Fingi fino a crederci

di milly92
(/viewuser.php?uid=28249)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to my silly life ***
Capitolo 2: *** Certe Notti ***
Capitolo 3: *** Non è una bugia, è un'omissione! ***
Capitolo 4: *** Sms sgrammaticati, inviti assurdi e coinquiline impiccione ***
Capitolo 5: *** Tra il Martini Rosato e la Vodka al Melone c'è il Vino Rosso ***
Capitolo 6: *** S.S.S.: Sei Stata Spottata ***
Capitolo 7: *** Penso che Penso Troppo ***
Capitolo 8: *** Lena è Cambiata? ***
Capitolo 9: *** V Per Vendetta ***
Capitolo 10: *** I'm not a girl, not yet a woman ***
Capitolo 11: *** Only know you love her when you let her go ***
Capitolo 12: *** I Keep Dancing On My Own ***
Capitolo 13: *** La Famiglia Inverno ***
Capitolo 14: *** Il Grillo Parlante - Fine Prima Parte - ***
Capitolo 15: *** Vuoto a Perdere ***
Capitolo 16: *** Ci Vorrebbe una Giratempo ***
Capitolo 17: *** Equilibrio precario ***
Capitolo 18: *** Ventiquattro lunghe ore ***
Capitolo 19: *** Tutto ciò che vuoi ***
Capitolo 20: *** A Painful Case ***
Capitolo 21: *** Quando il Karma Ti Frega ***
Capitolo 22: *** I Know The Sun Must Set To Rise ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***
Capitolo 24: *** One Shot- Domani è Un Altro Giorno ***



Capitolo 1
*** Welcome to my silly life ***


1

Image and video hosting by TinyPic
 



Capitolo 1

Image and video hosting by TinyPic

 


7 giugno 2012


Vedere Matteo che dormiva al mio fianco, ancora nudo e coperto solo di striscio dal lenzuolo del mio letto, mi ferì profondamente.

Non era mai successo che si addormentasse dopo che avevamo fatto l'amore, da quando stavamo insieme.

Forse era stanco a causa degli esami, sì, dopotutto tra meno di una settimana sarebbe iniziata la sessione estiva...

Cercavo di non pensare al fatto che ultimamente fosse strano, che non mi guardava più come prima, così, per distrarmi, andai a farmi una doccia, raccattando gli abiti che mi aveva sfilato circa un'ora prima.

Quando tornai nella mia stanza, lo trovai di nuovo sveglio, mentre si stava rivestendo con una fretta eccessiva, quando al contrario,  di solito faceva di tutto per trascinarmi di nuovo a letto.

Lo guardai, cercando di celare la mia incertezza, e lui ricambiò il mio sguardo con una serietà mai vista prima.

"Ben svegliato" mormorai, cercando di non fargli notare quanto me la fossi presa per il suo pisolino.

Che sciocca che ero, prendersela per una cosa così stupida!

Però ero tranquilla perché spesso con lui riuscivo a fingere che andasse tutto bene per non farlo preoccupare, e di solito non sospettava mai nulla.

Inizialmente, lui rimase in silenzio, occupato nell’ infilarsi la maglia e passandosi una mano tra i capelli neri ancora sconvolti, per poi alzarsi.

 Mi si avvicinò, ed evitò il mio tentativo di baciarlo, sospirando e ignorando la mia faccia delusa che non riusciva a comprendere cosa stesse succedendo.

"Amore, cos'hai...?" chiesi, preoccupata.

"Lena..." - già qui ebbi un tuffo al cuore, lui non mi chiamava mai per nome! - "...Io non ti amo più, non ce la faccio a continuare così".

 

******

9 Marzo 2013

"Le ragazze di oggi sanno quello che vogliono, e riescono ad ottenerlo riuscendo a stare in equilibrio (sui loro tacchi dodici) tra studio, lavoro, vita sociale e relazioni amorose".

Che idiozia!

Avevo letto questa frase su un giornale per teenagers una delle rare volte che ero andata dal parrucchiere, ed erano mesi che mi rimbombavano nelle orecchie a causa di una vocina nella mia testa che la recitava con voce sarcastica e di scherno.

Equilibrio? Tacco dodici? Vita sociale? Relazioni amorose, al plurale, per giunta?

Mi sono sempre chiesta quale droga assumano le donne che lavorano in questo tipo di giornali, viste le stronzate gratuite che sparano.

A quasi ventidue anni e a quattro esami dalla laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere, è già molto che io riesca a "stare in equilibrio" - sulle mie comode Nike, visto che da quando ho finito il liceo indosso quei trampoli alias scarpe col tacco molto raramente - tra università, studio, qualche amicizia, il mio lavoro part time e le bollette da pagare della mia casa in affitto.

A stento riesco a trovare il tempo per doccia e shampoo durante la settimana, figuriamoci a gestire un'ampia vita sociale, relazioni amorose e, soprattutto, riuscire a sapere ciò che voglio.

Cioè, l'unica cosa che so di volere è questa benedetta laurea, ma solo perché sono due anni e mezzo che faccio di tutto per fare tutti gli esami in tempo e riuscire a mantenermi da sola economicamente.

Ok, di solito i miei mi pagano la tassa di iscrizione e quasi tutti i libri di testo, ma solo perché la prima costa - ormai - più di cinquecento euro e i secondi possono arrivare a costare anche cinquanta- sessanta euro l'uno.

In realtà, sarebbero disposti anche a pagarmi l'affitto, le bollette e il cibo, ma voglio essere indipendente anche se in minima parte.

Ragion per cui, le frasi idiote come quella citata mi fanno imbestialire, anche perché mi istigano a chiedermi "Sono io che sono anormale?".

Forse è così, anzi, molto probabilmente.

Sono anormale perché tutte le mie coetanee non fanno altro che divertirsi, spendere i soldi dei loro genitori per delle inutili e costose cover per i loro altrettanto costosi i-phone ultimo modello e uscire ogni sabato con un tizio diverso, che guarda caso è sempre figo.

Evidentemente, quando sono nata io, hanno gettato via lo stampino onde evitare ulteriori scempi.

Sì, perché non vedo nessun'altra quasi ventiduenne così idiota da essersi trovata un ragazzo nella propria stessa facoltà, in modo da vederlo giornalmente con la sua nuova fiamma dopo la loro rottura.

Il mio ex mi ha lasciato  circa nove mesi fa e, al contrario di me, subito si è ripreso, visto che solo un mese dopo l’ho visto mettere piede in facoltà con la sua nuova ragazza.

E, sì, lo so, è patetico il fatto che io tenga il conto dei mesi passati, ma non ci posso fare nulla, è più forte di me, visto che per quanto la parte più razionale di me mi dica che sia uno stronzo patentato, quella più umana si spreca ancora in osservazioni su quanto sia affascinante e decisamente sexy.

"Lena, ci sei? Ti ho fatto la stessa domanda due volte e non mi hai risposto!".

Pronta a farmi notare come sempre quanto io sia distratta a causa del mio segreto mondo parallelo fatto di pensieri assurdi e riflessioni, Trudy, la mia coinquilina nonché unica buona e vera amica che sia riuscita a trovare all'università, mi muove una mano davanti agli occhi con fare impaziente, mentre stiamo camminando per avviarci a lezione.

"Oh, sì, scusami, ero soprappensiero...".

"Come al solito! Comunque, dicevo, sabato viene Davide a trovarmi... E' un problema se si ferma a dormire da noi?".

Ecco, ovviamente. Del resto, quale altra domanda poteva pormi Trudy - nomignolo da lei scelto visto il suo "colorito" nome di battesimo, Gertrude - all'alba del giovedì mattina? Chiedermi se il suo storico fidanzato, con cui sta da quattro anni, può venire a stare da noi per il week end.

Traduzione: è un problema se sabato te ne vai a dormire da Marina e Germana visto che io sarò molto impegnata ad approfondire l'anatomia del mio ragazzo, nonostante la conosca a memoria?

"No, no" rispondo, seppur a malincuore, dato che non sopporto Germana più di tanto. "Anzi, ora domando a Marina se mi ospita...".

Trudy sorride radiosa e mi abbraccia, rischiando di soffocarmi con una consistente ciocca di capelli biondi che quasi mi va in bocca, mentre la solita marea di studenti all'ingresso dell'università rischia di travolgerci.

Saliamo la prima rampa di scale del palazzo, attraversiamo lo spazio già gremito di studenti fuori l'aula 1.1, e giungiamo allo spazio dedicato al piccolo - ma confortevole - bar dell'università, dove un aroma di caffè ci invade le narici.

Come al solito, troviamo il nostro gruppo di amiche sedute dietro uno dei tavolini arancio, colore che è in sintonia con il bancone del bar e il soffitto.

Ridono come sempre, prese da chissà quale discorso divertente, e appena ci vedono muovono le loro mani dalle unghie perfettamente smaltate in nostra direzione.

La cosa bella di avere un gruppo di amiche abbastanza ampio è che di sicuro nei giorni no c'è sempre qualcuna di loro che ha qualcosa di confortevole da dirti per regalarti almeno un piccolo sorriso.

C'è Marina, la brunetta magrissima - a discapito delle migliaia di calorie ingerite ogni santo giorno - sempre allegra con cui condivido una spiccata passione per il sarcasmo e gli episodi di “Two broke girls”.

C'è Alessandra, la simpaticona del gruppo con la sua chilometrica chioma tutta boccoli.

C'è Lucia, la ragazza buona e di cuore con cui condivido la passione per Jane Austen.

C'è Ida, la new entry del gruppo da circa sei mesi, sempre dolce e disponibile quanto ribelle.

C'è Germana, la bionda casinista che si crede una bomba sexy, che non esita a sputarti in faccia le sue sentenze non sempre molto simpatiche.

E poi, ovviamente, c'è Trudy, quella sempre allegra che non ha mai permesso ad un esame di farla diventare ansiosa, e poi ci sono io, Lena, che di sicuro vengo definita la "seria" del gruppo, quella fin troppo responsabile e che nei giorni no è intrattabile. Quella ordinaria, in poche parole.

"Buon primo giorno del secondo semestre!" esclama Marina.

"Il nostro ultimo semestre" preciso, un po' nostalgica, prima di prendere con confidenza la sua tazza di caffè e berne un sorso.

E' un gesto che facciamo sempre, anche quando ci troviamo una a casa dell'altra, perché siamo troppo pigre e spesso non ci va di mettere sul fuoco un'altra macchinetta.

"Ultimo semestre per te che sei al passo con gli esami, noi comuni mortali ci passeremo minimo un altro anno, qui!" mi rimbecca Germana, alias la simpatia fatta persona. Ride per la sua acuta osservazione, gonfiando ancora di più le sue grosse guance coperte da uno scurissimo fondotinta, come il resto del viso, seguita da Ida e Alessandra.

Solo Lucia si astiene, e mi guarda come a dire: "Dai, non le dare retta".

"Voi comuni mortali sarete fuori corso, non avrete altre lezioni da seguire, ergo non avrete altri semestri" sbuffo.

Odio fare la parte della maestrina, della secchiona di turno, ma non è colpa mia se loro mi rinfacciano il mio non essere una perditempo. Questo episodio fa crescere in me il desiderio di negare loro le maree di appunti che mi chiedono ogni santa volta prima di un esame, e ciò mi fa sentire come se fossi ancora alle medie.

Certe volte, invece, rimpiango il liceo, perché lì nessuno - a parte Lisa, la mia migliore amica - mi chiedeva appunti e cose simili dato il mio non essere la prima della classe. E dire che all'epoca mi lamentavo del non riuscire ad ottenere i risultati che volevo!

"Comunque, perché ridevate, prima?" s'intromette Trudy, prendendo una sedia stranamente libera dato che sono le dieci e quella è l'ora di punta del bar. Ci si siede per metà ed occupo la parte rimanente, posando la borsa con i libri sul tavolino.

"Perché quella stronza della Banform se ne è andata, e al suo posto è venuto un madrelingua super figo! E' quello dietro di voi, sulla destra, con la camicia blu" risponde subito Ida, con gli occhi che quasi le brillano.

"Se ne è andata la Banform? Wow!" esclamo.

Cassidy Banform era la tremenda docente madrelingua di inglese che si ostinava a prendere le presenze durante le sue noiose lezioni, dicendo che dopo tre assenze al suo corso ci avrebbe ritenuti studenti non frequentanti che dovevano portare due libri in più al già complicato esame orale di Inglese III.

Mi giro, seguita da Trudy, e dopo qualche istante riesco a rintracciare il nuovo docente.

Nel vederlo, sbatto numerose volte le palpebre, dato che quel volto non mi è assolutamente nuovo.

Avrà al massimo trent'anni, e sta sorridendo in maniera affabile alla Prisco, la docente di Inglese III, mostrando una dentatura perfetta e candida, in netto contrasto con i suoi capelli scuri e ricci e la barba rada.

Non riesco a capire dove diamine l'abbia visto in precedenza, ma comunque decido di non farne parola con le altre, anche perché la mia è di sicuro una svista.

Quando mi rigiro verso le mie amiche, però, desidero non averlo mai fatto: felice come non mai, mano nella mano con la sua ragazza, Matteo Sabatini è appena arrivato al bar.

Andrebbe tutto alla perfezione se lui non fosse il ragazzo con cui sono stata un anno e mezzo, dal primo alla metà del secondo anno. Inoltre, la cosa che mi manda in bestia è che non mi ha mai voluta tenere per mano all'università quando stavamo insieme e non gli piaceva darmi un bacio o abbracciarmi in pubblico - sempre all'università - cosa che non si fa problemi a fare con la sua attuale ragazza, Elisabetta.

Come se nulla fosse, passa davanti al nostro tavolo, esclamando un semplice: "Ciao!" seguito dal "Ciao!" radioso della tipa, per poi scomparire sul terrazzo adiacente al bar, da cui si vede il mare e il porto di Napoli.

"E che è quella faccia?" esclama Trudy. "Su!".

"Ma è possibile che ancora ti riprendi? E' passato un anno" sbotta Germana, come se stesse parlando di qualcosa di inammissibile come comprare una borsa non originale della Fendi.

"Nove mesi, e poi mi sono ripresa eccome!" mi difendo, arrossendo, a disagio come ogni volta che si tocca l'argomento.

Non è facile essere te stessa e raccontare ciò che provi sul serio quando sei circondata da un gruppo di amiche che ogni giorno ha qualche novità riguardante un tipo diverso.

"Appunto, nove mesi, avresti potuto avere anche un figlio da un altro" ridacchia Ida, cercando di tirarmi su, accarezzandomi un braccio.

"Un altro come il nuovo madrelingua, magari" borbotta Alessandra.

"Ma pure senza figlio, eh" ridacchia Marina, battendo il cinque con Alessandra.

"Mamma mia, è troppo... Troppo! Me lo farei proprio! Mi manca un inglese, alla lista".

Fine come sempre, Germana parla con convinzione, senza smettere di guardare il docente.

"Quale lista?" domanda Trudy.

"Quella dei tizi che si è fatta, ovviamente" risponde Lucia per lei, mentre la diretta interessata annuisce con convinzione mista ad un'aria sognante.

"Sì! Tre napoletani, uno di Taranto, due di Roma, un francese, un tedesco, uno svizzero, due austriaci e tre della mia città" risponde prontamente, recitando il tutto a memoria come se si trattasse di alcuni dati di una ricerca importante, ridendo poi di nuovo.

"Complimenti".

Parlo senza meditarci, e lei subito si fionda a fissarmi con aria di superiorità.

"Grazie. E la tua lista, invece?" domanda con finta curiosità, quando, in realtà, è certa della risposta.

"La mia è privata" rispondo subito, sulla difensiva.

Sarò anormale io, ma sostengo che certe cose siano belle proprio perché devono rimanere tra te e il tuo partner, senza essere sbandierate a chiunque tu veda nell’arco della giornata.

"Giusto, perché è troppo breve... Vediamo... Un solo tizio che solo tu sai di dov’è. Stop. Con cui, tra l'altro, hai aspettato quasi  un anno prima di dargliela" commenta.

"E mica la diamo via tutte dopo tre minuti come te!" sbotto, alquanto infastidita, non riuscendo a trattenermi.

Ha toccato l'argomento più delicato, per me, quello che riguarda il mio rapporto con Matteo, l'unico ragazzo che abbia mai amato e con cui sia andata a letto in vita mia, dopo numerose esitazioni e dubbi.

Odiavo il fatto che tutti sapessero gli affari miei, ma giorno dopo giorno, all'epoca, le ragazze non esitavano a pormi le loro domande intime riguardo il mio rapporto con Matteo, e alla fine, esasperata, avevo detto di non averci ancora fatto nulla.

"Sei solo gelosa, perché nessuno ti calcola" commenta Germana, senza scomporsi.

"Sono io che non mi faccio calcolare".

"Ma dai! Per favore, non farmi andare oltre...".

"Vai pure, parla, sono tutta orecchie! E’ divertente sentire le tue stronzate!".

"Lena, è tardi, abbiamo lezione" si intromette prontamente Trudy, afferrandomi per un braccio, notando quanto la conversazione stia degenerando.

Cerco di divincolarmi dalla sua presa, ma anche le altre ragazze si adoperano per far tacere Germana, così, arrabbiata come non mai, prendo la borsa e me ne vado, senzacalcolare nessuno.

A quanto pare è la mia specialità, no?

Con passo rapido, entro nell'aula 1.5 dove si terrà la lezione di letteratura tedesca III - studio inglese e tedesco - e prendo posto in seconda fila, visto che la prima è occupata dalle solite tizie convinte da ormai tre anni che il farsi vedere lì ogni giorno possa aiutarle ad avere un buon voto all’esame.

So che le altre non verranno mai a disturbarmi  qui visto il loro prediligere gli ultimi posti, dove si può tranquillamente cazzeggiare con il cellulare e tenere proficue conversazioni.

Ogni giorno, ogni santo giorno negli ultimi mesi, non faccio altro che domandarmi cos'ho che non va, perché non riesco a farmi piacere nessun altro e il solo pensiero di avere un'altra relazione e mettermi in gioco mi spaventa a morte.

Sono fatta così, tendo a stare solo con chi mi piace davvero, donandogli tutta me stessa, e al momento tutto ciò non fa altro che atterrirmi.

Non riesco ad uscire con uno così, solo perché è carino o perché non ho nulla da fare, o forse ci riuscirei, solo che non ci ho mai provato.

Il mio problema più grande è sforzarmi sempre di fare qualsiasi cosa con impegno e serietà, quando invece Trudy mi dice che forse, se riuscissi a trovarmi una relazione semplice senza pretese, riuscirei a godermela meglio.

Mi dice sempre che devo riuscire a vedere un po' di grigio - "Sì, con tanto di cinquanta sfumature!" le rispondo sempre io, sarcastica - invece di catalogare tutto come bianco o nero.

E poi, è facile parlare per lei, che a diciotto anni ha trovato quello che di sicuro è l'amore della sua vita, dato che il suo ragazzo è semplicemente innamorato di lei e la conosce perfettamente.

Sospirando, estraggo uno dei quaderni nuovi di zecca, appena comprati per il nuovo semestre, dicendomi che probabilmente sabato dormirò per strada visto che non ho intenzione di starmene a casa di quella stronza di Germana.

"Oh oh, ma guarda chi c'è!".

Mi interrompo nell'atto di scrivere il mio nome sulla copertina del quaderno ed alzo lo sguardo, trovandomi davanti un ventunenne alto, dall'aria simpatica e con uno sguardo profondo celato da un paio di occhiali che è solito portare solo durante le lezioni e quando studia.

"Ehi, Dario! Ciao" esclamo, imponendomi mentalmente di fingermi serena e non incazzata.

Ovviamente, il mio triste tentativo fallisce miseramente, visto che Dario mi fissa preoccupato mentre prende posto vicino a me.

"Sembri strana, è tutto ok?" chiede premurosamente.

Come non detto.

Dario è il primo amico che sia riuscita a farmi da quando abito a Napoli, e dall'inizio dell'università siamo sempre stati grandi amici, il che è un record per me visto che fino a quel momento non ero mai stata in grado di mantenere l'amicizia con un ragazzo - perché, alla fine, uno dei due finiva con il prendersi una cotta per l'altro -.

Ci conoscemmo due giorni prima dell'inizio dei corsi, mentre facevamo la fila in segreteria per consegnare i documenti per l'iscrizione, e la sera stessa si offrì di farmi fare un giro per alcune zone della città visto che io ero nuova del posto e lui ci abitava.

"Ho discusso con Germana" confido quindi, sapendo che fare finta di nulla non serva a nulla.

"Germana la Troiana?" domanda, ridacchiando.

Annuisco, ridendo a mia volta per il nomignolo datole da un gruppo di ragazzi dell'università che hanno respinto le sue avances.

"E perché?".

"Le solite cose, lo sai".

"Non le hai dato gli appunti di qualche materia?" indaga, senza smettere di squadrarmi per un solo istante.

Alzo gli occhi al cielo, maldicendomi per il mio non sapere mentire nei suoi confronti.

Se così fosse, ogni giorno mi risparmierei decine di spiegazioni seguite da incoraggiamenti a cui non riesco mai a credere. Non che non voglia confidarmi con lui, ma preferisco farlo dopo qualche ora, dopo aver sbollito un po' la rabbia.

"Non è questo il motivo, Dario. Ne parliamo dopo".

"No, me lo dici ora! Dai, vieni, usciamo, tanto la prof arriva tra minimo venti minuti" esclama, afferrandomi il polso della mano destra e tirandolo, riferendosi al fatto che nella nostra università c'è uno spazio di mezz'ora tra una lezione all'altra dato che essa è composta da vari palazzi e spesso ogni studente ha bisogno di tempo per spostarsi.

Sapendo che se resisto non smetterà di rompere le scatole per tutta la lezione, così, obbedisco, facendo ben attenzione a non guardare gli ultimi banchi, dove di sicuro c'è Germana.

Lo seguo fino al terrazzo adiacente al bar, e una volta arrivati inizia a fissarmi per indurmi a confidarmi.

"Mi ha criticato perché sono andata a letto solo con un ragazzo, dicendo che nessuno mi pensa, ed io le ho detto che non siamo tutte come lei che la danno via subito" sintetizzo, guardando lo stralcio di mare che ho davanti a me, seppur in lontananza.

"E la pensi pure? Onestamente, Lena, non ti ci vorrebbe nulla per farti "pensare" da qualcuno! Sei tu che fai di tutto per non attirare l'attenzione...".

"Ti ci metti pure tu, ora?!".

Mi volto verso di lui, ferita, ma subito scuote il capo e mi sorride, assomigliando tanto ad un bambino che vuole farsi perdonare. "Volevo farti un complimento, in realtà. Sul serio! Ti ci vorrebbe poco per soffiarle i ragazzi da sotto al naso, perciò lei ti teme ed è invidiosa di te".

Scettica, gli rifilo un'occhiata che esprime questo mio stato d'animo, alzando le sopracciglia. "Apprezzo il tuo tentativo, Dario, ma sei mio amico e non potresti dirmi altro".

"Sono tuo amico proprio perché sei speciale, Lena. Lo hanno capito tutti tranne te" mormora, iniziando a sua volta a guardare davanti a sé. “Tu sei la mela sulla cima dell’albero” mi ricorda, riferendosi ad una conversazione avuta qualche giorno dopo la rottura con Matteo.

Mi fece leggere un frammento di una poesia anonima che sostiene che le ragazze siano come le mele sugli alberi e che sono pochi quelli che si sforzano per riuscire ad afferrare quella più in alto.

"Ma dai" cerco di sdrammatizzare, un po' a disagio come al solito, quando inizia a farmi complimenti su complimenti per cercare di alzare il livello della mia autostima. "Io farei una figuraccia dietro l'altra se mi comportassi come lei".

"E' inutile continuare, tanto non mi ascolti mai. Ma promettimi che non permetterai più a quella scema di rovinarti l'umore".

"Lo sai che non è lei quella che mi rovina l'umore, bensì tutto ciò che si cela dietro le sue frecciatine. Grazie, comunque" sussurro, accarezzandogli il braccio con delicatezza.

Lui sorride un po' goffamente, e pochi istanti dopo un acido: "Ciao" attira la sua attenzione.

"Ciao, Daniela" risponde educatamente lui.

Daniela non risponde, soffermandosi a fissare la mia mano sul suo braccio, e poi si volta, continuando a camminare.

In fretta, allontano l'arto e lui sospira, come se fosse sera e fosse stanchissimo a causa di una giornata estenuante.

"Non la pensare, è paranoica" sussurro.

Lui non risponde - proprio come mi aspettavo - ed io sorrido ironicamente. "Come funziona qui? Tu mi fai da psicologo ed io non posso?" chiedo retoricamente, facendogli cenno di iniziare ad avviarci verso l'aula.

"E' diverso. Mi fa sentire in colpa, mentre con Matteo tu hai il diritto di sfogarti e maledirlo".

In realtà, Daniela è la ragazza che ha lasciato all'inizio della scorsa estate e che continua a guardarlo male, anche perché la sua ipotesi è che lui l'abbia lasciata per me.

"Ma tu non hai colpe, no?" osservo.

"No, no" risponde in fretta, seccato come ogni volta che glielo chiedo.

Alla fine, siamo entrambi reduci da storie e rotture particolari, e ciò ci ha fatto avvicinare ancora di più negli ultimi mesi, anche perché come me, lui ha un migliore amico - Giovanni - che è felicemente fidanzato è che quindi non c'è sempre per ascoltarlo e dargli una mano.

“Sai a cosa penso spesso, ultimamente?” chiedo dopo un po’, spezzando il silenzio che si è creato.

Lui fa un cenno negativo che mi sprona a continuare.

“Ai primi due mesi di università”.

Improvvisamente, lo vedo sorridere per poi annuire con decisione, il volto improvvisamente rilassato che si perde nei vecchi ricordi.

“Ci divertivamo tanto” mormora, sospirando.

“Sì! Ricordo che passavi intere giornate a casa nostra, specialmente quando pioveva e non ti andava di tornare a casa tua a piedi… Cenavamo insieme, poi chiamavamo le altre che compravano qualcosa da bere all’ipermercato e facevamo quelle specie di feste in cui facevamo giochi idioti”.

“Non dimenticherò mai “Non ho mai!”*, sai?” ridacchia. “Ricordo che dissi “Non ho mai baciato un ragazzo” e tu, ubriaca, rispondesti: “Io invece sì”, non comprendendo che mi riferissi al non aver mai baciato qualcuno del mio stesso sesso”.

Inizio a ridere come una scema, ricordando a mia volta quella sera di fine ottobre del duemila dieci che, probabilmente, segnò il vero inizio della nostra amicizia.

“Poi uscimmo fuori al balcone, nonostante la pioggia, e iniziammo a cantare “Heroes”…” continuo, senza smettere di sorridere, sentendo di nuovo quella sensazione di felicità che mi invase all’epoca, quando ero una diciannovenne spensierata ed eccitata per l’inizio dell’avventura universitaria che comportava anche il vivere, finalmente, senza genitori tra i piedi.

“… E alla fine mi vomitasti sui jeans…”.

“E indossasti i pantaloni della mia tuta per tornare a casa!”.

Ci guardiamo, improvvisamente animati da quei ricordi, e ci sorridiamo.

Poi, però, un velo di amarezza mi fa tornare normale e mi passo una mano tra i capelli non molto ordinati. “Poi ho rovinato tutto”.

“Cosa?”.

“Sì, ho rovinato tutto… Ho iniziato ad uscire con quell’idiota, non ti ho calcolato molto, non ho più organizzato molte cene a causa della dieta, con lo scopo di sentirmi migliore. Solo ora realizzo che ero più divertente prima di trasformarmi in una che riesce a raggiungere i suoi obiettivi seriamente” sussurro, tornando a guardare in direzione del mare e sognando di essere sulla nave che si vede dal porto.

Avverto la mano di Dario sulla mia spalla destra, ma non ho il coraggio di guardarlo in faccia, ricordando tutte le volte che gli ho dato buca per vedere Matteo.

“Sei cresciuta, e basta. Mi hai detto tante volte che non ti andava più di rimanere immobile a vedere la sfiga che ti assaliva, e hai reagito per entrare nei jeans che ti piacevano e per ottenere buoni voti. Però rimarrai sempre la Lena del primo anno, e lo sai” mi consola lui. “Spesso me la sono presa con Matteo per il tuo avermi ignorato a volte, ma si fanno cose sceme quando si è innamorati, non è colpa tua”.

Sentendomi molto fortunata nell’avere un amico come lui, riesco a trovare il coraggio di voltarmi e di tornare a sorridergli, seppur debolmente.

Mi ha capito, sa che non dirò altro, perché questo tuffo nel passato è stato già abbastanza doloroso.

Silenziosamente, così, ci avviamo di nuovo verso l’aula e prendiamo di nuovo posto, senza dire altro se non un "Speriamo che questa prof non sia acida come quella di Letteratura Tedesca II!".

 

 

"Non era necessario, Lena, davvero...".

Due giorni dopo, mentre mi adopero per legare i miei lunghi capelli castani in una treccia, davanti allo specchio della mia stanza, Trudy se ne sta appoggiata allo stipite della porta con aria colpevole, vestita di tutto punto con shorts di jeans, calze ricamate, stivali e la maglia beige che io chiamo "dimagrante" visto che la fa sembrare super snella.

"E invece sì. Mi pagheranno lo straordinario, così potrò comprarmi qualcosa di decente addosso per Pasqua".

"Ma lavorerai dalle undici di sera alle quattro del mattino!".

"Sono i vantaggi offerti dal lavorare in un pub, no? Avrò qualche drink gratis e...".

"E niente, piantala di inventarti vantaggi dove non ce ne sono!" sbotta con impazienza, per poi avvicinarsi e prendere in mano la mia chioma, dato che la sto intrecciando in una maniera schifosa.

Separa tutte le ciocche, le pettina e ricomincia a formare la treccia con dedizione, come se fosse una parrucchiera nata.

"Per favore, Trudy, smettila e pensa a goderti la serata con Davide" sussurro, alzando gli occhi al cielo, dato che odio far preoccupare la gente.

"Come posso riuscirci se so che a causa mia stai lavorando di sabato, di notte, per non andare da Germana?" chiede, retorica.

"Pensa ai soldi extra e ti passa tutto".

Non replica, sospirando, e quando ha finito con i miei capelli vedo il suo sorriso attraverso il riflesso dello specchio. "Non devi pensare a quella stronza, sul serio" mormora.

Scrollo le spalle, sforzandomi di sorridere. "Ma non ci penso, infatti! Dai, ci ha già pensato Dario a farmi il discorsetto, non ti ci mettere anche tu".

"Te lo meriti, il mio, perché di sicuro è più efficace. Io non sono buona come Dario!".

"Infatti Dario non è buono. Mi ripete sempre la stessa cosa dieci volte, proprio come te. Siete pessimi, entrambi! E noiosi!" sbotto, fingendo un'aria da criticona che la fa ridere.

"Fatto sta che domani ti preparo la torta con nutella e panna" dichiara, sorridendomi apertamente.

"Uh, sì! Pranzerò con quella!".

Trudy sa che nella maggior parte dei casi per tirarmi su ho bisogno solo della sua torta mega calorica, perché mangiarla è una dei miei sport preferiti, oltre incolparla per essere la causa di qualche chilo in più, ovvio.

Così, alle nove - due ore prima dell'inizio del turno - esco di casa con la sua auto, dato che io non ne ho una mia e ho acconsentito nel farmela regalare dai miei per la laurea  dato che con i miei miseri risparmi non ce l'avrei fatta mai, se non tra minimo dieci anni.

A causa del traffico del sabato sera, ringrazio il cielo di essermi anticipata, tanto da impiegarci un'ora per arrivare al pub, che dista massimo mezz'ora da casa mia.

Preparandomi psicologicamente per tutte le ore di lavoro che mi aspettano, prendo un bel respiro mentre attraverso il parcheggio destinato al personale ed entro dal retro.

"Ehi, Lena!".

Sara, una delle mie colleghe, mi accoglie con un sorriso caloroso mentre si sta aggiustando la camicia della divisa che dobbiamo indossare a lavoro.

"Sara, ciao. Anche tu fai il turno di notte?".

Annuisce, svilita al solo pensiero. "Stasera i miei amici sono fuori, a Roma, per il week end, quindi ho preso coraggio e mi sono proposta per questo bellissimo turno" risponde, alquanto sarcastica, mentre inizia a legarsi i capelli rossi non tanto lunghi in una comoda coda. "E tu? Perché hai scelto il turno?".

"Mi servivano dei soldi extra per un acquisto" mento, anche se non è che sia proprio una bugia.

Annuisce, ed io vado nel piccolo stanzino che funge da spogliatoio per indossare la camicia e i pantaloni della divisa.

Quando esco, noto che Paolo - un altro collega - ha portato un paio di drink nel retro per noi povere anime che ci sorbiremo il turno notturno mentre lui ha quasi finito il suo, così senza troppe cerimonie inizio a sorseggiare il mio, un Cosmopolitan, per poi dichiararmi pronta per l'inizio della nottata.

Uscendo dal retro, mi ritrovo nel locale vero e proprio e vengo assalita da un'aria calda che, tuttavia, trasmette energia.

Il "Magic Trick" è particolare, e il nome inglese - "Scherzetto magico" - è dovuto al fatto che il giovedì ci siano delle serate dedicate a varie città e paesi anglofoni, in cui si mangiano piatti tipici del posto con tanto di musica adeguata e personale vestito.

E' stato anche grazie al fatto che studiassi inglese che mi hanno assunta, a dir la verità.

Alla fine mi piace questo posto, anche perché è un locale ampio e accogliente fino al mercoledì, poi dal giovedì in poi si trasforma in una piccola isola di divertimento con luci soffuse, a volte psichedeliche, e tanto alcool.

Io e Sara ci guardiamo con uno sguardo d'intesa e, con un breve sospiro, diamo inizio alla serata con le prime ordinazioni nella zona dedicata ai panini e alle crepes.

"Ragazze, stasera mi servite al lato delle bibite" esclama Giacomo, il padrone.

E' un omone sui quarant'anni simpatico ma decisamente intransigente quando il locale è gremito di clienti, come in questo caso. "Giorgio ha combinato il solito disastro! Ha perso il foglio delle ordinazioni e ha preparato un Mojito senza menta... Su, muovetevi!".

Rapidamente, così, ci spostiamo all'altro bancone, quello dei drink, dove il povero Giorgio striscia via in silenzio per il solito caos creato.

In realtà, mi piace fare drink, e ne ho inventato anche qualcuno, solo che l'ho proposto esclusivamente alle mie amiche dopo una cena a casa.

Così, entro nel caos di ragazzi e uomini un po' più maturi che mi riempiono le orecchie di nomi di bibite dal nome strano e a volte incomprensibile.

"Lena, prendi le ordinazioni tu, per ora? Voglio preparare ora i drink visto che tra qualche ora non sarò molto attiva" esclama Sara, guardandomi con aria supplicante.

"Va bene" annuisco.

Mi rivolgo verso la folla - che è alquanto impaziente dopo l'incidente di Giorgio - e dò ufficialmente inizio alla serata.

"Due birre!".

"Uno Screw Driver!".

"Un Mojito!".

"Due Sex on the Beach!".

"Un Martini Royal".

"Un Woo-Woo**".

Udendo quest'ultimo nome, batto le palpebre, confusa.

Cosa diamine è un Woo- Woo? Sarà anche tardi, ma sono ancora lucida, e questo drink non è presente sul nostro listino.

Alzo lo sguardo dal block notes su cui sto scrivendo le ordinazioni per contestare, ma, un secondo dopo, desidero non averlo mai fatto visto che sento il cuore perdere qualche colpo.

L'uomo sulla trentina davanti a me non può essere colui che penso che sia.

Colui che mi sta sorridendo cordialmente non può essere il nuovo madrelingua di inglese.

Ecco perché dicevo di averlo visto prima da qualche parte! Lui è un assiduo frequentatore del "Magic Trick", l'avrò visto almeno quattro volte nell'ultimo mese.

Cosa dovrei mai fare? Sarebbe stupido chiamarlo professore, e non solo perché avrà al massimo sette-otto anni in più a me, ma anche perché la sua prima lezione ci sarà lunedì.

Decidendo di fare finta di nulla - tanto non dovrei ancora sapere che è il mio insegnante, no? - rispondo con un flebile: "Mi dispiace, non abbiamo il Woo Woo".

Lui annuisce, consapevole, passandosi una mano tra i suoi capelli scuri e ricci.

"Lo so. Volevo solo avere una scusa per parlare con una dipendente molto carina. Sai, vengo qui da un mese, ormai, conosco il menù a memoria e non sono mai riuscito a parlarti" rivela.

Dovrei essere scioccata per il suo italiano dall'accento quasi perfetto, ma perché mai dovrei badare ad una simile quisquilia quando l'unico professore carino che abbia mai avuto - cioè, che avrò - mi ha detto una cosa simile?

Poi, davanti a me, vedo solo la faccia sorpresa di Germana nel caso in cui venisse a sapere di questa conversazione e ciò, in un solo istante privo di lucidità, mi fa decidere il mio modus operandi per la risposta da dargli.

 

* “Non ho mai” è un gioco che consiste nel far sì che, a turno, ognuno dica qualcosa che non ha mai fatto, e chi lo ha fatto invece deve bere.

** Il “Woo-Woo” esiste davvero, l’ho provato in un locale a Londra, e spero che quello “Originale” sia migliore di quello che mi è capitato perché sembrava quasi un succo alla fragola senza alcool xD

 

*°*°*

Milly’s Corner

Salve a tutti!

Erano secoli che non iniziavo a pubblicare una long in questa sezione, sono felice di essere tornata.

Che dire, lavoro a questa storia da mesi e mesi, e sono arrivata al capitolo 12, quindi gli aggiornamenti saranno regolari.

Ogni capitolo avrà la stessa struttura, ovvero sarà preceduto da un flashback che ha lo stesso argomento di qualche contenuto del capitolo, e ciò serve ad inquadrare ancora meglio i personaggi, perché il loro passato ci serve a capire meglio ciò che sono ora.

Spero che l’elemento del prof che guarda caso nota Lena e le si avvicina non sia stato classificato come un clichè, cioè, mi odio un po’ per questo elemento, ma è l’unica soluzione che ho trovato.

Non posso dirvi come procederà la storia, ma ci tengo a dirvi che tra i due il continuo non sarà come questo inizio… Chi vuol intendere, intenda! xD

Ora, come ogni settembre, sono impegnata con gli ultimi due esami del secondo anno di università, quindi a volte aggiornerò ogni settimana e a volte ogni dieci giorni, poi a ottobre aggiornerò regolarmente ogni domenica J

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi lascio qualche anticipazione ;)

Alzo gli occhi al cielo, mi volto e prendo altri due bicchieri, li distribuisco e noto che è ancora lì, in attesa. Continua a guardarmi, ma non sembra indispettito, anzi: sembra si stia divertendo un mondo, e la cosa mi dà ai nervi.


 

Alla faccia della domanda! Non poteva essere una più classica, del tipo "Quanti anni hai?" o "Posso sapere che taglia di reggiseno hai? Sai, ho scommesso con i miei amici che avrei indovinato!" ?


A domenica prossima!

Milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Certe Notti ***


2ffac
Capitolo 2
Certe Notti


 
4 Novembre 2010

"Scusami, ma quello è uno dei libri di Linguistica Generale da studiare per l'esame del professore Giusti?".

Alzai lo sguardo, smettendo di sottolineare un paragrafo particolarmente incomprensibile con l'evidenziatore verde, e, stupita, mi ritrovai davanti quello che, il primo giorno di lezione, ormai un mese prima, avevo ribattezzato "Ragazzo Figo".

"Sì" risposi, sorpresa nel trovarmelo davanti, visto che dopo quel giorno non l'avevo visto più.

"E quanti altri ce ne sono? Scusami per le domande, ma manco da un mese, ho avuto problemi con la casa da affittare, sono un fuori sede..." spiegò, scrollando le spalle e sedendosi dietro il mio stesso tavolo della biblioteca.

Mi sforzai di fare un sorriso che mi rendesse carina e non idiota come al solito, e mi tolsi una corta ciocca di capelli dalle spalle, sperando di non risultare goffa. "Ma no, figurati! Ti capisco, sono fuori sede anch’io… Comunque sì, ce ne sono altri due... Posso dirti i titoli" mi offrii.

Lui guardò l'orario sul display del suo Nokia C3 e, in tutta fretta, si rialzò. "Scusami, è tardissimo, devo scappare! Facciamo così, scrivimi il tuo numero e ti chiamo, così mi dici, ok?" esclamò, porgendomi il suo cellulare.

Sorpresa più che mai, rimasi ferma qualche istante, prima di decidermi ad agire.

Possibile che gli servisse il mio numero per conoscere i titoli dei libri che avrebbe tranquillamente trovato sulla pagina personale del professore? E perché doveva scappare se fino ad un secondo prima sembrava avere tutto il tempo del mondo a tal punto di perdere tempo a vedere il titolo del libro che stava leggendo una sconosciuta?

Tuttavia, dicendomi che era un bene dare il mio numero a "Ragazzo Figo", mi affrettai a digitare il numero e a salvarlo.

"Sono Lena, comunque" dissi, restituendogli il cellulare.

"Io Matteo, piacere" rispose lui. "Aspettati una mia chiamata..." aggiunse, sorridendo in un modo che lo rendeva ancora più figo, se possibile, per poi andarsene, lasciandomi così, confusa e felice allo stesso tempo.

 
*******

"Ok, mi hai parlato, quindi penso ti possa ritenere soddisfatto".

Sono sul serio io quella che ha risposto in maniera così scorbutica, che sfiora l’essere incivile?

“Ecco perché sei single, i tuoi modi fanno schifo!” mi punzecchia una vocina nella mia testa,  che è decisamente peggio del Grillo Parlante di Pinocchio.

Non posso aver risposto così di mia spontanea volontà, e non posso nemmeno aver dato del tu ad un mio insegnante!

Ai professori si da il lei!

Ok, lui parla inglese e in inglese ci si dà sempre il tu, ma stiamo parlando in italiano e...

Sono ufficialmente nel pallone, è deciso, senza contare che ho una marea di clienti che sono in attesa di decine di drinks, ed è per questo che, detto ciò, mi volto per dare la lista a Sara, che inizia subito a darsi da fare.

Cerco di non guardare in direzione del professore, ma mi è impossibile nel momento in cui la mia collega mi dà i primi due bicchieri, cosa che mi obbliga a tornare al bancone.

"Sappi che non me ne andrò finché non avremmo chiacchierato un altro po'" dice l'uomo, sorridendomi in un modo che quasi mi fa dimenticare la mia determinazione.

"Sto lavorando!" protesto, chiedendomi cosa abbia mai fatto di male per meritarmi un simile scherzo del destino.

Ecco! Soluzione trovata: è tutto uno stupido scherzo, perché non può essere che un bell'uomo come lui mi trovi carina, quindi non mi rimane altro che ignorarlo e fare finta di nulla.

"Ho tutta la notte. A che ora stacchi?" risponde prontamente.

Alzo gli occhi al cielo, mi volto e prendo altri due bicchieri, li distribuisco e noto che è ancora lì, in attesa.

Continua a guardarmi, ma non sembra indispettito, anzi: ha l’espressione di chi si sta divertendo un mondo, e la cosa mi dà ai nervi.

Come posso mai comportarmi? La parola "Professore" continua a rimbombarmi nelle orecchie, insieme alla frase: "E' troppo figo!", e ciò mi provoca una lotta interiore tra la mia parte responsabile e quella - sempre repressa - ribelle.

Mentre cerco di prendere tempo scrivendo altre ordinazioni, lui ripete la domanda ed io non rispondo, fingendo di non sentire, il che potrebbe essere molto probabile a causa della musica a tutto volume.

"Stacca alle quattro, ora però lasciala lavorare che il capo ci ammazza se non ci diamo una mossa!" si intromette Sara, sorridendogli e facendogli l’occhiolino, prima di strapparmi dalle mani il block notes.

Il professore, finalmente soddisfatto, ritorna a sorridere. "Grazie! Bene, allora ci vediamo alle quattro. Ah, prendo due birre" aggiunge come se nulla fosse.

"Devi prima fare lo scontrino alla cassa" esclamo, fingendo di non aver ascoltato il commento precedente.

Dopotutto, non è nemmeno mezzanotte, figuriamoci se aspetta quattro ore per parlare con una che nemmeno conosce e che l'ha trattato male!

“Ma i ragazzi amano essere trattati male, lo adorano, forse perché ciò ricorda loro quelle cose zozze e sadomaso che gli piacciono tanto, sai?” continua imperterrita la vocina nella mia testa, che, ovviamente, ignoro.

Chiunque sia sano di mente smette di provare a fare qualcosa se non riceve un trattamento adeguato, no? Lo dovrebbe stabilire qualche legge fisica o che so io!

Dal canto suo, il professore annuisce e torna dopo pochi minuti con lo scontrino in mano, porgendomelo.

Rapidamente, mi dirigo verso il frigo vicino al bancone, estraggo le due bottiglie e gliele porgo senza guardarlo, in modo da non capire ciò che mi dice dato che il volume della musica è alto e non ho visto il suo labiale.

"Ma dico io, un figo del genere ci prova con te e tu fai la zitella acida?" mi rimprovera Sara, mentre versa della vodka liscia in un bicchiere con fare esperto, anzi, eccessivamente meccanico.

Non so cosa mi blocca dal dire la verità, fatto sta che esito qualche istante prima di inventare una scusa. "Sai com'è, mi infastidiscono i tipi petulanti!".

"Tu sei matta! Fatto sta che mi ringrazierai per avergli detto a che ora finisci il turno".

"E tu sei un'ingenua! Pensi che mi aspetterà fino alle quattro?".

"Perché no? Se è qui, da solo, di sabato sera, non ha nulla da fare…".

Con un verso scettico, torno a distribuire i drinks, fino a quando, alle due, non tocca a me prepararli mentre Sara prende le ordinazioni.

Non so quanti caffè bevo, fatto sta che mi aiutano a non sentirmi stanca e a continuare a lavorare senza sosta, nonostante non riesca a non pensare allo strano incontro di poche ore prima.

In realtà, in tanti anni la fortuna non è mai stata dalla mia parte, quindi non riesco a credere che un bell'uomo come il mio nuovo insegnante mi abbia notata a lavoro settimane prima di iniziare il suo lavoro alla mia università.

E' raro che un ragazzo mi si avvicini e mi faccia complimenti perché è altrettanto raro che io cerchi di farmi notare, quindi il pensiero che il professore mi abbia notata mentre lavoro mi sembra più che assurdo.

Lentamente, l'orologio del locale segna le quattro meno dieci, ma ormai ci sono pochissime persone, quasi tutte poco sobrie.

Il signor Giacomo si avvicina a me e Sara e ci fa un gesto che nel suo gergo significa: "Potete andare!", annunciando la salvezza mia e della mia collega.

Con un infinito sospiro liberatorio, così, entrambe corriamo nel retro, prima che Giacomo possa cambiare idea, e ci liberiamo di malavoglia della divisa, visto che sembra parte integrante delle nostre epidermidi per tutto il tempo che l'abbiamo indossata.

Sciolgo la treccia dato che Trudy l'ha stretta così forte da renderla quasi insopportabile dopo più di cinque ore e indosso i jeans e il maglioncino che avevo prima di iniziare il turno.

Nonostante tutto, però, sono nella fase in cui dopo una notte insonne si crede di non avere più voglia di dormire e per confermare ciò bevo il caffè - l'ennesimo - che Giacomo offre a me e Sara.

Quest'ultima esce prima di me, dato che devo accordarmi con il padrone per quanto riguarda il prossimo turno di lavoro, e quando esco guardo il cielo ancora molto scuro.

Tutto ciò mi ricorda la notte di Capodanno, quando vengo letteralmente sequestrata dalle mie cugine che, vivendo nella mia città, Caserta, non mi vedono spesso e quindi approfittano delle vacanze natalizie per recuperare il tempo perso.

Negli ultimi tre anni, siamo solite iniziare l’anno nuovo con una tombolata a casa di qualche conoscente, che poi degenera in una nottata fatta di spumante, musica commerciale, qualche danza scoordinata a causa della stanchezza e dell’alcool, per poi finire il tutto verso le sei per andare a prendere i cornetti caldi dalla nostra cornetteria di fiducia e tornare a casa verso le otto.

Questi ricordi misti all’atmosfera lugubre che mi avvolge mi incutono uno strano senso di oppressione, perché so che non è Capodanno e dovrò aspettare le vacanze di Pasqua per divertirmi con le mie cugine, così mi avvio subito verso la macchina, a passo svelto.

"Lena?".

Mentre sono ormai a pochi metri dall'automobile, sento una voce alle mie spalle che mi chiama con decisione e un accento insolito.

Mi volto e, incredula più che mai, vedo il professore che mi guarda sornione mentre sorride, con in mano una confezione bianca e due bottiglie.

"Come sai il mio nome?" chiedo, improvvisamente dimentica del senso di oppressione che mi stava invadendo pochi istanti fa.

Se conosce il mio nome, può scoprire che sono una sua alunna in qualsiasi momento!

“Idiota! Non sei al liceo, i professori non hanno il registro con il tuo nome! Lo leggono solo se ti prenoti ad un esame, ricordi?” commenta la vocina nella mia testa, prendendosi il gioco di me. Certo che la stanchezza fa proprio brutti scherzi…

"Me l'ha detto un tuo collega, Giorgio. E' molto simpatco, anche se mi ha quasi rovesciato un drink addosso. Comunque... Piacere Lena, io sono Leo" si presenta, parlando lentamente - forse per cercare di non commettere errori - e porgendomi la mano destra.

Gli stringo la mano di rimando, sentendo quanto sia decisa la sua stretta, al contrario della mia. "Piacere. Leo?" domando poi, incuriosita.

Perché diamine faccio domande simili ad uno a cui non devo assolutamente dare confidenza?!

"Mi chiamo Leonard Ernest Scott, ma tutti mi chiamano Leo. Sono nato in Calfonia ma i miei parenti erano Sicliani, sono emigrati in Amerca a fine Otocento... E tu? Cioè, Lena non è un nome usato, qui".

"No, infatti. E' molto usato in Germania, i miei nonni hanno vissuto lì per tanti anni. Mia madre li andò a trovare poco prima di sposarsi con mio padre e conobbe delle persone che si chiamavano così, e le piaceva..." spiego, scrollando le spalle, come ogni volta che lo spiego a chi crede che mi in realtà chiami Maddalena o Milena.

"E' un bel nome" esclama. Poi, improvvisamente, mi porge la confezione bianca che ha tra le mani. "Croissants caldi! Ti avevo detto che avrei aspettato la fine del tuo turno" aggiunge poi, quando mi vede fare un cenno incerto. "Mantengo sempre le mie promesse".

"Leo, sei molto gentile, ma devo tornare a casa e...".

"Non me ne andrò finchè non avrò il tuo number".

Sconcertata da quella buffa e strana situazione, batto numerose volte le ciglia, senza sapere sul serio cosa dire.

Vorrei sul serio non sapere che è il mio insegnante, così magari lunedì avrei un'assurda sorpresa a lezione ma potrei godermi in santa pace la gentilezza di un bell'uomo che mi crede carina.

In preda all'agitazione, così, faccio un cenno di assenso. "Va bene, dammi il cellulare e te lo segno" esclamo, decidendo di usare un vecchio trucco che uso con i ragazzi un po' assillanti – e bruttini - che ti abbordano alle feste: dargli il numero sbagliato, così quando chiamerà non avrà modo di rintracciarmi.

"Eh no, non sono mica nato ieri! Così mi dai un fake number!" ridacchia, come se nulla fosse, comprendendo al volo le mie intenzioni.

"Ma se sai che farò così, perché ti ostini a parlarmi?".

"Perché so che non te ne pentirai".

"Non mi conosci, Leo".

"E' un motivo in più per parlarti, Lena".

Messa totalmente k.o. dall'arte oratoria di quell'uomo, non ho altro da fare che prendere il suo cellulare, segnare il numero e lasciarlo soddisfatto quando vede che squilla sul serio.

"Ora però devo andare, sul serio" dico, decisa più che mai. "Sono stanca e...".

"Ma ci sono i croissants! E se ti sbrighi sono ancora caldi, dai! Ti ci vogliono un po' di zuccheri dopo il turno di lavoro... E, se ti va, ho ancora le due birre che ho preso ore fa". Mostra le due bottiglie come se fossero trofei, senza smettere di sorridere.

"Per questo ne hai prese due!" mormoro, incredula.

E' assurdo! Non riesco a credere che faccia sul serio, anzi, in realtà è come se avessi il timore che tutto questo sia un malefico scherzo di qualcuno non molto ben disposto nei miei confronti.

"Pensavo lo avessi capito".

Scuoto il capo, arricciando le labbra. "No, sono sempre un po' ritardata quando si tratta di queste... Cose, ecco. Quindi, ora, hai un buon motivo per andare via".

"In realtà vorrei conoscere altri tuoi difetti, visto che esteriormente per me hai molti pregi" rivela, con un tono che lo fa sembrare quasi innocente come un bambino.

"Divento isterica quando qualcuno non mi ascolta" scandisco, per poi fare qualche passo indietro come per fargli capire che sul serio me ne devo andare, e subito.

"Anche io! Cioè, non proprio isterico, direi... Insicuro, ecco. Sai, sono un professore d'inglese " - qui cerco di trattenere un'espressione alla Capitan Ovvio e fingo di non sapere nulla - "E se noto che la classe è disattenta inizio subito a pormi mille problemi riguardo il mio metodo d'insegnamento. E tu?" aggiunge, interessato più che mai, "Cosa fai nella vita? Oltre la barista, intendo".

"Studio lingue. Inglese e Tedesco" rispondo automaticamente, senza nemmeno pensare alla possibilità di mentire.

Lo vedo sorpreso, poi, annuisce. "E in che facoltà?" chiede.

"Federico II" mento spudoratamente.

Ecco, la frittata è fatta. Ha il mio numero, non può sapere che io sia una sua alunna, e io sono in una fase particolare - tra il sonno e l'adrenalina - in cui non riesco a capire bene come comportarmi.

"E' vicina all'Orientale, dove insegno io" spiega.

Annuisco, senza sapere cosa dire perché l'unica certezza che ho al momento è che mi sto cacciando in un mare di guai senza volerlo.

"Il locale a che ora chiude?" domanda poi lui, evidentemente per eliminare quel silenzio imbarazzante.

"Alle cinque".

"Bene, possiamo mangiare lì i cornetti, tanto li ho presi lì" propone.

Il pensiero di essere in qualche modo sorvegliata da Giacomo mi sembra buono, così annuisco e ritorno nel luogo in cui ho passato il sabato sera.

C'è solo Giorgio al bancone, il quale sembra molto a suo agio ora che non ha clienti a causa di cui creare danni, e mi sorride sornione quando vede con chi sono.

Come se nulla fosse, Leo apre la confezione con i cornetti e me ne porge uno con gentilezza.

Io odio mangiare davanti ai ragazzi se non ci sono in confidenza, specialmente se si tratta di pizze, panini e cornetti, perché temo di sporcarmi tutta mentre mangio e di fare la figura dell'idiota.

"Posso farti una domanda?" chiede poi.

"Vai. Ormai mi sembra di essere parte di un talk show incentrato su di me!" esclamo, scrollando le spalle, causando la sua risata.

"Perché una bella ragazza come te lavora il sabato notte invece di uscire con gli amici?".

Alla faccia della domanda! Non poteva essere una più classica, del tipo "Quanti anni hai?" o "Posso sapere che taglia di reggiseno hai? Sai, ho scommesso con i miei amici che avrei indovinato!" ?

Più che altro, sono seccata dal fatto che dalla discussione con Germana si stiano sviluppando conseguenze assurde: per non andare a dormire da lei, decido di lavorare e mi ritrovo stalkerizzata da un mio professore che non sa di esserlo.

"Avevo semplicemente bisogno di soldi" mento, fingendomi disinvolta e dando il primo morso al cornetto per avere qualcosa da fare per non guardarlo in faccia e dargli la possibilità di capire che sto mentendo.

"Non penso sia così. L'ultima volta che hai lavorato qui era martedì, se avessi avuto bisogno urgentemente di soldi ci verresti più spesso, no?" osserva.

Deglutisco il boccone a forza, incredula per quella constatazione. "Ma... Ma tu sei uno stalker!" esclamo, così forte che le poche persone nel locale si voltano verso di me.

Per tutta risposta, Leo ride e scuote il capo. "Volevo conoscerti, tutto qui. Dai, tu non hai mai seguito causalmente un ragazzo?" mi provoca.

Certo che l'ho fatto!

Al primo anno, dopo aver conosciuto Matteo in biblioteca, facevo di tutto per trovarmi negli stessi posti in cui c'era lui, ma per avere una scusa per parlarci, non per seguirlo e basta.

"Ecco. Ti ho colta in flagrante! Quindi sei anche tu una stalker come me?" mi rimbecca, senza che io abbia detto nulla.

"Ma no!" sbotto, senza sapere cosa dire.

"Dai, allora, mi dici perchè...".

"Sei asfissiante, Leo! Davvero!" sbotto, senza riuscire a trattenermi.

Vedendolo improvvisamente a disagio, mi porto una mano alla bocca, un po' pentita per aver sbroccato così, anche perché sono riuscita a zittirlo.

"Scusami".

Sembra sul serio pentito, e, improvvisamente, ha l'aria di un uomo che ha capito il limite, non sembra più un bambinone travestito da uomo.

"A volte non realizzo di non essere nel mio paese, cioè, non per offendere le italiane, ma da me le ragazze sono molto più aperte e non badano al fatto che non ti conoscono e...".

"Leo, noi italiane non siamo una massa di bacchettone" lo interrompo, cauta.

"Bacchettone?" domanda, confuso, con quell'accento appena marcato che mi è sempre piaciuto.

"Volevo dire che noi italiane non siamo l'opposto delle californiane, sul serio, sono io che sono particolare e hai toccato un tasto dolente, tutto qui" cerco di spiegargli.

Annuisce. "E io sono... Come si dice...? Invadente, sì" ammette.

"Un pochino" confermo, cercando di risultare ironica.

Di nuovo, cadiamo in un silenzio imbarazzato, finché qualcosa non scatta in me ed inizio a parlare e ad esternare la realtà dei fatti come se mi stessi rivolgendo al mio diario segreto.

"Stasera sarei dovuta andare a dormire da due amiche perché arrivava il ragazzo della mia coinquilina e volevo lasciar loro un po' di privacy, ma ho avuto una discussione con una di loro e quindi ho preferito lavorare, dato che l'alternativa era dormire per strada" spiego lentamente.

Annuisce di nuovo, quasi come se avesse il timore di parlare ancora.

"Sei una persona orgogliosa" osserva poi, cauto.

"Fin troppo. L'orgoglio mi farà fare brutta fine" sospiro, decidendo di dare un altro morso al cornetto.

Lui mi imita, quindi per un po' si sente solo il rumore impercettibile delle nostre mascelle al lavoro, poi torna a parlare.

"A me è successa spesso una cosa del genere quando andavo al college. Bei tempi" dichiara, nostalgico.

"Parli come se fosse passata una vita".

"Sono passati quasi otto anni da quando mi sono... Graduated" risponde, in difficoltà a causa di quel termine di cui non ricorda la traduzione.

"Laureato".

"Giusto! Dopotutto studi inglese... Comunque, sì. Tra due mesi compio trent'anni" rivela.

"Ed io tra uno ne avrò ventidue".

"Pensavo ne avessi tipo ventiquattro...".

"Potrei offendermi, sai?".

Di solito, tutti mi dicono che sembro più piccola della mia età effettiva, quindi questa sua osservazione mi giunge nuova.

Leo ride e mi guarda dritto negli occhi. "Ho detto una bugia. Si vedeva che fossi piccola, ma non volevo fare la parte di quello che ci prova con una di otto anni più piccola...".

"Non sono mica minorenne" osservo.

Passano i minuti, e, per la prima volta in vita mia, mi ritrovo a bere una birra dopo un cornetto caldo.

Alla cinque, però, usciamo visto che il locale sta per chiudere.

Mi riavvicino alla macchina, prendendo le chiavi dalla borsa, e Leo mi lascia con un sorriso di congedo.

"Il tuo numero ce l'ho, quindi... Mi autorizzi a mandarti qualche messaggio?" domanda.

Esito, senza sapere cosa dire. Tutto andrebbe a meraviglia se la mia coscienza non mi ripetesse in continuazione che lui è uno dei miei docenti, ma ormai gli ho mentito, e, a meno che non mi veda in classe, non può avere modo di sapere che sono una sua alunna.

Quindi, annuisco. "Va bene. Sei autorizzato" concedo.

Lo vedo esitare, come se stesse riflettendo a lungo, poi, finalmente, si decide a parlare. "Volevo anche dirti che... E' un po' imbarazzante. Non so bene come funzionano le cose qui, cioè, cosa si aspetta una ragazza quando uno le rompe le scatole come ho fatto io con te ma... Lavorerò qui fino a giugno, poi tornerò in America, quindi, nel caso uscissimo insieme qualche volta volevo tu sapessi che non ci sarò sempre e...".

Se ne andrà a giugno, ed io ho intenzione di fare l'esame orale di inglese a settembre, quindi è tutto perfetto!

Annuisco, un po’ sollevata. "Tranquillo, Leo. Ti ho appena conosciuto e di certo non penso che tu mi regalerai un anello di fidanzamento, tranquillo" ripeto.

Sorride, evidentemente felice per il fatto che io abbia capito la situazione.

"Allora... Ciao, Lena".

"Ciao".

Muovo leggermente la mano in segno di saluto, ma rimango come una scema quando lui si sporge e mi dà un bacio sulla guancia. Continua a sorridere mentre se ne va, avvicinandosi alla sua auto, ed io entro in macchina con la sensazione di aver sognato tutto.

Probabile, solo nei tuoi sogni rimorchi dei fighi pazzeschi. L’ultimo era Ian Somerhalder, ricordi?” commenta la vocina nella mia testa, sarcastica al massimo.

Mi lascio trasportare dagli eventi e rido per qualche istante, sentendomi un po’ più leggera e dicendomi che, sul serio, forse sto sognando tutto ed è meglio così.

 

°*°*°*

Ed eccoci qui, con il nuovo capitolo!

Beh, se state leggendo queste parole, significa che probabilmente avete letto il capitolo, quindi… Grazie di cuore!

Grazie per l’accoglienza che avete dato a questa storia e grazie a quelle che io chiamo “Le mie lettrici fedeli” che hanno iniziato a seguirmi anche qui. Non so cosa dire, davvero,  è magnifico sapere che il primo capitolo vi sia piaciuto! :D

Comunque, passando al capitolo… Conosciamo Leo (e la vocina interiore di Lena!xD) e veniamo anche a conoscenza delle sue intenzioni: a giugno se ne andrà, e non è in cerca di una storia “seria”. Stando a ciò che dice Trudy, Lena ha proprio bisogno di una storia non seria, quindi ci divertiremo a vedere eventuali sviluppi.

Questi due primi capitoli sono stati un’introduzione, mentre dal prossimo inizia la storia vera e propria. Conosceremo il ragazzo di Trudy e rivedremo Germana, Marina e Dario.

Vi lascio qualche anticipazione:

"Ohoh! E chi è questo Leo?" domanda.

Deglutisco, cercando di evitare il suo sguardo, e mi alzo dal letto. "Se te lo dico non mi credi" borbotto.

"Ma come! A meno che non sia Leonardo Di Caprio, certo. Lì non ti crederei, senza offesa".

 

"Trudy, ragiona. Lo conosco da, quanto?, tre anni? Ed è mai possibile che abbia sempre finto con me? Per favore! E' un caso, basta!" provo a farle capire, ma lei sembra non mi stia ascoltando.

 

Aggiornerò venerdì visto che domenica prossima sarà troppo vicina all’esame che ho il 17.

Baci!

Milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Non è una bugia, è un'omissione! ***


Image and video hosting by TinyPic 3

 Capitolo 3

17 Ottobre 2010

"Cioè, il mio nome sarebbe Gertrude - no, mia madre non si droga, se ve lo state chiedendo - ma, sapete, non mi piace affatto ovviamente, quindi tuti mi chiamano Trudy da sempre...".

Io e Dario guardavamo con curiosità il modo eccessivamente loquace ed allegro in cui Trudy ci parlava.

Era appena arrivata a casa, visto che aveva scelto di affittare l'altra camera disponibile in casa, e sin dal primo istante aveva illuminato l'appartamento con la sua simpatia.

"Vado a prendere qualcosa da bere" dissi, alzandomi dal divano.

"Oh, sì, grazie! Sai com'è, ho sempre sete, proprio perché parlo tanto!" disse Trudy, e le sorrisi candidamente, come a dire: "Me ne ero accorta!".

"Aspetta, faccio io, voi continuate pure. Ormai conosco questa casa meglio di Lena" s'intromise Dario, alzandosi a sua volta.

"Ok, grazie" risposi, riprendendo posto.

Quando fu uscito dal piccolo soggiorno, Trudy mi guardò in un modo ammiccante e mi fece l'occhiolino. "Anche io ho un ragazzo, si chiama Davide, stiamo insieme da quasi due anni...".

La guardai, confusa. "Io non ho un ragazzo" dissi.

"Come? E quel Dario chi è, scusa?".

"Un mio amico, frequenta i nostri stessi corsi, ci siamo conosciuti in segreteria".

Scettica, Trudy scosse il capo. "Ma lui ti guarda in un modo che fa capire palesemente che ci sia qualcosa tra voi" obiettò. "Ed io non mi sbaglio mai".

Risi per quell'assurdità mai sentita prima, e feci un cenno negativo. "C'è sempre una prima volta, no? Siamo amici e basta...".

Lei, non convinta, annuì, per poi continuare a squadrare il povero Dario quando tornò con una bottiglia di coca cola e dei bicchieri di plastica.

 

 ******

"Ehilà, sveglia! Sono le due! E c'è una bella torta per te!".

La voce squillante e allegra di Trudy mi sveglia dalla serie di sogni assurdi che stavo facendo, e quando riapro le palpebre mi trovo il suo volto sorridente davanti agli occhi.

Un marcato profumo di nutella risveglia le mie narici, così mi metto a sedere, stiracchiandomi.

Faccio mente locale mentre biascico uno strascicato "Buongiorno", e quando mi volto vedo che il tasto centrale del mio cellulare si illumina ad intermittenza, come ogni volta che ricevo un sms.

Prendo l'oggetto in mano e apro il messaggio.

 

Ciao, Lena, immagino tu stia ancora dormendo... Volevo solo dirti che mi sei sembrata ancora meglio di quel che credevo, e mi piacerebbe rivederci, sempre se ti va. Io sono sempre libero la sera, quindi aspetto tue indicazioni.

Spero sul serio di ricevere una tua risposta.

 

E' Leo, e mi ha inviato questo messaggio due ore fa.

Sgrano gli occhi, avendo la prova concreta che gli accaduti di stanotte siano reali, e, senza sapere come dirlo alla mia amica, le dò il cellulare per farglielo leggere.

Dopo vari secondi, lei mi guarda, curiosa più che mai.

"Ohoh! E chi è questo Leo?" domanda.

Deglutisco, cercando di evitare il suo sguardo, e mi alzo dal letto. "Se te lo dico non mi credi" borbotto.

"Ma come! A meno che non sia Leonardo Di Caprio, certo. Lì non ti crederei, senza offesa".

"Peggio" biascico, e senza sapere cosa fare afferro il piatto di torta e inizio a mangiarne un boccone bello grosso, solo per avere una scusa per non aprire bocca.

Trudy fa un verso spazientito e incrocia le braccia. "Se non parli mi riprendo la torta!" esclama decisa, fissandomi con aria minacciosa.

"E' buonissima, sai? Sei proprio brava, dovresti...".

"Lena, non divagare. Chi è questo Leo?".

"Leonard Ernest Scott" dico quindi.

"E sarebbe...?".

"Trudy, giurami che non mi giudicherai".

"Ovvio che non ti giudicherò! Dopo quasi un anno hai un ragazzo che ti invia sms carini e..." si blocca, avendo notato la mia occhiataccia. "Ok, non mi è uscita bene. Volevo dire che sono felice che dopo quasi un anno tu...".

"E' il nuovo madrelingua di inglese".

"... Abbia trovato qualcuno degno di avere il tuo nu... Che hai detto, scusa?".

"Che è il nuovo madrelingua di inglese. Leo è il nuovo madrelingua di inglese che non sa di essere il mio madrelingua di inglese e mi ha abbordato a lavoro. Dice di avermi notato da qualche settimana, ed io l'ho ignorato, ma Sara gli ha detto che staccavo alle quattro e lui mi ha aspettato fino alla fine del turno, per più di quattro ore! Ho cercato di respingerlo, ma era insistente, e per di più aveva preso cornetti e birre... Non avevo mai mangiato un cornetto seguito da una birra! E si è preso il mio numero e...".

"Lena, fermati. Mi sono persa".

Trudy mi fissa con aria fin troppo smarrita, nello stesso modo in cui io guardo mia cugina di tredici anni che sostiene di aver incontrato a Roma uno dei One Direction e di averci scambiato un'occhiata passionale.

Prendo un bel respiro e sostengo il suo sguardo.

"E' tutto vero, Trudy. Mi sembrava di averlo visto da qualche parte, e non mi sbagliavo. Ma ti giuro che ho fatto di tutto per respingerlo, solo che è un chiacchierone assurdo, ogni volta che dicevo qualcosa per obiettare lui iniziava a costruirci su un romanzo! E' simpatico, oltre che bello, ha quasi trent'anni e... E quando mi ha detto che insegnava da noi io non ce l'ho fatta e ho detto che vado alla Federico II. Avevo sonno, lui era gentile e..." il mio discorso rimane in sospeso, perché al momento non riesco a trovare il nesso che mi ha spinto a mentire e iniziare quella sorta di gioco pericoloso.

"Wow. Cioè, è una coincidenza assurda" biascica Trudy dopo un po', scegliendo bene le parole e incredula più che mai.

"Lo so, credimi. Mi conosci, per ore ho creduto che fosse uno scherzo assurdo, ed ora non mi rimane che non rispondergli".

"E perché?".

"Sveglia, Trudy! E' il mio professore! Domani c'è lezione con lui!".

"E non è la stessa cosa se lui ti vede in classe e passi per la bugiarda del secolo visto che sei in un ateneo differente da quello che gli hai detto?".

La mia amica ha ragione come sempre, dannazione!

"Sono in trappola" mormoro, passandomi una mano sulla fronte.

"Non proprio. Scusa, lo sai che nemmeno la metà degli studenti segue le lezioni dei madrelingua, quindi ti basta seguirne un altro è il gioco è fatto".

"A giugno se ne andrà" aggiungo, riflettendo.

"E' perfetto, non rischi nemmeno di trovartelo all'esame!".

"Mi... Mi stai incoraggiando a...".

"Ad uscirci, sì". Trudy sembra aver assimilato subito e fin troppo in fretta la notizia, in un modo che mi lascia alquanto scioccata. Sembra crederci più di me, quasi quasi. "Sai come si dice in questi casi?".

"Sei fottuta?" suggerisco, melodrammatica come sempre.

"No. "Fake it until you make it"! Fingi! Fingi fino a credere sul serio di non essere una sua alunna e il gioco è fatto, no?".

Da una parte, il discorso della mia amica ha un minimo di senso, dall'altro sono troppo spaventata perché, per la prima volta in vita mia, rischio di iniziare un cammino caratterizzato dal proibito e ho paura di scottarmi.

Guardo il cellulare, incerta, e poi mangio un altro boccone di torta, infischiandomene del fatto che nelle ultime dodici ore abbia mangiato solo dolci.

 

 

Come ogni domenica pomeriggio, Marina e Germana vengono a trovarci per un caffè e per fare due chiacchiere circa gli avvenimenti del sabato.

Davide, il ragazzo di Trudy, mai come questa settimana è dalla mia parte perché non sopporta Germana, la ritiene volgare e antipatica.

Devo dire che è un tipo apposto, dall'aria simpatica, con un paio di occhiali che nascondono i suoi occhi verdi.

Gli manca poco per laurearsi in Ingegneria Informatica, e questo ai miei occhi lo rende un genio; per di più, è uno dei rari ragazzi esistenti sulla faccia della terra che non trascorre le domeniche steso su un divano a guardare le partite del campionato di calcio, quindi è grazie a lui se ho ancora la speranza di trovare un ragazzo che metta in pausa il gioco della playstation per parlare con me.

Lo chiamo sempre Leonard per prenderlo in giro, perché mi ricorda Leonard di “The Big Bang Theory”, ed ora, per punizione, l’universo mi ha mandato un vero Leonard in carne ed ossa…

Nel momento in cui Trudy va ad aprire la porta per far entrare Marina e Germana, così, ci guardiamo con complicità e ironia.

"Ti vendicherò, sappilo" sussurra lui, facendomi l'occhiolino.

Ha saputo della discussione che ha avuto luogo giovedì tra me e Germana, e alla fine del mio accorato resoconto ha chiesto esplicitamente a Trudy come mai siamo ancora sue amiche.

"Ma grazie" ridacchio, giusto un istante prima dell'arrivo in cucina della mia coinquilina e le due ragazze.

Ovviamente, dopo i saluti e i primi convenevoli, inizia il tanto temuto e allo stesso tempo atteso Germana-Show, che ha luogo quasi ogni santa domenica per dimostrare che, se Dio dopo tanti giorni di lavoro si è riposato, lei gli è superiore perché manda avanti la sua missione - alimentare il numero di "Partecipanti" alla sua lista - anche durante il week end. Anzi, soprattutto.

"Ieri sono andata ad una festa e ho conosciuto uno troppo figo!" esclama entusiasta, passandosi una mano tra i capelli biondi ed eccessivamente piastrati.

"Cosa intendi per "conosciuto"?" chiede Davide, falsamente stralunato, in un modo che mette in difficoltà i miei sforzi di non ridere.

"Nel senso che ha conosciuto la sua anatomia, molto in profondità, sotto tutti gli aspetti! Vero?" chiedo conferma, fingendomi innocente e innocua come non mai.

Germana è così presa dalla volontà di narrare gli eventi che non bada nemmeno al mio sarcasmo e continua a parlare.

Scorgo la povera Marina che si arriccia una ciocca corvina con le dita, annoiata da morire, perché evidentemente ha trascorso la domenica a subirsi quel racconto, magari con le stesse identiche parole che Germana sta usando ora.

"Appena mi ha vista mi ha subito notata...".

"E perché? Avevi addosso il giubbotto catarifrangente?" insiste Davide, in un modo che mi obbliga a fingere di recuperare qualcosa sotto al tavolo della cucina per non farmi scorgere mentre rido, seppur silenziosamente.

Quando riemergo, vedo Trudy che si sforza di essere seria e una Germana infastidita.

"No. Per la mia bellezza" risponde, altezzosa più che mai.

"Davide, e meno male che sei un ingegnere! Ti facevo più sveglio" lo rimprovero, e, ovviamente, Germana non capisce nemmeno quanto io sia ironica.

"Pensavo tu ce l'avessi con me" dice infatti, stupita.

"Ce l'ho con te" confermo, questa volta seria più che mai.

La mia risposta le fa dipingere in faccia l'espressione più stupida che abbia mai visto sul suo volto, quindi mi decido ad aggiungere: "Ma so che non cambierai, quindi mi limito a non prendermela per ciò che dici perché so che non capiresti mai le ragioni che mi rendono a vivere diversamente da te".

"Sei troppo buona, questo è il tuo problema" osserva, con un'aria da donna vissuta che mi dà ai nervi.

"Potrei anche non esserlo, sai? Solo che non potresti saperlo perché a me non piace andare in giro a raccontare quello che ho fatto o meno il sabato sera" rispondo, seccata, il che mai come questa volta è vero.

Senza sapere cosa dire, quindi, si volta verso gli altri e ritorna a parlare del suo sabato sera con tanto di particolari, ed io non mi prodigo nemmeno nell'ascoltarla, pensando alla decisione da prendere per quanto riguarda Leo.

E' solo quando sento il cognome "Scott" che la mia attenzione si rifocalizza su di lei, circa venti minuti dopo.

"... Pare che sia davvero bravo, me l'hanno detto quelle dell'altro corso, ma, voglio dire, chi se ne frega! A me basta andare lì, domani, e vederlo parlare, muoversi e fantasticare su di lui, anzi, noi che ci diamo da fare sulla cattedra... Poi penso che gli andrò vicino a fine lezione, è giovane e potrei stringerci amicizia, anche se non so quanto ciò possa essere positivo perché se fosse per me gli salterei addosso subito. Ho già detto che me lo farei?".

Noto che Trudy mi sta guardando, ed io, in tutta risposta, imito un'occhiata tranquilla, non da me.

Non so cosa mi prende, fatto sta che estraggo il cellulare e inizio a scrivere rapidamente un sms.

 

Va bene, ci sto. Sono libera mercoledì sera, ok?

 

Semplice e rapida, invio l'sms a Leo prima di potermene pentire.

In realtà, mi sento un po' come una bambina che può permettersi una bambola tanto agognata da un'altra meno fortunata e ne ho subito approfittato, arrivando dove Germana non arriverà mai.

So di star combinando un pasticcio, ma per ora non me ne pento a causa dell'eccessiva eccitazione che pervade ogni cellula del mio corpo. Al diavolo Germana e la sua convinzione che io non sia in grado di farmi pensare da nessuno!

So che Leo, alla fine, è il tipo che può permettersi il lusso di uscire con donne bellissime e non ragazze normali con mille dubbi e incertezze come me, ma si è fatto avanti, è stato chiaro e so che non ci sarà nessuna storia romantica tra noi, ma almeno tanto vale cogliere l’attimo, per una volta.

Nel giro di un minuto, ricevo subito la risposta.

 

Perfetto! Non te ne pentirai, te lo prometto. Dove abiti? Così ti vengo a prendere per le 9 p.m.

 

Quel "p.m." mi fa sorridere come un'idiota, così abbandono totalmente le chiacchiere di Germana e continuo a rispondergli, sentendomi di nuovo viva dopo tanto tempo.

 

 

Nel momento in cui Trudy e Davide escono prima che quest'ultimo torni a casa, accetto l'invito di Dario per andarci a prendere una birra al solito bar sotto casa mia, così mi libero velocemente della mia orrida misa domenicale per indossare qualcosa di più umano come un paio di jeans e un maglioncino verde ed esco di casa, cercando di non pensare alla birra bevuta questa notte con Leo.

In realtà, non faccio altro che pensare a cosa dire o meno al mio amico, perché non ho proprio voglia di dirgli che uscirò con uno nostro professore.

Dario non è Trudy, e non so perché temo la sua reazione e il suo giudizio, quindi decido di non dirgli nulla per ora, anche perché l'appuntamento potrebbe andare male e sarebbe tutto inutile.

Così, entro nel piccolo ma confortevole bar e lo trovo già seduto dietro uno dei tavolini, con una faccia strana che non promette nulla di buono.

"Ciao. Ti è morto il gatto?" dico quindi, sorridendo.

Lui leva le sopracciglia, evidentemente incredulo per la mia insensibilità. "E' morta la mia squadra del cuore! Si è fatta scappare tre occasioni per fare goal, tre! E quando si decide a segnare... E' fuori gioco! Ma dico io!" sbotta frustrato.

Sentire le parole "fuori gioco" mi fa annuire con tacita e non proprio partecipe comprensione, perché nonostante non riesca mai ad imparare cos'è che lo determina, so che è una cosa bruttissima, una delle più brutte del calcio, nonché il rovina speranze di tutti i tifosi.

Voglio bene a Dario, ma come tutti ha i suoi difetti, ed uno di questi è che è quasi monotematico dalla domenica al lunedì visto che non fa altro che commentare le partite di calcio del campionato.

Deve essere uno dei motivi per cui lui e Davide non sono tanto amici, in fondo.

"Mi dispiace" dico, scrollando le spalle.

"Non ci voglio pensare più, guarda... A te tutto bene?" si decide a chiedere, degnandomi della sua attenzione per la prima volta da quando sono arrivata.

- Sì, tutto bene, tranne per il fatto che mi sto cacciando in un pasticcio assurdo... Sai, uscirò con il nuovo madrelingua di inglese - mi verrebbe da rispondergli, ma sopprimo quest'idea all'istante e annuisco. Non sto mentendo a Dario, sto solo omettendo la narrazione della cosa più stupida che abbia mai fatto, ecco tutto!

"Non posso lamentarmi... E' venuta Germana a casa, ma forse nella tua lista delle priorità è meglio della sconfitta della tua squadra del cuore, giusto?" domando, sarcastica come al solito quando si tratta l'argomento.

Lui - a differenza di Germana - comprende il mio sarcasmo e si lascia scappare una risata. "Sapevo che fosse una buona idea vederci, almeno mi fai ridere un po'".

"Ma grazie... L'avessi saputo prima, sarei andata a lavorare come clown".

Ride di nuovo, in un modo che contagia anche me.

Nel frattempo, Piero, il ragazzo del bar, ci si avvicina per prendere le ordinazioni, e quando si allontana torniamo di nuovo seri.

"E quindi? Vi siete chiarite?" indaga Dario.

"Le ho detto semplicemente che so com'è fatta, che non sarò mai come lei e che quindi mi limiterò a conviverci. Poi però io e Davide ci siamo divertiti a fare domande idiote mentre parlava del suo focoso sabato sera, e in molti casi lei non ha nemmeno capito il mio sarcasmo" spiego, scrollando le spalle. "Dovresti darle delle lezioni, sai?".

"Di sarcasmo-lenoso?".

"Precisamente".

"Ma no, quella finirebbe per corrompermi e portarmi a letto".

"Buon per te, no?" lo sfido, guadagnandomi un'occhiata scettica.

"Non sono così disperato, sai?" domanda retorico, passandosi una mano tra i capelli.

Piero ci si avvicina, posando le due Corona sul tavolo insieme ad un piattino con sopra delle patatine, e dopo averlo ringraziato guardo Dario con aria di sfida.

"Dai, non dire bugie! Sei un uomo, e in quanto tale non le diresti di no" stabilisco, sicura della mia idea.

"E invece ti dico di no. Sarò pure un uomo, ma non vado con la prima che capita. Ci ho provato una volta, e non mi è piaciuto" rivela, un po' imbarazzato.

Dario è fatto così, non è il tipo di ragazzo che riesce a parlare apertamente delle storie della sua vita - e magari ingrandendo anche i particolari - ed è uno dei  motivi per cui mi ci trovo bene insieme.

"Non ne sapevo nulla" ammetto, stupita.

Che ipocrita che sono! Io sto per uscire con un uomo "off limits" e non gliene parlo e ho anche il coraggio di dire una cosa simile!

"Non mi piace parlarne, in realtà".

"Va bene".

"E' successo dopo che è finita la storia con Daniela" spiega poi, quando in realtà credevo che non avrebbe proseguito con i dettagli. "I miei amici mi portarono in un locale, bevvi molto e conobbi una tizia di cui non ricordo nemmeno il nome. Era bella, così finimmo per farlo nella sua auto, ma... Fu una cosa diversa dal solito e non mi piacque affatto" ammette, parlando quasi sussurrando.

Ciò mi porta a ragionare, a riflettere su un'eventuale relazione tra me e Leo. Lui ha fatto capire che non è in cerca di una storia seria perché a giugno se ne andrà, ed io ho accettato di vederlo nonostante tutto, quindi per ora sto facendo il suo stesso gioco.

Se la cosa dovesse andar bene e mi decidessi ad andare a letto con qualcuno che non amo?

Otterrei lo stesso risultato? Dopotutto, io e Dario siamo molto simili sotto molti aspetti.

D'altra parte, questa potrebbe essere la mia occasione di godermi una relazione con semplicità, senza pretese, come mi ha consigliato Trudy numerose volte.

Poi, una vocina nella mia testa mi dice che è inutile fasciarsi la testa prima di rompersela e che chi vivrà vedrà, quindi torno a guardare il mio amico.

"Ci hai provato, non è colpa tua. Anzi, sappi che sei colui che mantiene viva la speranza delle poche ragazze che sperano di non incontrare solo i soliti porci affamati".

"Io direi che è il mio problema. Il tipo di ragazza che mi interessa mi vede sempre come un buon amico" sbotta, sospirando, e decidendo di bere un sorso di birra.

"E quale sarebbe il tuo tipo di ragazza?" indago, improvvisamente curiosa.

A furia di trattare Dario come una sorta di fratello, non lo conosco molto sotto il punto di vista sentimentale, e in questi casi la voglia di conoscerlo anche sotto gli aspetti più intimi si fa sentire.

"E che te ne frega?" risponde.

"Curiosità".

Prende tempo mentre continua a bere, e solo dopo un minuto buono decide di rispondermi. "Mi piacciono le ragazze che ancora arrossiscono per un semplice complimento, che preferiscono un regalo che sia il simbolo di un avvenimento importante ad una borsa costosa, e che non si buttano chili di trucco in faccia quando usciamo".

Mentre parla, sostiene con fermezza il mio sguardo, ed io rimango immobile, perché sembra abbia descritto me, poi però penso che alla fine, essendo amici, è ovvio che gli piaccia come sono, anche perché passiamo molto tempo insieme.

Non riesco a dire nulla di intelligente e lui continua a guardarmi, come se fosse in attesa di chissà cosa, e mi mette ancora di più in difficoltà perché mi sento come se stessi ad un esame e il professore mi stesse mettendo sotto pressione.

Come compromesso, bevo anch'io un sorso di birra e inizio a mangiare una manciata di patatine, poi alzo lo sguardo verso il monitor della tv del bar che si trova in fondo al locale.

"Oh, la Juve ha vinto" biascico quindi, vedendo il replay di alcuni goal.

Ciò lo fa distogliere dal silenzio, si volta e commenta con uno "Tsk", dato che lui odia quella squadra.

Uno dei signori che sta guardando la tv lo ascolta e lo fissa, annuendo in sua direzione. "Ladri fino in fondo! L'arbitro ha fatto finta di non vedere due falli...".

"Nulla di nuovo, quindi".

Confusa più che mai, quindi, scelgo come compromesso quello di bere numerosi sorsi di birra e ingozzarmi di patatine, mentre in sottofondo si odono le chiassose proteste contro la Juve e l'arbitro.

 

 

"L'ho sempre detto io! Ah! Sono un'indovina!".

Trudy quasi saltella lungo tutta la superfice del bagno, mentre io mi asciugo il volto in seguito all'averlo lavato per togliere il trucco leggero che avevo sugli occhi.

Poso l'asciugamano e la fisso con aria di rimprovero, sbuffando. "Non c'è nulla da sapere, sai? Non è come dici tu!" sbotto, dicendomi che questa domenica sia stata la più lunga della mia vita.

La mia amica, ovviamente, non mi dà ascolto nemmeno per una frazione di secondo e continua imperterrita a fare il suo show, che consiste nel fare espressione buffe e mezzi saltelli che le conferiscono un'aria idiota.

"Davvero, Trudy!" insisto. "E' una coincidenza...".

"Ma per favore! Lo dico io che sono anni che ti muore dietro! Evidentemente stasera ha deciso di smettere di fingere e ha provato a buttarsi. Tutto stava nella tua risposta, ecco tutto" risponde lei.

Senza riuscire a trattenermi, le ho parlato della strana conversazione avuta con Dario, e il suo risultato è stata questa sorta di danza della pioggia senza senso e imbarazzante.

Già quando ci siamo conosciute lei pensava che Dario fosse il mio ragazzo perchè si trovava in casa con me quando lei si trasferì - circa una settimana dopo l'inizio dei corsi - e quando seppe che non era così disse che lo trovava strano perchè sembravamo in sintonia, nonostante ci conoscessimo da nemmeno dieci giorni.

Con il passare del tempo, ha sempre notato un comportamento particolare da parte sua nei miei confronti, ma le ho sempre detto che non è così perchè è il suo semplice modo di fare.

Quindi, nel momento in cui le ho raccontato delle parole di questa sera, per lei è stata semplicemente una conferma ai suoi assurdi sospetti.

