. Io gli rifilai un’occhiataccia – poteva usare un tono meno stupito, eh.

La ragazza, comunque, sembrava sempre più perplessa e un po’ diffidente. “Ma insomma, come ci siete arrivati qui? Come l’avere scoperto, di essere semidei?”

 “Lascia perdere, è una storia un po’ complicata. Comunque, non sappiamo molto di questo Campo. Che procedure bisogna fare? Dobbiamo presentarci a qualcuno?” intervenni io.

La ragazza si strinse nelle spalle. “Di solito ci si presenta a Chirone … è il direttore del Campo, sapete. Avete presente il centauro mitologico? Lui. Solo che adesso è in riunione nella Casa Grande, non so quando la finiranno”

“C’è una riunione? E perché tu non sei lì?” le chiesi.

“Partecipano solo i capi capanna, e io non ho questo onore. E poi le convocano solo in circostanze straordinarie”

Stavo per chiedere cosa fossero le capanne e perché ci fossero dei capi, ma l’ultima parte della frase mi sembrò più interessante da approfondire.

“Straordinarie? E che cosa sta succedendo?” mi prevenne Chad, che a quanto pareva si era fatto i miei stessi ragionamenti.

La ragazza fece un gesto noncurante con la mano. “E’ un casino troppo lungo da spiegare, lo farà lui”

 Il casino, probabilmente, lo conoscevamo già benissimo, e probabilmente avevo anche appena capito il perché della riunione. Ma del resto, ero una povera semidea confusa che aveva appena scoperto tutte quelle cose, e probabilmente non aveva ancora ben del tutto chiara la situazione.

“Va bene, va bene. Puoi dirci almeno dove sia questa Casa Grande?” chiese Chad, con appena un’ombra di ironia. La ragazza, che a quel punto sembrava aver perso ogni interesse in noi e desiderare piuttosto di darsi alla sua canoa, ci diede alcune sbrigative indicazioni. Io e Chad le seguimmo, e in poco tempo arrivammo a un grande (appunto) edificio dipinto di azzurro.

Bussai, non rispose nessuno, entrammo lo stesso. Non vedemmo anima viva, ma sentimmo alcune voci piuttosto attutite. Seguendole alla meno peggio, giungemmo fino a una porta chiusa, davanti alla quale Chad propose di fermarci.

 “Non possiamo certo entrare così e pretendere che interrompano la discussione per occuparsi di noi” disse con, purtroppo, una certa logica. Tanto per fare qualcosa di utile, in ogni caso, decisi di attaccarmi alla porta per cercare di origliare, subito imitata da Chad.

Le prime frasi della diatriba le sentii bene: stavano parlando di incantesimi, e di quali fossero alla portata dei vari membri dell’esercito di Setne e quali no. Mi sarebbe tanto piaciuto seguire anche il resto, ma le conseguenze della nottata non solo insonne, ma pure decisamente movimentata, decisero di piombarmi addosso proprio in quell’istante. Mi sforzai di combatterle, chiudendo gli occhi per qualche istante, riaprendoli poi di scatto ricordandomi dove fossi e cosa stessi facendo, cercando di ritrovare il filo del discorso, e poi finendo per chiudere gli occhi di nuovo.

Questo si ripeté per quattro o cinque volte: poi mi addormentai definitivamente. Feci male, perché ne ebbi in cambio il peggior risveglio della mia vita: ovvero, una porta in faccia.

“Ehi! Ma cosa c’è qui dietro …” sentii protestare, poi alle mie orecchie da persona ancora stordita dal sonno giunse un urlo micidiale.

“Voi due?!” gridò una voce femminile che mi sembrava di ricordare vagamente. Tornando presente a me stessa, sollevai lo sguardo e mi trovai davanti la ragazza bionda e liscia, la stessa che avevamo incontrato poche ore prima al museo. Mi rialzai goffamente, mentre un ragazzo meticcio comparso alle spalle della ragazza la interrogava sulla nostra identità.

“Fanno parte dell’esercito di Setne” rispose lei.

“Cos … ma non è vero!” protestò Chad, anche lui col tono di uno che si era appena svegliato. La cosa buffa era che, tecnicamente, quello che lui aveva appena detto era vero.

“Certo. Avete cercato di impedirci di prendere la corona, ma non siete nostri nemici. Logico” replicò la biondina.

“Che cosa succede qui?” chiese una voce molto più adulta dall’interno della stanza.

“Ci sono dei membri dell’esercito di Setne fuori dalla porta” rispose qualcuno. Alcuni, tra cui il ragazzo meticcio, tirarono fuori delle armi. Oh cavoli, non avevano intenzione di ucciderci lì sul posto senza neppure starci a sentire, vero?

“Ehi, calma!” disse Chad, alzando le mani in segno di resa.

“C’è stato un malinteso” asserii io, imitandolo. Loro parvero perplessi per il nostro contegno, ma ci fecero entrare nella stanza e sedere su un paio di sedie libere. Tutto tenendoci sotto tiro con le armi, chiaramente.

 “Che malinteso ci sarebbe stato?” chiese la ragazza bionda riccia.

“Ci ha mandati la Casa della Vita …” esordì Chad.

“Impossibile” replicò una ragazza del tutto sconosciuta, una dall’aria decisamente araba, con i capelli neri e gli occhi ambrati. “Sono state scelte Annabeth e Sadie, per questa missione. Se avessero voluto mandarci voi, lo avremmo saputo”

 “E voi avete fatto sapere a tutte le sedi della Casa della Vita che ci sareste andate voi?” ribattei. Cercavo di non darlo a notare, ma ero tesa come una corda di violino. Se la ragazza avesse risposto affermativamente, saremmo stati fregati. Era una bugia piuttosto debole, quella che ci eravamo scelti. Mi rendevo conto in quel momento che la situazione era piena di rischi e possibilità che non avevo calcolato. Ero così preoccupata che una minuscola parte del mio cervello si spinse perfino a concordare con Chad.

Grazie a tutti gli dei di tutti i pantheon possibili e immaginabili, la ragazza esitò leggermente. “Al Primo Nomo lo sapevano di sicuro”

“Ci hanno mandati quelli di Memphis” asserì Chad.

“E perché l’avrebbero fatto?” chiese la ragazza bionda e riccia, l’altra che era stata a recuperare la corona.

“Non ne abbiamo idea” risposi io. “Ci hanno solo detto che eravamo semidei greci, e che ci avrebbero portati in un luogo sicuro, ma prima avremmo dovuto compiere una missione per loro. Non so perché abbiano scelto proprio noi, credo volessero acquistare più credito”

Tutti ci guardarono con aria vagamente scettica. Mai come in quel momento mi resi conto di quanto fosse debole quella storia. In realtà, era stata coniata per l’esercito di Setne, che non avrebbe avuto modo di controllare; ma a quelli davanti a noi sarebbe bastato mettersi in contatto con i maghi di Memphis. Dei, che sciocchezza avevamo combinato? Era impossibile uscirne bene.

“Mi sa di balla in maniera allucinante” asserì infatti la bionda liscia.

“Certo, fanno sicuramente parte di quegli stronzi di Setne” concordò un tizio muscoloso, che nessuno calcolò in minimo grado.

“Ma se stessero dicendo la verità?” meditò un ragazzo con i capelli neri.

“Percy, sinceramente, una storia così ti sembra vera?” ribatté la bionda riccia.

 “Lo è!” insisté Chad.

 “Basterebbe contattare la tradizione di Memphis” osservò un ragazzo di colore con i capelli cortissimi. D’accordo, era la fine.

“Vado a prendere le bacinelle della divinazione, voi teneteli d’occhio” annunciò il ragazzo meticcio, segnando la nostra condanna e uscendo dalla stanza. Tutti rimasero a fissarci in silenzio, chi scettico, chi arrabbiato, chi incuriosito.

Io feci del mio meglio per sembrare impassibile e sicura di me. Un atteggiamento terrorizzato sarebbe stato già una confessione. Dovevo pensare a cosa fare una volta che il ragazzo fosse tornato con la notizia che no, a Memphis non ci avevano mai visti. L’unica cosa che potevo fare era negare, e la cosa avrebbe finito per ridursi a una serie di accuse di star mentendo tra noi e i maghi di Memphis. Non propriamente il massimo della vita. Allora avremmo dovuto escogitare qualche sistema per tornarcene da Thoth e riprendere la nostra missione, scordandoci dello spionaggio.

“Ragazzi, hanno ragione, la tradizione di Memphis li ha davvero mandati qui”

Questa frase, pronunciata dal meticcio di ritorno, mi fece balzare il cuore in gola. Com’era possibile? Stava mentendo anche lui? Perché? Non poteva fare parte dell’esercito di Setne, ce l’avrebbero detto, se ci fossero state spie oltre a noi … anzi, secondo Luciano saremmo stati gli unici adatti a tale scopo.

E allora perché quel ragazzo aveva mentito così? Cosa voleva fare? Voleva arruolarsi nell’esercito di Setne? Saremmo finiti in una serie di casini ancora più grandi? La notizia avrebbe dovuto farmi sentire sollevata, in realtà iniziavo a sentirmi nel panico. Non ricordavo di essere mai stata tanto angosciata, avevo la sensazione che qualcosa sarebbe andato male di sicuro, sarebbe successo un disastro …

Ero su un divano, sdraiata con i piedi sollevati. Tutti erano riuniti attorno a me, e mi fissavano sconvolti.

“Cosa … cosa succede?” riuscii a gracchiare. Mi sentivo la gola indolenzita, come se avessi appena urlato fino a scoppiare. Ma mi sentivo ragionevolmente sicura di non aver mai fatto nulla del genere.

 “Succede che il tuo genitore divino ha appena scelto un modo alquanto scenografico per riconoscerti” disse un uomo in sedia a rotelle. L’avevo già visto prima, ma non era intervenuto nella discussione, limitandosi a osservarci.

“Ti è comparso attorno un alone nero e hai cominciato a dire un sacco di cose strane …” fu più specifico Chad, intento anche lui a fissarmi attonito.

“Una profezia” dichiarò la ragazza bionda e riccia. “Hai urlato che vedevi il dio incoronato attaccato a dei fili di marionetta, e che altre marionette li tagliavano, facendolo precipitare nell’abisso”

Mi ritrovai a ridacchiare. Sarà che in quel momento ero molto scossa, ma e trovai le cose più ridicole che avessi mai sentito. “E che cosa vorrebbe dire esattamente?”

 “Questo dovresti dircelo tu” puntualizzò lei.

“Io? Non mi ricordo niente di quello che è successo? … E pensi che stia mentendo anche su questo?” soggiunsi. La ragazza mi scoccò un’occhiata indispettita.

“Nessuno vi accusa di niente” affermò l’uomo in sedia a rotelle. “La vostra innocenza è più che dimostrata. E so bene che tu non ricordi niente delle tue visioni. A Moros piace fare questo scherzetto ai suoi figli”

Moros? Lo aveva già nominato Thoth come mio possibile padre, quando mi aveva detto che avrei potuto avere il dono della profezia. A quanto pareva, ci aveva visto giusto in entrambi i casi. E bravo il dio della sapienza.

 “Chi è Moros?” chiesi, ricordandomi che dovevo fingere di non aver mai parlato con nessun dio egizio.

“E’ il dio del destino avverso. Onnipotente e onnisciente. Zeus stesso lo teme”

Oh, questo non lo sapevo. Chissà che tipo era mio padre.

“Potrebbe essere inteso come dio della sfiga?” chiese la bionda liscia.

“Sadie!” la riprese il meticcio.

“A dire il vero credo che tu abbia perfettamente ragione” dissi a Sadie.

“Visto? Io ho sempre ragione” disse lei, indirizzando un sorriso soddisfatto al meticcio.

 La bionda riccia, intanto, non aveva smesso mezzo secondo di fissarmi con sguardo penetrante. “I tuoi poteri non si fermano qui” asserì. “Quando ti auguri che qualcosa di male accada a un tuo avversario, succede”

 “E’ vero” ammisi. “Scusate per quel monumento addosso”

Questa mia uscita provocò qualche risatina nervosa sparsa. “Decisamente il dio della sfiga” commentò Sadie.

Seguì un silenzio abbastanza imbarazzato. Ebbi il forte sospetto che tutta quella gente non sapesse bene come trattarci, date le ‘peculiari’ modalità del nostro arrivo. Io ero troppo occupata a pensare alla mia profezia per cercare di risolvere la situazione. Il dio incoronato … mi sembrava ovvio che la corona fosse quella di Tutmosi. Ma chi sarebbe stato il dio incoronato? Setne riuscito a divinizzarsi? Qualcun altro? E poi, se le figure che avevo visto sembravano marionette, chi sarebbe stato il burattinaio?

Ci pensò Chad a sbloccare la situazione, o meglio, a ciò provvide una specie di bastone nero che comparve sopra la sua testa, roteandovi per qualche istante prima di sparire.

“Thanatos?!” mormorò sbigottito Chirone.

“Cos’è successo?” chiese Chad per tutta risposta.

“E’ vero. E’ identico” osservò il ragazzo dagli occhi verdi.

“Sei stato appena riconosciuto anche tu” Chirone fornì una spiegazione un po’ più chiara al mio compare. “Tuo padre è Thanatos, dio della morte. E’ incredibile, finora non avevamo mai avuto notizia di figli suoi”

Naturalmente Chad l’aveva già saputo da Thoth, ma lo stesso doveva simulare una reazione adeguata (insomma, non credo che scoprire di essere figli della morte sia il massimo della vita …). Ci riuscì malissimo, borbottando un “Oh” che in assenza di altre idee fu interpretato come un segno di sbigottimento. Bene, e dopo sedici anni i nostri cari padri avevano deciso che massì, tanto valeva la pena di riconoscerci, non costava nulla. Commovente.

Fortunatamente, le espressioni irritate che probabilmente entrambi assumemmo per un pensiero simile furono giudicate più che normali, e si ritenne che ora che le controversie sul nostro arrivo erano state risolte, non c’era motivo per non trattarci come qualsiasi altro semidio appena arrivato al Campo. Il che significa, come saprete benissimo tutti, che Chirone convocò il tizio dall’aspetto più incredibile che avessi mai visto, con occhi sparpagliati in ogni dove, e da lui ci fece condurre a guardare un filmato di orientamento sulle attività del Campo.

Traduzione: ci spedì a guardare filmini di semidei che andavano in canoa e sventravano mostri, sorridendo felici, anziché lasciarci tranquillamente intenti nella sana operazione di origliare da dietro la porta. Sono abbastanza sicura che dopo aver sentito questa parte starete tutti osannando Chirone, sbaglio?

A parte questo, non credo che sia necessario descrivervi il filmato, né le cabine, né come fummo affibbiati alla capanna undici non essendoci luoghi appositi per nessuno dei nostri genitori. Credo invece che vi interesserà maggiormente sapere come mai il Nomo di Memphis abbia retto alla nostra versione dei fatti.

Non appena fummo riusciti a isolarci un po’ dagli altri, con la scusa di esplorare meglio il Campo e in realtà per discutere di come gestire la situazione da quel momento in avanti, la risposta ci si palesò tramite un palone da basket che, piovuto dal cielo, colpì giusto in testa Chad.

“Ahia! Ma che cavolo …”

“Agh!” strillò una ‘voce’ abbastanza familiare. Sollevammo lo sguardo e individuammo Coriolanus, il babbuino di Thoth, arrampicato su una grossa pianta lì vicino. L’animale saltò giù e atterrò stranamente senza troppi problemi, allontanandosi nella boscaglia e facendoci cenno di seguirlo. Obbedimmo.

Quando fummo a una distanza ce evidentemente lui reputò sufficiente a non farci udire da orecchio umano, si voltò verso di noi ed attaccò un discorsetto con la voce di Thoth.

“Ben trovati, cari i miei agenti. Ho ritenuto alquanto interessante il modo in cui avete svolto la missione affidatavi … sì, vi tenevo d’occhio tramite Coriolanus, l’ho incaricato di comunicarmi il vostro operato. Gradirei spiegazioni su quale sia effettivamente il vostro schieramento, grazie. Tanto per sapere”

 Piuttosto chiaro il rimprovero implicito. Chad mi scoccò un’occhiata come a dire che il casino l’avevo fatto io e io dovevo spiegare tutto. Molto maturo. Comunque eseguii, tesa come una corda di violino, raccontandogli tutto quello che avevo pensato e perché l’avessi fatto. A Chad il suo infantilismo non servì così a molto, perché Thoth fu favorevolmente colpito e io ebbi tutto il merito.

 “Bene, bene” mormorò con sguardo assorto e pensoso (vi raccomando un babbuino con uno sguardo assorto e pensoso, credo che sia uno spettacolo unico). “Allora non mi sbagliavo su di voi. Siete effettivamente le persone migliori, per assolvere a questo incarico. Il modo di ragionare è proprio quello che speravo. Nulla da eccepire: continuate la missione di spie il più a lungo che potete”

Queste frasi mi diedero un tale sollievo che sulle prime sospettai che ci stesse prendendo in giro. “Sul serio?” non potei fare a meno di chiedere.

“Per caso è stato lei a far mentire la gente di Memphis?” intuì invece Chad, cosa che mi indispettì alquanto.

“Esattamente. Ho preferito tirarvi fuori dai guai, in attesa di sapere cos vi passasse per la testa. Mi sono appena reso conto di aver fatto bene”

D’accordo, e un enigma era spiegato. L’onestà del meticcio era fuori discussione. Ora, però, c’era un’altra cosa che bisognava far sapere al nostro capo.

“Poche ore fa, mio padre mi ha riconosciuta” esordii. “Aveva ragione lei, si tratta proprio di Moros. Solo che per riconoscermi mi ha fatto pronunciare una specie di profezia …”

 “Qualcosa a proposito di un dio incoronato attaccato a fili di marionetta, che veniva fatto cadere da altre marionette” intervenne Chad. L’espressione pensosa del babbuino divenne ancora più impagabile.

“Dio incoronato … potrebbe riferirsi alla corona di Tutmosi, ma non ne sarei sicuro, con le profezie non si è mai sicuri di niente. Ci sono molti altri dei, sia greci che egizi, che portano usualmente una corona. Ma nel caso si riferisse alla ‘nostra’ corona, potrebbe trattarsi di Setne una volta divenuto dio, o di chiunque altro indossi quella corona …davvero le incognite sono molte. Il mio consiglio è tenere sempre a mente questa profezia, ma aspettare di vedere come si evolvono gli eventi”

 “Agli ordini” commentò Chad.

“Bene. Altro?” chiese Thoth.

“No” fu la risposta.

“D’accordo. Allora ci terremo in contatto tramite gli amuleti …”

“Setne ci ha messo un segno sulla fronte per uno scopo simile” intervenni. “Ha anche detto che potrebbe interferire con gli amuleti …”

“Mente” replicò Thoth immediatamente. “Un qualunque suo incantesimo non può competere con un oggetto creato da un dio, e lui lo sa benissimo. Probabilmente si chiede come facciate ad avere oggetti del genere, e sono ragionevolmente sicuro che abbia delle riserve su di voi”

“Andiamo bene” commentò Chad.

“Per il momento, non ho alcun consiglio da darvi, all’infuori di quello di essere prudenti. Non dategli nessuna ragione di sospettare della vostra lealtà, capite?” Annuimmo. “D’accordo. Allora vale quanto ho detto prima: ci terremo in contatto tramite gli amuleti”

Ciò detto, il dio lasciò il suo babbuino padrone di sé. Lo deducemmo dal fatto che strillò “Agh!” e tirò il pallone da basket in faccia a Chad, prima di defilarsi.

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e questo è l’ultimo dei capitoli, così per dire, introduttivi al compito dei nostri eroi. A partire dal prossimo, infatti, inizieranno i vari scontri per recuperare quella benedetta corona, e i due dovranno affrontare meglio tutti i rischi a pericoli del fare le spie. E dunque vi lascio un piccolo spoiler: nel prossimo capitolo, Chad finirà in una pessima situazione, per colpa di Mortimer e dei figli di Hypnos.

 

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Capitolo 8
*** Del perchè i figli di Hypnos dovrebbero starsene sempre a dormire ***


                                                 CHAD

 

 

DEL  PERCHE’  I  FIGLI  DI  HYPNOS  DOVREBBERO  STARSENE  SEMPRE  A  DORMIRE

 

 

 

 

 

Dopo quella serie di giornate deliranti in cui tutto il nostro mondo era stato messo sottosopra, eravamo stati coinvolti in una missione moralmente discutibile e ci eravamo invischiati in una sorta di triplo gioco, ne seguirono diverse altre in cui imparammo un nuovo concetto di ‘normalità’.

Apparentemente, la nostra vita si era fissata nei classici binari della vita al Campo: esercitazioni, combattimenti, apprendimento del greco antico.

A dire il vero, io non sarei neppure riuscito a fare tutte quelle cose, se non fosse stato per Walt. Gli doveva essere giunta in qualche modo la voce del perché portassi quelle bende alle mani, e si era affrettato a trovare un modo di aiutarmi. Mi rivelò di essere ospite del dio Anubi, lo stesso che aveva causato tanti problemi a Dakao, che anche lui aveva il mio stesso potere, e che effettivamente anche lui aveva trovato delle difficoltà agli inizi.

A suo dire, dipendeva tutto da una faccenda emotiva: quei poteri rispondevano alle mie emozioni. Evidentemente, durante l’attacco dello zombie (che i seguito, scoprii, era classificato come Lestrigone) ero rimasto così sconvolto che il mio potere si era destabilizzato. Mi serviva molta concentrazione, per riportare le mie mani alla normalità e imparare a evocare quell’abilità solo quando ne avessi avuto bisogno. E qui ti ringrazio di nuovo, Walt, e in tutta sincerità, perché veramente non me la sarei mai cavata senza il tuo aiuto.

Una volta tornato ad avere delle mani normali e non avendo più bisogno di girare bendato come una mummia, stabilii una nuova routine e una serie di nuove interazioni al Campo. In particolare, mi sforzai di imparare a maneggiare quei benedetti coltelli: di scegliere un altro tipo di arma non se ne parlava, ormai mi ero affezionato a quegli affari, e mi piaceva l’idea di combattere lanciando coltelli.

Questo, però, comportava il fatto che dovessi usufruire di un bersaglio, e gli unici disponibili erano quelli del tiro con l’arco. Mi ritrovai così in una faida con un gruppetto di figli di Apollo, capitanati da Austin Jersey, che si lamentavano di quest’uso a loro dire improprio. In realtà non ce l’avevano tanto per il bersaglio quanto con me in persona: come scoprii grazie a Jersey, tra i nostri padri c’era una forte antipatia (dio della morte e dio della medicina, effettivamente ha un suo senso) e noi avremmo dovuto perpetrarla in perfetto stile mafioso.

A me sinceramente non importava un fico secco delle antipatie di Thanatos, tanto più che sospettavo stesse antipatico praticamente a tutti, ma a quanto pareva quelli ci tenevano molto, quindi per farli contenti finii per usarli in sostituzione al bersaglio ogni qualvolta li vedevo avvicinarsi. Loro facevano lo stesso con i loro dannati archi. Naturalmente voi questo lo sapete già, ma lo racconto per smentire ancora una volta Jersey: a lui non stavo antipatico fin dall’inizio perché ‘aveva il sentore di qualcosa di equivoco in me’, come adesso va strombazzando ai quattro venti: era tutta quella questione di pseudo mafia. Poi, naturalmente, c’è da dire a merito della discendenza di Apollo che qualcuno di loro se ne fregava altamente e mi ignorava del tutto, non sono così lanoso da fare di tutta l’erba un fascio, intendiamoci.

Anche Penelope, malgrado il lieve ostacolo del suo pessimo carattere, era riuscita a crearsi una routine e una, chiamiamola così, via sociale. Anche lei aveva iniziato ad allenarsi come combattente, visto che, come perfino lei concluse, sarebbe stato un peccato non far fruttare una spada particolarmente potente e rimasta fuori dai giochi per un sacco di tempo. Intanto, strinse una sorta di amicizia con Sadie Kane, visto che di carattere erano abbastanza simili … sì, lo so che ora Sadie negherà sdegnata. Ma per certe cose, avete comunque un carattere simile.

Tramite lei, conobbe anche il fratello, Carter, e la sua ragazza Ziah. Finora, con noi gli egizi erano stati i più ben disposti a fare amicizia; non che voi greci foste scostanti, ma almeno all’inizio la vostra era più che altro cortesia. Mi ricordo ancora di quando Percy era venuto a trovarci, poco dopo la fine della riunione il primo giorno, per sapere come stessimo lì. Molto gentile da parte tua, Percy, lo dico sul serio. Annabeth, al contrario, non sembrava interessata ad ulteriori comunicazioni con noi, anche se non ebbe mai un atteggiamento ostile.

Più interessati sembravano i semidei legati al mondo degli Inferi come noi, che infatti si riducevano a Nico e alla sua sorella Romana Hazel. Quest’ultima, devo dire, ci fece uno strano effetto all’inizio, per l’aspetto e il nome simile ad Hazelle (di carattere, scoprimmo invece più tardi, era tutto l’opposto). E poi, per me, c’erano i figli di Hypnos.

Questi ultimi sentirono dire di me il primo giorno del mio arrivo, e il quarto qualcuno fu sveglio abbastanza da realizzare completamente la notizia. A quel punto, mentre per ad allenarmi con i coltelli, mi si presentarono davanti in massa, estremamente incuriositi dal sottoscritto. Fu un incontro un po’ spiazzante, perché continuavano ad addormentarsi davanti a me; ma tra un sonnellino e l’altro, riuscii a svegliarne abbastanza da scoprire che fossero figli del dio del sonno, e che fossero piuttosto interessati a me, in quanto i nostri padri erano fratelli gemelli. Bene, a quel punto avevo capito che la cosa più importante per la vita sociale, lì al Campo, era sapere chi fosse figlio di chi.

Nonostante quello strano esordio, riuscii ad affezionarmi a quelle sottospecie di lobotomizzati. Forse perché non avevo mai avuto dei parenti così stretti, forse perché con quella mania di addormentarsi dovunque e in qualsiasi situazione, che li esponeva tra l’altro a tutti gli scherzi di chiunque ne avesse voglia, mi facevano un po’ pena, fatto sta che iniziai ad avere più contatti con loro che con chiunque al Campo … eccettuata naturalmente Penelope, per ovvi motivi.

Oltre a tutto questo, in quei giorni riuscimmo ad avere qualche notizia di quello che era successo a chi aveva fatto parte della nostra vita prima che finissimo in quel casino. Per quanto riguardava me, la vicenda non aveva fatto molto scalpore, il che dimostra quanto poco ne capiscano i giornalisti. Ebbi solo qualche menzione in certi programmi che parlavano di persone scomparse, e scoprii che la mia clinica era stata coinvolta in un’inchiesta, per capire come mai avessero lasciato un soggetto potenzialmente pericoloso libero di aggredire un povero segretario. Se questo significava che il mio psicologo avrebbe passato dei guai, bene, ne ero contento.

Penelope, invece, a causa della sua famiglia, fece molto più scalpore. Centinaia di riviste chiesero e ottennero interviste al patrigno e alla sorellastra, che ogni volta ripetevano più o meno le stesse parole: erano sconvolti, non avrebbero mai pensato che Penny potesse fare una cosa del genere, volevano solo che tutto tornasse come prima, e sdolcinatezze varie. La madre di Penelope, invece, non parlò con nessun giornalista: pareva che fosse caduta in depressione. Penelope non ci credette minimamente.

E questa era la nostra vita ufficiale, quella che avete avuto sotto gli occhi per tutto il tempo; adesso, è il caso di rivelare i retroscena.

