Pane umano

di Amens Ophelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Spogliarsi – di carne, di sogni ***
Capitolo 2: *** Abbandonarsi – alla pioggia, ai rimorsi ***
Capitolo 3: *** Imporsi – di non vivere, di non morire ***



Capitolo 1
*** Spogliarsi – di carne, di sogni ***


 

Pane
                                                                       umano


«Cos'è mai l'uomo, il tanto esaltato semidio! Non gli mancan forse le forze proprio quando ne avrebbe maggior bisogno? Sia che s'esalti nella gioia, sia che sprofondi nel dolore, non è forse trattenuto e riportato alla cupa e fredda coscienza di sé mentre aspirava a smarrirsi nella pienezza dell'infinito?»

J. W. Goethe, I dolori del giovane Werther
 


1. Spogliarsi – di carne, di sogni



Sospinto da un tetro alito di vento, era entrato nella sua stanza, a mezzanotte.

Lui, un genio, un semidio, un demiurgo di morti e tormenti, l’aveva indotta ad amarlo con un solo sguardo, consapevole che non era devozione, ciò che cercava, bensì sprezzante conquista, appagante vittoria.

Con i denti sporchi di pane umano – sangue, preghiere e pianti –, aveva poi offerto il proprio petto al primo raggio di sole e la schiena all’ultimo, pallido ricordo della luna, allontanandosi da Konoha.

La debolezza di Sakura, le lacrime scese silenti e tremanti, erano diventate improvvisamente sue.

Quale eroe, superuomo o ente superiore si trovava costretto a spogliarsi della propria umanità appena indossata?
                                                                                                                                                                           
[110 parole]
 
***
 
Il grondare del sangue ti graffiava la schiena, laddove le sue zanne avevano trovato ferino conforto.

Ti eri illusa di poter essere stata sua e che ti fosse appartenuto anche il suo cuore.

Il mattino aveva bussato molesto, alla porta, e lui l’aveva sbattuta senza ritegno, lasciandoti nuda, fra le lenzuola. Un umido singhiozzo era tutto ciò che ti rimaneva, di quel sogno infranto.

Gli anni spesi a crescere, ad adornarti di titanismo e determinazione, ti guardavano – improvvisamente dismessi – ai piedi del letto, Sakura, e il rimprovero dell’innocenza perduta bruciava, su quel freddo materasso.

Cercavi l’assoluto, la pace dei sensi, la serenità… pensavi davvero di trovarli in Sasuke Uchiha?
                                                                                                                                                                                           [109 parole]
 

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Note dell’autrice
 
Le raccolta partecipa – con l’adozione della forma della doppia drabble - al contest “Odore di fragole rosse - Sinestesia drabble contest [Multifandom + Originali]” indetto da Fox ed Ayumu sul forum di EFP.
 
Pacchetto #2 Ebbrezza della debolezza 
Prompt 1 - «Cos'è mai l'uomo, il tanto esaltato semidio! Non gli mancan forse le forze proprio quando ne avrebbe maggior bisogno? Sia che s'esalti nella gioia, sia che sprofondi nel dolore, non è forse trattenuto e riportato alla cupa e fredda coscienza di sé mentre aspirava a smarrirsi nella pienezza dell'infinito?» - J. W. Goethe, I dolori del giovane Werther 
Prompt 2 - Deve ispirarsi a un quadro o al dettaglio di un quadro di Egon Schiele 
Prompt 3 - Sottogeneri: Angst
 
Il quadro cui mi sono ispirata è Donna che si sveste di Egon Schiele. Ho cercato di far combaciare l’opera visiva alla fiction.
Si tratta di una Whati if? collocabile nel periodo in cui il giovane Uchiha è un nukenin ricercato dal Villaggio della Foglia.
Sakura e Sasuke, durante gli anni vissuti lontano l’uno dall’altra, hanno sviluppato un certo senso di solitudine che li ha rafforzati – così credevano, almeno; lei è divenuta fisicamente più forte – e anche psicologicamente, in parte –, mentre lui non si è fatto scrupoli a uccidere il fratello e ferire chiunque gli sbarrasse la strada. Una volta incontratisi, però – per volontà del ragazzo, che irrompe nella camera di Sakura –, le loro debolezze vengono a galla ed ecco che quella fittizia corteccia che li vestiva cade a terra, si rivela fragile; si svestono del proprio essere “semidei”, una volta riunitisi, e si preparano però a rivestirsi di quel manto, dopo aver fatto di nuovo i conti con le proprie debolezze. Una volta che tutto è finito – e che Sasuke fugge nuovamente da Konoha –, Sakura rimane attonita, in lacrime, ma prende coscienza che tutto ciò che sognava era un’illusione – ergo, deve per forza rivestirsi con la propria “cappa” di donna forte, caduta ai piedi del letto –, e il moro, allo stesso modo, per proseguire il proprio cammino, abbandona l’umanità appena ritrovata – con tutte le sue debolezze – e torna ad essere il genio, l’eroe oscuro, il solitario semidio seminatore di dolore. 