"Trudy, ragiona. Lo conosco da, quanto?, tre anni? Ed è mai possibile che abbia sempre finto con me? Per favore! E' un caso, basta!" provo a farle capire, ma lei sembra non mi stia ascoltando.

"Dario secondo me è perfetto per te, è l'unico che potrebbe amarti come meriti" sentenzia, con aria saggia, per quanto possa sembrare saggia una che è intenta nel passarsi una crema sulle gambe mentre, con l'altra mano, si ficca in bocca uno spazzolino.

Pregustando il breve silenzio che nascerà mentre si lava i denti, così, dico semplicemente: "Tu vaneggi, sul serio. Ormai è andata, uscirò con Leo e proverò sul serio a godermi una relazione semplice, anche se di sicuro sarà composta solo dall'appuntamento di mercoledì".

Esco dal bagno, entro nella mia stanza dalle pareti verdi acqua - mio ritocco personale con il consenso del padrone di casa - e prendo l'agendina in cui ho scritto gli orari del nuovo semestre.

Il solo vedere la scritta "Lunedì, ore 10-12 lettorato di inglese" mi provoca un nodo alla bocca dello stomaco: mi toccherà inventare una bugia da dire alle altre per giustificare la mia assenza al corso del professor Scott.

E' ufficiale: domani inizierà la recita più grande della mia vita.

*°*°*°*

iHola!
Venerdì è appena iniziato ed io ho già aggiornato xD
Domani avrò mille cose da fare, quindi ho preferito “anticiparmi”.
Sono molto stanca e l’aver trascorso la giornata a studiare prima in inglese e poi in spagnolo non aiuta xD, quindi sarò breve.
Come avete visto, Lena accetta di uscire con Leo solo per fare un “tacito” dispetto a Germana, e magari provare a se stessa che non è una nullità.
Ci tengo a precisare che se pensate di leggere la storia in cui l’alunna si innamora del prof e vissero felici e contenti… Vi sbagliate! xD
Detto ciò, a venerdì prossimo :D
Grazie a tutti voi che leggete e recensite <3
Milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sms sgrammaticati, inviti assurdi e coinquiline impiccione ***


sms shrammaticati, inviti assurdi e coinquiline impiccione


Image and video hosting by TinyPic 

12 Luglio 2012

 

"Non mi ricorderò mai tutte quelle stronzate su Freud! Ma ti pare normale che per un esame di letteratura inglese dobbiamo studiarci pure 'ste cose di psicoanalisi?".

Disperata, Trudy gettò sul tavolo i fogli su cui vi era scritto "Il Perturbante" di Freud.

"Ma infatti! Che poi la psicoanalisi non esisteva ai tempi di Shakespeare!" concordò Lucia, tuttavia prendendo i fogli e leggendo qualche riga per ripetere.

"Dai, è semplice, se vuoi te lo spiego io ora, tanto l'appello inizia tra mezz'ora e i professori non sono mai puntuali" mi offrii volontaria.

"No, no, tanto non mi ricorderei nulla. Andasse al diavolo, la prof, Shakespeare, Freud e tutto il resto, di certo non morirò di ansia a causa di gente morta!".

Io e Lucia ridemmo: Trudy era sempre Trudy, anche nei momenti peggiori riusciva a sdrammatizzare con una delle sue solite battute.

"Ma la prof è viva..." disse Lucia, ancora ridacchiando.

"Morirà dopo che avrò sparato tutte le stronzate che inventerò".

Le nostre chiacchiere furono interrotte dall'arrivo di una Marina più abbronzata che mai, che, tuttavia, sembrava parecchio sconvolta.

"Ehi, Mari! Ce l'hai fatta!" dissi, visto che fino alla fine era stata indecisa sul presentarsi o meno.

"Lena, ho appena visto una cosa... Assurda. E te lo voglio dire prima che...".

"Cosa è successo?".

"Riguarda Matteo".

Mi irrigidii, come ogni volta che sentivo parlare di lui da un mese a quella parte, da quando mi aveva lasciato in un modo non proprio gentile e senza alcuna spiegazione plausibile. "Non mi interessa, lo sai, ho deciso che...".

"Sta già con un'altra".

Via il dente, via il dolore, questo doveva essere il motto della mia amica.

Sgranai gli occhi, perchè, a quelle parole, si aggiunse la vista di Matteo che era appena entrato nel corridoio mano nella mano con una tizia… La conoscevo di vista, l’avevo vista qualche volta a lezione.

I nostri sguardi s'incrociarono, e lui, freddamente, si voltò verso di lei e la baciò.

 

 *****

Spesso, le decisioni che prendiamo la sera, il mattino dopo ci sembrano delle vere e proprie idiozie.

E' questo ciò che penso quando, in seguito al suono della sveglia, mi alzo, sbadiglio, prendo la biancheria pulita da uno dei cassetti vicino al mio letto, pronta ad iniziare una nuova ed estenuante settimana, e poi mi blocco, dicendomi che oggi andrò a lezione alle dodici e non alle dieci perché ho avuto la brillante idea di accettare di uscire con il mio madrelingua di inglese che non sa di essere un mio insegnante e quindi non posso farmi vedere durante il suo corso.

Ormai sveglia e alquanto infastidita per la mia assurda e irresponsabile decisione, decido di andare comunque in bagno per farmi una doccia e poi iniziare a studiare per l'esame di Tedesco III, che nonostante ci sia tra tre mesi è difficilissimo da superare, quindi il tempo non è mai sufficiente in questo caso per passarlo al primo colpo.

Prima di entrare in bagno, passo davanti alla cucina e vedo che Trudy sta facendo colazione sola soletta, bagnando dei biscotti nel latte in un modo che la fa sembrare una bambina.

"Buongiorno" esclamo, appoggiandomi allo stipite della porta con aria stanca.

Mi risponde con un cenno visto che ha la bocca piena, e ciò mi sprona a continuare a parlare. "Vai al lettorato d'inglese?" indago.

Lei ingoia il boccone con calma e scuote il capo. "No, no. Verrò con te. Hai già deciso quale seguire?".

Le sorrido, felice di sapere che non mi toccherà seguire quel corso da sola. "Penso di andare da King, quello del gruppo M-Z, è l'unico che ha gli orari più comodi. Sta il martedì e il giovedì dalle 10 alle 12".

"E che King sia, allora!".

"Grazie per aver deciso di seguirmi in questa follia" ammetto, perché, sì, si tratta di una follia vera e propria, seppur sia una follia di cui non ne potrò parlare con nessuno che non sia Trudy.

- E Dario? Avevi detto che gliene avresti parlato se il primo appuntamento fosse andato bene! - mi dice la fastidiosa vocina nella mia testa. Cerco di non ascoltarla e mi concentro sul volto della mia amica, che al momento sta imitando una delle sue solite faccine buffe e ribelli.

"Ma che, l'ho fatto solo perché così saprò dove prendere gli appunti!".

"Stronza!" esclamo, tuttavia ridendo, e per ripicca le lancio addosso il paio di slip che ho in mano - abituata come sono a fare questo gesto con qualcosa di più consistente come un cuscino -.

Trudy si scansa e poi raccoglie i miei slip con aria critica. "Lilla con dei pupazzetti azzurri. Tesoro, non dirmi che anche quando stavi con Matteo andavi in giro con dell'intimo simile" osserva, alzandosi e porgendomi l'indumento.

Alzo gli occhi al cielo, per poi biasimarla con un solo sguardo.

"La mia giornata è appena iniziata, tra quarantotto ore uscirò con il mio madrelingua d'inglese e tu non perdi occasione per nominare il mio ex?" sbotto, incrociando le braccia, seccata più che mai.

Trudy imita un sorrisino di scuse. "Hai ragione, scusami. Non dovrei infierire, è che sono così abituata alla mia stabilità sentimentale che... Ok, sto zitta che è meglio".

Annuisco, approvando quell'ultima saggia decisione, e mi dirigo verso il bagno.

Dopo pochi passi, però, mi volto. "Quando stavo con Matteo indossavo comunque questo tipo di intimo, ne indossavo uno più decente solo quando uscivamo ed è anche capitato che mi beccasse con questo tipo di mutande. E sai la novità? Diceva che erano eccitanti" ridacchio, scatenando in lei una serie di risatine tremule.

Dopotutto, mi fa bene parlare del passato senza nessun rancore, perché alla fine io e Matteo abbiamo vissuto una storia bella, a tratti magica, e spesso, presa dal rancore e dalla rabbia verso il presente, me ne dimentico.

"Eccitanti? L'ho sempre detto che fosse un po' disturbato" commenta la mia amica.

"Comunque andrò al più presto a fare shopping, promesso" aggiungo.

Udendo ciò, Trudy sgrana gli occhi e spalanca la bocca, non riuscendo a celare la sua incredulità. "Stai dicendo che... Se le cose vanno bene, saresti disposta ad andarci a letto?".

"Sto solo dicendo che un po' di cambiamenti fanno bene, ogni tanto!" svio la questione, e senza aggiungere altro, mi rinchiudo in bagno e, rapidamente, mi libero dal caldo pigiamone con cui ho dormito per poi buttarmi sotto il getto caldo della doccia.

Io che vado a letto con un professore? Inaudito!

Critico tanto Germana e poi finirei per comportarmi come, se non peggio, di lei.

Inoltre, io e Leo non siamo ancora usciti - non so quante volte mi ripeto mentalmente queste parole - quindi è inutile fare programmi e "fasciarsi la testa prima di rompersela", come si suol dire dalle mie parti.

Poi, però, la solita voce petulante che mi rompe sempre le scatole - deve essere quella della mia coscienza - mi dice che nel momento in cui ho deciso di fare questo assurdo passo ho automaticamente accettato di andarci a letto, visto che le premesse per una semplice storia di sesso - prima fra tutte il tempo limitato, visto che a giugno tornerà in America, che fa capire che non ci sono intenzioni "serie" - ci sono tutte.

In momenti come questi mi odio, perché non so nemmeno io cosa mi passi per la testa e stento a riconoscermi, dannazione!

 

 

 

"Secondo me, è lui quello giusto per te".

"Lui chi, scusa?".

"Dario".

Sgrano gli occhi e tappo con la mano quell'assurda boccaccia coperta da un lucidalabbra rosso che Trudy si ritrova, visto tutte le stronzate che spara ogni minuto.

Siamo sedute sui gradini del palazzo di Via Duomo, una delle numerose sedi dell'Università, e aspettiamo l'inizio della lezione di Filologia Germanica.

Per fortuna, la lezione di Leo c'era in un'altra sede, quindi non rischio di incontrarlo.

"Trudy, la devi smettere di sparare idiozie, soprattutto qui! Lo sai che qui anche i muri hanno le orecchie!" esclamo, dando voce ad una mia vecchia e consolidata credenza, poiché i "gossip" non sono mai al sicuro tra le mura della mia università.

"Lena, per favore! Ascoltami! Lui ieri ti ha detto quelle cose perchè...".

"Ha provato a farsi avanti, certo, ed io sono la Regina Elisabetta, anzi, Kate Middleton" sbotto in risposta. "Ti prego, pensa al tuo Davide e lasciami in pace, al sicuro dalle tue strambe congetture".

"Tu non sarai mai Kate Middleton, dovresti essere molto più furba e scaltra per riuscire nei tuoi intenti".

"Grazie, è un piacere sentirti mentre mi smerdi così, sai?".

"Sono tua amica, no?".

"Ecco. Figuriamoci se non lo fossi stata".

Le dò una leggera spintarella mentre ride nel solito modo assordante, sotto gli occhi curiosi di alcune matricole che, evidentemente, si stanno domandando se arrivate al terzo anno diventeranno anche loro così pazze.

"Sempre a sclerare, voi, eh?".

Ci blocchiamo, alzando lo sguardo, e vedo che a parlare è stato Dario, che è appena arrivato e ci fissa tra il curioso e il consapevole, come a dire "Non cambierete mai!".

"E' Lena che sclera, io sono normale" sbotta Trudy, sorridendo candidamente, mentre in cuor mio spero che non si lasci sfuggire nulla riguardo le sue assurde congetture prive di senso e logica.

"Normale, tu? Ma dai!".

Come sempre, Dario non esita a prendere in giro Trudy, e lei sta al gioco come suo solito, alimentando la loro strana amicizia.

Alla fine, io sono l'amica più intima di entrambi, mentre la loro amicizia reciproca è tenuta saldamente grazie alla mia presenza.

Tuttavia, sono sollevata nel vedere che Dario sembri tranquillo come sempre, e ciò conferma che Trudy sia nel torto - non ho bisogno di conferme nel momento in cui non ho mai messo in dubbio tutto ciò, giusto? -.

Mentre i due miei amici continuano a prendersi in giro, vedo arrivare Marina, Germana, Ida, Alessandra e Lucia, accompagnate da una persona che inizialmente a causa degli studenti che le circondano non riconosco, prospettiva che cambia nel momento in cui il gruppetto si avvicina.

Le ragazze sembrano serie, annuiscono di tanto in tanto, e con mio sommo stupore vedo che la fonte della loro attenzione non è altro che Elisabetta, la ragazza di Matteo.

Probabilmente, non l'ho riconosciuta perché la vedo per la prima volta dopo secoli senza il suo ragazzo che svolge perennemente il ruolo di sua ombra personale.

Sembra allegra, esaltata, e non fa altro che parlare mentre si passa una mano tra i capelli castano-ramati e stranamente non piastrati, visto che è solita avere una capigliatura sempre perfettamente ordinata.

Confusa, tolgo lo sguardo dalla direzione in cui si trovano loro, e subito Dario e Trudy si affrettano a guardare in loro direzione, per poi emettere un concitato: "Ah" di comprensione.

Non hanno il tempo di aggiungere nulla, perché il gruppetto ci ha raggiunto e le mie amiche cercano di scusarsi con il solo sguardo, mentre io le saluto falsamente disinvolta.

"Ciao, Lena" esclama Elisabetta, sorridendomi in un modo che sembra irritante, almeno per me.

La tentazione di risponderle con un sincero: "Ma come, puoi parlare anche senza il sussidio della tua ombra?" è molto forte, ma mi sforzo di fare finta di nulla e dico semplicemente: "Ciao".

Che poi, non ci siamo mai parlate prima d'ora, visto che a stento la conoscevo di vista prima che si mettesse con il mio ex.

Continuando a sorridere, lei saluta anche Trudy e Dario, e poi ci fissa, sbattendo numerose volte quelle odiose ciglia iper voluminose che si ritrova grazie all'impiego di chissà quale costosissimo mascara.

L'imbarazzo è percepibile da metri di distanza, e lei evidentemente lo comprende, perché si rivolge a me, Trudy e Dario con un falso sorriso scintillante. "Ragazzi, stavo giusto dicendo alle ragazze che mercoledì Matteo compie ventidue anni...".

- Giusto! Strano che non me lo sia ricordato! - penso tra me e me.

"... E visto che è il primo compleanno che passiamo insieme...".

- Stronza! Ribadiscilo ancora, mi raccomando, non s'era capito! -

".... Avevo pensato di organizzargli una festa a sorpresa a casa sua, visto che quel giorno sarà fuori fino alla sera. Perciò, volevo invitarvi! Spero verrete, ci divertiremo!" conclude.

Dal canto mio, vorrei tanto poter prendere qualsiasi cosa mi circondi che sia bella grossa e pesante e commettere il primo omicidio della mia vita, ma qualcosa mi dice di restare calma e di mostrarmi superiore, come cerco di fare da mesi e mesi.

Non capisco cosa abbia nella testa questa ragazza, letame, forse?

Se avessi un ragazzo, di certo non inviterei la sua ex alla sua festa a sorpresa, e nemmeno le amiche di lei, visto che alla fine Matteo le conosceva ma era amico solo di Trudy.

Probabilmente, mi dico, la tipa vuole invitarci solo per fare numero visto che c'è l'alto rischio che si presentino in pochi, dal momento in cui Matteo si è quasi isolato dal resto del mondo da quando sta con lei.

Cerco di fare di tutto per rimanere calma e, con un'ipocrisia assurda faccio un piccolo cenno di assenso. "In realtà mercoledì dovrei lavorare e non so a che ora finirò, mi dispiace, se l'avessi saputo prima..." rispondo, cercando di farle capire che una festa non si organizza due giorni prima, "... Ma comunque passerò per un saluto se non finisco troppo tardi".

"Oh, va bene!".

Elisabetta evidentemente non ha voglia di discutere la mia critica non espressamente detta, in un modo che mi dà ai nervi, tanto che non ascolto nemmeno la risposta dei miei amici.

Non so quanto tempo dopo mi ritrovo a salire le scale che conducono al secondo piano, dove si terrà la lezione di Filologia Germanica, e sento qualcuno che mi afferra il polso.

"Mi dispiace, anche noi le abbiamo detto che non sappiamo se andarci o meno. Senza offesa, ma noi già non conoscevamo molto Matteo, figurati ora che vi siete lasciati!". 

Con un sorriso sincero e un'espressione altrettanto sincera, Lucia mi guarda e cerca di infondermi un po' di coraggio.

Le sorrido di rimando e scrollo le spalle, un po' incerta. "Andateci, poi mi raccontate tutto e ci facciamo qualche risata" dico, stupendo me stessa: una parte di me vuole che le mie amiche vadano, e non so nemmeno perché.

Infatti, la stessa Lucia mi fissa senza capire. "Non c'è bisogno che menti, Lena, sul serio...".

"Non sto mentendo! Vi prego, andate e fate da reporter per me".

"Dici sul serio?". Alessandra si intromette nella conversazione, con gli occhi quasi fuori dalle orbite, seguita a ruota dalle altre.

Nel giro di pochi istanti, tutto il gruppetto si stringe attorno a me con aria curiosa mentre saliamo una delle statuarie rampe di scale, dato che il palazzo è molto antico.

"Sono seria. Andateci, prendeteli in giro e riferitemi tutto. Ed ora scollatevi di dosso, per favore!" aggiungo, accelerando il passo mentre salgo gli ultimi gradini e attraverso il corridoio di fretta.

Tuttavia, scelgo una fila di posti ancora del tutto vuota per far sedere tutti e prendo posto dietro al banchetto più esterno, giusto in tempo per vedere Elisabetta e un ignaro Matteo spuntato dal nulla che attraversano l'aula mano nella mano come al solito, per poi sedersi poche file avanti a me.

"Non lasciare che quell'oca ti rovini la giornata" mi sussurra Dario, che ha appena preso posto al mio fianco.

Mi volto per guardarlo, e vedo che i suoi profondi occhi blu mi stanno scrutando con una sorta di limpida e sincera preoccupazione.

"Ma no! Odio solo la sua faccia tosta, tutto qui. O forse mi ha infastidito perché io non avrei mai fatto una cosa del genere. Qualcuno potrebbe dire che è stata gentile, e forse sul serio è meglio di me, perciò Matteo è felice con lei e si comporta in un modo migliore rispetto a come si comportava con me" rivelo tutto d'un fiato, dando voce ai miei pensieri più profondi che, spesso, fanno fatica ad emergere, perché sono sempre convinta di comportarmi nel migliore dei modi, senza criticarmi nemmeno un po'.

Sono profondamente insicura per quanto riguarda il mio lato esteriore, ma allo stesso tempo convinta di ciò che penso, e ciò è totalmente sbagliato.

Farei meglio ad essere sicura di me ma umile nei pensieri, dopotutto.

Vedo Dario poggiare la sua mano sulla mia, e torno a guardarlo senza battere ciglio.

"Per favore, smettila! Ogni storia ha un suo perché, voi siete stati felici ed ora lui lo è con un'altra, ma presto lo sarai anche tu, vedrai. Perché diamine ti colpevolizzi per ogni singola cosa?" mi rimprovera, accalorato, seppure stia bisbigliando onde evitare l’ascolto da parte di orecchie indiscrete.

"Sono egocentrica?" domando a bruciapelo.

"Le persone egocentriche sono altre, fidati. Comunque, se vuoi mercoledì sera usciamo e...".

"Mercoledì ho sul serio un impegno, non ho mentito".

"E cosa devi fare?".

"Rimpatriata con le amiche del liceo che hanno preso casa qui" rispondo prontamente, ripetendo la bugia che mi sono preparata per giustificare la mia assenza con i miei amici.

Sto diventando una schifosa bugiarda, ma ferita come sono ora, non riesco a pentirmene. "Ma tu vacci, davvero" aggiungo.

"Che? Finirei per picchiarlo, lo sai".

In effetti, anche quando io e Matteo stavamo insieme, non riuscivo a farli andare d'accordo in nessun modo.

Probabilmente, hanno due caratteri incompatibili, ed entrambi non mi hanno mai nascosto l'antipatia nei confronti dell'altro.

"Va bene".

L'arrivo del professore pochi minuti dopo pone fine alle nostre chiacchiere, così estraggo il quaderno dalla borsa per prendere appunti, sperando di riuscire a concentrarmi per seguire la lezione e liberare la mia mente dai mille pensieri che mi affliggono per circa un paio d’ore.

 

 

 

Ciao! Come è iniziata la tua settimana? Io ho avuto poco tempo libero a causa delle lezioni... Ma ho pensato di  te.

 

Scoppio a ridere, in un modo che attira l'attenzione di Trudy, la quale si sta dando da fare vicino ai fornelli per preparare la cena visto che è lei la chef della casa. Di solito, io mi limito a fare le pulizie e a cucinare cibo pronto o giusto qualche secondo.

"Perché ridi?" domanda, inquisitoria come al solito.

"Leo mi ha scritto un sms, e l'ultima frase dice "Ho pensato di te"!" ridacchio.

Lei esita un secondo, poi ride ed annuisce. "Giusto, in inglese il verbo "To think" è seguito dalla preposizione "of"! Ma è stato carino, non correggerlo, dopotutto non è italiano" aggiunge, intenerita.

"No, infatti, non sono così cattiva. Che gli rispondo?".

Trudy scrolla le spalle con aria vaga, prima di tornare a dedicare la sua attenzione alla preparazione della cena, così decido di cambiare stanza e mi reco nella mia camera, stendendomi sul letto e lasciandomi scappare un lungo sospiro.

 

Ciao! E' iniziata nel solito modo, sono tornata dall'università un paio di ore fa... Devo dire che ho pensato molto alla nostra uscita.

 

Scrivo rapidamente questa risposta e la invio, per poi ricevere subito un altro sms.

Pensando che non possa essere già di Leo, apro il messaggio e scopro che è di Dario.

 

Ehi, ti va se passo da te dopo cena?

 

Ok!

 

Non ho nemmeno il tempo di inviare la risposta che è appena arrivato un altro messaggio di Leo.

Mi metto a sedere, domandandomi da quanto tempo non ricevevo così tanti sms visto che sono solita chiamare, e leggo il nuovo sms.

 

Sono sicuro che ci divertiremo! Sai già dove ti piacerebbe andare?

 

Quel "Divertiremo", onestamente, mi turba un po', perché nell'immaginario collettivo dei ragazzi, stando alle mie conoscenze, divertirsi coincide con il fare sesso sfrenato con una ragazza che non deve essere per forza una con cui stai insieme o che conosci da tanto, così la mia mente torna ad essere investita dallo stesso dubbio che mi sono posta nemmeno dodici ore fa: mi sto immergendo in una "storia" in cui è contemplato solo il rotolarsi tra le lenzuola?

Subito, rapida come non mai, inizio a pensare ad un posto in cui sia impossibile appartarsi.

Un bar?

No, i bar hanno bagni che sembrano fatti per copulare selvaggiamente!

Un ristorante?

No, peggio!

Un locale?

Stessa risposta della prima opzione.

Poi, però, ricordo che verrà a prendermi con la macchina, che già di per sè - Dario docet - è un luogo in cui i ragazzi non si fanno scrupoli nel vederlo come un letto a due piazze, quindi, rassegnata e convinta che tocchi a me far capire che per ora non mi va di fare sesso con un estraneo, rispondo con un semplice:

 

E' lo stesso, scegli tu! Dopotutto sei tu che mi hai invitata, no? Non ho preferenze.

 

E se ti propongo una cena a casa mia?

 

Di scatto, mi alzo dal letto e corro in cucina, facendo così tanto rumore che Trudy alza lo sguardo mentre sta condendo l'insalata di pomodori e mi fissa.

"Che hai?" domanda, senza capire.

"Secondo te, se un ragazzo ti chiede al primo appuntamento di cenare a casa sua... E' perché non vuole spendere soldi, vero?".

"No, è perché così può fare meno fatica nel raggiungere un posto dove poterti conoscerti intimamente, come il suo divano, il suo letto, il tavolo della sua cucina...".

Vedendo che sono sbiancata, la mia amica abbandona la presa sulla bottiglia di olio che aveva tra le mani e, vedendo che ho in mano il cellulare, lo afferra. Legge il messaggio e ridacchia, fissandomi nello stesso modo in cui si fissa una bambina che ha paura del buio.

La vedo scrivere qualcosa rapidamente, in un modo così veloce che quando mi avvicino noto con orrore che sta già inviando l'sms.

"Che diavolo hai fatto?" sbotto.

"Leggi tu stessa" esclama soddisfatta.

Vado nella cartella degli sms inviati e leggo l'ultimo messaggio mandato.

 

Va bene, ma te lo dico in anticipo: non faremo sesso!

 

Alzo lo sguardo, con un sopracciglio levato, e lei si giustifica con la sua solita aria da "La vita è bella, godiamocela, non dobbiamo pensare a nulla di negativo!". "Con gli uomini bisogna essere diretti, non educate come te. Voglio dire, devi smettere di essere Biancaneve e devi diventare Crudelia De Mon! Capisci cosa intendo?" spiega, convinta di ciò che sta dicendo.

Abituata alle sue convinzioni, annuisco stancamente e mi butto di peso sul divano, portandomi una mano sulla fronte e chiudendo gli occhi. "Magari se l'è presa per il tuo sms e decide di non uscire più con me. Meglio così".

"Mi sa proprio di no... Ha già risposto!".

"Cosa?".

Mi rialzo di scatto, in un modo che quasi quasi mi causa un giramento di testa, e fisso il display del cellulare che Trudy mi ha gentilmente sbattuto davanti agli occhi.

 

In realtà te lo avevo proposto per farti assaggiare dei piatti tipici di California, mi dispiace averti dato l'impressione non giusta! Dove abito io non è weird invitarsi a casa per cenare insieme, scusami e stai tranquilla!

 

"Mi hai fatto passare per...".

"Una ragazza sincera e diretta, sì".

"Cosa che non sono, visto che non gli ho detto di essere una sua alunna!".

"Basta, Lena! Per favore, rilassati!".

Sbuffando sonoramente, cerco di scrivere un messaggio di risposta per cercare di salvare un po' la faccia, mentre Trudy si diverte un mondo con il suo solito sorrisino mentre torna a dedicarsi alla cena.

 

Scherzavo... Dai, sono sicura che ci divertiremo, sono curiosa di vedere come cucini!

 

Sentendomi patetica più che mai, invio il messaggio e inizio a preparare la tavola per la cena, non esitando a sbattere le ante dei mobili con poca gentilezza.

"Tra l'altro, dopo cena viene Dario" mormoro dopo poco, mentre sistemo i coltelli.

"Tra l'altro, io sono stanca e andrò a dormire dopo una doccia e una bella telefonata al mio amoruccio".

La guardo male, voltandomi con uno scatto, sollevando uno dei coltelli con cui sto avendo a che fare. "Trudy, cara, lo vedi questo? Te lo ritroverai ficcato da qualche parte se non smetti di intrometterti - o non intrometterti, in questo caso - nella mia vita privata e...".

Dal canto suo, lei mi guarda con una finta aria innocente, sbattendo gli occhi in stile cerbiatta indifesa ma non riuscendo a trattenere l’ombra di un sorriso. "Cara Lena" mi interrompe, "Io ho solo detto che andrò a letto presto. Sei tu che ci hai fatto un film sopra e hai dedotto che io voglia non intromettermi nella tua vita privata, magari non essendo presente al tuo incontro serale con Dario... Io non ho fatto nulla, ergo, sei tu che fai pensieri...".

"Trudy, fottiti!" la interrompo a mia volta, alzando la voce.

Odio i suoi giochetti psicologici e il suo volermi far sembrare "colpevole" a tutti i costi, e probabilmente lei capisce perché smette di sorridere come suo solito e mi guarda con serietà. "Sei una con le palle, Lena, e lo sai. Questo periodo passerà, e poi sarai felice come non mai, ne sono sicura" mormora.

"Sì, ma smettila di fare la fata madrina...".

"Ho detto che sei Biancaneve, non Cenerentola!".

Detto ciò, mi fa cenno di sedermi per cenare ed obbedisco, non avendo ulteriori forze per continuare a combattere verbalmente con una vispa e furba come la mia coinquilina.

 

 

"Le ragazze hanno deciso che andranno alla festa e... Scoop del secolo, ho deciso che ci andrò anche io!".

Quasi mi strozzo con una delle caramelle gommose della scorta personale di Trudy - mangiarne un bel po' e offrirne a Dario è il minimo che possa fare per fargliela pagare dopo quello che ha combinato stasera - e guardo il mio amico che, appena arrivato, si sta liberando dal giubbino nero che indossa, per poi appoggiarlo vicino l'attaccapanni.

Sorride, convinto di ciò che sta dicendo, e prende posto vicino a me per poi prendere una manciata di orsetti e serpenti gommosi.

"Stai scherzando, vero?" m'informo, squadrandolo come se il suo viso fosse trasfigurato da una ritardataria acne giovanile.

"No! Sono serio! Mi hanno convinto Lucia e Alessandra prima di cena, mentre stavamo parlando su facebook!" spiega disinvolto.

"Lucia e Alessandra parlavano su facebook...?".

"Della festa e del regalo. Io ho proposto un poster con una tua delle tue foto migliori con la scritta "Non capisci proprio un cazzo e ti meriti quello sgorbio che chiami ragazza" ma non hanno accettato..." ridacchia, divertendosi un mondo, o almeno così sembra.

"E perché mai hai deciso di andare?" indago, sicura di star ascoltando un mucchio di stronzate.

Dario, il Dario che conosco io, non sopporta assolutamente Matteo e non è mai riuscito a parlare civilmente con lui su qualcosa che non fossero le condizioni metereologiche e la difficoltà degli esami.

"Perché ho capito che la sua ragazza farà un figura di merda esagerata! Voglio dire, ha invitato gente che lui nemmeno conosce, si vede che non lo conosce affatto! Non oso immaginare la sua faccia quando mi vedrà! E poi ha invitato anche Ida che, alla fine, è entrata nel gruppo all'inizio del terzo anno, quindi lei nemmeno lo conosce..." spiega vivacemente, mozzando la testa ad un povero orsacchiotto verde con un morso.

"Dario, è gentile da parte tua e di Ida, ma... Non è necessario. Davvero! Ho detto alle ragazze di andare, certo, ma almeno loro un po' lo conoscono, ci diranno come è andata e ci faremo due risate, stop! Matteo fa parte del mio passato ed io non ho intenzione di riprendermelo, quindi non ha senso che tu gli faccia notare quanto poco lo conosca Elisabetta" gli dico, decisa più che mai.

Noto che Dario mi sta fissando con una strana intensità, si lascia scappare un piccolo sorriso e dimentica di mangiare il resto della caramella. "Sul serio non hai intenzione di riprendertelo? Voglio dire, se si lascia con Elisabetta...".

"Non succederà, ed io devo andare avanti. E poi, sono così arrabbiata con lui!".

"Penso sia una decisione saggia, sai?".

Annuisco, senza sapere cosa dire. In realtà vorrei poter aggiungere che uscirò con Leo, giusto per fargli capire che ho capito di dover continuare a vivere la mia vita, ma ho una paura così grande di essere giudicata da lui che mi blocco e non dico altro.

"Comunque, ci vado lo stesso, ho deciso" decreta Dario, tornando a mangiare le caramelle come se fosse un bambino troppo cresciuto.

"Se lo dici tu...".

"Eddai, sostienimi in questa follia!".

- Follia? Dario, sto diventando la regina delle follie, sul serio, potrei insegnarti a fare cazzate su cazzate! -

"Ok, ti sostengo! E sarai il mio reporter d'onore, ok?".

"Ok!".

Poi, come se nulla fosse, torniamo ad occuparci delle caramelle e a guardare un film in tv, come se fossimo sul serio due bambini e non due universitari con una vita sempre in bilico tra realtà e piccole e grandi follie.

°*°*°*°*°

 

Ciao a tutti! :)

Innanzitutto ci tengo a ringraziarvi perché ho notato un aumento nelle persone che seguono questa storia, quindi… Grazie mille! <3

Passando al capitolo, direi che è di transizione, in cui Lena si prepara mentalmente all’appuntamento con Leo, che ci sarà nel prossimo ;)

I dubbi non mancano, specialmente per quanto riguarda ciò che succederà con il professore visto che entrambi sono d’accordo nel non avere una eventuale storia “seria”: per una come Lena è una novità lasciarsi coinvolgere in una serie di uscite senza pretese xD

Comunque, preparatevi, perché ci sarà anche qualche sorpresa!

Detto ciò, aggiornerò venerdì prossimo :D

Milly92

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Tra il Martini Rosato e la Vodka al Melone c'è il Vino Rosso ***


5

Capitolo 5

Image and video hosting by TinyPic

 

15 Dicembre 2010


"Quindi ammetti che il voler conoscere i titoli dei libri di Linguistica Generale sia stata tutta una scusa per avere il mio numero?".

"Sì...".

Matteo mi sorrideva sornione, senza nemmeno vergognarsi un po' per quell'ammissione.

Era davvero bello, pensai, mentre mi sorrideva e mi si avvicinava di più. La panchina su cui ce ne stavamo seduti era bella spaziosa, eppure per lui non sembrava essere così, visto che era da un po' che faceva di tutto per starsene il più vicino possibile a me.

Era il nostro terzo appuntamento, e, per fortuna, avevamo raggiunto un buon livello di confidenza, così che non mi sentissi più a disagio.

"Perchè non me l'hai chiesto senza inventare scuse?" obiettai, tuttavia sorridendo.

"Perchè non volevo fare la figura dell'idiota... Anche se mi rendo conto che ora la sto facendo comunque".

Risi nervosamente, e lui mi imitò.

"Ma no... Sei stato sincero, e lo apprezzo".

Matteo mi guardò, questa volta più intensamente, per poi appoggiare una mano sul mi viso.

"Posso essere di nuovo sincero, quindi?".

"Devi esserlo!".

"Muoio dalla voglia di baciarti, Lena" sussurrò, in un modo che mi fece sentire i brividi lungo la schiena.

Avvicinò di qualche centimetro il suo volto al mio, mentre io non mi mossi, incredula ed emozionata com'ero.

Matteo voleva baciarmi! Wow!

Mi limitai a chiudere gli occhi, adrenalinica più che mai, perchè si sa che il momento più bello di un bacio è l'istante che lo precede, quello in cui sai che stai per essere baciata, che stai per ricevere quel bacio che hai tanto sognato ogni sera, prima di addormentarti...

 

*************

 

Il rituale di preparazione per un primo appuntamento è una delle cose che più odio e per cui non sono affatto portata, ragion per cui ho fatto sì che fosse Trudy a occuparsi della scelta dell'abito da indossare per l'occasione, composto da jeans aderenti, una maglia verde con uno scollo quadrato e delle fastidiose scarpe con una zeppa abbastanza alta.

“Ho notato una cosa fighissima!” sghignazza la mia amica, entrando nella mia stanza mentre sto cercando di dare un senso ai miei capelli, che oggi sono più mossi e voluminosi del solito.

“Cioè?” chiedo, decidendo di pettinare la parte superiore della chioma per appiattirla un po’.

“Pensavo… Nei telefilm si dà sempre un nome alle coppie, no? E ce ne sono alcuni assurdi, tipo Shamy che suona proprio come “scemi”, oppure Chair*, che io chiamavo sempre “i sedia”, o addirittura…”.

“Trudy, dove vuoi arrivare?”.

“Che se vogliamo creare il nome alla coppia formata da te e Leo… Non possiamo non ottenere o Lena, o Leo visto che i vostri nomi iniziano entrambi con Le e…”.

“Ma co….”.

“Non interrompermi, ora viene il bello!”.

Alquanto scettica, smetto di pensare alla spazzola e mi volto verso di lei, che è decisamente entusiasta, così continua a blaterare.

“Ho notato” riprende, “Che anche tu e Matteo all’epoca sareste stati i Leo! Lena e Matteo, Leo! Era scritto nel tuo destino!” urla, battendo le mani e ridendo come un’ossessa, lasciandomi totalmente senza parole.

Poi, non riuscendo a trattenermi, scoppio a ridere a mia volta per l’assurdità di quella congettura.

“Trudy, ma non hai un cacchio da fare?!” ridacchio, scuotendo il capo.

“Ma no, queste cose fanno parte della quotidianità di una shipper come me!  Ah, e vuoi sapere come chiamerò d’ora in poi Elisabetta e Matteo?”.

“Spara”.

“Gli Elio!”.

Elio?!”.

“Sì, Elio! E’ perfetto visto che l’elio è un gas nobile incolore e inodore, quindi totalmente noioso, privo di…”.

“Trudy?”.

“Sì?”.

“Si vede che sei la fidanzata di un ingegnere!”.

 

 

Circa mezz’ora dopo, senza capirci nulla, alquanto scioccata e confusa circa l’incognita che mi aspetta, scendo di casa – cercando di non camminare come un dinosauro a causa delle scarpe -, in seguito allo squillo che Leo mi ha fatto quasi dieci minuti prima.

In realtà ero pronta dalle nove meno dieci, ma Trudy-la-shipper ha detto che dovevo farlo aspettare almeno un po’, così non ho avuto altra scelta che obbedire.

Ovviamente, una serie di dubbi iniziano ad affacciarsi nella mia mente, insieme ad una sorta di paura che mi spinge a controllare che nessuno di mia conoscenza sia presente nei dintorni di casa mia mentre salgo in auto.

“Ciao, Lena!”.

Leo, fin troppo a suo agio, mi sorride, radioso, mentre apre lo sportello dell’auto.

“Ciao, Leo. Come stai?” rispondo, facendo di tutto per entrare nell’abitacolo con calma ed eleganza, senza lasciarmi prendere dal panico che sta dilagando nelle mie vene.

“Bene, e tu?”.

“Bene, bene, grazie”.

Cerco di non pensare al fatto che questa sembri una delle sciocche conversazioni tramite chat che non avranno mai un continuo, tra persone che non si sopportano molto, così cerco di distrarmi mentre metto la cintura di sicurezza e Leo fa ripartire l’auto.

“Dove abiti?” chiedo quindi, dando voce alla prima domanda civile e con un senso che mi è venuta in mente pur di non far scendere un imbarazzante silenzio.

“A venti minuti da qui, più o meno”.

“Capito…”.

Purtroppo, questa volta cadiamo in un silenzio decisamente snervante, che viene rotto solo cinque minuti dopo da lui.

Si schiarisce la voce, e ciò non so perché mi fa preoccupare. “Volevo dirti che… Mi è dispiaciuto aver fatto una brutta figura quando ti ho proposto ti venire a casa mia” mormora, un po’ imbarazzato.

Imbarazzata a mia volta, sento la vitalità andare via dal mio corpo oltre ad un’insana voglia di gettarmi dal finestrino, e non so perché mi viene da tossire, tanto che Leo si volta per pochi istanti verso di me. “Tutto bene?”.

“Sì, sì… Coff… Vuoi la verità?” domando a bruciapelo, con una vocina stridula.

“Beh, sì”.

- Sono una tua alunna! Sono una tua alunna! – mi suggerisce la mia coscienza, che metto subito a tacere.

“Quell’sms te l’ha inviato la mia coinquilina. Le ho domandato un parere e lei, sapendo che tendo ad essere… Timida e che ci avrei solo girato intorno, ha preso il cellulare e ha risposto alla velocità della luce. So che sembra assurdo ma…”.

“Io t’ credo. Si vede da come ne parli ora, dal tuo imbrazzo”.

“Di solito sono una frana con le bugie, quindi ho preferito dirti subito come stanno le cose”.

Che ipocrita che sono, mi faccio schifo da sola! E’ vero, sono una frana nel mentire, ma in questo caso ci sto riuscendo, chissà perché.

Vedo che Leo si lascia sfuggire un sorriso, e noto quanto sia affascinante.

E’ a causa di questa constatazione che riesco miracolosamente a rilassarmi e a pensare che devo stare tranquilla, che ho la prospettiva di passare una semplice serata con un bel ragazzo.

“Devo dire che ho conosciuto poche ragazze che non sapevano dire… Lies” ammette.

“A volte mi piace considerarmi l’eccezione” rivelo, guadagnandomi un altro sorriso da parte di sua.

“Se stai provando a convincrmi che ho fatto bene ad invitarti ad uscire, devo dirti che ci stai riuscendo”.

Sembra sincero, anche se continua a non reprimere quel bel sorriso che si ritrova stampato sulla bocca da un po’.

Mi lascio sfuggire una risatina nervosa e mi accomodo meglio contro il sedile, lanciando uno sguardo al paesaggio fuori al finestrino. “Allora completo il tutto dicendoti che lunedì sono stata invitata alla festa di compleanno del mio ex ma ho rifiutato per uscire con te, nonostante una piccola parte di me sarebbe voluta andarci solo per dimostrare alla sua attuale ragazza, che ha organizzato il tutto, che so cacciare fuori la mia faccia tosta”.

“Wow, allora devo sentirmi lusngato! O non ci sei andata perchè temevi di innervosirti nel vederli insieme?” mi provoca, con il tono di chi si sta divertendo un mondo.

“Ma no. Dopotutto, li vedo insieme tutti i santi giorni all’università, ci sono abituata”.

“Allora sei una tosta. O, almeno, il tuo… Ehm, liver, lo è”.

“Il mio fegato?” domando, ricordando che dopotutto sia già abbastanza bravo nell’esprimersi in italiano.

“Fegato, sì. Scusami, ma…”.

“Tranquillo, anzi, per me parli fin troppo bene visto che non sei italiano” lo rassicuro, e questa volta tocca a me sorridere anche se lui non può vedermi dato che sta fissando la strada davanti a sé.

Un quarto d’ora dopo mi ritrovo nell’ingresso del suo appartamento, che, devo ammettere, è decorato con gusto.

Mi ricorda molto casa mia, ad essere onesti, con le pareti dipinte con terra fiorentina e numerosi quadri raffiguranti antiche principesse con cornici dorate.

“E’ molto accogliente” dico.

“Grazie. Questo appartmento è di uno dei miei zii di secondo grado, di solito ci vengono in estate, quindi lo hanno lasciato a me. Mi ci trovo bene”.

Annuisco, mentre lui si toglie il cappotto grigio che gli arriva un po’ oltre la vita, così lo imito e lui, elegantemente, mi aiuta a sfilare il mio trench beige e lo ripone con cura sull’attaccapanni. Gli affido anche la borsetta dopo aver estratto il cellulare, e poi lo seguo fino al soggiorno, dove mi fa accomodare su un divano di pelle bianco.

Questa volta tocca a lui essere un po’ nervoso, perché lo vedo guardarsi intorno prima di voltarsi verso di me.

“Ti va un bicchiere di vino rosso mentre riscaldo la cena?” propone, passandosi una mano tra i capelli.

“Certo. Posso aiutarti, se vuoi” aggiungo.

“No, no, sei l’ospite. E poi è una… surprise!”.

Lo vedo estrarre una bottiglia di vino da uno dei mobili, poi si allontana per prendere un cavatappi e due calici di vetro, apre la bottiglia e versa il suo contenuto nei bicchieri, per poi avvicinarsi e porgermene uno.

Si siede al mio fianco, e faccio avvicinare il suo calice al mio quando vedo che sta facendo lo stesso, come per imitare una sorta di brindisi.

Beviamo qualche sorso, poi si scusa e si dirige in cucina dopo aver acceso lo stereo, lasciandomi in compagnia di Ne Yo con “Miss Independent”.

Sorseggio il vino, senza sapere cosa fare, ma per fortuna dopo nemmeno dieci minuti Leo torna con un vassoio in mano.

Lo poggia sul tavolo ed io mi alzo, così mi fa cenno di sedermi e, quando obbedisco, lui allontana la sedia dal tavolo per farmi sedere, proprio come sono solita vedere nei vecchi film americani.

“Ma grazie!” esclamo, non riuscendo a non ridere.

Tutta questa situazione inizia a sembrare decisamente surreale, ma mi intriga.

Lui ride a sua volta e si siede, per poi servire il cibo in due piatti.

Ovviamente, si tratta di un mega hamburger con patatine fritte, e le esibisce fieramente. “Non penso di averti stupito, vero?” domanda.

“No, cioè, forse sì… Voglio dire, sono così abituata ad associare la California con una popolazione bella e magra che nella mia mente di sicuro non mangiano hamburger”.

“Dovrei prenderlo come un complimento?” domanda, indicando sè stesso.

Nel giro di tre secondi, realizzo ciò che ho detto e il significato che ciò può assumere, ma tuttavia decido di fare un breve cenno. “Ok, sei bello e magro come tutti i californiani che ci sono nella mia testa, quindi sì, è un complimento. Ma ritieniti fortunato, nella mia vita ho detto solo a due uomini che sono belli” spiego, cercando di non sentirmi di nuovo stupida.

“Mi ritengo privileged , allora! E chi sono questi altri due uomini?” indaga, per poi masticare un paio di patatine fritte.

“Come se non lo sapessi…”.

“Ok, uno è il tuo ex, e l’altro?”.

“Il mio migliore amico. A volte è insicuro, così, una volta, gliel’ho detto perché lo penso sul serio”.

Annuisce, così inizio a mangiare a mia volta, cercando di non rendermi ridicola mentre mordo l’hamburger.

“Tra l’altro, il panino che ricopre l’hamburger l’ho fatto io, e le patate le ho tagliate io” spiega Leo dopo qualche minuto.

“Giuro che non l’avevo messo in dubbio. E’ tutto buono, davvero”.

La cena prosegue con del pesce cucinato in un modo tutto nuovo, per me, e degli spiedini di carne, e termina con dei deliziosi pancakes allo sciroppo d’acero come dessert, perché, seppure non siano dei dolci, Leo voleva farmeli assaggiare visto che sono fatti con la ricetta di sua nonna.

Alla fine della cena, così, ci ritroviamo di nuovo sul divano, con il calice di nuovo pieno di vino rosso e un po’ di complicità in più dovuta alle leggere chiacchiere che ci siamo lasciati sfuggire mentre cenavamo.

“Me la darai la tua ricetta dei pancakes?” domando.

“Dipende”.

“Da cosa?”.

“Da se ti andrà di rivedermi. Lo so che l’appuntamento non è ancora finito, ma già so che mi piacerebbe rivederti” dice senza preamboli, avvicinandosi un po’ di più a me.

Deglutisco, e decido di sostenere il suo sguardo. “Leo, non pensiamoci ora. Mi sto divertendo con te, e voglio vivere l’uscita con calma, senza pressioni. Sarò sincera: ho già abbastanza pressioni al momento”.

Lui annuisce, comprensivo, e mormora uno: “Scusmi” prima di bere dell’altro vino. “Posso sapere che tipo di pressioni?” chiede poi.

“Sei proprio curioso, eh?”.

“Sì, cioè, sei tu che mi incuriosisci molto, a dire la vertà. Si vede che non sei banale” ammette.

“Sono pressioni dovute al mio volere laurearmi entro novembre, quindi devo passare al primo colpo gli ultimi quattro esami, al mio voler lavorare per pagare l’affitto, e al mio prendere tutto con serietà”.

Detto ciò mi guarda, un po’ allarmato, ed io agito la mano, facendogli segno di calmarsi. “Non sto prendendo quest’uscita con quel tipo di serietà, tranquillo, te l’ho detto quando ci siamo visti la prima volta. Anzi, so di avere bisogno di una… Storia leggera, senza pretese, ed è probabilmente per questo che sono qui. Ho preso la mia ex relazione con molta serietà, la vedevo come un qualcosa che non doveva fallire e da cui dipendeva la mia vita… E quando lui mi ha lasciato ci sono rimasta uno schifo” rivelo, abbassando lo sguardo.

Leo mi accarezza un braccio con dolcezza, in un modo che mi piace. “Il tuo ex non capisce nulla”.

“Me lo dicono tutti, ma ciò non cambia nulla. Comunque, sto andando avanti e ho capito che la mia felicità non deve dipendere da lui, ma da me stessa”.

Rialzo lo sguardo e vedo che Leo mi sta guardando in un modo strano che mi mette in soggezione.

“Dì la verità, pensi che sia pazza, vero?” domando.

“No. Penso che tu sei una delle poche persone vere che io ho mai conosciuto e mi fa piacere sentire un po’ del tuo past” dice, appoggiando il calice sul mobile vicino al divano.

Lo imito, per poi tornare a guardarlo. “Strano. Di solito tutti pensano che io sia anormale solo perché purtroppo tengo il conto dei mesi passati da quando lui mi ha mollata e perché non riesco a fare finta di nulla quando lo vedo con l’attuale ragazza”.

“Guarda che è normal! Mi capitò la stessa cosa con Annie, l’unica ragazza che ho mai amato e che mi ha lasciato. Mi sono ripreso dopo un anno, avevo circa la tua età, e, come te, capii che mi ci voleva qualcosa di più… Lgero per andare avanti. Tra l’altro, se vorrai, sarei felice di essere il rappresentante della tua… Storia lgera” spiega, questa volta facendomi l’occhiolino.

“Chi vivrà vedrà, no?”.

E’ un po’ confuso nel sentire ciò, e questo mi induce a spiegare: “E’ un nostro modo di dire”.

“Ah, ok”.

Non so come, ma la conversazione continua, composta da frasi sciocche e battutine, sempre con il cd di Ne Yo in sottofondo – che scopro essere uno degli artisti preferiti da Leo, insieme ad Eminem e ad altri che nemmeno conosco – finché, dopo qualche altro bicchiere di vino, non ci ritroviamo eccessivamente vicini mentre stiamo giocando a “Non ho mai”.

L’ho accennato tra i giochi che sono solita fare con i miei amici durante le feste e ovviamente lui, da buon americano, lo conosce fin troppo bene.

Consiste nel dire una cosa che non abbiamo mai fatto, e chi invece l’ha fatta deve bere.

Più che altro, è questa la causa della bottiglia di vino ormai quasi vuota.

“Non ho mai avuto una storia con qualcuno che era molto popolare a scuola” dico, e, udendo ciò, Leo beve un sorso di vino, per poi ridere come un matto.

“Io sì, specialmente al liceo… Uscivo sempre con la capo cheerleader! Tocca a me! Non ho mai… Fatto pensieri impuri sulla madre di un mio amico!”.

Nemmeno io bevo, e lo guardo come a dire: “Da dove ti è uscita questa?”.

“Guarda che dalle mie parti non è raro non trovare una… MILF, ecco”.

“Nel senso di Mother I’d Like To Fuck?” domando.

Lui annuisce. “Sì. Tanti miei amici hanno delle belle madri, magari anche rifatte, ma non ho mai pensato a loro in quel senso. Si vede che mi piacciono le ragazze…  Younger than me!” dice, e qui mi lancia una significativa occhiata di sbieco, facendomi l’occhiolino.

Sarà il vino in eccesso che mi manda un po’ in tilt, ma ricambio con un sorrisino malizioso.

Dopo tre ore passate insieme vedo Leo come un simpaticissimo ragazzo che riesce a risultare affascinante anche solo compiendo un semplice gesto come prendere un bicchiere, e per la prima volta in vita mia mi ritrovo ad ammettere di sentirmi attratta da un uomo solo fisicamente, senza farmi film in testa e lasciarmi prendere da sentimentalismi.

So che una minima mossa può avere conseguenze abbastanza forti, ma ormai, disinibita al massimo, decido di osare, aiutata anche dal corpo di Leo vicino al mio che mi trasmette un piacevole calore.

“Non ho mai baciato nessuno al primo appuntamento” ammetto, il che è vero a causa delle solite rigide regole che mi impongo di seguire in ogni relazione con un ragazzo.

Non distolgo lo sguardo dagli occhi di Leo, che sembrano incendiarsi al solo udire quelle parole.

Ovviamente, beve fino all’ultimo sorso e posa di nuovo il bicchiere, prendendo anche il mio delicatamente e lasciandomi a mani vuote.

Ricambia lo sguardo, intensamente, e avvicina il suo viso al mio lentamente, per darmi il tempo di ritirarmi, cosa che però non faccio.

E’ una situazione alquanto nuova ed eccitante per me, che al momento non desidero altro che essere baciata da lui, alla faccia di tutte le seghe mentali che mi ero fatta prima dell’appuntamento.

Al momento, Leo è un semplice ragazzo da cui voglio essere baciata, non il mio professore che non sa di esserlo.

Anzi, sembra proprio che a furia di fingere, io mi sia convinta di non essere una sua alunna.

Perciò, accosto il mio volto al suo, finché i nostri nasi non si sfiorano, e accolgo il suo bacio con una timidezza iniziale che poi nel giro di pochi istanti muta fino a diventare eccessivo slancio.

Non penso a nulla se non a stringermi di più a lui e a lasciare che le sue mani vaghino dal mio busto al collo, e nel giro di mezzo minuto il mio cervello si scollega totalmente, facendomi solo assaporare quelle labbra che sembrano appartenere ad un vero e proprio maestro del bacio.

Mi bacia in un modo che mi fa sentire lusingata, perché percepisco che è un qualcosa che avrebbe voluto fare probabilmente dalla prima volta che mi ha vista al bar, e non posso fare altro che rispondere con voluttà.

Quando ci separiamo, mi guarda tra il malizioso e il compiaciuto mentre mi accarezza una parte della mia chioma.

“Speravo sarebbe successo” sussurra, con un filo di voce che a mio avviso lo rende decisamente sexy.

“Soddisfatto?” lo provoco.

“Non ancora al cento per cento…” e dicendo ciò mi ribacia, questa volta più lentamente, come se volesse assaporare ogni attimo, così, ovviamente, lo lascio fare, domandandomi da quand’era che non passavo una così bella serata.

 

 

“Quindi…”.

“Quindi ti autorizzo ad invitarmi per un secondo appuntamento, sì”.

Siamo di nuovo in auto davanti casa mia, ed io sto per scendere.

Eccolo, il momento più terrificante di un appuntamento: il saluto. Però, ragionando, dal momento in cui ci siamo già baciati non dovrebbero esserci problemi e momenti imbarazzanti, no?

Leo sorride ed annuisce. “Sono felice. Mi piace passare il tempo con te e…” esita, non riuscendo a trattenere una risata, “E che siamo riusciti a conoscerci un po’ prima di usare il mio divano come… Location per i nostri baci”.

“Oh, se vuoi possiamo solo parlare, la prossima volta” lo prendo in giro.

“Facciamo fifty fifty” risponde, con un sorriso malizioso.

“Ok. Allora io vado… Grazie per la cena e… Ci sentiamo”.

“Certo”.

Agito la mano in segno di saluto, senza sapere cosa fare – al momento noi che ci scambiamo la saliva sul suo divano sembra solo un ricordo – e lui si sporge per darmi un bacio sulla guancia come la prima volta che ci siamo visti.

“Ciao, Lena”.

“Ciao!”.

Scendo dall’auto e lo sento allontanarsi mentre prendo le chiavi di casa dalla borsa.

Apro il portone del condominio, salgo le scale, e quando entro in casa guardo l’orologio e noto che è mezzanotte e venti.

Di Trudy non c’è neanche l’ombra, così compongo il suo numero e la chiamo, mentre mi libero dal trench e appoggio la borsa sul tavolo della cucina.

“Ehi! Com’è andata?”.

Curiosa come sempre, Trudy sembra felicissima di sentirmi, mentre in sottofondo si sentono le note di una canzone da discoteca.

“Bene, poi ti dico! Tu sei ancora alla festa, giusto?”.

“Sì, alla fine è iniziata alle dieci e mezzo quindi mi sa che ci vorrà ancora molto, ma ora torno, non ti preoccupare!”.

“No, no… Anzi, stavo pensando una cosa… Che ne dici se ti raggiungo?”.

 

 

Non so come, nel giro di venti minuti mi ritrovo fuori l’appartamento affittato da Matteo dopo quasi un anno.

Al mio fianco, Dario, che è venuto a prendermi, mi guarda come se fossi una sorta di giocattolo buffo, e non esita a lanciarmi numerose occhiate.

“Ti sei vestita così per andare a cena con delle amiche?” chiede, alquanto scettico e malizioso, rifilandomi una gomitata.

Abbasso lo sguardo sulla gonna nera e gli stivali con il tacco che ho indossato dopo essermi cambiata e scuoto il capo.

“No, mi sono cambiata, e non per fare colpo. Senti, voglio farmi due risate e basta, ci divertiremo” rispondo, per poi premere con decisione il pulsante del campanello.

Assurdo come la serata con Leo mi abbia fatto sentire bene e più sicura di me!

Ad aprirci la porta è proprio il festeggiato, che mi fissa con evidente incredulità, senza premurarsi di celare la sua sorpresa.

“Ciao! Elisabetta mi ha invitata ma le ho detto che dovevo lavorare, mi sono liberata solo ora” spiego, falsamente disinvolta.

Non riesco a non ricordare che, di solito, quando mi ritrovavo fuori quella porta venivo accolta e salutata con un bacio e tante attenzioni.

“Oh, sono felice che tu ce l’abbia fatta! L’hai accompagnata tu, Dario?” chiede, così in imbarazzo che cerca di appigliarsi a qualsiasi cosa.

Il mio amico annuisce e mi appoggia una mano sulla spalla, quasi con fare protettivo. “Sì, sa che su di me può contare sempre e a qualsiasi ora” ribadisce, senza risparmiarsi quella chiara allusione.

“Certo. Entrate pure…”.

Entriamo, e veniamo rapiti da quell’ondata di musica pop che Matteo odia.

C’è una bella porzione di ragazzi dell’università, evidentemente tutti imbucati per l’alcool gratuito, e i più noti si stanno scatenando sulla superfice del soggiorno a ritmo di musica, con movenze non proprio raffinate e i drink in mano.

“Comunque… Auguri” dico.

Istintivamente, lui si abbassa verso il mio volto, così gli lascio un bacio su ogni guancia, poi, in un modo che mi sorprende, mi afferra per il polso dicendo: “Vieni a prendere qualcosa da bere!”.

Annuisco, ma mi libero dalla sua presa e lancio un’occhiata a Dario che equivale ad un “Tranquillo, me la vedo io”, per poi seguire Matteo vicino al tavolo delle bibite.

Noto con disagio che molti mi stanno fissando e che altri stanno sussurrando qualcosa nelle orecchie di altri, così decido di non badarci e di muovermi a prendere qualcosa per poi andare dalle mie amiche, che non ho ancora visto.

“Martini rosato, vero?” chiede Matteo, prendendo con sicurezza un bicchiere vuoto.

“No. Vodka al melone” rispondo.

Mi guarda, alquanto stupito, come se gli avessi detto che dopo essere stata con lui ho scoperto che mi piacciono le ragazze, e poi si affretta a lasciare la bottiglia di Martini in favore di quella di vodka.

“Tu adoravi il Martini rosato!”.

“Ho cambiato idea. Sai, bisogna cambiare ogni tanto e scoprire cose nuove, no?” rispondo, afferrando il bicchiere e bevendo il primo sorso, sapendo che me ne pentirò visto che il mix con il vino rosso non mi farà bene.

“Dipende. Sai come si dice, chi lascia la via vecchia per quella nuova, sa quello che lascia ma non sa quello che trova” esclama, inizialmente un po’ mesto ma poi sorridendomi. “Comunque, tutto bene? E’ un po’ che non parliamo”.

“Beh, tu sei sempre in giro con la tua ragazza e non ti fermi mai a fare due chiacchiere, quindi non oserei disturbarti. Comunque tutto bene, le solite cose…”.

Alquanto ferito dalla mia prima affermazione, sospira, guardandosi intorno. “Ma no, è che non c’è mai tempo e…”.

“Non m’interessa, Matteo, sul serio. Io vivo lo stesso senza il tuo resoconto della giornata” ammetto, probabilmente a causa dell’alcool nel mio corpo che ha solo il compito di rendermi più audace e sincera.

Lui sta per ribattere quando un’odiosa vocina – che riconosco appartenere a Gloria Versanti, amica di Elisabetta, nonché Miss Gossip dell’Università – dice: “Una foto col festeggiato! Sorridete!” dopo averci puntato addosso la sua Canon ultimo modello.

“Oh, sì…” biascica Matteo, appoggiandomi timidamente una mano sulla spalla.

Entrambi sorridiamo come due ipocriti, per poi tornare a fare finta di nulla quando Gloria se ne va, vittoriosa per aver immortalato il festeggiato con la sua ex.

“Ora vado a cercare le ragazze” mi congedo.

“Certo, divertiti…” mi viene risposto con un sorriso di circostanza.

Ancora con il bicchiere in mano, inizio a guardarmi attorno, scorgendo qualche volto familiare che mi saluta, finchè non avvisto le ragazze fuori al balcone.

Le raggiungo, e mi guadagno occhiate di incredulità e smorfie di sorpresa varie, tanto che Alessandra a stento non si strozza con i salatini che stava mangiando.

“Ma salve! Che c’è, Trudy non vi ha detto…?”.

“Ho voluto mantenere il segreto. Sorpresa!” esclama la mia amica, muovendo le braccia verso di me come se fosse una presentatrice televisiva ed io l’ospite d’onore.

Rido, per poi bere un altro sorso. “La cena è finita presto e ho deciso di venire a farmi due risate”.

“Finalmente ti sei svegliata un po’” commenta Germana, dandomi una pacca sulla spalla.

“Sono lusingata dalle tue parole” la prendo in giro, ricambiando la pacca.

“Ma ti guardano tutti” nota Lucia, ancora stupita.

“E lasciateli guardare!” s’intromette Dario, che ci ha appena raggiunti.

“Che dite, andiamo a ballare un po’?” chiedo.

Le ragazze annuiscono, e tutte ci trasciniamo dietro Dario che di solito odia ballare in queste occasioni.

Tutti si stanno scatenando sulle note di “Born this way” di Lady Gaga, e la cosa mi fa ridere perché Matteo la odia, così noi ci aggreghiamo alle danze, iniziando a ballare con Dario al centro, e ogni tanto ognuna gli si avvicina.

Dopo una decina di minuti mi avvicino io, facendogli l’occhiolino, e lo vedo ridere mentre appoggio una mano sul suo petto.

Di conseguenza, lui passa un braccio attorno alla mia vita e beve un po’ troppa vodka dal mio bicchiere, lasciandolo vuoto, tanto che lo getto per aria e, senza volerlo, colpisco proprio Elisabetta, causando numerose risate da parte dei presenti.

 

 

“…Wow, cioè, è stata una serata fantastica per te!” commenta Trudy quasi due ore dopo, mentre, esausta e con i piedi doloranti, mi accascio sul mio letto dopo essermi liberata dagli stivali e dal trench. “Leo è super e… Oh, sono così felice! Ti ci voleva una serata così!”.

Più brilla che mai, con lo stomaco sottosopra e i capelli sconvolti, annuisco.

“Sì, sono felice, ma so anche che domani tornerà tutto come prima” constato, sbadigliando.

“Ora goditi questa serata…”.

Annuisco, per poi guardare il mio cellulare che squilla ripetutamente a causa di numerose notifiche. “Cioè, Gloria sta già postando le foto! Ma non sta proprio bene!” esclamo, trovandomi davanti la foto di me e Matteo.

- Come siamo diversi – penso.

Si vede che siamo cresciuti, mentre quando ci siamo messi insieme non avevamo nemmeno vent’anni.

Di solito, nelle nostre foto insieme, io sono quasi sempre senza trucco ma ho un sorriso sinceramente felice, mentre ora sono truccata abbastanza,  e sorrido in un modo alquanto ipocrita.

Senza riuscire a trattenermi, mi avvicino all’armadio, apro l’anta destra e guardo l’unica nostra foto sopravvissuta, scattata il giorno del nostro primo – e unico – anniversario, quando siamo andati al mare.

La prendo in mano, e dopo aver confrontato le differenti verità scritte nei nostri sguardi, la strappo, gettandola nel cestino con fare deciso, sotto gli occhi attoniti di Trudy.

“E’ tempo di andare avanti sul serio. Stasera ho capito che anche da sola non sono da buttare, quindi devo farmi valere” sussurro.

Trudy annuisce e si fionda ad abbracciarmi, accarezzandomi i capelli. “Era ora che lo capissi. Tu vali tantissimo, Lena, e Matteo è un idiota”.

“Per la prima volta ci credo” rispondo, rimanendo così, tra le braccia dell’amica che nei momenti più bui si è comportata come una mamma con me e che non esita a fare di tutto per farmi stare meglio.

 

*Shamy: Sheldon/Amy, The Big Bang Theory; Chair: Chuck/Blair, Gossip Girl.

°*°*°*°*

In ritardo, ma sono qui! ^^’
Scusatemi, ma giovedì ho fatto l’ultimo esame del secondo anno e non ho avuto il tempo di correggere il capitolo per venerdì, diciamo che ero abbastanza stanca e ho dovuto recuperare un po’ di sonno e di vita sociale, in questi giorni!xD
Non ve ne fregherà nulla, ma sono felicissima perché mi mancano solo 7 esami alla laurea e mercoledì inizio il terzo anno ^^
Comunque, avevo scritto del ritardo nel gruppo facebook dove aggiungo spoiler,banner etc… Se vi va di farne parte, dovete solo mandare la richiesta qui https://www.facebook.com/groups/468964983146566/  :)
Passando al capitolo… Che ve ne sembra?
L’idea della parte in cui Trudy fa la shipper mi è venuta in mente venerdì e non potevo non aggiungerla, spero vi abbia fatto divertire un po’ xD
Poi, nessuno si aspettava che Lena sarebbe andata alla festa, e invece a quanto pare ha trovato la forza grazie all’uscita con Leo, che le ha fatto capire che anche se per ora è sola, vale molto ed è forte :)
Sono curiosa di sapere che ne pensate del bacio ^^
Grazie a tutti voi che leggete, recensite e seguite questo mio sclero… xD
A venerdì :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** S.S.S.: Sei Stata Spottata ***


6g
Image and video hosting by TinyPic
10 Ottobre 2012
 
"Ci credi? Domani inizieremo il terzo anno!" esclamò Dario, mentre riponeva il dvd contenente alcuni episodi della quinta serie di "Friends" nella sua custodia.
Annuii, mangiando una manciata di pop corn.
"Sento che sarà fenomenale" continuò lui, sedendosi di fronte a me.
"Fenomenale. Certo" biascicai, sospirando.
"Oh, piantala! Lena, per favore, devi...".
"Cosa, Dario? Cosa devo fare? Ti ci vuoi mettere anche tu a darmi ordini? Prego!" urlai, alzandomi di scatto dal divano e portandomi una mano contro la fronte. "Scusa, scusa, tu non c'entri niente, io...".
"Lo so che non sarà facile vederlo con la sua nuova ragazza, ma tu hai noi, e sono sicuro che troverai qualcuno di speciale anche tu, quest'anno".
"Non puoi capire, Dario".
"Anche io ho un'ex all'università, nel caso ti sfuggisse".
"Ma è diverso! Lei non sta già con un altro e non ti ha salutato all'esame orale di Tedesco con un'ipocrita "Ciao" mentre se ne stava avvinghiata al suo nuovo tipo, mentre con te ha sempre evitato certi atteggiamenti in pubblico!".
Dario annuii, comprensivo, per poi alzarsi a sua volta e appoggiarmi le mani sulle spalle.
"Se ti fa stare bene, posso prometterti che lo picchierò appena ne avrò l'occasione".
"Ok, ma ti aiuterò nell'impresa!".
"Ovvio!".
In sincrono, ci abbracciammo, suggellando l'ennesima promessa di amicizia.
Mi sentivo un po' più rassicurata, perché sentivo che finché Dario sarebbe stato al mio fianco, avrei sempre avuto qualcuno pronto ad aiutarmi in mille modi possibili.
 
*******
 
Quando, la mattina dopo la festa di Matteo, metto piede nell'atrio dell'università, noto che c'è qualcosa che non quadra affatto.
Le persone sono agitate, parlottano tra loro, in un modo molto più esagerato rispetto ai giorni d'esame, e tutti ridacchiano mentre adocchiano qualcuno cercando di non farsi scoprire.
"Chissà cos'è successo" commento, sicura che si tratti di qualche succoso gossip che tutti dimenticheranno nel giro di una settimana.
"Forse hanno pubblicato le date degli esami?" azzarda Trudy, scrollando le spalle.
"Nah, impossibile, è ancora marzo... E poi questi comportamenti non possono essere legati a qualcosa di noioso e ansioso come gli esami" ragiono, notando con aria alquanto sconcertata una ragazza che fissa il cellulare con aria incredula prima di scoppiare a ridere.
Facendoci strada tra il turbine di ragazzi che di solito affollano la zona del bar alle dieci del mattino, io e la mia amica ci impieghiamo un po' per giungere sane e salve al tavolino dietro cui si sono sedute le altre.
"Ecco la signorina Lena Inverno, alias la nostra star!".
Senza capire, fisso Germana che mi ha appena apostrofata così con il suo solito sorriso eccessivamente ampio e non proprio sincero.
"Prego?" chiedo, sedendomi sulla stessa sedia su cui c'è Lucia, vista la consueta mancanza di posti.
"Sei stata spottata!" continua Alessandra, ridacchiando come una matta e scatenando la stessa reazione nelle altre ragazze.
"Onestamente credevo che la prima ad esserlo tra noi sarebbe stata Germana, e invece..." borbotta Ida.
"Ma di che diavolo state parlando?" continuo a chiedere, sempre più confusa visto che non ci sto capendo un accidenti di tutto quel fiume di parole.
"Stanotte hanno creato la pagina "Spotted" della nostra università!" spiega Marina. "Le pagine spotted in pratica fanno sì che chiunque possa lasciare un messaggio anonimo a qualcuno, magari dopo averlo "avvistato", ed è una moda che sta dilagando in tutte le università".
"Solo a me sembra la brutta copia di Gossip Girl?" domanda Trudy.
"Infatti!" esclamo, ancora un po' scioccata. Ecco dovevo ho sentito quella parola!
Io e Trudy guardavamo sempre quel telefilm in diretta con l'America, quindi dovevamo vederlo sempre sottotitolato, e dimenticare quel famoso "Spotted Serena Van Der Woodsen..." sarà difficilissimo da dimenticare.
"E, fammi capire, sono stata spottata nel senso che...?".
"Aspetta che ti faccio leggere!" dice Marina, prendendo il suo i-phone e iniziando a smanettare come suo solito con quell'aggeggio. "Ecco, leggi!".
Subito, Trudy mi si avvicina e inizia a leggere il contenuto da sopra la mia spalla.
 
Avvistata: Lena I. che non è più tanto glaciale come il suo cognome! Ieri c'è stata la festa del suo ex Matteo e dopo quasi un anno è stata vista mentre parlava con lui davanti ad un bicchiere di qualche super alcolico, per poi scatenarsi a ballare con le sue amiche. Tutti pensavano che non si sarebbe mai ripresa dopo la loro rottura, e invece ci ha decisamente sorpreso!
Nessuno si aspettava di vederla alla festa, forse nemmeno la povera E., visto che voci di corridoio dicono che lei sia decisamente gelosa di lei.
Ah, e complimenti per le tue belle gambe! Ora che ho visto che sai essere sexy ci proverò con te.
Anonimo.
 
Sgrano gli occhi, mentre Trudy scoppia in una fragorosa risata, per poi darmi una bella pacca sulla spalla.
"E brava, gliel'hai fatta vedere a tutti!" esclama.
"Ma che... Cavoli, chi sarà stato? Voglio dire, non che me ne freghi, ma non vorrei che Elisabetta si facesse strani pensieri" sussurro, senza smettere di fissare quel messaggio.
"Io penserei a scoprire chi sono gli amministratori della pagina!" dice invece Germana.
"Di sicuro qualcuno che era alla festa, visto che i post parlano più o meno di ciò che è successo ieri" ragiona Alessandra.
"Dai, Germana, spotteranno anche te, tranquilla" ridacchia Lucia.
Lei, per tutta risposta, tira in giù la stoffa della maglia in modo da rendere la sua scollatura ancora più generosa e ripassa il rossetto rosso sulla sua bocca. "Datemi due ore e verrò citata in almeno tre post!" esclama, prendendo la borsa e alzandosi, facendoci l'occhiolino. "Ci vediamo a lezione".
La salutiamo con una vaga serie di "Ciao", e il suo posto viene occupato nel giro di poco da Dario, che regge in mano tre caffè con grande abilità.
"Buongiorno!" esclama, porgendo un bicchiere a me e uno a Trudy.
"Ciao, Dà! Grazie!" rispondo, visto che il caffè è proprio l'ideale in questo momento.
"Per tutte le volte che vengo a prendermelo a casa vostra..." risponde lui, scrollando le spalle. "Comunque... Sei stata spottata!".
Sbuffo, alzando gli occhi al cielo prima di bere un sorso di caffè. "Se lo continuate a dire suona come una malattia".
"Ah, quindi hai saputo!".
"Purtroppo sì".
"Ma come purtroppo, è una cosa figa!" mi rimprovera Ida, ridacchiando.
Non ho il tempo di replicare perché vedo Matteo ed Elisabetta che vengono verso di me, mano nella mano come loro solito.
Lui sembra scocciato, lei, invece, sembra un po' arrabbiata.
"Ciao" dice subito, con un tono seccato, appena è abbastanza vicina al nostro tavolo.
"Ciao" replichiamo un po' tutti.
"Immagino tu abbia letto lo spotted che ti riguarda..." inizia subito, senza nemmeno perdere un istante, incrociando le braccia.
"Sì, ma...".
"Ci tengo a farti sapere che non sono gelosa di te, altrimenti non avrei avuto motivo di invitarti alla festa, e spero che questa voce non sia partita da te" continua.
Senza riuscire a trattenermi, mi alzo, ritrovandomi a mezzo passo da lei. E' una soddisfazione constatare di essere più alta di lei di almeno dieci centimetri.
"Non ti conosco, Elisabetta, e tu non conosci me, quindi non me la prenderò e ti risponderò semplicemente che non sono solita andare in giro inventando idiozie sulla gente" replico, sforzandomi di rimanere calma, tanto che provo a sfogare la mia rabbia stringendo con forza la parte superiore della sedia su cui mi stavo quasi appoggiando.
"Gliel'ho già detto" s'intromette Matteo, provando a stabilire un contatto visivo con me, "Ma...".
"Tu stai zitto" replica la sua ragazza, prima di tornare a fissarmi. "Sei sicura? Voglio dire, certe voci non nascono da sole".
"Senza offesa, non sei nei miei pensieri, Elisabetta, e ho altro a cui badare durante le mie giornate" rispondo lentamente, cercando di non iniziare ad urlarle contro tutte le cose assurde che avrei voglia di sputarle in faccia.
Con un cenno brusco, lei annuisce, poi mi sorride mellifluamente.
"Bene, quindi sai che qualsiasi cosa tu faccia non servirà a riavere Matteo indietro".
"Non me ne potrebbe fregar di meno visto che lui non fa parte della mia vita e mi sto vedendo con qualcuno" dichiaro.
Matteo sgrana gli occhi, mentre lei batte le palpebre numerose volte per la sorpresa.
Sul serio nella loro visione dei fatti io sono una povera disperata che non ha il coraggio di andare avanti e vedersi con qualcuno?
"Va bene. Allora... Ciao" dice, questa volta con una vocina, prima di prendere Matteo per mano e uscire di fretta dal bar.
Mentre cammina, lui si volta verso di me, e ci guardiamo per un solo istante perché io distolgo lo sguardo, per poi risiedermi e provare a fare finta di nulla, mentre, attorno a me, i mei amici non vedono l'ora di commentare l'accaduto.
"Sei stata fenomenale!" esclama Dario.
"Sì, infatti!" approva Lucia.
"E dire che ti vedi con qualcun altro è stata un'ottima bugia!" approva subito Trudy, mentendo per non scatenare ulteriori domande. Annuisco, fingendomi disinvolta come non mai, mentre dentro di me sento una gran voglia di tirare i capelli a quella mocciosa di Elisabetta.
 
 
Per Lena ed Elisabetta: grazie per la bella scenata di oggi al bar, siete state fenomenali!
Avrei voluto avere una manciata di pop corn a portata di mano per godermi meglio la litigata!
Vi do solo un consiglio: la prossima volta, invece di stare sul punto di strapparvi i capelli, strappatevi i vestiti di dosso! ;)
G.
 
Getto il telefono dall'altra parte del divano e mi volto verso Trudy, che se ne sta incollata al cellulare da ormai un'ora, senza smettere di ridere e sghignazzare come un'ossessa.
"Ho capito, se non mi muovo io stasera non si cena..." borbotto, di malumore.
"Cucinare una volta tanto non ti ucciderà" commenta distrattamente Trudy, per poi scoppiare a ridere nuovamente e voltarsi verso di me. "No, questo lo devi sentire! "Visto che ci tieni tanto ad essere spottata, ti accontento, cara Germana! Penso tu sia una nana, brutta quanto una scimmia africana, volgare quanto un reality show, e sopportarti non si può! Ti credi bella, ma hai la forma di una ciambella, e oggi hai fatto di tutto per accalappiarmi ma non avevo il coraggio di voltarmi... Giusto per fartelo sapere, non sei un bello spettacolo da vedere". Ma ti rendi conto? Uno spotted in rima?!".
Sgrano gli occhi, non sentendo per nulla la voglia di ridere, e la cosa inizialmente mi stupisce.
Anche se io e Germana non andiamo d'accordo, trovo che quel messaggio sia di una cattiveria unica e assurda, perché, dopotutto, tutti la criticano ma molti ne approfittano per farsi una sveltina.
"Che cattiveria!" commento quindi, avvicinandomi al frigo e aprendolo per vedere con cosa possiamo cenare.
"Si vede che questa pagina ti ha infastidito, perché altrimenti ne avresti approfittato per farti una semplice risata a sue spese" constata Trudy, squadrandomi dall'alto in basso come è solita fare quando vuole scoprire cosa mi passa per la testa.
Prendo una confezione di uova e un paio di zucchine, e ricambio il suo sguardo mentre appoggio il tutto sul piano della cucina.
"Non è giornata, Trudy. Ventiquattro ore fa ho pomiciato con il mio professore di inglese, poi mi sono scatenata alla festa del mio ex sentendomi finalmente libera da ciò che mi opprime da mesi e... Stamattina sono stata costretta a riaprire gli occhi. A rendermi conto che, dopotutto, le cose non cambieranno, che io dovrò sempre vedere quella vipera di Elisabetta che crede di essermi superiore, e rimarrò sempre l'ex di quell'idiota!" sbotto, battendo un pugno contro il palmo della mano destra con fare frustrato. "Come posso andare avanti se chi mi circonda non lo fa?".
"Ma non devi pensare agli altri!".
"E' facile dirlo per te. Non puoi capire..." dico, sospirando e sentendomi sul serio triste.
Guardo il cibo, pensando che non ho voglia di cucinare e di fare altro che non sia trovare un modo per sentirmi meglio e, se possibile, un po' spensierata.
Mi guardo intorno, esitante, e cerco di non badare a Trudy che mi fissa, in attesa di un mio sfogo o di qualsiasi segno che le faccia capire cosa penso e come mi sento.
Poi, senza rifletterci, mi avvicino al divano e recupero il cellulare, iniziando a scrivere un sms.
 
Ehi! Ti va di vederci? La mia giornata è stata infernale, e sei la prima persona a cui ho pensato per provare a migliorarla...
 
Rapida come una furia, invio il messaggio a Leo senza pensarci due volte, e ricevo una risposta nel giro di qualche minuto con mia grande sorpresa.
 
Certo! Mi fa piacere vederti così presto... Io stavo pensando di mangiare una pizza. Ti passo a prendere alle nove?
 
Perfetto! A dopo!
 
Alzo lo sguardo verso Trudy e mi lascio scappare, finalmente, un piccolo ma significativo sorriso. "Esco con Leo, so che mi farà sentire meglio" spiego.
Lei annuisce e sorride a sua volta. "Fai bene, divertiti..." dice solo, senza prendermi in giro e fare battutine come suo solito.
Forse ha capito in che stato mi trovo, forse ha capito che al momento ho solo bisogno di vedere qualcuno a cui piaccio, che non conosca ogni dettaglio della mia vita e che non mi giudichi per qualsiasi cosa io faccia.
Così, corro in bagno per farmi una doccia, sperando che questa serata sia ancora migliore della precedente.
 
 
"Certo che questa rgazza è proprio una... Vipra, ecco".
Tre ore dopo, io e Leo siamo in una piccola ed accogliente pizzeria vicino il lungomare di Mergellina, e gli sto raccontando il motivo della mia giornataccia che mi ha spinto a contattarlo.
Annuisco, ingoiando l'ultimo pezzetto di pizza, poi lo guardo con aria incuriosita.
"Non ti dà fastidio che io ti abbia chiamato perché ero triste a causa della ragazza del mio ex?" chiedo, un po' sorpresa.
"No, sono felice di drti una mano, se posso. E poi volevo vederti, ho pensato molto di te oggi" rivela, prendendo la mia mano e accarezzandola.
I suoi occhi scuri mi guardano in modo abbastanza eloquente che mi imbarazza un po', tanto che piego la testa di lato in modo da far sì che una consistente parte di capelli mi vada sul viso e celi la mia espressione.
"Mi fa piacere sapere che hai pensato di me come persona che ti fa sentire bene" aggiunge, continuando a stringere saldamente la mia mano.
"Tu non pensi che io sia strana e... Mi fai sentire a mio agio. Non mi era mai successa una cosa simile con un bel ragazzo" ammetto, decidendomi a ricambiare la sua stretta e sforzandomi di non arrossire.
"Strana? Sei una delle poche persone sane di menti che ho conosciuto, invece" sussurra in risposta, un po' compiaciuto per il mio complimento.
Scrollo le spalle, senza sapere cosa dire, finché lui non guarda l'orologio che ha al polso e dice: "Che dici, andiamo a fare una passeggiata?".
Annuisco, così ci alziamo e mi affretto a prendere il portafogli dalla borsa, meritandomi la prima occhiata di biasimo da parte sua da quando ci conosciamo.
"Non credere che ti lscerò pagare" dice, mentre si avvicina alla cassa.
"Cosa? Ieri hai offerto tu la cena, quindi ora...".
"Nemmeno quando non lavoravo non ho permesso ad una rgazza di pagare, e poi è il mio modo per ripagarti per la tua compagnia" dice, inizialmente con un tono quasi offeso.
Rapidamente, estrae la carta di credito, soffocando ogni mia protesta, e mi lascia in evidente imbarazzo mentre paga.
Non sono abituata a questi gesti, e non mi piace che qualcuno paghi per me, anche perché quando stavo con Matteo, visto che non lavorava, pagavamo a turno, tranne nei primi mesi in cui si offriva sempre lui di pagare.
"Grazie" sussurro mentre usciamo, sentendomi un po' lusingata visto che ho appena beccato una ragazza che fissava Leo in un modo alquanto esplicito.
Lui mi circonda le braccia con le spalle, ed io non mi ritiro, perché, dopotutto, mi fa stare bene.
"Non dirlo nemmeno per… Joke, mi offendo" borbotta, tuttavia ironico.
"Oh, ho trovato come offenderti, allora, ne approfitterò" esclamo, guardandolo negli occhi e, contemporaneamente, stringendomi a lui a mia volta.
"Poor me! Mi hai in pugno!".
Ridiamo come due bambini spensierati, finché non ci ritroviamo sul lungomare.
La luna piena si riflette sul mare, e attorno a noi ci sono pochissime persone, visto che è ancora marzo e questa zona non è molto frequentata fino all'estate.
"Grazie, davvero. E non sto parlando del conto" mormoro, quando ci fermiamo su una panchina.
La sua espressione diventa ancora più interessata, e mi sento meglio quando prende una ciocca di capelli e me la porta dietro l'orecchio, per poi soffermare la sua mano sul mio viso, accarezzandomelo con delicatezza.
Mi guarda come ad invitarmi ad esprimermi meglio, così mi schiarisco la voce e ricambio lo sguardo.
"Non mi era mai successo di stare bene con una persona che ho visto solo un paio di volte. Deve essere perché abbiamo messo in chiaro che tra di noi non ci sarà nulla di serio visto che partirai a giugno, così non mi sento sotto pressione e... Sto trascorrendo delle bellissime ore, davvero, mi fai sentire come se fossi la Lena che vorrei essere" spiego, esitante e desiderosa di farmi capire, visto che temo di non saper esporre bene ciò che sento.
"Tu sei chi vuoi, e se gli altri non lo vedno, è un problema loro. Io vedo solo una bella rgazza che ha tanta forza, che ha intelligenza e simpatia da vendere, e che ha la volontà di lavorare il sabato notte per non darla vinta a chi le ha fatto un torto... E ti conosco da pochissmo. Se la gente non riconosce ciò, ha seri problems" dice in risposta, avvicinandosi ancora di più.
Sono senza parole, perché sul serio nessuno che mi conoscesse da così poco mi ha mai detto una cosa simile, e lui lo capisce di sicuro perché sorride in un modo malizioso e aggiunge: "E non lo dico perché ho una voglia matta di fare sesso con te. So che, semmai vorrai, è presto".
In un'altra situazione mi sarei subito allarmata, proprio come mi è successo tutte le volte che mi sono ritrovata a pensare a questo stesso argomento, ma, ora come ora, mi lascio scappare solo una risatina nervosa e non mi ritraggo quando avverto la sua mano sulla mia gamba coperta solo da una gonna e un leggero paio di calze.
Il suo tocco mi piace, è deciso ma leggero allo stesso tempo, e non posso negare che l'idea di passare una notte con lui non mi faccia schifo.
E' come se la mia mente avesse dimenticato la reale situazione che c'è tra noi, che lui è un mio insegnante, perché il bell'uomo comprensivo è riuscito a scavalcare la figura del professore che non sa di esserlo.
Inoltre, il fatto che abbia fatto questa battuta senza nascondersi dietro falsi atteggiamenti lo ha di certo aiutato a guadagnare qualche punto in più, perciò appoggio una mano sul suo petto e dico: "Sì, è presto".
Annuisce, e toglie la mano dalla mia gamba, mentre io, stupita per quel gesto, circondo il suo collo con le braccia.
Sorride, e, comprendendo dove voglio arrivare, annuisce.
"Can I kiss you, madame?" chiede gentilmente, con quell'accento che mi fa decisamente impazzire.
Non lo avevo mai sentito articolare un'intera frase in inglese, fino ad ora.
"Of course you can" rispondo, e mi ritrovo ad essere baciata da lui per la seconda sera di fila appena termino di articolare la frase, sentendomi sul serio felice e spensierata, come se Elisabetta, Spotted e tutto il resto non esistessero.
 