Nel giro di un paio di giorni, avevamo raccolto tutte le informazioni possibili sulla corona di Tutmosi: era nascosta in una stanza teoricamente segreta, ma grazie agli dei nulla è segreto per la capanna undici, ed era protetta da appositi incantesimi egizi. Da quel poco di conversazione che avevamo origliato il giorno del nostro arrivo, avevamo capito solo che era stato posto un incantesimo di fuoco, onde controbilanciare gli effetti della magia dell’acqua che Regina era in grado di praticare. E questo ci dava la ragionevole certezza che molti incantesimi protettivi fossero ad personam per i nemici del Campo … e magari noi avremmo anche potuto riuscire a prenderla.

Ma dietro ordine di Thoth, non lo facemmo: avremmo rovinato tutta la nostra copertura, e il momento migliore per farlo sarebbe stato durante un ipotetico attacco dei seguaci di Setne. A questi ultimi noi riferivamo tutto quello che potevamo scoprire sulle difese della corona, e anche, devo ammettere, sulle caratteristiche di ciascuno dei principali combattenti del Campo … voi in ascolto, in poche parole. Mi dispiace, però non potevamo fare altro.

 Generalmente comunicavamo mentalmente con Setne, cercando di non confermare in alcun modo le sue riserve sul nostro conto. A volte, però, accadeva che il fantasma convocasse delle riunioni al quartier generale, alle quali dovevamo presenziare anche noi; generalmente erano abbastanza svegli da scegliere un momento della giornata in cui la nostra assenza potesse passare inosservata.

Non so quanto riuscirete a crederci, ma durante quelle riunioni di solito non si parlava della corona: l’argomento era quello che si poteva fare per migliorare ulteriormente il mondo. Iniziammo a conoscerli meglio, durante queste riunioni, e io riuscii anche nel mio obiettivo di scambiare qualche chiacchiera con Hazelle. Scoprii così che oltre che bella era anche una persona fantastica, intelligente e spiritosa. A dire il vero, un po’ tutti lì sembravano persone a posto, con le uniche eccezioni di Mortimer, troppo stupido e violento per essere considerato passabile, e Luciano, che invece era troppo scaltro e impenetrabile, e non si capiva mai dove volesse andare a parare veramente.

Ma a parte loro, erano tutte persone oneste e fermamente convinte della bontà della propria causa … cosa che faceva un effetto un po’ strano. Non credete che (all’epoca) fossimo del tutto privi di sensi di colpa: parlando con le persone del Campo, ci sentivamo a disagio pensando che avremmo dovuto riferire tutto di loro e dei loro piani all’esercito di Setne, mentre parlando con quelli dell’esercito di Setne, ci intristiva il pensiero che avremmo dovuto rovinare i loro tentativi di migliorare l’universo conosciuto. Perché vi ricordo che alla fin fine noi lavoravamo solo per Thoth, la nostra vera fazione era quella del kosmos.

E adesso si arriva alla terza parte del nostro gioco. Sabotare piani come quello per l’esercito di Setne era una tortura per chiunque avesse un senso morale a posto, e anche con i reati tutto sommato secondari che incoraggiavamo, e con la valida giustificazione, ci sentivamo comunque estremamente in colpa.

Dato che eravamo nella capanna undici, favorire il furto era un gioco da ragazzi, anche se sulle prime li incoraggiavamo a rubare con il metodo piuttosto rozzo delle scommesse. Ovvero, noi dicevamo che a nostro parere loro non sarebbero mai stati capaci di rubare una determinata cosa, loro asserivano il contrario, noi proponevamo una piccola posta se ci sarebbero riusciti. Sì, sì, lo so che non è una bella cosa sfruttare in questo modo le persone. Ma loro avevano molte più possibilità di noi di farla franca, essendo figli del dio dei ladri. Naturalmente lo applicavamo soprattutto ai più giovani, i più anziani ed esperti probabilmente avrebbero capito che c’era qualcosa sotto. Oh dei, probabilmente sapevano anche del nostro giro, ma per ragioni loro se ne stavano zitti. Devo dire che non l’ho mai capito.

La nostra seconda attività principale era il vandalismo, e per quella bisognava esporsi in prima persona. Non era particolarmente difficile: dopo aver trovato il modo di superare la parte più problematica, ovvero sparire dal Campo senza che qualcuno se ne accorgesse, bisognava solo recarsi nei luoghi più periferici e malfamati della città, trovare qualche gruppo di teppisti annoiati, e proporre di andare a rigare qualche auto, o a spaccare qualche vetro, o a fare una bella rissa con qualche loro gruppo rivale. Sembrano semplici bravate, ma non avete idea dei loro effetti: quei tizi si sentivano forti a farle, e le ritentavano con sempre maggior frequenza, anche quando noi non c’eravamo. Probabilmente in quel periodo abbiamo creato un piccolo allarme delinquenza da quelle parti.

E a questo punto, suppongo di avervi scandalizzati ormai abbastanza, dunque si può riprendere con la narrazione delle vicende che riguardano la corona. La storia si sposta, a questo punto, alla notte del tredici ottobre, che credo vi ricorderete tutti benissimo.

Quella sera c’era in programma, per noi, una delle riunioni dell’esercito di Setne di cui ho parlato sopra, a quanto avevamo capito per discutere del finanziamento di un centro di ricerca contro il cancro. Bene, non era quello il genere di cose che avremmo dovuto sabotare, per fortuna. Fatto sta che avremmo dovuto aspettare fino al ragionevole orario delle due di notte, per dare gentilmente il tempo all’intera capanna undici di addormentarsi e di non accorgersi della nostra assenza.

Questo risultato, forse, poteva essere raggiunto anche molto prima, non fosse stato che un’improvvisa luce e un ancor più improvviso chiasso da una delle capanne vicine svegliò tutti. La capanna fu un risuonare di mugugni assonati.

 “Ma chi è che rompe a quest’ora … e che due, ma la vogliono spegnere quella luce? … cioè, possibile che non permettano a noi di stare svegli tutta la notte, e quello si mettono a fare tutto ‘sto casino? … ma insomma chi è? … Oh, dei, non ci crederai mai … sono quelli di Hypnos!”

“Eh?” chiesi io a questo punto, avvicinandomi a una delle finestre per guardare meglio la capanna diciassette. Era inconcepibile, ma la capanna illuminata e rumorosa era proprio la loro. Assolutamente incomprensibile: chi aveva mai visto dei figli di Hypnos che stanno svegli non dico di giorno, ma addirittura la notte?! Ci doveva essere un’emergenza di qualche tipo.

“Io vado a vedere cos’hanno” annunciai, prima di uscire. Speravo che l’emergenza fosse l’improvvisa sparizione dei loro cuscini dovuta a qualche buontempone del Campo, ma sarebbe stato troppo semplice. Quando feci il mio ingresso nella capanna, la trovai immersa nel caos più totale.

“Dai, muovetevi, potrebbero arrivare qui da un momento all’altro!” incitava il capo capanna Clovis.

  “Ma dove le teniamo le armi di solito?” chiese qualcun altro, passando al setaccio tutta la stanza. “Voi non tenete armi qui dentro” feci notare io, catalizzando su di me l’attenzione generale.

“Chad! Ecco, adesso ci aiuti tu” dichiarò Martha, una dei ragazzi più giovani, ancora mezzo addormentata.

“No, voi ve ne tornate a dormire, perché di questo passo sveglierete tuto il Campo” mi ritrovai a dichiarare come se fossi davanti a un gruppo di bambini monelli, malgrado un paio di loro fossero anche più grandi di me.

 “Chad, qui si tratta di un’emergenza” disse Clovis nel tono più sveglio e serio che gli avessi mai sentito. “L’esercito di Setne è qui vicino al Campo, e si sta portando dietro un dragone”

“Che?!” fu la mia intelligente risposta. Io non ne sapevo niente! Dannazione, com’era possibile che quelli di Setne non mi avessero avvertito? Se avevano in mente un’invasione, tanto più con una bestia di quel genere, la cosa più logica da fare sarebbe stata avvertire me e Penelope, in modo che eliminassimo tutti gli eventuali ostacoli!

“Clovis li ha visti in sogno” spiegò Julian, il più grande della capanna dopo Clovis. “Stanno passando proprio qui, vicino alla baia, con un dragone enorme. E sai che i nostri sogni sbagliano molto di rado”

Era vero: i figli del dio del sonno potevano vedere qualunque cosa in sogno. Erano molto più utili di Penelope con i suoi sogni incomprensibili, per inciso.

 “E va bene, mettiamo che l’abbiate vista giusta … cosa contate di fare?” chiesi. Qui più che altro la questione era cosa dovessi fare io: dovevo anzitutto accertarmi che quelli di Setne ci fossero veramente, e poi gestire la situazione in modo da non scoprire nemmeno per un attimo che gioco stessi giocando. Insomma, con i sospetti che Setne poteva avere su di noi, non era il caso di scherzare.

“E lo chiedi? Avvertiamo tutto il Campo e catturiamoli!” fu a risposta di Martha. Ah, ecco una buona occasione per passare per un traditore! Insomma, anche se quelli del Campo fossero riusciti a catturare gli intrusi, il gioco mio e di Penelope sarebbe stato scoperto. Senza contare che quelli di Setne avrebbero anche potuto chiedermi di unirmi a loro all’attacco. Sempre che fosse ciò che stavano facendo, e non stessero semplicemente cercando un modo di portare un mostro, da utilizzare in seguito, alla loro base.

“Eh no, datevi una calmata” intervenni. “Okay che vi sbagliate di rado, ma se fosse stato davvero un sogno? Finireste per svegliare l’intero Campo a quest’ora per niente. Non aumenterebbe molto la vostra popolarità”

“Non è che abbiamo questa gran vita sociale …” obiettò Julian, come a dire che non avevano nulla da perdere.

“Non ti ricordi quella volta che vi hanno caricati sulle canoe mentre dormivate, e spediti al largo? Non fosse stato per Percy, a quest’ora sareste ancora lì. E in quella stazione non avevate fatto niente. Ci tenete a fare arrabbiare soggetti con questa nobiltà d’animo?”

 Ero sicuro di aver toccato il tasto giusto. I figli di Hypnos, ovviamente, non gradivano gli scherzi di cui erano vittime. Facevano di tutto per evitare che qualcuno si infilasse nella loro capanna senza che loro lo sapessero. Normalmente io davo loro una mano, ma in quest’occasione questa loro, chiamiamola così, fobia mi tornò molto utile.

“E allora cosa vorresti fare?” chiese Alicia.

“Perché non facciamo noi una specie di sortita?” proposi.

 “Perché ci sono le arpie” notò con una certa logica Martha.

“In tal caso spiegheremo loro come stanno le cose. Se insistono nel volerci attaccare, faremo tanto casino da tirare in piedi tutto il Campo. Non credo proprio che Chirone vorrà farci morire tutti. E poi ho i miei coltelli” Effettivamente prima di uscire mi ero preso la mia famosa giacca. Ormai la portavo sempre, quindi era stato un gesto automatico. Non sono mai inutili, i gesti automatici.

“Okay …” mormorò Clovis, ancora dubbioso.

“Bene. Su, andiamo a controllare. In che punto sarebbero esattamente quei tizi, secondo il tuo sogno?”

Clovis, mai molto pratico con i nomi dei luoghi del Campo per il tempo trascorso a dormire, preferì guidarci direttamente lì, il che escludeva la possibilità che potessi portarli direttamente tutti con il viaggio nell’ombra. Era fuori dai confini, dunque non avremmo potuto contare sulla protezione magica. Giuro che, causa la preoccupazione del momento, mi dimenticai completamente di Penelope. Me ne ricordai naturalmente a metà tragitto, e allora sarebbe stato strano tornare indietro a prenderla.

Scarpinammo per un bel pezzo, e stavo iniziando a suggerire ai miei cugini che forse era stato proprio un sogno normale, e che la spiegazione stava nel loro timore inconscio di un invasione, quando sentimmo una specie di mugghio.

“E’ il dragone!” sibilò Clovis, mettendosi a correre (cosa che non sapevo neppure fosse capace di fare) nella direzione del suono. Io e i suoi fratelli lo seguimmo a ruota. Fantastico, avremmo dovuto affrontare veramente uno scontro. E avrei dovuto anche proteggere i miei cugini. Se non avevano allertato il Campo mettendosi in una situazione di maggior sicurezza, era colpa mia, dunque ero responsabile per loro. E poi non li avrei lasciati morire in ogni caso.

“Oh, buonasera. Qual buon vento ti porta fuori dai sicuri confini del Campo?” chiese una voce dall’ormai familiare accento italiano.

“Lascialo stare!” strillò Martha, dirigendosi verso il punto dove era sparito Clovis. Li raggiungemmo tutti dopo qualche istante, e lo spettacolo che ci trovammo davanti mi fece tirare qualche accidente mentale.

La scena era dominata da un immenso dragone, un biscione lungo quattro metri e che si dimenava soffiando a più non posso, il muso trattenuto da una specie di assurda museruola formato gigante, a cui qualcuno aveva applicato una targhetta a forma d osso. A trattenere la museruola, c’erano quelli che poco sopra ho bollato come i peggiori soggetti dell’esercito di Setne: Mortimer e Luciano.

 L’italiano fu il primo e vedermi, e non mutò assolutamente l’espressione che stava rivolgendo a tutti gli altri. Il messaggio era chiaramente non è il caso di rivelarti. Ma il figlio di Kratos, contrariamente al suo solito, aveva dimenticato un fattore: la stupidità di Mortimer.

 Quest’ultimo, infatti, che in teoria non sapeva manco chi fossi, sgranò gli occhi e se ne uscì con un “Chad?!”

 Le occhiate confuse che ricevetti da tutti i miei cugini mi fecero arrivare a una conclusione piuttosto preoccupante, ovvero: ero completamente fregato.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ed ecco uno dei nostri eroi in una situazione non del tutto amena, a causa del suo triplo gioco. Come se la caverà, secondo voi? Be’ questo verrà detto tra un paio di capitoli. Nel prossimo, invece, sarà narrao un fuori programma alla riunione, questa volta per colpa di Hazelle, che rischierà di avere conseguenze piuttosto pericolose.

 

 

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Capitolo 9
*** Hazelle combina un gran casino ***


                                                        PENELOPE

 

 

 

                HAZELLE  COMBINA  UN  GRAN  CASINO

 

 

 

 

 

S’era dimenticato, quella cima. Certo, come si fa a dimenticarsi della persona con cui sei impegnato in un assurdo gioco che potrebbe essere scoperto da un momento all’altro, e andartene all’avventura con i cuginetti senza dire niente? Che razza di idiota.

E io l’ho anche aspettato per parecchio. Solo che a un certo punto lui non tornava, i ragazzi della undici avevano perso interesse ai movimenti dei figli di Hypnos e si erano riaddormentati, e l’ora prefissata per la riunione era passata da circa un quarto d’ora. Avessimo tardato ancora, l’esercito di Setne avrebbe iniziato a chiedersi che fine avessimo fatto.

 E così, mi rassegnai a fare il mio viaggio nell’ombra e ad andarmene senza di lui. Casomai ci avrebbe raggiunti dopo. La mia uscita improvvisa fuori dalle tenebre fece prendere un colpo a Gaia.

 “Mamma mia! Meno male che sei tu” commentò lei.

“E chi ti aspettavi?” replicai. “E poi scusa, non ti sei ancora abituata?”

 “Alla gente che salta fuori dal nulla? No” ribatté asciutta lei, come se il mio commento l’avesse in qualche modo urtata. Ma non l’avevo certo detto in modo offensivo! Che permalosa.

 “Comunque, è già iniziata la riunione?” le chiesi mentre ci avviavamo verso la sala deputata alle dette riunioni.

“No, stavamo aspettando voi. E anche Luciano e Mortimer tarderanno un po’. Ma che fine ha fatto Chad?”

“Non lo so nemmeno io” confessai. “E’ andato a controllare alcuni figli di Hypnos che stavano facendo casino, è uscito dalla cabina insieme a loro e non è più tornato. Alla fine ho preferito venire qui da sola, visto che se aspettavo lui non saremmo mai venuti”

“E non potrebbe essergli successo qualcosa?” replicò Gaia guardandomi con tanto d’occhi. Cavoli, a quello non avevo pensato. Avevo considerato tutto, meno che un potenziale pericolo di Chad. Ma che pericolo poteva trovare al Campo? Le arpie forse? Ma in quel caso sarebbero stati in troppi, quelle bestie non sarebbero mai riuscite a far fuori una cabina intera più uno.

 Che poi, perché erano usciti tutti dalla cabina, anche se sapevano della sorveglianza notturna? Non ci avevo pensato, mi ero limitata a imprecare mentalmente contro di loro per il ritardo. Perché quelle cose dovevano venirmi in mente solo quando me le faceva notare qualcuno? Dovevo prendere in considerazione tutto, se volevo riuscire a fare la spia.

“Non credo proprio” risposi a Gaia, che non smetteva di fissarmi come se fossi appena piovuta dalla luna. “Probabilmente è uno dei problemi dei suoi cugini, e i figli di Hypnos non sono i tipi che si mettono tanto nei casini”

Gaia mi indirizzò un’occhiata scettica, poi alzò gli occhi al cielo e bofonchiò qualcosa di indistinto.

 Percorremmo nel silenzio tutto il tragitto fino alla sala delle riunioni. Come aveva già accennato Gaia, c’erano già tutti, tranne Mortimer, Luciano e, ovviamente, Chad. Chissà cos’erano andati a fare i primi due.

Era presente anche Setne, che quella sera aveva un’aria particolarmente entusiasta. Perché? Doveva bollire in pentola qualcosa di grosso. Forse aveva scoperto l’autore di un delitto particolarmente efferato, o individuato una clinica con buona possibilità di trovare una cura contro il cancro. Non il genere di cose contro cui io e Chad dovevamo opporci, in ogni caso.

Il mio ingresso fu accolto da vari saluti, e qualche domanda su dove fosse Chad. Lo chiese anche Hazelle, cosa che suppongo gli avrebbe fatto molto piacere. La risposta che diedi sembrò convincente ad alcuni, altri, tra cui Dakao, ebbero la stessa reazione di Gaia. Secondo me, la stavano facendo troppo lunga per una cosa da niente.

Le occhiatacce però non durarono molto a lungo: per qualche motivo, l’attenzione generale sembrava calamitata su Hazelle (sì, anche più del solito). O per essere più precisi, lo era l’attenzione dei due maschi più grandi presenti in sala, e l’attenzione delle femmine era calamitata sul loro strano comportamento.

Setne, che di solito non si era mai spinto oltre a chiamare ‘bambola’ qualcuna di noi, nel perfetto stile di qualcuno che si sforza di fare il figo, quella sera era molto più disposto alla conversazione con quella particolare ragazza, e non le risparmiava battutine spiritose.

Dakao, il cui atteggiamento mi sorprendeva molto di più, perché fino ad allora era rimasto del tutto indifferente al fascino di Hazelle, manifestava questa sua attenzione in una serie di premure. Era esonerato Calvin, per fortuna, probabilmente a causa dell’età.

Hazelle, dal canto suo, sembrava perfettamente a suo agio in quella situazione. Rispondeva con un buon senso dell’umorismo alle battute di Setne, e con sorrisi affettuosi alle cortesie di Dakao.

Nel frattempo, nessuno compariva, e la riunione non iniziava. Noialtre avevamo anche smesso di chiacchierare, troppo perplesse per la scenetta di Hazelle.

Considerando quanto nel frattempo stava accadendo a Chad, Mortimer e Luciano, non ho idea di come sarebbe andata a finire se le cose fossero continuate in quel modo. Ma tutto quel teatrino ebbe un’inaspettata quanto sgradevole interruzione. Pian piano, iniziò a diffondersi nella stanza una puzza micidiale, veramente l’odore peggiore che si potesse concepire. La cosa che vi si avvicina di più è un cadavere fatto a pezzi molto piccoli, impacchettato in calzini sporchi, e il tutto lasciato in immersione nel letame per un giorno. Veramente una cosa da voltastomaco.

 Oltre a lamentele e imprecazioni, però, ci sorse anche il legittimo dubbio: da dove diavolo veniva? La risposta, a giudicare da quanto era sbiancata, sospettai avesse qualcosa a che fare con Hazelle.

 “Scusate, ragazzi …” esordì lei, guardando con aria lievemente imbarazzata i suoi spasimanti. “Vi dispiacerebbe uscire un attimo? Vorrei vedere se io e le ragazze siamo in grado di fare qualcosa per questo odore tremendo”

I ‘ragazzi’ obbedirono immediatamente, senza nemmeno fare domande, e Calvin li seguì. Noi ragazze, dato che nessuna del gruppo era scema, guardammo tutte Hazelle con aria gelida.

“Fay, cos’hai combinato?” le chiesi io.

Lei sospirò profondamente. “Ragazze, mi dispiace, ma temo che questo odore venga da noi”

 “Che?!” fu la reazione di Gaia. “Ma io mi sono fatta la doccia due ore fa! Che razza di trucco è questo?”

“Una maledizione di Afrodite” replicò Hazelle, sembrando insolitamente a disagio. Devo ammettere che un po’ ci godetti, anche perché la scoperta di essere io ad avere addosso quell’odore schifoso non mi aveva esaltata particolarmente. “Ne pose una alle donne di Lemno, nei tempi antichi, perché avevano rifiutato il suo potere. Andò a finire che i loro mariti le rifiutarono e loro per vendicarsi li massacrarono tutti, ma questa è un’altra storia. C’è lei comunque, dietro a tutto questo”

“Quindi sa chi siamo e dove ci troviamo?” meditò Regina. “In quel caso non sarebbe stato meglio dire a Zeus dov’eravamo, così che ci fulminasse tutti?”

“No, non sa nessuna di queste cose” rispose Hazelle, sempre più a disagio. “In un certo senso è stata colpa mia”

Si alzò e si tolse dalla vita una cintura che fino ad allora non le avevo mai visto addosso. Non ero una grande eserta di moda, ma chiunque avrebbe ammesso che era davvero splendida: una sorta di fusciacca di stoffa, dai colori cangianti e lucenti e dall’aria così leggera da essere quasi impalpabile. Io sulle prime non capii, e così Regina; ma Gaia sgranò gli occhi inorridita.

“Hai rubato la cintura del desiderio?!” chiese.

 Hazelle sorrise mesta. “Speravo che sarebbe stata una buona arma, avrei potuto usarla per corrompere qualcuno dei nostri nemici. L’ho indossata stasera per fare una, diciamo, prova generale”

Io e Regina ci scambiammo un’occhiata confusa, e alla fine sbottai. “Ehi, un momento, noi non ci stiamo capendo niente. Cos’è questa cintura?”

“Un oggetto magico che, se indossato, fa innamorare chiunque del suo proprietario” replicò Gaia, guardando male Hazelle. “E’ intessuta con tutti i trucchi dell’amore: chiacchiere, scherzi, tenerezza e altre cose su cui è meglio sorvolare. E non so come, questa svegliona è riuscita a fregarla ad Afrodite, sua legittima proprietaria. Adesso mi spiego cos’avessero i maschi di tanto strano oggi”

“E quindi Afrodite ha scoperto il furto ha maledetto tutte noi?” ricapitolai.

“E che c’entriamo? Perché non Hazelle e basta?” protestò giustamente Regina.

“Per i greci le cose funzionano in questo modo” rispose Hazelle, imbarazzata com’era giusto che fosse. “Per la colpa di uno solo, puniscono tutta la sua comunità”

Io la guardai malissimo. Poteva pensarci prima di prendere quella cintura! E poi, che bisogno ne aveva? Hazelle era già di per sé una calamita per i ragazzi. A dire la verità, probabilmente era più affascinante che bella. Chad, che l’ha descritta la volta scorsa, credo fosse troppo occupato a guardarle la camicetta per notare che aveva il naso piuttosto schiacciato, il che non donava particolare grazia al suo viso.

Però aveva cervello, istruzione, senso dell’umorismo e maniere piuttosto provocanti, senza mai scadere nella volgarità. Tutto questo esercitava un fascino pazzesco sui maschi, di qualsiasi età, razza e livello ormonale, e quella non era il tipo di ragazza che veniva dimenticata una volta ottenuto ciò che si voleva da lei.

E con tutto questo, non ero affatto sicura che il suo scopo fosse usare il fascino aggiuntivo per far perdere la testa ai nemici. Ad Hazelle piaceva essere corteggiata e ammirata. Credo che sotto l’apparente modestia e autoironia se la godesse un mondo. Non mi era ancora ben chiaro se fosse semplicemente questo piacere o desiderasse ottenere benefici particolari dai vari soggetti, ma stava di fatto che non era mai stato un mistero, per noi, il fatto che desiderasse catalizzare tutta l’attenzione maschile su di sé.

Ma rubando la cintura di Afrodite aveva decisamente esagerato: con ogni probabilità, ci aveva fatte scoprire tutte. O ci avrebbe fatte scoprire tutte, perché anche nell’eventualità che Afrodite avesse maledetto la ladra della cintura e le femmine del suo gruppo, le sarebbe bastato dire agli altri dei di stare attenti a chi avesse addosso quel fetore per farci beccare. Tutto grazie alla cara Hazelle. Stavo già considerando che genere di sfiga sarebbe stato meglio tirarle, quando Regina si decise a intervenire con un minimo di razionalità.

“E come facciamo a liberarci della maledizione?”

 “Non so se Afrodite sarà così clemente da togliercela qualunque cosa facciamo” replicò Gaia, guardando malissimo Hazelle. “Il massimo che potremmo fare, sarebbe restituirle la cintura e sacrificarle qualcosa”

“E potrebbe anche non funzionare? Fantastico!” replicai, lanciando un’altra occhiata di fuoco ad Hazelle.

 “Comunque tentiamo” rispose Regina. “Hazelle, tu dove hai preso quella corona?”

“Sull’Olimpo, nelle stanze personali della dea”

Malgrado la situazione, rimasi davvero stupita da quella risposta. Hazelle doveva aver avuto un coraggio e un’abilità incredibili, per riuscire, da membro dell’esercito di Setne, a intrufolarsi nelle stanze personali di una dea sull’Olimpo, rubare qualcosa e tornarsene indietro senza che nessuno si accorgesse di nulla nell’immediato. Riguardando ora agli eventi, la ammiro quasi; ma allora non provai altro che risentimento. Insomma, se fosse stata catturata, probabilmente gli dei le avrebbero fatto sputare tutto su di noi, e avrebbe rivelato tra le altre cose il nostro doppio gioco. Che cara ragazza!

 In ogni caso, in quel momento dovevo smetterla di arrabbiarmi e pensare lucidamente a come uscire da quella situazione. “Bene, fare la stessa cosa credo sia improponibile. Afrodite si aspetterà sicuramente qualcosa del genere e avrà piazzato dei controlli appositi. E considerato che suo marito è Efesto e che il suo amante è Ares, preferisco non sapere cose succederà a chi cercherà di nuovo di infilarsi nelle sue stanze”

“E allora cosa facciamo?” chiese Regina.

“Io suggerisco di infilarla nella capanna dei suoi figli, al Campo Mezzosangue. La riporteremmo comunque in un territorio consacrato a lei, no? E a quel punto ci penserebbero i suoi bambini a ridarle la cinturina”

“Oppure impuzzolentiremmo tutta la capanna” considerò Gaia. “E poi, come entriamo? Noi siamo nemiche del Campo, non possiamo passare i confini”

 “Ma una persona del Campo può autorizzarvi a entrare” feci notare io. “E io sono una persona del Campo fino a prova contraria”

“Se ne rederanno conto” Hazelle uscì dal suo imbarazzo, non so fino a che punto genuino, per fare un’osservazione piuttosto preoccupante. “Capiranno che ci ha fatte entrare qualcuno del Campo”

 “Ma Afrodite non può sapere che sei stata tu” notai. “Forse sospetta che l’abbia fatto qualcuno del nostro gruppo, ma non ha prove certe. Molto probabilmente la maledizione è rivolta al gruppo di cui fa parte il ladro in generale. E non c’è motivo per cui non possa averla rubata a qualcuno del Campo”

 “Be’, non so te, ma a mio parere la puzza si sarebbe vagamente notata” obiettò Gaia.

