I'ʟʟ ғᴏʟʟᴏᴡ ʏᴏᴜ

di _H i d e a w a y_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** 2. Sʜᴀᴅᴏᴡ Mᴏsᴇs ***
Capitolo 3: *** Cap.2 ***



Capitolo 1
*** 1. Prologo ***


 I'LL FOLLOW YOU 

/ 1. Prologo \
 

 

Newt Lancaster aveva vissuto con un solo pensiero in testa: sparire.

Come Gionata che viene inghiottito da una balena e continua a vivere nella sua pancia, Newt era caduto nel ventre dell'apatia ed aveva passato giorni senza data nel buio stagnante di quell'antro.

In quel periodo aveva vissuto come un sonnambulo, o come uno che non si è ancora reso conto di essere scomparso.
Si svegliava all'alba, si lavava i denti, indossava i primi vestiti che trovava, saliva sull'autobus che lo portava al liceo, prendeva appunti durante le lezioni.
Procedeva nelle sue giornate attenendosi alle abitudini di sempre, per lo stesso impulso che spinge una persona investita da una raffica di vento ad aggrapparsi ad un lampione.

Non parlava con nessuno a meno che non fosse indispensabile e, quando tornava nell'appartamento in cui viveva da solo, si sedeva sul pavimento con la schiena contro la parete e si abbandonava al pensiero dello scomparire.
Solamente Alby, suo amico dai tempi delle elementari, sembrò compatire quel suo stato d'animo.

Alby aveva voti eccellenti.
Per quanto non fosse un secchione -perlomeno non lo sembrava-, era il secondo della classe in ogni materia visto che, il primato assoluto, restava esclusivamente di Newt.
Nonostante ciò, non sembrava darsi delle arie, anzi: era molto riservato ed aveva la massima considerazione per tutti.
Sembrava quasi che si vergognasse di essere così intelligente.
Per carattere, quando decideva una cosa -anche la più insignificante-, non cambiava idea facilmente.Spesso Newt, nella sua apatia costante, si era ritrovato a dover gestire attacchi di rabbia improvvisi del suo compagno di classe, dovuti agli atteggiamenti meschini che -purtroppo- circolavano in quella scuola.

L'unica cosa che potesse riaccendere quel luccichio di speranza negli occhi di Newt, probabilmente, poteva essere la letteratura.
Spesso, durante le brevi pausa tra una lezione e l'altra, si ritrovava a vagabondare nei freddi corridoi dell'istituto, tenendosi compagnia con un libro diverso giorno per giorno.
La letteratura era da sempre -almeno per lui-, una certezza; era il tipico ragazzo che preferiva di gran lunga restare in compagnia di un libro, che sprecare fiato a parole con persone che, comunque, non lo avrebbero capito.
Almeno finché, quella sue abitudine, non vennero spezzate da un uragano  rumoroso. Un uragano di nome Thomas.

[...]


Roma, 14 Settembre 2013.
 

Avete presente quando si dice che la vostra vita sta per avere una svolta e, in qualche modo, lo senti?
Ecco.
Newt non ci aveva mai creduto.

In effetti, il giorno in cui incontrò Thomas era un giorno noioso, come tutti gli altri.
Era inverno, e faceva freddo. Era un freddo piacevole, però; di quelli che ti sveglia bene quando sei assonnato, quel tipo di freddo che ha un odore tutto suo.

Ma Newt non era più in grado di apprezzare questi dettagli. Semplicemente, non gli interessava.
Come non gli interessava quello che avrebbe dovuto fare quel venerdì mattina: cercare di convincere i ragazzini delle medie ad una scelta -per lui- già ovvia. Ovvero, iscriversi al liceo classico.
Lo faceva solo per i crediti scolastici; non che ne avesse bisogno, ovviamente. Ma desiderava essere il primo in tutto, anche in quello.
Sapeva che ci sarebbero stati anche quelle teste di caspio dello scientifico, ma la cosa non gli interessava. Come sempre.

Entrò nell'edificio scolastico con Alby e gli altri ragazzi del liceo classico, quasi annoiato da quella situazione.

Insomma, che avevano da scegliere quei mocciosi? Era ovvio che il classico era superiore a tutto.

Quando aprì la porta centrale -che collegava il cortile all'atrio- vide che le calcolatrici (come li chiamava lui) erano già arrivati, e stavano parlando ai ragazzini sul “quanto lo scientifico ti apra mentalmente, quante possibilità ti dia,quanto ti aiuterà nella vita.”

Tutte sploff. A dire quelle cavolate era un ragazzo esile, con la pelle bianca in contrasto ai capelli scuri.
Era appoggiato al marmo della colonna centrale, sembrava perfettamente a suo agio.
Anzi, sembrava addirittura annoiato.

Mentre lo osservava, Newt provò una strana sensazione. Una specie di calore, ma non era sicuro che fosse una cosa piacevole. Per niente.
Ciò di cui era sicuro, era l'irritazione che stava provando sentendolo elogiare il liceo scientifico. Era da tanto, troppo tempo, che non si infastidiva così per qualcosa.

Di solito gli scorreva tutto addosso, lasciava che quelle chiacchiere gli uscissero dall'orecchio opposto in cui, casualmente, gli erano entrate

Ma -in quel momento- la voglia di zittirlo era enorme.

Il ragazzo si accorse che erano entrati, e si girò a guardarli con aria di sufficienza.
Newt rimase immobile.

Avete presente quando dicono che, se sta per cambiar tutto, se la tua vita sta per essere stravolta, in qualche modo lo senti?
senti?
Quando vide gli occhi color nocciola del ragazzo, Newt cominciò a crederci.

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Capitolo 2
*** 2. Sʜᴀᴅᴏᴡ Mᴏsᴇs ***


 I'LL FOLLOW YOU 

2 Cap.


  


Bʀɪɴɢ Mᴇ Tʜᴇ Hᴏʀɪᴢᴏɴ - Sʜᴀᴅᴏᴡ Mᴏsᴇs.