 
 
Due giorni dopo, stanca morta per lo studio e per il doppio turno a lavoro, mi ritrovo ad osannare la fine della lezione di Letteratura Inglese III per poter tornare a casa, mangiare qualcosa e dormire un po'.
Trudy non c'è visto che è tornata a casa sua per il weekend, così mi ritrovo da sola, senza le sue battutine che mi servono sempre a rimanere allegra e a seguire la lezione con più leggerezza.
Sono ormai le due e dieci, e la professoressa dovrebbe finire a minuti, ma si addentra nell'ennesimo discorso riguardante Virginia Woolf, così, come ho fatto raramente da quando sono all'università, ripongo le mie cose nella borsa, sotto lo sguardo stupito di Dario che, al mio fianco, spalanca la bocca.
"Interessante. Cos'hai di meglio da fare che ascoltare prolissi discorsi sulla Woolf?" sussurra, incuriosito.
"Nulla se non riposarmi. Sto seguendo dalle otto e stanotte ho staccato da lavoro alle due..." spiego, notando che anche lui si sta dando una mossa per sistemare il quaderno e la penna nello zaino.
Mi alzo, seguita da lui, e usciamo silenziosamente dall'aula, sotto lo sguardo incuriosito di Germana e le altre.
"Ah, aria fresca, finalmente!" esclamo, dirigendomi verso le scale che conducono al piano terra dell'edificio.
"Avvistata: Lena Inverno che esce dall'aula prima che la lezione sia finita!" mi scimmiotta Dario, con una vocina antipatica che non gli dona affatto.
"Avvistato: Dario Boni che butta al vento la possibilità di pranzare con Lena Inverno!" sbotto in risposta, facendogli la linguaccia, visto che l'argomento "Spotted" non mi è affatto gradito.
"Dici sul serio?" chiede poi, quasi come se fosse sospettoso.
"Certo. Non vuoi pranzare da me? So che non c'è Trudy, ma qualcosa so cucinarlo..." rispondo, scrollando le spalle.
"No, no, non intendevo quello! E' che... Ultimamente sei un po' distante, sai, studi, lavori, sei arrabbiata per la questione di Elisabetta e ho notato che le cose sono un po' diverse, nel senso che ci vediamo di meno al di fuori dell'università" spiega, parlando cautamente.
Mi blocco mentre cammino, nell'atrio, e gli riservo un'occhiata un po' dispiaciuta.
In effetti, tra le critiche di Germana, Elisabetta, la questione di Leo e tutto il resto l'ho trascurato un po', e la cosa mi dispiace decisamente perché lui non merita di essere messo in ombra a causa di fattori esterni che riguardano solo me.
"Hai ragione, scusami, è un periodaccio" mi scuso.
"Ma no, l'ho capito...".
"Che ne dici di una delle nostre serate in stile "Friends"?" propongo, riferendomi alle nostre serate passate davanti alla tv a vedere le vecchie puntate di Friends davanti ad una pizza e ad una montagna di pop corn e caramelle gommose. "Stasera" aggiungo.
Sono felice nel vedere i suoi occhi illuminarsi, così annuisce prontamente. "Certo! Ci vuole proprio" commenta.
"Hai ragione".
Più animati rispetto a qualche minuto prima, quando eravamo appena usciti dall'aula, usciamo dall'università, diretti verso il mio piccolo appartamento e decidendo cosa preparare per pranzo.
E' così che ci ritroviamo, senza volerlo, a passare tutta la giornata insieme, e il mio proposito di riposarmi va a farsi friggere visto che pranziamo, guardiamo la tv, chiacchieriamo del più e del meno, e la sera giunge rapidamente, come accade di solito quando ci si trova bene.
Dopo il quarto episodio di "Friends" ci ritroviamo insonnoliti ma felici, e lo osservo mentre mangia una manciata di caramelle.
Sarebbe tutto perfetto se lui sapesse della mia storia con Leo, se mi potessi confidare con lui, invece sento qualcosa mi frena, una sorta di paura che non so definire.
Una voce continua a ripetermi che Dario non è Trudy, e non capisco perché.
Sono entrambi i miei migliori amici, diamine, perché ho paura di confessargli che esco con Leo?
Il mio flusso di pensieri viene interrotto dalla sua voce, che mi riporta bruscamente alla realtà.
"Sai, ad aprile inizierò a lavorare nella libreria di mio zio. Andrò tutti i pomeriggi, mi paga abbastanza bene, non posso rifiutare" annuncia, abbastanza allegro. Si porta su gli occhiali in modo da avvicinarli agli occhi, e mi guarda, in attesa.
"Wow, mi fa piacere per te!" esclamo, ricordando da quanto tempo fosse alla ricerca di un lavoro part-time. "Sarai il ragazzo della libreria, che figo, le clienti di tuo zio aumenteranno a dismisura" lo prendo in giro, dandogli una pacca sulla spalla e facendo l'occhiolino.
"Non mi prendere in giro!" si lamenta, ricambiando la pacca.
"Sono serissima" ribatto, prendendo una caramella e mangiandola. "Dai, veramente, devi piantarla di pensare che tu non possa essere capace di attirare uno stuolo di ragazze, non sei più un ragazzino!" esclamo, questa volta seriamente.
Udendo ciò, quasi caccia gli occhi fuori dalle orbite e spalanca la bocca, incredulo. "Da quale pulpito viene la predica! Tu sei molto più insicura di me, quando sai che penso che tu sia bellissima" ammette, sforzando di rimanere disinvolto e di non imbarazzarsi.
"Sei il mio migliore amico, non potresti dirmi il contrario" mormoro, cercando di non pensare a quel "Bellissima", una parola ormai sopravvalutata e poco usata, sostituita dai più volgari "Figa" e "Bona".
"Potrei anche non dirti nulla e basta" precisa, serio a sua volta. "Se non ti conoscessi farei di tutto per avere il tuo numero, credimi. Quando..." qui si blocca, un po' a disagio, con l'espressione di chi pensa di aver parlato troppo.
"Quando...?".
"Quando ti ho vista per la prima volta in segreteria, tre anni fa, mi hai colpito" ammette, deglutendo e guardando altrove, passandosi una mano tra i capelli.
Sorpresa, cerco di non fare la figura dell'idiota e di non rimanere a bocca aperta come una deficiente.
"Ma dai! Tre anni fa pesavo otto chili in più, avevo quegli orribili capelli corti, il volto un po' paffuto che mi faceva sembrare una bambina..." esclamo, visto che non mi piacevo affatto a causa dei chili in più che mi hanno portata a decidermi a seguire un po' di dieta e a muovermi di più per essere un po' meno in carne - non che ora abbia un corpo da modella, anzi -.
"Il tuo sguardo è sempre lo stesso, però, e mi ci ritrovai molto. Diceva chiaramente "Cavoli, ho paura, ce la farò?", e poi la gonna ti stava bene" risponde, cercando di tornare ad essere ironico.
"Indossavo una gonna?".
"Sì. Gonna di jeans, Superga e una maglia verde, se non erro".
Alquanto basita e confusa dal fatto che lui ricordi tutti questi dettagli, cerco di ricompormi.
"Rimane il fatto che tu sai che io penso che tu sia bello e che attirerai molte clienti" dico quindi, alzandomi e togliendo il dvd dal lettore cd, giusto per fare qualcosa.
"Ma sì, potrei trovarmi una ragazza nerd con cui leggere insieme mattoni come l' "Ulisse" di Joyce".
"Ecco, bravo, ti conviene! Invece io al lavoro potrei trovare solo ubriaconi..." borbotto, riponendo il dvd nella custodia.
Scherzo del destino, è proprio lì che ho conosciuto Leo, e mi verrebbe voglia di mordermi la lingua per tutte le stronzate che dico in certi casi.
Per fortuna, il discorso sembra cadere nel nulla, finché non mi risiedo sul divano e accendo la tv.
"Chissà se continuerà ad essere tutto così" dice Dario, lasciandosi sfuggire un sospiro. "Voglio dire, a novembre ti laurei...".
"...Speriamo!".
"... Ed io sarò occupato con gli ultimi esami, entrambi lavoreremo, tra due mesi termineranno i corsi del terzo anno...".
"Certo che non cambierà nulla! Basta volerlo" sussurro, sicura di me. "Anche quando saremo laureati, poi seguiremo la magistrale, e poi magari saremo disoccupati insieme. Saremo sempre noi" lo rassicuro.
"Mi fa piacere sapere che la pensi così. Ci sarò sempre per te, Lena".
"Vale lo stesso per me".
In sincrono, ci abbracciamo, e, in cuor mio, vorrei tanto sapere se è vero e cosa cambierebbe se sapesse di Leo e della mia grande bugia che gli sto dicendo, tenendogli nascosto tutto.
Lo stringo forte, sentendomi al sicuro e sperando di averlo sempre al mio fianco, perché uno come Dario non si trova facilmente e devo essere grata nell'averlo come amico.

*°*°*°*
Di nuovo in ritardo, lo so xD
Purtroppo devo ancora abituarmi ai miei nuovi orari, quindi ho deciso che pubblicherò sempre il martedì, che è l’unico giorno libero che ho :)
Comunque, passando al capitolo…  La pagina di cui si fa riferimento esiste sul serio, e credo che tutti voi conosciate le pagine spotted, visto che ne esiste anche una riguardo Efp :)
Posso garantirvi che sul serio c’è gente così cattiva che mette in giro gossip su Spotted,  e non ho dovuto inventare molto per rendere la scena in cui le ragazze entrano nell’uni e vedono gente che sghignazza con il cellulare in mano.
 
Passando a Lena… L’avete visto, le è bastato poco per sentirsi a suo agio con Leo, perché lui la sta “aiutando” ad essere sé stessa, ma, se posso darvi un consiglio, non vi abituate a niente di ciò che leggete perché potrebbe sconvolgersi tutto all’improvviso, eheh!
Nel prossimo capitolo, conosceremo Lisa, la migliore amica di Lena dai tempi del liceo, e le due si troveranno ad una festa… particolare xD
Grazie a chi segue, davvero! <3
A martedì!
Milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Penso che Penso Troppo ***


7
Capitolo 7
Image and video hosting by TinyPic

 
6 Maggio 2009
 
Io e Lisa eravamo vicino i distributori del nostro liceo, intente nel fare scorta di merendine e schifezze simili.
Mi guardai nel vetro della macchinetta, che mi restituì lo sguardo di una neo diciottenne dal volto paffuto e dal corpo un bel po' pienotto, celato da una larga maglia rossa.  
Ciò non mi impedì di prendere un Kinder Bueno: avevo bisogno di energie visto che alla quinta ora avrei avuto l'interrogazione di matematica, materia che odiavo insieme al prof, ovviamente.  
Lisa mi diede una gomitata, e quello era il nostro "segnale" quando passava qualcuno di interessante.
Mi voltai discretamente, e mi ritrovai il professori Belloni a pochi passi da noi, mentre parlava con la bidella, la signora Carmela, il pilastro del liceo “Manzoni” di Caserta.
Era un trentaduenne affascinante che insegnava educazione fisica, e, ovviamente, era circondato da uno stuolo di alunne ovunque andasse.  
"Marta mi ha detto che sabato uno del quinto l'ha visto in un bar con Carla della C" sussurrò Lisa.
"Nooo!".
"Sì, invece. Uscire con un prof così figo deve essere figo il doppio, secondo me!".
"Ma è pur sempre un prof, cioè, con che coraggio ti presenti poi in classe?" obiettai, ancora incredula per lo scoop.  
Lisa scrollò le spalle, mentre prendeva il suo Bounty e mi faceva segno di tornare in classe. "E' maggio, è lei è all'ultimo anno... E ha pure un anno in più visto che è ripetente! Da luglio potranno fare quello che vogliono".  
Annuii, senza sapere cosa dire.  
"Fatto sta che non potrei mai riuscire a gestire una situazione simile, per come sono fatta" mormorai, addentando un Kinder Bueno.
"Sei fatta male, Lè, te lo dico sempre!".
Scrollai le spalle, sapendo che non sarei mai cambiata...

°*°*°*


"Non ci credo! E'... Assurdo!".
Quando la tua migliore amica dei tempi del liceo ti dice una cosa del genere, devi sul serio preoccuparti, perchè lei conosce tutte le idiozie che hai fatto dai quattordici anni in poi, quindi significa che ti sei superata.
"Lo so, non c'è bisogno che me lo dici" replico, analizzando la faccia entusiasta e allo stesso tempo scioccata di Lisa Cortina.
Bionda, con capelli ricci che sembrano quasi una criniera umana e gli occhi nocciola spalancati, Lisa mi fissa seriamente incredula, come se le avessi detto che ho vinto un milione di euro in circostanze misteriose.
"Tu che ti vedi con un prof! E noi andremo ad un suo festino, stasera, ah!" continua ad esclamare, alzandosi dal mio letto e abbracciandomi con vigore.
Le ho appena detto di Leo, delle uscite e che ieri sera mi ha invitata ad una festa che si terrà stasera a casa sua, a cui sono invitati alcuni suoi amici che lavorano in Italia e mi ha chiesto di portare qualche amica.
Trudy non può venire perchè, essendo venerdì, ha deciso di tornare di nuovo a casa sua per stare con il suo ragazzo, quindi non ho potuto fare a meno di chiamare Lisa, visto che le altre sono tutte studentesse di Leo e non posso fidarmi ciecamente di loro.
Lei è stata sorpresa di vedere la mia chiamata, perchè ultimamente ci sentiamo solo tramite Whatsapp, telefonate e Skype visto che studia Giurisprudenza nella provincia dove siamo nate, e quando ha sentito il tutto è venuta il più in fretta possibile, così ne ho approfittato per invitarla a passare il weekend qui.  
"Non sarà un festino!" dico. "E' una festa e...".
"Ma dai! I suoi amici sono americani, e loro sanno come divertirsi!" replica Lisa, entusiasta.
"Non sono mica dei liceali...".
"Appunto. I trentenni sono i peggiori in questi casi, si sa!".
Scoppiamo entrambe a ridere, poi annuisco, facendole segno di seguirmi in cucina per mangiare qualcosa visto che è ora di pranzo. "Uscire con uno più grande è diverso, in effetti" constato, lasciandomi scappare un sorriso.
Io e Leo ci siamo visti altre numerose volte, visto che è ormai aprile e abbiamo continuato a vederci regolarmente in queste settimane.
Oltre al fatto che abbiamo passato ogni fine-uscita a pomiciare e a fare a gara a chi privava l'altra di più strati di indumenti, ho avuto modo di apprezzarlo sempre di più perchè mi fa sentire a mio agio e mi fa sentire importante, perchè mi ascolta con calma e attenzione.  
Sento di essere riuscita a credere di essere chiunque tranne la sua alunna, e la cosa mi stupisce perché, dopotutto, ci conosciamo da solo un mese.
"E ci credo, sono più bravi a letto" ridacchia la mia amica, facendomi l'occhiolino mentre si siede su una delle sedie.
Alzo gli occhi al cielo prima di perdermi in un sorrisino non da me, tra il malizioso e l'imbarazzato.  
"Non saprei visto che non siamo ancora arrivati a quel punto. Posso solo dirti che... Beh, senza maglietta è ancora più sexy" borbotto, per poi coprirmi il volto con una mano per la vergogna.
Non posso non ricordare l'ultima volta in cui ci siamo visti - due giorni fa - in cui mi sono ritrovata sul divano di casa sua senza vestito e desiderosa di sentire la sua pelle al contatto con la mia, e, se non avessi avuto il ciclo, di certo non me ne sarei fregata di fermarlo, eccitata com'ero.  
"Non ci credo!" esclama Lisa, sgranando gli occhi e battendo un pugno sul tavolo. "Non ci hai combinato ancora nulla?".
Scuoto il capo, deglutendo. "Pensa che all'inizio per me era assurdo pensare a quest'opzione. Ero così presa dal fatto che fosse un mio professore che mi sentivo decisamente fuori di senno per aver accettato di uscirci, ma poi... Vedi, mi trovo così bene con lui che spesso dimentico come stanno i fatti, quindi è già molto che io stia prendendo in considerazione l'idea di andarci a letto" spiego con cautela, sperando di essermi espressa bene perchè tutta questa situazione è così assurda che risulta difficile da spiegare a chi non conosce i fatti.  
Tuttavia, Lisa mi conosce così bene da capire subito cosa voglio dire, ed annuisce.  
"E' tipico di te, dopotutto sei sempre troppo razionale. Il fatto che lui a giugno se ne torni in America è perfetto visto che non te lo ritroverai all'esame, ma... Mica te ne starai innamorando?" chiede, analizzando il mio volto come se fosse un particolare di un quadro e con un tono alquanto apprensivo.
Scuoto il capo, sicura di me e di ciò che provo.
"No, anzi, mi sento strana proprio perchè è la prima volta che mi ritrovo ad essere attratta da qualcuno solo fisicamente. Quando non lo vedo non mi manca, non lo penso durante il giorno... E' solo che mi fa piacere stare in sua compagnia perchè mi fa sentire diversa" ammetto, dando voce ad uno dei ragionamenti che ho fatto spesso nelle ultime notti.
Così, lei sospira ed annuisce. "Meglio così" approva.  
Senza sapere cos'altro dire, così, apro il frigo per scegliere cosa cucinare per pranzo, optando per pasta con il pesto alla genovese e mozzarella e pomodori per secondo, ottenendo la sua approvazione.
"Ah, e poi oggi pomeriggio mi accompagni un po' in giro, ho urgentemente bisogno di comprare nuovi completi intimi" aggiungo dopo un po', guadagnandomi un'occhiata ammiccante da parte sua.
 
 
Dopo un pomeriggio di shopping che ci ha ricordato molto i tempi del liceo, io e Lisa ci ritroviamo davanti la porta di casa di Leo, entusiaste e incuriosite alle stesso tempo per ciò che ci aspetta.
Ci ritroveremo coinvolte in una serata noiosa con uomini altrettanto noiosi o in uno di quei festini in stile American Pie?
La risposta si svela subito, sin da quando Leo apre la porta, rivelando musica ad altissimo volume e schiamazzi di ogni tipo.
Appena lo vide, Lisa cerca di contenere il suo sguardo di apprezzamento, ed io, per sciogliere il ghiaccio, mi affretto a presentarla.  
"Lei è Lisa" dico, dopo aver salutato l'uomo con il solito bacio informale sulla guancia.
"Ciao, piacere di conoscerti!" esclama Leo, facendoci entrare e chiudendo la porta alle nostre spalle.
"Il piacere è tutto mio" risponde Lisa, senza riuscire a trattenersi, facendomi ridere.  
Leo le sorride candidamente ed io le dò un pizzicotto senza farmi vedere da lui.
"Venite pure in soggiorno" ci invita, così, mentre lo seguiamo, Lisa sussurra al mio orecchio: "Cacchio, come hai fatto a resistergli? E' da dieci e lode!".
"Piantala!" biascico, tuttavia sorridendo.
Nel giro di pochi istanti, ci ritroviamo nel caos fatto persona: ci sono circa dieci uomini sulla trentina che bevono, ridono come pazzi e flirtano con delle donne, mentre solo un paio giocano con la x-box ad un gioco di basket.
"Loro sono dei miei amici, sono qui per un convegno che è iniziato oggi..." spiega Leo, alzando la voce per farsi sentire nonostante la musica alta.  
"Non me ne presenti nessuno?" chiede Lisa, sorridendo candidamente, facendomi ridere.
Eccola, la mia antitesi! Ho sempre voluto essere diretta come lei, e, a sua volta, ha sempre fatto di tutto per aiutarmi a superare la mia timidezza, specialmente quando eravamo al liceo.
Per certi versi è molto simile a Trudy, tranne per il fatto di essere un po' meno matura e responsabile quando è necessario, ma dopotutto non ha nemmeno ventidue anni, mentre Trudy è cresciuta molto in fretta visto il divorzio dei suoi che l'ha costretta a badare ai fratelli quando sua madre lavorava.
"Volevo prima offrirti da bere" ridacchia a sua volta Leo, facendole l'occhiolino.
"Puoi fare le due cose contemporaneamente" ribatte lei.
"Ma no, solo le donne sono multitask" m'intrometto, sarcastica come mio solito.
Leo fa un verso scettico, così si avvicina al tavolo delle bibite, riempie un bicchiere di chissà cosa e afferra un suo amico per un braccio, portandolo vicino a noi.
"Ecco" dice, dando il bicchiere a Lisa. "Lui è Steve" aggiunge, indicando l'amico, un trentenne dai capelli biondi e gli occhi azzurri fin troppo vispi che gli danno l'aria di uno che è abbastanza furbo.
"Io sono Lisa!" esclama la mia amica, sorridendogli, evidentemente in segno di apprezzamento.
"E lei è Lena" aggiunge Leo, circondandomi le spalle con un braccio.
"La famosa Lena! Do you really exist?" mi prende in giro Steve, ridendo con aria divertita.
Annuisco, senza sapere cosa dire, al contrario di Lisa che, dopo avermi fatto l'occhiolino, non so come riesce a dissolversi con lui nel giro di pochi istanti.  
"E' simpatica" constata Leo, senza mollare la presa attorno alle mie spalle.
Lo guardo con aria di sfida, assottigliando le palpebre. "Di la verità, la preferisci a me".
"Ma no. Forse non sarai simpatica" - qui mi fa la linguaccia - "Ma sai essere davero hot...".
"Ah sì?".
"Sì...".
Senza dire altro, si china su di me e mi bacia, stringendomi a sè con slancio, ed io lo lascio fare, sentendo che sarebbe controproducente fermarlo visto che, dopotutto, va anche a me.
Mi piace il modo in cui mi bacia, sa essere seducente e dolce allo stesso tempo, oltre al fatto che è capace di farmi perdere il controllo in pochissimi istanti.
Rimaniamo così per non so quanto tempo, tra un bacio e l'altro e un paio di drink che, come al solito, riescono a farmi sciogliere un po' e a rendermi un po' meno lucida.  
Circa un'ora dopo, sono così presa da lui e brilla al tempo stesso che a stento realizzo di trovarmi nella sua camera, nel momento in cui lo sento chiudere la porta a chiave.
Mi bacia il collo mentre mi fa stendere sul letto, e senza alcuna esitazione riesce a posizionarsi tra le mie gambe, mentre mi libera dal top e passa a baciarmi il seno con una voluttà esagerata, che mi regala una piacevole sensazione di oblio, tanto che mi ritrovo a sbottonargli la camicia e ad accarezzargli il petto.
"I want you..." sussurra, con quella voce roca che mi fa impazzire.  
Non rispondo, ma non gli impedisco nemmeno di privarmi della minigonna e di continuare a passare la sua bocca su ogni centimetro di pelle libera da indumenti vari.
Quando vede il completo merlettato blu che ho comprato quel pomeriggio si blocca, deglutendo.
"Che... Che c'è?" sussurro, preoccupata.
Non mi sono mai ritrovata solo in intimo davanti a lui, e ho paura che la visione dei miei fianchi un po' larghi e della pancia possa avergli fatto cambiare idea.
Per tutta risposta, lui sorride e scuote il capo, avvicinando la bocca al mio orecchio. "Quel completino dovrebbe essere fuori legge..." spiega.
Mi lascio scappare una risata nervosa, ricordando che sono secoli che non mi ritrovo in una situazione simile, e, più rasserenata, per tutta risposta mi decido a ribaltare le posizioni, ritrovandomi su di lui mentre, con le mani tremanti, provo a slacciargli la cintura dei pantaloni.
Mi osserva, sorridendo maliziosamente, e ciò mi manda ancora più in tilt, perchè ho anche constatato il suo livello di eccitazione.
"Ehi, stai tranquilla..." mormora, notando le mie mani che tremano come forsennate.  
Sbuffo, arrossendo come una matta. "E' che sono secoli che non mi trovo in una situazione simile e...".
Non riesco a dire altro perchè lui si è messo a sedere e mi ha ribaciato, mentre, nel frattempo, ha afferrato le mie mani per poi guidarle con calma.
Sorrido, labbra contro labbra, e quando ha finito di aiutarmi in quell'operazione lo spingo di nuovo a stendersi, per poi stendermi a mia volta su di lui.
Mi abbraccia, accarezzandomi i capelli, come per tranquillizzarmi, poi passa al gancetto del reggiseno, esitante.
"Posso...?" chiede.
Per tutta risposta, mi metto a sedere, ritrovandomi a cavalcioni su di lui, e mi libero dell'indumento, gettandolo per aria e squadrando la sua reazione, che non si fa attendere affatto: sgrana gli occhi e avverto un cambiamento anche nel suo amico dei paesi bassi.  
"Sei stupnda" esclama, e per confermare ciò, con decisione, si tuffa letteralmente sul mio petto.  
Mi fa sentire decisamente desiderata, e ciò fa sì che il mio cervello si spenga, in modo da non fargli obiettare nulla sul fatto che non avessi premeditato di fare sesso con lui durante un festino.
Gli bacio a mia volta il collo, per poi passare al lobo dell'orecchio e ottenendo un mugolio di apprezzamento, cosa che mi fa sentire più sicura.
Quando avverto una delle sue mani che si avvicina con decisione ai miei slip per poi scostarli, non riesco a pensare ad altro che ad un: "Muoviti, non ce la faccio più...", e glielo faccio capire riuscendo a trovare il coraggio di avvicinare la mia di mano ai suoi boxer.
Li ho appena sfiorati quando una serie di urla degne di una cantante lirica mi fa sobbalzare e mi fa bruscamente tornare alla realtà, e Leo, notando il mio movimento brusco, si blocca e mi fissa.
"... MA STIAMO SCHERZANDO? QUESTO E' UN CONDOMINIO, NON UNA DISCOTECA! E' TARDI, E OLTRE LA MUSICA A PALLA DOVREI ANCHE SOPPORTARE IL SUO VOMITO SUL  MIO TAPPETINO D'INGRESSO?!" continua ad urlare quella voce femminile.
"Wh... What the fuck?!" sbotta Leo, seccato e incredulo allo stesso tempo.  
"Penso... Dovresti andare a..." inizio, ma una serie di bussate alla porta della stanza danno ufficialmente fine al nostro breve incontro che non ha avuto un epilogo.  
"Leo, Leo! Are you here? Please, come out, your neighbour is freaking out!" urla una voce maschile, senza smettere di dare pugni contro la porta.
Leo sbuffa e si porta una mano contro la fronte.  
"Just one second, Mark, I'm coming..." risponde, alquanto seccato, mentre si alza dal letto e inizia a recuperare i suoi vestiti. "Lì c'è il bagno se vuoi sistemarti, devo andare a vedere cos'è succeso" spiega, indicando la porta alla nostra destra.
Annuisco, recuperando a mia volta i miei abiti per poi entrare nell'altra stanza senza dire altro, scioccata e incredula come sono.
Mi guardo allo specchio, e noto che erano secoli che il mio riflesso non mi restituiva lo sguardo di una ragazza con i capelli sconvolti e la faccia arrossata.  
Per una volta che mi ero decisa a spingermi oltre con qualcuno che non fosse Matteo, ecco che il fato mi rompe le scatole sotto forma di una vicina seccata e rompiscatole.  
Mancava pochissimo, ormai, ci eravamo andati così vicini, e invece...
Frustrata, mi sciacquo il viso numerose volte e cerco di dare un senso ai miei capelli, per poi vestirmi rapidamente ed uscire alla ricerca di Lisa.  
La trovo seduta sul divano del soggiorno con Steve, e appena mi vede inizia a ridacchiare come una matta.
"Cosa è successo con la vicina...?" m'informo, sperando di non aver indossato il top al contrario e di avere un'espressione non troppo sconvolta.
"Un certo Josh ha esagerato con l'alcool e mentre stava uscendo con una tipa ha vomitato davanti l'appartamento della signora di fronte" sintetizza Lisa, entusiasta come se stesse raccontando un fatto eccessivamente divertente. "Tu, piuttosto? Sei particolarmente sconvolta..." osserva, facendomi l'occhiolino, facendo ridere il suo nuovo amico.  
"Ti spiego dopo" mormoro, dicendomi mentalmente che questa serata alla American Pie si sarebbe potuta concludere meglio.  
 
 
"Ma tu aspetti che io vada via per andartene a divertire con una banda di americani con la sindrome di Peter Pan?".
E' domenica pomeriggio, Trudy è appena tornata mentre Lisa sta per andarsene, ancora tutta pimpante per la serata a suo giudizio elettrizzante appena trascorsa.
"Lo sai che con me Lena si decide a sfoggiare il suo lato di bambina birichina..." ridacchia Lisa, mentre chiude la borsa contenente i vestiti usati durante il week end.
"Piantatela..." sbotto, incrociando le braccia. "E' destino che io debba fare sempre la tizia noiosa e frigida visto che quando mi decido a fare sesso con qualcuno vengo interrotta!".  
Le mie amiche ridono come delle matte, poi Trudy mi lancia un'occhiata di sbieco e sorride in un modo comprensivo.  
"Poverina.... Voglio dire, ti apprezzo molto, io avrei dato di matto dopo tutti questi mesi di astinenza".
"Infatti! Vabbè, dai, almeno sai che succederà la prossima volta che vi rivedrete" le dà man forte Lisa, facendomi l'occhiolino.
"Sì, ma... E' diverso! Voglio dire, è come se fosse programmato, mentre ieri stava per succedere spontaneamente" faccio notare loro, scrollando le spalle.  
"Ma non è il tuo ragazzo, Lena, non badare a queste cose, alla fine siete una sorta di... Trombamici, no?" mi fa notare Lisa.
"Ma no! Si dice "Amici con benefici"! Per Lena è più adatto...".
"La finite di parlare come se non fossi presente?!" sbotto, sbuffando. "Il problema è che mi mette ansia sapere che di sicuro succederà appena ci vedremo, odio queste cose, mentre ieri era una cosa spontanea".
"Oh, ma con un figo come Leo non devi farti di questi problemi!" dice la mia amica del liceo. "Ed è risaputo che pensi troppo".  
"Concordo con Lisa!" approva Trudy.
Senza sapere cosa dire, mi siedo sul mio letto, passandomi una mano tra i capelli e cercando di non pensare alla nottata passata a pensare a come mi sono sentita bene con Leo e se tutto ciò fosse giusto viste le circostanze.
Sono tornata indietro, ad essere la solita Lena che fa tutto con serietà, e pensando a questa mia nuova "versione" mi sono chiesta se fossi sul serio cambiata o se questa sia solo una fase.  
"Comunque, sono le cinque, ho il treno tra mezz'ora, è meglio se vado" dice Lisa dopo poco, facendomi riemergere dal mio stormo di pensieri.
Alzo lo sguardo, annuisco e sorrido, rialzandomi. "Mi ha fatto piacere averti qui, fammi sapere quando puoi tornare per un altro week end" dico, abbracciandola.  
"Sì, ti faccio sapere appena mi libero dall’esame di diritto penale" risponde.  
"Perfetto!".
Io e Trudy l'accompagniamo alla porta, e dopo altri diecimila saluti e promesse ci ritroviamo da sole dopo vari giorni.
Ci guardiamo, prendendo posto automaticamente dietro il tavolo della cucina, e noto che Trudy sembra un po' nervosa visto che si sta torturando una corta ciocca bionda con un dito.  
"Che c'è?" chiedo. "Tutto bene?".  
Lei annuisce prontamente e accenna uno strano sorriso. "Sì. Devo dirti una cosa, ho aspettato che Lisa se ne andasse...".
"E' successo qualcosa?" m'informo, ora un po' preoccupata.
"Sì".
"Trudy, non è normale che tu mi risponda a monosillabi, cosa...?".
"C'è stata una novità che cambierà la mia vita e quella di Davide" inizia, torturandosi le mani.
Spalanco la bocca, senza capire.
"Sì. Una novità che cambierà molto la mia vita, che mi porterà a fare scelte diverse rispetto al mio futuro e...".
"No!" sbotto, senza riuscire a controllarmi, sgranando gli occhi. "No! Sei incinta! Avrete un bambino! Oh!" esclamo subito, coprendomi la bocca. "E' una cosa...".
Trudy scoppia a ridere e scuote la mano ripetutamente, come per fermare il mio insensato flusso di energie che mi portano a dire queste sciocchezze. "No! Ma no! Non aspetto un bambino!" esclama.
Mi blocco, fissandola senza capire.  
"Ah no? E cosa...?".
"Mi ha chiesto di andare a vivere con lui, tra un anno. A Torino, dove verrà assunto dopo la laurea" spiega cautamente, questa volta fissando la mia reazione.
"Oh" dico quindi. "A Torino. Wow".
Lei fa un cenno di assenso e mi guarda, sostenendo il mio sguardo nonostante sembra le stia risultando un po' difficile.
"Lo so che pensavi che avremmo sempre vissuto qui, fino alla fine della specialistica, ma...".
"Ma no, no! E' una cosa bellissima, devi stare con Davide, avrà bisogno di te in una città nuova..." mormoro, ancora un po' sorpresa perchè sul serio credevo che io e Trudy avremmo coabitato fino alla fine dell'università, se non addirittura anche dopo.  
"Studierò lì, c'è un'ottima università di lingue, non devo nemmeno fare il test per accedere alla specialistica... Perciò parlavo di scelte differenti" continua a spiegare, mordendosi il labbro, evidenziando un po' la sua difficoltà nel dirmi quelle cose. "Credimi, anche io mi immaginavo di vivere qui dopo la triennale, di specializzarci insieme, e so che a Torino sarà tutto differente perchè dovrò iniziare di nuovo tutto daccapo, ma si tratta di Davide e...".
"Non devi giustificarti, Trudy, io farei lo stesso" la interrompo, sforzandomi di sorridere e gettandomi tra le sue braccia per stringerla a me, anche per non continuare a sostenere il suo sguardo.  
La sento stringermi di rimando e aumento la stretta, se possibile, dicendomi che d'ora in poi dovrò assaporare ogni minuto passato insieme per quando se ne andrà.  
Quando ci separiamo, siamo entrambe un po' imbarazzate, abituate come siamo a prenderci solo in giro.
"Però dovrete sposarvi qui! Non mi obbligherete a venire fin lì per la cerimonia, no?" chiedo, cercando di ironizzare.
Lei ride in un modo ancora più stridulo del solito ed annuisce con un cenno del capo. "Tanto succederà tra anni...".
"Secondo me no".
"Ma dai! E poi pensa alla tua, di vita sentimentale!".
"Mi stai forse chiedendo di pensare al nulla?".
Di nuovo, per l'ennesima volta, ci troviamo coinvolte nell'ennesimo battibecco, per non lasciarci prendere da ulteriori sentimentalismi e ammettere che, dopotutto, questi tre anni sono stati speciali proprio per il contributo che ognuno ha dato alla vita dell'altra.


*°*°*°*°

Ed eccoci qui, con uno dei miei capitoli preferiti, che danno inizio ad una parte un bel po' caotica.
La novità di Trudy non sarà facile da accettare per Lena, e, nel frattempo, la sua vita continuerà ad essere caratterizzata da numerose dinamiche che rischieranno di metterla in crisi.
Abbiamo visto cosa succede quando prova a lasciarsi andare, quindi ecco che tutti i suoi dubbi sono tornati a galla...
Lena è sempre Lena xD
Per quanto riguarda la scena un po' più "Hot" con Leo, beh, spero non faccia schifo, non sono abituata a scrivere storie con il rating arancione ^^'
Poi abbiamo conosciuto Lisa e abbiamo visto un po' com'era al Liceo insieme a Lena.

Che dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie a chi continua a seguire la storia come sempre <3

Se vi va di farmi sapere che ne pensate, sono qui ^^

A martedì,
milly92.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Lena è Cambiata? ***


8
Capitolo 8
Image and video hosting by TinyPic

8 Ottobre 2011
"Se studiassimo medicina, avrei trenta ad anatomia, ma purtroppo studiamo lingue e ciò non ci aiuterà a...".
"Lingue, hai detto bene...".
Matteo, per confermare la sua affermazione, slacciò un altro bottone della mia camicetta, per poi baciarmi un seno da sopra il reggiseno con eccessiva enfasi.
"Amore...".
"Sì?".
"Ho deciso. Cioè, mi sono decisa. Possiamo..." rivelai, con il fiatone, desiderosa di continuare a sentire le sue mani su di me e le sue carezze infinite.
Stavamo insieme da mesi, troppi mesi, a detta delle mie amiche, e in quel momento ero giunta alla conclusione che fosse inutile aspettare ancora, perchè per me Matteo era quello giusto.
Lui, un po' incredulo, mi fissò, smettendo di dedicarsi al mio petto.
"Possiamo, cioè, hai deciso...?".
"Non ha senso aspettare. Io ti amo...".
"... Lo sai che ti amo anch'io, tanto...".
"... E anche io sono stufa di bloccarci sempre, ogni volta che stiamo in pace, da soli. Voglio te, solo te" mormorai, arrossendo furiosamente.
"Anche io, amore. Ma sappi che ti avrei aspettato ancora" sussurrò lui, prima di gettarsi di nuovo addosso a me e continuando a slacciarmi la camicetta. "Ti amo da impazzire".
"Anche io, anche io!".
**********
Nuovo lunedì, nuove lezioni, nuove dosi eccessive di caffeina, solite chiacchiere con i soliti amici.
Tuttavia, questa volta c'è qualcosa di nuovo, una sorta di piccola novità: sto facendo colazione a casa di Dario, mentre di solito è lui che viene da me prima di andare a seguire le lezioni.
I suoi genitori non ci sono come al solito, visto che la loro condizione di infermieri li costringe a lasciare casa prima delle otto del mattino, e, non avendo altri figli, la casa non è ospitata da nessuno tranne noi.
Ieri sera ho mandato un sms al mio amico in cui gli chiedevo di vederci prima della lezione di Letteratura Tedesca, ma ovviamente costringerlo ad uscire di casa prima delle dieci del mattino era alquanto impossibile, per cui sono andata io da lui e gli ho anche preparato la colazione.
"Quindi... Trudy se ne va a Torino. Wow" sussurra colpito Dario, dopo che gli ho spiegato la novità del momento. E' serio, con ancora addosso i pantaloncini blu e la maglietta bianca che usa per dormire, e mi squadra insistentemente oltre il vetro dei suoi occhiali rettangolari.
"Sì. Sono felice per lei...".
"Ma...?" mi interrompe, lasciando perdere il toast che stava per mangiare.
Sospiro, iniziando a torturare con le mani un tovagliolo di carta fino al punto di ridurlo in una piccola pallina.
"Ma ho paura, ecco. Ho una brutta relazione con gli addii, se non te ne sei reso conto" spiego, sbuffando e incrociando le braccia.
"Non sarà un addio, Lena...".
"Dai, Dario, sii serio. La mia più cara amica oltre Trudy vive a nemmeno trenta chilometri da qui e ci vediamo pochissimo, figurati ora che Trudy se ne andrà così lontano! Ho paura, Dario, ho paura di non farcela senza di lei, e poi...".
"E poi?".
"E poi questo mi fa chiedere cosa sto combinando di buono, io. Non so nulla del mio futuro, so solo che se va tutto bene a novembre avrò un stupido pezzo di carta tra le mani! Se non supero il test di accesso alla magistrale? Chi verrà a vivere con me? Sarò ancora più sola? Troverò un lavoro o morirò di fame? Sono così abituata a programmare le pagine da studiare al giorno per ogni esame che vorrei poter programmare la mia vita...".
Comprendendo che ormai la sua colazione sia saltata, Dario lascia perdere il cibo e avvicina la sua sedia alla mia, in modo da trovarsi di fronte a me. Appoggia le sue mani sulle mie spalle e mi fissa negli occhi, sorridendo.
"Sbaglio o queste sono più o meno le cose che ti sei chiesta quando hai iniziato l'università?" chiede retorico. "Tante preoccupazioni e poi, puff!, hai conosciuto me, Trudy, le altre, ti sei innamorata, sei andata avanti... Sai che significa questo?".
Scuoto il capo, senza sapere cosa dire.
"Che gli imprevisti sono la cosa più bella che ci sia. Non puoi fare nulla per controllarli, non conosci la loro esistenza, eppure eccoli lì, pronti a sconvolgerti la vita e sorprenderti. Andrà tutto bene... E poi avrai sempre me, te l'ho detto mille volte" ribadisce, sul serio per la millesima volta.
Annuisco, e lui, dopo l'ennesimo sorriso, si fionda ad abbracciarmi, lasciandomi un bacio tra i capelli con una dolcezza che non gli ho mai visto esercitare.
"Gr-Grazie" biascico, ricambiando l'abbraccio e accarezzandogli la schiena.
Quando ci separiamo, ci ritroviamo per qualche istante fronte contro fronte, e la cosa mi risulta così... Strana che, non so come nè perchè, gli lascio un bacio sulla guancia, perchè sento che rimanere immobile mi avrebbe fatto sentire ancora più strana.
Sorridendo imbarazzato, si scosta e si alza dalla sedia, passandosi una mano tra i ricci ribelli.
"Allora... Vado a prepararmi, tra mezz'ora c'è lezione..." mormora.
"Sì, sì, io nel frattempo sistemo qui...".
Annuisce, per poi scomparire oltre il corridoio, e lasciandomi un po' confusa e stranita.
Ho forse sbagliato a dargli quel bacio? Perchè è cambiato improvvisamente?
Siamo amici da una vita, perchè certi comportamenti lo mettono ancora in soggezione?
Immersa nei miei pensieri, passo una decina di minuti a sistemare la cucina, finchè non mi blocco visto che non so dove riporre la ciotola da lui usata per il latte.
Così esco dalla cucina fino a bussare alla porta della sua camera.
"Entra" mi dice, così apro e me lo ritrovo davanti con indosso solo i suoi soliti jeans e calzini.
La cosa mi lascia un po' allibita perchè realizzo di averlo sempre visto completamente vestito, anche perchè non siamo mai andati al mare insieme, e quando nota che lo sto fissando fa una faccia imbarazzata.
"Eh, ho messo un paio di chili, lo so... Devo andare in palestra...".
Scuoto energicamente il capo, sforzandomi di guardarlo in viso e sentendo di star arrossendo di brutto. "Ma no, no, è che... Sono abituata a vederti vestito, scusa, cioè, non è che stai male" biascico, sentendomi decisamente stupida.
E' come se per me Dario avesse solo il suo bel carattere e i suoi occhiali, scoprire che ha un busto nudo come tutti gli altri è stato rilevante e scioccante.
"Noo, sto solo uno schifo" ironizza.
"Scemo, dai...".
"Ma sei arrossita?" ridacchia, sorpreso, forse più di me.
"Io? Eh? No, sono venuta per chiederti dove mettere la ciotola del latte..." svio subito l'argomento.
"Oh, sì" risponde, avviandosi verso la cucina.
Lo seguo, e mentre lo vedo riporre l'oggetto, noto qualche graffio sulla schiena visto che mi sta dando le spalle.
"Cosa hai fatto alla schiena?" chiedo quindi, preoccupata.
Si blocca mentre sta chiudendo l'anta del mobile, per poi terminare l'operazione e fare un cenno imbarazzato.
"Oh, quello..." sussurra, deglutendo.
Gli lancio uno sguardo interrogativo, e lui sospira, per poi scrollare le spalle. "Stavo per dirtelo... Ho fatto sesso con una, ieri" spiega. "E mi ha lasciato questi segni...".
Senza sapere cosa dico, opto per un semplice: "Oh" di comprensione.
"E' una delle studentesse Erasmus, è spagnola, la ospita un' amica di Giovanni e...".
"Non mi devi spiegazioni" gli ricordo, pensando che, quindi, entrambi abbiamo avuto un'occasione questo fine settimana e che lui è riuscito a coglierla.
"Ma no, te lo avrei detto comunque... In pratica mi ha fatto il filo per tutta la serata e...".
"Ma ti stai giustificando?" lo prendo in giro, spingendolo lievemente, e notando la sua pelle d'oca quando la mia mano sfiora la sua spalla nuda.
"No! Ti sto solo raccontando... Aspetta, vieni che nel frattempo mi metto la maglia...".
Lo seguo nella sua stanza e mi appoggio allo stipite della porta, mentre lui si affaccenda per indossare una maglia rossa e le scarpe. "Non mi ricordo nemmeno come si chiama, da una parte mi sento in colpa! Lo sai che non mi trovo a mio agio con queste... Storie... Ha passato tutta la serata a gettarsi addosso, poi mi ha chiesto di accompagnarla a casa perchè aveva dimenticato una cosa e me la sono ritrovata davanti mezza nuda" continua a spiegare.
"Vabbè, dai, ti è andata bene! Da quel che so tutti quelli dell'università pagherebbero per passare una serata con quelle spagnole" ironizzo, facendogli l'occhiolino.
"Beh, alla fine non sono nulla di che" rivela, ridacchiando.
"Addirittura!".
"Ma sì... Preferisco le italiane, sai?".
Rido, senza sapere cosa dire, perchè in un lampo mi sono ricordata di star continuando ad omettere il racconto che riguarda me, Leo e la nostra strana relazione.
Ormai ci vediamo spesso, quindi non ho più scuse per continuare a mentire, ma non me la sento affatto, ho una paura che non so descrivere, forse perchè temo il suo giudizio di sicuro negativo.
Perciò, con i sensi di colpa a mille, mi limito a tacere, sperando di zittire anche la mia coscienza.
"... Quindi, se superate la prova intercorso, all'esame porterete solo metà programma. Siete liberi di farla o meno, ma penso che vi convenga, visto che siete all'ultimo anno e di certo avrete altre decine di libri a cui badare ora che si avvicina la sessione estiva. Troverete gli argomenti da studiare sulla mia pagina personale entro oggi pomeriggio, e durante la prossima lezione farò circolare un foglio in cui dovrete scrivere il vostro nome se avete deciso di fare la prova".
Mentre la professoressa Ciarla parla, l'aula è più silenziosa del solito, perchè di sicuro tutti aspettano di ascoltare quel particolare vantaggioso che li farà decidere a sostenere la prova e a studiare per avere "mezzo" peso in meno durante la sessione estiva.
"La prova ci sarà il ventidue aprile, quindi avete un paio di settimane per prepararvi" continua la docente. "Bene, pensateci, per oggi è tutto, ci vediamo mercoledì".
Sgrano gli occhi udendo quella data, perchè il ventidue aprile è il giorno del mio compleanno e, conoscendomi, so che deciderò di fare la prova per avvantaggiarmi con lo studio.
Sospirando, ripongo la mia copia in inglese di "1984" e il quaderno di Letteratura Inglese III per poi aggregarmi al mio solito gruppetto che, ovviamente, sta commentando la decisione della professoressa.
"Avvisarci con solo due settimane di anticipo, questa è pazza!" sbotta Lucia.
"E se parlassimo con gli altri e provassimo a farla spostare di almeno una settimana?" propone Alessandra.
"Sapete com'è fiscale la Ciarla" sospiro.
Andiamo nel bar dell'università visto che è ormai ora di pranzo e abbiamo la prossima lezione alle due, e lì troviamo Germana con il suo gruppo di nuovi amici, un gruppo di nullafacenti che passano le loro giornate all'univeristà senza fare nulla e con cui ha legato molto nelle ultime settimane.
Gira voce che conoscano gli amministratori della pagina Spotted, e forse è ciò che li rende tanto interessanti ai suoi occhi.
Ci saluta distrattamente, come fa quando è con loro, e noi rispondiamo nello stesso modo, feriti dal suo ignorarci a causa di quella gente.
"Non dico che non debba avere altri amici, ma può essere loro amica anche senza ignorarci" commenta Marina, che ultimamente, essendo la sua coinquilina, si ritrova la casa invasa da quei tizi e a doverla sistemare dopo i loro festini che stanno diventando una meta attrattiva per mezza università.
Lucia annuisce, comprensiva, mentre io vado a prendere un panino per pranzare e facendomi spazio tra la solita folla che c'è al bar a quell'ora.
Noto che qualcuno mi lancia un'occhiata un po' strana, qualcuno mi fissa, ma cerco di non badarci, pensando che sia dovuto ancora alla vecchia storia degli spotted riguardo Matteo ed Elisabetta, così, nel giro di dieci minuti torno al tavolo dei miei amici che, a loro volta, mi fissano senza dire nulla.
"Cosa c'è? Ho un brufolo in faccia?" sbotto, gettando il panino sul tavolo con forza.
Quando vedo che un paio di loro reggono il telefono in mano, faccio due più due e alzo gli occhi al cielo, sconvolta. "Cos'hanno scritto, ora?".
Trudy mi passa il suo iphone e, allibita, mi ritrovo davanti ad una foto in cui, in lontananza, ci siamo io e Lisa che guardiamo dei tanga di pizzo da Tezenis.
"A quanto pare Lena si sta dando da fare dopo la rottura con Matteo. Era ora! Ma... Chi avrà il coraggio di vederla con quei cosi addosso? Chiunque tu sia, hai tutto il mio appoggio, devi essere proprio coraggioso!" recita la didascalia sotto.
Per un pelo non getto in aria il costosissimo iphone, grazie a Dario che lo salva e lo consegna alla proprietaria.
"Non sono nemmeno libera di comprare dell'intimo, ora? E poi, tutti mi hanno rotto le palle perchè non mi sono messa con qualcun'altro dopo Matteo, e ora che potrebbe sembrare il contrario mi rompono le palle, per di più in pubblico?!" urlo, infischiandomene dell'attenzione di tutti che si rivolge a me, per poi alzarmi e uscire dal bar come una furia, sforzandomi di non piangere per la rabbia.
O è stata Elisabetta o Germana, questi sono i miei unici pensieri mentre urto numerose persone che stanno andando a pranzare.
Come si fa a pubblicare simili idiozie? E perchè nessuno non mi lascia in pace?
Comprare dell'intimo non è un reato, e, nonostante fosse vero che ero da Tezenis per indossare qualcosa di decente per Leo, sarei potuto essere lì anche solo per fare shopping con un'amica.
E poi, diamine, questo è stalking! E' una cosa da denuncia!
"Fermati, Lena!".
Quando sono ormai fuori l'ateneo, vedo Trudy e Dario che mi stanno correndo incontro, urtando a loro volta numerose persone.
"Per favore, calmati" dice subito Dario, trattenendomi per il braccio e, di conseguenza, bloccandomi.
"E' una cosa orribile, lo so, ma... Per favore, ragiona. Marina ha detto che sabato sera Germana mostrava una certa foto ai suoi nuovi amici e ridevano come matti, quindi indagherà per scoprire se è stata lei. E tu sei andata lì sabato, giusto?".
"Sì... Volevo comprare qualcosa da mettere sotto il vestito per il mio compleanno" mento, visto che, conoscendo Dario, mi chiederà il motivo del mio nuovo interesse per la lingerie.
Trudy - che sa il reale motivo - mi regge il gioco e non batte ciglio. "Aiuteremo Marina nelle ricerche...".
"Che schifo. La odio!" sbotto. "Se è stata lei è un'ipocrita! Volendo potrei farmi dare da chiunque le foto che si fece scattare dal suo ex, per vendicarmi!".
"Lena, tu le sei superiore..." mormora Dario.
"Superiore un cazzo! Sono una scema, ecco cosa sono! Sono la povera Lena che non può avere una vita sua perchè tutti le stanno con il fiato sul collo! Mi sono rotta!" urlo, per poi liberarmi dalla presa di Dario. "Lasciatemi in pace, per favore..." aggiungo, per poi dare loro le spalle e dirigermi verso casa.
L'unica cosa che so è che devo contattare Leo, incontrarlo e ottenere il mio riscatto.
Circa tre ore d'ore dopo, mentre sto ricopiando gli appunti di Trudy di Filologia Germanica che mi sono persa a causa della mia "fuga", sento suonare il campanello, ma non vi bado più di tanto, perchè la mia coinquilina sa che sono ancora arrabbiata e che, per oggi, non contruibuirò alla vita domestica, se così vogliamo definirla.
Così, faccio finta di nulla e continuo a scrivere, finchè non bussano alla mia porta.
Pensando che sia la mia amica, borbotto "Avanti", per poi voltarmi e rimanere bloccata nel vedere che davanti a me non ho nient'altro che Matteo, che mi sorride cortesemente come se fossi una schiofrenica e lui uno psichiatra.
E' vestito con più cura del solito, e i suoi capelli sono ordinati, come se fossero stati pettinati con cura, come era solito farli quando uscivamo insieme.
Probabilmente la mia espressione è davvero idiota, perchè lui si guarda intorno, imbarazzato, per poi tornare a guardarmi.
"Scusa la mia irruzione. Volevo... Sapere come stavi, ecco".
Deglutisco, senza sapere cosa dire o fare, alquanto sorpresa. Ho sentito bene? Il mio ex vuole sapere come sto?
"Prego?" chiedo quindi, senza premurarmi di celare il mio scetticismo. Al momento sono così presa dal contenermi e dallo stupore che non riesco a gestire più cose contemporaneamente, come sono solita fare.
"Volevo sapere come stavi" ripete lui, senza battere ciglio. "Voglio dire, ti ho visto correre fuori dal bar e...".
"Elisabetta dov'è?" lo interrompo, dando voce al mio primo pensiero. E' così strano vederli separati, e la prima e unica volta che è successo lei mi ha invitato alla sua festa di compleanno, quindi dovrei preoccuparmi.
Lui abbassa lo sguardo, e mi fa sentire un po' vittoriosa, perchè so di avergli sferrato un colpo basso.
"Sa che sono in biblioteca..." dice spudoratamente, come se mi stesse narrando una piacevole storiella di poca importanza.
"Cosa? Casa mia non è una biblioteca, nel caso ti sfuggisse".
Già sono arrabbiata, e vederlo davanti a me, mentre ammette di star mentendo alla sua ragazza, mi fa sentire ancora più irata.
Sospira, passandosi una mano tra i capelli, e poi torna a guardarmi. "Non potevo dirle la verità, Lena...".
"Perchè? Cosa sei venuto a fare di male?" lo provoco, alzandomi di scatto e incrociando le braccia.
"Nulla! Voglio sapere come...".
"Oh, piantala! Ti ho detto che mi vedo con uno, settimane fa, e probabilmente non ci hai creduto solo perchè non me lo porto in giro per l'università come un cane al guinzaglio" - qui si morde un labbro, colpevole - "Ma ti è bastato vedere che ho comprato della lingerie su una schifosa pagina dell'università per vedere che fosse vero, e così eccoti qui. Cosa dovrei pensare?!" urlo, senza premurarmi di star facendo la parte dell'ex pazza che, probabilmente, si fa anche tanti film nella sua mente.
Tuttavia, lui mi stupisce, perchè, dopo un attimo di shock, causato probabilmente dalla mia grinta, annuisce, guardandomi negli occhi.
"Tu... Sei sempre stata mia, quindi è normale che ora mi senta un po'... Strano, nel sapere che fai sesso con altri" ammette, con la sua solita faccia da schiaffi.
"Solo perchè sei stato il mio primo non significa che mi debba rinchiudere in un convento ora che non stiamo più insieme" dico, incredula per l'assurdità del suo discorso. "Ed io non sono di nessuno. Le persone non sono oggetti, Matteo, e forse non l'hai mai capito".
"Sei diversa".
"Eh?".
"Sei diversa" ripete, continuando a fissarmi intensamente. "Sei sempre stata... Dolce, premurosa, mentre ora... Hai cacciato fuori il tuo carattere. Una parte di me vorrebbe ancora stare con te perchè ora sei intrigante, me ne sono reso conto la sera del mio compleanno".
Sbalordita al massimo, cerco di non cogliere qualche allusione piuttosto evidente, e mi limito a scrollare le spalle.
"Quando qualcuno ti ferisce, l'unica opzione che hai è reagire, altrimenti rischi di vivere nella sua ombra. E questa persona con cui mi sto vedendo mi ha aiutato a capire quanto valgo" spiego, piuttosto freddamente.
"E' una persona fortunata. Mi pento di...".
"Dovevi pentirtene prima" lo blocco, perchè so che meno ascolto e meglio è per me e per la mia salute mentale. "Prima di baciare la tua ragazza davanti a me dopo un mese dalla nostra rottura, senza nemmeno salutarmi... Hai scelto lei, stop. Ora, per favore, sei pregato di non guastarmi la festa ora che sono felice".
"Scusami, sono egoista, lo sai...".
"Certo che lo so. Avrei solo voluto saperlo prima. E sappi che se mi andrà dirò ad Elisabetta della tua visita" sbotto con finta calma, sentendo, tuttavia, un grande peso che scivola via.
Colpito ed affondato, lui annuisce, per poi salutarmi ed uscire silenziosamente.
Rimango qualche istante immobile, fissando la porta, per poi gettarmi sul letto e raggomitolarmi, sentendo in arrivo un lungo pianto, che, probabilmente, è liberatorio.
Questa sera mi sento come l'adolescente che non sono mai stata.
Avete presente quelle adolescenti ribelli, che sembrano donne vissute, trasgressive e cazzute che si vedono nei telefilm?
Io ero l'opposto.
Sono sempre stata una ragazzina che si innamorava dei personaggi dei libri, che aspettava le feste per indossare un bel vestito e le scarpe alte che mi slanciavano un po', e che massimo a mezzanotte tornava a casa, dopo una semplice - e spesso noiosa - serate tra amiche al cinema o in pizzeria.
Questa sera ho voglia di non pensare, di non essere me stessa, di osare e buttarmi, di mettermi alla prova per capire che posso essere anche qualcun'altro.
Devo capire che quello che sono lo sono perchè lo voglio e non perchè non posso essere diversa.
Ho indossato un completo intimo rosso e nero con un vestito nero, ho provato a truccarmi meglio che potevo e ho piastrato i capelli in modo che mi arrivino oltre la schiena.
In tutto questo, Trudy non ha detto una parola, sin da quando se ne è andato Matteo, e so che non lo farà.
Forse parlerà tanto, ma il suo pregio è che sa quando bisogna tacere.
La saluto mentre prendo le chiavi della macchina e, lentamente, per non cadere a causa dei tacchi, esco di casa, scendo le scale che conducono al portone d'ingresso del palazzo e raggiungo l'auto.
Accendo la radio, proprio perchè non ho voglia di pensare a nulla, e, come per sfogarmi, passo tutto il tragitto a cantare l'ultimo cd di Pink, che mi dà la carica giusta per la serata.
Arrivata, prendo un lungo respiro e parcheggio l'auto, per poi rimanere qualche istante lì, ferma, senza sapere cosa fare.
Mi guardo nello specchietto retrovisore per aggiustarmi il rossetto, sforzandomi di non piangere perchè mi sento come una Germana qualunque.
Sento comunque qualche lacrima di rabbia a causa della pessima giornata combinata ai mille pensieri che mi opprimono, e faccio del mio meglio per sopprimerla.
Ora ho carattere, stando a ciò che dice Matteo, no? Quindi devo usarlo per farmi valere, diamine!
Impedendomi di non pensare e di agire solo, mi decido a scendere, impiegando secoli per raggiungere la porta di Leo dopo aver bussato al citofono.
Quando apre la porta e mi vede, mi lancia uno sguardo che mi dà conferma di cosa succederà stasera.
Lo sappiamo entrambi, sappiamo entrambi che finiremo per concludere ciò che abbiamo lasciato in sospeso sabato, e cerco di dirmi di stare tranquilla, che lui sa come comportarsi e che mi farà sentire desiderata.
Decidendo di fare il primo passo, entro e lo saluto con un bacio, a dispetto del solito casto bacio sulla guancia che siamo soliti scambiarci per salutarci, e la cosa non gli dispiace, perchè non esita a ficcarmi la lingua in bocca e a stringermi a sè.
"Non sai quanto ho pensato di te..." mi accoglie, guardandomi negli occhi, come per imprigionarli nei miei.
"Hai pensato solo a me o anche ad altro?".
"Beh, non saprei descrivertelo, ora".
"E allora fammelo vedere".
Sul serio sono stata io a parlare?
Probabilmente sì, perchè dopo un suo sguardo malizioso e d'intesa, mi ritrovo senza giacca, adagiata contro la porta della sua camera da letto con le sue mani che prima mi accarezzano una gamba e poi si intrufolano sotto il vestito.
"Ti ho pensato anch'io" sussurro quando mi ritrovo stesa per la seconda volta sul suo letto, con lui sopra di me che è così eccitato per ciò che sta per succedere che sembra non sapere cosa fare.
"E di cosa hai pensato?".
"A questo" dico, prima di attirarlo a me, ribaciarlo e condurre una delle sue mani sul mio seno, poi su tutto il mio corpo, per poi mettermi a cavalcioni su di lui e consentirgli di slacciarmi il vestito, cosa che io non riuscirei a fare a causa delle mani che mi tremano.
Riesco sul serio a non pensare a nulla, nè alle parole di Matteo, nè a Spotted, nè a Trudy che se ne andrà, nè a Dario che è andato a letto con una straniera come sto facendo io...
Il solo pensiero di essere una sorta di ribelle, di fare qualcosa che non ho mai osato fare per mia scelta, mi fa sentire più forte e audace.
Ho sul serio cacciato fuori il mio carattere o è una fase?
Chiudo questo breve flusso di pensiero grazie al tocco di Leo, che è sul serio bravo.
Probabilmente ora è se stesso, non si sta contenendo come è solito fare per fare bella figura, e la cosa non mi dispiace, visto che sono stanca di essere circondata da gesti falsi e ipocriti.
Desiderosa di sentire la sua pelle a contatto con la mia, lo privo della camicia, poi dei pantaloni, mentre lui mi slaccia il reggiseno senza difficoltà, troppo preso dagli eventi per fermarsi a guardare il completo che ho scelto con tanta cura.
Quando non so più cosa fare, ci pensa lui a prendere in mano la situazione, a stendersi su di me, facendomi schiudere le gambe e privandomi degli slip, con meno premura e più passione, per poi rimanere nudo a sua volta.
Si china su di me, baciandomi, e chiedendomi un eccitato: "Posso...?", mentre mi lascia una scia di baci fino al collo, per poi scendere sempre più giù.
Annuisco, sforzandomi di rilassarmi, riuscendoci giusto un istante prima che le danze abbiano inizio...
Gemiti, sospiri, parole sussurrate sottovoce diventano gli abitanti della camera da letto, facendomi provare sensazioni ancora più piacevoli rispetto a quelle che ricordavo, e che sono la prova tangibile che, sul serio, Lena è cambiata, anche se, probabilmente, solo per stasera.
*°*°*°
Tadà, ecco il capitolo in cui Lena e Leo si danno una mossa, che, forse, è un po' diverso da come ve lo eravate immaginati.
Mi riferisco a tutto il processo che ha avuto luogo nella mente di Lena, che ci consente di capire cosa cavolo rappresenta per lei Leo, visto che di amore non si tratta, ma nemmeno di una cosa fisica senza fini.
Dopo un po', si è capito che lui è la sua "Via di fuga", nel senso che le ha consentito di capire che la ragazza che ha amato solo Matteo, che si ostina a fare tutti gli esami in tempo, abbastanza rigida, mai frivola che conoscono tutti, in realtà lo è perchè vuole esserlo, non perchè non potrebbe essere altrimenti.
Voglio dire, Lena finalmente ha capito di aver sempre avuto una percezione sbagliata di sè stessa, ha sempre pensato di dover vivere la sua vita così perchè non poteva essere diversamente, mentre in realtà può essere quello che vuole. Ovviamente, ciò non la porterà a chissà quale cambiamento, sarebbe assurdo: le basta sapere che la Lena che conoscono tutti è così perchè lo vuole lei.
Parlando della parte iniziale del capitolo, beh, mi è piaciuta molto scriverla, perchè fa capire quanto siano importanti Dario e Trudy per Lena.
Comunque, ho deciso che d'ora in poi pubblicherò ogni due settimane perchè sto scrivendo il capitolo 14 e a causa di numerosi impegni non ho mai molto tempo per scrivere, così pubblicando di meno non terminerò in fretta i capitoli già scritti.
Quindi... Al 5 Novembre! :D
milly92.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** V Per Vendetta ***


9v
Capitolo 9
V per Vendetta
15 Dicembre 2010
Faceva freddo, troppo freddo, e le ore di pausa tra una lezione e l'altra erano davvero una tortura visto che fuori le aule non c'era alcun riscaldamento.
Era ora di pranzo, e dopo la lezione di Letteratura Italiana ci accampammo sulle scale che conducevano al primo piano della sede dell'Università, di fronte la porta - ovviamente chiusa - che conduceva al cortile in cui c'era l'ascensore riservata agli studenti.
Estrassi un contenitore dalla borsa con dentro tonno al naturale e pomodori conditi solo con un pizzico di sale, e Dario mi guardò con rimprovero, come faceva da due settimane a quella parte all'ora di pranzo.
"Ma la vuoi finire?" sbottò, infastidito.
Alzai gli occhi al cielo e feci finta di non sentire, prendendo la forchetta di plastica che avevo avvolto in un tovagliolo.
"Se piaci a quel tizio, se gli piaci davvero così come sei, non devi perdere peso, stai bene così" continuò imperterrito.
"E' una dieta controllata, Dario! Me l'ha scritta il dietologo, dopo ho un altro contenitore con un hamburger di vitello e...".
"Ma è inutile, stai bene...".
"Smettila!" urlai, attirando l'attenzione delle altre su di me. "Mi conosco, ok? I jeans mi stanno stretti, e li ho comprati solo due mesi fa, in più non mi piaccio e ho il diritto di fare qualcosa per me, intesi? Lo faccio solo per me!".
"Dario voleva solo dirti che per lui sei carina lo stesso..." disse Trudy, cercando di calmare le acque come suo solito.
"Mi sono scocciata di essere carina e l'eterna seconda, terza o quarta... Voglio migliorarmi, ho quasi vent'anni, e non penso di dovere dare spiegazioni a nessuno" spiegai, sforzandomi di calmarmi.
"Piantatela, fa bene, voglio dire, ha lo stomaco più grande delle tette" dichiarò Germana, con il suo solito sorrisino mellifluo, facendomi arrossire di brutto e guadagnandosi una gomitata da parte di Lucia.
Forse, in quel momento Dario riuscì a capire le mie motivazioni, perchè le riservò uno sguardo di puro disprezzo e disse: "A te non succede solo perchè ce le hai troppo grosse, e, per inciso, mi digustano".
*********
Riaprire gli occhi e trovarmi in una stanza che non mi è familiare.
Non mi succedeva da tempo, in realtà, per cui mi metto a sedere e vedo Leo che dorme al mio fianco, a pancia in giù e con una mano protesa verso la direzione in cui mi trovo.
Ci impiego qualche minuto per razionalizzare il tutto, poi guardo la sveglia e vedo che sono quasi le sette.
Non so come mi sento: una parte di me è serena, un'altra cerca di reprimere i mille dubbi che mi invadono.
Sono andata a letto con un mio insegnante che non sa di esserlo, accipicchia! E non è stato affatto male, anzi.
Direi che sono sul serio riuscita a fingere fino a crederci, in questo caso, e la cosa mi stupisce alquanto, visto che riuscire a far tacere la mia coscienza e i miei mille pensieri è sul serio un'impresa.
Devo pensare che questa sia la mia esperienza più pazza dell'ultimo anno di università, tutto qui, mi dico mentre mi alzo e mi dirigo verso il bagno per darmi una sistemata, con indosso solo il completo intimo scelto la sera precedente e che ora mi dà fastidio a causa del tessuto non proprio comodo.
Mi guardo allo specchio, e vedo una Lena diversa da quella che ero fino a due anni fa.
I capelli, ormai lunghi, sono disordinati e ingestibili, il mio viso è più sottile e la pancia è nettamente inferiore al seno, anche se il fatto che ieri sera non abbia cenato contribuisce a renderla un po' meno gonfia.
Una parte di me, però, sa che dentro non cambierò mai se non mi ci metto d'impegno, perchè una taglia in meno e un viso meno paffuto non possono compiere nessun miracolo.
Ricordo che è martedì, e che Leo ha lezione alle dieci... Mi viene da sorridere al pensiero che i miei "colleghi", tra cui Germana, lo ascolteranno mentre spiega chissà cosa, come fanno tutti i professori normali, mentre lui ha passato la notte con una loro coetanea, e magari fatica a concentrarsi a causa di ciò.
Che egocentrica che sono! Per Leo non è di certo una novità fare sesso con una con cui non sta nemmeno insieme, a differenza della sottoscritta.
Quando ho finito di lavarmi, torno nella stanza e vedo che dorme ancora, così, vedendo la sua camicia su una sedia, la prendo e la indosso, sentendomi sul serio una di quelle ragazze che si vedono nei film americani nella scena che segue quella in cui lei e il tizio di turno hanno fatto sesso.
Non mi guardo nemmeno allo specchio, perchè so che mi sentirei patetica, e mi dirigo in cucina, con l'idea di preparare la colazione.
Ventiquattr'ore fa l'ho preparata per Dario, ed ora eccomi qui, nella cucina del mio professore, che mi guardo attorno come se fossi una bambina eccessivamente curiosa.
Mi basta aprire uno dei mobili per trovarmi davanti cereali, pane bianco, marmellata... E capire che io non so un cavolo di cosa Leo sia solito mangiare per colazione.
Ecco uno dei rischi che si corrono quando si passa la notte con uno che non conosci bene: farti venire una sorta di crisi isterica perchè sai com'è quella persona nuda, ma non sai cosa diamine gli piaccia per colazione!
- Pensi troppo, Lena. Piantala - mi dico, tuttavia senza esito.
E' solo che è tutto nuovo per me, tutto qui, e, grazie al mio piccolo problema che consiste nel pensare troppo, tendo ad ingigantire il tutto.
Le attrici dei film che se ne vanno in giro con indosso la camicia del loro uomo hanno un copione che dica loro cosa fare, e al momento ne vorrei uno anche io...
"Wow!".
Mi volto, sobbalzando, e mi ritrovo un Leo con addosso solo i boxer e appoggiato allo stipite della porta della cucina che mi guarda con aria di approvazione.
E' dannatamente sexy, deve essere proprio per questo che ieri non mi sono fatta alcun problema mentre mi strappava i vestiti di dosso.
Imbarazzata, mi limito a sorridere e a dire: "Buongiorno", cercando di scacciare le mie paranoie.
"Buongiorno. Pensavo te ne fossi andata...".
"No, no, volevo solo... La colazione, sai...".
Annuisce, prima di avvicinarsi e baciarmi, stringendomi a sè. "Facio io, tu siediti" dice.
Annuisco a mia volta, prendendo posto, sul serio senza sapere cosa dire o fare.
Chissà cosa pensa di me, se me la sono cavata ieri sera o ho fatto schifo...
"Sei stata... Amazing, ieri sera" dice d'un tratto lui, come se mi stesse leggendo nel pensiero e rivolgendomi un sorrisino mentre appoggia i cereali sul tavolo.
"Non devi dirmelo per forza, Leo, sul serio..." biascico, in evidente imbarazzo.
"E' la verità".
"Oh! Beh... Vale lo stesso per te" mormoro.
Mi guarda, incerto, in un modo che mi fa ridere. Gli occhi socchiusi, le sopracciglie inarcate, le labbra incurvate, gli donano l'espressione simile a quella di un bambino che non sa se credere a cosa gli stanno dicendo i genitori.
"Sul serio!".
"Ci credo, allora".
"Ci devi credere".
Ci sorridiamo, finchè lui non si china di nuovo su di me. "Ho lezione tra circa tre hours ma.... Già so che penserò di te e di quello che è successo stanotte" ammette, prima di baciarmi di nuovo, questa volta soffermandosi di più e stringendomi a sè, mentre una delle sue mani mi accarezza le gambe, con così tanta insistenza fino ad infilarsi tra di esse.
Mi sorprende, tanto che mi stacco e lui mi fissa, preoccupato. "Scusa, io...".
"No, no, è che ero solo... Non fa nulla" mormoro, baciandolo.
Pensavo avrebbe voluto spiegazioni, invece non è così, visto che, con cautela, ritorna alla sua precedente occupazione.
"Dovremmo... Farci una doccia e poi fare colasione, non... Credi?" sussurra contro il mio orecchio, mentre le sue mani continuano a vagare sotto la camicia, con una maestria tale che mi fa dimenticare tutto.
"Sì..." rispondo, deglutendo, aggrappandomi alle sue spalle, non riuscendo a pensare ad altro che al suo tocco e all'eccitazione che è in grado di scaturire in me.
In pochi secondi, senza sapere come, mi ritrovo in braccio a lui, diretta verso il bagno, con la sensazione di essere sul serio in uno di quei film...
"In pratica avete girato un film porno" commenta Trudy a pranzo, guardandomi con aria diversa dal solito.
"Niente che tu e Davide non abbiate fatto centinaia di volte" la rimbecco, mangiando un pezzo di pane.
"Sì, ma per arrivare alla doccia ci abbiamo messo un po'...".
"Invidiosa?" chiedo, ridendo.
"No, sul serio... Stai bene? Cioè, non vorrei che tutto ciò sia successo solo per farla vedere a certi idioti dopo quello che è successo ieri".
"Ma se nessuno sa e deve sapere di me e Leo! E' una cosa mia, Trudy. Avevo bisogno di sapere che sono così per scelta, non perchè non posso essere diversa" le spiego con convinzione. "E mi ci voleva, onestamente. Mi va bene così, perchè so che io e Leo siamo attratti solo fisicamente. Te lo giuro, non sono coinvolta sentimentalmente e mi ha fatto bene sentirmi desiderata da un uomo".
Trudy annuisce, sorridendo. "Mi fa piacere, allora" sentenzia e, sbalordendomi, non aggiunge altro visto che sembra impegnata esclusivamente nel terminare la pasta che ho preparato.
Venti minuti dopo, scendiamo di casa, dirette alla lezione di Letteratura Tedesca III, con il nostro solito anticipo che ci consente di fare quattro chiacchiere prima di sorbirci due ore di ininterrotte considerazioni su Goethe, autore ovviamente amato dalla dispotica Passoli, la docente che ci è capitata che sembra essere peggio di quella dell'anno precedente.
Ci accodiamo nel cortile, su una panchina vicina a quella occupata da Marina, Lucia, Alessandra e Dario, i quali stanno contemplando dei fogli.
"Cos'è?" chiedo, falsamente disinvolta, cercando di non badare alle occhiate di chi mi circonda a causa del pettegolezzo del giorno precedente.
"Ehi, stai benissimo, Lè! Questo lucidalabbra ti dona!" m'interrompe Alessandra con aria di approvazione, ignorando la mia domanda.
"Sì, sembri sul serio... Raggiante" osserva Lucia, sorridendomi.
O mi stanno prendendo in giro, o è vero che una scopata può fare miracoli, come si suol dire.
Scrollo le spalle, sorridendo. "Grazie, ragazze. Ho solo capito che non vale la pena arrabbiarsi a causa di certe persone, tutto qui" rispondo.
"Brava ma..." esordisce Marina, alzandosi e sedendosi al mio fianco, preoccupata. "Ho controllato ieri, mentre Germana era sotto la doccia e... Ha quella foto sul cellulare, è stata scattata sabato verso le diciassette" spiega.
Trudy fa un verso di disapprovazione, mentre io non mi scompongo più di tanto, sentendo che le cose stessero così. "Grazie, Mari, ti devo un favore".
Lei sorride ed io le passo un braccio attorno alle spalle per farle capire la mia gratitudine.
"E' una stronza" sentenzia Dario, che, evidentemente, sapeva già tutto insieme alle altre.
"Nulla di nuovo. So già cosa fare. Cosa sono questi fogli, comunque?" replico, facendo finta di nulla perchè sono appena passati alcuni dei nuovi amici di Germana.
"Riguardano il tirocinio" spiega Lucia, riferendosi alle ore che dobbiamo svolgere dedicandoci a qualche attività in cui mettere in pratica ciò che abbiamo studiato prima della laurea, per guadagnare sei crediti formativi.
"Oh! Io non posso farlo ancora, vero?" chiede Trudy, prendendo un foglio e squadrandolo.
"Non penso... Lo possono fare le persone a cui mancano al massimo cinque esami" risponde Alessandra.
"Che sfiga! A me ne mancano sei!" replica la mia amica, sbuffando.
"Siamo più o meno tutti sulla stessa barca..." commenta Marina, afflitta. "A me ne mancano otto, pensa!".
"Mi sa che possiamo farlo solo io, Lena e Dario" dice Lucia. "Ma io ho messo tirocinio interno, quindi collaborerò con il sito dell'università".
"Io ho messo esterno, invece" mormora Dario.
"Idem" dico, prendendo un foglio, leggendo le varie proposte e poi sgranando gli occhi. "No, impossibile! Cioè, c'è anche il mio ex liceo!" esclamo.
"Ma sei sicura?" chiede Trudy.
"Sì! Il Manzoni di Caserta! Wow!".
"Quindi potresti fare la tirocinante della tua prof d'inglese, no?" osserva Alessandra.
"Beh, sì, era una delle poche che mi stavano simpatiche...".
"Ehi, gente! Come va?".
Il nostro chiacchiericcio viene interrotto da Damiano Graziani, detto anche 'Er Playboy dai suoi amici, vista la sua convinzione di fare colpo su chiunque si rivolga a lui, ragazzi inclusi.
Lo conosciamo dal primo anno, ma ci sono periodi in cui scompare, per poi tornare puntualmente durante il secondo semestre.
"Dami, ma allora sei vivo!" lo prende in giro Dario, alzandosi e stringendogli il pugno per salutarlo con una delle solite stupide mosse che fanno i ragazzi invece di dirsi un semplice "Ciao!".
Nel vederlo, ricordo che l'ultima volta che l'ho visto è stato a febbraio, dopo l'esame di Storia della Filosofia, mentre Germana faceva la scema con lui. In effetti, è uno di quelli che l'ha respinta, da quel che so.
"Certo! Sono stato un po' in giro per la Repubblica Ceca, l'Ucrania e la Romania, mi hanno ospitato alcuni amici che ho conosciuto l'estate scorsa" spiega.
"Sei stato lì per due mesi?" chiedo, senza capire.
"No, no, tre settimane, a marzo, poi ho lavorato da mio padre, ed ora eccomi qui, pronto a far sognare le donzelle di questa triste università con la mia sola presenza" si pavoneggia, indicando sè stesso ed esibendo un sorriso che, forse, crede essere irresistibile.
Ovviamente, tutti ridiamo, sapendo di farlo gasare ancora di più e di spronarlo a raccontare qualche aneddoto divertente, reale o inventato che sia.
"Però, lo ammetto... Quella che mi è mancata di più è Lena!" esclama, sedendosi alla mia destra e lasciandomi un bacio sulla guancia.
"Ma davvero?" chiedo, ridendo.
"Certo!".
"Anche mentre eri in mezzo alle ucraine e alle rumene?".
Qui tace, e si genera un nuovo circolo di risate, interrotto solo dall'arrivo di Germana, che esclama un acuto: "Ma guarda chi è tornato!".
Si avvicina a Damiano e gli getta le braccia al collo, e lui l'allontana con una delicatezza che sembra costargli molto.
"Sei scomparso!".
"Sono stato in giro per l'Europa e ho lavorato" spiega lui.
"Ah. Potevi farti sentire!".
"Ehm...".
"Non sarebbe stato sincero comunque, perchè ha detto che sono io quella che gli è mancata di più!" m'intrometto, arrabbiata a causa della conferma che sia stata lei a inviare la foto a Spotted.
Per alimentare il tutto, appoggio la testa sulla spalla di Damiano che, prontamente, mi circonda le spalle con un braccio.
Lui evidentemente capisce che sto cercando di salvarlo dalla presenza di Germana, perchè annuisce vigorosamente.
"Sì... Sai com'è, mi piace cacciare le prede difficili, non essere cacciato" dice.
Improvvisamente livida, rossa di rabbia, Germana mi lancia un sguardo freddo per poi accennare un sorriso ipocrita.
"Si vede che manchi da molto, qui! Ormai Lena non è più una difficile, è stata spottata mentre comprava della biancheria sexy...".
"Mi fa piacere sapere che ti informi su di me, Germana, mi dai molta importanza" la blocco, sorridendo falsamente a mia volta. "Ma quella biancheria era proprio per festeggiare il ritorno di Dami... Vieni che te la mostro!" esclamo, prendendo Damiano per mano e trascinandolo fuori dal cortile, sotto lo sguardo sbalordito e scioccato di tutti, Germana in primis, che sembra aver ricevuto uno schiaffo forte sulla faccia.
Quando ci ritroviamo da soli in uno dei corridoi dell'università, lui mi fissa, senza parole. "Cosa mi sono perso?".
In effetti, vedere Lena Inverno che risponde a tono a Germana e dice di dover mostrare della biancheria sexy a qualcuno non è proprio una cosa all'ordine del giorno.
Inizio a raccontargli dei dissapori tra me e Germana che ultimamente sono aumentati, fino alla foto pubblicata su quella pagina e, alla fine, lui sorride sornione.
"Perchè sorridi?" chiedo.
"Perchè posso aiutarti".
"Come?".
Mi fa l'occhiolino, prima di prendere il cellulare e iniziare a cercare chissà cosa.
Dopo un paio di minuti, esclama un trionfante "Ecco!" e mi mostra un MMS che mi lascia alquanto basita, tanto che apro e chiudo numerose volte le palpebre.
Davanti a me, ho una foto di Germana, anzi, del suo busto nudo con una faccia che crede di essere sexy, con sotto la didascalia: "E' tutto tuo stasera, se vuoi".
Distolgo lo sguardo, nauseata, e vedo che se la sta spassando un mondo.
"Me lo inviò a febbraio, a San Valentino. Ho fatto finta di non aver ricevuto nulla con la scusa di non avere il cellulare configurato per ricevere gli MMS. Ma è una foto che invia a molti..." aggiunge, abbassando la voce.
"E come pensi di aiutarmi?".
"Inviando questa foto a questo Spotted e...".
"Non la pubblicheranno, ora esce con dei tipi che sembra conoscano gli amministratori della pagina. Ora che ci penso, penso possa essere una misura preventiva presa proprio perchè sa che avrebbe potuto fare delle figure di merda a causa di questo suo vizio di mandare roba del genere a chiunque" medito, incrociando le braccia.
"E allora la diffonderemo in un altro modo. Dammi ventiquattro ore e risolvo tutto" dice, sorridendomi.
Senza parole, gli sorrido a mia volta, per poi ricordarmi che è sempre di Damiano che stiamo parlando, e che la sua galanteria ha sempre un prezzo. Così, cercando di non risultare antipatica, dico: "Come posso ricambiare il favore?".
"L'ho sempre detto che sei troppo intelligente, capisci subito...".
"Dai, spara".
"Esci con me, stasera" dice, questa volta serio.
"Se con uscire intendi altro, ti ringrazio per il favore ma me la caverò da sola" mormoro. Conosco Damiano e le sue "Uscite", e al momento mi basta il casino con Leo, ad essere onesti.
"No, no! Una semplice uscita, promesso. Ci mangiamo una pizza, ti racconto del mio viaggio, mi aggiorni sulle novità e basta. Mi ricordi una ragazza che ho conosciuto a Praga, davvero".
Sollevo un sopracciglio con aria alquanto scettica, e lui mi guarda, serio. "Credimi, farò il bravo. Una pizza tra amici, tutto qui".
"Se così non fosse, mi sentirò autorizzata a picchiarti".
"Certo".
"Va bene, allora. Accordo fatto".
Ci stringiamo la mano, complici, per poi notare che la lezione è già iniziata da una decina di minuti.
Decidendo di giocare fino all'ultimo, così, trattengo Damiano per un braccio e lui mi guarda, senza capire.
"Non farti film mentali. Questo fa parte dell'accordo" dico, prima di chinarmi su di lui e lasciargli un rapido bacio sul collo, sporcandolo di lucidalabbra insieme ad una piccola parte del colletto della sua maglia bianca. "Voglio dire, entreremo in ritardo, e tu sei in queste condizioni... Germana ci rimarrà".
Ridendo, lui mi scompiglia i capelli con una mano, facendomi ridere a sua volta. "Nessuna sopravvive ad uno dei miei attacchi perfettamente in ordine… Ora sei credibile anche tu".
Sghignazzando, ci avviamo verso l'aula, entrando mentre la prof sta già spiegando.
Ci sediamo dietro Germana e lei, voltandosi e vedendoci così, sgrana gli occhi, per poi voltarsi di nuovo con uno scatto.
Damiano non è male, a dire la verità. Me ne sono resa conto mentre cenavamo e mi raccontava dei suoi viaggi.
Isolato dal contesto universitario, in cui cerca di pavoneggiarsi e di fare solo in cretino, guadagna molti punti, perchè in realtà ha tanto da dire, e in più ha un modo di ragionare che condivido sotto molti aspetti.
In più, sul serio ha mantenuto la promessa, visto che non ha tentato in nessun modo di gettarsi addosso.
Quando insiste per pagare il conto, mi fa ricordare della pizza che andai a mangiare con Leo a Mergellina quando successe il primo casino con Spotted che riguardava Matteo ed Elisabetta, e noto che quello che dovrebbe essere il mio insegnante non si è fatto vivo, nemmeno con un sms, ma non ci rimango male, cosa che mi sorprende.
Deve essere la prova tangibile del fatto che io non provi nulla nei suoi confronti.
"Però ora andiamo in qualche bar ed offro io" esclamo, mentre stiamo uscendo dalla pizzeria. "E non si discute!".
"Mmm, vuoi farmi ubriacare ed approfittare di me, vero?" esclama Damiano, lanciandomi una delle sue occhiate che sono tutto fuorchè seducenti.
"Mi hai scoperta, diamine!" sto al gioco, ridacchiando.
Tuttavia, la mia risata si spegne quando, una volta fuori dalla pizzeria, vedo Matteo seduto sul suo scooter, con le braccia incrociate ed un'aria alquanto arrabbiata.
Appena ci vede, si alza e si dirige verso di noi, con un modo di camminare alterato che conferma il suo stato d'animo.
E' sul serio paonazzo, la sua faccia è trasfigurata, tanto da fare quasi paura.
"E' lui il tizio che ti scopi ora?" sbotta, senza nemmeno salutare.
Incredula, sgrano gli occhi. "Ma stai fuori? Che ci fai qui, poi?".
"Ero venuto di nuovo a casa tua, e Trudy mi ha detto che non c'eri, e ci ho messo un secolo per farmi dire dove fossi, continuava a dire che non sono affari miei...".
"E la biasimi, per questo?" s'intromette Damiano, duro più che mai, fronteggiandolo. Gli ho raccontato le ultime novità che lo riguardano, e, ovviamente, non l'ha giudicato affatto bene.
"Stai zitto, stronzo!".
"Stronzo? Io sarei stronzo? E tu, allora?".
"Ragazzi, piantatela!" mi intrometto, frapponendomi tra i due che sembrano sul punto di picchiarsi lì, davanti a tutti. "Matteo, vattene, non capisco perchè tu sia qui e non m'interessa...".
"Ti voglio parlare, diamine! Devi capire delle cose, ti devo spiegare e...".
"Ancora? Matteo, smettila! Sembri un pazzo! Non puoi farti vivo solo se vieni a sapere che mi vedo con un altro, che tra parentesi non è lui! Sei un bambino, oltre che stronzo! Hai scelto Elisabetta, e ora devi pagarne le conseguenze!" urlo, infischiandomene del fatto che si sia formata una folla attorno a noi che ci sta fissando.
Trascino Damiano lontano da quell'essere insulso del mio ex, che ora se ne sta immobile nel bel mezzo del marciapiede, circondato da una folla che lo guarda come se fosse giunto il giudizio universale.
"Propongo di scrivere un bel romanzo sula tua vita sentimentale" ridacchia Trudy la mattina dopo.
Forse crede di tirarmi su visto che mi aspetta una giornataccia tra lezioni, decisioni varie e il mio turno di lavoro, ma non ci sta riuscendo affatto.
Non ho dormito, la faccia spaventosa di Matteo mi si parava davanti agli occhi appena li chiudevo, e una parte di me non fa altro che chiedersi se, sotto sotto, io sia felice per questo suo strano "Interesse" nei miei confronti.
"Che è inesistente" sbotto, dando l'ultimo morso ad un croissant al cioccolato che ho comprato strada facendo. "Comunque, oggi a Letteratura Inglese darò il mio nome alla prof, sosterrò la prova intercorso...".
"Non avevo dubbi".
"Lo faccio solo per avere qualcosa su cui concentrarmi, non per avvantaggiarmi con lo studio. Anzi, per come sono messa, ho paura di non combinare nulla durante la sessione estiva e...".
"Non avevo dubbi su questo. Ti conosco troppo bene, ormai! E comunque ti farò compagnia".
"Davvero?".
"Sì. Ci sono rimasta male nel non poter fare il tirocinio a causa di un esame e così..." spiega, scrollando le spalle.
"Ma lo potrai fare anche a settembre" le ricordo.
"Lo so, lo so, ma ci tenevo a farlo con voi".
Le sorrido, senza sapere cosa dire, così, cosa alquanto rara, rimaniamo zitte fino all'arrivo all'università, dove, fuori l'aula di letteratura, troviamo un foglio attaccato alla porta su cui c'è scritto che dobbiamo lasciare lì il nostro nominativo se vogliamo effettuare la prova intercorso.
Io e Trudy scriviamo il nostro nome e il nostro numero di matricola, per poi vedere Elisabetta che si accinge ad avvicinarsi a sua volta per firmare. Ci saluta con un sorriso, il suo solito sorriso ipocrita, e la cosa mi fa pensare che, ovviamente, lei ignori cosa sta combinando il suo ragazzo, il quale, stranamente, non è con lei al momento.
"Non sa nulla, si vede lontano un miglio" mormora la mia amica mentre entriamo in aula.
Annuisco, senza riuscire, tuttavia, a dire una parola.
"Lo sai, vero, che lui ora proverà a tornare con te?" continua lei, scrutandomi attentamente.
Esito, abbassando lo sguardo. "Ci ho pensato, ma voglio pensare che abbia un minimo di dignità e...".
"No, lui non ce l'ha la dignità, l'ha persa secoli fa. Devi solo prepararti nel caso in cui succederà".
"Lo manderò a quel paese" rispondo, sospirando.
Trudy fa un cenno di approvazione, per poi voltarsi e fare cenno agli altri di raggiungerci, visto che hanno appena finito di firmare il foglio.
La lezione inizia con mille raccomandazioni e chiarimenti riguardo la prova, e poi prosegue con l'ultima parte della spiegazione di “1984” che riempie l'aula di parole vuote che, forse, nemmeno il cinquanta per cento di noi ascolta con attenzione.
A metà lezione, tuttavia, Germana si alza di scatto e se ne va come una furia, sotto lo sguardo attonito di tutti e sbattendo rumorosamente la porta, in un modo che fa protestare la professoressa.
Mi volto verso Damiano, seduto vicino Trudy, e lui mi fa l'occhiolino. Gli lancio un'occhiata interrogativa e lui mi fa cenno di aspettare.
Strappa una parte di foglio del quaderno, scrive rapidamente qualcosa e poi me lo passa.
Ho creato un nuovo account sul forum dell'uni e ho aperto un post nella sezione "Roba da Orientale" con la sua foto ;)
Sospiro, visto che con l'umore che mi ritrovo vendicarmi di Germana è l'ultimo dei miei pensieri, al momento, così aspetto la fine delle due ore ed esco, decidendo di saltare la lezione successiva per andare a casa, iniziare a studiare e poi andare a lavoro.
"Complimenti".
Mi blocco, trovandomi davanti Germana che blocca il passaggio per uscire dall'università.
Ha le braccia incrociate, il mento alzato in segno di sfida, ma sembra a disagio visto gli occhi di tutti che si posano su di lei.
"Prego?" chiedo, sentendomi, tuttavia, uno schifo.
"Complimenti per aver postato quella foto sul forum. Potrei denunciarti, sai?".
"Ed io non potrei denunciarti per stalking vista la mia foto che hai inviato a spotted?" esclamo, decidendo di scoprire le carte, visto che non ha senso continuare a mentire.
"E' diverso, tu non sei nuda...".
"Quindi ammetti di essere stata tu!" dico, un po' trionfante.
"Immagino che ti abbia aiutato Damiano" cambia discorso lei, arrossendo.
"La colpa è anche tua che invii certe foto a chiunque. Non dovrebbe imbarazzarti, visto che quella foto ha fatto il giro della città anche senza essere stata messa on-line, mentre tu mi hai seguito di proposito e...".
"Passavo di lì, ti ho visto e ti ho fatto una foto!" spiega, sempre più rossa in viso.
"E ciò spiega che sei tu quella che mi dà più importanza, la mia è stata semplice difesa. Gli amministratori del forum la toglieranno subito visto il contenuto, mentre la mia foto rimarrà lì, su quella pagina di merda".
Lei esita un istante, poi, togliendosi una ciocca bionda dalle spalle, sospira e mi fissa.
"Io e te non siamo poi così tanto diverse, ricordalo" sbotta, prima di girarsi ed andarsene, lasciandomi lì, immobile, colpita dalla forse-verità di quelle parole.
*°*°*°
Dopo due settimane eccomi di nuovo qui, con uno dei miei capitoli preferiti.
Ormai quelli di presentazione sono finiti, siamo nel vivo della storia, e si inizia a capire che, dopotutto, il nocciolo della questione qui non è la relazione prof-alunna, bensì tutto ciò che si cela nella vita di lei, i suoi problemi nel relazionarsi con alcuni conoscenti e il fatto di non aver ancora, forse, superato qualche fatto del suo passato.
Questa è Lena, questo è il momento in cui è più vulnerabile e dovrà superarlo...
Non so cos'altro dire, lascio la parola a voi, se vi va di farmi sapere cosa ne pensate :)
Grazie a coloro che continuano a leggere e a seguire la storia <3
Aggiornerò domenica 17 perchè poi andrò una settimana a Milano e non potrò pubblicare ^^
milly92.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** I'm not a girl, not yet a woman ***


10ff
Capitolo 10

Image and video hosting by TinyPic


  Non sono una ragazza
Non c'è bisogno di proteggermi,
E' tempo che io
Impari ad affrontare tutto questo da sola.
Ho visto molto di più di quello che tu sai ora
Perciò non dirmi di chiudere gli occhi.
Non sono una ragazza ,
Non ancora una donna.
Tutto quello di cui ho bisogno è tempo,
Un momento che sia mio ...