 “E si è sentita solo adesso. Il colpevole se ne sarà reso conto e avrà restituito la cintura alle persone più prossime ad Afrodite nei paraggi”

“Ma allora a puzzare non dovrebbe essere stata tutta la sua capanna?”

“Il colpevole ha pregato tutti di non dire niente e ha promesso qualcosa in cambio” risposi.

“Ogni capanna saprà che la colpa non è sua” osservò Regina.

“Ma non avranno la stessa certezza sulle altre” replicò Hazelle, togliendomi le parole di bocca.

 “Allora è deciso” concluse Gaia. “Penelope, riesci a portarci tutte al Campo?”

“Forse” borbottai, perché sebbene avessi già fatto qualche pratica nel portare la gente con me nel viaggio nell’ombra, grazie a ragazzini di Ermes nobilmente sacrificatisi alla causa, non avevo mai tentato di farlo con così tante persone.

Tanto per la cronaca, ci riuscii. Svenni, ma ci riuscii. Quando mi ripresi, dissi la formula praticamente subito, e tutte fummo dentro. Ora, la situazione sembrava stesse per andare perfettamente liscia; sembrava, appunto, perché mi ricordai di un particolare che non avevo calcolato.

 “Le arpie, maledizione!” sibilai a mezza voce, maledicendomi per la mia stupidità. “Ci saranno le arpie a controllare il coprifuoco … se ci beccano, siamo fregate”

 Le mie compagne proruppero in un vociare di commenti sussurrati.

“Be’, ormai è un po’ tardi per cambiare piano, proviamo a non farci beccare e basta”

 “Regina, ti faccio notare che puzziamo di pesce marcio!”

“Questo è un insulto ai pesci marci …”

 “Hazelle, per favore …”

“Calmati, scherzavo. Ma non abbiamo tra noi qualcuno di straordinariamente abile a portare sfortuna?”

 “Devo fare tutto io, eh?” brontolai, ancora sfinita per il viaggio nell’ombra. Mi augurai che i miei poteri sulla sfortuna non richiedessero energia, in fondo dovevo solo augurare che le cose andassero storte alla gente.

 Ci addentrammo nel Campo, con maggior sicurezza (ma neanche tanta, a dire il vero …). Grazie al nostro delicato olezzo, le arpie avvertirono immediatamente la nostra presenza.

 “Ragazzi fuori dalle cabine! E che non fanno la doccia da quando sono nati!”

“Ora!” sibilò Hazelle.

Ignorai il fastidio di farmi dare ordini da lei e sussurrai “Arpie, prendete la strada sbagliata!”

Dalla nostra posizione, riuscimmo a intravedere le sagome di quei maledetti mostriciattoli che si allontanavano verso la Casa Grande, esattamente davanti a noi. Bene il loro problema era eliminato. Avanzammo verso le cabine, sperando che l’odore non svegliasse nessuno. Già che ero lì, mi chiesi di nuovo se Chad fosse tornato dalla sua spedizione notturna con la capanna di Hypnos, e, in tal caso, se si fosse recato al rifugio di Setne. Chissà se saremmo riusciti a fare quella riunione, alla fine?

Comunque, mentre eravamo ormai al centro dello spazio comune, dirette verso la capanna dieci, sentii il grido di un arpia. “Ehi! Sono davanti alle capanne!”

 “Ma non avevi detto loro di sbagliare direzione?” sussurrò Gaia, guardandomi storto come se fosse colpa mia. E certo … io avevo fatto loro sbagliare strada, non avevo esplicitamente impedito che si girassero e ci vedessero. Fu lì che imparai quanto esattamente dovessi essere precisa nell’usare i miei poteri. Certo, però, che la nostra era Sfiga con la S maiuscola!

“Impigliatevi tutte da qualche parte e siate impossibilitate a vederci e sentirci!” sussurrai. Le arpie, che ovviamente si erano messe a volare verso di noi, finirono impigliate negli alberi, producendo un forte rumore di fronde e foglie secche. Si misero pure a strillare come delle pazze, facendoci rischiare comunque di essere scoperte.

“Okay, lasciamo perdere, cacciamo quella cintura nella capanna e filiamocela!” sibilò Gaia. Accorremmo alla capanna dieci, socchiudemmo appena la porta perché la luce non svegliasse nessuno, io appallottolai la cintura e mi esibii in un bel lancio sulla maniglia della porta del bagno.

 Improvvisamente la puzza sparì, e l’aria fu priva di odori. Sospiro di sollievo generale. Bene, ed era fatta, adesso dovevo rifare il viaggio nell’ombra e far squagliare tutte. Hazelle contemplò la cintura con rimpianto, ma le occhiate feroci che le indirizzammo le fecero passare subito tutta la sofferenza del distacco.

 Mi stavo giusto concentrando per il viaggio nell’ombra, quando sentii un ringhio sordo dietro di me. Ma ti pareva. Non era ancora finita. Come in una di quelle scene dei film horror, io e le altre ci girammo lentamente, troppo spaventate per fare movimenti improvvisi, per trovarci davanti un immenso serpente con l’aria per nulla innocua, la bocca serrata da una museruola non trattenuta da nessuno e decorata da una targhetta a forma di osso.

So perfettamente che può sembrare strano, ma ero così spiazzata che il mio primo pensiero non riguardò le mie possibilità di sopravvivenza. Piuttosto, consistette in: ‘E questo coso da dove sbuca?’

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ed ecco che, mentre Chad va a ficcarsi nei casini da una parte, Penelope lo fa dall’altra. Anche se, come probabilmente avrete capito dalla fine del capitolo, il tutto andrà a convergere in un unico, grande casino. E ora, uno spoiler sul suddetto! Nel prossimo capitolo, Chad dovrà gestire la situazione che ha precedentemente delineato, finendo per introdurre al Campo diversi soggetti poco raccomandabili.

 

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Capitolo 10
*** Il casino assume proporzioni immani ***


CHAD

IL CASINO ASSUME PROPORZIONI IMMANI

 

Okay, okay, adesso grazie a quella monopolizzatrice di attenzione di Penelope vorrete sapere cose sia successo a lei e alle ragazze di fronte al dragone. Ma prima c'era un altro piccolo problema, ricordate? Il sottoscritto con i suoi cugini davanti al dragone di cui sopra, con un bonus di due membri dell'esercito di Setne, uno dei quali aveva appena rivelato di conoscerlo. E anche se vi interessa di più sapere di Penelope, vi toccherà partire da qui, almeno per sapere come mai il dragone fosse libero.

Allora, i miei cugini si erano appena voltati a guardarmi confusi, in attesa che io tirassi fuori una spiegazione, mentre tuto quello a cui riuscivo a pensare erano imprecazioni per l'idiozia di Mortimer.

"Lo conosci?" chiese Luciano, guardandomi con distaccata curiosità, nel tentativo di tamponare i danni e di far capire a Mortimer che il suo intervento era stato pessimo. Lui, per la cronaca, non lo capì.

"Ma che, non lo vedi? E' Chad!"

Bene, adesso aveva rivelato che anche un altro membro dell'esercito di Setne avrebbe dovuto conoscermi, quando io avevo più volte dichiarato di non averli mai incontrati, se non di sfuggita al museo. Ci mancava solo che aggiungesse 'Ma sì, una delle due spie che abbiamo mandato al Campo! Lo hai proposto tu stesso!'

A giudicare dalla faccia di Luciano, lui si era appena arreso a vedere dove avrebbe portato la stupidità del figlio di Bia, per poi reagire di conseguenza, ma visto che lì ero io a rischiare il mio triplo gioco, smisi di imprecare mentalmente e nel giro di due secondi trovai la soluzione.

"Luciano Macchiavelli e Mortimer McDonn! Ma guarda un po'dove siete andati a finire! Direi che sareste dovuti rimanere all'ospedale psichaitrico ancora un po' se questi sono i risultati!" esclamai.

La mia idea era semplice e, modestamente, geniale. Lì tutti sapevano, perchè gliel'avevo detto io o per averlo letto sui giornali, che ero stato in un istituto psichiatrico. Se Mortimer e Luciano si trovavano all'improvviso ad essere due ex pazienti, sapevano almeno a cosa mi riferissi.

Luciano si aggrappò immediatamente allo spunto. "Non ne sarei così sicuro Tu ci hai passato più tempo di noi, e sei finito a farti schiavizzare dagli dei"

"E tu da Setne"

"Io uno schiavo? Trovo sempre così ridicolo che ci combattiate senza conoscere ..."

"EHI!"

Mortimer, che, avendo miracolosamente capito qualcosa della situazione, se n'era stato zitto, tornò alla ribalta. La ragione, però, non erano altri interventi stupidi: era Clovis, che, afferrato un temibile bastone da terra, si era avventato sul dragone. Il figlio di Bia aveva tentato di intercettarlo, lui gli era andato a sbattere contro, era riuscito a fare inciampare l'altro e si era allontanato in un punto più sicuro.

"Martha, vai a chiamare rinforzi!" urlò, brandendo il suo bastone contro un dragone piuttosto assonnato. La ragazzina non se lo fece ripetere due volte e scattò via con velocità insospettabile per una che passava i due terzi della sua giornata a dormire.

Mortimer, deciso che per quella sera aveva fatto fin troppe cose potenzialmente intelligenti, ebbe la sua nuova trovata idiota.

"Luciano, molla il drago!" gridò, lasciando le sue redini e dando un colpetto al compagno per incitarlo a fare lo stesso. Solo che, come potranno testimoniare diversi di voi, un 'colpetto' da parte di un figlio di Bia equivale pù o meno a un gancio destro da parte di un peso massimo. Luciano volò all'indietro, debitamente contuso, e il dragone si ritrovò libero e con un motivo di interesse, Martha che correva, a riscuoterlo dal torpore.

Guizzò via a una velocità che dovrebbe essere contro natura per un bestione così enorme, travolgendo un paio dei miei cugini che avevano cercato di fermarlo, e a noi non restò che inseguirlo urlando come dei pazzi, nel tentativo di distrarlo dalla ragazza.

Cavoli, adesso sì che ero in una situazione schifosa. Non si trattava più tanto di salvare il triplo gioco, erano i miei cugini che erano alle prese, disarmati per mio consiglio, con un bestione che avrebbe potuto farli fuori con la massima facilità. Se fosse successo loro qualcosa, ne sarei stato l'unico responsabile. E poi non volevo che succedesse, punto, anche se fossi stato pulito su quel fronte.

Martha, come ho già detto, correva parecchio veloce, a iniziava a perdere terreno, con il dragone che le alitava sul collo. Potevo sentire fin troppo bene i suoi mugolii terrorizzati. E poi, a un certo punto, a pochi passi dai confini del Campo, crollò a terra, probabilmente svenuta per il troppo sforzo. Il dragone, tutto soddisfatto, la avvolse nelle sue spire.

Grandioso, veramente grandioso. Grazie agli dei la bestiaccia aveva ancora la museruola, quindi non poteva mangiarla o innaffiarla di acido; però la mia cuginetta non era proprio in una bella situazione. E va bene, lo sapevo benissimo che lì nessuno sarebbe morto ad opera di un dragone, ma quando tua cugina rischia la pelle, non stai a pensare troppo a queste sottigliezze.

"Mollala, biscione schifoso!" strillò Alicia, mentre Clovis si dava da fare, senza risultato, con il suo bastone.

"Bene, temo che qualcuno di voi debba lasciar entrare il dragone nel Campo"annunciò Luciano, comparendo dietro di noi assieme a Mortimer. Voleva far entrare il dragone al Campo? E secondo quale logica avremmo dovuto farlo?

"Ma neanche se ci paghi!" sbraitò Julian.

"Pagarvi non posso, però è l'unico modo di salvare la ragazzina" replicò l'italiano. "Una volta che avrà il permesso di entrare nel Campo, sentirà anche l'odore di quelli che sono all'interno. E probabilente gli parranno una preda più allettante di quell'esserino che per quanto ne sa lui potrebbe anche essere morto. E' la natura dei predatori, e di tutte le creature in generale, il non accontentarsi di ciò che si ha per ..."

"Rispamiaci il pippettone filosofico, per favore" replicai con un'occhiataccia. Intanto però ero concentrato su tutt'altro. Era abbastanza chiaro che Luciano avesse studiato quel piano esattamente per me, per permettermi di farli entrare senza destare troppi sospetti. Però ... credeva di fingere di mettermi con le spalle al muro, e in realtà lo stava facendo davvero. A pensarci ora, lo trovo di una certa ironia.

In quel momento, però, non avevo proprio nessuna voglia di ridere, non con mia cugina nelle spire di un dragone. E il mio doppio gioco in pericolo, tra l'altro, perchè se avessi rifiutato Luciano si sarebbe di sicuro fatto qualche domanda. I miei cugini, intanto, erano intenti in una furiosa discussione, non potendo sapere dove mirava davvero il discorso.

"Non possiamo lasciarli entrare! Metteremmo in pericolo tutti!" urlava Julian, agitando le braccia in modo quasi ridicolo.

"E chissenefrega di tutti! Sanno difendersi! Salviamo Martha!" ribatteva Alicia.

"Io, Chad Mist, permetto al dragone di entrare nel Campo Mezzosangue!" urlai a pieni polmoni. Non fate quelle facce, voi in ascolto, vi ho già spiegato che non avevo scelta.

Come previsto da Luciano, quello stupido biscione alzò la testa, le narici dilatate per cogliere meglio il buon profumino di mezzosangue beatamente addormentati, si srotolò, mollò lì Martha e strisciò via in direzione delle capanne.

"Bravo!" esclamò Alicia, prima di correre insieme a Clovis alle calcagna del mostro. Gli altri miei cugini invece mi fissarono con un'espressione molto poco da 'bravo'.

"Mi dispiace, ma era l'uico modo per salvare Martha. E se ci sbrighiamo, possiamo evitare che qualcuno ci lasci le penne"

"Ah, a questo proposito ..." intervenne di nuovo Luciano. "Temo che dobbiate far entrare anche noi. Siamo gli unici in grado di controllare il dragone, e conseguentemente di evitare una carneficina"

Accidenti, per Luciano questa situazione era proprio una manna dal cielo. E acconsentii pure a quello, poi scattai all'inseguimento di tutti gli altri, prima che il dragone potesse far fuori qualcuno e l'italiano potesse avere altre idee brillanti. Neanche due metri dopo trovai i miei cugini stesi a terra immobili.

"Dei!" gridò Julian, nel panico.

"Sono vivi" lo rassicurai subito. "Forse sono svenuti ..."

"No, dormono! E' una cosa che ci succede, quando siamo in una situazione di grave pericolo ... un favore di nostro padre, per farci morire senza soffrire troppo" rispose mio cugino. Apperò. Mica male essere figli di Hypnos.

Comunque, il dio doveva avere uno strano concetto di situazione di grave pericolo: pochi minuti dopo crollarono a terra anche gli altri due rimasti, che pure si stavano limitando a correre. Non capivo bene il motivo, sembrava quasi fatto apposta perchè io potessi parlare in libertà con Mortimer e Luciano, e infatti loro ne approfittarono subito.

"Cosa ci facevate qui?" interrogò l'italiano.

"Clovis vi aveva visti in sogno e voleva a tutti i costi controllare. Ho dovuto fare i salti mortali per convincerlo a non portarsi dietro tutto il Campo. Voi, piuttosto? Perchè io e Penelope non sapevamo niente di questo attacco?"

"Semplicemente perchè non era un attacco" replicò Luciano. "Stavamo solo facendo un piccolo trasporto di un carico fattoci ottenere dal Ranch Tre G. Lo stavamo portando verso Central Park, per portarlo al rifugio attraverso la Duat"

"Cosa?! Mi state dicendo che volevate portare un dragone da Long Island fino a Central Park a piedi?"

"Ehi, noi non è che sappiamo viaggiare nel buio o nella roba egiziana!" ribattè un Mortimer tanto piccato da toglierci la grazia del suo silenzio.

"Sì, a questo proposito, perchè non avete usato Dakao? Oppure potevamo aiutarvi anche io o Penelope ..."

"Setne voleva parlare a tutti e tre, quando foste stati tutti lì, e mi pare fose qualcosa di abbastanza urgente. Ma cos'è questo chiasso?"

Delle urla stridule di donne con una voce orrenda, pareva. Ricevemmo ulteriori chiarimenti quando vedemmo una notevole pioggia di foglie da alcuni alberi al limitare della zona del Campo vera e propria, e alzando lo sguardo trovammo delle arpie impigliate tra i rami.

"C'è qualcuno sotto di noi!" "Chi è?" "E chi lo vede!" "Ma sei cieca?" "No, ho i rami in faccia, esattamete come te!"

Luciano alzò le sopracciglia, ma non disse nulla; non così Mortimer.

"Che sicurezza penosa!" esclamò allegramente, girandosi poi verso di me. Lo guardai abbastanza male da fargli intuire che forse non era proprio il caso che dicesse che non li avevo informati abbastanza bene in proposito. Continuammo a procedere all'inseguimento del dragone, e quando finalmente lo trovammo, ricevemmo anche l'illuminazione che i guai erano appena agli inizi per quella sera. Il bestione era ritto davanti alla capanna di Afrodite, e quattro figure ben note lo fissavano terrorizzate.

"Ragazze! Via di lì!" urlò Mortimer a pieni polmoni.

"Ma sei veramente un cavaliere, se pur di soccorrerle ti metti a urlare rischiando di farci scoprire da tutti!" lo zittì Luciano. L'appello del figlio di Bia, comunque, sortì il suo bravo effetto: le ragazze si riscossero dal loro stato di tranche terrorizzata e corsero via in tutte le direzioni. Mossa che si rivelò vincente anche dal punto di vista tattico: la bestiaccia, non sapendo chi inseguire per prima, risolse col dare una testata alla capanna di Afrodite, dimostrando, per la prima volta in tutta la serata, a quanto ammontasse il suo quoziente intellettivo.

Sia Luciano che Mortimer corsero da Hazelle, io restai un istante indeciso: mi sarebbe piaciuto molto far vedere che tenevo a lei, ma purtroppo era più conveniente sapere cosa stesse succedendo da Penelope; dunque fu lei che mi affrettai a raggiungere.

"Cosa diamine sta succedendo qui?!" le sibilai, non appena fui abbastanza vicino.

"E' un po' lunga da spiegare. Tutta colpa di Hazelle, comunque" replicò lei con un sorrisino odioso. Mi pentii immediatamente della mia decisione 'tattica'.

"Attenti, voi due!" Gaia fece un bizzarro tentativo di gridare senza risultare troppo rumorosa. La ragione del suo esperimento, in ogni caso, era il dragone che puntava dritto verso di noi, quindi non è che ci pensammo su troppo. Corremmo via, sempre in direzioni diverse, e finimmo per raggiungere entrambi gli altri, che si erano radunati in un piccolo capannello.

"E ora che si fa?" chiese Regina.

"Approfittiamo della situazione" replicò Luciano. "Io, Chad e Mortimer resteremo qui ad affrontare il drago. Voi ragazze andate con Penelope a recuperare la corona"

Furono tutti gli ordini che riuscì a dare, dopodichè il dragone irruppe di nuovo, costringendoci a una repentina divisione. Vidi Penelope togliersi Afanisis e trasformarla in spada, per poi consegnarla ad Hazelle, che gliela puntò alla gola e la condusse via insieme alle altre; poi Luciano mi richiamò.

"Io lo attaccherò frontalmente, tu Chad mettiti alle mie spalle e cerca di colpirlo agli occhi. Mortimer, sali sul suo collo e soffocalo"

Il nostro autoeletto stratega non aspettò neppure un nostro assenso al piano, ma tirò fuori il suo bastone e si preparò all'attacco frontale. Credo che ve lo ricordiate tutti il bastone delle tempeste di Luciano, soprattutto Percy: un lungo bastone nero, che se usato per colpire il suolo scatenava piccoli uragani o terremoti, a seconda dei gusti del proprietario. Giuro che neanche all'interno dell'esercito di Setne avevamo idea di dove l'italiano si fosse procurato un affare del genere.

In quello specifico frangente, il dragone si beccò un piccolo tornado dritto in mezzo agli occhi, con annessi polvere, foglie secche e tutto ciò che si era sollevato da terra. Dovette per forza strizzare gli occhi, e naturalmente ne approfittai per lanciare il mio coltello. Non avevo previsto, però, che il bel venticello di cui sopra avrebbe deviato la traiettoria, spedendo di fatto il mio coltello da tutt'altra parte.

Luciano imprecò qualcosa nella sua lingua e fece cessare immediatamente il tornado: il dragone rimase un istante frasornato, e il mio colpo successivo non andò a vuoto. Dritto sull'occhio sinistro, un ottimo risultato. Peccato solo per i piccoli effetti collaterali: la bestiaccia perse completamente la testa, prese a dibattersi sul terreno sibilando al'impazzata, rischiando di ridurre Mortimer a una frittella e svegliando tutto il Campo.

Le porte delle varie capanne si spalancarono una dopo l'altra, i loro abitanti irruppero; alcuni urlarono terrorizzati nel vedere il mostro, alcuni tornarono dentro a prendere le armi, altri ancora sgranarono gli occhi nel vedermi con i nemici. Jason Grace fece le ultime due cose in rapida successione, oltre a prendere il comando della situazione.

"Circondatelo su tutti i lati, attaccate con tutto quello che avete! Chad Mist, cosa sta succedendo qui?" urlò, in perfetto stile generale Romano.

Io imbastii l'espressione più mortificata che mi riusciva con un bestone impazzito alle mie spalle. "Mi hanno costretto. Io e la casa diciassette avevamo fatto una sortita per via di un sogno di Clovis, loro ci hanno sorpresi e hanno minacciato Martha ..."

"Ho capito, ho capito, adesso cerca di combattere" tagliò corto lui. Aveva problemi ben più grossi a cui pensare rispetto a un povero innocente. Non così reagirono altri ragazzi che mi guardarono in modi che variavano dall'indignato al sospettoso, ma facevano quasi tutti parte delle capanna sette, dunque non fanno testo per le capacità deduttive.

Nel frattempo la lotta cotro il dragone impervasava, ma somigliava più che altro a una corsa in tondo di massa nel tentativo di non farsi colpire. Riuscii a portarmi in una posizione più isolata per tirare i miei coltelli, rischiai di colpire Mortimer, un'arma rimbalzò invano sulle squame del mostro, una freccia gli si infilò su per una narice e aumentò la sua furia, un altro coltello a vuoto, e finalmente l'ultima delle mie armi si conficcò all'angolo dell'occhio ancora sano.

Non lo accecò del tutto: piuttosto lo fece imbufalire ancora di più. Dovette in qualche modo identificarmi come la causa di tutti i suoi mali: tirò un'improvviso colpo di coda nella mia direzione, lanciandomi per aria come una bambola di pezza, ad atterrare sul cespuglio di rose che qualche genio aveva trovato decorativo piantare.

"Chad!" mi chiamò qualcuno, uno dei ragazzini della undici. Pensai che volesse accertarsi che stessi bene, e invece: "Ma Penelope dov'è?"

"E' stata presa dalle ragazze di Setne!" ribattei irritato, sforzandomi per non mandarlo a quel paese per scocciare qualche altro disgraziato pieno di spine.

"Eh?! E cosa aspettavi a dircelo, che l'ammazzassero? Dove l'hanno portata, sai almeno questo?!"

A quanto pareva, ero riuscito a scandalizzare Jason abbastanza da distrarlo da un dragone che dava di matto. Assunsi di nuovo l'espressione mortificata, questa volta anche parzialmente sincera: mi venisse un accidente, avevo appena mandato all'aria tutto il piano.

"Andavano verso la Casa Grande" risposi. "Io non ho potuto ..."

"Sì, sì, ce lo dici dopo!" ribattè Jason, correndo a rotta di collo verso la Casa Grande, tallonato dalla sua inseparabile Piper. Ed ecco che la frittata era fatta. Tra l'altro, aggiungiamoci il fatto che non avessi idea di cosa stesse succedendo alla Casa Grande.

Il piano che avevamo concordato io e Penelope, nel caso un attacco dell'esercito di Setne fosse riuscito a farci mettere le mani sulla corona, era quello piuttosto rozzo di trasportarci immediatamente da Thoth con un viaggio nell'ombra. Avremmo mandato all'aria tutto il triplo gioco, ma pensavamo che a quel punto non sarebbe più stato necessario.

E io in quel momento non sapevo se le ragazze fossero riuscite a forzare le difese della stanza della corona, e nel caso fosse successo, se Penelope fosse riuscita a prendere e portar via la corona. Le piacevoli conseguenze dell'impossibilità di comunicare nel bel mezzo di una missione! E adesso stavano pure sopraggiungendo gli eroi della situazione. Gli dei sapevano che piega avrebbero preso gli eventi.

E il secondo dopo mi resi conto che l'avrei saputo anch'io: il dragone, vedendo Jason e Piper correre via, doveva esser stato preso da un risveglio dei suoi istinti predatori, si era sbrazzato a suon di codate di tutti quelli che gli stavano intorno, ed era scattato all'inseguimento. Logica conseguenza fu una specie di versione pericolosa di quelle scene da film demenziale, dove alcuni sono inseguiti da altri che sono inseguiti da altri ancora. Soloche qui nessuno aeva tanta voglia di ridere.

Io a dire la verità mi trattenni un attimo: a bloccarmi fu una serie di spruzzi e di suoni inconsulti in una lingua sconosciuta.

"Aiuto .... Mort ... tiratemi fuori di q ...!"

La loro origine era nientemeno che Luciano, spedito dritto nel laghetto delle canoe da uno dei colpi di coda del mostro, e che ora si dibatteva come un pazzo nel tentativo di restare a galla. Il paradosso di Luciano, intelligente e calcolatore al punto di poter costituire una delle grane principali per me e Penelope, e che non sapeva nuotare, mi colpì per un istante; poi urlai a Mortimer di correre a salvarlo. A quanto ne so, ci vuole parecchia forza fisica per soccorrere qualcuno che sta annegando.

Per fortuna, il dragone era una distrazione sufficiente, e nessuno sul momento si chiese come mai riuscissi a dire cosa fare a un membro dell'esercito di Setne.

E poi mi misi a correre verso la Casa Grande, insieme a tutti gli altri, mentre dall'interno dell'edificio provenivano suoni niente affatto incoraggianti. Mentre uno strano marsupiale infrangeva una finestra e ne volava fuori, mi chiesi se anche a Thoth, in qualità di divinità, potevano essere chieste delle grazie.

 

 

Ladies & Gentlemen,

nessuno degli eventi che aspetavate con gioia è avvenuto: non sono morta e non ho abbandonato la storia. Invece, ho avuto il computer in riparazione per tre settimane, con annessa perdita di tutti i dati. Le gioie della vita del fanwriter! Comunque, salvo sfiga - e qui gesto scaramantico please - gli aggiornamenti dovrebbero riprendree regolarmente. Detto ciò, spoiler! Nel prossimo capitolo, tra combattimenti, viaggi nell'ombra e tanta sfiga, la situazione di cui sopra avrà la sua soluzione.

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Capitolo 11
*** Molto rumore per nulla ***


PENELOPE

MOLTO RUMORE PER NULLA

 

 

 

Non fu così facile non farmi apparire compromessa, sapete? Anche se avevo consegnato Afanisis ad Hazelle, rimaneva il problema della sfiga.

"Così non va" avvertii le mie compagne, senza smettere di camminare. "Mi basterebbe aprire bocca per tirarvi tutti gli accidenti di questo mondo"

"Ci penso io" intervenne Regina, per poi mormorare qualcosa in egizio. Un geroglifico verde acqua iniziò a brillarmi addosso.

'Che mi hai fatto?' cercai di dire, ma riuscii solo a muovere la bocca: dalla gola non uscì alcun suono.