Cᴀɴ ʏᴏᴜ ᴛᴇʟʟ ғʀᴏᴍ ᴛʜᴇ ʟᴏᴏᴋ ɪɴ ᴏᴜʀ ᴇʏᴇs?

(Wᴇ'ʀᴇ ɢᴏɪɴɢ ɴᴏᴡʜᴇʀᴇ. )

 Wᴇ ʟɪᴠᴇ ᴏᴜʀ ʟɪғᴇ ʟɪᴋᴇ ᴡᴇ'ʀᴇ ʀᴇᴀᴅʏ ᴛᴏ ᴅɪᴇ.
(Wᴇ'ʀᴇ ɢᴏɪɴɢ ɴᴏᴡʜᴇʀᴇ. )

 Yᴏᴜ ᴄᴀɴ ʀᴜɴ ʙᴜᴛ ʏᴏᴜ'ʟʟ ɴᴇᴠᴇʀ ᴇsᴄᴀᴘᴇ.

( Oᴠᴇʀ ᴀɴᴅ ᴏᴠᴇʀ ᴀɢᴀɪɴ. )

 Wɪʟʟ ᴡᴇ ᴇᴠᴇʀ sᴇᴇ ᴛʜᴇ ᴇɴᴅ?
( Wᴇ'ʀᴇ ɢᴏɪɴɢ ɴᴏ ᴡʜᴇʀᴇ. )

 

<< Insomma, mocciosi, piantatela con tutte queste fesserie. E' ovvio che al liceo i professori non vi faranno del male. >>

Newt avrebbe voluto ribattere, dicendo che, si, se quelle povere anime innocenti fossero capitate nella sezione B -la sezione della Capaldi, professoressa di educazione fisica-, con molte probabilità sarebbero potuti tornare a casa, già dal primo giorno, con il volto arrossato per quante pallonate si erano ritrovati contro a causa dei loro scarsi riflessi.

Si limitò, quindi, ad osservare i tentativi -ovviamenti invani- di calmare quello sciame di ragazzini pronti a tirar fuori i loro dubbi più oscuri, nonchè preoccupazioni sempre più inutili, di Alby.

Era appoggiato alla grata delle scale interne, mentre faceva vagabondare lo sguardo da un volto all'altro.
Era quasi sorpreso di come quei ragazzi volessero farsi trovare pronti, prima del liceo.
Cosa alquanto impossibile; ma gli piaceva veder quel briciolo di curiosità nelle loro piccole pupille infantili, non che gli interessasse particolarmente.

<< Scusami? >>

Aggrottando le sopracciglia, girò il volto nella direzione in cui una timida voce lo aveva chiamato, attirando in quel modo la sua attenzione.

<< Sei, umh, del classico. Giusto? >>

Non appena riuscì a mettere a fuoco la vista sul volto davanti a se, arricciò le labbra.
Un giovane ragazzo dagli occhi scuri ed i riccioli color pece si nascondeva -quasi timoroso-, dietro un libro che teneva gelosamente tra le braccia, sopra il petto.

<< Quinto anno. Volevi sapere qualcosa? >> Chiese, girandosi definitivamente verso il ragazzino.
Staccò il corpo dalla grata, per potersi posizionare davanti al più piccolo. Tentò anche di sorridere.

Il ragazzo, forse più furbo degli altri, comprese il suo disagio nei "rapporti sociali" e ricambiò quel piccolo accenno di sorriso con una smorfia intimidita, prima di annuire ed aprir nuovamente bocca. << In effetti, ho una domanda. >>

<< Spara. >>
<< Non sono un amante delle lingue morte, specialmente il latino; ma impazzisco per la letteratura. Secondo te, vale la pena fare un sacrificio e scegliere il classico? >>

Il biondo si ritrovò a sgranare le pupille degli occhi a quella domanda, osservando subito dopo come le gote del ragazzino si arrossarono a quella reazione, probabilmente timoroso di aver detto qualcosa di sbagliato.
Purtoppo, di sbagliato non vi era nulla. Anzi, tutto il contrario.
Era nettamente felice di quella domanda, tralasciando il fatto della letteratura. Il che portava un punto a favore di quel marmocchio.
Corse a leggere la targhetta di carta attaccata alla sua maglia, carcandone il nome.

<< Vedi, Chuck anche io la pensavo allo stesso identico modo. Non potevo sopportare l'idea di dover studiare la lingua latina, per cinque anni, >> iniziò a raccontare, liberando un sospiro quando fece correre una mano a scompigliare i capelli del ragazzino davanti a sè. << Poi col passare dei mesi, ho capito che mi avrebbe solamente dato un aiuto in più. Cominciai a studiare controvoglia ma, nel momento in cui iniziai a comprendere meglio i testi letterari, mi son detto che avevo fatto la scelta giusta. Lo vuoi un consiglio? >>

Quando il ragazzo -Chuck, giusto?-, annuì intensamente, probabilmente curioso della sua prossima parola, fece cadere entrambe le mani nelle proprie tasche dei Jeans chiari.

<< Se dovessi scegliere il classico, non abbatterti nelle lingue. Troverai tante di quelle difficoltà, son sincero, ma il bello starà proprio in quelle. Ti aiuteranno a maturare sempre di più. Sai come si dice? Non scappare dalla tempesta, e prova a ballare sotto la pioggia. >>

<< Caspita, >> esclamò Chuck, con un sorriso quasi più grande del suo volto. << Sarai una specie di poeta o scrittore, immagino. >>

Era pronto a rispondere, Newt, visibilmente rapito dal discorso iniziato con quel ragazzino quando, proprio questo, si sentì chiamare da una voce affannata alle sue spalle.
Girandosi in quella direzione, potè notare il ragazzo dagli occhi nocciolati incontrato qualche quarto d'ora prima che avanzava velocemente in loro direzione.