E con una nota più lunga del capitolo in sé, vi ringrazio per la lettura e spero di potervi sentire :)

Ophelia

 

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Capitolo 2
*** Abbandonarsi – alla pioggia, ai rimorsi ***



 



2. Abbandonarsi – alla pioggia, ai rimorsi


 
 
Se proprio avesse potuto scegliere, sicuramente avrebbe optato per un giorno carico di vibrante luce per essere sepolto; “Hyūga” significava “attraverso il Sole”, dopotutto. Invece era una fitta pioggia a congedare Neji, quel cupo pomeriggio.

La terra esalava ancora l’acre odore del sangue fraterno versato per la pace, mentre, in lontananza, dei cumuli di detriti e altri avanzi di guerra fumavano, accrescendo il plumbeo grigiore del cielo.

Hinata, che si reggeva in piedi solo perché sostenuta da un braccio del padre che le cingeva la schiena, stringeva spasmodicamente le pieghe della gonna nera, osservando gli amici di una vita abbandonare, a turno, un fiore sulla candida lapide del cugino.

 
                                                                                                                                                                           
[109 parole]
 
***
 

 
Quello stupido sogno di diventare Hokage stava lentamente spegnendosi, nel tuo cuore, e più guardavi il silenzioso bianco delle iridi della Hyūga sciogliersi in lacrime a loro modo assordanti, meno riuscivi a convincerti del trionfo bellico.

Ti eri creduto quasi un dio, in battaglia, vero? Allora perché piangevi, adesso?

Il pallido gelo delle mani della ragazza ti colpì, costringendoti ad afferrarle le dita.
Gliele allontanasti dal tessuto che tormentavano da quasi un’ora e le rivolgesti uno sguardo vacuo, accompagnato da una richiesta legittima, che la fanciulla non avrebbe però mai esaudito: «Ti prego di odiarmi, Hinata».

Neji era morto per salvarla quando lei, a sua volta, aveva cercato di proteggerti.
 
[110 parole]
 
 

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Note dell’autrice
 
Il quadro cui mi sono ispirata è Ritratto di Edith Schiele in un abito a righe, di Egon Schiele; a colpire la mia immaginazione è stato il dettaglio delle mani –
 che sono a metà tra il semplice abbandonarsi e lo stringere la stoffa della gonna. È così che concepisco quelle di Hinata, in questa fiction.
Queste sono le due drabbles della raccolta che meno mi convincono, perché decidere di parlare di Naruto in un contesto angst (e nel dopoguerra) mi è parso difficile. Ho pensato che siccome la morte di Neji è avvenuta in battaglia, là ci fosse stato meno tempo per “rendersene conto”, per prendere veramente atto della perdita, essendo gli shinobi costantemente incalzati dal nemico, ma che, una volta che il conflitto è terminato, il lutto sia inevitabilmente calato nel cuore di tutti. Naruto, che era stato tanto spronato da Hinata per andare avanti e non rendere il sacrificio del ragazzo vano, è ora disarmato dalla reazione della fanciulla: lei, durante il funerale, non può che piangere e l’Uzumaki, di fronte a questa debolezza, avverte il proprio sogno di Hokage venir un po’ meno… si sentirebbe meno in colpa, forse, se la Hyūga cominciasse a guardarlo con minor affetto, con occhi obiettivi, che lo connoterebbero come semplice umano, non come “forza portante”, come "semidio".
Beh, questo Naruto angst è stato una grande sfida, spero di non averlo reso OOC (non troppo, perlomeno) XD Ditemi voi come vi è parso :)
Grazie a tutti per la lettura! 