"E' il gerolifico per 'Zitto'" mi informò la maga egizia. "Non si potrà dire che potevi opporti a noi"

"Ottimo" commentò Hazelle, osservandomi compiaciuta. Io sinceramente vedevo un piccolo problema tecnico con quest'incantesimo, ma naturalmente non potei comunicarlo loro sul momento. Dovevo riservarlo per il momento meno adeguato, è chiaro.

Ovvero quando, non avendo miracolosamente incontrato nessuno nella Casa Grande ed essendo giunte davanti alla porta della 'Stanza Corona', Gaia si voltò e mi chiese, in totale serenità d'animo, quali fossero esattamente gli incantesimi di protezione. Rimasi zitta per un istante - non che potessi fare altro - e finalmente Regina ci arrivò.

"Aspetta che ti tolgo l'in ..."

"No" la interruppe Hazelle. "Se arrivasse qualcuno in questo momento, la sicurezza di Penelope andrebbe a catafascio. Tu, vedi di spiegarcelo a segni, okay?"

Ma che carina a preoccuparsi per me! Sono sicura che quel 'Penelope' equivaleva a 'doppio gioco'. E poi grazie tante, ci provasse lei a comunicare a gesti qualcosa come le misure di sicurezza di una stanza. Sul serio, non poteva ricordarsele? Io e Chad le avremo ripetute trenta volte, nelle varie riunioni! Passi che volesse essere sicura, ma così era ridicolo.

Le avrei volentieri espresso tutte queste cose, anche a gesti, non fosse stato per la piccola seccatura costituita da fatto che avesse ragione. E non era un pensiero piacevole! Se avete voglia di ridere alle mie spalle, sentite un po' cosa dovetti inventarmi per comunicare loro l'uso della magia del fuoco, per contrastare quella dell'acqua di Regina.

Prima simulai le onde con movimento delle braccie, poi le alzai entrambe, sperando di rappresentare adeguatamente l'evaporazione.

"Okay, quindi l'acqua viene fatta sparire ..." dedusse Gaia. Sì, e c'era il rischio di scatenare un incendio! Provai ad esprimere diversamente il concetto, facendo ondeggiare le braccia in alto, come delle fiamme.

"Serpenti?" azzardò Regina. Provai con tutte le azioni sopra descritte in rapida successione.

"Colonne d'acqua ...?' chiese perplessa Hazelle. La guardai sconfortata.

"Fuoco?" intuì finalmente. La mia espressione di sollievo dovette essere una conferma sufficiente.

Bene, divertiti abbastanza? Perfetto, allora continuiamo a raccontare i fatti degni di nota e di spiegazioni.

Stavo giusto cercando di esprimere il concetto di 'funghi parassitari contro le piante di Gaia', che un gran chiasso di passi di corsa comunicò a tutte noi che qualche eroe stava arrivando a salvarmi. Io preparai la mia espressione spaventata, e Jason Grace e Piper McLean irruppero nella stanza.

"Ferme e lasciatela andare!" urlò Jason, minacciandole con la spada. Certo che per il successo che hanno di solito questa frasi, avrebbe fatto meglio ad attaccarle subito.

"Come? No, stai fresco" gli rispose con la massima calma Hazelle.

"No, aspettate" intervenne Piper. "Perchè minacciare una ragazza del Campo? Cosa volete che le succeda, che muoia per aver provato a resistervi, o che tutti la disprezzino per avervi obbedito? Vi rendete conto delle cose a cui condannereste una persona che non vi ha fatto nulla? E' davvero quello che volete?"

"Certo!" trillò allegra Hazelle. "E' molto divertente. Perchè non ci provi anche tu? Potresti benissimo farlo con quella vocetta!"

Mi morsi il labbro, fingendo fosse a causa della paura. Scoppiare a ridere in una situazione del genere sarebbe potuto sembrare vagamente sospetto. Però la trovata di Hazelle, oltre ad essere piuttosto comica, aveva avuto l'effetto di riportare le altre due alla realtà e impedire loro di cedere alla lingua ammaliatrice, cosa che in effetti, a giudicare dallo sguardo, erano state sul punto di fare.

"E tu cosa credi di fare?" gridò Gaia. Approfittando della distrazione procurata da Piper, Jason era sgattaiolato fin quasi alle nostre spalle e pareva già pronto ad attaccare Hazelle. Venendo meno la distrazione, decise di attaccarla lo stesso.

Lei cercò molto cortesemente di usarmi come scudo umano, ma Jason mi spinse via senza troppa grazia e le alzò la spada addosso. Atterrai malamente, ed ebbi subito Piper al mio fianco.

"Penelope! Stai bene?" mi chiese subito. Io indicai la mia bocca, e feci cenno di no con il dito.

"Non puoi parlare? E' per colpa di quel geroglifico, vero? Okay ... senti, adesso usa il viaggio nell'ombra e vai al Ventunesimo Nomo, se ne occuperanno loro. E di' loro di portare rinforzi"

Annuii e sparii nell'ombra.

Ora, voi tutti del Ventunesimo Nomo sapete che io sono effettivamente arrivata lì. E il fatto che ci fossi arrivata stravolta è stato imputato alla situazione da cui ero appena uscita. Ma ora avrete capito che c'è qualcosa che non quadra con questa versione, non avendo io mai corso un effettivo pericolo, a parte quando Hazelle, per esigenze di copione, mi ha usata come scudo contro Jason. Chiarirò subito anche questo.

Chad avrà già accennato ai nostri piani per filarcela con la corona: trasportarci da Thoth non appena ci avessimo messo le mani sopra. Ora, un'idea che durante le riunioni da Setne era stata ventilata era quella di usare un teletrasporto per entrare direttamente nella stanza della corona, in modo da evitarsi tutte le grane della porte. Era stata respinta, però, per il semplice motivo che Dakao ci aveva già provato, e non aveva funzionato, dal che si era dedotto che esistevano protezioni anche per viaggi simili.

Ma c'era un però. A quanto ne sapevamo, queste protezioni potevano essere state messe solo per quelli in grado di viaggiare nella Duat: chi era in grado di viaggiare nell'ombra, a quanto ne sapevano i due Campi, era dalla loro parte. Così, poteva darsi che il mio mezzo di trasporto funzionasse.

Il piano che avevo abbozzato in quei pochi istanti era infilarsi lì entro, portare la corona a Thoth e poi precipitarmi al Ventunesimo Nomo, come se nulla fosse stato. Le due fazioni, così, avrebbero continuato a combattere per una stanza vuota: a seconda di quale delle due avrebbe prevalso e quali sarebbero state le reazioni alla scoperta, avremmo poi pianificato il da farsi.

Così, mi concentrai sull'interno della stanza ed effettuai il viaggio nell'ombra.

Mi sentii come se migliaia di spilli mi venissero conficcati in corpo, senza lasciarne un millimetro salvo. Poi fu come se stessi andando a fuoco, e mi sentii soffocare. Tutto contemporaneamente. Oh dei, stavo per morire. Dovevo tirarmi fuiori di lì. E dov'ero? Stavo cercando di entrare nella stanza ...dovevo andare ... dove, dove? Al Ventunesimo Nomo, il rifugio degli egizi ... feci appena in tempo ad avere una breve visione della Sala Grande del Nomo, che mi ritrovai sdraiata su un divano a fissare il soffitto.

"Penelope? Penelope, mi senti?" gridava a gola spiegata Sadie. Mi sforzai di annuire.

"Puoi parlare, ti abbiamo tolto l'incantesimo. Cos'è successo?" mi interriogò Carter. Veramente non avevo nemmeno pensato all'incantesimo di Regina, e se avevo annuito, era solo perchè stavo troppo male per fare altro. Maledizione ... certo che Dakao avrebbe potuto avvertire. Eccome se ci avevano pensato, al viaggio nell'ombra.

"Penelope?" mi richiamò Carter.

"Il Campo è sotto attacco" riuscii a gracchiare. "Alcuni ragazzi di Setne sono entrati. Con un dragone. Servono rinforzi"

Partì da qualche parte un'imprecazione in egizio, poi Carter si improvvisò generale del gruppo. "Sadie, Ziah, Jaz, Walt, con me. Thomas, occupati degli altri" ordinò poi a un tizio, uno degli adulti responsabili, credo. "Penelope, tu resta qui, devi riprenderti"

Io scossi la testa e cercai di rialzarmi. No, nessuno degli eroismi che mi avete imputato in seguito, era solo che preferivo non perdermi assolutamente nulla di quella serata. Perlomeno, volevo sapere subito se era il caso di scappare.

"Così non vai da nessuna parte" osservò Sadie. Io scossi la testa e mi avvicinai comunque a loro. Ci fu un'alzata di occhi al cielo generale, e uno scambio di sguardi tra Sadie e Carter, come se l'ultimo stesse dicendo alla sorellla "Bada tu a lei, perchè finirà per restarci secca di sicuro"

Ancora più sguardi verso il cielo suscitò il mio sforzo di salire le scale - chi diavolo sia il genio che ha piazzato la sfinge per il viaggio nella Duat sul tetto, questo devo ancora saperlo - per non parlare delle richieste di desistere, ma scossi la testa a tutto ciò e arrivai fino alla destinazione.

Lì potei godermi un bel teletrasporto senza bisogno di effettuarlo io, e devo dire che fu un'esperienza piacevole. Meno piacevole, forse, fu l'atterraggio, visto che non riuscii a mantenermi in piedi e crollai a sedere su un mucchio di rami secchi. Ah, questo senza contare che davanti ai miei occhi si stava svolgendo una battaglia in piena regola contro il dragone.

La bestiaccia, per qualche ragione, aveva deciso che doveva assolutamente entrare nella Casa Grande, e ne era ovviamente impedito dalle dimensioni. Cò doveva provocargli una grande frustrazione, che sfogava prendendo a testate i muri dell'edificio reo di non farlo entrare. Sarebbe stato ridicolo, solo che le testate di un dragone sono qualcosa di considerevole.

Attorno a lui, uno squadrone di mezzosangue si accaniva inutilmente sulla sua pelle durissima, mentre frecce e familiari coltelli volavano da tutte e parti. Perfino Chirone, affacciato a una delle finestre del piano di sopra, bersagliava l'animale dall'alto.

"Ma ti decidi a crepare, stupida bestiaccia!" gli urlai. Il risultato fu che il dragone smise di tirare testate e si accucciò, gli occhi e la testa perfettamente a portata delle armi dei mezzosangue. Bene, avevo appena scoperto che una frase del genere induceva ad istinti suicidi. Certo che avrei anche potuto pensarci prima ...

"Penelope, sei un mito!" gridò Sadie. "Tu aspetta pure lì, noi andiamo a ... vedere perché tutti si stanno precipitando all'interno" fu la conclusione, non molto entusiasta, della frase.

Avendo io la quasi certezza che la ragione avesse a che vedere con le ragazze di Setne e la corona, non ci pensai nenche a rimanere lì, anche perchè iniziavo a sentirmi un po' più in forze. Seppure con un'andatura un po' incerta, riuscii a raggiungere la stanza dalla quale ero partita. Vi trovai il caos più totale.

Come testimoniavano un Jason e una Piper intrappolati in un cespuglio di more, le ragazze dovevano essere riuscite ad avere la meglio su di loro, ma contro l'intero Campo Mezzosangue più alcuni egizi non c'era gara. Armi che cozzavano da tutte le parti, ragazzi che cadevano a terra spinti dalla massa, Hazelle che da sola si proteggeva con Afanisis da una dozzina di persone, geroglifici che volevano da tutte le parti, Gaia che combatteva da sola contro tutti i suoi fratelli tramite piante che sembravano in preda ad attacchi di schizofrenia, tanti erano gli ordini contrastanti che ricevevano, e Ziah che dava fondo a tutta la sua magia del fuoco per impedire ogni mossa a Regina.

Troppo fuoco, probabilmente. Gli incantesimi di tale elemento a difesa della porta, forse per reazione, decisero che era giunto il momento di attivarsi.

Un muro di fiamme irruppe nella stanza, e fu solo un purissimo miracolo che nessuno finì abbrustolito sul colpo. L'aria si riempì di strilli terrorizzati e grida di dolore, e sia Ziah che Regina decisero di abbandonare il combattimento per domare l'incendio.

Ma pareva che la maga del fuoco non riuscisse a riprendere il controllo del suo stesso incantesimo - forse aveva usato troppa grazia nel metterlo - mentre quella dell'acqua ... be', era stato creato apposta per lei. Si vedeva che ce la stava mettendo tutta, ma non veniva a capo di nulla. Appunto, ce la stava mettendo tutta, ma rimaneva sempre entro i suoi limiti.

Se invece non fosse riuscita a controllare la sua stessa magia, era possibile che si scatenasse un'onda d'acqua tale da spegnere l'incendio? Tanto valeva che lo facesse, non avevamo nulla da perdere, dati i risultati visti finora. Certo, con un piccolo aiutino da parte mia.

"Perdi il controllo dell'acqua!" le urlai. Feci a malapena in tempo a vedere la sua espressione sconvolta e una massa immane d'acqua che si irradiava da lei, travolgendo tutti, poi fui letteralmente spazzata via.

Andai dritta a sbattere contro il muro dietro di me, con l'acqua nel naso e nella bocca, qualcuno mi fu lanciato addosso, qualcun altro mi colpì da sinistra, qualcosa di metallico cozzò contro la mia testa, il primo tizio fu spazzato più lontano dalla corrente, qualcosa di spinoso mi colpì una gamba, mi mancava l'aria, cercai di dibattermi e tornare in superficie, riuscii solo ad essere trascinata di nuovo via dalla corrente, travolsi qualcuno, ora mi scoppiavano i polmoni, qualcuno mi tirasse fuori di lì, no, invece andavo a sbattere contro un altro muro, dovevo respirare, dovevo respirare, era una mia impressione o l'acqua stava diminuendo d'intensità, forse ci riuscivo a filare via, sì, stava proprio diminuendo, stava anche calando il livello, ecco qualcosa dove appoggiarmi, cercavo di rimettermi in piedi, ricadevo in acqua, ci riprovavo, e sì, avevo la testa fuori.

Mi ritrovai in sala ricreativa, appoggiata al tavolo da ping pong. Ne avevo fatta di strada, considerando che l'acqua mi aveva travolta appena fuori dalla stanza della corona.

"Stai bene?" chiese una ragazza vicino a me. Sembrava molto poco bagnata, per essere finita in mezzo a un'inondazione del genere, per nulla affaticata e solo leggermente in pensiero per me. Mi limitai ad annuire, mentre cercavo di ricordare dove l'avessi vista e di che casa fosse.

Non ci riuscii e decisi che, visto che il flusso d'acqua si era calmato, era il caso di andare nella stanza della corona a controllare la situazione. Chissà, magari la porta che aveva preso fuoco adesso si era autodistrutta, specie con tutta l'acqua di Regina.

Naturalmente non fu così, era ancora in piedi, bella solida. Nella stanza non c'era nessun altro, nemmeno Chad - chissà dov'era andato a finire. Decisi di allontanarmi per capire come fosse la situazione presso gli altri, anche perchè, cominciavo a pensarci ora, magari qualcuno avrebbe potuto sospettare un nostro coinvolgimento in tutto quello che era appena successo.

Trovai un piccolo capannello di persone sul portico, raggruppate intorno alla ragazza di prima e ad alcuni che le somigliavano vagamente. Tutti li stavano complimentando e ringraziando. All'improvviso mi ricordai di loro: erano i figli di Tyche, la dea della fortuna. Ecco, dovevano essere stati loro a calmare l'acqua ... portandoci appunto un po' di buona sorte. Un potere opposto al mio, e in grado di contrastarlo. Avrei dovuto tenerlo a mente, sarebbe potuto risultare scomodo in futuro.

"Penelope?" mi richiamò la voce d Chirone, alle mie spalle. Era nella sua forma di centauro, e sfoggiava un buon numero di bigodini sulla coda. Non avesse detto quel che disse subito dopo, sarei scoppiata a ridere.

"Ti dispiacerebbe raggiungere la sala ricreativa? Alcuni ragazzi hanno notato qualcosa di strano in ciò che è accaduto questa notte, e vorremmo discuterne con te e Chad"

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ed ecco che quello che presuibilmente vi ha fatto stare in ansia, si è risolto in un nulla di fatto. Capita! Ma i nostri eroi avranno altre occasioni, non temete. E a questo proposito, vi lascio allo spoiler! Nel prossimo capitolo, Chad e Penelope prima creeranno un piano d'attacco, poi studieranno come mandarlo in fumo. Cose che capitano nella loro situazione!

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Capitolo 12
*** Prepariamo un piano in stile tela di Penelope (quella mitologica, s'intende) ***


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CHAD

PREPARIAMO UN PIANO IN STILE TELA DI PENELOPE (QUELLA MITOLOGICA, S'INTENDE)

 

 

 

 

Seriamente, non ho idea del perchè Penelope abbia concluso il capitolo in quel modo. Insomma, adesso sapete cosa sia successo veramente, e vi ricorderete, più o meno, cos'abbiamo detto a Chirone e a tutto il Campo. Sarete dunque in grado di misurare l'entità delle nostre balle.

Ma siccome costei qui pensa che siate deficienti e insiste perchè vi rinfreschi la memoria - come se servisse a qualcosa - pur di zittirla farò un breve riepilogo.

La nostra ricostruzione dei fatti, rimasta indiscussa, suppongo, finché non si è scoperto il nostro doppio gioco, fu la seguente: io mi ero svegliato di notte per via di strani rumori nella capanna dei miei cugini, ed ero andato a controllare cosa stesse succedendo. Potevano confermare sia i figli di Ermes sia quelli di Hypnos al gran completo. Una volta lì, Clovis mi aveva raccontato del suo sogno, ne avevamo discusso, e avevo suggerito loro di fare una prima spedizione da soli per accertarsi della sua veridicità, onde non rendersi invisi al resto del Campo.

Perchè non avevo chiamato Chirone? aveva chiesto qualcuno. Mi spiace, non ci avevo pensato. Il che era vero, non avevo preso in considerazione un'obiezione simile. Comunque, eravamo andati nel bosco, cercando di raggiungere il luogo del sogno, e avevamo effettivamente trovato due membri dell'esercito di Setne - due tipi che conoscevo, tra l'altro: eravanmo stati allo stesso ospedale psichiatrico - con annesso dragone.

Avevamo cercato di attaccarli, mandando Martha a chiamare aiuto, ma i due avevano lasciato libera la bestia e le avevano fatto catturare Martha, usandola come ricatto per far entrare nel Campo loro e il dragone. Io avevo preferito lasciarli entrare, perchè nel Campo c'er un sacco di gente che avrebbe saputo difendersi, mentre noi e Martha eravamo pressochè disarmati.

Qualcuno mi fece notare che veramente Martha non stava correndo nessun pericolo, visto che il drago aveva la museruola. Qui fu Alice a rispondere per me, dicendo a quel tizio di andare a farsi stritolare da un serpente di quelle dimensioni e poi tornare lì a riparlarne.

Comunque, gli altri ragazzi erano finiti a dormire per via dell'incantesimo di Hypnos, e a quel punto restava solo la mia parola per dire che avevo raggiunto la capanna e vi avevo trovato le tre ragazze davanti al dragone. E adesso era il turno di Penelope di dare le sue spiegazioni.

Come mai era finita nelle grinfie dell'esercito di Setne? La sua storia, diciamolo subito, fu molto meno convincente della mia, e non solo perchè non c'era nessuno a confermarla. A quanto pareva, il fatto che io non fossi più tornato le era parso strano, e così aveva deciso di controllare dove mi fossi cacciato. Aveva trovato la casa di Hypnos vuota e, sconcertata, si era messa a girovagare per il Campo, cercando di capire dove fossimo finiti.

Come aveva fatto a non farsi notare dalle arpie? Be', un po' di fortuna poteva averla anche un figlio del dio della sfiga, no? Comunque, a forza di pattugliare il Campo, sempre più sconcertata si era azzardata ad uscirne. E qui si era esaurita la sua scorta di fortuna: aveva sentito un odore neuseabondo e, avvicinatasi per indagare, era finita dritta in mezzo alle ragazze di Setne.

A quanto pareva, erano state loro a rubare la cintura di Afrodite, e ora stavano cercando di introdurla all'interno del Campo, onde stornare la sua maledizione. Quando si erano trovate una ragazza del Campo a portata di mano, però, avevano deciso di cambiare i loro piani e approfittarne per un raid a scopo di recupero della corona.

Certo, Penelope aveva Afanisis, ma non era una spadaccina eccellente, e loro erano in tre, tutte con i debiti poteri. L'avevano sopraffatta e, spada alla gola e incantesimo per proibirle di parlare, l'avevano costretta a farle entrare nel Campo.

Ma come era riuscita a dire la formula, se non poteva emettere alcun suono? Gliel'avevano posto dopo l'ingresso nel Campo: prima avevano usato la rudimentale tecnica della mano sulla bocca, e poi l'avevano costretta con la spada. Lei era così agitata che non era riuscita a pensare a nulla per liberarsi. Probabilmente riuscì a farsi credere solo per la perfetta espressione da furiosa con sè stessa che riuscì a imbastire.

Comunque, le ragazze avevano raggiunto la capanna di Afrodite, per gettarci dentro la cintura, ma in quel momento era arrivato il drago. E qui, la fatidica domanda: perchè non avevo impedito alle ragazze di portare via Penelope?

Ma che cavolo, c'era un dragone di mezzo che minacciava di buttare giù mezzo Campo! Era abbastanza per essere occupato, no? Va bene, va bene. Però, perchè quando avevo visto il ragazzo di Setne in acqua avevo urlato al suo compagno di soccorrerlo? E soprattutto, perchè lui mi aveva dato retta?

E che, dovevo lasciarlo annegare? Avevo richiamato l'attenzione del suo compagno perchè probabilmente sarebbe stato quello che l'avrebbe fatto più volentieri, senza contare il fatto che avrei tenuto occupati entrambi, lasciandoceli fuori dai piedi almeno per un po'. Perchè poi lui avesse fatto come gli dicevo, non ne avevo idea! Magari voleva solo salvare il suo compagno, non poteva essere così? Sì, in effetti era vero. Okay, ero stato anche bravo a pensare a come evitare che proteggessero il loro dragone.

Quanto seguiva era stato testimoniato praticamente da chiunque, e non aveva destato particolari dubbi. Del resto, da quel momento in avanti ci eravamo comportati come normali ragazzi del Campo, che cercavano di lottare contro il nemico. Solo qualcuno provò a chiedere a Penelope come mai avesse fatto perdere a Regina il controllo dell'acqua, ma la sua risposta, che era stato per sedare l'incendio, convinse tutti. Nulla è più convincente della verità!

Comunque, ve lo ricorderete anche voi, le cose al Campo tornarono più o meno normali, con le solite attività, eccetera. Sul serio, non avrei mai pensato che l'avvenimento sarebbe stato messo da parte così in fretta. Ma forse è solo perchè molti l'hanno visto in una luce positiva: le difese alla porta reggevano, eccome!

A questo punto, però, se il Campo era tornato alle normali attività, lo dovevamo fare anche noi. Nel senso che ho specificato qualche capitolo fa, voglio dire.

Anzitutto, restammo con diversi dubbi noi stessi sulla serata, finché non ricevemmo una nuova convocazione per una riunione. Qui mi feci spiegare da Hazelle cosa fosse successo esattamente, quella fatidica serata, e perchè nessuno al Campo li avesse più trovati. La spiegazione, molto prosaica, era che se l'erano filata.

A quanto pareva, Luciano e Mortimer avevano provato a raggiungerci per dare manforte, ma erano arrivati giusto in tempo per farsi travolgere dalla marea d'acqua. Luciano, reduce dal mancato annegamento, aveva reagito in modo un po' isterichino, così che Mortimer aveva dovuto trascinarlo all'asciutto e andare a ripescare loro tre. Solo lui poteva essere abbastanza robusto da affrontare quell'inondazione.

Una volta fuori dalla Casa Grande e viste le condizioni di Luciano, avevano deciso di comune accordo che per quella sera non avrebbero potuto fare nulla, e avevano battuto in ritirata, senza essere inseguiti a causa della confusione generale. Erano riusciti a trovare un taxi anche a quell'ora, avevano glissato le domande del tassista su cosa ci facessero in giro a quell'ora e per di più bagnati fradici, avevano raggiunto Central Park ed erano tornati al loro rifugio tramite l'obelisco.

Hazelle concluse complimentandosi per come avevamo gestito la situazione al Campo evitando di farci scoprire, il che fu discretamente soddisfacente. Comunque, queste furono solo due chiacchiere scambiate prima dell'inizio della riunione: quella vera e propria verté su tutt'altro argomento.

"Okay, ragazzi, adesso è il momento di lasciar perdere l'improvvisazione" furono le parole con cui Setne introdusse l'argomento. "Il vostro tentativo di recuperare la corona è stato fantastico, ma assolutamente disorganizzato. E ci credo, l'avete buttato giù su due piedi, approfittando delle circostanze favorevoli. Peccato che andare così alla cavolo dove ti porta la fortuna - niente di personale, Penelope - non porti assolutamente a niente. Quello che ci serve è un buon piano, versatile, in grado di adattarsi a qualunque circostanze e applicabile a qualunque situazione!"

L'intera assemblea annuì. Molto probabilmente i seguaci di Setne veri e propri erano ansiosi di sapere finalmente come avrebbero dovuto gestire il ventilato attacco al Campo, ma per quanto mi riguarda, la cosa mi preoccupava non poco. Insomma, quella prospettiva di Setne era una bella svolta. Io e Penelope, come avremmo dovuto fare? Cercare di creare dei punti deboli nel piano? Memorizzarlo per poi mandarlo all'aria? Oppure assecondarlo, approfittandone poi per prenderci la corona?

Belle domande. Decisi che avrei ascoltato e contribuito, se avessi dovuto farlo, come un normale devoto a Setne, per poi riferire tutto a Thoth e chiedere a lui il da farsi. Sperai che anche Penelope la pensasse così.

"Ha già pensato a un piano o ci sta proponendo una specie di brainstorming?" gli chiese Luciano.

"Metà e metà. Ho già preparato un abbozzo di piano, ma vorrei che voi contribuiste in base a quello che pensate di poter fare. Dunque, anzitutto è stato ampiamente dimostrato che quei furboni del Campo si sono fatti delle difese di ottima qualità, basandosi sui possibili attacchi di tutti noi, e che forzare quella porta è sostanzialmente impossibile. Perciò, l'unica possibilità è che siano loro stessi ad aprirci quella porta"

"Vuole un incantesimo con cui li si possa costringere?" chiese Hazelle.

"No, sarebbe troppo complicato. Hanno collaborato in tanti per quelle difese, e anche se riuscissimo a porre quell'incantesimo su qualcuno, lui sarebbe in grado solo di togliere quelle messe da lui. E non credo riusciremmo a imporlo su tutti quanti senza alcun problema. Dunque, non ci resta che far sì che loro aprano volontariamente quella porta"

"Quindi dovremmo fare in modo che loro pensino che la corona sia in pericolo all'interno della stanza" suggerì Penelope.

"Gius ..." esordì Setne, ma io non potevo certo lasciarmi rubare la scena da quella menagramo.

"Non da parte nostra, però. Sanno perfettamente che per noi è impossibile raggiungerla con un qualsiasi tipo di viaggio magico. Però potremmo far pensare che qualcuno sia effettivamente riuscito a infiltrarsi ... non c'è la possibilità di creare una specie di illusione ottica, o qualcosa del genere?"

"Sul primo punto hai perfettamente ragione, ma un'illusione di quel genere, anche se riuscissimo a crearla, si farebbe scoprire troppo facilmente. Varrebbe anche quella al massimo per poche persone, e ci sarà di sicuro qualcuno abbastanza sveglio da capire quel che sta succedendo"

Ah, i miei suggerimenti non andavano bene? Be', al contrario di Penelope, perlomeno avevo suggerito qualcosa.