<< Chuck, merda, ti ho cercato ovunque! Ti avevo detto di restare con Teresa e parlare con lei. >>

Per un breve istante, gli occhi chiari di Newt si persero ad osservare il color nocciolato -quasi ambrato- negli occhi del coetaneo, cercando di non dare troppo nell'occhio.
Scosse leggermente la testa, non accorgendosi che il ragazzino non aveva ancora distolto lo sguardo dal suo; tornò nuovamente a guardarlo, corrugando la fronte quando vide il sorriso ammaliato del più piccolo.

<< Scusa Thomas, ma ho già fatto la mia scelta. >>

Quando il biondo rialzò lo sguardo, sussultò nel trovarsi a pochi centimetri da Thomas -che nel mentre li aveva raggiunti-, che adesso alternava lo sguardo curioso tra lui, ed il più piccolo.
Chuck, al contrario, continuava a guardare il liceale classico, portandolo alla pazzia perchè -davvero- non sapeva più dove guardare.

<< Vado al classico! Questo tipo strano mi ha convinto. >>

<< Mi chiamo Newt. >> Provò a dire, in un mormorio fin troppo basso per essere sentito, prima di sorridere orgogliosamente in direzzione del ragazzino più piccolo.

<< Ah, mi hai tradito. Ottimo, scordati le maratone di Star Wars il sabato sera. >>
<< Ma Thomas, sei mio fratello! >>

Newt, nuovamente estraneo della situazione, andò ad appoggiarsi alla grata.
Il suo sguardo tornò -per l'ennesima volta-, ad osservare i diversi ragazzini che, in quel momento, avevano cominciato a correre tra un liceale e l'altro.
Nella folla e nel caos generale riuscì ad intravedere Alby, accerchiato e terrorizzato dai troppi bambini che cercavano di strappargli ogni informazione possibile, costringendolo ad attaccarsi al muro alla ricerca di una qualche via di fuga.
Liberò un sospiro rassegnato, pregando che il ragazzo non gli avrebbe tenuto il broncio per averlo convinto ad essere trascinato in quel posto, svignandosela non appena avevano messo piede all'interno dell'edificio, lasciandolo da solo in balia di quei nani curiosi.

<< Hey. tizio classico. >>

Sobbalzò quando percepì una presenza -poco più alta di lui-, appoggiarsi alla grata al suo fianco.
Non voltò il volto, poichè riuscì a riconoscere i capelli castani del ragazzo -Thomas, dannazione-, di poco prima.

<< Calcolatrice. >> Ricambiò il saluto, agitando i palmi delle mani tra di loro.
<<  Scusa se mio fratello ti ha creato fastidio. >>
<< Nessun fastidio, figurati. >>
<< Stai spesso sulle tue, eh? >>

A quella provocazione il biondo voltò lo sguardo, sorprendendosi di come gli occhi nocciolati e curiosi dell'altro lo stessero già fissando, costringendolo a distogliere lo sguardo per non borbottare qualcosa di insensato.

<< Non penso che siano affari che riguardano una calcolatrice umana come te. >> Mormorò piano, con tranquilità, sperando in un suo allontanamento dovuto a quella freddezza.

<< Cercavo di essere amichevolmente pacifico, dizionario. >> Thomas alzò le mani e fece un piccolo sorriso. E, invece di allontanarsi, si avvicinò ancora un po', facendo corrugare la fronte del biondo.

<< Forse non riesco a sopportare la stupidità altrui, la tua compresa. Ci hai pensato? >> Tentò ancora, consapevole della propria acidità; ma non poteva farne a meno. Era l'unico modo per poter rimaner solo.

Ma il ragazzo lo stupì. Invece di andarsene, offeso, scoppiò a ridere; una risata calda e vibrante.

<< Hai ragione, alcune persone sono veramente stupide. Ma ti assicuro che non tutti sono insopportabili, qualcuno non è male. >>

Newt non prestò quasi attenzione alla sua risposta.
Era rimasto incantato dalla sua risata, dai suoi occhi nocciola che si accendevano, dal modo in cui l'altro aveva piegato lievemente la testa all'indietro.
Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri e di dire -almeno di provarci-, qualcosa di sarcastico.

<< Immagino che tu pensi di essere tra questi, giusto? >>
<< Sbagliato. Io sono il massimo che si possa trovare in circolazione. >> Ribattè il moro, con un sorriso sbarazzino in volto.

Newt dischiuse le labbra, pronto a rispondere contrariato; ma fu interrotto per la seconda volta da una voce femminile alle loro spalle, stridula ed irritante.
Che novità.
<< Thomas, sbrigati! Dobbiamo andare! >>

<< Arrivo! >> Urlò questi in risposta, dedicando un ultimo sguardo al biondo accanto a sè.
<< Hai sentito Teresa? Devo andare! Ci vediamo in giro, tizio classico. >>

Lo salutò con un ultimo sorriso, voltandogli le spalle prima di scattare velocemente verso la ragazza.
Newt continuò -però-, a fissargli la schiena.
Thomas raggiunse una ragazza dai capelli neri e la pelle pallida. Teresa.
Il biondò continuò a fissarlo mentre se ne andava, ridendo con la coetanea al suo fianco.
Una contrazione lieve alla pancia lo costrinse a chinare lo sguardo; chiuse gli occhi e si diede il tempo necessario per sopportare quella fitta improvvisa.

E, per quanto non fosse molto bravo in biologia, sapeva benissimo che nessun concetto scientifico poteva spiegare quell'improvviso dolore, quasi gentile, che lo aveva colpito.

Nessuno, a parte un certo ragazzo dagli occhi color nocciola, caldi e brillanti, ed una voce più soffice della seta stessa.


____________________________________________________________________________________________________________


<< Alby, suvvia, ti ho già chiesto scusa. >>

Il ragazzo di colore camminava al fianco dell'amico con un broncio talmente infantile che, per un momento, Newt pensò veramente di avere a che fare con un altro ragazzino delle medie.