22 Aprile 2009

"Meno tre, meno due... Meno uno e.... Auguri! E' mezzanotte! Hai diciott'anni, ah! Auguriiii!".
Lisa mi si gettò addosso, regalandomi un abbraccio alquanto soffocante, facendomi trovare in bocca una ciocca dei suoi riccissimi capelli biondi.
"Gr... Grazie, coff, coff, i capelli!" la ammonii, sciogliendo l'abbraccio e ridendo.
"Oh, ti sono andati in bocca? Scusami, una volta mi è successo mentre mi baciavo con uno, posso capire la sensazione" ridacchiò la mia amica.
"Wow, è come se avessi iniziato i miei diciotto anni con un'esperienza lesbo se la metti così" le rammentai, ottenendo come risultato un'altra serie di risatine da parte di entrambe.
Poi, Lisa si alzò e si affrettò ad aprire la confezione di candeline che aveva appoggiato sulla scrivania della mia stanza quando era venuta a casa mia, circa tre ore prima, e si affrettò ad appoggiarla sul cornetto con la nutella che aveva comprato strada facendo.
Prese un accendino e accese la candelina rosa con maestria, per poi mettere il tutto in un piattino e porgermelo.
"Su, su, facciamo pratica per domani sera, quando dovrai spegnere ben diciotto candeline in presenza di una cinquantina di persone... Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Lena, tanti auguri a teee! Esprimi un desiderio! Se posso darti un consiglio, esprimine uno che ha a che fare con due gnocchi con cui andremo in vacanza quest'estate...".
"Sei sempre la solita!" la rimbrottai, prima di sorriderle e spegnere la candelina.
Lei applaudì, entusiasta più che mai, e mi guardò in un modo strano, direi commosso e incredulo allo stesso tempo.
"Non ci credo, hai già diciotto anni! Tra tre mesi toccherà anche a me... Sembra ieri che iniziammo il liceo, che ci conoscemmo, abbiamo condiviso tutto e... Sai, ora ho un po' paura" mormorò, sedendosi al mio fianco.
"Perchè?".
"Perchè stiamo crescendo! Il liceo non durerà per sempre, tra un anno smetteremo di vederci tutti i giorni e toccherà a noi metterci in gioco, non avremo più chi sceglierà per noi, e non so come farò senza di te al mio fianco. Tu sei la prima persona che non mi ha mai deluso e che mi sopporta per quella che sono, sai? So di sembrare sempre allegra, frivola, per tutti sono "Lisa, quella che non se ne frega di nulla", ma in realtà non è così...".
Commossa da quelle parole, l'abbracciai di nuovo, per poi sorriderle con gratitudine.
"Ho sempre sognato che a diciotto anni avrei fatto una bellissima festa e avrei avuto al mio fianco un bellissimo ragazzo che era pazzo di me, ma sono contenta lo stesso perchè ho te, e di sicuro tu mi vuoi più bene di qualsiasi scemo che c'è nei paraggi...".
Lisa annuì, poi, improvvisamente, tornò la buffona di sempre.
"Non è che con queste parole mi stai facendo capire che vorresti sul serio un'esperienza lesbo, eh?".
"Scema!".

*°*°*°*

"Io vado a dormire, non ne posso più, ormai quel che è fatto è fatto" mormora Trudy, sbadigliando e chiudendo il manuale di storia letteraria con uno scatto.  
Annuisco, alzando lo sguardo dalla mia copia della dispensa della professoressa dopo circa mezz'ora, tanto che vedo il suo volto un po' sfocato. "Io sto un altro po', rivedo la parte finale della dispensa sulla Woolf e poi vado anch'io. Andrà bene, hai studiato tantissimo" la rassicuro.
Domani c'è la fatidica prova di letteratura inglese III che sta mandando in tilt tutti quelli del mio corso perchè, stando ad alcuni fuori corso, la prof boccia tantissimo ed è una vera stronza fissata su cose assurde, e la mia amica sul serio si è impegnata tantissimo, aiutandomi nel farmi trovare il quaderno pieno di schemi e sintesi quando tornavo da uno stressante turno di lavoro.
"Speriamo. Non fare tardi..." mi ammonisce lei, con un'occhiata falsamente minacciosa e lasciandomi un bacio sulla guancia.
"Tranquilla" rispondo, sorridendole mentre la vedo allontanarsi ed uscire dalla cucina.  
Guardo l'orologio, e vedo che tra venti minuti sarà il mio ventiduesimo compleanno, così mi affretto nel finire di ripetere e, quando ormai manca qualche minuto, chiudo i libri, mi alzo, mi sgranchisco un po' come se fossi un gatto particolarmente assonnato e bevo un sorso d'acqua, riflettendo sui miei ventun'anni.
Sono iniziati alla grande con un pic nic con Matteo e il concerto di Gianluca Grignani, uno dei miei cantanti preferiti, e poi hanno subito un drastico calo due mesi dopo, a causa dell'essere stata mollata.
E, in effetti, tutti i mesi che si sono susseguiti sono stati abbastanza piatti, alimentati solo da qualche buon voto e dall'adrenalina scaturita dall'aver iniziato a preparare la tesi.
Quest'ultimo mese, in effetti, ha compensato un anno privo di avvenimenti eclatanti, e di sicuro l'anno scorso in questo momento pensavo all'anno successivo come dodici mesi passati felicemente con Matteo...
Persa nelle mie considerazioni, vedo che l'orologio della cucina segna esattamente mezzanotte e, contemporaneamente, sento che qualcuno sta suonando il campanello di casa.
Stranita a causa dell'orario, così, guardo nello spioncino e vedo che non è altro che Dario.
Sorridendo, apro la porta e lo vedo che sorride a sua volta, gioioso.
"Auguriii!" esclama, abbracciandomi e dandomi un bacio sulla guancia.
"Grazie!" rispondo, sconcertata e quasi imbarazzata da tutta quella premura.
"Stavi già festeggiando con Trudy...?".
"No, no, lei sta dormendo".
Senza capire, lui mi fissa, alquanto basito. "Come? E' il tuo compleanno!".
"Penso se lo sia dimenticato, cioè, non penso che sappia che è il ventidue aprile, ha studiato così tanto per la prova che deve aver perso il conto dei giorni" gli spiego.
"Ma non è da Trudy!".
"E' da Trudy nel momento in cui ci è rimasta male per non aver potuto fare il tirocinio per un solo esame e perchè è decisa nel laurearsi a febbraio per poter andare a Torino con Davide" gli spiego pazientemente, chiudendo lentamente la porta per non far rumore.
Lui annuisce, ora comprendendo il punto della questione. "Voi ragazze siete così strane, cioè, pensate e capite mille cose, mentre noi ragazzi non comprendiamo nulla se non ci viene detto esplicitamente almeno tre volte..." ridacchia.
Rido a mia volta, facendolo accomodare sul divano. "Grazie per il pensiero, cioè, venire qui a mezzanotte in punto nonostante domani ci sia la prova...".
"Per te questo e altro" m'interrompe, improvvisamente serio, facendomi zittire, ma non riuscendoci con la mia coscienza, che in momenti come questi mi ricorda quanto io sia un'amica pessima.
Una parte di me è felice del fatto che io e Leo non ci siamo più visti dopo la nostra prima e unica notte insieme, semplicemente perchè non ho più bugie da raccontargli.
Non so cosa sia successo esattamente, so solo che non mi è dispiaciuto affatto dire a Leo che non potevo uscire con lui perchè dovevo studiare.
Mi ha cercato un paio di volte, poi, a causa dei miei rifuti, è scomparso, e la cosa non mi ha toccato più di tanto con mia enorme sorpresa.
Mi sento come se fossi diventata apatica rispetto a tutte le situazioni in cui mi sono cacciata ultimamente, e questa è una cosa rara per una come me che sa sempre alla perfezione come si sente e cosa prova in una determinata situazione.
"E questi sono per te" aggiunge il mio amico, porgendomi ben due pacchetti.
"Addirittura due regali?" esclamo, incredula.
"Apri, su" mi esorta.
Apro il più grande, circondato da un'allegra carta da regalo verde, trovandovi una copia di "The Perks of Being a Wallflower", libro che avrei voluto leggere da un anno ma che non ho mai comprato per mancanza di tempo.
Sgrano gli occhi, senza parole.  
"E' vero che ora lavoro in una libreria, ma ti giuro che l'ho pagato, anche perchè ci ho messo un mese per farlo arrivare in lingua originale, come piace a te..." spiega subito.
"Ma sei scemo? Secondo te io penserei male di te solo perchè lavori in una libreria?" lo riprendo, tuttavia contenta. "Anzi, sarei contenta di sapere che non hai speso soldi per me! Ti sarà costato molto di più per la spedizione e... Oh, non ho parole...".
"Mi basta sapere che ti piace".
"Ovvio! Grazie!" esclamo, sul serio senza parole, gettandogli le braccia al collo per sottolineare di più il concetto.
Rimaniamo così, abbracciati, con i respiri quasi in sincrono per circa un minuto, e quando ci separiamo lui mi porge il secondo pacchetto. "Questo non l'ho pagato, ma spero ti faccia piacere lo stesso" spiega.
"Tu e questa fissa con i soldi! Un amico come te è già troppo..." lo rimprovero, mentre apro il secondo pacchetto.
"Bene, perchè dovremmo stare a stretto contatto per tre settimane".
Lo guardo senza capire, per poi trovare un semplice foglio che leggo in fretta.
"Cioè..." mormoro, incredula.
"Farò il tirocinio nel tuo ex liceo con te, sì" conferma. "Ti piace l'idea?".
Il foglio dice proprio che lui farà le cento ore di tirocinio dal ventisei aprile al sedici maggio presso il liceo Manzoni di Caserta, ed è lo stesso che ho consegnato in segreteria due giorni fa.
"Certo che mi piace! Sarà una bellissima esperienza!" urlo, per poi abbassare la voce per non svegliare Trudy.
"Devo solo trovare una stanza da affittare" spiega, scrollando le spalle. "Per una volta sarò io a vivere nella tua città".
"Affittare? Ma sei scemo? Ritieniti invitato a casa Inverno, ho una camera degli ospiti che non usiamo mai!".
Questa volta tocca a lui essere incredulo, perchè sbatte numerose volte le palpebre, colto di sorpresa. "Davvero? Cioè, dai, saranno venti giorni, non voglio disturbare i tuoi...".
"Ma smettila! Io sto fuori per la maggior parte dell'anno, ai miei farà piacere avere qualcuno in più in casa oltre a mio fratello!".
"Ma almeno chiedilo, cioè...".
"Oooh, piantala e basta! Ci divertiremo! E' un bellissimo regalo di compleanno, davvero, grazie!" esclamo.
Felice, si lascia scappare un sorriso a trentadue denti, ed io non so cosa ho fatto di buono per meritare una persona come lui al mio fianco.  
 
 
 
"Ehm... Non vorrei disturbarvi ma... Tra un'ora e mezza abbiamo la prova di letteratura".
La voce squillante di Trudy mi raggiunge come da un tunnel remoto, e ci impiego qualche istante per realizzare che non sto dormendo sul mio letto, ma su una superfice diversa, una superfice che respira...
"Dormiglioni, sveglia!" continua, facendo sobbalzare sia me che ciò, anzi, chi che c'è sotto di me.  
Apro gli occhi di scatto, mi alzo, e urto contro il busto di Dario, che è scattato su a sua volta.
"Che...?" chiedo, confusa.
Vedo le sue gambe che penzolano dal divano, mentre io me ne sto distesa su di esso.  
Dario sbatte numerose volte le palpebre, prima di realizzare la situazione in cui si trova, per poi sbadigliare sonoramente.
"Ho dormito qui, sul vostro divano" constata, alzandosi e strofinandosi gli occhi.
"E Lena ha dormito su di te" ribadisce Trudy. Poi, si volta verso di me e si mette una mano sul fianco, in una posizione molto Trudyesca.
"TU!" esclama.

"Io...?".
"Sì, tu! Come hai osato lasciarmi andare a dormire mezz'ora prima della mezzanotte del tuo compleanno?!" mi accusa, puntandomi un dito contro. "Mi sono svegliata, ho visto il tuo letto intatto e ho pensato che ti fossi addormentata sui libri come tuo solito... E invece ti ho trovata addormentata su Dario. E' un passo avanti, devo ammetterlo" mi prende in giro, facendo ridacchiare il mio amico. "Ho visto la carta regalo per terra e ho capito... AUGURIIII!" urla poi, dimenticando di essere arrabbiata.
Mi abbraccia, dicendo cose del tipo "Stai invecchiando, ahahah!".
"Eri così stanca" mi giustifico.
"Ma che c'entra, ho fatto una figura...".
"Lo sappiamo che hai studiato tanto e che ti stai impegnando per laurearti in tempo e specializzarti a Torino da Davide" dice Dario, sorridendole e dicendo ciò che gli ho detto circa otto ore fa.
Trudy ricambia il sorriso, poi scuote il capo. "Non mi fai scema, 'sta cosa te l'ha detta la ventiduenne in questione" dice, risoluta, indicandomi.
Una risata serve a confermare il tutto, poi, lei prende il cellulare e ci mostra una foto che, evidentemente, ha scattato prima di svegliarci, in cui io me ne sto con il busto su Dario e lui mi stringe a sè, con le gambe penzoloni oltre il divano. "Siete carini!" esclama.
Dario sorride, mentre io, stranamente a disagio, cambio discorso con un: "Lo sai, Dario farà il tirocinio con me!".
Così, ci ritroviamo a fare tutti colazione insieme, per poi separarci visto che Dario corre a casa sua per farsi una doccia e cambiarsi, mentre noi andiamo a prepararci per la dura prova che ci attende.
 
 
A mezzogiorno e un quarto, finalmente, la tortura finisce, e mi ritrovo fuori dall'aula abbastanza soddisfatta per le risposte date, che erano fattibili e non impossibili come ci era stato detto.
Ovviamente, andiamo tutti nel bar per pranzare, e quando abbiamo preso posto dietro uno dei tavolini vedo Marina sgranare gli occhi mentre ha il cellulare davanti a sè.
"No, non dirmi che è un altro spotted, non lo reggerei proprio oggi" sbotto, provata dal non aver dormito proprio comodamente e dallo stress post prova.
Lei scuote il capo. "No! Ho appena visto su Facebook che è il tuo compleanno, oggi! Potevi dircelo, stiamo tutti fusi... Auguri!" esclama.
Si leva un sorpreso coro di "Auguri!" da parte di tutte le altre, che si risvegliano dal tipico assopimento post esame e mi rimproverano per aver taciuto, e mentre sono costretta ad alzarmi per ricevere i loro baci e i loro abbracci, vedo che di fronte a noi, vicino al bancone, c'è Elisabetta che mi sta fissando, per poi distogliere lo sguardo.  
Anche oggi è senza Matteo, che sembra essere scomparso nel nulla da quando si fece trovare fuori la pizzeria dove ero andata con Damiano.
Quest'ultimo, poi, si aggiunge a coloro che mi stanno facendo gli auguri coprendomi gli occhi con le mani e facendo una delle sue solite battute.
"Mi hai riconosciuto, ah! Si vede che ti stai facendo più saggia..." borbotta, facendomi ridere.  
"Lena, Lena..." mi chiama invece Trudy, facendosi largo tra la piccola folla che si è creata attorno a me.
"Sì?".
Mi fa cenno di seguirla, così obbedisco e la raggiungo lontano da occhi indiscreti.
"Che c'è?".
"Mi sento uno schifo...".
"Che è successo?".
"In pratica avevo promesso a Davide che avremmo passato del tempo insieme visto che non ci vediamo da una ventina di giorni, e lui sta venendo qui, ora, e...".
Facendo due più due, annuisco, comprensiva. "Non c'è problema, fallo venire e trascorrete a giornata insieme, torno a casa stasera" dico, sorridendole.
"Ma è il tuo compleanno!".
"Me ne andrò in giro, tranquilla. Non vi vedete da secoli" le ricordo.
"Allora stasera andiamo fuori a cena per festeggiare, che dici?" propone, illuminandosi.
"Certo!".
Mi sento poggiare una mano sulla spalla, e vedo che è Dario, che ci guarda sorridente. "Non è mia abitudine origliare, ma ho sentito tutto. Ho un'idea... Seguimi, Lena".
Lo guardo con aria interrogativa, senza capire, mentre lui continua a sorridere imperterrito. "Anzi, aspettami qui, ti chiamo... Capirai!" dice, facendomi l'occhiolino e fuggendo via, rischiando di andare contro i malcapitati che stanno raggiungendo ora il bar.
 
 
Mezz'ora dopo, sorpresa e felice, mi ritrovo in spiaggia, sotto il tiepido sole di aprile, mentre Dario sistema una tipica tovaglia da pic nic su uno dei tavoli del lido.
Il mare, calmo e piatto, si infrange contro la riva, con quel tipico rumore che adoro e che mi ricorda tanto le spensierate giornate estive trascorse in spiaggia negli anni precedenti.  
"Devi ancora spiegarmi come siamo finiti qui!" esclamo, tuttavia eccitata, visto che adoro la spiaggia quando è deserta e non fa troppo caldo.
"Semplice, ho preso l'auto, sono passato a prenderti e...".
"Scemo! Voglio dire, in due secondi hai pensato a...".
"Non posso svelarti i miei segreti, Lena, o sarò costretto ad ucciderti!" mi interrompe, con finta aria seria, facendomi ridere come non mai.
Lo vedo mentre mi fissa, contento, e mi si avvicina con cautela. Sorride, è contento anche lui, si vede.
"Erano secoli che non ti vedevo ridere così" mormora, quasi timidamente, come se il solo dire ciò potesse cambiare la realtà.
"E' tutto merito tuo, Dario, sul serio. Io non ti merito" ammetto, molto più seria di quanto sia necessario in una situazione simile.  
"Tu meriti di essere spensierata perchè sei forte e puoi superare tutto. Anzi, mi sembra che tu non sia più innamorata di Matteo e ciò ti rende diversa, più felice".
Annuisco, speranzosa. Mi sento libera, forse sul serio l'ho dimenticato, e cerco di non pensare al fatto che Leo abbia un ruolo in tutto questo perchè mi ha aiutato a capire che valgo qualcosa anche da sola e che non faccio pena a nessuno.  
Vedendo il mio gesto, mi abbraccia, stringendomi forte a sè e facendomi sentire sul serio calma, al sicuro, felice, mentre mi accarezza la schiena con dolcezza.  
Ricambio la stretta a mia volta, con le mie mani che gli circondano la vita e la testa nell'incavo della sua spalla.
Quando ci separiamo, rimaniamo a fissarci per chissà quanto, e avverto la sua mano sulla mia guancia destra che mi accarezza il viso.  
"Sei speciale per me" sussurra impercettibilmente, ma facendo sì che lo ascolti perfettamente.
"Anche tu" sussurro a mia volta, per poi avvertire la sua mano che mi stringe un fianco.
Batto numerose volte le palpebre, sentendo che non avrei la forza di fare nulla al momento se non stare lì, ferma, e capire cosa sta succedendo.
"Vorrei..." continua a sussurrare, per poi bloccarsi di botto, come se si fosse ammutito.
"Cosa?".
"Nulla, è una cosa stupida". Ritira le mani che aveva poggiato su di me e fa un'espressione di circostanza, per poi sedersi a tavola e passarsi una mano sul volto, come accade a chi sta passando un guaio.
"Se si tratta di te non può essere una cosa stupida" gli ricordo, sedendomi di fronte a lui con cautela, ancora un po' stordita dalla sensazione di prima.  
Scuote il capo, come un cagnolino che cerca di liberarsi dall'acqua dopo un terribile temporale. "E invece sì".
"Si può sapere cosa...?".
"Eri così bella al sole che avrei voluto baciarti. Deve essere colpa del pensiero che, dopotutto, stanotte hai dormito su di me" dice rapidamente, abbassando lo sguardo.
"Detto così suona male. Che ho dormito su di te" mi correggo, cercando di divagare, scioccata per la sua prima affermazione.  
Lui, baciarmi? Ma se siamo amici!
Mi sembra quasi di vedere una Trudy di dimensioni minuscole che svolazza per la spiaggia mente urla "Lo dicevo io, lo dicevo!", e la cosa mi fa sentire uno strano caos nello stomaco.
"Ma comunque non c'è nulla di male, cioè, siamo amici, ma rimaniamo sempre persone di due sessi che si attraggono" continuo a blaterare, cercando di riempire il pietoso silenzio vuoto che si è originato.
"Scusami, davvero...".
"Ma no, cioè, ci sono amici che fanno sesso, figurati, cioè, un bacio...". Non riesco a smettere di parlare e dire stronzate, chiaro segno del fatto che la cosa mi abbia scossa.
"Non ti sto chiedendo nulla, Lena, lo sapevo che dovevo tacere" dice, quasi rimproverandomi e rosso più che mai, specialmente in zona orecchie.
"No, no, hai fatto bene, voglio dire, che fa! Non è nulla, nulla, gli americani si baciano sulla bocca per salutarsi...".
"Lena, calmati e pranziamo".
Imbarazzata e ormai fusa, mi alzo e mi ci avvicino, non capendoci più nulla.  
Dario voleva baciarmi, ma non significa nulla, siamo solo stati troppo a contatto ultimamente, tutto qui, mi dico, mentre blocco il suo viso, in preda ad un'assurda agitazione. "Non è successo nulla, guarda, posso tranquillamente darti un bacio come gli americani" esclamo, senza sapere cosa diamine stia facendo per davvero.
E' come se una parte di me sia stata smossa, scrollata, turbata da queste parole e un'altra volesse riparare il tutto in un modo assurdo come porre fine alla questione baciandolo sul serio, in modo da far sì che questa "voglia" sia messa a tacere per non comparire più in futuro.
Mi avvicino al suo volto con poca grazia, e probabilmente sono rossa come lui.
Tuttavia, quando mi mancano pochi centimentri per raggungere la sua bocca, lui mi respinge, scuotendo il capo, e io sgrano gli occhi, colpita e confusa come non mai.
"Non deve succedere così" sentenzia.
"Cosa...?".
"Cioè, siamo amici, non ha senso e... Non parliamone più, sul serio! Basta, voglio indietro la solita Lena" dichiara, tenendosi a distanza di sicurezza da me. "Sono così abituato a dirti tutto che ti ho detto anche questo. Ci facciamo un giro sulla spiaggia prima di pranzare?" propone poi, cambiando repentinamente argomento e sforzandosi di sorridere come se nulla fosse.
Ancora in stato confusionale, annuisco, seguendolo, e iniziamo a camminare a qualche centimetro di distanza, ognuno perso nei propri pensieri.  
 
 
"Vai a casa e cambiati, Davide offre la cena a tutti in pizzeria per scusarsi. Porta anche Dario!"
Sono ormai le otto quando leggo l'sms di Trudy, mentre sono in macchina con Dario, sulla strada che ci condurrà a casa.
Per il resto del pomeriggio siamo tornati quelli di sempre, abbiamo costruito strane sculture di sabbia e ci siamo fatti il bagno, e ormai sembra che il piccolo inconveniente del non-bacio sia solo un ricordo molto vecchio e di dubbia verità, come una leggenda.
Lo informo dell'sms, così parcheggia fuori casa e mi accompagna sopra, dove ho intenzione di indossare l'abito color pesca che ho comprato per questo giorno circa un mese fa, in occasione dei saldi.
"Ci metterò poco, promesso" dico, mentre infilo la chiave dentro la serratura.
"Fai con calma, è il tuo compleanno" mi ricorda lui, scrollando le spalle.
Quando entro in casa, avvolta dal buio, sento qualche rumore impercettibile, tanto che mi blocco, tremante.
"Dario, hai sentit..." esclamo, afferrandolo per il polso, impaurita.
Ci mancano solo i ladri e questo compleanno entrerà nella lista di quelli memorabili!
"SORPRESA!" sento invece.
Le luci si accendono all'improvviso, e mi ritrovo nel soggiorno di casa mia che è decisamente addobbato a festa, con un enorme striscione di auguri, il tavolo colmo di dolci e rustici e i miei amici che acclamano il mio nome, battendo le mani.
Sul serio sorpresa e colpita, vedo Trudy che mi corre incontro per poi stritolarmi in un abbraccio, mentre Davide, al suo fianco, sorride bonario.
"Possibile che tu non abbia ancora capito com'è fatta Trudy? Secondo te mi avrebbe permesso di rovinarti il compleanno?" chiede retorico, prima di abbracciarmi a sua volta.
"Non ci credo!" dico solo, a causa della momentanea mancanza di parole intelligenti da dire. Nessuno mi aveva mai organizzato una festa a sorpresa, accidenti!
"Sono stato bravo nel distrarla, vero?" si intromette Dario, indicando fieramente il suo petto con l'indice, in perfetto stile Damiano.
"Perfetto! Era tutto organizzato, e ci hai creduto! Potrei arrabbiarmi!" esclama la mia coinquilina, ridendo come una matta.
"E' che ami troppo questo scemo falso-rovinacompleanni" la rimbrotto, facendole la linguaccia, per poi venire sommersa dalle mie amiche di corso, Damiano, e altri visi noti dell'università.
"Non ho parole, grazie, davvero" mormoro quando mi libero dall'ennesimo abbraccio, sorridendo.
"Te lo meriti dopo che ce lo siamo dimenticati per la prova" spiega Lucia.
"Infatti!" concorda Alessandra.
"Germana ti fa tanti auguri, è uscita con uno" dice Marina, senza sorprendermi affatto, visto che nelle ultime due settimane a stento ci siamo salutate.
Annuisco, poi Trudy mi trascina in un angolo della stanza, dove vedo un grande bouquet di rose rosse sistemato in un vaso.
"E' arrivato oggi, mentre organizzavo tutto" spiega, indicandomi un bigliettino.
Lo apro, curiosa, strappando quasi la busta che lo contiene.

Ventidue rose per i tuoi ventidue anni, che spero saranno magnifici come lo sei tu.
Sei fantastica, sappilo.
 
Nessuna firma, nessun nome, nessuna indicazione. E' scritto a computer, quindi non posso nemmeno basarmi sulla grafia per provare a capire chi sia il mittente.
Aggrotto le sopracciglia, pensierosa.  
"Non può essere Leo...?" sussurra la mia amica, mimando quasi il suo nome.
"Non gli ho mai detto quando sono nata" spiego. "Ma se non è lui...".
Trudy mi guarda in maniera eloquente, ma io faccio finta di non capire, visto che non voglio rovinarmi la serata in nessun modo e ho avuto fin troppe sorprese per oggi.
"Dopo gli mando un sms e vedo" dico quindi, scrollando le spalle per farle capire che per ora la questione è sospesa.
Lei annuisce e, senza aggiungere altro, mi trascina in camera mia, dove trovo l'abito pesca poggiato sul letto, perfettamente stirato.
Le sorrido, grata, e senza dire altro la abbraccio per ringraziarla per tutto, non solo per la festa, bensì per il modo in cui mi sta supportando e sopportando.
Quando torno tra gli invitati, vestita, pettinata e truccata alla bell'e meglio visto il tempo limitato, Damiano fa partire una musica dolce e lenta, che riconosco essere "I am not a girl, non yet a woman" di Britney Spears.
"Con chi ballerà la festeggiata?" chiede lui, mentre varie ragazze iniziano a ballare un lento con i ragazzi.
Ridendo, Davide mi si avvicina, facendo la linguaccia a Trudy, porgendomi la mano.
Rido a mia volta, e lancio un'occhiata a quest'ultima. "Non te lo rubo, dai" dico infine, spostandomi e facendo in modo che loro due inizino a ballare.
Qualcuno alle mie spalle mi afferra una mano, mi giro e vedo Dario che mi sorride, esitante.
"Balli con me?" chiede.
Annuisco, allacciando le braccia attorno al suo collo e guardandolo negli occhi. "Grazie per aver contribuito alla sorpresa, avrei dovuto capire che fosse tutto progettato".
"Non era tutto progettato".
"Eh?".
"Cioè, lo era quasi tutto... Ma la questione del bacio era vera, se te lo stai chiedendo" ammette, abbassando lo sguardo.
"Ma no, cioè, l'avevo già dimenticato, figurati..." borbotto, per poi appoggiarmi contro la sua spalla per non dover più vedere la sua faccia imbarazzata.
Lo sento aumentare la presa attorno ai fianchi, e cerco di non pensare a nulla, perchè so che tendo sempre ad ingigantire ogni cosa quando inizio a rimuginarci su e non voglio che ciò accada con Dario.
Rimaniamo così, in silenzio, e quando finisce la canzone ci separiamo senza guardarci, sapendo che una sola occhiata potrebbe danneggiare lo strano equilibrio in cui ci troviamo ora.
"Ora però balli con me!" esclama Damiano, porgendomi un bicchiere contenente chissà cosa e rifilandomi il suo sorriso smagliante.
Presa da una strana idea, invece di rispondere, dico: "Per caso sei stato tu ad inviarmi delle rose, oggi?" per poi pentirmene all'istante.
Che figura! Un ragazzo non può essere gentile che subito traggo conclusione affrettate...
Confuso, lui scuote il capo. "Perchè, hai ricevuto dei fiori...?".
"Anonimi, sì" ammetto. "Scusami, sono stata una sciocca a chiedertelo".
"Perchè? Dai, sono gentile ultimamente con te, è normale".
Gli sorrido, con un cenno affermativo. "Dai, balliamo!".
Così, ci perdiamo nella musica, mentre la serata procede tra qualche risata e la consapevolezza che, forse, ora non ho più scuse per rifugiarmi e non affrontare la vita... Non posso più dire "Non sono una ragazza, non ancora una donna" al contrario di Britney Spears, ormai sono sul serio una donna, non più una ragazzina, e questo mi fa tanta, tanta paura.
 
 
*°*°*°*

Salveeee, buona domenica a tutti :D
Come state? ^_^
Io sono nella cacca più totale visto che sono ferma al capitolo 14 da un bel po', ma non pensiamoci e passiamo al capitolo xD
La situazione ormai è sempre più strana, concordate?
Lena e Leo non si vedono da due settimane, Dario inizia a non riuscire a tenersi tutto dentro (dai, s'è capito perfettamente quello prova, che dite?), Matteo prima fa l'idiota e poi si dissolve nel nulla... E Lena passa un compleanno alquanto strano, tra prove intercorso, una giornata al mare, una festa a sorpresa e fiori anonimi.
Se è vero che i suoi ventun'anni sono stati piatti, i ventidue iniziano in maniera abbastanza esplosiva.
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto, aggiornerò il 1 dicembre :D
Se vi va, torno a linkarvi il gruppo su facebook dove metto anticipazioni e avvisi vari: https://www.facebook.com/groups/468964983146566/
A presto!
milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Only know you love her when you let her go ***


11ds
Con grande gioia ho visto che siete aumentati di parecchio... Grazie, era quello che mi ci voleva per sentirmi più motivata :)
Come sempre, vi lascio il link del gruppo facebook in cui metto anticipazioni e cose simili ^^:
https://www.facebook.com/groups/468964983146566/
Buona lettura! :D

Image and video hosting by TinyPic
Maybe one day you’ll understand why 
Everything you touch surely dies 
But you only need the light when its burning low 
Only miss the sun when it starts to snow 
Only know you love her when you let her go 
Only know you’ve been high when you’re feeling low..
["Let her go", Passenger]

20 febbraio 2011
"Ma... Ma sono bellissime!".
Senza fiato, mi persi nella contemplazione del bouquet di rose rosse che mio padre mi aveva portato quel freddo venti febbraio.
Casa mia era fredda a causa del riscaldamento che io e Trudy non potevamo permetterci, ma quel mazzo di fiori sembrò donare calore a tutto l'ambiente.
Mio padre, Antonio Inverno, mi sorrise e mi strinse a sè con affetto, baciandomi la fronte.
"Te le meriti, i primi due esami sono andati benissimo e ho capito che ho fatto bene a darti fiducia, sei in grado di gestire la tua vita, qui, da sola" spiegò.
"Quindi queste rose sono per gli esami andati bene?".
"Anche... Più che altro non sapevo cosa regalarti, e ho pensato a quando regalavo dei fiori a tua madre ogni volta che tornavo per un po' a casa durante il servizio militare, per farle capire quanto mi fosse mancata...".
"Quindi ti manco?" chiesi, sorridendo, con aria furba.
"Tanto... Ci manca averti tra i piedi! Ora però torni per un po'? Hai detto a mamma che hai una decina di giorni liberi prima dell'inizio del secondo semestre...".
Deglutii, senza sapere cosa dire. Avevo promesso a Matteo che avremmo passato quei giorni di pausa insieme, durante i quali saremmo andati a Roma per un weekend, e non sapevo come dirglielo. Dopotutto, un padre è sempre un padre, e sapere che non tornerai a casa a causa di un ragazzo non è semplice da accettare.
Tuttavia, come sempre, lui capii tutto dopo mezzo sguardo e sospirò, come sospirò la prima volta che seppe che avevo comprato un reggiseno.
"Ho capito, c'entra quel ragazzo, tua madre me ne ha parlato. Io...".
"Papà...".
"Fai la brava, e fatti rispettare! Non farti mettere i piedi in testa, se vengo a sapere che ti tratta male gli spacco...".
"Papà, è tutto ok, Matteo mi vuole bene" sussurrai, sempre un po'imbarazzata visto l'argomento.
"Non mi piace il suo nome, uno scemo che corteggiava tua madre si chiamava così" borbottò, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni per evitare di iniziare a gesticolare come è solito fare quando è nervoso.
"L'importante è che ora mamma stia con te, no?" gli ricordai, cercando di sviare la conversazione. "Dai, vieni, andiamo a mangiare una bella pizza!".
"Con me non attacca, non sono come gli altri papà che davanti alla prospettiva di un bel pranzo si dimenticano tutto! Però, pensandoci, puoi parlarmi di 'sto scemo davanti una bella Capricciosa...".
Risi di cuore e annuì, stampandogli un bacio sulla guancia per poi prendere il mio cappotto.
Adoravo papà, e sentivo che, nonostante Matteo, era l'uomo che avrebbe avuto sempre la precedenza nel mio cuore.

*°*°*°*


"Ciao Leo! Come va? Mi dispiace essere scomparsa a causa dello studio... Ieri però mi sono liberata, per fortuna!".

"Tranquilla, me lo avevi detto... Quando vuoi ci vediamo!".

"Certo! Tra poco ho anche il tirocinio, quindi non saprei... Comunque, volevo chiederti se per caso sei stato tu a mandarmi delle rose rosse ieri per il mio compleanno, erano anonime e sto cercando di scoprire il mittente".

"Era il tuo compleanno? Damn! Perchè non me lo hai detto?! Non lo sapevo, altrimenti te le avrei mandate sul serio... Sono mortificato! Tanti auguri anche se in ritardo! Xoxo".

"Tranquillo, è colpa mia che non te l'ho detto... Grazie! A presto XoXo".

"Non è stato lui" sospiro, poggiando il telefono sul tavolo della cucina con aria sconsolata e afferrando un croissant alla crema che Davide ha gentilmente comprato per colazione.
E' ormai una sorta di tradizione quello che lo fa sentire in dovere di viziarci con qualcosa di buono da mangiare ogni volta che si ferma a dormire a casa nostra.
"Io comunque sono ancora sconvolto dal fatto che tu abbia una storia con il tuo prof" risponde lui, fissandomi, sornione, per poi farmi un occhiolino ammiccante mentre dà un morso al suo cornetto.
"Taci, lo sapete solo tu, Trudy e una mia amica" gli ricordo, minacciosa.
Il doverlo dire mi costa molto, perchè ora che mi sono allontanata da Leo mi fa sentire peggio, come se avessi creato questo circolo di bugie e segreti per nulla.
Sul serio, è come se questo anno in più mi faccia vedere le cose con una prospettiva diversa e mi faccia sentire autorizzata a rimproverarmi per il caos che ho creato.
"Fatto sta che questo anonimo prima o poi si farà vivo" mi rassicura Davide, con il suo solito tono calmo e rilassante che contrasta alla perfezione con quello squillante della sua ragazza.
Alzo le spalle, non molto convinta, e mi lascio sfuggire uno sbadiglio che si prolunga più del solito vista la stanchezza.
Ieri la festa è finita alle tre, e ora è quasi mezzogiorno; abbiamo deciso di prenderci un giorno di ferie dalle lezioni di comune accordo visto che dopo la prova e la festa non avremmo avuto le forze necessarie per affrontare sei ore di lezione.
Trudy entra in cucina, ancora con i capelli bagnati a causa dello shampoo, e subito mi guarda con aria interrogativa.
"Non è stato Leo" dico subito.
Lei annuisce, con aria grave, poi fa per aprire bocca e, cosa rarissima, la richiude.
"Se è un anonimo resterà anonimo, no?" mormoro. "O forse è Germana che vuole farmi uno scherzo" aggiungo, visto che stanotte, tra il sonno e la veglia, ho pensato anche a questa possibile opzione.
"Germana non spenderebbe tutti quei soldi in fiori per te" ragiona Trudy.
"Forse li ha pagati facendosi il fioraio" ridacchia di gusto Davide, smettendo subito a causa di un'occhiataccia della sua ragazza, che lo interrompe con un: "Il punto è: i fiori esprimono sempre qualcosa, Lena, e quella composizione è stupenda, è stata fatta con cura".
"Sì, ma che senso ha sprecarsi così tanto se si rimane anonimi?" sbotto, animata più che mai.
"Si fanno sempre cose così stupide quando ci interessa qualcuno, no?".
"Gli stupidi li becco tutti io..." dico in risposta, per poi finire di mangiare il cornetto. "Dopo ti aggiorno su... Dario" aggiungo, lentamente,sentendo che Trudy non mi perdonerebbe mai se non gli raccontassi la breve vicenda avvenuta sulla spiaggia.
Lei mi sorride dolcemente e si siede di fronte a me, tamponandosi i corti capelli biondi con l'asciugamano con una calma quasi nauseante.
"So già tutto" risponde.
"Cosa?!".
"Me lo ha detto ieri, mentre ti scolavi chissà cosa con Damiano. Gli ho detto che mi sembrava pensieroso e mi ha detto che si sentiva uno stupido per quello che ti aveva detto".
"Ah. E...?".
"E non dirò nulla, sai come la penso e odio ripetermi. Ultimamente sei te stessa, senza i miei consigli, e preferisco che le cose continuino così, ti fa bene" dice categorica, per poi rialzarsi e annunciare che va ad asciugare i capelli.
Scioccata, visto che nella mia mente la reazione della mia amica sarebbe stata decisamente differente, decido di affogare la mia confusione in un secondo croissant, sapendo già che presto me ne pentirò.
"Che cosa?!" urlo, sconvolta. Di sicuro tutto il vicinato mi ha ascoltato, a causa del tono della mia voce alquanto squillante che mi fa sembrare la sorella gemella di Trudy.
Marina e Lucia annuiscono tacitamente, mentre io, senza farci caso, faccio cadere per terra un bicchiere di vetro ormai vuoto che per fortuna cade sul tappeto che riveste il soggiorno della casa di Marina e Germana e non si rompe.
Lucia e Marina hanno deciso di seguire l'ultimo corso, quello dopo pranzo, e mi hanno mandato un sms in cui dicevano di avere una scottante novità.
"Si sono lasciati?" continuo, battendo numerose volte le palpebre.
"Sì. Lui è tornato all'università, hanno seguito le lezioni separati, camminavano per i corridoi con i loro amici, e abbiamo sentito Elisabetta che ne parlava con delle amiche a Filologia" spiega cautamente Lucia, scrutando la mia reazione, che consiste nel voltarmi verso Trudy, che tace.
"E' stato lui, no?" dice poi, riferendosi ai fiori. "Lo pensavo da ieri, ma a questo punto...".
"E' così idiota?" sbotto, alzando gli occhi al cielo.
"Sì. E' un idiota che perde la testa appena pensa che tu ti veda con un altro" sentenzia Alessandra.
Io non dico nulla, troppo presa dal caos che sento dentro di me, nella testa, nello stomaco, sul mio viso.
Nella mia mente, Matteo ed Elisabetta non si sarebbero mai lasciati perchè lui l'adora, quindi mi ero rassegnata a vederli insieme, anzi, mi ci ero abituata, ed ora ecco che è crollato tutto, come se nulla fosse.
Perchè diamine una parte di me è felice? Solo ventiquattr'ore fa ho detto a Dario che probabilmente non amavo più Matteo, diamine! Ne ero convinta, eppure non sono indifferente alla notizia.
La figura un po' giunonica di Germana spunta nella stanza, ma non le bado, presa come sono dallo shock.
Regge in mano una tazza di caffè, e si siede di fronte a me mentre beve un sorso, apparentemente placida e tranquilla.
"Erano in crisi da settimane, lui le ha chiesto una pausa di riflessione e ora si sono mollati" mi informa, stranamente seria e comprensiva, senza nemmeno l'ombra del suo solito sorrisino di schermo.
Fuori di me come sono, le presto la massima attenzione, senza pensare che, forse, di lei non dovrei fidarmi.
"Chi ha lasciato chi?" chiedo, torturando con le mani il povero bicchiere scampato al pericolo di rottura poco fa.
Come vorrei essere come lui, che è uscito illeso da un simile urto...
"Non si sa, la questione è ancora top secret. Senza offesa, ma nel caso fosse stato lui a mollare lei, Elisabetta non sarebbe ingenua come te nel farlo sapere subito" mi risponde.
"Certo, non lo metto in dubbio" sospiro amaramente, passandomi una mano tra i capelli.
"Lena, questo non deve condizionarti, stai calma" sussurra Trudy, accarezzandomi un braccio, premurosa.
Eppure, non ci riesco. Mille immagini si accavallano nella mia mente e mi sento trascinata indietro di quasi un anno.
La consapevolezza di essere ormai una donna adulta che deve affrontare di petto tutte le difficoltà non mi serve a nulla, sono di nuovo una ventudenne fragile che è appena stata mollata dallo scemo di turno.
"Ragazze, io vado a casa" dico quindi, repentinamente, afferrando la borsa e alzandomi con uno scatto rapidissimo.
Loro non dicono nulla, non chiedono nulla, si limitano ad annuire ed esco dalla stanza sotto il loro sguardo dispiaciuto e comprensivo, mentre Marina mi accompagna alla porta, premurosa.
"Se vuoi faccio rimanere Trudy qui per cena, così puoi startene in pace per un po'" si offre volontaria, con un sorriso materno stampato in volto.
Annuisco, ancora stordita, sentendo la testa che mi gira un po'. "Sì, grazie. Scusami con le altre, è che...".
"Tranquilla, abbiamo capito tutto" mi blocca. "Stai calma e rifletti, ok?".
"Sì, sì certo... Ciao" la saluto, iniziando a correre per le scale che mi conducono al portone d'ingresso del palazzo.
Cammino a passo veloce, attraversando Spaccanapoli con rapidità, rischiando quasi di essere investita da un motorino e attirando l'attenzione di un po' di gente.
Non vi bado, perchè sono arrabbiata con me stessa, perchè non sono riuscita ad essere indifferente ad una notizia del genere.
Tutto ciò che credevo è quasi crollato del tutto, e mi odio per questo.
L'avrà lasciato lei o lui? E perchè? Dov'era Matteo in queste settimane, durante quella stupida pausa di riflessione?
Ed io, cosa provo?
Non posso amarlo ancora, no! Forse sto così perchè sono felice che lui non sia felice con Elisabetta, come avevo creduto...
Quando varco il portone del mio palazzo, affannata, inizio a salire lentamente la rampa di scale che conduce al mio appartamento, stanca per la corsa.
Tuttavia, vedo una figura seduta sull'ultimo gradino, e quando la riconosco la mia confusione aumenta ancora di più e il mio cuore aumenta i suoi battiti già più numerosi del dovuto.
Immobile, con uno sguardo deciso e l'aria di chi non dorme da un po', Matteo mi fissa e mi sorride in un modo enigmatico.
"Che ci fai qui?" mormoro, alquanto incredula, con lo stesso tono di chi ha visto un fantasma.
"Ho capito che ti amo ancora" risponde lui, alzandosi e scendendo dei gradini per raggiungermi, con lo stesso tono con cui si annunciano le previsioni meteo.
Se potessero, gli occhi mi uscirebbero fuori dalle orbite; spalanco la bocca e faccio un passo indietro, fino a ritrovarmi contro la ringhiera delle scale.
"Sei ubriaco?" chiedo, incredula.
"Forse lo ero quando ti ho lasciata, e lo sono stato fino ad ora, ma... Credimi" mi implora, cercando di afferrare le mie mani, cosa che gli nego.
La signora del secondo piano passa tra noi, guardandoci con un sorrisino, ed io le dico un distratto "Buonasera", per poi tornare a guardare il mio ex.
"Meglio non dare spettacolo qui, vieni" dico, cercando le chiavi nella borsa e aprendo la porta dell'appartamento con una certa foga, visto lo stato in cui mi trovo.
Quando entra e vede le rose, sorride ed io, a disagio, mi volto, senza sapere cosa dire o fare.
Lui, audacemente, mi abbraccia da dietro, bloccandomi. "Ti sono piaciute?" chiede, sussurrando contro il mio orecchio destro.
Cercando di non badarci, mi volto, guardandolo in faccia. "Fai pena! La tua ragazza ti molla e torni da me?" chiedo, incredula più che mai e scostandomi da lui.
"Sei informata su di me..." osserva con un sorrisino, ignorando il resto delle mie parole.
"Me lo hanno riferito" spiego, stizzita, cercando di non arrossire.
"Fatto sta che l'ho mollata io. Non ne potevo più, voleva farmi conoscere la sua famiglia, mi obbligava a fare cose assurde e...".
"Mentre Lena no, Lena si comportava bene, ti obbediva come un cagnolino fedele, vero? Sono problemi tuoi, io e te abbiamo chiuso quasi un anno fa, ricordi?".
"Ho sbagliato, ok? Fatto sta che ora ho capito che...".
"...Sei un idiota?" suggerisco, incrociando le braccia, arrabbiata.
“Lo sono stato, sì, ma per fortuna sono rinsavito, è questo l’importante!” risponde, alzando il tono e parlando con una passione mai vista, fermamente convinto di ciò che sta dicendo.
“No. Scusami ma meriti di soffrire come è successo a me in questi dieci mesi”.
“Dieci mesi. Tieni il conto, eh? Significa che…”.
Gli faccio cenno di tacere e mi volto, non riuscendo a sostenere il suo sguardo eccessivamente acceso e colmo di speranza.
Maledetta me! Perché diamine non tengo mai chiusa questa cavolo di bocca che nei momenti di crisi spara le stronzate più assurde?
Di nuovo, lo sento abbracciarmi da dietro, mentre sposta i miei capelli, liberando il collo e posandovi un bacio denso e sensuale.
Rabbrividisco, pensando che questo si chiami giocare sporco visto che sa che il collo non è altro che il mio punto debole per farmi andare su di giri.
Mi erano mancate le sue labbra così soffici e carnose, così brave nel farmi eccitare nel giro di pochi istanti. Avverto un braccio che mi stringe il fianco e non riesco a non sospirare.
“Mi sei mancata…” soffia contro il mio orecchio.
“Matteo… No, per favore” oppongo resistenza, ma ricevendo in risposta una stretta più decisa e un secondo bacio che dal collo si sposta alla guancia.
Lentamente mi fa voltare verso di lui, ma non riesco a guardarlo in faccia, perché potrei vedere un piccolo riflesso di me stessa nelle sue iridi e non voglio ritrovarmi davanti a quello che, mio malgrado, sta succedendo.
“Matteo…”.
“Mi vuoi anche tu, Lena” sentenzia, senza mettere di sussurrare in quel modo che ho sempre amato.
“No! Io non posso!” dico, sentendo il fiato mancarmi e allontanandomi di qualche passo.
“Non puoi ma vuoi, lo leggo nei tuoi occhi”.
Non riesco a ribattere, è come se mi mancasse la voce, e non riesco nemmeno a muovermi mentre lo vedo avanzare verso di me. Lentamente, si abbassa finchè i nostri volti non si sfiorano e, con una dolcezza che raramente ha usato nei miei confronti, mi bacia, tornando a stringermi a sé con una salda presa attorno ai fianchi.
Possibile che in quasi un anno non abbia cambiato profumo? E che si ostini a tagliarsi sempre la barba, rendendo il suo volto morbido e liscio, come quello di un ragazzino?
Quando il bacio diventa più coinvolgente, tuttavia, si separa da me, fissandomi negli occhi con una serietà mai vista e lasciandomi un vuoto nello stomaco, perché l’improvvisa mancanza del suo calore si fa sentire.
Batto le palpebre numerose volte, sforzandomi di pensare ma non riuscendo ad elaborare nulla che sia diverso da me e lui, stretti l’uno all’altra, come se gli ultimi dieci mesi non fossero mai esistiti.
La parte di me che si odia per averlo assecondato, mano a mano si dissolve, fino a scomparire del tutto e dandomi la forza di ristringerlo a me e ribaciarlo, questa volta con più foga, perché mi ritrovo adagiata contro lo stipite della porta che conduce all’ingresso.
“La mia…. Camera…” biascico, indicando a destra, mentre lui è tornato a baciarmi il collo con una foga immane, tanto che forse rischierò di trovarmi i segni di un succhiotto. Non me ne frega, non me ne frega più di nulla, e so che mi odierò per questo.
Sono lucida visto le mie parole, non posso incolpare cose come la libido temporanea e altre idiozie. E’ un dato di fatto: una parte di me lo vuole ancora, e possibilmente nel mio piccolo letto che tante volte ci ha ospitato.
Ma non arriviamo lì, no, perché, dopo aver percorso il corridoio arpionata ai fianchi di Matteo con le gambe, lui mi poggia sulla scrivania, famelico, e subito di dedica alla mia camicetta, che sbottona come se farlo fosse una cosa che fa quotidianamente.
“Ti voglio, Lena, ti voglio…” dice, mentre armeggio con il suo giubbino, che gli sfilo insieme alla polo bianca.
Non rispondo, godendomi solo la pura sensazione di piacere che provo mentre si dedica a baciarmi i seni con una devozione mai vista; nel giro di pochi minuti le mie calze hanno fatto una brutta fine, la mia gonna è ammucchiata sul pavimento insieme alle ballerine ed io armeggio ancora con i suoi pantaloni, finchè non riesco a slacciarglieli e a liberarlo da quella costrizione.
Sospira, sollevato, poi mi bacia mentre mi priva degli slip con una mossa audace e, tre istanti dopo, smetto sul serio di ragionare, scollegando il cervello, perché ciò che sta per succedere mi rende adrenalinica come non mai.
Lui sa come toccarmi, sa cosa mi piace, ed è la causa della mia mente annebbiata finché, sfiniti, non ci ritroviamo uno addosso all’altra, con il fiato mozzo e i corpi madidi di sudore.
“Ma sei impazzita? Esci di casa presto, non ti trovo nel tuo letto, hai il cellulare spento… E mi lasci un fogliettino minuscolo sul tavolo del soggiorno che ho visto per puro caso prima di uscire di casa e chiamare “Chi l’ha visto!”! Ti rendi conto? Credevo avessi fatto chissà quale follia…” urla Trudy, attirando su di sé tutta l’attenzione del bar dell’università, come ormai succede troppo spesso ultimamente.
Di sicuro, tra poco inizieranno a vendere i biglietti quando entriamo noi, perché certi show non possono essere visti gratuitamente.
Assonnata e confusa, alzo lo sguardo dal libro di tedesco che stavo leggendo per distrarmi e guardo la mia amica, pallida in volto, senza trucco e con indosso una semplice tuta grigia.
In effetti, uscire alle sette del mattino per fare due passi e schiarirmi le idee senza avvisarla dopo che ieri sera non ci siamo viste non è stato molto intelligente da parte mia… Ma, un momento, quand’è che ultimamente ho fatto qualcosa di intelligente?
Da quando è iniziato il secondo semestre la mia vita è stata sconvolta da una serie di eventi di cui sono l’unica e sola responsabile, e questo mi fa paura perché fino ad ora non sapevo di cosa fossi capace sul serio in determinate circostanze.
“Scusa” dico quindi, “Devo spiegarti alcune cose e…”.
“Ovvio che devi! Inizia con il dirmi dove diavolo hai lasciato il tuo senno!”.
- Il mio senno non lo so, ma il mio seno, beh, fino a dodici ore fa è stato spupazzato per bene dal mio ex - ribatte l'odiosa vocina nella mia testa che da ieri non riesce a smettere di assillarmi e dirmi quanto grosso sia stato il mio sbaglio.
“Trudy, per favore, calmati, ora ti racconto tutto” la zittisco, raccattando il libro e l’evidenziatore, mettendo la borsa in spalla e gettando tre bicchierini di plastica – che prima contenevano caffè – nell’apposito contenitore dell’immondizia.
La signora del bar, Carmela, ci guarda con aria incuriosita, e temo che anche lei legga spotted grazie a Mario, il diciottenne che lavora con lei da pochi mesi.
Non sapendo dove andare, conduco Trudy nei bagni adiacenti al bar; entriamo in una toilette, chiudo la porta a chiave e la guardo.
“Mi dici che è successo?” sbotta, impaziente. “Io cerco di tacere, ma mi sembra che senza i miei consigli tu sia diventata scema!” osserva, non riuscendo a trattenersi.
“Abbassa la voce!” le intimo, poggiando la borsa per terra. “Comunque, lo so, che ti credi! Sto facendo una cosa più stupida dell’altra e…”.
“Cosa hai fatto ora?” chiede, preoccupata. Evidentemente credeva che questo mio atteggiamento fosse dovuto semplicemente al mio solito rimuginare su ogni singola cosa che accade nella mia vita, non a qualcosa di concreto.
“Ieri, quando sono tornata a casa, ho trovato Matteo fuori la porta” inizio cautamente, vedendola spalancare gli occhi per l’eccessiva sorpresa.
“E gliel’hai sbattuta in faccia, la porta, no?”.
- No, gli hai sbattuto in faccia qualche altra cosa... - ridacchia la vocina nella mia testa.
Vedendo che non replico, alza gli occhi al cielo. “No…”.
“E’ stato lui a mandarmi i fiori e a lasciare Elisabetta…”.
“Che novità!” sentenzia. “E poi?”.
“E poi inizialmente gliene ho dette di tutti i colori ma…”.
“Lena…”.
“… Poi abbiamo finito per farlo. Sulla mia scrivania” aggiungo come un’idiota, come se gliene fregasse.
Ovviamente Trudy diventa paonazza, si passa le mani per faccia, guarda altrove, poi, finalmente, si decide a guardarmi in faccia, facendomi sentire davvero uno schifo.
“Ma sei impazzita? Dopo quello che ti ha fatto?” dice, scuotendo il capo teatralmente.
“Non ci ho capito più nulla, Trudy! Era come se fosse tornato tutto normale…” le spiego, torturandomi le mani.
“Certo! Lui ti ha mollata, ti ha sbattuto in faccia la sua nuova ragazza dopo un mese, ora l’ha mollata, torna da te solo perché è geloso che tu stia vedendo qualcun altro ed è ovviamente tutto normale! Ma ascolti quello che dici? Hai sbagliato! Ora striscerà da te tutte le volte che avrà voglia di una sveltina…”.
“Perché qui si parla di me, non sia mai che uno venga a letto con me perché mi ama, vero?” chiedo ferita, sentendo un grande senso di oppressione che mi piomba nello stomaco con una velocità mai vista.
Trudy sgrana gli occhi, colpevole, e agita subito le mani per smentirsi, ma io non ho voglia di stare ad ascoltare le sue scuse e giustificazioni, per cui afferro la borsa ed esco dal bagno, imbattendomi in Germana che si sta lavando le mani.
Ci guardiamo, in silenzio, poi, non riuscendo a trattenermi, dico: “Mi raccomando, spiffera tutto a tutti, eh”.
“Ricorda: io e te non siamo poi così diverse” ribadisce semplicemente lei, mentre sto già uscendo dal bagno, diretta non so dove.
Perché non la smette di dire quella stupida frase? E’ come se sapesse tutto di me, ma non è così, accidenti!
Sentendo che questa giornata non può peggiorare, così, decido di avviarmi verso l’aula di Filologia Germanica, nonostante la lezione inizi tra circa mezz’ora, ma, ovviamente, mi sbagliavo: ci sono solo dieci persone più o meno, e due di queste non sono altro che Matteo ed Elisabetta che discutono a bassa voce ma in un modo piuttosto concitato.
Quando lei mi vede fa un sorriso melenso in mia direzione, e Matteo si volta, sorridendomi debolmente mentre non riesco a fare finta di nulla e a non arrossire.
Poi, non so come, Elisabetta inizia a camminare a passo di marcia verso di me e prima che possa rendermene conto ho la guancia dolorante, colpita da un sonoro schiaffo e un’occhiata sdegnata.


*°*°*°*

Eccomi qui, people!
Rilassata dopo una settimana di vacanza, vedo tutto in maniera positiva e grazie al numero di persone che seguono la storia che è aumentato, vi prometto che da domani mi darò da fare per scrivere gli altri capitoli, tanto la trama è già stata scritta tutta :)

Che dire, lo so che mi odiate per la parentesi Lena/Matteo, ma se lei non avesse ceduto, beh, non sarebbe stato da lei.
Che poi lui sia un'idiota possessivo, beh, questo lo sappiamo tutti: Elisabetta non è come Lena, lo obbliga a comportarsi in maniera differente, e a lui va solo di essere adorato, come succedeva con l'ex.
Mi perdonate se vi dico che nel capitolo 12 scopriremo perchè Matteo lasciò Lena? Abbiate fiducia in me e state tranquille! :D

Ovviamente, tutte mi chiedete di Leo... Non è scomparso, lo rivedremo nel capitolo 13, ma ovviamente tutti dobbiamo riconoscere che lui è stato importante per Lena per capire che da sola non è da buttare e che la sua vita è così perchè lo ha scelto lei.
Ecco perchè ho sempre parlato di una storia differente tra alunna e prof! :D

Che dire, vi dò appuntamento al 15 dicembre, sperando di aver scritto un bel po' per allora! :D
Vi anticipo che la "colonna sonora" sarà "I love it" delle Icona Pop... Preparatevi per una sorta di scena-karaoke! xD

A presto!
milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** I Keep Dancing On My Own ***


ikeep
Dedicato a tutti i ragazzi senza "attributi" che ognuna di noi ha
incontrato almeno una volta nella vita...
E a te, che mi hai dato la conferma del fatto che se
uno interessa a me, deve essere per forza un "Coniglio".


29 Maggio 2012

Elisabetta Gastrini era una ragazzina minuta, magrolina e con i capelli di una tonalità diversa ogni mese.
Questo era tutto ciò che sapevo di lei fino a luglio del secondo anno, onestamente.
Sembrava simpatica, dava l'aria di una che ha mille amici perchè la vedevo sempre in giro con persone diverse o appiccicata al cellulare, e spesso mi sorrideva, ma forse solo perchè le avevo prestato degli appunti di Antropologia Culturale di una lezione che si era persa.
La beccavo sempre a guardare in mia direzione, e, cieca com'ero, non avevo capito che guardasse il mio ragazzo.
Mi sorrideva, mi faceva un cenno, e io pensavo che fosse solo per gratitudine visto che mi aveva raccontato distrattamente che l'esame di Antropologia fosse andato bene, quando ci incontrammo vicino al distributore.
Tuttavia, un giorno di fine maggio, notai che era radiosa mentre ridacchiava con alcune amiche fuori l'aula: gesticolava, si ravviava i capelli, quasi saltellava per la gioia.
Io ero sola, le ragazze sarebbero arrivate a momenti e Matteo era impegnato con un suo amico, da quel che mi aveva detto.
Chissà cos'era successo a Elisabetta!
Ripensandoci, anche lei era mancata alle lezioni precedenti; l'avevo notato perchè spesso si sedeva poco distante da noi e io avevo iniziato anche a credere che fosse interessata a Dario, solo che non si era fatta avanti perchè stava con Daniela.
Elisabetta si voltò, mi vide, si rigirò e scoppiò a ridere più forte che mai, e una sua amica fece lo stesso.
Non comprendendo, feci finta di nulla e presi il cellulare perchè mi era appena arrivato un sms.
"Sono ancora impegnato, amore, e domani vado in palestra... Ci vediamo la sera magari".
Ero cieca, sì, perchè ero così accecata dall'amore che non riuscii a leggere tra le righe...

*°*°*°

Tutti ci guardano, ed io sento qualcosa che mi fa male, che mi ha ferita profondamente. No, non è il dolore sulla guancia causatomi dallo schiaffo di Elisabetta – anche perché ultimamente mi schiaffeggerei anche io da sola, volentieri – bensì da ciò che si cela dietro, il dolore, la confusone, l’incertezza.
“Sei pazza?” riesco solo a dire, boccheggiando, facendo un passo indietro e posandomi una mano sul viso, sul punto colpito da quella mano con le unghie lunghe e perfettamente ricostruite.
“No. Tu sei una sgualdrina, invece!” mi rimbecca lei, totalmente convinta delle sue parole. “Sei soddisfatta, eh? Finalmente te lo sei scopato, ci sei riuscita, brava!”.
Cercando di non diventare ancora più paonazza, le rido in faccia, seppur nervosamente. “E’ lui che è venuto da me e…”.
“Ma sai che ti dico?” mi interrompe, con una sadica luce negli occhi che la fa sembrare una vera e propria strega uscita da un telefilm taroccato, “Siamo pari, anzi, ho vinto io perché tu te lo sei fatto dopo che ci siamo lasciati, mentre io ci sono riuscita quando stavate ancora insieme. Ecco la causa della vostra rottura, contenta?” sibila.
Senza riuscire a trattenersi, la mia mano si alza e la colpisce in piena faccia con uno schiaffo sonoro come quello che mi ha rifilato lei; guardo malissimo Matteo, che ha la bocca spalancata e sembra un pesce lesso decisamente stupido.
“Complimenti. Sono scema io che ti ho dato troppa fiducia e mi sono sforzata di non pensare male quando ti ho visto con lei un mese dopo la nostra rottura. Mi fai schifo, tu non mi meriti!” urlo, sentendo un’energia assurda dentro di me che potrebbe condurmi a fare qualche pazzia, ragion per cui esco dall’aula, con lui che mi segue come un cagnolino bisognoso di cure e disperato ed Elisabetta che rimane in aula, immobile.
“Ma ora ti amo sul serio, davvero, ho capito che sei tu quella giusta, Elisabetta non è mai stata importante!” mi supplica, fermandomi per un braccio e trattenendomi per la manica del giubbino.
Siamo nel bel mezzo del corridoio, e a tutti sembrerebbe una giornata normale, particolarmente soleggiata,come tutte quelle che ci sono ad aprile a Napoli.
Solita giornata di lezioni, spiegazioni, numerosi caffè bevuti in compagnia e appunti prestati con un sorriso in cambio… Per me no. Questa è la mia giornata, quella in cui, dopo aver toccato il fondo, posso solo iniziare a risalire con eleganza e con la consapevolezza di meritare di meglio, di più rispetto al viscido idiota che ho davanti.
Dopo quasi un anno, è arrivato il giorno in cui non me ne starò zitta a vedere Matteo che mi riduce a pezzi per l’ennesima volta, in cui reagirò e farò valere le mie ragioni di donna ed ex ragazza innamorata.
“Tu non sai quello che vuoi Matteo, mentre io sì. Io voglio qualcuno al mio fianco che mi apprezzi per quella che sono, che non mi cerchi solo quando è annoiato o perché pensa che io sia cambiata. Sono sempre io, sono sempre la ragazza che hai conosciuto tre anni fa! Se sono stronza ora è perché mi ci hai fatto diventare tu, ma sappi che supererò tutto questo e sarò felice, magari anche da sola, ma almeno rispettando me stessa! Stare con te significa rinnegare me e le mie potenzialità. Tu sei un emerito coglione viziato che si diverte a confondere la gente con i suoi sorrisi e le sue manie improvvise, mentre io ho voglia di stabilità, ne ho bisogno. Io sono la mela sulla cima dell’albero, e di sicuro tu ora diventerai la volpe che non arriva all’uva e inizia a disprezzarla, ne sono certa! Non mi aspetto che tu capisca i riferimenti che sto facendo, ed è un altro motivo per cui non vai bene per me. Abbiamo chiuso!” esclamo, e, non trattenendomi nemmeno questa volta, gli do uno schiaffo, completando il quadretto e sentendomi alquanto soddisfatta.
Sento una mano sulla mia spalla, mi volto e vedo che non è altro che uno strabiliato Dario, che mi guarda orgoglioso, con aria di approvazione.
“E visto che si parla di mele e uva… Ora vattene, idiota, sono certo che troverai subito qualche scema a cui potrai offrire la tua banana immatura” dice, alquanto soddisfatto per la sua battuta non proprio fine ed elegante.
Senza parole, e umiliato, Matteo sibila un deciso “Non finisce qui!” per poi andarsene chissà dove, mentre il mio migliore amico mi trascina in un angolo deserto vicino le scale del primo piano.
Mi guarda, fiero e incredulo, e poi mi abbraccia con un calore assurdo, che mi avvolge completamente.
“Avevi ragione, Dario. Sei sempre stato l’unico che aveva capito Matteo dall’inizio… Ha fatto sesso con Elisabetta quando stavamo ancora insieme” rivelo, stringendolo forte, felice di averlo vicino a me come non mai.
Lo sento sospirare, poi mi accarezza i capelli con delicatezza, posando un bacio su di essi.
“Sei stata fenomenale, sei sul serio la mela sulla cima dell’albero, te l’ho sempre detto” mormora.
“Sì, ma l’ho capito solo adesso. Ieri… Ieri ho scoperto che lui aveva mollato Elisabetta, si è fatto trovare fuori casa mia e… L’abbiamo fatto. E oggi Elisabetta mi ha uno schiaffo, mi ha detto la verità, ed io le ho dato uno schiaffo a mia volta e… E ora ho paura. Ho paura di rimanere sola, per sempre, di non incontrare mai l’amore, quello vero” mormoro, sentendo una valanga di lacrime premere per uscire.
Non le trattengo, e inizio a singhiozzare come non mai, in preda a tutte le paure provate in questi mesi di solitudine e angoscia.
“Lo troverai, anzi, lui troverà te. Devi solo credere in te stessa, perché vali molto e lo sai” mi risponde Dario, separandosi da me e offrendomi un pacchetto di fazzoletti che estrae con rapidità dalla sua borsa a tracolla.
“Non mi rimproveri per esserci andata a letto?” chiedo, sorpresa.
Temevo la sua reazione, onestamente, come temo quella che potrebbe avere se gli dicessi di me e Leo…
Sembra trattenersi per un istante, poi scuote il capo, sorridendo sarcasticamente. “Ma no! Poverina, non infierirei mai dopo che hai dovuto sorbirti ancora quella banana immatura…”.
Rido tra le lacrime, facendolo sorridere. “Quella battuta è stata fenomenale, rimarrà negli annali!” esclamo.
“Erano anni che avrei voluto farla, onestamente. Comunque… Che ne dici di venire da me? I miei lavorano, puoi startene in pace fino a stasera e magari, non so, sentirti meglio” propone, con il suo tono rassicurante che adoro.
Annuisco, visto che per ora non riuscirei a starmene nella mia stanza che mi ricorda il pomeriggio passato con Matteo, e senza aggiungere altro ci dirigiamo verso l’uscita.
Dario mi circonda le spalle con le braccia e mi lascia un bacio sulla fronte, proprio mentre ci troviamo davanti la sua ex che ci ignora dopo la sua solita occhiata sospettosa.
“Chi ha inventato gli ex?” chiede lui, alzando gli occhi al cielo.
“Non me ne parlare” sbotto, tuttavia stringendomi a lui e sentendomi, finalmente, un po’ più al sicuro mentre ci ritroviamo nel bel mezzo di Via Nuova Marina, il solito traffico e la solita marea di studenti.
E’ un giorno normale per tutti, sì, nessuno sa che oggi qualcosa è cambiata definitivamente per qualcuno come me dopo quasi un anno.
Mentre me ne sto seduta comodamente sul divano del soggiorno di casa Boni in compagnia di una confezione di Pringles alla Paprika e di un episodio di “New Girl”, la chioma bionda di Trudy fa capolino nella stanza e Dario la segue, dopo averle aperto la porta d’ingresso.
“Non so quante lezioni hai saltato questo mese, tra uno spotted e l’altro e una schiaffeggiata con certe oche, quindi sappi che ora sì mi piaci, ragazza!” esclama la mia amica, per poi gettare all’aria le buone maniere e gettarmisi addosso, rischiando di sfondare il divano.
“Trudy!” dico solo, ricambiando la sua stretta.
Ci guardiamo e, come due bambine, ci perdiamo in un sorriso che vale molto di più rispetto a tante e stupide parole che sarebbero superflue.
“Mi dispiace per oggi, per quello che ti ho detto, mi sono espressa male…” inizia in quarta, dopo aver, ovviamente, mangiato una patatina. “Tu non meriti quell’idiota, e…”.
“E’ tutto ok, Trudy, anche io esagerato, ero confusa” mormoro.
“Perdonami, per favore. So che ci stai male, ho saputo cosa è successo grazie alle ragazze, ma non devi abbatterti perché il mondo è pieno di ragazzi che sapranno apprezzarti come meriti” continua, con una veemenza smisurata.
“Lo spero” biascico, scrollando le spalle. “Avrei solo voluto saperlo prima, che lui se l’è fatta con quella mentre stava ancora con me… Me ne sarei fatta una ragione subito, senza aspettare per mesi alla ricerca di una risposta” dico, esponendo il pensiero che mi perseguita da tutto il pomeriggio.
“Sono due viscidi e basta, gli auguro di tornare insieme e di tradirsi a vicenda ogni giorno!” dichiara Trudy, alzando la voce e battendo un pugno sul ginocchio, convinta.
“Finirà così, ne sono sicuro. E Lena si farà le migliori risate alla faccia loro” s’intromette Dario, incoraggiante, dal fondo della stanza da cui ci sta guardando come se fossimo un buffo cartone animato degli anni Novanta.
“E noi contribuiremo a queste grasse risate!”.
“Vi voglio bene” dico all’improvviso, esternando un pensiero che è sempre nella mia mente, giorno dopo giorno.
“Oh, te ne vogliamo anche noi!” replica Trudy, piegando la testa di lato e mostrando la sua dentatura candida.
“Io di più” dice Dario, avvicinandosi.
“No, io di più!” protesta Trudy.
“Ok, mi rimangio tutto” ridacchio.
“Eh, no, no!”.
Come un gruppo di bambini dell’asilo, così, senza sapere come e dove ci ritroviamo stretti in un abbraccio di gruppo, in cui non si capisce quali braccia siano di chi.
“Sono contenta di tornare a Caserta, tra due giorni” mormoro circa tre ore dopo, mentre mangio la favolosa torta al cocco che Trudy ha preparato per me.
La mia amica prende posto sul divano accanto a me, con in una mano a sua volta un piattino con il dolce.
Annuisce con fermezza. “Ti ci vuole, sono sicura che sarà bello tornare a casa per un po’ e staccare la spina”.
“Oh, sai… Tornare tra le mura del mio liceo, dover incontrare gente della mia città che mi sta antipatica e avere a che fare con i miei ex prof sarà uno schifo, ma è tutto migliore se paragonato alle assurdità degli ultimi tempi” le rispondo, scrollando le spalle. “Oh, e dovrò anche andare alla festa di laurea di Chiara” aggiungo, scuotendo la testa.
Trudy sgrana gli occhi e quasi si strozza con un pezzo di torta per la sorpresa. “Cos… Coff Coff… Cosa?” chiede, mentre le do delle pacche sulla schiena per farla stare meglio. “Chiara, tua cugina, la fashion blogger stra convinta che sta all'Accademia di Belle Arti da otto anni si laurea?”.
Sorrido, annuendo. Io e lei abbiamo passato delle serate stra divertenti a vedere i servizi fotografici di mia cugina che si ritiene una guru della moda, nonostante i risultati alquanto pietosi.
“Sì, l’ho saputo due giorni fa, me lo ha detto mamma. Gli zii sono così fieri di lei!”.
“Era ora, eh, otto anni per una triennale mi sembrano un po’ eccessivi”.
“No, sono fieri perché temevano che mi sarei laureata prima di lei. In tal caso avrebbero detto a tutta Caserta che io ho scelto una facoltà semplicissima in cui regalano gli esami mentre la loro figlioletta si spacca la schiena sui libri…”.
“Mamma mia. Che cattiveria!”.
“E’ colpa loro, volevano una figlia laureata a tutti i costi, mentre a lei non può fregar di meno dello studio”.
“Falla conoscere a Dario, di sicuro andranno d’accordo!” ridacchia Trudy, facendomi l’occhiolino.
Rido a mia volta, pensando sul serio che le prossime due settimane saranno migliori rispetto a questi ultimi giorni.
Continuo a mangiare, e la mia coinquilina mi imita, così che in sottofondo si senta solo il rumore della televisione che è sintonizzata su MTV.
Poi, dopo un paio di minuti, dalla tv proviene un motivetto di una canzone a noi nota, che entrambe adoriamo.
“Somebody said you got a new friend... Does she love you better than I can?".
E' "Dancing on my Own" di Robyn, e l'abbiamo ascoltata la prima volta in un episodio di "Girls", telefilm che amiamo e che seguiamo in diretta con l'America.
“La amo!” esclamo, posando il piattino sul tavolino adiacente al divano.
“Anche io! E mi sembra perfetta per te!” aggiunge Trudy, alzandosi di scatto.
“Eh?”.
“Ma sì… Che te ne frega, meglio ballare da sola che con un idiota come Matteo! I keep dancing on my own... I'm just gonna dance all night, I'm all messed up, I'm so out of line. Stilettos and broken bottles, I'm spinning around in circles...” inizia a cantare, aggiungendoci dei saltelli.
I'm in the corner, watching you kiss her... I'm right over here, why can't you see me? I'm giving it my all, but I'm not the girl you're taking home... I keep dancing on my own !” inizio a cantare a mia volta, aggregandomi alla strana danza della mia amica e trasformando, così, il nostro salotto in una pseudo discoteca alquanto rustica.
I keep dancing on my own!”.
Continuiamo a ballare, come se non ci fosse nessun problema, nessun idiota e nessuna questione che ci affligge, lasciandoci sopraffare dal magnifico e potente potere della musica…
Questo è il potere dell'amicizia, quello che ti fa passare dall'urlarsi addosso le cose con sincerità al chiarirsi e aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà, senza rancore e questioni inutili.
Adoro Trudy, e sento che una volta partita per il tirocinio mi mancherà, perchè i giorni che trascorrerò a Caserta verranno sottratti ai giorni che ci restano da passare insieme prima del suo trasferimento a Torino.
Tuttavia, questa volta ne sono convinta, so che la distanza non ammazzerà la nostra amicizia e che continueremo ad essere sempre le stesse...
“Scusami se sono scomparsa”.
Dopo circa venti giorni, sono seduta davanti a Leo, sul divano che fu testimone del nostro primo bacio quasi due mesi fa. Mi sembra passata una vita, e alla luce degli ultimi avvenimenti sento che la confidenza che c’era tra noi si sia dissolta nel nulla.
Lui, sorridente e bello come sempre, con una camicia bianca che accentua i suoi lineamenti signorili, scrolla le spalle e incrocia le braccia.
 “Ma no, ti capisco, sei stata molto... Busy con lo studio” risponde.
“Sì… Poi, sai, c’è stata una questione particolare con il mio… Ex” ammetto, imbarazzata.
Da quando ci vediamo, abbiamo sempre parlato di “storia leggera”, “senza pretese”, non abbiamo mai messo nulla in chiaro, come se si trattasse di una relazione aperta, e, al contrario delle mie aspettative, lui sembra decisamente rincuorato, tanto che si lascia scappare un respiro che mi sembra di sollievo.
Faccio tanto la santarellina, ma anche io posso dire di aver avuto una sorta di "Amico con benefici", non c'è più scusa per negarlo.
“E’ finita definitivamente, ma prima ci sono andata a letto” rivelo tutto d’un fiato, tuttavia senza sentirmi in colpa data la nostra decisione di non avere chissà quale legame.
“Anche io ho visto un’altra” dice subito Leo, torturandosi le mani seppur sollevato dalle mie parole precedenti.
“Oh, bene”.
Ovvio, no? Un quasi trentenne affascinante e pieno di risorse come lui mica poteva rimanersene bello e buono senza vedere nessuno?
La cosa non mi tocca per nulla, ragion per cui gli sorrido a mia volta.
“Ma è diverso…” continua, e per la primissima volta da quando ci conosciamo lo vedo preoccupato, alquanto insicuro.
La cosa non gli dona affatto, perchè la cosa che più lo caratterizza è il suo sorriso perfettamente candido e rassicurante, e senza di esso il volto sembra perso.
“In che senso?”.
“Lei mi piace davero, really, e… Divento uno scemo quando stiamo insieme, erano anni che non mi sentivo così. Avrei dovuto parlartene, scusami. Cioè, tu mi hai subito colpito quando ci siamo visti ma…”.
“Leo, non devi giustificarti, so che tra noi c’è stata una specie di relazione esclusivamente fisica. Mi fa piacere sapere che hai trovato una ragazza che ti interessi così tanto” lo interrompo, per fargli capire che di certo non me la prenderò o contesterò la sua decisione.
Alla fine Leo è umano come tutti noi, e sta dimostrando che anche un libertino alla fine può cedere al grande mistero dei veri sentimenti.
“Ma tra un mese me ne andrò, cioè, me ne dovrei andare e vorrei chieder lei di venire in America con me” ammette.
Cavoli, a quanto pare non si tratta di una semplice infatuazione! Sono sorpresa, fin troppo, ma decido di infondergli coraggio con un sorriso sincero.
“Beh, provaci, non si sa mai. Sei bravo a convincere le persone, se hai convinto me a vederci senza pretese puoi fare miracoli” cerco di tirarlo su, mettendo in ballo la mia autoironia, sentendo che, probabilmente, alla fine di questa assurda storia mi ritroverò con un nuovo amico.
“Ma dai!”.
“Sono seria, Leo, anzi, devo ringraziarti. Tu mi hai aiutato a capire quanto valgo, mi hai incoraggiata, e se in questi mesi sono cambiata un po’ lo devo a te, sul serio. Sei una persona speciale e meriti di essere felice” esclamo, sicura delle mie parole, sincere al massimo.
Leo mi ha aiutato ad andare avanti, a sentirmi più sicura, a superare qualche paura, e probabilmente ora, senza di lui, mi starei ancora piangendo addosso senza fare nulla.
Senza dire nulla, così, mi abbraccia, e mentre lo stringo sento un gran rimorso: perché non riesco a dirgli che sono una sua alunna, ora che è finito tutto? Sarebbe il momento perfetto, così potrei chiudere la nostra stramba relazione e andare avanti con la mia vita.
“Grazie, Lena. Quindi immagino che ora siamo… Amici, no?” dice Leo, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
“Certo” rispondo mio malgrado, con la coscienza che mi urla i peggiori insulti.
Sto fingendo fin troppo bene, e la cosa non mi piace, anzi, mi fa alquanto paura...
*°*°*°
Salve! Sono in ritardo, lo so, scusatemi, ma ho avuto dei giorni non proprio facili...
Il capitolo è molto di passaggio, a parte l'inizio, in cui sappiamo perchè Matteo ha mollato Lena.
Scusatemi ma non dirò altro, se non che ora pubblicherò ogni settimana fino al 29/12 e poi la storia sarà in pausa per 2 mesi a causa degli esami...
L'episodio della "Mela sulla cima dell'albero" è narrato qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2091088&i=1
Grazie per il supporto, spero che il capitolo, seppur breve, sia di vostro gradimento :)
A domenica!
milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La Famiglia Inverno ***


13
La Famiglia Inverno


29 Dicembre 2012

La musica in sottofondo diffondeva le note di una canzone natalizia, nonostante Natale fosse passato, ed io, Lisa e alcune mie cugine ce ne stavamo in un bar, sedute quasi una addosso all'altra a causa di alcuni ragazzi che si erano aggiunti dopo il nostro arrivo.
Erano amici di Chiara, e, da quel che potevo immaginare, tutti erano usciti con lei almeno una volta.
"Avete stilato la lista dei buoni propositi per il nuovo anno?" domandò Lisa, dopo aver bevuto un sorso del suo Mojito.
"Fare una lista del genere è da perdenti!" la rimbeccò Chiara, approfittando del poco spazio per gettarsi ancora di più addosso al più alto dei ragazzi, un tale Christian.
"E perchè mai?" chiesi.
"Perchè la vita si vive senza progetti, cogliendo mano a mano le opportunità che ti offre...".
"Ecco perchè sei parcheggiata all'università da quasi otto anni! Aspetti di cogliere un'opportunità per laurearti, vero?" la prese in giro Christian, facendo ridere quasi tutti, mia cugina Alice in primis visto che non aveva buoni rapporti con l'oggetto della battuta.
"No, sono all'università da otto anni perchè non mi prendo mai un esame se non con il massimo e...".
"Ma se fai massimo due esami all'anno e mi prendi in giro quando prendo trenta!" sbottò Alice. "Dillo che ti piace perdere tempo dietro al tuo blog di moda e falla finita, sii onesta con te stessa!".
"Ragazze, calma! Ognuno ha la sua vita e la gestisce come vuole" m'intromisi, sapendo che quelle due avrebbero finito con il picchiarsi visti alcuni diverbi avuti in passato.
"Senti chi parla! "Miss mi laureo entro novembre"! Sei patetica, vai in giro a vantarti di essere una grande intellettuale e poi non sai tenerti un uomo! La vita non si può imparare dai libri!" mi urlò contro Chiara, con un tono canzonatorio che mi ferì profondamente.
"Beh, non mi sembra che tu sia più brava di me visto che quelli con cui esci non ti richiamano più" risposi a tono.
"Come osi...".
"Ehi, Lena, io con te ci uscirei volentieri, dammi il tuo numero!" l'interruppe Christian, scrollandosela di dosso e sorridendomi con aria divertita, come se fosse un gioco.
Chiara sgranò gli occhi, colpita e stupita, mentre io, sorpresa, mi limitai a fare un sorriso di vittoria.