"Potremmo dare fuoco alla Casa Grande!" esclamò Calvin, con un gran sorriso nella speranza di aver avuto una buona idea apprezzabile dai più grandi. Non potei fare a meno di guardarlo stralunato. Va bene che era figlio di Ares, però ... insomma, per pensare quelle cose a quell'età, la madre doveva essere una killer psicopatica!

"Ma Calvin! Così rischieremmo seriamente di ammazzare qualcuno!" esclamò una Gaia anche più sconvolta di me.

"E quali vantaggi porterebbe l'incendio della Casa Grande?" gli chiese invece un tranquillissimo Luciano.

Calvin, davanti a quelle che in un modo o nell'altro gli parvero comunque forme di disapprovazione, chinò il capo imbarazzato e mormorò "Scusate"

"No, no, spiegaci cosa intendevi" lo invitò Setne. Per la miseria, qui si metteva davvero male per il Campo.

"Voglio dire, avete avuto problemi con una porta infuocata, no? Se vedranno del fuoco all'interno della Casa Grande, penseranno che è stato per via della porta. E se riuscissimo a far uscire un po' di fumo dalla finestra di quella stanza ... cioè, avete detto che le illusioni non funzionerebbero, ma a quel punto sarebbero tutti spaventati e potrebbero non badarci ... insomma penserebbero che la corona rischia di finire bruciata e si precipiterebbero nella stanza. Togliendo gli incantesimi, quindi, e se riuscissimo a combatterli bene potremmo prendere la corona"

"E a quel punto cosa faremmo scusa? Ci resterebbe tutto il Campo da affrontare!" gli fece notare Gaia.

"Non è detto" osservò Penelope. "Gli incantesimi contro i teletrasporti di vario genere funzionano per l'entrata nella stanza, non so se valgono anche per l'uscita"

"Probabilmente no" disse Setne. "Probabilmente si saranno concentrati sul rendere la stanza inattaccabile, tanto da non pensare a cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno fosse riuscito a infiltrarsi. Molto probabilmente, Calvin, la tua idea dell'incendio funzionerà con qualche piccolo aggiustamento"

"E la possibilità che qualcuno muoia?" obiettò Regina.

"E chi se ne frega, dai ..." Mortimer si accinse a dimostrare la propria umanità. Regina fece lo stesso, guardandolo schifatissima.

"Loro possono convocare in qualunque momento un figlio di Efesto e una maga egizia, entrambi in grado di manipolare il fuoco" osservò Setne. "Molto probabilmente riusciranno a evitare perdite in vite. Comunque, qualche piccolo danno all'edificio sarà inevitabile, ma dubito che questo abbia molta importanza"

Messa così, era un buon piano. E non fate quelle facce, dai, alla fine non è morto nessuno. Al massimo c'è stata qualche strinatura, ma è guarita.

"Potremmo occuparcene noi" intervenni. "Di portar via la corona, intendo. Se dicessimo loro che vogliamo portarla al sicuro, lontano dalle grinfie di Setne ... be', saremmo a posto. In fondo, tra loro ci sono solo Hazel e Nico a saper fare un viaggio nell'ombra, oltre a noi"

"E se dessero a loro l'incarico?" obiettò Penelope, naturalmente prontissima a cercare di far sembrare stupide le mie buone idee.

"Bisognerebbe che loro fossero occupati altrove" rispose tranquillo Luciano. "Signore, tra i nostri mostri ce n'è uno abbastanza grosso da aver bisogno dei loro sforzi combinati per essere spedito nel Tartaro?" chiese poi a Setne.

"Non lo farebbero mai, piuttosto lo attaccherebbero alla maniera classica" obiettò Penelope in vece sua.

"E allora dovresti specificare un po' di sfiga a quel mostro" le risposi io. Lei mi guardò con gli occhi sbarrati. Era inutile che facesse quella faccia, aveva capito benissimo a cosa mi riferivo.

"Penelope gli augurerà di essere mandato nel Tartaro dai due figli del re dell'oltretomba" ricapitolò Setne. "E' un'ottima idea. Tanto più che ho qualcosa di abbastanza adatto a uno scopo del genere, anche se è un peccato bruciarlo così. Okay, e anche questa parte del piano è definita. Adesso resta da stabilire la vostra entrata in scena. Che dovrà verificarsi senza che nessuno se ne accorga, e in un momento in cui tutti voi ne siate coscienti"

"Non può porci un incantesimo che ci permetta di comunicare a distanza tra noi?" gli chiese Gaia. Qualcosa tipo il nostro, insomma. Sperai che almeno non si moltiplicasse il rischio di intercettazione.

"Sarà abbastanza complicato metterlo a tutti voi. Se fossi vivo potrei fare di più, ma potrete usarlo una volta sola. Quindi vi conviene che l'attacco sia in un giorno stabilito e non a sorpresa. Dunque, tornando al discorso: come vorreste entrare?"

"Be', credo che sia giocoforza farci aiutare da Chad e Penelope" commentò Regina.

"Così ci beccherebbero tutti" le fece notare Penelope.

"Ma poi non avreste bisogno del doppio gioco. Insomma, alla fine dovrete consegnare la corona a Setne, apparirà chiaro da che parte stiate, no?" replicò l'altra. Ah, e in effetti il nostro triplo gioco stava per ridursi a due fronti. Peccato, quello al Campo Mezzosangue avrebbe potuto servirci ancora. Senza contare gli amici e i familiari che si trovavano lì.

Comunque, l'obiezione di Regina non calcolava un dettaglio. "Quello che credo intenda dire Penelope è che capirebbero subito che siamo stati noi a farvi entrare. Siamo già stati sospettati al nostro arrivo al Campo e la volta scorsa, hai presente? Anche senza volere, tutti penserebbero subito a noi, se voi vi faceste vivi al Campo"

"Ma potrei creare un portale nella Duat proprio nel Campo" intervenne Dakao. "I confini in realtà impediscono di farlo dall'esterno, ma se lo vedessero, la prima cosa che andrebbero a pensare sarebbe che in qualche modo siamo riusciti a forzare le difese. Mentre in realtà siamo entrati nell'unico modo possibile, con l'aiuto di qualche interno"

"E il mostro lo facciamo arrivare allo stesso modo?" chiese Gaia.

"No, quello arriverà via mare" rispose Setne. "A quanto hanno detto i nostri due campeggiatori qui, i mostri marini sono ben visti, sono un ottimo addestramento. Le barriere non si applicano sul mare"

"D'accordo" mormorò Regina. "Allora ... è tutto stabilito?"

"Manca ancora solo una data" replicò Hazelle.

"Abbastanza lontana da qui, purtroppo. Ora saranno tutti in campana per quello che è successo. La tattica migliore è aspettare che si calmino le acque. Mi farò un po' di calcoli, poi vi comunicherò i miei risultati. E adesso, tutti via da qui, o finirà che Chad e Penelope li beccheranno sul serio!" Un po' monotono, Setne concludeva sempre le sue riunioni con questa frase. Forse credeva che fosse a effetto.

Comunque, sia io che Penelope ci trasportammo via col viaggio nell'ombra, e io mi ritrovai da solo davanti alla casa undici, il luogo concordato per il ritorno al Campo. In pratica, se Penelope non era lì, la sua altra destinazione poteva essere una sola.

Il mio arrivo sul posto fu salutato da una pallonata in faccia. Seriamente, come faceva Coriolanus a sapere esattamente dove e quando sarei apparso lì?

"Perchè non ti sei subito teletrasportato qui? Non avevi capito che era la cosa più ovvia da fare?" Penelope diede il suo contributo a darmi sui nervi.

"Non pensavo che tu ci saresti arrivata, quindi ho preferito andare dove saresti probabilmente andata tu, per poi spiegarti il da farsi" replicai.

"Sai che questa frase dimostra solo quanto tu sia cretino?"

"Agh!" Coriolanus diede il suo apporto alla discussione.

"Coriolanus ha ragione" intervenne Thoth. Era poco meno di un mese che non lo vedevamo di persona, e non era cambiato di una virgola, anche perchè non sfoggiava teste da ibis o altri strani accessori. In compenso, il suo camice era di tutti i colori dell'arcobaleno, probabilmente era reduce da un qualche tipo di esperimento.

"Se siete venuti qui di persona, significa che avete qualcosa di importante da comunicare. Dunque perchè siete intenti a litigare senza scopo tra voi?"

Io e Penelope ci scambiammo un'ultima occhiataccia, tanto per mettere le cose in chiaro, dopodiché provvedemmo ad aggiornare Thoth sulla riunione appena tenutasi e su ciò che vi era stato deciso. Concludemmo chiedendogli cos'avremmo dovuto fare: permettere che il piano andasse liscio e poi rubare la corona a Setne, o fare qualche piccola interferenza?

"Direi la seconda ipotesi" replicò Thoth, dopo averci pensato per circa due secondi. "Non avrebbe alcun senso portar via la corona da un posto, per portarla in uno dove sarebbe maggiormente in pericolo. In fondo, tutto quello che dobbiamo impedire è che Setne la usi. Certo, questo significherà dichiarare il vostro schieramento e rinunciare al doppio gioco, che era ben comodo, ma vedremo di riorganizzarci"

Si schiarì la gola, la fronte aggrottata. Non poteva essere più chiaro che stesse formulando anche lui i suoi piani. "I punti principali da affrontare sono due: portar via la corona, ed evitare che qualcuno ci lasci le penne nell'incendio. E' quello che vorreste evitare anche voi, vero?"

"Certo!" replicammo all'unisono io e Penelope, sbigottiti. Ci pareva strano anche solo che ce l'avesse chiesto!

"Dunque, dunque, per quanto riguarda la corona, non dovrete fare altro che segure il piano già concordato con quelli di Setne, ma portarla qui anziché dove previsto. E' scontato che a quel punto non potrete più tornare nè al Campo nè da Setne. Nel caso uno solo dovesse presentarsi da me, l'altro dovrà approfittare della confusione generale per raggiungerlo: tutti capirebbero subito che eravate d'accordo, non siete mai stati separati più di tanto nelle vostre missioni"

Un vero peccato, sì.

"Ma per quanto riguarda l'incendio, sono abbastanza sicuro che Ziah Rashid e quell'altro figlio di Efesto riusciranno a gestire la situazione. Quelli che correranno il pericolo maggiore, saranno quelli che vivono all'interno della Casa Grande"

"C'è solo Chirone" lo informò Penelope.

"Be', lui è immortale, ma non credo che una grigliata di cavallo sarebbe un toccasana per lui. Dovrete fare in modo di attirarlo fuori dalla Casa. Inventate quel che volete, un incidente che richiede la sua attenzione, un problema esistenziale di uno di voi due che non può essere assolutamente risolto al chiuso ... fate quel che più vi aggrada, ho notato che la fantasia non vi manca"

Sì, in effetti, se per fantasia si intendeva la capacità di cacciar balle, finora ce l'eravamo cavata egregiamente.

"Bene. E questo mi sembra tutto. Voi dovete tornare a dormire prima che qualcuno se ne accorga, e io devo ingaggiare battaglia contro il diossido di zolfo e il mercurio. Un giorno scriverò un saggio sul perchè la chimica possa dare più problemi del mantenimento dell'ordine cosmico"

"Per mancanza di validi assistenti!" replicai, mentre iniziavo il mio viaggio nell'ombra.

Rimasi lì abbastanza da sentire Penelope gridare "Lo ignori!"

Che lagna di ragazza.

 

 

Ladies & Gentlemen,

ecco qui un nuovo capitolo senza troppa azione, ma non preoccupatevi: è solo il preludio a quanto di più incasinato possa capitare ai nostri due eroi, perlomeno in questa storia. Quanti di voi hanno il sospetto che il piano non andrà come previsto? Io per il momento non confermo, e vi lascio uno spoiler: nel prossimo capitolo, Chad e Penelope si faranno sgamare nel bel mezzo di un atto di vandalismo, e le conseguenze saranno piuttosto imprevedibili.

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Capitolo 13
*** Di come il famoso piano iniziò male ***


                                 PENELOPE




         DI  COME  IL  FAMOSO  PIANO  INIZIO'  MALE






Okay, gente, a questo punto dobbiamo fare un altro salto temporale, avrete già capito la data: il famigerato diciotto novembre. 

Per spiegare come andarono davvero le cose quella sera, devo riprendere alcune delle spiegazioni date da Chad a proposito del nostro vandalismo. Lui ha detto che abbiamo creato un piccolo allarme delinquenza da quelle parti, fatto di furtarelli, vetri di edifici rotti, auto rovinate, nel più lussuoso dei casi anche una bella rissa. Non ricordo bene, però, se ha parlato della nostra banda. 

Insomma, è chiaro che quel genere di cose non si possono fare da soli. Sono essenzialmente delle ridicole prove fatte per dimostrare agli altri di essere fighi, di non aver rispetto degli altri e men che meno timore della polizia. E poi la presenza di altri che ti guardano dà un coraggio che da solo non avresti, per quel genere di prodezze. 

Dunque la prima cosa che avevamo fatto, quando avevamo iniziato a darci da fare in quel settore, era stato inserirci in un piccolo gruppetto di teppisti. Tre ragazzi e una ragazza: tre venivano da famiglie piuttosto incasinate, un altro non aveva alcun problema se non la noia e un probabile disinteresse da parte della famiglia. Tutti con una gran voglia di autoaffermazione attraverso le botte, gli insulti e gli oggetti rotti, nessuno di loro molto intelligente. 

Era stato relativamente facile convincerli che quei due tipi scappati dal manicomio e dalla famiglia piena di soldi ci somigliavano davvero tanto, alcuni poliziotti ci avevano anche rotto le balle per questo, e se qualcuno di loro non si era convinto, si teneva il sospetto per sè, visto che da quando ci eravamo uniti al gruppo si facevano un sacco di figate in più. Insomma, nelle altre bande non c'era mica uno come Ray, che poteva distruggere e sbriciolare un sacco di cose a mani nude, o una come Anita, che pareva portare una sfiga allucinante o conoscere un bel po' di trucchetti, visto che quando augurava qualcosa di male a qualcuno puntualmente ciò avveniva. Parevano avere quasi dei poteri magici. 

E non sconvolgetevi se abbiamo usato i nostri poteri davanti a dei comunissimi mortali, avevano talmente poca immaginazione che la Foschia nemmeno si prendeva la briga di funzionare con loro. Solo Gabe una volta mi chiese se avessi fatto un patto col diavolo, per riuscire a menare tanta sfiga alla gente, e io gli risposi che sicuramente era così. 

Insomma, eravamo riusciti a farci accettare senza troppi problemi in un gruppo già consolidato, cosa che di norma è tanto difficile da rasentare il leggendario. 

Bene, ora che vi ho fatto più o meno capire che tipi fossero i nostri nuovi 'amici', torniamo alla data del diciotto novembre. Setne aveva fissato per i primi di dicembre l'assalto che è stato visto programmato nel capitolo scorso, in quanto il Campo sarebbe stato piuttosto sguarnito, preferibilmente con qualcuno malato. Noi avevamo continuato con le consuete attività: giro di scommesse con i furti, vandalismo e spionaggio su vari fronti.

 Certo, per andare a far casino con i teppisti era giocoforza allontanarsi dal Campo, e la cosa aveva fatto preoccupare non poco Chirone: in fondo, eravamo pur sempre mezzosangue, preda prediletta dai mostri, e per di più ricercati dalla polizia. Ma era bastato convincere alcuni ragazzi della casa undici che avremmo preso nota delle misure di sicurezza di vari negozi, mentre ci godevamo un po' di libertà nel mondo mortale, per avere un fedele gruppetto di delinquenti esperti pronti a coprire le nostre fughe. I nostri atti di teppismo potevano svolgersi a tutte le ore del giorno, tanto trovavamo sempre qualcuno della banda in giro. Per qualche sassata alle auto, un paio di persone andavano anche bene.

 La sera del diciotto, però, avrebbe dovuto segnare l'inizio di un periodo di prede un po' più ambiziose: un imprenditore amico del padre di Pete (quello ricco e annoiato) avrebbe visitato alcune zone nei pressi della periferia dove i restanti di loro vivevano, andandoci naturalmente con la sua bella auto di lusso. Nel nostro gruppo, tutti ormai sapevamo come far partire un'auto collegando i fili. 

Gliel'avremmo fregata, avremmo fatto il giro dei locali con quella per fare giustamente i fighi, e poi l'avremmo rivenduta a un buon prezzo. Una figata colossale, altro che le solite sassate ai vetri. Ci avremmo guadagnato una cifra. 

Certo, era un bel passo avanti anche per me e Chad: quei tizi promettevano di diventare delinquenti fatti e finiti, non avevamo che da incoraggiarli. Che persone orribili siamo, eh? 

Comunque, quella che doveva essere una bravata più grossa del solito, e invece finì con due schieramenti rimasti a bocca asciutta del loro asso nella manica, iniziò davvero alla grande per il nostro gruppo di teppisti: l'auto del pezzo grosso arrivò come previsto, fu posteggiata davanti a una palazzina malridotta e ne uscì il pezzo grosso stesso.

 "Che figata" commentò Gabe. Per una descrizione più accurata di 'figata', si intendeva una Mercedes verde scuro, con un piccolo logo rosso in prossimità di una portiera. Così piccolo e col buio, non riuscimmo a vedere bene cosa dicesse.

 "Oh, ma c'è qualcuno lì dentro" notò Tessa, l'unica altra ragazza del gruppo.

 "Quel bastardo ha l'autista! Ma porca la miseria ladra, anche se caga soldi potrebbe anche guidare da solo!" brontolò un Chad molto calato nella parte.

 "Che volete fare, rinunciare?" chiese Pete, guardandoci dubbioso.

 "Ma col cavolo!" replicai io. "Metti che ci venga un colpo di fortuna. Che so, quell'autista potrebbe essere un grandissimo cretino che a un certo punto parte per i cavoli suoi, così che possiamo dargli motivo di farsi cazziare dal capo"

 Un po'mi dispiaceva per quel pover'uomo, che magari aveva lavorato onestamente per tutta la sua vita, ma era per una giusta causa. Neanche tre minuti dopo, l'autista uscì dalla vettura, si guardò attorno per controllare che il capo non fosse nei paraggi, chiuse l'auto e si allontanò a passo svelto. Evidentemente, pensava di tornare presto per non farsi beccare. Tanto valeva che se la prendesse comoda, le cose gli sarebbero andate male ugualmente.

 "Cazzo, Nita, ci hai preso alla grande! Che culo!" commentò Rob, che naturalmete non poteva sapere che si trattava di sfiga purissima. 

Ci  precipitammo alla vettura, forzammo le portiere dell'auto - si sarebbe un po' sciupata per il momento della vendita, ma passi, almeno l'avremmo venduta - e ci infilammo dentro, inzuccandoci peraltro discretamente nella fretta. 

"Ahia, cazzo, levati dai cogl ..." 

"Non sai che le ragazze vanno fatte entrare per prime? Ti sta bene!" 

"Zitti e dentro, cazzo!" sbottò Gabe, mettendosi al posto di guida. Chad riuscì a piazzarsi sul sedile del passeggero, noialtri quattro ci stipammo come sardine nei sedili posteriori. 

"Cioè, oh, ma almeno chiudiamo Pete nel bagagliaio così ci stiamo più comodi ..." borbottò Tessa.

 "Fanculo, stracciona" 

"Fanculo, ricchione"

 "Dove andiamo adesso?" inquisii, interrompendo i discorsi filosofici che fluttuavano attorno a me. 

"C'è un night dalle mie parti dove si sbarella alla grande" annunciò Gabe.

 "Nel night c'è merda adatta solo ai maschi" obiettò Tessa. 

"Fotte sega" fu la galante risposta.

 "Ray, fregagli il volante e trova qualche altro posto" proposi, ben sapendo che il mio compare avrebbe rifiutato. Vi pare che avrei proposto di distrarre un guidatore, altrimenti? Uno come Gabe, poi ...

 "Col culo" fu difatti l'educata risposta che sentii. 

Insomma, questa digressione, oltre a darvi un assaggio del clima aulico che circolava in quel gruppo, serve a spiegare come mai ci trovassimo da quelle parti. Quello che mi sorprende, e che non è mai stato spiegato adeguatamente, è cosa ci facessero Percy e Annabeth da quelle parti. Mi auguro solo che steste andando verso una strada molto migliore! 

Comunque, sappiate che fu solo la vostra presenza lì la miccia che innescò tutto il casino di quella notte. Non sarebbe successo niente e l'attacco si sarebbe verificato ai primi di dicembre, se voi non foste stati lì, e soprattutto non fosse stato lì Percy. Sul serio, caro il mio figlio di Poseidone, chi te l'ha fatto fare di riconoscere la vettura come una di quelle della Dare Enterprises, e dedurre che era stata rubata non appena ci hai visto sopra un mucchio di teppisti? 

"Ehi, voi! Quella è un'auto di rappresentanza!" si mise a urlare il soggetto cui ho appena rivolto quest'appello, mettendosi a correre verso di noi. Io mi sentii gelare non appena capii di chi si trattava. 

Se ci avesse visti e riconosciuti, sarebbe stata la fine per noi. Non dico che avreste scoperto del nostro triplo gioco e del lavoro per mantenere il kosmos, ma di sicuro la nostra facciata da bravi ragazzi del Campo sarebbe crollata. Tutti avrebbero pensato di capire a cosa mirassero le nostre frequenti uscite, e ci avrebbero piazzato un qualche tipo di controllo per non farci uscire dal Campo.

 E, cosa ancora più importante, quelli di Setne sarebbero venuti a sapere cosa stavao combinando. Avrebbero apprezzato le nostre attività ancor meno di voi, visto che il loro programma era formalmente l'eliminazione del male dal mondo. Dovevamo assolutamente impedire che ciò accadesse. 

"Ma che cazzo vuoi?!" urlava nel frattempo Gabe a Percy. I ragazzi erano già usciti tutti e stavano cercando di tenerci chiuse dentro, come logica e matura risposta all'asserzione, da parte di Tessa, che i gentiluomini dovrebbero aprire le portiere alle ragazze. Chad, quindi, era pienamente esposto, mentre il mio viso era molto meno visibile. Dovevo dunque concentrare l'attenzione su di me.

 "Dannazione, mezzosangue!" gridai, facendo nel contempo una contorsione assurda per portarmi sul sedile del guidatore. "Via di qui!" 

"Che cazzo dici?" fu la risposta di Tessa.

 "Chi sete voi due?" urlò invece Percy, estraendo già la sua penna a sfera. Non risposi nulla e partii a tutta velocità, cercando di fingere di saper guidare. Per poco non finii sul marciapiede, sterzai e riuscii a riportarmi in strada, anche se a costo di ammaccare una Ford.

 "Che cazzo stai facendo?!" strillò Tessa a voce altissima. 

"Ci salvo la pelle, non li hai visti quei due? Ti sembrano i tipi da lasciarci  a sistemare quei ragazzi senza spedirci nel Tartaro?!" 

Tessa non disse nulla e si limitò a fissarmi terrorizzata, ormai convinta della mia insanità mentale; Percy, invece, capì esattamente quello che volevo lui capisse. 

"Empuse! Annabeth, salta su!" urlò, un urlo seguito dal suono di un motorino che partiva. Epperò: volevo che lui ci inseguisse senza degnare di uno sguardo i ragazzi, e oltre a riuscirci l'avevo anche indotto a delinquere. Un lavoro di lusso, avrei pensato in altre circostanze. 

Lasciando perdere Percy che in questo momento vorrà avermi lì per strozzarmi, vi dirò che quello non era esattamente il posto per pensare a quelle cose: stavo cercando di far andare quell'auto senza ammazzare nessuno, quando non avevo mai guidato in vita mia, con dietro Tessa che strillava e due semidei pronti a uccidermi scambiandomi per un mostro. Pregai solo che non avessero armi da lancio con loro, o saremmo state splendidamente fregate. 

Questo, naturalmente, finchè la situazione non degenerò ancora: Tessa, credendosi in balia di una pazza, decise che per salvarsi era necessario fare qualcosa di estremo, sicchè aprì la portiera e si lanciò fuori dall'auto in corsa. Con un'imprecazione questa volta davvero sentita, fermai di colpo l'auto e corsi da lei. 

Porca miseria, cosa le era venuto in mente, si era fatta ammazzare, no, si stava rialzando, ma aveva rovinato tutto, adesso ci avrebbero presi, mi avrebbero riconosciuta, no, no, c'era ancora una via di scampo! Afferrai Tessa per un braccio e la trascinai in un posto che pareva davvero un regalo della buona sorte. 

"Corri, forza, vuoi farti ammazzare?" le urlai, correndo verso un affollatissimo night club. Feci appena in tempo a entrare, prima di sentire il motorino che si fermava e i suoi passeggeri che ne scendevano di corsa. 

Ora, magari la scelta di quel posto vi può sembrare strana, date le vette di elevazione morale che vi sono tipiche. Ma bisogna tener conto di due fattori.

 Il primo era che, per quel genere di uscite, tenevo un abbigliamento veramente imbarazzante. Non guardatemi in quel modo, avevo solo copiato lo stile di Tessa per sembrare più credibile, e non mi sono certo divertita. Ci è voluto un colpo in testa con il piatto di Afanisis per persuadere Chad a smetterla di fare commenti, e qualche sonora sberla per tutti gli altri membri del gruppo. In più, ero anche truccatissima, quindi a vedermi da lontano non mi si sarebbe riconosciuta. 

In quel momento, la mia priorità era tornare al Campo a fingere di essere sempre stata lì, e non potevo certo farlo conciata in quel modo. E avevo pensato che in un night club ci sarebbero certamete stati dei camerini, dato che dubitavo che le cubiste andassero al lavoro già vestite in quel modo. Quindi avrei potuto fregare i vestiti di qualcuna di loro e tornarmene tranquilla dove sarei dovuta essere. 

Il secondo motivo, come ho già detto, era che il luogo era affollatissimo, per di più con poca illuminazione: il posto perfetto per far perdere le proprie tracce. Perciò, non appena fui all'interno del locale, abbandonai Tessa al suo destino e iniziai a farmi strada tra la calca, cercando i locali destinati al personale. Ci riuscii dopo più o meno dieci minuti: benedetto l'affollamento, o col cavolo che Percy e Annabeth mi avrebbero lasciata in giro così a lungo. 

E lì dovetti girare per ancora qualche minuto prima di trovare i camerini veri e propri e infilarmi nel primo che trovai. La sua proprietaria quel giorno si era recata al lavoro con jeans chiari, una maglia bianca e un cappotto color seppia: non propriamente il mio stile, ma per una notevole fortuna eravamo più o meno della stessa taglia. 

Mi cambiai più velocemente che potei, lasciando i miei vestiti da teppismo in omaggio alla signorina che avevo appena derubato, e corsi al bagno per lavarmi la faccia. Bene, eccomi tornata al mio solito aspetto seppur con qualche libertà nello stile, ed ero pronta a viaggiare fino al Campo Mezzosangue. Sennonchè la porta si aprì con un gran chiasso e Tessa fece irruzione.

 "Nita, mi spieghi che cazzo sta succedendo qui?!" strillò a voce altissima. "Perchè cavolo sei scappata così con la macchina? Chi diavolo sono quei pazzi? Si sono messi a minacciare tutti con fucili e pistole, sai?" 

Percy e Annabeth che puntavano delle armi contro qualcuno? Okay, qui qualcoxsa stonava parecchio. 

Corsi fino al corridoio che si affacciava sul locale vero e proprio, sbirciando appena da dietro la porta, tallonata da Tessa. Percy brandiva la sua Anaklusmos contro un bestione decisamente troppo grosso e muscoloso per essere normale. Gridava qualcosa a proposito di dove fossero finite le empuse. 