<< Mi hai tradito, >> continuò ancora Alby, incrociando le braccia al petto per amplificare quella recita. << Mi hai lasciato solo in mezzo a quesi mostri. >>

<<  Erano solo dei bambini. >> Mormorò incredulo Newt, lasciando la borsa a tracolla libera di scontrarsi con le proprie gambe ad ogni passo che faceva.

<< Dei mostri, non dei bambini. Non stavano mai zitti, mai; erano una tortura. Se mai avrò un figlio, ricordami di fare ogni sera l'Avemaria. O rischierò di soffocarlo nel sonno. >>

<< Quanta crudeltà. >> Sbottò con un sorriso il più piccolo, facendo scontrare la spalla a quella dell'amico per spingerlo leggermente, camminando sul marciapiede.
Alby subì quel colpo, imbronciandosi ancora di più. Certe volte, era davvero un ragazzino.

<< Alby, >> lo chiamò nel bel mezzo del silenzio, voltando il volto verso l'amico nello stesso momento in cui si girò anche l'altro, andando ad incrociare lo sguardo con il suo. << Tu che sei più esperto nei rapporti-... >>
<< Non stiamo iniziando veramente quel discorso, vero? >> Lo interruppe l'amico, sgranando gli occhi quasi spaventato delle sue stesse parole, iniziando a pensare di non star parlando con il ragazzo che aveva visto crescere, fin dalle elementari.

<< Nei rapporti sociali, testa di caspio che non sei altro. >>
<< Oh, a differenza tua, immagino. >>

Newt gli rivolse un'occhiataccia, intimandolo a tacere per permettergli di terminare la domanda, facendosi pensieroso. << Conosci un certo Thomas del liceo scientifico che ci ha affiancato questa mattina? >>

<< Thomas Cooper? >> Chiese sorpreso, con un pizzico di ironia nell voce profonda. << Amico, chi non conosce Thomas Cooper? >>

<< Emh, io? >> Borbottò in risposta, appoggiandosi al palo della fermata dell'autobus, stranamente deserta.

<< Thomas Cooper, da sempre il numero uno del suo liceo. Mente geniale, se non brillante. In cinque anni, non ha mai fallito un compito in classe. >> Disse Alby, tranquillamente, come se stesse leggendo la cartella identificatoria di un paziente.

<< Non ci credo. >> Sussurrò Newt, assottigliando lo sguardo per puntarlo verso l'amico.
<< Ha diciassette anni e Chuck, il ragazzino con cui hai parlato oggi, è il suo fratellino adottivo. Una persona da ammirare, sicuramente. >>

<< E' solo un idiota. >> Rispose il biondo, lasciando Alby a labbra dischiuse per la sorpresa.
Scosse la testa in sua direzione, corrugò la fronte ed indurì i lineamenti del volto, prima di disotgliere lo sguardo e portarlo -nuovamente- alla strada davanti a se.

<< Un idiota interessante. >> Ammise in un mormorio appena accennato, affondando il volto all'interno del collo della sua camicia che aveva deciso di indossare quella mattina, per non dar la soddisfazione all'amico di vederlo sorridere.
Ma Alby, comunque, non riuscì a trattenere una risata a quella vista; scosse la testa con vigore, appoggiandosi alla parte opposta del palo rispetto al biondo, sfiorando la sua spalla con la propria.

<< Amico, sicuro di non voler iniziare a parlare anche dell'altro tipo di rapporti? >>
<< Oh, ma taci. >>

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Capitolo 3
*** Cap.2 ***


CAP.2

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Cap.2


Aʟʟ ᴛʜᴇ ʜᴜʀᴛ, ᴀʟʟ ᴛʜᴇ ʟɪᴇs; ᴀʟʟ ᴛʜᴇ ᴛᴇᴀʀs ᴛʜᴀᴛ ᴛʜᴇʏ ᴄʀʏ.
Wʜᴇɴ ᴛʜᴇ ᴍᴏᴍᴇɴᴛ ɪs ᴊᴜsᴛ ʀɪɢʜᴛ, ʏᴏᴜ'ʟʟ sᴇᴇ ғɪʀᴇ ɪɴ ᴛʜᴇɪʀ ᴇʏᴇs.
'Cᴀᴜsᴇ ᴛʜᴇʏ'ʀᴇ sᴛʀᴏɴɢᴇʀ ᴛʜᴀɴ ʏᴏᴜ ᴋɴᴏᴡ; ᴀ ʜᴇᴀʀᴛ ᴏғ sᴛᴇᴇʟ sᴛᴀʀᴛs ᴛᴏ ɢʀᴏᴡ.

Wʜᴇɴ ʏᴏᴜ'ᴠᴇ ʙᴇᴇɴ ғɪɢʜᴛɪɴɢ ғᴏʀ ɪᴛ ᴀʟʟ ʏᴏᴜʀ ʟɪғᴇ,
ʏᴏᴜ'ᴠᴇ ʙᴇᴇɴ sᴛʀᴜɢɢʟɪɴɢ ᴛᴏ ᴍᴀᴋᴇ ᴛʜɪɴɢs ʀɪɢʜᴛ.
Tʜᴀᴛ’s ʜᴏᴡ ᴀ sᴜᴘᴇʀʜᴇʀᴏ ʟᴇᴀʀɴs ᴛᴏ ғʟʏ.

Eᴠᴇʀʏ ᴅᴀʏ, ᴇᴠᴇʀʏ ʜᴏᴜʀ, ᴛᴜʀɴ ᴛʜᴇ ᴘᴀɪɴ ɪɴᴛᴏ ᴘᴏᴡᴇʀ.

( Tʜᴇ Sᴄʀɪᴘᴛ - Sᴜᴘᴇʀʜᴇʀᴏᴇs )










Era una mattina come le altre, se non più fredda. 