*°*°*°
Il giorno dopo l'ultima chiacchierata con Leo, mi ritrovo a Caserta dopo circa due mesi, con un eccitato Dario che si guarda intorno come un bambino.
“Non ero mai stato qui, sai?” confessa, mentre il rumore delle rotelle dei nostri trolley fa da sottofondo alla conversazione.
“Beh, non ti sei perso molto, a parte la Reggia” rispondo, mentre attraversiamo la strada che conduce al condominio in cui abito, a circa duecento metri dalla stazione. “Comunque, ho detto io a papà di non venire a prenderci, abito così vicino che mi sembrava assurdo”.
“Ma figurati! Spero di essere simpatico alla tua famiglia” aggiunge, con un’evidente nota di preoccupazione nella voce.
“E perché non dovresti esserlo, scusa?”.
“Boh, sai, dicevo così…”.
Ormai vicini al portone d’ingresso del condominio, premo il pulsante del citofono, anche se il mio gesto si rivela inutile visto che la porta si apre all’improvviso, rivelando una chioma ramata perfettamente boccolosa e un sedere spiaccicato in una gonna a tubino grigia.
“Chiara” dico quindi, cercando di trattenere un sospiro, mentre il mio amico sembra confuso.
Mia cugina si volta e, vedendomi, fa una faccia falsamente sorpresa e mi sorride. “Lena, tesoro, ciao!”.
Sono abituata ai suoi sorrisi non proprio sinceri, visto che purtroppo abitiamo nello stesso condominio grazie a mio nonno paterno che regalò due appartamenti vicini ai suoi due figli maschi.
Noto che ha tra le mani un bouquet di rose e la sua tesi di laurea, per cui la fisso senza capire, sentendo di essermi persa qualche pezzo.
“Mi sono persa qualcosa? Ti sei già laureata?” domando quindi.
“Ma no, no, sciocchina, sto solo facendo una serie di scatti per il mio blog! I miei followers vogliono vedere il mio outfit per l’evento e temo che quel giorno non verrò bene a causa dell’ansia e dell’emozione, quindi sto facendo una serie di prove!”.
Mentre parla, suo fratello emerge dall’ingresso del condominio, con in mano la sua Canon ultimo modello e un’aria scocciata. “Ciao, Lena!” esclama.
“Ciao, Massimo! Come va?”.
“Diciamo… ‘Sta scema non ha voluto usare l’autoscatto come al solito…”.
“… Ma che dici, scemo!”.
“Così devo perdere tempo a causa sua, quando domani ho pure l’interrogazione di latino!”.
Massimo è uno dei miei cugini più simpatici - mi chiedo come possa essere geneticamente legato a Chiara-, ha diciotto anni e frequenta l’ultimo anno del liceo scientifico, proprio come mio fratello Daniele.
Ironia della sorte, frequentano anche loro il Manzoni, che ospita il liceo classico, scientifico, pedagogico e linguistico, quindi da domani dovrò vederli spesso nei corridoi, e sarà strano visto che invece che una studentessa ricoprirò il ruolo di una tirocinante.
“Studi dopo, c’è tempo!” sbotta Chiara. Poi, notando Dario, gli sorride e gli porge la mano, ovviamente perfettamente smaltata e adornata con mille anelli.
“Tu devi essere l’amico di Lena, vero?”.
“Sì, sono Dario, piacere” risponde lui, rispondendo alla stretta.
“Io sono Chiara, ma di sicuro lo sai già”.
Cercando di non ridere, visto che Dario sembra un bel po’ confuso e spiazzato dalla grandezza dell'ego di mia cugina, mi volto verso Massimo. “Dai, dopo vai a studiare così mi farai fare bella figura con i tuoi prof e mi vanterò di avere un cugino super studioso”.
“Se questa scema mi lasciasse libero…” sbotta lui, lanciando un’occhiataccia alla sorella che, contro le mie previsioni, invece di inveirgli contro, gli toglie la macchina fotografica dalle mani e guarda Dario nello stesso modo in cui un leone farebbe con una gazzella.
“Penso avrai tempo da perdere visto che inizierai domani il tirocinio. Perché non mi fai da fotografo?” domanda, imitando un sorriso mieloso e uno sguardo da cerbiatta.
“Oh, beh, io dovrei sistemare le mie cose, salutare i genitori di Lena e ringraziarli per l'ospitlità, sai” risponde lui, in difficoltà.
“E vai, ti ci vorranno cinque minuti! Ti aspetto qui, così mi sistemo il rossetto. Contento? Vai a studià, Cicerone!” sbotta, rivolta verso Massimo.
“Mi dispiace” dice quest’ultimo, diretto verso Dario, per poi andarsene.
Il mio amico, dal canto suo, non proferisce verbo, alquanto intimidito dalla sicurezza di Chiara.
“Bene, allora andiamo, dai…” borbotto, dicendomi che il mio ritorno a casa sia già stato abbastanza movimentato ancor prima di mettere piede nell’ingresso.
Qualcuno definirebbe la famiglia Inverno aperta, divertente e socievole, se non fosse per me: spesso, da piccola, credevo di essere stata adottata perché mi sentivo diversa dai miei familiari, che erano in grado di fare amicizia con chiunque nel giro di pochi secondi.
Mia madre, Stefania, è una chiacchierona instancabile; mio padre, Antonio, è un simpaticone di prim’ordine; mio fratello, Daniele, è il ragazzo più popolare della sua scuola e ha un gruppo di amici che comprende una trentina di persone.
E poi ci sono io, la figlia tranquilla che ha pochi amici stretti e che preferisce una serata in pigiama con pop corn e pizza davanti alla tv piuttosto che uscire a fare baldoria chissà dove. Deve essere per questo che i miei mi hanno consentito di prendere casa a Napoli: “Nostra figlia è troppo riservata e pigra per fare qualcosa di assurdo come ubriacarsi e farsi mettere incinta senza che la sorvegliamo”, devono aver pensato tre anni fa.
Appena suono il campanello, mia madre apre la porta e ci sorride con un felice: “Ciao!”.
“Ehi, mà! Ciao!” esclamo, abbracciandola. “Lui è Dario” aggiungo, entrando e facendogli cenno di seguirmi.
“Ciao, piacere di conoscerti, sono Stefania!” risponde mia madre, porgendogli la mano.
“Piacere di conoscerla, signora! Devo dire che mi sembra di stare davanti a una Lena con venti anni in più” risponde il mio amico, sorridendole.
“In realtà ne sono ventisei, ma lo prendo come un complimento!” ridacchia mia madre, afferrando il suo trolley senza troppe cerimonie.
“Certo che lo era”.
“Wow, sei qui da dieci minuti e hai già fatto colpo su mia cugina e mia madre, complimenti” ridacchio, dandogli una pacca sulla spalla.
“Cosa, cosa? Hai conosciuto Chiara?” s’intromette mamma.
“Sì, e lei gli ha chiesto di scattarle delle foto per il suo blog” dico.
“Attenzione, Dario, che poi non te la scrolli più di dosso”.
“Ma cosa avrei dovuto dirle? Ha deciso lei per me”. Dario sembra imbarazzato, e la cosa evidentemente diverte mia madre, che lo conduce nella sua stanza.
“Spero ti troverai bene, qui”.
“Ne sono sicuro, grazie per l’ospitalità, signora Inverno”.
“Chiamami Stefania, mi fai sentire vecchia!”.
“Oh, ok”.
Vedere mia madre e il mio migliore amico insieme è strano, perché ognuno di loro rappresenta uno dei mondi in cui vivo, ed ora, grazie a questo evento, sembrano essersi fusi.
“Maaaà, dove hai messo il mio cappello grigio?”.
Disinvolto e bello come sempre, in jeans e felpa grigia un po’ grande per la sua taglia, mio fratello entra nella stanza, per poi squadrare Dario.
“Ehi, Bro!” esclamo, avvicinandomi e lasciandogli un bacio rapidissimo sulla guancia, visto che quando si tratta di me, Daniele sembra tornare all’asilo e alla fase “Le femmine? Che schifo!”.
“Guarda chi c’è, che palle, sei ancora viva! E io che volevo fondere le nostre camere e crearmi un monolocale tutto mio…” risponde lui, falsamente seccato.
“Sei sempre lo stesso, eh? Tanto lo so che ti manco tanto!”.
“Mi manchi solo quando non capisco i compiti di inglese e non ci sei per farli al posto mio” risponde, dandomi una pacca sulla spalla.
“Idiota! Comunque lui è Dario…”.
“Ciao, piacere!” dice il mio amico.
“Piacere! Ma come fai a sopportare questa cozza?”.
Dario ride, seguito da mamma, ed io incrocio le braccia, falsamente arrabbiata. “Bene, visto che sono una cozza non ti darò il cd di Eminem che mi avevi chiesto di prenderti”.
“Tanto me lo prendo stasera!”.
“Ehi, ehi, che succede qui?”.
Mio padre è appena entrato nella stanza ed io, in perfetto stile cocca-di-papà, corro ad abbracciarlo.
“Babbo, ciao!”.
“Lena!”.
“Papà, lui è Dario”.
“Piacere di conoscerti, Dario! Lena ci ha parlato tanto di te”.
“Il piacere è mio, signor Inverno, grazie mille per l’ospitalità” risponde Dario, sorridendo seppur in un modo un po’ intimorito.
“Ci manca avere gli amici di Lena in giro per casa, da quando va all’università” dice papà.
“Che dite, vi preparo qualcosa? Sarete affamati, dopo il viaggio” si intromette mamma.
“Ma il viaggio è durato solo mezz’ora, mamma…”.
“Zitta, tu, Dario ha fame, vero?”.
Lui mi guarda, senza sapere cosa dire, perché di sicuro, come me, non ha fame visto che abbiamo pranzato poco prima di metterci in viaggio.
“Dario, preparati ad ingrassare, mia madre non ti farà lasciare la tavola prima di averti fatto ingerire migliaia di calorie! Non a caso sono dimagrita quando mi sono trasferita” ironizzo, facendolo ridacchiare.
“Bene, allora venite in cucina!”.
“Io però ora esco, mà, dimmi dove sta il cappello grigio…” dice Daniele.
Nel giro di pochi istanti, ho la conferma di essere sul serio a casa: mia madre che sbraita contro il disordine di mio fratello, mio padre che si siede vicino a me in cucina e mi chiede dell’università, del lavoro e delle ultime novità… E poi c’è lui, Dario, la new entry che ci guarda tra l’attonito e il divertito, chiedendosi, evidentemente, cosa lo aspetterà in queste settimane in cui vivrà con noi.
Quando mamma entra nella stanza, subito si dà da fare per preparare il caffè, mettere in tavola patatine e stuzzichini vari e fare un panino per il nuovo arrivato.
Nel frattempo, qualcuno suona alla porta, così papà si alza per aprire e per poi tornare, ovviamente, con una Chiara alquanto infastidita alle calcagna.
“Ciao, zia. Dario, ti sto aspettando da venti minuti!” esclama, alquanto indignata, con il rumore dei tacchi che conferma il suo stato d'animo.
“Chiara, Dario è appena arrivato, lascialo riposare…” s’intromette mamma, cauta ma decisa, ricevendo una smorfia di disappunto come risposta.
“Ehm, Chiara, scusami, ma…”.
“Ti bastava dire di no, Dario” lo interrompe lei.
Papà guarda la scena senza capire, chiedendosi, evidentemente, che nesso ci sia tra mia cugina e il mio amico.
“Chiara, sono sicura che verrai benissimo nelle foto il giorno della laurea” cerco di rassicurarla, pensando, tuttavia, che la sua mania riguardo le foto sia assurda.
“Ah sì? Con l’ansia, lo stress, tutti che mi guardano?”.
- Come se ti dispiacesse – borbotta la vocina nella mia testa.
“Beh…”.
“Fa niente, le farò a casa con l’autoscatto, ciao”.
“Chiara, dai, perché non ti fermi qui con noi?”. Mamma, come al solito, cerca di sistemare tutto, ma, questa volta, senza alcun esito perché mia cugina si congeda senza dire altro, alquanto offesa e arrabbiata.
“Fatemi capire, Dario doveva scattarle le foto per quel blog di moda?” chiede papà, dopo averla accompagnata alla porta.
Annuiamo, e lui ride. “Sappi che noi siamo normali, Chiara è l’unica eccezione in famiglia” dice, facendo ridere il mio amico.
“Allora, tutto bene?”.
Papà e Dario hanno scoperto di amare entrambi i film della saga di Rocky, così stanno vedendo il primo nel soggiorno, con l’intenzione di vederne uno al giorno, mentre io e mamma ci stiamo occupando della cena, finalmente da sole dopo mesi e mesi.
- Sì, mamma, va tutto a meraviglia. Ho fatto sesso con un professore, e anche con Matteo, solo che ora abbiamo chiuso definitivamente…- dice la vocina nella mia testa, che scaccio come al solito.
“Tutto bene… Sto aspettando i risultati della prova di letteratura inglese III, sto continuando a lavorare per la tesi e…”.
“Lena, lo so che la vita universitaria va bene. Mi riferivo al resto. Stai con Dario?” chiede a bruciapelo, squadrandomi con i suoi bellissimi occhi verdi che, purtroppo, non ho ereditato.
“Cosa?!”. Quasi mi taglio mentre sto affettando una melanzana, e la fisso, stralunata. “No! Siamo amici, come sempre”.
“Sicuro? Non direi nulla, cioè, anzi, è un bravo ragazzo, mi piace!” continua imperterrita lei.
“No, mamma. Siamo amici. E poi al momento voglio stare in pace…”.
“Ma come, non penserai ancora a Matteo! E passato un anno, devi andare avanti, guardarti intorno…”.
“Ci ho provato, mamma, ma il problema era che non avevo chiuso definitivamente con lui dal momento in cui non avevo saputo perché mi aveva lasciato. Solo pochi giorni fa ho saputo che mi aveva tradito con la ragazza che ora ha lasciato… Ed ora ho capito di dover andare avanti, avanti sul serio” spiego.
“Oh. Non è mai piaciuto quel ragazzo, era solo bello, non aveva nulla, non mi trasmetteva nulla” dice mamma, indignata per la recente scoperta.
Annuisco, per poi tornare a dedicarmi alla melanzana con una minuziosità maggiore del solito, e lei comprende che non voglio parlarne più.
In un certo senso, mi sembra di essere tornata indietro di qualche anno, quando mi insegnava a cucinare qualcosa con, purtroppo, scarso esito, e ci perdevamo in lunghe chiacchierate che riguardavano gli argomenti più disparati.
Devo riconoscere che mia madre è sempre stata una sorta di migliore amica per me, perchè non è una di quelle donne che hanno una visione del mondo antiquata e piuttosto rigida, anzi: spesso, per prenderla in giro, dico che io sembro la mamma e lei la figlia.
Abbiamo passato anni a vedere "Una mamma per amica", a ridere per le follie delle protagoniste e per i loro dialoghi assurdamente lunghi, rapidi e un po' frivoli, e lei mi diceva che ero la sua Rory.
"Sono sicura che saprai farti valere come lei, un giorno. Anzi, sappi che non ho bisogno di un'università come Yale per essere fiera di te" mi disse a tal proposito, qualche giorno prima del mio diciottesimo compleanno.
Furono le parole più belle che mi avesse mai detto, e, spesso, tendo a ricordarle nei momenti più difficili.
Ho appena finito di indossare il pigiama che la voce di Dario mi chiede se può entrare, dopo aver bussato alla porta.
"Sì, entra pure" rispondo, mentre sto chiudendo l'armadio.
Mi viene da sorridere nel vederlo con addosso un pigiama blu e bianco, e, notandomi, mi guarda in un modo interrogativo.
"E' la prima volta che ti vedo con il pigiama, al posto dei tuoi pantaloncini e magliette improponibili" spiego, scrollando le spalle.
"Sono ospite dei tuoi, non posso girare per casa come un selvaggio" spiega. "Tra l'altro, vedendo che stavo entrando in camera tua, tuo padre mi ha minacciosamente detto: "Sono le undici, eh". Ho avuto paura" ammette, per poi ridacchiare e scaturendo in me la stessa reazione.
"Beh, sei il primo ragazzo che entra qui. Lo sai che non ho mai avuto amici maschi e non ho mai osato portare un ragazzo a casa".
Annuisce, comprensivo. "Comunque... Chiara mi ha aggiunto su facebook" dice.
"Non avevo dubbi" ribatto.
"E mi ha contattato... Mi ha invitato per un caffè, domani pomeriggio" spiega lentamente, torturando il cellulare che ha in mano.
"Ci andrai?" chiedo, sforzandomi di risultare neutrale.
"Io... Ho detto che non lo so, che non so se sarò libero a causa del tirocinio" ammette.
"Ma sai che lavoreremo solo la mattina" obietto, senza capire.
"Lo so, ma... Lena, cioè, è tua cugina, e non mi è sembrata proprio simpatica, onestamente. Poi ha tipo cinque anni in più a me e...".
Lo blocco, parandomi una mano davanti, e lui si zittisce all'improvviso.
"Chiara è fatta così, sente il bisogno patologico di avere qualsiasi ragazzo che la circonda ai suoi piedi. In più, non ha mai digerito che uno con cui si frequentava anni fa mi avesse invitato a uscire durante le vacanze di Natale, quest'anno, quindi penso che uscire con te sia la soluzione ad entrambi i casi. Se vuoi, vacci pure, tanto non ti si incollerà, fidati, lei cerca una storia seria con uno ricco che le consentirà di fare shopping trecentosessantacinque giorni all'anno...".
Dario esita, deglutisce e si aggiusta gli occhiali sul naso, per poi guardarmi con decisione.
"Non ci andrò, te l'ho detto, non mi sembra proprio simpatica" mormora.
"Lo sai che probabilmente farà sesso con te se accetti, vero?" chiedo.
"Perchè dovrei voler far sesso con una che non mi interessa?".
"Ma dai, l'hai fatto con la spagnola e...".
"Te lo ricordi, eh?" mi interrompe, probabilmente perchè è imbarazzato. "Senti, non ci uscirò e basta. Voglio vivere al cento per cento l'avventura del tirocinio, e mi basta che ci sia tu con me, senza cugine fashion blogger tra i piedi" sussurra, regalandomi uno dei suoi sorrisi più belli.
"Sono lusingata signor Boni" rispondo, sentendomi improvvisamente più serena, felice e spensierata.
Sono nella mia città natale con una delle persone più importanti della mia vita... Forse questa volta ce la farò ad affrontare il liceo senza problemi e le solite insicurezze, posso tornarci a testa alta e senza paura alcuna.
"Deve esserlo, signorina Inverno, è un privilegio, sa?" risponde lui, prima di stringermi a sè e accarezzarmi i capelli con la sua tipica dolcezza.
"Lo so. Ti voglio bene" gli dico nell'orecchio e, sorpresa, lo sento tremare per un istante, come se avesse la pelle d'oca.
"Te ne voglio anch'io..." sussurra in risposta, per poi baciarmi una guancia.
"Ragazzi, ha detto mamma... Oh".
Daniele se ne sta fermo sulla soglia della porta, per poi portarsi teatralmente le mani sugli occhi per coprirli. "Scusate, io... Cioè, Lena ha detto che eri solo un amico e...".
In effetti, la visione di noi che ce ne stiamo così stretti l'uno all'altra è un po' equivoca, così allontano Dario e mi alzo dal letto con uno scatto, con il viso che va a fuoco e gli occhi bassi.
"Infatti lo siamo, gli amici si abbracciano, no?" chiedo.
"Sì, certo... Guarda mi sta bene, Dario è simpatico, tifiamo pure per la stessa squadra, poi può portarmi allo stadio visto che è di Napoli" dice mio fratello, facendo  l'occhiolino al mio amico che se ne sta immobile, ancora scioccato e imbarazzato.
"Siamo amici, Daniele, ma puoi venire allo stadio con me quando vuoi".
Daniele scrolla le spalle, come se nulla fosse.
"Bene, sei un grande, Dà! Dai, ti credo, chi la vorrebbe quella cozza di mia sorella..." blatera, come se non fossi presente.
Tuttavia, non bado alle sue ciance, presa dalla scenetta a cui ha assistito.
"Comunque, dicevo, mamma ha preparato la cioccolata calda, venite in cucina" dice, per poi uscire.
Io e Dario ci guardiamo, ancora impacciati, così indosso le pantofole e prendo un bel respiro.
"Cioccolata calda dopo quella cena super abbondante! Ora capisci perchè ero un po' in sovrappeso?" borbotto, come se nulla fosse, ma, tuttavia, senza ricevere alcuna risposta mentre cambiamo stanza.
*°*°*
Here I am! :)
Quella che vi sta scrivendo è una Milly incasinatissima, che dovrebbe fare milioni di cose visto che negli ultimi giorni ha preferito dormire e uscire, cose che tra parentesi fa raramente a causa del suo voler sempre portare a termine tutto in tempo, e che quindi si consola con il solito "A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai" xD
Tralasciando le idiozie e la mia pazzia, che dire... E' iniziata la fase del tirocinio, abbiamo conosciuto Chiara e... Non so, lascio a voi i commenti, io mi diverto molto a scrivere di lei!
Le cose sono sempre più strane, ma in un modo "tacito", visti i caratteri di Lena e Dario.
Non so cos'altro dire se non augurarvi BUON NATALE e dirvi che tornerò la prossima settimana con l'ultimo capitolo prima della pausa di un mese e mezzo :)
Di solito non chiedo queste cose ma... Vi va di farmi sapere cosa ve ne sembra come regalo di Natale?xD
Auguri e Buone Feste!
milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Il Grillo Parlante - Fine Prima Parte - ***


14gg

Vi ricordo che questo è l'ultimo capitolo che pubblicherò per ora,
e tornerò ad aggiornare dopo il 18 febbraio a causa esami.
Questa volta non ci sarà nessuna scena iniziale
ambientata nel passato perchè il capitolo è già bello corposo di suo.
Buona lettura! :D

Capitolo 14

Image and video hosting by TinyPic



Mi sveglio di soprassalto, senza fiato, tremante, e noto di essere un po' sudata.
L'immagine di Chiara che se ne sta avvinghiata a Dario, mentre mormorano insulti contro di me, è ancora vivida nella mia mente con mio grande disappunto.
Che razza di sogno è? E' perchè mi sono svegliata così, come se stessi sognando qualcosa di spaventoso?
Mi passo una mano contro la fronte e, guardando l'orplogio, noto che sono le sei e mezzo del mattino, quindi la sveglia sarebbe suonata tra un quarto d'ora.
Sospirando, mi metto a sedere, allontanando le coperte dal mio corpo visto che mi sembra che la temperatura si sia alzata, e rimango immobile, pensierosa, in quello stato di shock e confusione che segue un brusco risveglio.
Cerco di calmarmi, così chiudo gli occhi e prendo un lungo respiro, ma purtroppo la mia mente non cessa di farmi domande assurde circa il sogno appena fatto.
Forse una parte di me teme che Dario cada nella trappola di mia cugina, e la cosa non gli gioverebbe, e poi ne abbiamo parlato proprio poco prima di andare a dormire, tutto qui.
Dopo cinque minuti buoni, così, decido di anticiparmi e di andare a farmi una doccia, per prepararmi per bene alle ore che mi aspettano in compagnia dei miei vecchi prof.
Cosa dovrò fare, una volta in classe? Ne sarò in grado? Mi sono diplomata da tre anni, com'è possibile che io possa essere minimamente pronta ad aiutare una professoressa che svolge questo mestiere da decenni?
- Basta, Lena, piantala di pensare, sei un caso disperato! - borbotta la vocina nella mia testa, facendomi così decidere a concentrarmi su cose futili come il bagnoschiuma da usare e la crema corpo.


Quando entro in cucina, un'ora dopo, vengo sorpresa da una scenetta in stile pubblicità della Mulino Bianco: tutti, tranne me, stanno per fare colazione, seduti, perfettamente vestiti e sorridenti, seppur ancora un po' assonnati.
E' una cosa assurda, visto che in tanti anni non abbiamo mai fatto tutti colazione insieme tranne in alcune rare circostanze come le festività, visti gli orari diversi.
Evidentemente, mamma ha imposto questa nuova regola ora che abbiamo un ospite.
"Buongiorno" dico, alquanto stupita.
Mi risponde un coro di "Buongiorno!" così prendo posto vicino al mio amico, sentendo di essere in una dimensione parallela.
"Bella idea fare colazione tutti insieme, eh?" dice mamma, mettendomi davanti il barattolo di Nutella e dei cornetti vuoti.
"Sì" rispondo, sentendo che non sia proprio educato sottolineare che una cosa del genere non si sia mai vista in tanti anni.
"Tua madre è una chef da dieci e lode, queste crepes sono favolose!" mormora Dario, per poi sorridere a mia madre.
"E allora fai il bis, no?" risponde prontamente lei, alquanto soddisfatta.
"No, la ringrazio, Stefania, ma sono già pieno".
"Ne prendo io un'altra" dice subito Daniele, per poi sottrarmi il barattolo di Nutella. "Tu sei a dieta, no?".
"Quando fa comodo a te" dico, scrollando le spalle e afferrando il vasetto di marmellata alla fragola.
"Quindi, cosa farete oggi a scuola?" cambia discorso papà.
"Non lo sappiamo ancora" rispondo.
"Speriamo qualcosa di semplice, ho una paura matta!" dice Dario.
"Dimostratevi sicuri e andrà tutto bene".
"Io spero di incontrare quello scemo di Lombardi, se insegna ancora lì" mormoro, riferendomi all'ex prof di matematica che ha reso i miei primi quattro anni di liceo un inferno. "E farmi sfuggire causalmente che l'anno in cui se ne andò presi sette con la nuova professoressa e che mi manca poco per laurearmi".
"Mi raccomando, sii educata" borbotta mamma.
"Lo sono sempre" rispondo, con una falsa espressione candida e innocente.


Ritrovarmi fuori l'entrata del Manzoni mi fa sentire esattamente nello stesso modo provato otto anni fa, prima di iniziare il primo anno.
Davanti a me c'è l'ignoto, misto ad una paura provata raramente. Mille domande mi assalgono il cervello, inducendomi a respirare velocemente, perchè mi sembra che mi stia per balzare il cuore fuori dal petto.
"Paura?" chiede Dario al mio fianco, immobile come me.
"Sì" ammetto, e, senza pensarci due volte, afferro la sua mano e la stringo nella mia. "Questo posto mi fa sentire sempre insignificante. Quando studiavo qui ero una ragazzina timidissima, imbranata, sfigatella, che guardava le ragazze più belle e conosciute che collezionavano fidanzati e vestiti costosi come se nulla fosse... Le fissavo, immaginavo cosa significasse avere qualcuno che ti viene a prendere con il motorino o la macchina, magari con una rosa in mano per qualche ricorrenza speciale, e così andavo avanti, nutrendomi di finzioni e fantasia" rivelo, sentendo lo stomaco contorcersi per quei ricordi.
"Pensa che non sei più nè timidissima, nè imbranata, nè sfigatella. Sei una donna, ormai, una delle più intelligenti, professionali e belle che io conosca" sussurra Dario, aumentando la presa attorno alla mia mano, che inizio a sentire sudaticcia e scivolosa come non mai.
"Grazie per aver scelto di venire qui" rispondo, non sapendo come replicare ai suoi complimenti, come accade sempre.
"Non me ne pentirò. Dai, iniziamo quest'avventura!".
Improvvisamente un po' più energici, così, ci avviamo verso l'entrata, nonostante l'anticipo di circa venti minuti rispetto all'inizio della prima ora.
Passare vicino ai distrubutori, al piano terra, mi fa sentire l'ennesima fitta allo stomaco, così mi blocco, lasciandomi scappare un sorriso nostalgico.
"Che c'è?" chiede Dario.
"Qui ho trascorso tutte gli intervalli dal terzo anno in poi, con la mia amica Lisa" spiego, per poi estrarre il cellulare. "Muoviti, fammi una foto qui vicino prima che passi qualcuno!".
"Eh...?".
"Muoviti!".
Senza capire, il mio amico obbedisce, così mi metto in posa vicino al distributore e sorrido.
"Fatto" dice, ma inizialmente non lo ascolto, presa come sono dal vedere che i prodotti esposti siano quasi gli stessi di tre anni fa.
Vedo il mio riflesso nel vetro, che mi restituisce l'immagine di una ragazza con indosso jeans chiari stretti, una camicia azzurra e una giacca panna, che sembra solo condividere il volto con la ragazzina diplomatasi con un semplice ottantacinque/cento.
"Grazie" aggiungo, quando ritorno in me, affrettandomi ad inviare la foto a Lisa tramite Whatsapp, con scritto "Guarda dove sono...? Ci manchi solo tu! Stasera ci vediamo e basta, non si discute!".
"L'ho inviata a Lisa..." spiego.
"Deve essere strano ritrovarsi qui".
"Non sai quanto...".
"Dove andiamo?".
"Beh, direi di avviarci in sala professori, e appena viene la Solazio le chiediamo informazioni" dico, iniziando a salire la rampa di scale che conduce al primo piano.
Mano a mano, mi avvicino alla porta che si trova in fondo al corridoio, e noto che la scritta "Sala professori" è stata rinnovata e plastificata.
Prendo un sospiro e busso, poi, non sentendo nessuna risposta, entro, con Dario alle calcagna.
Inizialmente la sala sembra vuota, poi, con un mezzo sussulto, noto che a sinistra, dietro un armadietto, c'è un uomo sulla cinquantina che sbuffa mentre agita come un forsennato la penna rossa nelle sue mani.
Dopo quattro anni, eccomi qui, faccia a faccia con l'uomo che ha reso il mio liceo non proprio piacevole.
Deglutisco, e riesco a dire: "Professor Lombardi, salve!".
Lui alza lo sguardo e mi fissa, senza mollare la presa sulla penna rossa. Pelato come sempre, con quegli occhialoni antiquati e un maglione infeltrito, sembra confuso.
"Sono Lena Inverno, professore, della sezione A" aggiungo.
"Oh, Inverno, sei tu! Accipicchia, non t'avevo riconosciuto, che hai combinato?" esclama, con il suo squallido sorriso, mentre si alza e mi stringe la mano.
Scrollo le spalle. "Sono cresciuta...?" azzardo.
"Sei meno rotondetta è più adulta".
"Beh, professore, ormai ho ventidue anni" rispondo, cercando di essere cauta e non maleducata.
"Ma che ci fai qui?".
"Oggi inizio il tirocinio con la professoressa Solazio".
"Tirocinio...?".
"Sì, ho cento ore da svolgere qui, per guadagnare sei crediti e potermi laureare".
Confuso, batte numerose volte le palpebre e non la smette di squadrarmi in un modo che mi mette a disagio, mentre la sala inizia ad essere popolata da altri insegnanti.
"Ti stai per laureare? Già?".
"Sì, mi mancano quattro esami".
"Ma quanto tempo fa ti sei diplomata, scusa?".
"Tre anni fa".
"Ah, sì, quando mi trasferii per un anno a Benevento... Hai fatto in fretta, quindi" osserva, stupito. "In cosa ti laurei?".
"Lingue e letterature straniere. Inglese e Tedesco" rispondo, alquanto soddisfatta della sua incredulità.
"Ah, volevo dire, nulla di scientifico, mi sembrava strano" ridacchia, con quell'umorismo che odio.
"Diciamo... Il tedesco per me è così assurdo che è peggio della matematica".
Ci voltiamo, e notiamo che a parlare è stata una donnetta sui quarantacinque anni, con corti capelli biondi e un sorriso stampato in faccia.
"Professoressa!" esclamo, contenta, rivolta a Claudia Solazio, una delle poche insegnanti che ho adorato da quando ho iniziato i miei studi.
Ci scambiamo dei formali baci sulle guance, per poi sorriderci. "Sono stata così contenta di sapere che saresti venuta qui per il tirocinio e che sei così vicina alla laurea! E' un trionfo, nemmeno io sono riuscita ad essere così puntuale con gli esami. Devo congratularmi con te, Lena!" ammette, facendomi sorridere come una scema per un simile complimento. "Hai visto? Le ex alunne portano avanti il nome del Manzoni nelle università" dice, rivolta a Lombardi, il quale fa finta di nulla.
"Professoressa, lui è Dario Boni..." aggiungo, introducendo il mio amico che se ne sta timidamente alla mia destra, con una paralisi facciale che cerca di imitare un sorriso di circostanza.
"Piacere, Claudia Solazio. Comunque, vi ho introdotto in vari progetti pomeridiani perchè altrimenti non riuscirete mai a fare in tempo tutte le ore, va bene?".
Annuiamo, felici di avere qualche informazione in più e speranzose nel riceverne altre al più presto. "Ora seguitemi, ho la prima ora in 3°A, poi la seconda in 5°C e la quinta in 4°F... Saranno tutte lezioni di letteratura, leggerò dei brani con i ragazzi e voi potrete aiutarmi con la traduzione o scrivendo qualche parola che i ragazzi non conoscono. Domande?" chiede, mentre afferra il registro.
Scuotiamo il capo negativamente, così ci affrettiamo a seguirla fino in 3°A, salutando distrattamente il professore Lombardi.
Ritrovarmi tra quelle quattro mura bianche che formano un'aula mi sembra strano, abituata come sono alle grandi aule universitarie, e sono così presa dal guardarmi intorno che, in perfetto stile Lena, urto una sedia che chissà perchè si trovava all'entrata, vicino il cestino dell'immondizia, e rischio di cadere.
Per fortuna Dario mi trattiene prontamente per un braccio, e non riesco a non notare le facce dei ragazzi che si sforzano di non ridere.
Ed io che volevo una sorta di entrata trionfale...


"Tu che appena metti piedi in classe rischi di cadere sei il mio mito! Non cambierai mai, eh?".
Sono le sei passate, stando all'orologio del bar in cui ci ha condotto Lisa per un aperitivo, e lei, ovviamente, non perde tempo nel prendermi in giro come al solito.
Sempre sorridente, con una delle sue magliette super colorate e un cosmopolitan nel bicchiere, la mia amica non esita a farmi notare quanto sia felice di avermi lì con lei per un po'.
"Vedere quella foto vicino al distributore mi ha fatto quasi emozionare!" rivela.
"Ringrazia me, che sono il suo fotografo ufficiale!" si intromette Dario, addentando una manciata di patatine.
Ci perdiamo in una serie di risate, e realizzo quanto possa essere strana la vita: sono qui, con due dei miei più cari amici, apparentemente felice e spensierata, quando qualche giorno fa mi sembrava impossibile pensare di poter sorridere di nuovo così presto.
"Lo sai, il fotografo ha fatto già colpo" aggiungo, giusto per ripagare Dario per aver spifferato il mio incidente con la sedia.
"Ah sì?".
Dario sospira e mi guarda male, facendo una smorfia che non gli dona affatto.
"Sì! Mia cugina Chiara ieri voleva che lui le scattasse delle foto per il blog e lo ha invitato a prendersi un caffè, ma lui ha rifiutato" racconto.
"E perchè? Lena forse non ti ha detto che ti saresti trovato una trombamica per tutta la durata del tirocinio?" domanda Lisa, con un'aria che sfiora lo biasimo.
"Che me ne frega! Oh, è antipatica, è sotto i trent'anni e...".
"Che c'entra! Poi assumeresti il fascino del toy-boy, sai?".
Esasperato, Dario sbuffa e mi guarda con rimprovero. "Tu non ti sai scegliere un'amica che sia diversa da Trudy, eh?" borbotta con disapprovazione.
"No, mi dispiace".
Tuttavia, le nostre chiacchiere vengono interrotte da un falsissimo "Ciao!" che ci fa girare tutti e ci fa rimanere stupiti: Chiara ci sorride come sorriderebbe una mamma che ha beccato il figlio con le mani nel vasetto di Nutella ed è piuttosto inquietante.
Dario, ovviamente, sbianca e biascica un: "Ciao, Chiara" non molto convinto.
"Caserta è piccola, eh? Ci siamo incontrati nello stesso bar, che coincidenza! Avete appena finito il tirocinio?" indaga, con falsa aria tonta che, tuttavia, in faccia a lei è piuttosto credibile.
"Sì, da poco, così siamo venuti a salutare Lisa che non vedevamo da un bel po'" rispondo, sapendo che Dario finirebbe col rovinarsi con le sue parole.
"Ah sì? No, perchè, stando alla localizzazione che la tua amica ha fatto su Facebook, siete qui da più di mezz'ora...".
Senza riuscire a trattenermi, lancio un'occhiata di rimprovero a Lisa, che non ci ha detto di averlo scritto su Facebook, mentre Dario deglutisce, mortificato.
"Caro Dario, impara a dire meglio le bugie, la prossima volta. Mi fai tenerezza! E sappi che non avrai più l'occasione di prendere un caffè con una come me! Ciao, divertitevi".
Tutta tronfia, si volta di spalle e se ne va, sculettando nel suo abitino arancio che non è proprio adatto ad un martedì pomeriggio.
"Lisa!" riesco solo a dire, scuotendo il capo con disapprovazione.
"Cosa? Mi sembrava una cosa carina, non ci vediamo mai! Non sapevo tutta la situazione, avresti dovuto dirmelo...".
"Te l'ho detto infatti, solo...".
"Ragazze, basta. Guardiamo il lato positivo: non mi rivolgerà più la parola" dice Dario, ancora mortificato per la figuraccia.
"Dimentichi che tra due giorni siamo invitati alla sua festa di laurea" gli ricordo, facendo definitivamente sparire ogni traccia di colore dal suo viso.
Alza teatralmente gli occhi al cielo, in un modo un po' buffo, e poi beve un sorso del suo drink. "Posso non venire, non sono un familiare" tenta, scrollando le spalle.
"I miei non ti lascerebbero mai solo a casa, sei uno dei loro bambini, ora" lo prendo in giro, non riuscendo a sentirmi preoccupata per la figura fatta con Chiara a causa del suo umore che tende a balzare più rapido di una pallina da ping pong e che, probabilmente, la porterà a strisciare di nuovo ai suoi piedi nel giro di poco.
"Ecco perchè ti stai comportando così, sei la sorella rompipalle che non ho mai avuto".
"Oh, Dario! Sei più sexy quando parli sporco!".
Lisa, ovviamente, mi supporta con le prese in giro, tanto che ci meritiamo una delle sue facce disperate in stile "Che ho fatto di male per meritarmi tutto ciò?".
Mentre io e la mia amica battiamo il cinque in segno d'intesa, però, l'atmsofera viene interrotta da un sms di Trudy.

"Il trenta maggio il padrone di casa va a Firenze dai figli per una settimana... Sai cosa significa?".

Scettica ma non troppo, abituata ai messaggi strambi della mia coinquilina, mi affretto a rispondere.

"Ciao anche a te, eh, mi manchi anche tu, eh! Comunque... Che significa?".

"Che faremo una bella festa di fine triennio a casa nostra! Organizzerò tutto io, lo so che tu sei una frana con i party! Buon tirocinio!".

"Trudy organizzerà una festa di fine triennio a casa nostra a fine maggio" dico quindi, sentendo che sarebbe inutile replicare con le mille obiezioni che mi vengono in mente, tutte noiose e assurde.
"Fico!" commenta Dario, felice che l'attenzione si sia spostata da lui.
"Per me invece è... Triste" ammetto, mangiucchiando una patatina. "Significherà dire addio alla nostra quotidianità, che Trudy sarà più vicina al trasferimento con Davide...".
"Per favore, basta pensieri negativi, su! Ora devi pensare solo alla tua migliore amica e a una bella cosa che ha da dirti" m'interrompe Lisa, ficcandomi un'altra patatina in bocca con forza e ottenendo un'occhiata di biasimo da parte mia. "Quest'estate non prendere impegni dal dieci al venticinque agosto, sei mia ospite alla casa al mare a Gaeta! I miei vanno in Sicilia e avremo la casa tutta per noi" spiega poi, senza nemmeno di darmi il tempo di chiederle cosa.
"Davvero?" chiedo, sorpresa.
Sono stata ospite della famiglia di Lisa dai sedici ai diciotto anni, e tornarci sarà senza dubbio fenomenale.
"Sì! Ci divertiremo un sacco!" esclama entusiasta lei, battendo le mani, felice al solo pensiero.
"Cioè, hai anche tu casa lì?" domanda invece Dario, sorpreso.
"Sì, al liceo Lena veniva sempre a trovarmi...".
"Figo, potremmo vederci allora!".
"Buona idea!" dico io, sentendomi un po' strana al solo pensiero dell'estate, nonostante ormai maggio sia alle porte, insieme al periodo di fuoco dovuto alla sessione estiva.



"Ho sentito Chiara che sparlava di te con Massimo".
Daniele mette in pausa il videogioco della xbox e guarda incuriosito Dario, che protesta visto che stava per fare goal.
Io, che sto perdendo tempo sul divano giocando a Ruzzle, metto in pausa a mia volta e alzo gli occhi al cielo, incredula per la faccia tosta di mia cugina.
Parlare male di una persona che vive sotto lo stesso tetto di mio fratello davanti a lui, bella maturità!
"E che diceva? Che non avrò mai più l'occasione di prendere un caffè con una come lei?" mormora il mio amico, evidentemente seccato dal comportamento di quella ragazza.
"Che non capisci nulla, che sei maleducato... E che a causa tua non avrà un accompagnatore alla sua festa di laurea" sghignazza mio fratello, ancora incredulo a sua volta.
"Eh?".
Dario è alquanto confuso, e non lo biasimo per questo. Da quando in qua si deve avere un accompagnatore alla proprio festa di laurea? La tesi non dovrebbe bastare a farti compagnia e sentirti fiera di te stessa?
"Sì, nella sua mente tu eri il...Giocattolino che le avrebbe fatto... Compagnia a quella specie di rave party che ha organizzato!".
"Rave party? Ma se dobbiamo andare a cena in un ristorante" obietto, ricordando una parte della conversazione della cena precedente in cui mia mamma snocciolava a memoria il menù che zia Giovanna le ha ripetuto quasi ogni giorno da un mese a questa parte.
"No, c'è un dopo festa in cui verranno i suoi amici, la cena è solo per i familiari. Lo farà a casa di una sua amica fashion blogger, una trentacinquenne piena di soldi che ha una villa".
"Ah" biascico, incredula.
"E quindi io sarei stato il suo giocattolo?" domanda ancora Dario, sempre più incredulo.
"Penso proprio di sì. Devo spiegarti cosa intendo per "Giocattolo"?" chiede beffardo Daniele, con tanto di dita che fungono da virgolette.
"Dio, no! E' imbarazzante, sei il fratellino di una mia amica!".
"E' che non mi sembri molto sveglio, tutto qui" continua placidamente Daniele, come se si trovasse in una sorta di talk show in qualità di presentatore.
"Perchè, scusa?".
"Devo proprio spiegartelo?".
Al cenno positivo di Dario, mio fratello ride, scuotendo il capo con disapprovazione. "Vedi! Non sei sveglio!".
"Oh, taci...".
"Il punto è che se tu fossi stato sveglio avresti accettato di prendere un caffè con lei e basta, non ti avrebbe mangiato mica! Anzi, forse sì, ma ci saresti andato bene! E poi... Cacchio, mia sorella ha chiuso definitivamente con l'ex, vi becco stretti come sue cozze in camera sua, dormi a casa sua, si capisce che è vulnerabile e  non ci provi con lei! Ho visto come la...".
"Daniele, zitto, ma che scemenze dici!".
Dario, paonazzo, si fionda a tappare la bocca di mio fratello, rosso in volto e agitato come non mai e dimenticando la sua eccessiva e solita educazione.
Dal canto mio, me ne sto immobile sul divano, sentendo la gola improvvisamente arida e una specie di forza che mi impedisce di muovermi in qualsiasi modo; davanti ai miei occhi, non so perchè, rivedo le scene del sogno di stanotte, e mi viene in mente il pomeriggio del mio compleanno, la questione del bacio, la sicurezza di Trudy riguardo ciò che il mio migliore amico prova per me...
Daniele non sa nulla di tutto ciò, eppure sembra essere giunto alla stessa conclusione.
Quando esco dal momento di trance, noto che di mio fratello non c'è più traccia e che Dario armeggia con il joystick della xbox con fare incerto, ancora rosso in faccia.
"Io... Vado a...".
"Sì, sì" risponde lui, senza nemmeno farmi finire di parlare, così vado nella mia stanza, premurandomi di chiudere a chiave la porta, e mi getto sul letto, chiedendomi come sia possibile passare dalla spensieratezza all'avere mille dubbi in pochi secondi.




"... Poi durante l'intervallo Gaia e Francesca, due della 5°B, ci hanno chiesto di aiutarle con un riassunto di un brano tratto dall' "Ulisse" di Joyce, e addirittura una della 4°C ci ha invitato al suo diciottesimo compleanno!".
"Che figo! Guarda un po', io che perdo anni di vita sul Codice Civile e tu fai la professorina figa che tutti amano!".
Ridendo, squadro con aria critica un vestito lilla che comprai in occasione del mio diciannovesimo compleanno e poi lo mostro a Lisa, che questo pomeriggio ricopre il ruolo di mia consigliera in occasione della scelta del vestito da indossare alla festa di Chiara.
"Si può?".
Ovviamente, mia madre entra nella mia stanza senza bussare, come se chiedere il permesso fosse abbastanza per ottenere un sì, e appoggia un vassoio con due tazzine di caffè sulla mia scrivania.
"Lena, butta quel coso" aggiunge poi, con aria di disapprovazione.
"Perchè?" chiedo, senza capire.
"Perchè è una 46 e ti va grande. Non andrai a quella festa conciata come una zingara, dammi cinque minuti che usciamo e te ne compri uno nuovo!".
"Senza offesa, Stefania, è la prima volta che vedo una madre insistere per andare a fare shopping al posto della figlia" s'intromette Lisa, sorridendole e ricevendo un altro sorriso in risposta.
Mia madre la adora, se potesse, adotterebbe la mia amica in un battito di ciglia.
"Ma è un modello a stile impero, calza grande comunque e...".
"Dai Lena, ti accompagno io!" m'interrompe Lisa. "E' la laurea di una fashion blogger, non puoi sfigurare!".
"E che c'entra! Alla mia laurea mica pretenderò che qualcuno tenga un discorso in inglese e tedesco solo perchè mi ci sono laureata io!" puntualizzo.
"Non si discute, preparati che uscite per prendere il vestito, mi fido del giudizio di Lisa. La festa è domani!". Ovviamente, mia madre nel giro di tre secondi esce e torna nella stanza con la sua borsa in mano, estrae il portafogli e appoggia una serie di banconote da venti euro sulla scrivania.
"Ho i soldi dell'ultimo mese di lavoro, me lo compro io, non ti preoccupare" mormoro, sentendo la solita fitta allo stomaco quando vedo i miei genitori spendere dei soldi superflui per me.
A ormai ventidue anni, mi sento in dovere di pesare il meno posssibile sulle loro spalle, nonostante la situazione economica che non è delle peggiori grazie ai due stipendi che entrano in casa ogni mese.
"Non essere ridicola" ribatte subito mamma, come al solito. "Vedi di trovarne uno sul verde, ti sta bene e ti ostini sempre a indossare roba scura".
"Tranquilla, Stefania, me la vedo io!".
Così, mamma lascia la stanza rassicurata dal buon gusto della mia amica, ma nel giro di tre secondi la stanza è di nuovo occupata da più gente del solito: Chiara fa la sua trionfale entrata con Dario alle calcagna, che non sembra molto entusiasta.
E meno male che non gli avrebbe più rivolto la parola... La coerenza di mia cugina è da record.
"Ciao!" esordisce lei, salutandoci con la sua faccia perennemente allegra che sembra dotata di una paresi.
"Ehi, laureanda" rispondo.
"Sono qui perchè voglio invitare Lisa, ho pensato che dopotutto la conosco da anni e so che apprezzerai avere qualcuno che conosci con te, alla festa".
"Beh, c'è anche Dario, no?".
"Sì, ma sarà occupato, dopotutto è il mio accompagnatore!".
"Cosa?!".
Senza riuscire a controllarmi, faccio cadere la gruccia dell'abito che reggevo in mano e la guardo con un'occhiata stupita e decisamente incredula.
Anche Lisa è colpita, vista la resistenza di Dario fino a qualche ora fa e il fatto che i due non si siano parlati dall'episodio del bar.
"Sì, Dario ha accettato di essere il mio cavaliere, quindi non lo vedrete molto alla festa a casa di Susy!".
Ovviamente mia cugina è al settimo cielo, e per confermare il tutto, circonda le spalle di Dario con un braccio e mi fa l'occhiolino, mentre lui rimane immobile, quasi impassibile, con lo sguardo al suolo.
Che cosa gli è preso?
"Grazie per l'invito, verrò" dice Lisa, giusto per rianimare l'atmosfera che non è delle migliori visto il silenzio che si è generato.
"Bene, mi fa piacere!".
"Ora scusateci ma dobbiamo uscire" sussurro, lanciando un'occhiata significativa a Lisa, che annuisce e scrolla le spalle in loro direzione.


"Quaranta euro buttati".
"Stai zitta che ti sta benissimo! Farai un figurone!".
"Non me ne frega, onestamente...".
"Ma la pianti? Tieni il muso da tutto il pomeriggio e sei insopportabile, lo sai?".
Appena uscite dallo store di Berska del centro commerciale più vicino, Lisa mi trascina su una delle panchine in legno stranamente libere e mi degna della sua migliore occhiata arrabbiata che non dona affatto al suo visino  angelico e un po' tondo.
"C'entrano Dario e Chiara" aggiunge poi, con una degna esclamazione, senza alcun tono interrogatorio.
Deglutisco e mi passo nervosamente una mano tra i capelli, sapendo che non potrei mai mentire a Lisa perchè mi conosce troppo bene.
"Dario mi ha deluso..." ammetto, scrollando le spalle.
"Ah, Dario ti ha deluso, certo. Ti ha deluso perchè evidentemente tua cugina gli ha rotto le scatole e alla fine ha accettato? Almeno lo sai, pensa a lui che ignora che la sua migliore amica abbia avuto una storia con un suo professore!" esclama Lisa, severa più che mai, penetrando il mio sguardo con i suoi occhi chiari che non sembrano dolci come al solito.
"Questo è un colpo basso, sei stata una di quelle che mi ha incoraggiato a farlo!" la rimprovero, paonazza e rossa in viso nel giro di pochi secondi.
"Certo, ti ho incoraggiato a farlo, ma non a mentire a Dario!" precisa. "E'una questione diversa. Non capisco perchè diamine tu gli abbia nascosto la verità, è una persona di cui ti fidi, proprio come me e Trudy".
"E' diverso!".
"Ah sì? E perchè?".
"Perchè... Lo so che è stupido, ma temevo la sua reazione" rivelo, mordendomi il labbro come faccio sempre quando sono nervosa. "Dario è una delle poche persone che mi ritiene intelligente e tutto il resto e...".
Lisa mi blocca, scuotendo il capo con decisione. "No, Lena, deve esserci altro sotto" borbotta, convinta più che mai.
"Scusa, vuoi sapere meglio di me come mi sento?" esclamo, incredula per il livello di assurdità che la mia amica è in grado di raggiungere a volte.
"Certo che sì, se c'è una cosa che so di te, è che tendi ad ignorare certi aspetti ovvi della tua vita quando non ti fa comodo".
Senza capire, la guardo con aria interrogativa, ma per tutta risposta lei si alza e mi obbliga a fare lo stesso, per poi iniziare a cercare le chiavi della sua auto in borsa come se nulla fosse.
"Lisa, ma cosa...".
"Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine, Lena" dice solamente.
"Ma che vuoi dire?!" sbotto, infastidita da quell'aria da filosofa da quattro soldi che non le dona affatto.
Dov'è la mia migliore amica, quella che mi ha sempre supportato? Perchè, come Trudy, ormai si limita solo a rimproverarmi, senza darmi consigli?
Sono così fastidiosa e assurda da averle indotte ad uno stato di indifferenza nei miei confronti?
"Che in fondo c'è un motivo per cui ti stai comportando così, e prima o poi lo scoprirai, devi solo essere onesta con te stessa. Non devi fare come quando facevi un compito di matematica schifoso per poi ingorare la questione finchè non ti ritrovavi tre come risultato..." spiega, mentre usciamo dal centro commerciale e ci avviamo verso il parcheggio, circondate da numerose persone che si apprestano ad entrare al contrario nostro.
Non rispondo, sentendo uno strano magone in gola, e mi fingo interessata al mio cellulare, che mai come oggi è più silenzioso che mai.
Quando rientriamo in macchina, nel momento in cui la metto in moto sento una strana sensazione che, sconvolta  come sono, mi porta ad ignorare il cartello che indica la direzione per tornare a Caserta e imbocco la strada per Napoli.
"Ma che fai? Lena, hai sbagliato strada!" esclama Lisa, tra il preoccupato e il confuso.
"No, sto per risolvere il problema, ok?" sbotto.
"Cosa? Ma Dario non sta a Napoli, ricor...? O no!" si interrompe, portandosi una mano alla bocca, "Tu vuoi andare da Leo!".
"Sì. Se voglio risolvere il pasticcio, è meglio partire con il dirlo a lui, no? E' con lui che è iniziato tutto!".
"Lena, no, calmati, per favore, sono le sei passate, tra poco farà buio e...".
"Di cosa hai paura? Senti, ti è piaciuto fare il Grillo Parlante? E ora mi accompagni, ci metterò poco, tanto ormai è perso di un'altra, non potrà dispiacergli più di tanto" mormoro, più per convincere me stessa che lei, in realtà.
E' come se la mia coscienza si fosse risvegliata dopo un lungo periodo di torpore e inattività, anche perchè, alla fine, se Lisa è arrivata a rimproverarmi significa che ho sbagliato di grosso.
Conosco questa sensazione, questa volontà mista a paura, non è la prima volta che la provo, e probabilmente non sarà nemmeno l'ultima.
Devo essere coraggiosa, devo riuscire a parlargli, altrimenti non riuscirò nemmeno a dirlo a Dario.
Così, Lisa tace e accende la radio, iniziando a canticchiare come al solito, forse per tenere comunque la bocca aperta ma senza parlare.
Trentacinque minuti dopo, così, mi ritrovo fuori il condominio in cui abita Leo, e la cosa non può non farmi ricordare la sera in cui dopo la questione di Spotted mi decisi ad andare a letto con lui.
"Ti aspetto qui" sussurra la mia amica, con un'occhiata che cerca di darmi conforto.
"Sì, ci metterò poco" rispondo, per poi uscire dall'auto.
Decisa, sentendo che tra poco la mia coscienza sarà più pulita, salgo rapidamente le rampe di scale che conducono a casa di Leo, e subito busso per farmi aprire.
Uno, due, tre... I secondi mi sembrano infiniti, l'attesa dura in eterno, finchè, finalmente, la porta si apre, rivelando una lunga chioma bionda con il corpo coperto solo da una camicia che a stento le copre un po' di cosce.
Boccheggio, senza parole, ricordando che, spesso, c'è sempre un altro problema che ti impedisce di risolvere un problema.
"Germana, che ci fai qui?" boccheggio, incredula.
"Potrei farti la stessa domanda, sai?".

*°*°*°

TADAAN!
Finale con il botto direi, non credete?
So di non essere stata proprio "brava" visto che aggiornerò dopo il 18 febbraio e la conclusione vi ha lasciato a bocca asciutta, ma doveva andare così.
Mi dispiace, ma prometto che in un modo o nell'altro mi farò perdonare :)
In compenso, il capitolo è bello lungo e succedono tante tante cose.
Ovviamente, ci sono tante domande: Chiara come ha fatto a convincere Dario? Germana è la famosa ragazza che ha rubato il cuore di Leo? Cosa succederà ora che Lena è stata "beccata"?

Grazie a tutti voi che, leggendo e lasciandomi recensioni, avete migliorato tantissimi momenti del mio 2013 :)
Spero che il vostro anno si concluda nel migliore dei modi e che il 2014 sia strepitoso!

Mi dispiace abbandonarvi per due mesi, ma il dovere chiama... Ho due esami belli tosti, entrambi a febbraio, ed ho finito i capitoli già scritti, quindi conciliare le due cose sarebbe impossibile.

Mi mancherete tanto!
Se vi va, appena potrò aggiungerò qualche spoiler nel gruppo facebook:


BUON ANNO A TUTTI! :*

milly92.



Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Vuoto a Perdere ***


15ff

E dopo due mesi eccomi di nuovo qui.
Grazie a chi leggerà, mi siete mancati tanto!


Capitolo 15
Image and video hosting by TinyPic



... Ma non mi fermo più
mentre vado a cercare quello che non c'è più
perchè il tempo ha cambiato le persone.  

Sono un'altra da me stessa,
sono un vuoto a perdere ,
sono diventata questa
senza neanche accorgermene.

Non c'è cosa più pesante di un lungo silenzio imbarazzante.
Puoi percepirlo perchè riempie ogni particella di ossigeno che ti circonda e ti fa rimbombare nella testa tutte quelle frasi che vorresti pronunciare, una che si accavalla sull'altra.

Non so come, trovo il coraggio di alzare lo sguardo e di ritrovarmi faccia a faccia con Germana, che mi è seduta di fronte con un gigantesco punto interrogativo stampato in faccia.
I ricordi dell'ultima ora - io che, nel panico, dico: "Germana, appena puoi vieni da me e ti spiego", per poi scendere di corsa le numerose rampe di scale, rinchiudermi in auto e tornare nella casa che divido con Trudy insieme a Lisa - si sovrappongono nella mia testa, e ciò mi rende alquanto stordita.
"Io nelle ultime settimane sono uscita con il professor Scott" inizia Germana, forse comprendendo che non parlerò se non spinta in questa assurda conversazione.
Ricordo vagamente Marina dire che era uscita con qualcuno abbastanza spesso, ma non pensavo fosse sempre lo stesso ragazzo.
"Tu cosa ci facevi oggi fuori casa sua?" aggiunge, insistente.
Deglutisco, e posso percepire quanta voglia di chiarezza sia espressa dal suo volto.
"Volevo dirgli la verità" dico quindi, abbastanza stupidamente.
"E cioè...?".
"Germana, sono uscita con Leo per circa un mese! Lui mi ha notata nel pub dove lavoro, ha voluto conoscermi, ed io non gli ho mai detto di essere una sua alunna!" vuoto il sacco, alzando la voce di parecchi toni tanto da farmi risultare decisamente isterica.
Non oso immaginare le condizioni e il colore del mio volto...
"Per questo non ti ho mai visto alle sue lezioni! Che puttanella!" sbotta Germana, facendo rapidamente due più due, battendo un pugno sul povero tavolo della cucina.
Ignoro la sua offesa, perchè una grande parte di me sente di meritarla pienamente, così prendo un grande respiro e decido di continuare. "Senti, tra di noi non c'è stato nulla di sentimentale, era una cosa puramente fisica".
"Tu che hai fatto sesso con Leo! Inaudito! Alla faccia della santarellina!".
"Devo ricordarti tutte le volte in cui mi spingevi a cambiare e a darmi una mossa?" le chiedo, basita.
Comprendendo il punto della questione, lei annuisce e si morde il labbro, stordita dalla rivelazione.
"Senti, prima di partire io e lui abbiamo concordato di essere semplicemente amici, anche perchè non ci siamo visti per tutto il periodo in cui ho studiato per la prova di letteratura. Siamo andati a letto una, cioè, due volte e basta, per il resto siamo usciti solamente e abbiamo pomiciato un bel po'. Vederci mi ha aiutato a capire che posso essere chi voglio, che anche senza il mio ex valgo qualcosa, e, onestamente, rimpiango solo la rete di bugie che ho creato, perchè per ora solo Trudy, il suo ragazzo e una mia amica lo sapevano".
"Eh? E il tuo bodyguard, Dario?".
Alzo gli occhi al cielo spazientita, e scuoto il capo in segno negativo. E' così che gli altri vedono Dario, come il mio bodyguard?
"Non gliel'ho detto".
"E perchè mai...?".
"Senti, Germana, non ti interessa. Tu, piuttosto?".
Lei si morde il labbro, inizialmente un po' esitante, poi socchiude gli occhi e si decide ad aprir bocca.
"Io... Beh, lo sai che sono sempre stata la sua fan numero uno" ammette, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi. "Seguivo le sue lezioni con passione, anzi, ho anche capito delle cose di grammatica che ignoravo... Spesso gli chiedevo dei chiarimenti a fine lezione, ero sempre l'ultima ad andarmene, e un giorno gli ho chiesto di correggere una traduzione. Lui mi ha sorriso - sai com'è sexy quando sorride! - e mi ha detto che se volevo potevamo correggerla insieme quella sera, a cena. Non ho resistito, ho accettato, e al contrario di quello che credevo si è trattato di un vero e proprio appuntamento! Ero super nervosa, non mi sentivo così da secoli, e la cosa assurda è che non è successo nulla, nemmeno un bacio! Così mi ha invitato al cinema la sera dopo, poi la sera successiva siamo usciti ancora, ci siamo baciati e mi sono sentita morire, è stata una cosa assurda, stupenda, e da allora si può dire che vivo quasi a casa sua... E prima mi ha chiesto di tornare in America con lui, tra un mese".
Assorbo tutte quelle informazioni con una rapidità che mi sorprende e, senza nemmeno rendermene conto, tutti i pezzi del puzzle combaciano.
Ovvio che sia lei la sconosciuta ragazza che ha rubato il cuore di Leo! E' fuori dagli schemi, tutto fuorchè timida, una sorta di bomba ad orologeria che non si sa quando scoppierà... E' perfetta per quel poco che so di lui.
"Ci andrai?" domando semplicemente.
Germana alza gli occhi al cielo e sbuffa, portandosi una mano alla tempia e massaggiandola.
"Sono affari miei, Lena, e in più non capiresti".
"Certo, ovvio, non potrei mai capire i mirabolanti pensieri di Germana De Santis, eppure era lei quella che un paio di volte mi ha detto che alla fine, dopotutto, siamo simili" sbotto, lanciandole un'occhiata di rimprovero.
"L'ho detto perchè avevo capito che ci fosse qualcosa sotto, poi sentii che alla fine ti eri fatto Matteo dopo la rottura con l'ex e...".
"Quindi puoi solo sparare sentenze e infastidirmi? Senti, non penso che qualcuno oltre me sappia della faccenda di Leo, quindi se ti va di parlarne sai che lo farai con una che può capirti, altrimenti ciao".
Seria più che mai, mi alzo per la frustrazione, senza sapere cosa fare, cosa dire, cosa pensare: la certezza che mano a mano mi riempie ogni fibra del mio corpo è assurda ma quanto mai veritiera. Io e Germana, seppur per motivi diversi, ci troviamo nella stessa situazione, ma un po' la invidio perchè lei prova dei sentimenti per quest'uomo, mentre io mi sono cacciata in questo reticolo di bugie per nulla.
"Non voglio diventare come mia madre" dice all'improvviso lei, con voce atona.
La guardo senza capire, sorpresa.
"Mia madre ha mollato tutto per mio padre. Ha lasciato la sua città, ha litigato con la sua famiglia che voleva farla sposare con un medico, l'ha seguito fino in Valle d'Aosta a causa del suo lavoro - era un militare - e poi, un bel giorno, lui la tradisce con mille donne diverse, lei lo scopre, lo lascia, con a carico una bambina di otto anni, e non torna a casa per il litigio con i suoi, così senza lavoro, senza un soldo, va in una piccola città della Campania, da un'amica, e inizia a fare lavori saltuari per dar da mangiare a sua figlia. Ecco la storia di Germana, detta anche la Troiana. Ma perchè fosse così, perchè odiasse legarsi per sempre solo con un uomo e perchè, al tempo stesso, avesse bisogno sempre e costantemente dell'affetto di un ragazzo, anche solo per una notte, nessuno se l'è mai chiesto. E' facile giudicare, lo sappiamo tutti, ed io mi odio perchè adorerei mollare tutti e tutto e volare in California con Leo" spiega, con un crescendo di emozioni che le si dipingono in volto e che danno vita ad un volto serio, preoccupato, triste, che non le ho mai visto in faccia.
Mi porto una mano alla bocca, sentendo quasi le lacrime agli occhi, e come una stupida non so cosa dire.
L'ho sempre giudicata, non mi sono limitata a difendermi quando ero vittima dei suoi attacchi, ed ora provo una grande compassione per lei, compassione che so non vorrà vedermi esprimermi a causa del suo essere, dopotutto, orgogliosa. Ecco perchè non ce ne ha mai parlato, in tre anni che la conosciamo.
"Io... Mi dispiace, non...".
"Per favore, non voglio la tua pietà" mi blocca, alzandosi a sua volta e fronteggiandomi.
Annuisco, per nulla sorpresa. "Hai tutte le ragioni del mondo, Germana, sul serio. Potresti, non so, proporgli che lo raggiungerai in estate, dopo la sessione e tutto il resto".
"Pensi che non ci abbia pensato? So che se ci andrò, non tornerò più qui".
Deglutisco, sul serio senza sapere cosa dire. "Qualunque cosa sceglierai, sarà quella giusta".
Germana sembra sul punto di invocare una divinità per la disperazione, perchè alza lo sguardo e sembra stia guardando il soffitto.
"Ecco perchè non siamo amiche, sai solo sparare stronzate" biascica.
Non riesco a prendermela, presa come sono dalla sua storia e dal "Momento-confidenza" che abbiamo condiviso.
"Eppure ci siamo fatte lo stesso ragazzo, questo non conta niente per te? Significa avere qualcosa in comune" ironizzo, sentendomi decisamente stupida.
"Hai un senso dell'umorismo che fa schifo. Me lo ricordi pure? Hai scopato con quello che fino ad ora è l'unico uomo che mi abbia sul serio ammaliato e me lo ricordi pure?!" chiede, incredula.
Imbarazzata, abbasso lo sguardo, senza sapere cosa dire.
"Allora vattene in California e non avrai più a che fare con questa scema" dico semplicemente, indicandomi.
"No, direi che è ora di andare a casa" ribatte invece, raccattando giacca e borsa e avviandosi verso l'uscio.
"Germana!" la chiamo, trattenendola per un braccio.
"Che c'è?".
"Per favore, acqua in bocca. Nessuno deve sapere nulla" la prego, esasperata come non mai.
Lei annuisce, con un sorriso mesto. "Sono obbligata, non posso smerdarti perchè tu potresti fare lo stesso con me" mormora, aprendo la porta d'ingresso.
"Germana" ripeto.
"Che c'è?" domanda di nuovo, esasperata.
"Io devo tornare a Caserta, quindi probabilmente ci rivedremo tra qualche settimana... Puoi chiamarmi quando vuoi se ti serve qualcuno con cui parlarne".
Annuisce impercettibilmente, evidentemente colpita da quell'offerta gentile, e poi mi saluta con un cenno, scomparendo dalla mia visuale nel giro di pochi ma lunghi istanti.
Chiudo la porta d'ingresso, stordita, confusa, sapendo che mai mi sarei aspettata di condividere dei segreti con una persone come Germana da quando la conosco.
"Ehi, tutto bene?".
Alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti le mie due migliori amiche che mi fissano con apprensione.
"Lo so che avete origliato tutto" dico solo.
"Beh, la casa è piccola" mormora in difesa Trudy.
"Certo" rispondo, sarcastica. "Comunque dobbiamo tornare a casa, è tardi, domani c'è la laurea...".
"Lena, lo sappiamo che non va niente bene, smettila di essere razionale, blocca il tuo cervello e sfogati" sussurra Lisa, avvicinandosi e abbracciandomi con calore, seguita da Trudy che la imita.
"Che cosa dovrei dire, che sono un'idiota? Ho creato un casino per nulla! Un castello di bugie inutili, che mi faranno perdere tanto quando crollerà! Non ce la faccio, non ho le palle per affrontare tutto questo, me la sono fatta sotto quando ho visto Germana! Sono una stupida, mi faccio pena da sola, ho così tanto bisogno di attenzioni che ho ceduto al fascino di uno che nemmeno m'interessa sul serio solo per uscire con qualcuno e sentirmi meno sola... Dario mi odierà, io mi odio, ma se lo dico ad alta voce diventerà tutto vero e... E non sono pronta..." inizio a singhiozzare, senza riuscire a trattenermi.
Mi sento un mostro, la solita vocina rompiscatole mi riempie la testa di considerazioni cattive e scoraggianti, mentre l'unica cosa che mi fa sentire un po' più al sicuro è rappresentata dall'abbraccio caloroso delle mie amiche che, non sapendo cosa dire o fare, scelgono il silenzio come compromesso, lasciando spazio all'affetto che provano per me.


"Ma che ci facevate a Napoli? Sono quasi le dieci, siete uscite cinque ore fa!" esclama mia mamma, apprensiva come al solito, quando io e Lisa, appena tornate a casa, le raccontiamo una parziale verità per giustificare il nostro ritardo.
Bugie su bugie, ancora, diamine!
"Trudy aveva bisogno di me, ha litigato con Davide" mento, con il tono più neutro che riesco a trovare. "E siamo passate anche da Lisa per prendere la sua roba, stasera dorme qui...".
"Se non è troppo disturbo" aggiunge la mia amica, timida come lo è raramente.
"Ma certo che no, solo che avevo preparato la cena e si è fatto tardi, così abbiamo mangiato un'ora fa".
"Mamma, tranquilla...".
"Ho lasciato comunque qualcosa, ora corro a riscaldare tutto!".
"Faccio io, tranquilla, sul serio, vai a vedere la tv con papà, e dopo ti faccio vedere il vestito" la rassicuro.
"Va bene" annuisce. "Buon appetito, se avrete ancora fame nella dispensa ci sono...".
"Ci sazieremo, Stefania, tranquilla" dice Lisa, sorridendole candidamente. "E già so che sarà tutto squisito".
Soddisfatta, mamma ricambia il sorriso ed esce dalla cucina, lasciandoci da sole e immerse in uno strano silenzio.
La mia amica si finge impegnata mentre mi aiuta a preparare la tavola, aggiungendo posate e bicchieri, per poi esplodere dopo un paio di minuti, non potendone più.
"Ho sbagliato, non dovevo farti quella ramanzina! Ho esagerato, davvero" si scusa.
Non posso vedere il suo volto perchè sto riscaldando le patate e la focaccia con prosciutto e mozzarella preparata da mamma e quindi le do le spalle, ma onestamente non mi andrebbe nemmeno di guardarla negli occhi.
"Invece hai ragione. Poco a poco risolverò tutto, è difficile ma ce la devo fare, devo trovare un po' di coraggio" mormoro, sentendo il peso di quella decisione ardua direttamente sul mio stomaco, come se fosse di piombo.
"Tutti sbagliamo prima o poi, e alla fine tu non hai ucciso nessuno e...".
"Lisa, basta, pensiamo alla cena, domani ci aspetta una giornata lunga" la interrompo, riuscendo finalmente a voltarmi e a guardarla in faccia.
La vedo annuire e accennare un discreto sorriso, per poi avvicinarsi alla padella e dire con falsa disinvoltura: "Oh, ma che profumino!".
Così, nel giro di dieci minuti siamo a tavola, con le mascelle al lavoro e uno strano silenzio che viene interrotto da una risata cristallina e un'imboscata da parte di Chiara e Dario, che entrano nella stanza.
"Ma buonasera, ce l'avete fatta a tornare!" esclama allegramente Chiara, sorridendo come se avesse una paresi facciale. "Noi abbiamo cenato fuori con una bella pizza" aggiunge.
La parte meno nobile di me vorrebbe uscirsene con un "Ti ho forse chiesto dove hai cenato?" ma la sopprimo e mi limito a sorridere, proprio come fa Lisa.
"Noi abbiamo fatto shopping" rispondo invece, scrollando le spalle.
"E come mai siete tornate così tardi?" chiede il mio amico.
"Siamo andate a Napoli a salutare Trudy, tanto non avevamo niente da fare" rispondo.
"Beata te! Io vorrei ancora dare un'occhiata alla tesi ma ho la testa già alla festa a casa di Susy! E' una villa lussuosa, ci divertiremo un casino!" dice energicamente, lanciando un'occhiata ammiccante a Dario che, per tutta risposta, evita il suo sguardo, fingendosi interessato al display del suo cellulare.



Quando pensavo al tirocinio, negli anni precedenti, mi immaginavo coinvolta in situazioni lavorative interessanti, che mi avrebbero messo alla prova e insegnato quello che i libri non dicono.
Ritrovarmi fuori ad una lussuosa villa situata nella periferia di Caserta, alle undici di sera, con un'eccitata Chiara alle calcagna, al contrario, non era affatto nei miei piani.
Eppure eccomi qui, dopo un lungo sabato trascorso tra le lezioni a scuola, il parrucchiere, la sua seduta di laurea e la breve festa con i parenti in un ristorante in cui si è mangiato da schifo.
La seduta di laurea è stata noiosissima, onestamente, e Chiara è riuscita a strappare un novantadue su centodieci, lamentandosi con i genitori che in realtà meritava cento ma la sua relatrice le ha dato solo un punto sulla tesi perchè è una vecchia zitella acida invidiosa di lei.
"Ho il dolce sullo stomaco" sussurra Dario al mio orecchio destro, approfittando della momentanea distrazione di Chiara che è corsa ad abbracciare la proprietaria della villa con i suoi soliti modi affettati.
"Poverino! Spero che ciò non interferisca con i tuoi doveri da accompagnatore" lo prendo in giro, voltandomi verso di lui e sorridendo con evidente sarcasmo.
Elegante e affascinante come non mai - lo ammetto, con giacca, cravatta e camicia sembra tutta un'altra persona - lui sdrammatizza con un sorriso e sospira.
"Te la sei presa, eh? So di non essere stato coerente...".
"Ma sei scemo? Dario, è la tua vita, e mia cugina è una bella ragazza e...".
"No, non c'entra, è che...".
"Sono pronta per ubriacarmi! Ho fatto la brava per mesi, ho dato tre esami da gennaio a ora e devo riprendermiii!".
Il nostro breve confronto viene interrotto da una sexy Lisa che ci raggiunge camminando in modo tra l'elegante e l'ammaliante, con le gambe rese chilometriche dalle scarpe con il tacco dodici e il corpo fasciato da un miniabito azzurro chiaro e oro.
E' così che l'unico tentativo di confronto tra me e il mio migliore amico scompare, lasciando spazio ad una serie di risate e battutine nei confronti di Lisa.
In effetti, a quanto pare, io e Dario siamo bravi a non affrontare i problemi e ad ignorare le discussioni.
Mano a mano, macchine abbastanza costose iniziano ad arrivare nei pressi della villa, rivelando proprietari ed ospiti eccessivamente eleganti e di sicuro ricchi.
"Oh mio Dio, ma quella è Vanessa MakeUp!" esclama Lisa, indicando una ragazza non molto alta con lunghissimi capelli rosso fuoco e un trucco non proprio sobrio che ci è appena passata davanti.
"Chi?" domando.
"Sei proprio arretrata! E' una delle ragazze si occupano di make up più famose di YouTube!".
"Non vedo i tutorial" mi difendo.
"E quello è Cristiano, il youtuber più famoso per quanto riguarda i video degli scherzi telefonici!" aggiunge sbalordito Dario, indicando con il mento un ragazzone scuro di capelli che sta ridendo con un amico, appena uscito da una modesta Fiat Cinquecento.
"Ok, sono ufficialmente un'ignorante. Non vedo la tv, figuriamoci YouTube" spiego, sentendomi sul serio una vecchia noiosa.
"Tua cugina sa il fatto suo" mormora Lisa, entusiasta. "Oh, ci divertiremo!".
In effetti, constato mezz'ora dopo, il divertimento c'è, ma non per me.
La casa di Susy è enorme e stupenda, e il cuore della festa è rappresentato da un enorme soggiorno che dà su una spaziosa terrazza.
L'impianto musicale sta dando "We can't stop" di Miley Cyrus, e Dario si è dissolto con la festeggiata e Lisa, al mio fianco, chiacchiera con la famosa Vanessa.
Le scarpe iniziano a farmi male, e l'istinto di gettarle per aria è molto forte, ma cerco di trattenermi anche se non so come farò visto che la festa finirà almeno verso l'alba.
"Ho imitato il tuo tutorial oro e nero per il mio ventunesimo compleanno, è piaciuto molto!" spiega la mia amica.
"Ma davvero?". Vanessa fa un sorriso non proprio sincero e si toglie una ciocca rossa dalle spalle, mentre si guarda attorno, forse alla ricerca di qualcuno.
"Sì! Possiamo scattarci una foto insieme? Taggherò la tua pagina su Facebook!".
"Va bene, ma mi raccomando, quella ufficiale, ci sono delle pischelle idiote che vogliono imitarmi a tutti i costi!".
"Certo, ovvio!".
Entusiasta più che mai, Lisa estrae il cellulare dalla borsa e me lo porge. "Ci scatti la foto?".
Annuisco pazientemente, e dopo che Vanessa obietta di doversi mettere a destra "Perchè quello è il suo profilo migliore" riesco a compiere la mia missione.
"Se usi i filtri di Instagram non usare il bianco e nero, lo odio, voglio dire, elimina il gioco di colori dell'outfit e del trucco".
"Ovvio" sussurra Lisa, ora un po'più scioccata.
"Oh!". Vanessa si illumina, vedendo qualcuno oltre le mie spalle, e nel giro di tre secondi abbassa la scollatura già bella profonda del suo mini abito. "Gus, Gus! Ciao!". Mi oltrepassa come se fossi un fantasma e si getta addosso ad un ragazzone affascinante che la stringe a sè premurandosi di palparle il sedere. "Ora vado, ciao Laura".
"Lisa!" protesta la mia amica, ma nessuno la sente perchè ormai Vanessa e quel Gus si sono dissolti nel nulla.
"Simpaticissima" osservo, celando un colpo di tosse sarcastico.


"...E quindi, sai, non è facile avere nuovi seguaci sul mio blog ma ce la metto tutta, purtroppo devo scendere a compromessi e spesso devo parlare di argomenti che interessano al pubblico e non a me...".
Alle tre e un quarto me ne sto su un divano con un certo Max, che a quanto pare è un blogger abbastanza noto e che è stato ospite in qualche programma tv di qualche canale meno noto al pubblico.
Non è male, è carino e simpatico, e mi si è avvicinato circa un'ora fa, quando Lisa ha iniziato la sua eterna conversazione con un ragazzo che frequentava l'università con Chiara e sono rimasta da sola.
Il fatto che poi la conversazione stia avendo luogo da seduti, in modo da far riposare i miei poveri piedi, aumenta di più la mia buona disposizione nei confronti di questo ragazzo.
Sono un po' brilla, e deve essere per questo che riesco a parlare tanto senza fregarmene delle stronzate che potrei sparare.
"Ad esempio?" domando, poggiando la testa di lato e bevendo l'ultimo sorso di gin lemon con avidità.
"Gossip, reality show, queste scemenze qui. Ma almeno una volta ho avuto l'opportunità di intervistare i giudici di X Factor".
"Wow! Wow!" ripeto, non proprio intelligentemente.
"Vuoi che ti prenda qualche altra cosa da bere?".
"Un po' di sangria, gracias, chico!".
Max sorride e prende il mio bicchiere vuoto, tornando dopo un paio di minuti con la bibita. Me la porge e lo ringrazio, così torno a bere.
"Come conosci Chiara?" mi domanda.
"E' mia cugina. Che pizza, non puoi sceglierti i parenti!" rispondo, scrollando le spalle.
Davanti a noi, un gruppo di gente ubriaca inizia a fare un ballo imbarazzante sulle note di una canzone che ignoro.
"Oh, allora devo chiederle di presentarmi più spesso qualcuno della sua famiglia".
Ignorando l'ultimo commento, ma ridendo, mi guardo intorno e vedo che la padrona di casa ha appena preso in mano il microfono con aria altezzosa, come se fosse la più brava delle presentatrici tv. "Gente, un po' di attenzione, per favore!".
Come se avesse parlato il Messia in persona, tutti, anche gli ubriachi, smettono di dedicarsi alle loro dubbie attività, ed io, sentendo che da quel microfono non potrà uscire nulla di buono, mi scolo l'intero bicchiere di sangria in due sorsi.
"Vi state divertendo? Bene, innanzitutto facciamo un'applauso alla nostra Chiara... Chiara, dove sei?".
Un fragoroso applauso prende vita in tutta la sala, e Chiara fa un'entrata trionfale, sorridendo al mondo intero.
Come diamine fa ad essere ancora perfettamente pettinata e truccata dopo ore ed ore?!
"Eccoti qui, tesoro! Ti ricordi quando ti avevo promesso una festa VIP? Ecco, ho mantenuto la mia promessa, e c'è qualche paparazzo in giro che ha fatto degli scatti compromettenti! Continuate a divertirvi, gente, ma dopo aver guardato questo!".
Susy indica il proiettore che c'è dietro di lei, le luci si spengono e iniziano ad essere proiettate varie foto di gente non proprio sobria con in sottofondo una canzone dal ritmo sostenuto.
Una tizia con il vestito bianco bagnato che mette in mostra tutta la sua trasparenza, un ragazzo e una ragazza che ballano in maniera alquanto sconcia, addiritura una che vomita in terrazza... Dopo una ventina di foto, il mio cuore perde un battito, e mi chiedo se la visione che si è parata davanti a me sia tutta colpa dell'alcool, ma a quanto pare no visti i fischi di approvazione.
Chiara e Dario se ne stanno avvinghiati su un divano, intenti nel baciarsi. Lei ha la spallina dell'abito abbassata e lui ha il nodo della cravatta allentato.
Non ricordo altri dettagli perchè mi giro, nauseata, ma cerco di dare la colpa ai drink bevuti.
Sento improvvisamente caldo misto ad una sensazione di disagio e provo a respirare con più regolarità perchè mi sembra di essere in apnea.
"Almeno una della tua famiglia si è data da fare" osserva Max, avvicinandosi di più a me e facendo l'occhiolino.
"Che vuoi dire?" sbotto, incredula, con lo stomaco che sembra si stia attorcigliando su se stesso.
"Nulla. Se vuoi darti da fare anche tu, tienimi presente" mormora contro il mio orecchio, ammiccante, e sfiorandomi leggermente la gamba destra.
Lo guardo, battendo numerose volte le palpebre, perchè sono brilla e sento la testa che non è proprio ferma sulle mie spalle, e deve essere questo che mi porta a fare ragionamenti assurdi.
Se c'è una cosa peggiore per chi ragiona sempre, è il pensare sotto l'effetto dell'alcool, che porta a ragionamenti contorti e controproducenti.
In realtà non so nemmeno io cosa penso, ma fatto sta che dico: "Ti tengo presente" e, come reazione, mi ritrovo Max che mi si getta addosso, baciandomi con un trasporto eccessivo e appoggiando entrambe le mani sui miei fianchi, come se non stesse aspettando altro.
L'odore forte del suo dopobarba misto a quello di rum invade le mie narici, e deve essere questo che mi porta ad allontanarlo da me con uno scatto, facendo sì che egli mi guardi senza capire.
"Pensavo lo volessi anche tu" dice, sconcertato.
"Io... De...Devo...".
"Cosa?".
Ma al posto di una risposta verbale ha una risposta concreta, visto che nel giro di un istante si ritrova le scarpe sporche di vomito a causa mia.
Max scatta su come una molla e mi guarda nauseato, portandosi una mano alle narici per non sentire l'odore causato dal mio gesto.
"Hai bevuto solo tre drink, che cazzo di reazione eccessiva!" sbotta.
"Sc-scusami, scusami, io...".
Lui continua a fissarmi ed io, per la vergogna, con la testa che mi gira, me ne scappo, trovandomi nei meandri di quella lussiosa e vasta villa, senza sapere cosa fare. Per fortuna ho ancora la mia piccola borsa con gli effetti personali con me, e, ormai disperata, varco la prima porta bianca dalla maniglia color oro che mi trovo davanti e scopro che, per fortuna, è un bagno.
Mi chiudo dentro, mi sciacquo la bocca, e quando mi guardo allo specchio vedo una Lena con il trucco sbavato, la faccia pallida e i capelli non più perfettamente ordinati.
La mia immagine viene sostituita da un flash accecante che mi mostra di nuovo la foto di Chiara e Dario, ma mi sforzo di non pensare a nulla.
Non so cosa pensare, al riguardo, se non che tutti cambiano, io per prima se è per questo.
Noto che non avevo mai baciato uno appena conosciuto ad una festa senza interesse, e la mia poco sobria conclusione è che una parte di me si stia sforzando di regalarmi in maniera poco ortodossa l'adolescenza "pazza" che non ho mai vissuto.
Ancora con la testa che mi gira e alquanto stordita, prendo il cellulare e chiamo un numero che non sono solita contattare in genere.
Dopo numerosi squilli, finalmente, la voce mi risponde, decisamente infastidita.
"Ma che cazzo vuoi a quest'ora? Sono quasi le quattro!".
"Oh, ho chiamato te, haha".
"Lena, ma sei ubriaca?".
"Ho visto una foto in cui Dario bacia quella stronza di mia cugina, la fashion blogger, quindi devo per forza essere ubriaca, secondo me me lo sono immaginato".
"Cosa? Lena, cosa vuoi, perchè mi hai chiamato?".
"Forse sei l'unica che mi capisce. Ho baciato un tizio sconosciuto e gli ho vomitato sulle scarpe, ha! Ma non fa niente, il grosso l'ho fatto con Leo, e non capisco più nulla, sai? Voglio dire, la mia vita non mi sembra più la mia vita, e forse nemmeno quella di Dario lo è, mi sento una scema, non mi sentivo così scema da tanto tempo! Sai, sono in un bagno a questa festa di merda, ci sono tante persone famose e... E io non so più niente...".
"Lena, hai solo bevuto, stai andando in paranoia, ora trovati un posto tranquillo...".
"La vasca! C'è una bella vasca, ci entro subito!".
"No, Lena, ascoltami...".
"Germana, non rompere, sono stanca, e la vasca è perfetta!".
Germana sbuffa sonoramente, mentre io valuto la vasca con un'aria degna del peggior architetto sbronzo.
"Hai chiuso la porta a chiave?" chiede poi, pazientemente.
"Sì".
"Sbloccala".
"Perchè?".
"Perchè... Devi farlo, è maleducazione usufruire della vasca degli altri chiudendosi dentro" inventa Germana, pensando che fare leva sull'educazione possa servire.
E in effetti ci riesce, perchè obbedisco. "Fatto".
"Ed ora getta la chiave fuori dal bagno".
"Va bene. E' divertente, sai? Ha urtato il muro ed è caduta per terra...".
"Bene, ora...".
"Ora mi stendo nella vasca, ciao Germyyy, ti voglio bene!".
"Fai la brava puttanella" dice lei, con un tono preoccupato che, purtroppo, non ricorderò.


*°*°*°
Dopo quasi due mesi eccomi qui, gente, stanca ma soddisfatta nell'essere riuscita a scrivere il tutto in quattro giorni.
Se non avessi avuto altro da fare ci avrei impiegato anche di meno vista la voglia che avevo di scrivere, ma penso vada bene così, nemmeno io credevo di poter essere così rapida :)

Allora... Capitolo molto adolescenziale, non trovate?
All'inizio quasi tutti erano molto personaggi un po' più "Maturi" nel senso che sembravano sapere ciò che volevano ed ora, tadà, ne combinano di mille colori.
Lena è in piena metamorfosi, e lo strano "sodalizio" con Germana lo conferma.
Parlando di quest'ultima, ora conosciamo la sua storia che può spiegare il perchè del suo carattere.

A quanto pare, Dario ha ceduto al fascino di Chiara, e Lisa conferma un po' la sua vena da party-girl che aveva mostrato all'inizio.