"Empuse? Ci ha chiamate così anche prima!" bisbigliò Tessa. "Che cazzo si è fumato questo qui?"

 "Parecchia ganja, e per di più è ossessionato con un videogioco" Percy e Annabeth, scusatemi se vi ho fatto passare per dei drogati, ma sul momento non mi veniva in mente nessun'altra balla possibile. "Esattamente come la sua morosa. Quando sono fatti, credono di essere all'interno del videogioco e non nel mondo vero ... sai, è una di quelle robe tipo fantasy, dove il protagonista deve combattere contro vari mostri, come le empuse, appunto. Hanno già combinato un sacco di casini, per questo" 

Tessa se la bevve fino all'ultima parola. D'altro canto era sempre più plausibile della verità. Comunque, dovevo ancora trovare il modo di liberarmi di lei, dato che, passi la Foschia, ma non potevo certo fare il vaggio nell'ombra sotto il suo naso.

 Prima che potessi ovviare anche a questo problema, però, il bestione con cui stava litigando Percy si decise a dare un a valida prova della propria natura non umana, facendo comparire dal nulla anche una palla di bronzo e scagliandola contro i due mezzosangue. Fu solo grazie agli dei che Percy riuscì a deviarla con Vortice e a spedirla dove non potesse far male a nessuno, perchè quella esplose e buttò giù un mezzo muro. 

"Oh cazzo, le molotov!" fu quello che Tessa capì della situazione. 

"Okay, quei fattoni hanno decisamente attaccato briga con le persone sbagliate" commentai io, mentre anche altri ragazzi iniziavano a lanciare in giro sfere esplosive. Fui tentata di uscire a dare una mano, ma mi resi subito conto che la mia presenza lì sarebbe sembrata davvero strana, specie data la precedente comparsa di un'empusa che mi somigliava molto. Tanto più che di punto in bianco nel locale si aprì un bel portale egizio, e Carter e Ziah ne vennero fuori. 

"Cosa state combinando qui?" urlò il primo ai due greci. Ma tu guarda ... qualcosa mi diceva che eravamo finiti nella zona di Brooklyn. 

"Un bel pub pieno di mostri! Vi va di rimanare qui a festeggiare?" gridò Percy in risposta. I due piccioncini egizi magari non saranno stati proprio i tipi da night club, ma quella volta accettarono l'invito senza discutere. 

"Anche loro parlano di mostri ..." mormorò un'allibta Tessa.

 Io scossi il capo. "C'è sempre qualche coglione che li asseconda, i tipi come loro"

 Ritornai al mio problema di scappare, dato che la cosa era anche più pressante per la presenza degli egizi.

 "Dunque, adesso ci conviene squagliare, visto che se ci beccano sono anche capaci di impallinarci. Facciamo così: tu vai a cercare un'uscita di emergenza, ci sarà di sicuro da qualche parte, e io resto qua a controllare che nessuno si faccia un giro da queste parti. Okay?"

 Per fortuna la delinquentella era troppo scioccata per rendersi conto di che piano stupido fosse quello, perchè si allontanò senza fiatare. Giusto in tempo per non vedere il muro di cui sopra crollare definitivamente, sotto l'assalto di una banda di enormi colossi con un occhio solo in mezzo alla fronte. In effetti qualcuno mi aveva detto una volta che Brooklyn era piena di ciclopi: dovevamo proprio essere da quelle parti. Comunque, non era che un incentivo ad andarmene di lì al più presto.

 "Eccone un'altra!" strillò un ciclope, indicando il punto dove stavo io. Mi ritrassi immediatamente, prima che qualcuno degli eroi presenti si facesse venire la bella idea di correre a salvare la mezzosangue sconosciuta. 

Corsi via a casaccio lungo il corridoio, lasciando perdere quanto avevo detto a Tessa, e il bestione non ci pensò su troppo a corrermi alle calcagna. 

"Ma vai a ..." esordii, quando qualcuno ebbe la bella pensata di venire a sbattermi contro. 

"Nita! L'uscita è ... oddio ce n'è un altro?!" 

Povera Tessa, quello che doveva essere un gran bel colpo si era trasformato in una serataccia per lei. 

"Corri!" le urlai, e lei si mostrò di una docilità e un'obbedienza davvero insoliti nel suo carattere.

 "E tu" tornai a rivolgermi al mostro. "Facci la grazia di farti ammazzare!" 

Per i primi istanti, non accadde nulla. Io e Tessa facemmo anche in tempo ad attraversare l'uscio di sicurezza e a precipitarci in un vicoletto affollato di bidoni della spazzatura. Iniziai a pensare che il mio potere avesse deciso di fare cilecca precisamente nel momento meno opportuno, ma poi una voce gridò: "Tenete duro, ci penso io!" 

Percy. 

"Tra i bidoni!" gridai a Tessa, quasi spingendocela. Non avevo affatto bisogno che il mio eroico salvatore  mi vedesse in faccia. E lì, finalmente, ebbi l'occasione propizia per svignarmela.

 Percy era concentrato, giustamente, sul ciclope, Tessa era accanto a me ma stava seguendo lo scontro. Era così confusa che probabilmente non si sarebbe accorta di una mia sparizione. Per giunta, era notte, e i bidoni ci riparavano anche dalla poca luce dei lampioni. Che finalmente le cose iniziassero ad andare per il verso giusto? 

Eseguii subito il viaggio nell'ombra, materializzandomi appena davanti alla capanna undici per non farmi beccare da qualcuno che per caso fosse sveglio ... e mi ritrovai in un cortile invaso da ragazzi che correvano in ogni direzione. Fu tanto che non mi venne un accidente; ma per fortuna nessuno pareva aver badato a me. Sembravano tutti troppo agitati per far caso a qualunque cosa non fosse la loro destinazione od obiettivo.

 "Ma cosa sta succedendo?!" chiesi, fermando una figlia di Afrodite, Lacy. 

"Come fai a non saperlo?! Ma dov'eri?!" strillò lei in risposta, prima di farmi venire il secondo mancato accidente. "La Casa Grande va a fuoco!"






Ladies & Gentlemen,

perdonate il ritardo, ma sono stata cinque giorni in gita scolastica in Sicilia e una settimana non è stata sufficiente a completare tutti i capitolo di sei storie. Almeno la gita è stata bella, guastata unicamente da un'overdose di chiese e da una Medea di Seneca il cui regista è riuscito nella mirabile impresa di rendere noioso un dramma su un infanticidio. Il cibo e la tragedia di Euripide, invece, erano fantastici! Una volta terminati i miei scleri, comunque, mi scuso per il linguaggio non proprio oxfordiano che avete visto sopra. Ma non potevo mettere dei teppisti e farli parlare come Manzoni, no? E adesso, è il momento dello spoiler! Nel prossimo capitolo, Chad dovrà gestire i teppisti, Regina, e l'improvvisa decisione di anticipare l'attacco. Concluderà prendendosi una fregatura colossale. 



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Capitolo 14
*** Overdose di casini e una gran fregatura finale ***











                                        CHAD

OVERDOSE  DI  CASINI  E  UNA  GRAN  FREGATURA  FINALE







Lasciamo un attimo perdere i posti malfamati in cui si infila Penelope e torniamo un attimo al punto in cui lei, pretendendo di salvare la situazione, si frega la macchina e parte via con la povera Tessa, trascinandosi dietro Percy e Annabeth. Ha omesso di dire che ha quasi stirato Gabe, nel corso di questa operazioni.
 Ma torniamo alla parte importante: io ero lì, con i miei teppisti che imprecavano in l'assenza di altre attività utili, la mia socia che stava squagliando su un'auto rubata, e due dei ragazzi più in vista del Campo che sfrecciavano al suo inseguimento. 
Ero abbastanza sicuro che non mi avessero riconosciuto: Penelope ha detto che noi ragazzi eravamo allo scoperto, ma ha casualmente dimenticato di aggiungere che durante quelle uscite io portavo sempre un cappello da baseball calcato praticamente sugli occhi. E senza distinguere i lineamenti del viso, come avrebbero fatto quei due a riconoscermi, con tutti i ragazzi di colore e i capelli da rasta che ci sono al mondo? Quella più scoperta, semmai, era lei. In tutti i sensi in cui vogliate interpretare l'affermazione, e lo ribadisco anche se adesso lei sta cercando di tirarmi addosso un manoscritto medioevale. 
Comunque, io ero rimasto lì impalato con Gabe, Pete e Jock, che cercavano di capirci qualcosa di quel che era appena successo. E naturalmente imbastire una buona scusa e rispedirli a casa era affar mio. 
"Cazzo, mi sa che le ragazze sono nella merda" fu il mio brillante esordio. 
"Che cazzo si è fumata Nita? Si è pure fottuta l'auto, quella zo ..."
 "Lascia perdere, non è neanche tutta colpa sua. Quelli lì sono dei suoi cugini, dei bacchettoni improponibili. Le hanno buttato nel cesso un sacco di serate buone. Scappare quando li vede, ormai, è un riflesso condizionato per lei"
 "Che?!"
 Capii di aver usato un eloquio troppo aulico. "Le viene immediato. Li vede, e scappa via senza pensarci" 
"Non me ne fotte un cazzo, ci ha fregato la macchina!" Gabe dimostrò la sua solidarietà con lei. 
"Che poi, una femmina che guida, ce la manderà a puttane nel giro di cinque minuti ..." Jock contribuì con affermazioni ad alto contenuto scientifico. Non lo dico per far piacere alle ragazze, eh, solo perchè avendo vissuto in un orfanotrofio prima e in un ospedale psichiatrico poi, non mi sono mai fatto una grande idea delle differenze in merito. 
"Ma cos'hanno detto quei due coglioni? Empuse?" Pete complicò ulteriormente le cose.
 "No, hai capito male: hanno detto 'impure'. Sono dei fanatici religiosi, sai" 
Sì, lo so, ho inventato una versione molto diversa da quella (improponibile) di Penelope, e ne abbiamo scontato le conseguenze la volta successiva in cui ci siamo riuniti con la banda. Ma non è cosa che vi interessi.
 "Comunque, mi sa che la serata è finita qui. Non mi va di andare da nessuna parte senza la macchina, e metti che il casino che ha fatto Nita ci attiri qualche sbirro. Non so voi, ma io me ne torno a casa e cerco di scoprire che fine hanno fatto"
 "Va be', va be', tanto senza l'auto la serata era rovinata" bofonchiò Gabe, e il nostro gruppetto si sciolse.
 Io me ne stavo beatamente andando verso l'angolo buio più vicino, quando fui richiamato indietro da una delle persone che meno mi sarebbe piaciuto sentire in quel frangente.
 "Chad!"
 "Regina?" fu quello che riuscii a mormorare a denti stretti, imprecando mentalmente in un modo da far sbiancare i soggetti di cui sopra. Possibile avere tanta sfiga? Adesso mi sarebbe sicuramente partito un bell'interrogatorio, sul perchè io, che avrei dovuto impegnarmi per rendere il mondo un posto migliore, mi trovassi in compagnia di quei delinquenti. E infatti: "Cosa ci facevi con tipi del genere? E cosa stavi dicendo a proposito dell'auto?"
 Io mi mordicchiai un labbro, imbarazzato. "Ecco ... è una specie di progetto collaterale a cui stiamo lavorando io e Penelope. Ci siamo lamentati tutti un sacco di volte di quanto sia difficile mandare i teppisti negli istituti di rieducazione, no? E noi abbiamo invece provato a sfruttarli a fin di bene. Li convinciamo a prendere di mira solo persone che lo meritino, e a dargli una lezione esemplare. Quell'auto, ad esempio, apparteneva a un investitore che specula sui terreni boschivi" 
Lei sospirò, guardandomi sconcertata, ma con tutta l'aria di credermi. Un buon risultato, visto anche che avevo dovuto inventarmi tutto così su due piedi. "Chad, capisco le vostre intenzioni, ma non potete fare così. Finireste per creare un gruppo di giustizieri esaltati convinti di poter decidere il bene e il male, sempre che li rieduchiate davvero. E poi, quelli che favorite sono pur sempre dei reati"
 "Ci spiace, ma volevamo vedere se funzionava prima di dirlo a voi" mormorai a testa bassa. Ehi, non dovevo esagerare, o sarei uscito da quello che di solito era il mio carattere.
 "Se avevate dei dubbi sulla nostra approvazione, non avreste dovuto farlo e basta" chiosò Regina. Poi, grazie agli dei, abbandonò il contegno da mestrina e si concentrò su faccende più pratiche.
 "Quelli che vi hanno scoperti sono Percy e Annabeth, vero? Avrete i vostri bei problemi a spiegare tutto al Campo ..."
 "Nessun problema. Penelope ha avuto l'idea di farsi passare per un'empusa e attirarli via. Se riesce a seminarli, siamo a posto: lei non si vedeva bene in auto e io avevo il cappello ben calcato. Cioè, in effetti è un piano che fa acqua da tutte le parti, ma in mancanza di meglio ..." aggiunsi, rendendomi conto di essermi forse complimetato un po'troppo con la mia socia. 
Regina parve molto interessata. "Se non hai urgenza di tornare immediatamente al Campo, suggerirei di seguirli. Questo posto è pieno di mostri, potrebbe succedere qualcosa a Penelope ... o a Percy e Annabeth, e anche se è brutto dirlo, sarebbe un caso piuttosto fortunato" 
Okay, cari amici in ascolto, lo so che fin qui Regina era sembrata una tranquilla e in fin dei conti buona, ma nella sede dei seguaci di Setne non è che si facessero brindisi alla vostra salute. Io, comunque, non gradivo molto l'idea di lasciare a Regina il compito di occuparsi di tutto - meglio essere informati subito se capitava un qualche cambiamento di programma - dunque non ebbi biezioni a seguirla.
 Feci bene, perchè a qualche isolato di distanza, che raggiungemmo seguendo le tracce di caos che il discreto passaggio di Penelope aveva seminato, trovammo un night club immerso nel caos più totale. A quanto potevamo vedere, c'erano almeno tre Lestrigoni, della razza del mio primo mostro, intenti a devastare il locale a suon di sfere incandescenti. A contrastarli c'erano Percy e Annabeth, con un bonus di due egizi saltati fuori da chissà dove. E Annabeth stava parlando al suo cellulare in tono concitato, affettando mostri con l'altra mano e chiedendo rinforzi. 
Sarebbe già stato uno spettacolo impressionante di per sè, ma le mie voci iniziarono a comunicarmi qualcosa di interessante. Uno dei Lestrigoni sarebbe stato trapassato da una lancia elettrica - probabilmente quella di Clarisse. Sapevo bene che sarebbe potuto succedere in qualsiasi momento, ma c'erano altri elementi che la rendevano una notizia stuzzicante. 
Primo: Annabeth stava chiamando rinforzi. 
Secondo: era inverno, e la maggior parte dei ragazzi preferiva passare le vacanze natalizie con la famiglia anzichè al Campo. 
Terzo: una delle condizioni favorevoli identificate per l'attuazione del piano, nonchè il momento per cui la data era ai primi di dicembre, erano le poche presenze al Campo.
 Non sarebbe stato il caso di anticipare un po' le cose? Ci avrebbe portato qualche vantaggio? 
Ehm, no. Le mie deduzioni erano state davvero brillanti, ma purtroppo non avrebbero avuto nessuna utilità. Per la buona riuscita del piano, era preferibile che io e Penelope fossimo a conoscenza l'uno dei movimenti dell'altra - vedete anche che casino era successo la volta prima per questo motivo - e per di più lei diventava una lagna quando non era consultata su qualcosa. No, meglio abbandonare l'idea. Peccato, perchè sarebbe potuta essere davvero buona, con i ragazzi di Setne incerti su cosa fare davvero ... tutta colpa di Penelope.
 "Leviamoci di qui alla svelta" dissi a Regina. "Tra poco arriverà qualche buon combattente dal Campo. Un Lestrigone sarà ammazzato da uno di loro e ... oh cavolo, mi sa anche qualcuno di quelli" 
Un nutrito gruppo di individui con un occhio solo stava marciando spedito verso il locale. E dalle armi che li avrebbero uccisi, potevo capire che Clarisse non sarebbe stata la sola ad arrivare. 
Avevo fatto l'errore, però, di sottovalutare Regina: per colpa del suo carattere schivo e poco intraprendente, non avevo considerato che avrebbe potuto raggiungere vette di deduzione pari alle mie. In altre parole, non mi aspettavo che le sarebbe venuta la stessa idea che io avevo scartato.
 "Davvero?" chiese, nascondendosi con me in un vicolo per non essere notata dai ciclopi. "Il Campo resterebbe ancora più sguarnito che a dicembre. Si potrebbe anticipare e attaccare immediatamente" 
"Non mi sembra proprio il caso" replicai. "Troppi casini per concentrarci tutti insieme, e poi ci serve l'approvazione di Setne, almeno questa volta. Quel famoso mostro marino lo deve mandare lui, ti ricordo"
 "Possiamo dirlo agli altri tramite gli incantesimi di Setne ..."
 "Sì, ma ti ricordo che possiamo usarli una volta sola. Non mi sembra il caso di sprecarli"
 "E a me non sembra il caso di sprecare una buona occasione. Contatterò solo Setne, per avere la sua approvazione, comunque" 
Be', così andava già un po' meglio. Mi augurai che Setne non si facesse venire strane idee. Regina, comunque, rimase in una sorta di trance per un po' - evidentemente, era così che funzionava la comunicazione tramite quell'incantesimo - e quando ne riemerse, mi diede quella che naturalmente era la peggior risposta possibile. 
"Mi ha risposto Luciano, non so perchè non abbia contattato direttamente Setne. Deve esserci stato un qualche disguido ... comunque, ci ha parlato lui con il capo. Abbiamo la sua approvazione, e arriverà il nostro mostro marino. Lui dice che chiamerà Mortimer, tu chiama Dakao e digli di avvertire chiunque non sia uno di noi quattro. Ci ritroveremo tutti davanti al Campo, e tu ci darai l'autorizzazione per passare"
 Come diavolo aveva fatto Regina a credere a Luciano? Disguido? Autorizzazione? Intercettazione, secondo me. Ero abbastanza sicuro che Luciano ne avrebbe trovato il modo, pur di far bella figura davanti al suo capo con un attacco a sorpresa ben combinato. Che sarebbe arrivato il mostro marino, però, era sicuro: Luciano era troppo sveglio per mentire e bypassare un passaggio così importante e funzionale. Bisognava che qualcuno avvertisse Penelope il prima possibile, serviva parecchia sfiga sulla spiaggia del Campo Mezzosangue. 
Una volta terminato l'incantesimo, che tra l'altro dava la sensazione di fluttuare nel nulla durante la comunicazione - una cosa utilissima nel caso arrivasse qualcuno di sgradito - effettuai il viaggio nell'ombra, portando con me Regina e arrivando al luogo convenuto. Lì mano a mano ci raggiunsero tutti gli altri, e venne fuori che nessuno si era sognato di avvertire Penelope: Dakao aveva chiamato Gaia, Gaia aveva chiamato Calvin, Calvin aveva chiamato Hazelle, e Mortimer, contattato da Luciano, era stato troppo cretino da ricordarsi che avrebbe dovuto fare una comunicazione anche lui. Pazienza, sarebbe tornata per conto suo - da sola o con degli arrabbiatissimi Percy e Annabeth - e avrebbe goduto del privilegio di piombare nel bel mezzo dell'azione. 
"Io, Chad Mist, vi do' il permesso di entrare" mormorai, e tutti fummo dentro. Ci precipitammo alle capanne, fortunatamente senza incrociare arpie di sorta, e Dakao piazzò un bel portale ben in vista, a uso e consumo di chi volesse credere che i confini del Campo non fossero poi così sicuri.
 "Okay, la benzina?" chiese Regina, con una frase che vi permetterà di venire a conoscenza dei nostri potentissimi incantesimi. 
"L'ho portata io, stai tranquilla. Mortimer, almeno dei fiammiferi te ne sei ricordato?" rispose Luciano. 
"No, ma ho l'accendino per le sigarette" fu la risposta, scortata dall'arnese in questione porto a chi poneva la domanda. 
"Sai che il fumo uccide?" fu la risposta di Gaia. 
"Sinceramente, ti sembra il momento adatto?" le chiese Hazelle, non senza ragione. Perlomeno la puzza di fumo che da qualche settimana a quella parte aleggiava frequentemente attorno a Mortimer aveva trovato un suo perchè.
 "Non importa, almeno è qualcosa. Adesso, alla Casa Grande! Appicchiamo il fuoco davanti alla porta di quella stanza, e poi ci nasconderemo dove a Chad parrà più opportuno. Regina, tu vai a creare il falso fumo, prima di venire da noi" 
Lei annuì rapidamente e corse via, precedendoci tutti.
 "Come farà a creare il fumo? E' una maga dell'acqua, non credo sappia creare simili illusioni" obiettai, allontanandomi con gli altri. 
"Metterà una pozza d'acqua calda sotto la finestra. Con un po' di fortuna, la gente sarà troppo agitata per accorgersi che si tratta di vapore e non di fumo" 
In pratica quel piano era basato più su trucchetti d'illusionismo che su magie vere e proprie. Del resto, in qualche modo dovevamo pure arrangiarci.
 Dopo esserci introdotti nell'edificio nel modo più silenzioso possibile, onde non svegliare Chirone al piano di sopra, raggiungemmo la porta, Luciano rovesciò a terra tutta la tanica, e Mortimer ci gettò sopra l'accendino. 
Partì una fiammata che per poco non ci arrostì tutti, ma ci costrinse in compenso a un ben poco silenzioso balzo all'indietro tra strilli di vario genere (da quelli terrorizzati alle imprecazioni di Mortimer per la perdita dell'accendino). 
"Via di qui!" sibilò Luciano, per poi fissarmi come a intimarmi di trovare una via di fuga alla svelta. Cosa non difficile: la Casa Grande era piena di stanze vuote dall'utilizzo non meglio specificato. O forse erano lì proprio per favorire eventuali nemici intenzionati a balzar fuori all'improvviso? 
Sentimmo dei passi di corsa, ma era solo Regina: nessuno poteva essersi accorto così rapidamente dell'incendio. Ci acquattammo tutti dietro la porta, sperando che nessuno ci intravedesse dalle finestre, e aspettammo che il casino si scatenasse. 
"Scusate ... credo che non ci abbia pensato nessuno ... ma se il fuoco raggiunge anche questa stanza?" fu l'osservazione di Gaia che per poco non fece partire diversi infarti.
 "Ci penso io, dovrei riuscire a gestirlo ... sarà fuoco normale" mormorò Regina. 
"Va bene che stano tutti dormendo, ma quanto gli ci vuole a rendersi conto che un edificio sta andando a fuoco?" mormorò Dakao. 
"Se vuoi essere il primo a urlare 'al fuoco', accomodati pure ... ero ironico, Mortimer!" riuscii a riparare appena in tempo. Aveva già ampiamente dimostrato che le sue vette di idiozia sfioravano punti a malapena concepibili, ma quello credevo che l'avrebbe capito.
 "Ma non si sbrigano! E mi dà sui nervi stare con le mani in mano!" rispose lui.
 "Stai zitto, se vuoi sentire il suono della tua salvezza" replicò Dakao. Effettivamente, in lontananza, iniziavano a sentirsi delle grida. Qualcuno si era finalmente accorto che l'edificio più grande del Campo stava bruciando. 
E Chirone? A causa del cambiamento di data improvviso, avevo rinunciato ad allontanarlo dal posto, come ci aveva suggerito Thoth. Speravo che si sarebbe accorto per primo che il posto in cui dormiva stava andando a fuoco. E invece, a quanto pareva, aveva il sonno pesante. Almeno adesso ci avrebbe pensato qualcuno a salvarlo, avremo evitato di trovarcelo sulla coscienza. Nonostante non avessimo legami particolari con il direttore del Campo, ci era sempre sembrata un'ottima guida. E poi, più semplicemente, non volevao sulla coscienza nessuno che non fosse un mostro e basta!
 Le grida si fecero sempre più vicine. e i passi e le porte aperte con gran chiasso non tardarono a seguire. Urla terrorizzate, ordini di trovare qualcosa con cui trasportare dell'acqua, invocazione a gran voce di Leo, la richiesta disperata del numero di cellulare di Percy. E in tutto questo, il terrore per la corona.
 "Come fa a star bruciando anche quella stanza, è protetta!" 
"Da dove credi che venga il fuoco? Sarà andato storto qualcosa con l'incantesimo della porta!"
 "Vatti a fidare di quell'egiziana ..." 
"Ma perchè Percy non risponde?! Cos'è impegnato a fare, porca miseria?!" 
"E noi non possiamo neanche entrare!"
 "Chi c'è al Campo che ha messo gli incantesimi? Bisogna toglierli per entrare!" 
"Leo! Sbrigati, c'è fuoco anche dall'altra parte!" "Allora devo entrare, non posso fare un comando a distanza!" 
"L'hai messo tu l'incantesimo del sonno? Bene, levalo subito!" 
"Hai trovato Percy?"
 "No! Io sto anche provando a chiamare l'egiziana, ma non risponde nemmeno lei ..."
 "E l'esercito di Setne? Vi siete dimenticati di quel portale? Saranno qui da qualche parte!" 
"E certo! Secondo te com'è che la porta ha dato di matto a quel modo? Devono aver incasinato qualcosa ..." 
Ecco che qualcuno dimostrava di avere un minimo di cervello. Bastava solo che, almeno per il momento, non guardasse proprio nella nostra stanza ...
 "Chirone! Oh dei, saranno andati da lui!"
 "Ma no, secondo me stanno aspettando che rimuoviamo gli incantesimi!" questo qua era sicuramente figlio di Atena.
 "Comunque sveglialo, non può non sapere che gli sta andando a fuoco la casa!" 
"Leo, devi trovare il modo di controllare il fuoco anche senza aprire la porta" questo era Jason.
 "Mi spiace, ma i miei poteri non arrivano a tanto. Con tutti quegli incantesimi di difesa, non riesco nemmeno a percapire la presenza del fuoco da quelle parti"
 Incredibile come le cose potessero essere interpretate in modo così distorto, ma andava benissimo, purchè a nostro vantaggio. Fu in quel momento che sentimmo anche la voce di Penelope. 
"Acqua! Qui!" stava gridando. Evidentemente era arrivata anche lei a cercare di estinguere l'incendio, o almeno a fingere di farlo. Ma il mostro marino? Aveva già incaricato Hazel e Nico di occuparsene, o era corsa lì senza dedurre nulla dal cambio di programma? La prima, mi auguravo sentitamente. L'unica cosa certa, era che stava aspettando che noi saltassimo fuori.
 "Basta, basta, arriviamo!" sentimmo gridare la voce di Annabeth. 
"Ma dov'eravate? Ecco, cara la mia egizia, togli quel fuoco, grazie! Anche tu ... Sadie, o comunque ti chiami! Togli quella roba per far essicare le piante!"
 "E Percy che fine ha fatto?"
 "Si è fermato sulla spiaggia, Nico e sua sorella erano lì svenuti ..." 
Ah, risolto il problema, Penelope si era già occupata del mostro. Ogni tanto qualcosa di valido poteva farlo anche lei. 
"Be', chiamatelo subito, se qui non serve acqua ..." 
"Questo fuoco è incantato apposta per resistere all'acqua!"
 "Ma alcune fiamme si sono spente!"
 "Attenti alla grande onda!" 
"Percy, aspe ..." 
Il rumore di acqua che si infrangeva sulle pareti ci informò tutti che Annabeth non era stata ascoltata. La cosa, naturalmente, non rimase senza conseguenze. 
"Dannazione, Testa d'Alghe, qui bisogna togliere tutti gli incantesimi! Il fuoco è anche dall'altra parte!"
 "E l'esercito di Setne sicuramente è qui da qualche parte, ad aspettare che noi apriamo la porta!"
 "Quelli li possiamo sconfiggere, ma non possiamo lasciar bruciare la corona!" 
Qualcuno, nel frattempo, prese la sua decisione: iniziò una cantilena che, in base a quelle che avevamo sentito negli ultimi tempi, doveva essere in egizio. Altre voci, questa volta anche greche, si unirono. 
"Chad, è stata un'idiozia lasciarti qui dentro, avresti dovuto raggiungerli già da prima" ragionò Luciano. Con tutto quello che avevamo combinato nessuno aveva preso in considerazione il fatto che io tecnicamente sarei dovuto essere un ragazzo del Campo, ma in quel momento concretizzai che Luciano aveva maledettamente ragione.
 "Adesso esci dalla finestra, corri a prendere un secchio d'acqua e precipitati lì. Dirai che Penelope ti ha appena contattato" 
Annuii ed eseguii. Per qualche generoso miracolo, nessuno era lì per assistere alla mia uscita - tutti all'interno della Casa - così potei correre fino al mare, trovare un Nico e una Hazel svegli ma molto intontiti, riempire un secchio che avevo trovato abbandonato per strada e correre indietro. Quando lo feci, scoprii che in quel lasso di tempo le cose si erano molto evolute. 
I ragazzi di Setne avevano ritenuto opportuno attaccare in quel momento, e ora la situazione non era più un tentativo di domare un incendio: era una battaglia vera e propria. 
Tralci d'edera completamente impazziti si arrampicavano sulle pareti e su chi vi era più vicino, non disdegnando quelli che proprio vi erano scaraventati contro dai tornadi prodotti dal bastone di Luciano o dalle sberle di Mortimer. Hazelle stava dimostrando una bravura notevole con la spada, Dakao era impegnato in un attacco decisamente feroce, usando solo i suoi artigli, con un Walt che si difendeva cercando di legarlo con bende di lino. Nel corso dello scontro, notai che queste scivolavano costantemente di dosso al demone: forse grazie al fatto che anche lui aveva seguito il sentiero di Anubi? 
Ultimo del nostro schieramento era Calvin, impegnato a sorprendere la sua ben più massiccia e preparata sorella Clarisse con un'inaspettata abilità col pugnale. 
L'aria era ancora piena di fumo, al punto che non capivo come si potesse combattere senza interrompersi per tossire, e di geroglifici luminosi. Malgrado la visibilità non eccellente, ogni tanto alcune frecce solcavano la cortina di fumo. Quanto alla porta, grande obiettivo di tutti, lo scioglimento degli incantesimi non doveva essere riuscito granchè bene, visto che sembrava in atto una tempesta elttrica proprio sull'uscio. O forse con tutta quella magia concentrata sulla stanza non poteva non reagire del tutto. 
Bene, e davanti a questo spettacolino, era il momento che anch'io mi buttassi nella mischia. I piani, intendo sia quello di Setne che quello di Thoth, prevedevano che entrambi noi ci fingessimo ancora dalla parte del Campo, dunque avrei attaccato quelli di Setne. Per loro fortuna, ero abbastanza bravo da mancare di poco un bersaglio. 
 Finsi di tirare un coltello a Luciano, lui tra l'altro fu abbastanza sveglio da rimanersene fermo, e la mia arma gli sfrecciò a un centimetro dal naso, mancando di poco anche Chris Rodriguez. Ne tirai un altro a lui, poi cambiai obiettivo per Dakao. 
Per una gran bella coincidenza non solo non lo beccai, il che era nei piani, ma il mio coltello andò a tagliare a mezz'aria una freccia scagliata da qualcuno di Apollo. Un risultato che avrei davvero voluto replicare, un giorno o l'altro. 
E qui fui costretto a fermarmi. 
Penelope stava piazzata immobile in un angolo della stanza, con gli occhi sgranati e fregandosene altamente di quisquilie come una battaglia in corso attorno a lei. Ma che diavolo stava facendo? Le era dato di volta il cervello? O magari si stava per beccare un attacco di panico o simili? In tal caso, mi conveniva andare a controllare che stesse bene ... avremmo potuto compromettere il piano, se fosse stato altrimenti. 
Spintonai chiunque mi si parasse davanti, che fosse dell'una o del'altra parte, e faticosamente riuscii a raggiungerla. Lei stava borbottando qualcosa che in mezzo a quella baraonda non si sentiva molto bene. Il che mi riportò alla mente un'altra situazione ... ma certo, io avevo già visto Penelope in quello stato ... ma porca miseria, proprio in quel momento?
 "Sì, sarà facile. Apparteniamo a quel posto" riuscii finalmente a sentire quello che stava borbottando. 
"Penelope!" la richiamai. "Non è il momento di mettersi a profetizzare!" 
Lei si voltò a guardarmi, ma dubitai che con quegli occhi sconvolti fosse concentrata su di me. 
"Fermare e non fermare!" gridò lei, a voce più alta, e attirando l'attenzione anche di altri. La sua espressione si stava facendo sempre più angosciata, come la volta precedente. "Fermare e non fermare allo stesso tempo! No, non sarà un dio chi varcherà le porte, ma mille volte meglio se lo fosse! Dalle messi farà sorgere guerra, si ucciderà da sè la parte avversaria! Fermatelo, o non fermatelo!" 
Penelope cadde a terra con quest'ultimo urlo. Chiunque fosse chi doveva essere fermato o non fermato, la battaglia almeno si era fermata con certezza: tutti, da una parte o dall'altra, si erano interrotti per guardare lei. 
Io non potevo fare a meno di chiedermi cosa diavolo avesse voluto dire, ma non era il momento di pensarci. Dovevo controllare come stesse lei, portar via la corona in qualche modo, e se c'era qualcosa su cui scervellarsi ci sarei riuscito benissimo anche dopo. 
Il primo punto della lista - controllare lei - si risolse senza troppi problemi: era solo svenuta, esattamente come la volta prima. Per quanto riguarda invece il prelievo della corona, invece, mi trovai davanti a un ostacolo di natura, diciamo così, ontologica.
 Bisogna infatti specificare che mentre io ero accorso da Penelope, gli altri avevano constatato che la porta, forse perchè non c'erano più incantesimi in giro, aveva smesso di essere attraversata da scariche elettriche. La conseguenza la si potrebbe immaginare anche senza essere stati lì: una vera e propria carica di entrambe le fazioni al'interno della stanza della corona, da cui però avevano iniziato a provenire imprecazioni e grida sconvolte. E io, una volta constatato che quella palla al piede fosse tutta intera, chi ero per non emularli? 
Mi feci largo nella calca brandando un coltello, strumento utilissimo per aprirsi la strada, e una volta che fui giunto nella stanza ed ebbi visto cosa c'era davvero lì dentro, non potei esimermi dal dare il mio contributo alle imprecazioni. 
Eccezion fatta per chi era appena arrivato, la stanza era completamente vuota. 