Aveva messo i piedi giù dal letto, abbandonando quel caldo giaciglio che lo accompagnava nei viaggi notturni, per catapultarsi alla realtà. Non era riuscito neanche a mettere piede fuori casa, che una soffiata di tramontana lo colpì in pieno appena entrato in cucina, a causa delle finestre lasciate aperte la sera prima.

Con qualche smadonnamento in più del solido, riuscì ad arrivare alla fermata dell'autobus con il giusto necessario per non rischiare l'assideramento nel tragitto per arrivare a scuola.

Non che odiasse freddo, anzi, tutto il contrario. Se avesse dovuto scegliere tra l'assiderazione e le scottature, sicuramente avrebbe preferito morir congelato in mezzo alle tramontane. Era tipo da coperta e cioccolata calda in inverno, lui; detestava andare al mare. Quelle poche volte che era andato in spiaggia, in estate, erano dovute ai suoi genitori. Ogni domenica -unica giornata libera per stare tutti insieme-, veniva trascinato al mare, sotto un'ombrellone a prendere il sole poiché la sua pelle, per sua madre, era fin troppo pallida.

Un’altra tirata di tramontana lo costrinse ad affondare il volto nella sciarpa di lana, lasciandosi pizzicare dal caldo e soffice materiale. Corse a nascondere le mani all'interno della giacca e ringraziò l'autobus che riuscì ad arrivare puntuale, salvandolo dall'Era glaciale che sembrava incombere quella mattina.

Si sedette ai primi posti, come suo solito, scegliendo il primo sedile libero sulla sinistra, proprio accanto al finestrino. Gettò lo zaino ai piedi di esso, prima di prendere posto e liberare un sospiro di sollevazione. Anche quella mattina, era andata.

Chiuse gli occhi prima di appoggiare al testa al freddo finestrino, accucciandosi come meglio poteva su quello scomodo sedile in plastica; per qualche istante sentì le forze starlo per abbandonare nuovamente quando, all'improvviso, una fermata troppo brusca gli fece sbattere le tempie contro quello stesso finestrino su cui aveva poggiato la testa.

Alzò la testa con un ringhio, per poter indirizzare lo sguardo contro la causa scatenante di quella frenata così brusca. Quando notò un gruppo di ragazzi, forse suoi coetanei, bloccare l'autobus al semaforo, iniziò a massaggiarsi le tempie dolenti per non iniziar a tirar tutti i santi che conoscesse, in ordine alfabetico.

L'autista, stressato quanto lui, premette sul pulsante di apertura delle porte per far entrare nuovamente quel vento da tramontana all'interno del mezzo, permettendo in quel modo di far entrare le povere anime vagabondanti nella bufera.

Si girò per osservare gli individui saliti per la bontà dell'autista, riuscendo a riconoscere qualche volto proveniente dal liceo scientifico, poco distante dalla sua scuola.

Il suo sguardo cadde quasi involontariamente ad osservare le braccia scoperte, a causa di una T-shirt bianca, di un ragazzo; chiedendosi come facesse a sopportare tutto quel freddo. Roba da matti, nonché scientifici fuori di testa.

Soffocò un mormorio sorpreso quando, alzando lo sguardo sul suo volto, due occhi nocciolati si scontrarono contro i propri, sorpresi e -allo stesso tempo- divertiti da quelle attenzioni.

Il biondo voltò velocemente la testa, affondando subito dopo il volto nella sciarpa. Puntò lo sguardo in strada, sperando che Thomas non lo avesse riconosciuto.

Rimase immobile per qualche minuto, nascosto dal sedile più grande di lui; per un momento si paragonò ad un bambino in fuga dal proprio genitore dopo aver rubato l'ultima confezione di biscotti dalla credenza.

Voltò -anche se di poco- lo sguardo, imprecando mentalmente nel notare che gli occhi di Thomas erano ancora impegnati ad osservarlo con quel luccichio che quasi detestava. Girò nuovamente il viso verso la strada, arricciando le labbra in un broncio.

« Puoi venirmi a parlare, invece di fissarmi. Lo sai? »

Sobbalzò sul sedile, rischiando di perdere dieci anni della sua vita, quando sentì quella voce calda e sicura alle sue spalle, costringendolo ad alzare il volto fino a specchiarsi negli occhi del ragazzo, arrossendo istintivamente.

« Semmai eri tu a fissare, pivello. »

« Mi chiedevo quanto ci avresti messo. » Rispose subito Thomas, aggrottando le sopracciglia divertito.

« A far cosa, esattamente? » chiese Newt, gonfiando le guance in una smorfia prima di gettare fuori l'aria con il naso, assottigliando lo guardo in attesa di una risposta.

« A trovare il coraggio per parlarmi. Ma, evidentemente, é una cosa che ti manca. »

Disse il più grande prima di gettare -con poca grazia- lo zaino zaino accanto a quello del biondo, spingendolo maggiormente contro il finestrino con un braccio, per poi prendere posto accanto a lui.

« Primo, » cominciò ad occhi sgranati il più piccolo, osservando come l'altro si sentisse a suo agio. « Non mi sembra di averti invitato a sederti. E, secondo, chi ti dice che volevo parlarti? »

Thomas lo guardò per qualche istante, prima di portare un braccio appoggiato al sedile, con atteggiamento quasi spavaldo -ma sicuramente sicuro di se- prima di rispondergli.

« Perché mi osservavi, forse? » 

« Ma allora sei di coccio. Tu osservavi me. E poi, io non osservavo te, osservavo semplicemente la tua pazzia nello stare a maniche corte con questo tempo. Tutto qui. »

 « Hai ammesso che mi osservavi, però. »

 « La smetti? Sei irritante. »

Newt gemette frustrato, prima di affondare maggiormente il volto all'interno della sciarpa calda, in maniera tale da seppellire il volto dietro la lana, permettendo di far vedere al coetaneo solamente gli occhi color smeraldo.