Cosa dire, i commenti maggiori spettano a voi!
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso dopo due mesi di attesa :)
Fatemi sapere! ;D
Cercherò di aggiornare al più presto, promesso!

milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Ci Vorrebbe una Giratempo ***


16g

Ci ho messo un mese, ma ce l'ho fatta, scusatemi.
Sembrerà banale ma è un periodaccio, il tirocinio, lo studio e altre cose mi stanno facendo impazzire e non avere capitoli già scritti non aiuta.
Mancano circa altri nove capitoli, quindi, anche se lentamente, dovrete sopportarmi ancora per un po'... E so di star aggiornando pochissimo, ma ho notato che le recensioni sono calate a dismisura. Spero sia dovuto al fatto che avete altro da fare - ed io ne sono la prova vivente xD - e non perchè vi annoiate a leggere. In tal caso fatemelo sapere :)
Vi lascio al capitolo, che presenta qualche bel riferimento "Potteriano" :D
Cercherò di aggiornare presto, anche se a breve i capitoli a cui dovrò dare la priorità saranno quelli della tesi :/
Bacioni e buona lettura!  <3

Capitolo 16


Image and video hosting by TinyPic
 


"Eccoti! Germana aveva ragione!".
Mi sento scuotere con gentilezza, ragion per cui apro gli occhi e mi ritrovo davanti il volto sfocato di Dario.
Sento il marmo duro e scomodo della vasca che mi sta facendo a pezzi la schiena, ma la prima cosa che riesco a dire è: "Non voglio vomitarti addosso".
Il mio migliore amico mi guarda come se fossi un personaggio del cartone di Peppa Pig e poi mi porge una mano. "Non lo farai, tranquilla".
"Io... Io penso di essere un po' ubriaca" rivelo lentamente, come se non si fosse capito.
"Lo so, Germana me l'ha detto".
"Mi ha chiamato puttanella. Due volte, haha!".
"E perchè?".
"Perchè abbiamo scopato con lo stesso tizio...".
"Si è fatta Matteo anche lei?" ironizza Dario, non sapendo che, probabilmente, al momento sono più sincera di quanto lo sia stato negli ultimi mesi.
"Ma no... Però il nome fa rima, sai? Che coincidenza!".
"Stai sclerando, Lena. Ora, per favore, aiutami a renderti l'uscita da questa vasca più semplice...".
"Prendimi in braccio!" urlo, dimenando le gambe come se fossi una neonata, più energica di quanto senta di essere, in realtà.
"Va bene".
Concentrandosi come se stesse per fare un'operazione super delicata, Dario allunga le braccia, fino ad afferrare il mio busto e le gambe e mi solleva con non poca difficoltà. Mi arpiono al suo collo e appoggio la testa al petto, sentendomi finalmente al caldo.
"Sei più comodo della vasca" mormoro, ancora assonnata.
"Ma grazie".
Lo avverto muoversi, camminare, mentre la musica a palla del soggiorno disturba la pace che si era formata nella mia testa per un po', poi avverto una superfice ancora più morbida che mi avvolge e comprendo di essere su un divano.
"Dove sono?" domando stupidamente, tuttavia senza chiudere gli occhi.
"Su un divano, ora recupero le giacche e andiamo" risponde pazientemente lui.
Spalanco gli occhi e con uno scatto mi metto a sedere, sentendo la testa che mi gira per il movimento eccessivamente brusco.
"Ma non possiamo andarcene" obietto, mettendo a fuoco la sua figura con difficoltà.
"Certo che possiamo".
"No! Tu sei l'accompagnatore di Chiara...".
"Fidati, sono felicissimo di andarmene" dice seccamente, porgendomi la giacca che, puntualmente, respingo. "Ho caldo!".
"Sono le quattro e mezza, fa freddo, copriti!".
"Sei l'unico scemo che dice a una ragazza di coprirsi" mormoro, facendogli la linguaccia.
Udendo ciò, fa una faccia amereggiata, come se avessi toccato un tasto dolente, e mi aiuta ad indossare la giacca con pazienza, per poi afferrarmi la mano e aiutarmi a camminare.
Non so come, qualche passo dopo ci ritroviamo davanti Lisa, che ovviamente è sorpresa di vedermi in questo stato.
"Cosa...?".
"Ha bevuto, è ubriaca, la porto a casa" spiega Dario.
"Oh. Allora prendo la mia roba...".
"Se vuoi rimanere tranquilla, ci sono già io, e non ho bevuto quindi posso guidare senza problemi".
"No, mi sentirei un'amica orribile, Lena è in queste condizioni e...".
"Ti ho visto con quel tizio mezzo famoso, prima. Dai, rimani, non mi serviresti a nulla, ti prometto che la porterò al sicuro nel suo letto" la rassicura Dario, mentre io mi appoggio addosso a lui, con la testa che mi fa male.
"Sicuro?".
"Sicuro! Ci vediamo domani".
Dopo una serie di saluti e raccomandazioni, così, il nostro percorso prosegue, fino ad arrivare alla macchina e, circa mezz'ora dopo, nella mia stanza.
Dario, camminando lentamente e con passo vellutato per non svegliare nessuno, mi adagia sul letto con premura e lo percepisco accarezzarmi il volto con infinita dolcezza.
"Mi ricordo quando ti ubriacasti al primo anno e mi vomitasti addosso. Vorrei tornare indietro, sai? Solo per avere più tempo, per impedirti di metterti con quel coglione che ti ha spezzato il cuore e, magari, per non diventare il tuo migliore amico".
Osserva la falsa Giratempo che ho inchiodato al muro anni fa, quando la comprai a Londra visto che ho sempre amato Harry Potter, e poi la prende tra le mani.
"Ecco, se solo funzionasse... Potrebbe essere tutto diverso. Ma anche ora è tutto bello, ed è per questo che non voglio rovinare tutto... Non sarei di certo un Grifondoro". Sospira, quasi amareggiato, e mi accarezza un braccio con delicatezza, per poi accostarsi al mio volto, lentamente.
Quando i nostri nasi si sfiorano, però, si blocca, trattenendo il fiato. "Non succederà così, se succederà" mormora, lasciandomi un bacio sulla guancia.
Mi toglie le scarpe, adagia il mio corpo sotto le lenzuola, mi rombocca le coperte e, dopo un ultimo sguardo malinconico e colmo di dubbi si allontana, avvicinandosi alla porta.
"Vorrei che domani ricordassi tutto, ma conoscendoti non sarà così, ed è per questo che l'ho fatto".
E poi, tac!, il buio totale invade la stanza, lasciando spazio solo ad una luce un po' più chiara che proviene dalla finestra, simbolo dell'alba che sorgerà tra meno di un'ora.



"La sera tutti leoni, la mattina tutti coglioni!".
Alle due passate, quando metto piede in cucina, Daniele mi accoglie con questa frase, evidentemente non avendo ancora accettato l'essere stato brutalmente escluso dal mega party riservato ai "ventenni" - Chiara non voleva il fratello diciottenne tra le scatole, ovviamente -.
"Taci, invidioso" biascico, sedendomi e massaggiandomi una tempia con energia.
"A quanto pare siete stati i primi a tornare, Chiara è tornata alle nove" m'informa subito mamma.
"Eravamo stanchi e abbiamo deciso di andare a dormire" dice Dario, al suo fianco, lanciandomi un'occhiata d'intesa discreta ma efficace.
Ovviamente, per fortuna, non ha osato dire ai miei in che condizioni mi trovavo la sera precedente, e gliene sarò eternamente grata, visto che a tavola tendo a rifiutare sia vino che birra, non so perché.
"Sì, sì, c'era tanta, tanta confusione" lo appoggio, sollevata.
"Lì c'è del caffè" aggiunge mamma, indicando la macchinetta sul lavandino. "Noi abbiamo già pranzato...".
"Non ho fame, ma prendo il caffè volentieri" dico, alzandomi.
"Faccio io" mi blocca Dario, affabile.
"Grazie. Sei sveglio da tanto?".
"Dalle undici e mezza... Ho aiutato Daniele con i compiti di inglese e ho cucinato con tua mamma" spiega, tutto contento.
"Oh. Adottatelo se vi fa comodo, io vado dalla sua famiglia" ironizzo, sforzandomi di non accasciarmi con il busto sulla tavola a causa del post sbronza che mi fa ricordare perchè tendo a limitarmi ad un'innocente birra massimo una volta a settimana.
"Lo farei volentieri, ma non vorrei privare i suoi genitori di un figlio così bravo e gentile. Chissà dove abbiamo sbagliato con te!" mormora mamma, scompigliandomi i capelli come se avessi cinque anni e uscendo dalla stanza.
"Di sicuro hai battuto la testa quella volta che sei cascata dal seggiolone..." mi prende in giro Daniele.
"Idiota!".
"Ho ragione! Dario, devi sapere che Lena, il giorno del suo primo compleanno, è caduta dal seggiolone per prendere un piattino con la torta che...".
"Stai zitto, scemo!".
"No, no, fallo continuare, mi piace questa storia!" dice invece quello scemo di Dario, tutto soddisfatto, dopo aver appoggiato la tazza di caffè sul tavolo.
Imbronciata, così, bevo il tutto in un sorso ed esco dalla cucina, mi reco in soggiorno e accendo la tv con svogliatezza, abbassando al minimo il volume onde evitare che le condizioni della mia testa che sta già per scoppiare aumentino.
Nel giro di mezzo minuto, però, Dario si siede al mio fianco e la sua voce - normale per chiunque, alta per me, al momento- mi fa sobbalzare.
"Come... Come va? Ieri eri un po'...".
"Ho fatto qualcosa di ridicolo?" domando a bruciapelo, dando voce ad una delle domande che più mi affliggono.
I miei ricordi sono sbiaditi, poco lucidi, e si limitano a voci o sensazioni, alcune delle quali sono decisamente assurde.
"Ti ho trovato stesa in una vasca del bagno grazie ad una telefonata di Germana" spiega cautamente. "A quanto pare l'hai chiamata nel bel mezzo della notte per dirglielo" aggiunge, leggendo la mia confusione dipinta sulla faccia.
"Sì, ricordo di aver chiamato qualcuno" mormoro, detestandomi per quei drink bevuti che dovevano essere più forti del solito.
Poi, si sa, non sono un fenomeno nel reggere bibite alcoliche, per questo mi limito sempre a circa cinque-sei cocktail all'anno, proprio quando non posso rifutare o sembrare la scema di turno che beve bibite analcoliche.
"Comunque ti ho trovata per fortuna e ti ho accompagnato a casa" continua a spiegare, scrollando le spalle, e noto che è falsamente disinvolto, come se ci fosse altro sotto.
"Perchè? Voglio dire, c'era anche Lisa, tu eri l'accompagnatore di mia cugina" chiedo, ricordandomi della foto di lui e Chiara che si baciano.
Ricordo di aver visto la foto, bevuto tutto d'un sorso il drink che avevo in mano e... Quel Max che mi si getta addosso dopo qualche parola che non ricordo.
"Erano le quattro passate, Lena, sono stato con lei cinque ore, mi sembrano sufficienti" dice, evasivo.
"Ho visto la vostro foto" sussurro improvvisamente, un po' a disagio.
"E allora?".
Il suo atteggimento, ora, mi sembra quasi di sfida, e la cosa mi sorprende non poco. Deglutisco, senza capire.
"Niente, cioè, se la serata è andata bene tra voi avresti potuto anche...".
"Cosa, ignorare la chiamata di Germana e lasciarti in una vasca mentre non stai bene? Pensi sia un mostro che mette una serata con una ragazza prima del bene di un'amica?" sbotta, infervorato come non mai.
La cosa mi stupisce visto che da quando lo conosco è sempre stato la calma fatta persona anche nei momenti più colmi di ansia.
"Calmati! Ero solo sorpresa, tutto qui!".
"Sorpresa? Dovresti essere sorpresa dal fatto che una come Germana mi chiami per darti una mano, dopo che per tre anni non si è comportata bene, non di me. Hai una percezione sbagliata di chi ti circonda, dovresti saperlo che sei una delle persone più importanti della mia vita e che non ti abbandonerei mai nel momento del bisogno!".
"Ed io, non sono importante, cucciolo?".
Ci voltiamo e vediamo che una sorridente Chiara se ne sta sulla soglia della stanza, con una faccia riposata come se avesse dormito per ore.
Dario la guarda e, dopo un po' si esitazione, ricambia il sorriso.
Mi lancia un'ultima occhiata che non so affatto definire prima di alzarsi dal divano, andare in sua direzione, circondarle i fianchi con le braccia e baciarla con uno slancio che mi lascia senza fiato.
"Non ho dimenticato quella cosa, ci vediamo stasera?" le domanda quando smette di baciarla, accarezzandole i capelli.
"Ma anche oggi!".
"Va benissimo" risponde lui, tornando a baciarla come se fosse l'unica donna sulla faccia della terra.
"Scusate, vi lascio soli" mormoro, uscendo dalla stanza alla velocità della luce, diretta verso la mia stanza.
Daniele, appena uscito dal bagno, dice: "E' arrivata Chiara?".
"Sì, sì, è arrivata Chiara!" sbotto con impazienza, guardandolo male, prima di raggiungere finalmente la mia camera e chiudermi la porta alle spalle.
- Poverina, questa volta non c'è nessun drink o uno sconosciuto con cui limonare, come te la caverai? - mi domanda la vocina stupida nella mia testa, che sopprimo come tanti altri pensieri ed emozioni che ho lasciato sospesi negli ultimi tempi.
Si sono baciati, a Dario frega di me, sono una delle persone più importanti della sua vita, ma alla fine a ceduto a Chiara, ovvio.
Non dovrei essere delusa, lei è bella, accattivante, è l'ideale per chiunque, e riesco solo a pensare che non sono infastidita dal fatto che lei potrebbe farlo soffrire perchè sono concentrata solo su di me, su quello che sento, su quello che mi sta succedendo.
Che strano, era da un po' che non pensavo solo a me stessa senza preoccuparmi del resto del mondo, e la cosa mi fa paura perchè, diciamolo, non è quando proviamo qualcosa per qualcun altro che diventiamo eccessivamente egocentrici, passando il nostro tempo a preoccuparci per cosa ci succederà, come andrà, se quel maglione ti sta bene o se tu riceverai una risposta a quel maledetto sms?
Questo non può succedermi di nuovo, non ora!
Ma non succederà nulla se non farò nulla, giusto? Queste sono le regole, devo rispettarle per uscire indenne!
Devo riuscirci, e per farlo non devo nemmeno pensare a ciò che penso mi stia succedendo.
Non devo pensarci e tutto andrà bene, è così che funziona, è così che ci si abitua alle cose che non vogliamo far succedere e che ci complicherebbero la vita.
Poi, proprio quando mi ritrovo a pensare di complicazioni e cose che non vogliamo accadano, ecco che quel bastardo dell'universo reagisce con una vibrazione del mio cellulare che corrisponde ad un sms.

"She said no and I understood that I'm really  in love with her. I need a friend, and I know you're home, but, please, can I reach you so we can talk? Please. Let me know as soon as possible*".

Dopo settimane il mio cellulare riceve un sms da Leo, in perfetto inglese per di più, simbolo del fatto che sia sul serio sconvolto per il rifiuto di Germana e incapace di pensare a qualcosa di futile come la traduzione in italiano.
Perchè vuole aiuto da me? Non ha altri amici con cui poter parlare, accidenti?
I secondi trascorrono velocemente, trasformandosi in minuti, ed io non so cosa fare, perchè non ho bisogno di ulteriori problemi che sconvolgano già il mio precario equilibrio.

"Mi dispiace Leo, non posso, sono incasinata come non mai e non sarei d'aiuto. Scusami".

Invio la risposta rapidamente, prima di poter pentirmene e lasciar prevalare il mio non essere in grado di dire di no a nessun amico, e, provando a non pensare più a nulla, mi ritrovo a guardare fuori dalla finestra, dove la scena è rubata dai forti raggi di sole di una semplice domenica pomeriggio di inizio maggio.


"Già esci?".
Due ore dopo, mamma mi guarda sospettosa mentre prendo la borsa dall'attaccapanni. Annuisco distrattamente, controllando di avere il cellulare in tasca insieme al portafogli.
"Voglio fare una passeggiata".
"Dove vai di bello?" s'informa Dario, spuntando da qualcuna delle stanze come una sorta di fantasma.
"In giro. Ti avrei chiesto di unirti a me ma ho sentito che hai da fare con Chiara" mormoro, indifferente al massimo, in un modo in cui mi fa odiare me stessa come non mai.
Mamma lo guarda con attenzione e curiosità; conoscendola, dopo gli farà un educato e non affatto discreto terzo grado per saperne di più.
"Oh, sì, magari poi posso raggiung...".
"Devo scappare, ciao, ciao mamma, ci vediamo per cena!" lo interrompo, senza nemmeno guardarlo in faccia.
Esco di casa quasi di corsa, e sento che ho bisogno di prendere una boccata d'aria fresca.
Quasi quasi mi sembra di essere al di fuori del mio corpo, con la testa altrove, e la miriade di cose a cui ho bisogno di pensare è così eccessiva che, alla fine, mi riduco ad evitarli. L'unica cosa che so è che voglio stare da sola al momento e che ho fame visto che non mangio da più di sedici ore, e ciò mi conduce al bar più vicino a casa, il "Sunset", quello in cui ho passato gran parte dei miei giorni dai sedici ai diciannove anni.
Non ci entravo da più di un anno, onestamente, perchè è solitamente frequentato da liceali e quelli della mia fascia di età solitamente frequentano il "La Playa", ma fatto sta che metterci piede mi fa sentire ancora più strana se possibile, come se fosse ancora il duemilaotto ed io fossi una ragazzina che se ne sta seduta al bar a contemplare l'entrata per vedere l'eventuale arrivo di quel ragazzo che ti piace tanto ma che non ti guarderà mai perchè non ti conosce nemmeno.
Enzo, il barista, quando mi vede sorride e mi saluta con un: "Lena, da quanto tempo!" che mi fa capire che forse sono sul serio a casa e posso prendermi un po' di pausa dai problemi che mi affliggono la mente.
Ricambio il saluto e mi siedo ad un tavolino vuoto, senza nemmeno badare al menù che conosco a memoria e, probabilmente, non è cambiato affatto se non nei prezzi di solito aumentati a causa della crisi.
"Allora, cosa ti porto?" domanda Enzo, premuroso come lo è sempre stato con me e le mie amiche. "Anzi, come stai?".
"Bene" mento, facendo finta di nulla. "Sono qui solo per il tirocinio, torno a Napoli a metà mese. Comunque prendo un hot dog e un thè alla pesca, grazie" dico subito, per evitare ulteriore domande e spiegazioni.
Enzo annuisce, senza nemmeno scrivere l'ordine sul block notes, e torna al bancone dicendo qualcosa che non capisco, e nel giro di cinque minuti mi serve, raccontando le ultime novità del posto che, normalmente, troverei interessanti.
Per fortuna poi il dovere lo chiama e così riesco ad avere una decina di minuti di tranquillità per mangiare l'hot dog, anzi, divorare.
Il tutto viene interrotto da un: "Lena?!" decisamente sorpreso che mi ritrovo ad alzare la testa di scatto, trattenere il fiato, riabbassare il capo per pulirmi la bocca dai residui del panino e rialzarlo per mormorare un altrettanto sorpreso: "Luca?!".
"Lena, sei sul serio tu! Cavoli, da quanti anni non ci vediamo? Quattro?".
"Mi sa cinque...".
Luca, Luca Barbati per la precisione, è il mio ragazzo del liceo, l'unico con cui mi sia messa prima di Matteo e con cui mi sono lasciata in maniera abbastanza pacifica nel momento in cui, essendo due anni più grande di me, si diplomò e decise di studiare economia a Roma quando avevo diciassette anni.
La nostra storia durò circa sei mesi, e fu abbastanza tranquilla e priva di intoppi perchè eravamo abbastanza simili e lui non sembrava affatto il tipo di ragazzo che ti avrebbe tradita. Mi ispirava fiducia, mi faceva sentire speciale nonostante la mia eccessiva ordinarietà, ed era ciò che più mi piaceva nello stare con lui.
"Non ho parole, accipicchia! Fatti salutare!" esclama lui, come se fossi una semplice e buona amica che non incontra da tempo.
Imbarazzata e goffa come non mai, mi alzo e lo lascio abbracciarmi per un paio di secondi, per poi guardarmi in faccia e dritto negli occhi.
"Sei cambiatissima, ti ho riconosciuto solo per i capelli, giuro! Ma quanti chili hai perso? Anzi, direi che tu li hai persi per darli a me...".
Chiacchierone come sempre - il mio opposto, in pratica -, si passa una mano sulla pancia un po' più gonfia del solito, proprio come la sua faccia, a dispetto del magro adolescente che era un tempo nonostante le tantissime calorie ingerite anche solo per un semplice snack.
"Ma no, stai benissimo, eri troppo magro" ribatto.
"Allora, che mi dici? Sono a Caserta da mesi ma non ci siamo mai incrociati...".
"Vivo a Napoli, sono qui per il tirocinio" spiego per l'ennesima volta, scrollando le spalle.
Mi squadra con quegli occhi verdi che mi piacevano tanto e si passa la mano sulla barba un po' incolta, annuendo. "Fammi indovinare... Studi lingue!".
Annuisco al mio essere poco sorprendente, visto che decisi di frequentare questa facoltà quando stavamo insieme e non ho mai cambiato.
"E tu? Ora sei un importante uomo d'affari?".
"No, no, alla fine sono diventato un fisioterapista, ho capito che economia non faceva per me".
"Sempre a Roma?".
"Sì, mi ci sono trovato bene e...".
"Ehi, allora vado, ci vediamo stasera alla festa di Giulia, ok?".
Un bellissimo ragazzo moro, fin troppo alto, ci interrompe mentre stiamo chiacchierando, e, improvvisamente, vedo Luca irrigidirsi senza un motivo apparente.
Annuisce, poi, come se non avesse scelta, mi indica il nuovo arrivato con educazione. "Lena, ti presento Giacomo".
"Piacere, Lena" dico, guardando il tipo in faccia e notando che ha dei tratti principeschi, eleganti, una bocca alquanto perfetta e degli occhi di un blu particolare, quasi raro.
Giacomo sgrana gli occhi mentre stringe la mia mano e poi dice semplicemente: "Lena? Oh, quella Lena? L'ultima?" chiede a Luca, curioso.
Luca arrossisce, evidentemente a disagio, ed io li fisso entrambi senza capire. "L'ultima?" domando.
"E' una lunga storia..." inizia Luca, deglutendo e mettendo le mani in tasca, come era solito fare anni fa quando si trovava in una situazione spinosa e non sapeva cosa fare per uscirne indenne.
Giacomo fa un sorrisino malizioso con tanto di occhiolino e poi dice semplicemente: "Devo scappare, quindi farò un riassunto per entrambi", per poi voltarsi verso Luca e, fiondandocisi addosso, gli stampa un bacio appassionato sulla bocca.
Luca se ne sta immobile finchè Giacomo non si stacca e se ne va con uno strafottente "Ciao!", lasciandoci soli in un silenzio simobolo di quanto strana e imbarazzante la situazione sia al momento.
Senza parole, batto numerose volte le palpebre, e poi mi risiedo, ancora incredula.
"L'ul... L'ultima nel senso che... Sono stata l'ultima ragazza...".
"Con cui sono stato, sì".
Luca mi guarda, dispiaciuto, e si siede di fronte a me, schiarendosi la voce. "Volevo dirtelo ma non mi sembrava il caso, cioè, ci eravamo mollati così bene..." si scusa.
"Immagino che Roma sia stata una scusa, vero?" chiedo a bruciapelo, alzando la testa di scatto e fronteggiandolo, occhi negli occhi, cuore a cuore.
"Diciamo, cioè, io avevo capito che... Voglio dire, tu eri fantastica, il problema ero io...".
"No, ti prego, risparmiatelo" lo interrompo subito, porgendo le mani avanti per bloccarlo.
"Ma sono sincero! Eri così divertente, spiritosa e...".
"Luca" lo interrompo, con una voce più seria che mai, sentendo la testa che sta per esplodermi, "Negli ultimi due mesi ne ho passate di cotte e di crude, ho scoperto che il mio ex mi ha tradita già quando stavamo insieme, ho creato un casino con un prof e sono ad un passo così"- quasi unisco pollice e indice per rendere l'idea- "dall'impazzire a causa di un casino che credo si sia creato tra me e il mio migliore amico, quindi, per favore, falla breve. Sai, non è piacevole sapere di essere stata mollata perchè il tuo ex preferiva un ragazzo a te, cioè, intendo...".
"Ma no! Lena, erano anni che sentivo qualcosa, ma l'ho sempre represso. Sai com'è, in questa società del cazzo sembra quasi che sia più opportuno dire:"Ehi, sono un ladro, spaccio droga e ho ucciso più persone" piuttosto che ammettere di essere omosessuale! Nell'ultimo mese in cui stavamo insieme ho capito di essere innamorato di Luigi, quello della quinta B, e la maturità, l'università e tutto il resto sono capitati nel momento giusto. Volevo un nuovo inizio, lontano da pregiudizi e stronzate varie, capisci? Ci sono casi in cui la verità ci fa così paura che proviamo a reprimerla, a nasconderla, perchè temiamo le conseguenze... Ma bisogna affrontarla prima o poi perchè non possiamo sprecare la vita a causa di paure che esistono solo nella nostra testa, capisci?" spiega, accalorato come non l'ho mai visto.
Ed io, davanti a queste parole, mi sento così stranamente toccata che sento le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi e fatico per non farle uscire.
Spaventato dai miei occhi lucidi, Luca rimane interdetto, senza sapere cosa fare.
"Lena! Ti ripeto, stare con te è stato bello, è una storia che porterò sempre con me, non dimenticherò mai tutti i film che abbiamo visto al cinema per poi finire a baciarci senza sapere come il film sia sul serio finito e...".
"No, Luca, no, scusami, è un periodaccio" dico solo, prendendo un respiro e alzandomi per andare in bagno, onde evitare una di quelle scenate che si vedono nei bar in cui lui la molla e lei piange senza dignità.


Torno a casa per le otto, dopo aver trascorso il pomeriggio con Luca e avergli raccontato la mia situazione attuale per sommi capi, eppure l'unica cosa che non riesco a togliermi dalla mente è il suo discorso sulla verità che spesso tendiamo a reprimere per paura delle conseguenze.
Saluto rapidamente Daniele, visto che mamma e papà sono usciti, e torno nella mia stanza, dove vengo sommersa da messaggi di Lisa su Whatsapp a causa del wifi che si è appena attivato.

"17.07: mi sono appena svegliata, sono un'amica orribile! Come stai? Dario mi ha convinto a non venirmene con voi, ho conosciuto uno, è fantastico!".
"18.23: ehi, ci sei? Ho finito il credito, non posso chiamarti!".
"19.12: Daniele mi ha detto che sei uscita, chiamami quando torni. Comunque Dario è stato gentilissimo, ha mollato la festa per te, dovevi vedere quanto era dolce!"

Sentendo un brivido lungo la schiena, sospiro, e non so come, mentre mi guardo intorno, la mia attenzione viene catturata dalla Giratempo appesa al muro che comprai a Londra. Non so perchè, ma sento di avere qualche ricordo delle ultime ore legato a quest'oggetto, anche se chiaramente è solo un'impressione perchè non la tolgo dalla sua postazione da anni.
Mi viene da pensare che, tuttavia, vorrei che fosse vera per non cacciarmi in nessun pasticcio con Leo e non rischiare di rovinare nulla, poi, sentendomi scema, la ripongo al suo posto.
Ma, proprio mentre ce l'ho ancora in mano, qualcuno bussa alla porta.
"Avanti".
Dario entra e, vedendomi con quell'oggetto in mano, si blocca, come se fosse una bomba.
"Perchè ce l'hai in mano? Cioè, voglio dire...".
"Mi sembrava di avere qualche ricordo recente connesso ad essa ma non ricordo nulla" rispondo, scrollando le spalle e mettendola al suo posto.
"Oh, bene, cioè, strano!".
"Ti senti bene?" domando.
Lui chiude la porta alle sue spalle e poi mormora: "Io e Chiara...".
"Vi sposate?" lo prendo in giro, cercando di non badare alle ultime parole che mi ha urlato contro oggi e a come mi sono sentita in seguito.
"No. Siamo andati a letto insieme" confessa, guardando il pavimento.
Sento i battiti del mio cuore accelerare e le guance prendere calore, ma non dico nulla se non: "Wow, mi fa piacere per voi" che è decisamente ipocrita.
"Lei per me non signfica nulla, però".
"Dario, tu... Sei stato il primo a dire che non riesci ad avere storie occasionali quindi è ovvio che ti interessa" gli dico, più accalorata di quanto debba essere.
Lui riesce ad alzare il capo e a guardarmi in faccia, scuotendo il capo.
"No, siamo d'accordo, ci stiamo solo... Divertendo...".
"Non devi giustificarti!" esclamo, alquanto energica.
Vorrei avere il suo coraggio, dirgli di Leo e finirla una volta per tutte, ma no, no, io sono una fifona del cavolo, in una universo Potteriano non sarei mai una Grifondoro, e ne sono consapevole.
"Scusa, io...".
"Dario?" lo chiamo, non riuscendo a trattenermi, con un'evidente nota di implorazione nella voce.
"Sì?".
"Potresti... Abbracciarmi?" sussurro.
Senza nemmeno rispondere, mi stringe a sè con una forza e allo stesso tempo una dolcezza mai vista, in un modo che mi fa tremare come una foglia.
Lo sento accarezzarmi la schiena, lasciarmi un bacio tra i capelli, poi su una guancia, e ricambio la stretta.
"Non ti muovere, per piacere".
"Sono qui, non me ne andrò, non ci riuscirei mai a farlo" mi risponde, con quel tono caldo ma allo stesso tempo sincero che ho sempre amato.


*"Lei ha detto di no e ho capito che la amo sul serio. Ho bisogno di un amico, e so che sei a casa, ma, per favore, posso raggiungerti così possiamo parlare? Per favore. Fammi sapere prima possibile".

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Equilibrio precario ***


17f

Eccomi di nuovo qui, dopo circa diciotto giorni. Sto migliorando, vero?
Ora che ho finito il tirocinio tornerò all'università, quindi la sera dovrei avere ancora un po' di energie per scrivere visto che potrò svegliarmi quasi sempre un paio d'ore dopo e non più alle sei.
E poi, nel prossimo capitolo inizia l'ultima, tormentata fase della storia, che non vedo l'ora di scrivere da quando ho pensato a questa ff, ormai più di un anno fa.
Grazie a chi continua a seguire questo mio delirio, davvero <3
Godetevi il capitolo, qualche notizia alla "Wtf?" e la "cara" Germana.
Buona lettura, a presto!
Vi lascio il link del gruppo fb dove lascio sempre spoiler ed eventuali news :) https://www.facebook.com/groups/468964983146566/

milly92

Capitolo 17

Image and video hosting by TinyPic

2 Maggio 2012

"Amore, guarda che belle rose, Davide le ha regalate a Trudy!".
"Quelle che ti ho regalato io per il nostro anniversario sono più belle" mormorò Matteo, facendomi l'occhiolino.
"Non c'entra, ultimamente sei così distante, pensi solo ai tuoi amici e alla palestra..." gli feci notare, annusando la bellissima composizione di rose, peonie e girasoli che Davide aveva regalato alla mia amica per il loro anniversario.
"Ma anche tu hai i tuoi impegni, no? Siamo una coppia impegnata, non una di quelle noiose...".
"Però non stiamo un po' da soli da secoli, te ne rendi conto? Sembra che tu abbia perso l'interesse per me!" gli feci notare, abbracciandolo da dietro mentre prendeva uno dei biscotti preparati da Trudy.
"Stasera abbiamo casa libera, no? Possiamo rifarci..." notò lui, con una voce maliziosa.
"Ed io dovrei venire a letto con te dopo che mi hai trascurato?" chiesi, falsamente offesa, dandogli un pugno leggero sulla spalla.
Si voltò e mi lanciò una delle sue occhiate maliziose, una di quelle che lo rendevano decisamente sexy ai miei occhi.
"No, sarai tu che mi implorerai, alla fine...".
"Ah sì?".
"Sì!".
Ridendo, mi lasciai baciare con trasporto, perchè mi era mancato davvero tanto in quei giorni in cui era stato così tanto impegnato rispetto al solito.
"Ehi, piccioncini, dateci un taglio!".
Trudy entrò nel soggiorno mano nella mano con Davide, felice come non mai.
"I piccioncini oggi siete voi! Tre anni insieme, wow!" osservai, felice per loro.
"Sono sicuro che anche voi vivrete questo momento e sarete felicissimi come noi" rispose Davide, stringendo a sè la sua ragazza e baciandole dolcemente una guancia.
I miei occhi brillarono al solo pensiero - quanto lo avrei voluto! - mentre Matteo cambiò subito argomento con un: "Ottimi questi biscotti, Trudy, sei una chef nata!".
"Farà salire il mio diabete a trecento, prima o poi" si lamentò Davide, tuttavia prendendone uno.
Guardai quella scena con felicità, sentendomi davvero bene perchè era bello essere felice e avere un'amica che lo era altrettanto.
Tuttavia, per nostra sfortuna, quella felicità faceva parte solo di un equilibrio precario, pronto a dissolversi e modificarsi nel giro di poco tempo...


*°*°*°*

"Mi dispiace averti fatto venire subito qui, Lena, so che sei appena tornata da Caserta, ma ho trovato quel libro che ti serviva nell'ufficio della prof Casellini ed è meglio che lo prendi in prestito subito, altrimenti dovrai andare a recuperarlo alla Biblioteca Nazionale..." dice la professoressa Giuliani, la mia relatrice.
E' il diciassette maggio, sono appena tornata a Napoli dopo aver fatto le ultime cinque ore di tirocinio questa mattina, e a stento ho avuto il tempo di fare i bagagli perchè la mia relatrice mi ha contattato con un'email urgente per dirmi di tornare presto per ottenere il libro che cercavo da circa un mese.
"Sai com'è, la Casellini non me l'avrebbe mai dato se gliel'avessi chiesto, crede che io mi diverta a collezionare libri per la mia biblioteca personale. Voglio dire, solo una volta ho preso in prestito la biografia di Katherine Mansfield, e crede che io sia una ladra!" aggiunge, alzando gli occhi al cielo con aria frustrata.
Quando le ho chiesto la tesi, tre mesifa, sapevo che Carlotta Giuliani fosse una professoressa un po' fuori dagli schemi, con la testa tra le nuvole e qualche comportamento fuori dal comune, ma era stata la mia professoressa di Inglese II e si era dimostrata molto umana e informale, e la sua nomena di essere in grado di aiutarti con qualsiasi problema burocratico senza infischiarsene aveva avuto la meglio. Volevo una relatrice prima umana e poi super professionale, visto che avrei passato molto tempo a contatto con lei.
"Si figuri, professoressa, ora vado a prenderlo" rispondo quindi, sorridendole per rassicurarla.
Lei ricambia il sorriso, per poi afferrare una matita dal portapenne con uno scatto e iniziare ad usarla per legare i lunghi capelli color miele - con qualche accenno di ricrescita grigia - in uno chignon scomposto.
"Tutto bene il tirocinio?" chiede poi, interessata.
"Sì, è stato molto... Movimentato" rispondo, soffermandomi un po' sull'aggettivo da utilizzare che, tuttavia, mi sembra l'unico appropriato.
"Bene, tanto so che a te non piacciono le cose calme e rilassate".
La Giuliani mi fa l'occhiolino, ed io non riesco a non pensare che mi conosca abbastanza bene perchè, sì, ormai di calmo nella mia vita c'è solo il mare che si intravede dai piani alti dell'università.
Faccio un cenno e mi alzo, borbottando qualcosa sul libro e uscendo dal suo ufficio, diretta verso quello della Casellini, la docente di Inglese III del gruppo M-Z.
Sono sollevata di ritrovarmi di nuovo tra le mura dell'università, perchè le ultime due settimane sono state decisamente da dimenticare.
Adoro il fatto di avere Trudy come unica coinquilina, mi è mancata tanto, anche se ho dovuto lasciare Lisa a Caserta con la promessa di ospitarla a casa appena si libera dall'esame che la sta affliggendo.
Immersa in questi pensieri, raggiungo la stanza numero centodue e busso, non ottenendo nessuna risposta.
"La Casellini è uscita, tornerà a breve. O almeno spero, sono due settimane che devo farle leggere l'ultimo capitolo della tesi!" mi informa un ragazzo pallidissimo e dall'aria sconvolta.
"Grazie, l'aspetterò" rispondo, accomodandomi su una delle sedie adiacenti al muro dell'ufficio.
"Dovresti segnare il tuo nome nella lista del ricevimento".
"Devo solo prendere un libro".
"Ma entro prima io, eh, non è giusto, sono qui da due ore e...".
"Sì, sì, calmo, non ci sono problemi!" gli rispondo, accalorata, non potendone più dell'ansia che mi trasmette questo tizio, anche perchè probabilmente starò messa peggio di lui a poche settimane della laurea.
Non so quanto aspetto, forse una ventina di minuti, ma quando rialzo lo sguardo e vedo la professoressa avvicinarsi sento il cuore perdere una manciata di battiti.
Sta parlando con un uomo che cammina con lei, un uomo giovane, bello e dal sorriso mozzafiato, nonostante sia appena accennato.
Leo.
Sono a circa dieci metri di distanza da Leo, quando lui crede che io studi alla Federico II.
Entro in confusione, non capisco più nulla, il mio cervello proprio non mi aiuta ad elaborare un piano di fuga, ma almeno le mie gambe mi comandano di alzarmi con discrezione e camminare nella direzione opposta - mentre mi copro il viso con i capelli - in modo da passare davanti al bagno ed entrarci come una fuggitiva.
Chiudo la porta alle mie spalle, entro in una delle toilette e mi appiattisco contro la porta, respirando affannosamente.
C'è mancato poco, davvero poco, e Leo avrebbe scoperto che studio qui e il passo che lo avrebbe condotto a scoprire che sono del suo corso sarebbe stato decisamente breve.
Mi passo una mano tra i capelli, ancora con il respiro corto, e deglutisco, sperando sul serio di veder spuntare un pubblico che urla: "Sei su scherzi a parte!".



Tornare a casa a Napoli è sempre bello, per me, perché significa vivere la vita che mi piace e che ho scelto da tre anni a questa parte, al fianco di Trudy.
"Sono a casa! Non immaginerai mai cosa ho rischiato per quel libro di merda! Trudy, dove sei? Non ci vediamo da settimane!".
Normalmente, la mia coinquilina si farebbe trovare seduta in soggiorno, impaziente, magari con qualcosa di dolce preparato per il mio ritorno, eppure di lei non vedo neanche l'ombra.
Entro in cucina, che ovviamente è vuota e uguale al solito, con un unico, piccolo particolare: la lavagnetta attaccata al frigo, invece di recitare la lista della spesa, contiene nomi di canzoni non proprio allegre: Somebody that I used to Know, Rolling in the Deep, Summertime Sadness, addiritura La Solitudine!
"Ma che cacchio...?".
"Ehi, sei tornata".
Mi volto di scatto e mi ritrovo davanti Trudy come non l'ho mai vista: capelli arruffati, occhi gonfi, tuta larga e sformata, occhiaie interminabili...
"Trudy!" esclamo, abbracciandola di scatto,stringendola come non ho mai fatto prima d'ora. "Ma cosa è successo?" domando.
"Nulla" risponde, vaga, scostandosi dal mio abbraccio con una gentilezza forzata.
"Ma come nulla! Che significano quelle canzoni? E perchè sembra che non dormi da giorni?" continuo a chiedere imperterrita, sempre più preoccupata.
Nello status quo del mondo, Trudy è sempre allegra, solare e iperattiva, cosa che al momento sta venendo decisamente meno e, ovviamente, mi dà mille cose da pensare.
"Non posso avere un momento difficile anche io?" chiede semplicemente, addirittura un po' arrabbiata.
Sconcertata, annuisco, rassicurante.
"Certo, ma, vorrei solo capire cosa...".
"Davide mi ha lasciato".
Mi blocco nell'atto di appoggiare la borsa sul tavolo e, probabilmente in maniera poco delicata, spalanco la bocca.
"Evita scenate, già va male così" aggiunge, amareggiata.
"Ma... Cosa... Trudy questo non ha senso, Davide ti ama e...".
"Smettila! Cosa ne sai tu di Davide?" mi urla contro, con i pugni serrati lungo i fianchi e un'espressione sofferente che non dimenticherò mai e poi mai, perchè su quel viso troneggia sempre e solo un sorriso.
Si gira ed esce a passo di marcia dalla stanza, dritta fino in camera sua, con me alla calcagna.
"Trudy, per favore, se mi spieghi posso...".
"Cosa, aiutarmi? Ma per favore, che cavolo ne capisci tu?" sbotta, mentre mi oppongo per non farmi sbattere la porta della stanza in faccia.
"Sei arrabbiata, non mi offenderò, e poi hai ragione. Tu sei Trudy! Hai sempre ragione, da quando non mi dai più consigli sto combinando un pasticcio dietro l'altro!" provo a rincuorarla, e, per fortuna, ottenendo un suo rilascio sulla presa della porta che mi consente di entrare.
La vedo sedersi sul suo letto, con le mani sul viso, disperata come non mai, in un modo che mi trafigge il cuore.
"Il due maggio era il nostro anniversario..." inizia, senza guardarmi in faccia.
Mi siedo al suo fianco, senza dire nulla, ascoltandola solamente con la massima discrezione e la speranza di essere d'aiuto in qualche modo.
"Mi ha portato alla pizzeria dove siamo usciti la prima volta, addirittura ci siamo seduti sulla panchina dove ci siamo dati il primo bacio e... Mi ha chiesto di sposarlo! Sposarlo! Ho solo ventitrè* anni, accidenti! Convivere va bene ma... Sposarsi, così giovani, senza alcuna certezza, per voi vivere a Torino... Pensa che io non lo ami. Ha detto che la nostra storia può finire perchè tanto non sono sicura di lui!".
Scioccata nel ricordare quel turbinio di emozioni, la mia amica scoppia a piangere e a singhiozzare, ed io non posso fare altro che stringerla a me e provare a darle un po' di calore umano, cosa che deve esserle mancato ultimamente anche a causa della mia assenza.
Una cosa del genere, oltre che assurda, è sul serio difficile da vivere per chiunque, figuriamoci per una persona che era impegnata con un'altra da quattro anni, che si ritrova da sola in una casa che certe volte, nei momenti peggiori, sa essere davvero enorme e poco consolante.
Continua a singhiozzare, facendomi sentire male per lei, perchè di solito la scena si svolge sempre e solo al contrario, ma ciò non fa altro che provare che il nostro equilibrio di giovani donne è sempre più precario, anche quando si ha una relazione stabile e duratura.
Le accarezzo i capelli e la schiena, finchè non si stende sul mio grembo come una bambina un po' cresciuta che ha bisogno di coccole come non mai, e rimaniamo così per più di un'ora.



"Ehi, ciao".
"Oh, ciao, puttanella. Sei di nuovo ubriaca?".
La voce colma di ironia e scherno di Germana non mi era mancata affatto, ma è la prima persona a cui ho pensato per avere qualche informazione su Trudy e le settimane che ha trascorso da sola.
Avrei potuto chiamare chiunque, Lucia, Alessandra, Marina, ma il mio istinto mi ha portato per la seconda volta a cercare il suo nome, uno di quelli che non avevo mai chiamato prima della festa di mia cugina.
"No. Senti, avrei bisogno di sapere come se l'è passata Trudy ultimamente, quando ero via..." spiego, passando davanti alla camera della mia amica e controllando se stia ancora dormendo dopo il lunghissimo pianto liberatorio, nonostante siano solo le otto di sera.
"Che vuoi dire?" chiede, ora più interessata.
"L'avete vista all'università? Le avete parlato?".
In effetti, ora che ci penso, chiamarla non è stato proprio una cosa intelligente perchè dopo aver iniziato a piangere Trudy non mi ha detto altro e quindi non so se ha detto alle altre della sua situazione.
"Senti, non so dove vuoi andare a parare, ma comunque sono per strada, vengo a trovarti, anzi, cucina qualcosa che ho fame, Marina esce con delle amiche e non ho voglia di cucinare" mi dice solamente, staccando subito la chiamata per non darmi il tempo di ribattere.
Scioccata, resto per qualche istante con il telefono in mano come una stupida: cenerò con Germana. Io e Germana De Santis ceneremo insieme, come se fossimo due vecchie compari che hanno mille cose da dirsi.
Il pensiero di tutte le cose che sono cambiate quasi mi dà i brividi, e ciò mi porta a domandare cosa ne sarà di me, di Trudy, di Germana, tra solo un anno, visto la precarietà dei nostri sentimenti.
Tuttavia, la vibrazione del cellulare mi risveglia da questi pensieri, e noto di aver ricevuto un sms.

"Tutto bene il rientro? Posso passare da te così saluto anche Trudy?".

E' Dario.
Dario, quello che ha passato il tirocinio a recitare il ruolo del boy toy di Chiara, che mi ha lasciata sola tante sere, che poi tornava ad essere quello di sempre quando voleva e mi chiedeva di vedere un film insieme.
Dovrebbe essere il mio migliore amico, ma ormai non sono più certa di nulla.


"Scusami ma Trudy già dorme, poi ti spiegherà lei. 'Notte" rispondo freddamente, sentendomi un po' stronza ma anche ferita al solo ricordo delle serate passate a studiare mentre lui usciva con mia cugina.
- Calmati, Lena, calmati. E' tutto ok -.
Per una volta che la mia voce interiore è rassicurante, la ignoro totalmente, e decido di tenere la mente occupata con la preparazione della cena.

Ovviamente, però, il frigo è quasi vuoto, e mi preoccupo riguardo le condizioni della mia amica: ha mangiato almeno un po' in questo periodo? Da quanto non fa la spesa?
La mia ancora di salvezza si rivela essere un pacco di spaghetti, così inizio a riempire la pentola d'acqua proprio nel momento in cui bussano al citofono.
Sospiro: che la serata più stramba della mia vita abbia inizio.


Germana fa il suo ingresso con aria quasi annoiata, con indosso una delle sue solite mise appariscenti costituite da una maglia stretta di un arancio fluo, shorts di jeans sfilacciati e stivali non proprio estivi con un tacco molto alto.
"Saltiamo 'sti convenevoli, va" dice, avvicinandosi e lasciandomi un rapido bacio sulla guancia, cosa che mi stupisce. "Tutto bene? Non rispondere, per favore, non m'interessa. Che si mangia?".
"Cibo avvelenato, se non la smetti di fare la parte della disinterresata. Se sei qui significa che...".
"Mi annoio, Lena, mi annoio. Da quando non mi vedo con Leo ho tanto tempo libero, sai?" m'interrompe, come se mi stesse spiegando una cosa da dilettanti che io sono troppo stupida per capire.
"E non hai altri amici con cui... Intrattenerti? Di solito fai così" le ricordo.
Ovviamente, sbuffa e si getta sul divano, come se fosse una donna famosa stressata dall'orda di paparazzi che c'è al di fuori della sua finestra.
"Nessuno è alla sua altezza, ci sto lavorando. Sai, pensavo al tuo amichetto Dario, l'ho intravisto poco fa in un bar, sembra diverso" sussurra, velenosamente, oserei dire.
"Serviti pure, penso sarà felice di dilettarsi con te in qualsiasi cosa deciderete di fare. Certo, ora il suo tipo ideale è vicino ai trenta e fa la fashion blogger, ma hai altri interessi che potrebbero farti guadagnare punti" replico freddamente, chiedendomi perchè stia tirando in ballo proprio Dario.
Cosa ne sa, lei? Perchè ha messo in mezzo proprio lui?
Dal canto suo, Germana ride, divertita, lanciandomi uno dei suoi sguardi da femme fatale che ha capito tutto della vita e si diverte a vedere come prosegue quella di chi invece non ne sa nulla.
"Tu sei gelosa di Dario, ecco perchè non sa di te e Leo. Ti piace, ma non vuoi ammetterlo. Sei così prevedibile, Lena, mi fai tenerezza!" sentenzia, divertita.
"Che? Tu sei pazza, ecco cosa sei! E poi, che divertente detto da quella che non riesce ad uscire con altri perchè ama un altro, come tutte le persone normali! Mi ha mandato un sms, sai? Voleva vedermi per parlare dopo che gli hai detto di no, ma ho rifiutato!" urlo, non sentendomi più padrona di me stessa dopo la sua ultima frase, che è stata in grado di scatenare in me una strana sensazione che non so spiegarmi se non attraverso questo attacco d'ira.
Germana ride di nuovo e si alza con una sorta di eleganza che non le dona affatto, e ci ritroviamo una di fronte all'altra.
"Lo so, me l'ha detto. Mi ha parlato di te, ovviamente non sa che ti conosco, ma nelle nostre conversazioni tu sei la "brunetta con cui è uscito prima di conoscermi". Continuiamo a sentirci, ma non osare farmi domande sul perchè gli ho detto di no per quanto riguarda l'America" dichiara, scandendo quasi le ultime parole della frase.
Rido di scherno a mia volta, accennando uno sguardo di sfida.
"Non ti farò domande perchè so già la risposta".
"Sarebbe?".
"Non t'interessa, no? Quindi la terrò per me".
Alza gli occhi al cielo e poi, come una furia, raccatta la borsa e si avvicina alla porta come una forsennata.
"Non sei migliore di me, comunque! Negare i tuoi sentimenti per Dario non ha senso, e sai che lui prova qualcosa per te a sua volta. Sei solo una fifona perchè non vuoi metterti in gioco e sai che rischieresti di perderlo nel momento in cui succederà qualsiasi cosa!".
"Senti chi parla, quella che non segue l'unico uomo che le sia mai interessato perchè ha paura di mettersi in gioco!" strillo a mia volta, sentendo il mio stomaco dilaniato da un misto di rabbia, paura e addirittura dolore.
Con aria vincitrice, Germana si volta verso di me e mi squadra con aria di vittoria.
"Non l'hai negato di nuovo, quindi lo hai ammesso. Ah, e comunque Trudy ci ha detto della rottura tra lei e Davide, ha seguito qualche lezione ma ultimamente non viene più all'università e ha incaricato me per quanto riguarda la festa di fine triennio. Bellissima cena, complimenti" dice con aria di scherno, uscendo.
"Sai solo fuggire, ecco cosa sai fare!" le urlo dietro.
"Di nuovo, senti chi parla. Ciao, puttanella!" esclama, per poi uscire di casa, chiudendosi la porta d'ingresso alle spalle.
Resto ferma, nell'ingresso, senza sapere cosa dire, fare o pensare, scossa dalla discussione come ogni volta che mi capita di litigare con Germana.
Sto fuggendo anche io? Cosa provo sul serio, perchè non riesco a pensarlo lucidamente senza farmi troppi problemi?
Non è normale aver speso le ultime settimane a sbuffare ogni volta che il tuo migliore amico si vede con tua cugina, fare l'offesa, essere fredda e distaccata e, tuttavia, non parlarne sinceramente con nessuno, nemmeno con la tua migliore amica di sempre.
Sta succedendo tutto in fretta e mi sto comportando come quando ero al liceo, quando, pur di non affrontare un compito difficile e il suo esito, fingevo che il problema non ci fosse, mi rinchiudevo in me stessa, senza chiedere aiuto, e limitandomi ad avere paura di notte, senza riuscire a dormire bene.
Sentendo di aver bisogno di un po' d'aria dopo l'assurdo rientro a Napoli, mi affaccio alla finestra della mia stanza, senza badare al trolley che deve ancora essere disfatto.
Davanti a me ho il palazzo di fronte, avvolto nell'oscurità di una tipica sera primaverile, e giù ci sono i soliti tipi che frequentano il bar che tante volte ha ospitato le mie domeniche o venerdì sera con una birra.
"Ehi, Lena!".
Mi riscuoto dai miei pensieri e, con sommo orrore, noto che a parlare è stato proprio Dario, che se ne sta seduto ad uno dei tavolini al di fuori di esso con un paio di amici.
Sospiro e ricambio il saluto, senza avere alternativa.
"Non voglio sembrare scortese visto che mi hai già detto di no, ma sembri libera, posso salire?".
"Oh... Ma Trudy dorme, non puoi salutarla..." ribatto debolmente, senza sapere cosa dire, in preda al panico.
"Era una scusa, volevo parlare con te" ammette, sorridendo in imbarazzo in un modo che ai miei occhi lo fa risultare adorabile.
Così non mi rimane che annuire e fargli segno di salire, maldicendomi per aver aperto quella dannatissima finestra.
Non potevo scegliere quella della cucina?!
Dario obbedisce, scusandosi con gli amici e avviandosi verso il mio condominio, ed io, come una stupida, penso solo a controllare che i capelli siano in ordine.
Nel giro di un minuto me lo ritrovo nell'ingresso e, senza giri di parole, si fionda ad abbracciarmi con una stretta decisa e allo stesso tempo rassicurante, come se non ci vedessimo da secoli e non da sole sei ore, quando ci siamo salutati in stazione.
"Scusami, ti ho mentito" dice, mentre accarezza i miei capelli e si separa da me lentamente.
"Che vuoi dire?".
"Tu... Sei sempre più distante, ed hai ragione, voglio dire, durante il tirocinio ti ho trascurato, ho speso serate intere con Chiara e...".
"Dario...".
"Lasciami finire! Ho mentito, ci siamo solo baciati, non è successo altro! Lei... Ha trovato il mio diario, il giorno prima della laurea, ha fotografato degli estratti a suo giudizio "succosi" e ha detto che li avrebbe diffusi se non fossi stato il suo accompagnatore per far ingelosire un impresario con cui voleva uscire da mesi. Mi dispiace, non doveva andare così, dovevamo trascorrerlo insieme!" si scusa, sincero come non mai. Prende le mie mani tra le sue e le stringe forte, cosa che crea un gesto più intimo del dovuto.
"Tu hai un diario?" chiedo, sbarordita. Sapere che un ragazzo tiene un diario è come vedere un unicorno rosa!
Dario ha un diario!
"Sì, ho un diario da circa quattro anni" mormora, arrossendo.
"Sei dolcissimo, non ho parole" ridacchio, per poi tornare seria. "Scusa, ma allora perchè mi hai detto che eri andato a letto con lei? Io non sono l'impresario" noto con disappunto.
"Voleva che tu lo credessi, dice che non ha digerito il fatto che a Natale uno dei suoi amici ti abbia chiesto di uscire" spiega.
"Ma potevi dirmelo! Cioè" mi correggo, sentendo le guance andare a fuoco, "Non che la cosa mi importi, sono affari tuoi ma...".
"Lena, fidati, non potevo fare altrimenti. Avevo paura che le cose che ha letto venissero rivelate ma... Quest'esperienza mi ha aiutato a capire che devo smetterla di vivere nell'ombra delle mie paure, e ho deciso che d'ora in poi parlerò con le persone citate nel diario per dir loro quelle cose che ho sempre tenuto segrete. In un certo senso, devo ringraziare Chiara" spiega, determinato come l'ho visto poche volte in tre anni.
Annuisco, senza -sapere cosa dire perchè, in cuor mio, sento un grande sollievo, un sollievo decisamente ipocrita: sono felice che lui e Chiara non abbiano avuto una storia, quando io una ce l'ho avuta sul serio e lui non ne sa nulla.
Sarebbe il momento perfetto per parlargliene, ora, ma mentre valuto se essere sincera una volta per tutte, lui dice: "Comunque, ti va di venire con me alla festa di fine triennio che sta organizzando Germana? Potrei... Farmi perdonare per averti trascurato" e mi guarda con aria speranzosa.
Dovrei dire di no, che ho altro da dirgli, che il nostro discorso deve continuare, ma la codarda che è in me prende il sopravvento insieme a quella da ragazzina che sta rinascendo in me dopo tanto, così mi limito ad annuire e a dire un semplice "Sì" che lo fa prodigare in un bellissimo sorriso.
C'è qualche momento in silenzio, poi, senza sapere cos'altro dire, mormoro: "Comunque, Trudy è a pezzi perchè Davide l'ha lasciata".
Stupito, Dario sgrana gli occhi e chiede dettagli, così gli spiego quel poco che so, in modo da trasformare la serata in una semplice serata tra amici, come se le ultime settimane non avessero avuto luogo, nonostante ci siano stati dei significativi cambiamenti.


*Trudy ha un anno in più agli altri perchè dopo il liceo ha dovuto lavorare per aiutare sua madre nel suo negozio visto che a causa di un momentaneo problema economico, ed essendo divorziata, non poteva permettersi di pagare una commessa.


Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Ventiquattro lunghe ore ***


18vlh
Eccomi qui, dopo due settimane, alias quattro giorni in meno rispetto l'ultimo aggiornamento xD
Miglioro sempre di più, dai!
Comunque, capitolo bello denso, pieno di ritorni, anzi,  i protagonisti sono proprio i personaggi
che non vedevamo da un po'.
Siamo ufficialmente nell'ultima parte della storia, gente, e direi che mancano sei
 capitoli più l'epilogo, più o meno.
Cercherò di aggiornare presto, perchè vorrei sul serio finire questa storia per
fine maggio, anche se la vedo dura...
Grazie a chi continua a seguire, e spero che mi farete sapere che ne pensate,
anche solo per maledirmi hahaha :D
A presto, buona lettura! <3


18.
Ventiquattro lunghe ore

29 Maggio 2011

Era una calda sera di maggio in cui, dopo aver studiato tutti insieme, io, Trudy e Dario decidemmo di cenare insieme con i rispettivi fidanzati e fidanzate, così ci eravamo trovati tutti e sei a cenare fuori al balcone, a luce di candela, mentre la signora di fronte si dilettava nell'arte dello spionaggio per scoprire cosa combinassero quelle due ventenni che spesso organizzavano serate rumorose con altri coetanei.
"Ho sentito che quelli del terzo anno del nostro corso hanno organizzato una festa di fine triennio" disse Daniela, mentre sorseggiava un bicchiere di vino super economico che avevamo trovato al supermarcato vicino casa.
"Davvero?" squittì subito Trudy, interessata.
"Ah, sì, l'ho sentito anche io, è opera dei presidenti di facoltà. Pare si siano divertiti tanto" disse Matteo, accendendo una sigaretta e ignorando le mie occhiatacce di disapprovazione.
"Ne hai già fumate due, prima" gli ricordai, impaziente.
"Amore, dai, piantala di fare la maestrina... E poi lo so che, male che vada, mi donerai uno dei tuoi polmoni" ridacchiò.
Tutti risero, tranne Dario, ma non ne fui sorpresa: non rideva mai alle pseudo battute di Matteo da quando lo conosceva.
"Comunque, spero lo facciano anche quando saremo noi al terzo anno!" continuò Daniela.
"Voglio vedervi, al terzo anno" disse invece Davide, guardandoci con aria di sfida. "Non avrete nemmeno il tempo di respirare".
"Scemo, non guastarci la festa! E poi, che ti credi, anche se non siamo ad Ingegneria Informatica comunque il primo anno è tosto..." esclamò Trudy.
"Respirare o meno, sarebbe carino. Avremo ventidue anni, chissà come saranno le nostre vite" mormorai, pensierosa.
"Chissà se voi coppiette sarete ancora insieme come me e Davide!" disse la mia coinquilina, ridendo.
"Eh? Perchè, non potrete lasciarvi anche voi, scusate?" domandò Daniela, con tanto di linguaccia non proprio matura.
"No, Daniela, se c'è una certezza al mondo, è che Davide e Trudy invecchieranno insieme" dissi, sincera, guadagnandomi un bacio da parte della mia amica e un sorriso da parte del suo ragazzo.
Ah, se solo avessimo avuto una sfera di cristallo per sapere come sarebbero state le cose due anni dopo...


*°*°*°

"Devo dirti delle cose importanti che non sai. Vediamoci domani pomeriggio al parco vicino casa mia alle diciotto".

Rapidamente, scrivo l'sms e lo invio, in modo da non avere ripensamenti e cambi di idee.
Nel frattempo, un cliente mi chiede una Heineken e obbedisco dopo aver verificato che sia in possesso dello scontrino, mentre, al mio fianco, seduta dietro al bancone, Trudy osserva la scena con aria distratta.
Ho deciso di portarla con me a lavoro per il turno serale per non lasciarla sola, dopo che le ho imposto di vestirsi e venire con me a seguire le lezioni.
"Ok, può rimanere, basta che faccia danni" è stato il commento del signor Giacomo quando mi sono presentata a lavoro con un'ospite, e poi il fatto che sia mercoledì e che non ci siano chissà quanti clienti aiuta molto.
"Abbiamo superato la prova di letteratura inglese, la prof si è decisa a mettere i risultati dopo quasi un mese" bofonchia la mia amica, con il cellulare in mano.
Mi volto, ricordando che oggi la professoressa a lezione si sia scusata per il ritardo con cui ha iniziato a correggere le prove e ci ha assicurato che avrebbe postato i risultati sulla sua pagina personale in serata.
"Evvai!" esclamo, fiondandomi a guardare il display del suo telefono. "Venticinque, bene! E tu hai preso ventisette, wow! Bravissima!" esclamo, entusiasta, abbracciandola. "Ora con l'orale puoi perfettamente arrivare al trenta!".
"Non penso proprio, non ho la testa di studiare, ora".
"Trudy...".
"C'è un cliente" dice, indicando un uomo dall'altra parte del bancone, così, di malavoglia, sono costretta a voltarmi e a prendere l'ordinazione.
Cinque minuti dopo, dopo aver salutato il cliente, torno da Trudy, che è ancora presa dal telefono.
"Dario mi ha mandato un sms in cui mi chiede il colore del tuo vestito per la festa, vuole comprare la cravatta coordinata" dice.
Deglutisco, senza sapere cosa dire visti gli strani atteggiamenti che ci sono stati tra di noi dopo che, due giorni fa, ho accettato di andare con lui alla festa di fine triennio. Ci comportiamo come sempre, solo in maniera più garbata e senza le nostre solite frecciatine, e in più non abbiamo idea della situazione in cui ci troviamo: cosa rappresenta la festa? Un semplice party, un appuntamento? La sola idea mi fa girare la testa.
"Rispondi che non sarà un ballo di fine anno americano e che potrà vestirsi come vuole" mormoro, evasiva come non mai.
Trudy prima fa una smorfia, poi scrive qualcosa e torna a fissarmi.
"Gli ho scritto di chiederlo a te" spiega. "Non ho tempo per i vostri drammi...".
"Drammi?" domando, con una risata forzata.
"Sì. Non siete più migliori amici, e non volete ammetterlo. Avete speso qualche settimana sotto lo stesso tetto, e vi siete allontanati in un modo che al ritorno vi ha fatti avvicinare ed è chiaro che ci siano sentimenti tra voi, ma tu sei frenata dall'aver omesso parti fondamentali della tua vita sessuale e lui lo è dalla paura di perderti. Ora andrete ad una festa insieme e non sapete con quale ruolo. Se non è un dramma questo...".
"Trudy, piantala, io...".
"Ciao, Lena".
Trudy sgrana gli occhi come se avesse visto un fantasma, mentre io, udendo quella voce dopo un mese, mi immobilizzo, per poi trovare a stento il coraggio di voltarmi e replicare il saluto.
Leo se ne sta dall'altra parte del bancone, appoggiato con le braccia ad esso, e mi guarda con una strana aria, tra l'imbarazzato e il deluso.
Eccoci qui, nel luogo in cui ci siamo conosciuti più di due mesi fa, faccia a faccia ma con un mare di cose non dette.
- Per fortuna che Trudy scelse di seguire un altro lettore con te, altrimenti ora non gli ci vorrebbe molto per insospettirsi - mormora quella stronza della vocina nella mia testa.
"Leo! Leo, ciao, come stai?" domando stupidamente, visto che l'ultima volta che ci siamo sentiti lui mi ha chiesto una mano ed io l'ho ignorato.
"Puoi prenderti cinque minuti di pausa?" chiede invece, ignorando la mia domanda.
"Io... Sì, Trudy, sostituiscimi tu" dico frettolosamente, totalmente in panico, mentre la mia amica ha una faccia in stile "OMG".
Faccio segno a Leo di seguirmi e lo conduco nel privè del locale, in modo da stare lontano da occhi indiscreti.
"Leo, scusami, so di essere stata una stronza ma...".
Mi blocca, poggiando un dito sulla mia bocca con fare che non posso non negare sia comunque decisamente sexy.
"Ora so che sei human anche tu, eri troppo... Gentle. Non sono qui per rimproverarti! Volevo dirti che la settimana prossima parto, torno in America, il mio contratto è scaduto visto che era per un solo semestre. Volevo salutarti e dirti che mi dispiace che ultimamente non ci siamo visti" spiega, prendendo la mia mano destra e stringendola tra le sue.
Deglutisco, un po' a disagio. Dovrei essere dispiaciuta per la sua partenza, ma una parte di me è felice di non averlo più nella stessa università, memore del quasi accaduto di due giorni fa.
"Mi dispiace essermi allontanata, ma ne sono successe tante e... Non so più cosa voglio, ormai, sono un po' incasinata e immagino lo sia anche tu" dichiaro, per poi sentirmi improvvisamente dispiaciuta a dispetto della mia sensazione di pochi secondi fa.
Nonostante tutto, Leo si è sempre comportato bene con me, mi ha aiutato tanto nell'essere più sicura di me, ed io l'ho ignorato dopo aver raggiunto il mio "scopo".
"Lena, avevo bisogno solo di un'amica ma ormai è andata".
Abbasso lo sguardo, colpevole, ma lui solleva il mio volto con una mano, in modo da farmi trovare faccia a faccia con lui.
"Germana -si chiama così la ragazza di cui ti ho parlato - tornerà da me, prima o poi, ne sono sicuro! Volevo solo salutarti e basta, non farti pesare nulla. E' stato bello conoscerti".
"Anche per me, Leo, grazie di tutto. Semmai verrò in California, ti contatterò" dico, giusto per farfugliare qualcosa.
"Lo spero, ma non ci conto visto che ora che vivevamo nella stessa city non mi hai degnato di una chiamata" ironizza, facendomi ridere.
"Hai ragione. Sono stata cattiva" rido a mia volta, felice che l'atmosfera si sia alleggerita.
Fa un cenno positivo, e poi, non so come, mi ritrovo schiacciata contro il muro del privè, con una mano sui fianchi.
"You're a bad girl" sussurra contro il mio orecchio, e, senza alcun preavviso, preme le sue labbra sulle mie con forza, baciandomi con un impeto che non ha nulla a che fare con il romanticismo.
Stupita e decisamente colpita, lo allontano, confusa al massimo da quel gesto così al di fuori dalle sue precedenti parole amichevoli.
"Scusa, scusa, se nomino Germana inizio a fare lo stronzo per essere stato rifiutato, tu non c'entri" dice, portandosi una mano alla bocca come per eliminare il gesto appena compiuto. "Sono a pezzi" dice per confermare il tutto.
"Leo, è ok, è stato un bacio di addio, ma... Magari prima di partire prova a riparlare con lei" provo a convincerlo.
E' improvvisamente rabbuiato, triste, lo vedo sospirare amaramente e poi rialza lo sguardo in mia direzione.
"Ci provo da un bel po', ma nulla. Comunque... Ciao, Lena, se vuoi passa per un coffee prima del ventisette maggio" dice semplicemente, porgendomi la mano in in un modo che lo rende buffo come non mai perchè lo fa sembrare uno di quei bambini troppo cresciuti e tristi che si vedono nei cartoni animati.
"Certo" rispondo, per poi abbracciarlo per qualche secondo e sorridendogli.
"Bye" mi saluta, mandandomi un bacio e uscendo dal privè.
"Bye bye" replico, senza smettere di sorridere con cordialità, per poi tornare dietro al bancone, per scoprire che, per fortuna, non mi sono persa nessun cliente.



"Ti giuro che l'immagine della scena in cui Leo ti chiama "bad girl" e ti bacia mi ha aiutato a distrarmi, nelle ultime dodici ore. Ho riso tanto" dichiara Trudy, sorridendo in maniera abbastanza sincera e spontanea come non accadeva da giorni.
"Oh, beh, almeno è servito a qualcosa. Di sicuro Germana non riderà quando lo saprà" osservo, mentre mi siedo di fronte a lei dietro uno dei tavolini del bar dell'università.
"Perchè glielo dici? Fà sempre la stronza, con te".
"Non tollererei avere ulteriori segreti, e poi mentire significherebbe che mi è piaciuto, mentre...".
"Mentre?".
"Avrei voluto che fossero state altre labbra, a baciarmi" ammetto, non riuscendo a non arrossire, sussurrando come una dodicenne.
Trudy sorride dolcemente e mi accarezza un braccio con gentilezza.
"Se non avessi altro per la testa, starei urlando come la peggiore fangirl del mondo!" esclama, battendo le mani.
"Ma no! Cioè... Trudy, abbiamo vissuto insieme, siamo stati a stretto contatto, ho paura che sia solo un abbaglio, un momento di confusione".
"Un momento di confusione che dura da settimane?" osserva lei, mettendo lo zucchero nel suo bicchierino di plastica contenente il caffè.
"Può darsi".
Fà un verso scettico, mentre strappa la bustina di zucchero per versarla nel suo caffè, ed io la imito, godendomi uno dei momenti "sacri" della giornata, alias il primo caffè, che mi aiuta a svegliarmi e a sentirmi meno assonnata e stanca.
Lo sorseggio come se fosse una bibita prelibata, e quando ho finito mi alzo per andare a gettare il bicchiere di plastica nel rispettivo contenitore dell'immondizia, salvo poi rimanere bloccata nel momento in cui una figura agile e magra mi si avvicina, salutandomi con eccessivo garbo.
Stralunata, e anche infastidita, mi ritrovo di fronte a Matteo dopo un mese di lontananza, in seguito alla litigata che ha definitivamente messo fine al nostro rapporto.
"Lena, ciao! Come stai? Sapevo fossi a Caserta per il tirocinio e...".
"Sono tornata" replico brevemente, per poi fare per tornare al tavolo dalla mia amica, solo che mi trattiene per un braccio con decisione.
Infastidita, lo strattono in modo da avere il braccio libero, e lo guardo decisamente male. "Che c'è?".
Vedendomi così poco ben disposta nei suoi confronti, alza gli occhi al cielo - come se quella strana fossi io - e fa un sorrisino di scherno.
"Per favore, piantala, sono passati secoli e...".
"Matteo, ti conosco, torni da me solo quando vuoi qualcosa" replico freddamente, non potendone più del suo entrare e uscire dalla mia vita a piacimento, anche perchè, ora come non mai, sono certa di non voler più nulla a che vedere con lui.
"E va bene. Vieni con me alla festa di fine triennio, ti farò capire che insieme siamo perfetti" dichiara, alquanto convinto della sua esclamazione.
Senza riuscire a trattenere una risata, stupendo anche me stessa, scuoto il capo con decisione e lo guardo con aria di superiorità. "Perfetti, noi? Io che ti muoio dietro e tu che mi tradisci? Questo è il tuo concetto di perfezione?" sbotto, alquanto nauseata dal barbaro coraggio di quell'idiota senza cervello che risulta essere il mio ex. "E comunque ci vado già con qualcuno" aggiungo.
"Ah sì? E con chi?".
"Con Dario".
Matteo sbianca, incredulo, evidentemente colpito.
"Ecco cos'è, si vede che pensi a un altro e ciò ti distrae da me" replica, con la testa bassa e il tono indignato di chi è stato tradito sul serio.
Non potendone più del suo comportamento assurdo e senza senso, non riesco a fare altro che fissarlo negli occhi e dire: "Tu sei pazzo. Tra noi è finita, l'hai voluto tu, mi hai tradito, e ora sono libera di fare ciò che voglio. Non osare più pronunciare parole così sciocche e cretine che non sarò più buona come ora e ti schiaffeggerò senza scrupoli perchè è ciò che ti meriti. Ti ho amato ma ora non più, quindi trovati qualcun'altra da infastidire". Scandisco il tutto con estrema calma, con, al contrario, gli occhi che, se potessero, emanerebbero scintille infuocate e pericolose.
Totalmente impietrito, umiliato e ferito, Matteo non replica e si allontana con la testa bassa, lasciandomi un po' stranita, ma decisamente soddisfatta per la durezza delle parole che gli ho rivolto.
Quando mi giro, pronta per tornare da Trudy, noto che Daniela, alias l'ex di Dario, ha assistito alla scena con le braccia incrociate, e mi fissa come se fossi il male in persona.
Ricambio lo sguardo, e la vedo avvicinarsi pericolosamente a me, sentendo che per oggi la pace non sarà dalla mia parte.
"Congratulazioni, a quanto pare, dopo un anno, tu e Dario siete usciti allo scoperto" mormora, falsamente compiaciuta.
In un lampo, rivedo davanti a me tutti gli avvenimenti dello scorso luglio: Dario che rompe con Daniela, la quale sostiene che l'abbia mollato perchè i suoi pensieri siano rivolti a me...
"No, Daniela! Che usciti allo scoperto! Andiamo insieme a una festa ma non significa nulla..." esclamo, presa dal panico.
Come potrei mai spiegarle che non so nemmeno io in che cacchio di situazione ci troviamo io e il suo ex?
Ride sarcasticamente, annuendo con falsa convinzione. "Certo, certo. Povera Lena, il suo ragazzo la molla, la tradisce, eppure lei non si fa scrupoli a fare lo stesso con i ragazzi delle altre!".
Si passa una mano tra i corti capelli castani e quasi mi sbuffa in faccia, inonandomi con il suo alito che sa di fumo eccessivo.
"Tra me e Dario non c'è mai stato nulla!" mi difendo.
"Provamelo".
Senza sapere cosa dire o fare, sputo la prima frase che penso, senza rifletterci per nemmeno un misero instante.
"Vacci tu alla festa con lui, così capirai che non era un'affare di stato e che non c'è mai stato nulla!" dico, mentre una parte di me mi maledice all'istante.
Al contrario delle mie previsioni, Daniela spalanca gli occhi e, senza farselo ripetere due volte, annuisce subito. Sembra decisamente entusiasta da quella prospettiva, tanto da sorridere improvvisamente. "Guarda che ci conto, diglielo".
"Io... Sì, certo".
"Se non lo farai mi darai modo di pensare che avevo ragione e...".
"Ho capito Daniela, ho capito!" esclamo, esasperata.
Senza aggiungere altro, e puntandomi contro pollice e indice dopo averli puntati contro i suoi occhi come a dire "Ti tengo d'occhio", si allontana, soddisfatta come non mai.
Ho a stento il tempo di tornare al mio tavolo che vedo una trionfante Germana sorpassarmi e scendere le scale che conducono all'aula in cui avremo lezione e, ovviamente, la cosa mi puzza alquanto.



Subito dopo la lezione di Letteratura Tedesca, nel cortile dell'università, mi ritrovo davanti ad uno spettacolo così pietoso che preferirei potermi strappare le pupille dagli occhi con una sola mossa.
Trudy mi appoggia una mano sulla spalla, per supportarmi, ed io sbuffo, desiderando di sprofondare e non farmi vedere più in giro.
Seduti su una panchina, da soli, ci sono Germana e Dario che chiacchierano come se fossero sempre stati in ottimi rapporti, e lei ogni tanto gli sussurra qualcosa all'orecchio con fare da civetta, mentre appoggia la mano sul suo petto.
Sento uno strano calore al petto, mista ad una voglia di avvicinarmi e spararli entrambi nel più crudele dei modi.
Obbedisco solo ad uno di questi comandi: li raggiungo, rinnovando i saluti, come se non ci fossimo già visti a lezione.
"Lena! Ehi, lo sai che a quanto pare dovrò andare alla festa di fine triennio con la mia ex perchè la ragazza a cui l'avevo chiesto non ha avuto il coraggio di mandarla a quel paese?" dice, improvvisamente sfacciato come l'ho visto solo quando aveva a che fare con Chiara.
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli mentre guardo una gongolante Germana.
"Grazie per aggiornare Dario in tempo reale, cara" la prendo in giro, sottolineando l'ultima parola. "Ero venuta a dirtelo proprio ora" gli spiego, infervorata come non mai. "Posso capire Daniela, mi sono sentita anche io come lei e...".
"Ti faceva schifo l'idea di parlarne prima con me?" chiede Dario, accalorato come non mai. "Credevo che dopo il mio invito, le cose tra noi fossero diverse".
"Diverse? Ma se non mi hai detto nulla, cioè, non mi hai detto con quale ruolo sarei andata alla festa con te, se come semplice migliore amica o...".
Ovviamente, lui arrossisce di brutto, in evidente difficoltà, mentre Germana se la gode un mondo.
"Dovresti cacciare un po' le palle, Dario, e non lo dico solo perchè al momento sto scazzata e odio la stupidità di voi maschi" s'intromette Trudy, stranamente appropriata nel suo essere inappropriata.
Confermo queste parole con un'occhiata significativa e odio non poter dire altro, visto che Germana è in una posizione superiore: conosce i miei segreti e può smerdarmi in qualsiasi istante.
"Trudy, non sono affari tuoi" sbotta Dario.
"Mi ricorderò di risponderti la stessa cosa quando mi verrai vicino a chiedermi cosa sia successo tra me e Davide" replica freddamente lei, ferita.
"Basta!" li interrompo, non riuscendo a vederli litigare a causa mia.
"Basta lo dico io" dice Dario, alzandosi, mentre Germana lo imita.
"Dario...".
"Ho bisogno di sbollire. Mi capiresti se ti obbligassi ad andare ad una festa con Matteo, no?" dice semplicemente, allontanandosi senza salutare e lasciandomi così, immobile, con al fianco solo Trudy che non sa cosa dire proprio come me.


"Stasera probabilmente farò sesso con Dario, stiamo in giro da oggi, non è male. Ovviamente, ti tengo in pugno, osa dire qualcosa e ti smerderò. Ah, e lo confermo: lo faccio perchè ti odio a morte da quando ho saputo di te e Leo... Magari così ti ripagherò con la stessa moneta".

Sono stanca di provare paura, dolore e tanto altro nello stesso istante.
Mi ritrovo da sola a casa, visto che Trudy è stata obbligata da Marina e Lucia ad uscire per fare shopping con loro, e mi ritrovo a pensare di essere sola anche nei fatti, visto che tutti coloro che mi sono sempre stati vicini hanno altro per la testa o si sono semplicemente allontanati.
Dario andrà sul serio con Germana?
Non capisco tutto questo astio di lei nei miei confronti, visto che sa da settimane di me e Leo... E meno male che non sa del bacio di ieri! Cosa avrebbe combinato, altrimenti?
E poi, per la prima vera volta, una domanda mi affligge: Dario prova qualcosa per me?
Per alcuni sembra chiaro, ormai, ma io non riesco a trovare una risposta anche perchè non so bene come mi sento nei suoi confronti, dopo tanti anni di amicizia.
Rileggo l'sms di Germana, sempre più nauseata, e senza pensarci due volte, scrivo a mia volta un sms.

"Ci ho pensato e sono pronta per quel caffè e farmi perdonare. Sei a casa?".

E' ovvio che quando la mente è sovraccarica di emozioni, pensieri e problemi, tendiamo a fare cose stupide, ed io ne sono sempre di più la prova vivente.
Ma se sto sbagliando, perchè c'è sempre qualcuno che mi sostiene, che è dalla mia parte?

"Sure. Ti aspetto" mi viene risposto.
Così, rapidamente, dopo aver guardato per l'ultima volta il messaggio di Germana, mi faccio una doccia e indosso i primi vestiti che trovo nell'armadio, diretta verso una meta che snobbavo da settimane: casa Scott.


La facilità e l'allegria con cui mi accoglie Leo ogni volta mi lascia sempre più spiazzata, perchè devo riconoscergli una certa galanteria nonostante sia già riuscito nell'intento di portarmi a letto.
Casa sua è sempre la stessa, solo un po' più disordinata visto l'imminente partenza, e ritrovarmi nel suo soggiorno, sul famoso divano del primo bacio, mi fa sempre uno strano effetto, perchè mi ricorda quanto io sia apparentemente cambiata in soli due mesi.
"Mi sento una stupida, vengo da te sempre quando ho giganteschi problemi e mi sento sola. Dimmelo che mi odi" confesso dopo la prima mezz'ora di chiacchiere generali.
Dal canto suo, Leo sorride con quel suo solito modo che lo farebbe sembrare innocente anche se colto in flagrante nel luogo del reato, e scuote il capo con un cenno di dinego.
"No, mi piace quando vieni a trovarmi, con te non sono mai... Bored!" rivela. "E poi, sono incassinato anche io, quindi ti capisco".
"Non voglio annoiarti con i miei problemi, facciamoci solo compagnia per un po'" propongo, scrollando le spalle.
"E se non voglio farti compagnia?" domanda, avvicinandosi un po' di più a me.
"Me ne vado" sintetizzo.
"Stavo scherzando. Puoi stare qui quanto vuoi".
"Non ti capisco, Leo" ammetto, decisamente confusa.
"Perchè?".
"Perchè sei troppo... Gentile, ecco! Ti sto chiaramente dicendo che ho deciso di venire qui perchè mi sento sola, perchè non ho altra compagnia e tu...".
"Mi piace proprio perchè me lo hai detto, senza nasconderlo" ammette.
Distolgo lo sguardo, sentendomi bugiarda più che mai, e vengo salvata dalla scusa di aver ricevuto un sms.

"Abbiamo appena pomiciato su da lui... Sembrava parecchio, come dire, interessato".

Germana, ovviamente. L'idea di lei e Dario che pomiciano nella sua stanza mi manda decisamente in tilt, e non so come riesco a riporre il telefono in borsa come se nulla fosse e a tornare a guardare Leo.
"Allora... Va bene" dico solo, sentendo la gola secca, senza sapere cos'altro dire.
Anche lui sembra a corto di idee circa la conversazione, poi, come se nulla fosse, torna a sorridere.
"E' stato bello baciarti per l'ultima volta ieri, al bar" dice, avvicinandosi ancora di più. Vedendo che non replico, sorride maliziosamente, sfiorandomi una guancia.
"Perchè era l'ultima volta, vero, Lena?" domanda, questa volta sussurrando contro il mio orecchio con un tono decisamente basso ma altrettanto sensuale.
"Leo, se lo sai, perchè me lo chiedi?" rispondo.
"Perchè io sono solo, tu sei sola, possiamo farci compagnia come ai vecchi tempi, se vuoi".
Mi scosto un po', guardandolo negli occhi. "Ami qualcuno, Leo, e anche io penso di provare qualcosa per qualcuno, anche se probabilmente ora si stà dando da fare con un'altra" gli ricordo.
- Leo ama Germana ma ciò non gli impedisce di fare lo stupido con me, quindi, anche nel remoto caso in cui Dario sia interessato a me, cosa gli impedisce di andare a letto con Germana? - mi dice la vocina nella mia testa, facendomi arrabbiare ancora di più al pensiero di quei due insieme.
"Anche quando ci siamo conosciuti pensavi al tuo ex, eppure ciò non ti ha impedito di venire a letto con me. Sono nella stessa situazione, ora" mi ricorda, lasciandomi un lento e sensuale bacio sul collo.
"Leo...".
"E a quanto pare la tua nuova fiamma ora è con un'altra" aggiunge.
"Leo, senti...".
"Non so come si può fare, sei fantastica, ho pensato tanto della notte che abbiamo trascorso insieme" torna a sussurrarmi nell'orecchio, facendo ruggire la ragazza offesa e decisamente confusa e bisognosa di attenzioni che regna in me da mesi.
Ed è proprio a causa sua che mi ritrovo ad essere baciata da Leo per l'ennesima volta, come se lui non aspettasse altro da mesi e mesi.
Si lascia andare ad un bacio decisamente passionale, voluttuoso, e sento improvvisamente le sue mani sotto il leggero top azzurro che indosso.
Fisicamente, non posso negare di sentirmi attratta da lui, perchè rimane un uomo decisamente affascinante dai modi alquanto persuasivi, ma una parte della mia testa non fa altro che chiedermi se sia giusto e opportuno commettere un nuovo errore da aggiungere alla lista degli ultimi mesi.
- Ma Dario è con Germana, e lei lo sta facendo per fartela pagare! Non devi soffrire solo tu, fai soffrire anche lei! - penso, proprio mentre Leo inizia a sfiorarmi il seno.
Presa da queste parole, mi decido a rispondere al bacio, assaporando la vaga illusione di essere di nuovo calcolata e desiderata da qualcuno, e così sbottono la sua camicia.
Ho così tanto la sua approvazione che, eccitato, mi schiaccia sotto il suo peso e mi fa stendere sul divano, mentre mi priva a sua volta del top.
Sapendo quanto mi piaccia, lascia una scia di baci desiderosi dal collo al seno, borbottando parole che non recepisco.
Mi sfila anche la gonna, lasciando qualche bacio ai bordi degli slip, e quando fa per divaricarmi un più le gambe, lo guardo e rimango stupita dalla visione del suo volto, come se non fosse giusto essere lì, in quel posto, in quella situazione.
Per qualche istante, presa da un'improvvisa eccitazione, ho pensato che al suo posto ci fosse un altro, e quasi me ne ero convinta.
Ragion per cui mi scosto, mettendomi a sedere, tra la sua confusione e il mio senso di colpa.
"Non posso, pensavo a un altro" rivelo, indossando subito i miei indumenti come una furia, alzandomi con rapidità e sentendo quasi la testa che mi gira.
Scioccato da quel repentino comportamento, anche Leo si alza, fissandomi come per studiare quella reazione strana.
"Anche io penso di un'altra ma...".
"Sei bello e sexy, Leo, troverai qualcun'altra con cui... Distrarti" mormoro, riuscendo, stranamente, a sostenere il suo sguardo e provando ad essere più decisa che mai.
Lui sospira, scompigliandosi i capelli con aria da uomo vissuto, e poi sorride amaramente.
"Deve piacerti tanto questo ragazzo, è fortunato" osserva.
"Leo, è che non posso permettermi altri casini e... Nessuno dei miei amici sa che ho avuto una storia con te, cioè, tutti sanno che non sono stata con nessun'altro dopo il mio ex e...".
"Non devi giustificarti con me" m'interrompe, serio più che mai. "E' stato bello rivederti. E ti confesso che... I love your boobs!" aggiunge, ridacchiando, come per distogliere la serietà dalla conversazione.
"In italiano si chiamano tette" dico ironicamente, senza sapere cosa dire, imbarazzata.
"Ok. Amo le tue tette" ripete, per poi fiondarmisi addosso e abbracciandomi con una stretta ferrea. "I'll miss you" sussurra.
Comprendo quanto sia sincero dal fatto che me l'abbia detto nella sua lingua madre, perchè a quanto pare quando è sconvolto per qualcosa non pensa a tradurre le parole, come quando mi scrisse di com'era andata con Germana.
Sentendo una stretta al cuore, causata dal mio non riuscire ad essere onesta con lui nonostante sia probabilmente l'ultima volta in cui ci vediamo, sospiro e gli accarezzo la schiena, stringendolo a me.
"I'll miss you too" replico, per poi lasciargli un bacio sulla guancia quando ci separiamo. "E, comunque, continua a provarci con quella ragazza, fidati".
Annuisce mestamente, mentre mi guarda raccogliere la borsa e avvicinarmi alla porta.
"Ciao, Leo" sussurro, sentendo un groppo in gola, totalmente in contrasto con il sollievo provato ieri.
"Ciao, Lena. Sono felice di averti fermato, quella sera al bar".
"Ed io sono felice di aver ceduto, alla fine" replico, lasciando che ora sia lui a baciarmi una guancia per salutarmi. "Tienimi aggiornata riguardo quella ragazza!".
"Certo, ma solo se uscirai con me se finirà male" ironizza.
Annuisco, ridendo, e, mentre esco sul pianerottolo e inizio a scendere i gradini, lo vedo che aspetta che io sparisca dalla sua visuale con la porta aperta, con uno sguardo che vale come ultimo addio.



Notando che sono quasi le diciotto, mi dirigo spedita verso il parco vicino casa, ringraziando mentalmente la mia memoria che, nonostante i mille casini, riesce quasi sempre a non dimenticare nessun impegno preso.
Mi siedo su una panchina vicino l'entrata, controllando per l'ennesima volta di avere gli abiti infilati nel verso giusto vista la fretta con cui li ho indossati, e provo a concentrarmi solo su ciò che ho da dire al diretto interessato che ho contattato ieri.
Strano quanto sia facile isolare la mente quando provi a non pensare a ciò che ti affligge e divide la tua coscienza in due...
Fortunatamente, nel giro di pochi minuti, vedo la figura del sempre preciso e rigoroso uomo che sto aspettando, e gli faccio cenno con la mano, in modo da farmi notare  e farmi raggiungere.
"Scusami per il poco preavviso con cui ti ho chiesto di vederci" mormoro, sperando che vada tutto per il meglio.
"No, tranquilla, immaginavo che ci saremmo visti prima o poi" replica Davide, scrollando le spalle.
Sembra più pallido e dimagrito, e la cosa non dona affatto alla sua carnagione già chiara e il suo essere decisamente poco in carne e robusto.
"Innanzitutto, voglio dirti che non è mia intenzione intromettermi...".
"E allora perchè siamo qui?" chiede, amaramente ironico, fissando dinanzi a sè una serie di bambini che giocano con un pallone azzurro e nero.
Sospiro pazientemente, visto che mi aspettavo una frase simile.
"Perchè adoro Trudy, le voglio un mondo di bene e so che siete fatti l'uno per l'altra".
"Sai cosa si fa quando si è fatti l'uno per l'altra? Ci si sposa" replica duramente, ferito.
"Sì, ma non subito! Siamo negli anni duemila, Davide, non ci si sposa più subito e...".
"Lena, non sono affari tuoi". Brusco come non mai, Davide si alza, maleducato come non l'ho mai visto prima d'ora.
"Lo so, e so anche di non avere una relazione duratura come prova del fatto che io possa anche minimamente avere ragione ma pensa solo al fatto che Trudy abbia dovuto passare la sua adolescenza sotto il trauma del divorzio dei genitori! Ha lavorato con la mamma, badato ai fratelli, mentre le sue coetanee uscivano per andare ad ubriacarsi! Ha visto sua madre soffrire di nascosto, senza mai dirglielo, e ha odiato suo padre per questo! Non pensi che proprio per questo voglia fare un passo così grande dopo averci ragionato per bene, con calma, magari dopo aver trovato un buon lavoro per non far passare ai suoi figli ciò che ha vissuto lei?" dico accalorata, senza riuscire a fermare il flusso di parole che provengono dritte dal cuore.
Quando mi fermo, noto che Davide è senza parole, un po' perplesso, tanto che apre la bocca e poi la richiude, cosa che non gli ho mai visto fare.
"Lei ti ama sul serio, e lo sai, ma ha solo ventitrè anni, e se non ti avesse amato non avrebbe accettato di venire a Torino con te e di cambiare casa, università e città" aggiungo.
"Io...".
"Davide, per favore, ripensaci e contattala. Lei non sa che sono qui, mi ammazzerebbe, e lo sai".
Come se gli costasse una fatica immensa, Davide continua a tacere e poi sospira.
"Prenderò in considerazione ciò che hai detto" si limita a dire infine.
"Lo sai che ti presserò finchè non ti farai vivo, vero?" gli faccio presente, dandogli un pugno amichevole sulla spalla.
Annuisce con un sorriso mesto, poi, senza dire altro, mi saluta e se ne va, immerso nei suoi pensieri, lasciandomi con la speranza di aver combinato almeno una cosa buona nelle ultime ventiquattro ore.




Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Tutto ciò che vuoi ***


19ffac

Capitolo pieno di emozioni e... Non vi anticipo nulla xD
Che dire, non so come sia riuscita a finirlo perchè l'avvicinarsi della sessione estiva non aiuta affatto...
Spero vi piaccia e che mi farete sapere che ne pensate!
Grazie a chi continua a seguirmi :D
Un bacione,
milly92




Capitolo 19

Image and video hosting by TinyPic


24 Settembre 2010

C'era troppa gente fuori la segreteria, davvero troppa per i miei gusti, abituata com'ero ai numeri ristretti della mia classe del liceo.
E le ragazze, poi, com'erano... Strane, grandi, diverse da me!
Super truccate - quasi mascherate, oserei dire - con abiti non proprio comodi, orecchini giganteschi, occhiali da sole enorme e capelli perfettamente piastrati e setosi.
Abbassai lo sguardo sulla gonna di jeans, le mie amate Superga e la semplice maglia verde e larga che nascondeva quella pancia in più che odiavo e sospirai, sentendomi così piccola e insignificante a confronto delle mie future colleghe.
In un episodio di Gossip Girl, Serena diceva: "L'università è come il liceo, solo con i libri più costosi", e il solo ricordarlo mi fece venire i brividi.
No, non volevo rivivere il liceo! Volevo un'esperienza nuova, unica, che mi cambiasse, insegnasse tanto e mi rendesse una persona matura...
Ce l'avrei fatta? Avevo i miei dubbi, onestamente.
Sospirai, pensando alla casa nuova, all'imminente trasloco, alla fototessera per il libretto universitario che non mi piaceva affatto...
"Scusami, anche tu sei qui per l'immatricolazione?".
Una voce maschile mi risvegliò dai miei pensieri e quasi tremai per la sorpresa. A parlare era stato il ragazzo che stava facendo la fila davanti a me, che mi sorrideva con un'aria che avrei definito sincera.
Sembrava avere la mia età e, come me, aveva la tipica espressione da matricola impaurita.
"Sì, per la facoltà di Lingue" risposi educatamente.
"Anche io, ho scelto inglese e Tedesco".
"Oh, anche io!".
Il sorriso del ragazzo divenne più ampio. "Non l'avrei detto, cioè, sembri più una da Francese e Spagnolo".
"Odio il francese" risposi.
"Io non l'ho mai studiato... Comunque, beh, piacere, io sono Dario!" aggiunse, porgendomi la mano.
"Piacere, Lena" risposi, stringendola.
"Lena? E' un diminutivo...?".
"No, no".
All'epoca non lo sapevo, ma una semplice fila in segreteria mi aveva appena dato l'occasione di conoscere una delle persone più importanti che mi avrebbero accompognato in quel tortuoso percorso di studi.

*°*°*°*

Quando il proprio mondo viene sconvolto da mille incertezze e uno stato perenne di confusione, si arriva a pensare ai problemi dei mesi scorsi e addirittura a riderne per la loro futilità.
Non riesco a non pensare al tempo perso dietro Matteo, e a sentirmi sollevata circa la scomparsa di qualsiasi sentimento nei suoi confronti.
Il sollievo è ciò che provo anche riguardo l'aver fermato Leo prima di commettere un altro brutale errore che avrei rimpianto nei mesi a venire, mentre non riesco a capacitarmi della stronzaggine di Germana, del contenuto dei suoi sms, anche se, avendo baciato Leo poche ore fa, non sono proprio in una buona posizione.
E' proprio questo pensiero ricorrente che, dopo cena, mi spinge a casa sua e di Marina con la scusa di dover prendere Trudy che è ancora con loro da oggi pomeriggio.
Vengo accolta con i residui della cena giapponese presa dal ristorante giapponese più vicino e del vino bianco, ma reclino l'offerta con un mezzo sorriso.
"Trudy, prendi tutto tu, so che adori questo tipo di cucina" dico.
"Ok, grazie! E comunque Davide mi ha mandato un sms, ci vediamo domani" aggiunge, speranzosa.
Il mio sorriso da mezzo diventa intero, e sento di aver fatto sul serio qualcosa di buono, oggi.
"Davvero? Meno male, dai" rispondo, abbracciandola.
Mentre Marina aggiunge qualche considerazione sugli avvenimenti futuri, la figura di Germana si trascina in cucina, con il solito sorrisetto strafottente dipinto in faccia.
"Brunetta, vieni in camera mia, devo dirti una cosa" esordisce, con tono imperioso.
Sentendo un'enorme voglia di schiaffeggiarla lì, davanti a tutti, reprimo i miei impulsi primordiali - anche perchè, altrimenti, darei vita ad una scena simile a quella di Mean Girls in cui Cady immagina di gettarsi addosso a Regina per picchiarla - e annuisco, seguendola senza dire una parola.
"Allora, ti sei divertita con Dario?" domando subito, senza riuscire a tenere a freno la lingua.
"E tu, ti sei divertita con Leo?".
Vedendo la mia faccia sconvolta, ride con gusto, squadrandomi da capo a piedi.
"Co...?".
"Mi ha chiamato. Mi ha detto di essersi visto con la Brunetta di cui mi ha parlato, di averci provato con lei per una sorta di ripicca, ma che poi lei non c'è stata perchè pensava ad un certo ragazzo".
Non riuscendo a non arrossire, abbasso lo sguardo, studiando il pavimento anni ottanta marrone con i rombi neri che, ad un tratto, sono più interessanti che mai.
"Comunque tu ti sei data da fare di più con Dario..." mormoro debolmente.
"No, ti ho preso in giro. Io e Dario abbiamo solo pranzato insieme, non m'interessa il tuo amichetto. Bella reazione, comunque, sei gelosa marcia, ho vinto io!" urla trionfante, brandendo un pugno in aria.
Senza fiato, con la bocca spalancata per la sorpresa, scuoto il capo, scossa al massimo.
"Ma... Ma sei seria?" sbotto, incredula. "Ti senti, quando parli?".
"Oh, sì, ed è uno dei piaceri più grandi della mia vita*. Dopo il sesso, ovviamente" replica con tranquillità.
"Germana, tu non stai bene! Chi ti credi di essere? Giochi con le persone come fossero burattini nelle tue mani, e sono sicura che lo fai perchè "Ti annoi" senza Leo! Ti ha avvertito riguardo oggi, cosa vuoi di più? Dove lo trovi un ragazzo così? Ti ama davvero, e non sto dicendo che devi andare in America da lui, ma almeno si trova una soluzione qualsiasi e...".
"Ho raggiunto il mio scopo, mi sono divertita per oggi, ora vattene" mi ordina, improvvisamente seria e adirata, con aria imperiosa.
"Germana...".
"Vattene!".
Addirittura arriva a strattonarmi con violenza pur di farmi uscire e mi sbatte la porta in faccia, chiudendola a chiave.
"Sei una scema! Almeno io...".
"Stai zitta, stronza! Vattene!" mi urla contro in risposta, con una nota di pianto mista a rabbia nella voce.
Scossa da quel repentino cambio di umore, torno in cucina, dove Marina e Trudy mi guardano senza capire, evidentemente a causa delle urla.
"Uno dei nostri soliti litigi" minimizzo, scrollando le spalle. "Trudy, andiamo a casa?".
"Veramente le ho chiesto di dormire qui, è un problema?" chiede speranzosa Marina.
"Oh, no, no" replico. "Ci vediamo domani".
"Passo a casa prima delle lezioni" dice Trudy, lasciandomi un bacio sulla guancia.
Annuisco, ricambiando il bacio, e dopo un ultimo saluto esco di casa, sentendo una gran voglia di urlare per il modo in cui Germana mi fa arrabbiare ogni volta ma, allo stesso tempo, urlare di sollievo perchè tra lei e Dario non c'è stato nulla.



"Salve, signor Francesco! Dario è qui?".
Il giorno dopo, poco prima di cena, mi ritrovo nella libreria dello zio di Dario, in cui egli lavora da ormai due mesi, perchè non si è fatto vivo all'università e non sapevo cosa dirgli se l'avessi chiamato o contattato in qualche modo.
Il signor Francesco, un omaccione simpatico dai grandi occhiali neri e quadrati, annuisce. "Sì, ma è da tre ore nel retro con una sua amica che doveva parlargli" risponde, con un tono che sembra dire "Ah, 'sti giovani di oggi non hanno proprio voglia di lavorare!". "Infatti dovrei uscire per delle commissioni ma non posso perchè non ci sarebbe nessuno a sorvegliare il negozio".
"Posso dare uno sguardo io mentre aspetto, se si fida" propongo, anche perchè preferisco non avere nessuno tra i piedi quando parlerò con Dario, anche se non so cosa dirgli di preciso, onestamente.
"Davvero?" domanda, sorpreso.
"Sì, e poi lavoro in un bar, so che non è la stessa cosa ma...".
"Va bene, mi fido. E poi, cosa potresti mai rubarmi? Libri? Qui ormai nessuno li vuole...".
"Si vede che non mi conosce" rispondo, ironica, ma zittendomi subito. "Scherzavo".
Il signor Francesco ride e annuisce, per poi prendere delle chiavi e una borsa di pelle. "Allora mi fido, eh".
"Certo, stia tranquillo!".
Lo vedo uscire e allontanarsi, così, come ogni volta che mi trovo in una libreria, inzio ad aggirarmi tra gli scaffali con aria curiosa, per vedere quali dei libri ho letto, quali conosco, quali vorrei leggere, quali non ho mai nemmeno sentito nominare.
Generi, autori, colori di copertine diverse scorrono davanti ai miei occhi, mentre il mio cervello mi ricorda che ho altro a cui pensare.
Cosa voglio dire a Dario?
Che mi spiace per la storia di Daniela, ovvio, e poi?
E poi... Nulla, no? Avrei tanto altro da dire, ma l'essere dispiaciuta per l'accaduto di ieri è l'unica cosa meno rischiosa che sento di poter rivelare.
Con un sorriso vedo una copia di "Noi siamo infinito", e ricordo il giorno del mio compleanno, quando Dario si è fatto trovare fuori la mia porta a mezzanotte spaccata con una sua copia in lingua madre - "come piace a me" - come regalo.
Un sonoro "Sei stronzo come tutti gli altri!" proveniente dal retro mi risveglia dal mio flusso di pensieri e mi immobilizzo.
Quell'inconfondibile voce è proprio di Daniela, non ci sono dubbi. Daniela è la persona con cui Dario si sta intrattenendo da tempo nel retro.
Dopo qualche altra parola confusa, odo un chiaro e distinto: "Lo sapevo che è sempre c'entrata lei, lo sapevo! Per te ero solo un passatempo!".
Ancora con la copia di "Noi siamo infinito" in mano, faccio qualche passo in avanti, incerta.
"Non è vero! All'epoca stavo bene con te, solo ora ho realizzato la verità!" risponde ad alta voce Dario.
Deglutisco, udendo dei passi frenetici.
"La verità, ha! E sarebbe?".
"Che, nonostante tutto, da quando conosco Lena c'è solo lei nei miei pensieri. Pensavo fosse una semplice preferenza, una cotta, ma non è così, non riesco a dimenticarla nonostante siano passati tre anni!" replica la voce di Dario, mista a dei passi sempre più vicini alla porta che separa il retro dal negozio principale.
Incredula, porto una mano alla bocca, proprio mentre la porta si apre, rivelando prima una paonazza Daniela e poi Dario.
Io me ne sto così, immobile, mentre Dario sbianca e Daniela sembra sul punto di avvicinarsi e farmi a pezzi.
"Onnipresente Lena" dice invece, sprezzante. "Sono proprio felice che tra una settimana i corsi finiranno, così non vi vedrò più. Avevo bisogno di sentire la verità che ho sempre sospettato, quindi, grazie, Dario, spero te ne andrai a fanculo al più presto con la tua amichetta!" strilla Daniela, lasciandoci un'ultima occhiata sprezzante prima di uscire a passo svelto, lasciando un silenzio imbarazzato e alquanto pesante.
Dario sembra a sua volta fatto di cera, anzi, una statua sarebbe molto più espressiva e naturale di lui.
Deglutisco, sentendomi quasi senza aria per ciò che ho appena udito, e lui alza lo sguardo verso di me.
"Quanto... Quanto hai sentito?" chiede debolmente.
"Io sono venuta qui per scusarmi e tuo zio mi ha lasciato il negozio" inizio stupidamente, come se me l'avesse chiesto, "E poi ho sentito che Daniela ti diceva che sei uno stronzo come tutti gli altri".
Annuisce, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e poi sulla faccia. "Te lo avrei detto alla festa e, nel caso non l'avessi fatto, Chiara ti avrebbe mandato la foto di una delle pagine del mio diario, quindi... Beh, mi sono anticipato contro tutti i pronostici" mormora, cercando di ironizzare.
"Ma... Sul serio? Cioè...".
Mi si avvicina cautamente, guardandomi negli occhi, ed annuisce con serietà.
"Da quando ti conosco ho sempre provato qualcosa per te. Quando ho conosciuto Daniela pensavo di essere andato avanti, ma poi ho scoperto che non era così, ecco perchè l'ho lasciata. Ma... Ero sempre il tuo migliore amico, per te, poi ti sei messa con Matteo, poi stavi male a causa sua e... Solo ora mi sembra che tu sia libera. Tutti avevano capito cosa provassi per te, tutti tranne te, e quando Chiara ha trovato il mio diario ho capito che avevo troppe cose non dette di cui dovevo liberarmi per vivere la mia vita senza filtri" spiega.
"Germana ieri si è inventata di aver pomiciato con te, che magari sareste andati oltre, e... So solo che il pensiero mi ha mandato fuori di testa" rispondo, dicendo la prima cosa che mi viene in mente, che ovviamente non c'entra nulla con il resto.
Confuso, Dario si lascia scappare un sorrisino.
"Eri... Infastidita?" chiede, incredulo.
"Tanto" ammetto.
"Lena..." sussurra, con un filo di voce che quasi mi fa venire la pelle d'oca.
"Perchè... Perchè te lo sei tenuto dentro così tanto? E' una cosa insana e...".
"Avevo paura, accidenti! Paura di perderti, visto che chiaramente fino a poco fa i tuoi pensieri erano rivolti altrove!" dice.
Senza sapere cosa dire, abbasso lo sguardo, poi, vedendo che ho ancora tra le mani "Noi siamo infinito", una parte del mio cervello, chissà come, ricorda una frase in particolare che si trova verso la parte finale del libro.
E' così che, sotto lo sguardo nervoso e incomprensibile di Dario, inizio a sfogliare il volume, con le mani tremanti per l'agitazione e l'emozione.
"Lena, non mi sembra il momento..." osserva, senza capire.
"Ecco, ecco!" lo blocco invece, come una furia, zittendolo.
In realtà, probabilmente, se qualcuno stesse ad assistere a questa scena la vedrebbe in un modo decisamente comico e mi prenderebbe per una pazza squinternata.
"Se piaccio a un ragazzo, voglio piacergli per quella che sono veramente, e non per quella che pensa che io sia. E non voglio che se lo tenga dentro. Voglio che me lo faccia capire, affinchè anch'io possa sentirlo. Voglio che sia in grado di fare tutto ciò che vuole, vicino a me" leggo, dando voce alle parole di Sam nei confronti di Charlie.
"Tutto ciò che vuole?" domanda Dario, mentre mi allontano di qualche passo per posare il libro sullo scaffale, giusto per avere qualcosa da fare e non starmene lì, impalata.
"Certo!" replico senza pensarci, per poi sentire la sua mano attorno al mio polso che mi attirà a sè con un gesto fluido, colmo di urgenza ma allo stesso tempo delicatezza.
Mi è oscura la dinamica che mi fa ritrovare stretta contro il suo petto, con le sue mani attorno alla mia vita e le sue nostre labbra unite in un bacio timido, calmo, fatto di sospiri che si fondono con delicatezza e movimenti lenti, cauti.
Qualsiasi cosa che mi circonda si dissolve in un battito di ciglia, e so solo che il dopobarba di Dario ha un profumo delizioso e che mi sta baciando con una gentilezza mista ad una sorta di paura di esporsi, commettere qualche errore, magari essere respinto.
Non lo so cosa ci sia di diverso, so solo che vorrei che mi stringesse di più, che facesse qualsiasi cosa tranne il porre fine a questo momento magico.
Si separa per un solo istante, per guardarmi negli occhi mentre mi accarezza il viso, ed io circondo il suo collo con le braccia per sentirlo ancora più vicino a me.
"Non sai quante volte ho sognato questo momento" sussurra, per poi tornare a baciarmi, questa volta con più sicurezza e decisione, fino a farmi ritrovare - non so come - stretta contro la parete del negozio.
Per fortuna nessuno entra nel negozio, ma forse ad un primo impatto nessuno ci vedrebbe perchè siamo nascosti da uno degli enormi scaffali della libreria, chissà, ho totalmente perso la cognizione dello spazio e non so nemmeno io come mi stia sentendo, onestamente, confusa e compressa tra mille sensazioni differenti che si prendono il gioco di me...


Circa un'ora dopo, immersi in un silenzio abbastanza imbarazzante, ci ritroviamo sotto il portone del condominio in cui vivo.
"Io... Ehm, sono arrivata" mormoro, indicando stupidamente il portone che è abbastanza grosso per passare inosservato.
Il ricordo di lui che si separa da me per rispondere al telefono, sorride timidamente, scusandosi, e poi è obbligato a firmare alcune consegne, è ancora vivido nella mia testa, insieme alle poche parole che ci siamo scambiati durante il tragitto dalla libreria a qui, e mi porta a sentirmi in imbarazzo.
"Oh, sì, sì. Beh, buona... Serata" risponde, mettendo le mani nella tasca.
"Vuoi... Salire?" chiedo. "C'è Trudy" aggiungo come una perfetta idiota, maledicendomi nell'istante in cui termino di parlare.
"No, no, grazie, mi aspettano a casa".
"Va bene, perfetto. Allora... Ciao!".
"Ciao!".
"Ciao...".
Ci fissiamo, senza sapere cosa fare, guardando a destra e poi a sinistra, e proprio mentre faccio per voltarmi, lui fa un passo avanti, così lo faccio anche io e, in un modo alquanto buffo, ci scambiamo un bacio sulla guancia frettoloso, per poi ribadire:"Ciao!" e allontarnarci, ognuno nella sua direzione, senza aggiungere altro.
Quando mi ritrovo nell'ingresso del condominio, mi appoggio al portone ormai chiuso, sospirando e biascicando un continuo: "Scema, scema,scema!", senza rendermi conto che la signora del primo piano mi sta fissando perchè deve uscire ed io la sto bloccando.
"Scusami, posso...?" mi chiede gentilmente.
Alzo gli occhi e mi ritrovo davanti il volto di questa quarantenne abbastanza divertita e incuriosita, così mi scosto come se avessi una molla sotto i piedi ed annuisco frettolosamente. "Sì, si, mi scusi" replico, per poi fiondarmi a salire le scale come una forsennata, tanto che mi ritrovo fuori il mio appartamento nel giro di dieci secondi.
Senza che io bussi, Trudy apre la porta, con un'energia stranamente nuova rispetto a quella degli ultimi, tristi giorni.
"Ho visto te e Dario dalla finestra, ma che combinavate? Sembravate due scemi" osserva.
"Come è andata con Davide?" provo a cambiare discorso, mentre poso la borsa.
"Te lo dico dopo. Tu mi nascondi qualcosa!".
La parte più cattiva di me, pensa che non era male la nuova Trudy taciturna che non se ne fregava di nulla, e nota con disappunto che la fase "Interrogatorio mode on" sia iniziata subito.
Così non mi rimane che sedermi sul bracciolo del divano del soggiorno, con lei di fronte che esibisce braccia incrociate a mò di investigatore e un'aria decisamente curiosa.
"Mi ha baciato" rivelo quindi, sentendo come suoni strano detto ad alta voce.
Trudy sgrana gli occhi, spalanca la bocca e poi dice: "Giusto per essere precisi, parliamo di Dario, giusto?" con una risatina.
Senza esitare, le lancio contro uno dei cuscini del divano, lei si scansa prontamente e poi corre ad abbracciarmi, entusiasta.
"Oh, lo sapevo che ce l'avrebbe fatta dopo l'invito alla festa! Lo sapevo! Dimmi tutto, tutto, tutto, non tralasciare nulla!" urla come impazzita, quasi soffocandomi.
La allontano delicatamente, e improvviso un sorriso forzato. "Possiamo parlarne dopo? Voglio stare tranquilla per qualche minuto".
Accigliata, la mia amica non la smette di squadrarmi come se mi stesse analizzando, e fa una faccia al limite dello scandalizzato. "Cosa?".
"Posso starmene cinque minuti sola, per favore? Ho appena vissuto un pomeriggio assurdo e...".
"Quando il ragazzo che t'interessa ti bacia, di solito si chiama "Pomeriggio fantastico", lo sai, vero?" dice, senza capire, come se fossi una sorta di aliena.
"Che sono strana non è una novità" dico rapidamente, alzandomi e dirigendomi verso la mia stanza.
Voglio sul serio starmene in santa pace per un po', senza dover dire nulla a nessuno, perchè non so cosa dire a me stessa, onestamente.
E' così strano il solo pensiero di me e quello che credevo il mio migliore amico che ci baciamo e che poi ci comportiamo come due perfetti idioti!
Cosa succederà Dario? Ci ha messo tre anni per farmi scoprire la verità - involontariamente - e ora sembra rinchiuso in se stesso.
"Lena, ma che ti prende?" continua la mia amica, imperterrita.
"Mi prende che non posso dirti nulla se non so nemmeno io cosa dirti di preciso!".
"Lena...".
E davanti a quella vocina stridula e implorante, so che non ho più scampo e che devo vuotare il sacco, esternare i miei dubbi, descrivere quel bacio così dolce e unico nel suo genere. Continuo a dirigermi verso la mia stanza, lei mi segue e, non so come, nel giro di qualche minuto ci ritroviamo come accadde dopo il mio rientro da Caserta: lei seduta, io stesa sul letto con la testa sul suo grembo, che parlo, parlo, e lei che dà urletti eccitati o acuti mentre dice qualcosa come "Oooh!".
"E' stato romantico" osserva alla fine, quando le ho descritto anche lo strambo modo in cui ci siamo salutati.
"Sì, ma... Avrebbe potuto comportarsi meglio, da... Adulto! Già l'ho scoperto per caso, perchè l'ha urlato alla sua ex, ed ora non posso sentirmi a disagio appena lo rivedrò perchè non so come si comporterà. Perchè è così complicato? Di solito ho sempre avuto a che fare con ragazzi che mi hanno sempre messo a mio agio, invece...".
"Beh, Dario è diverso da Matteo e anche da Leo, se può entrare nella lista. Ma è questo il bello, no? E poi, tranquilla, anche Davide all'inizio era sempre impacciato".
"Come mai parliamo di Davide, ora?" chiedo, ricordando che, stranamente, il tono di Trudy non è risentito o tipico di chi sta per scoppiare in lacrime.
Trudy mi accarezza i capelli e la vedo sorridere un po' amaramente.
"E' stato onesto al cento per cento" spiega.
"Ah sì?".
Annuisce, lasciandosi scappare un sospiro che può tradursi con laconico "Uomini!".
"Voleva sposarsi anche perchè sua nonna materna ha lasciato intendere che, quando si sarebbe trasferito dopo la laurea, gli avrebbe dato in anticipo la sua parte di eredità se si fosse sposato, invece di convivere con la sottoscritta" dice, scuotendo il capo con disapprovazione. "Queste donne anziane che vedono nel matrimonio la soluzione a tutto!".
"Quanto... Quanto sei arrabbiata?" chiedo, mettendomi a sedere dopo tanto tempo e sentendo uno strano dolore al collo.
"Un po'. Cioè, Davide ha venticinque anni, è ovvio che voglia avere una maggiore disponibilità economica e odio che non me lo abbia detto prima, ne avremmo discusso insieme, anche se ovviamente non avrei cambiato opinione".
"Lo perdonerai?" domando a bruciapelo.
"Sì, posso capire il perchè delle sue azioni. Ma ci metterò un po'" aggiunge, facendo l'occhiolino.
Sorridendo, alzo il pollice in segno di approvazione e poi, alzandoci entrambe, ci lasciamo sfuggire entrambe esclamazioni che riguardano cosa prepareremo per cena, un po' più sollevate.




Il giorno dopo, l'orario delle lezioni viene troppo, troppo presto per i miei gusti, e di malavoglia sono costretta ad alzarmi e a prepararmi.
"Il tuo scopo è quello di non piacere più a Dario?" chiede ironica Trudy, dall'alto della sua tazzona di latte e caffè.
"Eh?".
"Levati quella maglia larga, e aggiustati quei capelli, sembri una barbona" dice più direttamente, ma sorridendo candidamente.
Abbasso lo sguardo sulla mia maglia bianca con la scritta "Harlem Shake" verde e metto il broncio mentre mi verso il caffè in una tazzina. "Uno, a Dario piaccio da quando avevo la quarantasei e mi vestivo peggio, due, per favore, oggi fatti gli affaracci tuoi, anche con Marina e le altre" rispondo, ma solo dopo aver bevuto quel sacro nettare che per me è l'essenziale per iniziare anche solo ad esprimermi di prima mattina.
"Ok, ma non ci vorrà molto per capire che c'è qualcosa dal momento in cui vi comporterete come due idioti" sentenzia, sospirando.
Non replico, passandomi una mano tra i capelli e prendendo dei biscotti con le gocce di cioccolato, immersa nei pensieri.
"Io che ti prendo in giro e tu non ribatti. Record".
"Trudy, per favore... Ho speso mezza nottata a pensare, ho sonno e ho mille cose per la testa" la imploro, con una voce piagnucolante che di sicuro non mi dona affatto.
"E hai pensato...?".
"Devo dire la verità a Dario. Devo raccontargli di Leo, devo farlo, anche se questa specie di cosa che c'è tra noi non andrà avanti. Non ne posso più" dico sinceramente, sentendo lo stomaco rivoltarsi al solo pensiero.
Procrastinare non serve a nulla, e fino ad ora ha creato solo ulteriori casini all'interno della mia vita. E poi, volendo, ciò che gli dirò non sarà poi così tanto grave, no? Dovrà solo perdonarmi l'enorme omissione di questi mesi, giusto? Il fatto che Leo sia un nostro prof non può farlo arrabbiare più di tanto, no?
"Fai bene" annuisce la mia amica, sorridendomi. "Andrà tutto bene".
Annuisco debolmente a mia volta per autoconvincermi, mentre il citifono di casa suona con il suo solito rumore fastidioso.
"Vado io!" si anticipa Trudy, così mi siedo tranquillamente e addento un altro biscotto, godendomi il dolce sapore del cioccolato che tanto amo.
Nel giro di cinque secondi, la mia coinquilina torna, sorridendo maliziosamente. "E' Dario, ti aspetta giù, mi ha chiesto di farti scendere" dice tutta emozionata, come se fossi sul serio un membro delle sue coppie preferite di qualche telefilm.
Quasi mi strozzo con il boccone e mi affretto ad ingoiare, per poi guardarla allarmata.
"Muoviti!".
"Ma... Perchè? Tra un'ora c'è lezione! Ci saremmo visti lì".
"Non fare domande e scendi, cialtrona. Anzi, no, aspetta!".
Senza capire, la vedo correre fuori dalla cucina e poi tornare rapidamente con un top glicine tra le mani. "Cambiati, su!".
"Ma tu sei...".
"Fornita di buon gusto, sì, cara barbona. Se non ti sbrighi ti spoglio io" mi minaccia.
Sbuffando spazientita, obbedisco, togliendomi la comodissima t-shirt e indossando quello striminzito pezzo di stoffa da cui si vedono tutte le forme.
"Fai la brava e non commettere atti osceni in luogo pubblico!" mi prende in giro Trudy mentre mi avvio verso la porta di ingresso.
Tuttavia, non rispondo, in preda ad un'assurda ansia che mi fa pentire di aver mangiato quei biscotti che ora stanno facendo la lotta tra loro nel mio stomaco.
Scendo rapidamente tutte le rampe di scale, prendo un bel respiro prima di aprire il portone di ingresso e ci trovo subito fuori Dario, che appena mi vede si esibisce in un sorriso tra il timido e lo smagliante.
"Buongiorno" mi saluta, avvicinandosi.
"Buondì" replico, sforzandomi di sorridere senza risultare scema.
Come ieri sera, mi saluta con un bacio sulla guancia e poi mi guarda negli occhi, a pochi centimentri dal mio viso.
"Scusami se ti ho fatto scendere in anticipo ma volevo salutarti perchè oggi non verrò a lezione, devo aiutare mio zio con le consegne che sono arrivate ieri" spiega rapidamente, quasi inciampando nelle parole.
"Ti credo, le ho viste" rispondo, provando a ironizzare ma riuscendo solo a far imbarazzare entrambi visto il revocato ricordo di ciò che è effettivamente successo tra le mura di quella libreria.
"Io non tanto bene, ero troppo preso da... Altro" ammette.
"Dario... Ne parleremo mai senza sottintesi?" chiedo, seppur sussurrando.
Annuisce prontamente, accarezzandomi un braccio. "Sì, scusami, so di essere troppo impacciato, ma è che non credevo che una cosa simile fosse possibile e...".
"Non è che hai baciato Megan Fox ieri, eh" replico, facendolo ridere di gusto, un po' più tranquillizzato.
"Ecco perchè mi piaci così tanto. Stanotte non ho fatto altro che pensare al bacio e a... Cosa ne pensi tu" rivela cautamente.
Ecco, ovviamente vuole sapere cosa provo io, mi sembra logico.
Mi mordo il labbro, esitante, scegliendo le parole con cura. "E' un po' che non mi sei indifferente, dal tirocinio, ma non so dirti altro, è successo tutto così in fretta che devo ancora capire bene cosa sei per me. Da quel che ho capito tu ne sei più sicuro, e mi dispiace, ma...".
"Allora potremmo iniziare ad uscire insieme, se ti va" mi interrompe, speranzoso.
"Certo, è l'ideale, anche se, diciamolo, fa un po' strano visto che ti ho sempre considerato il mio migliore amico".
"Non me ne potrebbe fregare di meno" esclama, per poi abbracciarmi e stringermi a sè con una decisione che mi fa sentire al sicuro come non mai.
Rimaniamo così, mentre la vita quotidiana di una semplice mattinata Napoletana va avanti con le sue auto e numerosi motorini che riempiono l'aria con i loro mille rumori assortiti.
"Allora ci vediamo domani alla festa" dice lui quando ci separiamo."Ed è un appuntamento, visto che volevi saperlo".
"Va bene" rispondo, sorridendogli, alquanto sollevata per questa chiarezza così inaspettata che rende la situazione più leggera rispetto a quella di ieri sera.
"Io vado al negozio allora".
"Ed io salgo".
"Non andare a lezione vestita così" aggiunge poi, con uno scatto, facendo l'occhiolino.
"E perchè mai?".
"Perchè troveresti in un batter d'occhio qualcun altro con cui uscire, bella come sei" rivela, avvicinandosi e baciandomi senza alcuna esitazione, ma senza trattenersi a lungo, lasciandomi decisamente scombussolata. "Hai visto? Sto imparando a fare quello che voglio".
Non riesco a fare altro che non sia sorridergli e urlare: "Sì, ma non te ne approfittare!" mentre lo vedo risalire in macchina, salutarmi con la mano e allontanarsi, piacevolmente scombussolata da quel ragazzo che ora si trova al mio fianco per un motivo decisamente differente rispetto a quello ricoperto di solito.
"Viva i Dana!".
Alzo la testa e vedo Trudy che urla dalla finestra, tutta emozionata, come se stesse sul serio guardando un telefilm.
"Spiona!" le urlo contro, arrossendo.
Lei sorride maliziosamente e poi sorrido anche io mentre mi avvio verso il portone, per poi tornare seria quando ricordo che devo raccontare la verità circa gli ultimi due mesi al ragazzo che mi ha appena baciata.



*Battuta rubata a Sheldon Cooper di TBBT xD












Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** A Painful Case ***


20cap

Questo è uno di quei capitoli che non hanno senso se non vengono scritti senza fermarsi, ed è così che è successo a me.
 Ho scritto solo l'inizio qualche giorno prima e poi il resto è frutto di quasi quattro ore di scrittura matta e disperata xD
Comunque... Siamo alla fine, gente!
Oltre a questo, mancano due capitoli e poi l'epilogo.
Ho letto che molti di voi non si aspettavano gli avvenimenti dello scorso capitolo, e sono curiosa di
sapere cosa ne penserete di ciò che accade in questo.
Ovviamente, non vi anticipo nulla ;)
Il titolo del capitolo è preso da una delle short stories di "Dubliners" di James Joyce,
che sto studiando e amando alla follia.
Ah, e visto che ormai conosciamo tutto ciò che c'è da sapere sui personaggi, non ci saranno più i flashback iniziali.
Aggiornerò presto,
buona lettura! :D


Capitolo 20
A Painful Case



 
Quante volte ci soffermiamo a pensare al passato, alle nostre scelte, alle persone che ci siamo trovate al nostro fianco senza sapere come?
Ci ritroviamo a ridere per delle cose che all'epoca credevamo importanti, o a sopravvalutare altre che prima ritenevamo di poco valore, ma sempre con un enorme sorriso nostalgico stampato in faccia, perchè, belli o catastrofici che siano, questi eventi ci hanno condotto ad essere ciò che siamo.
E' così che, senza sapere come, mentre sono sotto la doccia per prepararmi in vista della fantomatica festa di fine triennio, mi ritrovo a rivivere il meglio e il peggio di questi tre lunghi anni, dalle classiche nottate passate sui libri con Trudy alle improvvisate serate in compagnia di amici e birra scadente.
C'è stata l'epoca della felicità assoluta, della spensieratezza e della reale scoperta di ciò che significa avere vent'anni e sentirsi felici e appagati per come procede la nostra vita, poi quella del crollo di tutte le speranze e, infine, quella dell'incertezza, di scelte sbagliate ma che comunque ti aiutano a crescere e a capire che alla tua età non puoi controllare nulla e devi stare alle regole di quel bizzarro gioco che è la vita.
Lentamente, il flusso di pensieri giunge agli avvenimenti di Marzo e, nonostante sia terrorizzata dal dover raccontare tutto a Dario, non riesco a pentirmi di nulla se non di non essere stata sincera con lui e Leo.
Ho imparato a sentirmi più sicura, ad andare avanti, e non so come potrei pentirmi di aver conosciuto una persona come il mio professore, una persona che non ti manda al diavolo nonostante tu l'abbia ignorato nel momento del bisogno e che, a differenza tua, non ti ha mai detto bugie e ti ha sempre detto come stanno i fatti.
- Tra quattro giorni partirà - penso, e, improvvisamente, il pensiero di non poter più vederlo quando ho bisogno di due parole di conforto mi riempie di angoscia.
Sì, ho sbagliato, gli sono sempre stata vicino solo quando ne avevo bisogno, quando tutti i miei amici non c'erano per me per vari motivi, ma, almeno questo, lui lo sapeva e non se l'è mai presa.
Dovrei dirgli che sono una sua alunna?
No, certo che no, che senso ha? Non lo vedrò più, quindi almeno non ci saluteremo con rancore, giusto?
"Lena, sei in bagno da tre ore, sbrigati!".
La voce petulante di Trudy mi risveglia dall'eccessivo flusso di pensieri, così, dopo un: "Ora esco!", mi affretto a uscire dalla doccia e a indossare l'accappatoio, con il residuo di tutti quei pensieri che continua a rimbombarmi in testa.



"A' bella!".
Non ho nemmeno il tempo di uscire dalla mia stanza e recarmi in soggiorno che mi ritrovo un Damiano alquanto sorridente di fronte, pronto ad esibire la sua migliore occhiata da "Se non fossimo amici ci proverei con te".
"A' scemo!" lo rimbecco, per poi avvicinarmi e abbracciarlo. "Sei vivo, quindi! Non ti vedo da secoli!".
"Ho fatto il tirocinio anche io, non sei l'unica impegnata, qui" mi ricorda, dandomi un bacio sulla guancia. "Comunque, vai con Dario, eh? Ci avrei scommesso!".
Provando a non arrossire, abbasso lo sguardo, sorridendo imbarazzata. "Che tu andassi con Trudy invece non l'avrei mai detto" lo rimbecco, provando a cambiare argomento.
"Beh, sai, è il mio dovere provare a tirar su le donzelle tristi e sole" minimizza, scrollando le spalle e lisciando la superfice della giacca grigia che ha indossato sui jeans scuri.
"Prova ad allungare le mani e te le spezzo. Lo sai che a breve tornerà con Davide, no?".
"Sì, me l'ha accennato, ma sai, so essere molto persuasivo" dice, facendo l'occhiolino.
"Provaci e...".
"Non essere minacciosa, dopotutto sei una di quelle che ha pomiciato con me, anche se per finta" mi ricorda, riferendosi al giorno in cui, durante una delle mie lotte contro Germana, fingemmo di esserci trattenuti insieme prima delle lezioni, mandandola su tutte le furie.
"Tanto lo so che scherzi".
"E va bene, sì, scherzo. Ma non scherzo sul fatto che sei una delle amiche che più mi mancherà, quando tutto questo sarà finito" rivela, decisamente sincero e senza alcuna ombra di sarcasmo dipinta in faccia.
"Vale lo stesso per me" ammetto, e ci riabbracciamo, suggellando un'amicizia che nonostante le numerose assenze e il non sentirsi quasi mai è riuscita a sbocciare e a rimanere sempre la stessa, anno dopo anno, se non modificandosi in meglio.
"Ehi, che fai, ti getti addosso al mio accompagnatore? Il tuo non ti basta?" irrompe la voce di Trudy alle nostre spalle, falsamente severa.
Mi giro, ridendo. "Scema, aggiungiti anche tu a questo abbraccio!".
"E va bene! Goditelo, Dami, che sarà l'unica forma di contatto che avrai con me, stasera!".
Ridendo, ci ritroviamo tutti abbracciati, commemorando in qualche istante tutti i momenti passati insieme.
Poi, il mio cellulare squilla, rivelando una chiamata persa da parte di Dario.
"Io... Scendo, Dario è arrivato" mormoro senza fiato, improvvisamente presa da un'ansia assurda, e non solo perchè sto per trascorrere una serata con colui che è sempre stato il mio migliore amico e che ora, a quanto pare, è il ragazzo con cui sto iniziando a vedermi.
"Che senso ha scendere se la festa è su in terrazza?" chiede Trudy.
"Quanto sei ingenua, Trudyna, i due piccioncini si devono prima salutare, fare cose sconce e poi raggiungere noi comuni mortali" la rimbecca Damiano, guardandomi con una malizia assurda.
"Scemo!" riesco solo a dire, con le mani tremanti mentre ripongo il cellulare nella pochette blu abbinata al vestito.
"Non fare la santarellina, Lè, Dario ti muore dietro da anni ed è normale che...".
"Buona serata, ci vediamo dopo!" dico solamente, uscendo in fretta di casa nonostante le scarpe dal tacco abbastanza alto.
Cavoli, direi che Trudy e Damiano sarebbero una bella coppia se lei non fosse fatta per Davide!
Entrambi impiccioni esperti nel descrivere gli scenari più scomodi e imbarazzanti, entrambi ficcanaso e peggio di uno stormo di fangirl che vivono solo per la loro cosiddetta "OTP"!
Cerco di scendere le scale senza problemi e cautamente a causa dell'abito che dietro è eccessivamente lungo mentre davanti arriva a poco più di metà coscia, e quando arrivo all'uscita del condominio prendo un bel respiro, chiudo gli occhi per qualche istante e poi mi decido ad aprire il portone ed uscire, trovando un elegante Dario che mi aspetta appoggiato alla macchina.
Quando mi vede, mi sorride, e non posso non notare quanto sia affascinante grazie al semplice tocco di una camicia e una giacca, senza occhiali e con l'espressione felice.
Sapere che probabilmente la causa di ciò sono io mi fa sentire peggio, perchè ciò che dovrò dirgli probabilmente spazzerà via tutta questa gioia.
"Ehi... Sei stupenda!" dice, avvicinandosi.
"Grazie. Anche tu stai benissimo" rispondo, lunsingata.
Cade un leggero silenzio, ripreso poi da lui, che si guarda intorno.
"Quindi... Non ho capito bene, cioè, la festa la fate nel vostro terrazzo ma l'ha organizzata Germana?" domanda, evidentemente solo per fare conversazione.
"Sì. Cioè, Trudy ne ha approfittato perchè il padrone di casa è fuori, a Firenze, ma poi ha lasciato l'organizzazione a Germana dopo i problemi con Davide. Abbiamo concesso agli altri studenti che vivono qui di venire, in modo da non avere spie" spiego, torturandomi le mani.
"Ah, capito. Allora... Saliamo?".
"Direi di sì, ormai sono le dieci passate, ci sarà gente, no?".
E, in effetti, la gente è già arrivata, anche se non è proprio numerosa.
Il terrazzo è decorato con candele, un modestro buffet ma tanti, tanti alcolici, così Dario subito si affretta a prendere due bicchieri.
"Cosa prendi?" domanda.
"Fai tu, basta che non ci sia la vodka" rispondo, perchè non voglio nemmeno diventare brilla e rimanere lucida per tutta la serata.
"Martini rosato?" propone quindi.
Annuisco, guardandomi intorno, per poi scoppiare a ridere nel giro di tre secondi.
"Che succede?" chiede Dario, porgendomi il bicchiere.
"Guarda dietro di me, a destra".
Lui obbedisce, per poi sgranare gli occhi e ridere, con un verso di disapprovazione.
"Matteo e Elisabetta di nuovo insieme, ti pareva! Si meritano a vicenda" commenta, tra l'incredulo e l'esasperato.
"Hai proprio ragione! Brindiamo?" propongo.
Annuisce, avvicinando il suo bicchiere al mio. "Al tuo sorriso che ultimamente è finalmente ampio e sincero" propone.
Non riesco a non sorridere a mia volta, pensando a quanto sia dolce, e bevo un sorso, salvo poi avvicinarmi al suo orecchio.
"E' inutile che fai così, è il primo appuntamento, non succederà nulla, stasera" sussurro, sentendolo deglutire impercettibilmente.
"E allora faresti meglio a non avvicinarti così tanto a me e a sussurrare" replica, con un tono di eccessivo autocontrollo.
Rido, cercando di non badare a quanto sia strano flirtare con lui, e come compromesso scelgo di bere ancora un po', sotto il suo sguardo attento e rapito.
L'arrivo delle altre ragazze allevia un po' la tensione, anche se la situazione è un po' strana visto che di sicuro tutti sanno che siamo venuti insieme alla festa ma fanno finta di non sapere, a differenza di Trudy e Damiano, che si scatenano sulla pista da ballo e mi obbligano a scattare qualche foto da postare su Instagram "Così Davide le vede e capisce che non deve nascondermi mai più nulla".
Germana, invece, avvolta in un lungo e complesso abito rosso, non mi rivolge nemmeno la parola, ma non ci bado, perchè per stasera non ho bisogno di ulteriori drammi.
"Non l'avrei mai detto" dice Dario qualche ora dopo, mentre balliamo una musica stranamente lenta dopo tutte quelle house e commerciali che si sentono in giro.
"Cosa?" chiedo, mantenendo il contatto visivo.
"Questo. Io, tu, questa festa, questo appuntamento... Mi sembra tutto troppo irreale e... Perfetto, sai, come se tutto stesse andando per il verso giusto, finalmente, dopo tanto tempo" rivela, stringendomi di più a sè e accarezzandomi il volto con dolcezza.
Ovviamente, la mia reazione non è delle migliori, perchè mi manca l'aria per qualche frazione di secondo e mi sento uno schifo per essere quella che invece sa che non è tutto così perfetto, perchè la sincerità tra noi ha un'enorme crepa che deve assolutamente essere risanata.
"Cos'hai?" chiede, vedendomi così strana.
Sospiro, per poi stringermi a lui con forza e beandomi del suo calore. "Vieni, devo dirti una cosa" mormoro a malincuore, usando tutto il coraggio che possiedo e che ho provato solo quella volta che sono andata da Leo per dirgli tutto salvo poi trovare Germana a casa sua e annullare tutto.
Mi separo dalla sua stretta e lo prendo per mano, trascinandolo fuori dal terrazzo, sotto lo sguardo curioso di qualche nostro amico.
"Lena, mi dici che succede?" continua a chiedere, preoccupato.
"Aspetta" dico solo, conducendolo fuori il mio appartamento e aprendo la porta con le mani di nuovo tremanti, quindi con una certa difficoltà.
Lo faccio sedere sul divano del soggiorno, mentre poso la pochette sul tavolino e mi siedo al suo fianco.
Fissandolo, mi chiedo se dopo la mia confessione si arrabbierà a morte o sarà solo stupito e incredulo, ma so che probabilmente non tutto sarà come lo è ora, almeno non subito.
Perciò, spinta da questo pensiero, seguo il mio istinto e mi sporgo con uno slancio eccessivo verso di lui, poggiando le mie labbra sulle sue e ricevendo subito una pronta risposta a questo bacio che, da parte mia, sa di disperazione e cose non dette.
So di non essere coerente con ciò che gli ho detto poco fa, ma, ormai, quand'è che sono stata coerente ultimamente?
Tuttavia, a Dario non sembra importare della mia incoerenza, perchè nel giro di pochi istanti riesce a trascinarmi di peso su di sè, baciandomi con una voluttà che non pensavo potesse possedere, per poi trattenermi a sè con una mano su un fianco mentre l'altra vaga sotto il mio vestito, accarezzandomi con bramosia una gamba.
Sentendo che le cose ci stiano sfuggendo di mano, pongo fine al bacio, seppur un po' febbricitante e accaldata, maldicendomi per ciò che ho combinato in passato che ora mi costringe a porre fine a questo momento. Dario ci sa fare, eccome!
Colpevole, lui subito distoglie la mano dalla mia gamba e si allontana, seppur guardandomi con un'aria ancora frastornata.
"Scusami, non dovevo, è che non me lo aspettavo, avevi detto che...".
"Ti ho baciato perchè non so se avrai voglia di vedermi ancora dopo quello che ho da dirti" confesso tutto d'un fiato, alzandomi e sistemandomi il vestito messo alla prova dalle sue mani.
Confuso, Dario mi squadra senza capire, in silenzio, sconcertato.
"Cosa devi dirmi?" chiede infine.
"C'è... C'è una cosa che omesso negli ultimi due mesi, che sanno solo Trudy, Germana, Davide e Lisa. Avrei dovuto dirtela, ma non ne ho mai avuto il coraggio, probabilmente temevo il tuo giudizio, non volevo deluderti e..".
"Hai ammazzato qualcuno?" ironizza, forse per alleviare la tensione.
Mi blocco - perchè sto passeggiando freneticamente per la stanza - e scuoto negativamente il capo, amareggiata.
Vorrei saltare questo momento, quello della confessione, e giungere a quello tanto temuto della reazione, ma so che è impossibile e che mi tocca pagare le conseguenze di mesi di silenzio e omissioni.
"Ma no! Io... Vedi, è successo tutto in fretta, mi sentivo insicura dopo la rottura con Matteo e...".
"Lena, che cazzo devi dirmi?" sbotta, impaziente, alzandosi e marciando verso di me, preoccupato.
Maledetta me, maledetta me! Ora avrei potuto avere una serata fantastica con il ragazzo più buono e dolce che conosca e invece devo rovinare tutto come al solito!
Ma devo dirglielo, devo, devo, non posso basare un eventuale rapporto su un castello di menzogne fragile come se fosse fatto di carte.
Non so come, trovo il coraggio di guardarlo negli occhi, sentendo il labbro inferiore che mi trema come non mai per la paura e il nervosismo.
"Io... Da marzo ad aprile sono uscita con... Con Leonard Scott, il nostro madrelingua. Ma lui non sa chi io sia, ecco perchè non ho mai frequentato il suo corso. E... Ultimamente l'ho rivisto e ci siamo ribaciati ma solo perchè ero arrabbiata perchè credevo...".
"Ferma, ferma, ferma! Ma che diavolo stai dicendo?" mi blocca Dario, con la fronte contratta, un cipiglio incredulo, la faccia tipica di chi sta ascoltando un'assurdità.
Deglutisco, pensando che potrei cavarmela in calcio d'angolo biascicando un falsissimo: "Scherzo!", ma scaccio il pensiero, limitandomi ad annuire tristemente.
"E'... E' la verità. Mi sono cacciata in un pasticcio, lo so, e...".
"Mi stai dicendo che sei andata a letto con il madrelingua di inglese?" urla, scandendo ogni singola parola per l'incredulità.
Sento il mio stomaco attorcigliarsi, le gambe che stanno per cedere e le lacrime agli occhi, ma provo a resistere e a non accasciarmi per terra.
"Sì, ma è successo solo una volta! Per lo più siamo usciti! Mi ha visto a lavoro e ha insistito per conoscermi, non sapevo che fare e...".
Dario, avvilito, si passa una mano tra i capelli e mi guarda come se fossi un'estranea appena uscita da un manicomio dopo tanto tempo. Leggo delusione, confusione e sconforto nei suoi occhi, e sapere di esserne la causa mi fa sentire come il peggior essere umano esistente.
Ho sempre accusato gli altri di essere la causa della mia sofferenza, di avermi trattato male, mentre oggi, anzi, in questi mesi, è toccato a me mentire, omettere informazioni necessarie per essere sincera con chi dice di tenere a me.
"Quindi, in questi mesi, quando non eri a casa uscivi con lui?".
"Nella maggior parte dei casi, sì. Ma,ti ripeto, lui non significava nulla, ma mi ha aiutato a sentirmi meglio con me stessa...".
"Come, facendo la sua puttana?" strilla, con un'occhiata assassina che non dimenticherò mai.
Stordita e colpita nel profondo, sento il fiato mancarmi e il cuore che sta per esplodere di fronte a quell'insulto.
"Cambierebbe qualcosa se non fosse un nostro insegnante? Anche tu hai avuto storie di sesso occasionale e non ti ho mai giudicato! Se ce l'hai con me per la bugia va bene, ma...".
"Ma cosa? In tutti questi anni hai criticato persone come Germana, Elisabetta, mentre ora non ti fai problemi a farti un professore, mentendogli, e ovviamente nascondendolo in giro! Io... Non ho parole, cioè, sei sicura di essere la Lena che conosco io?".
Non riuscendo a celare le lacrime, trattengo un singhiozzo e lo guardo, vedendolo in maniera offuscata a causa del pianto.
"Non sono la stessa di tre anni fa, Dario! Sono cambiata! Se ora ho dimenticato il mio ex, sono andata avanti e ho capito che anche da sola valgo qualcosa, lo devo anche a quest'esperienza!" gli urlo contro.
"Non sono sicuro che mi piaccia questa Lena, ed è buon per lei che abbia imparato che anche da sola vale qualcosa. Io... Non ce la faccio, non ci capisco nulla, non so chi tu sia" dice infine, sconfortato, per poi alzarsi e uscire di casa sbattendo la porta, lasciandomi sul serio da sola, in una valle di lacrime e rimpianti infiniti.
Mi accascio per terra, tremante e singhiozzante come non mai, sentendo di aver perso tutto, anche quella che ero solita essere fino a poco fa.



"Lena!".
Saranno circa le tre del mattino, e, a quanto pare, la festa è appena finita.
Me ne sto seduta sul pavimento, in un angolo della mia stanza, da non so quante ore, illuminata solo dalla fioca luce della luna e dalla mia coscienza sporca.
Trudy, preoccupata, mi scuote per vedere qualche mia reazione, visto che mi sta chiamando da secoli ma non ho avuto la forza di risponderle.
Al suo fianco, spunta Davide, e se non fossi troppo presa dai miei disastri, mi domanderei se hanno fatto pace.
"Trudy" replico, asciutta.
"Che cosa è successo?" chiede, preoccupata, togliendomi i capelli dal viso e accendendo la luce con un movimento febbrile.
"Dario sa, gliel'ho detto. E' andata male, ovviamente. Me lo merito" sussurro.
"Oh!".
La mia amica mi stringe a sè, accarezzandomi e cullandomi come se fossi una bambina delicata, per poi dire a Davide: "Amore, stanotte dormo con lei, tu dormi nel mio letto" con aria pratica, per nulla dispiaciuta.
Davide mi si avvicina a sua volta, dopo aver sussurrato "Certo", e mi accarezza una guancia.
"So che ora ti starai odiando, ma pensa a tutte le cose belle che hai fatto. Mi hai convinto a parlare con Trudy e ho capito che dovevo essere onesto, ed ora stiamo di nuovo insieme. Se non fosse stato per te, ci avrei impiegato molto di più, fidati. Dario capirà, come ha capito Trudy".
"Infatti, grazie, tesoro. Passerà".
"Non credo... Ha detto che sono una puttana" rivelo, sforzandomi di non piangere ancora e ancora.
Loro, agghiacciati, replicano con voci indignate e poi rassicuranti, e non so come, alla fine, mi ritrovo di nuovo sola con Trudy.
"Hai fatto la cosa giusta, Lena, davvero. Ora proviamo a dormire e domani affronteremo tutto insieme, te lo prometto" mi rassicura, aiutandomi ad alzarmi e continuando a sostenermi fino a raggiungere il letto.
"Ti voglio bene" riesco solo a dire, con un sussurro ma significativo.
"Anche io, piccola, non sai quanto. Passerà, e te lo dice una che ci è appena passata".
Non tanto convinta ma rassicurata da quel tono dolce, la riabbraccio, per poi non ricordare nulla di significativo fino al giorno dopo.


Germana's POV

Lentamente, mi metto a sedere e mi affretto a recuperare il mio intimo insieme all'abito lungo che indossavo alla festa.
Alla mia destra, sento fruscii e rumori vari, e capisco che anche lui si sta rivestendo.
Non mi ero mai sentita così strana e pensierosa dopo essere andata a letto con qualcuno, eppure questa volta è così, non so bene cosa dire o fare, e mi sento estranea nella mia stessa camera.
Tutti sono alla festa, a festeggiare questi tre anni che, almeno per me, sono volati, a dirsi frase smielate e di sicuro false, ma tutto questo non fa per me, assolutamente. Ho festeggiato a modo mio, penso, guardando la bottiglia di vodka alla fragola appoggiata per terra e quasi tutta intera, eppure mi sento in tutti i modi tranne che spensierata e felice come lo si dovrebbe essere dopo dei festeggiamenti.
"Se vuoi puoi rimanere qui" dico, speranzosa senza volerlo, perchè, sì, accipicchia, stanotte voglio il calore di qualcuno al mio fianco, solo per illudermi di sentirmi protetta.
"No, grazie, torno a casa".
"Corri, scappa, mi raccomando, eh" lo apostrofo, sarcastica come non mai.
"Ma no!". Mi si avvicina e mi guarda come si guarderebbe una creatura maltrattata dal circo, e non lo sopporto, perchè odio essere compatita dagli altri. "Io... E' stato inaspettato e immagino sia stato il nostro modo di salutarci".
Sospirando, annuisco, ricordando quando, circa un paio di ore fa, ci siamo incontrati, anzi, scontrati, e siamo finiti a parlare di tutto e di nulla, così, non sapendo perchè, gli ho rivelato di aver deciso di partire e andare a vivere con mio padre a Bologna e tornare a Napoli solo per sostenere gli esami, ora che sono finiti i corsi.
Proverò a perdonarlo, a ricostruire un rapporto, perchè so che non riuscirò mai a fidarmi di nessuno se non imparerò a fidarmi prima di lui, l'uomo che mi ha messa al mondo.
"Ti senti in colpa?" chiedo a bruciapelo, sapendo di star indossando il mio solito sorriso strafottente.
"Al momento non so nulla, Germana" mi risponde, neutro e amareggiato.
"Beh, quando lo saprai fammelo sapere" lo prendo in giro.
Rovisto nella mia borsa e ne estraggo un pacchetto di sigarette, offrendogliene una.
"No, grazie. Io... Devo andare, Germana. E' stato bello parlarti".
"Solo quello?" lo provoco.
Non risponde, per poi infilarsi la giacca e lasciarmi un ultimo sorriso di circostanza.
So che non vede l'ora di fuggirsene, lo so eccome, e trattenerlo quasi mi diverte, mi fa sentire sadica, perchè non devo essere l'unica a soffrire e a pagare le conseguenze di scelte sbagliate.
"Vai, vai" dico infine.
"Ciao, ci... Vediamo in giro" mormora, agitando la mano in segno di saluto e affrettandosi ad uscire.
"Ciao, Dario".

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Quando il Karma Ti Frega ***


21g
Penultimo capitolo, gente! Sono stata rapidissima, visto?
In questo caso, gli esami che incombono aiutano ad aumentare la mai ispirazione, eheh xD
Preparatevi, ormai siamo agli atti finali e ne succedono di tutti i colori, io vi ho avvisato!
Nel prossimo capitolo, l'ultimo, aggiungerò qualche nota alla fine, ora credo sia superflua perchè
la parola sta a voi, sono curiosissima di sapere che ne pensate!
Ci ho messo anima e corpo, sul serio, e ci tengo tantissimo ai vostri commenti!
Ho visto che aumentate sempre di più, quindi... GRAZIE! <3
Visto che ora devo scappare, risponderò alle vostre recensioni stasera, scusatemi! ^^'
Buona lettura e bacioni,
milly92.


 Capitolo 21
Quando il Karma Ti Frega



20 luglio 2013

Caro diario,
non ne posso più di studiare, onestamente. Ho il cervello a pezzi, arrivo a fine giornata che non so se parlare in italiano, tedesco o inglese.
Ieri, a cena, ho detto a Trudy: "Wasser, please!" per chiederle l'acqua, rendiamoci conto... dovrei inventare una nuova lingua, il Tedese o Inglesco.
Comunque, penso a cosa succederà domani, onestamente.
Ho l'ultimo esame per ora, quello di Letteratura Inglese III, e poi mi rimarrà solo l'orale di inglese III a settembre, non ci credo.
Dovrei essere sollevata, tanto ho superato la prova intercorso con venticinque e di sicuro l'esame, male che vada, si può considerare comunque superato, ma in realtà sono preoccupata perchè mi hanno detto che anche Dario sosterrà quest'esame domani.
Ci incrociammo più di un mese fa, allo scritto di Inglese e quello di Tedesco, e mi ha ignorato, senza nemmeno salutarmi, dopo che lo avevo chiamato per giorni e provato a contattarlo in qualsiasi modo, ma niente. Ho smesso di cercarlo da più di venti giorni, perchè, per l'amor del cielo, ho sbagliato a non dirgli nulla, ma mi sembra una reazione esagerata a questo punto, gli ho detto tutto il ventitrè maggio, sono passati quasi due mesi, avrebbe dovuto farsene una ragione e affrontarmi, dicendomi ciò che pensa.
E, invece, no, silenzio. All'inizio mi ero incolpata di tutto, dicendomi che dopotutto aveva ragione, mentre ora, beh, penso che anche lui non è che si stia comportando da persona matura. Ci ho messo due mesi per dirglielo, ma alla fine ho avuto le cosiddette "palle", mentre lui si sta comportando da bambino.
Pensa di potermi ignorare per sempre? Bah.
Comunque, sono quasi le undici, penso sia meglio andare a dormire, domani l'appello inizia alle nove.
Speriamo bene!
Lena.



"Devo prendere trenta, accipicchia, non posso permettermi di sbagliare dopo che ho superato la prova con ventisette!" mormora Trudy tra sè e sè, mentre fa il pieno di energia con la sua solita colazione pre esame: due toast grondanti di Nutella, uno yogurt con tre biscotti al cacao e un bicchiere di latte.
Il solo vedere tutto quel cibo fa aumentare la mia nausea causata dall'ansia, così mi limito a bere un bicchiere di succo alla pesca come se fosse il mio ultimo pasto e fossi condannata alla ghigliottina.
"Si sono invertiti i ruoli, mi sa. A me basta avere l'esame sul libretto, tornare qui, dormire dodici ore, fare l'ultima serata di lavoro e poi tornare a casa e andare al mare con Lisa" borbotto.
"Capisco, ti devi disintossicare un po' da Napoli e... Alcuni suoi abitanti" risponde comprensiva.
"Non c'entra, Trudy, ormai non lo vedo da un mese. E' che voglio pensare solo ed esclusivamente a me, dopo tanto tempo. Se ho dimenticato Matteo, riuscirò a superare anche i casini di questi mesi e ad andare avanti".
"Sai, ci ho pensato ultimamente, e un po' mi sono pentita di averti spronato ad uscire con Leo" ammette la mia amica, colpevole.
"E' stata una scelta mia e... Lo sai che, in fondo, non me ne sono pentita. Era così bello sentirsi me stessa, capace di farmi desiderare da un uomo così affascinante, non avevo nessun problema e senza l'aiuto di Leo forse sbaverei ancora per quell'idiota del mio ex. Te lo ripeto, rimpiango solo le bugie, ma ormai è andata" spiego.
"Alla fine avresti dovuto salutarlo, prima della partenza".
Rido amaramente, dopo aver bevuto l'ultimo sorso di succo. "Trudy, ti ricordi come ero messa? E poi, va bene così, il nostro addio è stato giusto e bello così come è stato. Dai, abbiamo un esame che inizia tra un'ora, diamoci una mossa".
Alla parola esame, la mia amica scatta all'impiedi e annuisce come se fosse un soldato, diligente come non l'ho mai vista prima d'ora.
Provando a concentrarmi solo sull'esame, vado a preparare la borsa, continuandomi a ripetere mentalmente che ho fatto il possibile per mettercela tutta e che almeno poi potrò riposarmi un po'.


L'arrivo davanti all'aula in cui si sosterrà l'esame è lo stesso, identico e preciso di tutti gli esami precedenti: gente disperata, ragazze sedute per terra con mille fogli in mano, gruppi di amici che improvvisano un ripasso all'ultimo minuto per poi finire per sclerare, i soliti non frequentanti che fanno domande a chiunque circa la docente e il programma...
Io e Trudy avanziamo lentamente verso il luogo in cui avrà origine la strage, come per non farci contagiare da tutta quell'ansia, per poi bloccarci davanti ad una scena alquanto strana: al centro del corridoio, Damiano e Dario sembrano star discutendo animatamente, seppur a bassa voce, in un modo che rende i toni ancora più taglienti.
"Ehm, ciao ragazzi, possiamo passare?" esordisce Trudy.
Sobbalzando, i due smettono di parlarsi addosso e, mentre Damiano annuisce, Dario mi guarda, con un'aria che non so assolutamente decifrare.
Nel pallone, tra ansia, imbarazzo e chi più ne ha più ne metta, mormoro solo: "Grazie, ciao" e continuo a camminare con Trudy, finchè qualcuno non mi trattiene per un braccio.
Sperando che sia Dario, mi giro, ma invece scopro con un po' di delusione che si tratta di Damiano.
"Ehi, dopo l'esame devo dirti una cosa" dice serissimo, come se fosse una cosa di vitale importanza.
"Va bene" mormoro, non riuscendo a capire di cosa possa mai trattarsi.
"Allora ci vediamo dopo, quando la prof fa l'appello" mi saluta, prima di tornare indietro con aria risoluta e decisa al massimo.
"Mah" commento, senza sapere che pensare, ma la vista della porta dell'ufficio della prof in cui si terrà l'esame mi riempie nuovamente di ansia e mi fa dimenticare tutto ciò che non abbia a che fare con l'esame imminente.
Nella mia mente, iniziano ad arrovigliarsi discorsi sul modernismo, pezzi di "Dubliners", "Between the acts" e "Prelude" che ricordo a memoria a furia di averli letti, gli importanti dati autobiografici della vita della Woolf e di Joyce... Non so quanto tempo passa da qui al momento in cui la professoressa esce dal suo ufficio con l'aria tipica di chi vorrebbe essere al mare e non in un corridoio colmo di studenti disperati che lottano contro i trentacinque gradi all'ombra e l'ansia.
Risoluta come sempre, sembra godersi il silenzio che si genera subito dopo la sua uscita trionfale nello studio e ci squadra uno ad uno, aggiustandosi gli occhiali sul naso e dando uno sguardo al foglio delle prenotazioni.
"Bene, allora, per fortuna mi sembrate di meno rispetto al numero delle prenotazioni... Vi dividerò in due gruppi, quelli che hanno già sostenuto la prova intercorso e quelli che non l'hanno fatta o non l'hanno superata. I primi verranno esaminati da tre assistenti, i secondi saranno esaminati da me. Bene, inizio col primo gruppo, vediamo chi c'è! Vi ricordo che ora parlo a nome del gruppo G-M dell'anno 2012-2013, poi vedremo i fuori corso. Allora... Goliardi... Immaturo... Inverno...".
Alzo la mano, tremante, e aspetto il resto dell'appello, con la gola secca e una crescente paura che mi invade. Sono così presa dal panico che mi sembra di non conoscere più mezza parola in inglese, e la cosa mi rende super nervosa perchè l'esame, ovviamente, si svolgerà tutto in inglese.
Poi, risvegliandomi dal flusso di pensieri negativi, odo la fatidica frase: "Goliardi, Immaturo e Inverno, entrate. Gesto, tu lo farai con me".
Trudy mi stringe il braccio, sussurrando "In bocca al lupo!", ed io annuisco a stento, avviandomi con gli altri tre verso il famoso patibolo alias l'ufficio della docente.
La stanza per fortuna è fresca grazie ai condizionatori, e vedo la professoressa che conduce Goliardi dall'assistente giovane che, a detta di tutti, è super stronza, mentre Immaturo capita con uno sulla quarantina che non ho mai visto.
Non ho nemmeno il tempo di domandarmi con chi farò io l'esame visto che c'è un'altra scrivania vuota, che la porta alle mie spalle si riapre e la professoressa sorride. "Here you are! Pensavo mi avessi abbandonato per andartene al mare!".
Ci mancano solo i teatrini, penso, mentre, di spalle rispetto alla porta, estraggo il libretto universitario dalla borsa.
"No, no, mi dispiace ma ieri sono arrivato all'una qui, a Napoli, e... Ero stanchissimo, mi sono svegliato tardi, I'm sorry!".
Sgrano gli occhi, sentendo il cuore sprofondare. Io conosco quella voce, conosco quell'accento. Deglutisco, dicendomi di star sognando.
"Ma figurati, caro, anzi, è già un miracolo che tu sia qui, mi dispiace per l'organizzazione dell'università. Contattarti con poco preavviso per il prolungamento del contratto! Scusaci, davvero".
"Ma no, mi fa piacere, ero senza lavoro e dopotutto sono laureato in letteratura inglese, no?".
Non riuscendo a muovermi di mezzo centimetro, con le mani sudate, faccio cadere il libretto per terra senza volerlo.
"Qui c'è la tua prima cavia, comunque!" esclama la prof, indicandomi, credendosi divertente. "Sulla scrivania c'è il foglio con i voti della prova, e la lista degli argomenti. Mi fido di te, Leonard! Buon lavoro!".
Mentre lei si allontana, Leo si abbassa contemporaneamente a me per prendere il libretto.
"Ecco" dice, per poi bloccarsi quando, non potendo più celarmi, devo mostrargli il mio viso.
Un viso che dimostra vergogna, paura, che prenderei a schiaffi, se potessi.
Si blocca, sgranando occhi e bocca, ed io quasi riesco a sentire il rumore che fa la mia messainscena di questi quattro mesi mentre si frantuma in mille pezzi.
Si rialza, col libretto in mano, proprio mentre la stanza si riempie di voci che parlano in inglese e domande alquanto precise. Lo apre, legge il mio nome affiancato a quello dell'università, con una furia che mi fa sentire male.
Se potessi permettermelo, sverrei qui, all'istante, ma probabilmente, per quello che ho fatto, mi lascerebbe per terra sperando che nessuno mi dia una mano.
"Lena Inverno, iscritta al corso di "Lingue, letterature e culture europee" presso la facoltà degli studi di Napoli "L'Orientale". Che stupido" sussurra, mentre prende posto dietro la scrivania.
Mi siedo a mia volta, sentendo di voler scoppiare in lacrime o di inginocchiarmi ai suoi piedi per scusarmi, ma non riesco a dire nulla.
"Ehm... Professor Scott..." esordisco, sentendo quanto suoni strano chiamarlo così.
"Dimmi, mia cara studentessa. Come mai non ti ho mai visto al mio corso di Inglese III? Eri impegnata ad uscire con...".
"Leo, per favore...".
"Chi è Leo? I'm your teacher, my little liar" m'interrompe, sconvolto, evidentemente nauseato.
Vorrei mandare al diavolo l'esame, dire che mi ritiro, spiegargli tutto, ma me lo merito, merito di essere bocciata da lui, accidenti.
Le bugie hanno le gambe corte, ed io ne sono la prova vivente.
Paurosa, lo osservo mentre legge la lista degli argomenti, sentendo quasi la testa girare.
"Well, let's start with... "The Waste Land". Start reading" ordina, prendendo la mia copia del libro e prendendo una pagina a caso.


"My nerves are bad tonight. Yes, bad. Stay with me.
"Speak to me. Why do you never speak. Speak.
"What are you thinking of? What thinking? What?
"I never know what you are thinking. Think."
I think we are in rats' alley
Where the dead men lost their bones.



Mi ferma mille volte per correggere la mia pronuncia, con un atteggiamento pseudo nazista, e più mi corregge, più leggo male, sentendo l'aria mancarmi e la voce tremare.
Mi chiede il significato di questo pezzo, poi passa a Virginia Woolf, senza farmi finire il discorso.
Da lì passa a Katherine Mansfield, poi a Joyce. Poi a Symons.
Mi fa leggere "Eveline", una short story tratta da "Dubliners", e continua a correggermi, per poi chiedermi se trovo qualche cosa in comune con qualche altra storia della raccolta. Addirittura passa ad una sorta di analisi testuale, chiedendomi di indicargli tutti i verbi che indicano il concetto di "paralysis".
Non soddisfatto, torna sulla Woolf, soffermandosi sui suoi dati autobiografici, in particolare sul Bloomsbury Group e la figura di suo marito, Leonard Woolf.
"Did she love Leonard?" chiede, apparentemente asciutto.
"Well... Not really. She was very fond of him but she had a relationship with a woman...".
Fa un sorrisino accondiscendente, e si passa una mano tra i capelli, sospirando. "You know, if your name is Leonard, people will never tell you the truth".
Comprendendo questa frecciatina, sentendo che ormai non ho nulla da perdere, lo guardo negli occhi e dico: "But, before her suicide, Virginia Woolf wrote a letter to Leonard, saying that she knew that if there was a chance to be saved by someone, this person would be him*. If your name is Leonard, you can help people, and I'm saying  this because it happened to me, few months ago".
Ci guardiamo per un lungo istante, durante il quale leggo incertezza e giusto un pizzico di impressione nel suo volto, poi riprende il libretto e dice: "Le confermo il 25, signorina. Ha studied ma si lascia troppo prendere dall'emotion, avrebbe potuto fare better. Sign here".
Non comprendendoci più nulla, firmo la camicia d'esame, lascio che metta il voto, vado dalla prof per la firma sul libretto, e prima di uscire lo guardo, ma lui è impegnato già nel parlare con la prossima studentessa.
Sentendomi sul punto di svenire per la fatica, l'emozione, lo stress, esco dall'aula, ignorando lo stormo dei fastidiosissimi: "Che ti ha chiesto? Che voto ti ha messo? E' facile?", e mi reco vicino Trudy, che mi guarda con preoccupazione.
Mi trascina in un angolo remoto del corridoio, super ansiosa, fissandomi. "Ho visto entrare Leo! Che ci fa qui? Non dirmi che...".
"Mi ha esaminata lui. Ha scoperto tutto. Mi ha confermato il voto. Voglio andare a casa, Trudy, scusami se non rimango con te" biascico, sentendo che la testa mi esploderà da un momento all'altro.
"Cavoli! Quando l'ho visto stavo svenendo, correva come un matto!".
Annuisco distrattamente, posando il libretto, afferrando una matita e usarla per dare vita ad uno chignon che non ha nè capo nè coda.
"Ci vediamo a casa" dico semplicemente, senza nemmeno aspettare la replica del suo saluto.
Non ho nemmeno il tempo di fare dieci passi che Damiano mi viene incontro, con una faccia dispiaciuta.
"Lena! Ti ha esaminato lui?" chiede a bruciapelo.
"Cosa? Ma che ne sai, tu?".
"L'ho saputo... Tutto bene?".
"Scusami ma voglio andare a dormire, sono in vacanza, no?".
"Sì... Appena stai meglio chiamami" dice semplicemente, dandomi un bacio sulla guancia e lasciandomi libera di volare via da quell'Inferno chiamato università.
Corro via, percorrendo come una furia i quattro piani che mi separano dall'uscita, per poi dirigermi come una furia verso casa.
Entro, getto la borsa per aria, mi spoglio, tutta sudata per il caldo, l'afa e la corsa, e mi dirigo sotto la doccia, per poi scoppiare a piangere come una cretina.
Ho finto, ho finto fino a credere che Leo sia un semplice uomo con cui uscivo, e poi la verità mi ha punito facendomi trovare lui all'esame, dopo che sarebbe dovuto essere in America.
Non ne posso più, è un anno che me ne succedono di tutti i colori, e penso che sia giunto il momento di non avere a che fare con nessun ragazzo per i prossimi mesi, se non anni.
Le lacrime sul mio viso si confondono con il risultato del getto della doccia, mentre numerose immagini di questi mesi mi passano davanti come una sorta di film distorto che ha un finale pessimo. "La ragazza che passò dall'avere tre uomini intorno a zero", ecco il titolo.
Chi sono, io? Chi sono diventata? Sono una persona orribile, ho fatto scappare Dario, e ora anche Leo ha una considerazione bassissima di me...
Ho appena il tempo di uscire dalla doccia e vestirmi che, senza riuscire a fare altro, mi addormento, sperando di risvegliarmi a marzo e non commettendo gli stessi errori. Se l'inizio della mia estate è così, non oso immaginare come sarà il proseguimento, onestamente.



"Alle 8 p.m. sarò sotto casa tua. Devi dirmi tutto, me lo devi. And try to be HONEST, please".
Non ho nemmeno il tempo di svegliarmi, alle sei del pomeriggio, dopo un lungo sonno che mi ha reso più stanca, se possibile, che mi ritrovo questo sms di Leo.
Mi trascino fino in cucina, di malumore, dove trovo Trudy che sta mangiando un panino.
"Ehi. Dormito bene?" chiede pacatamente.
"Domanda di riserva?" domando, aprendo la dispensa e prendendo il barattolo di Nutella.
Sento lo sguardo della mia amica sulla nuca mentre prendo un cucchiano, apro il barattolo, mi siedo e inizio a mangiare varie cucchiaiate di quel nettare tanto buono quanto dannoso.
"Lena...".
"Me lo merito, Trudy. Volevo farla franca ma non mi è stato concesso. Almeno mi sono tolta un peso... E tra un paio d'ore verrà qui per sapere tutto" spiego rapidamente.
"Continuo a sentirmi in colpa, dopotutto sono stata io a consigliarti di uscirci e non dire nulla" ammette.
"Ho ventidue anni, cavoli, se prendo una decisione è perchè voglio, non perchè me lo dici tu!" ribatto, esausta a causa di tutte quelle chiacchiere.
"Certo, certo. Ehm... Quando torni a casa?" chiede poi, per cambiare argomento e provare a rendere l'atmosfera più leggera.
"Il ventitrè. Domani lavoro, così mi prendo lo stipendio, e poi torno a casa".
"Io domani! Sabato parto con Davide, andiamo a Gallipoli per dieci giorni".
Mi sforzo di sorridere, annuendo. "Sono felice per voi, dovevate per forza riconciliarvi. Voi insieme, io qui da sola che combino pasticci.E' tornato tutto normale" ironizzo amaramente, decidendomi a chiudere il barattolo perchè inizio a sentire una certa nausea a causa dell'alto potere calorico del suo contenuto.
"Non dire così! Lena...".
"Trudy, per favore, basta, ho bisogno di silenzio".
Quasi mordendosi la lingua, annuisce e lascia la stanza per preparare i bagagli, lasciandomi in compagnia solo dei miei pensieri e su ciò che dovrò dire al mio professore.
Prima delle otto, poi, esce per salutare le altre nostre amiche prima della partenza, così ho casa tutta per me.
Nervosa, con la voglia di prendere a calci il mondo, non so come trovo la voglia di rendermi presentabile indossando dei bermuda e una canotta verde, proprio mentre il cellulare squilla.
E' lui, è arrivato, mi chiede dove citofonare.
Apro il portone e gli dico il piano e nel giro di un minuto me lo ritrovo di fronte, evidentemente seccato e deluso, ancor più di oggi, se possibile.
"Ciao, entra" lo saluto, provando a rimanere calma, mentre chiudo la porta alle nostre spalle.
"Ciao" replica freddamente.
"A...Accomodati" aggiungo, indicando il divano del piccolo soggiorno. "Posso offrirti una birra?".
"No, grazie. Le tue birre mi piacevano quando pensavo fossi una semplice barista" replica, tagliente come non mai.
"Ok, mi odi, l'ho capito ma...".
"Non ho tempo da perdere, domani gli esami continuano. Dimmi tutto. Tutto".
Prendo un gran bel respiro e mi siedo di fronte a lui, torturandomi le mani più nervosa che mai. Anche lui mi guarda, e mi odio per essere la causa di quell'espressione dura e ferita.
"Tutto ciò che sai su di me è vero, non ho mai mentito" inizio. "Prima che tu ti avvicinassi a me al bar, ti avevo visto solo una volta, al bar dell'università, mentre parlavi con la professoressa d'inglese, e le mie amiche, tra cui Germana, mi dissero chi eri. Sì, conosco Germana" ammetto.
"Of course" commenta esasperato, passandosi una mano tra i capelli.
"Ma non abbiamo affatto un bel rapporto! Comunque... Quando ti sei avvicinato, quella sera, ero così sorpresa che tu, un uomo così bello e per giunta il mio professore, volessi conoscermi, che inizialmente ti ho respinto, ricordi? Ti ho respinto fino allo stremo, poi abbiamo parlato e... Ero così stanca, fusa a causa dell'ora e del sonno, che alla fine ti ho dato il mio numero. Non volevo risponderti, poi... Poi Germana venne a casa, dicendo quanto avrebbe voluto una storia con te, che mi sentii come una ragazzina che ha una bambola che l'altra non può permettersi. Così ti ho risposto, e ho deciso di non farmi vedere in aula... Ma, alla fine, Leo, mi sono trovata così bene con te che ero arrivata al punto di dimenticare quasi chi fossi tu!".
Indignato, mi lancia lo sguardo più brutto che qualcuno mi abbia mai rifilato in vita mia.
"Cos'ero, il giocattolo che tu e Germana vi condentevate?!" urla, pieno di ribrezzo, fissandomi come se fossi un insetto schifoso.
"Ma no! No, Leo! Lasciami spiegare! Quando sono partita per il tirocinio, una sera ho deciso di venire a dirti la verità, ho bussato alla tua porta e ho trovato Germana, così me ne sono scappata".
Spalanca gli occhi, incredulo. "Era... La sera in cui le chiesi di partire con me?".
Annuisco. "Io non sapevo nulla di voi finchè non l'ho vista da te. Volevo dirtelo allora, poi, vedendola, sono fuggita e non ci ho pensato più, troppo presa dal tirocinio con Dario".
Leo mi fa segno di fermarmi, come se avessi detto qualche cosa di vitale importanza. "Dario?".
"Sì, Dario" dico senza capire.
"Frequenta i corsi anche con Germana, giusto?".
"Sì, perchè?".
"That son of bitch!" dice semplicemente.
"Scusami?".
"E' andato a letto con Germana la sera di quella vostra festa di fine anno, me lo ha confessato lei il giorno dopo, non lo sai?".
"Che...?!" strillo, fissandolo come se fosse impazzito. "Ma che dici?".
Leo annuisce, con aria grave.
"Sì, Germana è andata al letto con questo Dario la sera della festa, e per questo, più altre cose, ho deciso di lasciarla perdere... Mi ha deluso" rivela.
"No, Leo, scusami, quello che dici è impossibile, o forse si tratta di un altro Dario, voglio dire...".
"Era all'esame, stamattina?" chiede.
Annuisco.
"Prima ha risposto all'appello, prima che arrivassi, poi se ne è andato" dice semplicemente.
"No, non può essere! Lui... Non mi parla da due mesi, dopo che gli ho parlato di te e...".
"Ah, a lui l'hai detto" nota amaramente. "Mi hai fatto lasciare l'Italy senza salutarmi!".
"Il nostro saluto era stato perfetto, Leo! Che senso aveva dirti tutto? Non saresti tornato, perchè farmi odiare...".
"Intanto il karma ti ha fregato" m'interrompe, soddisfatto.
"Leo, ti prego, devo chiedere a Dario se...".
"Ti accompagno. Voglio vederlo in faccia. Me lo devi" mi fa notare.
Senza capirci più nulla, presa dal disgusto e dall'incredulità, annuisco, prendendo al volo le chiavi di casa e la borsa, facendogli segno di seguire.



"Sono giù da te, scendi!".
Invio rapidamente l'sms ed esco dall'auto, mentre Leo rimane dentro. "Per favore,non uscire e non fare nulla, rimani un nostro professore" dico a malincuore.
Lui annuisce.
"Lena?" chiede poi.
Lo invito a parlare con uno sguardo.
"Sul serio pensi che io ti abbia... Salvato?".
"Sì! Leo, te lo giuro, eri l'unica persona con cui potevo essere me stessa, senza essere vista come l'ex di Matteo che è sfigata e non riesce a farsi una vita, e mi hai aiutato a dimenticarlo, ad essere più sicura di me... Lo sai, non ho mai avuto una storia come la nostra e...".
"Va bene, vai" concede, sorridendo per la prima volta dopo tanto tempo.
Sorrido a mia volta, per poi allontanarmi ed attraversare la strada, verso il condominio che ha fatto da testimone a tanti momenti tra me e Dario e che ora mi sembrano più distanti che mai.
Dopo qualche istante, lo vedo uscire dall'edificio, con una faccia non proprio allegra e coraggiosa.
"Damiano ti ha detto tutto, immagino" dice, riuscendo a stento a guardarmi in faccia.
"Damiano? No! Leo mi ha detto che sei andato a letto con Germana. E' vero?" chiedo a bruciapelo.
Vedendolo colpito come non mai, mi viene solo da ridere, generando una risata falsa, priva di effettiva allegria, che cela tristezza.
"Rispondi!" strillo, sentendo i nervi a pezzi.
"Sì" rivela infine, a malincuore.
"Bene. Almeno io dopo due mesi ti ho detto di Leo, sono passati due mesi e tacevi ancora! Potevi entrare nel regno delle puttane e dei gigolò con me, ti pare?" urlo, sentendo una strana forza negativa invadere ogni fibra del mio corpo.
Per due mesi, quel "puttana" mi è eccheggiato nelle orecchie, facendomi sentire in colpa, non facendomi dormire la notte, ed ora ecco che scopro che lui non è stato da meno.
"Almeno io non ho fatto sesso con una che ho sempre disprezzato! "Ma no, Lena, non mi piace andare con una così, lo sai". Idiota! Io sarò cambiata, ma tu non sei da meno!".
"Lena, è stato uno sbaglio, è successo per caso...".
"Certo, ti sei trovato Germana nuda fuori casa e non hai potuto dire di no, vero?".
"Lena...".
"Mi hai mentito per due mesi come io ho fatto con te, anzi, ti sono superiore perchè te l'ho detto, e poi, tra tante, cazzo, proprio lei?!".
"Ero sconvolto dalla nostra litigata e...".
"Oh, anche io sono sconvolta dalla nostra litigata, quindi ora farò sesso col primo che mi trovo davanti, che dici?" lo prendo in giro, sprezzante.
Chiude gli occhi per la frustrazione, scuotendo il capo. "No! No! Ho fatto un errore, cazzo, me ne pento da mesi!".
"Ti rendi conto che da maggio ti ho lasciato i tuoi spazi, sperando che tu mi perdonassi prima o poi, mentre mi maledicevo per aver combinato un casino con uno dei migliori ragazzi esistenti? E poi scopro che ho perso tempo a comportarmi bene e a pensare solo remotamente a una nostra riappacificazione! Mi hai fatto sentire una cretina ma non sei meglio di me! Non te lo perdonerò mai!" urlo e, senza riuscire a trattenermi, gli dò un sonoro schiaffo sulla guancia destra, lasciandolo allibito.
Indietreggio, colpita dal mio gesto, coprendomi una bocca con la mano.
"Io... Scusa, scusa, non volevo, non è da me!" dico, impaurita da ciò che ho fatto.
Deglutendo, si passa una mano sulla guancia dolorante e mi guarda, impassibile. "Vorrei prendermi a schiaffi io da solo, ormai. Scusami, non dovevo, ho sbagliato a chiamarti così ma...Ci tenevo a te e...".
"Dovevi essere onesto con me, saresti stato superiore e probabilmente l'avrei accettato" sussurro, sforzandomi di non piangere.
"Abbiamo combinato un casino" commenta, ancora con la mano sulla guancia.
Annuisco, non sapendo più cosa dire o fare.
"Io... Ci vorrà del tempo prima che io possa perdonarti" ammetto.
"Lo so. E una parte di me è ancora arrabbiata con te" aggiunge, amareggiato.
"Sì, ma pensa ad essere arrabbiato anche con te stesso! Devi trovare il coraggio di esporre la verità, prima o poi! Tutte le cose che ci riguardano o le ho sentite senza volerlo o me le hanno riferite gli altri".
"Va bene, basta Lena, buona estate" commenta, salutandomi con la mano e correndo nel suo condominio, senza dire altro, lasciandomi lì come una scema, amareggiata da tutti i recenti avvenimenti.


"Ehi, Dami! Da quel che ho capito volevi dirmi di Dario e Germana... Il professor Scott ti ha battuto sul tempo, senza volerlo. Grazie, sei un vero amico!".