Ladies & Gentlemen,
chiedo perdono per l'ennesimo ritardo. Causa di quello di stavolta: matrimonio di una zia. E già che ci sono, vi dico subito che anche il prossimo aggiornamento tarderà e arriverà a tre settimane da questo, causa crociera. L'estate finisce sempre per essere il periodo dei ritardi per me ... troppi sconvolgimenti della routine settimanale a causa di viaggi vari. A ben pensarci, il periodo ufficiale dell'aggiornamento sarebbe quello scolastico, ma neanche lì c'è da fidarsi troppo: se non ritoardo, mi parte il computer (il massimo è stato l'estate scorsa, quando il computer mi è partito di ritorno da un viaggio). Okay, la smetto di delirare sugli aggiornamenti e vi lascio allo spoiler: nel prossimo capitolo, si scoprirà che fine ha fatto la corona, o meglio, le due fini che ha fatto.









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Capitolo 15
*** Molta depressione per nulla (tutta colpa di Chad) ***















                                          PENELOPE


MOLTA  DEPRESSIONE  PER  NULLA  (TUTTA  COLPA  DI  CHAD)







Svenire non è mai una bella esperienza. 
Nella maggior parte dei casi, il momento prima si è più o meno in piedi, anche se con un deciso senso di nausea, e il momento dopo ci si ritrova sdraiati a terra, con un gran mal di testa perchè naturalmente cadendo l'avete picchiata, e un certo indolenzimento generale. E questo negli svenimenti normali, quando non c'è calca e i passanti giustamente se ne fregano di voi che siete lì a terra. 
Figuratevi nel bel mezzo di una battaglia: quando mi ripresi, la prima cosa che concretizzai era di esser stata calpestata praticamente da chiunque. Ah, a parte qualcuno che mi stava ancora calpestando. Mi rialzai bofonchiando qualche imprecazione al suo indirizzo (il che mi permise di identificarlo in seguito come quel poveretto figlio di Nemesi che aveva avuto un attacco di diarrea fulminante nel bel mezzo della battaglia ed era stato costretto alla fuga) e cercai di capire cosa poteva essere successo.
 Ricordavo, appena prima di svenire, un gran senso di angoscia ... oh cavolo. Come la prima volta, il giorno del nostro arrivo al Campo, quando avevo pronunciato una profezia. Possibile che mi fosse successo di nuovo, proprio in mezzo a uno scontro? E cos'avevo detto? Qualcuno era riuscito a sentirmi? 
Ma non era quello ciò di cui mi dovevo preoccupare nell'immediato. Dov'erano finiti tutti? Perchè non c'era più nessuno in una stanza dove fino a poco prima aveva infuriato una battaglia con tutti i crismi? Ecco, sentivo ancora parecchio casino, voci che urlavano, imprecazioni ... mi rialzai a fatica e mi diressi fuori dalla stanza. 
Trovai l'intero Campo accatastato attorno alla scaletta che conduceva alla soffitta. Sembravano tutti agitatissimi, e non si vedeva traccia di qualcuno dell'esercito di Setne. In compenso, le voci dei ragazzi che sentii furono sufficienti a farmi venire un infarto.
 "Ma come diavolo ha fatto a distruggere quella corona?"
 "Come, era in soffitta? Ma allora hanno preso per i fondelli anche noi?  Maledetti stronzi, e noi ad affannarci ..."
 "Ma che gli è venuto in testa di distruggerla?" 
"Dice che non l'ha fatto apposta ..."
 "Una stanza fittizia, e la corona vera in un posto neanche protetto? Ma chi è l'idiota che l'ha pensata?" 
"Ma come hanno fatto a capirlo?"
 "Involontariamente un corno, io me ne renderei conto, se trasformassi in polvere qualcosa ..."
 Ecco, questa più di tutte fu la frase che mi fece prendere un colpo. Che aveva combinato Chad con quella corona? Aveva rovinato tutto il piano? E no, se ve lo state chiedendo, non pensai per un solo istante che potesse trattarsi di Walt. Io e il mio socio avevamo combinato troppi casini per non dare per scontato di essere implicati in qualche nuova cattiva notizia. 
"Adesso basta, ragazzi, calmatevi e andate tutti nell'anfiteatro!" Chirone, che non ricordavo fosse intervenuto in qualche momento dello scontro, decise di prendere il controllo della situazione. "Riceverete tutte le spiegazioni che vi dobbiamo, e anche Chad ci dirà come sono andate le cose"
 Ecco, ti pareva. Cos'aveva combinato quello stordito? Adesso stai a vedere che ci saremmo di nuovo trovati nei guai, perchè lui aveva preso una decisione di cui io non ero al corrente ... 
Mi spostai con la massa all'anfiteatro, luogo evidentemente deputato per le riunioni di tutto il Campo e non solo dei capi capanna. Mi ritrovai seduta sugli spalti come tutti, mentre Chirone tenne Chad vicino allo spiazzo, probabilmente per interrogarlo con più comodo. Nessuna possibilità di comunicare, quindi. 
Chirone si schiarì la gola, preparandosi a dare la sua parte di spiegazioni. "Come avrete tutti capito, la corona in realtà era in soffitta. Il nostro obiettivo era farla passare più inosservata possibile, confondendola tra i vari cimeli e senza mettere nessuna protezione particolare che potesse attirare l'attenzione. Quella, abbiamo preferito sviarla preparando una stanza completamente vuota alla quale apporre tutti gli incantesimi di protezione possibile. Pensavamo che se l'esercito di Setne fosse riuscito a infiltrarsi, avrebbe percepito un tale numero di incantesimi e si sarebbe immediatamente concentrato lì. Allo stesso modo, abbiamo preferito lasciare all'oscuro voi ragazzi. Ci è dispiaciuto farlo, ma non si tratta di mancanza di fiducia. Contavamo che accadesse quanto in effetti è accaduto a Penelope poco tempo fa: se qualcuno di voi fosse stato costretto a indicare loro la stanza, anche sotto minaccia di morte non avrebbe saputo dire loro il posto corretto" 
"Ma avreste dovuto porre una qualche difesa anche alla soffitta!" protestò un ragazzo di Atena. "Almeno avremmo evitato che ci entrasse chiunque"
"Come ho detto, non volevamo attirare l'attenzione" Chirone ritenne che questa spiegazione di tattica fosse sufficiente; dunque passò a interrogare Chad, permettendomi di capire una buona volta cosa fosse successo in quella soffitta. 
"Allora, Chad, cerchiamo di ricostruire come sono andati i fatti, va bene? Innanzitutto, come hai fatto a capire dove fosse realmente la corona?" 
"E' stata una specie di intuizione, credo" borbottò lui. "Diciamo che quando ho visto che la stanza era vuota, ho pensato immediatamente che in realtà quella corona doveva essere in un'altra stanza. Mi è subito venuto in mente che appena prima che aprissimo la porta, Penelope aveva pronunciato una profezia, e mi sono ricordato che una volta la sede dell'oracolo del Campo era proprio in soffitta. Mi sono detto che se quelle speci di attacchi profetici le erano ispirati da suo padre, magari lui aveva previsto cosa sarebbe successo e aveva cercato di darci un indizio. In fondo, lui è quello che sa sempre tutto, no?" 
Ma tu vedi che razza di stronzo mio padre! Dunque quelle maledette visioni, che mi facevano stare malissimo e poi non ricordavo neppure, me le ispirava lui quando gli andava? Anche nel bel mezzo di uno scontro? Ma grazie tante, davvero utile! Nel caso l'avessi incontrato, avrei avuto due paroline da dirgli. 
Che poi, un momento: Chad mi aveva ricordato che Moros era onnisciente, cosa a cui fino a quel momento non avevo dato troppo peso. Ma in parole povere, questo significava che lui sapeva del nostro triplo gioco. Oh dei, e allora cos'avrebbe fatto? Erano passati mesi da quando tutto era iniziato, e lui non aveva fatto nulla, probabilmente tenendosi la cosa per sè. In fondo doveva sapere anche le nostre motivazioni, e il fatto che noi in realtà agissimo per conservare il kosmos. Sperai ardentemente che fosse così ... e mi ripromisi di non dirgli proprio niente nel caso in cui l'avessi incontrato, inimicarsi uno che sapeva tutto e volendo avrebbe potuto indurre entrambe le fazioni a farci la pelle non era il massimo da un punto di vista strategico. Ma tu vedi che famiglia ... 
"Hai perfettamente ragione, Chad" continuava intanto Chirone, giustamente sorpreso che Chad mostrasse qualche barlume di intuito - probabilmente la cosa era stata suggerita da qualcuno di Setne. "E sei stato davvero bravo a pensarci. Poi cos'hai fatto?"
 "Be', è presto detto: mi sono precipitato in soffitta, credo di aver spintonato via qualcuno ..." 
"Me" sentii bofonchiare qualcuno che mi parve un figlio di Apollo.
 "Ho aperto la botola e ho individuato la corona. Non era esattamente nascosta, volevate farla passare per un cimelio tra i tanti?" 
"Avevamo anche preparato un falso cartellino che la identificava come il frutto di una battaglia di Alessadro Magno" ammise Chirone. Solo a me questo piano sembrava abbastanza ingenuo? O contavano su questo effetto per rendere più credibile la cosa?
 "Ecco. Solo che a questo punto mi è venuto spontaneo prendere la corona, pensavo di portarla al sicuro tramite un viaggio nell'ombra. E a quel punto mi si è trasformata in polvere tra le mani" 
Ecco la grande conferma: Chad aveva combinato il peggiore casino possibile. Distruggere qualcosa di così antico e potente, ma si può? Anche se capivo perfettamente che magari il suo potere gli era sfuggito di mano a causa dell'agitazione, non potevo fare a meno di biasimarlo: se ne fosse reso conto e avesse agito di conseguenza, evitando di toccare la corona! Adesso l'oggetto che da solo poteva determinare le sorti dello scontro, quello ambitissimo da entrambe le parti e necessario per la divinizzazione di Setne era andato perduto. 
Evviva Chad, ma che casino aveva combinato? Cosa sarebbe successo, ora? Che Setne rinunciasse a diventare un dio era possibile quanto che Zeus facesse voto di castità perenne e assoluta, quindi ci sarebbe stato sicuramente da aspettarsi un nuovo piano d'azione. E se ci fossimo andati di mezzo noi? Se Setne avesse voluto punire Chad in qualche modo? O peggio ancora, se la cosa avesse destato sospetti su di noi, se qualcuno avesse pensato che il mio socio l'avesse fatto apposta e avesse iniziato a fare indagini? 
Dovevo solo aspettare e vedere come regolarmi. Al Campo la gente non era troppo sospettosa, il clima prevalente era pensare che tutti fossero dalla stessa parte, anche se più o meno simpatici, finchè non saltavano fuori le prove evidenti del loro tradimento. Basti pensare che ai tempi della guerra contro Crono ci avevano messo tre anni pieni a sgamare una spia, quando avevano prove certe della sua esistenza! E no, ad essere più precisi non l'avevano neppure sgamata, era stata lei a decidere di confessare tutto.
 Nel gruppo di Setne le cose funzionavano diversamente. Certo, alcune persone, come Gaia, Regina, Calvin e Dakao, non avevano mai visto niente di strano in noi, e Mortimer era probabilmente troppo stupido anche solo per concepire l'idea di 'doppio gioco'. Ma soggetti come Luciano e Hazelle, per non parlare dello stesso Setne ... ecco, erano tutte persone naturalmente portate all'inganno, e dunque non vedevano niente di strano nel fatto che lo facessero anche gli altri. 
Senza contare che Setne doveva essere piuttosto cauto con le truppe di suo, Luciano aveva mostrato sospetti nei nostri confronti fin dall'inizio e magari ne aveva anche parlato alla sorella ... sì, probabilmente era quello il fronte su cui rischiavamo di più. Ma avremmo dovuto affrontarlo in seguito, adesso c'era quello del Campo a cui badare.
 "Sì, certo, l'hai sfiorata e si è polverizzata da sola!" commentò il figlio di Apollo che aveva parlato in precedenza. Ecco, appunto.
 "E che potevo fare? Non sapevo neanche di stare usando il mio potere ..."
 "Ah, ti sfugge di mano abitualmente? Mi sorprende che tu possa usare quei coltelli allora ..." 
"Ragazzi, adesso basta" intervenne Chirone. "Sapete tutti che i poteri di un mezzosague possono benissimo sfuggirgli di mano quando è particolarmente agitato. Sarà capitato a tutti almeno una volta. Recriminare non serve a niente: tutto quello che sappiamo è che ormia la corona è perduta, e dobbiamo regolarci di conseguenza" 
"Adesso Setne cercherà qualcos'altro" concluse Annabeth. Be', in effetti era improbabile che se ne sarebbe rimasto lì con le mani in mano a piangere la perdita della corona.
 "Ricordiamoci che ha ancora il libro di Thoth" le fece eco Carter. 
"Ecco, appunto. Il problema è che con la perdita della corona, abbiamo perso anche qualcosa su cui Setne dovesse concentrare le sue forze senza preoccuparsi di altro. Avendo la certezza di non poter più sfruttare la corona, si dedicherà completamente alla ricerca di un altro mezzo. E questa volta, non abbiamo il minimo indizio su cosa sia"
 "Non è detto" obiettò Sadie. "Possiamo fare altre ricerche, scoprire l'esistenza di cose simili ..." 
"Avremmo dovuto farlo anche prima" mormorò una Annabeth piuttosto mogia. Chissà se ci sarebbero riuscite? Io l'avrei probabilmente scoperto entro breve. Lo sguardo della figlia di Atena, però, si illuminò subito.
 "La profezia!" esclamò. "La profezia di Penelope ... non credo proprio che Moros gliel'abbia fatta pronunciare solo per suggerirci dove fosse la corona. Se ha previsto che quella sarebbe andata distrutta, forse ha cercato di dirci cosa avremmo dovuto cercare, e come sarebbero andate le cose"
 Quella frase riuscì a darmi  la netta impressione di essere una specie di canale trasmettitore per le profezie di mio padre, da accendere quando e come più garbava. Andavamo bene! Mi augurai che almeno la gente al Campo non iniziasse a considerarmi solo così. Se avessi incontrato Moros ... ora che ci pensavo, forse non avevo proprio voglia di incontrare un tipo del genere. Si prospettava come il tipo di genitore divino verso il quale è meglio mantenere un basso profilo e stare alla larga. Basso profilo, come no, un bel triplo gioco nelle tre fazioni che si giocavano qualcosa come l'equilibrio del mondo ... 
Mi ripresi da questi pensieri con la constatazione di essere al centro dell'attenzione generale. 
"Non ri ricordi niente neanche questa volta di quello che hai visto?" stava chiedendo Carter. Sua sorella gli mollò una gomitata. 
Io scossi la testa. "No, mi sono accorta solo di essere svenuta"
 "Ma le parole ce le ricordiamo tutti, no?" intervenne Chad, mi auguro con l'intento di togliermi da quella situazione poco gradevole.
 "Sì, qualcosa a proposito di qualcuno da fermare e non fermare nello stesso tempo" ricordò Jason. "Non è molto facile trovare un'interpretazione"
 Ne azzardavo una io: Setne. Il Campo Mezzosangue avrebbe voluto che lavorassimo per fermarlo, come tutti gli altri, e naturalmente lo stesso Setne ci avrebbe detto di non partecipare così attivamente, se non di sabotare proprio le operazioni. Ma avevo la lieve impressione che non avrei potuto spiegare le mie stesse parole ... limiti della preveggenza.
 "Parlava anche di qualcosa di peggiore di un dio che sarebbe uscito dalle porte, di una guerra sorta dalle messi, e di una parte avversaria che si sarebbe distrutta da sè" ricapitolò Sadie. "Tante belle cose carine!"
 "Per 'messi'  forse si intende Gaia" intervenne Miranda Gardiner, figlia appunto di Demetra. "Avete presente ... la nostra sorella che è nel suo esercito" 
A giudicare dal tono, sembrava che conoscesse bene Gaia. Chissà se la ragazza era stata al Campo, prima di passare dal lato di Setne? Miranda non sembrava comunque felice di parlarne ... e ci credo, una sorella nella fazione che stai combattendo non è il massimo per quanto riguarda i legami familiari. 
"Sarebbe in perfetto stile Oracolo" commentò qualcuno tra la folla.
 "E la parte avversaria che si distruggerà da sè?" fece notare Travis Stoll.
 "Se tutto quanto sopra era riferito a Setne, allora si tratta di noi" concluse Percy. "Non è una bella cosa, ma i motivi per uno scontro interno ci sono tutti, come ai tempi della guerra contro Gea" 
"Ma noi ci siamo alleati tra noi, no?" obiettò Carter. "Saremo anche diversi, apparterremo a culture che si sono scontrate tra loro, ma quello è il passato. E il presente comprende un fantasma che ci vuole tutti morti. Non dobbiamo permettere che semini zizzania tra noi, a nessun costo" 
Uh, ma che bel discorsetto pacifista stava venendo fuori. E in effetti, non mi era capitato poche volte di sentire al Campo commenti poco simpatici sugli egizi o i Romani, sebbene fossero i nostri alleati. Se Setne avesse voluto creare una lotta intestina, probabilmente ci sarebbe riuscito benissimo, in barba alla situazione di emergenza. Mi augurai che Percy e Carter avessero sufficiente carisma, all'interno delle rispettive fazioni, da tenere a bada i vari razzismi. 
"Sono perfettamente d'accordo con voi" annunciò Jason, dell'unica fazione che non si fosse ancora pronunciata in materia. "Roma non si tirerà mai indietro quando ci sarà un alleato da aiutare" 
"E infatti si è visto quando i giganti hanno attaccato" bofonchiò a bassa voce qualcuno alla mia destra. Per l'appunto.
 "Sì, insomma, scusate il pragmatismo, ma a parte rimanere uniti cosa possiamo fare con questa profezia?" intervenne Sadie. Sensibilissima ai grandi discorsi sulla pace tra i popoli, la mia amica! 
"Cercare di capire a quali porte si riferisca" replicò Annabeth. "Le Porte della Morte? O le porte D'Oriente e Occidente egizie?"
 "Io sospetterei la prima" intervenne Ziah. "Non so che genere di cambiamento potrebbe effettuare, all'interno della Duat. Mentre, se non sbaglio, attraverso le Porte della Morte potrebbe tornare in vita"
 "Eccome se potrebbe" fu la risposta di Chirone. "Ma dovrebbe prime strapparle al controllo di Thanatos. E non credo che il fantasma di un essere umano abbia poteri paragonabili a quelli di Gea"
 "Ma è sveglio, è pieno di risorse e ha il libro magico più potente e pericoloso dell'intera civiltà egizia" replicò Carter. 
"Dici poco" fu il commento di Percy. "Bisognerà allertare gli Inferi, chiedere ad Ade di intensificare i controlli ..."
 "Metodo sicuro per farvi mandare a quel paese, ha già un sacco da fare con la sicurezza" borbottò Nico, seduto tra i gradini più bassi. Non avevo visto che ci fosse anche lui, e il suo solo intervento mi fece sentire in colpa. 
Quando ero arrivata al Campo e avevo scoperto che l'attacco era già iniziato, la mia prima reazione era stata correre verso il mare, per controllare se ci fosse il mostro marino. Ero riuscita a intercettarlo quasi subito: un enorme bestione dalle squame marroni e la facoltà di parlare, cosa, quest'ultima, che le permetteva di dimostare una personalità da adolescente in crisi ormonale. Tra l'altro, con una vocetta acutissima e irritante, con cui si era immediatamente dedicata a proferire allegre minacce di morte nei miei confronti.
 Avevo risposto augurandole di essere mandata nel Tartaro da Hazel Levesque e Nico Di Angelo, per poi filarmela di corsa e non essere vista dai due che sarebbero presto sopraggiunti. Mi ero nascosta per seguire lo scontro e accertarmi che andasse tutto bene, e per qualche istante avevo temuto che così non sarebbe stato. 
Nico e Hazel ce la stavano chiaramente mettendo tutta per far sprofondare quel mega serprnte, ma forse era troppo grosso o troppo potente, perchè resistette molto bene ai loro tentativi di aprire il suolo. Ma alla fine tutta la sabbia sotto di lei era crollata, facendola precipitare in un'acuta minaccia di morte rivolta ad un generico 'mezzosangue'. Me, probabilmente.
 Quanto a Nico e Hazel, erano crollati svenuti prima ancora che il mostro sprofondasse del tutto, e qui veniva la parte che originava i miei sensi di colpa. La mia prima reazione al vederli svenuti, infatti, era stata correre ad aiutarli, ma poi mi ero trattenuta. L'incendio era ancora in corso da un'altra parte, e non potevo rimanere all'oscuro di ciò che stava succedendo. 
Però Nico e Hazel potevano essere messi veramente male, e non sarebbe stato giusto mollarli così ... ma c'era della gente che stava arrivando alla spiaggia, arebbero potuto occuparsene loro. A me non conveniva perdere troppo tempo. 
Era stato per quello che me ne ero andata, ma continuavo a sentirmi dispiaciuta ... loro erano sempre stati amichevoli nei nostri confronti, non era stata una bella cosa lasciarli senza prendersi la briga almeno di controllare come stessero. Okay, okay, la chiudo subito qui, o finisce che a forza di urlare che razza di ipocrita io sia rimanete senza voce.
 L'obiezione di Nico era stata reputata ragionevole, ma dare sui nervi ad Ade era stato  comunque considerato un prezzo ragionevole pur di scongiurare l'intrusione di Setne negli Inferi.  Ritenuto concluso, in un modo o nell'altro, questo argomento, e prese le debite precauzioni, si passò al seguente:porca miseria, l'esercito di Setne aveva creato un varco nella Duat, allora i confini del Campo non erano così sicuri! 
Invece lo erano eccome, ma lo reputai un dettaglio trascurabile che potevo tranquillamente omettere. Comunque, suppongo vi ricorderete tutti che la decisione di organizzare ronde notturne fu presa in quell'occasione. Non sarebbero servite a nulla, se non a rovinare le notti di sonno dei ragazzi del Campo, e anzi, per quanto riguardava noi, avrebbero potuto esserci d'ostacolo. D'ora in avanti, avremmo dovuto fare tutti i viaggi necessari nella capanna di Ermes, con il rischio di teletrasportarci direttamente addosso a qualcuno che dormiva. Movimenti altamente top secret, certo. 
Comunque la riunione finì lì: Chirone ritenne preferibile congedare quel nutrito numero di ragazzi morti di sonno per avere, in rapida successione, domato un incendio, combattuto contro un piccolo manipolo di nemici e atteso a una riunione piena di cattive notizie, rimandando il turno di guardia alla sera successiva. Io e Chad, naturalmente, non ci pensammo nemmeno a dormire: era implicito che saremmo dovuti andare al rifugio di Setne, e discutere degli eventi della serata pure con loro. 
Ci preparammo dunque all'ultima volta in cui avremmo potuto viaggiare nell'ombra fuori dalla capanna in tutta sicurezza; e io lo feci mollando una gomitata a Chad e commentando "Certo che in un modo o nell'altro tu i casini li combini sempre, eh?"
 Per tutta risposta ricevetti un gran sorrisone compiaciuto. Prima che potessi mollargli una nuova gomitata o chiedergli che diavolo avesse da sorridere, lui sparì, e io dovetti fare lo stesso. Non appena l'esercito di Setne concretizzò il nostro arrivo, comunque, gli capitò ben peggio, perchè si ritrovò sommerso dalle urla e dalle imprecazioni di quasi tutti i membri.
 "Ma cosa ti è passato per la testa di distruggere la corona!" strillò un'agitatissima Regina.
 "Perchè l'hai fatto? Ci serviva!" le diede man forte Calvin. 
"Mi dispiace, vi giuro che non l'ho fatto apposta ..." erano i suoi tentativi di giustificarsi.
 "E come diavolo hai fatto a non farlo apposta?!"
 "Lasciate perdere" rispose Dakao a bassa voce. "La magia della morte è facilissima da lasciarsi sfuggire di mano" 
Ahi, e lui ne sapeva qualcosa. La sua affermazione sortì il risultato di allarmare Gaia, che da quel momento si dedicò a difendere Chad come poteva, probabilmente più per Dakao che per lui. In effetti per il nostro povero demone non doveva essere foriera di bei ricordi, quella situazione ...
  "La volete finire, per cortesia?" chiese Luciano, con una tale calma che da sola bastò a riportare l'ordine. Feci appena in tempo a chiedermi perchè non avesse parlato prima, che mi risposi da sola: probabilmente voleva dare loro una valvola di sfogo. Ora forse sarebbero stati meno tesi rispetto a quando era arrivato Chad e avevano da sfogare diversi  minuti di confusione totale e probabilmente trattenuta, non avendo nessuno a cui fare domande. Questo trucchetto dovevo segnarmelo, metti caso che mi capitasse una situazione simile. 
"Non credo che vi convenga più di tanto continuare a chiedere di quella corona" annunciò Hazelle, sopraggiungendo con un gran sorriso. "Setne è nell'altra stanza, e vuole parlare a tutti noi" 
Okay, le ipotesi erano due: o sarebbe partita una mega sfuriata a Chad, o ci sarebbe stato illustrato il nuovo piano. Tra i borbottii di chi non si rassegnava ad assolvere del tutto il mio socio, entrammo nella stanza.
 Setne era seduto all'estremità di un lungo tavolo, e sorrideva sventolando un foglio di papiro. "Okay, ragazzi. Adesso, se non siete troppo stanchi, vi va di sentire almeno i passaggi fondamentali del piano B?"