Thomas -grande osservatore dei suoi movimenti-, andò ad appoggiare il braccio destro lungo lo schienale del sedile, invadendo lo spazio personale del biondo, che gli dedicò un'occhiata di sbieco.

« Conosci gli spazi personali, tu? O vuoi un disegnino? »

Thomas arricciò le labbra in un sorriso divertito da quelle -forse buffe- provocazioni, dischiudendo le labbra rosee per emettere una lieve risata. « Sei divertente, vocabolario. »

« La smetti di chiamarmi vocabolario? » Chiese basito, rialzando il volto per mostrare tutta la sua disapprovazione.

« Se ti decidessi a dirmi il tuo nome, magari. » Disse con il sorriso sulle labbra, lasciando la testa libera di oscillare a seconda delle vibrazioni dell'autobus, una volta che l'ebbe appoggiata contro lo schienale. « Mi sembra ingiusto che solo tu conosca il mio nome. » Continuò, osservando l'arricciamento del naso del coetaneo, forse irritato.

« Dimmi perché dovrei. » Rispose con una smorfia, appoggiando la testa al freddo finestrino nel tentativo di trovar sollievo nel freddo.

« Ci incontreremo ancora, é destino. » Sbottò il moro, arricciando le labbra in un broncio fin troppo infantile per la sua età. Poteva quasi essere definito peggiore di quello di Alby.

« Non penso proprio. » Borbottò in risposta, soffiando con forza aria dal naso prima di socchiudere gli occhi. Sentendo lo sguardo corrucciato dell'altro, girò il volto in sua direzione, osservando la scintilla soddisfatta del coetaneo accendersi quando incatenò lo sguardo al suo. « Mi chiamo Newt, e tu sei irritante. » Si lasciò sfuggire, lasciando il proprio sguardo libero di affondare per qualche istante in quello nocciolato del ragazzo accanto a se, prima di voltare nuovamente il volto e dedicare lo sguardo alla strada.

« Newt, come Newton? Seriamente? » Mormorò ad occhi sgranati, indeciso se essere incredulo o tremendamente divertito da quel contrasto.

« Sei proprio un Tommaso. » Rispose Newt, scuotendo la testa arreso da quel comportamento.

Voltò ancora la testa verso il ragazzo, corrugando la fronte nel notare la smorfia confusa che albeggiava il viso del moro.

« Cosa? » Chiese, appoggiando meglio la spalla al finestrino per usarla come sostegno. « Cosa c'entra il mio nome? » Domandò confuso Thomas, posizionandosi meglio dopo una frenata brusca dell'autobus, avvicinandosi maggiormente all'altro per sentirlo meglio.

Newt, non notando l'avvicinamento, rispose con un sospiro, portandosi la mano libera tra i capelli per scuoterli.

« Il tuo nome è una variante europea del nome italiano Tommaso, che a sua volta deriva dall'aramaico antico e significa 'gemello'. Il modo di dire 'Sei un Tommaso' indica una persona incredula. » Spiegò con tranquillità, alzando leggermente le spalle per sottolineare il concetto.

« Vedi, » Mormorò -forse colpito, ma forse-, il moro, che tornò a sorridere sbarazzino in sua direzione. « Sei un vocabolario. »

« Io non sono un-, Ah, fammi scendere. » Sbottò con un sospiro il più piccolo, alzandosi per spingere via il coetaneo, costringendolo ad alzarsi non appena l'autobus fermò alla sua fermata.

« Okay Newt, non maltrattarmi. » Disse, prima di dedicargli un ultimo sorriso. Osservò le ciocche bionde e sempre composte del coetaneo, fino a sciogliersi negli occhi smeraldini con un sorriso.

Newt voltò un'ultima volta lo sguardo, incrociando gli occhi nocciolati e divertiti del ragazzo, riuscendo a notare quella scintilla intenerita nello sguardo. Sospirò.

« Alla prossima, Tommy. » Alzò una mano in sua direzione -come saluto-, e senza aspettare una risposta, prese lo zaino e si affrettò a scendere dall'autobus per immergersi nuovamente nella tramontana.

Thomas si rimise seduto, con un sorriso più soddisfatto dei precedenti. Appoggiò le spalle al vetro freddo, continuando ad osservare i passi lenti del biondo che -con tranquillità-, si avviava verso il vialetto della scuola poco lontana.

« A presto, Newt. » Mormorò in un sussurro al vuoto, prima di scuotere la testa divertito dalle sue stesse parola e, forse, anche pensieri.


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« E quindi, » Iniziò Alby, non appena riuscì a vedere la testa bionda di Newt spuntare nella classe. Alla stessa ora, come tutte le mattine. « Il mio piccolo Newt ha incontrato un certo Cooper in autobus. »


« E tu cosa ne sai, scusa? » Domandò sorpreso questi, poggiando la borsa a tracolla nera accanto allo zaino dell'amico, sul banco che divideva con quella testa quadra di Alby.


« Non lo sai? Le voci girano, ed anche velocemente. » Rispose con poca importanza nella voce il ragazzo, arricciando le labbra in un ghigno divertito.


« Le voci gir-.. No, non voglio sapere.  » Sospirò lentamente, appoggiando le mani sul banco bianco. Voltò la testa verso i compagni che iniziarono ad entrare in quel momento, arricciando il naso prima di mettersi seduto ad osservare Alby.


« Thomas ti adora. » Lo canzonò l'amico, sedendosi accanto al biondo per potergli tirare un lieve cazzotto sulla spalla, sapendo quanto non sopportasse i contatti.


Infatti, di riflesso, il più piccolo sobbalzò leggermente sulla sedia; incrociò le braccia sul tavolo ed appoggiò la testa sopra di esse, soffocando uno sbadiglio sul nascere. « Resta comunque un idiota. » Mormorò con la voce impastata dalla stanchezza mattutina, per poi voltare nuovamente la testa verso l'amico.