Ophelia

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Capitolo 3
*** Imporsi – di non vivere, di non morire ***



 



3. Imporsi – di non vivere, di non morire


 
 
La stringeva fra le braccia, lasciando che il suo zigomo si sovrapponesse perfettamente al cuore. Gli era talmente vicina che era certo che, se lei fosse stata viva, se quelle palpebre non fossero improvvisamente state di sordo marmo, sarebbe morto di pura estasi. Ma i suoi occhi non si aprivano, per quanto lui la chiamasse.
 
Non era mai stato tanto adiacente al suo petto, quel capo che ora si reclinava irrimediabilmente all’indietro.
 
«Forse stai solo dormendo, Rin. Stai sognando Ka… lui, non è vero?», le chiese in un rauco mormorio, mentre le mani si stringevano convulsamente attorno all’incavo delle sue ginocchia e al gomito, sollevandola da quella pozza scarlatta. 

 
                                                                                                                                                                           
[109 parole]
 
***
 

 
Osservavi quel buco ancora gemente, nel suo petto, in corrispondenza di un muscolo cardiaco squarciato e inerte, che aveva incessantemente battuto per colui che l’aveva invece messo a tacere; avevi sempre pensato di poter essere tu il ragazzo degno di colmare il suo cuore, ma, anche in quella circostanza, stavi miseramente fallendo.

«Ricordi quando mi stringesti la mano, sotto quel masso? Posso ricambiare solo ora la cortesia, e con l’animo a pezzi».
Le giurasti che saresti rinato, che avresti plasmato un nuovo mondo, per lei.

Sì, l’avresti fatto, ma non quella sera: non eri che un ragazzino in lacrime, Obito. Madara, il dio dell’apocalisse e della genesi, sarebbe sorto l’indomani.


 
[110 parole]
 
 

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Note dell’autrice

Il quadro cui mi sono ispirata è La morte e la fanciulla di Egon Schiele. 
Il titolo fa riferimento alla volontà di Obito di non soccombere – pur sentendosi quasi senza un motivo per cui andare avanti, ora che Rin giace fra le sue braccia – e di non vivere, allo stesso tempo, perché desidera custodire e riservare quella che potrà definire “vita” per il compimento dello Tsukoyomi Infinito.
Desidero precisare che ho scelto di scrivere “apocalisse” e “genesi” con le iniziali minuscole perché non alludo agli eventi biblici, bensì alle catastrofi/distruzioni e rinascite in senso generico. Inoltre, per “Madara” non intendo il vero Madara Uchiha – con cui comunque Obito ha già avuto a che fare, naturalmente –, ma il nome con cui Tobi preferirà presentarsi, una volta entrato nell’Akatsuki, per conferirsi più autorevolezza.
 
 
Un appunto sulla raccolta, a questo punto, dato che siamo giunti all’ultimo giro di drabbles: perché chiamarla “Pane umano”?
Perché la disperazione, il dolore, la rassegnazione e la voglia di riscatto – più o meno attuabile – sono quel cibo di cui ogni essere umano si nutre, volente o nolente, nel corso della sua vita; è l’alimento che ci permette di crescere, di andare avanti, di fare esperienza e diventare più forti.
Perché questi titoli, per le drabbles?
Perché sono una climax – ascendente o discendente, dipende dai punti di vista – della condizione umana: ci si spoglia della corazza, ci si abbandona al dolore e, infine, ci si impone di trovare un modo per andare avanti.
Perché queste coppie?
Perché mi piace sperimentare. Di questi tre pairing, personalmente amo veramente solo l’ultimo, mentre per gli altri due nutro una simpatia ancora “latente” (mi piacciono, ma non mi fanno impazzire; ciò non toglie che io legga volentieri fiction su queste – e altri milioni – di ship!). Probabilmente “Naruto” terminerà nel NaruHina e SasuSaku, quindi sto cercando di farmene una ragione XD Scherzi a parte, ribadisco che era un esperimento – se sarà riuscito, spero me lo direte voi – e ammetto che non sarei stata capace di immaginare queste drabbles – nella forma in cui le avete lette, con le parole usate – con altre coppie. Chissà, forse è proprio in virtù dell’Angst, dell’amore tormentato, della mancanza di un lieto fine che è stato piuttosto fattibile scrivere una SasuSaku e una NaruHina. 

Grazie a tutti voi per la lettura, davvero. 

Ophelia

 

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