Non abbiamo intenzione di parlare adesso di quel che Setne organizzò quella sera. Primo, perchè le sue conseguenze le avrete tutte fin troppo chiare, secondo, perchè neppure lui ci disse tutto in quella specifica occasione. Come aveva detto, ci presentò solo le linee generali del piano, e omise quell'insignificante dettaglio che tanti casini avrebbe creato alla vostra fazione. 
E come abbiamo premesso all'inizio della registrazione (così mi pare di ricordare) qui si parlerà solo di come la corona sparì dal Campo. E tutti starete pensando alla nostra versione che sfoderammo dopo, quella che in realtà al Campo fosse stata portata una normalissima corona, potentemente incantata per farla confondere con quella vera di Tutmosi, e che quella autentica fosse ancora nascosta in Egitto, pronta ad essere ritrovata.
 In realtà, era una bugia anche quella: la corona rubata al museo e quella delle rovine di Alessandria erano la stessa. Come questo sia possibile, ve lo spiegherò ora. 
Non appena riapparimmo davanti alla capanna di Ermes, stanchi morti per tutto quello che era appena successo e pensierosi per le notizie appena ricevute, mi voltai verso Chad. 
"Temo che adesso ci toccherà andare pure da Thoth" borbottai. 
"Sicuro" mi rispose lui con uno sbadiglio. "Ma prima dobbiamo fare un salto in soffitta ... sai, dobbiamo recuperare la corona" 
Stravolta com'ero, ci misi qualche secondo a concretizzare cos'avesse appena detto. "Cos ... ma tu la corona l'hai distrutta!" 
Lui mi rivolse lo stesso sorriso che aveva fatto prima di andare da Setne. "E' quello che ho detto. Ma, sai ... nessuno ha badato al fatto che ero da solo, quando sono arrivato in soffitta. Ero riuscito a battere tutti sul tempo, credo che avesse fatto questo collegamento anche Luciano e qualche figlio di Atena, ho dovuto mollare un bel po' di gomitate per passare in pole position" 
"Viva la discrezione" riuscii a borbottare. 
"Zitta, ascolta e ammira. Quando sono arrivato lì, ho fatto un piccolo gioco di destrezza. Ho infilato la corona in un cassetto, e ho polverizzato il primo oggetto che mi è capitato sottomano. Quelli che sono arrivati lì mi hanno trovato con un'espressione da cane bastonato e le mani sporche di cenere, pronto a confessare l'incidente" 
Ero sbalordita. Non so se più dal fatto che Chad avesse dimostrato un barlume di intelligenza, o dal fatto che io fossi rimasta all'oscuro di tutto, quando avevamo già concordato che avremmo dovuto essere sempre  conoscenza dei rispettivi movimenti.
 "Ma cos ... ma perchè non me l'hai detto prima!" sbottai.
 "Non c'era tempo per farlo prima della riunione nel Campo. E per quanto riguarda la riunione da Setne ... be', avevo visto la tua splendida espressione in stile funerale, e mi sono detto che, se tu fossi stata all'oscuro di tutto, non avresti dovuto recitare e saresti stata molto più credibile. Adesso mi pare che tu abbia sclerato abbastanza, quindi inizia pure ad ammirarmi per l'acume dell'idea e la velocità di ideazione ed esecuzione del piano, visto che Luciano è entrato pochi secondi dopo di me"
 Io ero semplicemente sbalordita. Cioè, questo tizio prendeva inizative a mia insaputa, le manteneva tali di proposito (sapeva benissimo che recitavo bene almeno quanto lui, se non di più!) e poi pretendeva pure i complimenti?! 
"Chad, ma vai all'inferno!" fu il mio complimento.





Ladies & Gentlemen,
quanti di voi, a inizio capitolo, si sono lasciati fregare dallo stratagemma di Chad? Be', checché ne dica Penelope, in fondo è anche stato bravo. Qualcuno avrà capito, però, che con questa storia siamo quasi al termine: con il prossimo capitolo sarà chiusa. Ma non preoccupatevi: ci saranno ben due sequel, e se riuscirete a sopportarli, saprete nel dettaglio tutte le avventure dei nostri eroi e cos'abbiano fatto, di preciso, per farsi tanto odiare dagli eroi riordaniani. E ora, spoiler su quest'ultimo capitolo: la corona troverà una collocazione, e verrà svelata almeno parte del piano B di Setne.

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Capitolo 16
*** Troviamo una collocazione adeguata per una corona dai poteri micidiali ***


TROVIAMO  UNA  COLLOCAZIONE  ADEGUATA  PER  UNA CORONA  DAI  POTERI  MICIDIALI







E fu così che il giorno dopo persi una delle famose scommesse con i figli di Ermes e mi ritrovai costretto a passare tutta la giornata ai Campi della Pena. Giuro. E' anche stato difficile infilarsi là dentro senza farsi beccare dai demoni della sorveglianza, non credo avrebbero apprezzato le mie motivazioni per essere lì.
 E questo dopo aver salvato la situazione e portato in salvo la corona, senza per questo compromettere il doppio gioco! Valla a capire Penelope. Tanta grazia che non mi ha ammazzato direttamente, con quell'augurio. 
Comunque, la cosa ebbe i suoi risvolti più o meno positivi: feci un sacco di nuove conoscenze interessanti là dentro, di quelle che mi sarebbero tornate utili in seguito, e furono per giunta poste le basi del mio odio assoluto per Sisifo. 
Ma adesso non è cosa che vi interessi, suppongo: piuttosto vorrete sapere come andò a finire la faccenda della corona, e dove sia stata fino al suo ritrovamento ad Alessandria. Be', questo credo si possa tranquillamente intuire: alla Piramide Arena, sotto la custodia di Thoth, naturalmente. 
Subito dopo quell'augurio tanto carino di Penelope, eravamo corsi in soffitta - niente arpie in giro, per fortuna, forse Chirone stava dando loro nuove disposizioni per la sicurezza .-, avevamo tirato fuori la corona dall'armadietto in cui l'avevo infilata (in tempo record, ci terrei a sottolineare) ed eseguimmo il viaggio nell'ombra fino alla nostra, chiamiamola così, 'base operativa'. 
Trovammo Thoth intento nella contemplazione di un televisore spento. Sì, in effetti suppongo fosse degno di lui seguire le cose più intelligenti che la televisione può offrire.
 Com'era giusto che fosse, feci a malapena in tempo ad elaborare questo pensiero che un pallone da basket mi colpì sul lato destro del viso. 
"Agh!" 
"Coriolanus, gli attacchi laterali non sono leali!" protestai. No, seriamente, ce l'aveva con me o cosa quel babbuino? 
"Vuole invitarti a giocare a basket con lui, suppongo" mi illuminò Thoth, alzandosi e voltandosi verso di noi.
 "Io non so giocare a basket" puntualizzai. Coriolanus accartocciò il muso in un'espressione di assoluto disgusto, dopodichè corse in una direzione che mi parve quella dei bagni. 
"Oh, ce l'avete fatta, finalmente!" esultò Thoth, precipitandosi subito dopo a nascondere con un manuale delle istruzioni la lucetta rossa che segnalava che il televisore era spento. Notai che anche tutte le altre lucette erano coperte con nastro adesivo. 
"Quelle per che cosa sono?" chiese Penelope. 
"E' già da qualche tempo che mi chiedo se queste lucine di colore rosso non possano permettere a Set di spiarvi attraverso. Sapete ... è il dio del caos, il rosso è il suo colore. Sarebbe una forma di Grande Fratello molto inquietante. Non so se lui stesso ci abbia mai pensato, vedrò di coinvolgerlo in un'esperimento ..." 
A quell'ultima prospettiva mi sentii quasi dispiaciuto per quel disgraziato dio del caos.
 "Uhm, interessante" commentò Penelope. "Pensate che possa funzionare anche con i semafori e gli autobus di Londra?" 
"Come ho detto, è solo una mia supposizione. Ho ancora i miei esperimenti da fare. Comunque! Qui non c'è nient'altro di significativo che abbia il colore rosso, quindi direi che possiamo continuare. La corona è finalmente nostra, vedo! I dettagli su come ve la siate procurata?" 
Gli sintetizzammo come fossero andate le cose quella sera. Essendo un dio intelligente, apprezzò il mio operato molto più di Penelope.
 "E in un colpo solo, avete recuperato la corona, fatto credere a entrambe le fazioni che non ci sia più possibilità di recuperarla e mantenuto anche il vostro doppio gioco! Assolutamente eccezionale, avete i miei più sentiti complimenti!"
 Ecco, queste sono soddisfazioni, in particolare se vengono dal capo e non da eventuali colleghi invidiosi. Porsi al dio la corona, che fu da lui sistemata in cima alla postazione dell'arbitro: il luogo ideale per una corona di quella pericolosità. 
Vi disegnò attorno alcuni geroglifici di protezione, senza nel contempo smettere di parlare con noi. "La cosa come è stata gestita al Campo Mezzosangue? E avete già sentito cos'abbia in mente di fare Setne?" 
"Ah, e qui ci sono un bel po' di cose da spiegare" commentò Penelope. "Anzitutto, nel bel mezzo dello scontro per recuperare la corona, Moros mi ha fatto di nuovo pronunciare una profezia"
 "Parlava di qualcosa da fermare e non fermare, di distruzione proveniente dalle messi e di una parte avversa che si sarebbe distrutta da sè" riportai. "E qualcosa a proposito di un tizio mille volte peggiore di un dio che avrebbe passato le porte. E prima di tutto ha detto che qualcosa sarebbe stato facile, perchè appartenevamo a quel posto" 
Penelope mi guardò con tanto d'occhi. "Questo non l'ha detto nessuno!" 
"Credo di essere stato l'unico a sentirlo. Con tutto il casino che stava succedendo intorno, gli altri non ti hanno badato finché non hai iniziato a urlare" 
"Bene, bene" intervenne Thoth. "Da qualcuna delle due parti avete qualche informazione che possa dare una parvenza di senso a tutto questo?"
 "Oh, eccome" risposi. "Abbiamo appena parlato con Setne. Dovendo rinunciare alla corona, ha abbassato un po' il tiro: invece di diventare direttamente un dio, vuole diventare un umano vivente in grado di ricattare gli dei perchè lo facciano diventare un dio"
 "E lo farà attraversando le Porte della Morte" intervenne velocemente Penelope. Mi chiesi se l'avesse fatto per avere anche lei la sua parte di spiegazione, o perchè pensasse che avrei avuto problemi a riportare quella parte del piano. Be', se era così, sbagliava, perchè praticamente non esistevano. 
Insomma, va bene, Setne sarebbe tornato in vita usando la sua magia per soffiare il controllo della sua via d'accesso personale al mondo mortale a mio padre: e allora? Non l'avevo mai incontrato in vita mia! Non ci avevo mai parlato, non sapevo che tipo di persona fosse, lui era stato il primo a non calcolarmi neanche per sedici anni: perchè l'idea di collaborare con l'esercito di Setne per togliergli il controllo delle sue Porte avrebbe dovuto turbarmi? Casomai, mi stavo chiedendo se sarebbe davvero stato quello il piano, o se Thoth avrebbe deciso che avremmo dovuto sabotarlo dall'interno. 
"Ah" fu il commento del nostro capo, accompagnato da un'occhiata curiosa al mio indirizzo. Rimasi assolutamente indifferente. "Dunque, immagino che in effetti un essere in grado di ricattare tutti gli dei possa essere anche peggiore di un semplice dio. E questo spiega, tra l'altro, anche la prima frase di Penelope: per voi due sarà facile raggiungere le Porte della Morte, sebbene siano nel Tartaro, perchè entrambi i vostri genitori sono legati a quel luogo" 
"Non è nel piano di Setne portare con sè nel Tartaro qualcuno del suo esercito" lo informò Penelope. "Vuole che continuiamo con i nostri attacchi in modo da non far sospettare nulla"
 "Gli abbiamo anche detto che è una cosa piuttosto inutile, visto che al Campo sospettano già cosa voglia fare grazie alla profezia di Penelope" intervenni io. "Ma lui sostiene di essere perfettamente in grado di passare tutti i controlli che Ade possa improvvisare"
 "Uhm. Conoscendolo, potrebbe anche non essere solo una sbruffonata. Ma ciò che mi chiedo è cosa sia meglio per l'equilibrio: lasciarlo tornare in vita o rovinare il suo piano? Se fossimo in un'altro momento della Storia, concluderei senza esitazioni che bisogna ostacolarlo: un morto che torna alla vita sconvolgerebbe le leggi del Maat. Ma siamo in un periodo in cui le civiltà greca, romana ed egizia sono appena passate attraverso svariati scontri con nemici della civiltà, vincendoli tutti e con un numero di perdite relativamente modesto. La Seconda Guerra Mondiale ha fatto molte più vittime di quella contro Crono, giusto per fare un paio di esempi. Se anche la lotta contro Setne fosse vinta senza sforzo, se la vicenda si concludesse con il fantasma assegnato alla giustizia ... sarebbe eccessivo. L'equilibro si sbilancerebbe dalla parte del bene, e la conseguenza sarebbero una serie di guerre perdute dalla civiltà contro chissà chi. E noi non possiamo permetterci di perdere contro un avversario più pericoloso di Setne"
 "E allora che facciamo?" lo sollecitai. 
"Dammi un attimo per pensare a quale sia la cosa meno peggiore. Perchè la giustizia funzioni correttamente, Setne deve essere giudicato, condannato all'oblio, e soprattutto la sentenza deve essere messa in atto. Questo va attualmente sotto la definizione di 'bene eccessivo'. Ma se Setne fosse eliminato da combattenti mandati sulle sue tracce e nient'affatto disposti a rinunciare a una vendetta o a un modo per sbarazzarsi di lui alla svelta ... se in sostanza fosse obbligato a starsene per sempre nel Tartaro ... questo andrebbe contro la giustizia. E il Maat non sarebbe compromesso" 
"In medio stas virtus" commentò Penelope senza alcuna originalità. "Allora saboteremo il suo piano? Troveremo un modo di farlo scoprire e gli manderemo dietro qualcuno di ben poco disposto a fare il santarellino?"
 "Precisamente. Ma preferirei che anche voi foste, come si dice di questi tempi? Dell'aborrita?" 
"Della partita" suggerii. 
"Della partita, ecco. Giusto per essere sicuri che gli incaricati facciano il loro lavoro di giustizieri con poca concezione della legge ... o, nel caso si rivelassero proprio come esseri di statura morale superiore e refrattari a piegarsi a simili bassezze, a svolgerlo voi stessi" 
Annuimmo. No, l'idea di far fuori Setne, o intrappolarlo per l'eternità nel Tartaro che dir si voglia, non ci turbò minimamente. C'erano tutte le ragioni di questo mondo per farlo. 
"Come gestiremo poi le cose con l'esercito di Setne? Li lasceremo alla mercè dei rispettivi dei?" chiese Penelope. "Perchè la maggior parte di loro sono persone assolutaente a posto e fermamente convinte di stare agendo per il bene dell'umanità" 
"La loro sorte, temo, non è di nostro interesse" fu la replica di Thoth. "Il nostro obiettivo, l'elemento di disturbo nel Maat, è il solo Setne. Una volta persa la loro guida, dubito che i suoi soldati possano ancora costituire una minaccia"
 "Un mucchio di mezzosangue inceneriti da Zeus saranno di grande aiuto al kosmos?" borbottai in risposta. 
"E non parliamo di quelli che si faranno giudicare dagli egizi" concordò Penelope (sì, siamo anche capaci di concordare, all'occorrenza) "Dakao è stato esiliato per qualcosa che non era neanche interamente colpa sua, figuriamoci adesso come sarano ricevuti lui e Regina ..."
 "Ragazzi, capisco perfettamente quel che intendete dire, ma non possiamo farci nulla. I protettori del Maat non devono schierarsi o intervenire in ciò che non è di loro competenza" tagliò corto Thoth. "Questo come punto primo. Ma non è neanche detto che i vostri timori si realizzino: quei ragazzi potrebbero riuscire a scappare, oppure Jackson o i Kane capiranno le loro buone intenzioni di fondo e prenderanno le loro difese. Da quel che so di loro, mi sembrano esattamente i tipi da fare cose del genere" 
"E noi saremo i tipi che stanno a guardare mentre gli dei lanciano punizioni ingiuste a destra e manca" borbottai io.
 "Non è di nostra competenza se dei benintenzionati finiscono ammazzati, no" mi fece eco Penelope.
 "Lieto che la questione sia sistemata" concluse allegramente Thoth, fingendo spudoratamente di non aver colto il sarcasmo. "E adesso filare al Campo. E' quasi l'alba, anche con la nottataccia dell'attacco sembrerebbe strano se dormiste tutto il giorno" 
Un modo assolutamente discreto e insospettabile di chiudere la conversazione, direi. E non potevo neanche protestare, perchè per quanto l'idea di abbandonare al loro destino i ragazzi di Setne mi piacesse quanto un weekend in compagnia di soli figli di Apollo, ero anche stanco morto.
 Tra l'altro, ormai le cose importanti erano state dette ... e Penelope era già scomparsa nell'ombra. Feci la stessa cosa, e crollai non appena ebbi raggiunto il mio sacco a pelo.
 Riflettendoci la mattina dopo, mi augurai che almeno la missione nel Tartaro non comportasse notti troppo insonni.

E così adesso sapete almeno la prima parte di questa storia, come accadde che la corona di Tolomeo scomparve dal Campo Mezzosangue senza per questo finire nelle mani di Setne. Finì piuttosto su una sedia da arbitro. Un posto importantissimo e pieno della dignità dovuta a un simile artefatto. 
Sapete anche come i sottoscritti sono diventati i due doppiogiochisti che conoscete tutti, e i motivi esatti dei nostri vari tradimenti. Non pensiamo che questo ci giustificherà ai vostri occhi, siamo stati capaci di trattarvi veramente da cani e calpestare i vostri sentimenti con il massimo impegno per raggiungere i nostri obiettivi. 
Non ne siamo fieri, ma non ne siamo neanche pentiti: era il nostro dovere e l'abbiamo portato avanti fino in fondo, come ha detto Penelope all'inizio di questa registrazione. 
Del resto, non è la stessa cosa che avete fatto voi, o sbaglio? Solo, con molte occasioni di sporcarsi le mani in più.




Ladies & Gentlemen,
sapete che quasi non ci credo di aver finito, e soprattutto, pubblicato la storia? Se penso alla mia prima fanfiction, mai pubblicata, in cui fecero la loro apparizione originale Chad e Penelope ... era completamente diversa! (Per chi ne fosse incuriosito, ne parlerò più sotto). Comunque, ora che sono qui, in procinto di chiudere la storia e con il primo capitolo del sequel quasi pronto, voglio ringraziarvi tutti: quelli che hanno messo la storia tra le preferite, quelli che l'hanno inserita tra le seguite e quelli che, forse, la metteranno tra le ricordate. E un grazie particolare a quei due che hanno recensito, facendomi sapere cosa ne pensassero della storia, cosa andasse bene e cosa invece dovessi migliorare. Grazie mille a tutti, gente!


 [INIZIO INTERMINABILE SPROLOQUIO SULLA STORIA ORIGINALE, PER CHI FOSSE INTERESSATO A SAPERNE DI PIU']
Diciamocelo: di solito la prima fanfiction, o almeno i primi capitoli della suddetta, di solito fa abbastanza schifo. Qualche tempo fa, mi capitava di leggere storie che io reputavo interamente belle, ma i cui autori, dopo qualche decina di capitoli, si mettevano le mani nei capelli a rileggere i primi. Posso capirli, temo, solo adesso: anche la prima comparsa dei nostri due eroi faceva abbastanza pena.
 Anzitutto la trama era molto più scontata: Chad e Penelope, normali ragazzi che vivevano al Campo già da un po', insieme a Carter, Sadie, Walt e Ziah dovevano recuperare il tridente di Poseidone, rubato da Setne e consegnato a Oceano per non mi ricordo manco più per quali ragioni. Sì, praticamente un plagio de 'Il Ladro di Fulmini'. Il tutto inframmezzato di scontri con mostri, confronti di civiltà piuttosto ingenui, capitoli inutilmente lunghi e battute di variabile intelligenza. Il concetto di Maat e Kosmos, che praticamente sarebbe lo stesso per entrambe le civiltà, vi compariva lo stesso, ma era un elemento di coesione tra i due gruppi e non un elemento base nella trama. 
I personaggi erano un altro tasto dolente: quelli canon lasciavano fin troppo spazio a quelli originali perchè la storia fosse anche su di loro, e gli originali ... be', Penelope era una Mary Sue fatta e finita. Gli altri personaggi si dividevano in quelli che la amavano e quelli che la odiavano (e questi ultimi ricevevano un bashing spietato), aveva il suo bravo passato angst con la famiglia a cui non importava affatto di lei (sua madre non cadeva in depressione dopo la sua scomparsa, per intenderci) e un carattere discretamente antipatico che però la rendeva simpatica. Ah, ed era la seconda migliore spadaccina del Campo dopo Percy (qui invece, se avete notato, combatte relativamente poco ed esce dalle brutte situazioni soprattutto grazie ai suoi poteri di iettatrice). Quasi dimenticavo di aggiungere che non era figlia di Moros, ma di Ade, in barba al patto dei Tre Pezzi Grossi. Mi fermo qui, o andrà a finire che non riuscirete più a leggere le sue parti come prima.
 Chad, invece, è quello che ha subito meno modifiche. 
Chissà perchè mettere i difetti ai ragazzi è più facile che alle ragazze? Magari è colpa di quello pseudofemminismo di cui vengono intrise le bambine, con tutto quello che i maschi maturano dopo e fanno solo cose stupide e violente e sono superficiali eccetera eccetera. Alla fine una ci crede più per omologarsi alla massa che per esperienze concrete. Chiedo perdono a tutti i ragazzi che stanno leggendo, giuro che non la penso più così. 
Ma sto divagando, e questa parte sta uscendo più lunga del capitolo: Chad era, gia allora, uno sborone che si dava un sacco di arie, ma ho crcato di cambiare i suoi motivi per un simile comportamento: lì era solo perchè si divertiva a infastidire gli altri, qui, come si sarà forse intuito da qualche parte, per un certo complesso di inferiorità. Su di lui non c'è molto altro da dire, se non che non aveva un simile potere per la determinazione della morte, e qui è decisamente più intelligente che nella vecchia versione. 
Qualcuno si sta anche chiedendo come ha fatto la storia a cambiare così? Tutto merito di una seccatura al computer: definitivamente defunto, tutti i dati irrimediabilmente persi. Già alcuni mesi prima avevo iniziato a trovare scontata e banale quella trama, e avevo qualche ideuzza di un'altra vicenda con Chad e Penelope in una fazione neutrale, che non stesse nè con i buoni nè con i cattivi. Ma questo avrebbe voluto dire ricominciare la storia completamente da capo, quando ero arrivata già alla seconda della serie, e non ne avevo proprio voglia: pensavo piuttosto di riscrivere i primi capitoli per renderli meno ingenui.
 Ma quando, di ritorno da un viaggio, non sono riuscita ad accendere il computer e qualche mese dopo ho scoperto che era andato del tutto, e se avessi voluto fare davvero quella storia, avrei dovuto rifare tutto da capo ... ho colto l'occasione di cambiare storia, ed è uscito quello che avete appena finito di leggere. Penso che sia di gran lunga migliore, e i personaggi più azzeccati: prova ne è che non li immagino più in situazioni che non siano questa! 
[FINE SPIEGONE, CHE SOSPETTO SIA STATO PIU' LUNGO DEL CAPITOLO STESSO]

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