« Mi ha chiesto il tuo numero poco fa, » Iniziò lentamente Alby, facendo attenzione a calcare perfettamente ogni parola. « Posso darglielo? »


« Alby, » mormorò con calma il biondo, soffiando aria dal naso come ogni volta che era indignato. « Posso trovarmeli da solo gli amici, ma grazie. » Terminò, voltando lo sguardo dalla parte opposta, verso la porta, iniziando a chiedersi dove diamine era andata a finire la professoressa di Chimica.


« Suvvia Newt, mia nonna ha più vita sociale di te. » Sbottò incredulo, incrociando le braccia al petto nel momento in cui lasciò andare il corpo contro la sedia.


Newt lo guardò un'ultima volta, assottigliando lo sguardo prima di potersi alzare.

L'altro lo guardò incuriosito, sorpreso di come non riusciva a buttar giù la verità, cosa che normalmente era solito fare ogni volta.


« Dove vai? » Chiese nel momento in cui vide la zazzera bionda del suo migliore amico allontanarsi, verso la porta.


« É evidente che la professoressa non verrà, oggi. E, visto che dopo dieci minuti di attesa abbiamo la possibilità dell'ora di buco, me ne vado sul tetto. Vieni con me? » Concluse con quella domanda con un'alzata di spalle, osservando con un sorriso il broncio del ragazzo.


« No, mi ritengo offeso. Non verrò. »

« Okay. »

« Dico davvero. »

« Okay. »

« Resterò qui, al calduccio, pregando che qualche porta ti lasci chiuso fuori per il resto dei tuoi giorni. »

« Okay. »


E nel momento in cui il corpo del biondo sparì fuori dalla sua visuale, scosse la testa per qualche istante, prima di alzarsi con un'imprecazione mormorata tra i denti.


« Non vale. » Sbottò una volta che ebbe raggiunto l'amico sulle scale, borbottando qualcosa di insensato.

« Sei tu che hai promesso che non mi avresti lasciato. » Rispose tranquillamente Newt, riferendosi alla promessa che -da bambini-, si erano impegnati a stringere. Senza mai infrangerla.


« Non l'ho mai fatto, infatti. » Sorrise, Alby, quando -voltando lo sguardo verso il più piccolo-, poté notare il sorriso albeggiare quelle labbra rosee.


« E mai lo farai. » Mormorò con un sorriso più amplio Newt, scuotendo la testa prima di sospirare teatralmente. « Anche se, una spina al piede sarebbe meno fastidiosa di te. »


« Hey! » Si imbronciò il maggiore, tornando ad incrociare le braccia al petto come un ragazzino. « No, basta. Vado via. » Concluse sicuro, aumentando i passi fino ad arrivare a saltare sugli scalini in marmo, raggiungo velocemente il tetto senza farsi notare.


Newt rimase tranquillamente indietro, portandosi le mani nelle tasche dei jeans scuri quando percepì l'aria fredda colpire nuovamente il suo corpo, provocandogli un tremito, non appena mise piede sul tetto.

Vagò con lo sguardo in giro, notando il traffico del lunedì mattina divorare le strade.


Quando notò il coetaneo appoggiato tranquillamente sulla ringhiera del tetto, si affrettò a raggiungerlo, notando solo all'ora il suo broncio ancora offeso.


« Lo sai che ho bisogno di te. » Mormorò piano, portando le mani al di fuori della ringhiera con il tentativo di poter racchiudere l'aria fredda nei palmo di essi, ovviamente invano.


Alby rimase in silenzio, forse per qualche minuto, prima di sciogliere quel broncio e sorridere il direzione del biondo, venendo subito ricambiando con un arricciamento di labbra.


« Ed io di te. » Disse in un borbottio, andando a scontrare la spalla destra con la sinistra dell'amico, spintonandolo più verso l'esterno.


Newt gli dedicò un'occhiata di rimprovero, sciogliendosi non appena sentì la risata frizzante fuoriuscire dalle labbra del suo migliore amico.


E, per qualche istante, il volto ridente di Thomas gli tornò in mente, costringendolo a sorridere in riflesso; anche se di nascoso.




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Newt aprì la porta della libreria a fatica: il vento era talmente forte che pensava l'avrebbe trascinato via da un momento all'altro. Fuori faceva talmente freddo che temeva di aver perso le dita delle mani, non riuscendole più a sentire -nonostante i guanti-.

Ma, quando entrò nel negozio, lo accolse un piacevole calore. Si tolse giacca, guanti e sciarpa e li appese all'attaccapanni.

« Newt, va tutto bene? »

Il biondo, sentendosi chiamato, si girò verso Brenda. Brenda era una ragazza bella, se non perfetta; aveva lunghi capelli scuri e gli occhi tondi, in contrasto alla carnagione chiara.

« Tutto bene. Dai, vai a casa a riposarti. Ci penso io a chiudere, qui. »

L'aveva conosciuta all'inizio dell'estate, quando cominciò a cercare lavoro per potersi pagare gli studi universitari.

L'aveva trovata per caso, al parco, mentre faticava a tenere in mano buste piene di libri.

Riuscì ad ottenere immediatamente il lavoro come commesso in libreria, ed in fondo gli piaceva. Poteva prendere tutti i libri che voleva, senza pagarli. E Brenda era sempre gentile con lui, così come il padre. Proprietario della libreria, situata poco lontano dalla scuola.

Usciva da scuola all'ora di pranzo, e correva per il turno pomeridiano che Brenda gli aveva gentilmente assegnato; gli permetteva di studiare persino durante l'orario di punta, anche perché la gente che frequentava la libreria era tra le più tranquille che avesse mai conosciuto.