"Di nulla, dovere. Dovevi saperlo, no? E, comunque, appena hai tempo mi racconti tutto per bene... Brava la nostra Lena che ha avuto una storia col prof!".
Sorridendo amaramente per l'ironia di Damiano, ripongo il cellulare in tasca e ringrazio il cielo per il fatto che stasera il bar non sia per nulla affollato.
Poi, mentre mi dedico alla pulizia di un bicchiere con eccessiva enfasi, presa dal ricordo degli ultimi avvenimenti, mi ritrovo davanti, di nuovo, Leo, che entra con passo elegante nel bar, che si dirige con decisione verso il mio bancone.
"Ho trovato il modo per perdonarti".
E' serio, ma non arrabbiato.
E' enigmatico, ma divertito, e non capisco cosa sia potuto succedere in un giorno solo per fargli assimilare così bene la notizia che la sottoscritta gli abbia mentito da quando lo conosce.
"Cosa? Leo, riflettici, se sei un vero essere umano dovresti essere arrabbiato con me" gli faccio notare.
"Infatti non ho detto che ti ho perdonato già" dice, facendo l'occhiolino.
Sospirando, chiedendomi quanto sia strano quest'uomo e che cosa gli passi mai per la testa.
"Sarebbe?" chiedo, arrendendomi alle sue particolarità e curiosa allo stesso tempo.
Mi porge due biglietti e li posa sul bancone con cura, come se fossero preziosissimi.
"Devo andare ad un convegno a Londra tra una settimana, e un mio amico mi ha dato buca. Parti con me".



*Ecco cosa scrisse la Woolf a suo marito prima di suicidarsi:
« Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n'è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi. V. »

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** I Know The Sun Must Set To Rise ***


22g

Dedicato a tutti voi che avete seguito
 questo mio
sclero.
Ora rimane solo l'epilogo, sigh :(
Vi aspetto in fondo al capitolo per dei "commenti"...
Buona lettura!


Capitolo 22
I Know The Sun Must Set to Rise

Piove, ma so che a breve passerà, come tutte le cose negative che all'inizio ci sembrano catastrofiche e poi si rivelano, stranamente, positive.
Sono qui, in un'altra città, in un altro paese, tra altra gente che non ho mai visto e non rivedrò mai più, ma, soprattutto, solo ora riesco a vedere me stessa.
Rido, mentre apro l'ombrellino giallo che ho sempre con me da due settimane a questa parte, e torno a fissare la pioggia che s'imbatte sulla superfice un po' increspata e grigia del Tamigi.
Sento ancora la cornamusa dell'uomo scozzese dall'altra parte della strada, ovviamente nemmeno il cattivo tempo può fermare il suo lavoro da artista di strada.
Prendo un bel respiro, beandomi della temparatura bassa, pensando a chi al momento è in Italia e sta morendo dal caldo.
Preferisco le temperature basse, sarà colpa del mio cognome, chissà.
"She walks in beauty like the night" sussurra una voce alle mie spalle, facendomi voltare.
Sorrido in direzione dell'uomo che mi sta di fronte, così imprudente da non avere un ombrello, e gli faccio segno di avvicinarsi. Obbedisce, riparandosi sotto il mio stesso ombrello.
"Citiamo Byron, oggi?" chiedo retorica, non sapendo cosa dire.
"Mi sembrava perfect. L'hai riconosciuto, eh? Forse ho sbagliato, ti meritavi un voto più alto in letteratura inglese" ironizza, togliendomi una ciocca di capelli umidi dal volto.
Lo scosto, facendolo sbuffare.
"Lena, non ho fatto nulla, devi smetterla di essere così intimorita" mi rimprovera, paziente e seccato dal mio ennesimo allontanamento nei confronti di un semplice ed innocente gesto.
"Certo, sono solo qui, a Londra, con un insegnante del mio corso di laurea" gli ricordo, con un tono precisino che odio dover usare.
"E allora perchè hai accettato di venire qui?" domanda, tuttavia senza prendersela.
Deglutisco, ripensando alla nostra conversazione di ormai un mese fa, una delle più pazzesche che abbia mai sostenuto in vita mia.


"Devo andare ad un convegno a Londra tra una settimana, e un mio amico mi ha dato buca. Parti con me".
"Che cosa? Mi prendi in giro?" gli avevo risposto, incredula.
"No, sono serissimo".
Decisamente confusa, approfittando della poca gente e della momentanea assenza del signor Giacomo, lasciai tutto nelle mani della mia collega e feci segno a Leo di seguirmi nel ripostiglio, che già in precedenza aveva ospitato una nostra conversazione.
"Scusami, ma... Io non sono Germana, è a lei che chiedi queste cose, no?" gli risposi, provando a non offenderlo.
Sospirò, guardandomi torvo.
"A Germana chiesi di venire in Amerca, non di andare a Londra! Non c'entra nulla! Sto provando a chiudere con lei, siamo entrambi arrabbiati per due persone che sono state insieme e...".
"Ah, quindi è vendetta".
"No! E anche se fosse... Me lo devi. Avrei potuto bocciarti, ieri, o riferire alla docente il tuo comportamento, ma sono stato zitto, ho provato a capirti! Fallo per me, hai bisogno anche tu di cambiare area!".
"Ma lo capisci che rimani un mio docente? L'ho sentita la prof, ieri, ora ricopri la cattedra di letteratura, è una posizione importante! E... Se ti ritrovo nella commissione di laurea? O all'orale di Inglese III? Se ho fatto tutto questo, l'ho fatto perchè ero convinta che a maggio te ne saresti andato, non avrei mai osato altrimenti!".
Rise, passandosi una mano nei capelli come per fare qualcosa mentre ascoltava le stupidaggini di una ventenne pazza e fuori di senno.
"Rimane il fatto che abbiamo dormito insieme, una volta, e ciò non cambia, no? Quindi, perchè non puoi venire con me come amica?".
"Cosa direi ai miei?".
"Che sei stata scelta per un convegno in Inghilterra. Ho visto il tuo libretto, ieri, hai molti voti alti. In più il biglietto è pagato, e una volta mi hai detto che non vedevi l'ora di tornare a Londra, passeggiare a Westminister di sera e perderti nei mercatini di Camden...".
"Non mettere in mezzo il mio amore per Londra!" urlai, cercando di scacciare dalla mia mente tutti gli scenari che avrebbero potuto avere luogo: io che, uscendo dalla fermata della metro di Westminister, mi ritrovavo di fronte il Big Ben, o bevevo un cappuccino da Starbucks senza problemi, o tornavo alla Stazione di King's Cross per farmi l'ennessima foto vicino il finto binario 9 3/4...
"Te lo leggo negli occhi che vorresti venirci!" mi sfida, con la sua solita sicurezza.
"Di andare a Londra, certo, ma non con te! Leo, non è appropriato!".
"Te lo ripeto: non cambierà nulla, davvero!".
"Certo, perchè quando Germana lo saprà se lo terrà per sè...".
"Germana non è nella posizione di sbandierare tutto ai quattro venti, fidati".
"Leo...".
"Pensaci, per favore. Ti perdonerei al cento per cento, potremmo dare una lezione a quei due e passeresti una bella estate. Sono ancora più divertente, in viaggio, fidati, soprattutto in Inghilterra quando cerco di nascondere il mio American accent e di imitare quello British" mormora, senza smettere di guardarmi negli occhi. "Hai detto che ti ho salvato... Ora salva tu me dalla noia di un viaggio in solitudine, me lo devi! Ti chiamo domani per la risposta".
Se ne andò senza permettermi di dire altro, sicuro di sè, voltandosi indietro solo per farmi un'indecifrabile occhiolino.
E poi, la mattina dopo, segno del destino, Lisa mi avvisò che sarebbe andata in Sardegna con la sorella e che quindi la nostra estate al mare da lei era cancellata.


"Perchè il destino ti ha fatto capire che doveva andare così" risponde da solo, convinto delle sue parole. "Quindi, rilassati e goditi questi ultimi giorni qui".
"Non devi offenderti, Leo, davvero. E' che mi sento come quelle stupide sceme che si vedono nei film che hanno una relazione con un professore...".
"Oh, abbiamo una relazione?" m'interrompe, malizioso.
"Stupido!".
"Stupido? L'ho visto come mi guardi da lontano, ultimamente... Ma tranquilla, lo faccio anche io" sussurra al mio orecchio, in un modo che mi fa tremare e venire la pelle d'oca.
Il problema è che non si può vivere a lungo con uno come lui senza iniziare a fantasticare sul suo sorriso da infarto o le sue spalle larghe, specialmente se già sai cosa nasconde quella maledetta maglietta attillata e cosa si prova ad avere quell'uomo su di te dopo che ti ha letteralmente strappato i vestiti di dosso.
E' una cosa chimica, primordiale, che non puoi evitare se sei una ventenne patologicamente attratta dai belli e dannati con i capelli scuri e l'aria un po' impossibile.
"Che dici..." borbotto, imabarazzata, rivoltandomi verso il Tamigi.
"Lena, dai! Ci attraiamo fisicamente, non è una novità. Se così non fosse stato, non saremmo qui visto che non ti avrei fermata, al bar, mesi fa" mi fa notare.
"Leo, stai zitto, anzi, andiamocene... E' quasi ora di cena" cambio argomento, con grande disagio e sentendomi parecchio scema.
"Ai suoi ordini, miss" mi prende in giro, prendendo il mio ombrello e iniziando a mantenerlo a sua volta, mentre cammino al suo fianco per non bagnarmi ma faticando a stare al suo passo, visto che non oso appoggiarmi al suo braccio.


Dopo cena, stanca morta dalla giornata trascorsa a camminare come una forsennata, salgo in camera per una doccia rilassante e decido di indossare già il pigiama perchè non voglio scendere nella hall dove ci sono alcuni colleghi di Leo, che non fanno altro che parlare di storia, letteratura, viaggi assurdi e, ogni tanto, delle loro ex mogli stronze e acide che, chissà perchè, li hanno mollati.
Dopo essermi rivestita, mi siedo sul letto, prendendo il cellulare, e noto di avere vari sms non letti.
I miei genitori che sono a Parigi per il loro anniversario mi chiedono notizie, Lisa vuole sapere quando tornerò, Trudy mi saluta... E poi, tra questi, un semplice: "Mi manchi tantissimo".
Il mio cuore perde un battito, quando leggo il mittente.
Dario.
Manco a Dario!
Strabuzzo gli occhi, incredula, e quasi non mi strozzo con la mia stessa saliva.
Proprio ora che stavo meglio, senza pensare notte e giorno agli avvenimenti catastrofici di maggio!
Batto le palpebre numerose volte, rileggendo il messaggio come se potesse cambiare, ma il contenuto di quelle parole rimane lì, immobile, con un peso che se mi venisse scagliato addosso mi ucciderebbe.
Non sa che sono a Londra con Leo, nessuno lo sa oltre Trudy e Lisa, e mi domando se questo sms sarebbe stato scritto se avesse saputo la mia posizione attuale.
Quelle parole mi fanno arrabbiare da un lato, ma con me stessa, però, che non provo nè gioia, nè sollievo.
Com'è possibile? Nei precedenti ho aspettato una sua forma di perdono, mentre ora me ne sto impassibile, senza pensare a cosa rispondergli o a cosa succederà quando ci rivedremo.
Cos'ho che non va?! Qualcosa deve pur esserci, perchè sono un casino vivente, che di questo passo non si ritroverà mai più al posto giusto e nel momento giusto con il ragazzo che le interessa.
Odiandomi a morte, mi viene da piangere e non sopprimo le lacrime, approfittando della mia momentanea solitudine.
Com'è  possibile? Dario aveva iniziato ad interessarmi, no?
Ecco, appunto: era l'inizio di qualcosa che poi è stato interrotto, ed ora, a distanza di mesi, sarebbe come chiedere di compiere un miracolo resuscitando un morto.
Non doveva essere qualcosa di così forte se è bastato così poco per farlo andare via... Forse era la convinzione di poter avere al mio fianco un ragazzo che reputavo dolce, premuroso, che pensavo di conoscere bene, convinzione che mi ha fregato, alla fine.
Al cuor non si comanda, dopotutto.
Sono così presa da questi pensieri che a stento odo qualcuno che bussa alla porta della camera.
"Lena, apri!".
Scatto all'impiedi, affrettandomi ad asciugare gli occhi, ma vedendo nello specchio che purtroppo sono ancora rossi e gonfi.
Apro la porta, senza guardare Leo negli occhi.
"Stasera sono usciti tutti, almeno non devo sorbirmi le chiacchiere di Tommy riguardo l'etimologia delle parole inglesi... Perchè hai il pigiama? Andiamo a prenderci una birra, su!" mi incoraggia.
"No, io ho sonno, vai tu" rispondo, mentre, di spalle, disfo il mio letto pur di fare qualcosa.
"Hai una voce... weird! Hai pianto!" osserva, avvicinandosi e obbligandomi a guardarlo in faccia.
Alzo gli occhi al cielo, sbuffando. "Sì, ok, ho pianto".
"E perchè?".
Vorrei inventare qualche banale bugia, ma non ci riesco, perchè, da quando Leo ha scoperto la verità, sono incapace di mentirgli ulteriormente, come se avessi paura di rileggere la delusione nel suo sguardo come capitò quel giorno.
Così, prendo il cellulare e gli mostro il messaggio, vedendo la sua reazione diventare da curiosa ad atona, falsamente impassibile.
"Bene... Erano lacrime di gioia?" ironizza, seppur amaramente.
"No. Lacrime di rabbia verso me stessa. Non ho provato... Nulla" rivelo, sedendomi sul letto.
Senza capire, si siede di fronte a me, guardandomi come se mi stesse analizzando per capire una specie non umana in via d'estinzione.
"E sei triste? Dopo quello che ha fatto?" domanda, incredulo.
"Io... Non lo so, sono fatta così, mi incolpo troppo, passo la vita ad incolparmi, quindi è come se quella che ha sbagliato di più sono io e...".
"Ti ricordo che quando sei uscita con me, eravate solo amici, mentre lui ha fatto sesso con Germana quando avevate iniziato a vedervi" puntualizza. "E non ti ha detto nulla, mentre tu hai avuto il coraggio di dirglielo. Smettila di incolparti, Lena".
"E' che... Sono così abituata a voler bene sempre e solo ad una sola persona alla volta che... Che mi sembra strano, cioè, voglio dire...".
"Cosa? Una persona alla volta...?".
"Niente, lascia perdere, sono una scema".
"No! Che significa? Che... Vuoi bene a più di una persona, al momento?" domanda cautamente, ma interessato, mentre lascia spazio ad un sorriso sempre più ampio.
"No, penso di voler bene solo ad una".
"Ah".
"E temo sia tu. Dio, perchè sono così stupi..." dico, ma non ho il tempo di finire la frase, perchè mi ritrovo stretta a Leo, persa in un bacio che non so descrivere, che sa di gioia, ma allo stesso tempo incertezza e paura di spingersi oltre un marcato confine che non possiamo superare.
Mio malgrado, quando avverto la sua stretta attorno alla mia vita aumentare e il bacio diventare più profondo, mi scosto, non riusciendo a guardarlo in faccia e alzandomi di scatto, come per fuggire e non cadere in tentazione.
"Leo! Leo, non dovevi!" lo rimprovero, portandomi una mano sulla bocca, come se quel bacio si dovesse cancellare.
Lui, dal canto suo, si alza a sua volta per fronteggiarmi, tra la disperazione e l'esasperazione, fissandomi in un modo che mi fa sentire in soggezione.
"Lena, su! Siamo qui, in piena estate, da soli in una stanza d'hotel, in un paese straniero. Non ci siamo finiti per caso! Se hai accettato, se te l'ho proposto, c'è un motivo! Io inizio a pensare sempre di più che tutti i casini, tutte le storie che abbiamo vissuto, siano serviti a portarci qui" spiega, accalorato.
"Tu... Tu leggi troppi libri romantici, mi sa! Leo" lo imploro, letteralmente, perchè mi ritrovo ad unire le mani come in segno di preghiera, "Personalmente, sì, lo ammetto, dopo una settimana al tuo fianco ho iniziato ad apprezzare ancora di più la tua compagnia, a pensare a... Al periodo in cui ci siamo visti... Ma sono convinta del fatto che sia dovuto al tuo essere oggettivamente bellissimo, affascinante, sexy, amante della letteratura come me, con un accento che farebbe capitolare anche una suora! Mi è successo lo stesso con Dario! Viviamo insieme per un po', inizio ad essere gelosa, bla bla bla, e poi, qualche mese dopo vari problemi, lui mi dice che mi manca ed io non provo nulla. Non posso rischiare con te, un mio docente, specialmente ora che sono vicinissima alla laurea!" finisco per urlare, isterica al massimo.
Senza parole, Leo scuote il capo e finisce per ridere, lasciandomi totalmente basita.
Ride, ride genuinamente, come se avessi raccontato un'ilare barzelletta mai sentita prima.
"Tu sei matta, sul serio. Analizzi troppo, e dimentichi che, alla fine, io sono l'unica costante della tua vita da marzo. Certo, eravamo friends with benefits, ma da quel che ho capito non vai col primo che capita, e se è successo per la prima volta con me, qualcosa ci sarà, sotto. Forse ti piacevo ma sei rimasta sentilmentalmente distante perchè sapevi che ero un tuo professore, mentre ora, a carte scoperte, ti servi più vulnerabile. Ti batto in psicologia, baby" risponde placidamente, puntandomi l'indice contro.
"E il tuo grande amore per Germana, dove lo metti? Sembravi cotto perso di lei e...".
"Lena, stop it! I sentimenti non sono calcoli matematici! Non puoi sapere nulla se non ci provi!" urla ora a sua volta, camminando verso di me fino a farmi ritrovare stretta contro il muro. "Nessuno sa che sei qui con me tranne un paio di persone, hai inventato bugie su bugie con i tuoi per essere qui con me... Nessuno si sforza così tanto per nulla" dice, una mano contro il muro e l'altra attorno alla mia vita, facendomi deglutire. "Hai mentito a me, in passato, ma ora stai mentendo a te stessa. Stai fingendo fino a credere di non provare nulla per me".
Il solo fatto che ricordi la questione del "fingi fino a crederci" che gli dissi in una delle nostre conversazioni delle ultime settimane, mi colpisce profondamente, tanto che chiudo gli occhi, sospirando pesantemente.
"Dici ciò che vuoi, ma rimani un trentenne che ora sta raggiungendo il suo sogno in un'importante università di Napoli" borbotto, riaprendo lentamente gli occhi giusto per vedere il suo sorriso ampliarsi.
Mi stringe di più a sè, facendomi sentire la gola arida. "Sì, la Federico II, spero".
"Ti sei rincitrullito?" chiedo.
"No, la conosci bene, mi avevi detto che studiavi lì" mi prende in giro, facendo l'occhiolino.
"Sii serio!".
"Lo sono. Due giorni fa, grazie a Jack, quello che ti ho presentato che veste sempre di verde, ricordi..?, ho scoperto che la docente di Letteratura Anglomericana del corso di Lingue della Federico II è andata in pensione, così ho contattato l'univeristà, ho inviato il curriculum e ho il concorso a fine mese. La letteratura angloamericana è proprio il mio ambito, capisci? Mi ci sono specializzato e...".
"Perchè lo stai facendo?" chiedo, incredula.
"Potrei realizzare due sogni in uno. Usciresti con me se non insegnassi all'Orientale?".
"Tu sei pazzo! E' assurdo, è...".
"Era assurdo anche mentire al tuo prof circa la tua identità, ma l'hai fatto, e ci ha condotto a questo. La storia insegna, Lena".
Non riesco a respirare regolarmente, presa da quel mix di informazioni e comportamenti che mi stanno destabilizzando completamente, e lui se ne accorge, perchè mi accarezza dolcemente una guancia.
Un conto era pensare a lui molto spesso, ultimamente, un altro è scoprire che forse cambierà università anche per te.
"Sarebbe la cosa più romantica che qualcuno abbia mai fatto per me" dico scioccamente.
"Hai conosciuto solo scemi, allora" deduce, prima di calarsi su di me e ribaciarmi, lasciando quasi un marchio infuocato in ogni punto della mia bocca.
Mi fa sentire così speciale, desiderata, che non riesco a rifiutarlo di nuovo, sarebbe troppo, e una vocina nella mia testa, quella che di solito m'insulta, se ne esce con un: -Nulla che non abbiate già fatto, no? Che cambia?-.
Ben presto, insieme ai nostri sospiri e baci sempre più roventi, l'atmosfera di solito fredda londinese diventa esageratamente calda, tanto che il pigiama a maniche lunghe, seppur di cotone, diventa insopportabile.
Ancora stretti contro la parete, con le mani che si cercano avidamente, Leo sussurra: "Se vuoi che mi fermi, dimmelo ora, poi non ci riuscirei".
Mi blocco, guardandolo negli occhi, e rimango decisamente stupita nel vedere il suo volto velato da pura dolcezza e non solo dalla solita eccitazione tipica di ogni volta che ci ritrovavamo mezzi nudi sul divano di casa sua.
Sul serio, cosa cambierebbe? E' già successo di tutto, tra noi, e poi farà domanda per la Federico II, no?
Pensare troppo mi ha sempre rovinato, e ogni volta che mi sono lasciata andare con quest'uomo, alla fine, sono sempre stata bene.
Prima pensavo che rischiavo di non trovarmi mai allo stesso passo con i sentimenti con un eventuale ragazzo quando ora, a quanto pare, ciò sta accadendo, proprio con Leo.
Possibile che nelle ultime settimane ci siamo desiderati entrambi senza dircelo e, probabilmente, senza nemmeno rendercene conto più di tanto...?
Perciò, prendo il suo volto tra le sue mani e dico: "Non fermarti", beandomi del suo sorriso incredulo e baciandolo.
E' sempre stato lui a baciare me, non era mai successo il contrario, e questo forse indica il più grande cambiamento tra noi.
Dolcemente, non capisco nemmeno bene come, mi prende in braccio e mi poggia sul letto, stendendosi su di me.
Continua a baciarmi mentre mi accarezza tutto il corpo al di sopra del pigiama, in un modo che mi fa fremere e desiderare il momento in cui le nostre pelli potranno finalmente sfiorarsi, nude, senza alcun impedimento.
Poi, la sua mano vaga sotto la maglia, accarezzandomi la schiena, e si blocca quando non avverte la presenza del reggiseno.
"Io... Non lo indosso per dormire..." mormoro.
Si morde un labbro - ma come fa ad essere sempre più sexy? - e si lascia scappare un eccitato: "Great!" mentre mi sfila la maglia, gettandola per aria e fiondandosi a baciare il collo in quel punto che sa mi manderà ancora di più su di giri, afferrando allo stesso tempo uno dei miei seni e accarezzandolo.
Sforzandomi per non gemere oscenamente, con urgenza, inizio a sbottonare la sua camicia blu con le mani tremanti, tanto che è costretto a darmi una mano per riuscire nell'impresa.
"Certe cose never change" ricorda, riferendosi alla mia eccessiva ansia ogni volta che, in passato, avevo provato a spogliarlo.
Sorrido, imbarazzata, per poi accarezzare il suo petto e le sue braccia, in un modo che mi fa avvertire i muscoli tendersi sotto il mio tocco, tanto che lui chiude gli occhi, beandosi di quel contatto.
E' così bello sentirsi apprezzata, ma anche unica, come se fossi tu a fare la differenza perchè se ci fosse qualcun'altra non sarebbe lo stesso, che riesco a dimenticarmi di tutto e a dedicarmi solo a Leo, l'uomo che è stato causa dei miei pasticci, quest'anno, e con cui non so davvero come andrà finire.
Ma è il presente che conta, accipicchia, me lo dimentico sempre con la mia ansia di pensare sempre al futuro e di programmare tutto.
Le relazioni, gli affetti, non possono essere preparati come un esame, e tendo sempre a dimenticarmene.
Sono gli imprevisti quelli che rendono la vita tale e degna di essere vissuta, e devo iniziare a ricordarlo più spesso.
Così, con calma, ci ritroviamo sempre più stretti l'uno all'altra, come se fosse sul serio la prima volta, con la luce della luna londinese come unica spettatrice.


La mattina dopo, quando mi sveglio, avverto di essere stretta ad un corpo caldo, e sento una sensazione di beatitudine e calma eterea invadermi.
Alzo lo sguardo, e vedo che Leo è già sveglio. Mi sta guardando con l'ombra di un sorriso stampato in faccia, e mi accarezza i capelli per poi posarmi un bacio sulla fronte.
"Buongiorno" dico, la voce impastata dal sonno.
"Buongiorno, piccola" replica.
"Da quanto sei sveglio?".
"Una ventina di minutes, più o meno".
Annuisco, ancora abbracciata a lui. "Sono stata benissimo, ieri" ammetto, mettendomi a sedere e guardandolo negli occhi.
"Anche io, davvero. Spero di ottenere quel lavoro" aggiunge, riportandomi così alla realtà dei fatti, che non è proprio allegra.
"E se non...?".
"Vedremo, troveremo una soluzione. Non voglio rinunciare a te" dichiara apertamente, con una decisione che mi fa sentire orgogliosa e felice come non mai.
"Se... Se andrà tutto bene, potrei continuare la specialistica in un'altra...".
"Lena, stop. Godiamoci questa mattinata e basta. After all... The sun must set to rise".
Sgrano gli occhi, confusa da quelle parole.
"Stai citando i Coldplay?" chiedo, abituata come sono alle sue citazioni letterarie.
Annuisce, quasi con fierezza. "Sono i miei poeti del ventunesimo secolo preferito" rivela, "E, come dicono loro in questa frase... Il sole deve tramontare per risorgere, no? Quindi, anche se avremo dei problemi, all'inizio, ci renderanno più forti e ce la faremo ad andare ava...".
Non termina la frase perchè lo blocco io, rendendo le sue labbra più utili in un bacio e non per la continua azione di citazione.
E' successo tutto in fretta, lo so, ma, alla fine, sto vivendo al meglio questo inizio di giornata con l'uomo che ora sento più vicino a me come non mai, e mi va bene così.
Basta fingere, basta dire bugie... Voglio solo crederci, senza rimpianti.

Un mese dopo...

"Le ragazze di oggi sanno quello che vogliono, e riescono ad ottenerlo riuscendo a stare in equilibrio (sui loro tacchi dodici) tra studio, lavoro, vita sociale e relazioni amorose".
Che idiozia!
Avevo letto questa frase su un giornale per teenagers una delle rare volte che ero andata dal parrucchiere, ed erano mesi che mi rimbombavano nelle orecchie a causa di una vocina nella mia testa che la recitava con voce sarcastica e di scherno.
Equilibrio? Tacco dodici? Vita sociale? Relazioni amorose, al plurale, per giunta?
Mi sono sempre chiesta quale droga assumano le donne che lavorano in questo tipo di giornali, viste le stronzate gratuite che sparano.
A ormai ventidue anni e a un esame dalla laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere, è già molto che io riesca a "stare in equilibrio" - sulle mie comode Nike, visto che da quando ho finito il liceo indosso quei trampoli alias scarpe col tacco molto raramente - tra università, studio, qualche amicizia, il mio lavoro part time , le bollette da pagare della mia casa in affitto e il mio pseudo ragazzo che, guardacaso, è stato anche il mio professore madrelingua di Inglese III e mi ha esaminato all'esame di letteratura Inglese III.
Sono una stupida, certo, perchè la cosa più stupida oltre l'avere un ex che studia nella tua stessa facoltà, è trovarsi un nuovo ragazzo che, addirittura, insegna nella stessa facoltà. Un applauso per Lena Inverno, che sa solo combinare pasticci più grandi dei precedenti, se possibile.
"Non è possibile che quest'estate sia già finita! Mi sembra ieri che ero a Gallipoli..." commenta Trudy, malinconica come lo diventa ogni settembre.
"Non me lo dire, guarda" replico, sospirando, mentre salgo a forza gli scalini che conducono al bar dell'università.
"Almeno la tua è stata un'estate super! Io ho dovuto sforzarmi di farmi apprezzare dalla nonna di Davide! Ma almeno ora sgancerà i soldi anche se non ci sposiamo" dice soddisfatta.
"Diciamo che è stata un'estate da Teen Drama" la correggo, non riuscendo, tuttavia, a reprimere un sorriso al solo ricordo di tutto ciò che si è generato tra me e Leo dopo la nostra chiacchierata a cuore aperto.
"Infatti sei bella, riposata e felice proprio come una di quelle attrici di questo tipo di Telefilm" osserva. "Io e te felici contemporaneamente con due figoni, di nuovo! Chi l'avrebbe mai detto?".
"Io di certo no" ironizzo. "Comunque, mi raccomando, acqua in bocca con le ragazze".
Annuisce, stranamente seria. "Quando si saprà l'esito del concorso?".
"A giorni" replico, preoccupata. "Se andasse bene, sarei la più felice del mondo, te lo giuro".
"E se non...?".
"Se per quando sarò laureata le cose continueranno così bene, m'iscriverò io alla Federico II, tanto non cambia nulla" dico, decisa.
"Ti piace proprio tanto... Lo dovevo immaginare che alla fine non eri capace di farti una storia di solo sesso con uno!".
"Shhh!".
Per fortuna arriviamo al tavolo dove sono sedute le mie amiche, unite come sempre, abbronzate più che mai.
L'unica che manca e che fa notare la sua assenza, è proprio Germana, che ormai è a Bologna dal padre da luglio.
Germana, con cui non ho avuto nessun confronto.
Germana, che non riesco a chiamare.
"Belle, ciao!" esclama Marina, entusiasta.
Si genera un caos di abbracci, baci e frasi sceme, per poi parlare dell'estate appena trascorsa.
Con un nodo allo stomaco, vedo Leo seduto qualche tavolo più in là, che sta parlando con la Prisco, la professoressa d'inglese III. Mi guarda, lo guardo, accenna un minimo sorriso e torna ad ascoltare la donna.
Deve vincere quel concorso, accidenti! Vederlo così mi fa sentire in colpa più che mai, ed è solo la prima volta che ci becchiamo all'università.
Mentre la mia combriccola passa rapidamente dall'argomento: "Tra due giorni abbiamo l'esame!" a quello più interessante:"Che avete combinato, quest'estate?", noto con rammarico l'arrivo di Damiano e Dario.
Quest'ultimo mi guarda, probabilmente memore della nostra conversazione di un paio di settimane fa.
Ci salutiamo discretamente, mentre Damiano fà lo scemo come al solito gettandosi addosso ed esclamando: "Mi sei mancata, scemotta combinaguai!" - non sapendo di essere guardato con aria torva da Leo -, per poi gettarsi sulle altre.
I secondi passano, e non so come, odo Dario dire: "Posso parlarti un secondo?".
A disagio, annuisco, così ci allontaniamo da tutti per recarci fuori al terrazzo dell'università, in un modo che mi fa ricordare tanto il primo giorno del secondo semestre, quando mi consolò in seguito alla litigata con Germana.
"Il tuo ragazzo ci ha lanciato un'occhiata..." commenta, asciutto.
"Dario, cosa devi dirmi?" chiedo, non gradendo quell'osservazione.
"Ci ho pensato e... Non approvo la vostra relazione, ma ti vedo felice. Non capisco come possa essere accaduto così in fretta, tra voi, ma va bene e... Non fare cazzate, però. Non voglio che tu cambi università per lui o...".
"Dario, ho esaurito il numero di cazzate, onestamente. Andrà tutto bene" dico, cercando di tranquillizzare prima me stessa, poi lui.
Annuisce, sospirando pesantemente.
"E mi piacerebbe tornare quelli di una volta, mano a mano" aggiunge. "Mi manca la mia migliore amica".
"Anche a me manca il mio migliore amico, che credi? Ci siamo feriti a vicenda e solo con il tempo potremmo tornare quelli di prima. Lo spero".
"Sappi che ti romperò le scatole se riterrò che stai commettendo qualche errore...".
"Ed io ti romperò qualcos altro se non la smetti. So badare a me stessa!".
E poi, non so come, dopo mesi e mesi di silenzi e cose non dette, scoppiamo a ridere in sincrono, generando una sorta di miracolo.
Mi era mancata questa spontaneità tra noi, ad essere onesti, e forse, e dico forse, poco a poco ritorneremo amici.
"Posso... Abbracciarti?" chiede, esitante.
"Gli abbracci non si chiedono" replico, abbracciandolo lievemente, seppur per poco.
Ci guardiamo, imbarazzati, e senza aggiungere altro, torniamo al bar, sotto lo sguardo di Leo che di sicuro ci ha spiati durante quella scenetta.
Prendo un bel respiro e, provando a non farmi notare da nessuno, sorrido in sua direzione, rassicurante, e ottenendo subito il suo sorriso in cambio, felice.
Va tutto bene, finalmente.


*°*°*
Tadà!
Chissà come sono le vostre facce, al momento!xD
Ve lo aspettavate?
Tutto ciò è una grande sorpresa anche per me, fidatevi, perchè i piani erano ben altri, ma mano a mano mi sono convinta a cambiare strada perchè questa storia è nata più di un anno fa nella mia mente e, con essa, sono cresciuta anche io.
Riflettendo, e conoscendo oramai Lena come se esistesse sul serio, sono arrivata al punto di pensare che sul serio una con il suo carattere, in fondo, non riuscirebbe ad avere un "friend with benefits" xD senza un minimo di coinvolgimento sentimentale.
All'inizio non provava nulla proprio perchè sapeva che fosse un suo insegnante etc... Ma, con l'andare avanti, si è dimostrato un uomo a modo suo maturo, che non le ha voltato le spalle nemmeno quando non si è comportata bene.
La parte finale, ovviamente, riprende l'inizio del primo capitolo con le giuste modifiche, e anche la scena fuori al terrazzo con Dario ricorda quella del primo capitolo, per generare una sorta di cerchio che si chiude.
Cosa succederà, ora? La storia tra Leo e Lena proseguirà? Lui  otterrà il lavoro alla Federico II?
Lo scoprirete solo nell'epilogo! ;)

A presto,
milly92

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Epilogo ***


epilogo
Epilogo
Sei Felice?



Ho appena risposto alla domanda del docente di tedesco, con qualche esitazione e incertezza, ma spero di essere stata soddisfacente.
Sento lo sguardo di tutti puntato su di me, tanto che mi sembra di sentire fisicamente almeno una ventina di persone addosso ma provo a non badarci e a concentrarmi, in attesa della domanda d'inglese.
Nella mia facoltà, la seduta di laurea funziona così: si espone la tesi, poi seguono due domande, una per ogni lingua studiata.
Ho sempre temuto la domanda di tedesco, ma ora che mi ritrovo in questa situazione spinosa, preferirei risponderne ad una in cinese, onestamente.
Deglutisco, mentre il presidente di commissione fa un cenno e si volta verso il membro della commissione che più temo.
"Bene, Professor Scott, a lei la parola".
Ho la gola arida, che quasi mi fa male, come se stessi provando ad ingoiare del vetro, e mi pento di tutti i casini che ho creato negli ultimi otto mesi.
Ora potrei essere una semplice laureanda che sta per essere esaminata da un suo professore, mentre mi ritrovo ad essere una laureanda che sta per essere esaminata da un uomo con cui ha avuto una storia per la seconda volta.
Maledetto destino, maledetto tutto, maledetta me!
Nervosa, tesa, sul punto di vomitare, a stento trovo il coraggio di guardare Leo, che ricambia lo sguardo con la faccia più professionale che trova, indugiando un po' prima di iniziare a formulare il quesito.
"Well... What do you think...?".
Non odo il resto della domanda, perchè sento un rumore che mi distrae. E' il cellulare per caso? Ho lasciato il cellulare in tasca, per di più acceso e senza silenzioso il giorno della mia laurea?
No, il suono è diverso, è insistente, è...
"Oh!".
Mi sveglio di soprassalto, tremante, facendo tremare il letto a mia volta.
Ringrazio il cielo di trovarmi qui, in questo comodo letto matrimoniale e non in un'aula dell'università...
- Stupida, ti laurei oggi! - mi ricorda la voce nella mia testa, malefica come sempre.
Mentre disattivo la sveglia del cellulare, ansimante, avverto una mano che si stringe al mio braccio e mi lascio scappare un sorriso, voltandomi verso destra.
"Buondì" sussurro.
"'Morning. Che è successo? Il letto ha tremato o sognavo?".
Leo si mette a sedere lentamente, gli occhi ancora socchiusi a causa del sonno, e sbadiglia.
"No, sono stata io, scusami. Sognavo... Che mi interrogavi tu, oggi" ammetto, mordendomi un labbro con aria imbarazzata.
Si lascia scappare un sorriso sincero per poi calarsi verso di me e baciarmi con dolcezza. "Ci è mancato poco ma ce la siamo scampata, no?" mi ricorda, per poi stringermi a sè e accarezzarmi i capelli.
"Sì, deve essere per questo che l'ho sognato, una parte di me è ancora terrorizzata!".
"Lena, stop it, please. E' passata, abbiamo rischiato grosso quando ho fatto il secondo posto al concorso, ma... Il destino ci ha aiutato anche this time, no? Quella scema che mi aveva superato è rimasta incinta dopo un mese ed è a gravidanza a rischio, così hanno chiamato me e l'hanno licenziata".
Annuisco, sorridendo al solo ricordo di tutti gli accaduti degli ultimi due mesi: lui che arriva secondo al concorso, io che, morta, gli chiedo di prenderci un po' di pausa per pensare a cosa fare, lui che insiste, io che non resisto senza vederlo, la paura e l'imbarazzo quando ci incrociavamo...
E poi, un bellissimo giorno di fine ottobre, sorpresa!, si scopre che Janet Clarkville, colei che era stata assunta, non può muoversi di casa per una gravidanza a rischio e Leo viene assunto.
Lo ricorderò come uno dei momenti più belli della mia vita, così come ricorderò il salto che ho fatto quando me l'ha detto. Gli sono saltata addosso, piangendo, pensando che l'universo sembrava finalmente venirci incontro.
"E meno male. Oh, sono così felice!" esclamo, stringendomi a lui.
"Anche io... Finalmente hai raggiunto il suo sogno accademico, oggi".
"Guarda che mi riferivo a te, scemo" sussurro, guardandolo negli occhi e leggendo tanta gioia quanta emozione.
Purtroppo, a svegliarci dal nostro momento idilliaco, è una chiamata da parte di Trudy.
"Pron...?".
"Scema, sono le sette passate, i tuoi saranno qui tra massimo un'ora e mezza, alza il culo e vieni, sai che non so dire bugie paraculo!" dice tutto d'un fiato, per poi staccare subito, senza aggiungere altro.
"Trudy?" chiede Leo.
Faccio un cenno di assenso, sospirando e alzandomi dal letto, di malavoglia.
"I miei saranno a casa massimo per le nove, e devo ancora farmi i capelli... E preparati, che mi sa che te li presenterò. Lo so che stiamo insieme da poco ma sanno che esco con qualcuno e non presentarti sarebbe sospetto. Ovviamente non sanno nulla della questione dell'ex prof" gli ricordo.
"Mi fa piacere, don't worry".
Rapidamente, mi preparo e quando sono pronta per uscire, un Leo in pigiama mi accompagna alla porta.
"Ci vediamo quando sarai una dottoressa, allora" dice, facendo l'occhiolino. "Ah, e devo dirti un'altra cosa...".
"Sì?" chiedo, curiosa.
"Sai, sono io il padre del figlio di Janet, avrei fatto di tutto pur di poter stare con te" dice, quasi serio.
Esito, confusa per un attimo, per poi fare una faccia grottesca e dargli un pugno leggero sul braccio. "Scemo! Non devi dire più queste sciocchezze!" lo rimprovero.
"Lo sai che non lo farei mai! After all... I love you" risponde, questa volta serio, quasi ansioso, direi.
Sgrano gli occhi, sentendo il fiato mancare. Oddio. Oddio.
E' il primo, vero, "I love you" della mia vita, se escludiamo lo scialbo "ti amo" che mi disse Matteo ben un mese dopo che glielo avevo detto io, ragion per cui mi ero ripromessa di non dirlo mai più per prima.
Diciamolo, detto in inglese suona ancora più... Importante, bello, da infarto.
Vedendomi così attonita, Leo, imbarazzato, si passa una mano tra i ricci ribelli e mi sorride. "Tranquilla, non devi...".
"Ma... Ma ti sembra normale dire una cosa simile a poche ore dalla mia seduta di laurea, come se non avessi già fin troppe emozioni di mio? Sei... Sei imprevedibile, eppure così deciso, mi hai sconvolto la vita e si è capito ormai che dovevi sconvolgermi anche la laurea! Ed è anche per questo che... I love you too, Leo" replico, dando voce ad un sentimento che ho provato sempre più insistentemente nelle ultime settimane.
Un conto è essere attratte da un uomo così affascinante, un altro è rendersi conto di conoscere ormai ogni suo minimo gesto e reazione e amarlo comunque, non importa cosa dica o faccia, perchè da quando c'è lui al tuo fianco ti senti bene come non mai.
Felice, mi abbraccia, stritolandomi quasi; ci guardiamo negli occhi, complici di uno sguardo in grado di comunicarsi tutto senza parole, per poi scambiarci l'ennesimo bacio con la promessa tacita di continuare la nostra storia così, nella sua semplicità ma ricca di sentimenti.
"Io... Vorrei rimanere qui, ma...".
"Go, go, love" risponde, felice.
Obbedisco, mandandogli un bacio e allontanandomi di malavoglia, sentendo che la mattinata della mia laurea non poteva iniziare in maniera migliore.


Il ritorno a casa, però, non è dei migliori: trovo una Trudy tutta preoccupata ad accogliermi, e non ho nemmeno il tempo di chiedere cosa sia mai successo che trovo la risposta seduta sul divano del soggiorno, appariscente come sempre, seria come non mai.
Deglutisco, sentendo l'aria mancarmi e la codarda che è in me farsi largo per nascondersi il meglio possibile.
"Germana!"esclamo debolmente, quasi senza fiato.
"Ciao, puttanella" risponde. Se ne sta seduta con le gambe accavallate, con addosso un completo grigio e rosa più raffinato rispetto agli abiti che è solita indossare, e sembra in qualche modo più curata, cresciuta oserei dire. "Sono qui per gli esami e ho sentito delle voci interessanti su di te. Miracolo, eh? Sei passata dall'essere una noiosa di prim'ordine ad una puttanella esperta. Complimenti" dice, distendendo il viso in un sorriso ipocrita.
"Ho imparato dalla migliore" mi difendo, chiedendomi come abbia fatto a sentirmi in colpa tutte le volte che non ho avuto il coraggio di chiamarla per dirgli di me e Leo, sempre dopo avergli fatto un'eventuale partaccia per essere stata con Dario. "Quella che è andata al letto con il ragazzo con cui mi vedevo e non ha avuto il coraggio di dirmelo".
Annuisce, con aria annoiata. "Sì, sì, certo".
"Germana, che vuoi?".
"Sentirti dire che lo stai facendo per ripicca, per...".
"No, mi dispiace!" la interrompo, chiedendomi come sia possibile cambiare umore così repentinamente a causa di una sola persona. "Tu... Tu hai avuto la tua occasione! Ti ho spronato a chiamare Leo, a cambiare idea, ma tu non hai voluto sentirmi! Hai preferito ignorarmi, sbattermi la porta in faccia e fare sesso con la persona con cui uscivo, per poi scappare a Bologna! Non ti ho detto di me e Leo, certo, ma tu non mi hai detto di quella notte e non lo hai apprezzato. Ora non lamentarti, stronza che non sei altro, se è felice con me! E' successo tutto per caso, mi ha scoperto all'esame di letteratura, mi ha perdonato, perchè è l'uomo migliore del mondo, poi mi ha invitato a Londra e alla fine abbiamo capito di provare qualcosa che, cara mia, dopo quattro mesi è ancora qui, anzi, è diventato amore!".
"Mi sono persa qualcosa...?" s'intromette Trudy, attivando il suo radar da fangirl.
"Ce lo siamo detti stamattina" confermo, sorridendo appena.
"Oh!".
Trudy mi abbraccia, mentre Germana fa un cenno di dissenso.
"Potrei vomitare" sbotta, nauseata.
"Vomitati addosso, fai prima" replico, non potendone più di quella ragazza sempre pronta a rovinarmi i momenti di felicità.
Lei, invece, si alza e mi porge la mano, risoluta.
"Complimenti per la tua laurea, per il tuo ragazzo e tutto il resto. Non mi sei mancata affatto".
Stringo la mano, incredula, e la fisso con disapprovazione.
"A me manca quella ragazza che mi parlò a cuore aperto mesi fa, raccontandomi di suo padre, della sua vita... Se è ancora viva, vorrei parlarle, prima o poi".
"Dovrai guadagnarti la sua amicizia" dice enigmatica.
Allude forse a qualche speranza di perdonarci a vicenda dopo questo strambo e offensivo chiarimento?
Perplessa, annuisco, e poi la vedo prendere la sua borsa firmata e avviarsi verso la porta.
"Io vado, ciao ragazze" dice, scomparendo senza lasciarci il tempo di dire o fare nulla.


"... La commissione proclama dottoressa Lena Inverno con la seguente votazione... Centosette su centodieci!".
E' così strano starsene alzata insieme a coloro che dovrebbero essere i tuoi colleghi e sentire queste parole che pongono definitivamente fine a tre anni indimenticabili.
Sorrido, incredula, perchè mi aspettavo un voto peggiore, non così vicino al massimo, e mi volto automaticamente verso la mia personalissima curva B, alias la fila in cui sono seduti i miei genitori, mio fratello, Trudy, Davide e Dario. Dietro di loro, Marina, Alessandra, Lucia, Damiano e gli altri mi fanno segni di vittoria e incoraggiamento, radiosi, e provo a ricambiare nonostante l'emozione.
Poi, in un punto molto più distante, da solo, ma felicissimo come non mai, incrocio lo sguardo di Leo. Sorride, facendomi l'occhiolino, senza lasciarsi prendere dal dispiacere per non poter sedere con tutti gli altri.
Tutti i miei amici sanno di noi, ovviamente, ma gli ho chiesto di fingere di essere venuto in facoltà per salutare i professori per poi trattenersi per salutarli in seguito visto il loro essere impegnati.
Non so come, termina la proclamazione dei voti, e prima di riuscire a dire o fare qualcosa mi ritrovo senza sapere come nel cortile dell'università, con addosso un cappello di laurea regalatomi da Trudy, un bouquet di fiori e la mia tesi di laurea tra le mani.
"Ce l'hai fatta, dottoressa!".
"Grande!".
"Auguri!".
"Oh, mia figlia si è laureata!".
"Ora che sei dottoressa prescriviti qualche farmaco per curarti, scema!".
Tutti ridono alla battuta di mio fratello, me inclusa, e quando riesco a liberarmi da abbracci e baci vari faccio segno a Leo di avvicinarsi.
Indossa un completo grigio perla che lo rende ancora più pieno di fascino, se possibile, e si avvicina sforzandosi di non essere imbarazzato.
Comprendendo ciò che sta per accadere, Trudy distrae i nostri amici facendoli allontanare, e la ringrazio mentalmente mentre la distanza tra il mio ragazzo e i miei diminuisce sempre di più.
Vedo mamma abbastanza impressionata, mentre mio padre sembra quasi diffidente.
"Mamma, papà, volevo presentarvi il mio ragazzo, Leonard" dico.
"Piacere, signori Inverno" esclama lui, porgendo la mano ad entrambi e poi a mio fratello Daniele, che lo fissa come per squadrarlo da capo a piedi.
"Piacere nostro!" replica mamma. Dal rossore delle sue guance, devo dedurre che approva la mia scelta. "Lena ci ha detto che sei Americano...".
"Sì, sono nato in California, ma ho parenti italiani, signora".
"Oh, chiamami Stefania!".
"Invece a me puoi chiamarmi Singor Inverno, tranquillo" dice papà, ricevendo un'occhiataccia da parte mia.
"Oh, certo, certo".
"Leo, papà scherzava" ribadisco. "Sono sicura che vi conoscerete meglio alla festa, no?".
"Senz'altro" s'intromette Daniele. "Mi piacciono le Americane, me ne presenti qualcuna?".
"Ehm, direi che è ora delle foto, no?" cambio argomento, regalando un sorrisino di soddisfazione a quel teppista per avermi messo in imbarazzo.
"Qualcuno ha detto foto?!" dice Trudy, che, evidentemente, stava ascoltando tutta con la massima nonchalance.
Annuisco con urgenza, per poi venire sommersa dalla valanga di persone che a quanto pare non vedono l'ora di farsi una foto con una ventiduenne con un cappello blu, una tesi tra le mani e l'aria decisamente stressata.

"Ce l'hai fatta, alla fine! Complimenti, te lo meriti".
Mi giro, dopo aver bevuto l'ultimo sorso di acqua in occasione di cinque minuti liberi da chiacchiere, foto e festeggiamenti vari, e mi trovo davanti Dario.
Sembra un po' nervoso ma sincero, e mi fa piacere vederlo finalmente più disinvolto e meno impacciato, onestamente.
Negli ultimi mesi ci siamo visti poco, ma mano a mano siamo riusciti ad essere in grado di iniziare una semplice conversazione quando ci vedevamo o addirittura scambiarci sms, sempre per questioni pertinenti all'università.
"Grazie, Dà!".
"Non mi chiamavi così da secoli" osserva, felice. "Comunque, questo è per te" aggiunge, porgendomi un pacchetto incartato alla perfezione.
"Ma... Nel regalo degli altri c'era anche il tuo nome" osservo, stupita, riferendomi al nuovo cellulare super tecnologico che mi hanno regalato i ragazzi dell'università.
"Lo so, è un regalo più personale. Un regalo extra" spiega.
"Non dovevi!".
"Oh, piantala e apri!" mi rimprovera.
Obbedisco, sorridendo timidamente in sua direzione, per poi scartare il regalo e rimanere sorpresa davanti ad una copia di "Jane Eyre".
"Lo so che lo hai già letto, ma te l'ho preso proprio perchè lo leggemmo contemporaneamente durante il primo anno, per l'esame di Letteratura Inglese I... Io che prendevo in giro Jane e tu ti arrabbiavi, dicendo che il suo amore con Rochester era uno dei più belli della letteratura. Ricordo la tua faccia rapita mentre lo leggevi tra una pausa e l'altra, ed io ti rimproveravo perchè eri più avanti di me e non riuscivo a tenere il passo... E a volte mi minacciavi con degli spoiler se non  arrivavo puntualmente o non correvo a prendere i posti a lezione in anticipo quando facevi tardi! Vedi, è l'edizione che ci raccomandò la prof, ma che non comprammo perchè costava troppo... Ora, da laureata, potrai leggere quelle famose note e...".
"Ti voglio bene Dario, non ho parole, sul serio. Vorrei... Vorrei poter tornare indietro di anni e...".
"Ti voglio bene anch'io, Lena. E questa volta proverò ad essere amico del tuo ragazzo, lo prometto".
Simultaneamente, ci abbracciamo, suggellando una promessa di amicizia che è stata interrotta per un po' ma che forse sta tornando più forte e, soprattutto, sincera di prima.
"Ehi, che succede qui?".
Oltre la spalla di Dario, vedo un Leo che finge disappunto. Gli faccio l'occhiolino e mi separo lentamente dal mio amico, con aria complice.
"Hai interrotto un momento importante tra due migliori amici" gli faccio presente.
"Oh, I'm sorry. Comunque, Dario, ti va se ci prendiamo una birra? Non abbiamo mai avuto occasione di conoscerci".
"Va... Va bene" accetta nervosamente Dario.
Sollevo il pollice in direzione di entrambi e li vedo allontanarsi verso il tavolo delle bibite, evidentemente un po' nervosi ma per fortuna tranquilli e decisi ad iniziare per bene un'eventuale amicizia.
Forse questa volta ce la farò ad avere due delle persone a cui tengo di più che vanno d'accordo!
"La strana coppia, eh?" mormora Trudy.
"Spero vadano d'accordo sul serio, ci tengo...".
"Ma sì, tranquilla. Comunque... Stasera Davide si ferma da noi se per te non è un problema e...".
"Vado a dormire da Leo, sì, tranquilla!" la interrompo ridendo. "Sono finiti i tempi in cui o andavo da Germana o lavoravo" le ricordo, quasi nostalgica.
"E intanto proprio per Davide che si è fermato qui sei andata a lavorare e hai conosciuto Leo" mi ricorda.
"No... Devo ringraziare Germana, se non avessimo litigato avrei dormito da lei" noto, dando voce ad un particolare che fino ad ora avevo trascurato.
Vedendomi pensierosa, Trudy mi stringe a sè, coccolandomi. "Prima o poi sarete più amiche, non devi incolparti di nulla. Basta che ora sei felice, dottoressa!".
Annuisco, sentendo improvvisamente una gioia che quasi mi fa venire voglia di ridere e non smettere mai.
Guardo i presenti alla festa che ridono, mangiano...
E sono qui per me, perchè ho raggiunto uno dei primi importanti traguardi della mia vita e ho la fortuna di condividere questa fortuna con le persone che più amo al mondo e mi hanno accompagnato in questo pazzo viaggio. "Sì" sussurro, stringendomi a lei a mia volta. "Sono davvero, davvero felice".


*°*°*°

...E così, dopo nove lunghi mesi, Lena&co smettono di farci compagnia :)
Questa storia ha un significato per me, perchè è stato un anno abbastanza particolare, di crescita, tanto che, alla fine, ho modificato la trama prestabilita in favore di una che andava meglio con i miei cambiamenti personali.
Che poi, vabbè, l'introduzione della storia vi ha completamente fatto sentire presi in giro, visto che alla fine la storia prof/alunna c'è, ma spero sia stata diversa dalle solite e che non la dimenticherete così in fretta!
Mi mancherà scrivere di Lena, ormai mi era facilissimo entrare nella sua mente ed esternare i suoi pensieri come se fossero i miei.

Ovviamente, ringrazio tutti voi che avete seguito questa storia fino alla fine, che avete lasciato bellissime recensioni o avete semplicemente letto silenziosamente!
Non faccio i nomi perchè rischierei di dimenticare qualcuno visto che ultimamente siete aumentati, ma... Grazie!
E grazie soprattutto alle ragazze che stanno nel gruppo e che sopportano le mie notifiche, supportandomi in tutti i sensi!


Purtroppo, penso di tornare a postare qui su Efp solo qualche one shot di tanto in tanto, perchè ho gli ultimi esami da fare, devo scrivere la tesi e laurearmi...

Grazie ancora<3

Sperando di aver scritto qualcosa che non vi abbia annoiato e che ricorderete per un po' (che presunzione!xD), vi saluto e vi auguro buona estate...
Godetevela anche per me che ho ancora tanto da studiare prima di andare in vacanza xD

Bacioni!

milly92.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** One Shot- Domani è Un Altro Giorno ***


os

No, non ho deciso di continuare la storia e non sono
nemmeno impazzita...xD
Questa è semplicemente una OS che conclude definitivamente la
storia e che avevo in mente da un po’.
L’ho postata qui per fare in modo che chi seguiva la ff
potesse essere in grado di sapere che c’è un altro piccolo
 capitoletto da leggere :D

Buona lettura :)

 


Image and video hosting by TinyPic

 

 

"E quindi, dobbiamo usare il "Present Progressive" quando...".

"Prof?".

"Dimmi, Carlo".

"Posso andare in bagno?".

Alzo gli occhi al cielo, come faccio ogni volta che vengo interrotta per una cosa futile mentre sto spiegando, mentre nell'aula si diffonde qualche risatina.

"Sì, ma dopo fai qualche esercizio alla lavagna, non è possibile che ogni volta che spiego senti l'urgenza di andare in bagno! Ti stimolo la vescica, per caso?".

Carlo si alza, ridacchiando, e mi fa l'occhiolino in un modo che probabilmente lo fa sentire sexy nei confronti della sua professoressa ventisettenne.

"Oh, prof, lei mi stimola tante cose!" esclama, per poi scappare fuori dall'aula e lasciando la classe ilare per la sua ultima affermazione.

"E tra questa c'è di sicuro la tua maleducazione!" gli urlo dietro, sforzandomi di non arrossire. "Sul serio, ragazzi, siete assurdi! Ai miei tempi non avrei mai osato rivolgermi così ad un'insegnante!".

"Ai suoi tempi?" domanda Paola, seduta come sempre al primo banco e con il solito tono rispettoso ma curioso. "Meno di dieci anni fa, intende, giusto?".

Annuisco, sedendomi sulla cattedra. "Sì, ma non c'entra...".

"E' perché lei è giovanissima! Mia sorella è più vecchia di lei, sa? Voglio dire, lei è buona, ci sprona sempre ad essere onesti, a spiegarle perché non abbiamo studiato senza inventare bugie, quindi non la vediamo come una minaccia" spiega Claudia, con lo sguardo quasi celato dalla frangia di un rosso fuoco e ottenendo l'approvazione di più di metà classe, che annuisce o fa versi di assenso.

Sorrido, dimenticando le parole impertinenti di Carlo, e scrollo le spalle mentre guardo i miei ventuno alunni della II B, che da circa sei mesi rappresentano uno dei motivi per cui mi sveglio la mattina, desiderosa di dare il massimo per insegnare loro qualcosa che non dimenticheranno nel giro di poco.

"Siete fortunati, avrei tanto voluto anche io un'insegnante così!" ironizzo, scatenando qualche risata.

"Ma dai, prof! Ha avuto come prof il suo fidanzato, che è stupendo!" esclama Giorgia, con la sua solita voce petulante.

"E' vero! Non si può lamentare!".

"Ragazze! Sapevo di non dovervi raccontare nulla della mia vita privata! Ed ora, su, torniamo al "Present Progressive"!" cambio argomento, ma allo stesso tempo ricordando quel piovoso giorno di ottobre in cui, all'uscita, mezza classe mi aveva visto correre in direzione di Leo che mi aveva fatto una sorpresa facendosi trovare fuori scuola, visto che lui insegna ancora a Napoli mentre io sono stata chiamata per un anno di supplenza a Roma.

Vista la situazione nell'ambito dell'insegnamento, non ho potuto rifiutare quest'incarico annuale e sono costretta a fare la tratta Roma-Napoli ogni fine-settimana due volte al mese, perchè le altre due è Leo che viene a trovarmi.

Sarebbe tutto più semplice se potessi permettermi di pagare un treno Freccia Argento ogni giorno, visto che impiegherei meno di un'ora per giungere a scuola da Napoli, ma purtroppo sono una semplice prof squattrinata da circa due anni e devo accontentarmi, perché sono stata io a scegliere questa strada dopo la specialistica.

Carlo torna in classe, questa volta a testa bassa, memore della sua battutaccia, ma è costretto a fermarsi e a fare marcia indietro dopo il mio: "Ehi, Carlo, l'esercizio, ricordi?".

Rassegnato, mi si avvicina, in attesa di fare la sua solita figuraccia che verrà attenuata solo quando mi applicherò nel spiegargli la regola per bene, in modo semplicissimo.

Qualcuno ridacchia, Silvia - che ha una cotta per Carlo - si prepara nel caso in cui lui abbia bisogno di un suggerimento, ed io mi sento fortunata perché mi sento a casa nonostante sia a lavoro.

 

 

"Sono stanchissima! Dimmi, come facevamo ad uscire il sabato e a tornare tardissimo a casa?".

"Eravamo giovani".

Come se fossi a casa mia, mi stendo sul divano di casa Bellofiore e mi perdo in uno sbadiglio infinito, annuendo alle parole della mia vecchia amica Trudy.

Riesco a trovare la forza di rialzarmi dopo qualche minuto, mettendomi a sedere, ma lascio che una nota di disappunto mi si dipinga in faccia quando vedo la figura della ragazza incinta che mi è di fronte che si dà da fare davanti lo schermo del computer, con una concentrazione massima.

"E' quasi sabato sera, potresti smettere! Devi riposarti un po', sai?" esclamo.

Sbuffando, Trudy si volta verso di me, esasperata.

"Per favore, almeno tu potresti smetterla di dirmelo?".

"Ma è vero! Aspetti un bambino, dovresti...".

"Cosa, dimmi? Guardare il soffitto per i prossimi tre mesi invece di portare a termine la traduzione di questo bellissimo romanzo, grazie a cui otterrò, finalmente, un pagamento decente dopo anni?".

Mi mordo il labbro inferiore, pensando che, tuttavia, anche io al posto suo farei lo stesso.

Ma io non mi sono sposata a ventisei anni, non ho provato a fare un figlio subito dopo e non ho scelto di lavorare come traduttrice letteraria per il momento, in modo da stare di più a casa e poter accudire mio figlio quando nascerà.

"Almeno vedrai uno stipendio decente. Odio dare via quasi la metà del mio per l'affitto di quel buco in cui vivo" cambio argomento.

"Non puoi lamentarti, Lena! C'è chi pagherebbe oro per stare al posto tuo! Tipo io" ammette, sorridendo tristemente.

Mi fa tenerezza ora che ha il viso più paffuto che mai e il ventre piacevolmente arrotondato dalla presenza di sua figlia, che si chiamerà Lara.

"Perchè dici così? E poi, scusa, chi ti dice che non vorrei essere io al tuo posto?".

"Il semplice fatto che ormai non fai altro che parlarmi dei tuoi alunni e di quello che fanno. Mi sembra di conoscerli!".

Scrollo le spalle, mentre prendo posto su una sedia di fronte a lei e noto con piacere che sembra essersi distratta dal suo lavoro.

"Comunque, sì, non dobbiamo lamentarci, basta pensare a chi non lavora".

"E a chi sta a casa ad aspettare il marito che torna da lavoro, senza fare nulla" aggiunge lei, per poi alzarsi, avvicinarsi alla dispensa ed estrarne dei biscotti con scaglie di cioccolato.

"Mmmh, parli di Elisabetta?" ridacchio, rinvigorita dall'inizio del nostro "Spetteguless" settimanale.

"Sì. E' confermato, ha sposato un quarantenne pieno di soldi che le consente di avere borse lussuose e abiti firmati da indossare alle sue noiose cene di lavoro" spiega Trudy, scegliendo una sedia più vicina alla mia e porgendomi i biscotti.

"Contenta lei... Fatto sta che mi ha più sorpreso Germana" osservo, addentando una di quelle delizie.

"Sì... Quella cena di Capodanno è stata sconvolgente! Che scoop!".

‘Lo scoop di Capodanno’, come lo chiamiamo noi, non è altro che una scena assurda, mitica, in cui io e lei ci avviamo con Leo e Davide in un noto ristorante di Napoli per il cenone e aspettiamo Dario che aveva promesso di portare la sua nuova ragazza - dopo mesi di segreta frequentazione -, salvo poi ritrovarci una Germana più bionda, dispiaciuta e soprattutto timida che mai.

Personalmente, aspettavo che qualcuno se ne uscisse con la frase: "Siete su "Scherzi a Parte!"", ma nel momento in cui ciò non è successo, come precauzione ho passato la sera appiccicata a Leo, arrivando a scortare la suddetta Germana quando ha annunciato di dover andare in bagno subito dopo di lui.

So di aver esagerato, ma la storia mi ha insegnato che non si è mai prudenti abbastanza in questi casi, no?

"Ma Dario è felice ora, è questo che conta. Sai, iniziavo a credere che non riuscisse a farsi piacere qualcuno sul serio, dopo di te".

"Basta che sia felice ora con la mia nemesi" ironizzo.

"Nemesi, sì... Intanto siete uscite entrambe con Dario e Leo".

"Ah ah ah. Non continuo per rispetto per Lara, non vorrei che si dicesse che zia Lena le fa sentire le parolacce...".

Tuttavia, le accarezzo la pancia, e sento dei lievi calci. "Mi ha sentito!" esclamo, emozionata.

Trudy contrae un po' la faccia per i colpi, ma poi mi sorride. "Vorresti essere la sua madrina?" chiede tutto d'un fiato. "So che la sorella di Davide e mia sorella mi odieranno per averle snobbate ma...".

"Sei seria? Oh mio Dio, cioè, sì!" esclamo, sentendo una grandissima esplosione di gioia ed emozione contrarsi nel mio stomaco.

Abbraccio la mia amica, felicissima, proprio mentre due uomini - i nostri due uomini - entrano nella stanza.

"Ehi, ragazze, che combinate?" chiede Davide, nella sua migliore versione da sabato sera, con tuta e pantofole.

"Sono l'unico a cui puoi urlare "sì", tesoro" mi ricorda Leo, facendomi l'occhiolino.

"E a quale domanda? "Mi passi il pane, please?"" lo prende in giro Trudy, ma con uno strano sorriso.

"Scemi! Trudy mi ha appena chiesto di essere la madrina di Lara" spiego, entusiasta.

Si genera un coro di "Oh" e "Wow!", specialmente da parte di Davide che guarda sua moglie come a dire: "Non ne sapevo nulla!".

"Gliel'ho chiesto appena mi è venuto in mente, Lara ha scalciato mentre Lena parlava di lei!" spiega Trudy.

"Ottima scelta, amore" approva quindi l'uomo, per poi abbracciarmi con calore.

"Bene, andiamo?" chiede poi Leo, guardando l'orologio da polso.

"Sì. Sicuri di non voler venire?" domando, ripetendo la domanda formulata già un paio di ore fa, quando io e Leo siamo arrivati a casa loro per la nostra visita settimanale, visto che ora il lavoro ci ha separato.

“No, davvero, stasera ci aspetta una buona pizza a domicilio con mio fratello che ci presenterà la sua ragazza” risponde Davide.

“Sì. Spero sia grassa, così non mi sentirò brutta e vecchia” aggiunge Trudy, con il suo sorrisino furbo che non è cambiato affatto da quando ci conosciamo.

Rido, mentre indosso la giacca e prendo la borsa.

“Ehi, sei la mia migliore amica! Quindi sei automaticamente il top del top!”.

“Veramente è il contrario, comunque... Divertevi!”.

Qualche altra chiacchiera e risata dopo, io e Leo ci ritroviamo nella sua auto, dopo essere stati avvolti da un’ondata di freddo, una di quelle tipiche che hanno luogo a marzo prima dell’inizio della primavera.

“Brrrr” esclamo, strofinando le mani sulle braccia nonostante siano coperte dalla giacca. “Accendi il riscaldamento?”.

Leo si toglie i guanti per poter guidare, per poi fissarmi.

“Potrei. Ma se ti riscaldassi io?” chiede, facendo l’occhiolino e mordendosi il labbro inferiore mentre si volta verso di me e avvicina il suo viso al mio.

“Mi hai riscaldato circa tre ore fa, appena ho messo piede nel tuo appartamento, ricordi?” rispondo, tuttavia stando al gioco e piegando il mio volto verso destra, per accogliere un eventuale bacio.

Annuisce, appoggiando una mano sulla mia guancia e avvicinandosi ancora di più, fino a riuscire a sfiorare le sue labbra contro le mie. “Sì, ma il nostro weekend sta già scivolando via e visto che non è previsto un aumento delle temperature voglio riscaldarti il più possibile, in modo da non farti sentire freddo per tutta la prossima settimana...” sussurra, labbra contro labbra, occhi negli occhi.

“Beh, in questo caso...” mormoro, chiudendo gli occhi, “Chi sono io per impedirti di compiere un gesto così nobile?”.

Ho appena il tempo di finire di pronunciare la frase che sento la sua presa su di me aumentare, prima di avvertire l’inizio del nostro bacio, che di dolce o sentimentale non ha proprio nulla.

Non mi dispiace affatto, con Leo è così: abbiamo passato quasi metà della nostra relazione in città diverse, a causa degli impegni lavorativi, e quindi ogni volta che abbiamo la possibilità di stare insieme viviamo l’attimo secondo dopo secondo, con passione e gioia, perché sappiamo che nel giro di poco la vita porrà tra di noi una distanza di almeno cinquanta chilometri.

“Andiamo a casa...?” domando, avvertendo l’inizio del cambio di temperatura che potrebbe generarsi da un momento all’altro se non ci fermiamo.

Lui, perdendosi prima qualche istante a depositare baci roventi sul mio collo, si separa di malavoglia e mi guarda in modo malandrino.

“No... Rimaremmo fedeli al nostro piano...” dice, per poi separarsi con mio sommo disappunto e mettere in moto l’auto.

“Eh? Andare in un locale a cenare?” chiedo, senza capire.

“Sì”.

“Ok... Ma non aspettarti nessun riscaldamento, quando torneremo a casa” sbuffo, contrariata.

“No, non me lo aspetterò... Perché mi riascalderai prima...”.

“Leo, ma che hai in mente...?”.

Sorride beffardo senza dire nulla, cosa che mi causa il mio solito broncio tipico di quando vengo esclusa da qualcosa e non capisco cosa stia accadendo.

 

Circa dieci minuti dopo, con mio sommo stupore, ci ritroviamo davanti al “Magic Trick”, il locale in cui ci siamo parlati per la prima volta.

“Perché siamo qui?” domando, senza capire. “Non volevi provare il panino speciale del nuovo pub a Corso Umberto?”.

Senza rispondere mi prende per mano e mi trascina nel caos del locale causato dal momento della settimana.

Gente che balla, clienti al bancone, tre impiegate dietro il bancone dei drink...

Non è cambiato nulla negli ultimi due anni, da quando vi ho messo piede l’ultima volta.

Non so come sia possibile, ma Pamela e Gina mi notano quasi subito dopo il nostro ingresso e mi fanno segno di avvicinarmi.

Sono le colleghe che hanno iniziato a lavorare qui circa due mesi prima che mi licenziassi, e spesso ci sentiamo anche se non ci vedevamo da almeno sei mesi.

“Vai, vai” dice Leo, indicando il bancone.

Così mi avvicino alle ragazze, abbracciandole per quel che posso attraverso il bancone.

“Aspetta, vieni qui dietro come i vecchi tempi, dai!” ridacchia entusiasta Pamela, il volto incorniciato da una serie di riccioli rossi pieno di felicità.

“Sì, ci sei mancata!” concorda Gina, abbracciandomi ancora.

Obbedisco, ritrovandomi dall’altra parte del bancone dopo secoli e ricordando quanto fosse diverso il resto del mondo visto da quella prospettiva.

Noto che anche Leo si è seduto su uno degli sgabelli vicino al bancone, e mima “Birra!”.

Scuoto il capo, senza sapere cosa dire per l’assurdità di quella situazione, per poi annuire.

“Che combinate senza di me, comunque?” chiedo allegramente.

“Solite cose...” replica Gina, mentre prepara un cocktail.

“Io mi laureo il prossimo mese!” dice invece Pamela, fiera. “Spero di trovare subito lavoro, altrimenti marcirò qui”.

“Ma sì, dai! Lavorare qui porta fortuna alle neo laureate!”.

“Eh, così mi abbandoni anche tu, Pam” brontola Gina, per poi servire un drink.

“Comunque il mio ragazzo prende una birra” dico.

“E tu che prendi?”.

“Un Martini Rosato... Magari con delle patatine, grazie”.

“Solo che devi aspettare il tuo turno, ragazza” mi rimbrotta scherzosamente Pamela.

“Lo so che è una scusa per avermi di nuovo qui con voi!”.

Non so per quanto tempo chiacchieriamo mentre sono impegnate nel svolgere il loro lavoro, ma dopo circa mezz’ora giunge il turno del mio drink, mentre la folla dietro al bancone è corposamente diminuita grazie allo spostarsi di quasi tutti nella pista da ballo.

“La tua birra, scemo” esclamo, poggiando l’Heineken sul bancone e stappandola con una finta aria professionale, frutto di circa sei anni di lavoro in questo locale.

“Thanks, love” risponde.

Quando fa l’americano non riesce a non farsi amare sempre di più, perché mi ricorda l’inizio della nostra relazione, quando non riusciva a ficcare almeno una parola in inglese in un discorso e la sua pronuncia era differente.

Ora di tutto ciò è rimasto solo un lieve accento americano che spero non sparisca mai, anche se spesso iniziamo a parlare in inglese senza un motivo preciso.

“You’re welcome, honey” replico, facendogli l’occhiolino.

“Ed ecco il tuo drink” aggiunge Pamela, porgendomi un bel calice di liquido rossastro con due cannucce nere.

“Grazie, cara” replico, per poi vederla allontanarsi in direzione di un altro cliente.

Leo sorseggia la sua birra, ed io inizio a bere il Martini, pensando da quanto tempo non ne beva uno vista la vita piuttosto economica che sono costretta a condurre visti il poco guadagno che mi spetta dopo aver pagato l’affitto ogni mese.

“Guardaci... In questo locale, io che ordino una birra e tu dall’altra parte che me la porti... Esattamente cinque anni dopo il nostro primo incontro...” replica il mio ragazzo, parlando lentamente e quasi facendomi strozzare mentre bevo, parola dopo parola.

“Accipicchia! Sì! E’ il dodici marzo, il giorno in cui prendesti due birre, i cornetti e... Oh, sono una fidanzata orribile!” esclamo, mortificata.

Di solito, in una relazione, è la donna che tende a ricordare ogni avversario, ogni avvenimento importante, mentre io, quest’anno l’ho totalmente rimosso.

“Scusami, non sapevo che giorno fosse e... Ed è una cosa assurda, visto che ieri ho scritto la data sul registro e... Oh, dove ho la testa?!”.

Presa dalla frustrazione, colpisco il bancone con un pugno, colpendo anche il bicchiere a tal punto da farlo cadere.

Per fortuna è di plastica, quindi non si rompe, ma quasi tutto il contenuto scivola sul bancone.

Quasi tutto.

“Ecco, lo sapevo, sono un’imbranata cronica e... Eh?!”.

Quando rialzo il bicchiere, vedo che c’è una cosa dentro, che prima non avevo avuto modo di vedere viste le luci scure del locale e la presenza della bibita.

Sicura di non aver visto bene, lo afferro, portandolo vicino a me e scoprendo di aver visto bene precedentemente.

“Ma cos...? Deve essere caduto a  Pamela, non c’è altra spiegazione...” biascico, deglutendo.

“No, non le è caduto niente. Le ho chiesto io di fare questo” risponde Leo, con la voce leggermente mozzata dall’emozione, mentre estrae un anello dal fondo del bicchiere e me lo porge.

In uno stato decisamente confusionale, batto numerose volte le palpebre, sentendo improvvisamente la gola arida e le gambe tremarmi.

Non so come nè perché, ma davanti ai miei occhi inizio a vedere una serie di spezzoni di numerosi momenti trascorsi insieme.

Lui che mi chiede di portargli un “woo-woo” ed io che ammetto di non conoscerlo, lui che si presenta alle quattro del mattino con cornetti e birre dopo aver aspettato la fine del mio turno per cinque ore, i fraintendimenti tramite sms prima del nostro appuntamento, il “non-ho-mai” che ha condotto al nostro primo bacio, il suo farmi sentire più sicura, l’esame di letteratura inglese che ha smascherato le mie bugie, il viaggio a Londra...

Cinque anni in un secondo, che mi portano qui, in questo bar, dietro un bancone, come all’inizio di tutto, ma questa volta con un anello a pochi centimetri da me.

“Leo...?” chiedo semplicemente.

“Ho iniziato a pensare a questo momento da quando ti sei trasferita a Roma, quando la tua mancanza ha iniziato a farsi sentire sempre di più. Ho capito che voglio vivere sempre con te, qualunque cosa accada, perché gli ultimi cinque anni mi hanno reso un uomo migliore. Io... Damn! Avevo preparato un discorso perfetto ma non ricordo nulla!”.

Entrambi ci lasciamo scappare una risatina nervosa, in sintonia anche in un momento del genere.

“E poi... Sarà l’età a parlare, non lo so, ho quasi trentacinque anni, baby, e temo che se non mi muovo in fretta, mano a mano che si avvicineranno i miei quarant’anni non mi vorrai più. Quindi... Lena Inverno, will you marry me?” chiede, inginocchiandosi in modo da scomparire alla mia vista.

Io dietro quel famoso bancone e lui inginocchiato dall’altra parte, con un anello in mano, mentre cinque fa faceva di tutto pur di convincermi a dargli il suo numero.

Senza capirci più nulla, così, sento la mia voce interiore che mi intima di andarmene da quel bancone, così esco da lì dietro per poi trovarmi di fronte a lui, che mi sorride speranzoso.

Lo fisso, scombussolata, enigmatica, e vedo una lieve paura farsi strada nel suo sguardo, quello sguardo che tanto amo e che sa come consolarmi nei momenti più tristi.

Alla fine, stentando a credere che tutto ciò sia vero – perché, sì, per me Leo non avrebbe mai fatto un gesto così romantico in un posto super affollato – annuisco, vedendo finalmente il suo volto rilassarsi.

Yes, I will” rispondo, con la voce tremante.

Gli attimi che si susseguono sono super caotici, tanto da non farmi comprendere molto: lui che, felicissimo ed emozionato, impiega qualche secondo in più per infilarmi l’anello al dito, per poi abbracciarmi, quasi sollevandomi dal pavimento, e baciarmi.

“Olèè! Siamo delle Cupido fenomenali, missione compiuta!” urlano le mie ex colleghe, mandandomi dei baci da lontano.

Un coro di “Auguri!” e “Congratulazioni!” si leva attorno alle nostre figure ancora abbracciate, simbolo del fatto che il piano di Leo non sia passato inosservato.

“E’... E’ stato dolcissimo, non ho parole!” esclamo, emozionatissima, sforzandomi di non far sì che le lacrime prendano il sopravvento.

“Non per vantarmi, ma non ho speso molto tempo ad architettare tutto... Ci sposiamo!” urla lui, stringendomi di nuovo a sè.

Annuisco, per poi prenderlo per mano e conducendolo in una zona più riservata, nel corridoio che conduce ai bagni.

“Ci sposiamo, sì!” ripeto. “Ma... Leo, come faremo? Tu insegni qui, io non so se verrò richiamata a Roma, non sono ancora di ruolo, dove prenderemo casa...?”.

“Ci ho pensato, amore. Troveremo una soluzione, come abbiamo sempre fatto sin dall’inizio. Voglio dire, all’inizio la nostra relazione era proibita, ricordi? Eppure ce l’abbiamo fatta, ho ottenuto il lavoro in un’altra università e siamo arrivati fin qui... Mi basta sapere che vuoi sposarmi, il resto lo organizziamo mano a mano. Ma deve succedere entro un anno, eh, prima che io inizi la corsa verso la seconda metà dei trenta che mi porterà ai quaranta!” ironizza, stringendo la mia mano nella sua.

“Che vecchiaccio autoritario e antipatico!” commento.

Guardo l’anello sul mio anulare, incredula, per poi alzare lo sguardo su colui che da anni per me è l’amore della mia vita, quello che arriva quando la tua vita va a rotoli e riesce a renderti una persona migliore nonostante i tuoi errori.

“Dimmi, Trudy e company lo sanno?” chiedo, sospettosa.

“Beh, sì. Trudy l’ha intutito subito, perché si è insospettita quando ho iniziato a uscire spesso con Davide e... E quella pazza ci ha seguiti! Quando ha visto che siamo entrati in una gioielleria è entrata a sua volta e ha iniziato a sclerare, dicendo che era ora e... E ha incolpato gli ormoni della gravidanza...E nel giro di poco l’ha spifferato a Dario e anche a Germana...”.

Inizio a ridere come una scena immaginando la scena, ma chiedendomi allo stesso tempo come diavolo abbia fatto la mia amica a tenere la bocca chiusa.

“Allora facciamoglielo sapere, che dici?” propongo.

Annuisce. “Li chiamiamo?”.

Scuoto il capo, estraendo il cellulare dalla tasca e fotografando le nostre mani unite, in modo da far risaltare l’anello. Invio la foto a Trudy e a Lisa, felice, e poi guardo il mio futuro marito con aria ammiccante.

“Sbaglio o eravamo venuti qui per riscaldarci...?” chiedo.

Lui sgrana gli occhi, stupito.

“Davvero vuoi... Nei bagni?!” domanda, esterrefatto.

“Ma no, scemo! Non ho lavorato qui sei anni per nulla, conosco anche i luoghi più reconditi...” sussurro contro il suo orecchio, trascinandolo poi in uno sgabuzzino popolato dai vecchi divanetti che il padrone del locale non ha ancora buttato, insieme ad alcune sedie e tavolini.

“Se è questo l’effetto, avrei preferito regalarti un anello tanto tempo fa...!” esclama Leo, compiaciuto, mentre si guarda attorno stupefatto.

Non lo ascolto, gettandogli le braccia al collo. “Ti amo” dico seriamente.

“Ti amo anche io, Lena, non sai quanto. E se vorrai farmi sorprese del genere” – qui indica la stanza che ci circonda –“ Durante il resto del tempo che passeremo insieme, beh, sappi che mi troverai sempre d’accordo!”.

“Sbruffone!”.

“Sì, ma uno sbruffone con cui passerai il resto della tua vita...”.

“Amo queste minacce...”.

“Ricorda che ce la faremo, amore, troveremo una soluzione a tutto... E, dopotutto, domani è un altro giorno”.

“Quando ci siamo messi insieme hai citato i Coldplay, ora Rossella O’Hara...”.

Mi fissa, per poi ridere, mentre si toglie a sua volta la giacca e, non so con quale movimento, riesce a farmi trovare stesa su uno dei divanetti con la camicetta semi sbottonata.

“Francamente, me ne infischio!”.

Sì, ce ne infischieremo di tutto e di tutti, della distanza, dei problemi, perché sappiamo che ce la caveremo, insieme, come abbiamo sempre fatto.

 

 

Nel frattempo, a circa due chilometri di distanza...

 

“Grazie per aver portato i dolci, Lisa, non ho avuto il tempo di prepararne uno”.

“Scherzi? E’ già molto che tu ci abbia invitati qui, stasera, dopo ti aiutiamo a sistemare...”.

“L’aiuterai, semmai, io e Dario abbiamo da fare”.

Lisa si volta verso Germana, guardandola con uno sguardo di sufficienza che rasenta il biasimo.

“Che amica d’oro. Mi hanno sempre detto quanto fossi antipatica, ma non credevo fino a questo punto”.

Prima che Germana possa ribattere, Trudy si intromette, frapponendosi tra le due.

“Lisa, Germana dimostra così il suo affetto, lo imparerai” sentenzia. “E tu, Germana... Giuro che quando capiterà a te di essere così grossa come una balena, io... Io verrò di nascosto a casa tua, metterò tutto in disordine e poi toccherà a te capire quando sia difficile sistemare in queste condizioni”.

“Ma lei è già grossa come una balena” osserva Lisa, con tanto di linguaccia impertinente.

“No, sei tu che sei un grissino senza tette e...”.

“Ragazze, basta, per favore” si intromette Dario, che fino a qualche istante prima stava mostrando a Davide le mille funzioni del suo nuovo cellulare.

“Dario ha ragione! Siamo qui per un motivo ben preciso, ricordate?” lo supporta Davide.

“Sì. Scoprire chi di noi ha vinto la scommessa! Preparate la mia banconota da cinquanta euro!” esclama Germana, battendo le mani.

Tutti la fissano, increduli.

“Tu credi di aver vinto la scommessa?” domanda il suo ragazzo, senza parole.

“Certo!”.

“Tesoro, dovrei forse ricordarti che hai scommesso...”.

“...Che Lena ha rischiato di bere l’anello insieme al resto del drink e di conseguenza la magia della proposta è scomparsa? Lo ricordo perfettamente. Sono realista, gente, e vincerò la scommessa” dichiara, levando un braccio in aria per indicare un segno di vittoria.

“Io mi sento un po’ in colpa. Voglio dire, organizzare una cena mentre aspettiamo l’esito mi sembra una cosa un po’ meschina” mormora Trudy.

“Ma dai! Rideranno quando lo sapranno, fidati” dichiara Lisa.

“Sì, hai ragione, Lisa... E poi saranno così felici da fregarsene di tutto il resto” l’appoggia Dario.

“Giuro che quando ci siamo messi insieme non era così scemo” dice Germana, tuttavia mandando un bacio in risposta all’occhiata di rimprovero del suo ragazzo.

La conversazione, però, viene interrotta da due suonerie differenti: un “Biiip” e una sorta di fischio che indicano l’arrivo di un sms.

Trudy e Lisa spalancano gli occhi, comprendendo già di cosa possa trattarsi visto che hanno ricevuto contemporaneamente lo stesso messaggio, e iniziano una goffa corsa per riuscire a recuperare i loro telefoni.

“La borsaaa!” urla trepidante Lisa, rischiando di cadere a causa dei tacchi che fanno parte del suo tailleur da avvocato, che non ha avuto modo di togliere visto che ha fatto tardi in ufficio.

Trudy, invece, si avvia a passo svelto verso il davanzale della finestra, dove ha appoggiato il suo Samsung per avere una ricezione migliore.

“Non lo trovo... Trudy, non osare leggere prima di meee!” continua ad urlare Lisa, rossa in volto, con i capelli biondi svolazzanti che sembrano più voluminosi che mai.

Il resto del gruppo le guarda tra l’ansioso e il divertito, tuttavia senza dire nulla.

“Ecco, ecco, l’ho trovato!”.

“Finalmente!”.

“Al mio tre...!”.

“Uno, due...”.

“Treee!”.

Si precipitano a cliccare sulla notifica di Whatsapp, con gli altri tre che sbirciano anziosi alle loro spalle.

C’è un’immagine, che però impiega dei secondi per caricare e mostrarsi.

“Idiota, muoviti!” sbraita Trudy.

Il primo a mostrare la foto delle due mani di cui una indossa l’anello è quello di Lisa, e ciò ovviamente scatena la gioia di tutti.

Poi, spunta anche un vero e proprio messaggio:

Lo so che sapete tutto!

Ho rovesciato il drink senza volerlo e ho visto l’anello...

E Leo ha dimenticato il discorso e ne ha improvvisato un altro ma l’importante è che...

CI SPOSIAMO!

 

“Ho vinto io, ho vinto io!” esclama Davide, vittorioso. “Lo sapevo, ha! Un’imbranata come Lena non poteva smentirsi in un’occasione del genere, e sapevo che Leo non avrebbe ricordato un’acca del discorso!”.

Agita le braccia in aria, come se l’Italia avesse appena vinto i mondiali, mentre la moglie lo guarda male.

“Dovevo vincere io! Voglio dire, vedere l’anello prima di bere era la cosa più probabile...”.

“Ma parliamo di quell’imbranata di Lena, dai. Io credevo che se ne sarebbe accorta solo verso la fine...” dice dispiaciuta Lisa, sospirando.

“Sì, ma la mia era la più probabile! Non accorgersene proprio dopo aver bevuto tutto il drink, visto che non beve da secoli e non è più brava nel reggere l’alcool” sbuffa Dario, incrociando le braccia.

“Gente, posate i cinquanta, anche un assegno va bene, ahah!” esclama Davide, questa volta improvvisando una specie di balletto.

“Dai, l’importante è che si sposino” ricorda Lisa, scrollando le spalle.

“Ho una nuova scommessa: chi sceglieranno come testimoni?” domanda Germana, con aria furba.

Ovviamente, la domanda solleva un polverone tale da generare un’allegra discussione, che avrà la sua fine solo cinque mesi dopo, quando Lena rivelerà di aver scelto Trudy e Dario, delegando Lisa e Germana come damigelle, e Leo di aver scelto sua sorella e il marito.

Sanno bene che alla fine la vita non può essere programmata e calcolata con una scommessa, ma finchè saranno tutti insieme, questo sarà il loro modo per scherzare su un’unione un po’ fuori dal comune, su cui nessuno, all’inizio, avrebbe mai scommesso.

 

*°*°*

Milly’s Corner

E dopo quasi cinque mesi eccomi qui, decisa a fornire un’ulteriore finale a “Fingi fino a crederci”, la fanfiction che mi ha accompagnato durante un periodo particolare, di crescita, e a cui devo molto.

Sono felice di aver avuto finalmente del tempo per concludere questa OS, che avevo iniziato già alcune settimane fa, e spero che tutti coloro che hanno seguito la storia abbiano voglia di dare anche solo un’occhiata.

E’ una gioia per me essere qui dopo mesi e mesi, visto che purtroppo la vita”reale” ha avuto il sopravvento a causa di mille cose da fare e studiare, ma sono felice di constatare che, alla fine, Efp rappresenterà sempre un po’ la mia seconda casa.

Per ora mi tocca tornare al “silenzio tombale” degli ultimi mesi visto la mia laurea imminente, ma se riuscirò tornerò verso marzo con una nuova storia, nel caso interessasse a qualcuno.

Spero vi sia piaciuta questa piccola OS, fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!

Un bacione,

milly92.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2120906