Principalmente erano adulti, raramente qualche adolescente. Il che gli rendeva molto più facile consigliare i libri da leggere. Lavorava lì da più di sei mesi: inizialmente doveva essere solo un lavoro estivo, da abbandonare con l'inizio della scuola, ma alla fine aveva deciso di rimanere. Gli faceva comodo qualche soldo in più: i genitori pagavano tutto quello di cui aveva bisogno, ma a lui non piaceva essere totalmente dipendente da loro. In questo modo, invece, sapeva che se fosse successo qualcosa, sarebbe riuscito a cavarsela da solo.

E, col tempo, aveva iniziato ad affezionarsi a quel posto. Si era abituato al suono della campanella appesa sopra alla porta, all'odore dei libri, al rumore delle pagine sfogliate da qualche cliente indeciso.

Gli piaceva addirittura fare l'inventario settimanale, considerato da tutti il compito più noioso: passare un intero pomeriggio con i libri tra le mani lo rilassava.

Cominciò a mettere a posto qualche volume; probabilmente quella sarebbe stata una giornata tranquilla, visto il tempo che c'era.

A contraddirlo -però-, arrivò il suono della campanella e la porta che sbatteva, seguita dalle imprecazioni del pazzo che era uscito con quel vento.

Newt sorrise: doveva essere davvero un amante dei libri, se era disposto a rischiare l'assideramento pur di andare lì.

« Arrivo subito! » Posò il volume che aveva in mano,e si diresse verso l'unico cliente della giornata.

Sorpassò il balcone su cui aveva poggiate il libro velocemente, ghiacciandosi sul posto non appena identificò lo sguardo spaesato e nocciolato di un ragazzo moro, poco più alto di lui.

« Tu. che diavolo ci fai qui? » mormorò incredulo, dischiudendo le labbra nello stesso momento in cui lo fece anche l'altro.

Thomas arricciò il naso in una smorfia, prima di potersi sfilare le cuffiette dalle orecchie che rilasciarono le vibrazioni causate dalla musica alta, provocando un brivido freddo al biondo per quel volume fin troppo alto.

« Prego? » Domandò il moro, alzando le sopracciglia al sospiro rassegnato del biondo. « Oh, cercavo Brenda, ma noti con piacere che é andata a casa. » Disse, dopo aver lanciato uno sguardo veloce al negozio, praticamente deserto.

« É uscita poco fa. » Confermò Newt, procurando un sorriso infreddolito sulle labbra violacee del coetaneo. Nel notare le gote di Thomas iniziare ad imporporarsi, voltò lo sguardo -perso poco prima-, dalla parte opposta.

« Capisco, » Cominciò, seguendo lo sguardo del biondo non appena lo distolse. Strofinò lentamente le mani tra di loro, per riscaldarsi, prima di poter avvicinarsi.

« Desine fata deum flecti sperare precando. [1]»

Newt si voltò appena, incrociando lo sguardo smaliziato dell'altro con l'accenno di un ghigno sulle labbra.

« Non era il destino, una volta? » Domandò, girandosi completamente verso il moro. Appoggiò il bacino contro il legno del tavolo, utilizzandolo come sostegno, per poter incrociare le braccia al petto.

« Dettagli. » Sbottò in risposta il ragazzo, allargando le braccia teatralmente prima di soffocare un sospiro, provocando solamente un sorriso soddisfatto e vittorioso nel biondo.

« Il destino, a differenza del fato, segue eventi che accadono secondo una linea temporale soggetta alla necessità di una persona e, volendo, può essere cambiato. » Mormorò lentamente, alzando le spalle nel notare la scintilla vendicativa negli occhi del moro.

« Smettila di fare il vocabolario, e Permettimi di conoscerti. » Mormorò deciso Thomas, impuntando i piedi al terroni come a sottolineare il concetto.

Newt lo scrutò per qualche attivo, restando immobile senza realmente pensare. Lo osservò e basta. Osservò i capelli scomposti e disordinati ricadergli sulla fronte; fece cadere lo sguardo sul naso arrossato per il freddo, fino a finire nuovamente agli specchi nocciolati che lo fissavano in attesa, curiosi ed intrigati.

« Facciamo così, » Disse, rompendo in silenzio. Guardò il ragazzo, nuovamente animato, farsi attento non appena gli passò un libro. « Finisci questo libro, senza guardare il finale su internet, e ti lascerò il mio numero.  »


« La Divina Commedia? » Gemette Thomas, non appena ebbe il 'libro' in mano. « Vuoi uccidermi? » Chiese in un sussurro; sussurro che rimase nell'aria come una dichiarazione di morte.


« Lo vuoi il mio numero, si o no? » Chiese in risposta Newt, arricciando le labbra in un ghigno divertito quando notò le labbra del ragazzo schiudersi -probabilmente per ribatter-, e richiudersi velocemente, come se avesse cambiato idea.


« Sai cosa, Newton? » Sbottò d'improvviso, stringendosi maggiormente il libro tra le braccia. « Lo farò. »


Il biondo cercò di non dischiudere le labbra sorpreso quando vide il coetaneo infilare il libro nella borsa, non pensando che avrebbe accettato.


« Dammi una settimana, e dovrai darmi il tuo numero. » Continuò Thomas, tornando ad infilarsi una cuffietta nelle orecchie mentre si avviava con passo veloce verso la porta.


« Vedremo, Tommy. » Mormorò tranquillo, osservando il sorriso già di vittoria che andò a crearsi sulle labbra del ragazzo dagli occhi nocciolati.


« Alla prossima settimana, Newton. »


E Newt si ritrovò nuovamente solo, all'interno di quell'oasi di calore in mezzo ad una tempesta.


Sorrise in direzione della porta, scosse la testa e tornò al suo lavoro. Stranamente, aveva trovato una forza improvvisa nel terminare quella settimana.


Anche se non lo avrebbe mai ammesso, neanche a sé stesso.








N O T E:
[1] « Cessa di sperare di cambiare i fati degli dèi con la preghiera. »


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